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• 80 T ra i numerosi simboli esoterici che co- stellano i sotterranei di Osimo (AN), quello chiamato Triplice Cinta, rinvenu- to nella grotta di Palazzo Simonetti, me- rita davvero un’attenzione particolare, tant’è che Ro- berto Mosca, già conosciuto nell’intervista sulle grot- te osimane, pubblicata nel numero di Luglio di Fe- nix, e l’ingegnere Alfonso Rubino, “geometra della bellezza”, gli hanno dedicato un intero saggio (La Triplice Cinta, Ed. Terra Nuova). Roberto, che ama definirsi “uno come tanti”, ha collaborato a questo li- bro «cercando di far capire come a qualsiasi perso- na possa accadere quello che è capitato a me: fare incontri e scoperte straordinarie». E proprio la “straordinarietà” è alla base di questo nostro lavoro, il risultato di una lunga preparazione fatta di letture e incontri, che ci permetterà, ancora una volta, di far conoscere un mondo di bellezza e di mistero, frutto di quella “sapienza di prim’ordine” posseduta da personaggi di un passato lontano e non. Torneremo, quindi, alla scoperta di questa antica e potente città, «Gli Osimani del passato misero in relazione il buio e la luce, il maschile e il femminile, il mondo del materiale e il mondo spirituale, il mondo esteriore e il mondo interiore, l’intelli- genza pratica e l’intelligenza cosmica: un dia- logo continuo tra l’uomo e l’universo, micro- cosmo e macrocosmo» Alfonso Rubino in c ri L Q p d in st d d fu C O L m q A m T st tr d p so u c m il p p d m st n l’ e st Italia Misteriosa di Osvaldo Carigi e Stefania Tavanti Le Geometrie Sacre di Osimo A Osimo, all’interno delle grotte di Palazzo Simonetti, una peculiare rappresentazione del simbolo della Triplice Cinta è oggetto di ipotesi che lo legherebbero all’architettura sacra. Ma non è il solo mistero della cittadina marchigiana… 80 - 85 Italia misteriosa:58 - 62 Italia Misteriosa 22/04/10 12:38 Pagina 80

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T ra i numerosi simboli esoterici che co-stellano i sotterranei di Osimo (AN),quello chiamato Triplice Cinta, rinvenu-to nella grotta di Palazzo Simonetti, me-

rita davvero un’attenzione particolare, tant’è che Ro-berto Mosca, già conosciuto nell’intervista sulle grot-te osimane, pubblicata nel numero di Luglio di Fe-nix, e l’ingegnere Alfonso Rubino, “geometra dellabellezza”, gli hanno dedicato un intero saggio (LaTriplice Cinta, Ed. Terra Nuova). Roberto, che amadefinirsi “uno come tanti”, ha collaborato a questo li-bro «cercando di far capire come a qualsiasi perso-na possa accadere quello che è capitato a me: fareincontri e scoperte straordinarie». E proprio la“straordinarietà” è alla base di questo nostro lavoro, ilrisultato di una lunga preparazione fatta di letture eincontri, che ci permetterà, ancora una volta, di farconoscere un mondo di bellezza e di mistero, fruttodi quella “sapienza di prim’ordine” posseduta dapersonaggi di un passato lontano e non. Torneremo,quindi, alla scoperta di questa antica e potente città,

«Gli Osimani del passato misero in relazione ilbuio e la luce, il maschile e il femminile, ilmondo del materiale e il mondo spirituale, ilmondo esteriore e il mondo interiore, l’intelli-genza pratica e l’intelligenza cosmica: un dia-logo continuo tra l’uomo e l’universo, micro-cosmo e macrocosmo»

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di Osvaldo Carigi e Stefania Tavanti

Le Geometrie Sacre di Osimo

A Osimo, all’interno delle grotte di Palazzo Simonetti, una peculiare rappresentazione delsimbolo della Triplice Cinta è oggetto di ipotesi che lo legherebbero all’architettura sacra.Ma non è il solo mistero della cittadina marchigiana…

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in cui si troverebbe la chiave per lacomprensione di capolavori pitto-rici e architettonici.

La Triplice CintaQuesto antichissimo simbolo,probabilmente legato al fenomenodel tellurismo terrestre, comparein molte zone dell’Italia e dell’e-stero, spesso in luoghi frequentatida ordini monastici, come quellodei cistercensi e dei benedettini, efu presumibilmente adottato daiCavalieri Templari, che ebbero a

Osimo un’importante precettoria.La sua presenza negli ipogei osi-mani non rappresenterebbe dun-que una novità, se non fosse cheAlfonso Rubino ne ha così com-mentato la fattura: «La miglioreTriplice Cinta che abbia mai vi-sto, dal punto di vista sia geome-trico che artistico. A differenzadelle normali triplici cinte, sonopresenti più di tre quadrati. Ce nesono altri due. Si tratta quindi diuna Triplice Cinta un po’ piùcomplessa. L’altro aspetto diffor-me è che la figura non è centrata:il quadrato centrale è leggermentepiù in alto rispetto al centro delperimetro del quadrato più gran-de posto all’esterno». Indubbia-mente chi ha familiarità con que-sto simbolo non potrà non rima-nere colpito dalla geometria del-l’esemplare delle grotte Simonettie chiedersi se lo sconosciuto arti-sta abbia volutamente disposto i

quadrati in quel modo o se tale“eccentricità” sia semplicementefrutto del caso, anche se onesta-mente sarebbe quantomeno ri-duttivo definirlo tale. Le parole diAlfonso non lasciano spazio a ul-teriori dubbi circa l’eccezionalitàdella Triplice Cinta osimana,rafforzata vieppiù da un’ipotesi ri-conducibile a un particolare codi-ce geometrico, denominato Codi-ce da Vinci, la cui esistenza vieneacclarata dallo stesso Rubino nel-l’Uomo Vitruviano di Leonardo.

«Un codice sapienziale che per-mette di comprendere il segretodella bellezza di molti monumen-ti antichi»: una conoscenza tenu-ta rigorosamente nascosta ai noniniziati, che, dall’antico Egitto,passando per le mani di alcuni or-dini monastici e dei costruttori dicattedrali, sarebbe giunta fino aigrandi artisti del Rinascimento. Ilcodice geometrico rintracciabilenella Triplice Cinta di Osimo, enon solo, sarebbe fortemente affi-ne a quello universale contenutonel famoso disegno di Leonardo,il quale, a sua volta, lo avrebbe ap-preso da maestri “sapienti”, forsedall’amico Luca Pacioli, monaco ematematico, che «riteneva che innatura le forme fossero determi-nate in conseguenza di sviluppigeometrici collegati alla propor-zione aurea». Si parla spesso di“geometria sacra”, soprattutto inriferimento alle piramidi egizie, aitempli dell’antica Grecia, alle ab-bazie cistercensi e alle cattedraligotiche: modelli geometrici che,spiega Rubino, venivano eseguiti«solo con riga e compasso, senzamisurazioni!». Ritroviamo lo stes-so assunto nel libro I misteri dellaCattedrale di Chartres di LouisCharpentier, secondo cui Char-tres sarebbe stata edificata da ope-rai “specializzati nel gotico”, rag-gruppati in confraternite come

i

In alto,la Triplice Cin-ta, all’internodella Grotta diPalazzo Simo-netti, Osimo(foto di Osval-do Carigi).In basso,la Grotta Si-monetti e ilmisterioso simbolo (foto di MarcoScataglini).Nella paginaprecedente,disegno di Va-lentina Zorzi.

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In alto,la Cattedrale diOsimo (foto di

Viviana Deruto).In basso,

ancora la Catte-drale di Osimo

(foto di OsvaldoCarigi).

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Les Enfants du Père Soubise,Les Enfants de Maître Jacques eLes Enfants de Salomon, che, ingrado di usare il compasso, eranopadroni di quelle leggi geometri-che dell’armonia, che avevanopermesso loro di accedere allostadio di “operatore”.

Vobis Modis et TemporibusLa Triplice Cinta sotto palazzoSimonetti e altri esempi di que-sto simbolo non sarebbero peròla vera Triplice Cinta, bensì delle“drammatizzazioni”. Partendodalla classificazione della TripliceCinta come figura-oggetto conpiù possibili funzioni, cioè diGiocattolo, di Simbolo e di Re-golo, quella di regolo geometricoper disegnare quadri e progettareedifici e altri tipi di opere d’arteè, nel nostro caso, la più perti-nente: uno strumento di calcolo,dunque, per creare forme armo-niche. Per maggiore comprensio-ne, suggeriamo la seguente ana-logia: “La Triplice Cinta come re-golo geometrico sta all’operad’arte architettonica come la sca-la musicale sta all’opera musica-le”. «Per i Templari - spiegaAlfonso Rubino - è la Regolageometrica per la costruzionedel Tempio. Quando ci trovia-mo di fronte a un manufattoTriplice Cinta possiamo dire che

è un regolo geometrico, se nescopriamo, con ragionevole cer-tezza, la geometria generatrice.Le geometrie generatrici sonoazioni geometriche concatenatein sequenza, eseguite solo con ri-ga e compasso. Lo schema finaleottenuto, nell’antica tradizione,veniva chiamato icnogramma.Questo procedimento è descrit-to con chiarezza nel De architec-tura di Vitruvio». Un’altra Tripli-ce Cinta, quella di Lamoli, su cuiè incisa la frase latina in epigrafe«A VOI NEI MODI E NEITEMPI» fornirebbe ulteriori in-dizi. Secondo Rubino la miste-riosa scritta sarebbe un avviso aguardare oltre, «oltre il significa-

to più semplice di tavola da gio-co». «Il graffito è una dramma-tizzazione di un modello icno-grafico. La maggiore o minoresomiglianza tra graffito e model-lo icnografico indica il grado didrammatizzazione. Nella dram-matizzazione l’autore fornisceindizi circa l’intenzione di ricon-nettersi al modello astratto, chenon veniva esplicitamente rivela-to, lasciando all’osservatore i mo-di e i tempi per comprenderne ilsignificato di regolo geometrico.La Triplice Cinta di palazzo Si-monetti a Osimo è una dram-matizzazione del codice univer-sale, nascosto nel disegno del-l’Uomo Vitruviano di Leonardo,ed è stata una traccia essenzialeper tutte le successive scoperteche nel nostro libro abbiamo de-scritto».

Il litostroto di Mastro Filippo Alfonso, tracciando il quadratofondamentale della cinta osima-na, si è accorto che è un quadra-to con inscritto un cerchio, «unsimbolo importante per gli stu-diosi di geometria e architetturasacra, che prende il nome diomphalos e rappresenta il centrosacro» od ombelico e ha messoin relazione l’omphalos non solocon la sala circolare che si trovanella grotta Simonetti, il cui pila-stro centrale presenta «dimensio-ni geometriche che lo rendonoperfettamente coerente con l’ec-

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In alto,il litostroto diMastro Filippo,nel presbiteriodella Cattedraledi Osimo (foto di AngeloRenna).In basso a sini-stra, il busto diRe Salomonereggente un va-so, all’esternodella Cattedraledi Osimo (foto di OsvaldoCarigi).In basso a de-stra, ancora il li-tostroto di Ma-stro Filippo. Lafreccia è direzio-nata perfetta-mente verso ilsud magnetico ea nord rispettoall’esagrammaposto al centrodella figura (foto di VivianaDeruto).

centricità della Tri-plice Cinta», maanche con la Catte-drale di Osimo,specificatamentecon il litostroto(mosaico pavimen-tale) nel presbiterio,in cui trova applica-zione il codice del-l’Uomo Vitruviano.Il litostroto fu ag-giunto nel 1191 dalmaestro comacinoFilippo, appartenente alla corporazione dei già citatiEnfants de Salomon (la stessa che, secondo Char-pentier, costruì la Cattedrale di Chartres) durante ilrifacimento, in stile gotico, dell’edificio religioso ro-manico dedicato a San Leopardo e Santa Tecla. Ap-prendiamo da Viviana Deruto, esperta in analisi geo-logica-geobiologica, che il litostroto presenta diverseanomalie grafiche, che potrebbero segnare punti diparticolare interesse. «Nella grande rota, ad esempio,in uno dei bordi esterni, è presente una freccia dire-zionata perfettamente verso il sud magnetico e posi-zionata a nord rispetto all’esagramma posto al suocentro, i cui petali sono anch’essi in linea con i quat-tro punti cardinali, contrariamente alla navata cen-trale, edificata sull’impianto dell’antico tempio roma-no, che risulta ruotato di pochi gradi verso sud-est».L’esagramma di Salomone nella grande rota del lito-stroto fu collocato da Mastro Filippo in modo taleche, al solstizio d’estate, venisse illuminato dalla luceche filtra attraverso il rosone orientale della Cattedra-le, mentre la piccola rota viene illuminata all’equino-zio di primavera dal grande rosone meridionale, cir-condato, all’esterno, da incredibili gargoyle. Poichè ilcerchio al centro è connesso con il pilastro della sa-la Simonetti, il mosaico non sarebbe altro che «il ri-flesso del codice geometrico della sala circolare in unmanufatto “alla luce del sole”». «La lastra rotonda siè palesata molto presto nella storia dell’umanità»,leggiamo nel libro di Charpentier. «I templari – e

non solo loro –hanno fatto dellalastra rotonda ilcentro delle lorochiese». E una la-stra rotonda, assie-me a una lastraquadrata e una ret-tangolare, avrebberetto, secondo laleggenda, il miticoGraal. È forse unacoincidenza che,nella cripta ubicata

proprio sotto il litostroto di Mastro Filippo, vi sia unsarcofago sul cui retro sono stati scolpiti due pavonie una coppa (opera di Costantino Costantini delquale parleremo a breve, N.d.A.)? Nella cripta com-pare anche la strana firma di Mastro Filippo, che co-sì recita: «NELL’ANNO MILLESIMO CENTESI-MO NOVANTESIMO AGGIUNTO UNO, FI-LIPPO COSTRUÌ QUESTO». Perchè 1190 + 1?Una spiegazione fornita da Alfonso Rubino, con-nessa con il secondo dei tre teoremi sulla quadratu-ra del cerchio di Archimede («il cerchio è equivalen-te approssimativamente a 11/14 di un quadrato, cheha come lato il diametro del cerchio») e successivisviluppi di geometria generatrice, dimostrerebbe cheil numero 1191 porta a una soluzione della quadra-tura più precisa di quella dello stesso Archimede!«Un capolavoro del Magister Philippus!» tende asottolineare Alfonso. Addentrandoci ulteriormente nei misteri archeologi-ci della cattedrale di Osimo, non possiamo non cita-re un curioso episodio che vide protagonista, anni fa,una sensitiva, che avrebbe individuato una porta sul-l’ignoto, uno stargate, in un punto - forse un mosai-co - della cattedrale. Ebbene, in un romanzo editonel 2009 e ambientato proprio a Osimo, Empusia laLamia di Roberto Nozzolillo, esperto di esoterismo,simbolismo, meditazione, visualizzazione e tecnichesciamaniche, il personaggio principale vive nella Cat-tedrale di Osimo un’esperienza “onirica” che, in

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qualche modo, potrebbe ricolle-garsi alla presenza dello stargate.L’autore, da noi interpellato, hapremesso che non era a cono-scenza della vicenda della sensiti-va, riportata nel libro di Mosca eRubino, non avendo mai letto ilsaggio in questione, e ha comun-que precisato che nel suo roman-zo egli parla piuttosto di un varcodimensionale «che consente, achi possiede gli strumenti adatti,di attraversare oscuri tunnel psi-chici e giungere, attraverso alteratistati di consapevolezza, a visitaremondi compatibili con le caratte-ristiche animiche dello psiconau-ta. Ho visto il Litostroto della Cat-tedrale di Osimo e, anche in rela-zione alla sua localizzazione, neho fantasticato una interpretazio-ne dei simboli che vi sono ripor-

tati, confacente al racconto chestavo sviluppando». Il luogo ema-na, senza ombra di dubbio, un fa-scino arcano «Inducendo in chilo percorre – riferisce Viviana -sensazioni di disequilibrio e diforte interazione. In questo gioca-no sicuramente molti aspetti noncasuali: il rincorrersi cromaticodelle onde bianche e nere, l’alter-narsi dei petali della grande rota,bianchi e rossi intercalati da ele-menti neri; la qualità delle pietreche lo compongono; la situazio-ne idrogeologica sottostante, chepresuppone la presenza di faldaacquifera confinata». Una presen-za ipogea dicunicoli e poz-zi idrici confer-mata da Ro-berto Mosca, il

quale pone altresì in evidenza unasorprendente relazione progettua-le tra il litostroto di Mastro Filip-po, i giardinetti antistanti il Duo-mo e il vicino acquedotto, operadell’architetto Sabbatini (uno deipiù grandi architetti del ‘900 ita-liano), ideatore di un altro lito-stroto presente ad Osimo.

Il Litostroto Sabbatini Nel Palazzo Comunale, una solastanza, utilizzata in passato dalVice Prefetto, ha il pavimento inmarmo decorato con una TripliceCinta, fatta di luce e ombra, a cin-que cinte come quella della grottaSimonetti e con le sembianze diuna piramide bidimensionale.Circa la sua funzionalità, AlfonsoRubino, nel definire, a premessa,la bellezza di un’opera d’arte«portatrice di BENE», affermache il Litostroto Sabbatini sarebbe«una porta che fa sbarramento alMALE». «Esotericamente par-lando - ci dice Roberto Mosca -doveva “sostenere” chi nel gover-no della città doveva prendere ledecisioni operative finali». L’accu-rato progetto, scovato da Robertonell’Archivio Storico Comunale, èopera di Innocenzo Sabbatini, ilquale fu sicuramente influenzatodal maestro della cosiddetta scuo-la marchigiana, suo zio Costanti-

In alto,il grande rosone

meridionale dellaCattedrale di

Osimo (foto diOsvaldo Carigi).

In basso a sinistra,la cripta della Cat-tedrale di Osimo,con in primo pia-

no il Sarcofagodei Santi Martiri,

nel retro del qualesono scolpiti due

pavoni e una cop-pa (foto di Viviana

Deruto).In basso a destra,

navata centraledella Cattedrale diOsimo (foto di Vi-

viana Deruto).

ITALIA MISTERIOSA

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no Costantini, l’architetto a cui si deve anche la co-struzione dell’imponente Santuario a Campocavallo,frazione a pochi chilometri da Osimo.

Un enigmatico personaggio Impresa ardua trovare un aggettivo più appropriatoper definire Costantini, il quale era probabilmentelegato alla Massoneria. Il suo curriculum-vitae elen-ca non pochi sorprendenti episodi a cominciare, ap-pena ventiquattrenne, dal rifacimento in marmo del-la facciata della chiesa osimana della SS. Trinità do-ve troviamo «sculture di angeli, ali che portano laSanta Casa di Loreto, una grossa stella di David concerchio iscritto e il classico triangolo con l’occhio diDio» per finire a Campocavallo, dove ottenne l’inca-rico di progettare e dirigere la costruzione del San-tuario, nonostante non fosse ancora architetto! Infat-ti, solo due anni dopo prese una laurea in Matema-tica e Geometria all’Università di Bologna (aiutatodallo zio, padre Rosminiano, molto attivo dopo ilmiracolo di Campocavallo).

Il Santuario di Campocavallo Questo edificio religioso mostra singolari forme ar-chitettoniche, che richiamano le complesse tecnichedi costruzione delle cattedrali gotiche e molte altrepeculiarità, tra cui una cupola dodecagonale che in-siste su un esagramma di Salomone sul pavimento euna strana scritta, fidelium impensis (fedele alla con-segna), che compare in diversi punti della chiesa. Mala stranezza maggiore può essere sintetizzata nella se-guente domanda: perchè una chiesa così bella in unluogo così isolato? Il Santuario venne costruito tra il1893 e il 1905 «sopra dei canali d’acqua in mezzo aun incrocio a cinque strade» che uniscono Jesi a Lo-reto, Osimo a Castelfidardo e Recanati, a seguito diun prodigio (una immagine della Vergine che pian-ge e compie miracoli) che avvenne in una cappella apochi passi di distanza e che richiamò pellegrini datutta Italia ed Europa.Il budget iniziale per l’edificazione del santuario,che avrebbe accolto l’immagine miracolosa, era di so-le 30.000 lire ma «per fortuna c’erano i benefattoriche, dalla Francia, apportavano ogni giorno una let-tera o un’offerta a Campocavallo, precisamente adon Giovanni Sorbellini, unprete dal carattere fortementeimprenditoriale», il quale riu-scì a raccogliere circa 3-4 mi-lioni di attuali euro, prove-nienti soprattutto dalla Fran-cia! Inoltre, a parte i rilievi e lefigure in cotto che provengo-no da una piccola fabbricadel luogo di proprietà di Co-stantini, i materiali sono qua-si tutti francesi, ad esempio lecostose vetrate istoriate, operadi uno specialista di Vineuil-Saint-Firmin (Oise), finanzia-te da “una pietosa dama” diGisors. Elementi, questi, che

non possono non far scattare, nella mente di chi leg-ge, un collegamento con un mistero ben più noto,quello di Rennes le Château e dell’improvvisa ric-chezza del suo parroco, «un dilettante rispetto aSorbellini», chiosa Roberto. Secondo le cronache dell’epoca rilevante fu il parti-colare impegno da parte degli operai che lavoraronopersino di notte, affinché il Santuario fosse prontoper il 21 Settembre, data in cui cade l’equinoziod’autunno: «quel giorno, alle ore 16, il sole colpivain pieno il grande rosone e illuminava la Madonnadi Campocavallo». Da notare che, per la progetta-zione armonica, è fondamentale la conoscenza deicicli cosmici, soprattutto rispetto all’orientamentodel sole. Dallo studio dei rilievi, Rubino ha scoper-to che anche nel santuario il codice geometrico del-l’Uomo Vitruviano è rispettato perfettamente.«Campocavallo é stato costruito con il codice icno-grafico della Cattedrale di Chartres. (...) Lo schemageometrico della cupola coincide con quello dellacattedrale gotica. (...) Probabilmente hanno realizza-to questo schema anche per allontanare i nodi diHartmann [i punti di incrocio delle linee elettroma-gnetiche che attraversano la Terra] visto il caratteregeotellurico della zona». Non possiamo, a questopunto, non citare nuovamente Charpentier e le sueconfraternite di costruttori che, secondo l’autore,non sarebbero totalmente scomparse: Les Enfantshanno lasciato degli eredi conosciuti, attualmente,sotto il nome di Compagnons des Devoirs du Tour

de France, nome a loro con-ferito nel XIX secolo. Alcunidi essi sembrano aver conser-vato una tradizione iniziatica,altri paiono non possederla,ma tutti, comunque, hannoconservato una tradizione dimestiere, una tradizione mo-rale di cavalierato del lavoro edi totale sottomissione all’o-pera, che deve essere portata acompimento. E non è forsequesta “dedizione all’opera”che sembra trasparire dall’e-nigmatica scritta “fedele allaconsegna” a cui abbiamo ac-cennato in precedenza? •

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In alto,il Santuario diCampocavallo(foto di VivianaDeruto).In basso,la copertina dellibro La TripliceCinta, di Rober-to Mosca eAlfonso Rubino.

Il libro La Tri-plice Cinta, diRoberto Moscae Alfonso Rubi-no, può essereordinato incontrassegno al-la nostra reda-zione via email: [email protected] oppuretelefonando oinviando un faxal numero ditel.06.9065049

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