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uni3 trieste news 1 SALVATECI ! “Salvateci!”, è il grido di dolore che si è levato dagli schermi televisivi di tutto il mondo, con il volto e la voce strozzata dal pianto di Vian Dakhil, unica donna membro del Parlamento Iraqeno che, disperatamente lo ha lan- ciato ai “potenti” del pianeta. Vian Dakhil fa parte di un pic- colo popolo di etnia curda e religione propria, che conta non più di 300.000 anime, che vive nel Kurdistan Iraqeno, in Siria ed in Turchia e che oggi, con l’avvento dello Stato Islamico, rischia l’estinzione. Gli yazidi si distinguono dagli altri curdi per la religione che professano, le cui radici primordiali risalgono a più di 4000 anni fa. È una religione monoteistica, profondamente eso- terica, con forte connotazione sincretica, dove confluiscono tradizioni ebraiche, cristiane e musulmane. Dai musulmani, in particolare, sono ritenuti eretici, adoratori di idoli. Infatti il nome “Yazidi” deriverebbe dal persiano “ized”, che si- gnifica “angelo”, appunto “l’Angelo Pavone” che dall’Islam radicale viene accomunato a Satana. Secondo la tradizione yazida invece, l’Angelo Pavone, dopo aver rinnegato Dio, viene perdonato e da allora ha ripreso il suo posto come custode del mondo. Nelle ritualità dello yazidismo sono previste le abluzioni sacre, il battesimo, la circoncisione, il digiuno, l’interpretazione dei sogni, il pellegrinaggio e la trasmigrazione delle anime. La loro diffidenza verso il mondo esterno si giustifica nella struttura stessa della società alla quale si appartiene solo per discendenza e nella quale non sono ammessi né matrimoni interconfessionali né conversioni. Le famiglie yazide si dividono in religiose-sacerdotali, preposte alle attività liturgiche e laiche, tenute, quest’ultime, al manteni- mento delle prime. Tra le due “classi” sono proibiti i matrimoni, pena, per i trasgressori, l’espulsione dalla comunità. Con l’irrompere nello scacchiere medio-orientale dei jihadi- sti dello Stato Islamico e con la radicalizzazione dell’Islam sunnita, più intransigente, nei confronti degli Yazidi è ini- ziata una feroce e spietata persecuzione. Oggi registriamo, per la settantaquattresima volta nella loro storia, ad un au- tentico genocidio, con violenze di ogni tipo, di cui ogni gior- no parlano le cronache. Stiamo assistendo ad una fuga di massa verso le caverne del Gabor Singar, una catena mon- tuosa ad ovest di Mosul, verso la Siria, la Turchia e verso le popolazioni di etnia curda, anche se da queste non proprio accolti con troppo entusiasmo. Quello che preoccupa dell’IS è la capacità di innescare un meccanismo latente che si accende appena gli equilibri di convivenza tra le popolazioni a loro sottomesse si alterano. Nello specifico, l’IS si è inserito rapidamente tra le spac- cature socio-economiche e religiose dei vari gruppi, tra Baghdad e la periferia, all’interno della stessa nazione curda e nella galassia tribale delle popolazioni locali, favorito anche dall’evanescenza dei confini di stato. Le persecuzioni e gli eccidi in atto hanno effetti devastanti nell’immediato ma anche in prospettiva. La comunità yazida stava attraversando un periodo di rinnovamento che prevedeva riforme soprattutto in ordine alla rigida divisione in gruppi e relativi schemi matrimoniali, aprendo nuove prospettive alle future generazioni. Oggi gli yazidi rischiano l’esclusione dal resto del contesto curdo, condannandosi ad una ulteriore frammentazione e ad una dolorosa ennesima diaspora. Ecco giustificate le lacrime di Vian Dakhil. Mario Grillandini Uni3triestenews -- Anno II - aprile 2016 Vian Dakhil L’Angelo Pavone

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SALVATECI ! “Salvateci!”, è il grido di dolore

che si è levato dagli schermi

televisivi di tutto il mondo, con il

volto e la voce strozzata dal

pianto di Vian Dakhil, unica donna

membro del Parlamento Iraqeno

che, disperatamente lo ha lan-

ciato ai “potenti” del pianeta. Vian Dakhil fa parte di un pic-

colo popolo di etnia curda e religione propria, che conta non

più di 300.000 anime, che vive nel Kurdistan Iraqeno, in Siria

ed in Turchia e che oggi, con l’avvento dello Stato Islamico,

rischia l’estinzione.

Gli yazidi si distinguono dagli altri curdi per la religione che

professano, le cui radici primordiali risalgono a più di 4000

anni fa. È una religione monoteistica, profondamente eso-

terica, con forte connotazione sincretica, dove confluiscono

tradizioni ebraiche, cristiane e musulmane. Dai musulmani,

in particolare, sono ritenuti eretici, adoratori di idoli. Infatti

il nome “Yazidi” deriverebbe dal persiano “ized”, che si-

gnifica “angelo”, appunto “l’Angelo Pavone” che dall’Islam

radicale viene accomunato a Satana. Secondo la tradizione

yazida invece, l’Angelo Pavone, dopo aver rinnegato Dio,

viene perdonato e da allora ha ripreso il suo posto come

custode del mondo. Nelle ritualità dello yazidismo sono

previste le abluzioni sacre, il battesimo, la circoncisione, il

digiuno, l’interpretazione dei sogni, il pellegrinaggio e la

trasmigrazione delle anime.

La loro diffidenza verso il mondo esterno si giustifica nella

struttura stessa della società alla quale si appartiene solo

per discendenza e nella quale non sono ammessi né

matrimoni interconfessionali né conversioni. Le famiglie

yazide si dividono in religiose-sacerdotali, preposte alle

attività liturgiche e laiche, tenute, quest’ultime, al manteni-

mento delle prime. Tra le due “classi” sono proibiti i

matrimoni, pena, per i trasgressori, l’espulsione dalla

comunità.

Con l’irrompere nello scacchiere medio-orientale dei jihadi-

sti dello Stato Islamico e con la radicalizzazione dell’Islam

sunnita, più intransigente, nei confronti degli Yazidi è ini-

ziata una feroce e spietata persecuzione. Oggi registriamo,

per la settantaquattresima volta nella loro storia, ad un au-

tentico genocidio, con violenze di ogni tipo, di cui ogni gior-

no parlano le cronache. Stiamo assistendo ad una fuga di

massa verso le caverne del Gabor Singar, una catena mon-

tuosa ad ovest di Mosul, verso la Siria, la Turchia e verso le

popolazioni di etnia curda, anche se da queste non proprio

accolti con troppo entusiasmo.

Quello che preoccupa dell’IS è la capacità di innescare un

meccanismo latente che si accende appena gli equilibri di

convivenza tra le popolazioni a loro sottomesse si alterano.

Nello specifico, l’IS si è inserito rapidamente tra le spac-

cature socio-economiche e religiose dei vari gruppi, tra

Baghdad e la periferia, all’interno della stessa nazione curda

e nella galassia tribale delle popolazioni locali, favorito

anche dall’evanescenza dei confini di stato.

Le persecuzioni e gli eccidi in atto hanno effetti devastanti

nell’immediato ma anche in prospettiva. La comunità yazida

stava attraversando un periodo di rinnovamento che

prevedeva riforme soprattutto in ordine alla rigida divisione

in gruppi e relativi schemi matrimoniali, aprendo nuove

prospettive alle future generazioni. Oggi gli yazidi rischiano

l’esclusione dal resto del contesto curdo, condannandosi ad

una ulteriore frammentazione e ad una dolorosa ennesima

diaspora. Ecco giustificate le lacrime di Vian Dakhil.

Mario Grillandini

Uni3triestenews -- Anno II - aprile 2016

Vian Dakhil

L’Angelo Pavone

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UN 8 MARZO BELLISSIMO

Le fotografie sono di Rita Seixas

Il presidente Lino Schepis ha fatto gli onori di casa,

ringraziando il pubblico in sala, gli artisti sul palco e le

autorità, in primis la presidente Maria Teresa Poropat,

che ha portato il saluto dell’Amministrazione Provinciale

Un 8 marzo bellissimo

E’ quanto hanno commentato a caldo molti degli amici

dell’uni3trieste che hanno letteralmente gremito il Teatro

Miela, quasi tre ore di spettacolo in versi, musica e prosa: i

Mestieri femminili nella Trieste di ieri nell’analisi di Livia

Zanmarchi de Savorgnani; le Maldobrie di Gualtiero Giorgini

e Marzia Postogna; le Canzoni dell’amore proposte da Mar-

zia Postogna e Edoardo Contizanetti; il Messaggio uni-

versale della musica proposto dal Collegio del Mondo Unito

di Duino, nell’interpretazione delle allieve del maestro Ste-

fano Sacher e del Duo a quattro mani.

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8 MARZO: DAL SALUTO INTRODUTTIVO DEL PRESIDENTE LINO SCHEPIS … Forse non tutti sanno che la giornata internazionale

della donna si celebra nel mondo occidentale da oltre

100 anni: le prime manifestazioni celebrative si sono

svolte il 3 maggio 1908 a Chicago, data del primo

“Woman’s Day”, in un clima più cruento che giocoso,

volto a mettere in evidenza le condizioni di palese

inferiorità nelle quali vivevano le donne, oggetto di

discriminazione sessuale, lavorativa, sociale, nel diritto

al voto.

In Italia le prime manifestazioni si svolsero solo nel

primo dopoguerra, il 12 marzo 1922, anche qui in un

clima non esattamente pacifico, e furono poi riprese con

forza negli anni ‘70 dal movimento femminista.

Certo, in questi ultimi decenni molto è cambiato, su più

fronti: nel lavoro, nella società, in politica, nello sport.

Sono stati compiuti passi significativi lungo la via

dell’uguaglianza tra i sessi, anche se il cammino non

può dirsi ancora concluso.

Purtroppo, non altrettanti progressi si sono registrati

sotto il profilo del rispetto fisico e morale delle donne,

del loro diritto di tutela dell’integrità psicofisica: a

leggere la cronaca quotidiana, più che progressi dob-

biamo riconoscere che sono stati compiuti, non senza

colpe, pesanti passi all’indietro. Questo non può essere

tollerato in un mondo civile.

Ugualmente, non possiamo ignorare che in alcuni paesi

del mondo la condizione femminile sia ancora soggetta

a vessazioni inaudite, a soprusi, a mutilazioni, a

violenze di ogni genere.

Celebrare la Giornata Internazionale della Donna vuo-

le quindi dire celebrare e condividere i progressi com-

piuti lungo la complessa strada dell’uguaglianza, ma

anche ricordare a ciascuno di noi quanto ancora

occorra fare per divenire una società davvero civile,

soprattutto laddove le ingiustizie e le disuguaglianze

sono più marcate.

Da oltre un decennio UNI3 ha scelto di festeggiare le

proprie donne in un clima gioioso e con una mani-

festazione leggera, divertente, serena, che riproduce

quello che è oggi il clima abituale nella nostra realtà.

Come tutti vedono, in UNI3 le donne sono più che una

larga maggioranza, rappresentando quasi l’80% dei

nostri 1753 iscritti. Esse costituiscono, nei vari ambiti,

dei corsisti, degli assistenti, dei docenti, una presenza

davvero essenziale, e non solo per il numero, ma an-

che per l’intraprendenza, per la dinamicità, l’impegno,

la voglia di mettersi in gioco.

All’ingresso voi signore avete ricevuto un piccolo

omaggio floreale, il rituale mazzetto di mimose; le

prime mimose distribuite in Italia, negli anni ’50, non

erano proprio segnali di pace, ma vere e proprie,

giuste e vivaci, rivendicazioni di veri diritti, vivaci al

punto di apparire, ai tutori dell’ordine dell’epoca, dei

veri e propri “atti volti a turbare l’ordine pubblico”. Fortunatamente quei tempi e quelle visioni sono de-

finitivamente passati, e l’offerta delle mimose sottoli-

nea oggi soprattutto valori positivi, in particolare le

caratteristiche e le virtu’ femminili, il ruolo, da sem-

pre fondamentale e riconosciuto, della donna in fami-

glia, ma anche quello, crescente, nella società, in ogni

suo aspetto.

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NUOVE TECNOLOGIE: COME PROSEGUIAMO? Nei primi giorni di marzo ho concluso i due corsi tenuti a Muggia.

Il primo lo ho impostato sulla costruzione di presentazioni, soprattutto di materiale fotografico.

Nel secondo ho organizzato una panoramica sulla rete:

navigatore, motore di ricerca, uso della posta elettronica, ecc.

Ho anche iniziato a parlare dei dispositivi mobili, i cosiddetti

telefonini, soffermandomi soprattutto sulle analogie e sulle

differenze tra pc e smartphone e tablet.

Dopo sette anni di lavoro a Muggia credo sia diminuita la neces-

sitò di attivare corsi di prima alfabetizzazione informatica, corsi

nei quali si partiva dall’accensione corretta del pc. Il lavoro però

non è concluso, perché è necessario consolidare le conoscenze

e le competenze sulle nuove tecnologie.

Penso che alle persone che ho incontrato in questi anni interessi

meno lo studio approfondito di singoli programmi applicativi,

interessa invece una conoscenza diffusa, anche se non neces-

sariamente estesa, di una serie di applicazioni (elaboratore di

testo, di immagini, presentazioni, ecc.) che permettano la

costruzione di prodotti finiti, il loro salvataggio e il loro facile

recupero.

Ho sempre tentato poi di far passare il concetto secondo cui

quando lavoro con le nuove tecnologie, dopo aver acquisito un

minimo bagaglio di conoscenze di base (devo ad esempio

sapere sempre dove e come salvo un determinato file: salva e salva con nome per intenderci), approfondisco solamente ciò

che mi interessa e mi serve.

Credo poi che chi frequenta i nostri corsi debba poter essere in

grado di lavorare autonomamente sul suo dispositivo per-

sonale. Allora incoraggio l’uso del computer personale durante

lo svolgimento del corso.

Sorge però immediatamente una difficoltà: la presenza nei

vari dispositivi personali di differenti versioni di software, sia

come sistemi operativi che come applicativi. Tutto ciò ovvia-

mente rallenta il lavoro collettivo, perché è necessario inter-

venire quasi su ogni dispositivo. Credo però che questo modo

di procedere sia l’unico in grado di far acquisire quelle

conoscenze e competenze necessarie anche a persone della

terza età.

Quali progetti per il futuro, anche alla luce della decisione

assunta dal Consiglio Direttivo della nostra UNI3 di favorire al

massimo l’acquisizione di competenze informatiche diffuse da

parte di docenti, assistenti e allievi che la frequentano?

Organizzerò un corso di una ventina di ore riservato a persone

già in possesso di competenze adeguate, un corso di secondo

livello quindi, con l’obiettivo di costruire un prodotto finito: il

riordino e la sistemazione del proprio archivio familiare, una

storia familiare, un album fotografico, un diario personale,

una raccolta di poesie od altro. Durante lo svolgimento del

corso si potranno approfondire e consolidare le conoscenze e

le competenze necessarie.

Per quanto riguarda l’utilizzo della rete, penso si possano

organizzare degli interventi, anche di breve durata, nei quali

si trattano temi specifici e circoscritti: uso del browser, uso del

motore di ricerca, uso della posta elettronica, scarico di

materiale dal web, ecc.

Il tutto per rendere i nostri corsisti autonomi e capaci di

effettuare quelle operazioni che, volenti o nolenti, oggi pos-

siamo compiere esclusivamente nella rete.

Nulla ovviamente vieta l'organizzare corsi di prima alfa-

betizzazione o anche corsi più evoluti e specifici.

Bruno Pizzamei

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AH, SÌ, UMBERTO ECO “Quale studioso ha esplorato per primo la relazione tra media

ed architettura in Italia?” La risposta è lì, sulla punta della

lingua dell’affranta studentessa, magari un aiutino … “Non è

un architetto, è un semiologo e massmediologo di fama

internazionale. Anzi, lo era, ci ha lasciato pochi giorni fa”. Lo

sguardo resta vacuo. “Umberto Eco già nel 1968 ha affermato

che l’architettura è una forma di comunicazione di massa, sia a

livello persuasivo che informativo”. “Ah, sì, Umberto Eco, ho

saputo della sua morte. Era quello del Nome della rosa, il film,

beh, sì, il romanzo”. In effetti, anche come romanziere Eco era

di fama internazionale, alcuni suoi romanzi sono assoluti

bestseller. Incidentalmente, per Eco il concetto di bestseller è

mobile: in Francia vale trecentomila copie vendute, in Germania

un milione, in Inghilterra poche decine di migliaia (gli inglesi

leggono nelle biblioteche pubbliche), gli italiani precedono il

Ghana quanto a percentuale di lettori e comunque è più facile

trovare nelle nostre case Il nome della rosa e Il pendolo di Foucault che Diario minimo o Apocalittici e integrati. Alla domanda se ha letto Il nome della rosa o qualcos’altro di

Eco, una incerta risposta: “No, però so che parla di un monaco

che ai tempi dell’Inquisizione si perde nella ricerca di un libro

in un mare di libri, che poi finiscono in un rogo. Ho visto il film,

glielo racconto?”. Il romanzo o il film? Ma farebbe poi

differenza? Bompiani nel 2009 ha pubblicato un saggio, Non sperate di liberarvi dei libri, contenente una serie di con-

versazioni tra Eco e Jean Claude Carriere, sceneggiatore e

uomo di teatro e saggista; quest’ultimo racconta tra l’altro di

un confronto con il regista Louis Malle sul film Il Gattopardo

di Visconti: dialogo serrato, pubblico attento, poi Carriere

chiede a Malle se ha visto il film. “Io no” risponde il regista

“e tu?” “Nemmeno io” risponde lo sceneggiatore, tra l’indi-

gnazione dei presenti. Al che Eco ricordò un collega, com-

missario in un concorso nazionale universitario, che aveva

raccontato di essere sommerso da pubblicazioni dei

candidati che non avrebbe letto: “non voglio farmi

influenzare da persone che devo poi giudicare”.

E chi sono io per giudicare? “Signorina, mi parli della Neo

Tv”: quante volte avrò rivolto questa domanda in sede di

esame? La domanda è facile, di quelle fatte apposta per

mettere a proprio agio gli studenti di comunicazione. O

almeno dovrebbe, perché dopo l’iniziale decisa affer-

mazione “è il concetto avanzato negli anni Ottanta da

Umberto Eco” inizia una navigazione a vista tra tele-

comando e teleschermo, tra non trasparenza dell’in-

formazione e fiction, tra neo-villaggio televisivo locale e

miscela di ritmi e tempi televisivi d’ogni dove. “Tra i primi

scritti di Eco ho citato a lezione la Fenomenologia di Mike Bongiorno, ricorda? Il caso più vistoso di riduzione - ipse

dixit- del superman all’everyman”. Niente da fare, il Mike

nazionale fa parte di un’altra era, la studentessa tenta

qualche divagazione sulla Paleo Tv, a mo’ di ancora di

salvezza, concetto peraltro non di Eco ma che, insomma,

potrebbe suggerire l’idea che della materia c’è sufficiente

padronanza, coppie di opposti che si integrano e si

disvelano, Paleo Tv e Neo Tv, bianco e nero, yin e yang,

hello e goodbye. Appunto, goodbye, ci vediamo al prossimo

appello.

Eugenio Ambrosi

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CIÒ CHE NON CAPIMMO Il 2 febbraio, in prossimità della Giornata della Memoria, l’Università della Terza Età di Trieste mi ha dato la possibilità

di presentare un mio testo teatrale a leggio, recitato da due

bravi attori, Michela Cembran e Sergio Jannitti. Un pubblico

numeroso l’ha apprezzato anche per merito della successiva

esibizione del Coro dell’Università stessa.

“Ciò che non capimmo” è nato dal convergere di due miei

interessi. Quello per la fotografia nel suo ampio rapporto con

la cultura (argomento del mio corso attuale all’Università della

Terza Età), quello per la Storia, essendo stato un insegnante di

Lettere nella Scuola superiore. Mi è servito anche da stimolo il

lavoro di ricerca che un gruppo di insegnanti e colleghi (Franco

Cecotti, Silvia Zetto, Bruno Pizzamei) sta facendo da anni sulla

raccolta e analisi di fotografie, come fonti utili a ricostruire il

panorama storico della contemporaneità.

Il mio testo ha una base di vicende e persone reali che ho

potuto conoscere leggendo due libri:

Wilhelm Brasse, Photographer, 3444, Auschwitz (1940-1945), Sussex Academic Press

2012 Luca Crippa - Maurizio Onnis, Il fotografo di Auschwitz, Piemme, 2013.

Il mio scopo era di presentare un particolare episodio della

prigionia di Wilhelm Brasse, internato polacco addetto al

Laboratorio fotografico di Auschwitz e autore di migliaia di

foto segnaletiche dei prigionieri. Mi riferisco all’insolita

fotografia che lui fece a un’Ausiliaria SS del Lager subito dopo

misteriosamente morta suicida.

In primo luogo intendevo trovare una motivazione a questo

suicidio che mi permettesse di “inventare” letteraria-

mente una storia tra i due personaggi.

In secondo luogo volevo contestualizzare storicamente la

vicenda, evidenziando anche la particolare prospettiva che

le derivava dalla centralità delle componenti fotografiche.

È chiaro che sia il fatto dei due personaggi che dialogano

come fantasmi dopo più di mezzo secolo dagli avvenimenti

del Lager, sia l’ipotesi del suicidio dell’Ausiliaria come una

protesta “femminista”, appartengono solo all’invenzione e

hanno nulli o scarsi legami con la realtà vera.

Ho dovuto superare scrupoli morali per questa “conta-

minazione” tra storia e invenzione, tanto più in rapporto a

eventi storici così complessi e delicati come lo sterminio

dei lager nazisti. Inoltre mi sono posto il problema di

quanto e di come la fotografia possa essere una fonte

idonea alla ricostruzione storica. Ma alla fine ho ritenuto

che il mio testo teatrale, proprio per questa fusione di vero

e verosimile e per la sua originale prospettiva fotografica,

poteva acquistare valore sia sul piano umano e civile, che

su quello delle sue componenti storico/memoriali.

Al di là di questi specifici aspetti, io credo che, tra le tante

attività promosse dalla Terza Età, il teatro possa rivestire

un ruolo importante, tanto come attività didattica quanto

come pratica dei corsisti. Lo dico senza essere un esperto

e nemmeno uno scrittore di teatro, soprattutto pensando

al potere del teatro di rappresentare, di “agire” mime-

ticamente la vita umana.

Fabrizio Stefanini

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ONDE GRAVITAZIONALI DALLO SPAZIO PROFONDO

Nel 1915 Albert Einstein formulò la teoria della Relatività

Generale: la gravità non si esercita per mezzo di forze tra corpi

che si attraggono, come nella teoria di Newton, ma deriva dalla

deformazione dello spazio-tempo che ogni corpo determina

localmente. Se la massa è piccola, lo è anche la deformazione,

una “cunetta” nello spazio-tempo; ma se la massa è grande e

concentrata in una piccola regione, come nel caso di un buco

nero, si crea un vero e proprio “imbuto”. Se un corpo di massa

minore ha una traiettoria che lo porta in prossimità di un corpo

di massa maggiore, la sua traiettoria segue la deformazione

dello spazio-tempo prodotta da quest’ultimo e si avvicina ad

esso o, addirittura, penetra nell’”imbuto” di un buco nero.

Anche la luce, costituita da fotoni che non hanno massa, vede

la propria traiettoria modificata in prossimità di grandi masse,

perché deve seguire la curvatura dello spazio-tempo. Anche il

tempo subisce una modificazione ed appare rallentato in

prossimità di una grande massa ad un osservatore distante.

La gravità è quindi un effetto geometrico che deforma lo

spazio e modifica il tempo. Einstein previde che eventi molto

energetici nell’Universo primordiale avrebbero potuto dare

origine ad “onde gravitazionali”, increspature che si

propagano nello spazio-tempo come le onde concentriche in

uno stagno dopo aver lanciato un sasso. Lo scienziato stimò

che tali onde non sarebbero state osservabili, perché di

ampiezza troppo piccola per qualsiasi strumento dell’epoca,

ma la tecnologia di oggi ha permesso di rilevare le onde

gravitazionali, fornendo così un’ulteriore conferma della

validità della teoria di Einstein.

La scoperta è stata svelata con la pubblicazione su Physical

Review Letters l’11 febbraio 2016 da parte del team di ricer-

catori americani che hanno curato le osservazioni e l’inter-

pretazione dei risultati. Lo strumento utilizzato è denominato

LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory)

ed è costituito da un interferometro a luce laser che si estende

lungo due braccia di 4 km a formare una elle. Lo strumento è

così raffinato da poter misurare una variazione nella

lunghezza del percorso della luce laser pari ad 1/10.000 delle

dimensioni di un protone. Questo ha consentito di rilevare il

passaggio di onde gravitazionali, piccolissime fluttuazioni

oscillatorie dello spazio-tempo, che hanno determinato una

corrispondente variazione della lunghezza del percorso della

luce in LIGO, che deve seguire queste piccolissime deforma-

zioni geometriche dello spazio-tempo locale.

È un risultato eccezionale, se si considera l’enorme precisione

richiesta dalla misura. Le onde gravitazionali osservate da

LIGO sono state prodotte dalla fusione di due buchi neri a

formarne uno solo più massiccio (Figura 1), mentre l’equi-

valente in energia di una parte della massa complessiva

(E=mc2) veniva emessa sotto forma di onde gravitazionali

(Figura 2). Il fenomeno è avvenuto a 1,3 miliardi di anni-luce

di distanza da noi e quindi noi osserviamo ora quanto acca-

duto 1,3 miliardi di anni fa, il tempo impiegato dalla luce e

dalle onde gravitazionali a percorrere questa enorme distan-

za. Questa tecnica di rilevazione apre nuovi orizzonti all’os-

servazione dell’Universo, di cui potremo ora ricevere i segna-

li gravitazionali dei fenomeni più energetici, più distanti nello

spazio e più antichi nel tempo, avvicinandoci alle fasi dell’U-

niverso primordiale, che comprenderemo sempre meglio. Mauro Messerotti

Figura 1 Simulazione della fusione di due buchi neri a formarne

un terzo. [Crediti: SXS] Figura 2 Simulazione dello spazio-tempo in prossimità di due

buchi neri che si stanno fondendo insieme. Il colore rappresenta la

velocità con cui scorre il tempo vicino ai buchi neri: verde-normale;

giallo-rallentato del 20-30%; rosso-estremamente rallentato. In

basso, il profilo dell’onda gravitazionale generata. [Crediti: SXS]

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FAMILIARITÀ, SIMPATIA, COMPLICITÀ: AD AURISINA SONO DI CASA.

È un gran bel pubblico, quello che i docenti si trovano

davanti nella sede di Duino Aurisina.

Formato da persone attente, interessate, curiose, attive,

pronte a far domande pertinenti e precise.

Per me, che già alcune volte ho avuto l’onore e il piacere di

trovarmi “dall’altra parte della cattedra” è sempre stato

uno stimolo incontrarmi con gli iscritti della sezione carsica

dell’uni3.

La prima volta ci sono arrivato dopo le esperienze fatte

nella sede centrale e in quella di Muggia. In entrambe

avevo trovato attenzione, partecipazione, una bella acco-

glienza nei miei confronti, oltre che naturalmente una certa

curiosità “chissà cossa che ne conta sto sior”. In Carso ho

trovato un’atmosfera diversa. A Trieste e a Muggia ero a scuola, ad Aurisina mi sono sentito a casa. Chissà, forse la composizione del comune, fatto di piccoli

borghi dove tutti conoscono tutti ed è più facile trovare

volti noti nell’aula alla Casa della pietra (anche ti qua?),

forse, anzi sicuro, il meritorio lavoro fatto da chi ha diretto

e dirige la sede per farla conoscere ed apprezzare sempre

di più sul territorio, forse il fatto di abitare in Carso anch'io,

fatto sta che ho subito percepito un’atmosfera diversa,

quasi familiare.

A ciò contribuisce senz’altro anche la dimensione del-

l’aula, più piccola dell’Aula magna di via Corti e della Sala

Millo a Muggia, qui tutto è più raccolto, tu docente riesci a

percepire le sensazioni che prova ad ascoltarti anche chi

sta seduto in fondo perché riesci a guardare anche lui

negli occhi.

Ah, com’è appagante per il docente trovarsi davanti l’aula

piena!

Fa differenza avere le stesse venti persone ad Aurisina

rispetto a via Corti e a Muggia. Qui le venti persone si

perdono, lì ti riempiono la sala, anche se sempre venti

sono.

Ma poi ho capito, tutti questi fattori: aula più piccola,

tipicità dei borghi carsici, vedere bene in faccia tutti, erano

e sono solo aspetti esteriori. Sono la familiarità, la

simpatia, l’atmosfera quasi di complicità con la quale ti

accolgono a metterti subito a tuo agio.

Come dicevo, tutti conoscono tutti, nessuno viene in uni3

ad Aurisina da solo e sembra quasi che invitino anche te

a far parte della loro comunità. Non sei un estraneo

capitato lì quasi per caso, sei venuto sì per raccontare

qualcosa, ma sei là anche per sentire ciò che riguardo a

quel qualcosa li ha interessati, colpiti.

Ed è anche per questo, soprattutto per questo che l’autore

dell’articolo che state leggendo cerca sempre con piacere

nuovi argomenti da portare, nuove storie da raccontare al

gran bel pubblico degli iscritti della sezione di Duino

Aurisina dell’UNI3.

Furio Treu

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ESPERIENZE INFORMATICHE IN CLASSE Anche quest'anno ho avuto il piacere di insegnare

informatica. Più che insegnare sarebbe giusto dire

"trasmettere le mie esperienze", ma forse è la stessa

cosa. Motivi di salute mi hanno sconsigliato di

affrontare un corso articolato e completo, simile a

quello del 2015, quando dovetti abbandonare, a

dispiacere, gli amici (tali sono per noi insegnanti gli

allievi) nel bel mezzo della realizzazione di una

pubblicazione a sfondo familiare.

Così quest'anno ho optato per lezioni monotematiche di

due ore ciascuna condotte in un'aula normale e non

necessariamente nel laboratorio informatico. La

possibilità è stata data dai nuovi computer in dotazione

all'Università e, soprattutto, dal fatto che ormai tutte le

aule dispongono del collegamento internet.

I temi delle prime lezioni sono stati un po' i soliti (posta

elettronica, internet, due conferenze su fotografia digi-

tale e fotoritocco), ma ho voluto aggiungerne di nuovi

anche in considerazione del fatto che ormai le cono-

scenze informatiche della popolazione scolastica stanno

aumentando, e questo forse perché si stanno comin-

ciando a presentare in aula delle persone che hanno già

le basi, in quanto hanno avuto occasione di lavorare e

interagire con il computer. Ho aggiunto una lezione sul

Desktop Publishing, ovvero sulla tecnica per realizzare

volantini, piccole pubblicazioni e altri oggetti grafici

utilizzando appositi programmi specifici. Una lezione

interessante è stata anche quella dedicata a Skype, il

noto programma che permette di effettuare video-

telefonate gratuite, e non solo: è possibile condividere

file in tempo reale e anche lo schermo del proprio

computer.

Abbiamo provato un collegamento con il professor

Pizzamei che gentilmente si è prestato e credo che in

Università questo sia stato il primo tentativo di una

videoconferenza. Tecnica che, potenzialmente, potreb-

be permetterci di assistere a lezioni tenute da docenti

non necessariamente presenti fisicamente in aula.

Lunedì 29 febbraio abbiamo infine affrontato il

difficile tema della programmazione. Tra l'altro ho

effettuato un altro esperimento che ha ottenuto il

favore degli amici: la sera stessa delle lezioni ho

inviato loro il file con gli appunti, ovvero con quella

scaletta che sono solito prepararmi prima di aprire

bocca (la memoria non è più quella di un tempo

nemmeno per noi insegnanti e spesso mi sono accorto

che divagavo o dimenticavo qualche passaggio im-

portante).

Naturalmente ho anche allegato le slides preparate

per la lezione e i link a siti web meritevoli di visita.

Prepararsi prima permette all'insegnante di scegliere

le immagini con maggior calma, di adattarle e

disporne durante la lezione anche nel malaugurato

caso di malfunzionamento della rete, mentre per

l'allievo diminuisce lo "stress da appunti".

A seguito del grosso "peso" di file da condividere non

potevo allegarli alla mail, e così fatto ricorso a Google

Drive.

Grazie a queste esperienze abbiamo provato ad aprire

le porte al Webinar, "nuova parola" della lingua ingle-

se formata dalla contrazione fra "Web" e “Seminar",

insomma "insegnamento a distanza".

Giulio Salvador

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uni3triestenews 10

MONTAIGNE O L'ARTE DI VIVERE

Da 7 anni a questa parte (ho “saltato” soltanto lo scorso

anno accademico 2014/2015) tengo dei corsi brevi di

Filosofia presso questa Università della Terza Età.

Una disciplina - la Filosofia - che negli ultimi anni è

“tornata di moda” ed esercita un forte richiamo anche

sui “non addetti ai lavori” .......; si organizzano ad-

dirittura dei “festival di Filosofia”, con centinaia di

partecipanti......

Quest'anno il corso si svolgerà nel mese di aprile (tutti

i lunedì e i giovedì del mese delle ore 16.30 alle ore

17.20; si inizia il lunedì 4 aprile, complessivamente 7

incontri, perché si “salta” ovviamente il lunedì 25 apri-

le) e ha per titolo “Montaigne o l'arte di vivere”. Ho

desunto questo titolo da quello della traduzione italiana

(Fazi Editore, Roma 2011) di una recente splendida bio-

grafia-monografia su Montaigne scritta dalla studiosa

inglese Sarah Bakewell.

Benché scritti oltre 400 anni fa, nel tardo Cinquecento, i

Saggi di Michel de Montaigne sono sempre di straordi-

naria e perenne attualità e rimangono ancor oggi una

dalle letture più avvincenti e spiritualmente “nutrien-

ti” che si possano fare, oltre ad essere uno dei massimi

capolavori della letteratura francese e mondiale di tutti

i tempi.

Fra l'altro Montaigne è di fatto l’inventore del genere

letterario della Saggistica, che tanta fortuna doveva

incontrare nei secoli successivi, fino al nostro, e il suo

pensiero è, per tanti aspetti, incredibilmente antici-

patore del nostro "moderno" modo di pensare.

Vissuto in un'epoca particolarmente turbolenta, fra le

più agitate della storia europea -la Francia della

seconda metà del Cinquecento, dilaniata dalle guerre

di religione- Montaigne riuscì a ritagliarsi, nella bolgia

che lo circondava, un suo “cantuccio” privato dove

appartarsi, meditare e riflettere sulla condizione uma-

na, con una saggezza che sfida i secoli e che rappre-

senta una grande e perenne lezione di vita e di uma-

nità.

Per quanto concerne la struttura didattica del mio

“corso breve”, penso di procedere così: due incontri

introduttivi, che inquadrino la figura di Montaigne

sotto i profili biografico, storico, filosofico e letterario,

seguiti da cinque incontri di “letture dal vivo”, in aula

(letture ovviamente da me commentate) di brani scelti

di alcuni dei principali Saggi. Se vi saranno il tempo e

la possibilità materiale, cercherò di preparare delle

fotocopie da distribuire ai corsisti, in modo da agevo-

lare la lettura in aula e migliorarne l'efficacia.

Arrivederci dunque al 4 aprile, chi lo vorrà....

Silvio Orel

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I SERVIZI TELEMATICI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Sono sempre più numerosi i servizi che il cittadino può assol-

vere autonomamente in via telematica.

Certo, all’inizio adattarsi alle nuove tecnologie può com-

portare alcune difficoltà, ma una volta “presa la mano” è

innegabile la comodità di poter assolvere gran parte degli

adempimenti comodamente da casa propria, evitando le file

presso gli uffici.

L’Agenzia delle Entrate, già da alcuni anni, ha messo a dispo-

sizione del cittadino vari servizi fiscali che possono essere

assolti da casa propria in via telematica, alcuni dei quali sono

accessibili direttamente, per altri, disponibili su Fisconline, è

necessario munirsi di un PIN.

Cosa si può fare in rete anche senza il Pin?

calcolare il bollo auto inserendo la targa, i kW o i Cv

verificare la validità di un numero di partita Iva o di un

codice fiscale

calcolare gli importi per la tassazione degli atti giudiziari

prenotare un appuntamento con l’ufficio.

Questi alcuni dei principali, inoltre a disposizione del contri-

buente vi sono diverse informazioni contenute nella banca dati

catastale, tra cui la rendita catastale degli immobili e, per i

terreni, la superficie, la qualità, il reddito dominicale e quello

agrario.

Cosa si può fare con il codice Pin?

accedere alla “dichiarazione 730 precompilata”, accet-

tarla o modificarla e inviarla

pagare imposte, tasse e contributi

inviare la dichiarazione dei redditi e altri documenti

registrare un contratto di locazione

comunicare le coordinate del proprio conto (bancario o

postale) per l’accredito dei rimborsi

ricevere assistenza sulle comunicazioni di irregolarità e

cartelle di pagamento (Civis)

accedere al proprio Cassetto fiscale e consultare le dichia-

razioni fiscali presentate, i dati catastali dei propri im-

mobili, i versamenti effettuati con i modelli F23 e F24, gli

atti registrati, i dati dei rimborsi e le comunicazioni delle

anomalie relative agli studi di settore.

Come si richiede il codice PIN per accedere ai servizi

dell’Agenzia su Fisconline?

La richiesta può essere fatta online direttamente dal sito

http://telematici.agenziaentrate.gov.it/Main/Registrati.jsp

dedicato ai servizi telematici, inserendo alcuni dati personali

relativi all’ultima dichiarazione dei redditi presentata. La

prima parte del codice Pin verrà visualizzata subito. La

password di accesso e la seconda parte del codice arri-

veranno in seguito per posta al domicilio dichiarato. A chi è

munito della Carta Nazionale dei Servizi (CNS), il sistema

fornirà direttamente il codice Pin completo e la password

iniziale.

Il codice di accesso può essere richiesto anche per telefono,

al numero 848.800.444 da rete fissa (al costo di una chia-

mata urbana) o 06.96668907 da cellulare (al costo previsto

dal piano tariffario applicato dal proprio gestore).

Chi preferisce recarsi in un Ufficio Territoriale dell’Agenzia

otterrà subito la prima parte del codice Pin, la password e le

istruzioni per prelevare la seconda parte del codice dal sito

internet. Se l’abilitazione viene richiesta tramite un delegato,

l’ufficio gli consegnerà la prima parte del codice Pin mentre

la seconda parte, insieme alla password, sarà inviata per

posta al domicilio dell’utente.

L’accesso e l’utilizzo dei servizi telematici dell’Agenzia delle

Entrate sono completamente gratuiti.

Barbara Scomersich

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IL BACIO Il bacio di Klimt, dipinto risplendente d’oro,

in arte vale un gran tesoro,

ma i baci nella consueta vita,

son gemme di ricchezza infinita.

Il BACIO della mamma alla sua piccina

È un tocco d’amore, il profumo di un fiore.

Mamma la stringe al suo petto

E ancor di baci ne ricopre il visetto.

BACI quando si avvia alla scuola

La rassicuran e non si sente più sola.

Dall’ala materna un fugace volo,

timida ricerca in un mondo nuovo.

Giunta è l’età dell’ebbriante giovinezza,

il primo BACIO a chi batter le fa il cuore,

tenera esperienza, dolce effusione d’amore.

BACI arditi, fusion di comune passione

unisce gli sposi nell’amore.

A chi parte un BACIO profondo, infinito,

cela il dolor di chi è afflitto,

lo invia ancor con la mano,

un ultimo addio a chi ormai è lontano.

Il BACIO della buona notte, tepida carezza,

dolce augurio di un sereno riposo,

uniti nel cupo oblio del sonno.

Il BACIO della figlia

sul volto della madre dal tempo provato,

solcato da rughe, rigato dal pianto,

è un immenso dono d’amore

che le stringe il cuore,

è un’affettuosa parola:

MAMMA non sei sola!

UNA VOLTA TRIESTE Torno a casa con l’autobus,

e i mii oci varda la città che sta cambiando.

Veci cafè, spaceti, boteghe che sparissi

Banche che nassi come funghi …….

Lampioni rossi in Borgo Teresian.

La de quel sburto, in quinto pian,

stava la mia maestra…..

La, in quel porton iera un caligher……..

Qua stava ….

La iera ……

Passado.

Xe passado tuto!

Che tristeza, Trieste!

Meno mal che a casa

me speta due pice mule gemele,

che ilumina la mia sera.

E la malinconia dei ricordi

se squaia, come neve,

al sol dele sue ridade.

LE DONE DEI PRANZI Ogi ve trovo nel libro dei ricordi

“done dei pranzi” che a Muia e Trieste,

prima che fis’ciassi mezzogiorno

rivavi col panier sule teste

a portarghe gamele ancora calde

ai tanti operai canterini

che spetava minestra o calandraca

sentadi sule bite, o sui scalini.

Tre tecete impirade una su l’altra…

e le posade de lata messe a fianco….

Un tovaiol ingropado sora el tuto ……

Una fiascheta de nero, oppur de bianco…..

Col caldo, con la bora, con la piova,

con neve e gelo ieri sempre puntuali.

Ve iutavi fra voi e, pur ‘ssai stanche,

coi omini afamai ieri cordiali.

Un giorno i scriverà Done dei pranzi, vecio lavor che no esisti più.

Sparide, coi cantieri, i vaporeti,

e i tanti sogni dela gioventù.

Nelly

Silva Della Pietra Lepore Nelly Mauro è una delle primissime iscritte della sezione

di Muggia.

Silvia Della Pietra Lepore a Muggia scrive testi di canzoni

e poesie in dialetto.

Interno di una vecchia bottega. Le portapranzi verso il cantiere

Gustav Klimt Il bacio.

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GENITORI All'ombra del portico, osservo mio marito lavorare nell'orto, il

sudore gli cola sul viso, sul torso nudo, è proprio bello!

I ragazzi lo aiutano pasticciando con la terra, tra poco se la

tireranno addosso per finire, urlando come selvaggi, col bagnarsi

tutti con la pompa dell'acqua.

La vicina continua a spiare Franco, non si è ancora rassegnata, non

vorrei dovermela vedere con suo marito.

Carlos lo abbiamo adottato, è venuto al mondo in un contesto

terribile. Ci hanno avvisato subito che era un bambino pro-

blematico.

Da troppo tempo aspettavamo di poter adottare, così abbiamo

accettato la sfida.

Lo abbiamo coinvolto in tante attività all'aperto, sperando di

convogliare nello sport la sua aggressività.

Purtroppo essa si manifestava talvolta anche a scuola; in un par-

ticolare episodio, la provocazione subita da parte di un compagno,

lo aveva indotto a picchiarlo, pesantemente.

Tutti avevano incolpato noi del suo comportamento e Franco porta

ancora, in volto, i segni del pugno sferratogli dal padre di quel

bambino.

A quel punto, ci siamo resi conto che il nostro amore e le nostre

attenzioni non erano sufficienti ad aiutare Carlos, perciò ci siamo

rivolti ad uno psicologo. Ora sembra che il ragazzo stia trovando

un suo equilibrio.

Tamara è arrivata inaspettata. Si è presentata, un giorno, una

ragazza con una piccolina in braccio: “È la figlia di Franco, non

me ne posso più occupare, l'affido a voi.”

Non riuscivo a crederci. Quando aveva conosciuto Franco quella

ragazza? Del resto non c'era bisogno di esame del DNA, la pic-

cola era uguale a lui.

In questo pomeriggio, mentre guardo la mia famiglia giocare in

giardino, tutti belli, sani, allegri, mi sento ottimista anche se so

che, probabilmente già domani, è pronta una nuova battaglia e

tante ancora ne dovremo affrontare.

Abbiamo lasciato che i nostri figli ci chiamassero per nome, nel

modo che a loro veniva spontaneo: Franco e Enrico. Dopo il

primo smarrimento, abbiamo ricostruito l'accaduto: nei nostri

svariati tentativi di avere un figlio, anche Franco aveva donato

lo sperma.

Abbiamo accolto la bambina con tanto timore e, così piccola,

forse era troppo anche per noi.

Per fortuna, mia madre è una donna meravigliosa, ci ha sempre

sostenuti, protetti, e in questo frangente, il suo aiuto è stato

determinante.

Tamara oggi è la nostra gioia, l'unica che, malgrado la sua di

vivacità, riesce a contenere quella del fratello che la ama più di

tutti noi.

LETTERA AD UN AMICO

Ciao amico,

o farei meglio a dire ciao ex amico, visto

come ti sei comportato.

Ti scrivo per esprimerti tutta la mia

amarezza: come hai potuto sparire così da

un momento all'altro?

Non un segnale, non un preavviso né un

problema particolare, solamente, improv-

visamente, il nulla.

Eppure ti avevo letteralmente aperto la porta di casa mia, tu sape-

vi tutto di me, conoscevi i miei interessi, i miei gusti musicali,

i miei amici, gli appuntamenti, perfino il contenuto delle

lettere che scrivevo. Certo ci era voluto del tempo dopo il

nostro primo incontro per prendere confidenza, ma poi tra noi

si era instaurata una piacevole routine.

Quanti pomeriggi passati insieme tra lavoro e divertimento!

Ormai sei sparito da giorni e non è servito a niente nemmeno

chiedere l'aiuto di conoscenti e amici.

Hai tradito la mia fiducia e mi verrebbe da dirti che tra noi

tutto è finito, che non voglio più aver nulla a che fare con te,

ma so già che non sarà così, perché senza di te… amico com-

puter, ormai non si può stare!

I due testi sono stati elaborati durante le attività del

Laboratorio di scrittura creativa – Esercizi per la mente

curato da Carla Carloni Mocavero.

Loredana Debiasi

Eva Nardò

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RICORDO CHE NEL 1944 IO ABITAVO A SANTA CROCE … Abitavo vicino alla scuola elementare, che durante la guerra era il

comando degli ufficiali tedeschi. In strada, vicino a casa mia, i

tedeschi avevano costruito un abbeveratoio per cavalli. Un giorno

sono andato a giocare con la barchetta regalatami da un amico di

mio papà. Mentre giocavo ho spinto troppo velocemente e la bar-

chetta ha colpito il muso del cavallo. Il cavallo si è spaventato ed

ha fatto un salto. Il militare che lo accompagnava, arrabbia-

tissimo, ha preso la mia barchetta, e l’ha gettata a terra, distrug-

gendola. Piangendo, ne ho raccolto i resti e mi sono incamminato

verso casa. A quel punto mi viene incontro un ufficiale, mi prende

in braccio e, rivolgendosi verso il militare, lo sgrida. Poi mi porta

al suo comando e lì mi ha dato caramelle, cioccolato e biscotti. Poi,

accarezzandomi, mi ha dato un bacino.

Il giorno che bombardarono il porto nuovo e la città ero sul monte

BABCA (tra S. Croce e Aurisina) con mio cugino e un suo amico, più

grandi di me.

Vidi gli aerei che provenivano da Venezia sganciare le bombe,

sentivo la terra che mi tremava sotto i piedi. Durante la

guerra quasi ogni giorno suonava la sirena per avvisare

l’arrivo di un piccolo aereo (lo chiamavano PIPPO) che

mitragliava sulla gente. Noi, quando sentivamo la sirena,

correvamo a ripararci in una grotta naturale che per fortuna

era vicino a casa mia.

Un giorno sono andato con mia zia in una botega (negozio

per alimentari). Vengono dentro i tedeschi con i fucili puntati

e ci fanno uscire. Poi ci obbligano a vedere la fucilazione di

due presunti partigiani appesi ai rami di un albero. Dopo lo

sparo chiesi a mia zia: “Zia, perché sono così rossi? “

Ogni giorno, ad ora di pranzo, andavo con la gavetta e i

bollini attaccati ad un libretto che mi staccavano per ogni

razione del rancio, quasi sempre la solita minestra de bisi (minestra di piselli secchi). Un giorno, giocando con amici il

libretto mi è caduto nella minestra, mia madre ha gettato

tutto nell’immondizia e così, da quel giorno, niente più

minestra de BISI.

Trieste sotto le bombe

Due serate con quattro conferenzieri: è questa la nuova proposta che uni3trieste lancia

a fine mese, ed il tema scelto per questa première è di indubbio interesse.

Venerdì 21 aprile alle ore 17.30 Dino Cafagna e Giorgio Grisilla parleranno

della vita a Trieste nel periodo dei bombardamenti (il primo), con un particolare

approfondimento su come funzionavano in quei giorni i trasporti in città (il secondo).

Venerdì 28 aprile, stessa ora, Maurizio Radacich e Dean Leonardelli ricorderanno

la vita dei triestini durante i bombardamenti alleati, nei rifugi antiaerei ma anche nelle

nelle vie della città sotto attacco.

Un’iniziativa che vuole ricostruire il quadro della vita in una città che viveva un periodo tragico e difficile di cui si sta

perdendo il ricordo; un’iniziativa che aiuti a non dimenticare la difficile arte del vivere e sopravvivere in guerra, anche da

civili, se possibile anche con qualche lieve tocco di beffarda ironia.

Immagini da: S. Millo I peggiori anni della nostra vita

Trieste, via Tagliapietra

Mario Sulcic

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uni3triestenews 15

Je suis Brux! La prima volta che sono andato a Bruxelles, se ben ricor-

do, è stata nel febbraio 1999, per partecipare alla con-

ferenza internazionale “Public relations and information

policy on cross-border cooperation” al Parlamento

Europeo, dove ho presentato il contributo “Comunication

without borders/comunicazione senza confini”, parlando

di quanto andavo facendo come dirigente del Servizio

rapporti esterni della Regione. Un’esperienza elettriz-

zante, in quel palazzo tutto vetro ed acciaio e bandiere

al vento. E con gli atti pubblicati a futura memoria,

incluso il mio contributo.

Da allora, nello svolgimento delle mie funzioni, sarò

stato a Bruxelles una cinquantina di volte, anche per l’in-

tera settimana lavorativa quando l’Ufficio di rappre-

sentanza regionale era sotto le mie dirette respon-

sabilità, sino alla fine del 2006. Insomma, Brux era un

po’ il mio secondo ufficio.

È vero, sono passati dieci anni, ma rivedere in questi

giorni le note immagini dell’aereoporto di Zaventem,

della stazione metro di Maalbeck, di rue de la Loi, dei pa-

lazzi delle istituzioni comunitarie associate ad immagini

di sangue e distruzione mi ha riempito di tristezza. E non

solo all’idea che con altre scelte di vita avrei potuto es-

serci preso di mezzo anch’io; o al pensiero degli amici e

colleghi che ancora lavorano, vivono, hanno messo su

casa nella capitale belga. Ma al ricordo di ciò in cui cre-

devo e per cui lavoravo, un ideale ingenuo (con il senno

del poi) in grado di suscitare passioni, creare con-

divisione, sviluppare una comune Casa europea al di

sopra di confini, lingue, etnie, religioni, economie.

Una Bruxelles in cui era possibile girare liberamente, a

qualsiasi ora del giorno e della notte, per mangiarsi un

waffle con lo sciroppo d’acero o bersi una birra blanche;

oggi invece … “dopo gli attentati di Parigi Bruxelles è

stata letteralmente militarizzata. E questo ci ha fatto

credere di essere in qualche modo “al sicuro”. Beh, ci

siamo completamente sbagliati...” mi scrive un collega

“ti confesso che siamo ancora profondamente scossi,

ma vogliamo credere che sia finalmente l'Europa a

rialzare la testa e a rispondere con una sola voce.

Perché, in fondo, ci crediamo ancora”.

“Era prevedibile” mi digita su facebook un’altra col-

lega” ma lo stesso sembra impossibile che sia suc-

cesso davvero. Stiamo tutti bene per fortuna, ma siamo

molto angosciati perché consapevoli che dobbiamo

imparare a convivere con questa nuova situazione.

Saremmo dovuti partire domani da Zaventem, Maal-

beek è la nostra stazione del metro, vivere così non

sarà facile, soprattutto col pensiero dei bambini, ma

cerchiamo di non farci vincere dalla paura”.

Coraggio, non dobbiamo farci vincere dalla paura, e

spero di potervi rivedere presto a Bruxelles, in tempi

più normali. E speriamo che arrivino presto, questi

tempi.

Sulla scrivania occhieggia la cartolina Je suis Paris, Io

sono Parigi, a memoria della strage del gennaio 2015;

una foto sul giornale riporta Je suis Brux, Io sono

Bruxelles, marzo 2016; la mente prende il volo: chi sarò

io la prossima volta?

E. A.

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SI’, VIAGGIARE … CON UNI3TRIESTE

Presso la Segreteria sono aperte le iscrizioni ad alcuni viaggi particolarmente interessanti:

Cipro: il crocevia dei popoli: dall’11 al 15 maggio,

accompagnati dalla prof. M. T. Brugnoli, in pullman fino

a Venezia e quindi in aereo sino a Larnaca e da lì alla

scoperta di Limassol e della baia Akrotiri, di Nicosia,

capitale dell’isola e unica città europea ancora divisa

tra il settore greco e quello turco; di Famagosta e della

città fantasma di Varosha; di Salamina e di Paphos,

dove secondo la leggenda nacque Afrodite. Ed ovunque,

tracce dei popoli che nel tempo si sono impadroniti

dell’isola: greci ed egiziani, assiri e persiani, romani e

bizantini; e poi crociati, veneziani, ottomani, inglesi.

Quote da € 980,00.

Affrettarsi, ultimissimi giorni!

Salonicco: dal 19 al 22 maggio, viaggio accom-

pagnato dal prof. M. R. Formentin a conclusione del Cor-

so di Storia bizantina. Un’immersione nella Grecia più

genuina, al di fuori delle solite rotte turistiche: dalla

passeggiata alla scoperta delle chiese, patrimonio Une-

sco, di Santa Sofia e San Dimitri di Salonicco, seconda

solo a Costantinopoli ai tempi dell’impero bizantino,

alla circumnavigazione intorno al monte Athos ed ai

suoi monasteri. Per chiudere con la visita del famo-

sissimo Museo Bizantino, il più importante della Grecia.

Quote da € 755,00

Graz, castelli e Maribor: dal 27 al 29 maggio,

viaggio accompagnato dalla professoressa Simone

Weisskopf. Tre giorni in pullman G.T. tra le colline viti-

cole del verde Pohorje, lungo la Drava, alla scoperta

della Fortezza medievale di Riegersburg e quindi del

centro storico del capoluogo della Stiria, la verde Graz

e, sulla via del ritorno, ein Prosit! a Klagenfurt. Quote

da € 318,00

E qualcos’altro bolle in pentola … il y a quelque chose qui mijote : eventuali notizie in Segreteria.

“Uni3TriesteNews” è una pubblicazione della Università della Terza Età “Danilo Dobrina” collegata

al sito www.uni3trieste.it

Comitato di redazione: Eugenio Ambrosi (direttore), Mario Grillandini (vice direttore), Luigi Milazzi,

Nicola Archidiacono, Biagio Mannino, Bruno Pizzamei. AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE DI TRIESTE DD.- 10/07/2015 N° 12/2015 E N° 2039/2015 V.G. REGISTRO INFORMATICO.