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1 Modulo di Fluidodinamica II Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Meccanica A.A. 2005/2006 Ing. Paola CINNELLA FLUSSI SUPERSONICI Prefazione Questo documento rappresenta un’integrazione (NON UN’ALTERNATIVA!!!!) alle dispense di Gasdinamica utilizzate nel corso di Fluidodinamica II. Esso contiene da una parte, una sintesi delle principali equazioni utilizzate per lo studio di flussi supersonici uni- e bi-dimensionali. Dall’altra, esso fornisce una descrizione fenomenologia di alcuni aspetti caratterizzanti i flussi supersonici, nonché una serie di applicazioni, destinate a facilitare la comprensione delle nozioni fornite durante il corso. 1. INTRODUZIONE Il primo volo supersonico ufficialmente riconosciuto come tale risale al 14 ottobre 1947. Quel giorno, l’aeroplano Bell XS1 pilotato da Chuck Yeager raggiungeva la condizione M=1.06, aprendo la strada ad un nuovo regime di volo, nel quale il flusso è dominato dalla presenza di onde d’urto. A M=1.06 l’aereo, profilato come un proiettile, creava un urto curvo a monte del suo “naso”, staccato dalla fusoliera; l’anno seguente lo stesso pilota riusciva a raggiungere M=1.45. In questa configurazione di volo il flusso era caratterizzato da un urto obliquo attaccato al naso dell’aereo (si veda la figura 1). Il corso di Fluidodinamica II ha lo scopo di fornirvi le nozioni necessarie alla comprensione delle caratteristiche essenziali di questo tipo di flussi. 2. FLUSSI UNI-DIMENSIONALI 2.1 Velocità del suono e numero di Mach a. Fenomenologia Consideriamo l’aria a condizioni ambiente. Essa è formata di molecole in moto. Supponiamo ora di introdurre una piccola perturbazione, sotto forma di un apporto puntuale di energia. Questa energia è assorbita dalle molecole vicine alla sorgente, che si sposteranno perciò con maggior velocità; queste molecole un po’ più rapide interagiscono con delle molecole più lontane dalla sorgente della perturbazione iniziale e modificano la loro velocità; il fenomeno si propaga di molecola in molecola, e in questo modo l’energia introdotta si propaga nello spazio. Quest’onda di energia si sposta ad una velocità che può essere correlata matematicamente con la velocità di agitazione molecolare; questo tipo di approccio rientra nella branca della fisica nota come “cinetica dei gas” (approccio microscopico). In questo corso noi utilizziamo un approccio più macroscopico e ci interessiamo piuttosto agli effetti di quest’onda. E’ chiaro infatti che la variazione di energia creata dal passaggio dell’onda comporta anche una variazione della pressione, della densità e della temperatura del mezzo in cui si propaga; queste variazioni, però, rimangono di piccola entità fintanto che l’apporto di energia costituisce una perturbazione (cioè non si tratta di un picco di energia dovuto, per esempio, ad un’esplosione). Un osservatore posizionato all’interno del mezzo di propagazione percepirà in particolare la piccola variazione di pressione sotto forma di un suono, da cui il nome di onda sonora o onda acustica attribuito a questa debole onda e il nome di velocità del suono assegnato alla sua velocità di propagazione.

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Modulo di Fluidodinamica II Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Meccanica A.A. 2005/2006 Ing. Paola CINNELLA

FLUSSI SUPERSONICI Prefazione Questo documento rappresenta un’integrazione (NON UN’ALTERNATIVA!!!!) alle dispense di Gasdinamica utilizzate nel corso di Fluidodinamica II. Esso contiene da una parte, una sintesi delle principali equazioni utilizzate per lo studio di flussi supersonici uni- e bi-dimensionali. Dall’altra, esso fornisce una descrizione fenomenologia di alcuni aspetti caratterizzanti i flussi supersonici, nonché una serie di applicazioni, destinate a facilitare la comprensione delle nozioni fornite durante il corso. 1. INTRODUZIONE Il primo volo supersonico ufficialmente riconosciuto come tale risale al 14 ottobre 1947. Quel giorno, l’aeroplano Bell XS1 pilotato da Chuck Yeager raggiungeva la condizione M=1.06, aprendo la strada ad un nuovo regime di volo, nel quale il flusso è dominato dalla presenza di onde d’urto. A M=1.06 l’aereo, profilato come un proiettile, creava un urto curvo a monte del suo “naso”, staccato dalla fusoliera; l’anno seguente lo stesso pilota riusciva a raggiungere M=1.45. In questa configurazione di volo il flusso era caratterizzato da un urto obliquo attaccato al naso dell’aereo (si veda la figura 1). Il corso di Fluidodinamica II ha lo scopo di fornirvi le nozioni necessarie alla comprensione delle caratteristiche essenziali di questo tipo di flussi. 2. FLUSSI UNI-DIMENSIONALI 2.1 Velocità del suono e numero di Mach

a. Fenomenologia Consideriamo l’aria a condizioni ambiente. Essa è formata di molecole in moto. Supponiamo ora di introdurre una piccola perturbazione, sotto forma di un apporto puntuale di energia. Questa energia è assorbita dalle molecole vicine alla sorgente, che si sposteranno perciò con maggior velocità; queste molecole un po’ più rapide interagiscono con delle molecole più lontane dalla sorgente della perturbazione iniziale e modificano la loro velocità; il fenomeno si propaga di molecola in molecola, e in questo modo l’energia introdotta si propaga nello spazio. Quest’onda di energia si sposta ad una velocità che può essere correlata matematicamente con la velocità di agitazione molecolare; questo tipo di approccio rientra nella branca della fisica nota come “cinetica dei gas” (approccio microscopico). In questo corso noi utilizziamo un approccio più macroscopico e ci interessiamo piuttosto agli effetti di quest’onda. E’ chiaro infatti che la variazione di energia creata dal passaggio dell’onda comporta anche una variazione della pressione, della densità e della temperatura del mezzo in cui si propaga; queste variazioni, però, rimangono di piccola entità fintanto che l’apporto di energia costituisce una perturbazione (cioè non si tratta di un picco di energia dovuto, per esempio, ad un’esplosione). Un osservatore posizionato all’interno del mezzo di propagazione percepirà in particolare la piccola variazione di pressione sotto forma di un suono, da cui il nome di onda sonora o onda acustica attribuito a questa debole onda e il nome di velocità del suono assegnato alla sua velocità di propagazione.

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b. Espressione della velocità del suono Vedere dispense, Cap. 1.

• Formula generale valida per tutti i tipi di fluidi :

s

pa ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂

Si noti che sss p

pa βρρ

ρ//12 =⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂

= , dove βs è la comprimibilità a entropia

costante del fluido. Questo vuol dire che, in fluidi poco comprimibili (nonché di densità elevata!), come i liquidi, la velocità del suono è estremamente elevata, tanto che ai fini pratici, nelle correnti applicazioni ingegneristiche essa può essere considerata infinita, ovvero una perturbazione della pressione si propaga instantaneamente (grazie all’incomprimibilità del fluido) in tutto il campo di moto. Nel caso dei fluidi fortemente comprimibili, come i gas, la velocità del suono assume un valore finito; in pratica, se si applica una perturbazione in un punto del campo di moto, essa non viene avvertita istantaneamente in un altro punto ad una distanza data,

M=1.06

M=1.45

Fig. 1: Tipologie di onde d’urto in flussi supersonici attorno ad un aereo.

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in quanto il fluido intermedio, comprimendosi, funge in qualche modo da “ammortizzatore”, ritardando la trasmissione del segnale. • Formule valide solo per i gas termicamente e caloricamente perfetti:

RTp

a γρ

γ==

Nota: Un gas si dice termicamente perfetto se esso soddisfa l’equazione di stato termica:

cost, == RRTpρ

Esso si dice caloricamente perfetto se esso soddista l’equazione di stato calorica: cost, == vv cTce

Questo implica che il rapporto dei calori specifici, vp cc /=γ è anch’esso una costante. c. Numero di Mach Vedere dispense, Cap. 1.

• Definizione: aVM /= ,

con V una velocità. Si puo’ dimostrare che il numero di Mach rappresenta la radice quadrata del rapporto tra le forze d’inerzia agenti sul fluido e le forze elastiche dovute alla comprimibilità dello stesso. Infatti, ragionando in termini dimensionali:

22

22

2

3|| M

aV

EV

EtLV

ELtVL

ELm

FF

e

i ======

ρ

ρρa

Dove a rappresenta l’accelerazione di una particella fluida, 2/1 aE s ρβ == rappresenta il modulo elastico del fluido (definito come l’inverso della compriminilità), mentre V, L e t rappresentano rispettivamente delle opportune scale di velocità, lunghezza e tempo caratteristiche del moto del fluido. Per fluidi poco comprimibili (liquidi) il modulo elastico è estremamente elevato e dunque le forze d’inerzia saranno dominanti rispetto a quelle d’inerzia. In questo caso, gruppi di particelle fluide adiacenti si comporteranno come delle sfere elastiche (ricordare Fisica I) a contatto l’una con l’altra e messe in fila: grazie alla perfetta elasticità, l’impulso impresso alla prima particella della fila si trasmetterà istantaneamente all’ultima. Nel caso di fluidi comprimibili (gas), le particelle fluide si comporano invece come corpi anelastici o meglio, non perfettamente elastici, e funzioneranno come tanti piccoli ammortizzatori, introducendo un tempo di ritardo nella trasmissione delle informazioni. • Da quanto detto sopra, risulta naturale classificare i flussi in base al loro numero di

Mach caratteristico: o M<0.3: effetti di comprimibilità trascurabili; è lecito trattare il flusso come

incomprimibile. o 0.3<M<1: flussi comprimibili subsonici le onde acustiche possono

propagarsi in tutte le direzioni. o 0.9<M<1.2: flussi transonici, caratterizzati dalla presenza simultanea nel

campo di moto di regioni subsoniche e supersoniche. o M>1: flussi comprimibili supersonici le perturbazioni possono propagarsi

solo all’interno del cono di Mach. o M>5: flussi ipersonici le velocità in gioco e le variazioni di pressione,

temperatura e densità sono talmente elevate che può risultare messa in

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discussione la validità del modello di gas perfetto (fenomeni di dissociazione e ionizzazione del gas). Esempio: problemi di rientro di navette spaziali nell’atmosfera.

1.2 Urto retto

a. Equazioni dell’urto retto Vedere dispense, Cap. 2. Valide solo per gas perfetti !!

• Relazione di Prandtl:

*1

*2

1M

M =

Per il secondo principio della Termodinamica, l’unico caso ammissibile è: 11 *

11 ≥⇒≥ MM Questo implica che il Mach e il Mach critico a valle di un urto retto sono sempre minori di 1.

• Numero di Mach a valle:

( ) 2/12

11

21

21

22

−−

−+

=γγ

γ

M

MM

• Variazione di velocità/densità attraverso l’urto: ( )

( ) 21

21

1

2

2

1

121

MM

uu

−+

+==

γγ

ρρ

Dato che M1>1, risulta che u1/u2>1. Dunque attraverso un urto retto la velocità diminuisce, mentre la densità aumenta.

• Variazione di pressione: ( )1

121 2

11

2 −+

+= Mpp

γγ

Da questa relazione è facile vedere che la pressione aumenta attraverso un urto retto.

Per l’aria (γ=1.4), queste relazioni sono tabulate, assieme ad altre che danno la variazione della temperatura e della pressione totale attraverso l’urto (la temperatura totale resta costante!!), nelle cosiddette tabelle dell’urto retto. Dalle relazioni si deduce che, attraverso un urto retto, la temperatura aumenta mentre la pressione totale diminuisce.

Grandezza fisica Variazione attraverso l’urto Mach Diminuisce Mach critico Diminuisce Velocità Diminuisce Pressione Aumenta Densità Aumenta Temperatura Aumenta Velocità del suono Aumenta Pressione totale Diminuisce Temperatura totale Costante Area critica Aumenta

Tab. 1: Variazione delle principali grandezze fisiche attraverso un urto retto.

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b. Spiegazione fenomenologica Immaginiamo un ostacolo collocato in un flusso supersonico (vedere fig. 2 a). Se riprendiamo la nostra spiegazione iniziale sull’onda acustica, possiamo descrivere il fenomeno come segue: le prime particelle fluide che incontrano l’ostacolo subiscono una modifica della loro velocità; questa modifica/perturbazione si trasmette in modo isotropo in tutto il fluido e in particolare verso monte; poiché la velocità di questa informazione, cioè la velocità del suono, è superiore a quella del flusso l’informazione può “risalire” e così il fluido a monte viene “avvisato” della presenza dell’ostacolo in modo che le linee di corrente si modifichino come rappresentato in Fig. 2 b. (a) (b)

Fig. 2: Flusso subsonico attorno ad un ostacolo. Consideriamo adesso un flusso supersonico. Dato che a∞ < u∞, le onde acustiche destinate ad informare il flusso a monte della presenza dell’ostacolo non possono più risalire il flusso; esse tendono dunque a formare un’onda d’urto leggermente a monte dell’ostacolo: a monte dell’onda d’urto il flusso è uniforme e conserva le condizioni all’infinito a monte, a valle, il flusso è subsonico (non necessariamente dappertutto, come vedremo più avanti, ma perlomeno sulla linea di corrente che va al punto di ristagno, dove l’onda d’urto è pressoché retta) per cui le linee di corrente possono adeguarsi alla presenza dell’ostacolo (vedere Fig. 3).

Fig. 3: Flusso supersonico attorno ad un ostacolo.

M<1

M<1 M>1

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2. FLUSSI BIDIMENSIONALI 2.1 Urti obliqui

a. Posizione del problema Consideriamo il flusso bidimensionale rappresentato nella figura 4, in cui due condizioni del flusso, contrassegnate con gli indici 1 e 2 sono separate da un’onda d’urto obliqua. Le variabili β e θ rappresentano rispettivamente l’inclinazione dell’urto rispetto alla direzione del flusso incidente e l’angolo di deflessione del flusso. In un riferimento (n, t) legato all’urto, il vettore velocità del flusso a monte e valle dello stesso si scrive:

tnVtnV

222

111

wuwu

+=+=

Fig. 4: Configurazione di urto obliquo.

b. Relazioni d’urto Tenuto conto della geometria del problema:

• βsin11

11

Mau

M n ==

• Per le seguenti quantità:

2

1

20

0

1

2

1

2

2

1 ,,,p

p

pp

uu

M n ρρ

=

continuano a valere le equazioni dell’urto retto, a patto di sostituire il Mach 1 con il Mach normale 1.

• Come già osservato nel caso 1D, è possibile la formazione di un urto solo se il Mach a monte (in questo caso il Mach normale) è superiore ad 1, ovvero:

µββ =⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛≥⇒≥= −

1

11

1sin1sin1 M

MM n

dove di è indicato con µ l’angolo di Mach. In altri termini, l’inclinazione minima di un urto obliquo è pari all’angolo di Mach.

• L’inclinazione massima, invece, corrisponde all’urto normale o retto:

n

t

θ

w2

u2

w1

u1

Condizione 1: ρ1, p1, T1, M1=|V1|/a1

Condizione 2: ρ2, p2, T2, M2=|V2|/a2 β

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21sin πββ =⇒=

• Dato che 11

≥nM , dalle relazioni dell’urto risulta anche che 1/ 21 >uu . Mentre sappiamo che 21 ww = . Questo comporta che la deflessione del flusso è sempre come in figura 4 (verso l’alto) per un’urto con inclinazione positiva. Ne deduciamo inoltre che, come per gli urti retti, attraverso un urto obliquo si ha un aumento della pressione, densità e temperatura, mentre diminuisce la pressione totale.

• Relazione inclinazione/deflessione:

( ) ( )( ) ⎥

⎥⎦

⎢⎢⎣

+

+−=−

βγβγ

βθβ22

1

221

sin12sin1

tantanM

M

La precedente relazione è anche nota con il nome di relazione θ-β-M, poiché essa lega l’angolo di deflessione del flusso θ, l’angolo di inclinazione dell’urto β, e il numero di Mach incidente M1; essa è essenziale per lo studio degli urti obliqui e fortunatamente si trova diagrammata in un abaco per permettere un più facile utilizzo.

c. Interpretazione fisica La configurazione di flusso attraverso un urto obliquo è richiamata nella figura 5a. Per un flusso di fluido non viscoso una linea di corrente può essere sostituita con una parete (dato che la condizione al contorno alla parete è, per un flusso non viscoso, che la velocità sia tangente alla parete stessa); perciò la stessa configurazione può essere interpretata mediante la rappresentazione della figura 5b, che ci permette di spiegare meglio come usare l’abaco inclinazione/deflessione. (a) (b)

Fig. 5: Configurazione di urto obliquo e configurazione equivalente. Supponiamo di conoscere θ e M1. Utilizzando l’abaco (cfr. dispense Cap. 4) possiamo allora calcolare β e dunque il numero di Mach normale. A questo punto, utilizzando le tabelle dell’urto retto, siamo in grado di calcolare tutti i rapporti fra le quantità a monte e a valle dell’urto. Supponiamo di tracciare la relazione θ-β-M per un numero di Mach M1 fissato. Tipicamente, ottiniamo una curva simile a quella rappresentata nella figura 6.

M2

θ M1

β

M2

θ

M1

β

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Fig. 6: Curva θ-β per un numero di Mach a monte M1 fissato. La curva rappresentata in figura 6 merita alcuni commenti:

• Per ogni valore dell’angolo di deflessione inferiore all’angolo di deflessione massimo θmax esistono due possibili valori di β: β1< β2. Nell’intervallo compreso

tra il valore massimo e minimo dell’ inclinazione per un dato valore di M1, ⎥⎦⎤

⎢⎣⎡

2, πµ ,

il seno di β è una funzione strettamente crescente. Ciò significa che anche 1nM cresce con β e così pure il rapporto 12 / pp , che caratterizza l’intensità

dell’urto. Per questo motivo, la soluzione che corrisponde a β2 è indentificata come “urto forte”, mentre la soluzione corrispondente a β1 è denominata “urto debole” (Fig. 7°). Nel caso di urto debole, si ha tipicamente M2>1, eccetto per dei valori di θ molto vicini a θmax. Come regola generale, l’esperienza mostra che in natura si formano generalmente urti deboli; è possibile ottenere degli urti forti in alcuni casi particolare nei quali è possibile ad esempio variare opportunamente la pressione a valle dell’urto (Fig. 7b). Se non vi sono indicazioni particolari, dunque, verrà sempre scelta la radice più piccola β1.

(a) Urto debole (b) Urto forte

Fig. 7: Configurazione di urto “debole” e di urto “forte”.

βmax β2 β1 π/2 µ

Deflessione θ

θmax

Inclinazione β

M2, p2

θ

M1

β1

M2, p2*

θ

M1

β2

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• Per θ > θmax non esiste nessuna soluzione fisicamente ammissibile sotto forma di urto obliquo; in realtà quello che si forma è un urto curvo staccato dallo spigolo.

Fig. 8: configurazione di urto curvo staccato. • Se θ = 0, allora la soluzione di urto debole è β = µ = sin-1(1/M1). In altri termini,

l’urto obliquo più debole possibile (perturbazione infinitesima) è un’onda di Mach.Viceversa, la soluzione di urto forte corrisponde a β=π/2, valore per il quale si ritrova la configurazione di urto retto.

2.2 Flussi di Prandtl-Meyer

a. Compressione supersonica Abbiamo considerato finora il caso di un cuneo a partire dal quale si forma un urto obliquo che comprime il flusso (in modo adiabatico ma assolutamente non isentropico!) (vedasi figura 9a). Se adesso sostituiamo questo cuneo con una successione di segmenti inclinati di poco ( ∆θ ) gli uni rispetto agli altri osserviamo, ad ogni cambiamento di pendenza, la formazione di un urto debole, attraverso il quale si hanno piccole variazione della velocità e pressione del flusso. Ogni urto debole separa due regioni del campo di moto nelle quali le proprietà del flusso sono uniformi. Le condizioni del flusso nella regione a monte permettono di determinare univocamente le condizioni di flusso nella regione a valle, che a sua volta permette di calcolare lo stato a valle dell’urto successivo (Fig. 9b). Osserviamo che, Se ora spingiamo questo ragionamente al limite, facendo tendere a zero la pendenza dei segmentini e all’infinito il numero degli stessi, gli urti deboli si trasformano in una successione infinita di onde di Mach e coincidono con le regioni di flusso uniforme precedentemente descritte, che dunque si riducono a linee di Mach lungo le quali per proprietà del flusso si mantengono costanti, mentre attraverso il fascio di onde di Mach si passa con continuità dalla condizione 1 alla condizione 2. Trattandosi di perturbazioni infinitesime, questo processo è isentropico (Fig. 9c). (a) (b) (c)

Fig. 9: Dall’urto obliquo alla compressione supersonica.

θ>θmax

M1>1

∆θ θ

M1 M1 M1

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b. Espansione supersonica Nel caso di una parete concava, abbiamo visto che a seconda che la variazione di pendenza sia più o meno continua di forma un’onda d’urto oppure un fascio di compressione supersonica. Nel caso di una parete convessa, la formazione di un urto obliquo è fisicamente impossibile. Invece, si produce un meccanismo simile a quello appena descritto per la compressione supersonica ma che porta invece ad una espansione del flusso. Attraverso ciascuna linea di Mach, abbiamo una variazione infinitesima delle proprietà del flusso: un piccolissimo aumento della velocità, una piccolissima diminuzione di pressione, densità e temperatura (il flusso si espande). Globalmente avremo dunque M2>M1 e p2<p1. Il processo nel suo insieme può essere considerato isentropico (successione di variazioni infinitesime). Nel caso limite di uno spigolo convesso, si ha un ventaglio di espansione centrato sullo spigolo stesso (Fig. 10).

Fig. 10: espansione supersonica su una parete convessa e ventaglio di espansione centrato su uno spigolo convesso.

c. Funzione di Prandtl-Meyer La condizione 2 è il risultato della sovrapposizione della successione di variazioni infinitesime associate a ciascuna linea di Mach. Per tali variazioni, la variazione relativa di velocità è legata a alla variazione di inclinazione e al Mach a monte della linea dalla relazione (vedere dispense Cap.4):

VdVMd 12 −−=θ

Scrivendo dV/V in funzione del numero di Mach M e di dM (vedere dispense, Cap. 4), si ricava la relazione:

MdM

M

Md2

2

211

1−

+

−=

γθ

Che, integrata tra lo stato 1 e lo stato 2 da il seguente risultato: ( ) ( )12 MM νθν +∆=

dove ∆θ rappresenta la varazione complessiva dell’angolo del flusso e dove la funzione:

( ) ∫ −+

−=

MdM

M

MM2

2

211

ν

è detta funzione di Prandtl-Meyer. La funzione di Prandtl-Meyer, che ha un’espressione analitica reperibile nelle dispense, è anch’essa usualmente tabulata (almeno per l’aria,

µ2

µ1

Μ1

Μ2

Μ1

Μ2

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γ=1.4). Noto che sia M1, si trova ν (M1) dalle tabelle; conoscendo l’angolo θ , possiamo calcolare ν (M2); infine, conoscendo ν (M2), si può calcolare M2 sempre dalle tabelle. A questo punto, è possibile determinare completamente la condizione 2:

1. la temperatura totale è costante in tutto il flusso, per cui si ha (vedere dispense, Cap. 1):

22

2

021

1

0

211;

211 M

TT

MTT −

+=−

+=γγ

da questa si ricava:

22

21

1

2

211

211

M

M

TT

−+

−+

γ

Osserviamo che, poiché M2>M1, si ha T2<T1, ovvero, la temperatura diminuisce durante un’espansione. 2. dato che l’espansione è un fenomeno isentropico, dalla legge delle

trasformazioni isentropiche ricaviamo:

1

22

21

1

2

211

211

⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜

−+

−+

=

γγ

γ

γ

M

M

pp

Osserviamo che p1>p2.

3. FLUSSO NEGLI UGELLI 3.1 Relazioni fondamentali Consideriamo un flusso isentropico in un condotto di sezione variabile come quello rappresentato nella figura 11.

Fig. 11: Schema di flusso quasi 1D.

xA(x)

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Supponiamo per semplificare l’analisi che le proprietà del flusso siano uniformi in ogni generica sezione. Le equazioni del flusso si ricavano imponendo la conservazione della massa, della quantità di moto e dell’energia per un generico volume di controllo compreso tra due sezione x e x+dx. In forma differenziale, queste equazioni si scrivono:

( )

⎪⎩

⎪⎨

=+−=

=

0ududhududp

uAdρ

ρ

Dove ricordiamo che l’entalpia h è definita come h=e+p/ρ dove e è l’energia specifica interna. Combinando le equazioni differenziali (cfr. dispense, Cap.2), otteniamo una relazione di grande utilità per l’analisi dei flussi nei condotti. 3.2 Relazione area-velocità La relazione d(ρuA)=0 può anche essere scritta come:

0=++A

dAudud

ρρ

Per un flusso isentropico, la velocità del suono è data da: ρddpa /2 = . Usando la relazione

ududp ρ−= , si ottiene udu

aud

2

2−=

ρρ , dalla quale si ricava finalmente la relazione area-velocità:

( )uduM

AdA 12 −=

Questa relazione può essere interpretata nel modo seguente: a) Flusso subsonico (M<1) Le quantità dA/A e du/u sono di segno opposto: una diminuzione di sezione produce dunque un aumento di velocità e viceversa. b) Flusso supersonico (M>1) In questo caso dA/A e du/u sono di segno uguale: dunque la velocità aumenta quando la sezione aumenta, e viceversa. c) Flusso sonico (M=1) Se M=1, allora dA/A=0. Ciò significa che per Mach uguale ad 1 la sezione A raggiunge un punto di estremo: in altri termini, la sezione in cui M=1 è quella massima o minima. Tenuto conto dei punti (a) e (b) precedenti, l’unico caso possibile è quello in cui l’area A è minima. Pertanto, se si ha M=1 in un qualche punto di un flusso in un condotto di sezione variabile, tale valore deve essere raggiuno necessariamente nella sezione minima, o sezione di gola del condotto. Attenzione!! Non si ha necessariamente M=1 nella sezione di gola di un condotto!! Se per esempio il flusso resta subsonico i tutto il condotto, nella sezione di gola si ha semplicemente un punto di estremo (in questo caso un massimo) per la velocità del flusso. Da quanto detto, possiamo dedurre che per espandere in modo isentropico un gaz, accelerandolo da una velocità subsonica ad una velocità supersonica, occorre necessariamente trovarsi nella situazione schematizzata nella figura 12.

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Fig. 12: espansione isentropica di un gas in un ugello convergente-divergente.

Analogamente, per comprimere isentropicamente un gas, decelerandolo da regime supersonico a regime subsonico, occorre utilizzare necessariamente un ugello convergente-divergente (anche detto ugello De Laval, dal nome di un ingegnere svedese del 19° secolo). 3.3 Analisi del flusso isentropico in un ugello Consideriamo il flusso isentropico in un ugello. Abbiamo visto a lezione che, in ogni punto del flusso, l’area della sezione del condotto è legata al numero di Mach raggiunto nella stessa sezione dalla relazione:

( )121

2

* 211

121 −

+

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −

++

γ

γγ

MMA

A ,

dove A* rappresenta l’area critica, ovvero l’area che in cui il flusso raggiungerebbe isentropicamente la condizione sonica. Questa relazione è essenziale per lo studio dei flussi negli ugelli. La relazione è diagrammata in figura 13. Essa si trova tabulata sulle tabelle isentropiche. Dato che il flusso è per ipotesi isentropico, la pressione e il numero di Mach sono legati fra loro dalla relazione:

120

211

−⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −

+=γγ

γ Mp

p

Sostituendo quest’ultima relazione nela precedente, otteniamo una relazione che lega l’area alla pressione vigente nella stessa:

( )121

1

0

* 121

−+

⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+

=

γγ

γγ

γ pp

MAA

Osserviamo coerentemente con quanto prima affermato, che la sezione critica è la sezione di area minima per un flusso isentropico. Se nel flusso esiste lo statosonico (o critico), allora esso si verifica necessariamente nella sezione di gola dell’ugello, ovvero si ha A*=Ag.

u aumenta

M < 1 M > 1

Sezione di gola M = 1

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Fig. 13: Relazione sezione/numero di Mach.

Notiamo che per ogni valore di A/A*, esistono due valori del numero di Mach: uno subsonico e l’altro supersonico. Si sceglie l’una o l’altra soluzione a seconda delle condizioni al contorno dell’ugello, come vedremo nel seguito. 3.4 Analisi dei possibili regimi di flusso in un ugello Consideriamo un ugello convergente-divergente del tipo indicato in figura 14. Supponiamo inizialmente che la pressione di scarico sia uguale a quella del serbatoio che alimenta l’ugello: pb=p0 (l’indice b sta per “back pressure”). In questo caso, nell’ugello non vi è flusso, e il fluido rimane in quiete ( 00 =⇒=−= duududp ρ ). Supponiamo adesso di diminuire leggermente pb. La piccola differenza di pressione imposta genera un flusso a bassa velocità nell’ugello. Nel convergente il fluido accelera a partire dalle condizioni di ristagno che vigono nel serbatoio; il flusso si espande e raggiunge la velocità massima nella sezione di gola, ma il flusso rimane subsonico anche in questa sezione; superata la sezione ristretta, il flusso decelera nel convergente, ricomprimendosi fino alla pressione di scarico. Possiamo visualizzare questo comportamento considerando la curva rappresentativa della relazione aerea/numero di Mach: lo stato rappresentativo del flusso si trova inizialmente sul ramo subsonico ( 0≅M nel serbatoio, dove vigono le condizioni di ristagno); man mano che ci si sposta verso valle dell’ugello, si scende lungo il ramo subsonico (vedasi Fig. 13); il punto di ascissa massima (ovvero il Mach massimo) corrisponde alle condizioni nella sezione di gola. Osserviamo che l’area della sezione di gola in questo caso è superiore all’area critica, in

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quanto in questa configurazione di flusso il rapporto A/A* resta sempre strettamente superiore a 1. Una volta superata la sezione di gola, si torna a risalire lungo il ramo subsonico fino a raggiungere la condizione di scarico. Indichiamo con Me1 il Mach nella sezione di uscita (exit). Il ragionamento appena fatto con il numero di Mach può naturalmente essere ripetuto con la pressione: la pressione statica p diminuisce a partire dal valore di ristagno p0 fino a raggiungere un minimo nella sezione di gola, dopodiché, a valle di questa, aumenta fino a raggiungere il valore di scarico (indicato con pb1).

Fig. 14: Flusso in un ugello De Laval. Supponiamo adesso di diminuire ulteriormente la pressione pb (indichiamo con Me2 e pb2 il numero di Mach nella sezione di uscita e la pressione di scarico in questo caso). Abbiamo pb2< pb1 e Me2> Me1. Dato che il rapporto di pressione p0/ pb è maggiore, il flusso potrà accelerare maggiormente e dunque si raggiungerà un ascissa maggiore lungo in ramo subsonico della curva di figura 13. Di consequenza, anche il numero di Mach di gola (rispettivamente, la pressione) sarà più elevato (rispettivamente, più bassa). Osserviamo che esistono infinite soluzioni subsoniche isentropiche per il flusso nell’ugello; esso dipendono dalla condizione al contorno p0/ pb e dal dato geometrico Ae/Ag. La figura 15 mostra l’andamento del numero di Mach e della pressione in un ugello convergente-divergente per i casi appena descritti. E’ chiaro che continuando a diminuire la pressione di scarico, si raggiungera una condizione tale (indichiamo con Me3 e pb3 il numero di Mach nella sezione di uscita e la pressione di scarico in questo caso) che il flusso diventa sonico nella sezione di gola; in questo caso la sezione di gola coincide con quella critica: Ag=A*. Calcoliamo lo stato critico.

Sappiamo che per un flusso isentropico: 20

211 M

TT −

+=γ , dunque in particolare, per M=1:

21

*

0 +=

γTT . Sappiamo dunque che, nella sezione di gola: 00* 833.0

21 TTTTg =

+==

γ

(quest’ultimo valore vale per un gas perfetto diatomico, γ=1.4). Analogamente, per la

Pressione di scarico

pb

p0, T0

Ag

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pressione: 1

*

0

21 −

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +

=γγ

γpp , per cui si ha: 00

1* 528.0

21 ppppg =⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛ +

==−

−γγ

γ . Il valore della

pressione di scarico per il quale si raggiungono le condizioni critiche in gola puo’ essere calcolato nel modo seguente. Dato che il flusso è strozzato, sappiamo che Ag=A*. Allora, se conosciamo la forma dell’ugello, e in particolare l’area della sezione di uscita, Ae, possiamo formare il rapporto Ae/Ag=Ae/A*. Con questo valore, risolvendo iterativamente l’equazione area-numero di Mach oppure usando le tabelle isentropiche possiamo determinare il numero di Mach nella sezione di uscita. Ovviamente, per quanto detto sopra dovremo prendere la soluzione subsonica. Noto che sia il numero di Mach, possiamo calcolarci la pressione di scarico in funzione di quest’ultimo e della pressione totale, che poi coincide con la pressione di serbatoio, essendo il flusso isentropico. Questo può essere fatto sia usando le formule che usando le tabelle isentropiche. Passando dal caso 1 al caso 2 e poi al 3 la portata smaltita dall’ugello aumenta:

31 2 mmm &&& << dove la portata è legata all’area critica del flusso e alle condizioni di serbatoio dalla relazione:

( )*

0

0121

21 A

RT

pm

γγ γγ

−+

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +

=&

Nei tre casi precedenti il Mach della sezione di gola aumenta gradualmente fino a diventare 1 nel caso critico. A parità di area di gola, quindi, questo vuol dire che anche l’area critica per le tre condizioni di flusso aumenta progressivamente fino a diventare uguale all’area della sezione di gola nel caso 3. Di conseguenza, a parità di condizioni di serbatorio, anche la portata aumenta nei tre casi. Una volta raggiunta la condizione critica in gola (si dice che l’ugello è strozzato), per quanto si continui ad abbassare la pressione di scarico al di sotto di pb3, la portata resta costante e pari a:

( )gA

RT

pm

0

0121

21 γγ γ

γ−

+−

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +

=&

In pratica, una volta che l’ugello è strozzato, il flusso nel convergente non varia più; in cambio, il flusso nel divergente continua ad evolvere in accordo con le condizioni di scarico.

Fig. 15: Flussi subsonici isentropici in un ugello

pb1

pb2

pb3

Me1 Me2

Me3

p/p0

1 0.528

Entrata Gola Uscita Entrata Gola Uscita

M 1

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Continuando ad abbassare la pressione di scarico al di sotto del valore critico, in genere non esiste una soluzione isentropica per il flusso nel divergente dell’ugello. Riconsiderando la curva area-Mach di figura 14, con A*=Ag, visto che l’ugello è strozzato, ci rendiamo conto che, superata la sezione di gola, nel divergente tende ad instaurarsi un flusso supersonico, dato che A/Ag>1; se il flusso resta isentropico, esso evolve lungo il ramo supersonico della curva fino a raggiungere il valore Ae/Ag associato alla pressione pe che regna nella sezione di uscita. Questo valore può essere calcolato facilmente usando le tabelle isentropiche. Come prima, conosciamo il rapporto Ae/Ag=Ae/A*: possiamo dunque calcolare il numero di Mach di uscita, scegliendo stavolta la soluzione supersonica. Noto il numero di Mach, e nota la pressione totale (sempre uguale a quella del serbatoio) possiamo calcolare la pressione, usando le formule o le tabelle. Si noti che questa soluzione isentropica supersonica è unica, in quanto per un flusso supersonico, le condizioni di un punto a valle della sezione di uscita non sono influenzate dalle condizioni che vigono nell’ambiente di scarico (le informazioni non possono propagarsi a monte). Tuttavia, in generale, la pressione dell’ambiente di scarico ha un valore diverso da quello previsto per la soluzione isentropica. In questo caso, non è più possibile avere una soluzione isentropica per il flusso nel divergente, nel quale si forma un urto retto. Fra la sezione di gola e la sezione in cui si posiziona l’urto il flusso rimane isentropico e la soluzione è identica a quella precedente, che è unica. A valle dell’urto, invece, il flusso ritorna subsonico e decelera nel divergente. L’urto si posiziona in modo che l’aumento di pressione attraverso l’urto più l’aumento di pressione a valle dello stesso permettano di avere in uscita all’ugello un valore di pressione identico a quello dell’ambiente di scarico. Più alta è la pressione di scarico, più a monte nel divergente sarà la posizione dell’urto, in modo da dare al flusso “più tempo” per ricomprimersi. Viceversa, più la pressione di scarico si abbassa, avvicinandosi a quella di adattamento, più l’urto si sporta verso l’uscita del divergente, fino a raggiungere una condizione limite per la quale l’urto si posiziona esattamente nella sezione di uscita. Calcoliamo questa pressione limite. Se l’urto è nella sezione di uscita, a monte di questa il flusso rimane isentropico. Più esattamente, il flusso avrà esattamente le stesse proprietà che avrebbe in condizioni di adattamento. Supponendo al solito nota l’area della sezione si uscita, dato che il flusso è supersonico e isentropico immediatamente a monte dell’urto, risulta A*=cost=Ag dappertutto a monte dell’urto per cui, noto il rapporto Ae/Ag, possiamo calcolare M1 dalle tabelle isentropiche. Sempre dalle tabelle isentropiche possiamo calcolare il rapporto p1/p01 a monte dell’urto, con p01 uguale a quella del serbatoio. Invece, noto M1, possiamo calcolare, dalle tabelle dell’urto retto, il rapporto p2/p1, dove p2=pb. A questo punto, nota la pressione di serbatoio, il calcolo della pressione di scarico in questa condizione limite è immediato. Se la pressione di scarico è inferiore alla pressione limite per cui si ha un urto retto nella sezione di uscita, ma superiore alla pressione di adattamento, il flusso dovrà sempre ricomprimersi, ma lo farà attraverso urti più deboli. Più esattamente, si formeranno degli urti obliqui attaccati alla sezione di uscita. Questi urti si rifletteranno sull’asse di simmetria dove, appunto per simmetria, la componente normale della velocità deve essere nulla. Per valori abbastanza alti della pressione di scarico, gli urti obliqui, per comprimere efficacemente il flusso, saranno più forti. Ad essi dunque sanno associati valori dell’angolo di inclinazione β e dell’angolo di deflessione del flusso θ più elevati. Più elevato è θ , maggiore è la deflessione subita dal flusso e maggiore è la seconda deflessione che il flusso dovrà subire per rispettare le condizioni di simmetria. Dato che, ad urti più forti è associato un maggior abbassamento del numero di Mach, può succedere che il Mach (supersonico) a valle del primo urto obliquo sia così basso che, per la deflessione θ corrispondente, non sia possibile una riflessione regolare sull’asse di simmetria. In questo caso, si verificherà un fenomeno analogo a quello

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della “Mach reflection” visto a lezione, che prende il nome di “Mach disk”. Maggiori dettagli sui fenomeni di riflessione degli urti all’uscita di ugelli sovraespansi sono forniti nelle dispense. L’aggettivo “sovraespanso” è legato al fatto che la pressione che si viene a creare nella sezione di uscita dell’ugello, che dipende solo dalle condizioni di serbatoio e dalla geometria dell’ugello stesso, è eccessivamente bassa rispetto a quella di scarico. Se, infine la pressione di scarico è inferiore a quella di adattamente, il flusso continuerà ad espandersi all’esterno dell’ugello, mediante dei fasci di espansione attaccati alla sezione di uscita. Anche in questo caso (ugello sottoespanso), per simmetria si hanno dei fenomeni di riflessione, tarttati in dettaglio nelle dispense. In figura 16 sono ricapitolate tutte le possibili condizioni di flusso in un ugello supersonico.

Fig. 16: Configurazioni di flusso per un ugello convergente-divergente.

3.5 Alcuni esempi

a. Flusso insentropico in un ugello convergente-divergente Consideriamo un ugello convergente-divergente collegato ad un serbatoio nel quale regnano le condizioni di ristagno: p0=10 atm e T0=300K. Nell’ugello, esistono due sezioni per le quali si ha A/A*=6 (ovviamente, una di queste sezioni sarà nel convergente, l’altra nel divergente). Vogliamo calcolare il numero di Mach, la pressione, la temperatura e la velocità nelle due sezioni.

Flusso subsonico Urto retto nel divergente

Urto retto in sezione di uscita Ugello sovraespanso (Mach disk) <

Ugello sovraespanso (riflessione) Condizioni di adattamento Ugello sottoespanso

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• Consideriamo dapprima la sezione situata nel convergente, per la quale il flusso è subsonico. Utilizzando la parte subsonica delle tabelle isentropiche e interpolando linearmente ricaviamo che per A/A* si ha approssimativamente M=0.097. Per calcolare la temperatura, possiamo usare ancora le tabelle, interpolando, oppure le formule:

120

20

211

211

−⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −

+=

−+=

γγ

γ

γ

Mp

p

MTT

Da queste ricaviamo T=299.4 K e p=9.93 atm. Conoscendo la temperatura, possiamo calcolare la velocità del suono:

m/s 86.346== RTa γ E dunque la velocità del fluido è:

m/s 6.33== Mau . • Per il calcolo nel divergente, supponiamo che il flusso resti isentropico (non

abbiamo dati sulla pressione di scarico che ci permettano di sapere esattamente che condizioni di flusso regnano nel divergente). Sotto questa ipotesi, utilizzando ora la parte supersonica delle tabelle isentropiche, mediante interpolazione lineare calcoliamo il numero di Mach, corrispondente a A/A*=6. Si ottiene M=3.368. Dopodiché, procedendo come nel caso precedente, otteniamo: T=91.77 K, p=0.158 atm, a=192 m/s e u=646.7 m/s.

b. Flusso in un ugello strozzato Consideriamo un ugello dalle caratteristiche rappresentate in figura 17.

Fig. 17: Caratteristiche dell’ugello convergente-divergente studiato.

Ae=11.71 cm2 pb=1bar

p0=5bar

Ag=1cm2

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Vogliamo sapere se, nelle condizioni indicate, la condizione di flusso “ugello strozzato e flusso isentropico fino alla sezione di uscita” è possibile. Questo vuol dire che la pressione di scarico è sufficiente bassa da avere, al massimo, un urto esattamente nella sezione di uscita. Per pressioni più alte, infatti, si formerebbe un urto nel divergente e il flusso non sarebbe più isentropico. Se l’ugello è strozzato, allora M=1 nella sezione di gola e l’area critica del flusso è uguale all’area della sezione di gola: A*=Ag=1 cm2. Possiamo dunque calcolare il rapporto tra l’area della sezione di uscita e l’area critica: Ae/A*=11.71. Poiché vogliamo avere flusso isentropico fino alla sezione di uscita, allora il Mach associato al suddetto rapporto può essere ricavato usando la parte supersonica delle tabelle isentropiche. Si ottiene Me=4.10. A questo punto è possibile calcolare la pressione nella sezione di uscita (non necessariamente uguale a quella di scarico, come sappiamo):

bar 028845.02

1112

0 =⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −

+=−

−γγ

γee Mpp ,

dove, nell’ipotesi di flusso isentropico, p0 è pari a quella di serbatoio. Affinché il flusso sia fisicamente possibile, occorre che esista un fenomeno fisico che permetta di passare dalla pressione di 0.028845 bar alla pressione dell’ambiente di scarico, pari ad 1 bar. In altri termini, ci chiediamo se esista una trasformazione fisica che permetta di ricomprimere il flusso della quantità richiesta all’uscita dell’ugello. Il fenomeno più forte (quello che permette la ricompressione più energica) è un urto retto collocato nella sezione d’uscita dell’ugello. Le condizioni immediatamente a monte di un tale urto sono quelle appena calcolate, cioè M1=Me=4.10 e p1=pe=0.028845 bar. Utilizzando le tabelle dell’urto retto, otteniamo p2/p1=19.455, dalla quale ricaviamo: p2=0.56 bar. Questo rappresenta il valore che ha la pressione di scarico quando c’è un urto retto in uscita. Dato che questo valore è inferiore ad 1 bar (pressione di scarico), vuol dire che la compressione prodotta è insufficiente, e dunque non esiste un fenomeno fisico che permetta di realizzare la ricompressione necessaria lasciando il flusso nell’ugello isentropico. In realtà dunque, per le condizioni indicate si dovrà necessariamente formare un urto nel divergente. c. Flusso in un divergente Consideriamo un flusso nel divergente rappresentato in figura 18, caratterizzato dalla presenza di un urto.

Fig. 18: Caratteristiche del divergente studiato.

M1=3

A1 Aurto=2A1 Ae=3A1

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21

Vogliamo determinare i numeri di Mach M2 e M3 immediatamente a monte e immediatamente a valle dell’urto, il numero di Mach Me in uscita e il rapporto tra la pressione nella sezione di uscita pe e quella di ingresso p1, ovvero il rapporto di compressione del divergente. Il flusso a monte dell’urto è supersonico e isentropico. Esso accelera dalla sezione di ingresso fino alla sezione 2, immediatamente a monte dell’urto. A queste condizioni di flusso associamo il valore (A*)2, che non si trova veramente nel flusso. Esso si mantiene costante in tutta la porzione di flusso a monte dell’urto. Anche il flusso a valle dell’urto è isentropico, ma subsonico. Esso decelera dunque dalla sezione immediatamente a valle dell’urto fino all’uscita. Anche a queste condizioni di flusso associamo il valore critico (A*)3, puramente virtuale, che vale per tutte le sezioni a valle dell’urto. La posizione dell’urto nel divergente dipende dalle condizioni di pressione in uscita. Sappiamo che per calcolare M2 ci serve il rapporto A2/(A*)2= Aurto/(A*)2. Ovviamente, non siamo in grado di calcolare (A*)2, ma possiamo procedere nel modo seguente:

( ) ( )2*

1

1

2

2*

2

AA

AA

AA

=

dove il primo rapporto è noto dall’enunciato, ed il secondo può essere calcolato dalle tabelle isentropiche, dato che conosciamo il numero di Mach in ingresso. In particolare risulta A1/(A*)2=4.235, da cui ricaviamo A2/(A*)2=8.47. Con questo risultato, sempre dalle tabelle, possiamo calcolare M2=3.738. Il Mach a valle dell’urto può ora essere calcolato dalle tabelle dell’urto retto: M3=0.4427. Per determinare il Mach in uscita procediamo ancora allo stesso modo:

( ) ( )3*

3

33* AA

AA

AA ee =

dove il primo rapporto, pari a 3/2, si può ricavare dall’enunciato, e il secondo si può ottenere dalle tabelle isentropiche (parte subsonica), dato che conosciamo M3. Noto il rapporto area/area critica in uscita, dalle tabelle isentropiche (parte subsonica) calcoliamo Me=0.275. Per calcolare il rapporto di pressione pe/p1, possiamo procedere come segue. Scriviamo:

1

02

02

03

01 3pp

pp

pp

pp ee =

dove p02 e p03 rappresentano rispettivamente la pressione totale nel tratto di condotto a monte dell’urto e la pressione totale nel tratto di condotto a valle. Il primo rapporto e l’ultimo rapporto possono essere calcolati dalle tabelle isentropiche, essendo noti i Mach di ingresso e uscita. Il rapporto intermedio si calcola dalle tabelle dell’urto retto, essendo noto il Mach immediatamente a monte dell’urto. Si ottiene in definitiva un rapporto di compressione del divergente pari a 6.045.