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SECONDO I NUOVI PROGRAMMI EDIZIONI SCOLASTICHE BRUNO MONDADORI STORIA Spazio pubblico Francesco Silvestri Istituzioni e temi di cittadinanza con il testo della Costituzione italiana © Pearson Italia spa

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SECONDO I NUOVI PROGRAMMI

EDIZIONI SCOLASTICHE BRUNO MONDADORI STORIA

Spazio pubblicoFrancesco Silvestri

Istituzioni e temi di cittadinanza

con il testo della Costituzione italiana

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EAN 9788842433101

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EAN 9788842433156

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EDIZIONI SCOLASTICHE BRUNO MONDADORI STORIA

Spazio pubblicoFrancesco Silvestri

Istituzioni e temi di cittadinanza

con il testo della Costituzione italiana

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Unità 1 Le basi della cittadinanza

1. I diritti di cittadinanza 10

2. Cittadini e società aperte 13

IL CASO APERTO Democrazia diretta

o rappresentativa? 14

Unità 2 Che cos’è una Costituzione

1. La nascita dell’idea di Costituzione 16

2. La lunga marcia del costituzionalismo 20

IL CASO APERTO Costituzione formale

e Costituzione materiale 23

Unità 3 Come si struttura lo Stato?

1. Stato unitario o Stato federale? 24

IL CASO APERTO Unione europea: un ibrido

giuridico? 28

2. Una valida alternativa: lo Stato regionale 29

Unità 4 L’evoluzione costituzionale italiana

1. Dallo Statuto albertino alla Costituzione

repubblicana 32

2. Le basi costituzionali della Repubblica italiana 36

IL CASO APERTO La Costituzione e il ruolo

dei partiti politici 38

Unità 5 La Costituzione italiana

1. I principi fondamentali della Costituzione 40

2. I diritti e le libertà costituzionali 43

3. I rapporti sociali ed economici 44

IL CASO APERTO Potestà legislativa e riforma

del Titolo V 46

Unità 6 Costituzioni e forme di governo

nel mondo

1. Le Costituzioni degli Stati parlamentari 48

2. Le Costituzioni degli Stati presidenziali,

semipresidenziali e direttoriali 51

IL CASO APERTO Il diritto di resistenza è possibile? 53

Unità 7 I diritti dell’uomo e dell’ambiente

1. La tutela dei diritti umani 54

2. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo 58

IL CASO APERTO I diritti dell’ambiente in Italia 61

Indice

Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione

Cittadini d’Italia

I soggetti politico-istituzionali

Presidente della Repubblica 64

Parlamento: la struttura 66

Parlamento: le funzioni 68

Governo 70

Ordinamento giudiziario e Consiglio superiore della

Magistratura 72

Corte costituzionale 74

Regioni 76

I temi

L’Italia e la sua identità Un Paese plurale 78

1. L’idea di nazione italiana 78

2. Una società sempre più plurale 81

Cittadini protagonisti Il ruolo della “società civile” 84

1. Stato e società civile: un dialogo necessario 84

2. Il dovere di solidarietà sociale ed economica 87

Educazione alla legalità Legalità, sicurezza e qualità

della vita 90

1. La sicurezza sostenibile 90

2. Le maie e la sida della legalità 93

Istruzione, formazione e lavoro Tre chiavi

per lo sviluppo 96

1. La società della conoscenza 96

2. Una repubblica fondata sul lavoro 98

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8 | Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione |

unità 1 Le basi della cittadinanza pag. 10

unità 2 Che cos'è una Costituzione pag. 16

unità 3 Come si struttura lo Stato? pag. 24

unità 4 L’evoluzione costituzionale italiana pag. 32

unità 5 La Costituzione italiana pag. 40

unità 6 Costituzioni e forme di governo nel mondo pag. 48

unità 7 I diritti dell’uomo e dell’ambiente pag. 54

î Il Pantheon a Roma, simbolo della città, ma anche di una tradizione storica, culturale e politica che ha contribuito a creare l'idea moderna di Politica e Cittadinanza.

Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione

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| Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione | unità 1 | Le basi della cittadinanza |

mar Mediterraneo

mar Nero

marCaspio

golfo

Persico

mar R

osso

Roma

Egitto

Africa

Ital ia

GalliaGallia

cisalpina

Spagna

Siria

Britannia

Illiria

Asia

Reno

Danubio

Tigri

Eufrate

Le basi della

cittadinanza

unità

1

1. I diritti di cittadinanza

Civis-cittadino / Civilitas-civiltà

La parola “cittadinanza” trae le sue radici dalla parola latina civis, ovvero colui che appartiene alla civitas, cioè alla città. L’appartenere a una civitas, inteso nel senso di far parte di una comunità di persone (in latino la città in senso materiale era

chiamata urbs), rendeva l’uomo civilis, cioè affrancato dallo stato selvaggio di natura e quindi “civilizzato”, ovvero sottoposto a regole di comportamento comuni, legami giuridici e modalità di vita organizzate collettivamente. Il concetto di civis-cittadino è quindi un concetto già in origine politico, uno status che permetteva al cittadino romano di godere della libertà e dei diritti “civili”, garantiti dalla sua appartenenza alla civitas, intesa come unione politica, e negati ai cosiddetti peregrini. Questi erano tutti gli stranieri che vivevano sul territorio dello Stato di Roma, ma che non godeva-no dei diritti civili come i cittadini romani e sottostavano al praetor peregrinus, il quale decideva su ogni problematica legata alla loro presenza e alle loro attività. In epoca imperiale, comunque, il numero dei peregrini si ridusse fortemente a causa dell’esten-sione del diritto di cittadinanza.

L’estensione del concetto di cittadinanza dalla dimensione particolare (appar-tenenza a una civitas) a quella generale (appartenenenza a una civilitas) è stato un passaggio molto importante. Infatti, la nozione di civilitas-civiltà come espressio-ne del progresso umano dovuto alla socializzazione politica è uno di quei concet-ti chiave utilizzati ancora oggi per interpretare e descrivere la storia millenaria dell’umanità, tanto che si parla di “civiltà” per distinguere la cultura e i modi di vita dei grandi gruppi umani che vivono nelle organizzazioni complesse.

ô La carta mostra le principali tappe della graduale espansione del diritto di cittadinanza nell’Impero romano.

öUn ritratto dell’imperatore Caracalla che nel III sec. d.C., con la sua Constitutio Antoniniana, concesse il diritto di cittadinanza a tutti gli abitanti liberi dell’Impero.

Alle origini di Roma solo agli appartenenti

alla comunità politica

Diritto di cittadinanzanell’Impero romano

Lex Plautia Papiria

Costitutio Antoniniana

Lex Roscia

(89 a.C.)

(212 d.C.)

(49 a.C.)

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Francia, 1789: nasce la cittadinanza moderna

Se, quindi, è nel lontano passato che va rintracciato il concetto originario di citta-dinanza (il più importante, come abbiamo visto, fu il “civis romanus sum”, il privile-gio che differenziava i cittadini dell’antica Roma dagli stranieri e dagli schiavi),

è però solo con la Rivoluzione francese del 1789 che emerge il concetto di cittadi-nanza in senso moderno, non più legato ai privilegi di una élite, ma connesso al ri-conoscimento dei “diritti dell’uomo e del cittadino” come diritti universali che si applicano a tutti coloro che fanno parte della Nazione. In seguito alla Rivoluzione, ogni francese cessa di essere suddito per diventare citoyen (cittadino).

E la qualiica di “cittadino” diventa essa stessa la rappresentazione della ine di ogni privilegio giuridico dovuto alla nascita (come avveniva nella società feudale), comportando automaticamente l’uguaglianza formale di tutti davanti alla legge (“la legge è uguale per tutti”).

Da questo momento, il concetto di cittadinanza diventerà sempre più centrale per deinire l’idea di democrazia liberale.

le parole della cittadinanza

»

La centralità della persona

È proprio attraverso il diffondersi dell’idea di cittadinanza come “status soggettivo” di ogni singolo individuo, visto come unità costitutiva della Nazione, che si sono potuti consolidare i moderni Stati fondati sull’uguaglianza formale dei cittadini e

sul primato della legge, cioè sullo Stato di diritto. Nel tempo, poi, attraverso l’impegno di un vasto movimento politico e intellettuale che ha portato all’imporsi delle attuali Costituzioni democratico-sociali, si è andata sviluppando una sempre più forte con-sapevolezza della centralità della persona, costruendo così le basi per il riconoscimen-

ö La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, redatta sull’esempio di quella americana e approvata a Versailles il 26 agosto del 1789 dall’Assemblea nazionale costituente.

õ Il Calendario delle donne libere, 1795. Si notino i simboli della Rivoluzione francese; le donne, infatti, parteciparono attivamente ai moti.

Élite

Termine francese che descrive un gruppo sociale ristretto, che si diferenzia dal resto della società in virtù di una sua presunta superiorità economica, culturale o morale. Per tale motivo, secondo alcune teorie sociologiche, le élites avrebbero un ruolo dominante nella società.

Democrazia

Letteralmente signiica “governo del popolo” (dal greco démos, “popolo”, e kràtos, “potere”). Il concetto moderno di democrazia è basato sui principi di libertà, uguaglianza e solidarietà, su cui si innesta il sistema politico rappresentativo. Oggi tutte le democrazie sono rappresentative, cioè governate dal popolo in maniera indiretta attraverso l’elezione di propri rappresentanti.

Uguaglianza

Il principio di uguaglianza formale dei cittadini deve essere inteso come uguale soggezione di tutti al diritto, senza distinzioni legate all’appartenenza a una determinata classe sociale o alla particolare posizione di autorità rivestita.

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to universale dei diritti umani. Tale evoluzione si è avuta prima nei singoli Stati con l’inserimento di tali diritti all’interno delle Costituzioni e poi a livello internazionale con l’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948.

Figlia di un importante uomo

politico della Birmania (oggi

Myanmar), assassinato nel 1947

dopo aver trattato l’indipendenza

birmana dal Regno Unito, Aung

San Suu Kyi fu allevata dalla madre,

Khin Kyi, anch’essa esponente

politica e ambasciatrice in India nel 1960.

Dopo aver studiato all’Università di Oxford e

con un’esperienza di lavoro all’Onu alle spalle,

nel 1988 ritornò in Birmania, a quel tempo

governata da una dura dittatura militare.

In quell’anno il regime birmano attuò una

fortissima repressione uccidendo migliaia

di civili durante alcune manifestazioni di

protesta. Allora Aung San Suu Kyi fondò la

Lega nazionale per la Democrazia (Nld) e

scrisse una lettera aperta alla giunta militare

per chiedere elezioni democratiche. Violando

la proibizione impostale dal governo, tenne

discorsi in varie città del Paese, inché non

fu messa agli arresti domiciliari, con la

clausola che sarebbero stati revocati solo

se avesse deciso di espatriare: clausola

che Aung San Suu Kyi non accettò

mai. Da quel momento è rimasta quasi

ininterrottamente agli arresti domiciliari

o in libertà vigilata. E nella sua casa

prigione nel 1991 ha ricevuto la notizia

dell’assegnazione del Premio Nobel per

la Pace. Nonostante varie malattie, per

anni Aung San Suu Kyi è riuscita dalla sua

prigione domestica ad attirare l’attenzione

del mondo sulle violazioni dei diritti del

popolo birmano. Dopo le pressioni sempre

più forti dell’opinione pubblica mondiale,

il 13 ottobre 2010 le sono stati inalmente

revocati gli arresti domiciliari e Aung San

Suu Kyi ha potuto ricominciare la sua

lotta per la libertà, la democrazia e i diritti

di cittadinanza ancora negati al popolo

birmano.

Aung San Suu Kyi Rangoon 1945

i protagonisti

ò Eleanor Roosevelt, moglie del Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, fu sempre molto attiva nella tutela dei diritti civili e presiedette la commissione che delineò la Dichiarazione del 1948. Nella foto, Eleanor Roosevelt presenta il documento.

I diritti fondamentali rappresentano un “patrimonio soggettivo” della persona, cioè diritti individuali di ogni cittadino. Essi sono inalienabili, in quanto esistono già prima dell’avvento delle carte costituzionali, e si possono suddividere in:

1. libertà negative (o libertà da), che sono il diritto alla libertà personale, il diritto alla proprietà privata, la libertà di religione, di pensiero, di circolazione, di riunione, di stampa, il divieto di tortura

2. liberta positive (o libertà di), che sono i valori che garantiscono lo svolgimento della personalità di ogni individuo. Esse si dividono in “diritti politici” (libertà di voto, libertà di associazione politica, diritto di asilo ecc.) e “diritti sociali” (diritto al lavoro, diritto all’istruzione, diritto all’assistenza sanitaria, diritto alla previdenza ecc.)

3. diritti di terza generazione (o nuovi diritti), che sono tutti quei diritti emersi dalla più recente evoluzione della società (diritto alla salvaguardia dell’ambiente, diritto alla tutela della privacy, diritto all’informazione, diritto all’obiezione di coscienza, difesa dei consumatori ecc.)

I diritti fondamentali

Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione | unità 1 | Le basi della cittadinanza |

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2. Cittadini e società aperte

Cittadinanza: diritti e doveri

Come abbiamo visto, l’evoluzione della nozione di cittadinanza ha trovato una prima sistematizzazione con l’affermazione del metodo democratico all’in-terno degli Stati-nazione formatisi negli ultimi due secoli. Ancora oggi, infat-

ti, la cittadinanza si manifesta con le caratteristiche definite nel lungo percorso che ha portato all’elaborazione di Costituzioni democratico-sociali: il trinomio apparte-nenza-diritti-uguaglianza. Secondo tale visione, la cittadinanza è quindi uno status personale di ogni soggetto, il quale appartenga, per discendenza familiare o per rico-noscimento legale, a una comunità politica organizzata (Stato). Tale status lo pone sotto la potestà della legge e lo rende titolare di diritti riconosciuti e garantiti a tutti i cittadini, ma lo mette anche nella posizione di dover adempiere a obblighi in-derogabili: i doveri. Questa è quindi la base dell’idea di cittadinanza che, improntata a criteri di appartenenza nazionale, ha regolato negli ultimi due secoli i rapporti tra l’individuo e lo Stato.

Globalizzazione e cittadinanza

Nell’ultimo ventennio, tuttavia, l’idea di cittadinanza si è messa nuovamen-te in movimento sotto la spinta dei processi di globalizzazione. L’incalzare delle grandi ondate migratorie dalle zone più povere del mondo verso i Paesi

maggiormente industrializzati ha infatti contribuito a rimettere in discussione l’ef-fettiva aderenza della tradizionale idea di cittadinanza, fondata sull’universalità dei diritti/doveri attribuiti ai cittadini, a una realtà sociale diventata ormai sempre più complessa e disomogenea. Da tempo, nelle principali democrazie occidentali è aper-to il dibattito sulla questione della possibile inclusione sociale di nuovi soggetti im-migrati attraverso la concessione di diritti di cittadinanza. E contemporaneamente, però, si è assistito a una crescita di movimenti nazionalistici a base etnica che han-no riproposto con forza il tema della cittadinanza come esclusione di tutti coloro che non appartengono all’etnia dominante su un territorio: sono tristemente famose le operazioni di “pulizia etnica” che hanno insanguinato i Paesi della ex Jugoslavia all’inizio degli anni novanta del Novecento.

Chi è oggi il cittadino?

Al di là della dialettica politica tra favorevoli e contrari, i recenti mutamenti nella geografia politica ed economica mondiale, in effetti, hanno fatto emer-gere alcuni limiti del vecchio concetto unitario di cittadinanza, aprendo

la strada a una ridefinizione della nozione di cittadinanza alla luce dei cambiamenti introdotti dal processo di globalizzazione. Tenendo conto di questi cambiamenti, è giusto chiedersi: ma chi è oggi il cittadino? E come si può definire la cittadinanza vi-sti i mutamenti sempre più veloci delle società contemporanee?

Come abbiamo visto, la nozione di cittadinanza non è un’idea astratta, stabilita una volta per tutte. È un concetto in perenne evoluzione, le cui connotazioni giu-ridiche si adeguano nel tempo ai grandi mutamenti sociali. Oggi, per esempio, la cittadinanza intesa come godimento di diritti legati all’appartenenza a uno Stato rischia di conliggere con l’idea universale di uguaglianza degli individui in quanto persone. E quindi proprio quella stessa cittadinanza, che in passato aveva promosso l’uguaglianza di diritti tra i soggetti appartenenti agli Stati, oggi, nel mondo dei di-ritti universali e della globalizzazione, rischia di diventare un privilegio di pochi e da fattore di inclusione rischia di trasformarsi, paradossalmente, in fattore di esclu-sione e discriminazione. Oltretutto, se ino a qualche decennio fa gli Stati-nazione potevano ancora deinirsi attraverso il modello dell’appartenenza etnico-culturale comune a tutti i cittadini (stessa lingua, stessa religione, simili tradizioni, miti co-muni, letteratura, sport, gastronomia comuni), oggi questa unità etnica va perdendo sempre più importanza e centralità.

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il caso aperto

Glossario Poleis

La polis (plurale poleis) era la città-Stato dell’antica Grecia.

Democrazia diretta o rappresentativa?Un antico dilemma, un tema attuale

Il dilemma tra democrazia diretta, cioè

esercitata in prima persona dai soggetti in

possesso della cittadinanza, e democrazia

rappresentativa, cioè delegata dai cittadini

attraverso il voto a un numero ristretto di

loro concittadini, in possesso di doti, capaci-

tà e competenze specialistiche in grado di as-

sicurare la buona amministrazione della cosa

pubblica, ha una lunga storia dietro le spalle,

che risale ai tempi della fondazione della de-

mocrazia greca. Già nelle poleis greche, infatti,

si pose il problema e furono elaborate proce-

dure e istituzioni ora più favorevoli alla demo-

crazia diretta, ora a quella rappresentativa.

Lo straordinario grado di complessità politica

e sociale raggiunto dalle civiltà contempora-

nee sembrerebbe aver reso impossibile l’eser-

cizio della democrazia diretta, tipico invece di

realtà di modeste dimensioni (geograiche e

demograiche) come le poleis. La democrazia

rappresentativa, dunque, sarebbe la sola via

possibile per esercitare la democrazia in mo-

do funzionale, razionale ed eficace. E tutta-

via la democrazia diretta non è completamen-

te scomparsa dagli ordinamenti moderni, che

continuano a prevederla, dettando le norme

per la sua applicazione.

Attraverso la democrazia diretta, i cittadini

possono proporre o abrogare leggi senza pas-

sare attraverso la mediazione di rappresentan-

ti parlamentari, come avviene di norma nel-

le democrazie rappresentative. Non tutte le

Costituzioni prevedono espressioni di demo-

crazia diretta, le quali comunque hanno sem-

pre natura eccezionale. La principale modalità

utilizzata è il referendum popolare attraverso

cui si consulta il corpo elettorale per decide-

re sul merito di questioni importanti. Il Pae se

che fa maggior uso del referendum è la Sviz-

zera: attraverso questo strumento, infatti, il

popolo elvetico può intervenire su qualsiasi

legge approvata dal Parlamento. Dal 1875 a

oggi in Svizzera sono stati indetti oltre 500

referendum.

Anche la Costituzione italiana prevede al-

cune forme di democrazia diretta:

a. il referendum popolare, che può essere

abrogativo (art. 75 Cost.) per decidere se

eliminare o meno una legge, oppure con-

fermativo (art. 138 Cost.) per confermare o

rigettare una modiica costituzionale;

b. l’iniziativa popolare legislativa (art. 71

Cost.);

c. la petizione popolare alle Camere (art. 50

Cost.).

Mentre il referendum abrogativo è stato uti-

lizzato in maniera costante dal 1974 a oggi,

le altre due forme di democrazia diretta non

sono mai state messe in condizione di fun-

zionare veramente.

ñ

Manifesti per il Sì e per il No prima del referendum abrogativo del divorzio, svoltosi nel 1974.

Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione | unità 1 | Le basi della cittadinanza |

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Acquisto della cittadinanza italiana

Nuovi patti di cittadinanza

I criteri di appartenenza dei cittadini alla Nazione si vanno così ridefinendo sotto l’incalzare di imponenti fenomeni migratori che rendono gli Stati sempre meno omogenei al loro interno, tanto che oggi il concetto di cittadinanza definisce in

maniera sempre meno univoca l’appartenenza del singolo individuo alla “terra dei Padri” (Patria, Nazione).

Ma questo vuol forse dire che l’idea di cittadinanza è deinitivamente tramontata? Certamente no, perché, facendo perno sulla partecipazione democratica come meto-do di convivenza, è possibile stabilire nuovi patti di cittadinanza basati sul ricono-scimento delle diferenze, sulla reciproca iducia tra vecchi e nuovi cittadini e sulla responsabilità dei singoli individui.

In sostanza, si sta passando da una cittadinanza esclusiva (solo per diritto di san-gue) a una cittadinanza inclusiva (per chi accetta i valori della democrazia), che vuol dire anche passare da una cittadinanza passiva a una cittadinanza attiva. Inoltre, in parallelo con il dibattito sulla rideinizione dell’idea di cittadinanza all’interno dei singoli Stati, un altro importante mutamento sta contribuendo a tracciare le basi di una nuova forma di cittadinanza su scala globale: si tratta della costruzione, tuttora in corso, di un ordinamento giuridico internazionale basato sulla protezione dei diritti umani. Questa tendenza all’afermazione dei diritti umani come elemento comune a tutto il mondo, infatti, porterà inevitabilmente a rileggere la nozione di cittadinanza alla luce del ruolo dei cittadini come soggetti internazionali.

La cittadinanza italiana si acquisisce:PER NASCITA

a. chi è nato da padre o madre italiani (ius sanguinis);b. chi è nato nel territorio della Repubblica, ma solo se entrambi i genitori sono ignoti o

apolidi. PER MATRIMONIO

c. Lo straniero o l’apolide deve essere coniugato con un cittadino italiano e risiedere le-galmente in Italia da almeno 2 anni dopo il matrimonio.

La cittadinanza italiana può essere concessa:PER NATURALIZZAZIONE

a. allo straniero il cui padre o madre o uno degli ascendenti in linea diretta di secondo grado siano stati cittadini italiani per nascita;

b. allo straniero maggiorenne che sia adottato da un cittadino italiano e che risiede le-galmente nel territorio italiano da almeno 5 anni dopo l’adozione;

c. allo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno 5 anni alle dipen-denze dello Stato italiano;

d. al cittadino di uno Stato dell’Unione europea, se risiede legalmente da almeno 4 anni; e. all’apolide e al rifugiato che risiede legalmente da almeno 5 anni; f. allo straniero che risiede legalmente da almeno 10 anni; g. allo straniero che abbia reso eminenti servizi all’Italia o se ricorra un eccezionale interesse

dello Stato.

ö Il matrimonio permette al coniuge straniero che risieda legalmente in Italia di ottenere la cittadinanza dopo due anni.

le parole della cittadinanza

»

Partecipazione

Insieme di azioni e di comportamenti che permettono al cittadino di contribuire a deinire le decisioni collettive. Per partecipare alla vita associata, il singolo deve riconoscersi nella società e nel metodo democratico come strumento per risolvere i problemi.

Responsabilità

La partecipazione del cittadino alla vita politica e sociale comporta la responsabilità, cioè la consapevolezza di sé e degli altri e l’impegno a rispondere delle conseguenze che derivano dalle proprie azioni.

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Che cos’è

una Costituzione

unità

2

1. La nascita dell’idea di Costituzione

L’esperienza inglese

L’idea di Costituzione come legge fondamentale, che definisce i principi supremi di una società organizzata e gli ambiti e le relazioni tra i poteri istituzionali, si sviluppa solo in epoca moderna, anche se già a partire dalla Grecia classica (con

la Politica di Aristotele), passando per l’antica Roma (con il De re publica di Cicerone) e il Medioevo (con la Magna Charta Libertatum che, nel 1215, il re d’Inghilterra Giovanni Sen-zaterra fu costretto a concedere ai feudatari ribelli), più volte si era prefigurata l’idea di una legge superiore come elemento fondante della società.

Nonostante tali antiche intuizioni – mai pienamente sviluppate – la prima elabora-zione giuridica compiuta dell’idea di “legge fondamentale” o “Costituzione” si ebbe, tra il Seicento e il Settecento, in Inghilterra. Nel corso di tale periodo, le istituzioni del Regno d’Inghilterra si modiicarono progressivamente, anche attraverso guerre civili sanguinose, per giungere a un modello che prevedeva una forte limitazione dei po-teri del sovrano a favore del principio rappresentativo-parlamentare, che si con-cretizzava in un’assemblea elettiva – il Parlamento, appunto – nella quale trovassero espressione e rappresentanza le forze sociali della nazione. Il risultato di tale pro-cesso fu l’afermazione della centralità del Parlamento sulla monarchia assolutista. Per la prima volta nella storia, in Inghilterra, l’istituto monarchico fu così costretto ad ab-bandonare il suo antico ruolo di unico detentore del potere sovrano. Da quel momento in avanti, il re non era più un elemento sovraordinato a tutte le altre istituzioni, ma si riduceva a mero potere esecutivo (ossia di governo), obbligato a sottoporsi alla legge e a confrontarsi continuamente con il potere legislativo (ossia il Parlamento) che con-quistò una funzione cruciale: il potere di autorizzare, o annullare, ogni richiesta regia di aumento delle tasse o di incremento della spesa pubblica, che all’epoca consisteva soprattutto nella spesa per allestire gli eserciti da mandare in guerra.

ô Edoardo I d’Inghilterra presiede una seduta del Parlamento inglese nel XIII secolo.

ö La Magna Charta Libertatum del 1215 è considerata il più antico documento europeo di autonomia statale e cittadina.

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Il contratto sociale

Questa fase di grandi mutamenti politici e istituzionali, che vide un primo ten-tativo di separazione e limitazione reciproca dei poteri pubblici, fu favorita in Inghilterra dalle teorie filosofiche giusnaturaliste, le quali ritenevano che

all’origine dell’ordinamento statale vi fosse un “contratto sociale”. Tali idee, svilup-pate soprattutto dal filosofo inglese John Locke nella sua opera Two Treaties of Govern-ment del 1690, oltre che influenzare l’esperienza costituzionale inglese, rappresen-tarono anche la base teorica per l’elaborazione della Costituzione degli Stati Uniti d’America nel 1787. Locke riteneva che l’origine del potere dello Stato risiedesse in un “contratto” stipulato tra gli uomini che formano la società civile al fine di ordinare la vita in comune. Tale “contratto” legittimava l’esistenza di uno Stato sovraordina-to a tutti i cittadini ai quali, però, in cambio del fatto di avere delegato il loro potere sovrano allo Stato, dovevano essere garantiti alcuni diritti naturali, preesistenti al contratto stesso e inalienabili:

1. il diritto alla libertà,2. il diritto alla pace,3. il diritto alla proprietà privata,4. il diritto alla sicurezza,5. il diritto al benessere,6. fino a quel “diritto alla felicità” inserito nella Dichiarazione d'indipendenza de-

gli Stati Uniti d'America del 1776, che ispirò la Costituzione americana del 1787.

le parole della cittadinanza

»

Costituzione

Legge fondamentale dello Stato, che detta le regole essenziali sia riguardo alla paciica convivenza civile dei cittadini sia riguardo l’esercizio dei pubblici poteri da parte degli organi dello Stato. La Costituzione, quindi, conigura e ordina i poteri dello Stato e, contemporaneamente, stabilisce i limiti dell’esercizio del potere, riconoscendo gli ambiti delle libertà e dei diritti fondamentali del cittadino.

Potere costituente / Potere costituito

Il potere costituente appartiene al popolo in quanto espressione della sua sovranità originaria. Esso si esaurisce nel momento in cui si deinisce la Costituzione, ma può tornare attivo qualora l’equilibrio costituzionale si dovesse rompere in modo irreparabile. Il potere costituito, invece, opera seguendo le indicazioni della Costituzione: può rivedere ed emendare la carta costituzionale secondo le procedure previste e con alcuni limiti (per esempio, il divieto di modiicarne i principi fondamentali).

Il Popolo sovrano

La teoria del “contratto sociale” individua, quindi, nel “popolo” l’unico soggetto in grado di esercitare il potere costituente e sovrano, che è originario perché fa-cente parte dei diritti naturali dell’uomo. Tale potere sovrano comportava, inol-

tre, anche il “diritto di resistenza”, cioè il diritto di ogni cittadino a ribellarsi contro chiunque avesse abusato dei poteri delegati dal popolo oppure non avesse rispettato i diritti naturali dell’individuo.

ö La Costituzione degli Stati Uniti è la più antica del mondo ed è ancora in vigore. Firmata a Filadelia nel 1787, fu uficialmente adottata nel 1789.

õ Una seduta della Camera dei rappresentanti statunitense alla quale la Costituzione del 1787 assegnava le funzioni legislative.

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Partendo dalle teorie giusnaturalistiche, l’In-ghilterra, nel Seicento, elaborò la sua particolaris-sima esperienza costituzionale, nel senso che non fu formulata una vera e propria Costituzione scrit-ta, ma solo delle “convenzioni costituzionali” tra i diversi poteri (Re, Parlamento e Governo), che con-sistono in una serie di consuetudini giuridiche, ancora oggi tramandate e rispettate. Inoltre, un gruppo di leggi scritte con valore costituzionale – Magna Charta del 1215, Petition of Rights del 1628, Habeas Corpus del 1679, Bill of Rights del 1689, Act of Settlement del 1701 –, si aiancarono alle “convenzioni costitu-zionali” per formare un corpo di norme e compor-tamenti fondamentali assimilabili a una sorta di Costituzione “di fatto”, anche se non scritta in ma-niera formale.

Nella storia mondiale sono individuabili vari cicli costituzionali, cioè fasi storiche in cui sono emersi gruppi di Costituzioni con caratteristiche simili tra loro riguardo a valori e obiettivi.1. Costituzioni rivoluzionarie del Settecento: all’origine c’è la Costituzione degli Stati Uniti

d’America del 1787, seguita dalle Costituzioni elaborate nel periodo della Rivoluzione fran-cese (Costituzione monarchica del 1791, Costituzione girondina del 1793, Costituzione gia-cobina del 1793, Costituzione del Direttorio del 1795). A queste vanno aggiunte, in Italia, le Costituzioni delle “Repubbliche sorelle”, impostate sul modello della Costituzione francese del Direttorio (Repubblica cispadana, 1797; Repubblica cisalpina, 1797; Repubblica ligure, 1797; Repubblica romana, 1798; Repubblica partenopea, 1799).

2. Costituzioni dell’epoca napoleonica: Costituzioni imposte in Italia in seguito alle conqui-ste delle armate francesi sotto la guida di Napoleone Bonaparte: Carta della Repubblica ita-liana (1802); Costituzione della Repubblica ligure (1802); Statuto dello Stato di Lucca (1805); Costituzione del Regno di Napoli (1808).

3. Costituzioni dell’epoca della Restaurazione: Costituzioni concesse dai sovrani dopo la restaurazione delle monarchie in base al principio legittimista emerso dal Congresso di Vienna (1814-15). Si basano sul riconoscimento della centralità dell’istituto monarchico, ma cominciano a introdurre alcune limitazioni al potere dei sovrani a favore del Parlamento. Modello di riferimento di queste Costituzioni, che ebbero tutte una vita molto breve, è la Costituzione concessa dal re di Francia Luigi XVIII nel 1814 (cioè elargita come un dono del sovrano al popolo).

4. Costituzioni dell’epoca liberale: Costituzioni dette “pattizie” (cioè nate come un patto tra re e popolo), le quali riconoscono il primato del Parlamento. Anche in questo caso si svi-luppano a partire dalla Francia, con la Costituzione di Luigi Filippo del 1830, a cui segue la Costituzione del Belgio (1831), la Costituzione spagnola (1837), lo Statuto albertino (1848), la Costituzione austriaca (1848), ino alla Costituzione prussiana del 1850.

5. Costituzioni democratiche razionalizzate: Costituzioni elaborate dalle due nazioni scon-itte nella Prima guerra mondiale (Costituzione tedesca di Weimar del 1919, Costituzione austriaca del 1920) e dai Paesi diventati indipendenti a seguito della dissoluzione degli Im-peri centrali: Cecoslovacchia (1920), Polonia (1921), Jugoslavia (1921), Turchia (1924). Quasi tutte si caratterizzano per una novità importante: la razionalizzazione, cioè la previsione di chiare modalità di rapporti tra potere esecutivo e potere legislativo (necessità del voto di iducia del Parlamento per governare, possibilità di scioglimento anticipato del Parlamento in caso di impossibilità di formare un governo dotato di iducia).

6. Costituzioni democratiche sociali: Costituzioni del secondo dopoguerra che rappresenta-no uno sviluppo delle Costituzioni democratiche razionalizzate, poiché introducono anche il controllo di costituzionalità delle leggi attraverso l’istituzione delle Corti costituzionali (seguendo l’esperienza austriaca del 1920) e la garanzia dei diritti sociali (lavoro, previden-za, istruzione ecc.): tale modello si aferma in Francia (1946 e 1958), Italia (1948), Germania (1949) e, in seguito, in Grecia (1975), Portogallo (1976) e Spagna (1978).

L’evoluzione

storica dei cicli

costituzionali

î Carlo I d’Inghilterra presiede una riunione del Parlamento in un’incisione seicentesca.

18 | Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione | unità 2 | Che cos'è una Costituzione |

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Una nuova pagina del costituzionalismo: le due Rivoluzioni atlantiche

Dopo le due rivoluzioni inglesi ( 1648-49 e 1689 ) e il conseguente nuovo asset-to istituzionale acquisito dall’Inghilterra, bisognerà aspettare circa un se-colo per assistere a una nuova stagione di fermenti costituzionali. Soltanto

a seguito della Rivoluzione americana e della Rivoluzione francese il problema dell’assetto politico-istituzionale dello Stato si pose nuovamente, ma questa volta con esiti diversi. Infatti, nella Costituzione degli Stati Uniti d’America del 1787 e nelle varie Costituzioni promulgate durante la Rivoluzione francese ( 1791, 1793 e 1795 ) si segnalano alcuni elementi che rappresentano ancora oggi il cuore del costi-tuzionalismo mondiale:

1. il principio della separazione e limitazione dei poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario);

2. il riconoscimento della sovranità popolare come sede del potere costituente; 3. il riconoscimento dei diritti garantiti a ogni cittadino; 4. la necessità che le Costituzioni siano scritte e, inoltre, che siano approvate

dai cittadini in maniera formale e solenne (di solito con un voto popolare); 5. la superiorità giuridica della Costituzione rispetto a tutte le altre leggi

(concetto di Costituzione come vertice delle fonti giuridiche).

COSTITUZIONI per modalità di adozione> Concesse dal Re (per esempio, lo Statuto albertino).> Contrattate tra vari Stati (per esempio, le Costituzioni federali).> Adottate in modo autonomo e volontario dai cittadini di uno Stato (per esempio,

la Costituzione italiana).> Imposte da Stati esteri vincitori in seguito a una guerra (per esempio, la Costituzio-

ne del Giappone).

COSTITUZIONI per caratteristiche del testo> Rigide. Prevedono procedimenti aggravati di revisione del testo costituzionale: le mo-

diiche alla Costituzione devono essere votate dal Parlamento con maggioranze di 2/3; in alcuni casi è prevista una doppia votazione ed, eventualmente, l’approvazione della revisione costituzionale da parte del popolo attraverso un referendum (per esempio, la Costituzione italiana del 1948).

> Flessibili. Questa caratteristica è comune soprattutto nelle Costituzioni liberali otto-centesche, che non prevedevano procedimenti di revisione aggravati, per cui il testo costituzionale poteva essere modiicato da un semplice voto a maggioranza assoluta del Parlamento, come una legge ordinaria (per esempio, lo Statuto albertino del 1848).

> Consuetudinarie. Costituzioni basate sulle consuetudini e sulle tradizioni. Non esiste un vero e proprio testo scritto in maniera organica, ma molte fonti a cui fare riferi-mento, anche di natura orale. In questo caso non esiste un procedimento di revisione vera e propria, ma solo l’aggiunta di nuove norme o consuetudini che abrogano quelle precedenti (per esempio, l’ordinamento costituzionale inglese).

le parole della cittadinanza

»

Costituzionalismo

Movimento di pensiero (ilosoico, giuridico e politico) che – partendo dall’esperienza costituzionale inglese e con un lungo percorso che va dal Settecento al Novecento – ha favorito l’imporsi in buona parte del mondo del principio democratico, delle Costituzioni scritte che garantiscono i valori di libertà, eguaglianza e solidarietà, e della separazione e limitazione dei poteri. In base a tali convincimenti, sia nell’Europa continentale sia negli Stati Uniti d’America, già alla ine del Settecento fu rigettata l’idea di una Costituzione basata sulla tradizione e sulla stratiicazione storica delle consuetudini e delle leggi (secondo l’esperienza costituzionale inglese) e si preferì procedere a elaborare Costituzioni scritte che, da quel momento, rappresentarono il principale modello di riferimento per tutte le Costituzioni successive.

Come

può essere

una Costituzione

1919

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2. La lunga marcia del costituzionalismo

Un percorso accidentato

Nella storia accidentata del moderno costituzionalismo si può individuare, già a partire dall’Ottocento, una forte differenziazione tra Europa e Stati Uniti d’America: mentre nell’Europa continentale emergevano continue fratture po-

litiche, che portavano a sovvertimenti dei regimi e, quindi, a cambiamenti delle Co-stituzioni precedentemente elaborate, negli Stati Uniti le modifiche e gli adattamenti costituzionali furono piuttosto graduali (i famosi emendamenti alla Costituzione) e ciò favorì lo svilupparsi di una forte fiducia del popolo americano nei confronti dei valori espressi nella loro Costituzione.

Inoltre, in Europa, l’idea totalizzante del primato della legge (derivata dai principi illuministici della Rivoluzione francese) si manifestava attribuendo sempre maggio-re centralità al ruolo del Parlamento, in quanto espressione massima della sovrani-tà popolare. Ciò rendeva molto precaria la vita delle Costituzioni, che, oltre a essere sovvertite a ogni cambio di regime, potevano essere facilmente modiicate attraver-so un semplice voto della maggioranza parlamentare (laddove vigevano Costituzioni “lessibili”). Valga per tutti l’esempio della Francia che, tra Ottocento e Novecento, ha visto il susseguirsi di ben sette diverse carte costituzionali (1814, 1830, 1848, 1852, 1875, 1946 e 1958).

Le nuove Costituzioni democratiche

La fase di stasi del costituzionalismo coincise, quindi, con la lunga “età liberale”, che durò dagli anni trenta dell’Ottocento alla Prima guerra mondiale ( 1914-18 ), in cui però cominciarono a emergere quei grandi cambiamenti sociali (nascita di

nuove classi sociali in seguito alla Rivoluzione industriale, maggiore alfabetizzazione dei cittadini, richiesta di allargamento del suffragio, emersione del conflitto di clas-se e formazione dei movimenti socialisti) che porteranno alla successiva evoluzione, rappresentata dal cosiddetto costituzionalismo democratico. Infatti, è solo con la fine della Prima guerra mondiale che si assiste a un nuovo salto di qualità del costi-tuzionalismo europeo. Con la Costituzione tedesca della Repubblica di Weimar

ò In seguito all’invasione napoleonica della Spagna nel 1808 e alla cattura del re Ferdinando VII, le Cortes rappresentavano l’unico organo provvisorio di governo. Riunitesi a Cadice (una delle poche città non occupate dai francesi), nel 1812 promulgarono una Costituzione, che ribadì la legittimità di Ferdinando VII quale re di Spagna, ma introdusse notevoli progressi in senso liberale. Nel dipinto, l'insediamento delle Cortes a Cadice.

öIl frontespizio della Costituzione in una ristampa coeva.

20 | Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione | unità 2 | Che cos'è una Costituzione |

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del 1919, la Costituzione austriaca e la Costituzione cecoslovacca del 1920, per la prima volta lo Stato fu considerato come un’organizzazione complessa suddivisa in vari gruppi sociali. Con queste tre Costituzioni ha inizio la fase del costituzionali-smo contemporaneo caratterizzato dal fatto che, oltre alla separazione dei poteri, viene affermato anche il principio democratico, e, oltre alla garanzia delle libertà personali, vengono riconosciuti i diritti politici e sociali.

Integrare la società

È con queste Costituzioni che si afferma per la prima volta un nuovo compito del-lo Stato: integrare pienamente le diverse classi sociali (rappresentate dai parti-ti politici di massa), in un contesto di convivenza civile in grado di limitare il

conflitto sociale, che nel passato aveva portato a rivolgimenti e a rivoluzioni. A par-tire dalle Costituzioni del primo dopoguerra, e ancor più con quelle nate dopo la fine della Seconda guerra mondiale (Costituzione francese, italiana e tedesca, e poi greca, portoghese e spagnola), allo Stato verranno attribuiti sempre nuovi e più importanti compiti, come quello di garantire non solo l’uguaglianza formale, ma anche quella sostanziale di tutti i cittadini (principio che comporta l’impegno attivo dello Stato per il raggiungimento del benessere collettivo). Nasce così uno Stato di diritto che non esita a intervenire nella vita economica e sociale, che garantisce l’istruzione, la sanità e la previdenza: il cosiddetto Welfare State o Stato sociale.

le parole della cittadinanza

»

Separazione dei poteri

Teoria ilosoico-politica afermatasi alla ine del Seicento con il pensiero del ilosofo inglese John Locke, il quale prevedeva la tripartizione dei poteri pubblici: esecutivo, legislativo e federativo. Tale teoria venne poi ripresa e rielaborata nel Settecento dal ilosofo francese Montesquieu, il quale indicò tre poteri fondamentali: esecutivo, legislativo e giudiziario. La separazione dei poteri è diventata uno dei cardini del costituzionalismo e rappresenta un’importante forma di garanzia democratica contro ogni autoritarismo o totalitarismo.

Stato di diritto

Nel moderno “Stato sociale di diritto” il principio di legalità si manifesta in due modi: attraverso la “legalità formale”, in cui è suiciente che il potere di governo si eserciti nel rispetto delle leggi approvate dal potere legislativo, ma anche attraverso la più ampia “legalità costituzionale”, che indica quei valori supremi che orientano e limitano l’attività di tutti i poteri, compreso quello legislativo.

î Aiutare le persone che provengono da altri Stati e culture a integrarsi nella nostra società è uno dei compiti che lo Stato deve affrontare per consentire una convivenza civile.

2121

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Quale sarà il futuro delle Costituzioni?

Questa fase d’oro del costituzionalismo – che ha garantito l’allargamento dei dirit-ti, il suffragio universale, il principio democratico e l’intervento pubblico nella società e nell’economia –, sviluppatasi fino ai giorni nostri, è stata favorita dai

grandi progressi economici e sociali che il mondo occidentale ha conosciuto nel secondo dopoguerra. Ma con la nuova fase della globalizzazione economica e la recente crisi po-litica degli Stati-nazione, cosa ne sarà del modello delle Costituzioni giunte fino a noi? La lunga marcia del costituzionalismo si arresterà? Sicuramente no, anche perché già si intravede un ulteriore elemento di svolta: infatti, il ruolo sempre più importante degli or-ganismi sovranazionali e il contemporaneo emergere di identità locali autonomistiche, suggeriscono future prospettive costituzionali. Questa volta, però, si tratterà di esperi-menti costituzionali su scala internazionale (come, per esempio, il travagliato proget-to, per ora in fase di stallo, di una Costituzione europea), per far sì che il locale e il globale possano integrarsi sulla base di nuove garanzie universalmente condivise in un mondo che, ormai, è sempre meno chiuso all’interno dei rigidi confini degli Stati nazionali.

Professore di diritto pubblico

all’Università di Vienna, nel 1919 fu

invitato dal cancelliere austriaco,

il socialdemocratico Karl Renner,

a collaborare alla stesura della

Costituzione federale della

Repubblica austriaca. In questa

veste, Kelsen diede un importante contributo

destinato a influenzare tutte le Costituzioni

europee successive. Infatti, sviluppò l’idea del

controllo accentrato sulla costituzionalità

delle leggi attuato da un tribunale

costituzionale indipendente. La sua idea di

Corte costituzionale fu quindi inserita nella

Costituzione austriaca del 1920. Per la prima

volta nella storia, si demandava il potere di

decidere sulla conformità alla Costituzione

di ogni legge approvata dal Parlamento a un

organo giudiziario costituzionale autonomo:

una sorta di “giudice delle leggi”. Kelsen fu

subito eletto giudice della neonata Corte

costituzionale austriaca, ma si dimise nel

1930 dopo un duro contrasto giuridico

tra la Corte e il governo cristiano-sociale

del tempo, il quale, per risposta, preparò

una riforma costituzionale per sciogliere

e sostituire la Corte costituzionale, i cui

giudici erano nominati a vita. A causa del

clima politico avvelenato, Kelsen decise

di lasciare l’Austria. Per qualche anno

insegnò diritto internazionale in Germania,

ma con l’avvento del nazismo, in quanto

ebreo, fu costretto dapprima a lasciare

l’insegnamento e poi a riparare negli

Stati Uniti per sfuggire alla persecuzione

razziale.

Hans Kelsen Praga 1881,

Berkeley 1973

i protagonisti

AUSTRIA

MO

LDO

VA

SLOVACCHIA

SER

BIA

UNGHERIA

MALTA

MON

TENEG

RO

BOSNIA-ERZEGOVINA

Parigi

Londra

Dublino

Praga

ViennaBratislava

Varsavia

Oslo

Bruxelles

Barcellona

Lione

Birmingham

Rotterdam

Bonn

Göteborg

Francoforte

AmburgoDanzica

Helsinki

Milano

Torino

Zurigo

Bilbao

Le Havre

MarsigliaVenezia

FirenzeGenova

MalmöLiverpool

Belfast

Glasgow

Lubiana

Bologna

Berlino

ISLANDA

POLONIA

ITALIA

SPAGNA

FRANCIA

PO

RTO

GA

LLO

BELGIO

GERMANIA

DANIMARCAIRLANDA

REGNO

UNITO

ESTONIA

LETTONIA

LITUANIA

BIELORUSSIA

UCRAINAREP.

CECALUSSEMBURGO

SVIZZERASLOVENIA

ROMANIA

BULGARIA

CROAZIA

MACEDONIA

ALBANIA

GRECIA

PAESI

BASSI

R U

NORVEGIA

SVEZIA

FINLANDIA

IT

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IA

AUSTRI

Copenaghen

Parigi Lussemburgo

AmsterdamLondra

Dublino

Berna Vaduz

Praga

ViennaBratislava

Budapest

Varsavia

VilniusMinsk

Riga

Tallinn

Tampere

Stoccolma

Oslo

Mosca

San Pietroburgo

Kiev

Bucarest

Sofia

Podgorica

Belgrado

SkopjeTirana

Sarajevo

Zagabria

Roma

Atene

La Valletta

Bruxelles

Reykjavik

MadridLisbona

Barcellona

Porto

Lione

Birmingham

Londonderry

Rotterdam

Bonn

Göteborg

Francoforte

Amburgo Danzica

OdessaMilanoTorino

Zurigo

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Cordoba

SivigliaValencia

Bilbao

Bordeaux Clérmont-Ferrand

Rennes

Le Havre

Marsiglia

PalermoCagliari

NapoliBari

Venezia

Firenze

Genova

Patrasso

Chisinau

Malmö

Trondheim

Bergen

Anversa

LiverpoolCork

Belfast

Glasgow

Edimburgo

Lubiana

Bologna

Berlino

A F R I C A

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IRLANDA REGNOUNITO

ESTONIA

LETTONIA

RUSSIA

LITUANIA

BIELORUSSIA

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P O L O N I A

REP.

CECA

SLOVACCHIA

LUSSEMBURGO

SAN MARINOPRINC. DIMONACO

CITTÀ DELVATICANO

LIECHTENSTEIN

SVIZZERASLOVENIA

SERBIA

UNGHERIA

R O M A N I A

BULGARIA

MALTA

CIPRO

CROAZIABOSNIA-

ERZEGOVINA

MACEDONIA

ALBANIA

GRECIA

ISLANDA

Helsinki

PAESIBASSI

RU

S

ö I capi di Stato e di Governo europei posano nel cortile del Palazzo dei Conservatori al Campidoglio

dopo la irma del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, Roma, 29 ottobre 2004.

Sì, con trattato d’accesso

Ratifica dei Paesi membri

Sì, procedura parlamentare

No, con referendum

Referendum sospeso

Sì, con referendum

Procedura parlamentare sospesa

22 | Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione | unità 2 | Che cos'è una Costituzione |

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2323

il caso aperto

Costituzione formale e Costituzione materialeDalla teoria alla realtà

ñ

Il promontorio di Portoino, visto da Recco. L'area è tutelata dal 1939 come

Parco naturale regionale: ha un’estensione di 18 km2 e uno sviluppo costiero di 13

km. Il tratto di mare che lo lambisce è diventato Area marina protetta dal 2000.

Per esempio: il principio, oggi sempre

più sentito, della difesa dell’ambiente non

è scritto espressamente nella Costituzione

italiana, la cui stesura risale al 1948 (all’art.

9 si parla solo della «tutela del paesaggio»),

cioè in un’epoca nella quale era assai diffu-

sa la convinzione che il benessere sociale

fosse intimamente connesso allo sviluppo

economico e produttivo, al di là dei costi

ambientali che questo poteva comportare,

tanto più in una fase in cui le distruzioni

della guerra erano ancora lo scenario abi-

tuale con cui le popolazioni e i governi si

confrontavano.

Con il passare del tempo, però, la sen-

sibilità ambientale e ai temi dello sviluppo

sostenibile è senza dubbio mutata e au-

mentata. Oggi, appellandosi alla Costitu-

zione materiale, che riflette la sensibilità

ambientalista sempre più diffusa nella so-

cietà, si può considerare già da ora la di-

fesa dell’ambiente come un “superprincipio”

di valore costituzionale, in attesa che esso,

prima o poi, venga sancito formalmente nel

testo costituzionale, come recentemente è

avvenuto in Francia. Esempi analoghi po-

trebbero essere formulati in merito a deli-

cate questioni come quelle riferite all’evo-

luzione della famiglia o ai temi legati alla

bioetica.

Nel diritto costituzionale si distingue

tra “Costituzione formale” (Costitu-

zione scritta) e “Costituzione ma-

teriale”. Secondo il giurista italiano

Costantino Mortati, quest’ultima

rappresenta l’insieme dei valori fondamentali

di una società, i quali danno energia e vitalità

alla Costituzione scritta.

Più della Costituzione formale, la Costitu-

zione materiale rilette l’evoluzione continua di

una società, il modo di esistere di uno Stato, il

suo ordine di valori, i mutamenti delle idee po-

litiche e sociali dominanti. Tutto questo prov-

vede a integrare la Costituzione scritta, inter-

pretandone in modo dinamico i principi (come

spesso fanno le Corti costituzionali con le loro

sentenze interpretative).

Infatti, a differenza della Costituzione mate-

riale, che rilette i continui mutamenti socio-

politici ai quali è soggetta una società, la Co-

stituzione formale, per sua stessa natura, si

adegua più lentamente ai cambiamenti (c’è

infatti bisogno di elaborate procedure per rive-

dere il testo costituzionale), per cui la nozione

di Costituzione materiale è come una bussola

in grado di indicare il modo con cui i valori ge-

nerali di una società – i cosiddetti “superprin-

cipi” – devono essere interpretati in quel dato

momento storico, aggiornando di volta in vol-

ta il senso della Costituzione scritta.

Glossario Sviluppo sostenibile

Modello di sviluppo compatibile con le esigenze di tutela e salvaguardia delle risorse dell'umanità.

23

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24 | Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione | unità 3 | Come si struttura lo Stato? |

Come si struttura lo Stato?

unità

3

1. Stato unitario o Stato federale?

Lo Stato nell’età moderna: Rivoluzione francese e Stati Uniti d’America

Anche se nel lungo percorso della storia umana sono stati elaborati vari modelli di organizzazione statale – dalla polis greca alla repubblica dell’antica Roma, dall’Impero romano e poi bizantino allo Stato feudale medievale, fino a giun-

gere alle monarchie assolute o alle autocrazie moderne –, si può affermare che solo a partire dalla fine del Settecento gli Stati nazionali abbiano cominciato a sperimentare forme moderne di organizzazione politico-istituzionale.

Con la ine del lungo periodo compreso tra la prima Rivoluzione inglese del 1648 e quella francese del 1789 (che rappresentò un vero laboratorio di elaborazione istitu-zionale e costituzionale), s’imposero due diferenti forme di Stato come principali modelli di riferimento:

1. lo Stato unitario a potere centralizzato;2. lo Stato federale a potere diffuso. Si tratta di due modelli che, pur con vari adattamenti, hanno ispirato l’architet-

tura di quasi tutti gli organismi statali ino ai giorni nostri. Per quanto riguarda la forma di Stato centralizzato, l’origine risale all’esperienza politico-istituzionale della Francia (Rivoluzione francese e Impero napoleonico, 1789-1815). Per la forma di Stato federale, invece, alla formazione degli Stati Uniti d’America (Rivoluzione america-na, 1776).

ô Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo, 1830, Parigi, Museo del Louvre.

î Questa incisione del XVIII secolo rafigura l’estensione degli ideali della Rivoluzione francese alle colonie.

îî Andrea Appiani, Napoleone Bonaparte (particolare), 1805, Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Lo Stato unitario centralizzato

Il modello dello Stato unitario centralizzato ha avuto molta fortuna soprattutto in Europa, rappresentando uno sviluppo dell’esperienza rivoluzionaria francese e, soprattutto, napoleonica. Il ventennio napoleonico, infatti, aveva introdotto con

le sue riforme giuridiche innovazioni importanti per quanto riguarda la certezza del diritto e l’uguaglianza formale dei cittadini di fronte alla legge, favorendo al con-

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25

le parole della cittadinanza

»

Autocrazia

Sistema di governo tipico dello Stato assoluto (dal latino ab solutus, che signiica “sciolto da” ogni vincolo o limitazione), in cui il re, cioè l’autocrate, autolegittimava la propria autorità oppure si appellava a un diritto divino per giustiicare il proprio potere. Sconitta in Europa con la nascita degli Stati costituzionali, l’autocrazia ha continuato a caratterizzare la Russia zarista ino agli inizi del Novecento.

Forma di Stato

Il concetto giuridico di “forma di Stato” indica l’insieme dei principi e delle regole fondamentali che caratterizzano un ordinamento statale e, quindi, che disciplinano i rapporti fra lo Stato e i cittadini, singoli o associati. Spesso con questo concetto si intende anche l’insieme delle regole che disciplinano i rapporti fra lo Stato centrale e gli enti autonomi territoriali operanti al suo interno.

Nota bene

L’Europa di Napoleone

L’Europa napoleonica costituì un vero e proprio sistema, non solo militare e geopolitico, ma anche istituzionale: l’organizzazione dello Stato francese e le riforme amministrative che ne stavano migliorando l’eficienza furono infatti estese ai Paesi sottomessi dalle armate napoleoniche.

tempo l’evoluzione dell’organizzazione burocratica statale sul territorio. Queste innova-zioni furono talmente efficaci che vennero accolte anche dai regnanti europei spodestati nel momento in cui tornarono al potere dopo il congresso di Vienna ( 1814-15 ). Con tale compromesso tra le antiche prerogative monarchiche assolutistiche, tipiche dell’An-cien régime, e le innovazioni giuridiche istituite tra la fine del Settecento e il primo de-cennio dell’Ottocento, si cercò di adattare la vecchia forma assolutistica dello Stato ai nuovi fermenti sociali, che vedevano imporsi la borghesia come protagonista di una società in rapida trasformazione.

Nel modello di Stato unitario centralizzato – sopravvissuto in Francia, Italia e Spagna ino alla seconda metà del Novecento – il potere si concentra negli organi centrali dello Stato (ministeri e altre strutture di vertice), i quali poi lo delegano alle proprie emana-zioni periferiche difuse su tutto il territorio (prefetture, uici provinciali o regionali). Questo decentramento burocratico risponde a un criterio gerarchico e prevede forme di autonomia territoriale assai limitate. Insomma, nello Stato unitario centralizzato le decisioni vengono prese dal centro e poi trasmesse agli organi che operano sul terri-torio, che hanno il compito di renderle esecutive, cioè di metterle in pratica. Quindi, nella sua forma originaria, che oggi non esiste più in nessuna parte del mondo, questo modello non prevede alcun protagonismo politico dei cittadini, a parte il momento del-le elezioni politiche nazionali. I cittadini, più che altro, sono i destinatari delle decisio-ni assunte dal vertice, ma non sono co-protagonisti politici a livello locale.

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26 | Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione | unità 3 | Come si struttura lo Stato? |

Lo Stato federale

Contemporaneamente allo sviluppo dello Stato unitario centralizzato, un’altra forma di organizzazione istituzionale si è andata manifestando, soprattutto nel continente americano: lo Stato federale.

A dif erenza del modello centralizzato, il modello federale prevede la suddivisione dello Stato in vari organismi politici autonomi – detti Stati membri, oppure Länder, Cantoni ecc. –, tanto che questo tipo di Stato potrebbe essere dei nito come una sorta di “Stato di Stati”.

Inoltre, gli Stati membri sono dotati ognuno di una propria Costituzione, che pe-rò è sempre in posizione subordinata rispetto alla Costituzione federale. In questo tipo di Stato esistono due livelli di governo: il “Governo federale”, che si occupa delle materie comuni delegate da tutti gli Stati membri (politica estera, politica economica e politica di difesa) e il “Governo locale” dei singoli Stati membri, che riguarda tutte le altre materie non delegate al Governo federale.

Questa forma di Stato può nascere e svilupparsi attraverso due possibili percorsi:1. per associazione di Stati indipendenti, a partire da forme confederative (come

nel caso degli Stati Uniti d’America o della Svizzera);2. per trasformazione in senso federale di un precedente Stato unitario centra-

lizzato (come nel caso della Germania o del Belgio, ma anche di alcuni Paesi latinoamericani come il Messico, l’Argentina e il Brasile).

Per garantire i reciproci ambiti di autonomia fra Governo federale e Governo locale, le competenze sono ripartite rigidamente e non riguardano soltanto l’ambito ammi-nistrativo (come avviene nel caso del decentramento dei poteri nello Stato unitario), ma tutti gli ambiti della tripartizione dei poteri: esecutivo, legislativo e giudiziario.

ñ Le differenze fanno l’unione: la “nuova” bandiera europea, ideata da Rem Koolhaas durante la presidenza dell’Austria al Parlamento Europeo (2007), rappresenta le bandiere di tutti gli Stati membri.

ò La cupola del Bundestag, sede del Parlamento tedesco a Berlino.

Il modello degli Stati Uniti

Cerchiamo di capire meglio esaminando l’esempio del federalismo statuniten-se, che rappresenta il primo e più elaborato caso di Stato federale. Negli Stati Uniti ogni Stato membro elegge un suo Governatore e un Parlamento che

produce leggi valide a livello locale in base ai propri ambiti di competenza. Inoltre, possiede un proprio potere giudiziario, il quale giudica tutti quei reati commessi all’interno dello Stato membro che non abbiano natura federale. Questa modalità di suddivisione dei poteri si ripropone poi a livello federale: in questo caso vengono eletti il Presidente degli Stati Uniti (organo esecutivo), il Congresso (organo legislativo bicamerale formato dalla Camera dei rappresentanti e dal Senato) e un Ordinamento giudiziario federale che si occupa solo di reati federali.

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Le condizioni dello Stato federale

Da questo esempio, emergono alcuni elementi fondamentali dello Stato federale:1. la ripartizione delle competenze tra il livello federale e quello degli Stati mem-

bri dev’essere sancita nella Costituzione e può essere modificata solo attraverso una revisione costituzionale (procedimento molto complesso e difficile);

2. il Parlamento federale deve avere una suddivisione bicamerale: la prima ca-mera rappresenta l’intero corpo elettorale della Federazione, l’altra gli Stati membri (per esempio, il Senato negli Usa, il Bundesrat nella Germania Federale, il Consiglio degli Stati in Svizzera ecc.);

3. Non si può procedere a una qualsiasi revisione della Costituzione senza la par-tecipazione e l’approvazione degli Stati membri.

Proprio per la sua capacità di rappresentare le istanze locali, mantenendo al contem-po la compattezza e la forza di uno Stato unitario (soprattutto nel campo della politica estera, della politica economica e nel campo militare e della difesa), il modello fede-rale ha avuto un notevole successo, e nel prossimo futuro potrebbe risultare la for-ma di Stato più eicacie nell’afrontare i gravi efetti centrifughi che la globalizzazio-ne economica determina negli assetti politico-istituzionali dei vecchi Stati-nazione.

In una Confederazione, Stati indipendenti e sovrani si uniscono per poter gestire meglio alcune tematiche comuni, soprattutto in materie come la politica economica e commer-ciale, la sicurezza e la politica estera. La particolarità di questa forma di unione di Stati consiste nel fatto che essa non assume le caratteristiche di uno Stato vero e proprio, in quanto è fondata su un trattato internazionale stipulato tra gli Stati membri e non su una Costituzione (come avviene nel caso della Federazione).

Come per ogni trattato internazionale, anche quello che istituisce una Confederazio-ne può essere revocato in qualsiasi momento da ogni Stato membro. Perciò i poteri della Confederazione sono meno ampi di quelli della Federazione: esiste un organo rappresen-tativo degli Stati che fanno parte della Confederazione e, nell’ambito di tale organismo, le decisioni che vincolano tutti gli Stati aderenti devono essere assunte all’unanimità.

La macchinosità dei processi decisionali e la ristrettezza degli ambiti decisionali fanno sì che la forma confederativa sia quasi sempre un momento di passaggio, una sorta di prova generale, verso una più compiuta forma di Stato federale. Infatti, molti Stati fede-rali (per esempio gli Stati Uniti, la Svizzera, la Germania) hanno avuto nel loro passato un’esperienza confederale prima di approdare pienamente al modello federale.

Federazione

Forma di Stato caratterizzata dal fatto che vari soggetti territoriali si associano accettando un patto costituzionale. Questi soggetti (Stati membri, Cantoni, Länder, Province autonome ecc.), sono collocati tutti sullo stesso piano, godono di autonomia e si autogovernano, ma demandano a un governo federale centrale tre funzioni essenziali: la politica estera, la politica economica e la politica di difesa.

le parole della cittadinanza

»

î I risultati, in alcuni Stati, delle elezioni al Senato degli Stati Uniti del 2010.

la Confederazione

80-100

Percentuale

su tutti i voti

migliaia di votanti

60-7940-5920-390-19

0-1920-3940-5960-79

125 250 550

Dem

ocratici

Republicani

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28 | Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione | unità 3 | Come si struttura lo Stato? |

europeo, l’unica istituzione della Ue elet-

ta direttamente dai cittadini, ha la curio-

sa caratteristica di non possedere iniziativa

legislativa: la facoltà di proporre i progetti

di legge, infatti, è appannaggio esclusivo

dalla Commissione europea; il Parlamento

può solo approvarli o respingerli.

A questo punto è lecito domandarsi: se

l’Unione europea non può essere assimila-

ta a uno Stato, allora potrà esserlo a una

Confederazione di Stati? In effetti, è possi-

bile riscontrare molte caratteristiche della

Confederazione: l’esistenza di un trattato

istitutivo, piuttosto che di una Costituzio-

ne, sottoscritto dagli Stati membri; l’esi-

stenza di una struttura sovranazionale

(Commissione europea, Consiglio dei mi-

nistri ecc.) che si occupa di gestire mate-

rie comuni delegate dagli Stati membri; la

possibilità per uno Stato membro di usci-

re unilateralmente dall’Unione. E tuttavia,

a ben vedere, l’Unione europea non è una

pura e semplice realtà confederale, perché

in vari ambiti è riconosciuto il ruolo di sog-

getti di diritto anche ai cittadini (come av-

viene negli Stati federali) e non solo agli

Stati membri (come avviene nelle Confede-

razioni). Tale ruolo si manifesta, per esem-

pio, nel momento in cui i cittadini eleg-

gono il Parlamento europeo a suffragio

universale.

In questa confusione istituzionale, non

resta che deinire l’Unione europea, per ora,

come un “ibrido giuridico”, né compiuta-

mente una Confederazione di Stati né uno

Stato federale, in attesa che diventi presto

un soggetto politico-istituzionale più forte

e riconosciuto di quanto non sia ora.

Fin dalla sua nascita, l’Unione europea

soffre di un problema identitario tut-

tora irrisolto: non si sa bene quale sia

la sua vera natura giuridica. Insom-

ma, che cos’è veramente l’Unione eu-

ropea? Uno Stato, una Confederazione, uno

Stato federale, o niente di tutto ciò? Innan-

zitutto, è da escludere categoricamente che

l’Unione europea possa essere assimilata a

uno Stato vero e proprio. Infatti, mancano al-

cune caratteristiche tipiche dello Stato, come

l’esistenza di un potere esecutivo dell’Unione,

che abbia poteri superiori a quello dei singoli

Stati. La Commissione europea, nominata dai

27 Governi che compongono l’Ue, ha sì man-

sioni esecutive, ma non corrisponde certo a

un Governo in grado di esprimere un autono-

mo indirizzo politico. Giudizio analogo vale

per il Consiglio dei ministri, che è soprattutto

un luogo di confronto tra i vari ministri dei

Governi europei, le cui decisioni vengono pre-

se nell’ottica della cooperazione tra gli Sta-

ti. Inoltre, anche l’ambito del potere legisla-

tivo è molto deicitario. Infatti, il Parlamento

Unione europea: un ibrido giuridico?Il dibattito sulla natura giuridica dell’Ue

ñ

La sede del Parlamento europeo a Strasburgo.

il caso aperto

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2. Una valida alternativa: lo Stato regionale

L’articolazione regionale dello Stato

Nell’ambito dell’evoluzione delle forme di Stato, va segnalato, a partire dagli anni settanta del Novecento, lo sviluppo di un nuovo modello organizzati-vo: lo Stato regionale. Emersa in modo non traumatico, ma attraverso un

complesso processo di autoriforma, l’articolazione regionale dello Stato è diventata sempre più necessaria per far fronte ai mutamenti socio-economici che hanno ca-ratterizzato molti Paesi, soprattutto in Europa, sul finire del Novecento. Questa più recente forma di Stato, infatti, rappresenta la risposta istituzionale formulata dai vecchi Stati unitari centralizzati alle sempre più incalzanti richieste di protagonismo politico provenienti dai territori, ma anche ai venti autonomistici (se non addirittura secessionistici) che soffiano sempre più forti in Europa.

Dopo decenni di oblio, il pensiero regionalista è recentemente tornato in au-ge, tanto che molti studiosi e politici lo ritengono attualmente lo strumento più efficace per elaborare riforme istituzionali in grado di aggiornare l’assetto degli Stati unitari senza traumatiche rotture costituzionali. Attraverso i nuovi assetti regionali, Stati a forte tradizione centralistica come l’Italia, la Spagna, ma anche la Francia (lo Stato tradizionalmente più accentrato e più refrattario a concedere autonomia ai suoi territori) e il Regno Unito, hanno avviato un percorso di rifor-me che li farà convergere, in un prossimo futuro, verso un assetto sempre più simile al modello federale. A oggi, però, è difficile ipotizzare se l’approdo finale sarà la nascita di veri e propri Stati federali o se la formula dello Stato regionale riuscirà a garantire le due esigenze fondamentali, e speculari, emerse nell’ultimo cinquantennio: da un lato, la necessità di mantenere, per ragioni strategiche ed economiche, l’unità nazionale; dall’altro, il riconoscimento e la valorizzazione delle culture locali, delle minoranze e delle tradizioni storiche dei territori che formano i grandi Stati nazionali.

Il pensiero regionalista si basa sull’idea che gli Stati unitari centralizzati, nati tra Ottocento e Novecento, debbano essere suddivisi in vari enti territoriali, cui ricono-scere ampie autonomie (le cosiddette “Regioni politiche”). Tale processo di devolu-zione di poteri deriva dal riconoscimento che ogni regione possiede alcune peculiari speciicità storiche, economiche, linguistiche, culturali, etniche precedenti alla for-mazione degli Stati nazionali. Il riconoscimento di tale diritto all’autogoverno re-gionale rappresenta forse la più grande innovazione nel campo del costituzionalismo contemporaneo.

Stato regionale e Stato federale non sono sinonimi

Il processo di progressiva regionalizzazione degli Stati unitari ha quindi origini e motivazioni che anche quando richiamano lo spirito del modello federale, in real- tà se ne discostano per molti aspetti fondamentali. Per esempio, la “Regione poli-

tica” non è assimilabile allo “Stato membro” di una federazione. Infatti, la Regione, pur godendo di ampia autonomia, è soltanto un ente intermedio tra lo Stato centrale e gli organismi locali (Comuni, Province, enti territoriali). Inoltre, non è detentrice di alcuna sovranità originaria, com’è invece per gli Stati di una federazione.

Per poter parlare di Stato regionale vero e proprio è necessario che l’esistenza delle Regioni sia prevista dalla Costituzione e non sia il frutto di una scelta del legislatore ordinario. Le Regioni, quindi, devono essere riconosciute dalla Costituzione e devono

Glossario Secessione

Distacco di un gruppo dall’organismo sociopolitico o militare di cui fa parte in seguito a gravi contrasti interni.

Devoluzione

Termine derivato dall’inglese devolution, sinonimo di decentramento politico e amministrativo. Con il processo di devoluzione, lo Stato centrale trasferisce una parte dei propri poteri e competenze ai governi locali. Un tipico processo di devoluzione è la regionalizzazione di uno Stato, in cui alle Regioni vengono attribuiti poteri amministrativi e legislativi che prima non avevano.

le parole della cittadinanza

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30 | Introduzione alla Cittadinanza e alla Costituzione | unità 3 | Come si struttura lo Stato? |

suddividere l’intero territorio dello Stato e non solo una sua parte limitata; inoltre, devono essere dotate di autonomia amministrativa e, soprattutto, di competenze le-gislative (possibilità di approvare leggi regionali).

Come si vede, nel processo di regionalizazione degli Stati unitari i territori diven-tano sempre più autonomi e si dotano di poteri sempre più ampi. Ma ciò li porterà in futuro ad assumere un assetto compiutamente federale? Va detto chiaramente che tale passaggio è molto diicile: l’unico Paese che, inora, ha tentato una transizione “leggera” dal regionalismo al federalismo è stato il Belgio, ma con risultati non del tutto soddisfacenti. Infatti, mentre il regionalismo può essere messo in pratica sen-za grandi rotture costituzionali, ma con adattamenti successivi dello Stato unitario che non ne intaccano la sovranità, il passaggio al federalismo implica sempre una rottura traumatica dello Stato unitario, perché modiica le attribuzioni di sovranità. Ne conseguono spesso tensioni e incomprensioni tra territori e un latente pericolo di secessione delle zone più ricche.

ò Filip Dewinter, leader del partito Vlaams Belang, che chiede la secessione delle Fiandre dal Belgio, mostra un cartello stradale con scritto «Strada della Repubblica delle Fiandre» durante una protesta nel 2011.

Con il newyorkese Alexander

Hamilton, James Madison

è stato il più importante

esponente del movimento

federalista americano e uno

dei padri della Costituzione

degli Stati Uniti, approvata

il 16 settembre 1787 a Filadelfia. In

quell'occasione venne deciso che, per

entrare in vigore, essa dovesse essere

ratificata da almeno 9 Stati membri su 13.

Ma il risultato non era per nulla scontato:

infatti, nell’importante Stato di New York

l’opposizione alla ratifica era molto forte.

Perciò Hamilton chiese a Madison e a John

Jay di scrivere insieme a lui, usando tutti

lo pseudonimo “Publius”, alcune lettere

ai giornali newyorkesi per convincere i

rappresentanti di quello Stato a ratificare la

Costituzione.

Tra le 85 lettere-saggio, raccolte poi

nei Federalist Papers, i 29 scritti del giovane

avvocato Madison si segnalarono per

chiarezza, lucidità ed equilibrio. Infatti,

proprio alla sua penna si devono alcuni

dei più originali sviluppi del federalismo

americano: suddivisione delle competenze

tra Governo centrale e Stati membri,

teoria del bilanciamento dei poteri,

garanzia del pluralismo nella società. Alla

fine, la strategia di Hamilton funzionò

e la Costituzione venne ratificata senza

problemi. Fu un grande successo per la

corrente federalista, che nel 1804 perse

l’esuberante Hamilton, morto dopo un

duello alla pistola con il vicepresidente

Usa Aaron Burr; il più cauto Madison

invece ebbe una luminosa carriera politica,

terminata con l’elezione nel 1809 a quarto

presidente degli Stati Uniti d’America.

James MadisonPort Conway 1751,

Montpelier 1836

i protagonisti