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Floriana Falcinelli Chiara Laici E-learning e formazione degli insegnanti Un ambiente collaborativo per la costruzione condivisa della professionalità docente

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Floriana Falcinelli Chiara Laici

E-learning e formazionedegli insegnanti

Un ambiente collaborativo perla costruzione condivisa della

professionalità docente

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(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2826–1

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: ottobre 2009

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INDICE

INTRODUZIONE p. 7 CAPITOLO I Un ambiente integrato per la formazione dei docenti p. 19 1. La formazione degli insegnanti p. 19 2. Tecnologie dell’informazione e della comunicazione e nuovi sce-nari formativi

p.

29

3. La formazione degli insegnanti alle ICT p. 32 4. Un modello di e-learning per la formazione dei docenti p. 38 CAPITOLO II La progettazione dell’ambiente on line p. 53 1. Struttura della piattaforma Moodle p. 53 2. Le attività per la familiarizzazione e per la riflessione personale p. 61 3. Le attività collaborative p. 67 4. La valutazione degli studenti sul percorso formativo on line p. 71 Allegato p. 78 CAPITOLO III Costruire l’identità professionale p. 85 1. La formazione ad un sé professionale più consapevole p. 85 2. Analisi delle biografie: il modello di insegnante che c’è in me p. 90 3. Analisi del questionario: le mie opinioni sull’insegnamento p. 101 4. Analisi delle metafore: come mi rappresento la scuola p. 129 5. Analisi dei blog: come vedo la scuola e la mia esperienza di tiro-cinio

p.

138

CAPITOLO IV Collaborare in Rete p. 175 1. Costruire in modo collaborativo la conoscenza: le comunità di apprendimento e le comunità di pratica

p.

175

2. Il project work con wiki p. 184 3. Le interazioni nella scrittura collaborativa di un progetto didatti-co

p.

191

4. Il ruolo dei supervisori p. 215 5. Testimonianze dei supervisori p. 224 RIFLESSIONI CONCLUSIVE E PROBLEMI APERTI p. 247 BIBLIOGRAFIA p. 251

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INTRODUZIONE

Le nuove tendenze sociali, culturali, economico-politiche della so-cietà odierna e in particolare lo sviluppo inarrestabile delle nuove tec-nologie dell’informazione e della comunicazione impongono alle scuole un radicale cambiamento di mentalità, della cultura didattica, a tutti i livelli che vada soprattutto nella logica della partecipazione dif-fusa e condivisa.

Da ciò la richiesta di una formazione degli insegnanti che, ponen-dosi nella logica del life long learning, costruisca una relazione signi-ficativa tra formazione e inserimento nel lavoro, tra formazione di ba-se e formazione in servizio, una formazione affidata all’Università, ma con una particolare attenzione a realizzare una stretta interazione con la scuola, in un parteneriato forte in cui siano valorizzate in modo ef-ficace le diverse competenze.

Il volume che presentiamo vuole offrire spunti di riflessione su co-me l’e-learning possa rappresentare uno scenario formativo nuovo, un ambiente integrato e collaborativo per la formazione dei docenti che dovranno affrontare con consapevolezza e responsabilità le sfide che le nuove tecnologie pongono al mondo della scuola e alle modalità con cui si accede al sapere e in generale alla cultura.

In Italia la formazione di base degli insegnanti ha visto lunghi anni di dibattito dal 1991 fino al 1998, anno in cui con il D.M. 26/05/98 (G.U. 3/07/98) n. 53 furono istituiti il Corso di Laurea quadriennale in Scienze della Formazione primaria e la Scuola di specializzazione per gli insegnanti della scuola secondaria (SSIS), percorso biennale post laurea. In entrambi i casi si faceva riferimento ad un profilo professio-nale dell’insegnante complesso, ancora oggi di grande attualità, carat-terizzato da molteplici competenze: disciplinari, psicopedagogiche, organizzative didattiche, socio-antropologiche.

In riferimento a questo quadro di competenze, il curricolo sia del Corso di Laurea che della SSIS, è stato articolato su quattro tipologie

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formative, secondo un modello integrato: una prima area centrata sulla formazione alla funzione docente attraverso l’approccio ai saperi nelle scienze dell’educazione, la seconda area di approfondimento discipli-nare, in cui gli studenti, già laureati, potessero essere messi in condi-zione di rileggere i contenuti disciplinari attraverso la necessaria me-diazione didattica, una terza e quarta area in cui potessero coniugarsi in modo più significativo teoria e prassi, caratterizzate dalle attività di laboratorio e di tirocinio.

Le quattro aree sono state articolate secondo un peso formativo ab-bastanza equivalente, per consentire un’autentica integrazione tra teo-ria e prassi, tra profilo professionale e processo di formazione, tra te-matiche trasversali e approfondimenti disciplinari. Il rapporto con il sistema scolastico è stato garantito dalla figura degli insegnanti super-visori che hanno operato nella struttura universitaria a supporto delle attività di tirocinio per metà del loro orario di servizio; sono stati inol-tre coinvolti molti docenti delle classi in cui sono stati inseriti gli al-lievi tirocinanti, che hanno svolto un importante ruolo di tutor acco-gliente e di mentore.

Il curricolo formativo è stato impostato nella logica della comples-sità e dell’integrazione tra teoria, sperimentazione, esperienza, osser-vazione e riflessione sull’esperienza. Si è stabilito così, nelle realizza-zioni migliori, quel circolo virtuoso e continuo tra teoria e prassi che intende superare l’impostazione intellettualistica secondo la quale, non considerando la valenza conoscitiva dell’azione, prima si conosce e poi si agisce.

In riferimento a ciò particolare attenzione è stata posta all’adozione di metodologie, risorse e strumenti aperti e flessibili, nonché alla pre-disposizione di attività didattiche che promuovessero l’attivazione di un processo conoscitivo significativo per lo stesso soggetto in forma-zione stimolando la riflessione, il pensiero critico e creativo e le capa-cità metacognitive.

In riferimento a tale contesto, la SSIS dell’Università di Perugia ha scommesso su un percorso formativo in e-learning, in cui fosse possi-bile integrare le attività in presenza, che hanno mantenuto il loro carat-tere accademico tradizionale, con attività on line in cui gli studenti po-tessero sperimentare attività di approfondimento dei contenuti acquisi-

Introduzione

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ti nelle lezioni, di riflessione sull’esperienza formativa, di condivisio-ne e di costruzione collaborativa di un sapere professionale.

Sappiamo quanto la Rete, tanto più oggi nella prospettiva del web 2.0, offra agli uomini la possibilità di costituirsi in agorà virtuali e quindi aprire spazi di comunicazione e di negoziazione, di mettere in sinergie le intelligenze attraverso la capacità di collaborare, per anima-re il pensiero collettivo, in cui non si annullano ma si valorizzano le diversità, e per contribuire all’elaborazione e alla soluzione di proble-mi comuni.

Risulta quindi estremamente importante investire su progetti di e-learning che prevedano una strategia di apprendimento collaborativo, proprio per far sì che la Rete diventi un luogo di esplorazione di pro-blemi complessi, di discussione aperta e plurale, di decisioni collettive e di valutazione dei risultati che siano a misura delle comunità coin-volte.

Da qui il senso di questo volume che, dopo una ricognizione delle problematiche inerenti la formazione dei docenti, con particolare rife-rimento alla conquista di una reale competenza nelle ICT come fattore di innovazione della scuola stessa, si sofferma sulla necessità di pen-sare, nello specifico contesto dei percorsi universitari di formazione dei futuri insegnanti, ad un percorso di e-learning nella logica blended, costruendo un ambiente di apprendimento che permetta l’integrazione tra attività in presenza e on line, tra attività di ricezione di contenuti di studio, con attività di costruzione condivisa di conoscenza attraverso momenti di lavoro cooperativo, tra diversi linguaggi e diverse modali-tà di ruoli tra docenti, allievi e tutor nella comunicazione, fino alla possibilità di integrare i contenuti e le attività presenti nell’ambiente formale, progettato e realizzato con un LCMS, con contenuti e attività scoperti o costruiti nella Rete dagli stessi corsisti.

In relazione a tali principi, negli A.A. 2006/2007 e 2007/2008, è stata realizzata nella SSIS Umbria, con la piattaforma Moodle, una sperimentazione che viene presentata in modo articolato nel secondo capitolo del volume e che è stata oggetto di un progetto di ricerca PRIN 06, sul tema: Comunità di apprendimento e comunità di prati-che in piattaforme del tipo LCMS open source nel percorso formativo dei futuri insegnanti in collaborazione con un gruppo di lavoro coor-dinato a livello nazionale da Roberto Maragliano.

Introduzione

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Si è deciso di progettare ed allestire un ambiente di insegnamento-apprendimento secondo modalità e-learning, che permettesse allo stu-dente di realizzare delle attività on line, in integrazione alle attività di-dattiche del corso tradizionale, e dei momenti di gruppo in presenza, al fine anche di valutare la costruzione di comunità di apprendimento e di comunità di pratiche come elemento di innovazione nella forma-zione dei futuri insegnanti.

Va precisato che, considerata la natura molto diversa dei due per-corsi formativi interessati dalla sperimentazione e della tipologia di studenti (un anno di corso per i Corsi Speciali e allievi già insegnanti, anche se in forma precaria nella scuola, due anni del corso VIII ciclo rivolto agli studenti laureati) il rapporto tra le attività in presenza e quelle on line è stato diverso: nei Corsi Abilitanti Speciali rispetto alle 8 ore previste per 1 credito, 2 sono state fatte in presenza e 6 on line; nell’VIII ciclo, il rapporto era invece esattamente opposto e cioè 2 ore on line e 6 ore in presenza. In entrambi i casi comunque si è insistito su una forte integrazione di tutte le attività nel progetto formativo.

Nella progettazione dell’ambiente e del percorso formativo, sono stati individuati i seguenti obiettivi specifici:

− integrare e sviluppare le attività didattiche in presenza con atti-

vità on line da svolgere sia con modalità di lavoro autonomo, sia collaborativo in piccoli gruppi;

− facilitare l’accesso aperto ai materiali di studio e a momenti di problematizzazione degli argomenti del corso attraverso la di-scussione in Rete;

− favorire momenti di interazione costante con i docenti e i tutor supervisori per il necessario scaffolding;

− consentire una espansione dei contenuti di studio attraverso la costruzione da parte degli studenti di specifici materiali e la condivisione di mappe dei saperi;

− attivare percorsi di ricerca sui contenuti di studio attraverso l’utilizzazione di risorse di Rete, favorendo modalità di parteci-pazione attiva degli studenti alla costruzione della conoscenza;

− favorire processi di collaborazione in gruppo per la progetta-zione di un percorso didattico;

Introduzione

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− favorire spazi di comunicazione, di discussione e di riflessione condivisa sull’esperienza formativa;

− permettere una verifica costante dei processi di apprendimento e una autovalutazione da parte degli studenti del loro percorso di conoscenza;

− favorire la costruzione di comunità di apprendimento e di co-munità di pratiche come elemento di innovazione nella forma-zione dei futuri insegnanti.

L’ambiente è stato organizzato in un’Area Generale ed in un’Area

di Indirizzo, secondo una strutturazione che viene presentata in modo dettagliato nel volume.

Anche le attività sono state sviluppate nel percorso formativo se-condo una progressione descritta nel secondo capitolo del volume che ha visto il passaggio da una fase di familiarizzazione con l’ambiente alla realizzazione di attività di studio e riflessione personale sul per-corso formativo, fino alla costruzione collaborativa di un progetto di-dattico attraverso la condivisione di un ambiente wiki.

Alla fine delle attività è stato proposto agli studenti, come attività strutturalmente prevista tra quelle richieste dal corso, un questionario di valutazione on line, da compilare in forma anonima, con scala a 5 livelli, dove il punteggio minimo di 1 indicava una bassa soddisfazio-ne, mentre il punteggio massimo di 5 indicava una alta soddisfazione.

Gli studenti hanno dimostrato di aver apprezzato particolarmente la possibilità di discutere nei forum aspetti sia disciplinari sia professio-nalizzanti riguardanti il loro percorso formativo, e di essersi potuti av-valere del supporto costante dei tutor, sia di quello coordinatore sia dei tutor/supervisori di indirizzo.

Rispetto all’attività collaborativa hanno dimostrato di aver apprez-zato soprattutto la possibilità avuta, con la risorsa wiki, di esprimere un contributo personale e di elaborare un progetto didattico partico-larmente ricco perché espressione di punti di vista diversi.

Nei commenti liberi molti hanno riconosciuto che l’attività on line, anche se un po’ faticosa, ha consentito loro di acquisire familiarità con le ICT e hanno espresso il desiderio di approfondire l’uso di queste nuove tecnologie nella pratica didattica da futuri insegnanti.

Introduzione

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Questo ci sembra particolarmente importante poiché riteniamo che la diffusione di una cultura didattica più aperta che veda le ICT come risorse per il lavoro di classe sia la condizione fondamentale per una reale innovazione della scuola che sappia rispondere alle sfide poste dalla società della conoscenza.

Nel progetto formativo particolare attenzione è stata data alla pos-sibilità di rilevare la rappresentazione che gli studenti futuri insegnanti hanno sulla figura dell’insegnante, le credenze che essi hanno rispetto alla scuola, alla figura del “buon insegnante”, ai processi di insegna-mento/apprendimento. Le prime esperienze fatte come studenti sem-brano infatti giocare un forte ruolo di mediazione nella costruzione dell’identità con la quale futuri insegnanti affrontano le loro esperien-ze di insegnamento. Quei ricordi scolastici vissuti sui banchi di scuola come studenti rappresentano un “filtro interferente” durante i percorsi formativi.

Il percorso formativo rappresenta un contesto in cui si può esplici-tare e prendere consapevolezza della propria visione del sé professio-nale. E questo tanto più se l’ambiente di apprendimento è costruito come contesto collaborativo aperto, come grande agorà in cui condi-videre personali punti di vista e costruire percorsi di riflessione comu-ni sulla professionalità docente oggi.

In particolare ci è sembrato opportuno che proprio rispetto al tiro-cinio, prima di fare un’esperienza di osservazione e pratica didattica in situazioni scolastiche per molti totalmente nuove, fosse necessario che l’allievo riuscisse ad esplicitare in termini cognitivi l’immagine di in-segnante che si portava dentro e che era il frutto delle passate espe-rienze avute come allievo, delle conoscenze teoriche effettuate, delle esperienze raccontate dagli altri, delle personali esperienze di inse-gnante precario sperimentato come sostegno individuale per il recupe-ro scolastico o nelle brevi supplenze.

Per questo l’ambiente Moodle della SSIS Umbria è stato progettato come ambiente on line a forte valenza sociale, dove fosse possibile quindi sperimentare la dimensione della costruzione collaborativa di un sapere professionale, attraverso attività mirate allo scambio di e-sperienze e alla condivisione di riflessioni sulla professionalità docen-te. Gli studenti hanno potuto esprimere, con specifici strumenti messi loro a disposizione in ambiente, le rappresentazioni mentali, le cre-

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denze, le opinioni sulla scuola e sull’insegnante, e discuterle in grup-po, tra i colleghi della stessa classe di abilitazione ma anche con i do-centi esperti supervisori, sia in presenza che in forum on line dedicati, alla luce anche delle riflessioni emerse dalle attività di tirocinio.

È sembrato utile quindi proporre agli studenti la redazione on line di una biografia di formazione che permettesse di spiegare, aprire le pieghe di tutto ciò che ricordavano della loro esperienza di scolari e dunque dei modelli che erano stati costruiti sulla scuola e sull’essere insegnante; le biografie sono state condivise nell’ambiente on line e analizzate e discusse in presenza nel gruppo dei colleghi che frequen-tavano la stessa classe di abilitazione, con il coordinamento dei super-visori.

Le biografie sono state lette e interpretate alla luce anche degli e-lementi emersi nel questionario sulle opinioni sull’insegnamento i cui risultati sono stati analizzati e commentati nell’ambiente on line e in presenza. Particolare rilevanza è stata data alla lettura delle metafore con cui gli studenti hanno rappresentato la scuola.

Chiedere ai nostri studenti, che stanno vivendo un processo di for-mazione per diventare insegnanti, di scrivere una metafora sulla scuo-la ha significato cercare di costruire un mosaico di immagini persona-li, ma anche condiviso, sul contesto che sarà il loro futuro lavorativo per attivare percorsi di riflessione individuali e di gruppo sui loro vis-suti, sulle loro aspettative, ma anche sulle paure rispetto alla profes-sionalità docente.

L’esplicitazione delle rappresentazioni personali sulla professiona-lità docente sono state poi confrontate con l’esperienza di tirocinio di-retto nelle scuole che è stata raccontata utilizzando la risorsa blog.

Il blog ha accompagnato come un diario di bordo tutto il periodo di tirocinio in aula. Con il blog infatti ciascuno specializzando ha potuto annotare periodicamente in forma scritta/multimediale, le attività rea-lizzate, gli elementi osservati, i sentimenti provati, le eventuali diffi-coltà incontrate durante il tirocinio.

Lo strumento era prevalentemente individuale, ma le riflessioni in-serite sono state aperte alla lettura da parte dei supervisori e dei colle-ghi di corso. È stato quindi uno strumento che ha accompagnato in termini riflessivi l’esperienza di tirocinio e che si è posto il fine di “ri-annodare i fili della memoria”, cogliere la globalità e il senso dell'e-

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sperienza realizzata, dunque comprenderla in modo più profondo e comunicarla ad altri.

Le analisi delle biografie di formazione, dei questionari, delle me-tafore e dei blog, che costituiscono la trama del terzo capitolo del vo-lume, hanno permesso di cogliere gli elementi fondanti di una rappre-sentazione della professionalità docente oggi, che pensiamo possa co-stituire la base per la costruzione di una identità professionale più ma-tura e consapevole.

L’esperienza di riflessione personale è stata poi la base per la co-struzione collaborativa di un progetto didattico, in cui i futuri inse-gnanti hanno potuto sperimentare la dimensione della comunità di ap-prendimento orientata al raggiungimento di obiettivi specifici.

In questo senso il project work è stato uno degli elementi fonda-mentali della sperimentazione con Moodle; se inizialmente le attività proposte erano per lo più in “condivisione”, cioè sotto forma di messa in comune di risorse con brevi e saltuarie interazioni, e in “coopera-zione” cioè con uno svolgimento organizzato ma con compiti separati, nella fase finale del percorso si è voluto promuovere attività collabora-tive che presentassero caratteristiche differenti in quanto sono attività che richiedono di lavorare in gruppi più limitati che abbiano quindi coesione e interdipendenza reciproca. Per quanto non siano stati for-mati dei gruppi nella prima fase, queste persone erano già parte di una più ampia e indifferenziata comunità di apprendimento virtuale, e si è reso quindi necessario favorire la loro aggregazione indirizzandoli su tematiche, problemi, e in questo specifico caso su progetti didattici in-torno ai quali poter svolgere l’attività collaborativa in senso stretto.

La realizzazione dei gruppi coerenti con la classe disciplinare di appartenenza, o che potessero comunque trattare un argomento didat-ticamente significativo per il loro percorso formativo, è stata quindi supportata dai tutor disciplinari/supervisori. Dato che la condizione numerica ottimale per un gruppo collaborativo on line è stata stimata tra i 3-4 e i 7 partecipanti, tutti i corsisti sono stati invitati ad organiz-zarsi seguendo questa indicazione, in modo che si potesse veramente tentare di sperimentare il dibattito, il confronto, la negoziazione sulla costruzione del progetto, attivare quindi il pensiero critico, la creativi-tà, le capacità metacognitive.

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Ad ogni gruppo è stata dedicata un’area di lavoro specifica (argo-mento) all’interno del rispettivo corso di indirizzo e sono stati messi a disposizione dei documenti di supporto al project work, quali una gui-da alla stesura del progetto, una netiquette specifica per wiki (wiki-quette), e un manuale più tecnico corredato di immagini appositamen-te preparato per lavorare con wiki.

Ogni gruppo poteva inoltre avvalersi di differenti strumenti per la realizzazione del progetto: un forum ed una chat per la discussione del progetto (asincrona e sincrona), ed un wiki per la scrittura collaborati-va del progetto stesso.

Ciascun gruppo è stato invitato ad operare praticamente solo all’interno del proprio spazio di lavoro, ma tutti i gruppi sono rimasti visibili tra di loro, questo perché anche la possibilità di visualizzare un compito svolto da altri può promuovere la riflessione e la costruzione di nuova conoscenza.

Come è bene evidenziato nel quarto capitolo del volume, con il project work si è cercato di attivare un percorso di sperimentazione su come un ambiente di apprendimento on line possa diventare anche luogo di condivisione delle esperienze e di ricerca-azione, intesa come costante capacità di riflessione dell’allievo sulla propria attività e dun-que strumento privilegiato di formazione permanente. È possibile in-fatti apprendere entro e attraverso una comunità di pratiche che valo-rizzi la capacità di comunicare e condividere con altri la propria espe-rienza, mettendosi in una situazione di scambio e arricchimento reci-proco; ciò favorisce l’attenzione ai punti critici della stessa e quindi la possibilità di individuare ipotesi di soluzione e strategie di migliora-mento. Per realizzare però questo percorso in modo efficace è necessa-rio organizzare una costruzione condivisa di materiali per la presenta-zione delle esperienze, rendere abituale la possibilità di discutere le esperienze in forum appositamente moderati, anche da eventuali e-sperti, condividere strumenti di osservazione e di monitoraggio, in una logica di ricerca orientata alle decisioni.

Molto importante per l’efficacia del lavoro è stato il ruolo dei tutor e dei supervisori quando in particolare sono stati animatori, guida e supporto al lavoro collaborativi.

In questo senso particolarmente interessanti ci sembrano le testi-monianze di alcuni supervisori che hanno voluto raccontare nel volu-

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me la loro esperienza e condividere con il gruppo di ricerca i successi ma anche le difficoltà incontrate.

Il lavoro di ricerca compiuto e la sperimentazione condotta ci con-sentono di affermare che l’ambiente Moodle, progettato come ambien-te a forte condivisione sociale, ha risposto abbastanza bene agli obiet-tivi con cui era stato costruito.

Nonostante questo dobbiamo sottolineare come sia necessario pro-muovere, nell’ambiente universitario, una cultura più diffusa sull’e-learning. Un lavoro di formazione costante in tal senso potrebbe aiuta-re a superare tutte quelle resistenze e difese anche irrazionali mosse sia da parte dei docenti sia degli studenti, che almeno inizialmente hanno avuto difficoltà a mettersi in gioco in questo percorso.

Altro elemento che vogliamo sottolineare è l’importanza, per la ge-stione del processo formativo, dell’integrazione di risorse umane e professionali con competenze specifiche, ma che lavorino appunto in modo integrato. Non è infatti sufficiente disporre di una infrastruttura tecnologica efficiente senza il lavoro di una équipe interdisciplinare in cui le diverse professionalità si confrontino insieme per la gestione del processo formativo, e questo aspetto non può essere lasciato al coin-volgimento volontario di alcuni, ma richiede un esplicito e chiaro o-rientamento politico della governance.

Implementare correttamente un processo di formazione in un am-biente istituzionale e per certi aspetti rigido quale quello universitario, risulta oggi ancora complesso, questo nonostante l’apparente facilità con cui la Rete permette di realizzare tali percorsi. Ciò a nostro avviso non dipende tanto dai problemi connessi all’infrastruttura tecnologica e al grado di alfabetizzazione informatica dei docenti e degli allievi, che in ogni caso non vanno sottovalutati, ma dipende soprattutto dalla necessità di ridefinire i processi di insegnamento e apprendimento previsti nelle forme tradizionali della didattica universitaria, secondo logiche che si rifanno ai principi della didattica attiva, costruttivista, partecipata e cooperativa, e che richiedono ancora un attento lavoro di ricerca. Non bisogna infatti dimenticare che per progettare ambienti di apprendimento in Rete non ci si può basare sui criteri tipici della di-dattica in presenza, ma occorre piuttosto adottare strategie e approcci metodologici che tengano conto sia dei vincoli del mezzo tecnologico, sia delle risorse che esso può offrire.

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Vogliamo infine sottolineare come la progettazione didattica di percorsi di e-learning non possa essere ridotta ad una semplice combi-nazione di strumenti tecnici (piattaforme, risorse sul web, servizi per la comunicazione sincrona e asincrona, ecc.) ma implichi l’assunzione di un modello didattico innovativo, caratterizzato da un’interazione virtuosa tra insegnamento e apprendimento, con nuovi ruoli per il do-cente e per gli allievi e la individuazione di specifici momenti di lavo-ro articolati, diversificati e integrati tra loro, pensati secondo una logi-ca non rigidamente lineare.

La sperimentazione condotta ci consente di affermare che qualche

cosa in questo senso è stato fatto, proprio perché è lo stesso ambiente e-learning a sollecitarlo.

Tuttavia siamo consapevoli che molto resta da fare, ma siamo con-vinti che sia la direzione giusta.

Nonostante il gruppo di ricerca abbia lavorato in sinergia alla stesu-ra di questo volume, si evidenziano i capitoli/paragrafi curati da cia-scun membro:

- Floriana Falcinelli: Introduzione, Capitolo I, Capitolo II (para-

grafo 4), Capitolo III (paragrafi 1, 2, 4), Riflessioni conclusive e problemi aperti;

- Chiara Laici: Introduzione, Capitolo II (paragrafi 1, 2, 3), Capi-tolo III (paragrafo 5), Capitolo IV (paragrafi 1, 2);

- Marcello Archetti: Capitolo III (paragrafo 3); - Giulio Lizzi: Capitolo IV (paragrafi 3, 4); - Simona Bellucci, Francesca Volpi, Simonetta Brutti, Michela

Boccali: Capitolo IV (paragrafo 5).

Introduzione

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CAPITOLO I Un ambiente integrato per la formazione dei docenti

1. La formazione degli insegnanti

La tendenza a definire un profilo professionale dell’insegnante me-diante una serie di competenze è ormai diffusa e consolidata a livello europeo tanto che la Commissione di Bruxelles ha posto il problema delle new competencies degli insegnanti come questione centrale nelle politiche dei diversi stati dell’Unione Europea sull’educazione. E que-sto per rispondere alle esigenze di una scuola che si trova a fare i conti con cambiamenti profondi del sistema socio-culturale, vere e proprie emergenze che qui possiamo solamente accennare.

Da tempo assistiamo ad un rapido progresso tecnologico e scienti-fico: lo sviluppo dei computer, oggi anche collegati in rete, offre ad un numero sempre più grande di persone la possibilità di accedere ad una quantità pressoché illimitata di informazioni, superando i vincoli spa-zio-temporali che caratterizzavano l’acquisizione del sapere.

Se questo ha portato ad una partecipazione più ampia alla fruizione e costruzione del sapere, ne ha però anche rivelato la caducità e la re-latività, nonché la frammentazione (Lévy, 1999) e dunque la necessità di operare una attenta selezione delle informazioni e di costruire nuo-ve mappe concettuali. La relatività di ogni sapere è peraltro sottolinea-ta da alcune prospettive filosofico-culturali (postmodernismo, relativi-smo, poststrutturalismo, decostruzionismo) che, pur nella diversità delle posizioni, hanno complessivamente avuto l’effetto di mettere in crisi le certezze conoscitive costruite nelle epoche precedenti (Acone, 2004).

D’altra parte la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, se ha favorito la condivisione mondiale degli eventi e la costruzione del cosiddetto “villaggio globale”, ha anche prodotto una pericolosa con-fusione tra realtà e rappresentazione mediatica della stessa e

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Capitolo I 20

l’affermazione e diffusione di pericolosi stereotipi culturali. La nuova realtà economica, nella logica della globalizzazione, è co-

stituita da aziende multinazionali, associazioni e percorsi commerciali interregionali, investimenti e finanziamenti internazionali, da una or-ganizzazione d’impresa che richiede flessibilità organizzativa, capacità di costante adattamento, assunzione di responsabilità nel cambiamento.

Assistiamo anche all’avvento di una società multietnica, con il pas-saggio dallo Stato-nazione al trionfo delle etnie, con nuove configura-zioni giuridico-politiche e la conquista di un concetto positivo della diversità, nella prospettiva di convivenza interculturale. Tutto ciò ha radicalmente cambiato gli assunti di fondo delle relazioni internazio-nali, con conseguente rivisitazione di alcuni valori concernenti i temi di democrazia, libertà, cittadinanza, Stato, etnia, valori che sono sem-pre stati punti di riferimento di qualsiasi programma formativo.

Il quadro complessivo che emerge da tutto ciò è quello di una socie-tà che abbiamo imparato a definire complessa, con grande pluralità di prospettive, con rapidi cambiamenti, con molteplicità di punti di vista.

Queste nuove tendenze sociali, culturali, economico-politiche della società odierna impongono la convinzione che le scuole non potranno restare come sono o limitarsi ad accettare aggiustamenti superficiali (Damiano, 2003). È necessario piuttosto un radicale cambiamento di mentalità, della cultura didattica, a tutti i livelli, che vada soprattutto nella logica della partecipazione diffusa e condivisa (Bruner, 1997).

Da ciò la richiesta di una formazione degli insegnanti che, ponen-dosi nella logica del life long leaning, costruisca una relazione signifi-cativa tra formazione e inserimento nel lavoro, tra formazione di base e formazione in servizio, una formazione affidata all’università, ma con una particolare attenzione a realizzare una stretta interazione con la scuola in un parteneriato forte in cui siano valorizzate in modo effi-cace le diverse competenze.

In Italia la formazione degli insegnanti ha visto lunghi anni di di-battito dal 1991 fino al 1998, anno in cui con il D.M. 26/05/98 (G.U. 3/07/98) n. 153 furono istituiti il Corso di Laurea quadriennale in Scienze della Formazione primaria e la Scuola di specializzazione dell’insegnamento secondario, percorso biennale post laurea (Bonetta et al., 2002).

Nel documento allegato al decreto emergeva un profilo professio-

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Un ambiente integrato per la formazione dei docenti 21

nale dell’insegnante complesso, ancora oggi di grande attualità, carat-terizzato da molteplici competenze: disciplinari, psicopedagogiche, organizzative didattiche, socio-antropologiche.

In riferimento a questo quadro di competenze il curricolo, sia del corso di laurea, che della SSIS, è stato articolato su quattro tipologie formative: una prima area centrata sulla formazione alla funzione do-cente attraverso l’approccio ai saperi nelle scienze dell’educazione, la seconda area di approfondimento disciplinare in cui gli studenti già laureati potessero essere messi in condizione di rileggere i contenuti disciplinari attraverso la necessaria mediazione didattica, il laboratorio e il tirocinio.

Le quattro aree sono state articolate secondo un peso formativo ab-bastanza equivalente, per consentire un’autentica integrazione tra teo-ria e prassi, tra figura professionale e processo di formazione, tra te-matiche trasversali e approfondimenti disciplinari.

Era anche presente un preciso rapporto con il sistema scolastico: era infatti prevista la figura degli insegnanti supervisori che hanno o-perato nella struttura universitaria a supporto delle attività di tirocinio per metà del loro orario di servizio; sono stati inoltre coinvolti molti docenti delle classi in cui erano inseriti gli allievi tirocinanti, che han-no svolto un importante ruolo di tutor accogliente e di mentore.

A distanza di molti anni dall’attuazione di questi percorsi formativi, si può dire che, pur con qualche inevitabile carenza, l’impostazione del curricolo e la realizzazione dello stesso hanno manifestato alcuni significativi elementi di positività, che è necessario ribadire alla luce di una annunciata stagione di riforme in questo settore.

Innanzitutto si è trattato di uno dei primi modelli formativi orienta-to non solo a far acquisire conoscenze ma a promuovere la conquista di competenze professionali articolate e complesse individuate in rap-porto con le esigenze di uno specifico contesto lavorativo.

È stato un modello integrato in cui si è sottolineata la necessità di un circolo virtuoso tra saperi teorici, laboratorio e tirocinio, tra le di-verse facoltà disciplinari e tra i vari indirizzi a cui hanno fatto riferi-mento le diverse classi di concorso, tra una formazione di base e una professionalità docente caratterizzata dalla costante ricerca sulla espe-rienza didattica, tra la ricerca teorica, che trova nell’università il natu-rale contesto di riferimento e la ricerca sull’azione didattica, che si re-

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Capitolo I 22

alizza nella scuola e della quale i supervisori sono risultati essere i re-ferenti e i garanti.

Il curricolo formativo è stato impostato nella logica della comples-sità e dell’integrazione tra teoria, sperimentazione, esperienza, osser-vazione e riflessione sull’esperienza. Si è stabilito così un circolo vir-tuoso e continuo tra teoria e prassi che ha inteso superare l’impostazione intellettualistica secondo la quale prima si conosce e poi si agisce e che non dà conto della valenza conoscitiva dell’azione (Damiano, 2004).

Rispetto alla formazione teorica, è indubbio che l’insegnante debba possedere adeguate conoscenze dei quadri disciplinari che si riferisco-no all’orizzonte culturale (le discipline) e a quello professionale (le scienze dell’educazione).

Occorre che l’insegnante si formi ai saperi teorici, nei saperi, all’uso dei saperi. I saperi sono conoscenze, conoscenze organiche, ma anche aggiornate, non inerti, disposte secondo intrinseca complessità attuale, conoscenze disciplinari e trans-disciplinari. Dunque i saperi sono elementi costitutivi delle competenze, intese come orchestrazio-ne significativa di conoscenze ed esperienze, mobilitazione consape-vole degli schemi complessi per la risoluzione di problemi (Perrenoud, 2003); i saperi sono riflessività, per riflettere su se stessi e sulle pro-prie esperienze, per retro-agire, interpretarsi, ri-vedere i propri statuti, esaminare le proprie parzialità, leggere le proprie dipendenze, inol-trandosi verso una comprensione critica dei saperi e una loro reinter-pretazione altrettanto critica (Cambi, 2005); dunque i saperi non pos-sono non essere in stretto rapporto con la prassi perché permettono di dare significato e di interpretare in modo critico le narrazioni delle proprie esperienze.

La formazione disciplinare significa certamente conoscenza ampia ed approfondita dei contenuti di una disciplina, ma anche conoscenza della sua epistemologia, cioè dei nuclei concettuali fondamentali, del linguaggio, dell’approccio metodologico con cui la disciplina conosce la realtà e conferisce ad essa un significato specifico.

Le discipline sono forme epistemiche, punti di vista, modi di pensa-re il mondo e di attribuirgli significato; ogni disciplina evolve conti-nuamente per cui un insegnante deve continuamente aggiornarsi, esse-re ricercatore costante e rigoroso. Un adulto che continua ad imparare

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e che appare eccitato dalle sue nuove scoperte è un evento che non può lasciare indifferenti i propri allievi, dice Gardner (Gardner, 1999).

Il futuro insegnante, laureato nei diversi settori disciplinari, quindi avviato ad essere ricercatore nella propria disciplina, deve trasformarsi da ricercatore che fa occasionalmente l’insegnante a insegnante ricer-catore che fa ricerca su come comunicare, come scegliere, decidere, progettare cosa è necessario che un ragazzo apprenda per diventare adulto colto.

Il problema è capire che cosa bisogna conoscere di una materia per poterla insegnare e, ancora prima, che cosa succede ad una materia quando viene scolarizzata. Si deve superare la convinzione che l’insegnamento scolastico riproduca per contenuto e per forma il sape-re dell’università; non si tratta semplicemente di acquisire una tecnica comunicativa più efficace, piuttosto di procedere ad una diversa codi-ficazione del sapere scientifico, rielaborare le conoscenze accademi-che in termini diversi, pertinenti alla loro destinazione formativa.

Una buona formazione disciplinare dovrà quindi permettere al no-stro allievo, muovendo da una ottima conoscenza dei contenuti della materia, che si presume abbia acquisito nella laurea disciplinare, di costruire la capacità di individuare i concetti delle discipline e di or-ganizzare mappe di significato scientificamente corrette, di compren-dere e utilizzare i linguaggi specifici, di cogliere l’evoluzione storica delle discipline, di conoscerne e utilizzare gli specifici strumenti di in-dagine, di padroneggiarne i fondamenti epistemologici, di cogliere l’intersezione della disciplina con altri ambiti disciplinari nel quadro dell’unità della cultura, di costruire rapporti tra la disciplina e la cultu-ra personale delle persone, la conoscenza ingenua, di comprendere il valore formativo della disciplina rispetto ai compiti di sviluppo degli alunni.

Integrate con le conoscenze disciplinari sono fondamentali le cono-scenze nelle scienze dell’educazione, conoscenze che dovrebbero con-sentire ai futuri insegnanti di acquisire la capacità di diventare media-tori tra i saperi culturali e i vissuti dei loro allievi, tra i concetti scienti-fici e i concetti spontanei che ogni ragazzo ha costruito nel corso delle sue multiformi esperienze.

Le conoscenze di quest’area fanno riferimento a molti settori scien-tifici (pedagogico-didattico, psicologico, socio-antropologico, tanto

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Capitolo I 24

per citare i più importanti) che hanno specifiche epistemologie e ap-procci di ricerca. Non si tratta quindi di giustapporre contenuti diversi, che risulterebbero peraltro sempre insufficienti a conoscere il quadro complessivo di ogni disciplina, quanto piuttosto individuare i nuclei concettuali trasversali alle diverse discipline, viste in una feconda in-tersezione caratterizzata da un approccio globale orientato sugli aspetti e sulle competenze che caratterizzano la professionalità docente oggi.

Il loro studio dovrebbe quindi promuovere nello studente, futuro insegnante, le competenze trasversali, di osservazione e ascolto dell’allievo, di lettura critica della realtà sociale, di progettazione, or-ganizzazione, realizzazione e valutazione di percorsi didattici in situa-zioni istituzionali.

Non sono di per sé saperi professionali, piuttosto si tratta di saperi generali che offrono agli studenti conoscenze teoriche che non hanno una ricaduta immediata sulla prassi educativa, perché la problematica scolastica-educativa si presenta caratterizzata in modo ideografico, cioè specificata da una diversità personale oltre che socio-culturale.

L’obiettivo prioritario di queste scienze dovrebbe essere piuttosto quello di promuovere nell’allievo l’intelligenza progettuale: il proget-to rimanda infatti all’integrazione di alcune competenze certamente legate alla dimensione teoretica, con la differenza che mentre il sapere delle scienze dell’educazione si riferisce alla “teoria della prassi” cioè ad un quadro cognitivo elaborato dalle varie scienze dell’educazione, la progettualità mette in gioco la “teoria per la prassi”, vale a dire un sapere che è compito dello stesso insegnante elaborare, mediando fi-nalità, obiettivi, contenuti, strumenti in relazione ai diversi contesti. All’insegnante occorre conquistare una modalità di pensiero critico-progettuale per elaborare le iniziative didattiche più efficaci. La teoria deve quindi diventare elaborazione riflessiva e ideativa della prassi, per pensare l’azione in chiave ermeneutica ed euristica, per coglierne i problemi ed elaborare strategie di intervento adeguate.

Esiste poi un terreno di intersezione tra le scienze dell’educazione, in particolare la didattica generale e i saperi disciplinari: quello delle didattiche disciplinari, terreno in parte ancora inesplorato, che proprio nei corsi di laurea e nelle SSIS avrebbe dovuto trovare humus di fe-conda ricerca.

Occorre superare le due posizioni diverse ma speculari. La prima

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vede la disciplina al servizio della didattica: la didattica generale for-nisce la struttura che le discipline implementano con i propri contenuti visti come elementi neutri rispetto allo schema didattico, così che le competenze fondamentali sono quelle relazionali e pedagogico-didattiche; l’altra pone la didattica al servizio della disciplina per cui fondamentale è la struttura del sapere disciplinare, pertanto la compe-tenza principale del docente è il suo sapere disciplinare e la didattica fornisce gli strumenti operativi per la comunicazione, la mediazione e la valutazione, la “valigetta degli utensili”.

La possibilità di integrare i saperi disciplinari con le scienze dell’educazione può essere data solo dalla capacità di progettare, nei percorsi formativi per futuri insegnanti, attività e percorsi contestua-lizzati che favoriscano apprendimenti significativi. In essi possono es-sere affrontate situazioni problematiche la cui soluzione richiede com-petenze provenienti da differenti epistemologie; un percorso conte-stualizzato, privo della separazione tra what is learned e how it is le-arned and used favorisce un reale apprendimento, situato e distribuito, che, come dice Jonassen, è attivo, costruttivo, collaborativo, intenzio-nale, conversazionale, contestualizzato, riflessivo.

Ecco allora la necessità di pensare ad una didattica universitaria che aiuti gli studenti non solo a ricevere dei saperi chiusi, ma ad apprende-re in modo attivo ad esplorare percorsi di ricerca anche in gruppo.

In questo quadro si collocano le attività di laboratorio e tirocinio. L’idea del laboratorio ha una propria tradizione nelle teorie peda-

gogico-didattiche riconducibili alla tradizione dell’attivismo pedago-gico e nella pratica scolastica: basti pensare per esempio alle teorizza-zioni di Kerschensteiner, Dewey, Makarenko, Freinet e al suo ruolo centrale nelle esperienze delle “scuole nuove”. La realizzazione dei laboratori ha però assunto nel tempo prospettive diversificate per cui lo stesso termine è venuto ad assumere significati diversi.

Al di là delle diversificazioni, va ribadito che il concetto di laborato-rio rimanda alle idee di progettazione, collegialità, metodologia della ricerca, comunicazione tra esperienza informale ed esperienza formale scientifica (Laneve, 2005). Esso si caratterizza come “snodo” tra corsi teorici da un lato e il tirocinio dall’altro e come “luogo” educativo ca-ratterizzato da un “metodo di lavoro” che prevede sistematicamente un coinvolgimento diretto degli studenti nelle attività che possono consi-

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Capitolo I 26

stere in: audio/video registrazioni di fenomeni educativi abituali o si-mulati, studi di casi, dimostrazioni dal vivo o simulate, discussioni cli-niche su eventi cruciali, giochi di ruolo, microteaching, insegnamento allo “specchio”, costruzione di protocolli di osservazione, simulazioni, mediante computer e non, insegnamento riflessivo, ecc.

Il laboratorio tende a presentarsi come analisi, confronto in gruppo delle pratiche didattiche per una loro formalizzazione ma anche, spe-cie nelle SSIS, come momento di ricerca e di sperimentazione di for-me e percorsi di didattica disciplinare attraverso i quali un allievo può coniugare le competenze di didattica generale con la specificità delle diverse discipline.

In particolare si tratta di aiutare gli studenti ad elaborare progetti didattici in cui siano individuati i nuclei concettuali propri della disci-plina, costruendo una mappa significativa e cogliendone i possibili raccordi con l’esperienza del ragazzo, gli obiettivi formativi, l’itinerario didattico, le scelte metodologiche, gli strumenti e i tempi previsti, le modalità di verifica e i criteri di valutazione, le possibili in-tersezioni con le altre discipline, eventuali percorsi differenziati. Ciò con l’obiettivo di costruire competenze di organizzazione e gestione, progettazione e valutazione necessarie a connotare gli elementi di qua-lità del sistema scuola come ambiente intenzionalmente strutturato per realizzare processi di insegnamento-apprendimento efficaci ed effi-cienti: in particolare la qualità degli spazi, la qualità dei tempi, la qua-lità delle interazioni sociali, la qualità dei mediatori didattici, la qualità dei rapporti di continuità e di integrazione con i diversi segmenti del sistema formativo, la qualità dei sistemi di informazione e di docu-mentazione, la qualità dell’intero “congegno didattico” (osservazione, valutazione, programmazione, pluralità delle metodologie, individua-zione delle intersezioni disciplinari, integrazione dei soggetti in condi-zione di handicap).

Attraverso tali attività l’allievo sarà grado di assicurare e garantire, come insegnante, l’unitarietà dell’ambiente di apprendimento, l’unitarietà delle conoscenze e dei saperi nella logica della cultura, l’unitarietà della formazione (mente, corpo ed emozioni), la valorizza-zione delle diversità, la costruzione di un contesto relazionale positivo.

Si ha così un sapere per la pratica che, integrato con il tirocinio, di-viene anche sapere della pratica, contesto in cui le pratiche diventano

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idee, le esperienze concetti organizzati in reti di significati condivisi nel gruppo.

Il tirocinio permette infatti al futuro insegnante di vivere diretta-mente una situazione educativa e didattica nel quotidiano dell’esperienza scolastica e di riflettere su di essa sotto la guida di do-centi esperti, comandati presso l’università, che fungono da mediatori tra la realtà accademica e la scuola.

Esso si connota come un’attività multidimensionale, in cui si con-nettono e si integrano vari aspetti; la sua funzione fondamentale è quella di permettere la narrazione della pratica, l’esplicitazione di quei saperi impliciti, di quelle credenze ingenue costruite in relazione alla propria biografia formativa e che trovano nella pratica prima osservata e poi direttamente agita un terreno di revisione e di trasformazione (Falcinelli, 2002).

Tale attività favorisce una riflessione ampia e articolata sugli aspet-ti pedagogici, psicologici, sociologici, metodologico-didattici, orga-nizzativi del progetto culturale ed educativo che caratterizza attual-mente la scuola, riflessione a cui l’esperienza diretta nelle classi potrà offrire spunti sempre nuovi e i necessari momenti di verifica in vivo. In altri termini, il tirocinio non solo dovrà consentire allo studente di sperimentare la traduzione pratica delle conoscenze teoriche apprese, ma dovrà anche avviarlo, a partire dalla lettura della pratica, a cercare i riferimenti teorici che gli consentano di leggere la pratica stessa in modo più scientifico, attuando il necessario collegamento teoria-prassi secondo i caratteri della circolarità e interdipendenza. Al tirocinio è demandata pertanto la responsabilità di far acquisire all’allievo la ca-pacità di un “fare” impregnato di “sapere”, di dare senso al sapere at-traverso un saper fare, di scoprire la teoria nella pratica, rilevando i modelli teorici impliciti in essa; il tutto attraverso un approccio di ri-cerca che punti sulle capacità metacognitive e riflessive e che consenta di riflettere sull’esperienza didattica in modo critico per elaborare nuove teorizzazioni.

L’attività di tirocinio dovrebbe prevedere l’integrazione di momen-ti di esperienza diretta nella scuola e di momenti di riflessione e di confronto realizzati in gruppo sotto la guida del supervisore.

Il gruppo di allievi diviene lo strumento privilegiato di un lavoro che vuole essere prima di tutto formativo e che vuole offrire agli stu-

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Capitolo I 28

denti anche l’opportunità di mettersi in un atteggiamento di ascolto personale per riconoscere le proprie motivazioni, le proprie attese e i propri pregiudizi rispetto alla professionalità docente. L’allievo dovrà essere aiutato a mettersi in gioco in una dinamica interattiva per con-quistare una sempre maggiore consapevolezza della propria identità nel riconoscimento e rispetto dell’alterità.

Il gruppo dovrà inoltre consentire all’allievo di fare un percorso di apprendimento cooperativo centrato sulla ricerca che, muovendo dalla problematizzazione dell’esperienza, sappia valorizzare la logica della scoperta e la messa in campo di strategie metacognitive.

Il supervisore è da ritenersi una figura integrata nel gruppo, guida accogliente la cui funzione prioritaria è di facilitazione, chiarificazio-ne, mediazione. Egli risponde alle esigenze, garantisce la comunica-zione e l’espressione, promuove diversi approcci alla conoscenza, ac-coglie difficoltà ed errori, favorisce intersoggettività positive. Egli stesso è il protagonista di un’attività di formazione che si realizza at-traverso momenti di gruppo con gli altri supervisori e con alcuni do-centi accademici, in cui da un lato si confrontano esperienze, punti di vista diversi, difficoltà e problemi incontrati, dall’altro si attiva un processo di studio e di approfondimento sul significato stesso del tiro-cinio e sul proprio ruolo. 2. Tecnologie dell’informazione e della comunicazione e nuovi

scenari formativi

L’evoluzione tecnologica degli ultimi decenni è stata fortemente caratterizzata dalla scoperta e diffusione del linguaggio digitale e dallo sviluppo della rete, il che ha implicato una radicale trasformazione del modo in cui viene organizzata e comunicata la cultura.

La convergenza al digitale permette un livello di integrazione fra codici diversi totalmente nuovo e un modo di lavorare sull’informazione, conservandola, elaborandola, organizzandola in modo reticolare e, se lo si vuole, trasmettendola a distanza attraverso le reti telematiche: si sono dunque affermati i concetti di multimediali-tà, ipertestualità e interattività, ma anche di ibridazione tecnologica.

La rete viene intesa come cyberspazio, orizzonte di un mondo vir-