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Periodico dei Gruppi Archeologici d’Italia Editore: Gruppi Archeologici d’Italia - Sede Legale e Redazionale: Via Baldo degli Ubaldi 168 - 00167 Roma (Rm) Tel.: 06 39376711 - fax: 06 6390133 - www.gruppiarcheologici.org Poste Italiane Spa - Spedizione in a. p. - 4D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - DCB - Roma Anno VIII - Numero II Marzo - Aprile 2012 RITORNATE ALLA LUCE LE fONDAZIONI DELL’AN- TICA CHIESA RUPESTRE DI SAN CALOGERO A LI- CATA (AG) DOPO SECOLI GLI AR- CHEOLOGI HANNO SCO- PERTO CHE MARCO ANTONIO E CLEOPATRA AVEVANO DUE GEMELLI IL PROGETTO PER LA VALORIZZAZIONE DELL'AREA ARCHEOLOGICA DI MONTE S. ANGELO SUL GARGANO continua a pag. 2 Il Gruppo Archeologico Monte Sant’Angelo, aderente ai Gruppi Ar- cheologici d'Italia ha inteso cogliere l’occasione per poter promuovere un’azione di recupero di uno dei più straordinari ambiti paesaggistici agro-montani dell’intero territorio del Parco Nazionale del Gargano, grazie alla stipula del contratto di comodato d’uso di terreni e manu- fatti edili del sig. Tizio Corradi. Con questa straordinaria opportu- nità il Gruppo, attraverso un pro- getto di valorizzazione e tutela, riuscirà a rendere fruibile tutto il magnifico sito, posto sulle pendici del vallone Palombara in agro di Monte Sant’Angelo, dove è ancora presente un antico frantoio. Esso oggi può essere raggiunto esclusiva- mente a piedi percorrendo uno di quei tratturi comunali che costitui- vano il tessuto viario di collega- mento tra la città di Monte Sant’Angelo e il suo territorio e che, in tempi ormai remoti, veniva utiliz- zato anche dai numerosissimi pelle- grini che, in penitenza, raggiungevano la grotta dell’Arcan- gelo Michele. Non molto distante dal frantoio vi è anche l’eremo, compreso nel- l’elenco delle proprietà oggetto di comodato, che risulta incastonato su un “dente” roccioso che si erge con forza dalla campagna circo- stante costituendo un segnacolo per gli antichi viaggiatori di terra. Formato da più ambienti, uno sca- vato nella roccia con ingresso edifi- cato, l’altro ormai diruto (la chie- setta) di cui si intravedono i resti della pianta longitudinale absidata, e per ultimo un piccolo vano ad ipo- geo di difficile accesso, l’eremo, sulle cui pareti sono visibili nume- rose incisioni parietali, ha ingresso tramite un dromos formato da pa- reti e gradi scavati in profondità nella roccia. Una croce latina con angoli arrotondati (ha le sembianze di un moderno aereo), una tomba terragna e vari muri di conteni- mento, confermano la tesi che il luogo costituiva uno dei tanti luoghi di culto e ristoro spirituale dissemi- nati lungo i percorsi della “peregri- natio” che conducevano a Monte Sant’Angelo. Per raggiungere il frantoio è possi- bile percorrere una stretta e tor- tuosa viuzza che, dopo poche centinaia di metri, finalmente ci im- mette al complesso. All’arrivo risulta spontaneo trovare ristoro dalla fa- tica sin qui affrontata sdraiandosi sotto il gigantesco albero di gelso li- mitrofo all’ ampia aia pavimentata che, a mò di terrazzo balconato sulla profonda valle, ci permette di ammirare un paesaggio scandito da una miriade di piccoli terrazzamenti invasi dalla vegetazione spontanea e, nel silenzio più assoluto, spaziare con la vista dalla montagna al mare. La presenza del vecchio frantoio ad ipogeo risulta all’esterno impercepi- bile e solo dopo aver varcato l’irre- golare vano di ingresso, una volta completo di stipiti e architrave in pietra, ci si rende conto con estrema meraviglia della unicità del luogo. Il tempo sembra essersi fermato ad uno dei giorni dell’antica molitura: in un ampio vano interamente sca- vato nella roccia calcarea sono orga- nizzati la molazza con le macine in pietra dura, gli assi in legno di at- tacco agli animali che movimenta- vano le macine, le fosse in cui si depositavano le “partite” di olive da macinare, le antiche presse con vite in legno e quelle più recenti in me- tallo ancora posizionate nelle sago- mate nicchie ricavate nella roccia, la catasta di fiscoli di arbusti naturali, e tutt’intorno una moltitudine di at- trezzi in legno indispensabili per le varie fasi lavorative. Solo le nume- rose ragnatele qualche limitato crollo e il cattivo stato di conserva- zione degli arredi in legno sottoli- neano il trascorrere del tempo, tutto il resto sembra perfettamente ordi- nato. Il progetto di tutela e valorizzazione prevederà la conservazione degli edifici e dei manufatti esistenti (frantoio, aia, terrazzamenti, tratturi, muri a secco, cisterne e quant’altro) intesi come testimonianze di un co- struito che, se non recuperato e tu- telato, rischia di essere cancellato e perduto per sempre, e verso la co- noscenza dei luoghi e delle metodo- logie delle pratiche agricole proprie

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Periodico dei Gruppi Archeologici d’ItaliaEditore: Gruppi Archeologici d’Italia - Sede Legale e Redazionale: Via Baldo degli Ubaldi 168 - 00167 Roma (Rm)

Tel.: 06 39376711 - fax: 06 6390133 - www.gruppiarcheologici.org

Poste Italiane Spa - Spedizione in a. p. - 4D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - DCB - Roma

Anno VIII - Numero II

Marzo - Aprile

2012

RITORNATE ALLA LUCE

LE fONDAZIONI DELL’AN-

TICA CHIESA RUPESTRE

DI SAN CALOGERO A LI-

CATA (AG)

DOPO SECOLI GLI AR-

CHEOLOGI HANNO SCO-

PERTO CHE MARCO

ANTONIO E CLEOPATRA

AVEVANO DUE GEMELLI

IL PROGETTO PER LA VALORIZZAZIONE DELL'AREA

ARCHEOLOGICA DI MONTE S. ANGELO SUL GARGANO

continua a pag. 2

Il Gruppo Archeologico MonteSant’Angelo, aderente ai Gruppi Ar-cheologici d'Italia ha inteso coglierel’occasione per poter promuovereun’azione di recupero di uno dei piùstraordinari ambiti paesaggisticiagro-montani dell’intero territoriodel Parco Nazionale del Gargano,grazie alla stipula del contratto dicomodato d’uso di terreni e manu-fatti edili del sig. Tizio Corradi.Con questa straordinaria opportu-nità il Gruppo, attraverso un pro-getto di valorizzazione e tutela,riuscirà a rendere fruibile tutto ilmagnifico sito, posto sulle pendicidel vallone Palombara in agro diMonte Sant’Angelo, dove è ancorapresente un antico frantoio. Essooggi può essere raggiunto esclusiva-mente a piedi percorrendo uno diquei tratturi comunali che costitui-vano il tessuto viario di collega-mento tra la città di MonteSant’Angelo e il suo territorio e che,in tempi ormai remoti, veniva utiliz-zato anche dai numerosissimi pelle-grini che, in penitenza,raggiungevano la grotta dell’Arcan-gelo Michele.Non molto distante dal frantoio viè anche l’eremo, compreso nel-l’elenco delle proprietà oggetto dicomodato, che risulta incastonatosu un “dente” roccioso che si ergecon forza dalla campagna circo-stante costituendo un segnacolo pergli antichi viaggiatori di terra.Formato da più ambienti, uno sca-

vato nella roccia con ingresso edifi-cato, l’altro ormai diruto (la chie-setta) di cui si intravedono i restidella pianta longitudinale absidata, eper ultimo un piccolo vano ad ipo-geo di difficile accesso, l’eremo,sulle cui pareti sono visibili nume-rose incisioni parietali, ha ingressotramite un dromos formato da pa-reti e gradi scavati in profonditànella roccia. Una croce latina conangoli arrotondati (ha le sembianzedi un moderno aereo), una tombaterragna e vari muri di conteni-mento, confermano la tesi che illuogo costituiva uno dei tanti luoghidi culto e ristoro spirituale dissemi-nati lungo i percorsi della “peregri-natio” che conducevano a MonteSant’Angelo.Per raggiungere il frantoio è possi-bile percorrere una stretta e tor-tuosa viuzza che, dopo pochecentinaia di metri, finalmente ci im-mette al complesso. All’arrivo risultaspontaneo trovare ristoro dalla fa-tica sin qui affrontata sdraiandosisotto il gigantesco albero di gelso li-mitrofo all’ ampia aia pavimentatache, a mò di terrazzo balconatosulla profonda valle, ci permette diammirare un paesaggio scandito dauna miriade di piccoli terrazzamentiinvasi dalla vegetazione spontaneae, nel silenzio più assoluto, spaziarecon la vista dalla montagna al mare.La presenza del vecchio frantoio adipogeo risulta all’esterno impercepi-bile e solo dopo aver varcato l’irre-

golare vano di ingresso, una voltacompleto di stipiti e architrave inpietra, ci si rende conto con estremameraviglia della unicità del luogo.Il tempo sembra essersi fermato aduno dei giorni dell’antica molitura:in un ampio vano interamente sca-vato nella roccia calcarea sono orga-nizzati la molazza con le macine inpietra dura, gli assi in legno di at-tacco agli animali che movimenta-vano le macine, le fosse in cui sidepositavano le “partite” di olive damacinare, le antiche presse con vitein legno e quelle più recenti in me-tallo ancora posizionate nelle sago-mate nicchie ricavate nella roccia, lacatasta di fiscoli di arbusti naturali,e tutt’intorno una moltitudine di at-trezzi in legno indispensabili per le

varie fasi lavorative. Solo le nume-rose ragnatele qualche limitatocrollo e il cattivo stato di conserva-zione degli arredi in legno sottoli-neano il trascorrere del tempo, tuttoil resto sembra perfettamente ordi-nato.Il progetto di tutela e valorizzazioneprevederà la conservazione degliedifici e dei manufatti esistenti(frantoio, aia, terrazzamenti, tratturi,muri a secco, cisterne e quant’altro)intesi come testimonianze di un co-struito che, se non recuperato e tu-telato, rischia di essere cancellato eperduto per sempre, e verso la co-noscenza dei luoghi e delle metodo-logie delle pratiche agricole proprie

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Anno VIII - Numero II2

di un territorio montano inserendol’intero percorso nel “circuito deltrekking turistico italiano” che vieneormai con sempre maggior insi-stenza richiesto dai tour operator.Vari sono i punti affrontati nel pro-getto: dal rilievo del vecchio fran-toio e catalogazione dei beni in essocontenuti, al rilievo e l’analisi ar-cheologica dell’eremo di San Mar-tino; dal restauro di tutti i muri allapulizia dei tratturi e delle mulattiereesistenti da arbusti, al consolida-mento dei tratti di muri a secco crol-lati e alla messa in sicurezza dei trattipiù accidentati, all’apposizione di

cartelli pubblicistici in legno (versodi percorrenza – distanza - grado didifficoltà - tempi di percorrenza -emergenze visive etc.); inoltre graziealle nuove tecnologie verrà creatoun apposito software podcast utiliz-zabile dagli iphon, ipod, ipad comesupporto informatizzato del per-corso.Ci saranno visite guidate con puntidi sosta gastronomici e senza dub-bio verranno coinvolte tutte lescuole del territorio.Dal momento che l’intervento in-clude manufatti di interesse storico-ambientale e che le opere previste

COMUNICATO STAMPA

In data 14 aprile 2012 è stato fir-mato tra il sig. Corradi Tizio, pro-prietario di un'area di interessearcheologico - storico-artistico ri-cadente nel territorio di Monte S.Angelo al Gargano (circa 500 et-tari di terreno) e I Gruppi Ar-cheologici d'Italia un comodatod'uso per la valorizzazione e la ge-stione del sito. La firma del con-tratto è avvenuta presso la SalaConvegni della SPES Centro diServizio per il Volontariato delLazio in Via Liberiana, 17 -ROMAL'area archeologica di Monte S.Angelo sul Gargano rivesteun'importanza fondamentale perla storia del territorio e ultima-mente è stata inserita nel sito se-riale UNESCO ItaliaLangobardorum. Il luogo fumolto frequentato nel Medioevoper via del culto micaelico ancoraoggi seguito nella grotta dove sa-rebbe apparso l'Arcangelo Mi-chele. Infatti, nel VII secolo, inseguito alla vittoria conseguita suiBizantini, propiziata dalla sua ap-parizione durante la battaglia, di-ventò il santuario nazionale delpopolo dei Longobardi meridio-nali. Il comodato d'uso permet-terà ai G.A. d'Italia diprogrammare diverse attività, daiprogetti di valorizzazione ai campiarcheologici, in collaborazionecon le Università e le Soprinten-denze competenti per territorio.

IL PROGETTO PER LA VALORIZZAZIONE DELL'AREA

ARCHEOLOGICA DI MONTE S. ANGELO SUL GARGANO

Nuova interessante scoperta nel ter-ritorio di Montalto di Castro. Nelcorso dei lavori di sistemazione delterreno per l'edificazione di nuoviinsediamenti industriali è stata sve-lata la presenza, in data 4 gennaio2012, di ben 37 tombe etrusche. Lazona in questione si trova presso ilcentro cittadino di Montalto di Ca-stro ed è considerata una zona sottotutelata dal vincolo archeologico.Per questo motivo membri di unaCooperativa archeologica di Firenzeincaricati dalla Soprintendenza peril beni archeologici dell'Etruria me-ridionale, controllando le opere disterramento e bonifica, hanno sco-perto la presenza della mano etru-sca. I sepolcri sono delle tombe a

camera probabilmente risalenti alVI secolo avanti Cristo. I primi ri-trovamenti sono stati nel dromos diuna tomba, lungo 6 metri e mezzoe largo 1 metro e 40, una olla e deiresti ossei di un cavallo. Si tratta di

chiari indizi di elevatura sociale, es-sendo solo i principi e le grandi per-sonalità deposti con le loroarmature e i loro cavalli.Attualmente sono state esaminatesolo 3 tombe. Fortunatamente una

di esse dovrebbe risultare ancora in-tatta, ma non è stato ancora verifi-cato il suo contenuto; un altratomba è formata da quattro stanzema sembra esser già stata visitata intempi remoti. La maremma laziale continua atrasmetterci storia. Il sepolcreto sitrova, infatti, a soli pochi chilometrida Vulci, antica città etrusca situatasulla riva destra del Fiora e rigogliosaarea archeologica. A pochi giorni didistanza, nella necropoli dell’Osteria,sono state scoperte tombe etruscheal cui interno è stata trovata unasfinge in pietra, raffigurante un felinoalato con testa di donna, risalente aun periodo compreso V – IV secoloa.C. e alcuni vasi dipinti.Attendiamo i prossimi sviluppi deilavori, sicuri che la Tuscia ci doneràancora tante emozioni.

Francesco Consiglio

Nuove scoperte archeologiche a Montalto di Castro: 37 tombe

che raccontano 37 storie

necessitano di consistenti finanzia-menti economici, tutte le ipotesiprogettuali saranno concordate conil comune di Monte Sant’Angelo,l’Ente Parco Nazionale del Gar-gano, l’Ufficio Paesaggistico dellaRegione Puglia, la Soprintendenzaai Beni Architettonici e Paesaggisticidelle province di BA/FG/BT,la So-printendenza Archeologica dellaPuglia e la Soprintendenza peri BeniStorici Artistici ed Etnoantropolo-gici della Puglia. Il progetto è statoideato e voluto dall’architetto E.Guerra.

Redazione Nuova Archeologia

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Anno VIII - Numero II 3

Importante scoperta archeologicanell’area meridionale di Messina,dove durante i lavori di costruzionedel complesso "I Granai", che do-vrebbero sorgere al posto dei demo-liti “Molini Gazzi”, è venuta allaluce una monumentale tomba a tho-

los che risale con molta probabilitàall’età del Bronzo .La tomba, rinvenuta a cinque metridi profondità, risulta composta dauna camera centrale a pianta circo-lare, che in origine aveva probabil-mente una copertura a pseudocupola formata da file concentrichedi conci lapidei aggettanti verso ilcentro: visibile anche l’entrata alvano funerario, ostruito da pietre divaria dimensione e forma che nebloccavano l’accesso. La cameracentrale è collocata all’interno di uncircolo di pietre calcaree di varia na-tura e forma messe in opera a secco,il cui diametro è di circa quattrometri. Questa scoperta, avvenuta graziealla buona applicazione della nor-mativa sull’archeologia preventiva,era inaspettata in quanto il luogodella scoperta è fuori dall’area grecadella città antica. Si tratta di “un ri-

trovamento eccezionale – spiegaGabriella Tigano, responsabiledell’unità operativa X dei Beni Ar-cheologici della competente Soprin-tendenza – perché è la prima voltache a Messina troviamo qualcosadel genere, e in Sicilia ci sono po-chissime strutture simili. Una dellepoche è quella di Lipari, la tholos diSan Calogero, che però non è unatomba. Lì, infatti, c’è una sorgentetermale e l’edificio fu costruito per

sfruttare proprio la sorgente. Invecequi siamo certi che si tratti di un’an-tica tomba, anche se sulla datazioneabbiamo pochi dati certi: sicura-mente è una struttura dell’età delbronzo, ma la tomba risulta profa-nata già in antico ed essendo privadi corredo non è quindi di facile da-tazione”. La struttura, vista la suamonumentalità, ha richiesto una va-riante di progetto che ne permetteràin futuro l’accesso al pubblico e ai

SCOPERTA A MESSINA UNA TOMBA A THOLOSturisti. Una straordinaria scoperta archeo-logica che segue per importanzaquella avvenuta nei pressi del portodella Città dello Stretto nel 2008,quando a sette metri sotto il livellostradale venne messa in luce unaenorme struttura di forma ellittica,circondata da una sorta di recinto inpietra, all’interno della quale – se-condo il team di archeologi della So-printendenza diretti da GiovannaBacci – venne acceso quel grandefuoco che rappresentò, attorno agliinizi del VII secolo a.C., il rito difondazione della colonia greca di“Zancle”. Una lunga storia di scavie recuperi, dunque, quasi tutti diemergenza, dovuti alla continua at-tività istituzionale di controllo dellearee archeologiche sottoposte a tra-sformazioni e a incessanti interventiedilizi, grazie ai quali, però, negli ul-timi anni si è resa possibile unamaggiore conoscenza della topogra-fia antica di Messina portando inmolti casi alla valorizzazione del suoingente patrimonio archeologico.

Giampiero Galasso

gne di scavo del GAF sul territorioferrarese, accuratamente pulite e ca-talogate dagli stessi pazienti, sia tes-sere realizzate direttamente daipazienti con materiali idonei. Pro-prio il laboratorio di mosaico sarà ilfulcro della mostra nella quale sa-ranno esposti anche gli strumenti dilavoro: terriccio di scavo, setacci,stampi e disegni preparatori per imosaici, tessere vere, esempi di ri-produzione delle decorazioni geo-metriche tipiche dei pavimentimusivi di epoca romana, rinvenutinelle ville rustiche di Claterna (Oz-zano Emilia) e Russi (RA). Un’iniziativa che potrà contribuire acreare interesse e attenzione sunuove opportunità d’integrazionesociale delle persone disabili, fina-lizzate al riconoscimento di una paridignità per tutti.

Redazione Nuova Archeologia

E’ stata inaugurata il 4 aprile 2012nel Chiostro di San Paolo a Ferrara"Mettiamo insieme i cocci". L’espo-sizione nasce dall'omonimo labora-torio di archeologia, ideato nel 2008dai Servizi di Salute mentale del-l’Azienda USL per alcuni pazientidisabili del Centro diurno “Il Con-vento” di San Bartolo, al quale col-laborano dal giugno 2009 i volontaridel gruppo archeologico ferrarese(GAF), su indicazione della diret-trice del museo archeologico di Fer-rara, Caterina Cornelio. Dopo dueanni di un lavoro archeologico veroe proprio come la setacciatura diterra di scavo, nel 2011 la comples-siva maturazione del gruppo ha per-messo di sperimentare l’originalelaboratorio di riproduzione di mo-saici pavimentali di epoca romana.Sono state utilizzate sia tessere an-tiche, recuperate durante le campa-

METTIAMO INSIEME I COCCI. L’ARCHEOLOGIA INCONTRA I DISABILI

SCAVI E SCOPERTE

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Anno VIII - Numero II4

UN GRUPPO SCULTOREO IDENTIfICA I GEMELLI DI

ANTONIO E CLEOPATRA

Antonio e Cleopatra, due figureamate ed odiate dagli antichi Ro-mani. Di Cleopatra ne parlava Ora-zio e nella sua satira non parlavaaffatto di una regina sconfitta. Dellaloro storia ha raccontato Shake-speare trasformandola in una delletragedie più amate dal suo pubblico.Le fattezze della regina hanno ispi-rati scultori e pittori. Insomma tuttihanno conosciuto e sono stati cat-turati dalla storia dei due amanti.Dallo loro relazione nacquero trefigli, due gemelli e un maschio.I due gemelli Alessandro Helios eCleopatra Selene sono stati identifi-cati in un gruppo scultoreo conser-vato al museo del Cairo daGiuseppina Capriotti, egittologadell’Istituto di studi sulle civiltà ita-liche e del Mediterraneo antico delConsiglio nazionale delle ricerche(Iscima-Cnr). “Antonio e Cleopatra ebbero duegemelli e un maschio, chiamato To-lomeo Filadelfo. Dei tre figli, la solaimmagine finora nota era quella diSelene, sposa di re Giuba II, rappre-sentata sul verso di una moneta e inuna scultura”, spiega la ricercatrice.“I maschi, dopo il suicidio dei lorogenitori, ebbero presumibilmenteun triste destino, al pari di Cesa-rione, l’altro figlio che Cleopatraaveva avuto da Giulio Cesare. Otta-viano Augusto, dopo la conquistadell’Egitto, li fece sfilare durante il

trionfo per poi affidarli alla sorellaOttavia minore con apparente ma-gnanimità. Successivamente, dei figli di Anto-nio e Cleopatra si perdono le traccedal punto di vista storico e anche ar-tistico”. Le efferate abitudini della famigliagiulio-claudia nei confronti dei di-nasti potenzialmente pericolosi nonlasciano molti dubbi sulla loro finee l’oscuramento iconografico è pro-babilmente dovuto a questo. A fare luce arriva ora l’analisi di unreperto rinvenuto in un tempio de-dicato ad Hathor, nella città di Den-dera in Alto Egitto, e conservato almuseo del Cairo. La scultura, altacirca un metro, mostra un bambinoe una bambina che si abbracciano,affiancati da due serpenti. “Il capodei bambini è sormontato da duedischi con inciso l’occhio-udjat,identificabili con sole e luna. Il ma-schio ha dei riccioli corti e una trec-cia laterale, tipica dei bambiniegiziani, la femmina porta un’accon-ciatura a grandi ciocche raccolte,molto simile a quella di alcune re-gine tolemaiche, in particolare diCleopatra”, continua Capriotti. “Lostile delle figure, in particolarequello delle teste, richiama i modidella cosiddetta scultura greco-egi-zia. L’opera, che è esemplare nelmostrare l’innovativo dialogo tracultura egizia ed ellenistica, è stilisti-

camente affine a un’altra statua rin-venuta a Dendera rappresentantePakhom, personaggio di alto rango,datata tra il 50 e il 30 a. C”. Il legame tra la scultura e la dinastiamacedone dei Tolemei che governa-rono l’Egitto dopo la morte di Ales-sandro Magno (323 a.C.), e inparticolare con Cleopatra che ne ful’ultima rappresentante, è pertantoevidente. “Considerato inoltre chela regina ebbe un ruolo importantenella decorazione del tempio diDendera, dove compare in un ri-lievo monumentale, in abiti farao-nici, insieme col figlio Cesarione”,prosegue la ricercatrice. Secondo la ricercatrice la convin-zione che la scultura rappresenti idue gemelli è data da un mito egi-ziano:“Nel mito egizio compaionoi gemelli Shu e Tefnet, figli del dioAtum e conosciuti come i suoi‘occhi’, cioè il sole e la luna. L'ab-braccio dei due bambini potrebbequindi alludere alle notti di plenilu-

nio, quando secondo il mito i duecorpi celesti si univano, ma anchecon un’eclisse di sole che sarebbeavvenuta durante il riconoscimentodei gemelli di Cleopatra da parte diMarco Antonio”, continua Ca-priotti. “Fu per questo che i bam-bini presero i nomi aggiuntivi diHelios e Selene, a indicarne il legameceleste e mitizzarne la nascita ge-mellare”. Il gruppo è perciò identificabilecome la prima raffigurazione nota diAlessandro e Cleopatra, secondo unanotevole elaborazione. “Se nel mitoegizio la luna è una divinità maschile,nella scultura i generi sono invertitisecondo la tradizione greca”, con-clude Capriotti. “Cleopatra VII, purproiettata verso il Mediterraneo,guardava con interesse alla tradizioneegizia e la reinterpretazione del-l’opera attesta questa sintesi tra le duegrandi tradizioni”.

Serenella Napolitano

Una ricercatrice italiana scopre Alessandro Helios e Cleopatra Selene in una scultura conservata al Cairo

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Anno VIII - Numero II 5

IL VELLO D’ORO – ANTICHI TESORI DELLA GEORGIA

esposizione anche reperti in vetrofenicio).La prima parte della mostra trattadei ritrovamenti rinvenuti principal-mente da tombe a tumulo, i kurgan,del territorio della Colchide e sonoda imputare alle popolazioni deicentri di Vani e Sairkhe. Tra i varioggetti esposti si segnalano: giralid’oro da acconciatura, collana conagate e corniole presentante sia latecnica della punzonatura sia quellagranulare, terminale di asta in oro(usato probabilmente dagli scia-mani) e terminali di ascia a forma diariete con sicuro significato rituale. Negli elementi ornamentali di alcunireperti si nota il disco solare sempli-ficato dai decori a meandro o a sva-stica, elementi decorativi cheriportano alla diffusione in zona trail III millennio e il VI secolo a. C.del culto di una dea solare caucasicache, oltre a rappresentare l’astro ce-leste, era anche personificazionedella terra; si trattava, secondo la cu-ratrice della mostra e del catalogoTiziana D’Acchille, docente all’Ac-cademia di Belle Arti di Roma (ve-dasi il saggio Alle origini della cultura

occidentale), di una Dea Madre Cau-casica che presiedeva alla vita, allamorte, agli elementi e allo scorreredel tempo. Di fine fattezza sono alcuni spilloniin bronzo, un bracciale a spirale conelementi fitoformi, collane convaghi a forma di domino in osso olignite sicuramente anche questeaventi un forte valore simbolico re-ligioso. Da segnalare un modellino

rappresentante una scena pastorale(pastori ed animali) simile ad alcuniritrovati in ambito cretese o cipriota.Notevoli sono: i terminali d’asciacon ornamenti a forma di ariete edappartenenti a personaggi in vista,un torques ed un bracciale in bronzo,mentre le situle, dalle anse a formadi grifo o di dragone, pur se di pro-duzione locale ricordano vasi di tipomediterraneo. Importanti sonoanche le monete risalenti all’VIII se-colo a.C. quando le popolazioni dellaColchide, per facilitare gli scambi co-niarono una serie di monete dalle di-mensioni piuttosto piccole.Come accennato precedentemente,a testimonianza degli scambi con iFenici sono presenti vaghi di collanain pasta vitrea piuttosto belli mentrealcuni cerchi, rappresentanti il discosolare da indossare sopra a vestifemminili, risultano molto somi-glianti ad alcuni rinvenuti in Dani-marca relativi al XIV secolo a.C.Ovviamente gli orafi della Colchidefacevano riferimento alla realtà cheli circondava per cui per le decora-zioni erano legate al mondo animalee a quello vegetale proprio delluogo, a questo riguardo si segna-lano due collane, provenienti dallatomba n. 11 di Vani risalente allametà del V secolo a.C., la prima conpendenti a forma di pannocchia e laseconda a forma di tartarughe, col-pisce poi l’attenzione una placcafermacapelli riccamente lavorata atraforo con scene di caccia. La seconda parte della mostra è de-dicata ai reperti rinvenuti in Iberia

nella zona del regno di Kartli, dellaGeorgia dell’Est. In questa sezionesi possono ammirare gioielli moltoparticolari come, per esempio, le ap-plicazioni in oro per le vesti a formadi roselline, un anello con sigillo re-cante il simbolo di un cavallo e unapaperella che era proprio della casareale, alcuni anelli da tempia conpendagli rappresentanti dei cavalli,un’aquila in bronzo (oggetto chenonostante risalga al II secolo a. C.sembra molto attuale nella resa delleforme), una collana con medaglionea fiaschetto con ametista, alman-dino e turchese, una catena concameo in oro e agata rappresentanteuna Nereide con delfino, un brac-ciale in almandino, malachite e lapi-slazzuli. Questi monili sono per laprima volta in mostra presso unmuseo al di fuori della Georgia.

Giulia Carozza

I curatori della mostra: “Il vellod’oro – antichi tesori della Georgia”(aperta a pubblico a Roma nei Mer-cati Traianei dal 17 novembre 2011al 5 febbraio 2012) hanno preso apretesto l’antico mito greco delvello d’oro per trasformarci tutti innovelli Argonauti e farci letteral-mente gustare la visione di alcunigioielli di alta oreficeria provenientidall’odierna Georgia, ovvero gli an-tichi territori di Colchis ed Iberia.La favolosa spedizione di Giasone edei suoi compagni nella terra diMedea alla ricerca della leggendariapelle d’ariete, forse nasconde, in re-altà, un’azione di conquista degli el-leni realmente compiuta in tempiremoti con il fine di sfruttare i gia-cimenti auriferi del Caucaso e co-munque di colonizzare quelle riccheterre; inoltre, dalla testimonianzadello storico Appiano del II secolod. C., si può anche affermare che il“vello” era detto appunto “d’oro”in quanto anticamente nella zonavenivano usate dagli abitanti delluogo proprio delle pelli di pecoraper trattenere le pagliuzze d’oroportate dall’acqua dei fiumi.L’area trattata, quindi, era ricca delnobile metallo che si poteva siaestrarre dalle numerose miniere siarinvenire, appunto, nei corsi d’acqua,per cui già dal III millennio a.C. le po-polazioni indigene erano abituate a la-vorarlo ed erano giunte a possedereun ottimo grado di bravura nell’arteorafa, avendo sviluppato soprattuttole tecniche della punzonatura, dellagranulazione e della filigrana. La loro grande capacità artigiana èdocumentata anche dalla resa deglielementi decorativi che risultanomolto simili a quelli degli ori Daci,cioè quelli rinvenuti nei territori adoccidente del Mar Nero, ne conse-gue che, anche se si trattava di po-polazioni distinte, esse avevano,comunque, in comune uno stessopercorso culturale. Nelle decorazioni di alcuni gioielli siravvisano anche elementi minoico-micenei e macedoni e ciò attestastrette relazioni con quelle popola-zioni; sono testimoniati dallo studiodei testi di Ugarit e dei papiri egizi,anche scambi commerciali avvenutitra gli antichi Georgiani e i Fenici egli Egizi (sono infatti presenti in

I favolosi gioielli degli orafi della mitica terra di Medea.

NUOVA ARCHEOLOGIAPeriodico dei Gruppi Archeologici d’Italia

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Anno VIII - Numero II6

LA RISCOPERTA DEL CIRCO MASSIMO

Finalmente sono in pieno svolgi-mento i lavori che porteranno aduna complessiva rivalutazione del-l'arcinoto Circo Massimo, teatro deiLudi magna e specchio del fasto ro-mano. Il restauro procede rispet-tando la tempistica prevista all'iniziodei lavori. La prima fase del pro-getto si è conclusa il 16 dicembre2011 con una sola settimana di ri-tardo, che considerando anche leproblematiche climatiche (mal-tempo che ha bloccato i lavori peralcuni giorni) è un traguardo rag-guardevole. Come è stato pronta-mente sottolineato dal sindacoAlemanno in occasione di un so-pralluogo, in cui sono intervenutianche il sovraintendente ai Beni cul-turali di Roma Capitale, UmbertoBroccoli, il sottosegretario ai Beniculturali, Roberto Cecchi e l'asses-sore alla cultura Dino Gasperini.Il progetto di valorizzazione, riqua-lificazione e conservazione di tuttoil sito archologico del famoso circoequestre è iniziato ad aprile 2010, acura della Sovraintendenza capito-lina e dell'Ufficio Città storica, edutilizza un fondo di 2 milione e 400mila euro versato da Roma Capitale.Attualmente sono stati completati ilavori esterni estetici : i marciapiedi,la terrazza e le aiuole verdi lungo ilnuovo perimetro della recinzione. Gli scavi hanno riportato alla luce ireperti già ritrovati in età mussoli-niana, quando, ci si dovette fermarealla media cavea essendo la pista ele gradinate allagate da infiltrazioninon controllabili d'acqua. È stata ri-scoperta la strada lastricata che cir-condava il lato sud, una fogna chegarantiva servizi igienici, un abbere-vatoio per animali e le tabernae ad-dossate al circo (ma esterne ad esso), dove evidentemente 2000 anni fasi svolgeva una intensa vita sportivae commerciale, come suggeritoci dalritrovamento (in soli 50 centimetridi terra) di 130 monete.Maria Letizia Buonfiglio, archeologadella Sovrintendenza comunale, haaffermato che nel circo e precisa-mente nella “curva sud” ( il settoremeglio conservato del Circo Mas-simo) erano sicuramente presentibande di tifosi simili a quelli dei no-stri stadi calcistici. Il Circo Massimo ha, come moltialtri monumenti romani, avuto una

storia travagliata. Soltanto nel 2008una squadra composta da 25 uominie 10 mezzi dell’Ama ha liberato ilsito dalle 10 tonnellate di spazza-tura, sterpi, oltre a materassi am-mucchiati nella torretta d’epocamedievale (torretta della Moletta),diventata il nascondiglio di senza-tetto, permettendo così l'inizo delcantiere.Il circo ( di dimensioni immense:600 metri di lunghezza x 140 metridi larghezza) fu sistemato al tempodei sette Re nella Valle Murcia, unaconca naturale che divide il colle Pa-latino dal colle Aventino. In origineil pubblico doveva prendere postosui pendii erbosi naturali o su strut-ture mobili in legno. Progressiva-mente il circo vennemonumentalizzato con la costru-zione in muratura delle gradinate,raggiungendo la massima capienzadi 250.000 persone grazie agli am-pliamenti voluti da Nerone. Al cen-tro della pista vi era la spina: unalunga costruzione centrale, adibita abasamento per obelischi, statue evarie decorazioni. I carri lanciati agrande velocità nei loro sette giri dicorsa (i famosi sette delfini bronzeiinsieme alle sette uova di pietra in-dicavano la situazione della gara), gi-ravano bruscamente intorno allemete sormontate da tre punte. L'ul-tima corsa fu effettuata nel 549 d.C.in occasione dei giochi indetti daTotila.

sarà esaltata da una nuova recin-zione che sostituisce i marciapiedi.Il rimodellamento del terreno è af-fiancato dalla contemporanea siste-mazione della zona archeologicasud, l'area della torre della Molettacreando una chiara separazione maottima fluidità tra area verde e zonaarcheologica del Circo Massimocome affermato dal sindaco diRoma Gianni Alemanno nel sopracitato sopralluogo. Il restauro e la ri-costruzione della via lastricata edelle tabernae, insieme alla realizza-zione di un sistema di drenaggio eduno di irrigazione (oltre ad un si-stema di sicurezza ed illuminazione)completeranno la rivalutazione dellerovine di Porta Capena musealiz-zando l'area che diventerà probabil-mente visitabile a pagamento efornita di percorsi guidati. Un pic-colo museo raccoglierà i reperti sco-perti nell'area dai tempimussoliniani ad oggi. La recuperatatorre della Moletta potrebbe diven-tare un info point o un centro visited'ingresso all'area archeologica.Ad ultimazione dei lavori del Cam-pidoglio 2 , chiudendo l'area al traf-fico, il circo massimo verràricollegato al Palatino e ai Fori Im-periali creando un continuo parcoarcheologico, il più grande delmondo.

Francesco Consiglio

Dopo la caduta dell'impero romanoil circo cadde nell'oblio per molti se-coli. Venne irrigato per essere utiliz-zato ad uso agricolo. Nell'ottocento,nel periodo dell'industrializzazione,sul suo suolo vennero costruiti deicapannoni ed un gazometro demo-liti nel periodo precedente al primoconflitto mondiale. La mano ce-mentificatrice del Duce non rispar-miò il sito: vennero costruiti deipilastri e degli edifici adibiti ad espo-sizioni riguardo l'industria tessile elo studio dei minerali, successiva-mente abbattuti. In tempi Repubbli-cani è stato definitivamentespogliato da ogni velleità e donatoalla municipalità romana comeparco pubblico e area concerti emanifestazioni. Il parco, però, sitrova a una decina di metri al disopra del terreno originario delcirco e sembra aver dimenticatoquale fu il suo ruolo e il suo fastooriginale. La seconda fase dei lavori mira ap-punto a restituire la percezione ori-ginale dell'area. Non si tratta dilavori rivoluzionari e di grande por-tata ma semplicemente del ripristinodi dettagli essenziali per ridareforma al circo. Il lavoro più impo-nente è quello di azzerare il disli-vello geologico che si è creato neisecoli: ricollocare la spina e la pistanel loro luogo originale e, tramiterampe, ricreare la sensazione deglispalti. La curvatura dell'emiciclo

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Anno VIII - Numero II 7

IL G.A. fINZIADE RIPORTA ALLA LUCE LA CHIESA DI SAN

CALOGERO A LICATA

La città di Licata tra innumerevolibellezze e tesori annovera un com-plesso religioso di rara eccezionalità:il sito rupestre di San Calogero, si-tuato sul versante orientale del colleSant’Angelo.Il complesso non costituisce un rin-venimento isolato ma è inserito al-l’interno di un intero nucleomedievale che interessava i quartieridi Santa Maria, San Paolo, San Ca-logero e Cotturo, caratterizzati dallapresenza di numerosi ambienti ipo-geici impiegati come abitazioni, ne-cropoli e luoghi di culto cristiani.La chiesa ha un’articolazione plani-metrica complessa, su due livelli,con ambienti a camera ipogeica edambienti costruiti con l’utilizzo dimateriale deperibile, di cui riman-gono solo le tracce sul terreno dellefondazioni degli elevati.Il primo livello è costituito da duecamere ipogeiche, disposte longitu-dinalmente in direzione nord-est/sud-ovest decorate da nicchie,finti pilastrini e finestrelle ottenuteda un risparmio di roccia.La camera sud è l’unica che ha con-servato tracce di affresco sia suimuri che sulla volta, recentementesegnalati dal Dott. Fabio Amato e

dal Geom. Maurizio Cantavenera. A causa del precario stato di conser-vazione non è stato possibile for-mulare una datazione precisa, anchese il dipinto, raffigurante un monacocon alle spalle un campanile e duetorri merlate, suggerisce una data-zione che riporta alla fase tardo-me-dievale/rinascimentale. Al centro del pavimento della ca-mera si apre un pozzetto quadrato,attualmente colmo di pietrame, checostituisce l’ingresso ad una cripta.Alla base dell’apertura che collega le

due camere, in un’intercapedinedella roccia, è stato rinvenuto daisoci del Gruppo Finziade un pen-dente in rame a forma di croce la-tina con incastonate 3 pietre rosseed una di colore azzurro: è certo chesi tratti di un antico ex-voto, lasciatoda un anonimo devoto per grazie omiracoli ricevuti.Il secondo livello della chiesa è rico-noscibile per la presenza di intaglinella roccia che costituivano l’allog-giamento per le travi lignee che do-vevano sorreggere il piano

superiore o la copertura della chiesa. Nell’impianto dell’edificio, allo statoattuale, sono distinguibili almenodue diverse fasi cronologiche: - la prima è sicuramente quella dellanascita dell’opera stessa (periodo al-tomedievale) quando la roccia fuscavata per dar vita ad una serie digrotte artificiali destinate alla praticadei primi culti paleocristiani praticatida monaci provenienti dall’oriente; - la seconda fase è quella dei grandirimaneggiamenti rinascimentali, conla costruzione di una parte in mura-tura addossata alla roccia (oggi nonpiù esistente). Danneggiata dai bombardamenti al-leati avvenuti durante la secondaguerra mondiale, la parte in mura-tura subì la definitiva demolizionenegli anni ’50, quando su impulsodel parroco, si decise di costruirviun’opera sociale (un asilo per i bam-bini bisognosi del quartiere SantaMaria) che venne addossato allegrotte, deturpando la bellezza delsito. Negli anni ’90 la Soprinten-denza di Agrigento decise di demo-lire l’asilo, lasciando il sistema digrotte a vista.Oggi il G.A. Finziade, grazie alla

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Anno VIII - Numero II8

concessione dell’area da parte dallaCuria Arcivescovile di Agrigento eall’autorizzazione della Soprinten-denza di Agrigento, sta cercando dirivalutare e rendere così fruibilequesto pezzo di storia della città si-ciliana.Il sito, all’inizio dei lavori di bonificae ripulitura, si presentava alquantodecadente ed indecoroso.Nonostante la recente demolizione,di questa parte in muratura nonpossediamo nessun documento chepossa far ipotizzare quale fosse la

disposizione planimetrica degli am-bienti.Il prezioso lavoro dei soci delgruppo archeologico locale ha per-messo di riportare alla luce le fon-dazioni dell’antica Chiesa:finalmente se ne potrà ridisegnare lapianta, permettendo così ad essa dirinascere dalle ceneri, nella speranzache mai più possa cadere nell’obliocome purtroppo per parecchi anniè stato.

Andrea Incorvaia

NEWS DAL TERRITORIO

QUELLO SCHELETRO DEL II SECOLO D. C.

SOTTO LE ROTAIE DEL TRAM 3Era lì immobile nella sua posizionecon le braccia conserte per nientescomposto dopo circa 18 secoli disepoltura mentre sopra di lui la cittàsi trasformava e veniva avvolta daun traffico caotico.E proprio li era rimasto, sotto lalinea del tram 3, oggi sostituita daibus, ad ascoltare l’andare e il venireincessante di quel tram ed il suo as-sordante tremolio a pochi passi dauna grande e maestosa sepoltura, laPiramide Cestia.Ma lo scheletro di piazzale Ostiensenon era così conosciuto e per anni,anzi per i secoli, i romani ci sonopassati accanto. Accanto a quellastoria conservata dal divenire deltempo. Poi all’improvviso nei mesiinvernali, dopo uno scavo al centrodel piazzale Ostiense è venuto fuori.E si è meritato la citazione sui gior-nali più importanti di Roma.Lo scheletro fa parte di un cimiterodel II secolo d. C. in quanto nella

stessa zona sono stati in seguito ri-trovati altri resti umani, altri crani(tra cui quello di un bambino), pezzidi anfore, tracce di sepolture orga-nizzate. Molti dicono che non ènulla di straordinario. Certo, forseperché a Roma siamo abituati a

camminare su necropoli, ville,

strade antiche e non ci meravi-

gliamo affatto che viviamo in una

città in cui l’antico si mescolerà con

il moderno, per l’eternità!

Serenella Napolitano

Un benvenuto nei Gruppi

Archeologici d’Italia:

G.A. LICATA “FINZIADE” via

Po 16 - Licata (Agrigento), diret-

tore Fabio Amato

G.A. “CITRA” DI PAOLA via

Nazionale 149 - Paola (Co-

senza), direttore Daniela Signo-

retti

G.A. CATANZARO via Salita

Piazza Roma 9 - Catanzaro, di-

rettore Florinda Tortorici

G.A. PERUSIA via Manara 9 -

06123 Perugia, direttore Bar-

bara Venanti

G.A. VELINO via G. Leopardi 1

- Ascea Marina (SA), direttore

Clotilde Vecchio

G.A. TERRE D’OTRANTO via

Lucania 57 - Novoli (LE), diret-

tore Elvino Politi

Dalla redazione e tutto lo Staff

un augurio per un buon esito

delle attività di volontariato

che verranno organizzate.

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