Fraternity magazine 1

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Sommario Editoriale Coscienza Astrologia evolutiva Nutrizione consapevole Dipendenze evitabili Psicosintesi Educazione nnn Cara amica e caro amico, abbiamo pensato a un magazine da sfogliare come una rivista cartacea, anche se in formato digitale, per con- sentire a tutti, ma proprio a tutti, di avere una scelta del- le informazioni che pubblichiamo sul sito, in modo facile e concentrato. Fraternity.it è un vero portale che, come una grande cit- tà, ha quartieri, vie, vicoli, palazzi di ogni genere, e non è sempre facile orientarti per trovare ciò che ti interes- sa. I contenuti sono tanti e, navigare nei menù e sotto sotto menù, per i meno informatici, non è agevole. Il magazine diventa, allora, lo strumento ideale per far giungere dritto a casa tua quelle notizie e informazioni che riteniamo più importanti. In questa avventura siamo in compagnia di esperti in varie discipline della conoscenza che ci accompagne- ranno in uno stupendo viaggio per crescere insieme. Perché un magazine Fraternity magazine L’amore della verità nella luce del conoscere pubblicazione a cura di Fraternity www.fraternity.it [email protected] ottobre 2012 n: 0 di Edoardo Conte Bianca Varelli , Adele Caprio , Carmen Doto , Edoardo Conte , Carmelo Percipalle Hanno collaborato a questo numero:

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SommarioEditoriale

Coscienza

Astrologia evolutiva

Nutrizione consapevole

Dipendenze evitabili

Psicosintesi

Educazione

nnn

Cara amica e caro amico,abbiamo pensato a un magazine da sfogliare come una rivista cartacea, anche se in formato digitale, per con-sentire a tutti, ma proprio a tutti, di avere una scelta del-le informazioni che pubblichiamo sul sito, in modo facile e concentrato.

Fraternity.it è un vero portale che, come una grande cit-tà, ha quartieri, vie, vicoli, palazzi di ogni genere, e non è sempre facile orientarti per trovare ciò che ti interes-sa.I contenuti sono tanti e, navigare nei menù e sotto sotto menù, per i meno informatici, non è agevole.

Il magazine diventa, allora, lo strumento ideale per far giungere dritto a casa tua quelle notizie e informazioni che riteniamo più importanti.

In questa avventura siamo in compagnia di esperti in varie discipline della conoscenza che ci accompagne-ranno in uno stupendo viaggio per crescere insieme.

Perché un magazine

FraternitymagazineL’amore della verità nella luce del conoscere

pubblicazione a cura di Fraternity www.fraternity.it [email protected] ottobre 2012 n: 0

di Edoardo Conte

Bianca Varelli, Adele Caprio, Carmen Doto, Edoardo Conte, Carmelo Percipalle

Hanno collaborato a questo numero:

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L’ostacolo dei problemi contingentiCoscienza - a cura di Edoardo Conte

Siamo così presi dai problemi contingenti che pensiamo di dovere concentrare i nostri sforzi per risolverli; così perdendo di vista il progetto evoluti-vo complessivo e non affrontando le vere proble-matiche che riguardano la manifestazione del Piano Divino per l’Umanità. Le forze dell’ostacolo e della separatività, ci indu-cono sistematicamente ad occuparci delle pro-blematiche quotidiane – di come arrivare a fine mese, di che cosa mangiare, di come pagare il mutuo o le altre spese, di come far carriera o gua-dagnare più soldi – che perdiamo la bussola e non sappiamo trovare la direzione della serenità, del vero amore, della fratellanza.Così siamo impegnati nell’affrontare continue si-tuazioni conflittuali nell’ambito della famiglia, del vicinato e del lavoro. Liti e incomprensioni, invidie, gelosie e competizioni costanti ci separano gli uni dagli altri senza farci vedere il vero senso del vive-re. Non c’è da meravigliarci se non rimane tempo per cogliere l’attimo fuggente o per concentrarci su come vorremmo migliorare l’esistenza nostra e della società in cui viviamo. Crediamo erronea-mente che, risolvendo i problemi della sopravvi-venza quotidiana, avremo risolto i grandi problemi esistenziali e sociali e potremo vivere finalmente meglio e in pace.Non è così. L’attenzione al nostro karma personale non ci permette di scorgere dove sta andando l’Umanità intera. Anche coloro che si stanno risvegliando dal letargo materialistico e consumistico fanno corsi di ogni tipo e seguono tecniche solo per ottenere uno stato di benessere personale, con poca visio-ne di ciò che è bene per tutti.D’altro canto, è difficile elevare lo sguardo per in-travedere un futuro condiviso quando siamo schiacciati dalle incombenze di sopravvivenza o da quelle dettate dal desiderio di affermazione personale. Incombenze che tarpano le ali dell’im-maginazione e della creatività privandoci del-l’esperienza della bellezza e del sublime; negan-doci il contatto con quella dimensione spirituale che dà conforto, spinta, visione, fede e speranza. Proviamo a riflettere per un istante su dove ci può condurre la concentrazione dei nostri sforzi sui problemi del sopravvivere. Constateremo che il comportamento di sopravvivenza è inerente alla sfera animale. Gli animali sono occupati costan-temente nel solo bisogno di mantenersi in vita, primo fra tutti la ricerca del cibo. Non vi è da stu-pirsi che non abbiano sviluppato altra occupazio-ne. Il costante adempimento dei soli bisogni di

sopravvivenza ci fa regredire alla condizione ani-male. È senza dubbio vero che, per superare tale condi-zionamento, occorra rivolgere l’attenzione sui pia-ni intellettuali e causali della manifestazione, piut-tosto che rimanere imprigionati in quelli pretta-mente materiali. Per far ciò bisogna andare in pro-fondità nella psiche e nel corpo emozionale per riconoscere i propri lati oscuri, i propri fastidi, i di-fetti e gli attaccamenti e trasmutarli nelle qualità dell’accettazione, bontà e comprensione. Ma è anche vero che il lavoro svolto su di sé deve su-perare la sfera personale per sintonizzarsi con il Proposito Divino e manifestarlo attraverso scelte e comportamenti.E qui sta il punto. Insegnamenti e tecniche non sono fatti per con-centrarci sulla soluzione del nostro karma perso-nale ma per darci una visione del Piano e saper agire per rivelarlo nei nostri pensieri, sentimenti e

azioni di ser-vizio.In altri termi-n i , concen-trando i nostri sforzi a l d i sopra de l la d i m e n s i o n e del quotidia-no, verso la realizzazione del Piano di

Verità, Bene e Bellezza, supereremo le piccole o grandi problematiche personali ed eleveremo lo sguardo dal contingente all’universale, dal perso-nale al condiviso. Le nostre problematiche, ma anche le attività lavo-rative, gli impegni e le incombenze quotidiane, dovranno diventare i contenitori per la nostra ca-pacità trasmutativa. A questo servono, per darci materiale grezzo da elaborare e rendere coerente e manifestante il Piano divino sulla Terra.In questo modo ci libereremo dalla schiavitù della sopravvivenza e ci dedicheremo a costruire forme di relazione e scambio più proficue per il genere umano e l’ambiente in cui viviamo. I problemi personali non sono che lo specchio del-la mancanza di visione e responsabilità sul desti-no dell’intera Umanità. Essi verranno risolti man mano che sposteremo l’attenzione da noi verso gli altri e concentreremo le forze sull’esperienza d’amore portando il nostro sguardo oltre la soffe-renza, là dove svetta la Luce dello Spirito.

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La Bilancia e gli arcani maggioriAstrologia evolutiva - a cura di Adele Caprio e Rosella Pirodda

La Triade di Arcani Maggiori Il Carro, la Giustizia e l'Appeso esprimono le qualità della Bilancia o Li-bra.

Questo Segno Zodiacale è definito dal Maestro Tibetano "un interludio tra due attività" in quanto il nativo della Bilancia si trova in un punto del ciclo evolutivo in cui mette in Equilibrio Anima e Forma, "una sosta" dell'Anima, che si prepara alla futura Battaglia in Scorpio.

L'Arcano Maggiore Il Carro, guidato dal Principe con scettro e corona, rappresenta il do-minio dei principi superiori sugli istin-ti inferiori, raffigura-ti come cavalli o Sfingi: in bianco, come espressione delle buone volon-tà costruttive che aspirano al Bene; in nero: come im-pazienza che tenta di tirare in basso il domatore, il Princi-pe del Carro. Le Sfingi sono le due Colonne del Tem-pio massonico: Ja-kin e Bohas.

Il Trionfatore del Carro è l'Intelligenza che padro-neggia gli istinti, discerne e pacifica le intempe-ranze dell'uomo.

Lentamente la Coscienza assume la direzione della personalità, per raggiungere l'equilibrio.

Nel Segno di Libra l'uomo si sente duale: "i piatti della Bilancia salgono e scendono e si oscilla su e giù", fra i Due Opposti, fino a che l'aspirazione spirituale prevale sui desideri personali e mostra la Via da seguire: il Ritorno alla Casa del Padre.

In Astrologia Esoterica Libra è dominata da Satur-no, Venere e Urano, in un lento lavoro mentale che conduce l'uomo dall'istinto all'intelletto, da questo all'intuizione e dall'intuizione all'ispirazione.

In Bilancia Venere, Urano e Saturno formano la Triade di Aspetti Divini: la Volontà, come Legge e Giustizia, l'Amore, come Rapporto tra gli Opposti o Sesso e l'Intelligenza Concreta, come Denaro.

La Costellazione della Bilancia, per le sue qualità equilibranti, è legata esotericamente al Sesso, più che nei Segni del Toro e dello Scorpione, in quan-to la Sua Vera e Sacra Funzione è l'Equilibrio, il Bilanciamento e l'Unione dell'Uomo e della Don-na. In futuro "il sesso sarà inteso come una fun-zione divina" dice il Maestro Tibetano.

Libra è legata alla Giustizia, alla Legge ed al Ma-trimonio, nel quale l'uomo cerca di regolamentare la propria sessualità.

La Giustizia è l'altro Arcano Maggiore che mette in luce differenti qualità bilancine: nella Carta ap-pare una Donna maestosa, dai lineamenti duri, che sottolineano l'ineluttabilità del Destino e l'ap-plicazione della Legge, quella Divina, e non quella degli uomini.

Il verde e l'azzurro del suo abito sottolineano sen-timento e applicazione legislativa nella natura umana.

Il Glifo Solare della corona illumina la Coscienza della Giudicessa che, con la Spada, applica la Forza interiore, e con la Bilancia, riequilibra le sor-ti del Karma e del Destino umano.

Così l'uomo della Bilancia diventa "il legislatore di sé stesso" che cerca di regolare la propria condot-ta in base alla legge degli uomini e a quella Spiri-tuale.

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Acidità e alcalinitàNutrizione consapevole - a cura di Carmen Doto

Tutte le reazioni, che definiscono le condizioni essenziali di un ambiente in cui la vita come noi la conosciamo sia possibile, si svolgono nell'am-bito di determinati valori. Tra questi il più im-portante è il rapporto acido/basico (o alcalino). All'interno del nostro organismo questo rapporto dovrebbe sempre rimanere costante. Si possono però creare delle condizioni troppo acide (per eccesso di potassio) oppure troppo basiche (per eccesso di sodio).Per misurare il rapporto acido/alcalino viene utilizzato un termine di paragone chiamato "pH" (p=potential, H=Hydrogen). In campo medico il pH viene utilizzato per misurare i liquidi organici ed in particolare il sangue, la saliva e l'urina. 

Questi liquidi vengono definiti: 

• acidi quando il pH è compreso tra 0 e 7,06; 

• neutri quando il pH è uguale a 7,07; 

• basici o alcalini quando il pH è compreso tra 7,08 e 14,14.

Affinché l'equilibrio vitale delle cellule si possa mantenere, il nucleo deve presentare una rea-zione acida, mentre il citoplasma basica (o alcalina). Questa differenza è fondamentale, in quanto permette lo scambio di nutrimenti e in-formazioni tra nucleo e citoplasma. Solo in pre-senza di una differenza può avvenire uno scam-bio (una batteria fornisce corrente proprio per-ché i suoi poli hanno un potenziale elettrico differente).Se l'ambiente in cui vivono le cellule diventa molto acido (determinando la cosiddetta ‘acidosi’) questa acidità penetrerà all'interno delle cellule acidificando il citoplasma. Siccome un citoplasma acido non può scambiare informa-zione e nutrimenti con un nucleo altrettanto acido, le cellule si deteriorano, andando incon-tro a tumori o altre malattie degenerative. Se-condo il parere di molti esperti l’acidosi è al-l’origine del 90% delle patologie.

L’eccesso di acidità nell’organismo non solo ini-bisce quindi gran parte delle loro funzioni, ma causa molte patologie degenerative come le ma-lattie cardiovascolari e i problemi cardiaci, l’ipertensione, l’aumento del colesterolo, i cal-coli renali, l’incontinenza, l’artrite, il cancro, il diabete e l’obesità.  Per affrontare l’eccesso di acidità l’organismo attiva ciò che si può definire come “il sistema tampone”, un meccanismo che va a prelevare dagli organi vitali e dalle ossa i minerali che ristabiliscono il giusto livello di al-calinità, minerali come calcio, sodio e magnesio. L’attivazione troppo frequente del sistema tam-

pone provoca per esempio l’osteoporosi, dovuta ad un continuo prelevamento di calcio dalle os-sa.

Cibi acidi e cibi alcalini

L’80% del cibo ingerito quindi dovrebbe avere una reazione alcalina e tutti i tipi di frutta e verdura ce l’hanno, ecco perché il loro consumo dovrebbe ammontare al 60%. Altri alimenti che vantano una notevole alcalinità sono le alghe, i germogli, le patate, i fagioli di soia e i lori derivati. La maggior parte dei carboidrati (pane, pasta, riso, farro, cous cous, ecc.), invece, sono acidi e aumentano di acidità con la raffinazione. Il pane bianco, quindi, è più acido del pane integrale.Per quanto riguarda le proteine, quelle di origine animale (carne, pesce, uova e lattici-ni) così come quelle di origine vegetale (la mag-gior parte dei legumi, della frutta secca oleosa e dei semi) sono acide. Ecco perché sia i carboi-drati che le proteine dovrebbero non superare il 20% della dieta quotidiana.

Misurazione del PH

La misura-z i o n e è molto sem-plice. Basta bagnare un pezzettino di cartina al t o r n a s o l e con qualche goccia della prima urina della mattina (dopo averne fatto uscire il primo getto) e con-frontare il colore assunto dalla cartina con la scala riportata sulla confezione. L’equilibrio ideale è rappresentato da un valore che va da 7,1 a 7,4. Valori al di sopra rappresentano un’eccesso di alcalinità, mentre i valori al di sot-to un’eccesso di acidità.Valore normale viene considerato dalla medicina ufficiale un pH che va da 5 a 6, che tende ad essere il più frequen-te. Ma è da considerarsi “normale” solo ai fini statistici.

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Homo Dipendens DipendensDipendenze evitabili - a cura di Carmelo Percipalle

Scusate la provocatoria espressione del titolo derivata dal latino maccheronico ma credo, pos-sa riassumere in sole tre parole la natura esterio-re dell’uomo di oggi non più identificato come Homo Sapiens Sapiens ma come Homo Dipendens Dipendens.

Potremmo scatenare la nostra fantasia e imma-ginare l’intervento di una modificazione genetica che agendo sui codici umani li abbia trasformati, d e t e r m i-nando la nascita di q u e s t o nuovo ge-n e r e d i e s s e r e umano la cui prero-g a t i v a essenzia-le sareb-be la inna-ta e irrefrenabile propensione a contrarre dipen-denze patologiche o evitabili o tossiche fino al punto da modificare il proprio stile di vita, im-prontandolo quasi esclusivamente sulla sfrenata soddisfazione delle esigenze derivate da queste dipendenze “tossiche”.

Si tratta, naturalmente, di una fantasia. Come potremmo pensare mai che il codice genetico si possa così facilmente modificare?

Cosa potrebbe determinare questa eventuale modificazione?

La risposta, sempre immaginaria, deriva dalla constatazione che le sostanze in grado di agire sul cervello modificandolo, che chiamiamo psico-trope o psicoattive, potrebbero anche modifica-re il comportamento e questi cambiamenti po-trebbero anche essere trasmessi geneticamente alla prole. Tutto questo potrebbe avvenire per-ché la sua origine è dovuta ad un cambiamento del codice genetico indotto dal contatto con le sostanze psicotrope.

Se volessimo andare ancora oltre potremmo im-maginare che non soltanto le sostanze psicotrope agiscono sul codice genetico modificandolo ma anche dipendenze comportamentali o relazionali o affettive, nel momento in cui si installano nel cervello, agiscono in maniera analoga alle so-stanze chimiche.Come potrebbe essere avvenuto tutto ciò?

Immagino che l’origine di questa catastrofica trasformazione sia strettamente correlata alla

nascita della cosiddetta società dei consumi, sviando l’anima umana dai suoi compiti, per im-primere sulla sua coscienza il dato fondamentale che equipara la felicità al consumo di beni mate-riali, creando l’immenso mercato sul quale si è installato il mondo attuale con la sua economia basata sulla competizione spietata e con la sua finanza troppo spesso collusa con il crimine e il latrocinio.

Mi riservo di sviluppare ulteriormente questa ed altre “fantasie” in successivi contributi.

Per ora preciso che la mia decisione di aprire questa rubrica nasce dalla mia pluriennale espe-rienza maturata nell’ambito delle dipendenze patologiche che mi hanno visto operare come psichiatra e psicoterapeuta impegnato in una battaglia non proprio persa in partenza ma sem-plicemente dilatata nel corso di qualche secolo!

Nessuno di noi, infatti, pensa che una “patolo-gia” simile si possa risolvere facilmente e in bre-ve tempo. Alcuni di noi ritengono che gli stru-menti e le armi di base di questa battaglia, di questo vero e proprio Armagheddon, debbano essere trasmessi alle successive generazioni di guerrieri di luce che potrebbero apprendere quest’arte nell’ottica di ricostruire il vero uomo e non certamente di lottare contro l’uomo attua-le.

Nei prossimi articoli traccerò i criteri di base per inquadrare questi fenomeni in un’ottica scienti-fica con lo scopo di averne una comprensione più ampia, avviando dentro la coscienza di ognuno di noi un processo in grado di illuminare gli eventi che, nella nostra società, si susseguono con velo-cità vertiginosa, sempre più imprigionando l’uo-mo all’interno delle sue varie “dipendenze evi-tabili”.

Ringrazio naturalmente Edoardo per la sua fra-terna disponibilità e per la possibilità che ci of-fre di affrontare questi argomenti. Mi aspetto, inoltre, di ricevere suggerimenti e contributi da tutti e, ovviamente, metto la mia esperienza a disposizione di chiunque possa averne bisogno.

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Il principio di unanimitàPsicosintesi - a cura di Carmelo Percipalle

“Unanimità significa identità di intenzione, significa che un gruppo od una collettività di persone si sente unito in uno scopo fonda-mentale per un’impresa comune, ma non si-gnifica che il compito di ognuna debba esse-re lo stesso; diversità di sforzo, di espressio-ne, di forma, sono perfettamente compatibi-li con uno scopo unanime e sono anzi le ga-ranzie di una vivente unanimità che scaturi-sce dall’interno. L’unanimità di scopo per-mette diversità sia nei campi di manifesta-zione, sia nei modi e mezzi attraverso cui si giunge all’attuazione. Vi può essere una grande varietà di piani per l’attuazione di uno scopo fondamentale e questi piani pos-sono estendersi ai più diversi settori che ri-chiedono corrispondente diversità di metodi. Ma se l’unanimità di scopo è forte ed evi-dente, non verrà in alcun modo intaccata da tale differenziazione. Sarà semplicemente interpretata in modo da far fronte ad ogni nuova situazione che possa sorgere.” Rober-to Assagioli citato in “Leggi e principi della nuova era”. Poggio del Fuoco. Comunità di Psicosintesi di Città della Pieve

La citazione di Assagioli ci aiuta a com-prendere i l principio di  U n a n i m i t à che, a mio av-viso, rappre-senta uno dei c a rd i n i che consente lo sviluppo di una umanità nuova che si appresta ad affacciarsi sul palcosceni-co della storia chiudendo le porte del vecchio stile di vita basato sulla competizione e sul massacro di idee, uomini e civiltà per aprirsi a questa nuova era fatta di condivisione, comprensio-ne, compartecipazione, cooperazione, fra-tellanza, amorevolezza.

Per questo è molto importante non solo comprendere il senso del principio di unani-mità ma anche e soprattutto essere in grado di applicarlo liberandoci dagli ostacoli che ne impediscono  o ne rallentano l’applica-zione.

Il primo ostacolo da superare è quello di sperimentare questo principio nel giusto contesto. La comprensione teorica del prin-cipio non è di difficile accesso; quello che invece risulta arduo è la sua applicazione quando se ne presenta la possibilità. Credo che nella nostra realtà sia difficile trovare  condizioni che consentono questa applica-zione e, quindi, penso che noi dobbiamo es-sere in grado di creare queste opportunità. Detto in altri termini: se manca il gruppo che ci consente di applicare questo princi-pio, ci dobbiamo impegnare a crearlo noi oppure a dare il nostro contributo perché questo si realizzi. Il sentiero della psicosin-tesi conduce decisamente non solo verso la comprensione di questo principio, ma so-prattutto verso la sua chiara e precisa appli-cazione nei vari contesti di gruppo che fanno parte del lavoro di crescita e di sviluppo del-la coscienza proposti da Assagioli e dai suoi allievi.

Gli altri ostacoli sono:

1.  “Volontà personale”,2. “Orgoglio e sicurezza di essere nel

giusto”,3. “Fanatismo ed attaccamento ad idea-

li”,4. “Unanimità imposta da altri”,5. “Eccessiva importanza ai dettagli e ai

metodi (che è causa di divergenze)”,6. “Interferenza  nostra o altrui nelle

responsabilità personali.”(Poggio del Fuoco, Cit.).

1. La volontà personale è un ostacolo nella misura in cui  persegue obiettivi separativi, egoistici, basati sul soddi-sfacimento di bisogni individuali o sul tentativo di acquisire beni materiali o

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accentrare sempre più potere su di sé.

2. L’orgoglio e la sicurezza di essere nel giusto sono altri elementi che costrui-scono false certezze e corrispondenti subpersonalità le quali combattono per sopravvivere  e per acquisire e mantenere il loro dominio all’interno della personalità. Sono forze estre-mamente separative che vanno indivi-duate e dominate. La tecnica dell’au-to osservazione può essere molto utile a tal fine.

3. Il fanatismo è credere in un ideale fa-cendosi dominare totalmente dal suo credo. Anche in questo caso la certez-za di essere nel giusto è incompatibile con il principio di unanimità e anche di equanimità e impedisce di dare il giusto contributo di crescita al gruppo al’interno del quale operiamo.

4. Il concetto di unanimità nasce dalla nostra profonda consapevolezza del bene comune e non può mai essere imposto da altri, deve essere speri-mentato, accettato e vissuto nella no-stra vita quotidiana.

5. Una coscienza eccessivamente con-centrata sui dettagli finisce con il di-ventare rigida e pignola attaccandosi ai particolari e perdendo il punto di vista globale. Questo crea danni al gruppo e, creando forme pensiero os-sessive,  lo allontana dall’unanimità.

6. L’assunzione di responsabilità è un elemento importante di crescita e  per questo è necessario che ad ognu-no sia consentito di attuare le sue de-cisioni liberamente anche a rischio di sbagliare. Chi interferisce con questo meccanismo lo fa perché ancora con-dizionato dal suo egoismo, spesso ma-scherato dal ruolo del maestro o del terapeuta.

Questi e altri ostacoli possono essere supera-ti utilizzando varie tecniche come quella del dialogo interno, l’auto osservazione e anche l’auto analisi e, inoltre, lavorando con gran-de onestà e apertura in contesti di gruppo.

Il principio di unanimità non deve essere

confuso con il concetto di uniformità. Men-tre il primo tende a  contattare e liberare l’anima del gruppo (una-anima) il secondo invece imbriglia la  creatività e la libertà espressiva all’interno di sistemi costrittivi e

autoritari. La parola uniforme ha la stessa radice di uniformità e si riferisce a quell’abi-to dietro il quale si possono nascondere an-che i peggiori crimini.

Comprendere ed applicare il principio di unanimità nel suo reale significato  vuole di-re anche, in ognuno dei vari contesti dove operiamo e con i limiti che ci contraddistin-guono, dare il nostro contributo per la rea-lizzazione del potenziale dell’unanimità traendo la nostra forza dalla reale apertura verso i messaggi che provengono dal Sé qua-le fonte del nostro progresso spirituale.

7.

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La classe empaticaEducazione - a cura di Bianca Varelli

L’adolescente è personalità in formazione, crisalide di adulto; sentendo di non avere ancora un’ identità strutturata, “si affida” e poi “si adegua”, consapevolmente o incon-sapevolmente, ai giudizi altrui sulla propria persona, soprattutto a quelli espressi da chi considera “autorevole”: genitori, insegnanti, parenti, compagni più grandi o leader del gruppo, ecc.Egli va pertanto accompagnato in ogni modo nella ricerca di sé e del senso del proprio “essere al mondo”, rispettando incertezze, dubbi, e problemi che spesso appaiono insi-gnificanti e risibili ad adulti che hanno “pre-so le distanze” dal proprio passato, talvolta per insensibilità, talvolta per mancanza di capacità di identificazione, talaltra per il timore di risentire le frustranti o dolorose sensazioni di impotenza e di disagio che hanno caratterizzato la loro personale ado-lescenza.Il necessario atteggiamento di ascolto e at-tenzione porterà, beninteso, alla compren-sione, e non certo ad un inopportuna e spes-so deleteria “complicità” (“fai pure le tue esperienze, tutto ti è lecito”).

Si eviteranno, pertanto, nel rapporto con l’adolescente alle prese con le sue crisi di crescita, pregiudizi, “etichette”, giudizi fissi ed immutabili nel tempo; implicite o esplici-te aspettative di eventi infausti (“ti conosco e quindi so cosa aspettarmi da te”), ma si farà sentire che si è comunque, “dalla parte del ragazzo”, disposti a credere in lui, e an-che più e più volte, quando la parola non è stata mantenuta e la fiducia è stata tradita. Se il rendimento scolastico è scarso, oltre ad indagarne i motivi, si invierà il chiaro mes-saggio che è solo quello che viene valutato “insufficiente” e non la personalità globale dell’allievo, che riceverà comunque una va-lutazione di “più che sufficiente”. Dopo ogni insuccesso, si andrà insieme alla ricerca dei motivi spesso più profondi e meno evidenti che hanno determinato quel fallimento e si cercheranno nuovi strumenti, metodologie e strategie; talvolta, quando il malessere non è profondamente radicato, basta il calore

dell’interessamento e del dialogo empatico a produrre il cambiamento e a “far fiorire” impegno e responsabilità.

Eventuali atteggiamento disarmonici o di-sfunzionali al contesto scolastico, anziché rigidamente e costantemente rimarcati, po-tranno essere presi in considerazione come deformazioni o rovesci di caratteristiche più costruttive, immaturamente, parzialmente ed imperfettamente espresse, che sono in attesa di essere scoperte e gradualmente “sostituite” a quelle riscontrabili, attraverso un processo di ricerca e di evoluzione.

Proporre modelli di relazione “diversi” da quelli assimilati in altri contesti di vita e va-lutazioni di sé più positive ed ottimistiche rispetto a quelle, talvolta denigratorie, im-poste dall’ambiente familiare, può essere una delle grandi sfide della Scuola.Un più benevolo atteggiamento permette all’adolescente di “proporsi” a se stesso e agli altri in modo nuovo, di scoprire parti di sé e confrontarsi con un inedito “identikit” di se stesso, capace di contribuire ad una maggiore autostima.Vedersi proporre, invece, spesso, solo la foto “al negativo” di sé può portare a sensazioni di impotenza, rassegnazione e stasi; a com-portamenti del tipo “faccio il minimo che mi è richiesto” e, talvolta, anche ad ottundi-mento delle capacità cognitive o a stati di cronica ribellione, silente o manifesta.

Le richieste possono andare da quelle più esplicite di supporto affettivo, che non po-tranno certamente trovare pieno esaudimen-to nel contesto scolastico, ma che vanno comunque tenute in debito conto nel rap-porto docente-discente, a quelle più imme-diate: “guardami”; “studierò se otterrò at-tenzione e riconoscimento”; “non mi stimo quindi non mi impegno”; “sono troppo indie-tro, è inutile tentare”; “sono troppo stupi-do, mi sempre andata male a scuola, non capirò nulla”; “aiutami a crescere”; “mi sento isolato in classe”; “non so bene chi so-no né cosa voglio diventare”; “sono sopraf-

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fatto dall’emotività”; “ho bisogno che mi rimandi un’immagine positiva di me, altri-menti non riesco a ingranare”; “la mia vita non ha senso”; “ai miei interessa solo il mio rendimento scolastico”, ecc.Tali richieste e messaggi vanno, per quanto possibile, “letti” nei comportamenti; po-trebbero essere quindi portate, con il dovuto tatto, alla consapevolezza dello studente, affinché egli possa affrontarli in una dimen-sione più matura e serena del rapporto con se stesso e con l’insegnante.

È spesso una fiduciosa ed empatica relazione con l’insegnante-persona (anziché con il “docente-di-ruolo”) che fa’ sì che il ragazzo risvegli capacità cognitive e creative ine-spresse o sopite, oltre che più adeguate ca-pacità di relazionarsi agli altri.L’insegnante si sentirà, perciò, qualunque sia il rendimento scolastico dello studente al quale si rapporta, mediatore di autostima e facilitatore di conoscenze e consapevolezze che contribuiscano a diradare sensi di inade-guatezza, di confusione e scarso senso di sé tipici dell’adolescenza.

L’insegnante-persona ha una positiva imma-gine di sé, pur conoscendo i propri limiti; è attento ai processi evolutivi dell’allievo, ol-tre che ai risultati; a “come” l’alunno matu-ra oltre che a “quanto” ha conseguito da un punto di vista strettamente scolastico. Si presenta competente e professionale ri-guardo ai contenuti disciplinari ma non si nasconde dietro a un ruolo stereotipato; ha il coraggio di non mascherare i suoi senti-menti, di giocare apertamente come una persona vera.Rispetta i sentimenti, le opinioni degli stu-denti e i loro “sistemi di valori”; sa vedere “nelle” loro reazioni cogliendo empatica-mente il loro modo di vivere il processo edu-cativo, ma cercando tuttavia di allargare le loro percezioni.

Terrà presente che i processi di apprendi-mento risultano più duraturi, persuasivi e significativi quando:• i “contenuti” sono avvertiti come rile-vanti ai fini della realizzazione di bisogni,

aspettative e interessi collegati alla realtà sociale e/o personale;• lo studente si sente parte attiva del processo di apprendimento;• nell’apprendimento sono coinvolti aspetti emotivi oltre che cognitivi;• si tiene in giusta considerazione il fat-to che l’apprendimento più utile nell’attuale contesto socio culturale è spesso quello che riguarda il metodo e il processo stesso del-l’apprendere: l’essere aperti all’esperienza e al cambiamento;• si tiene conto che la soluzione colla-borativa dei problemi promuove mobilitazio-ne emotiva e partecipazione al processo educativo. A tal proposito, potrà essere pro-posta, all’inizio dell’anno scolastico, una presentazione degli obiettivi da perseguire e degli itinerari da percorrere, costantemente riformulandoli e verificando la loro rispon-denza ai bisogni-aspettative;• si propongono, più che la valutazione esterna, l’autovalutazione e l’autoanalisi miranti a sviluppare autonomia e fiducia nel-le proprie capacità di progresso.

Il “potersi fidare” dell’insegnante e dei compagni stimola spesso creatività ed inte-ressi e facilita il senso di appartenenza, la scoperta del proprio “ruolo nel gruppo”, del senso del proprio “essere in comunità” no-nostante lacune e mancanze.Il docente-educatore potrà proporsi, perciò, come “adulto di fiducia” cui potersi rivolge-re come a chi ha già percorso quell’itinerario e che ha comunque interiorizzato “mappe” e “valori” che lo studente potrà verificare nel-la propria esperienza soggettiva e confronta-re con le proprie conoscenze e la propria “visione del mondo”.

In tal modo il ragazzo vedrà, rispecchiati nei compagni, i suoi stessi interessi e anche le sue stesse problematiche che gli appariranno meno minacciose.

Che ogni adolescente, a prescindere dai ri-sultati strettamente legati al “profitto” sco-lastico, possa allontanarsi dalla Scuola con un personale Proposito, sia pur non ancora del tutto definito, e, innanzitutto, con “quanta più Speranza possibile”!

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