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FISIOLOGIA DELL'ESERCIZIO FISICO E DELLO SPORT A cura del Dott. Fabio Perna Chinesiologo Clinico / Fisiologo Clinico dell'Esercizio Fisico

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FISIOLOGIA DELL'ESERCIZIO FISICO

E DELLO SPORT

A cura del Dott. Fabio Perna

Chinesiologo Clinico / Fisiologo Clinico dell'Esercizio Fisico

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INDICE

Età Evolutiva: I Principi Per Un Allenamento Ottimale pag. 2

Uomo Vs Donna: Fisiologia Dell Esercizio Fisico pag. 8

Effetti dell’Inattività pag. 14

Dolore Addominale Transitorio: Come Prevenirlo? pag. 18

Ipertrofia Muscolare: L’allenamento Aerobico pag. 20

Migliorare La Capacità Lattacida? Ipertrofia E Dieta pag. 24

Principi Di Allenamento Sportivo pag. 27

Disturbi Gastrointestinali E Sport: Cause E Prevenzione pag. 31

Il Vo2Max: Concetti E Misurazione pag. 35

Cinetica Del Consumo Di Ossigeno pag. 38

Il Metabolismo Energetico pag. 45

Principali Adattamenti All’Esercizio Fisico pag. 51

DOMS: Cause E Recupero pag. 58

Perché Praticare Esercizio Fisico Fin Dall’età Prepuberale? pag. 60

Esercizio Fisico E Profilo Lipidico pag. 62

Effetti Dell’Esercizio Eccentrico: Forza, Ipertofia E Recupero pag. 65

Principali Adattamenti Del Tessuto Connettivo All’Esercizio Fisico pag. 69

Come L’Esercizio Fisico Migliora Il Profilo Ormonale? pag. 73

Esercizio Fisico E Corpi Chetonici: Quale Legame? pag. 77

Come Risponde Il Muscolo All’Esercizio Fisico In Alta Quota? pag. 81

Fisiologia Dell’Esercizio Fisico: Risposte All’Alta Intensità pag. 85

Integrazione Dell’Esercizio Eccentrico Nello Sport pag. 89

Effetti Del Caldo Sulla Performance Aerobica pag. 94

Bibliografia pag. 97

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Età Evolutiva: I Principi Per Un Allenamento Ottimale

I bambini, non sono adulti in miniatura, per molti fattori. Meccanismi metabolici come la capacità

glicolitica e la cinetica del VO2, differiscono molto, come anche la sincronizzazione intramuscolare,

la co-attivazione del muscolo agonista-antagonista e la stessa composizione del muscolo. Si

ipotizza che, rispetto agli adulti, i bambini sono sostanzialmente meno in grado di reclutare fibre

motorie di tipo 2 o hanno una soglia di attivazione di queste fibre, più alta. Nonostante le differenze

sono in gran parte riconducibili a differenze di dimensione del corpo, comunque non sono

sufficienti a spiegare le differenze di forza. L’attivazione simultanea dei muscoli antagonisti, toglie

forza e potenza ai muscoli agonisti, in quanto questa coordinazione muscolare ha bisogno di

tempo per consolidarsi. In particolare, le differenze di attivazione dei muscoli agonista-antagonista,

sono state osservate negli esercizi sub-massimali, nelle contrazioni dinamiche e in esercizi multi-

articolari. Questo comportamento dei muscoli però non si osserva nelle contrazioni isometriche. Le

differenze, possono essere spiegate dai diversi livelli di attivazione delle unità motorie, cioè i

bambini reclutano una percentuale inferiore del loro potenziale di unità motorie. Vuol dire che la

differenza funzionale muscolare tra adulto e bambino è data soprattutto dall’incapacità dei bambini

di reclutare o utilizzare pienamente le fibre di tipo 2. Le unità motorie a bassa soglia (Tipo 1)

vengono attivate per prime, poi per aumentare la produzione di forza, vengono reclutate quelle

veloci ossia le fibre motorie di tipo 2. Pertanto abbassando l’attivazione complessiva delle unità

motorie, si riflette una minore attivazione delle unità motorie ad alta soglia poiché sono quelle

tipicamente attivate per ultime.

Il “sotto-uso” delle fibre di tipo 2, potrebbe sotto sviluppare la loro capacità glicolitica e la

dimensione relativa.

Allo stesso tempo le fibre di tipo 1 dei bambini, potrebbero essere relativamente “sopra-usate” e ci

si potrebbe aspettare che manifestino ampliate capacità ossidative e possibile ipertrofia relativa.

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Da qui possiamo intuire che la componente Forza deve essere “coltivata” e stimolata in età

evolutiva, altrimenti si potrebbe compromettere la futura espressione delle fibre di tipo 2, che

essendo poco sollecitate, andrebbero ad esprimersi definitivamente come fibre di tipo 1.

LO SVILUPPO DELLA FORZA

Le cause dell’aumento della forza sono varie:

•Dimensioni dei muscoli (sezione trasversa e lunghezza)

•Efficienza del processo contrattile (forza/sezione), avviene per la disposizione delle miofibrille,

per le caratteristiche del tessuto connettivo (che diviene più rigido così da trasmettere più forza

alle articolazioni).

•La cinetica dei ponti trasversi migliora

•Riserve anaerobiche migliorano

•Influenze nervose (soprattutto nei maschi aumenta la velocità di conduzione dell’impulso,

questo avviene per l’aumento della mielinizzazione dell’assone, la quale si completa alla fine

della pubertà)

•Aumenta il numero di Unità Motorie attive

•Aumenta la coordinazione tra muscoli agonisti-antagonisti

•Le influenze ormonali, le quali contano dalla pubertà in poi

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EVIDENZE METABOLICHE

I livelli di attività dei differenti substrati ed enzimi muscolari è stata dimostrata. I risultati descrivono

una più alta capacità ossidativa e una minore capacità anaerobica/glicolitica nei bambini. Queste

differenze sono tipicamente attribuite alla rallentata maturazione del metabolismo glicolitico dei

bambini. In alternativa, ciò potrebbe riflettere le differenze della composizione muscolare. Infatti

contrariamente agli adulti, i bambini mostrano fibre di tipo 1 simili o persino più grandi di diametro

delle fibre di II tipo corrispondenti.

Il Vo2 Max, inizialmente basso nel bambino, tenderà ad aumentare con la crescita, soprattutto nei

maschi (circa il 75% in più rispetto le bambine). Questo aumento è legato soprattutto allo sviluppo

della massa muscolare.

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SOGLIA DEL LATTATO EMATICO E INTRACELLULARE

Diversi studi hanno mostrato che sia in adolescenti che in adulti, la soglia del lattato ematico si

presenta ad una percentuale più bassa del picco del VO2 max rispetto ai bambini. Queste

osservazioni sono completamente in linea con la bassa risposta del lattato nei bambini,

probabilmente determinate dagli stessi fattori.

RECUPERO DI FORSFOCREATINA (PCr)

Il veloce recupero di PCr in seguito ad un esercizio intenso è considerato un indicatore di un profilo

metabolico più ossidativo e meno glicolitico, o di un maggiore affidamento alle unità motorie

ossidative. A seguito di un esercizio intenso, le PCr vengono recuperate più velocemente da

bambini ( sopratutto maschi) che dagli adulti (soprattutto uomini).

METABOLISMO DEI GRASSI VS CARBOIDRATI

Troviamo che durante un esercizio incrementale, l’ossidazione dei grassi raggiunge il picco al 30

% del picco di VO2 negli uomini, mentre nei ragazzi di 11-12 anni, il 55%.

CINETICA VO2

A paragone degli adulti o degli adolescenti con equivalente o addirittura superiore potenza

aerobica, i bambini hanno dimostrato di giungere ad una data percentuale della risposta del VO2

max, più velocemente degli adulti.

CARATTERISTICHE DEL METABOLISMO BASALE

Il metabolismo basale è dato anche dalla capacità di disperdere calore. Ciò che conta non è la

massa, ma la superficie corporea, perché più superficie abbiamo a disposizione e più abbiamo

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possibilità di disperdere calore con l’ambiente. Infatti con la crescita la superficie corporea tende a

ridursi, a scapito dell’aumento di massa, riducendo così la superficie, quindi parte del metabolismo

basale. Proprio per questo motivo, la massa muscolare che verrà a svilupparsi, dovrà essere

mantenuta attiva per renderla partecipe al metabolismo basale.

CARATTERISTICHE DELL’APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO

La Frequenza cardiaca di riposo, nei bambini è alta, ma con la crescita tende a diminuire sia negli

uomini che nelle donne. Questo è dovuto a vari fattori, come lo sviluppo del nervo vago che

provoca un abbassamento della F.C. di riposo. La Gittata Sistolica, inizialmente bassa per le

ridotte dimensioni del cuore, tenderà ad aumentare. Questo è dovuto soprattutto allo sviluppo delle

dimensioni del cuore e del corpo. La Gittata Cardiaca di riposo, con la crescita, tenderà ad

aumentare, aumentando ovviamente la Gittata Sistolica.

CARATTERISTICHE DELL’APPARATO RESPIRATORIO

Nel bambino, abbiamo una iperventilazione di riposo, maggiore dell’adulto.

Anche questo si spiega per diversi fattori. Abbiamo nel bambino una sensibilità maggiore alla Co2,

la quale attiva i nostri chemocettori centrali, sensibili all’aumento della pressione di Co2,

provocando un aumento del ritmo del respiro, così da favorirne l’espulsione. Altri fattori che

cambiano sono la Massima Ventilazione Volontaria e la Massima Ventilazione Sotto Sforzo, i quali

hanno simili valori nel bambino, mentre nell’adulto sono diversi.

Con la crescita questi valori cominceranno a diversificarsi, in quanto in un adulto la Massima

Ventilazione Sotto Sforzo è il 70% di quella Volontaria. Grazie a questa diversificazione, si potrà

analizzare selettivamente la Ventilazione Sotto Sforzo, così da studiare le “strategie respiratorie”

durante l’esercizio fisico.

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Il volume respiratorio corrente (volume d’aria che viene scambiata ad ogni atto respiratorio

completo) e la frequenza respiratoria, si modificano diversamente.

Crescendo, aumentando le dimensioni e le capacità complianti (capacità elastiche) dei polmoni,

anche la frequenza respiratoria tende a ridursi. Così si riesce a soddisfare il volume corrente,

grazie all’elasticità polmonare e non con l’aumento della frequenza respiratoria. Questo è un

vantaggio, perché se si aumentasse la frequenza respiratoria, aumenterebbero le resistenze al

flusso di aria nelle vie aeree, limitando anche la prestazione motoria. Però anche un eccessivo

aumento del volume corrente potrebbe nuocere, perché va ad aumentare il lavoro elastico sul

polmone. Quindi crescendo si trova un giusto equilibrio che va più a favore della compliance

polmonare che della frequenza, aumentando l’efficienza ventilatoria e la performance.

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Uomo Vs Donna: Fisiologia Dell Esercizio Fisico

Da molti studi emerge che vi è una differenza muscolare evidente tra uomo e donna, ed emerge

che l’uomo ha una percentuale di fibre di tipo I leggermente inferiore rispetto le donne, mentre le

fibre di tipo IIA sono leggermente maggiori negli uomini rispetto le donne.

LA CONTRATTILITÀ

La velocità massima di conduzione nervosa che esprime la forza, è significativamente maggiore

negli uomini rispetto le donne. La capacità di resistenza alla fatica di un muscolo è un indicatore

della capacità di recupero e può differire. In generale, i muscoli maschili sono soggetti

maggiormente a fatica, rispetto alle donne. Studi condotti sui muscoli flessori del gomito ed

estensori del ginocchio, mostrano una significativa perdita di attivazione dell’unità motorie nei

maschi rispetto le femmine in seguito a un affaticamento protratto nel tempo. Negli studi, la forza

scende al 93% del massimo nelle donne, contro l 80% negli uomini dopo 1 minuto di esercizio. Le

donne hanno una resistenza alla fatica di circa 15 minuti, mentre gli uomini circa 8 minuti e dopo

aver raggiunto l’esaurimento, il recupero avviene più velocemente nelle donne. La fatica sembra

anche essere muscolo-specifica, come evidenziato da analisi sia sul bicipite femorale che sui

muscoli estensori della zona lombare, mostrando che nelle donne, la stanchezza è simile in

entrambi i gruppi muscolari, mentre gli uomini subiscono un affaticamento maggiore nella zona

lombare rispetto al bicipite femorale. Queste differenze possono essere dovute al maggiore

numero di fibre di tipo I nelle donne, che caratterizzate dal metabolismo ossidativo lento, offrono

maggiore resistenza.

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DIFFERENZE DI FORZA

La forza è maggiore nell’uomo, in quanto ha maggiore sezione trasversa del muscolo.

Nella donna vi è:

•40%-60% di forza in meno negli arti superiori, rispetto l’uomo

•25%-30% di forza in meno negli arti inferiori, rispetto l’uomo

• Invarianza delle capacità intrinseche dei muscoli

• Invarianza della forza per la stessa quantità di muscolo

• Minore area di sezione trasversa e forza

• Maggiore sviluppo delle masse muscolari al di sotto della cintura

• Minore forza dei muscoli della parte superiore del corpo, relativamente al peso corporeo o alla

massa magra.

La differenza di distribuzione di massa è dettata sempre da fattori ormonali, ovvero, la quantità di

recettori degli ormoni nella donna, sono maggiori negli arti inferiori, mentre nell’uomo, sono

maggiori nella parte superiore.

RESISTENZA ALLA FATICA

Le donne resistono maggiormente alla fatica rispetto agli uomini. Questo dipende da:

•Minore massa muscolare, che richiede ovviamente un minor fabbisogno di ossigeno

•Minore compressione vascolare durante la contrazione muscolare, quindi l’irrorazione non

viene bloccata.

•Diverso metabolismo a causa degli ormoni, in quanto la donna predilige il metabolismo lipidico,

per opera degli estrogeni.

•La percentuale di fibre tipo I, maggiore nella donna, anche se questo non è il fattore principale,

però da il suo piccolo contributo.

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•Migliore efficienza nel reclutare unità motorie (fattori nervosi)

DIFFERENZE NELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE

Nella donna abbiamo:

•Minori dimensioni del cuore e dei vasi

•Minore attività simpatica e maggiore attività parasimpatica, data dagli ormoni femminili che

agiscono sui recettori adrenergici, riducendone l’espressione

•Maggiore aumento della FC nelle condizioni di stress, quindi aumenta maggiormente la

risposta centrale, piuttosto che quella periferica

•Minore predisposizione all’ipertensione

•Minore incidenza di insufficienza cardiaca

DIFFERENZE NELLA COMPOSIZIONE NEL SANGUE

Sempre nella donna troviamo:

•Ematocrito del 37-48%, contro il 40-52% dell’uomo

•Maggior livello ematico di HDL e minore di LDL e trigliceridi

•Minore protidemia e pressione oncotica, quindi nel processo di filtrazione che avviene nei

capillari arteriosi, si disperderebbe più plasma, portando ad una ipovolemia ematica, ma tutto

questo viene compensato nell’avere una minore pressione arteriosa.

RISCHIO CARDIOVASCOLARE

Nelle donne:

•Le donne prima della menopausa presentano minore incidenza, rispetto agli uomini, di malattie

cardiovascolari.

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•Effetto anti-ateromatoso degli estrogeni, in quanto limitano l’accumulo di tessuto adiposo nelle

pareti arteriose.

•Minori resistenze vascolari, dovuto a fattori genetici: il cromosoma Y nell’uomo, ha un gene

che è coinvolto nella risposta vasomotoria, responsabile quindi della maggiore resistenza

periferica. Quindi stessi geni nell’uomo e nella donna, esprimendosi in modi differenti, portano a

differenze funzionali.

•Interazione degli ormoni con le “proteine cardio-protettive” (es. Hsp70). Queste proteine si

oppongono allo stress ossidativo/termico. Nelle donne vi è maggior presenza di queste

proteine. Per questo la donna tollera di più la fatica, in quanto tollera meglio lo stress. La loro

espressione è regolata sempre agli estrogeni, e la loro produzione è maggiore nell’esercizio di

alta intensità.

•Dopo la menopausa le donne hanno gli stessi fattori di rischio degli uomini.

RISPOSTE CARDIOVASCOLARI ALL’ESERCIZIO FISICO

Le donne rispetto agli uomini, hanno maggiore frequenza cardiaca in esercizio sotto-massimale,

ad uguali livelli di esercizio, rispetto agli uomini. Stessa gittata cardiaca e stessa frequenza

cardiaca massima. Presentano una minore gittata sistolica a riposo.

DIFFERENZE NELL’APPARATO RESPIRATORIO

Rispetto agli uomini, le donne hanno:

•Minori dimensioni dei polmoni

•Minore capacità di diffusione polmonare a riposo

•Minore flusso espiratorio massimale

•Maggiore sensibilità all’ipercapnia e all’ipossia

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•Maggiore frequenza respiratoria a riposo e nell’esercizio

•Tendenza all’alcalosi compensata dal Rene.

•Le donne sono più sensibili alla Co2.

RISPOSTE METABOLICHE NELLA DONNA

In media, dopo la pubertà, il VO2 max/kg della donna è il 70-75% in meno di quello dell’uomo. Il

minore consumo di ossigeno è dovuto anche al minore ematocrito, quindi minore capacità di

trasporto dell’ossigeno. Hanno uguali valori di V’O2 a uguali intensità assolute di lavoro e simili

soglie relative del lattato.

USO DEI SUBSTRATI ENERGETICI NELLA DONNA

Lipidi

•Rispetto agli uomini, le donne utilizzano maggiormente i trigliceridi

•Maggior percentuale di fibre tipo I

•Più lipidi intracellulari nel muscolo scheletrico

•Maggiore lipolisi generale

•Effetto degli estrogeni sul metabolismo dei lipidi

Glucidi

•Minore uso di carboidrati durante l’esercizio

•Stesso contenuto di glicogeno intracellulare

•Minore ossidazione dei carboidrati all’uso

•Effetti secondari all uso dei lipidi

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ADATTAMENTI ALL’ALLENAMENTO

La forza aumenta poco nelle donne. Mentre nell’uomo prevalgono per l’aumento della forza, i

fattori ipertrofici, per la donna l’aumento della forza è data maggiormente da fattori nervosi. Il Vo2

Max può aumentare in entrambi con l’allenamento, di poco. Con l’allenamento nella donna

aumentano gli androgeni, portando a una lieve ipertrofia.

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Effetti dell’Inattività

La fisiologia dell’esercizio ci dice che più aumenta il periodo di inattività e maggiori sono le perdite

in termini di funzioni vitali.

Il Disallenamento comporta:

•Atrofia muscolare

•Riduzione dimensioni dei muscoli

•Riduzione del numero di fibre

•Costanza della capillarizzazione

•Ritorno alla composizione muscolare pre-allenamento

L’Allettamento comporta:

•Atrofia muscolare (> danni rispetto al disallenamento)

•Forte riduzione dimensionale di fibre veloci e lente

•Costanza mionucleare per mm di fibra

Ingessatura e Sospensione dell’arto:

• Ingessatura porta:

•Riduzione di forza (per fattori nervosi di breve termine)

•Grave atrofia dei muscoli in posizione accorciata

•Difetti di trasmissione neuromuscolare

• Sospensione porta:

•Riduzione di forza (20%) nell’arto non caricato

•Nessuna variazione nell’arto caricato

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EFFETTI SUI MUSCOLI

Il muscolo va in contro ad atrofia, la quale comporta: riduzione delle proteine contrattili, riduzione

della sezione trasversa delle fibre, riduzione del numero di fibre (si verifica negli anziani). I muscoli

più interessati, in seguito ad un allettamento/inattività sono i muscoli posturali, antigravitari. Si ha

una riduzione della trasmissione nervosa dell’impulso contrattile. Le miofibrille tendono a fondersi.

Quindi le perdite dipenderanno dal tempo di inattività e dal tipo di muscoli interessati. In base al

tipo di immobilizzazione, al tempo e al muscolo interessato, gli effetti sono diversi.

• Dopo 6 mesi di disallenamento, si riscontra una maggiore atrofia delle fibre veloci.

• Dopo mesi dall’arresto dell’allenamento (ad esempio una lesione spinale) le fibre IIx (Velocità)

aumentano mentre le IIA si riducono (Forza). I soggetti con danni spinali, esprimono più fibre IIa e

IIx, mentre perdono quelle di tipo I. Questo effetto è dovuto al fatto che le fibre II sono forme di

default (riposo), della miosina. Quando il muscolo non viene attivato, si esprime la miosina veloce.

Questo fa capire come le fibre coinvolte nella componente statica/posturale sono compromesse.

CAPILLARIZZAZIONE DEI MUSCOLI

La perdita di capillarizzazione avviene più lentamente rispetto ai danni delle fibre muscolari.

Essendo colpite prima le fibre muscolari, sembra che la capillarizzazione aumenti, invece tutto si

spiega nella differenza di tempo in cui i danni si manifestano.

EFFETTI METABOLICI

•Riduzione degli enzimi ossidativi, per riduzione dei mitocondri

• Riduzione dei mitocondri

• Costanza degli enzimi glicolitici, in quanto questi non vengono molto compromessi. Aumenta la

lattato deidrogenasi, quindi più facilmente si produce lattato, ci si affatica prima e in minore tempo,

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arrivando prima alla soglia anaerobica, quindi diminuisce la capacità di sopportare sforzi intensi.

Con l’allenamento si accumula meno lattato, in quanto viene metabolizzato più velocemente. Nel

ri-allenamento accade che l’attività enzimatica ossidativa, per essere ripristinata alla condizione

precedente, necessita del triplo del tempo. La letteratura consiglia infatti di non fermarsi dall’attività

fisica per un tempo superiore alle 48 ore.

ATTIVAZIONE NEUROMUSCOLARE

• Riduzione della massima frequenza di scarica

• Riduzione dell’attività EMG in contrazioni massimali

• Riduzione del reclutamento di unità ad alta soglia

• Difetti nella trasmissione neuromuscolare. La diminuzione di forza non è solo frutto di una minore

sezione trasversa della fibra, ma anche di fattori nervosi. Avviene una variabilità della scarica dei

neuroni nei potenziali d’azione, in maniera disordinata, andando così a compromettere la qualità

della forza.

EFFETTI SULLA DENSITÀ OSSEA

Gli effetti di perdita sono maggiori nelle donne. La perdita ossea poi dipende dall’osso interessato

(es. il calcagno che è sottoposto maggiormente al carico gravitazionale, viene maggiormente

compromesso). L’osso spugnoso è più interessato rispetto a quello compatto, in quanto ha più

massa esposta al carico gravitazionale. Nell’osso compatto i fattori di perdita ossea sono dovuti

allo squilibrio fra osteo-lisi e osteo-sintesi.

EFFETTI DELL’INATTIVITÀ SULLE FUNZIONI CARDIO-CIRCOLATORIE

Il disallenamento porta alla diminuzione di volemia, e compromettendo la volemia, c’è una carenza

di ritorno venoso e di riempimento ventricolare. Infatti l’esercizio aumenta il volume ematico, ad

esempio tramite l’azione di ADH e Aldosterone. Diminuendo la volemia, e quindi la G.S., aumenta

la frequenza cardiaca. Il Vo2 max si riduce dello 0.9% al giorno in soggetti mediamente attivi,

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mentre nei soggetti allenati (ex-atleti), la perdita è maggiore. La frequenza cardiaca aumenta

perché l’azione parasimpatica riduce la sua scarica, invece aumenta quella simpatica. Si rileva una

maggiore risposta adrenergica, in quanto aumenta la sensibilità dei recettori. Quest’attivazione

simpatica, aumenta la frazione di eiezione, la quale è un fattore ionotropico, rappresenta la forza

contrattile del cuore, cioè la percentuale di sangue che viene eiettato alla sistole. Questo aumento

della frazione di eiezione servirebbe a compensare la ridotta gittata sistolica (la gittata sistolica è la

differenza tra volume Telediastolico e Telesistolico), ma non sarà sufficiente.

La Pressione venosa centrale è la pressione che influisce sul riempimento atriale e che permette

poi di riempe il ventricolo in diastole. Con l’allettamento questa si riduce perché diminuendo

l’ematocrito e la volemia, diminuisce la quantità di sangue che ritorna e quindi il riempimento

ventricolare. Per compensare ciò, il ventricolo diventa più compliante per facilitare il riempimento,

ma comunque non riesce a compensare totalmente questa perdita. La volemia si riduce quasi

contemporaneamente con il Vo2 Max, perché ricordiamo che il Vo2 max è frutto sia di fattori di

trasporto che di utilizzo dell’ossigeno, quindi strettamente correlato alla volemia. La volemia

compromette il 70% del Vo2 Max, in media.

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Dolore Addominale Transitorio: Come Prevenirlo?

Il dolore addominale transitorio durante l’esercizio, è una condizione comune in numerose attività

sportive. La prevalenza di questa sintomatologia avviene in sport come: nuoto, corsa, equitazione,

attività in palestra, basket, ciclismo. Il dolore è molto simile tra individui nelle diverse attività

sportive. La progressione verso il dolore acuto e lancinante, in genere costringe il soggetto a

interrompere l’attività o rallentare, ma comunque è per lo più benigno. In circa l’80% dei casi, il

dolore è per lo più localizzato nel medio-alto addome, in particolare lungo il confine costale. Il

dolore è 2 volte più comune nel lato destro rispetto al lato sinistro, anche se il dolore lato sinistro

può essere più diffuso tra i giovani.

FATTORI PERSONALI

Diversi studi hanno dimostrato che i giovani sono più sensibili a questo dolore, infatti in alcuni

studi, il 77% delle persone con questo dolore, aveva un’età inferiore ai 20 anni. Sia la prevalenza

che la gravità, si riducono con l’aumentare dell’età, ed è raro prima dei 10 anni. Viene segnalato

più prevalente nelle donne, anche se non c’è una direzione univoca della letteratura. Un elevato

livello di allenamento del soggetto, può diminuire la comparsa di questo dolore, ma comunque può

colpire anche atleti ben allenati. In alcuni studi, individui con scarso allineamento posturale erano

più predisposti a questo dolore, ovvero gli individui con ipercifosi. È stato visto che il dolore

addominale transitorio è più prevalente in attività che coinvolgono il tronco in gesti ripetitivi come la

corsa. L’intensità dell’esercizio è in grado di influenzare il dolore, anche se può verificarsi anche

durante le attività di bassa intensità. Infatti alcuni studi hanno riportato che il 31% dei corridori ha

sperimentato il dolore durante una passeggiata.

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FATTORI ALIMENTARI

Il consumo di cibo o bevande prima dell’esercizio può portare questo dolore. Negli studi circa la

metà delle persone che hanno segnalato il dolore durante una corsa/passeggiata, riportavano nel

pre-esercizio, l’ingestione di una bevanda. È interessante notare quindi che non dipende dal

contenuto del pasto: carboidrati (zucchero, amido), grassi, proteine. Successivamente studiosi

hanno confrontato il consumo di una soluzione isotonica e ipertonica durante l’esercizio su tapis-

roulant, e si è visto che la soluzione isotonica evocava meno sintomi, ma quella ipertonica invece

dava maggiori sintomi.

COME SI GESTISCE?

Per evitare il dolore addominale, cibo e bevande dovrebbero essere evitate almeno 2 ore prima di

esercizio, e 3-4 ore per le persone più vulnerabili. Durante l’esercizio fisico, piccole ma regolari

quantità di liquidi possono essere tollerati. Bevande ipertoniche dovrebbero essere evitate.

Migliorando anche la postura si ha una riduzione dei sintomi soprattutto nei bambini.Per avere

sollievo quando il dolore è presente, in letteratura si consiglia di attuare una respirazione profonda,

comprimendo lievemente sulla zona interessata che si estende, infine chinarsi in avanti. Questo

dolore è una condizione comune, vissuta da circa 1 persona su 5. E’ tipicamente localizzata nel

lato e metà addome lungo il confine costale, anche se può verificarsi in qualsiasi regione

dell’addome. E’ aggravata dalla condizione post-prandiale, in particolare a causa di bevande

ipertoniche, ed è più comune nei giovani, ma non necessariamente legate al sesso. Le strategie di

prevenzione includono:

– Evitare grandi volumi di alimenti e bevande almeno 2 ore prima dell’esercizio, soprattutto

bevande ipertoniche

– miglioramento della postura, soprattutto nella regione toracica e lavorare per migliorare la

muscolatura del tronco in generale

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Ipertrofia Muscolare: L’allenamento Aerobico

Uno degli attuali paradigmi della fisiologia dell’esercizio fisico è: “L’esercizio fisico aerobico, ha un

effetto sull’ipertrofia muscolare?” Nel corso degli ultimi 40 anni ci sono stati diversi studi che hanno

dimostrato l’impatto dell’esercizio aerobico sull’ipertrofia muscolare. Questi studi riguardano una

nuova area della fisiologia dell’esercizio in età adulta/anziana, ma non solo. Si sa che l’atrofia

muscolare legata all’invecchiamento, è un processo multifattoriale, sappiamo che comprende

l’inattività fisica, la ridotta capacità di sintetizzare nuove proteine, la riduzione delle dimensioni e

numero delle fibre muscolari. La ricerca indica che un declino della funzione mitocondriale e

l’aumento delle vie cataboliche intracellulari nel muscolo scheletrico, porta al catabolismo proteico,

ovvero promuove la perdita di massa e funzione muscolare. Gli studi mostrano che l’esercizio

fisico aerobico è molto valido per mitigare decrementi legati alla perdita di massa muscolare,

grazie ad una riduzione dell’espressione di mRNA catabolico, promuovendo la biogenesi

mitocondriale, la sintesi proteica muscolare e anche l’ipertrofia. L’esercizio aerobico in soggetti

adulti e anziani, stimola ipertrofia muscolare e questo effetto è paragonabile all’esercizio di

resistenza (forza).

Storicamente, si è sempre

ipotizzato che l’allenamento

aerobico ha un impatto

minimo sulla massa

muscolare e quindi ha

ricevuto poco interesse scientifico, riguardo il suo ruolo sull’ipertrofia, rispetto ad esercizi di

resistenza (forza). Tuttavia, vi è un crescente corpo di evidenze scientifiche che attribuisce

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all’allenamento aerobico, meccanismi di risposta per l’ipertrofia muscolare in individui sedentari in

un’età compresa tra i 20–80 anni. Più del 70% di tutte le indagini della revisione che utilizza il ciclo-

ergometro come modalità di esercizio, ha osservato un aumento della massa muscolare in uomini

e donne sani, sia giovani, di mezza età e anziani. Collettivamente, questi studi forniscono prove

convincenti che l’allenamento aerobico comporta una stimolazione anabolizzante nei soggetti

fisicamente inattivi. L’efficacia dell’esercizio aerobico per indurre ipertrofia del muscolo scheletrico,

ovviamente dipenderà dal raggiungimento dell’intensità sufficiente, ovvero, lavorare almeno al 70-

80% della frequenza cardiaca di riserva, con una durata di 30-45 minuti per sessione e una

frequenza di 4-5 giorni a settimana.Questa metodica risulta più efficace rispetto ai tradizionali

programmi di esercizio di resistenza (forza), per stimolare ipertrofia muscolare, fungendo da ottima

integrazione per il protocollo di lavoro. Il concetto di alto volume, basso carico, che stimola la

crescita muscolare, è supportata da prove emergenti, facendo intuire che un maggiore carico

esterno durante l’esercizio fisico di forza, non si traduce sempre in guadagni superiori di massa

muscolare. Ad esempio negli studi, si sono confrontati gli effetti di tre diversi protocolli di esercizio

nei muscoli estensori delle gambe (3 serie al 30% di 1RM, 3 serie al 80% di 1RM e 1 serie al 80%

di 1RM), riscontrando che non vi erano differenze tra i protocolli in termini di crescita muscolare.

Entrambe le 3 serie di 30% e 80% 1 RM, ha suscitato un incremento di ipertrofia pari al 7%, che è

simile a quella osservata con i diversi protocolli di allenamento aerobico. Pertanto, risulta che l’alto

volume, a basso carico esterno (30-40% del massimo) può suscitare significativi aumenti di massa

muscolare.

L’esercizio fisico di forza, è una metodica di allenamento convenzionale per indurre la crescita del

muscolo scheletrico, ma che da sola non è sempre la chiave del miglioramento. Per confermare

l’efficacia dell’esercizio aerobico nel suscitare ipertrofia del muscolo scheletrico, si sono confrontati

i risultati con un programma di esercizi di resistenza (forza) tradizionale. Gli stessi metodi sono

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stati usati per analizzare le dimensioni del muscolo scheletrico dopo 12 settimane, in entrambi i

protocolli di allenamento. Un altro studio, ha implementato 12 settimane di esercizio specifico nei

muscoli estensori del ginocchio (3 serie da 10 ripetizioni a 70% di 1 RM). Al termine, i guadagni in

termini di volume del muscolo scheletrico dopo l’allenamento di forza, non sono diversi da 12

settimane di esercizio aerobico. Pertanto, dalle indagini di 12 settimane, entrambe le modalità di

esercizio hanno suscitato un simile aumento di volume del muscolo quadricipite suggerendo che

entrambe le modalità di esercizio sono ugualmente efficaci a stimolare l’ipertrofia dei muscoli

utilizzati.

L’EFFETTO AEROBICO SUI MITOCONDRI

I mitocondri sono organelli all’interno dei tessuti che consumano l’ossigeno per convertire i

substrati (lipidi, carboidrati) in ATP. La sintesi proteica muscolare è un processo costoso e in

condizioni basali e può rappresentare il 20% del dispendio energetico. Oltre alla fornitura di

energia, i mitocondri possono anche essere un importante regolatore di cascata di segnalazione

intracellulare che modula la dimensione e funzione del muscolo. Ad esempio la PGC-1α è una

proteina chiave associata biogenesi mitocondriale, tuttavia, prove emergenti suggeriscono che

PGC-1α regola molte vie e dinamiche mitocondriali, tra le quali il metabolismo delle proteine.

L’esercizio aerobico aumenta la PGC-1α e proteine correlate alla fusione e fissione mitocondriale

negli adulti/anziani. I miglioramenti nella morfologia e funzione mitocondriale possono contribuire

all’anabolismo del muscolo scheletrico dopo l’allenamento aerobico. Inoltre la PGC-1α svolge un

ruolo di inibitore del FOXO3a responsabile del catabolismo proteico, riscontrato anche nei modelli

animali, che fornisce un altro collegamento fisiologico su come l’esercizio fisico aerobico può

prevenire il declino mitocondriale e la massa muscolare. Dopo 8 settimane di esercizi di forza, la

PGC-1α4 è stata aumentata di 1,5 volte, mentre in un programma di esercizio combinato di

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esercizio aerobico e di forza, la PGC-1α4 è diventata il doppio rispetto al gruppo che eseguiva solo

esercizi di forza.

Ciò che dobbiamo portare a casa è che la migliore strategia di allenamento volta all’ipertrofia

muscolare, risulta vincente se si attua un protocollo che combini le tipologie di esercizio fisico e

non attuare per convenzione, solo le metodiche classiche, in quanto, lo stimolo allenante per

essere efficace, deve essere variato in tutte le sue caratteristiche.

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Migliorare La Capacità Lattacida? Ipertrofia E Dieta

La domanda di energia aumenta in proporzione all’intensità dell’esercizio, e l’approvvigionamento

energetico è spesso un fattore decisivo nella performance. Durante l’esercizio ad alta intensità, i

processi anaerobici portano ad un accumulo di prodotti finali metabolici (H+ e fosfato inorganico)

che possono disturbare l’omeostasi cellulare e la contrazione muscolare. Miglioramenti nella

capacità anaerobica migliorerà ovviamente le prestazioni. La biochimica di base ci dice che la

glicolisi anaerobica porta ad una produzione di ioni lattato e idrogeno. Lo ione idrogeno porta ad

una diminuzione del pH muscolare. La diminuzione nel muscolo pH interferirà con i processi

biochimici e fisiologici, provocando affaticamento. Il lattato formato sarà rilasciato a sangue e

ossidato nel muscolo, quindi poi utilizzato come energia. L’ossidazione del lattato sarà

accompagnata da un’analoga quantità di H+ rimossi. Gli aumenti dei sistemi tampone muscolare e

la capacità maggiore di rimozione del lattato, comporterà un aumento della capacità di produzione

di ATP glicolitico. C’è consenso sul fatto che il meccanismo della fatica è multifattoriale,

dipendente da fattori intrinseci (neuromuscolare e fattori centrali) e di fattori esterni (durata e il tipo

di esercizio fisico, fattori

ambientali). Le prestazioni

di alta intensità, possono

essere migliorate con

interventi sia di metodologia

di allenamento che con interventi nutrizionali, i quali migliorano la produzione di energia e/o

attenuano lo stato di acidosi nel muscolo. Diversi studi hanno dimostrato che il contenuto

muscolare di ATP e PCR, non viene modificato dall’esercizio prolungato. Invece l’aumento della

massa muscolare aumenterà la quantità totale di ATP-PCR che può essere utilizzato durante

l’esercizio fisico. Un aumento di massa muscolare aumenterà anche la distribuzione del volume di

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lattato, migliorando di conseguenza la quantità di ATP che può essere prodotta attraverso la

glicolisi anaerobica. La successiva ri-sintesi di Pcr, utilizzata dopo lo sforzo intenso, può avvenire

solo in condizioni aerobiche, quindi dipenderà dalla capacità ossidativa muscolare (consumo di

ossigeno). I protocolli di allenamento volti a stimolare la biogenesi mitocondriale (allenamento di

tipo aerobico), migliorerà la ri-sintesi della PCR, portando ad un miglioramento delle prestazioni ad

esempio negli sport di squadra, in cui l’utilizzo PCR la principale fonte di ATP durante lo sforzo. Il

PH muscolare può diminuire da 7,0 a riposo fino a 6,4-6,5 in condizioni di fatica. Il primo

tamponamento offerto dai protoni attenuerà cambiamenti di pH, mentre un aumento della capacità

muscolare (grazie all’ipertrofia), aumenterà la quantità di lattato che può essere accumulata nel

muscolo. Allenamenti ad alta quota migliorano questa capacità del muscolo. Ricordiamo che la

capacità di tampone del muscolo è determinata da diversi componenti, quali: PCR-Pi, proteine,

bicarbonato-CO2, e carnosina. Non è chiaro quali componenti responsabili del sistema tampone

muscolare, vengono modificati dall’esercizio fisico. La capacità anaerobica ha un ruolo importante

in termini di prestazioni in discipline ad alta intensità e può essere migliorata attraverso l’esercizio

e la nutrizione. L’esercizio di per sé può contribuire aumentando l’ipertrofia muscolare, per

accogliere maggiore quantità di lattato da metabolizzare. Un aumento della massa muscolare

aumenterà la capacità anaerobica attraverso una maggiore disponibilità di PCR.L’allenamento non

aumenterà direttamente il contenuto muscolare di Pcr, ma aumenterà la capacità di tampone

muscolare, che è la prima linea di difesa contro l’acidosi. L’intervento nutrizionale invece, può

mirare ad elevare direttamente il contenuto di PCR. Insieme a questi, anche la Beta-alanina e la

supplementazione di bicarbonato possono migliorare la capacità di tampone del muscolo. Ci sono

prove convincenti che gli interventi dietetici che riducono l’acidosi, migliorano le prestazioni. Vi è la

prova evidente che Creatina, bicarbonato, e beta-alanina hanno effetti ergogenici durante

l’allenamento ad alta intensità. Bisogna però ricordare di fare molta attenzione in quanto molti di

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questi integratori alimentari, sono contaminati con altre sostanze chimiche (steroidi). Circa il 20%

degli integratori alimentari, contengono steroidi androgeni.

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Principi Di Allenamento Sportivo

Il principio del sovraccarico progressivo vuole che per ottenere il massimo beneficio

dall’allenamento, lo stimolo allenante debba essere aumentato progressivamente, man mano che

l’organismo si adatta allo stimolo corrente. L’organismo risponde adattandosi allo stress, ma se

questo rimane costante, l’organismo non avrà più bisogno di adattarsi. Quando però questo

aumento progressivo dello stimolo allenante viene portato all’estremo, l’allenamento può

sollecitare l’organismo al di là delle sue capacità di adattamento. Questo allenamento eccessivo,

non induce miglioramenti nella prestazione, e può portare ad uno stato di affaticamento cronico. È

anche vero che se il volume e l’intensità dell’allenamento sono troppo bassi, non verrà raggiunta la

condizione ottimale. Questa ricerca coinvolge allenatore ed atleta, nel cercare di stabilire

l’allenamento ottimale. L’allenamento può essere costruito in base al Volume o Intensità di lavoro,

per aumentare il volume, si interviene sulla durata della sessione. Studi hanno però dimostrato che

sessioni di allenamento multiple durante la giornata, sono molto più efficaci di una singola

sessione protratta eccessivamente. Mentre l’intensità dell’allenamento si riferisce sia alla forza

relativa della contrazione muscolare (nel caso di allenamenti con sovraccarichi), sia all’impegno

richiesto dal sistema cardiovascolare (nel caso di allenamento aerobico). L’intensità viene valutata

rispetto alla capacità di esprimere energia, ovvero come percentuale del Vo2Max. Aumentando

l’intensità dell’allenamento, il sistema aerobico viene sollecitato a sviluppare il sistema del

trasporto di ossigeno e il metabolismo ossidativo. Studi dimostrano che un’intensità di allenamento

tra il 50% e il 90% del Vo2Max, migliora la capacità aerobica. Quando l’intensità viene aumentata

a livelli che superano il Vo2Max, migliora la capacità anaerobica e la forza, mentre il miglioramento

della componente aerobica è meno consistente. Ovviamente un allenamento di alta intensità

richiede un volume decisamente inferiore, ma gli adattamenti indotti sono completamente diversi

dall’effettuare un allenamento di bassa intensità ed alto volume. Se si cerca di mantenere alto sia

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volume che intensità, si rischia di influire negativamente sull’adattamento, e se questa metodologia

viene protratta nel tempo, le riserve energetiche muscolari possono risultare cronicamente esaurite

ed il soggetto potrebbe incorrere nel sovrallenamento.

OVERREACHING (SUPERARSI)

Al contrario dell’allenamento eccessivo, nell’Overreaching, vi è un tentativo sistematico

intenzionale, di esporre l’organismo ad una super-stimolazione, che consentirà all’organismo

stesso di adattarsi ancora meglio a stimoli allenanti, raggiungendo livelli superiori a quelli del

sovraccarico acuto. Anche qui come nell’Overtraining ci sarà un calo della prestazione, ma sarà di

breve durata (giorni, settimane). Inoltre l’Overreaching migliora le funzioni fisiologiche e

successivamente anche la prestazione, ovviamente esagerando si arriverà all’Overtraining. Il

recupero nell’Overreaching richiede alcuni giorni o settimane, ma se si arriva all’Overtraining il

recupero potrebbe richiedere anche mesi.

OVERTRAINING

Molti atleti, malgrado un allenamento intenso, possono mostrare un’inspiegabile calo della

prestazione che si protrae per un tempo di settimane o mesi (Overtraining). Questa condizione

sembra essere associata a cause di natura sia psicologica che fisiologica. Quando sia intensità

che volume di allenamento, superano le capacità di recupero e di adattamento dell’organismo, i

processi catabolici superano quelli anabolici. I sintomi da Overtraining sono soggettivi e si possono

notare solo dopo che la prestazione dell’atleta ha subito il peggioramento. Di solito si nota all’inizio

il calo della prestazione, perdita di forza muscolare, di coordinazione e della capacità di lavorare

ad intensità massimali, con sintomi di stanchezza generale. Altri sintomi comprendono: alterazione

dell’appetito e perdita di peso, disturbi del sonno, irritabilità e irrequietezza, perdita di motivazione,

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difficoltà di concentrazione, depressione. Studiosi sostengono che l’Overtraining sia associato a

risposte anomale del Sistema Nervoso Autonomo (simpatico e parasimpatico). Il

sovrallenamento/sovra-sollecitazione del sistema nervoso simpatico può causare: aumento della

frequenza cardiaca di riposo, innalzamento della pressione sanguigna, perdita di appetito,

diminuzione della massa corporea, disturbi del sonno, instabilità emotiva, aumento del

metabolismo basale. Mentre una sovra-sollecitazione del sistema nervoso parasimpatico,

comporta: affaticamento più rapido, frequenza cardiaca di riposo più bassa, rapido recupero della

frequenza cardiaca dopo l’esercizio, abbassamento della pressione sanguigna a riposo.

A livello ormonale alcuni studi, osservano una diminuzione del testosterone, associato ad un

aumento del cortisolo, che potrebbe aumentare il catabolismo delle proteine rispetto alla sintesi,

mentre in altri studi non viene riscontrato. Atleti sovrallenati spesso presentano un livello di urea

più elevato nel sangue, e poiché l’urea viene prodotta dalla scissione delle proteine, ciò indica un

potenziale aumento del catabolismo proteico. Un allenamento eccessivo è in grado di deprimere la

normale funzione del sistema immunitario, infatti atleti sovrallenati manifestano una maggiore

predisposizione alle infezioni.

IL TAPERING

Il picco prestativo, richiede una capacità di tolleranza fisica e psicologica massima, per lo stress

dato dall’attività. Periodi di allenamento intenso riducono la forza muscolare e diminuiscono la

capacità prestativa dell’atleta, per questo motivo prima di una competizione importante, molti atleti

riducono l’intensità dell’allenamento, così da attenuare lo stress, far riposare corpo e mente,

raggiungendo il proprio picco prestativo (questo è il Tapering: Allentamento dell’Allenamento). La

durata del Tapering, ovvero il periodi di riduzione dei carichi di allenamento, deve essere tale da

raggiungere la rigenerazione dei tessuti danneggiati dall’allenamento intenso, e ricostituire le

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riserve energetiche dell’organismo. Ad esempio per i nuotatori, questa fase deve durare per circa 2

settimane. Durante questa fase di rigenerazione, si osserva un aumento della forza muscolare.

IL RIALLENAMENTO

E’ stato visto che nei soggetti molto allenati, due o tre settimane di disallenamento, causano:

•Diminuzione dell’attività degli enzimi ossidativi dal 13 al 24%

•Tempi di prestazione che peggiorano del 2-5%

•Vo2Max che diminuisce del 4%

Dopo ad esempio 15 giorni di riallenamento è stato visto che solo il Vo2Max era tornato allo stato

precedente, mentre l’attività degli enzimi ossidativi non era ancora migliorata. Nel riallenamento

accade che l’attività enzimatica ossidativa, risale in maniera graduale verso il 60%, poi il 75%, e

per ripristinare le capacità iniziali, ci vuole più del triplo del tempo di riallenamento. Ciò suggerisce

che anche brevi periodi di interruzione dall’allenamento modificano in maniera importante le

capacità fisiologiche di questi soggetti altamente allenati.

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Disturbi Gastrointestinali E Sport: Cause E Prevenzione

I disturbi gastrointestinali sono molto comuni tra atleti che praticano sport di resistenza, e sono

forse la causa più comune di compromissione della performance. Si stima che tra il 30-90% del

percorso, i corridori sperimentano problemi intestinali. Questi disturbi possono essere di varia

gravità, ma i sintomi possono includere: nausea, vomito, dolore addominale e diarrea. In molti casi,

questi problemi non solo hanno effetti negativi sulle prestazioni, ma anche sul successivo

recupero. L’ischemia gastrointestinale che avviene durante l’esercizio fisico, è spesso riconosciuta

come la principale causa fisiopatologica per la comparsa dei sintomi.

IPOPERFUSIONE SPLANCNICA

Durante l’esercizio fisico intenso, la norepinefrina viene rilasciata dalle terminazioni nervose,

inducendo vasocostrizione splancnica. Ciò comporta un aumento della resistenza vascolare totale,

e contemporaneamente la resistenza vascolare in altri tessuti come il cuore, i polmoni, il muscolare

attivo e la pelle, diminuisce. Durante l’esercizio massimale, il flusso di sangue splancnico può

essere ridotto fino all 80% per poter fornire un flusso di sangue sufficiente a soddisfare il

fabbisogno del muscolo in attività.

CAMBIAMENTI DURANTE L’ESERCIZIO

Si osserva nell’esercizio una diminuzione dell’attività peristaltica esofagea, una diminuzione del

tono dello sfintere esofageo, e un maggiore rilassamento dello sfintere esofageo inferiore. Questo

potrebbe spiegare il reflusso gastro-esofageo durante l’esercizio. Nello sforzo di altissima intensità

o durante l’attività intermittente, lo svuotamento gastrico può essere compromesso. L’allenamento

al caldo di per sé non sembra influenzare lo svuotamento gastrico, tranne a temperature estreme,

però, l’allenamento in uno stato di ipo-idratazione sembra influenzare in modo significativo lo

svuotamento gastrico.

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ASSORBIMENTO E PERMEABILITÀ

Gli studi suggeriscono che nella moderata intensità l’esercizio fisico ha poco effetto

sull’assorbimento intestinale di acqua e carboidrati. È possibile che invece durante intensità più

elevate, quando il flusso di sangue intestinale è più compromesso, anche dopo un’attività più

prolungata, l’assorbimento può essere ridotto.

LE CAUSE MECCANICHE

Le cause meccaniche di problemi gastrointestinali sono correlati sia all’impatto del gesto sportivo,

che alla postura. Per esempio, i sintomi sono più comuni nei corridori e nei ciclisti. Questo è dovuto

all’impatto meccanico ripetitivo della corsa, con conseguenti danni al rivestimento intestinale. Il

trauma meccanico subito dall’intestino è probabilmente la causa del sanguinamento. La postura

può anche avere un ruolo importante. Ad esempio, su una bicicletta, i sintomi sono più frequenti,

probabilmente a causa di aumento della pressione sull’addome.

LE CAUSE NUTRIZIONALI

E’ noto che l’alimentazione ha una forte influenza sui disturbi gastrointestinali, anche se molti dei

problemi possono verificarsi anche in assenza di assunzione di cibo, prima o durante l’esercizio

fisico. Fibre, grassi, proteine, e fruttosio hanno tutti una possibile colpa. La disidratazione, può

anche aggravare i sintomi. Uno studio ha dimostrato un legame tra pratiche nutrizionali e disturbi

gastrointestinali durante una gara di triathlon, dove i problemi gastrointestinali sono stati maggiori

con l’ingestione di fibre, grassi, proteine, e soluzioni di carboidrati durante il triathlon. Bevande con

alta osmolarità (500 mOsm/L), sembrano essere associate ad una maggiore incidenza di sintomi.

Quindi gli alimenti che ritardano lo svuotamento gastrico possono causare sintomi

gastrointestinali. Naturalmente, nessun singolo fattore ha colpa, perché vi è sempre una

combinazione di fattori, come: concentrazione di carboidrati, il tipo di carboidrati, l’osmolalità e

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acidità di una bevanda, ecc. Per gli atleti che competono in gare di resistenza, può essere utile

consumare bevande in più intervalli (assunzione multipla).

CONCENTRAZIONE DI CARBOIDRATI NELLE BEVANDE

Questo tipo di bevande sarebbero raccomandate soprattutto dopo l’esercizio, perché non vi è

alcun flusso di sangue che viene sacrificato dai visceri al muscolo, quindi quello è il momento

opportuno per l’assunzione di tali bevande. Se l’assunzione avviene durante l’esercizio fisico, i

sintomi si avvertono solo se la bevanda è ipertonica. Si è concluso negli studi che l’8% di

carboidrati (zuccheri) nelle bevande, ha mostrato disturbi maggiori.

TIPI DI CARBOIDRATI

Il trasporto del glucosio avviene per trasportatore di glucosio sodio-dipendente (SGLT1), mentre il

fruttosio viene assorbito dal GLUT5. Per evitare i disturbi, è più logico suggerire il consumo di

diversi carboidrati, per sollecitare più trasportatori, perché si osserva che il glucosio con il fruttosio,

aumenta lo svuotamento gastrico. Anche dopo 5 ore di esercizio fisico, un elevato apporto di

glucosio + fruttosio (90 g/h), non porta a pesantezza di stomaco, cosa che invece si osserva con

l’assunzione di solo glucosio.

CARBOIDRATI-COLLUTTORIO

In un recente studio, si è confrontato l’effetto di sciacquare la bocca con queste bevande, durante

l’esercizio. È stato osservato un miglioramento. Sembra che ci sia una durata ideale di sciacquo,

in cui vi è una maggiore attivazione di aree cerebrali legate alla motivazione e controllo motorio.

Gli studi hanno dimostrato miglioramenti tra il 2% e il 3% durante l’esercizio della durata di circa 1

h. Gli effetti sono maggiori a digiuno, mentre quando l’atleta si è alimentato precedentemente,

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questi effetti indotti da questi sciacqui, diminuiscono. Potrebbe essere una pratica importante per

migliorare le prestazioni, perché questo miglioramento si è dimostrato significativo in atleti d’élite.

LINEE GUIDA

• Evitare cibi troppo ricchi di fibre nel corso della giornata o anche giorni prima della prestazione.

• Evitare aspirina e FANS come l’ibuprofene. Entrambi aumentano la permeabilità intestinale e

l’incidenza di disturbi gastrointestinali.

• Evitare cibi ad alto contenuto di fruttosio, mentre un alimento che ha una combinazione di

fruttosio e glucosio non causa problemi.

• Evitare la disidratazione.

• Scegliere bevande con concentrazioni di carboidrati basse per evitare processi di osmolarità.

• Praticare nuove strategie di nutrizione. In questo modo l’atleta può capire cosa cambiare nel

piano alimentare, riducendo i disturbi.

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Il Vo2Max: Concetti E Misurazione

Il Vo2Max è la massima quantità di ossigeno prelevata dall’ambiente tramite la funzione

ventilatoria, trasportata dall’apparato cardiovascolare ai muscoli e qui consumata, nell’unità di

tempo. I Fattori limitanti sono:

1 Ventilatori (ventilazione alveolare, capacità di diffusione dei gas attraverso la membrana alveolo

capillare)

2 Ematici (capacità di trasporto da parte del sangue)

3 Vascolari (gittata cardiaca, circolazione periferica muscolare)

4 Tissutali (flusso di ossigeno nel torrente circolatorio, flusso di ossigeno dagli eritrociti ai

mitocondri)

Il V’O2max è indice di massima prestazione funzionale cardiorespiratoria. Massimo rendimento

fisico rispetto al tempo quando il lavoro coinvolge grandi masse muscolari. Il test per la sua

misurazione è di durata: 7 -15 minuti (Wassermann):

– Unità di misura: ml o l/min (valore assoluto) ml/kg/min (normalizzato per il peso)

– Tecnica: prove a carico crescente – incrementali – rampa

– Aumenti: solo nelle prime 8-12 settimane (valore assoluto) aumento % del consumo di O2 con la

progressione dei carichi

Il più importante fattore limitante è il lavoro del cuore (GC)

VARIABILITÀ DEL VO2MAX

La massima capacità di esercizio (VO2 max) = 38-50 ml/kg/min, dipende da:

1 Età, in quanto diminuisce dell’1% all’anno dopo 20 anni (individui inattivi)

2 Sesso (composizione corporea; livelli di Hb):

– Maschi: 44-50 ml/kg/min

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– Femmine: 38-42 ml/kg/min

3 Allenamento: Valori massimi riscontrati

– 94 ml/kg/min (maschi)

– 77 ml/kg/min (femmine)

V’O2 MAX VS PICCO DI V’O2 (DIFFERENZE)

V’O2 max = Valore di V’O2 (Consumo di Ossigeno), in un esercizio a intensità crescente, oltre il

quale il V’O2 non aumenta al crescere dello sforzo. È il valore del VO in esercizio ad intensità

crescente, oltre il quale non aumenta più il consumo di O, ma aumenta solo lo sforzo. Questo

valore non è indice di performance. Ma si dovrebbe parlare di VO2 MAX %. Nell’esercizio fisico,

chi riesce a tenere un basso livello di VO2 (Consumo di O), è più performante.

Picco di V’O2 = Valore massimo di V’O2 raggiunto in un particolare test incrementale che porta al

limite di tolleranza dello sforzo. Potrebbe portare al non raggiungimento della Vo2 MAX, in quanto

il soggetto si stancherebbe prima. Il picco di Vo2 potrebbe essere raggiunto prima che si arrivi alla

Vo2 MAX, questo dipende dalla resistenza del soggetto allo sforzo

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IL PROTOCOLLO PER LA MISURAZIONE DEL VO2MAX

1 Pedalare su una bike a una frequenza di 80-90 rpm

2 Pedalare per 1 minuto senza carico (fase baseline)

3 Pedalare per 5 minuti a 50 watt (fase riscaldamento)

4 Pedalare a un carico incrementale di 20 watt al minuto (fase sforzo)

Concludere il test in caso di:

– Fcmax superiore al 90% del teorico massimo (220-età)

– Frequenza di pedalata inferiore a 80 rpm

– Il soggetto si ferma da solo (fatica)

Il test deve essere del tipo incrementale massimale, e la durata del test deve essere tra 8-12

minuti. Calcolare la VT mediante il metodo:

– V-Slope

– Breakpoint Ventilatorio (BPV)

– Incremento della PETO2 – decremento PETCO2

– Calcolare il Punto di Compensazione Respiratoria (RCP)

– Calcolare il VO2max negli ultimi 30 s del test (plateau)

Per avere il Vo2Max, lo slope degli ultimi 30 secondi, deve dare un plateau di <0.05 L/min.

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Cinetica Del Consumo Di Ossigeno

La Cinetica del consumo di ossigeno è l’andamento temporale del consumo di ossigeno in esercizi

sotto massimali, in test non incrementali, ma a carico costante. Per quantificare il consumo di

ossigeno, si utilizza la costante di tempo, la quale valuta una variabile esponenziale (in questo

caso l’intensità). Viene misurata in base all’intensità dell’esercizio. Sotto la soglia aerobica la

cinetica raggiunge lo steady-state in circa 3 minuti. Più aumenta l’intensità dell’esercizio e più

tempo impiega la cinetica a raggiungere lo steady-state.

INFLUENZA DELLA COMPONENTE LENTA SUL DEFICIT DI OSSIGENO

Esercizio moderato: Le curve V’o2-ON e V’o2-OFF hanno stessa costante di tempo τ (circa 30

sec). La riduzione di PCr e depositi di O2 della fase iniziale sono ripagati completamente nel post-

esercizio.

Esercizio intenso: τV’o2-OFF è minore di τV’o2-ON. Il calcolo del deficit di O2 è più complesso e

non può essere stimato dal pagamento del debito. Qualche ricerca (Engelen et al.) riporta però

una simmetria tra fase ON e fase OFF della cinetica anche nell’esercizio intenso. Per spiegare

i fattori che limitano la cinetica del V’o2 all’inizio dell’esercizio sono state avanzate 2 ipotesi:

– Insufficiente capacità dei muscoli di utilizzare l’O2

– Insufficiente trasporto di O2 nel sangue. La Componente Lenta è la differenza di Ossigeno

consumato tra il 3 e il 6 minuto, che quindi ritarda lo Steady-State. Questa influisce sul Deficit di

Ossigeno, in quanto con l’aumentare dell’intensità, diviene insufficiente sia il trasporto

dell’ossigeno (emoglobina), e sia l’utilizzo dell’ossigeno da parte del muscolo (mioglobina). Nel

post-esercizio quindi, si crea un Debito di Ossigeno, il quale aumenterà successivamente, a

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riposo, il consumo di ossigeno, ripagando lo sforzo precedente (EPOC). Così successivamente

aumenterà anche la capacità del consumo di ossigeno.

MECCANISMI CHE CONDIZIONANO LA CINETICA DELL’OSSIGENO

•Accumulo di lattato ematico

•Adrenalina, fattore non determinante, ma contribuente

•Costo ventilatorio, Fattore che determina Il 18-23% della componente lenta

•Aumento della temperatura, anche questo fattore non determinante, ma influente

•Tipi di fibre muscolari, in quanto quelle di tipo IIx, consumano più ossigeno, rispetto a quelle di

tipo I

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EFFETTO DEL RECLUTAMENTO DELLE FIBRE

Le fibre di tipo IIx (IIb) consumano molto più ossigeno di quelle di tipo I per un dato livello di

produzione di forza. E’ stata dimostrata una correlazione positiva tra l’aumento del segnale EMG

dovuto al reclutamento di unità motorie, e l’aumento di V’o2 a carichi costanti. In seguito a un

esercizio affaticante, esercizi sottomassimali comportano un maggiore consumo di ossigeno. E’

stata anche dimostrata una correlazione negativa tra la componente lenta e la percentuale di fibre

di tipo I attivate. Sembra che il reclutamento di fibre IIx possa contribuire in

maniera sostanziale alla componente lenta del V’o2

Evidenze a favore dell’ipotesi di deficit dell’utilizzo di ossigeno:

– La cinetica della gittata cardiaca è più veloce di quella del Vo2 all’inizio dell’esercizio.

– Durante la stimolazione di un muscolo isolato al 70% di V’o2max, la Po2 è sempre sopra i 2

mmHg, il valore critico per mantenere un ricambio aerobico dell’ATP.

– La cinetica del V’o2 del muscolo riflette la dinamica del PCr, sia in esperimenti (Whipp & Mahler)

sul muscolo isolato di rana, sia nell’uomo, dove la riduzione di PCr è correlata col tempo medio di

risposta del V’o2 all’inizio di un esercizio sottomassimale (65% V’o2max)

– La costante di tempo della cinetica del PCr è simile alla cinetica del Vo2

– In fase 1 la cinetica del flusso ematico locale e della ventilazione alveolare risultano essere più

veloci di quella del V’o2 locale.

– Una limitazione imposta al flusso ematico non modifica significativamente la cinetica del Vo2

Evidenze a favore dell’ipotesi di deficit del trasporto di ossigeno:

– La cinetica del V’o2 durante il passaggio riposo-lavoro (40% LT) è più veloce di quella del

passaggio lavoro-lavoro (40%-80%). In questo secondo caso il rallentamento della cinetica è

correlato con un rallentamento della frequenza cardiaca e quindi della gittata cardiaca.

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– La cinetica del V’o2 è rallentata dalla somministrazione di ß-bloccanti.

– L’ipossia rallenta la cinetica del V’o2

– La cinetica è più lenta in posizione supina, nella quale meno sangue giunge agli arti inferiori

– La cinetica del V’o2 nel muscolo segue l’aumento di flusso ematico muscolare

– Maggiore cinetica di V’o2 in esercizi con occlusione circolatoria nell’arto opposto

– Il V’o2mus aumenta proporzionalmente all’aumento del flusso ematico

Nell’esercizio moderato (sotto la soglia aerobica), la cinetica dell’ossigeno si divide in:

•Fase precoce, dove si ha nella prima fase dell’esercizio, solo aumento di G.C., e altri

aggiustamenti sia centrali che periferici, senza consumo di ossigeno,

•Fase Esponenziale, avviene l’aumento del consumo di O,

•Fase Steady-State, cioè equilibrio tra O introdotto e consumato. E’ il consumo di O che

soddisfa il fabbisogno del muscolo. Qui siamo entro la soglia aerobica.

Più aumenta la fase esponenziale (fase 2, correlata all’intensità dell’esercizio), più si viene a

creare questa componente lenta, che ritarda lo steady-state (ovvero equilibrio fra ossigeno

introdotto e consumato, il quale, ad esercizio moderato, si raggiunge entro il 3 minuto).

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Nell’esercizio Intenso

La differenza con l’esercizio moderato è che la fase esponenziale tende ad aumentare, in quanto

aumenta l’intensità, provocando la componente lenta che ritarda lo steady-state. Qui siamo dalla

soglia aerobica al MLSS.

Nell’esercizio Severo

Non avviene mai il raggiungimento dello steady-state, in quanto la prestazione termina prima di

tale raggiungimento.

Soglia Aerobica (Prima soglia ventilatoria)

La soglia aerobica è stata definita come il punto subito al di sotto il livello del metabolismo

energetico dove le concentrazioni di lattato ematico aumentano rispetto ai livelli basali. Può essere

anche definita come il livello al di sotto del quale la maggior parte delle fibre muscolari lavorano

attraverso il metabolismo aerobico. Questo punto viene generalmente raggiunto quando le

concentrazioni di lattato ammontano a circa 2 millimoli per litro (2 mmol/l), chiamato anche Prima

soglia del lattato. Qui si ha un aumento del consumo di ossigeno, senza aumento della Co2.

Soglia Anaerobica (Seconda soglia ventilatoria) o soglia del lattato

Viene descritta come il punto in cui i livelli di lattato cominciano a salire in modo esponenziale

durante l’esercizio progressivamente crescente. Si distinguono varie fasi:

•Punto di compenso respiratorio, punto in cui gli equivalenti ventilatori di Ossigeno e Co2

aumentano. Come un esercizio di intensità moderata.

•Poi dopo i 4 millimoli per litro di lattato, fino al M.L.S.S. (Maximal lactate stady state),

considerato come uno steady-state del massimo consumo di lattato, si raggiunge un punto

chiamato seconda soglia del lattato. Qui si ha un aumento dell’ossigeno consumato, ma

aumenta il volume della Co2 prodotta.

Per quantificare le soglie si tiene conto dell’Equivalente Respiratorio, dato da:

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•Equivalente ventilatorio dell’Ossigeno (VE/Vo2),

•Equivalente ventilatorio della Co2 (VE/VCo2),

Dai risultati che si ottengono attraverso il test di Wassermann è possibile identificare le due soglie

ventilatorie attraverso il metodo degli equivalenti respiratori. Questo metodo si basa sul

presupposto che gli equivalenti respiratori per l’O2 e per la CO2 mantengono una relazione lineare

fino alla prima soglia ventilatoria (VO2 e VCO2incrementano linearmente con VE). Quando si

arriva alla prima soglia ventilatoria VE/VO2 inizia ad aumentare (la ventilazione aumento più del

consumo di O2) senza un contemporaneo aumento della VE/VCO2 (perché la velocità di aumento

della VE e pari velocità di produzione della CO2 metabolica + CO2 del sistema tampone H+

+HCO3-). Continuando ad aumentare il carico si arriva ad un punto in cui vi è un ulteriore aumento

delle VE (stimolato dai chemocettori carotidei che rilevano il calo del pH sanguigno) che fa

aumentare la VE/VCO2 e fa diminuire la PCO2. Questo punto viene definito ventilatory

compensatio point (seconda soglia) e si ha quando la ventilazione inizia a compensare l’acidosi

metabolica. Tuttavia esistono numerosi test indiretti che permettono di identificare la seconda

soglia dato che, tra le due, è la più utile ai fini dell’allenamento.

• Il primo di questi test che qui vi propongo viene conosciuto come “l’ora di corsa”. Questo test

consiste nel percorrere in un’ora la maggior distanza possibile su un terreno pianeggiante. Il

rapporto tra la distanza percorsa (in km) ed il tempo impiegato (un’ora) fornisce la velocità di

soglia (ovvero quell’intensità alla quale avvengono i cambiamenti precedentemente descritti).

• Altro test molto famoso ed utilizzato per identificare indirettamente la soglia anaerobica è il

test di Conconi che consiste nel misurare la frequenza cardiaca al termine di tratti di 200m

correndo su terreno pianeggiante o meglio ancora su una pista d’atletica. Poiché il questo test

si percorrono distanze uguali in tempi via via minori la frequenza cardiaca aumenterà di pari

passo con la velocità (relazione lineare tra velocità e frequenza cardiaca) fino alla velocità di

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deflessione alla quale la frequenza cardiaca rimarrà costante nonostante un ulteriore aumento

dell’intensità dell’esercizio.

CONCLUSIONI

La natura della cinetica del Vo2 è una funzione dell’intensità dell’esercizio. Sotto la soglia aerobica

V’o2 aumenta esponenzialmente verso lo steady state in 3 minuti. La costante τ (tau) non varia

con l’intensità dell’esercizio. A livelli superiori a SA la cinetica diventa più complessa e si sviluppa

una componente addizionale lenta, che rallenta il raggiungimento dello steady-state. Le evidenze

disponibili suggeriscono che la velocità di aggiustamento del V’o2 all’inizio dell’esercizio riflette la

capacità del trasporto di O2 al muscolo e dell’utilizzo O Tuttavia non è chiaro quale sia il

dell’utilizzo di O2. fattore predominante. I fattori fisiologici che determinano la componente lenta

del V’o2 durante l’esercizio intenso rimangono indefiniti. L’ampiezza della componente lenta è

fortemente correlata con l’aumento di acido lattico nel sangue, sia prima che dopo allenamento

aerobico. Tuttavia non ci sono prove di un rapporto causa-effetto. L’aumento della temperatura

può giustificare una piccola percentuale della componente lenta. Un’altra possibile causa della

componente lenta è il reclutamento di fibre IIx, che hanno una minore efficienza di utilizzazione

dell’O2 delle fibre di tipo I. Negli esercizi ad elevata intensità, la riduzione di pH ridurrebbe

l’efficienza dei muscoli, causando un maggior reclutamento di fibre IIx, per mantenere costante la

forza, e da ciò deriverebbe un maggior costo aerobico.

CASI PATOLOGICI

Soggetti con malattie cardiache congenite, mostrano una fase 2 (la fase incremento esponenziale)

di componente lenta più tardiva, dovuto al flusso polmonare ridotto e alla ridotta capacità

ossidativa dei muscoli. Nei Soggetti con sindromi polmonari croniche-ostruttive, questa fase 2

(incremento esponenziale) è resa tardiva dalla resistenza vascolare del polmone, riducendo così la

capacità di aumentare il flusso polmonare durante l’esercizio.

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Il Metabolismo Energetico

Durante l’attività fisica, la percentuale di utilizzazione dei substrati energetici, dipende dall’intensità

e durata dello sforzo, dall’allenamento e dallo stato nutrizionale dello sportivo. La glicolisi

anaerobica è importante nella fase iniziale dell’esercizio, prima dell’aumento del flusso sanguigno,

quando l’ossigeno non è ancora disponibile per incrementare il processo aerobico. Questa è la via

di utilizzazione del glucosio nei muscoli, che contengono prevalentemente le fibre glicolitiche

veloci, caratterizzate da una scarsa capacità ossidativa in quanto provviste di pochi mitocondri.

Quindi in carenza iniziale di ossigeno, l’unico modo in grado di ottenere ATP è questa via

metabolica, e anche se la resa energetica è minore rispetto al metabolismo aerobico, la presenza

di un più alto numero di enzimi glicolitici nelle fibre veloci permette una rapida utilizzazione del

glucosio 6-fosfato, rispetto alle fibre con contrazione lenta. Il lattato rilasciato durante l’attività

fisica, può essere utilizzato dal cuore o dalle fibre muscolari lente. Il lattato viene anche convertito

in piruvato e quindi a glucosio nel fegato, in un processo che collega muscolo e fegato (ciclio di

Cory o del lattato). Durante esercizi fisici intensi, il muscolo ricava energia sia dal sistema

anaerobico che aerobico, utilizzando come fonte energetica il glicogeno muscolare. Quindi è

importante disporre di di adeguate riserve di glicogeno, che possono essere aumentate, sia

aumentando l’introito di glucidi (fino al 70% delle Kcal giornaliere), sia attraverso l’allenamento.

L’allenamento induce un aumento del numero e dimensioni dei mitocondri, permettendo al

muscolo di ricavare maggiore quantità di ATP dal metabolismo ossidativo, e quindi aumentare la

capacità di utilizzare gli acidi grassi come substrati energetici. Il muscolo in attività consuma ATP

che diviene ADP e Pi. L’aumento dell ADP promuove la reazione catalizzata della Adenilato cinasi,

che da 2 molecole di ADP, ricava 1 ATP e un AMP. La produzione di AMP in questa reazione, è

importante, in quanto sia la glicolisi che la glicogenolisi, durante l’esercizio, sono attivate grazie

all’aumento di AMP. L’attivazione del glicogeno fosforilasi nel muscolo, è rafforzata ulteriormente

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dal rilascio di Ca+ dal reticolo sarcoplasmatico e sostenuta dall’azione dell’adrenalina, rilasciata

durante l’esercizio fisico intenso. Mentre l’esercizio di lieve e moderata intensità può essere

sostenuto per un tempo più lungo. Durante un esercizio fisico di lieve intensità, di circa 40 minuti,

la glicogenolisi costituisce la principale fonte di produzione di glucosio dal fegato, mentre al

prolungarsi dell’esercizio, l’azione dell’adrenalina promuove la lipolisi nel tessuto adiposo, portando

ad un utilizzo maggiore degli acidi grassi da parte del muscolo. Nello stesso tempo viene attivata la

gluconeogenesi epatica per maggiore disponibilità di precursori, quali: lattato, glicerolo, alanina).

EFFETTO DELL’ESERCIZIO SULLA LIPOLISI

I lipidi rappresentano il substrato energetico principale per sostenere un esercizio aerobico, di fatto

in questa situazione il muscolo utilizza una miscela di glucidi e lipidi con una prevalenza di glucidi

nell’alta intensità, e lipidi in esercizi di moderata intensità, ad esempio al 50% del Vo2Max, un

soggetto utilizza il 50% di glucidi e 50% di lipidi. L’allenamento aerobico determina quindi una

maggiore capacità di utilizzare i lipidi rispetto ai glucidi come substrati energetici. Esercizio fisico

prolungato come la maratona o corse di lunga durata, provoca un miglioramento un aumento della

lipo-protein lipasi, e un aumento della lipolisi a livello del tessuto adiposo, grazie all’aumento della

sensibilità alle catecolamine, dato da un incremento del numero di recettori e da un incremento

dell’attività della lipasi ormone-sensibile, determinato da induzioni ormonali ripetute. Nel muscolo

scheletrico, durante l’esercizio, si osserva una maggiore idrolisi dei triacilgliceroli muscolari in

funzioni anche dell’intensità dell’esercizio e del grado di allenamento, sempre legato ad un

incremento dell’attività della lipasi ormone-sensibile muscolare. Nelle fasi iniziali di un esercizio

fisico di intensità sottomassimale il muscolo scheletrico assume rapidamente acidi grassi dal

plasma determinando una loro riduzione a livello ematico. Quando l’attivazione della lipolisi è

completata, la concentrazione dei lipidi ematici ritorna a valore normali. Al termine dell’esercizio, la

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captazione di acidi grassi da parte del muscolo si riduce, ma la lipolisi non si blocca subito, e

questo può provocare aumento degli acidi grassi plasmatici, dando eventualmente una tossicità.

Ma dopo i 10-15 minuti i valori tornano alla norma. Gli studi hanno dimostrato che l’allenamento

aerobico o di resistenza, determina una modificazione del metabolismo lipidico, così le fibre

muscolare divengono in grado di utilizzare maggiormente i substrati lipidici e risparmiare zuccheri.

Aumenta la capacità ossidativa della cellula muscolare: aumenta il numero di mitocondri, la loro

grandezza, aumentano gli enzimi per metabolizzare gli acidi grassi. I corpi chetonici diventano un

substrato importante per il muscolo quando la lipolisi è molto intensa e manca glucosio. In questa

situazione il fegato produce corpi chetonici per smaltire l’Acetil-SCoa che non può affluire al ciclo di

Krebs, a causa della carenza di Ossalacetato, e per recuperare il CoASH necessario per

continuare l’attivazione degli acidi grassi. Il muscolo quindi ossida i corpi chetonici per produrre

energia e risparmiare glucosio. I corpi chetonici sono in grado di controllare la velocità di rilascio

degli acidi grassi dal tessuto adiposo attraverso un meccanismo sia diretto (si crede sia legato

all’inibizione dell’adenilato ciclasi e della trigliceride lipasi, che sono enzimi sensibili alle variazioni

di PH, e Il risultato finale sarà l’inibizione della lipolisi); che un meccanismo indiretto (meccanismo

legato al rilascio di insulina).

EFFETTI DELL’ESERCIZIO FISICO SULLA SINTESI DEI LIPIDI E LIPIDI EMATICI

L’esercizio fisico tende a ridurre le concentrazioni intracellulari di Acetil-SCoA carbossilasi e l’acido

grasso sintasi: ne deriva una riduzione della massa grassa del soggetto allenato e una limitazione

all’aumento di peso negli atleti. In condizioni di riposo il 50-60% degli acidi grassi assorbito dai

muscoli è esterificato nei triacilgliceroli intramuscolari, mentre durante un esercizio l’85% degli

acidi grassi, che il muscolo assume, è ossidato e la quota esterificata è molto bassa. Si è

osservato che nel muscolo scheletrico, durante un esercizio aerobico, gli alti livelli di AMP e la

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deplezione di ATP, attivano l’AMPK. L’enzima serina/treonina cinasi monitora lo stato energetico

della cellula e attiva le vie che producono ATP, come l’ossidazione del glucosio e di acidi grassi.

L’attivazione del AMPK, determina un incremento dell’ossidazione degli acidi grassi nel muscolo

scheletrico e cardiaco, una riduzione della lipogenesi e della lipolisi nel tessuto adiposo, e una

riduzione della sintesi degli acidi grassi e colesterolo nel fegato. Questo blocco della lipolisi negli

adipociti potrebbe sembrare un paradosso, ma ha il significato di non liberare più acidi grassi di

quanti siano effettivamente ossidati, in quanto la riesterificazione comporterebbe un dispendio

energetico. Inoltre l’assetto ormonale presente durante l’attività fisica, caratterizzato da un forte

rilascio di adrenalina e bassi livelli di insulina, favorisce la lipolisi e inibisce la lipogenesi, in

particolare la sintesi degli acidi grassi. Nella fase di recupero si avrà un effetto di super

compensazione con una up-regolazione della sintesi dei triacilgliceroli intramuscolari. Nel soggetto

allenato, una dieta a contenuto moderato (35%) o elevato (55%) di lipidi, assunta in fase di

recupero determina un incremento dei triacilgliceroli inramuscolari. Nel soggetto allenato la

quantità di acidi grassi idrolizzati dai triacilgliceroli circolanti e internalizzati nel muscolo, è doppia

rispetto rispetto ad un soggetto non allenato. Inoltre dopo l’assunzione di un pasto ricco di lipidi, i

soggetti allenati presentano un minor contenuto triacilgliceroli plasmatici postprandiale e questo

effetto benefico è rilevato anche nei soggetti obesi che svolgono attività fisica.

ATTIVITÀ FISICA E METABOLISMO PROTEICO

E’ noto che durante l’attività fisica si assiste ad un’alterazione del metabolismo proteico, in

particolare si accentua la degradazione proteica. Dopo l’attività fisica, nel muscolo aumenta la

concentrazione di proteasi e alla fine dell’esercizio, in modo proporzionale all’intensità, aumenta la

liberazione di alanina e glutamina in circolo, Nel fegato tali aminoacidi, possono contribuire alla

gluconeogenesi e quindi alla resa energetica complessiva. Quindi è facilmente intuibile la ragione

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per la quale l’assunzione di glucudi prima dell’esercizio permette di ridurre la proteolisi muscolare.

L’utilizzo di aminoacidi durante l’attività fisica è influenzata dal tipo e durata dell’esercizio, e dalla

disponibilità dei substrati energetici. Durante l’attività fisica nel muscolo si ha una degradazione

proteica che nella fase di recupero viene compensata con una fase di sintesi in seguito a

un’adeguata introduzione di alimenti. Nell’esercizio di resistenza, il muscolo stimola il metabolismo

aerobico a carico degli acidi grassi e carboidrati, e aumenta la capacità di incorporare BCCA, i cui

scheletri carboniosi possono essere usati a scopo energetico. Quindi oltre che nell’esercizio di

potenza, anche in quello di resistenza, gli aminoacidi partecipano al bilancio energetico nei muscoli

in attività. L’attività fisica stimola l’ossidazione dei BCCA, ed è stato dimostrato che l’assunzione di

BCCA prima dell’allenamento riduce la proteolisi muscolare e riduce la sensazione di

affaticamento muscolare. Nel periodo di recupero post-esercizio si ha una fase di sintesi proteica

nelle strutture muscolari in funzione del tipo di esercizio praticato. Infatti l’esercizio aerobico

stimola la sintesi di enzimi ossidativi e l’aumento dei mitocondri, mentre l’allenamento di resistenza

stimola la sintesi di proteine contrattili. Quotidianamente il muscolo rilascia circa 80g di glutamina e

altrettanta è conservata al suo interno come deposito. La glutamina è liberata poi in circolo e

captata da altri tessuti: rene, intestino, cellule del sistema immunitario e del midollo osseo.

La sintesi di alanina nel muscolo può essere considerata una via di salvataggio per eliminare

l’eccesso di ammoniaca. L’alanina prodotta dal muscolo viene quindi trasportata nel sangue verso

il fegato, dove viene convertita in glitammato. Nello stato di riposo l’approvvigionamento di

aminoacidi nel muscolo, supera la sua capacità di utilizzarli nella sintesi proteica e solo

nell’allenamento di potenza la quantità di energia fornita ai muscoli dagli aminoacidi non eccede il

5% del totale, ed è dovuta all’ossidazione delle catene carboniose. L’utilizzo degli aminoacidi per la

produzione di energia inizia quando le riserve di glicogeno muscolare scendono al di sotto di un

livello soglia, compreso tra 35 e 55% del totale iniziale. Quindi durante l’attività fisica si ha un

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aumento della demolizione delle proteine muscolari che forniscono aminoacidi liberi. Durante lo

sforzo, dal fegato vengono rilasciati gli aminoacidi ramificati che sono captati nel muscolo e

utilizzati per produrre glutamina ed energia. Quindi l’utilizzo delle proteine dipende dalla quantità di

glicogeno contenuto nel muscolo, e una dieta ricca in carboidrati prima dell’esercizio, riduce la

degradazione proteica.

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Principali Adattamenti All’Esercizio Fisico

ADATTAMENTI ALL’ALLENAMENTO DI FORZA

Un aumento di forza può essere ottenuto senza modificazioni strutturali del muscolo, ma non

senza adattamenti nervosi. Il reclutamento delle unità motorie è fondamentale per l’incremento

della forza, e potrebbe spiegare quasi interamente l’aumento della forza stessa. Oltre a questo

aumento di sincronizzazione, fondamentale è anche la co-attivazione dei muscoli agonisti-

antagonisti. Un altro fattore è il Rate Coding (ovvero la frequenza di scarica delle unità

motorie). Per quanto riguarda l’ipertrofia, è di 2 tipologie: temporanea e permanente. La prima è

quel gonfiore che accompagna la singola sessione di allenamento e dipende da un accumulo di

fluidi (edema) negli spazi interstiziali e intracellulari del muscolo; questo fluido deriva da plasma

sanguigno. L’ipertrofia permanente invece è l’aumento di dimensioni del muscolo, che si verifica

dopo un lungo periodo di allenamento con sovraccarichi. Negli studi è visto che un allenamento

con sole contrazioni concentriche, può limitare l’ipertrofia muscolare. L’ipertrofia è data da:

• Maggior numero di miofibrille

• Maggior numero di filamenti di actina e miosina

• Maggiore quantità di sarcoplasma

• Maggiore quantità di tessuto connettivo

Dopo un allenamento con sovraccarichi, vi è un aumento della sezione trasversa del muscolo, dato

da un accresciuto numero di filamenti di actina e miosina, che fornirebbero più ponti trasversi per

la produzione di forza. Durante l’esercizio fisico avviene un aumento della degradazione proteica,

ma la sintesi proteica aumenta nella fase di recupero, con bilancio positivo a favore della sintesi

post-esercizio.

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MODIFICAZIONE DI FIBRA

Le fibre muscolari assumono caratteristiche tipiche della fibra opposta se l’allenamento è di natura

opposta. Quindi una stimolazione continua a bassa frequenza può stimolale le FT in unità motorie

ST in poche settimane.

ADATTAMENTI INDOTTI DALL’ALLENAMENTO AEROBICO

I miglioramenti immediatamente osservabili in seguito ad un esercizio di tipo aerobico sono:

maggiore capacità di sostenere una prestazione sub-massimale prolungata e l’aumento della

massima capacità aerobica (Vo2Max, che in genere migliora del 15-20%). L’entità del

miglioramento varia da un individuo all’altro e le condizioni fisiche del soggetto all’inizio di un

programma di allenamento, incidono sull’entità del miglioramento stesso (chi ha già un buono

livello di fitness, avrà miglioramenti inferiori rispetto ad un soggetto che, da sedentario, diventa

attivo).

ADATTAMENTI NEL MUSCOLO SCHELETRICO

L’attività aerobica stimola le fibre a scossa lenta (Slow Twich), e in risposta agli stimoli, queste

fibre aumentano la loro dimensione e la sezione trasversa. Le fibre a scossa rapida (Fast Twich)

non vengono attivate nella stessa misura e generalmente non presentano aumenti dell’area della

sezione trasversa. Si verifica un aumento del numero di capillari che avvolgono ciascuna fibra

muscolare, ciò comporta un maggiore scambio di gas, di calore, scorie, sostanza nutrienti tra

sangue e le fibre in attività. Questo aumento della densità capillare è uno dei fattori che

contribuiscono all’aumento del Vo2Max. Con l’allenamento aerobico il contenuto di mioglobina

(che trasporta ossigeno a livello mitocondriale della fibra muscolare), può aumentare fino al 70-

80%. Anche la funzione mitocondriale migliora, in quanto la trasformazione per via aerobica di

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energia, avviene nei mitocondri. La capacità di usare ossigeno e produrre ATP per via ossidativa,

dipende dal numero, dimensioni ed efficienza dei mitocondri del muscolo, e l’allenamento aerobico

migliora tutti questi parametri. Successivamente la degradazione ossidativa delle sostanze

energetiche, dipende dall’azione degli enzimi ossidativi mitocondriali. L’allenamento aerobico

migliora l’attività enzimatica come quella della Succinato-deidrogenasi (SDH), uno dei principali

enzimi.

ADATTAMENTI DELLE FONTI ENERGETICHE

Il glicogeno muscolare viene ampiamente utilizzato durante l’allenamento. Con un adeguato

periodo di riposo successivo, il muscolo scheletrico è in grado di accumulare maggiori quantità di

glicogeno, rispetto ad un muscolo non allenato. Mentre un soggetto che esegue un allenamento di

resistenza, porta ad aumentare nel muscolo, oltre che il contenuto di glicogeno, anche quello di

lipidi. Questo adattamento permette al muscolo di migliorare la capacità di bruciare lipidi,

sollecitando meno le riserve di glicogeno. In molti studi i soggetti allenati tendono ad utilizzare

maggiormente i grassi e meno carboidrati a scopo energetico. Questo aumento della capacità di

utilizzo dei grassi dipende da:

•Aumento di scorte di grassi nella fibra

•Migliore mobilizzazione dei FFA

•Migliore capacità ossidativa

L’entità del miglioramento della capacità aerobica, dipende in parte dal dispendio energetico di

ciascun allenamento e dalla quantità di lavoro nell’arco della settimana. Mentre le attività che

richiedono un impegno di forza massimale, sollecitano il sistema energetico ATP-PCr, stimolando

una maggiore degradazione e risintesi. L’allenamento anaerobico, potenzia l’attività degli enzimi

glicolitici, consentendo al muscolo di sviluppare una tensione maggiore per un lasso di tempo più

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lungo. La soglia del lattato è l’indice fisiologico correlato alle prestazioni di resistenza aerobica (più

è alta la soglia del lattato, migliore è la prestazione aerobica). Il soggetto allenato può aumntare

questa soglia, riuscendo a lavorare ad una percentuale maggiore del proprio Vo2Max. Ciò

permette al soggetto ad esempio di andare più veloce, in quanto la diminuzione del livello di lattato

per stessa intensità di esercizio, essendoci una maggiore capacità di rimozione del lattato stesso.

L’allenamento anaerobico non sollecita solo i sistemi energetici anaerobici, in quanto una parte

dell’energia anche negli sprint, è fornita dal sistema ossidativo. Poi migliora la capacità dei muscoli

nel tollerare l’acidità che si accumula al loro interno durante l’esercizio. Infatti si ritiene che l’H+

dissociati dall’acido lattico, interferiscano con il metabolismo e con il processo contrattile. I sistemi

tampone (bicarbonato e fosfati muscolari), si combinano con l’idrogeno, riducendo l’acidità delle

fibre, ritardando, l’affaticamento.

INTENSITÀ DI ALLENAMENTO

Oltre al volume di allenamento, il grado di adattamento dipende dall’intensità del carico di

allenamento. Gli adattamenti muscolari sono legati a velocità e durata dell’impegno. È stato ormai

riscontrato che l’alta intensità migliora le prestazioni, rispetto a chi esegue allenamenti lunghe e

lente (bassa intensità), in quanto quest’ultimo tipo di allenamento non migliora gli schemi nervosi

del reclutamento delle fibre muscolari e neanche il tasso di trasformazione di energia richiesta. Gli

esercizi veloci, intervallati da pause (Interval Training), oltre che sviluppare la capacità anaerobica,

sembra interessare positivamente anche il sistema aerobico, apportando gli stessi benefici di un

esercizio prolungato, continuo ad alta intensità.

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ADATTAMENTI CARDIOVASCOLARI

La resistenza cardiorespiratoria è correlata alla capacità dell’organismo di fornire ossigeno

sufficiente ai tessuti in attività. Il trasporto dell’ossigeno è dato dall’interazione di Gettata Cardiaca

(Gettata sistolica x Frequenza cardiaca) e differenza artero-venosa di ossigeno (differenza tra

contenuto di ossigeno nel sangue arterioso e sangue venoso). In risposta al maggiore impegno

dato dall’allenamento regolare di resistenza, il cuore aumenta sia il suo volume che la sua massa,

in quanto per vincere questo maggiore carico di lavoro, acquisisce una maggiore contrattilità. Le

modificazioni più evidenti si riscontrano nel ventricolo sinistro che è cavità cardiaca maggiormente

sollecitata e la pressione sanguigna durante l’allenamento arriva a superare i 480-350 mmHg.

L’allenamento di tipo aerobico induce un maggior riempimento ventricolare, dovuto in gran parte

all’aumento del volume del plasma, indotto anche dall’allenamento. Successivamente si riduce sia

la frequenza cardiaca di riposo che quelle in esercizio, il che consente un tempo di riempimento

diastolico più lungo (questa diminuzione di frequenza è data dalla maggiore attività del sistema

nervoso parasimpatico, insieme ad una diminuzione di attività del sistema simpatico). L’aumento

del volume plasmatico e del tempo di riempimento ventricolare concorrono ad aumentare le

dimensioni del cuore. Man mano che aumenta il livello di allenamento dei muscoli, il sistema

cardiovascolare si adatta, aumentando il flusso diretto agli stessi, in quanto si riscontra:

•Aumento della capillarizzazione

•Maggiore apertura dei capillari già esistenti

•Più efficace distribuzione del sangue

•Aumento di massa del sangue

La differenza artero-venosa di ossigeno aumenta dopo l’allenamento, perché ovviamente

diminuisce l’ossigeno nel sangue venoso, in quanto viene utilizzato.

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ADATTAMENTI RESPIRATORI

La ventilazione polmonare di riposo rimane invariata o si riduce leggermente in seguito

all’allenamento, mentre aumenta la massima ventilazione polmonare, dovuto a: aumento del

volume corrente e della frequenza respiratoria durante l’esercizio. La diffusione polmonare, ossia

lo scambio gassoso, rimane inalterato in condizione di riposo, mentre aumenta durante l’esercizio

massimale. Il flusso sanguigno polmonare aumenta, soprattutto il flusso verso la parte superiore

del polmone quando il soggetto è seduto o in piedi (una maggiore quantità di sangue raggiunge i

polmoni per gli scambi gassosi, quindi abbiamo così un maggior numero di alveoli coinvolti nella

diffusione polmonare).

DIFFERENZE NELLA RISPOSA ALL’ALLENAMENTO

Il massimo consumo di ossigeno (Vo2Max) è condizionato da fattori genetici, quindi ciascun

soggetto ha un range di valori possibili predeterminato. Anche l’età influisce sul consumo di

ossigeno, però i soggetti che rimangono attivi negli anni, mostrano un declino molto più lento,

quindi il problema non è l’età in sé, ma il fatto che con l’età il soggetto tende a fare meno attività

fisica. Questa diminuzione non è irreversibile, in quanto si è visto che i soggetti sedentari che

cominciano ad allenarsi, migliorano il proprio Vo2Max. Le donne in genere presentano un Vo2Max

inferiore del 20-25% rispetto a quello degli uomini.

ACCLIMATAZIONE ALL’ESERCIZIO FISICO SVOLTO AL CALDO

L’esercizio svolto in ambiente caldo, migliora la capacità dell’organismo di disperdere calore in

eccesso, ovvero viene a modificarsi il meccanismo di sudorazione e del flusso ematico. All’inizio

dell’allenamento, il soggetto già acclimatato, comincia a sudare prima, aumentando la sua

tolleranza al calore, ciò comporta un minore aumento della temperatura della cute, così meno

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sangue dovrà fluire alla cute per disperdere calore, risparmiano così sangue per i muscoli in

attività. Il sudore risulta anche più diluito, salvaguardando così le scorte minerali dell’organismo.

Quando un soggetto raggiunge un buon livello di acclimatazione al caldo, si riesce ad ottenere

prestazioni migliori anche in ambiente più fresco. Mentre i dati sull’acclimatazione al freddo non

sono molti, però i dati suggeriscono che l’esposizione al freddo, alterano il flusso sanguigno

periferico e la temperatura della cute. Ma qui la ricerca dovrà chiarire meglio quali sono gli

adattamenti specifici.

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DOMS: Cause E Recupero

Il dolore muscolare può manifestarsi:

•Durante la fase conclusiva di un esercizio

•Fra le 12 e le 48 ore dopo un’esercitazione faticosa

Il dolore muscolare può essere di natura acuta, ovvero quando si avverte durante o

immediatamente dopo l’attività, e può derivare dall’accumulo di prodotti finali durante l’esercizio:

esempio gli H+, edema tessutale. Mentre il dolore muscolaretardivo, viene avvertito 1 o 2 giorni

dopo un’esercitazione impegnativa. Il DOMS (dolore muscolare tardivo), in quasi tutte le ricerche

scientifiche, si dice venga causato principalmente da contrazioni di tipo eccentrico.

La presenza nel sangue di maggiori concentrazioni di specifici enzimi muscolari dopo un esercizio

fisico intenso, spiega che possono avvenire lesioni strutturali delle membrane muscolari. Il livello di

tali enzimi può raggiungere valori circa da 2 a 10 volte superiori a quelli normali. L’insorgenza e i

tempi di queste modificazioni rispecchiano il grado di dolore avvertito. I ricercatori hanno anche

spiegato che questo dolore deriva anche da una risposta infiammatoria che si verifica nel muscolo,

in quanto le sostanze liberate dal muscolo lesionato, possano agire come stimolanti nella

riparazione tessutale, avviando così un processo infiammatorio. Il DOMS indotto dall’esercizio

fisico è associato a:

•Aumento di enzimi plasmatici

•Maggiore mioglobinemia

•Anomalie istologiche strutturali del muscolo

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Il DOMS è suddiviso in diverse fasi:

1 L’elevata tensione del sistema contrattile del muscolo, causa una lesione strutturale al muscolo

e alla sua membrana cellulare

2 La lesione alla membrana cellulare disturba l’omeostasi del calcio della fibra infortunata, e si

risolve in necrosi, che raggiunge la punta massima a distanza di 48 ore dall’esercizio

3 I prodotti dell’attività dei macrofagi e di speciali sostanze contenute nelle cellule, si accumulano

all’esterno delle cellule e quindi stimolano le terminazioni nervose libere del muscolo. Questo

processo è accentuato dal lavoro eccentrico in cui grandi forze vengono distribuite su aree

relativamente piccole della sezione trasversa del muscolo.

Il DOMS è accompagnato ad una riduzione della capacità di esprimere forza da parte dei muscoli

interessati, sia che il DOMS provenga da una lesione o da un edema. La forza massimale verrà

gradualmente recuperata dopo alcuni giorni o settimane. Questa perdita di forza è causata

principalmente da:

•Danno alla struttura del muscolo

•Disfunzione del processo di accoppiamento eccitazione-contrazione (fattore più importante)

•Perdita di proteine contrattili

Per ridurre gli effetti negativi di questa situazione, si potrebbe ridurre la componente di contrazioni

eccentriche durante la fase iniziale dell’allenamento, oppure optare per un’intensità di allenamento

molto bassa e aumentarla progressivamente nel corso delle settimane. I fattori associati al DOMS

sono anche potenzialmente importanti come stimoli per l’ipertrofia muscolare, perciò è

probabilmente necessario per ottimizzare la risposta all’allenamento.

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Perché Praticare Esercizio Fisico Fin Dall’età Prepuberale?

Numerosi studi osservazionali hanno dimostrato che bambini fisicamente attivi, hanno un maggiore

contenuto e densità minerale ossea, rispetto a bambini sedentari. Durante la crescita, l’aumento

del peso corporeo, della forza muscolare e della crescita ossea longitudinale, porta a maggiore

carico gravitario sullo scheletro e l’osso si adatta, aumentando la sua resistenza. È stato

dimostrato che i periodi di crescita, sono il momento migliore per influenzare la crescita e sviluppo

dell’osso, a causa degli alti tassi di modellazione ossea e rimodellamento che si verificano.

Durante l’età prepuberale e nella prima adolescenza, le superfici del periostio crescono

rapidamente, mentre durante la tarda adolescenza, il deposito osseo endocorticale e lo spessore

corticale aumentano. L’Esercizio Fisico durante il periodo prepuberale e prima adolescenza,

influenza le superfici periostali, mentre se svolto durante la tarda adolescenza può influenzare le

superfici endostali e spessore corticale. Questa risposta dell’osso in funzione dell’esercizio, in

questi periodi della vita, può variare in base al sesso. Durante la pubertà i ragazzi sperimentano

una maggiore crescita del periostio, dovuto all’ormone della crescita, IGF-1 e testosterone, mentre

le ragazze hanno un maggior sviluppo nell’endostio, dovuto agli effetti inibitori degli estrogeni sulla

formazione periostale, andando a stimolare quindi di più l’osso endocorticale.

L’analisi degli studi supporta un beneficio dell’esercizio fisico sull’accrescimento e aumento del

contenuto minerale osseo.Anche l’assunzione di calcio modifica la risposta dell’osso in funzione

dell’esercizio fisico, con un maggiore effetto dell’esercizio nei bambini con più alte assunzione di

calcio. La maggior parte delle prove ha coinvolto attività motorie ad alto impatto (esercizi di

potenza), le quali aumenterebbero le forze sull’osso, portando ad una risposta maggiore dello

sviluppo osseo. MacKelvie et al. hanno trovato un effetto positivo quando i bambini avevano un

BMI basso o medio, ma nessun effetto rilevante nei bambini con un BMI alto e questo è dato dal

fatto che bambini con un maggiore peso corporeo, dispongono già di un carico sostanziale sullo

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scheletro, quindi lo stimolo “Esercizio” risulta insufficienze nella stimolazione. Analizzando solo

l’espansione del periostio, l’esercizio di carico può influenzarla, solo nei bambini di età

prepuberale, ma non nei bambini troppo in anticipo a questa fase o nei bambini in fase

postpuberale.

Quindi la meta-analisi indica che l’esercizio può portare ad un maggiore aumento del contenuto

minerale osseo, ma per influenzare l’area ossea, l’esercizio deve essere svolto nella fase

prepuberale. I bambini in età prepuberale sembrano essere più reattivi a queste modifiche

esercizio-sensibili, rispetto ai bambini in età postpubertale. Quindi semplici attività motorie di

impatto durante l’infanzia portano ad un aumento annuale dello 0,6% – 1,7% in più nell’accumulo

osseo. Se questo effetto persiste nell’età adulta, potrebbe avere implicazioni sostanziali per la

prevenzione dell’osteoporosi.

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Esercizio Fisico E Profilo Lipidico

Il “profilo lipidico” descrive i diversi livelli di lipidi nel sangue: lipoproteine a bassa densità (LDL),

lipoproteine ad alta densità (HDL), trigliceridi. Livelli alti di colesterolo LDL indica un eccesso di

lipidi nel sangue, che a sua volta aumenta il rischio di complicazioni cardiovascolari. Il colesterolo

HDL trasporta i lipidi al fegato per il riciclaggio e lo smaltimento. Quindi di conseguenza, elevati

livelli di colesterolo HDL sono un indicatore di una buona salute cardiovascolare. I trigliceridi nel

plasma sono derivati da grassi consumati dagli alimenti o da altre fonti di energia. Un eccesso di

trigliceridi nel plasma è positivamente associato a rischio di malattie cardiovascolari. Le

lipoproteine (VLDL) a bassissima densità, sono associate a rischio cardiovascolare, anche in

individui che esprimono livelli normali di colesterolo LDL. In una meta-analisi di 170.000

partecipanti, è stato segnalato che la riduzione del colesterolo LDL, ha diminuito l’incidenza di

infarti e ischemica. La prevalenza di elevato colesterolo totale è più elevato in Europa che negli

Stati Uniti, dove il 54% dei adulti di età compresa tra i 25 anni, hanno livelli di colesterolo totale

sopra i livelli raccomandati. E ‘stato riconosciuto che le riduzioni di circa 0,6 mmol/L di colesterolo,

può ridurre l’incidenza di cardiopatia ischemica del 54% all’età di 40 anni, riducendo al 19% a 80

anni. Una riduzione totale di colesterolo è quindi ancora considerato il gold standard nella medicina

cardiovascolare preventiva. Abbassare il colesterolo LDL di 1 mmol/L è stato associato ad una

riduzione del 55% del rischio di malattia coronarica, mentre il trattamento con statine a partire in

età avanzata ha richiesto una triplice riduzione del colesterolo LDL colesterolo per ottenere la

stessa grandezza della riduzione del rischio. Studiosi hanno riportato interventi con esercizio fisico

come trattamento terapeutico e a 3 anni di follow-up, è stata osservata una significativa

associazione positiva tra 24 ore di attività fisica auto-riferito e livelli di HDL. In generale, i dati

suggeriscono una relazione dose-risposta tra aumenti di attività fisica e il miglioramento dei

trigliceridi e HDL in popolazioni precedentemente sedentarie. L’esercizio fisico sembra migliorare

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la capacità dei muscoli scheletrici nell’utilizzare lipidi come energia, riducendo in tal modo i livelli di

lipidi plasmatici. Una recensione di 51 documenti che descrivono interventi di attività fisica, hanno

riportato una media di aumento del colesterolo HDL del 4,6%.

ESERCIZIO FISICO AEROBICO

L’esercizio aerobico comporta un aumento della resistenza cardio-respiratoria. Una meta-analisi di

51 interventi che coinvolge 12 settimane o più di esercizio aerobico, ha riferito che in media, il

colesterolo HDL è aumentato del 4,6%, mentre i livelli di trigliceridi sono diminuiti del 3,7% e il

colesterolo LDL è diminuito del 5%. L’esercizio aerobico in altri studi ha riportato un aumento del

13% del colesterolo HDL, seguente ad un tempo di 10 settimane di protocollo esercizio fisico per

tre volte settimanali, all’85% della frequenza cardiaca massima dalla seconda settimana in poi, per

40 minuti. Gli autori hanno riferito che il colesterolo HDL era l’unico componente del profilo lipidico

migliorato. Quando si aumenta l’intensità di esercizio aerobico durante uno sforzo continuo, gli

effetti sul colesterolo HDL sembrano essere più importanti. I dati suggeriscono che gli interventi a

breve termine saranno efficaci anche se il volume di allenamento è abbastanza alto. E’ stato

riferito che l’alta intensità ha portato più miglioramenti. L’evidenza suggerisce che un esercizio di

moderata intensità sarà efficace per aumentare il colesterolo HDL. Per ridurre direttamente il

colesterolo LDL e livelli di trigliceridi, tuttavia, l’intensità di esercizio deve essere aumentata.

ESERCIZIO FISICO COMBINATO

Le prove presentate dimostrano l’efficacia sia dell’esercizio aerobico che l’allenamento di forza. In

uno studio hanno esaminato l’effetto di 16 settimane di esercizio di moderata intensità combinata

allenamento aerobico e forza. Il protocollo è durato 45 minuti, composto da esercizio fisico

aerobico al 60% Fcmax, insieme ad esercizi di forza (da 2 serie con 15 ripetizioni) al 60% 1 RM. È

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stato riferito che il colesterolo LDL è risultato significativamente diminuito dopo questo protocollo,

anche se la riduzione non era significativamente diversa dal solo esercizio aerobico. Quindi

l’allenamento di forza potrebbe compensare le riduzioni di esercizio aerobico e viceversa.

RACCOMANDAZIONI

Sulla base di tali dati, gli effetti dell’esercizio fisico sui livelli di colesterolo, sono dimostrati da

interventi con un esercizio di tipo aerobico ad una maggiore intensità, abbinando esercizi di forza a

moderata intensità. Queste evidenze dovrebbero aiutare nella prescrizione di protocolli di esercizio

fisico per ridurre i livelli di colesterolo. L’attività fisica regolare aumenta il colesterolo HDL. Sembra

che ci sia una dose-risposta lineare relazione tra i livelli di attività e di colesterolo HDL. L’alta

intensità, si è dimostrata necessaria per ridurre il colesterolo LDL e dei trigliceridi. La relazione

dose-risposta tra il profilo lipidico e dispendio energetico sembra trascendere la modalità di

esercizio. Quindi fondamentale è proprio l’incremento della spesa calorica associata all’esercizio

aerobico, portandolo ad un livello di impegno sempre maggiore. L’esercizio fisico aerobico

progressivo e crescente, ha dimostrato influenzare positivamente il colesterolo HDL e il profilo

lipidico. Quindi inizialmente deve essere proposta una moderata intensità aerobica, per poi

crescere, se si vogliono avere maggiori benefici.

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Effetti Dell’Esercizio Eccentrico: Forza, Ipertofia E Recupero

Cambiamenti neuromuscolari e funzionali indotti dall’esercizio sono specifici per il tipo di lavoro

svolto. Le contrazioni eccentriche sono caratterizzate dal fatto che il carico sul muscolo è maggiore

della forza sviluppata dal muscolo stesso, producendo così una contrazione allungante. L’esercizio

eccentrico comporta microlesioni muscolari e maggiore tensione meccanica, rispetto alle

contrazioni concentriche / isometriche e quindi può comportare maggiori adattamenti

muscolari.Studi hanno riportato che l’esercizio eccentrico ad alta intensità è più efficace

dell’esercizio concentrico nell’aumentare la massa muscolare, attraverso cambiamenti nelle

caratteristiche istochimiche e substrati metabolici all’interno del muscolo scheletrico.

ESERCIZIO ECCENTRICO E ADATTAMENTI ISTOCHIMICI

La tensione meccanica prodotta dalla forza in allungamento, è un fattore essenziale per stimolare

le vie di segnalazione coinvolte nella crescita muscolare. Gli stimoli meccanici possono regolare il

tasso di sintesi proteica per delle proteine che sono centrali per il processo di crescita. Gli stimoli

meccanici possono contribuire anche all’ipertrofia muscolare attraverso i cambiamenti in

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permeabilità della membrana delle fibre muscolari agli ioni calcio. Le maggiori concentrazioni di

calcio all’interno del citosol della cellula, aumenta il volume e il tasso di sintesi proteica. Durante

l’esercizio eccentrico, la proteina chinasi attivata da questa sollecitazione, collega lo stress

cellulare con una risposta adattiva nei miociti, modificando la crescita e la differenziazione.

ESERCIZIO ECCENTRICO E ADATTAMENTI METABOLICI

La tensione meccanica prodotta da questo lavoro, contribuisce all’allungamento del tempo di

ischemia muscolare, aumentando la lieve degradazione delle fibre, portando ad un incremento

dell’attività del nervo simpatico, facilitando una risposta adattativa ipertrofica.

ESERCIZIO ECCENTRICO E ADATTAMENTI NEURALI

Gli adattamenti neurali possono verificarsi sia a livello della corteccia motoria, che nel midollo

spinale, in seguito all’allenamento. Gli adattamenti si verificano in corrispondenza dei percorsi di

accoppiamento eccitazione-contrazione a livello della giunzione neuromuscolare. Il sistema

nervoso centrale impiega strategie neurali differenti, per controllare il muscolo scheletrico durante

le contrazioni eccentriche, rispetto a contrazioni isometriche o concentriche. Fang et al. hanno

dimostrato che le attività corticali per la preparazione del movimento eccentrico, erano maggiori,

probabilmente per ridurre il riflesso di stiramento indesiderato e il danno muscolare sub-

cellulare. Quindi il cervello probabilmente pianifica e programma diversamente i movimenti

eccentrici. Inoltre gli studi hanno dimostrato che le attività corticali associate all’elaborazione dei

segnali di retroazione, sono maggiori durante l’esercizio eccentrico, a causa del più alto grado di

complessità del movimento per controllare il muscolo stirato. Inoltre, si registra l’insorgenza più

precoce dell’attivazione corticale, data dalla pianificazione per una maggiore complessità del

movimento, modulazione dell’eccitabilità del riflesso monosinaptico o per la diversa strategia di

controllo (ad es. reclutamento di unità motorie), che comporta questa contrazione.

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ESERCIZIO ECCENTRICO E UNITÀ MOTORIE

Durante una contrazione muscolare, il sistema nervoso centrale aumenta i tassi di accensione

delle unità motorie e / o l’assunzione di ulteriori unità motorie. Un potenziale meccanismo

responsabile è dato dalle vie regolatorie neurali coinvolte nel processo di eccitazione e inibizione.

Durante le contrazioni eccentriche, la comunicazione afferente a livello midollare, da parte delle

fibre del Golgi, inducono un’inibizione pre-sinaptica più elevata e l’allenamento porta ad una

rimozione dell’inibizione neurale e il corrispondente aumento della massima forza muscolare e

velocità.

ESERCIZIO ECCENTRICO E FORZA MUSCOLARE

L’esercizio eccentrico può preferibilmente reclutare muscoli con fibre a contrazione rapida. Ciò

porterebbe ad un aumento di tensione meccanica e di conseguenza a una produzione di forza

ancora maggiore. Farthing e Chilibeck hanno riferito che 8 settimane l’allenamento di resistenza

eccentrica, ha comportato un aumento maggiore dell’ipertrofia e forza muscolare rispetto

all’allenamento concentrico. Kaminski et al. hanno anche osservato maggiori miglioramenti nella

contrazione di picco dopo il lavoro eccentrico (29%) rispetto al concentrico (19%). È stato anche

mostrato che il movimento che parte dall’allungamento verso l’accorciamento (quindi da una

posizione eccentrica), ha l’effetto maggiore sull’aumento della velocità, sviluppo della forza

rispetto a contrazioni concentriche e isometriche.

ESERCIZIO ECCENTRICO E RECUPERO

L’esercizio eccentrico viene anche utilizzato nel recupero di svariate condizioni, come

tendinopatie, stiramenti muscolari e lesioni del legamento crociato anteriore. Però se non gestito al

meglio, l’effetto non uniforme di un lavoro eccentrico, porta a cambiamenti non uniformi

nell’attivazione muscolare e nelle sinergie muscolari, che possono portare a squilibri di

forza. L’esercizio eccentrico non svolto bene o non accuratamente dosato, è anche associato a

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lesioni, dolore, ridotta eccitabilità della fibra, debolezza e può portare a una compromissione della

stabilità articolare durante perturbazioni esterne. Le contrazioni eccentriche sono importanti ad

opera del loro potenziale nel produrre una grande forza a basso costo metabolico. Dati riportati da

diversi studi suggeriscono che il lavoro eccentrico, è lo stimolo più efficace per promuovere la

crescita muscolare e migliorare il controllo neuromotorio.

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Principali Adattamenti Del Tessuto Connettivo All’Esercizio Fisico

L’esercizio pone un forte stress al sistema scheletrico, tuttavia, lo stress deve raggiungere un certo

livello in ordine affinchè le ossa si adattino. La tensione minima essenziale dipende dal soggetto,

stato di allenamento ed età. Tuttavia, la forza dell’osso può aumentare indipendentemente dalle

variazioni della BMD. Le ossa possono diventare più forti, rispetto ai potenziali aumenti osservati

nella BMD. Esercizi che prevedono un carico esterno ad alta intensità, sono fondamentali per

ottenere questo adattamento (Sollevamento anche di piccoli pesi, attività che richiedendo

esplosività come corsa / salto, sono mezzi eccellenti per aumentare la BMD. Nel 2004, l’American

College of Sports Medicine (ACSM) pubblicò una posizione che raccomandava delle linee guida

per aumentare la massa ossea:

• Esercizi di resistenza a carico, attività che coinvolgere il salto e l’allenamento di resistenza (RT)

• Intensità da moderata a elevata

• Frequenza di esercizio di resistenza di 3-5 giorni a settimana

• Esercizio per 30-60 minuti al giorno con diversificazione dello stimolo

La ricerca mostra una relazione positiva tra BMD e miglioramento della massa e forza

muscolare. Le ossa però hanno un tempo di adattamento più lungo, infatti le modifiche alla BMD

sono generalmente viste dopo 6 mesi di esercizio e solo se un individuo si allena oltre il livello di

soglia di adattamento, o sforzo essenziale minimo. L’esercizio fisico di alta intensità, può elevare le

concentrazioni di osteocalcina. I sollevatori di pesi hanno una maggiore concentrazione di

osteocalcina (del 35%) rispetto ai soggetti di controllo di età corrispondente. L’allenamento di

resistenza eleva l’osteocalcina e l’osso alcalino fosfatasi.

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ESERCIZIO FISICO PER AUMENTARE DIMENSIONE E FORZA DELL’OSSO

I programmi di allenamento per stimolare la crescita ossea, necessitano di carico, velocità, volume,

scelta corretta dell’esercizio, progressivo sovraccarico e variazione nello stimolo. Si consiglia:

• Esercizi multi-articolari (squat, power cleans, dead lifts, panca) perché permettono di sollevare

carichi maggiori.

• Il numero di ripetizioni dovrebbe essere con un volume da moderato a basso (10 ripetizioni o

meno).

• La velocità della contrazione è indispensabile in quanto l’accelerazione e aumento della forza dei

muscoli scheletrici, aumenta lo stress sull’osso.

• Gli intervalli di riposo devono essere da moderati a lunghi (almeno 2-3 minuti) per consentire un

carico maggiore durante ogni set.

• La variazione dello stimolo allenante è importante per migliorare la forza dell’osso.

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ADATTAMENTI FASCIALI DI TENDINI E LEGAMENTI ALL’ESERCIZIO FISICO

Il principale stimolo per la crescita fasciale di tendini e legamenti, è un carico meccanico che porta

all’ipertrofia. Questi processi potrebbero essere analoghi alla meccanotrasduzione dell’osso.

L’allungamento del citoscheletro in risposta al carico, sembra essere lo stimolo che porta a una

maggiore sintesi del collagene e crescita del tessuto connettivo. Il grado di adattamento è

proporzionale all’intensità dell’esercizio. I punti in cui il tessuto può aumentare la forza sono:

•A livello delle giunzioni tra tendine / legamento e superficie ossea,

•All’interno del corpo del tendine / legamento,

•All’interno del muscolo scheletrico.

L’ipertrofia muscolare richiede modifiche strutturali ai tendini per compensare una forza più grande.

Inizialmente l’esercizio in fase acuta porta ad una degradazione del collagene, ma i seguenti giorni

successivi, il tasso di sintesi del collagene aumenta in modo significativo. È stato suggerito che

l’esercizio, inizialmente, provoca un aumento del turnover del collagene di tipo I per consentire la

ristrutturazione organizzativa del tessuto.

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ADEGUAMENTI CARTILAGINEI ALL’ESERCIZIO FISICO

La cartilagine è composta da fluido (60% -80%), collagene di tipo II ed elettroliti. Quella articolare,

(cartilagine ialina) è il tipo che copre le estremità di lungo a livello delle ossa. La cartilagine fibrosa

si trova all’interno dei dischi intervertebrali, menischi e al punto di inserimento nell’osso per

tendini e legamenti. La cartilagine elastica si trova nell’orecchio.

Le cartilagini articolari e fibrose sono le tipologie che più rispondono all’esercizio, fornendo una

superficie liscia per il movimento articolare, agendo da ammortizzatore e aiutando nel fornire forza

a tendini e legamenti. Non avendo una propria vascolarizzazione, deve ricevere i suoi nutrienti dal

liquido sinoviale. Quindi, gli infortuni a questi tessuti, hanno periodi di recupero molto lunghi e

spesso richiedono un intervento chirurgico. La compressione e decompressione della cartilagine

crea un gradiente di pressione con cui il liquido sinoviale può essere assorbito nella cartilagine.

L’esercizio aerobico può aumentare lo spessore della cartilagine articolare, riducendo la

degradazione della cartilagine.

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Come L’Esercizio Fisico Migliora Il Profilo Ormonale?

L’esercizio fisico è un potente stimolo per gli adattamenti ormonali. Nell’allenamento di resistenza

(RT), le variabili del programma (intensità, volume, intervalli di riposo, velocità di ripetizione,

frequenza), forniscono una risposta endocrina adattiva.

LIVELLO DI TESTOSTERONE DOPO UNA SINGOLA SESSIONE DI ESERCIZIO FISICO

Le concentrazioni di testosterone sono elevate, durante e subito dopo una singola seduta di

esercizio. L’esercizio di forza ne eleva le concentrazioni sia negli uomini che nelle donne, se si

raggiunge un volume e un’intensità elevata ottimale. Le donne però hanno un aumento limitato

rispetto agli uomini, in quanto nella donna prevale di più l’intervento del GH per l’aumento di massa

muscolare.

Questi aumenti sono attribuiti alle riduzioni del volume plasmatico, stimolazione del sistema

nervoso simpatico e produzione di lattato nell’esercizio. Aumenti acuti di quest’ormone, possono

migliorare la funzione neurale e aumentare gli effetti di altri ormoni (es. GH). Altri fattori che

influenzano la risposta acuta di testosterone, riguardano:

• Selezione dell’esercizio fisico e coinvolgimento della massa muscolare: la risposta acuta

dell’aumento del testosterone, è maggiore con l’attivazione di più massa muscolare.

• Intensità e volume: la risposta del testosterone è maggiore con esercizi di forza ad alta intensità.

• Frequenza di allenamento: la risposta di testosterone è più consistente quando il volume di

allenamento è diviso in due sessioni invece di una.

• Assunzione nutrizionale: la risposta di testosterone acuta è limitata se si assumono carboidrati /

proteine prima, durante, o subito dopo un allenamento, a causa dell’antagonismo con gli aumenti

di insulina. L’assunzione di caffeina prima dell’esercizio, può aumentare la risposta di testosterone

in modo dose-dipendente.

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• Sovrallenamento e disidratazione: la risposta può essere inferiore quando si è troppo allenati

(overtraining) e disidratati.

CAMBIAMENTI CRONICI DEI LIVELLI DI TESTOSTERONE

Non vi è nessuna modifica nelle concentrazioni di testosterone a riposo nella fase cronica, in

quanto le concentrazioni riflettono lo stato attuale dei muscoli nel mentre lavorano. Sembra che i

valori ritornino a un livello di equilibrio omeostatico dopo l’adattamento al programma. Questi dati

suggeriscono che i cambiamenti ormonali cronici non sono fondamentali per mediare forza e

cambiamenti di taglia, in quanto non è l’unico fattore in gioco.

LIVELLO DEL GH DOPO UNA SINGOLA SESSIONE DI ESERCIZIO FISICO

L’esercizio fisico è un potente stimolo per la secrezione di GH. Esercizi aerobici producono acuti

aumenti di GH. L’esercizio di resistenza aerobica eleva il GH nei 30 minuti post esercizio, anche se

le concentrazioni a riposo di GH sono spesso più alte nelle donne, e la risposta viene limitata

quando si consumano amminoacidi e carboidrati vicino l’attività. La risposta GH dipende dal tipo di

esercizio e quantità di massa muscolare reclutata (intensità, volume, intervalli di riposo tra insiemi

e stato di allenamento). Esercizio fisico con volumi maggiori, provocano aumenti di GH più

elevati. Questi allenamenti devono produrre un sostanziale aumento di lattato nel sangue, in

quanto vi è una correlazioni tra lattato e livelli di GH. Häkkinen e Pakarinen hanno mostrato che 20

serie di 1 squat RM, hanno prodotto solo una leggera elevazione di GH, mentre dopo 10 serie di

10 ripetizioni con il 70% di 1 RM, l’aumento dei livelli di GH è stato maggiore. Bottaro et al. ha

mostrato che la risposta di GH è massima con intervalli di riposo di 30 secondi, rispetto a 60 e 120

secondi. L’aggiunta di un singolo set di ripetizioni elevate con il 50% di 1 RM, alla fine di un

allenamento di forza, può aumentare la risposta del GH.

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CAMBIAMENTI CRONICI DEI LIVELLI DI GH

L’esercizio costante non sembra alterare il GH a riposo. L’elevazione indotta dall’esercizio, è in

relazione con ipertrofia delle fibre muscolari di tipo I e II. Circa il 50% di GH si lega alle proteine

leganti GH specifiche (GHBP) che estendono la sua emivita e ne aumentano gli effetti.

Un’elevazione in GHBP è stato mostrato a riposo dopo 2 settimane di allenamento di resistenza.

L’esercizio aerobico (60 min al 75% di Vo2max) produce elevazioni in GH e GHBP. Mentre

l’esercizio di resistenza (6 serie di squat, all’80% -85% di 1 RM, 10 ripetizioni, 2 min intervalli di

riposo) produce elevazioni solo nelle GHBP.

LIVELLI DI CORTISOLO DOPO UNA SINGOLA SESSIONE DI ESERCIZIO FISICO

L’esercizio fisico è un potente stimolo per l’innalzamento del cortisolo. L’esercizio fisico eleva il

cortisolo con l’aumentare dell’intensità di lavoro. L’esercizio anaerobico produce risposte simili, ma

la risposta è aumentata a causa della disidratazione. L’esercizio di resistenza eleva il cortisolo e

ACTH con risposte simili in uomini e donne. Gli allenamenti che provocano aumenti maggiori di

cortisolo, provocano anche maggiori risposte di GH e lattato. Programmi ad alto volume (4-6 set vs

2 imposta; 6 set contro 1 set) producono maggiori risposte di cortisolo. Maggiori risposte al

cortisolo si verificano durante gli allenamenti dove si utilizzando intervalli di riposo brevi (1 minuto)

rispetto a lunghi periodi. Anche se è un ormone catabolico, i suoi aumenti sono necessari per il

rimodellamento e il recupero dei tessuti.

CAMBIAMENTI CRONICI DEI LIVELLI DI CORTISOLO

È importante evitare il sovrallenamento, in quanto si eleva il cortisolo a tal punto da ridurre il

rapporto testosterone / cortisolo (T / C). Il rapporto T / C è un indicatore anabolico del muscolo

scheletrico.

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LIVELLI DI CATECOLAMINE IN SEGUITO ALL’ESERCIZIO FISICO

Le catecolamine sono secrete in risposta allo stress (fisico, calore, ipossia, ipoglicemia) e riflettono

le esigenze dell’esercizio, importanti per aumentare la produzione di forza, la contrazione

muscolare, disponibilità di energia. Le concentrazioni di catecolamine aumentano durante

l’esercizio aerobico e anaerobico in maniera dipendente alla massa muscolare coinvolta, alla

postura (la posizione verticale produce una risposta più alta), intensità e durata della sessione.

L’esercizio di forza aumenta le concentrazioni plasmatiche di epinefrina, norepinefrina e dopamina.

L’entità dell’aumento dipende dalla forza della contrazione muscolare, quantità di muscoli stimolati,

intensità e volume, intervalli di riposo utilizzati e livello di disidratazione.

LIVELLI DI B-ENDORFINE

L’esercizio è un potente stimolo per la secrezione di b-endorfina con la risposta dipendente

dall’intensità e durata dell’esercizio. L’allenamento anaerobico eleva le b-endorfine in proporzione

ai livelli di lattato ematico e agli aumenti di ACTH. L’esercizio aerobico aumenta le b- endorfine con

un aumento di intensità (almeno il 70% del VO2Max). Allenamenti come nel bodybuilding, con alto

volume, alta di intensità, e con brevi intervalli di riposo, e che quindi producono alti livelli di lattato

nel sangue, stimolano anche un aumento delle b-endorfine. L’aumento delle b-endorfine può

aiutare a compensare l’acidosi, migliorare lo stato dell’umore e la tolleranza al dolore.

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Esercizio Fisico E Corpi Chetonici: Quale Legame?

Una fonte energetica alternativa ai carboidrati e ai grasso sono i corpi chetonici, vale a dire

acetoacetato (AcAc), acetone e β-idrossibutirrato (βHB), che sono prodotti nel fegato, durante

alcuni stati fisiologici e strategie nutrizionali. Ciò si traduce in una ridotta disponibilità di carboidrati.

Questa privazione del glucosio ed elevazione concomitante di acidi grassi liberi (FFA), porta alla

produzione di questi corpi chetonici per sostituire il glucosio come combustibile primario per i

tessuti: cervello, cuore e osso. Oltre ad avere un ruolo come fonte alternativa di carburante, questi

corpi hanno effetti anti-lipolitici sul tessuto adiposo e una potenziale attenuazione della proteolisi

nel muscolo scheletrico. Nonostante queste osservazioni, i corpi chetonici possono anche agire

come molecole di segnalazione per regolare l’espressione genica e risposte adattive. Inoltre, il

ruolo terapeutico di questi corpi chetonici, è stato proposto in una varietà di stati patologici, come

malattie genetiche e patologie neurodegenerative.

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METABOLISMO DEI CORPI CHETONICI DURANTE L’ESERCIZIO FISICO

Lo smaltimento di corpi chetonici nel muscolo scheletrico umano è fino a 5 volte in più durante

l’esercizio fisico. L’ossidazione tramite utilizzo dei corpi chetonici, produce quozienti respiratori di

1,00 e 0,89. Come i carboidrati e i grassi, il metabolismo di questi corpi durante l’esercizio, è

influenzato da una varietà di fattori, tra cui stato metabolico, stato di fitness e intensità

dell’esercizio fisico. Durante l’esercizio fisico prolungato di bassa / moderata intensità, eseguito di

primo mattino, dopo il riposo notturno, il muscolo ha una maggiore capacità di estrarre i chetoni dal

sangue. Tuttavia, quando la chetoniemia supera i 2,5 mM, come dopo 72 ore di digiuno, l’aumento

di corpi chetonici, indotto dall’esercizio, viene limitato. Dopo una notte di digiuno, il contributo

energetico varia dal 2 al 10%. Inoltre, c’è un’attenuazione progressiva dell’ossidazione dei corpi

chetonici con l’aumento della chetonemia e quindi la mobilitazione dei corpi non è il fattore che

limita la loro ossidazione nel muscolo scheletrico. Questa attenuazione indotta dall’esercizio

suggerisce che al di sopra di una cetra soglia, i muscoli scheletrici diventano saturi nella loro

capacità di ossidarli e / o che l’iperchetanemia stessa, funga da feedback negativo, inibendo

l’ossidazione degli stessi. Una loro eccessiva ossidazione a livello muscolare, potrebbe

minacciare sopravvivenza, perché in deficit nutrizionale, questo substrato occorre agli organi.

METABOLISMO DEI CORPI CHETONICI NEL POST ESERCIZIO

I corpi chetonici aumentano gradualmente durante l’esercizio prolungato fino a 0,2 a 0.4 mM. Alla

cessazione dell’esercizio fisico, il tasso di comparsa dei corpi chetonici aumenta e la

chetogenesi supera la chetolisi. A livello meccanicistico, la regolamentazione risiede in diversi siti

tra cui: malonil CoA (trasporto di grasso negli epatociti tramite CPT-1), disponibilità di Ac-CoA per

la chetogenesi e l’ossaloacetato per il ciclo TCA. Inoltre, le azioni dell’insulina e del glucagone

esercitano una forte influenza attraverso l’attivazione e l’inibizione di Ac-CoA carbossilasi (ACC),

che catalizza la sintesi di malonil CoA. Quando il glicogeno epatico diventa minore: il rapporto di

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insulina è elevato, la sintesi del malonil CoA è ridotta, portando a una diminuzione dell’inibizione

del trasporto del grasso negli epatociti e di conseguenza elevati livelli di Acetil-CoA. Questi

meccanismi di regolamentazione sono sensibili alle manipolazioni dei nutrienti prima e dopo

l’esercizio aerobico.

Un’abolizione della chetosi post-esercizio, è riscontrata in risposta all’esercizio aerobico. L’intensità

dell’esercizio fisico è il determinante chiave della risposta metabolica / ormonale, delle

catecolamine, mobilizzazione dei grassi / glicogeno. Un’elevata assunzione di carboidrati prima

dell’esercizio, attenua la chetosi post esercizio, indipendentemente dallo stato di allenamento,

mentre la restrizione di carboidrati, aumenta la chetosi nel post attività. L’ngestione di glucosio

dopo 2 ore di recupero, e di alanina durante il recupero, attenuano la chetosi post esercizio, ma

l’effetto di inibizione del glucosio non si vede quando viene ingerito immediatamente dopo

l’esercizio. L’ngestione di alanina, aumenta l’attività mitocondriale (di ossalacetato) nel fegato,

permettendo la condensazione con Ac-CoA e deviazione dalla chetogenesi. Questo suggerisce

chela risposta della chetosi nel post esercizio, è determinata dal grado di deplezione del glicogeno

epatico e ridotto flusso glicolitico, mentre nel recupero di alcune ore, questo processo è sotto

controllo dell’nsulina e grassi correlati all’assunzione nutrizionale.

CONSEGUENZE METABOLICHE DELLA CHETOSI NEL POST-ESERCIZIO

Il ruolo fisiologico della chetosi post esercizio è di reintegro del glicogeno muscolare, durante i

periodi di bassa disponibilità di carboidrati. Durante il periodo di recupero post-esercizio, la

risintesi del glicogeno muscolare ha un alta priorità metabolica ed è facilitata da un aumento di

ossidazione dei grassi e risparmio dei carboidrati (in quanto una deplezione di glicogeno epatico è

di ostacolo allo sforzo di un muscolo che ha esaurito le sue riseve di glicogeno e che quindi ha

bisogno di quello epatico). Il contributo della chetosi post esercizio, è dato dalla capacità dei corpi

chetonici di inibire la glicolisi e aumentare la conversione del glucosio in glicogeno. L’esaurimento

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del glicogeno muscolare è solo una componente nel recupero post-esercizio e le strategie

nutrizionali per un ottimo recupero, devono comprendere l’ingestione di proteine, per limitare la

rottura delle proteine muscolari e aumentarne la loro sintesi. I corpi chetonici hanno anche effetti

sul risparmio di proteine nel muscolo scheletrico, con una ridotta ossidazione della leucina.

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Come Risponde Il Muscolo All’Esercizio Fisico In Alta Quota?

La riduzioni nella sintesi dell’ATP a causa dell’abbassamento della concentrazione di ossigeno, ha

conseguenze critiche per la funzione cellulare. In queste situazioni di riduzione della respirazione

cellulare, si registra un deficit del metabolismo ossidativo, con un calo della massima potenza

aerobica durante il lavoro muscolare in ipossia. Questa riduzione ammonta ad un deficit di circa lo

0,5% per 100m di altitudine. Questo ha conseguenze disastrose per la capacità di esercizio. Ad

altezze di 8500m, il massimo dispendio energetico viene abbassato a livelli critici, ovvero poco al

di sopra del metabolismo basale. Il lavoro fisico a questi estremi, ha importanti implicazioni

fisiologiche, quasi impossibili senza una dovuta acclimatazione. L’ipossia estrema sposta il

metabolismo verso un maggiore potenziale anaerobico. Cambiamenti nel proteoma muscolare con

esposizione all’alta quota, riportano un elevato contenuto di mioglobina proteica legante l’ossigeno

(þ 16%) e attività del citocromo C reduttasi (þ 78%), nel muscolo flessorio dell’anca, a 3600m sul

livello del mare. I cambiamenti nella dimensione delle fibre e la capillarizzazione, suggeriscono che

l’atrofia delle fibre, che si verifica, serve ad ottimizzare l’apporto nutritivo al muscolo in funzione.

L’attività muscolare modifica gli effetti dell’alta quota sulla biogenesi mitocondriale e sulla crescita

delle fibre. L’attività di contrazione muscolare è un potente stimolatore della biogenesi

mitocondriale. La reinterpretazione delle proteine mitocondriali, indica che l’attività muscolare

interagisce con l’altitudine promuovendo il potenziamento del metabolismo aerobico. Aumenti del

numero di globuli rossi e dei tassi di sintesi delle proteine plasmatiche di albumina e fibrinogeno,

illustrano che il compartimento vascolare migliora con l’esposizione all’altitudine. L’importante

contributo dell’attività muscolare nella regolazione del proteoma, in seguito all’altitudine, è dato

dall’elevato livello di proteine muscolari registrate, fondamentali nel metabolismo aerobico.

L’attività fisica di resistenza durante l’esposizione all’ipossia modifica l’assegnazione degli

aggiustamenti fisiologici. Uno studio sull’esercizio su bike a 2300m di altitudine, ha dimostrato

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maggiori guadagni nel marcatore ossidativo (citrato sintasi) del 29% rispetto al 12%, riscontrato al

livello del mare, mioglobina dell’8% contro il 6% e la fosfofruttochinasi dell’8% rispetto

all’1%. L’esercizio ripetuto sotto ipossia, ha dimostrato un aumento globale dei mitocondri e dei

capillari. La perdita di mitocondri e di fibre iniziale, riflette la transizione verso un nuovo stato

metabolico, migliorando la funzionalità capillare nelle fibre muscolari. Ad altitudini superiori a

5000m, con il massiccio impatto tossico dell’ipossia, si registra una prevalenza delle reazioni

cataboliche nelle proteine muscolari. Diverse vie di segnalazione sono implicate nell’ipossia e nel

controllo dell’espressione genica. Nel muscolo scheletrico, l’attivazione del segnale di trascrizione

genica, sensibile all’ipossia, può avvenire come una conseguenza diretta di una diminuzione

dell’ossigenazione tissutale, che può risultare da specie reattive dell’ossigeno o da una risposta

delle cellule endoteliali allo stress meccanico del flusso sanguigno elevato, che si verifica in

condizioni di ipossia.

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La segnalazione, nel rimodellamento muscolare, è illustrata dalla modulazione del fattore ipossia-

inducibile (HIF-1). La stabilizzazione del fattore HIF-1a è istantanea in seguito al passaggio dallo

0,5% al 2% nella concentrazione di ossigeno ambientale. La stabilizzazione dell’HIF-1a è stato

rilevato anche dopo un esercizio fisico intenso. Queste osservazioni implicano che l’attivazione del

fattore ipossia-inducibile (HIF-1), si manifesta in seguito all’improvvisa caduta dei livelli di ossigeno

intramuscolare, indotta anche dal muscolo in attività. L’aumento di questo fattore, fornisce un

miglioramento nell’assorbimento di glucosio e del lattato, comportando così un adattamento

all’ipossia.

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Il lavoro muscolare ripetuto in altitudini moderate con il recupero in un’atmosfera ben ossigenata,

eleva la capacità aerobica locale. Al contrario, la permanenza all’ipossia, causa una perdita dei

mitocondri, che viene compensata migliorando la perfusione capillare, conseguente alla perdita di

materiale contrattile.

L’autofagia mitocondriale, atrofia delle fibre e possibili limitazioni energetiche aerobiche, cercano

di prevenire la perdita di proteine mitocondriali, in un ambiente di alta quota.

Al contrario, le proteine coinvolte nel maneggiamento di glucosio e lattato, sono esenti da atrofia

muscolare in alta quota e spiegano il miglioramento della capacità tampone, con lo spostamento

dal metabolismo aerobico ad anaerobico.

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Fisiologia Dell’Esercizio Fisico: Risposte All’Alta Intensità

Il turnover dell’ATP stimola il consumo di ossigeno durante la contrazione dei muscoli scheletrici. A

livello sistemico, ventilazione e scambio di gas nei polmoni, insieme ad aumenti della gittata

cardiaca, sono fondamentali per soddisfare le esigenze metaboliche del muscolo in attività. È

importante notare che a riposo, il consumo di ossigeno del muscolo scheletrico, è basso. Però,

durante l’esercizio massimale, il consumo di ossigeno può aumentare da 10 a 15 volte, nei

soggetti giovani non allenati, e di 20-25 volte, in atleti d’élite. Questi aumenti del consumo di

ossigeno sono facilitati da grandi aumenti della gittata cardiaca e, cosa più importante,

dall’aumento del flusso sanguigno nel muscolo scheletrico da 50 a 100 volte. Allenando i muscoli,

si può aumentare notevolmente il loro consumo di ossigeno, e questo comporta aumenti nel flusso

di sangue, durante l’esercizio. I meccanismi responsabili dell’aumento del flusso sanguigno

all’inizio dell’esercizio, coinvolgono una complessa interazione tra meccanica, fattori neurali,

metabolici ed endoteliali locali, che influenzano il tono vascolare.

Meccanismi responsabili dell’aumento di sangue nel muscolo in contrazione

1. Meccanici:

– Pompa muscolare (↑ nel gradiente di pressione artero-venoso per flusso).

– Deformazione meccanica della parete del vaso.

2. Neurali:

– Diminuzione della vasocostrizione α-adrenergica simpatica (attività simpatica funzionale).

– Vasodilatazione colinergica simpatica.

– Trabocco dell’acetilcolina dalla placca motrice.

3. Sostanze prodotte e / o rilasciate dal muscolo scheletrico, globuli rossi e cellule endoteliali (NO,

adenosina, prostanoidi, ATP, ione idrogeno, potassio, EDHF).

4. Vasodilatazione indotta da stress da flusso sanguigno o da taglio.

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5. Vasodilatazione condotta.

COSA SUCCEDE QUANDO LA DISPONIBILITÀ DI OSSIGENO È LIMITATA?

I dati analizzati, riguardano soggetti allenati a bassa quota, quindi tra i diversi fattori coinvolti, la

saturazione arteriosa di ossigeno, rimane il principale (95% o superiore). Quando il contenuto

arterioso di ossigeno si abbassa, a causa dell’ipossia, dell’anemia, o quando la capacità dei globuli

rossi di trasportare e rilasciare ossigeno è compromessa dal monossido di carbonio, la relazione

tra flusso sanguigno e domanda di ossigeno, viene spostata verso l’alto in modo che il flusso

sanguigno aumenti, ma l’erogazione di ossigeno al muscolo in attività, rimane costante. Per

esempio, se la saturazione arteriosa di ossigeno scende da 100% a 80% come risultato di

un’ipossia, c’è un aumento del ~ 20% nel flusso sanguigno, in modo che la consegna totale di

ossigeno ai muscoli scheletrici rimanga costante.

VASODILATAZIONE COMPENSATORIA ALL’ATTIVITÀ SIMPATICA

Una caratteristica associata alla vasodilatazione compensatoria, durante l’ipossia, è un’aumentata

attività vasocostrittrice simpatica sul muscolo scheletrico. Ciò significa che i segnali della

vasodilatazione compensatoria, sono contrastati dall’azione vasocostrittrice. Tuttavia, nonostante

la vasocostrizione sul muscolo è elevata durante l’esercizio, la vasodilatazione compensatoria

persiste. Le risposte vasocostrittrici, sono attenuate durante l’ipossia, descrivendo quindi che

entrambe queste risposte, avvengono per mantenere un adeguato flusso sanguigno, durante

l’esercizio ipossico intenso.

RUOLO DEI VASODILATATORI LOCALI

Prove hanno dimostrato che alcuni fattori della vasodilatazione compensatoria, sono mediati dai

recettori β-adrenergico (vasodilatatori), stimolando il rilascio di ossido nitrico. Come l’intensità

dell’esercizio aumenta, interviene ancora l’ossido nitrico, non a causa di questi recettori, ma ad

opera dall’endotelio, come risultato dell’ipossia luminale e dallo sforzo di taglio nei vasi.

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COSA SUCCEDE DURANTE L’ESERCIZIO MASSIMALE UTILIZZANDO TUTTO IL

CORPO?

Durante l’esercizio massimale che coinvolge una grande massa muscolare (come correre), il

flusso sanguigno e la vasodilatazione negli arti in attività, sono ridotti rispetto alle condizioni

normossiche. La riduzione del flusso sanguigno, è probabilmente correlato alle riduzioni

significative nella massima gittata cardiaca. Al contrario, quando viene attivata una massa

muscolare piccola e la gittata cardiaca non è limitata, il flusso sanguigno del muscolo scheletrico

viene mantenuto al massimo.

È evidente che l’intensità dell’allenamento, la quantità di massa muscolare e la durata dell’ipossia,

sono tutti fattori importanti nel determinare la regolazione del flusso sanguigno e la

vasodilatazione compensatoria durante l’esercizio. Riduzioni acute di ossigeno, promuovono la

vasodilatazione compensatoria e un aumento del flusso sanguigno, durante lavori

submassimali. La risposta di vasodilatazione compensatoria è essenziale per preservare la

consegna di ossigeno al muscolo. Così facendo, il flusso aumenta, nonostante i forti aumenti della

vasocostrizione simpatica. Quindi il grado di vasodilatazione, prevale sulla vasocostrizione,

regolandosi insieme nel mantenere funzionale il tono vasomotorio durante l’esercizio intenso.

Il rilascio di ATP da parte degli eritrociti, sembrerebbe il fattore chiave, nello stimolare il rilascio di

ossido nitrico, regolando così questa risposta di vasodilatazione compensatoria, durante l’esercizio

fisico ad alta intensità.

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Integrazione Dell’Esercizio Eccentrico Nello Sport

Nel movimento normale, i muscoli svolgono contrazioni concentriche, ovvero contrazioni in cui i

muscoli attivati si accorciano (attività muscolari dominanti nei movimenti o negli sport), e

contrazioni eccentriche, ovvero quando la forza applicata al muscolo supera la forza momentanea

prodotta dal muscolo stesso, quindi si contrae in allungamento. Le contrazioni eccentriche servono

a decelerare / frenare o assorbire energia. Nell’attività dello sci alpino ad esempio, l’azione

eccentrica del muscolo quadricipite è dominante. Per massimizzare l’effetto dell’allenamento, si

raccomanda di includere lavori muscolari integrativi di tipo concentrico, isometrico, ma anche

eccentrico.

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MIGLIORAMENTI INDOTTI DALL’ESERCIZIO ECCENTRICO

È ben saputo che l’allenamento eccentrico integrato ad un piano di lavoro globale, è più efficace

per migliorare la forza.Studi che hanno esaminato l’esercizio eccentrico agli estensori e flessori

del ginocchio con un programma di durata di 8 settimane, 2 o 3 sessioni a settimana, dalle 3 a lle

6 serie, di circa 7 ripetizioni per serie, hanno riportato un guadagno di forza medio per sessione

con picchi del 2,4%. La durata di un allenamento era tra 15 e 30 min. Il carico di allenamento è

aumentato di settimana in settimana fino a un carico di lavoro finale di 489 W, dove questi

soggetti, hanno migliorato la forza isometrica massima delle gambe, del 36% (1,1% per sessione).

In soggetti non allenati, l’allenamento eccentrico induce l’ipertrofia muscolare media dello 0,3%

per sessione. Negli allenamenti eccentrici al ciclo ergometro, è stato trovato un aumento del 52%

dell’area della sezione trasversa della fibra muscolare, dopo 28 sessioni di allenamento

eccentrico, in 8 settimane.

Gross et al. hanno dimostrato che sciatori alpini junior ben allenati, hanno aumentato la massa

muscolare delle gambe del 1,9% (circa 242g), sostituendo un terzo degli esercizi settimanali di leg

press, con allenamento eccentrico al cicloergometro, in circa 6 settimane.

Sheppard et al. hanno studiato gli esercizi di salto, per 3 volte a settimana per un totale di 5

settimane su giocatori di pallavolo maschile e femminile. In risposta all’addestramento eccentrico,

la frequenza di salto era aumentata dell’11%, suggerendo una maggiore capacità di energia,

stoccaggio e recupero. Atleti del gruppo di allenamento eccentrico, hanno migliorato la forza

massima isometrica della gamba del 10%. Nella penultima sessione, il carico di lavoro medio è

aumentato del 140% da 404 a 965 W, riscontrando miglioramenti significativi per la forza

isometrica della gamba di circa il 12%, nella potenza massima dell’8,8%, nello squat del 9,2% e

nel salto del 15,2%.

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ADATTAMENTI ALL’ALLENAMENTO ECCENTRICO

Miglioramenti funzionali trovati dopo il lavoro eccentrico, si basano su adattamenti neuro-muscolo-

tendinei. Riguardo gli adattamenti strutturali muscolari, l’ipertrofia muscolare, cambiamenti nelle

caratteristiche del tipo di fibra e la sarcomerogenesi, possono spiegare questi esiti

funzionali. L’ipertrofia muscolare e la forza massima muscolare, dipendono dall’area della sezione

trasversa del muscolo e dalla capacità di coordinarsi.

Studi hanno dimostrato che l’allenamento eccentrico ad alta intensità o alto volume, può migliorare

l’area della sezione trasversale della fibra muscolare di tipo IIa e IIx. (si osserva un generale

spostamento verso il fenotipo muscolare di tipo II veloce). Sembra che alcuni protocolli di

allenamento eccentrico, che utilizzano carichi elevati, ad alta velocità di movimento o ampiezza

elevata, possono aumentare la lunghezza del fascio muscolare.

L’aumento della lunghezza del fascio è dovuta all’aggiunta di sarcomeri nelle fibre muscolari.

L’aggiunta di sarcomeri aumenta la velocità di contrazione muscolare e l’estensibilità, permettendo

così una produzione di forza maggiore.Questo può potenzialmente influenzare le prestazioni,

migliorando gli effetti protettivi contro i danni muscolari.

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Influenzando la velocità di accorciamento muscolare, l’aumento del numero dei sarcomeri e la

lunghezza del fascio muscolare, dopo l’esercizio eccentrico, si aumenta la potenza muscolare, che

è importante nella maggior parte degli sport.

APPLICAZIONE PRATICA

È stato mostrato che le modalità di allenamento eccentrico possono accelerare o ottimizzare la

massima forza muscolare, lo sviluppo della potenza, la lunghezza muscolare e la

coordinazione. L’aggiunta di lavori eccentrici, in piani di allenamento di forza, possono migliorare o

ottimizzare le prestazioni nella maggior parte dei tipi di sport, aiutando anche a prevenire gli

infortuni.

Da un punto di vista pratico, gli esercizi eccentrici dovrebbero coinvolgere più gruppi muscolari (es.

esercizi di sollevamento pesi o di salto durante i quali la fase eccentrica è accentuata). A seconda

dell’obiettivo, i programmi variano per intensità, volume, velocità di movimento e lunghezza del

muscolo durante l’azione eccentrica.

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Protocolli di allenamento eccentrico eseguiti in una modalità isotonica, sono adatti per migliorare

la forza massima e massa muscolare. Mentre, esercizi più con tempi di esecuzione più lunghi ed

ampi come in uno squat, lento sono utili per migliorare la lunghezza muscolare per il tipo di gesto.

I programmi di allenamento eccentrico sono raccomandati nella maggior parte degli sport per il

loro ruolo nel miglioramento delle prestazioni e / o come prevenzione degli infortuni. Secondo il

principio della specificità dell’allenamento, l’allenamento eccentrico è particolarmente adatto negli

sport dove si usano carichi elevati e / o dove è prevista una coordinazione fine durante gesti

eccentrici complessi.

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Effetti Del Caldo Sulla Performance Aerobica

Lo stress da calore, altera l’aerodinamica submassimale e massimale dell’esercizio fisico. I

meccanismi limitanti dell’esercizio al caldo, includono: cambiamenti cardiovascolari e cambiamenti

metabolici, come la deplezione del glicogeno, ma i limiti metabolici influiscono i maniera minore. I

meccanismi cardiovascolari, storicamente sono sempre stati considerati il fattore principale nella

compromissione delle prestazioni submassimali al caldo, ma la capacità del corpo nel mantenere

costante il flusso ematico durante l’esercizio, ha spostato l’enfasi sui limiti del Sistema nervoso

centrale.

Bodil Nielsen e colleghi, hanno proposto che avere un corpo / core con un’alta temperatura (~ 40 °

C), danneggia la performance submassimale nelle prestazioni aerobiche.

Prove spiegano che anche una temperatura della pelle >35◦C, da sola può compromettere la

prestazione, in quanto, la pelle calda, aumenta la richiesta di flusso sanguigno, per disperdere

calore. Deficit nell’idratazione (>2% della massa corporea, ovvero ipoidratazione), aumenta questo

effetto riducendo il volume di sangue centrale. Pertanto durante l’esercizio lo stress dovuto al

caldo, la temperatura elevata della pelle e l’ipoidratazione, agiscono insieme, aumentando la

percezione dello sforzo e dell’intensità relativa.

Durante l’esercizio al caldo, il carico fisiologico più importante, è quello di sostenere il flusso

sanguigno verso la pelle, necessario per la dissipazione del calore. La pelle calda, è associata a

un maggiore flusso sanguigno cutaneo, che aumenta il carico cardiovascolare (aumento della

feequenza cardiaca).

Una maggiore temperatura nel nucleo centrale (core), riduce il flusso sanguigno verso la pelle.

Questo meccanismo è una risposta positiva per sostenere la prestazione aerobica al caldo,

evitando la dispersione di sangue verso la cute.

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L’aumento del flusso sanguigno cutaneo, riduce il riempimento cardiaco ed eleva così la frequenza

cardiaca. Al contrario, raffreddando rapidamente la cute, si ha un profondo effetto sulla riduzione di

frequenza cardiaca e pressione arteriosa durante l’esercizio al caldo. Inoltre, l’avere una

temperatura della pelle elevata, comporta un ridotto flusso ematico cerebrale e erogazione di

ossigeno cerebrale, durante l’esercizio al caldo di intensità moderata.

Durante l’esercizio al caldo, l’ipoidratazione aumenta l’ipertermia e lo sforzo cardiovascolare, in

proporzione al deficit di acqua del corpo. L’ipoidratazione riduce il riempimento e volume cardiaco,

rendendo difficile il mantenimento della gittata cardiaca, volto a sostenere il flusso di sangue

muscolare.

Lo stress termico della cute degrada la massima potenza aerobica (VO2max) in proporzione

all’elevazione della temperatura cutanea (> 35 ° C).

RUOLO DELL’IPOIDRATAZIONE

Gli studi hanno dimostrato che l’ipoidratazione altera la prestazione aerobica sub-massimale e che

questa compromissione è aggravata dall’elevata temperatura cutanea.

Un’ipoidratazione del 4% del corpo, può compromettere le prestazioni anche del 18%.

L’Ipoidratazione, altera la prestazione aerobica del 12-23% quando la temperatura cutanea

raggiunge i 33-36°C.

La soglia di temperatura definita migliore per mantenere la performance e minimizzare gli effetti

del caldo è di 27,3°C, in quanto da questo range in poi, una temperatura della pelle maggiore,

riduce la performance dell’1,3% per ogni aumento aggiuntivo di 1°C della cute (la riduzione si

registra nel VO2max).

Quando il VO2max è ridotto, la capacità di esercizio submassimale viene compromessa e sarà più

difficile sostenere l’esercizio. Altri segnali fisiologici che contribuiscono, riguardano lo scarico dei

barocettori cardiopolmonari, ridotta perfusione cerebrale / ossigenazione cerebrale e ipocapnia

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arteriosa. Allo stesso modo, se la funzione nervosa centrale è deteriorata dallo stress termico e

ipoidratazione, l’input afferente da pelle, muscolo e osmorecettori / barocettori, potrebbe modificare

l’elaborazione del segnale e dell’elaborazione del gesto.

Per concludere:

1. La temperatura della pelle elevata (anche se la temperatura esterna dell’ambiente non è alta), è

il fattore “primario” di alterazione della prestazione aerobica submassimale quando si è in

euidratazione.

2. L’ipoidratazione altera la prestazione sottomassimale aerobica, quando la temperatura della

pelle è ~ 27◦C o di più (-1,5% di performance per ogni di 1°C della temperatura cutanea).

3. Un’alta temperatura interna (~40◦C) da sola, non compromette le prestazioni.

4. La pelle calda, è associata a richiamo di flusso di sangue, e insieme all’ipoidratazione portano

ad una riduzione del riempimento cardiaco con aumento della frequenza cardiaca.

5. Nei soggetti in idratazione ottimale, la temperatura cutanea elevata da sola, altera la

prestazione aerobica submassimale. Al contrario, le prestazioni aerobiche sono sostenute, quando

la temperature del core (nucleo) è >40°C e la pelle si raffredda. Nessuno studio ha dimostrato che

l’alta temperatura interna (~40◦C) da sola, senza surriscaldamento cutaneo, compromette le

prestazioni aerobiche.

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