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FISIOLOGIA CLINICA DELL'ESERCIZIO FISICO Ultime Evidenze Scientifiche - Vol.2 A cura del Dott. Fabio Perna Chinesiologo Clinico / Fisiologo Clinico dell'Esercizio Fisico

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FISIOLOGIA CLINICA DELL'ESERCIZIO FISICO

Ultime Evidenze Scientifiche - Vol.2

A cura del Dott. Fabio Perna

Chinesiologo Clinico / Fisiologo Clinico dell'Esercizio Fisico

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INDICE

Esercizio Intervallato Ad Alta Intensità: Ecco Come Influisce Sulla Salute Cerebrale pag. 2

L’importanza Dell’Esercizio Fisico Nella Disfunzione Del Midollo Spinale pag. 6

Effetti Dell’Esercizio Fisico Nella Poliomielite E Sindrome Di Guillain-Barré pag. 10

Sclerosi Multipla Ed Esercizio Fisico Adattato: Dalla Teoria Alla Pratica pag. 17

Esercizio Fisico Come Terapia Nel Cancro: Prescrizione E Raccomandazioni pag. 24

Allenamento A Circuito: Il Training Ottimale Per La Salute pag. 28

Esercizio Fisico E Salute Mitocondriale: Meccanismi E Benefici pag. 33

Malattie Cardiovascolari: Perché L’Esercizio Fisico È Terapeutico? pag. 38

Che Ruolo Ha L’Esercizio Fisico Nella Vita Dei Leucociti? pag. 42

Controllo Della Circolazione Durante L’Esercizio: Fisiologia E Casi Patologici pag. 45

Esercizio Fisico E Dimagrimento: Come Influisce Il Tessuto Adiposo Nella Spesa

Energetica? pag. 50

Bibliografia pag. 53

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Esercizio Intervallato Ad Alta Intensità: Ecco Come Influisce Sulla Salute

Cerebrale

L’esercizio fisico intenso, è l’intervento più efficace e sicuro per migliorare la salute, così come per

trattare le più moderne malattie croniche. Gli studi indicano che questa tipologia di esercizio, è

efficace in termini di miglioramento della mortalità, nella prevenzione secondaria della malattia

coronarica, nel trattamento dell’insufficienza cardiaca, nella prevenzione del diabete ed è molto

vantaggioso nel trattamento dell’ictus in fase stabile. L’esercizio regolare promuove angiogenesi,

neurogenesi e plasticità sinaptica, traducendosi in un miglioramento della perfusione cerebrale,

con un metabolismo più efficiente. Tali adattamenti neurali e vascolari contribuiscono al

mantenimento della funzione cognitiva.

ESERCIZIO FISICO E REGOLAZIONE DEL FLUSSO SANGUIGNO CEREBRALE

La regolazione del flusso sanguigno cerebrale, comporta interazioni complesse tra attività

metabolica e neuronale del cervello, pressione arteriosa, pressione parziale del diossido di

carbonio arterioso (PaCO2), gittata cardiaca e attività del sistema nervoso simpatico.

L’esercizio fisico influisce su tutti questi fattori. Il flusso sanguigno cerebrale durante l’esercizio,

può arrivare fino al 70% del VO2max. Questa elevazione del flusso è mediata da aumenti nel

metabolismo cerebrale e neuronale, fattori molecolari trasmissibili per via ematica (ad es. ossido

nitrico, fattore di crescita endoteliale vascolare VEGF e PaCO2). L’aumento del flusso sanguigno,

eleva lo sforzo di taglio all’interno dei vasi sanguigni, che ha un effetto benefico sull’endotelio,

attraverso la Akt- (protein chinasi B), espressione dipendente dell’ossido nitrico sintasi, e anche

grazie al miglioramento delle difese antiossidanti. L’aumento della biodisponibilità vascolare di

ossido nitrico è considerato un fattore chiave nel mantenimento della funzione cerebrovascolare.

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Un altro fattore chiave dato dall’esercizio fisico, è l’aumento di attivazione neurale associata alla

programmazione e generazione del movimento. Questi processi possono così rappresentare un

costituente primordiale nella relazione positiva tra esercizio fisico e salute del cervello. La ricerca

fino ad oggi ha rivelato diverse vie per la neurogenesi, plasticità sinaptica, e angiogenesi

cerebrale, indotte dall’esercizio fisico: fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF), VEGF,

fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1), modulatori di livello genico e umorale (per esempio,

recettore della tropomiosina chinasi B, proteina chinasi C, GluR5, sinapsina I, irisina.

L’esercizio perturba transitoriamente l’omeostasi all’interno delle cellule e dei tessuti. La

formazione indotta dall’esercizio fisico di radicali liberi, può causare danni ai tessuti strutturali, ma

prove recenti hanno dimostrato che questo processo è fisiologicamente controllato. Le specie

radicali sovraregolano enzimi antiossidanti e aumentano i fattori neurotropici, come BDNF, VEGF,

e IGF-1. Un punto importante da chiarire è che l’esercizio conferisce benefici metabolici e

immunomodulatori sistemici. Infatti, l’iperglicemia e/o diabete sono importanti fattori di rischio per la

demenza e l’infiammazione cronica di basso grado, sistemica, è un fattore di rischio per lo sviluppo

della malattia di Alzheimer. Numerosi studi sull’esercizio fisico, hanno dimostrato l’efficacia dello

stesso, come strumento per abbassare i livelli di glucosio nel sangue, migliorare la sensibilità

all’insulina e il controllo glicemico globale, nonché ridurre la neuroinfiammazione.

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OTTIMIZZAZIONE DELL’ADATTAMENTO CEREBROVASCOLARE

ATTRAVERSO INTERVENTI DI ESERCIZIO FISICO

L’innalzamento dello stress da taglio può essere stimolato da semplici esercizi anche semplici

come lo squat, che provoca un flusso sanguigno oscillante negli arti inferiori, stimolando una

risposta adattativa dell’endotelio, mediata da stress meccanico. Una tale strategia di allenamento,

con esercizi globali e semplici, può essere un potente complemento per aumentare lo stimolo di

taglio vascolare per le popolazioni cliniche con mobilità ridotta (ad es. frattura dell’anca) o con

grande massa corporea (ad es. obesi). Coerentemente con questo concetto, una recente revisione

Cochrane, ha sostenuto che un intervento motorio multimodale, può combinare l’adattamento

cerebrovascolare, migliorando la funzione cognitiva.

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L’importanza Dell’Esercizio Fisico Nella Disfunzione Del Midollo Spinale

Il termine “disfunzione del midollo spinale” (SCD), racchiude: lesione del midollo spinale acquisita

e spina bifida, che comportano entrambe lesioni al midollo spinale.

La lesione del midollo spinale viene acquisita dopo la nascita, per trauma o malattia. La

compressione risultante, rottura del midollo spinale o delle arterie spinali associate, causano

necrosi e disfunzione del midollo spinale. Diverso è il caso della Spina Bifida, che è un difetto

congenito del tubo neurale in cui l’arco posteriore della colonna vertebrale non si chiude durante il

primo mese di gravidanza.

FISIOLOGIA CLINICA DELL’ESERCIZIO FISICO NELLE LESIONI DEL MIDOLLO

SPINALE

Le attività della vita quotidiana nei soggetti con lesione midollare, richiede solo il 15% -24% delle

risorse umane. Questo livello di sforzo ovviamente è insufficiente per lo sviluppo dell’efficienza

fisica. Dopo la parte riabilitativa acuta, della degenza ospedaliera (media di 76 giorni per

paraplegia, 96 giorni per tetraplegia), la fitness aerobica (VO2peak) rimane stabile per almeno 8

settimane. Si ritiene che gli adattamenti dell’allenamento per le braccia, possono includere

l’aumento della forza e della resistenza muscolare. Questi miglioramenti possono essere del 10%-

60% nei picchi PO e VO2. Gli adattamenti cardiovascolari all’esercizio fisico, suggeriscono che gli

aumenti del picco di VO2 probabilmente avvengono attraverso l’allenamento della forza

muscolare, metabolismo anaerobico e assorbimento di O2 nel tessuto muscolare sollecitato.

Cooney and Walker ha studiato 10 soggetti con lesione midollare (con tetra o paraplegia),

sottoponendoli ad un esercizio di resistenza idraulica (3 sessioni / settimana, 9 settimane, 60-90

risposta HR). Il picco medio in PO e il VO2 aumentano rispettivamente del 28% e del 37%. Due

randomizzati studi controllati hanno dimostrato l’efficacia di esercizi per la spalla volti ridurre il

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dolore nella zona, tipico negli adulti con lesione midollare e spina bifida, dato da sovraccarico

funzionale. I programmi coinvolti in casa, consistevano in allungamento della muscolatura

anteriore della spalla e rafforzamento della muscolatura posteriore.

FISIOLOGIA CLINICA DELL’ESERCIZIO FISICO NELLA SPINA BIFIDA

Andrade et al. hanno trovato che un programma di esercizio di 10 settimane ha aumentato

significativamente la fitness cardiovascolare, forza muscolare isometrica, in otto bambini con spina

bifida, rispetto ai bambini di controllo. O’Connell e Barnhart hanno protocollato un training di

resistenza a tre bambini (di età 4, 5 e 16) con spina bifida, che consisteva in sette esercizi della

parte superiore del corpo usando piccoli pesi (30 minuti / sessione, 3 set, massimo 6 ripetizioni, 3

sessioni a settimana per 9 settimane). Tutti i bambini sono migliorati nella resistenza muscolare

del 70%-300%, nel tempo di trazione in 50m, del 20% e nella propulsione in 12 minuti di distanza,

del 29%.

LINEE GUIDA GENERALI

Le linee guida possono contribuire allo sviluppo, in sicurezza e efficacia, di un programma di

esercizio fisico adattato a lungo termine per le persone con lesioni midollari:

1. Modalità di esercizio: per allenamento cardio-polmonare aerobico le modalità possono includere

ACE, WERG, propulsione su tapis roulant o ruota libera, nuoto e altri esercizi acquatici.

2. Regolazione dell’esercizio: in generale, l’intensità è personale e va adattata alle capacità

funzionali valutate del soggetto. Se il monitoraggio accurato delle risorse umane non è possibile,

La scala di Borg (11 RPE), può essere utilizzata per ottenere una stima affidabile dell’intensità

dell’esercizio relativa. Perciò, l’esercizio di “moderata” intensità = RPE 3, “forte” = RPE 5, “molto

forte” = RPE 7, “Estremamente forte” = RPE 10 e “massimo assoluto” = RPE 11.

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3. Sicurezza:

• Supervisionare sempre queste persone, in particolare quelli con lesione da tetraplegia.

• A una persona con tetraplegia potrebbe essere necessaria assistenza nell’eseguire un esercizio,

per regolare le macchine, per selezionare pesi e per eseguire esercizi di flessibilità.

• Per gli individui con tetraplegia, che sono suscettibili a ipotensione ortostatica, monitorare la

pressione arteriosa e i sintomi durante l’attività.

• Le persone con tetraplegia hanno bisogno di monitoraggio perché sono soggetti a rischio di ictus

e infezione renale.

4. Principi di allenamento: concentrarsi sui compiti funzionali per migliorare la mobilità e

aumentare l’efficienza fisica nelle attività quotidiane. Importante includere esercizi di: flessibilità,

forza, aerobico e di coordinazione. Per l’allenamento aerobico, più massa muscolare si utilizza,

maggiori sono i miglioramenti previsti in tutti i parametri fisiologici e prestazionali.

• Sovraccarico: eseguire esercizi a intensità più elevata rispetto a quella a cui la persona è

abituata.

• Regolarità: sottoporre il soggetto ad almeno 3 sessioni settimanali come da raccomandazioni

dell’American College of Sports Medicine / American Heart Association.

L’ergometria combinata di braccia e gambe, può indurre sia effetti benefici locali ai muscoli, sia

effetti sulla fitness cardio-polmonare.

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PRESCRIZIONE DELL’ESERCIZIO FISICO

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Effetti Dell’Esercizio Fisico Nella Poliomielite E Sindrome Di Guillain-

Barré

SINDROME POST-POLIO

La poliomielite è una malattia virale acuta che attacca le cellule anteriori del corno dei motoneuroni

inferiori. La poliomielite causa paresi flaccida, paralisi e atrofia nei gruppi muscolari affetti, con

sintomi di affaticamento, debolezza e dolore. La fase acuta di 2 mesi della malattia è seguita da

un periodo di recupero funzionale. Un maggior grado di recupero avviene quando la percentuale di

motoneuroni danneggiati, non supera il 50%. Successivamente, quandosi raggiunge la stabilità

clinica, i motoneuroni rimanenti non sono in grado di generare nuovi germogli e la denervazione

supera la reinnervazione. Questo deficit, porta a sintomi come stanchezza, debolezza, dolore,

atrofia muscolare, intolleranza al freddo, spasmi muscolari e crampi, con difficoltà di eseguire le

attività di vita quotidiana (ADL). Sono riconosciuti due sottotipi di Sindrome Post-polio:

– Postpolio con progressiva atrofia muscolare, che è equiparato a sintomi neurologici (cioè perdita

di unità motorie residue).

– Postpolio con sintomi Muscolo-scheletrici, che porta a “usura” sulle articolazioni non causate da

alterazioni neurologiche.

La sindrome postpolio è più intensa nei muscoli delle gambe. L’aumento dello stress

sull’indebolimento dei muscoli aumenta l’instabilità articolare. Il danno virale alla formazione

reticolare, l’ipotalamo, i nuclei talamici e ai neuroni dopaminergici diminuiscono l’attività corticale,

riducendo così l’elaborazione delle informazioni e l’elaborazione motoria. Questi soggetti hanno

bassi livelli di dopamina e ciò può contribuire al degrado cognitivo.

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SINDROME DI GUILLAIN-BARRÉ

La sindrome di Guillain-Barré è una patologia autoimmune che può comportare un periodo di auto-

limitazione (8-16 mesi) di disfunzione motoria, sensoriale o autonomica. Viene descritta come un

polineuropatia demielinizzante infiammatoria acuta, caratterizzata da progressiva debolezza

muscolare ascendente simmetrica, con paralisi e iporeflessia. I nervi periferici e le radici spinali

sono i principali siti di demielinizzazione, ma possono essere coinvolti anche i nervi cranici. Il

recupero è associato alla rimielinizzazione. Esistono diversi sottotipi patologici ed eziologici:

• Polineuropatia demielinizzante infiammatoria acuta (AIDP)

• Neuropatia assonale motoria acuta (AMAN)

• Sindrome di Miller-Fisher (MFS)

• Neuropatia panautonomica acuta

È generalmente preceduta da un’infezione batterica o virale antecedente (Campylobacter jejuni, o

Citomegalovirus acuto). I sintomi sensoriali spesso precedono la debolezza motoria. Circa il 20%

dei soggetti sviluppano insufficienza respiratoria. All’esordio, il 60% dei pazienti ha debolezza in

tutti e quattro gli arti. Il tasso di mortalità varia dal 2% al 6% con la morte generalmente causata

dalle complicanze respiratorie. Oltre il 75% dei soggetti può avere un recupero completo o quasi

completo.

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FISIOLOGIA CLINICA DELL’ESERCIZIO FISICO: SINDROME POST-POLIO

Sono stati riportati studi dove si spiega che capacità aerobica (V˙O2 di picco) era

significativamente correlato alla forza muscolare negli arti inferiori. Ciò suggerisce fortemente che

il picco di VO2 è dipendente dalla scarsa forza delle gambe.Di conseguenza, l’American College of

Sports Medicine, sostiene un training ad un ergometro che coinvolga arti superiori e inferiori. I

miglioramenti nel VO2 di picco si oservano con un esercizio fisico che va da 8 a 22 settimane e

non si riportano effetti avversi. Studi che hanno coinvolto queste persone in regimi di allenamento

di resistenza agli arti inferiori, per un periodo di 6-12 settimane, hanno mostrato aumenti

significativi nella forza e alcuni partecipanti sono diventati meno sintomatici. La persona dovrebbe

iniziare da una bassa intensità e gradualmente aumentare fino ad una moderata, ma non ad alta

intensità.

FISIOLOGIA CLINICA DELL’ESERCIZIO FISICO: SINDROME DI GUILLAIN-BARRÉ

Le strategie di riabilitazione sono simili a quelle per altre malattie neuromuscolari. La debolezza

motoria è stata associata all’accorciamento muscolare, risultante da contratture articolari e ciò può

essere impedito con esercizio fisico giornaliero adattato, anche in fase stabile. L’esercizio in fase

iniziale, dovrebbe includere un programma di rafforzamento a bassa intensità che coinvolge la

componente isometrica, isotonica, isocinetica, attentamente adattato alla gravità della

condizione. Perdite propriocettive, possono causare atassia (perdita della capacità di coordinare i

movimenti). Esercizi ripetitivi che coinvolgono movimenti di tutto il corpo, contribuiranno a

migliorare la coordinazione. Dopo la riabilitazione ospedaliera, nella fase stabile, il 19%-50% di

queste persone, avrà ipotensione posturale, e uno degli obiettivi nella stabilità clinica, dovrebbe

essere migliorare la velocità di conduzione nervosa ed eseguire test di forza muscolare nel tempo.

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PRESCRIZIONE DELL’ESERCIZIO FISICO NELLA SINDROME POST-POLIO

Sono 5 le classificazioni che sono state sviluppate per facilitare la programmazione del training più

sicura e efficace, perché se la persona non è classificata correttamente, un programma di

esercizio fatto male, potrebbe danneggiare le unità motrici instabili.

– Nella classificazione 1 (ovvero nessuna poliomielite clinica), si raggruppano soggetti con più alta

funzionalità e meno sintomatologia. Individui con questa classificazione non hanno storia di

recente debolezza muscolare. Queste persone dovrebbero essere in grado di esercitare

un’intensità aerobica del 50% -70% della frequenza cardiaca (HRR), oppure uno sforzo percepito

(RPE) di 12-14 (sulla scala 6-20), o livelli di intensità in MET tra 6-9. La durata del training può

essere fino a 30 minuti, 3-5 giorni a settimana. Si raccomanda che la modalità di esercizio

coinvolga la muscolatura della parte superiore e inferiore del corpo

– Nella classificazione 2 (polio subclinica) non mostra nuova debolezza ma una storia di

debolezza con pieno recupero.L’Esercizio per questa classificazione include un’intensità di RPE

simili alla classe 1, ma i livelli di MET dovrebbero essere tra i 5-8. La durata dell’allenamento

dovrebbe includere intervalli di 5 minuti, con un periodo di “riposo” di 1 minuto tra gli esercizi. Le

sedute dovrebbero alternarsi con 1 giorno di riposo con la modalità della classificazione 1.

– Nella classificazione 3 (poliomielite clinicamente stabile), c’è una storia di debolezza con

recupero variabile, ma non una nuova debolezza. L’intensità dell’esercizio dovrebbe includere una

frequenza cardiaca del 40% -60%, oppure RPE di 11-13, con un’intensità in MET tra 4-5. La

durata dovrebbe essere fino a 20 minuti totale, con intervalli non superiori a 3 minuti e con un

tempo di recupero di 1 minuto fra le serie. Frequenza e modalità sono simili alla classificazione 2.

– Nella classificazione 4 (poliomielite clinicamente instabile) si registra un storia di debolezza con

recupero variabile e recente storia di nuova debolezza. L’Esercizio dovrebbe includere durate di 2-

3 minuti di attività, seguita da un recupero di 1-2 minuti per un tempo totale di esercizio di 15

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minuti, 3 volte a settimana. Il livello di intensità dovrebbe essere, considerando la frequenza

cardiaca, del 40% -50%, oppure RPE di 11-12, mentre i livelli di MET, fino a 3.

– Nella classificazione 5 (polio gravemente atrofico), si registra la più bassa funzionalità, con

nuove debolezze e poco recupero dalla fase acuta. Il corpo ha una scarsa forza muscolare, atrofia

e grave areflessia degli arti. L’Esercizio strutturato è generalmente controindicato. Le ADL

dovrebbero essere l’esercizio fisico indicato. Uno studio ha riportato i guadagni di forza usando un

allenamento isotonico di 3 serie, 12 ripetizioni ciascuno, 2 volte a settimana in giorni non

consecutivi. Il carico iniziale dovrebbe corrispondere ad una percezione dello sforzo in RPE di 13-

14.

Studi recenti hanno studiato gli effetti dell’esercizio in acqua. Il clima caldo riduce il dolore, i

problemi di salute e la depressione. Esercizi in acqua calda, migliorano anche il condizionamento

cardiovascolare.

PRESCRIZIONE DELL’ESERCIZIO FISICO NELLA SINDROME DI GUILLAIN-BARRÉ

A queste persone è consentito eseguire esercizio fisico, fino a quando inizia il dolore muscolare /

affaticamento. La fatica deve essere “attentamente controllata”. Un allenamento tipo può durare

circa 20-30 minuti per sessione, al 70% della frequenza cardiaca massima, lavorando sulle

capacità cardiopolmonari e resistenza alla forza isocinetica. Durante la parte aerobica in bike, ci si

può riposare ogni 5 minuti di lavoro ad esempio. Mentre nessun periodo di riposo è stato segnalato

per una camminata. Queste persone negli studi hanno migliorato la distanza percorribile, velocità

di marcia, e tempo di guida (cicloergometro) senza effetti collaterali. Una volta che la malattia inizia

a stabilizzarsi, anche esercizi di potenziamento muscolare dovrebbero essere intrapresi. Questo

suggerisce che un programma di esercizi che coinvolge non solo la componente aerobica ma

anche allenamento di forza, da molti benefici a queste persone, infatti dopo protocolli adattati, si

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registravano miglioramenti nelle attività della vita quotidiana. Negli studi si precisa che dovrebbe

esserci uno specialista di esercizio fisico adattato, certificato, per lavorare con queste popolazioni

cliniche.

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Sclerosi Multipla Ed Esercizio Fisico Adattato: Dalla Teoria Alla Pratica

La Sclerosi Multipla, o malattia demielinizzante del sistema nervoso centrale, è caratterizzata da

neurodegenerazione, infiammazione, e demielinizzazione assonale. Questa malattia ha una natura

cronica e colpisce specialmente giovani donne. Il decorso può causare significativi sintomi mentali,

fisici e irreversibili deficit neurologici, tra cui debolezza muscolare, atassia, tremore, spasticità,

paralisi, disturbi dell’equilibrio, deterioramento cognitivo, perdita della visione, visione doppia,

vertigini, alterazione nella deglutizione, nel linguaggio, deficit sensoriali, disfunzione intestinale,

dolore, affaticamento e depressione. Le disfunzioni motorie sono frequentemente dovute a

debolezza muscolare, meccanica anormale della deambulazione, deficit di equilibrio, spasticità e

stanchezza. È stato riferito che quasi il 50% dei soggetti con sclerosi multipla, utilizza un

dispositivo accessorio per lo spostamento dopo i 15 anni dall’inizio della malattia. Queste persone

spesso riducono le loro attività a causa della loro paura di aumentare la sintomatologia.

Le alterazioni legate al processo patologico stesso sono irreversibili, ma il decondizionamento è

spesso reversibile con l’esercizio fisico adattato. Inoltre, l’inattività può comportare:

ipercolesterolemia, ipertensione, obesità, diabete 2, cancro, artrite, osteoporosi, depressione,

stanchezza, e la morte per malattie cardiovascolari sono le più frequentemente riportate. Queste

comorbilità sono collegate alla ridotta capacità aerobica, diminuzione della massa muscolare e

della forza, aumentata atrofia muscolare.

Per molti anni, i medici dicevano a queste persone di evitare attività fisica ed esercizio fisico, ma

ora i ricercatori spiegano che l’esercizio fisico regolare è una possibile soluzione durante il periodo

di malattia per limitare il processo di decondizionamento e conseguire un livello ottimale di qualità

della vita, in quanto non vi è alcuna preoccupazione sull’aumento della sintomatologia o il suo

progresso.

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BENEFICI DELL’ESERCIZIO FISICO PER SOGGETTI CON SCLEROSI MULTIPLA

L’esercizio appropriato può portare significativi e importanti miglioramenti in diverse aree: fitness

cardiorespiratoria, forza muscolare, flessibilità, stabilità, stanchezza, cognizione, qualità della vita e

funzione respiratoria.

L’allenamento aerobico di intensità da bassa a moderata, è efficace su: fitness cardiovascolare,

umore e qualità della vita e questo tipo di esercizio è sicuro e tollerabile.

L’allenamento della fitness cardiorespiratoria è associata all’aumento di VO2 Max o VO2 di picco,

migliorando anche la funzione respiratoria. I ricercatori spiegano che l’allenamento

cardiorespiratorio è il migliore intervnto di neuroriabilitazione in questi soggetti. Mentre,

l’allenamento della forza ha riportato maggiore resistenza alla fatica, migliore abilità nel

movimento. Questo tipo di intervento è ottimo per migliorare la capacità funzionale.

Anche l’uso di corticosteroidi terapeutici e inattività fisica, possono portare a osteoporosi e

fratture. Ricercatori hanno dimostrato che tra 220 donne con Sclerosi multipla, l’82% aveva una

storia d’uso di corticosteroidi e il 53% aveva una perdita di mobilità e massa ossea. L’esercizio

con pesi può rallentare la perdita di massa muscolare e massa ossea. Per questo motivo questo

tipo di training è fortemente raccomandato.

Le persone con sclerosi multipla hanno limitazioni nel R.O.M. a causa di spasticità e inattività

prolungata. Gli obiettivi degli esercizi di flessibilità sono di allungare i muscoli troppo contratti,

migliorare il R.O.M., ridurre la spasticità e mantenere una buona postura. Allungare i muscoli può

ritardare l’arrivo dolorante delle contrazioni muscolari e degli spasmi.

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RACCOMANDAZIONI SULL’ESERCIZIO FISICO

Valutazione pre-esercizio

Dovrebbe essere preso in considerazione uno screening completo prima di progettare un

programma di esercizi personalizzato. Questo dovrebbe essere eseguito dal medico dello sport o

fisiatra. La valutazione dovrebbe includere il trascorso motorio del soggetto, una revisione della

funzione cardiopolmonare, esaminare eventuali fattori di rischio o disturbi respiratori / metabolici.

Alcuni autori hanno raccomandato un ECG di base o test da sforzo submassimale. Utilizzando

queste valutazioni, il medico può formulare adeguate indicazioni sulla strutturazione di un

programma di esercizio adattato. Dopo l’autorizzazione medica, il professionista dell’esercizio

fisico, dovrebbe usare test di fitness appropriati per stimare l’efficienza cardiorespiratoria e

muscolo-scheletrica. Questi test dovrebbero essere selezionati in base alla tolleranza del soggetto

e agli obiettivi (es. 6MWT).

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Il programma di esercizio fisico individualizzato dovrebbe essere progettato per migliorare: forza,

resistenza, equilibrio, coordinazione, affaticamento, prendendo in considerazione le menomazioni

di base e le capacità residue. Questi esercizi dovrebbero essere eseguiti almeno una volta al

giorno. In soggetti motivati, il rinforzo muscolare focalizzato con progressione del carico può

essere efficace. Successivamente gli esercizi integrati e globali, danno più vantaggi, specialmente

nel ridurre la percezione della stanchezza e migliorando i diversi aspetti della qualità della vita. La

combinazione esatta di esercizi, dovrebbe essere individualizzato in base alle esigenze del

paziente e alle sue funzionalità. L’esercizio acquatico è un buon esempio di integrazione,

incorporando contemporaneamente forza, flessibilità ed equilibrio.

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L’allenamento aerobico è generalmente sicuro e ben tollerato in questi soggetti. La frequenza di

esercizio di 2-5 le sessioni settimanali sono raccomandate in linea generale. Iniziare con

un’intensità del 40%-70% o 60%-80% del VO2Max, oppure il 40% -60% della frequenza cardiaca.

Anche una valutazione dello sforzo percepito (RPE) con una percezione di 11-13 (abbastanza

leggera o piuttosto dura) è un’altra preziosa alternativa per l’intensità di esercizio. A seconda del

livello di disabilità del soggetto, si suggerisce una durata dell’allenamento di 10-40 minuti.

All’inizio, può essere suddiviso in tre periodi di 10 minuti. Durante i primi 2-6 mesi, la progressione

dovrebbe essere raggiunta aumentando la durata o la frequenza delle sessioni settimanali. Dopo

questo tempo, si può proporre una maggiore intensità. In una condizione di massima efficienza

fisica, si può proporre anche un interval training (fino al 90% di VO2max).

In termini di modalità di allenamento della forza, meglio l’uso delle macchine per garantire

sicurezza, soprattutto nella fase iniziale di allenamento. Se le macchine non sono praticabili, un

programma di esercizio domiciliare, usando le fasce elastiche e / o il peso corporeo come

resistenza, dovrebbe essere sufficiente. La frequenza di allenamento di 2-3 sessioni settimanali è

in genere tollerata e dà luogo a miglioramenti significativi. L’intensità dell’allenamento dovrebbe

essere impostata in un range di 8-15 ripetizioni del massimale (RM) con il 60% -80% di 1RM.

Questa intensità dovrebbe essere gradualmente aumentata nei mesi, verso un’intensità di circa 8-

10 RM. La resistenza può essere aggiunta quando 15 ripetizioni sono eseguite correttamente nelle

sessioni di allenamento successive. Il soggetto dovrebbe iniziare con 1 o 3 serie, aumentandole

fino a 4 in pochi mesi. È importante dare delle pause di riposo tra 2 e 4 minuti tra gli esercizi. Un

programma dovrebbe includere dai 4 ai 10 esercizi. Fondamentale riequilibrare la muscolatura dei

gruppi muscoli agonisti / antagonisti. Particolare attenzione dovrebbe essere posta sugli estensori

della cintura posteriore della spalla, della colonna vertebrale, dell’anca, ginocchio e sui muscoli

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dorsiflessori. In termini di precauzioni, nel sollevamento pesi, la posizione seduta è preferita (come

nella maggior parte delle macchine), per ridurre al minimo il rischio di caduta con pesi liberi.

Si consigliano gli esercizi di flessibilità per compensare gli effetti della spasticità, migliorare la

mobilità l’equilibrio e la postura. Questi esercizi dovrebbero essere eseguiti giornalmente per 10-

15 minuti. Lo stretching dovrebbe essere fatto sia prima che dopo le sessioni di allenamento e

deve coinvolgere i gruppi muscolari utilizzati nel programma. Gli allungamenti dovrebbero essere

lenti, delicati e prolungati. Queste persone hanno anche riduzioni di forza della muscolatura

respiratoria, quindi è importante potenziare la resistenza di questi distretti muscolari. Una

preoccupazione comune per queste persone, durante l’esercizio fisico è lo sviluppo di sintomi

transitori come la visione offuscata innescata da surriscaldamento. Questi soggetti che possono

essere sensibili al calore, dovrebbero evitare allenamenti in ambienti caldi o in ore centrali della

giornata, quindi meglio eseguire il training di primo mattino. Bisogna educare la persona ad

indossare indumenti leggeri e traspiranti.

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Si conclude quindi che l’esercizio fisico è considerato sicuro ed efficace. Un programma di

esercizio fisico supervisionato e individualizzato, può migliorare la forma fisica, la capacità

funzionale e la qualità della vita nei soggetti con Sclerosi Multipla.

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Esercizio Fisico Come Terapia Nel Cancro: Prescrizione E

Raccomandazioni

Un’ampia percentuale di individui con diagnosi di cancro sono sottoposti al trattamento per la

malattia. Sebbene i tassi di mortalità siano ridotti, molti sopravvissuti soffrono di sintomi acuti,

cronici e tardivi causati dai trattamenti. Il trattamento comprende più spesso chirurgia,

chemioterapia, radioterapia, terapia ormonale, terapia immunitaria e / o una combinazione di

queste terapie. Queste terapie possono causare una serie di sintomi fisici e psicologici che

ostacolano la capacità del soggetto di rispettare i protocolli di trattamentosvol, gere le attività di vita

quotidiana (ADL) e mantenere uno standard di vita convenzionale. Alcuni dei sintomi più

comunemente riportati sono: perdita di funzione fisica, sarcopenia, cachessia, perdita ossea,

affaticamento, deterioramento cognitivo e angoscia. L’esercizio fisico è una modalità di trattamento

efficace che risolve con successo numerosi sintomi che frequentemente si manifestano in questa

condizione.

MECCANISMI BIOLOGICI INDOTTI DALL’ESERCIZIO FISICO

L’esercizio fisico può essere efficace nel mitigare diversi sintomi perché è un trattamento in grado

di influenzare percorsi biologici che possono essere coinvolti nell’eziologia di numerosi sintomi.

Esempi di percorsi biologici ipotizzati includono le risposte immunitarie infiammatorie, gli

adattamenti metabolici, neuroendocrini e le influenze genetiche / epigenetiche. Livelli di riposo più

elevati di alcuni ormoni simpatici, implicano l’affaticamento e predicono dolore, depressione e

affaticamento.Fin’ora un crescente corpo di ricerca suggerisce fortemente che l’esercizio fisico

influenza positivamente la funzione immunitaria, metabolica, neuroendocrina, genetica ed

epigenetica, già in individui senza cancro. Poiché l’esercizio fisico può influenzare direttamente

questi percorsi individualmente e simultaneamente, è un trattamento promettente.

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ESERCIZIO FISICO COME FORMA DI TERAPIA

L’esercizio fisico migliora una vasta gamma di sintomi psicologici e fisici tra cui atrofia muscolare e

debolezza, affaticamento, obesità, funzione immunitaria, insonnia, ansia, declino cognitivo e

compromissione della qualità della vita. Inoltre, i dati epidemiologici suggeriscono anche che

l’aumento dell’esercizio fisico regolare riduce il rischio di recidiva e di mortalità per

cancro. L’esercizio può essere progettato in modo univoco per le esigenze specifiche di ciascun

soggetto oncologico o sopravvissuto in base all’età, alla salute o stato funzionale. L’American

College of Sports Medicine (ACSM) ha pubblicato raccomandazioni per l’esercizio tra i malati di

cancro. Questi soggetti dovrebbero iniziare dalle basiche linee guida (150 minuti di intensità

moderata o 75 minuti di intensa attività aerobica a settimana) accompagnati da 20-30 minuti di

allenamento della forza in tutti i principali gruppi muscolari 2 o 3 volte alla settimana e stretching

regolare ogni settimana. Nonostante queste linee guida, si stima che fino al 70% dei sopravvissuti

al cancro non si impegni a seguire queste indicazioni. Questa mancanza di esercizio fisico

regolare è particolarmente problematica per i malati di cancro se combinata con i sintomi fisici e

psicologici che sperimentano.

Nonostante i numerosi benefici dell’esercizio, la maggior parte dei sopravvissuti al cancro riferisce

di non praticare esercizio fisico durante il trattamento e nella fase di recupero del

cancro. Considerati i benefici dell’esercizio fisico durante e dopo i trattamenti oncologici, insieme

ad un laureato specializzato, questi soggetti potrebbero migliorare in modo significativo la

prognosi, il recupero, il carico dei sintomi e molteplici ambiti della qualità della vita.

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PRESCRIZIONE DELL’ESERCIZIO FISICO PER I MALATI / SUPERSTITI DI CANCRO

Test di esercizio, prescrizione e monitoraggio degli esercizi devono essere eseguiti da

professionisti qualificati, in particolare per i soggetti sopravvissuti che presentano un elevato

carico sintomatico, per quelli a rischio moderato che iniziano o continuano un intenso esercizio

fisico e per i soggetti ad alto rischio che iniziano o proseguono qualsiasi livello di esercizio.

Le prescrizioni devono essere personalizzate e adattate in base allo stato di salute dell’individuo,

alla traiettoria della malattia, al trattamento precedente e / o attuale, al carico dei sintomi, al livello

di fitness attuale, alla partecipazione agli esercizi passati / presenti e alle preferenze individuali.

Prescrizioni di esercizi aerobici moderatamente intensi (55% -75% della frequenza cardiaca

massima160) programmati in soli 10 minuti e non più di 90 minuti al giorno, per 3-7 giorni alla

settimana, sono efficaci nel ridurre il carico dei sintomi e nel migliorare la qualità di vita tra malati

di cancro / sopravvissuti. Accumulando 30 minuti di attività quotidiana attraverso brevi periodi di

esercizio aerobico (3-10 minuti ciascuno), con pause intermedie, si può anche ridurre

significativamente la sintomatologia.

Prescrizioni di esercizi di forza con un’intensità da moderata a alta, 3 volte a settimana, da 2 serie

fino a 4 serie per ogni esercizio, con 8-15 ripetizioni, sono efficaci nel ridurre i sintomi. Le

prescrizioni di esercizi combinati che includono sia l’esercizio aerobico che quello di forza sono

sicure e molto efficaci per la maggior parte dei soggetti sopravvissuti.

I ricercatori spiegano che: la qualifica minima per uno specialista esperto include un diploma di

laurea o superiore in scienze di cinesiologia.

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La letteratura sull’oncologia fornisce un supporto notevole per la sicurezza e l’efficacia degli

interventi di esercizio fisico nella gestione dei sintomi e nel trattamento del cancro. Le prove

suggeriscono che l’esercizio fisico regolare è sicuro ed efficace come terapia per sintomi multipli

che si verificano in questa condizione. A livello globale, la ricerca suggerisce: l’esercizio aerobico,

l’allenamento di resistenza e una combinazione di entrambe, sono efficaci per aiutare i malati di

cancro a far fronte alla loro malattia, per migliorare il recupero e aumentare complessivamente la

qualità della vita.

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Allenamento A Circuito: Il Training Ottimale Per La Salute

L’invecchiamento porta cambiamenti irreversibili nella struttura e nella funzione di un organismo.

L’esercizio fisico rappresenta l’intervento che più di altri, è in grado di raggiungere un’ampia

gamma di cambiamenti fisiologici. La posizione dell’American College of Sports Medicine,

evidenzia che i pilastri di un programma di esercizio fisico per soggetti adulti / anziani dovrebbe

contenere: esercizio aerobico e di forza. Mentre l’allenamento aerobico è efficace per ridurre la

massa grassa, la frequenza cardiaca a riposo e la pressione arteriosa, l’allenamento di forza si è

dimostrato più efficace per aumentare il metabolismo basale, densità minerale ossea, e forza

muscolare.

Il Circuit Weight Training (CWT) è una modalità di esercizio pensata per stimolare sistemi che

promuovono sia benefici cardiovascolari che di forza. Tali programmi consistono in serie di 10-15

ripetizioni, di esercizi che coinvolgono più parti del corpo. Si usano pesi modesti (circa il 40-60% di

1RM). Ogni esercizio è in genere completato entro 30-40s, con circa 15-30 s di riposo tra un

esercizio e l’altro. Il circuito viene ripetuto da 1 a 3 volte a seconda del livello di forma fisica.

Quindi, ci vogliono circa 30 minuti per completare una sessione di allenamento. I ricercatori hanno

dimostrato che l’allenamento di resistenza basato sul circuito è molto efficace per aumentare il

massimo consumo di ossigeno, la massima ventilazione polmonare, la capacità funzionale e la

forza, migliorando nel contempo anche la composizione corporea. In questo modo, il circuito forma

una modalità di allenamento efficiente in termini di tempo che può suscitare miglioramenti

dimostrabili nella salute e nella forma fisica.

Per ottimizzare la programmazione del circuito, bisogna identificare la combinazione più efficace di

intensità, volume, rapporto tra lavoro e riposo, frequenza settimanale e sequenza di esercizi, così

da promuovere adattamenti neuromuscolari, cardiorespiratori e di composizione corporea migliori.

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EFFETTI SULLA MASSA GRASSA

Bocalini et al. hanno studiato l’effetto dell’allenamento a circuito (50 min. circa) con un rapporto

lavoro/recupero 1:1 (45:40 s) e bassa intensità (poiché usavano esercizi con bande elastiche).

Questi autori hanno osservato che, a seconda dello stato iniziale dei soggetti, l’allenamento è stato

influenzato in modo diverso, quindi la riduzione del grasso corporeo è stata variabile: dal 4,6%,

11%, fino al 21,4% per i partecipanti con peso normale, sovrappeso e obesità. Takeshima et al.,

dopo 12 settimane di allenamento (30 minuti per sessione), con un rapporto lavoro-riposo di 1:1

(30:30s) e un’intensità moderata, hanno osservato una diminuzione del 16% nel grasso

corporeo. Usando un circuito ad alta intensità, Paoli et al. hanno riscontrato una maggiore

diminuzione del grasso corporeo, a causa del maggiore EPOC (consumo di ossigeno post

esercizio). Inoltre, con questa metodica si può attivare più efficacemente la lipolisi, rispetto

all’allenamento aerobico convenzionale.

EFFETTI SULLA MASSA OSSEA

L’allenamento per la forza è uno dei programmi più frequenti volti a migliorare la massa ossea

negli anziani. L’aumentato dello stress meccanico sull’osso fornito da questo tipo di allenamento,

aumenta l’osteogenesi. Romero-Arenas et al. hanno scoperto che un allenamento sul circuito di

forza, ha comportato aumenti significativi della BMD. Dopo 12 settimane di allenamento a circuito,

con carico elevato (6 RM), la BMD di tutto il corpo è aumentata del 1,2%, rispetto ai

controlli.Questi risultati hanno mostrato che la massa ossea può essere significativamente

aumentata con un regime di forza con basse ripetizioni ad alto carico. Pertanto, il picco di carico

sembra essere più importante del numero di ripetizioni, nell’aumentare la massa ossea.

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CHE EFFETTO HA IL CIRCUITO SUI PARAMETRI CARDIOVASCOLARI?

Gli studi che hanno analizzato gli adattamenti cardiovascolari all’allenamento a circuito, hanno

mostrato aumenti dal 15% al 18,6% nel VO2max, utilizzando un programma con 8-12 stazioni di

esercizi, 3 giorni alla settimana. Brentano et al. hanno sviluppato un programma di esercizi basato

su circuiti in donne in post-menopausa, che hanno prodotto miglioramenti significativi nel VO2max

(18,6%) dopo 24 settimane di allenamento con intensità del 40-60% di 1RM. La durata

dell’intervallo di riposo variava da 0 a 30s con intervalli di lavoro di 30 s. Il rapporto tra lavoro e

riposo è anche un fattore importante per il miglioramento della fitness aerobica, in quanto può

influenzare gli adattamenti e il recupero.Non esiste un rapporto standard tra lavoro e riposo,

sebbene i rapporti di lavoro a riposo usati più frequentemente siano 1:1 (30:30s) o 2:1 (30:15s).

Pertanto, un breve periodo di riposo durante l’allenamento con i pesi del circuito sembra

aumentare il VO2max.

CHE EFFETTO HA IL CIRCUITO SUI FATTORI DI RISCHIO PER MALATTIE LEGATE

ALL’ETÀ?

Palevo et al. hanno dimostrato che, dopo 8 settimane di allenamento con pesi a circuito, i soggetti

con insufficienza cardiaca cronica dovuta a disfunzione sistolica ventricolare sinistra, hanno

aumentato del 16% la frazione di eiezione, del 15% il volume dopo l’ictus e del 23% la forza

muscolare.

Altri ricercatori, dopo 8 mesi di allenamento, hanno registrato, in pazienti con malattia coronarica,

un miglioramento nell’idoneità cardiovascolare (15,4% nel VO2 di picco) e nella forza muscolare

(aumentata in media del 28% in tutti gli esercizi).

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Simões et al. hanno confrontato gli effetti del circuito di resistenza al 23 e 43% di intensità di 1RM

sulla risposta della pressione arteriosa post-esercizio nei soggetti sani, riscontrando una riduzione

della pressione arteriosa, solo con volumi di training più alti (almeno 2 set). Solo così si riesce ad

ottenere una riduzione della pressione arteriosa nelle 24 ore. Nelle donne in postmenopausa,

l’allenamento a circuito, 2-3 volte a settimana, ha prodotto effetti benefici sulla rigidità e pressione

arteriosa.

Nei soggetti diabetici di tipo II, l’allenamento con il circuito di resistenza (60-80% di 1RM),

combinato con allenamento aerobico (al 55-70% di VO2max), ha migliorato i fattori di rischio

metabolici (HbA1c ridotta dello 0,45%; Glicemia a digiuno ridotta del 21,6%; Peso corporeo ridotto

del 2,1%; Pressione arteriosa sistolica ridotta dell’ 8,0% e Colesterolo totale ridotto del 16,4%.

Sulla base delle recenti evidenze:

1) La frequenza minima settimanale di allenamento a circuito, dovrebbe essere almeno di 2

sedute.

2) L’allenamento a circuito dovrebbe essere sviluppato con un volume che va dai 30 ai 50 minuti a

sessione. Il numero di serie e ripetizioni per esercizio, dipenderà dall’intensità di lavoro usata.

3) L’intensità di carico per promuovere l’ipertrofia dovrebbe avvicinarsi al 60-85% (mentre per

soggetti allenati almeno all’85%) di 1RM.

4) Il rapporto tra lavoro e riposo è un fattore fondamentale nella programmazione. Il rapporto

lavoro-riposo 1:1 (30:30s) è uno stimolo eccellente per promuovere miglioramenti nella fitness

aerobica e nella composizione corporea.

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Esercizio Fisico E Salute Mitocondriale: Meccanismi E Benefici

L’invecchiamento è associato a un declino generalizzato in tutte le funzioni fisiologiche, e tra i 30 e

70 anni, si osserva una riduzione del 25-30% nella maggior parte delle funzionalità.

Sfortunatamente, questa condizione fisiologica diventa clinicamente rilevante in oltre il 25% delle

persone anziane di 85 anni, classificata come “fragilità”. Questa condizione è definita come uno

stato di maggiore vulnerabilità, associato a scarsa risoluzione dell’omeostasi dopo un evento

stressante, aumentando così il rischio di esiti avversi. In altre parole, un insulto omeostatico anche

piccolo, come un’infezione, si traduce in cambiamenti sproporzionati nella salute del soggetto. Il

declino fisiologico della funzione dei muscoli scheletrici con l’invecchiamento, indicato come

“sarcopenia”, è caratterizzato da una progressiva perdita di prestazioni neuromuscolari,

scheletriche e massa muscolare, con un’alterazione della funzione delle cellule staminali associato

alla perdita di forza.

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La disfunzione mitocondriale è fortemente implicata nel processo di invecchiamento. Molti studi

hanno dimostrato che una perdita di integrità mitocondriale comporta sia l’inizio che la

progressione di molti problemi di salute: neuromuscolari, metabolici e cardiovascolari. I mitocondri

sono organelli intracellulari il cui compito principale è quello di fornire il fabbisogno energetico

cellulare. Oltre alla sintesi di ATP, sono coinvolti in meccanismi come: apoptosi, trascrizione,

traduzione e replica del mtDNA. Si conosce, in letteratura, che l’esercizio aerobico e l’esercizio di

forza, condizionano la funzione mitocondriale. L’inattività fisica accelera il catabolismo muscolare,

la disfunzione mitocondriale e stress ossidativo, con riduzione della capacità aerobica. Questi

problemi possono portare a un “circolo vizioso” dove le persone anziane diventano sempre più

sedentarie nel tempo.

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RISPOSTE MITOCONDRIALI ALL’ESERCIZIO FISICO

Sia l’esercizio fisico acuto che cronico, influisce sul contenuto mitocondriale. Gli adattamenti

riportano una vasta gamma di cambiamenti strutturali e funzionali, come un aumento del contenuto

e del volume proteico. È stato proposto che la perdita del meccanismo di autofagia, dovuto all’età,

porta ad un accumulo di mitocondri danneggiati, che promuovono la morte cellulare e

l’infiammazione sistemica. La ricerca spiega che l’esercizio fisico aumenta i livelli di IGF-1 / MAPK.

I percorsi MAPK regolano diversi processi che vanno dalla proliferazione, differenziazione, fino

all’apoptosi. Un aumento dell’attività MAPK dopo l’esercizio fisico è un importante regolatore

genico, reponsabile degli effetti benefici sull’invecchiamento dei muscoli scheletrici. Un declino

della funzione mitocondriale, incluso un’alterazione della biogenesi, non solo mette in pericolo le

prestazioni della cellula ma da anche luogo ad infiammazione sistemica e riduzione dei fattori di

crescita (come IGF-1), associati all’invecchiamento, portando più velocemente, a senescenza e

morte cellulare.

L’esercizio fisico stimola anche enzimi coinvolti nella β-ossidazione, ciclo dell’acido tricarbossilico e

il sistema di trasporto degli elettroni. Di conseguenza, la capacità ossidativa del muscolo

scheletrico potrebbe aumentare, fino al 40% in risposta all’esercizio fisico. Aumenti della capacità

respiratoria sembrano essere spiegati da una maggiore espressione di enzimi mitocondriali che

facilitano il metabolismo aerobico. Inoltre, le alterazioni specifiche nel sistema di trasporto degli

elettroni, dipendono dall’intensità dell’esercizio. Il flusso di elettroni e la capacità ossidativa,

sembrano migliorare di più con l’esercizio fisico e questo miglioramento è indipendente

dall’intensità di allenamento (che sia alta intensità HIT o semplice forza). Si registra anche che

dopo l’esercizio fisico, la capacità del sistema di trasporto degli elettroni, migliora. Questa fase,

migliora del 25%, molto di più in risposta all’H.I.T. Coattivatore della PGC-1α, è un regolatore

centrale, esercizio-indotto, e la sua espressione è attivata dalle chinasi che includono la proteina

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(MAPK) e (AMPK). Insieme ai fattori respiratori nucleari 1 e 2 (NRF-1/2) e recettore α (ERRα)

correlato agli estrogeni, la PGC-1α attiva un certo numero di geni coinvolti nella fosforilazione

ossidativa, ossidazione degli acidi grassi e capacità antiossidante. È importante notare che la

PGC-1α, sovra-regola la trascrizione mitocondriale A(Tfam), responsabile dell’espressione della

subunità ETC codificata dal mtDNA. Diverse prove hanno collegato la PGC-1α con il

mantenimento della massa muscolare. Il contenuto di PGC-1α è correlata positivamente con la

capacità ossidativa e lo stato di allenamento.

I mitocondri sono altamente sensibili alle sostanze contrattili rilasciate nel muscolo dopo l’esercizio

fisico, promuovendo la biogenesi e aiutando a mantenere la salute cellulare. Diversi studi hanno

riportato che un aumento nella biogenesi mitocondriale, si ottenga più con un aumento del volume

di allenamento, piuttosto che dell’intensità. Il complesso IV, che è l’accettore di elettroni nella

fosforilazione ossidativa (fase finale della respirazione cellulare), può aumentare la sua capacità

enzimatica nel ridurre la perdita di elettroni, portando ad una minore produzione di

ROS. L’esercizio di forza, provoca un sovraccarico muscolare, con conseguente ipertrofia e

processi di riparazione, che porta le cellule satellite a fondersi per rigenerare le fibre. Di recente,

Spendiff et al., hanno dimostrato che nei pazienti con miopatie mitocondriali, le cellule satellite

hanno processi paragonabili a quelli osservati nei muscoli in attività ma nel senso della

distruzione. Quindi, la strategia di “spostamento del gene” indotta dall’esercizio fisico di forza, è

probabilmente un intervento adeguato in pazienti con miopatie, in quanto può invertire il processo.

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Malattie Cardiovascolari: Perché L’Esercizio Fisico È Terapeutico?

Le cause più comuni di insufficienza cardiaca cronica, ma in genere, di malattie cardiovascolari,

sono: cardiopatia coronarica conseguente all’incompetenza vascolare, ipertensione, diabete e

cardiomiopatia. Circa 250 anni fa il pioniere medico William Heberden, scoprì che l’esercizio fisico

regolare contribuì a ripristinare la funzione fisiologica, migliorando la morbilità e la mortalità in

questi soggetti. Il principale predittore di mortalità in questa condizione è l’intolleranza all’esercizio,

quindi migliorare la capacità fisica è uno degli obiettivi terapeutici principali. A questa condizione, è

associata una ridotta capacità enzimatica ossidativa in tutti i tipi di fibre. Questa ipossemia

muscolare indotta è aggravata dalla riduzione della capacità di diffusione dell’ossigeno a livello

muscolare, che diventa di importanza cruciale perché:

1) Riducendo il flusso di sangue ematico, la cinetica del VO2 diventa limitata, nel momento in cui

l’energia mitocondriale ha bisogno di aumentare più rapidamente.

2) Questo eleva il deficit di ossigeno intracellulare innescando una maggiore glicolisi ed

intolleranza all’esercizio.

3) Inoltre la pressione di ossigeno ridotta a livello capillare, ovviamente impedirà di migliorare la

pressione di ossigeno intracellulare nel muscolo in attività.

In sintesi, il grado di compromissione funzionale, dipenderà dalla misura in cui la pressione di

ossigeno a livello capillare e la capacità di diffusione dell’ossigeno, riusciranno a migliorare

l’ossigenazione muscolare. L’aumento della capillarità indotta dall’esercizio, potrebbe migliorare la

superficie disponibile per lo scambio di ossigeno.

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ESERCIZIO FISICO E PLASTICITÀ VASCOLARE / METABOLICA

I miglioramenti nelle patologie cardiache, indotti dall’esercizio fisico, comprendono una riduzione

della glicolisi anaerobica durante l’attività. Le anomalie intrinseche dei muscoli scheletrici tipiche

nelle patologie cardiovascolari, sono associate a uno squilibrio tra sintesi e degradazione proteica,

dato da riduzioni di espressione genica, del fattore IGF-1. È importante sottolineare che l’esercizio

fisico aumenta l’espressione di IGF-1 e quindi è in grado di invertire l’atrofia muscolare. L’esercizio

fisico produce cambiamenti nella composizione della catena pesante nella miosina, opponendosi

al decorso patologico. L’esercizio fisico riduce la differenza artero-venose di ossigeno, suggerendo

quindi che il consumo di ossigeno muscolare viene migliorato (riscontrandone quindi meno nel

sangue venoso). Questa ridistribuzione del flusso indotta è stata attribuita agli adattamenti

microvascolari locali. L’esercizio fisico riduce l’attività simpatica muscolare e la vasocostrizione, in

quanto promuove riduzioni di angiotensina II, aldosterone, vasopressina e livelli di peptidi

natriuretici.

Nel complesso, l’esercizio fisico migliora il controllo vascolare, agendo sulla migliore

biodisponibilità ossido nitrico (NO), attraverso non solo l’aumento di ossido nitrico sintasi, ma

anche dalla sovra-regolazione eNOS mediata dallo stress di taglio nei vasi, in seguito al lavoro

muscolare. È quindi possibile che adattamenti microvascolari nel trasporto e / o utilizzazione di

ossigeno, contribuiscono a migliorare la capacità di esercizio. L’esercizio fisico è in grado di

aumentare la capacità ossidativa muscolare, grazie al miglioramento della funzionalità

mitocondriale. I miglioramenti riportati in termini di VO2max dopo esercizio intervallato ad alta

intensità sono migliori, ovviamente non tutti i soggetti riescono da subito, ad eseguire questo tipo di

training. Inizialmente quindi, l’approccio migliore dovrebbe comprendere:

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1) Un programma di lavoro che utilizzi una percentuale relativamente piccola di massa muscolare

per evitare il calo di gittata cardiaca, che si può riscontrare in soggetti con insufficienza cardiaca,

portando così il soggetto ad una maggiore tolleranza allo sforzo.

2) Allenamento dei muscoli inspiratori, in quanto in condizioni del genere, spesso si associa

debolezza muscolare inspiratoria, così questo tipo di lavoro, può ridurre o invertire la cattiva

distribuzione della gittata cardiaca.

Mentre durante l’esercizio, si può ripristinare il volume capillare e densità mitocondriale, il post

esercizio, è guidato da un miglioramento emodinamico arteriolare e capillare.

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Che Ruolo Ha L’Esercizio Fisico Nella Vita Dei Leucociti?

L’esercizio fisico è un tipo di stress fisiologico che ha un effetto sostanziale sulla vita dei leucociti.

La quantità di diversi ormoni, citochine e altri fattori, che potrebbero influenzare la sopravvivenza

cellulare, sono aumentati o diminuiti in funzione dell’esercizio fisico.

ESERCIZIO FISICO E APOPTOSI DEI LINFOCITI

L’esercizio fisico ha un notevole impatto sul numero e sulle funzioni dei linfociti nel sangue. Mentre

i numeri dei linfociti circolanti aumentano significativamente durante l’esercizio fisico,

successivamente si ha una linfopenia post-esercizio. Si ritiene che la linfopenia è il risultato di

almeno due diversi processi. Da un lato i linfociti si ridistribuiscono in vari tessuti e organi, dall’altro

lato, parte delle cellule muore per apoptosi. Si pensa che questi processi funzionino in parallelo e

la loro entità sembra dipendere dalla modalità di esercizio. Si presume che l’intensità dell’esercizio

sia il principale responsabile dell’apoptosi del linfocita. È stato ripetutamente dimostrato che

l’esercizio aerobico intensivo (es. maratona, ultra-maratona), aumenta sia la percentuale che il

numero totale di linfociti circolanti. Un aumento dell’apoptosi dei linfociti si verifica dopo il

superamento una soglia del 40-60% del VO2max. Si può ipotizzare che la concentrazione dei

potenziali mediatori dell’apoptosi, siano espressi in modo graduale con l’aumentare dell’intensità

dell’esercizio e che inducono l’apoptosi dopo aver superato una soglia specifica.

Oltre all’esercizio di resistenza aerobica, è stato anche dimostrato che l’apoptosi linfocitaria,

aumenta anche dopo l’esercizio di forza e l’intensità di carico utile, dovrebbe essere circa al 75%

di 1RM, mentre la durata del tempo di recupero o di riposo sembra avere solo il minimo

effetto. Non conta solo l’intensità dell’esercizio, occorre anche un minimo di durata

nell’allenamento, per indurre un aumento significativo dell’apoptosi.

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La sensibilità all’apoptosi dei linfociti sembra essere inversamente correlata allo stato di fitness. La

morte cellulare programmata si verifica solo in soggetti non allenati o non atleti. Queste

osservazioni supportano l’ipotesi che l’attività fisica regolare può prevenire la soppressione indotta

dallo stress, rafforzando la resistenza cellulare.

ESERCIZIO FISICO E APOPTOSI DEI NEUTROFILI

Syu et al. hanno dimostrato che un test da sforzo incrementale acuto, ha indotto un stato

ossidativo nei neutrofili e ha provocato l’accelerazione dell’apoptosi spontanea dei neutrofili. Si

deve considerare che l’esercizio acuto però, va a mobilitare e sacrificare attraverso l’apoptosi, i

neutrofili immaturi non segmentati dal midollo osseo. In soggetti sedentari, in seguito all’esercizio,

vi è un aumento della produzione di ROS e ridotto potenziale di membrana mitocondriale. La

regolazione dell’apoptosi dipende dallo stato di allenamento dei soggetti che indica quindi un

effetto di adattamento nella regolazione della morte cellulare dei neutrofili.

Si presume che l’esercizio fisico, successivamente all’adattamento, induca uno spostamento

verso sotto-popolazioni linfocitarie con una maggiore densità di recettori CD95 sulla loro

superficie, utile quindi per il loro rinnovo.

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RILEVANZA FISIOLOGICA DELL’APOPTOSI DURANTE L’ESERCIZIO FISICO

Simpson et al. hanno notato che i linfociti, che vengono mobilizzati nel sangue durante l’esercizio,

sono prevalentemente cellule senescenti / morenti e dato che queste cellule muoiono

principalmente per apoptosi, si può ipotizzare che l’apoptosi linfocitaria indotta dall’esercizio fisico

abbia lo scopo di creare uno “spazio vuoto” per una nuova e migliore funzionalità dei linfociti ed

espandere così il repertorio di nuove cellule T. Pertanto, si può presumere che l’esercizio

promuova la morte cellulare, così come la produzione di cellule nuove. L’idea che l’esercizio fisico

aumenti non solo la morte cellulare, ma il turnover in generale, è supportato anche da diversi studi

che hanno dimostrato che, ad esempio, l’esercizio fisico mobilita le cellule progenitrici

ematopoietiche dal midollo osseo. É noto soprattutto che dopo protocolli di esercizio eccentrico, i

neutrofili sono rapidamente mobilitati nella circolazione e migrano nel tessuto muscolare

danneggiato. Pertanto, si può ipotizzare che la sopravvivenza dei neutrofili venga prolungata per

migliorare successivamente il processo di riparazione nei tessuti muscolari.

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Controllo Della Circolazione Durante L’Esercizio: Fisiologia E Casi

Patologici

L’aumento del flusso sanguigno ai muscoli attivi fornisce l’apporto necessario di ossigeno e

glucosio per le contrazioni muscolari. Pertanto, durante un singolo esercizio, c’è un accoppiamento

stretto tra il sistema motorio somatico, sistema efferente che innerva il muscolo scheletrico e il

sistema nervoso autonomo che innerva gli organi viscerali. L’attivazione coordinata e simultanea,

comporta un’attività coordinata di circuiti cerebrali integrati di diverse classi di recettori / proiezioni

afferenti, che rilevano e codificano i cambiamenti periferici indotti dall’esercizio fisico. L’attuale

modello di controllo circolatorio durante l’esercizio sostiene che, intervengono due principali

meccanismi neurali:

1) Il comando centrale, un meccanismo di controllo feedforward che da il via alle pulsazioni

muscolari e l’attivazione cardiorespiratoria.

2) Il feedback dei meccanismi di controllo guidati da recettori intrinseci / estrinseci delle aree

cardiovascolari e recettori all’interno del muscolo in attività.

L’aumento dell’attività muscolare e cardiovascolare / respiratoria, induce degli aggiustamenti

durante l’esercizio:

1) Aumento del ritorno venoso, in quanto l’aumento del riempimento cardiaco, stimola i recettori

cardiopolmonari.

2) Aumento della gittata cardiaca e cambiamenti nella resistenza vascolare (vasocostrizione

gastrointestinale e vasodilatazione del muscolo funzionante), che provocano un aumento della

pressione sanguigna che attiva i barocettori arteriosi.

3) Il maggiore consumo di ossigeno e produzione di anidride carbonica da parte dei muscoli,

modificano la PO2 e PCO2 arteriosi, attivando chemocettori periferici e centrali.

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4) I termocettori vengono attivati anche se l’esercizio viene eseguito a caldo o a freddo, durante

attività fisica intensa o prolungata.

5) Contrazioni muscolari e prodotti metabolici del muscolo in contrazione, attivano fibre muscolari

sottili (gruppi III e IV, il cosiddetto riflesso pressorio da esercizio esercizio).

Il comando centrale comprende aree cerebrali più elevate che coinvolgono, all’inizio e durante

l’esercizio, due reti separate: una che segnala il controllo neurale del sistema cardiovascolare e

l’altro segnala il controllo neuromotorio dei muscoli scheletrici attivi. Studi sistematici hanno

dimostrato possibili cambiamenti dei circuiti neuronali, indotti dall’esercizio sulle vie cerebrali del

controllo circolatorio (chiamato rimodellamento funzionale). È stato dimostrato che l’esercizio fisico

regolare:

1) Aumenta la sensibilità del nervo aortico afferente

2) Aumenta l’input noradrenergico dal nucleo del tratto solitario ai neuroni prinonomici, nel nucleo

paraventricolare dell’ipotalamo.

3) Porta a un rimodellamento strutturale (cioè, un aumento della ramificazione dendritica e

superficie del neurone) dei neuroni paraventricolari dell’ipotalamo.

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Inoltre, le proiezioni vasopressinengiche del nucleo paraventricolare dell’ipotalamo e nucleo del

tratto solitario, sono fortemente attivate durante l’esercizio. Da queste osservazioni, è probabile

che il comando centrale e controllori neurali della circolazione (guidati da barocettori, chemocettori,

recettori cardiopolmonari, e i recettori del muscolo scheletrico) interagiscono per regolare il

sistema cardiovascolare e le risposte respiratorie durante l’esercizio.

Durante un aumento di pressione transitoria minima (nessun esercizio), l’attivazione delle

afferenze dei barocettori provoca una forte eccitazione dei neuroni, risultante da un aumento del

deflusso vagale, simultaneamente al ritiro simpatico. L’esercizio fisico invece, provoca un aumento

della pressione, inibisce parzialmente il barocettore, riducendo così sia il deflusso vagale che il

ritiro simpatico a cuore e vasi. In effetti, il sistema nervoso centrale differenzia tra un aumento della

pressione indotta dall’esercizio, da una pressione senza sforzo. L’esercizio fisico, sposta verso

destra e verso l’alto, il controllo riflesso del barocettore della Frequenza Cardiaca. È importante

sottolineare che lo spostamento verso l’alto e verso destra, non cambia la sensibilità del riflesso,

ma queste modificazioni sono un meccanismo importante per spiegare la capacità di ripristino

istantaneo del baroriflesso della Frequenza cardiaca, durante l’esercizio.

Questi meccanismi vengono attivati durante l’esercizio, aiutando ad occludere la bradicardia

riflessa e facilitare la tachicardia durante l’aumento della pressione indotta dall’esercizio fisico, con

conseguente miglioramento della gittata cardiaca.

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CONTROLLO CIRCOLATORIO NEURALE IN SOGGETTI PATOLOGICI

In soggetti con problemi cardiovascolari, c’è un’interruzione in questo complesso

integrativo. L’attività simpatica a riposo è elevata nei soggetti con funzione ventricolare

compromessa e durante l’esercizio fisico intenso, si può provocare una massiccia vasocostrizione

dei letti vascolari inattivi e persino la normale vasodilatazione coronarica. Nell’insufficienza

cardiaca, c’è una compromissione nell’erogazione di ossigeno ai muscoli scheletrici e un’alterata

cinetica di assorbimento di ossigeno, che può portare ad aumento dell’accumulo di metaboliti ed

eccitazione delle fibre III / IV del muscolo scheletrico. Nel cuore compromesso, il flusso sanguigno

del muscolo scheletrico è più basso durante l’esercizio e il metaboriflesso muscolare, può

diventare già sollecitato a bassi carichi di lavoro. Quindi l’eccessiva tachicardia e vasocostrizione

periferica può derivare, in questi soggetti, in parte da sovra-eccitazione del metaboriflesso

muscolare.

Durante l’esercizio dinamico submassimale in soggetti normali, il meccanismo principale che

media il metoboriflesso, è l’aumento riflesso della gittata cardiaca. Sebbene si manifesta una

vasocostrizione sistemica, prove recenti mostrano che questo può essere tamponato da aumenti

riflessi di adrenalina che evoca vasodilatazione-mediata. L’aumento della gittata cardiaca avviene

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tramite aumenti sostanziali della Frequenza cardiaca e contrattilità ventricolare accoppiata con una

maggiore mobilizzazione del volume di sangue centrale, che portano ad un aumento del volume di

sangue totale. Nei soggetti con malattia cardiaca, la capacità del metaboriflesso, di aumentare la

funzione ventricolare è notevolmente diminuita. Quindi l’incapacità di aumentare la gittata cardiaca

durante l’attivazione del metaboriflesso, in questi soggetti, deriva non solo dall’intrinseca

disfunzione ventricolare ma anche dalla vasocostrizione coronaria accentuata, che limita il rilascio

di ossigeno al miocardio, limitando così gli aumenti della funzione cardiaca. Con la limitata

capacità di aumentare la gittata cardiaca durante l’attivazione del metaboriflesso, il meccanismo

della risposta pressoria si sposta da un aumento mediato dal flusso della pressione arteriosa ad

una vasocostrizione periferica. Quindi il baroriflesso arterioso, respinge il metaboriflesso

muscolare, prevenendo così la vasocostrizione periferica. La funzione depressa del baroriflesso

arterioso diminuisce la capacità di tamponare le modificazioni periferiche indotte da

vasocostrizione (causata dall’alterazione del metaboriflesso). Questo potrebbe creare un forte

aumento dell’attività simpatica nel muscolo attivo.

Il riflesso pressorio da esercizio causa l’aumento della pressione sanguigna durante la contrazione

muscolare. L’origine del metaboriflesso si trova nel muscolo scheletrico, ed è innescato

dall’accumulo di metaboliti, percepiti da fibre di tipo III e IV, che sono presenti in quasi tutti i gruppi

muscolari scheletrici. Non solo i gruppi muscolari degli arti possono innescare il metaboriflesso, ma

anche i muscoli del tronco e respiratori (es. il diaframma ha muscolatura scheletrica).

L’affaticamento muscolare respiratorio è una componente critica della diminuita capacità di

esercizio, in soggetti con insufficienza cardiaca. Durante l’esercizio dinamico submassimale in

questi soggetti, il metaboriflesso, causa vasocostrizione coronarica, riducendo così la perfusione

miocardica.

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Esercizio Fisico E Dimagrimento: Come Influisce Il Tessuto Adiposo

Nella Spesa Energetica?

L’esercizio fisico causa numerosi adattamenti: migliora la salute cardiovascolare, può prevenire o

ritardare l’insorgenza del diabete di tipo 2, dell’obesità e malattie metaboliche. L’esercizio fisico

migliora la sensibilità all’insulina / tolleranza al glucosio, riducendo le concentrazioni di lipidi

circolanti, attraverso adattamenti al muscolo scheletrico. Il tessuto adiposo bruno, è un tessuto

termogenico coinvolto nella produzione di calore e spesa energetica. L’esercizio fisico è anche

un’attività termogenica e si ritiene che potrebbe aumentare il ruolo termogenico di questo tessuto.

Questo tessuto adiposo è principalmente regolato dal sistema nervoso simpatico. L’innervazione è

necessaria per permettere il rilascio dei lipidi per una rapida fornitura di energia per la regolazione

della temperatura. La durata e l’intensità dell’esercizio sono i fattori predominanti che stimolano il

sistema simpatico in risposta all’esercizio. Quindi è possibile che l’esercizio possa stimolare questo

tessuto bruno, tramite l’attivazione simpatica aumentata e, a sua volta, aumentando l’espressione

e biogenesi mitocondriale. Esistono anche meccanismi di attivazione che sono indipendenti dal

sistema simpatico, in particolare: i peptidi natriuretici cardiaci, interleuchina-6 (che può migliorare

l’attività metabolica del tessuto adiposo bruno) e fattore di crescita dei fibroblasti 21 (FGF21).

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ESERCIZIO FISICO E TESSUTO ADIPOSO BRUNO

L’attività del tessuto adiposo bruno, stimolata dal freddo diminuisce nei soggetti allenati,

suggerendo che l’allenamento diminuisce l’attività metabolica. Infatti l’esercizio fisico diminuisce la

captazione di glucosio stimolata da insulina nel tessuto adiposo, suggerendo che l’esercizio, ad

alta intensità e l’esercizio a intensità moderata, riducono l’abilità del tessuto bruno ad assumere

glucosio.

ESERCIZIO FISICO E TESSUTO ADIPOSO BIANCO SOTTOCUTANEO

Gli studi hanno dimostrato un aumento dell’espressione genica mitocondriale, nel tessuto adiposo

bianco sottocutaneo, in risposta all’esercizio aerobico. Un intervento di 6 mesi di lieve attività fisica,

ha aumentato i geni coinvolti nella fosforilazione ossidativa di questo distretto. Mentre 4 settimane

di esercizio fisico intenso (1 ora, 3 volte a settimana), partendo sempre da soggetti sedentari, ha

anche significativamente aumentato la PGC1α.

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I meccanismi fisiologici precisi, sono ancora poco chiari, però quello che si registra, fornisce

sempre più prova che l’esercizio fisico è uno strumento terapeutico per migliorare la salute

metabolica regolando le funzionalità delle tipologie di tessuto adiposo.

L’aumento della perdita di calore, con l’esercizio fisico, si traduce in una maggiore domanda

termogenica, che porta ad un aumento del tono simpatico, nell’aumentare la produzione di

calore. L’esercizio riduce la dimensione degli adipociti e del contenuto lipidico nel tessuto adiposo

bianco sottocutaneo. Così, riducendo l’isolamento dal freddo, si potrebbe migliorare la necessità di

aumentare la produzione di calore e quindi di spesa energetica a riposo. L’esercizio diminuisce

l’espressione del gene mitocondriale e il consumo di glucosio nel tessuto bruno. Mentre nel tessuto

adiposo bianco, gli adattamenti indotti dall’esercizio, includono una maggiore biogenesi

mitocondriale.

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