Fisica moderna per la scuola

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LithoStampa Progetto IDIFO Fisica moderna per la scuola Materiali, aspetti e proposte per l’innovazione didattica e l’orientamento a cura di Marisa Michelini Università degli Studi di Udine Dipartimento di Fisica M.I.U.R. Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca PLS Progetto Lauree Scientifiche

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    Progetto IDIFO

    Fisica modernaper la scuolaMateriali, aspetti e proposte per linnovazione didattica e lorientamento

    a cura diMarisa Michelini

    Universit degli Studi di UdineDipartimento di Fisica

    M.I.U.R.Ministero dellIstruzionedellUniversit e della Ricerca

    PLSProgetto LaureeScientifi che

  • Progetto IDIFO

    Fisica modernaper la scuolaMateriali, aspetti e proposte per linnovazione didattica e lorientamento.

    Il Progetto IDIFO, presentato al Progetto Lauree Scientifi che nel 2006 dallUnit di Ricerca in Didattica della Fisica dellUni-versit degli Studi di Udine, con partner le Universit degli Studi di Bologna, Milano, Milano Bicocca, Napoli, Palermo, Pavia, Roma La Sapienza, Torino e la collaborazione delle Universit degli Studi di Bari, Bolzano, Lecce, Modena e Reggio Emilia, Trento, Trieste, ha visto coinvolte nella sua realizzazione anche le Universit della Basilicata e della Calabria, soprattutto nella sua prosecuzione nellambito del Progetto Lauree Scientifi che 2. Il Progetto IDIFO ha realizzato dal 2006 al 2009, oltre ad un Master biennale per insegnanti in rete telematica, una Scuola Estiva nazionale di Fisica Moderna per studenti e tre Workshop in presenza a Udine. Il primo di essi stato tutto dedicato agli insegnanti del Master (WS1). Il secondo si proposto di realizzare la ricaduta sul territorio del Progetto IDIFO per studenti ed insegnanti del Friuli Venezia Giulia (WS2). Il terzo stato dedicato agli insegnanti del Master ed agli studenti selezionati per la partecipazione alla Scuola Estiva di Fisica Moderna, tenutasi a Udine nel luglio 2007 (WS3). Questo volume raccoglie i contributi pi signifi cativi delle attivit in presenza a Udine nei Workshop.

    CuratoreMarisa Michelini, Universit degli Studi di Udine

    Comitato scientifi coBocchicchio Mario, DIDA, Universit degli Studi del SalentoBonanno Assunta, Universit degli Studi della CalabriaComelli Giovanni, Direttore del Sincrotrone ELETTRA di TriesteCompagno Cristiana, Rettore dellUniversit di UdineCorni Federico, Universit degli Studi di Bolzano e di Modena e Reggio EmiliaCorvaja Pietro, Direttore del Dottorato di Ricerca in matematica e fi sica, Universit degli Studi di UdineDe Ambrosis Anna, Universit degli Studi di PaviaFabbro Franco, Preside della Facolt di Scienze della Formazione, Universit degli Studi di UdineFazio Claudio, Universit degli Studi di PalermoFerraro Speranzina, Direzione Generale dello Studente, MIURGagliardi Maria Paola Francesca, Universit degli Studi di BolognaGiliberti Marco Alessandro, Universit degli Studi di MilanoHonsell Furio, Sindaco di UdineLevrini Olivia, Universit degli Studi di BolognaMarcolini Lorenzo, Segretario Sezione AIF di UdineMichelini Marisa, Universit degli Studi di UdineMonroy Gabriella, Universit degli Studi di Napoli Federico IIOss Stefano, Universit degli Studi di TrentoOttaviani Giampiero, Universit degli Studi di Modena e Reggio Emilia

    Pastore Giorgio, Universit degli Studi di Trieste

    Peressi Maria, Universit degli Studi di Trieste

    Picciarelli Vittorio, Universit degli Studi di Bari

    Piccinini Livio Clemente, Direttore della Scuola Superiore, Universit degli Studi di Udine

    Rinaudo Giuseppina, Universit degli Studi di Torino

    Rocca Filomena, Direzione Generale degli Ordinamenti Scolastici, MIUR

    Santi Lorenzo, Universit degli Studi di Udine

    Sciarratta Isidoro, Segretario Sezione AIF di Pordenone

    Sperandeo Rosa Maria, Universit degli Studi di Palermo

    Stefanel Alberto, Universit degli Studi di Udine

    Stella Rosa, Universit degli Studi di Bari

    Tarantino Giovanni, ANSAS Palermo

    Tarsitani Carlo, Universit degli Studi di Roma La Sapienza

    Tasso Carlo, Preside della Facolt di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, Universit degli Studi di Udine

    Toppano Elio, Responsabile PLS Matematica, Universit degli Studi di Udine

    Segreteria redazionaleCristina Cassan

    Donatella Ceccolin

    Chiara Geretti

    Copyright Universit degli Studi di Udine

    ISBN 978-88-97311-02-7

    Universit degli Studi di UdineDipartimento di Fisica

    M.I.U.R.Ministero dellIstruzionedellUniversit e della Ricerca

    PLSProgetto LaureeScientifi che

  • Indice

    Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 9Marisa Michelini, Responsabile del Progetto IDIFO

    Capitolo 1. Aspetti Culturali

    Un sistema privilegiato esteso. I sistemi di riferimento localmenteinerziali dallascensore in caduta libera di Einstein ai moti celesti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13Silvio Bergia, Dipartimento di Fisica, Universit di Bologna

    Che aspetto ha un atomo? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22Friedrich Herrmann, Abteilung fr Didaktik der Phisik, Universitt Karlsruhe, Germania

    Insegnare la Fisica Quantistica dal punto di vista fi losofi co . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31Gesche Pospiech, Fachrichtung Physik, Technische Universitt Dresden, Germania

    Aspetti teorici e simulazioni delle statistiche quantistiche: un approccio stocastico . . . . . . . . 43Ivan Guastella, Claudio Fazio, Dipartimento di Fisica e Tecnologie Relative, Universit degli Studi di Palermo

    Teorie elettromagnetiche di fi ne Ottocento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54Stefano Bordoni, Universit degli Studi di Bergamo

    LEffetto San Matteo nella Relativit Ristretta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70Gian Luigi Michelutti, Dipartimento di Fisica, Universit di Udine

    Capitolo 2. Proposte Didattiche

    Una lezione didattico-epistemologica dalla Fisica Quantistica e la proposta di Milano . . . . . 73Marco Giliberti, Graziano Cavallini, Dipartimento di Fisica, Universit di Milano

    Gli insegnanti rifl ettono sui nodi concettuali della meccanica quantistica . . . . . . . . . . . . . . . . . 81Marisa Michelini, Lorenzo Santi, Alberto Stefanel, Dipartimento di Fisica, Universit di Udine

    Linsegnamento della fi sica quantistica: cosa sintende per prospettiva storica . . . . . . . . . . 92Carlo Tarsitani, Dipartimento di Fisica, Universit di Roma La Sapienza

    Analisi delle proposte di impostazione didattica nel Master IDIFO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99Luca Marinatto, Dipartimento di Fisica, Universit di Udine

    Lequivalenza massa-energia per principianti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105Friedrich Herrmann, Abteilung fr Didaktik der Phisik, Universitt Karlsruhe, Germania

    RBS - Rutherford Backscattering Spectroscopy. Cimentarsi in una tecnica di analisi nella fi sica dei solidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109Federico Corni, Dipartimento di Fisica, Universit di Modena e Reggio Emilia

    Il concetto di potenziale elettrico in elettrostatica: una proposta didattica basata sulla ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121Jenaro Guisasola, Dipartimento di Fisica Applicata, Universit dei Paesi Baschi, Spagna

    Le Stelle vanno a Scuola: nuove metodologie nella didattica dellastronomia attraverso osservazioni remote interattive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131Manuela Ciani, Osservatorio Astronomico di Trieste

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    Astronet e Micronet: sperimentare a distanza in web . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135Mario Bochicchio, Antonella Longo, Laboratorio DIDA - Dipartimento di ingegneria dellInnovazione, Universit del Salento

    Le Masterclass in fi sica delle particelle a Udine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147Marina Cobal, Dipartimento di Fisica, Universit di Udine

    Capitolo 3. Esperimenti di Fisica Moderna

    Esperimenti eseguiti in laboratorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151Lorenzo Santi, Dipartimento di Fisica, Universit di Udine

    Nuovo metodo per la determinazione della velocit della luce in propagazione libera: un apparecchio table-top . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159Guido Pegna, Dipartimento di Fisica Universit di Cagliari

    Capitolo 4. Temi trasversali

    Scienza e cinema: le biografi e scientifi che . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169Antonella Testa, Dipartimento di Fisica, Universit di Milano

    Il logos e la (in)comprensione dei numeri irrazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177Carlo Cecchini, Dipartimento di Matematica e Informatica, Universit di Udine

    Ma come volano gli uccelli? Il segreto sta nellala.Una proposta di problem solving interdisciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181Loredana Sabaz, Ginnasio Gian Rinaldo Carli, Capodistria, Slovenia

    La bellezza della natura nella rappresentazione artistica e scientifi ca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189Angela Risso, Dipartimento di Biologia e Protezione delle Piante, Universit di Udine

    Physics is Fun - Come si costruisce la Fisica Moderna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193Grzegorz Karwasz, Divisione della Didattica di Fisica, Universit di Nicolao Copernico, Toru, Polonia

    Capitolo 5. Progetti didattici degli insegnanti

    Eventi nello spazio-tempo e trasformazioni di sistemi di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202Martino Caporusso, Master IDIFO, sede di Modena

    Un percorso sulla relativit basato su semplici esperimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 208Valter Giuliani, Master IDIFO, sede di Milano

    Dalla polarizzazione al principio di sovrapposizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226Alberto Casellato, Master IDIFO, sede di Udine

    Un percorso di meccanica quantistica basato sugli stati di spin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235Fabio Ciralli, Master IDIFO, sede di Palermo

    Ottica fi sica, ottica materiale e primo approccio al concetto di quanto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253Luigia Cazzaniga, I.T.C.G. Primo Levi, Seregno (MI)

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    Capitolo 6. Studenti liceali e meccanica quantistica

    I nuclei interpretativi degli studenti sulla meccanica quantistica:uno studio fenomenografi co . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265Alberto Stefanel, Unit di Ricerca In Didattica della Fisica, Universit di Udine

    Il ragionamento degli studenti e il formalismo della meccanica quantistica . . . . . . . . . . . . . . . 280Alberto Stefanel, Unit di Ricerca in Didattica della Fisica, Universit di Udine

    Capitolo 7. La prima scuola estiva di Fisica Moderna per studenti

    I Workshop in presenza di IDIFO e la prima Scuola Estiva Nazionale di Fisica Moderna per studenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 287Marisa Michelini, Lorenzo Santi, Alberto Stefanel, Unit di Ricerca in Didattica della Fisica dellUniversit di Udine

    I materiali IDIFO delle attivit in presenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 311Alessandra Mossenta, Alberto Stefanel, Unit di Ricerca in Didattica della Fisica, Universit di Udine

    Monitoraggio e valutazione dei workshop in presenza di IDIFO e della Scuola Estiva . . . . . 319Marisa Michelini, Alessandra Mossenta, Lorenzo Santi, Alberto Stefanel, Unit di Ricerca in Didattica della Fisica, Universit di Udine

  • PresentazioneMarisa Michelini Responsabile del Progetto IDIFO

    LUnit di Ricerca in Didattica della Fisica dellUniversit di Udine (www.fisica.uniud.it/URDF) ha proposto il Progetto IDIFO nellambito del Progetto Lauree Scientifiche come iniziativa congiunta delle unit di ricerca in didattica della fisica delle Universit degli Studi di Bologna, Milano, Milano Bicocca, Napoli, Palermo, Pavia, Roma La Sapienza, Torino, con la collaborazione delle Universit degli Studi di Bari, Bolzano, Lecce, Modena e Reggio Emilia, Trento, Trieste. Il Progetto IDIFO ha realizzato dal 2006 al 2009, oltre ad un Master biennale per insegnanti in rete telematica, una Scuola Estiva nazionale di Fisica Moderna per studenti e tre Workshop in presenza a Udine. Esso ha visto coinvolte nella sua realizzazione anche le Universit della Basilicata e della Calabria nella sua pro-secuzione nellambito del Progetto Lauree Scientifiche 2 (2009).Come illustrato in alcuni articoli (1-4) e nel volume ad esso dedicato (5) il Master IDIFO, di durata biennale da marzo 2006 a giugno 2008 per complessive 600 ore di attivit didattiche in presenza e a distanza, si posto lobiettivo di formare un insegnante esperto in:a) didattica della fisica moderna (soprattutto fisica quantistica, relativistica, statistica e della mate-

    ria, con elementi di fisica nucleare, delle particelle elementari e cosmologia);b) formazione al pensiero teoretico in fisica;c) attivit sperimentale sugli esperimenti cruciali e fondamentali per la fondazione del modo di pen-

    sare quantistico;d) impostazione del pensiero relativistico moderno;e) spiegazione delle principali applicazioni moderne della fisica quantistica e relativistica;f) formazione di altri insegnanti sullinnovazione didattica in fisica nella scuola secondaria;g) progettazione e realizzazione di materiali ed attivit per lorientamento formativo in fisica.Il progetto si strutturato in 4 Aree Formative (generale, caratterizzante, progettuale e situata) arti-colate in 5 Moduli tematici: A. fisica quantistica (18 cfu); B. relativit ristretta e generale (12 cfu); C. fisica statistica e della materia (15 cfu); D. fisica nucleare, delle particelle e cosmologia (2 cfu); E. orientamento e problem solving come sfida operativa orientante (6 cfu).Grande spazio stato riservato alla discussione di proposte didattiche, allanalisi ed al confronto di scelte su questioni messe in luce dalla ricerca didattica sui vari temi affrontati: stata favorita la riflessione individuale e di gruppo. La ricerca didattica stata sorgente e modalit di realizzazione del Master.La valutazione degli esiti formativi del Master IDIFO ha coinvolto i corsisti nella preparazione di 4 project work sui Moduli Didattici A, B, C&D ed E) e la tesi finale, che consistita in un elabo-rato scritto su una sperimentazione lunga effettuata con ragazzi di scuola secondaria. Ciascuno dei 4 project work ha comportato unattivit di sperimentazione didattica sui temi dei Moduli in pre-senza o a distanza con ragazzi di scuola secondaria o altri insegnanti in formazione. La tesi stata un approfondimento di uno dei Project Work ed stata discussa davanti ad una Commissione desi-gnata dal Consiglio del Master.Limpegno richiesto ai corsisti stato molto alto. I corsisti daltra parte si sono rivelati di alto livello culturale e professionale, profondamente interessati a diventare professionisti competenti nella tema-tica sfrontata. Il Modello formativo messo in campo risultato piuttosto efficace e corrispondente ai bisogni nella sua integrazione di aspetti culturali, disciplinari, didattici e professionali. Esso com-prende fasi di formazione meta culturale, esperienziale e situata, offrendo a ciascuno loccasione di sviluppo progettuale commisurato ai bisogni ed alle motivazioni. Tutti i corsisti del Master IDIFO hanno infatti vissuto le seguenti fasi formative: A) studio e discussione delle proposte didattiche che i docenti hanno proposto loro come esito di anni di ricerca didattica su 4 principali aree (Relativit, Quantistica, Fisica della Materia, Orientamento Formativo); B) rielaborazione critica in laboratori

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    didattici di discussione in web forum di nuclei, nodi e aspetti cruciali; C) Progettazione di un per-corso didattico da sottoporre a sperimentazione, collaudo e autovalutazione delle attivit didattiche del percorso (esperimenti, attivit multimediali, etc) e messa a punto dei materiali didattici (schede per ragazzi, esercizi, test); D) discussione con i docenti del Master del percorso e di tutti i materiali proposti e loro revisione; E) sperimentazione didattica con i ragazzi; F) analisi dei dati di appren-dimento; G) documentazione in un Project Work delle basi teoriche e concettuali e del percorso formativo,con analisi critica del lavoro svolto e del ruolo che esso ha avuto nella formazione per-sonale, oltre alla discussione sui processi di apprendimento per i ragazzi messi in campo. La speri-mentazione didattica ha avuto luogo a volte nelle classi degli stessi corsisti, a volte nelle classi indi-viduate dai responsabili di sede del progetto IDIFO.I Workshop intensivi in presenza (WS) hanno avuto un valore formativo autonomo, che nello stesso tempo potenzia enormemente la formazione a distanza. La possibilit di eseguire esperimenti signifi-cativi e confrontarsi sui risultati e sul loro ruolo, la discussione intorno a nuclei fondanti e nodi con-cettuali della meccanica quantistica e della relativit einsteiniana in seminari di rassegna o in ana-lisi comparate di approcci didattici ed il confronto in presenza delle proposte formative e didattiche degli insegnamenti, dei prodotti dei corsisti, ne ha fatto una palestra esemplare e fertile di forma-zione per professionisti riflessivi.Il primo di essi stato tutto dedicato agli insegnanti del Master (WS1). Si tenuto a Udine nel periodo 4-8 settembre 2006. Esso stato molto impegnativo: 10 ore al giorno di attivit (5 al mat-tino e 5 al pomeriggio) per 5 giorni interi, a cui si sono aggiunte due attivit serali di 3 ore ciascuna. Sono stati svolti 18 esperimenti di cui 7 eseguiti direttamente dai corsisti e 11 effettuati dalla catte-dra. Le relazioni generali sono state sempre seguite da ampia discussione di merito. Le attivit prin-cipali del WS1 (seminari, attivit di laboratorio) sono state riprese da una troupe di una ditta spe-cializzata nella produzione di materiali didattici multimediali (MEDIA project) e sono disponibili sia sotto forma di DVD che direttamente visionabili sul sito http://dida.unile.it/DIDACenter/Le%20News/files/UDINE/index.htm. Impossibile sintetizzare per iscritto la ricchezza delle discussioni effet-tuate in tale WS1, alla presenza di esperti nel settore a livello internazionale. Abbiamo cos deciso di mettere a disposizione in web le videoregistrazioni delle discussioni nel sito messo a disposizione dallUniversit di Lecce e raggiungibile anche dal sito del progetto IDIFO (http://www.fisica.uniud.it/URDF/laurea/pls1.htm).Il secondo WS si proposto di realizzare la ricaduta sul territorio del Progetto IDIFO per studenti ed insegnanti del Friuli Venezia Giulia (WS2), in sinergia con il progetto LEMI_EST. stato realiz-zato in due fasi e sedi (marzo a Udine ed aprile a Pordenone per 2 settimane) ed ha visto utilizzare sul territorio del Friuli Venezia Giulia i materiali prodotti nel Master (percorsi didattici ed esperi-menti cruciali di fisica moderna), con attivit formative per insegnanti e per studenti di laboratorio didattico concettuale, esplorativo e sperimentale: i relativi programmi sono pubblicati nel gi citato sito del Progetto IDIFO.Il WS3 stato realizzato in concomitanza con Scuola Estiva di Fisica Moderna per studenti, tenu-tasi a Udine nel luglio 2007 ed ha intrecciato contenuti ed attivit per gli insegnanti del Master con quelli per studenti selezionati a partecipare alla Scuola stessa. In tale sede le progettazioni didatti-che dei corsisti sono state analizzate e discusse ed alcune sperimentate con studenti di eccellenza della Scuola Estiva. I docenti del Master che seguivano sul campo lattuazione di proposte didatti-che elaborate dai corsisti a seguito degli insegnamenti in rete telematica e da loro stessi revisionate. Le attivit sperimentali su cui erano stati formati i corsisti nel WS1 sono state proposte ai ragazzi, con due livelli di sostegno: quello dei corsisti e quello dei docenti del Master. La straordinaria ric-chezza di un simile contesto ha insegnato molto a tutti su molti livelli e ci ha dato un modello di for-mazione in presenza.I materiali messi a disposizione nelle attivit in presenza meritano un discorso a parte: kit didattici per attivit sperimentali esplorative e opuscoli di proposte didattiche sperimentate hanno accompa-gnato le schede di lavoro e di monitoraggio basate su strategie di Inquiry learning e Previsione Espe-rimento Confronto (PEC). Schede di valutazione hanno permesso di arricchire il monitoraggio delle

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    attivit ed hanno completato le informazioni ricavate con test ed interviste. La valutazione infatti stata particolarmente attenta ed affidata a membri interni al processo (docenti, corsisti Master, studenti della Scuola Estiva) ed a esperti o testimoni esterni, come rappresentanti del Ministero, dellANSAS nazionale, dellAssociazione per lInsegnamento della Fisica e degli studenti del territorio.Il valore dei contenuti di queste attivit risultato di interesse al di fuori di esse. Abbiamo allora deciso di raccogliere in questo volume i materiali pi significativi per gli insegnanti prodotti nelle attivit in presenza, senza pretesa di essere esaustivi.I materiali utilizzati per la formazione nel Master sono stati rielaborati e pubblicati nel sito del pro-getto alla pagina http://www.fisica.uniud.it/URDF/laurea/idifo1/piano.htm. Nel volume Progetto IDIFO. Formazione degli insegnanti allinnovazione didattica in fisica moderna e orientamento. Contributi di una comunit di ricerca in didattica della fisica a un progetto di formazione a distanza degli insegnanti: strategie e metodi (5) abbiamo pubblicato lanalisi di ricerca che stata fatta per la formazione degli insegnanti ed i relativi risultati in alcuni principali ambiti tematici. Nel volume Progetto IDIFO. Letture e strumenti didattici sulla fisica moderna. Materiali per studenti (6) pub-blichiamo i materiali didattici pi significativi utilizzati nella Scuola Estiva di Fisica Moderna (7) ed in altri Workshop per studenti.In questo volume abbiamo dedicato il primo capitolo ai seminari che hanno offerto un contributo di tipo culturale generali in quanto discussioni di fondamenti e ricostruzioni disciplinari a scopo didat-tico o studi storici. Abbiamo scelto 6 lavori rappresentativi, tra i molti seminari interessanti tenuti.Nel secondo capitolo abbiamo raccolto le proposte didattiche presentate e discusse nei WS con i cor-sisti del Master IDIFO. Nel terzo capitolo abbiamo presentato lattivit di laboratorio sperimentale proposta ai corsisti del Master e agli studenti della Scuola Estiva.Alcuni contributi offerti nel WS2 su aspetti trasversali o temi interdisciplinari sono raccolti nel capi-tolo 4.Nel Capitolo 5 abbiamo scelto di pubblicare alcuni progetti elaborati dagli insegnanti: i quattro spe-rimentati nella scuola estiva ed uno di completamento delle proposte didattiche di meccanica quan-tistica.Nel capitolo 6 riportiamo studi emblematici di ricerca (fenomeno grafica ed empirica) sulla speri-mentazione con ragazzi di una proposta di meccanica quantistica, che stata oggetto di formazione nel Master IDIFO.Nel capitolo 7 illustriamo le caratteristiche della Scuola estiva di fisica moderna per studenti di scuola secondaria e dei materiali di supporto, monitoraggio e valutazione utilizzati nelle attivit in presenza. In appendice riportiamo i programmi dei WS.Ci auguriamo che questo materiale sia utile per gli insegnanti interessati allinnovazione didattica in fisica moderna e invitiamo i nostri lettori ad inviarci commenti e riflessioni. Grazie fin dora per lattenzione a questo nostro impegno.

  • 12 Presentazione

    Bibliografia1. Michelini M., Santi L., Stefanel A. (2008) Master IDIFO per la formazione in servizio degli

    insegnanti di fisica moderna: uno dei progetti del PLS, La Fisica nella Scuola, XLI, 3 suppl.,pp. 84-89.

    2. Michelini M., Santi L. (2008) Master IDIFO for In-Service Teacher Training in Modern Physics, selected papers in Frontiers of Fundamental and Computational Physics FFP9, Sidharth BG, Honsell F., Mansutti O., Sreenivasan K., De Angelis A. eds., American Institut of Physics AIP 1018, Melville-New York 2008, [ISBN 978-0-7354-0539-4; ISSN 0094-243X], pp. 253-254.

    3. Michelini M., Santi L., Stefanel A. (2010) Il Master Universitario di II livello in Innovazione Didattica in Fisica e Orientamento IDIFO, in La Fisica a Udine. Dedicato a Flavio Waldner; Michelini M. ed., Lithostampa, Pasian di Prato (Udine).

    4. Battaglia R., Cazzaniga L., Corni F., De Ambrosis A., Fazio C., Giliberti M., Levrini O., Miche-lini M., Mossenta A., Santi L., Sperandeo R.M., Stefanel A. (2010) Master IDIFO (Innovazione Didattica in Fisica e Orientamento): a community of Italian physics education researchers for a community of teachers as a model for a research based in-service teacher formation on modern physics, in Physics Community and Cooperation: Selected Contributions from the GIREP-EPEC & PHEC 2009 International Conference, D. Raine, C. Hurkett, L. Rogers Eds, Lulu/ The Centre for Interdisciplinary Science, Leicester, ISBN 978-1-4461-6219-4 (in stampa).

    5. Michelini M. ed. (2010) Progetto IDIFO. Formazione degli insegnanti allinnovazione didattica in fisica moderna e orientamento. Contributi di una comunit di ricerca in didattica della fisica a un progetto di formazione a distanza degli insegnanti: strategie e metodi, Lithostampa, Pasian di Prato (Udine).

    6. Michelini M. ed. (2010) Progetto IDIFO. Letture e strumenti didattici sulla fisica moderna. Mate-riali per studenti Lithostampa, Pasian di Prato (Udine).

    7. Michelini M., Santi L., Stefanel A. (2010) La prima Scuola Estiva di eccellenza per studenti di scuola secondaria superiore sulla fisica moderna a Udine in La Fisica a Udine. Dedicato a Fla-vio Waldner; Michelini M., ed., Lithostampa, Pasian di Prato (Udine).

  • Capitolo 1. Aspetti generali

    UN SISTEMA PRIVILEGIATO ESTESO. I SISTEMI DI RIFERIMENTO LOCALMENTE INERZIALI DALLASCENSORE IN CADUTA LIBERA DI EINSTEIN AI MOTI CELESTI

    Silvio BergiaDipartimento di Fisica, Universit di Bologna

    IntroduzioneLa nozione di sistema di riferimento inerziale, essenziale per una formulazione autoconsistente della dinamica classica, usualmente ripresa nelle trattazioni di quella relativistica; quella di sistema di riferimento localmente inerziale (SLI) appare per pi aspetti necessaria per unintroduzione alla teoria einsteiniana della gravitazione, la relativit generale. Trattazioni recenti [1, 2] impostano fi n dallinizio un discorso relativistico complessivo, che risulta possibile basare sulla sola nozione di SLI. In realt gli autori citati vanno oltre: in considerazione del fatto che nei sistemi inerziali della tradizione in presenza di campi gravitazionali anche uniformi gli orologi sono soggetti a desin-cronizzazione (equivalentemente, vi si verifi ca il fenomeno del redshift gravitazionale) i SLI non sono equivalenti ai sistemi inerziali tradizionali, e, in quanto non vi si verifi cano i fenomeni accen-nati, sono da preferirsi ad essi.Qui si seguir un percorso tradizionale, anche e soprattutto in considerazione del fatto che quello maggiormente seguito nella didattica, a livello liceale ma il pi delle volte anche a livello universi-tario. Introdotta nel quadro consueto la nozione di SLI, si mostrer poi che essa pu essere gradual-mente estesa, dallascensore in caduta libera di un esperimento mentale einsteiniano ai satelliti artifi -ciali e da questi, sebbene con unovvia limitazione, a quelli naturali e, genericamente, ad ogni corpo celeste e al substrato cosmico, il sistema privilegiato esteso cui si allude nel titolo. Ricordato come lanisotropia di dipolo della radiazione di fondo a microonde metta il luce un moto rispetto a tale sistema, dunque una sorta di moto assoluto, sottolineeremo che questo non viola un enunciato correttamente espresso del principio di relativit.

    1. I sistemi inerziali della tradizioneCome ricordato nellIntroduzione, per una formulazione autoconsistente della dinamica classica, essenziale la nozione di sistema di riferimento inerziale. Una logica praticabile per unintrodu-zione dei principi newtoniani pu seguire il cammino indicato qui di seguito. Si parte da una defi ni-zione: Un sistema inerziale se, rispetto ad esso, un corpo, sottratto allazione di tutti gli altri corpi delluniverso, persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. Appare poi necessa-rio introdurre un principio: Esiste in natura almeno un sistema di riferimento inerziale. Si pu poi immediatamente dimostrare il teorema: Sono inerziali tutti e soli i sistemi di riferimento in moto ret-tilineo uniforme rispetto ad essi. Si afferma poi che la seconda e la terza legge di Newton espressa come conservazione della quantit di moto totale di un sistema isolato valgono in tutti i sistemi inerziali. Come si vede, secondo questa logica espositiva, il primo principio dissolto nelle tre pro-posizioni in corsivo.Due parole di commento su questa impostazione. Circa la proposizione di principio il caso di sot-tolineare che essa in effetti il distillato di esperienze che hanno via via mostrato che il carattere di inerzialit dei sistemi di riferimento cresce passando da una giostra rotante a sistemi di riferimento ancorati a corpi celesti come il Sole (fondamentale lesperimento di Foucault per quanto riguarda la Terra). Circa il teorema appena necessario ricordare che esso individua la classe dei sistemi di rife-rimento che la relativit ristretta, prima galileiana poi einsteiniana, considera equivalenti. Qualche

  • 14 Capitolo 1. Aspetti generali

    osservazione un po pi articolata richiede la defi nizione. La frase sottratto allazione di tutti gli altri corpi delluniverso di solito sostituita con lespressione sintetica non soggetto a forze; che peral-tro, posto che il termine forza usato anche per gli effetti causati da accelerazioni rispetto ai sistemi inerziali, dovrebbe essere corredato dalla specifi cazione dovute a corpi. E allora tanto vale usare la locuzione proposta qui, che rende esplicito che cosa si dovrebbe fare per essere sicuri che il corpo con cui abbiamo a che fare sia sottratto allazione lazione di altri. Che qualcosa si possa fare a que-sto scopo chiaro: si pu porlo in una gabbia di Faraday per sottrarlo ad eventuali azioni elettriche, su di un piano liscio per sottrarlo a quella della Terra ... Il discorso per non fi nisce qui, dato che ci sono in giro altri corpi oltre la Terra. Senza entrare in eccessivi dettagli di fatto la questione sar ripresa in seguito ci fa gioco sottolineare qui una carenza di operativit della defi nizione. Carenza che vedremo non sussistere per quanto riguarda la defi nizione di SLI.

    2 . Massa inerziale, massa gravitazionale e legge di GalileoScritta la legge della gravitazione di Newton

    (prescindiamo dalla notazione vettoriale quando non appare strettamente necessaria) esplicitando che, in linea di principio, le masse dei corpi interagenti sono quelle gravitazionali, consideriamo il caso in cui si abbia a che fare con un corpo soggetto allazione gravitazionale della Terra e posto alla distanza di un raggio terrestre RT dal centro della Terra (pensata come rigorosamente sferica). Un teo-rema dovuto allo stesso Newton ci assicura che in tal caso tutto va come se lintera massa terrestre fosse concentrata nel suo centro. Il corpo in questione allora soggetto a una forza peso

    da parte di un campo gravitazionale g dato dalla

    Il moto del corpo governato dalla legge fondamentale della dinamica

    (1)

    dove, come sopra, si prescinde dalla notazione vettoriale e si sottolinea, questa volta, che la massa in gioco quella inerziale. In questo caso la forza F coincide col peso p

    (2)

    Dalle (1) e (2) segue dunque

    La validit della legge di Galileo tutti i corpi cadono (nel vuoto), in un campo gravitazionale dato, con la stessa accelerazione implica dunque, per tutti i corpi, la proporzionalit fra massa inerziale e gravitazionale, proporzionalit che diventa identit

    una volta che si scelgano per le due le stesse unit di misura. Viceversa, luguaglianza fra massa inerziale e massa gravitazionale appare come il presupposto teorico per la validit empirica della legge di Galileo. Esperimenti statici (eseguiti con bilance di torsione) da Etvs, Dicke, Braginski e Panov hanno confermato luguaglianza con limiti altissimi di precisione.

  • Progetto IDIFO - Fisica moderna per la scuola 15

    Luguaglianza fu elevata da Einstein a principio. La denominazione da lui scelta principio dequi-valenza discende dalla considerazione di un esperimento mentale che sancisce lequivalenza fra forze gravitazionali e inerziali se, appunto, vale luguaglianza. Equivalenza che sussiste per solo per il caso di campi uniformi. Mentre infatti unaccelerazione costante di valore numericamente uguale a quello dellintensit del campo pu riprodurne gli effetti, non appare possibile realizzare un campo di accelerazioni in grado di simulare lazione di un campo gravitazionale generico.L equivalenza condizione necessaria per una geometrizzazione della gravitazione lobiettivo perseguito dalla relativit generale per la quale il moto dei corpi di prova in un campo gravitazio-nale dato deve dipendere solo dalla geometria del continuo spazio-temporale, predeterminata da un corpo molto massivo.

    3. Una nuova classe di sistemi inerzialiRicordiamo brevemente lesperimento mentale einsteiniano, cui abbiamo fatto riferimento nel sotto-titolo, che invita ad esaminare che cosa succederebbe in un ascensore in caduta libera (nel vuoto) in un campo gravitazionale (uniforme) dato. Lascensore, in quanto corpo solido, individua un sistema di riferimento. Ebbene, il principio dequivalenza comporta che tutti i corpi in questo caso lascen-sore e qualunque cosa vi si trovi cadano, in un campo dato, con la stessa accelerazione. Se dunque, stando noi nellascensore, lasciamo a se stesso, in quiete rispetto a noi e allascensore (o animato da una qualche velocit iniziale), un qualsiasi oggetto, questo rimarr nel suo stato di quiete (o di moto rettilineo uniforme con quella velocit) rispetto allascensore. Per tutti i corpi, rispetto al sistema di riferimento dellascensore, apparir valere una legge dinerzia. Il sistema di riferimento dellascen-sore appare dunque individuare un sistema di riferimento inerziale, nonostante sia in stato di moto (uniformemente) accelerato rispetto al sistema di riferimento, supposto inerziale, collegato alle masse che generano il campo. Ci si rende peraltro rapidamente conto che la defi nizione di un sistema di rife-rimento con la propriet riscontrata per quello dellascensore non coincide con quella che abbiamo dato per i sistemi inerziali della tradizione. Alla defi nizione: Un sistema inerziale se, rispetto ad esso, un corpo, sottratto allazione di tutti gli altri corpi delluniverso, persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme si sostituisce laltra: Un sistema inerziale se, rispetto ad esso, un corpo, lasciato a se stesso1, persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme.

    In questo caso non abbiamo bisogno di preoccuparci di quali azioni possano essere esercitate sui corpi in esame da non importa quale campo fi sico. E la defi nizione, a differenza di quella data per i sistemi inerziali della tradizione, immediatamente operativa: per controllare se siamo o meno in un tale sistema di riferimento basta prendere un qualsiasi oggetto con due dita e allargarle. Se log-getto cade possiamo anche trovarci in un sistema inerziale, ma in uno tradizionale. Possiamo fi n da qui dire che i sistemi delle due classi non sono, genericamente parlando, equivalenti. Ma c dellal-tro. Ricordiamo che, come stato accennato nellIntroduzione, nei sistemi inerziali della tradizione, in presenza di campi gravitazionali anche uniformi gli orologi sono soggetti a desincronizza-zione (equivalentemente si verifi ca il fenomeno del redshift gravitazionale)2; che la ragione, come pure si ricordava, per la quale gli autori citati nella Nota 1 hanno scelto di trattare la stessa relativit ristretta, fi n dallinizio, nei sistemi di questa nuova classe.I sistemi inerziali della nuova classe si distinguono anche per altre propriet. Osserviamo, per comin-ciare, che per essi non vale il teorema Sono inerziali tutti i sistemi di riferimento in moto rettilineo uniforme rispetto ad essi. Baster, per convincersene, considerare due ascensori in caduta libera, al solito nel vuoto, in prossimit del livello del mare, luno agli antipodi dellaltro.Pi importante laltra propriet: I sistemi della nuova classe sono inerziali solo localmente.

    (1) In alternativa si potrebbe usare la locuzione lasciato libero. (2) il caso di ricordare che una non uniformit del campo modula, per cos dire, leffetto di desincronizzazione o di redshift, e che leffetto di modulazione si riscontrerebbe anche nei SLI.

  • 16 Capitolo 1. Aspetti generali

    Che vuol dire? Visto che lesperimento mentale, possiamo considerare un ascensore molto grande, cos grande che lintensit del campo gravitazionale terrestre varii in modo sensibile lungo la verti-cale allinterno della cabina; allora corpi lasciati a se stessi in prossimit del pavimento o del soffi tto saranno soggetti ad un campo di intensit diversa da quella del campo medio e, di conseguenza, appa-riranno animati da sia pur piccole accelerazioni verso il pavimento o verso il soffi tto. In modi ana-loghi si farebbe sentire il carattere radiale del campo. In generale, un sistema di riferimento risulter inerziale nel senso nuovo fi no a che si potranno trascurare gli scostamenti dalluniformit del campo gravitazionale che determina il suo moto. Si usa dire appunto che questi sistemi di riferimento sono soltanto localmente inerziali (SLI, secondo lacronimo introdotto sin dallinizio).Al proposito appaiono opportune due osservazioni. La prima che lavverbio appare doversi riferire alle dimensioni spaziali entro le quali si riscontrerebbe la validit della legge dinerzia, beninteso nei limiti di precisione della strumentazione con la quale andremmo a verifi carla; ma un attimo di rifl essione ci dice che, quali che siano questi limiti, se aspettiamo abbastanza tempo, gli effetti della non uniformit del campo si farebbero comunque sentire. La regione di validit sar dunque limitata nello spazio e nel tempo. La seconda che questa limitatezza comporta, dal punto di vista matema-tico, che linerzialit valga in una regione (spazio-temporale) infi nitesima; ma di fatto, in fi sica, infi -nitesimo vuol dire molto piccolo rispetto a qualche standard fi ssato. Se avessimo a che fare con un SLI posto a distanza di qualche centinaio di migliaia di anni luce da una galassia isolata, gli affetti della non omogeneit del campo sarebbero molto piccoli in una regione delle dimensioni spaziali di un anno luce, che sarebbe dunque, in questo senso, infi nitesima Si dir: va bene, esistono i SLI, ma che ce ne facciamo? Il fatto che lascensore in caduta libera non che un punto di partenza. Fac-ciamo un passo avanti rifacendoci a Newton.La fi gura ci ripropone un esperimento mentale, questa volta appunto newtoniano3. Esso risale alla fase iniziale degli studi di Newton sulla gravitazione, al momento cio in cui egli si chiedeva se una stessa forza potesse rendere conto della gravit terrestre e di quella celeste. In esso ci si imma-gina di sparare dalla cima di una montagna (alta quanto si vuole, tanto lesperimento mentale; per le stesse buone ragioni immagineremo un cannone capace di sparare un proiettile ad una qualsiasi velocit voluta e considereremo del tutto trascurabile la resistenza dellaria) ad alzo zero un proiet-tile con velocit via via crescenti. Gi Galileo aveva inse-gnato che, fi nch si pu trascurare la curvatura terrestre, la traiettoria un arco di parabola, derivante dalla com-posizione di un moto rettilineo uniforme lungo lorizzon-tale con la velocit inizialmente impressa al proiettile ed un moto uniformemente accelerato di caduta libera lungo la verticale. importante sottolineare fi n da qui che il pro-iettile in caduta libera. Ma andiamo avanti. La traietto-ria non sar pi parabolica ma ellittica se, aumentando il valore della velocit impressa al proiettile, esso andr cos lontano che si dovr tener conto della sfericit della Terra. Il moto rimane comunque composto, con la componente verticale che continua ad essere di caduta libera; ma, se la velocit abbastanza grande, pur cadendo, per cos dire, continuamente, il proiettile sulla Terra non ci fi nir mai. Esiste poi una specifi ca velocit iniziale per la quale la tra-iettoria diventa circolare, e riporta, come nella fi gura, il

    (3) C nella figura qualcosa che ci dice che non pu trovarsi esattamente cos in unopera di Newton (che cosa?). Cos come c qualcosa che non torna: la traiettoria che compie pi di un mezzo giro attorno alla Terra per poi lasciare il proiettile nel Pacifico.

    Fig. 1 - Esperimento mentale newtoniano.

  • Progetto IDIFO - Fisica moderna per la scuola 17

    proiettile al punto di partenza; per continuare poi4 a percorrere indefi nitamente quellorbita. E il pro-iettile diventato un satellite artifi ciale. Oggi i satelliti artifi ciali sono messi in orbita con cannoni un po diversi ma il concetto lo stesso.Quello che ci preme qui sottolineare che il satellite artifi ciale della fi gura in ogni istante in caduta libera nel campo gravitazionale della Terra, ed individua dunque, come lascensore di Ein-stein, un SLI. E non occorre spremersi troppo le meningi per arrivare alla conclusione che qualun-que veicolo spaziale, immesso su di unorbita kepleriana nel campo gravitazionale di un qualunque corpo celeste, realizzer a sua volta un tale sistema, beninteso fi nch non si accender, per qualche motivo, un qualche retrorazzo. N le cose cambiano se lorbita sar determinata dal campo gravita-zionale complessivo somma dei campi prodotti da pi corpi celesti: la nave spaziale sar pur sempre in caduta libera in quel campo complessivo.In conclusione, individuano SLI i satelliti artifi ciali, e in generale tutte le navi spaziali: esse sono in caduta libera in un campo gravitazionale esterno complessivo. Che gi andare alquanto oltre lo scomodo per chi ci sta dentro in attesa dellimpatto ascensore einsteiniano.

    4. Dai satelliti artifi ciali a quelli naturali e ad altri corpi celestiVien fatto di dire: ma che differenza c, in linea di principio, fra un satellite artifi ciale ed uno natu-rale, fra il proiettile ad alta velocit di Newton e la Luna? Non voleva lui stesso dirci che sono la stessa cosa? Non proprio: forse che, sulla Luna, gli astronauti che ci hanno messo piede non pesa-vano? Pesavano di meno, ma pesavano. Il fatto che la caduta libera della Luna nel campo gravita-zionale della Terra (a rigore non verso la Terra, ma verso il baricentro del sistema Terra-Luna) annulla il campo terrestre, ma non quello lunare. Per essere ancora pi precisi, annulla il campo terrestre medio, non le sue componenti mareali, cio gli scostamenti dal campo medio dovuti (v. paragrafo 3) allandamento del campo con linverso del quadrato della distanza e alla sua radialit. Forse con-viene, per fi ssare le idee, sempre in riferimento al sistema Terra-Luna, osservare che anche la Terra in caduta libera verso il baricentro del sistema Terra-Luna5, e che gli scostamenti del campo lunare dal suo valore medio contribuiscono al fenomeno delle maree. Come pure sembra il caso di osser-vare che si ha a che fare con quegli scostamenti dalluniformit di un campo esterno che rendono un sistema in caduta libera solo localmente inerziale.Che ci siano notevoli differenze fra un satellite artifi ciale ed uno naturale indubbio. Ma, per quanto ci preme qui, la maggiore sta nel fatto che il satellite naturale, in quanto corpo celeste notabilmente massivo, esercita una sensible azione gravitazionale su chi vi si trovi. Siamo tuttavia abituati, dai tempi di Newton ai nostri giorni, a trattare i satelliti, per quanto riguarda il loro moto attorno ai pia-neti, e in pianeti, per quanto riguarda il loro moto attorno al Sole, come punti materiali. E, a questo livello, quanto appena ricordato diventa irrilevante: gli uni e gli altri sono in caduta libera nel campo gravitazionale esterno, dovuto nel primo caso al pianeta considerato, nel secondo al Sole. Satelliti naturali e pianeti individuano dunque, a loro volta, SLI.Non solo: perch il discorso si estende immediatamente a qualunque corpo celeste non appena lo si riduca di fatto, se quello che ci interessa il suo moto e nientaltro, fosse pure una galassia, ad un punto materiale: di fatto qualunque corpo delluniverso, anche una galassia, in caduta libera nel campo gravitazionale complessivo in cui si trova. Non c male, come estensione dellascensore di Einstein.

    5. La cosmologia: gli elementi essenzialiPer arrivare rapidamente al punto di interesse specifi co qui, prover qui, per cominciare, a tratteg-giare gli elementi essenziali della cosmologia lo studio delluniverso nel suo complesso come

    (4) Se gli artiglieri hanno accortamente spostato il cannone!(5) Se si vuole, un po per modo di dire, posto che esso si trova allinterno della sfera terrestre (v., per esempio, V. Pingi-tore, Le maree, presentato allincontro LEnergia: la Sfida del Terzo Millennio, Catanzaro, 25-28 febbraio 2009).

  • 18 Capitolo 1. Aspetti generali

    delineati dalle osservazioni e dagli studi condotti nel ventesimo secolo. Il primo che come costi-tuenti elementari delluniverso non si devono prendere le stelle bens le galassie. Per quale motivo? Quali sono i costituenti di un gas considerati come elementari, e che come tali ne caratterizzano il comportamento nella sua trattazione in termini microscopici? Non gli elettroni o i nuclei e nep-pure gli atomi: sono le molecole, gli oggetti per i quali si pu ipotizzare, e di fatto si ipotizza, una distribuzione casuale nello spazio. Ora, la distribuzione delle stelle nelluniverso tutto tranne che casuale. Esse sono infatti, per lappunto localizzate, con distribuzioni che non possono certo dirsi casuali, nelle galassie.Il secondo elemento essenziale che luniverso in espansione, e non nel senso che le galassie si allontanano reciprocamente in uno spazio preassegnato, ma nel senso che lo spazio stesso a dila-tarsi. Il primo segnale in questo senso [3] stato confermato, precisato ed esteso nel corso del ven-tesimo secolo. Lespansione considerata , fi no a prova contraria, isotropa. Per fi ssare le idee, se per un attimo sostituiamo mentalmente alla distribuzione casuale delle galassie una loro collocazione ai vertici di un reticolo cubico, lespansione lascer inalterato i rapporti (uguali a 1) fra le lungezze dei tre spigoli di base; se poi luniverso dovesse risultare ipersferico (v. la discussione che segue) e allora, sopprimendo una dimensione, ce lo immagineremo come la superfi cie di una sfera espansione isotropa vorr dire aumento del raggio della sfera. Lespansione delluniverso sar allora descritta in termini di un singolo parametro, un fattore di scala, che ci deve dire come aumenta col tempo (cosmico) la distanza fra due costituenti elementari si fa per dire delluniverso. Lipo-tesi dellespansione riduce nelluno e nellaltro caso luniverso ad un sistema dinamico ad un solo grado di libert. Il moto di un tale sistema, come quello di un generico sistema dinamico, allora determinato da una legge e dalle condizioni iniziali.Una legge, si diceva. Riguardante che cosa? Evidentemente la gravitazione, che regger il moto col-lettivo nel senso di rallentarlo, data lattrazione reciproca fra le galassie. Ci torneremo brevemente, ma qui preme intanto ricordare che la cosmologia fi sico-matematica del secolo ventesimo ha scelto come teoria della gravitazione la Relativit Generale (RG). Che , prima di ogni altra cosa, una teo-ria geometrica della gravitazione, nel senso che non concepisce lazione gravitazionale esercitata da un corpo come una vera e propria forza, ma come esplicantesi in termini di una modifi ca del conti-nuo spazio-temporale in cui giace il corpo, e, in specifi co, della geometria dello spazio circostante. Peraltro, per quanto riguarda il formalismo, le equazioni che in RG legano le componenti del ten-sore metrico, determinante appunto le caratteristiche metriche di quel continuo in presenza di sor-genti materiali, alle sorgenti dellazione gravitazionale, hanno una notevole somiglianza formale con le equazioni di Maxwell descriventi le propriet di un altro campo, quello elettromagnetico: come in queste le sorgenti sono descritte in termini di densit; di carica e corrente nel caso elettromagne-tico, di energia ed impulso in quello gravitazionale. Nellapplicarle alluniverso come un tutto, la distribuzione granulare della materia va dunque sostituita con una descrizione in termini di un fl u-ido. Considerata una regione delluniverso abbastanza vasta da eliminare caratteristiche strettamente locali, si dovr compiere loperazione mentale e formale di sostituire la materia effettiva con un fl u-ido un fl uido cosmico che abbia nella regione una densit (ed eventuali altre propriet carat-terizzanti) costante pari alla densit media della materia che vi contenuta.Nellarticolo del 1917 in cui proponeva il primo modello fi sico-matematico di universo della cosmo-logia del ventesimo secolo, Einstein scriveva che in cosmologia bisogna far proprio latteggiamento dei geodeti che, per mezzo di un ellissoide, si approssimano alla forma della superfi cie terrestre, che su piccola scala invece molto complicata. Chiaro? Egli ci stava dicendo che, secondo la sua stessa teoria della gravitazione, la geometria dello spazio sarebbe risultata localmente deformata dallazione della materia localizzata, ma che questi aspetti non interessano il cosmologo, per il quale di interesse, sotto questo aspetto, solo una geometria complessiva delluniverso. Daltra parte, pro-prio in virt di quel nesso basilare fra distribuzione della materia e geometria, se si vuol dar corpo allopzione che luniverso, a parte le disomogeneit locali, abbia la stessa geometria ovunque, non ci si potr limitare a sostituire la materia effettiva con un fl uido che abbia nella regione una densit costante pari alla densit media della materia che vi contenuta in una regione suffi cientemente vasta,

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    ma si dovr chiedere che il fl uido abbia la stessa densit (ed eventuali altre propriet caratterizzanti) ovunque nelluniverso. Solo questo garantir che la geometria delluniverso, che dalla distribuzione della materia dipende, sia sempre prescindendo dalle irregolarit locali la stessa ovunque.La stessa geometria ovunque. Ma quale? Potrebbe sembrare una domanda vuota: lo spazio delluni-verso non potr che essere uno spazio (euclideo) tridimensionale. Ma alla domanda la geometria risponde, pi in generale, che dovr trattarsi di spazi omogenei, dunque di spazi massimamente sim-metrici, locuzioni che trovano una versione pi immediatamente digeribile in quella della nozione di spazi a curvatura costante, o, alternativamente, di geometrie della congruenza (Fig. 2).Guardare (molto) lontano vuol dire guardare indietro nel tempo. Se luniverso in espansione non ci dobbiamo aspettare di trovare la stessa densit della materia nel remoto passato: il valore della densit sar fi ssato media in corrispondenza di un dato valore del tempo cosmico. Tempo cosmico ... entrato senza parere nel discorso un concetto che sembra dover ricevere una certa attenzione: non staremo cos reintroducendo di soppiatto quel tempo assoluto che la relativit sembrava dover avere completamente rimosso? Vedremo che non cos.Unimmagine suggestiva delluniverso in espansione ci data da un enunciato di quello che noto come Principio Cosmologico, un principio che in realt non fa altro che codifi care quanto abbiamo ricordato negli ultimi capoversi: lo spazio-tempo delluniverso fogliato in ipersuperfi ci spaziali che sono spazi omogenei (dotati cio delluna o dellaltra delle tre possibili geometrie). Detto que-sto, ritorniamo allespansione: nella misura in cui possiamo pensare alle galassie come costituenti elementari delluniverso, essa deve vedersi come espansione dello spazio extragalattico. Un corpo che fosse soggetto solo allazione del fl uido cosmico resterebbe incastonato nella sua posizione. In realt tutti i corpi, galassie incluse, sono soggetti ad azioni gravitazionali che non si bilanciano per-fettamente lungo nessuna direzione, e saranno quindi in genere animati di moti propri attra-verso lo spazio (si dice che hanno velocit peculiari). Si usa il termine substrato per denotare lipotetico insieme di corpi privi di velocit peculiari.Possiamo ora affrontare la questione tempo cosmico/tempo assoluto. La coordinata tempo cosmico in effetti scelta in modo tale che le linee duniverso seguite dagli osservatori del substrato sono parametrizzate da quella coordi-nata: con i loro orologi gli osservatori del sub-strato misurano quindi il tempo cosmico. Quel tempo coordinato diventa quindi fi sico in quanto c potenzialmente qualcuno che potrebbe misu-rarlo. La questione sembrerebbe allora aggra-varsi, ma non cos: non c nulla in quanto precede che possa infi ciare la conclusione che osservatori S in moto rispetto ad un osservatore S del substrato verifi cheranno leffetto di dila-tazione delle durate per i processi che si svol-gono in quiete in S; e che, reciprocamente, un osservatore S verifi cher lo stesso effetto per i processi che si svolgono in quiete in S. Lin-troduzione del tempo cosmico non in con-trasto con la relativit delle durate: il tempo cosmico bens un tempo universale ma non un tempo assoluto.

    Fig. 2 - La figura d unimmagine bidimensionale, che illustra anche, sommariamente, il carattere non euclideo degli spazi effet-tivamente curvi (lo spazio euclideo a curvatura costante nulla) rendendo palese che in essi la somma degli angoli interni di un triangolo non due retti.

  • 20 Capitolo 1. Aspetti generali

    6. Lanisotropia di dipolo della radiazione di fondo a microonde: un nuovo etere?Prima di affrontare lultimo capitolo della storia dei SLI quello che d ragione del titolo scelto per questo contributo si rende necessaria una rapida presentazione di una delle scoperte basilari della cosmologia del ventesimo secolo: quella della radiazione di fondo a microonde. Nel quadro della cosiddetta teoria del big bang caldo due allievi e collaboratori di George Gamow, Ralph Alpher e Robert Herman, avevano formulato, nel 1948, la previsione che la radiazione elettromagnetica in equilibrio termico, e quindi con spettro planckiano, a circa 5.000 gradi Kelvin, con il plasma primor-diale a qualcosa come 300.000 anni dalla nascita delluniverso, avrebbe mantenuto con lespan-sione la forma dello spettro salvo una diminuzione della temperatura fi no a qualcosa come 5 gradi Kelvin. La previsione era caduta nel dimenticatoio quando nel 1965, due ricercatori della Bell Tele-phone Company, Arno Penzias e Robert Wilson, in tuttaltre ricerche impegnati, non captarono un inspiegabile segnale dal cosmo, a una lunghezza donda di circa 7 cm. Robert Dicke e collaboratori, che avevano indipendentemente sviluppato una visione analoga a quella di Alpher e Herman, forni-rono a Penzias e Wilson uninterpretazione dei loro dati. Per una conferma che si trattasse proprio delleffetto cercato occorreva per una determinazione dello spettro. Essa fu fornita anni dopo, nel 1990, da un satellite dedicato, il Cosmic Background Explorer (COBE), che invi a terra uno spet-tacolare spettro planckiano per una temperatura di 2,7 gradi Kelvin.Ma ritorniamo alle ipersuperfi ci rappresentanti lo spazio delluniverso ad un dato istante di tempo cosmico. Esse sono degli spazi omogenei, e, come tali, isotropi rispetto ad ogni loro punto. Alliso-tropia dello spazio dovrebbe corrispondere unisotropia nella distribuzione della materia. Essa potr essere verifi cata solo in modo approssimato dalla distribuzione effettiva. Ma la radiazione cosmica di fondo a microonde forn unindicazione molto pi precisa: lintensit (alternativamente la tempera-tura) della radiazione cosmica di fondo risult, in una prima serie di misurazioni di COBE, la stessa lungo qualunque direzione. Quando per si raggiunsero, nella determinazioni della temperatura, pre-cisioni dellordine dellun per mille si riscontr quella che si chiama unanisotropia di dipolo [4, 5]: la temperatura Tobs lungo una certa direzione si scostava dalla temperatura media T0 secondo la

    Tobs-T0=k cos

    (per un dato valore della costante k). Come interpretare questo risultato? Come effetto Doppler: noi siamo in moto, lungo una direzione defi nita, rispetto ad un sistema di riferimento in cui leffetto non si verifi cherebbe. Ma quali sono gli osservatori che dovrebbero riscontrare isotropia? Quelli del sub-strato, naturalmente. Siamo in moto rispetto a un (ideale) membro del substrato (qui ed ora). Dallen-tit delleffetto Doppler siamo in grado di risalire al valore della velocit (nonch, beninteso, alla sua direzione e verso). Qui ed ora c un osservatore privilegiato, in quanto verifi ca lisotropia della radiazione di fondo a microonde: il membro locale del substrato. Ma allora nel loro insieme gli osservatori del substrato costituiscono un sistema privilegiato esteso.Non solo, perch, elemento molto importante, abbiamo rivelato il nostro stato di moto rispetto ad esso. Noi, la Terra, pi in generale la nostra galassia, o, ancora pi in generale lammasso locale, siamo sono animati da una velocit peculiare, secondo la locuzione introdotta sopra; una puntuale deriva-zione della formula che documenta lanisotropia di dipolo in termini di effetto Doppler ne fornisce, oltre che la direzione ed il verso, anche il valore (qualcosa, per lammasso locale, come 650 km/s).Abbiamo cos violato il principio di relativit? Ritorniamo, per un momento, al passo dei Massimi Sistemi che si considera uno dei primi effi caci resoconti circa la validit di un principio di relati-vit meccanica. Fin dallinizio, al fi ne di controllare che esperimenti appunto di meccanica danno gli stessi risultati che la nave sia ferma in porto o animata rispetto ad esso di moto rettilineo uni-forme, Galileo invita linterlocutore a rinserrarsi con qualche amico nella maggior stanza che sia sotto coperta di alcun gran navilio. Banalmente, se siete in coperta, vedrete coi vostri occhi se la nave si sta allontanando dalla riva. Se si guarda fuori ci si rende conto del proprio moto, anche se rettilineo uniforme, rispetto ad un altro sistema di riferimento. Un modo immediatamente quan-titativo di guardar fuori per rivelare un tale stato di moto osservare una sorgente luminosa. Ma

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    guardar fuori non sperimentare. Guardando fuori si pu rilevare anche un nostro moto in qual-che senso assoluto. Questo appare in contrasto con un enunciato del principio di relativit che suoni (appunto): comunque impossibile rivelare un moto assoluto. Non in contrasto con un enun-ciato (corretto) che suoni: Esperimenti condotti nelle stesse condizioni in diversi sistemi inerziali danno gli stessi risultati.Possiamo dire che si scoperto un nuovo etere come sistema di riferimento in un senso specifi co privilegiato, ma che, appunto, lo si scoperto guardando fuori, non sperimentando. In termini di esperimenti alla Michelson-Morley, gi nellipotesi che la velocit rispetto alletere fosse dellor-dine dei 30 km/s, si prevedeva uno spostamento del sistema di frange di 4/10 di frangia. Dipendendo leffetto previsto dal quadrato della velocit, ed essendo lattuale moto di deriva dellordine di 600 Km/s, e quindi 40 volte maggiore, lo spostamento previsto sarebbe oggi circa 1600 volte maggiore ... E chiss dove andrebbe a fi nire il sistema di frange. Ripetizioni recenti dellesperimento di Michel-son e Morley hanno portato il limite superiore per una possibile velocit di deriva nelletere a qual-che metro al secondo. Anche se c un etere, non sperimentando che possiamo mettere in luce il nostro moto rispetto ad esso.

    RingraziamentiDesidero ringraziare Olivia Levrini per indicazioni iniziali circa una possibile tematica da affrontare in questo contributo e per una rilettura critica del testo.

    Bibliografi a[1] Taylor V.E.F., Wheeler J.A. (1966) Spacetime Physics, Freemann.[2] Fabbri E. (2005) Per un insegnamento moderno delle relativit, La Fisica nella Scuola, Quader-

    no 16.[3] Hubble E. (1929) A relation between distance and radial velocity among extra-galactic nebu-

    lae, PNAS 15 (3), pp. 168-173.[4] Peebles P.E., Wilkinson D.P. (1968) Phys. Rev., 174, p. 2168.[5] Melchiorre B., Melchiorre F., Signore M. (2002) New Astronomy Revievs, 46, (11), p. 693.

  • 22 Capitolo 1. Aspetti generali

    CHE ASPETTO HA UN ATOMO?1

    Friedrich HerrmannAbteilung fr Didaktik der Physik, Universitt Karlsruhe, Germania

    Qual laspetto di un atomo? In realt non c una risposta a questa domanda. Laspetto di un oggetto coinvolge la sua taglia, la sua forma e colore, la trasparenza, la condizione della sua superficie, ma un atomo non ha queste propriet. Eppure, questo non significa che non possiamo realizzare rappre-sentazioni grafiche dellatomo.Sappiamo bene che si possono produrre immagini di oggetti invisibili, o di fenomeni che non hanno nessunapparenza fisica. Cos in un atlante ci sono vedute della terra che in realt non esistono. Tro-viamo, per esempio, carte o mappe fisiche, politiche, geologiche e climatologiche. Ma anche nei libri di fisica si vedono cose e fenomeni che in realt sono invisibili: campi magnetici, distribuzioni di temperatura o di pressione, raggi X e infrarossi ecc.Quindi, non strano che si possono realizzare anche immagini dellatomo. Per questo non dob-biamo chiederci Qual laspetto di un atomo?, ma dobbiamo piuttosto chiederci Quali imma-gini dellatomo possiamo generare? o Come si pu visualizzare latomo?. Mostrer, quindi qui, immagini dellatomo.Le immagini che vedremo sono artificiali, ma non sono pura finzione. Sono fondate su valori nume-rici e questi vengono di una misura o di una teoria nella quale abbiamo fiducia. Pi esattamente: sono soluzioni dellequazione di Schrdinger.In queste immagini si vedono o percepiscono direttamente parecchie propriet dellatomo: Si vedr la sua forma, ma si vedr anche il suo momento angolare e si vedr il suo momento magnetico. Si vedr direttamente perch in determinati stati latomo emette radiazione e in altri stati no. Si vedr se la radiazione di alta intensit o debole, si vedr se la radiazione polarizzata linearmente o cir-colarmente.Forse alla fine potremo avere limpressione di sapere qual laspetto dellatomo.Cominciamo con lequazione di Schrdinger per un sistema a un elettrone. Una soluzione si chiama funzione donda. funzione della posizione e del tempo. Possiamo definire due quantit, e j:

    e

    senza ulteriori specificazioni.Se si utilizzano queste definizioni e lequazione di Schrdinger, con un piccolo calcolo otteniamo:

    Questo risultato molto interessante. Perch? Si vede che questequazione ha la forma di unequa-zione di continuit. Che cosa vuol dire unequazione di continuit?Si pu formulare unequazione di continuit per ogni quantit conservata: La carica elettrica, la massa, la quantit di moto ecc. In questequazione di continuit si pu leggere la come la densit della carica elettrica o se vogliamo anche come la densit di massa. La j sarebbe la densit di cor-

    (1) Versione italiana a cura di Alberto Stefanel, Dipartimento di Fisica, Universit degli Studi di Udine.

  • Progetto IDIFO - Fisica moderna per la scuola 23

    rente elettrica o la densit di corrente di massa. Ora, che cosa ci dice questequazione? Ci dice per esempio che una variazione nel tempo della densit di carica collegata con una divergenza della corrente. O in altri termini: se in una regione di spazio la carica sta diminuendo, deve necessaria-mente esserci una corrente che entra o emerge da questa regione.Allora, la descrizione degli stati dellelettrone mediante le quantit e j suggerisce lapplicazione di un modello: secondo questo modello si considera lelettrone come una porzione di un materiale o di una sostanza o di un fluido che distribuito nello spazio intorno al nucleo. E di pi, questo mate-riale pu formare un flusso o una corrente intorno al nucleo.Poich in seguito mi riferir sovente a questo materiale immaginario gli assegno un proprio nome. Lo chiamer elettronio. Secondo questo modello, un elettrone costituito di elettronio cos come un lago costituito di acqua o una moneta di argento.Questo modello tanto vecchio quanto la meccanica quantistica. Fu proposto per prima volta da Schrdinger (1926) e poi elaborato da Madelung (1927). Per questo, a volte, ci si riferisce a questa sostanza come liquido di Madelung. In altri testi viene chiamato materia elettronica (Dring 1960). Entrambi questi nomi mi sembrano un p ingombranti. Per questo ho adottato il nome elettronio. Del resto, questo modello si trova anche in testi moderni, e attualmente c una certa sua riscoperta. Ritorniamo allequazione di Schrdinger. Ci sono soluzioni particolari di questo tipo:

    .

    Gli stati corrispondenti sono chiamati autostati. Sono numerati collindice k. A ognuno di queste solu-zioni corrisponde un certo valore Ek dellenergia, chiamato autovalore dellenergia. Possiamo costru-ire combinazioni lineari di queste soluzioni particolari. Ognuna di tali combinazione una soluzione dellequazione di Schrdinger:

    .

    Questi stati, che si descrivono come una somma, si chiamano stati di sovrapposizione, per evidenti ragioni.Se si parla di una soluzione dellequazione di Schrdinger in modo sommario, generalmente si pensa ad un autostato, e non ad uno stato di sovrapposizione. Gli autostati si distinguono degli stati di sovrap-posizione per una propriet importante. Confronteremo in seguito questi due tipi di soluzione.Come rappresentante di uno stato di sovrapposizione scegliamo il pi semplice, oppure la sovrappo-sizione di solo due autostati. Dunque la somma contiene solo due addendi:

    dove gli addendi sono gli autostati

    Ora, calcoliamo ci che cinteressa: la densit di elettronio. E questo, prima per un autostato, e poi per uno stato di sovrapposizione. Per un autostato otteniamo:

    Dato che il prodotto delle due funzioni esponenziali uguale a uno, restiamo con una funzione che non dipende pi del tempo. Ci vuol dire che la densit costante nel tempo. Per la densit di cor-rente si otterrebbe il risultato corrispondente: Anche la densit di corrente non dipende del tempo. Si dice che questi stati, sono stazionari.Procediamo ora con gli stati di sovrapposizione. In questo caso il calcolo della densit di elettronio un po

  • 24 Capitolo 1. Aspetti generali

    pi complicato. Pertanto consideriamo solo il risultato, che unespressione della forma seguente:

    dove

    Si osserva che in questo caso la densit dipende del tempo. Si nota anche che la densit la somma di un termine che dipende solo della posizione e un altro che descrive unoscillazione armonica. Lo stesso si troverebbe per la densit di corrente. Quindi questi stati non sono stazionari, poich la den-sit cambia con il tempo.Ecco tutto ci che dobbiamo sapere di teoria. In seguito consideriamo solo immagini.

    Fig. 1 - Distribuzione di densit di elettronio per diversi stati stazionari dellatomo didrogeno. I tre numeri sono i numeri quantici n, l e m.

    Tutte le immagini si riferiscono allatomo didrogeno. Cominciamo con gli stati stazionari. logico che le immagini siano immobili. La seconda parte concerner gli stati non-stazionari. Pertanto con-sidereremo animazioni. Si possono scaricare dal sito internet indicato alla fine dellarticolo.Cominciamo considerando la distribuzione di densit di elettronio per parecchi stati stazionari dellatomo didrogeno (fig. 1). I tre numeri quantici n, l e m caratterizzano lo stato: n il numero quantico principale, l il numero quantico azimutale e m il numero quantico magnetico. Una prima interpretazione di queste immagini la seguente: la distribuzione della densit ci dice com la forma dellatomo. Si vede che nello stato fondamentale, latomo didrogeno sferico. Nel primo stato ecci-tato si vedono due lobi ecc.

  • Progetto IDIFO - Fisica moderna per la scuola 25

    In fig. 2a rappresentata la densit di elettronio, di un certo stato (n = 3, l = 2, m = 1), e in fig. 2b la densit di corrente, con in blu la corrente entrante e in rosso quella uscente. La fig. 3 mostra unim-magine della densit di elettronio in tre dimensioni. Le frecce rappresentano il verso di circolazione della corrente di elettronio.

    Figura 2 - a) densit di elettronio nello stato n = 3, l = 2, m = 1. b) Densit di corrente. Blu: la corrente entrante; rosso: la corrente uscente.

    Fig. 3 - Densit di elettronio per lo stato n = 4, l = 3, m = 1. Le frecce rappresentano la cor-rente di elettronio.

  • 26 Capitolo 1. Aspetti generali

    Perch queste immagini sono interessanti?Consideriamo i postulati di Bohr. Uno di questi postulati dice che ci sono orbitali elettronici nei quali lelettrone non irradia, sebbene si muova su unorbita circolare. Si postula che in questo caso le leggi dellelettrodinamica non siano pi valide. Abbiamo quindi una contraddizione con lelettro-dinamica. Con il modello dellelettronio invece non ci si aspetta che vi sia radiazione. Perch? Negli stati corrispondenti, tanto la densit di carica, quanto la densit di corrente sono costanti nel tempo. Quindi, i campi risultanti sono stazionari, cio non radiativi. Il modello dellelettronio in accordo con lelettrodinamica. C un altro aspetto che il modello dellelettronio spiega perfettamente. Consideriamo gli stati con m 0. In questi stati lelettronio si muove o fluisce intorno al nucleo. Quindi, secondo il modello ci si aspetta che lelettronio possieda un momento angolare perch c una corrente di massa, e un momento magnetico perch c una corrente elettrica. Entrambi i valori si possono calcolare dalla distribuzione della corrente e sono in concordanza con gli autovalori che si ottengono con il calcolo quantistico.Il modello dellelettronio mostra la sua forza soprattutto nella descrizione delle transizioni elettroni-che. La teoria ci ha detto che in uno stato di sovrapposizione

    la densit di carica oscilla con la frequenza

    Consideriamo uno stato composto per il 50% da 1s (n = 1, l = 0, m = 0) e per 50% da 2p (n = 2, l = 1, m = 0). Che succede? La figura 4 mostra una serie di immagini del video corrispondente.Effettivamente, la distribuzione di carica oscilla. Allora, lelettrodinamica classica ci dice, che latomo deve emettere unonda elettromagnetica, e questaffermazione concorda con quello che insegna la fisica quantistica. Ma c un problema: se latomo emette radiazione, perde energia. Quindi la com-posizione dello stato non pu rimanere 50% e 50%. Il contributo dello stato eccitato deve diminu-ire, e il contributo dello stato a energia minore deve aumentare. Questo vuol dire che i coefficienti devono cambiare nel tempo:

    Ora capiamo, come funziona la transizione. Prima, latomo si trova, per esempio, nello stato 2p. Que-sto stato molto precario. Basta la minima perturbazione per scatenare la transizione. Latomo comin-cia a emettere quindi perdere energia, e passa a mano a mano nello stato fondamentale. Durante questo processo il contributo dello stato 2p diminuisce da 100% a 0, e il contributo dello stato fon-damentale aumenta da 0 al 100%.

  • Progetto IDIFO - Fisica moderna per la scuola 27

    Ora, interessante sapere quante oscillazioni ci sono durante il processo, anche se non facile da determinare. Sappiamo che una transizione tipica, non proibita, dura circa 10 s. Il periodo di unoscil-lazione di 10 s. Dunque, durante la transizione latomo compie circa 10 oscillazioni.Vogliamo fare un video della transizione, ma non abbiamo la pazienza di guardare 10 milioni di oscil-lazioni. Quindi proviamo un metodo accorciato. Possiamo realizzare un filmato stroboscopico. Tra ogni due immagini individuali c un gran salto nel tempo (fig. 5).

    Fig. 4 - Estratto di un video rappresentante la sovrapposizione di uno stato formato per il 50% dallo stato 2p e 50% dallo stato 1s.

  • 28 Capitolo 1. Aspetti generali

    Fig. 5 - Estratto di un video stroboscopico della transizione dello stato 2p allo stato 1s.

    Per il momento, non sappiamo ancora quanto sia rapida la transizione. Ma anche su questo punto possiamo dire qualcosa, perlomeno qualitativamente. Per questo dobbiamo guardare com fatta la distribuzione spazio-temporale dellelettronio.Nelle transizione di fig.5 si nota una forte caratteristica dipolare. Dallelettrodinamica sappiamo che un dipolo emette una radiazione molto forte. Questo vuol dire, che la transizione rapida. Questo vero per tutte le transizioni con l = 1. In figura 6 a sinistra abbiamo unonda emessa da unan-tenna dipolare. Alla destra invece rappresentata la radiazione di unantenna quadrupolare. Si capi-sce facilmente che questultima ha problemi di emissione, infatti essa si pu immaginare come una coppia di due antenne dipolari, luna posta a lato dellaltra, che oscillando in opposizione di fase. I due campi emessi si compensano quasi completamente.

  • Progetto IDIFO - Fisica moderna per la scuola 29

    Fig. 6 - Rappresentazione della radiazione emessa da unantenna dipolare (a sinistra) e da una quadro polare (a destra). La radia-zione emessa da unantenna dipolare pi forte di quella emessa da unantenna quadrupolare.

    Ci sono stati di sovrapposizione nellatomo, che fanno unoscillazione di tipo quadrupolare. Sono le transizioni con l = 2. La figura 7 ne mostra un esempio.

    Fig. 7 - Transizione quadrupolare. La radiazione emessa molto debole.

    La transizione dallo stato n = 5, l = 2, m = 0 allo stato n = 4, l = 0, m = 0. Queste transizioni sono molto deboli, o lente. Si dice che le transizioni con l = 2 sono proibite.

  • 30 Capitolo 1. Aspetti generali

    Consideriamo ora il filmato di Fig. 8. una transizione con m = 1. Si vede che la distribuzione di carica realizza un movimento di rotazione. Lelettrodinamica classica ci dice che dovrebbe emettere unonda polarizzata circolarmente. Lo stesso dice la meccanica quantistica, e lo stesso viene con-fermato nellesperimento. Le immagini parziali alla sinistra mostrano la decomposizione della den-sit in due parti: una oscillatoria e unaltra che rappresenta la trasformazione lenta dallo stato ecci-tato allo stato fondamentale.Possiamo concludere che il modello dellelettronio, ha un potere esplicativo assai importante, e cer-tamente maggiore del modello delle piccole particelle che ruotano intorno al nucleo.

    BibliografiaDrin W. (1960) Einfhrung in die Quantenmechanik, Vandenhoeck & Ruprecht, Gttingen,

    p. 147.Madelung E. (1927) Quantentheorie in hydrodynamischer Form, Zeitschrift fr Physik 40, p. 322.Schrdinger E. (1926) Quantisierung als Eigenwertproblem, Erste Mitteilung, Ann. Phys. 79,

    p. 361.http://www.physikdidaktik.uni-karlsruhe.de/software/hydrogenlab/elektronium/index.html.http://www.physikdidaktik.uni-karlsruhe.de/software/hydrogenlab/index.shtml.

    Fig. 8 - Transizione con m = 1. La radiazione emessa polarizzata circolarmente.

  • Progetto IDIFO - Fisica moderna per la scuola 31

    INSEGNARE LA FISICA QUANTISTICA DAL PUNTO DI VISTA FILOSOFICO1

    Gesche PospiechFachrichtung Physik, Technische Universitt Dresden, Germania

    1. IntroduzioneLo studio della Fisica Quantistica, come teoria centrale della fisica, deve essere incluso nella forma-zione scientifica a scuola. Tutti gli studenti dovrebbero avere, alla fine del proprio percorso forma-tivo, un quadro generale delle sue principali caratteristiche. Per questo obiettivo si pu aggiungere, che la risonanza avuta sui media e nella letteratura popolare, dei nuovi risultati raggiunti in que-sto campo, ne dovrebbe aumentare linteresse e la comprensibilit. Gli studi sullinteresse verso le scienze anche se non direttamente relativi alla fisica quantistica mostrano che gli studenti svilup-pano interesse quando seguono materie che li aiutano nellorientamento generale, spiegano il ruolo della fisica o il suo impatto sulla visione del mondo (Muckenfu1995). Secondo lo studio ROSE gli studenti vengono motivati quando loggetto di studio correlato ai seguenti aspetti (Holstermann e Bgeholz 2007): le novit pi recenti nella scienza e nella tecnologia, fenomeni che gli scienziati ancora non sanno spiegare o invenzioni che hanno cambiato il mondo. Tutti questi aspetti hanno almeno in parte a che fare con la fisica quantistica. Il suo grande impatto sulla tecnologia, il ruolo di teoria fondamentale per la fisica e le sue implicazioni filosofiche aprono a una vasta gamma di stra-tegie dinsegnamento:1. Approccio tecnologico: basato sulle applicazioni della teoria quantistica: laser, diodi, nuovi mate-

    riali.2. Approccio filosofico: centrato sullinterpretazione della teoria quantistica e sul suo significato

    per la visione del mondo.3. Approccio storico: sviluppato a partire dalla fisica atomica, i fotoni, la termodinamica.4. Approccio sperimentale: focalizzato sullesperimento sulla doppia fenditura con o senza infor-

    mazioni sul cammino percorso dalla luce, effetto fotoelettrico, diffrazione elettrone.5. Combinazione di questi approcci: filosofico-sperimentale.

    Tra tutte queste possibilit far qui riferimento allapproccio filosofico, perch combina gli esperi-menti di base, gli aspetti strutturali e le differenze rispetto alla fisica classica, in modo efficace per quello che riguarda i menzionati aspetti relativi allinteresse degli studenti. Questo approccio par-ticolarmente adatto per mostrare il cuore delle asserzioni della teoria quantistica, far chiarezza sui loro significati, renderle comprensibili al mondo. Durante lo sviluppo storico i Padri della teoria quantistica si soffermarono su svariate e ben fondate interpretazioni: Planck, Einstein e Schroedin-ger avrebbero preferito una teoria di tipo pi vicina alla fisica classica; Bohr e Heisenberg erano pi predisposti a nuovi modi di pensare. Nelle ultime due decadi molti esperimenti hanno illuminato que-sto dibattito sulla teoria quantistica, portando ad affermazioni di questo genere:

    Chiunque prover a fare un modello del mondo- e della posizione dellessere umano che vi ci vive - deve tener conto dei risultati e dei problemi della teoria quantistica. E ancora di pi, deve egli stesso mettersi al centro della domanda.

    Bernard dEspagnat

    (1) Traduzione e redazione a cura di Alberto Stefanel e Paola Visentin.

  • 32 Capitolo 1. Aspetti generali

    Linteresse di far chiarezza su questo dibattito, intorno agli anni 80, port allo sviluppo del famoso esperimento di Aspect. Attraverso tale interconnessione tra aspetti fisici e aspetti filosofici gli stu-denti aumentano la consapevolezza delle relazioni tra ragionamento, interpretazione dei risultati (sperimentali) e ricerca di comprensione, un aspetto molto importante nella formazione in gene-rale. Essi hanno esperienza della natura della scienza, perch discutono la necessit di interpretare i risultati matematici e sperimentali ai confine della conoscenza e la loro condizionabilit dal punto di vista filosofico.

    2. Ruolo della filosofia nella comprensione della Teoria QuantisticaPrima di illustrare gli elementi di un progetto didattico, discuteremo innanzitutto le principali carat-teristiche della teoria quantistica, della sua struttura matematica, di alcuni esperimenti chiave e su come questi possano essere compresi in un percorso qualitativo.

    2.1 Fisica Classica contro Fisica QuantisticaUno dei problemi centrali, a tuttoggi, riguarda la compatibilit della descrizione classica e di quella quantistica della natura. La fisica classica ha ottenuto il maggior successo nella descrizione determi-nistica e causale, spiegando e prevedendo i processi fisici. La maggiore difficolt, anche da un punto di vista psicologico, sta nella perdita delle certezze classiche. Come stato affermato da Einstein:

    Tutti i miei tentativi di utilizzare i fondamenti teorici della fisica per queste nuove idee sono fal-liti completamente. come se mi fosse stato tolto il terreno da sotto i piedi, senza solide basi sulle quali costruire.

    o anche in modo pi pessimistico da Richard Feynman:

    La scienza fisica rinuncia alla causalit, alla calcolabilit e al determinismo.

    Alcuni dei problemi furono considerati risolvibili assumendo che la fisica quantistica descrivesse solo micro oggetti. Tuttavia, non ci sono limitazioni di principio nellapplicabilit della fisica quan-tistica. Molti esperimenti spingono il confine dei micro oggetti sempre pi verso oggetti di grandi dimensioni realizzando per esempio interferenze con molecole C60, grandi condensati di Bose-Ein-stein e piccoli gatti di Schrdinger. Einstein ha analizzato a fondo la fisica quantistica a partire dai termini realt e completezza di una teoria fisica, portando le sue obiezioni su questi punti. Per prima cosa citeremo e analizzeremo le sue due pi importanti affermazioni e poi svilupperemo gli aspetti rilevanti per linsegnamento.

    Dio non gioca a dadi La prima obiezione riguarda il salto quantistico casuale. Come equazione differenziale lequazione di Schrdinger descrive univocamente e in modo deterministico, date le condizioni iniziali, levo-luzione di un oggetto quantistico nel tempo. Durante una misura, tuttavia, questo stato cambia (pi o meno) improvvisamente (salto quantistico). Il punto cruciale che questo collasso non pu essere spiegato dallequazione di Schrdinger. In una misura possono essere ottenuti solo definiti risultati (gli autovalori di un operatore) con la propriet notevole- specialmente dal punto di vista dellinse-gnamento- che, in generale, non c nessuna possibilit di prevedere lo stato dopo la misura, ma solo la probabilit che si realizzi ciascuno di questi stati. Tuttavia, misure ripetute di uno stesso oggetto quantistico devono dare lo stesso risultato.

    Azione fantasma a distanzaCon questa affermazione Einstein si riferisce al fatto che la teoria quantistica ammette che un sistema quantistico possa essere composto di alcune parti correlate tra di loro in modo da dover essere descritte con una comune funzione donda senza che sia possibile descrivere lo stato di una sola sua parte. Il punto cruciale che la descrizione non dipende dalla distanza delle parti del sistema, quindi per esem-pio la misura di una parte del sistema influenza in modo decisivo tutte le altre, senza trasmissione di

  • Progetto IDIFO - Fisica moderna per la scuola 33

    alcun segnale classico (vedi sezione 3.1.5). Lesempio pi semplice per chiarire un tale tipo di sistema il cosiddetto Bifotone (o coppia EPR) formato da due fotoni, (vedi anche Pospiech 1999c).Le obiezioni di Einstein colpiscono il cuore delle differenze tra fisica classica e quantistica e la loro comprensione. Per chiarire il suo obiettivo, Einstein progett lesperimento EPR. Grazie ad esso cre una contraddizione apparentemente inevitabile, allinterno della teoria quantistica, e perci ne rivel i suoi aspetti fondamentali: lindeterminismo e lentanglement. Proprio perch motivato da ragioni filosofiche tale esperimento molto adatto per costruire un ponte tra fisica e filosofia.Andremo, perci, pi in dettaglio e descriveremo le nozioni basi della teoria quantistica, che poi for-meranno il cuore del corso. I termini fisico-matematici verranno sempre accoppiati con gli aspetti interpretativi.

    Principio di sovrapposizione-Non-determinismoLe basi matematiche del principio di sovrapposizione, che il principio fondamentale della fisica quantistica, sono legati alla linearit nello spazio Hilbert: tutti gli stati possono essere rappresen-tati come un vettore somma di opportuni stati di base. Una delle sue conseguenze in relazione alla descrizione delle osservabili fisiche come operatori- consiste nel fatto che in un processo di misura, lo stato fisico pu essere relativo solo a uno degli autovalori del relativo operatore, implicando il carattere statistico e perfettamente casuale del singolo risultato di misura. Schrdinger ha interpre-tato questo come un catalogo di possibilit, mettendo la questione su un altro piano: la funzione esiste solo nel pensiero. Nel pensare quotidiano, sovrapposizione potrebbe apparentemente essere tradotto con il connettivo logico or.Questo aspetto, come quelli successivi, riguarda la differenza tra misurazioni classiche e processo di misura della meccanica quantistica, che implica la generazione di un nuovo stato e non solo la sua identificazione.

    Complementariet-IndeterminismoSe diversi operatori (o misure) di un dato stato vengono confrontati tra di loro, corrisponderanno, in generale, a differenti rappresentazioni basate sui loro rispettivi autostati. A un oggetto quantistico, per-ci, non possono essere attribuiti valori definito per tutte le sue (possibili) propriet in tutti i momenti senza aver fatto una misura, fatto che espresso come indeterminismo. proibito dire che cosa un oggetto quantistico sia. Le sue propriet dipendono dallapparato di misura o dal contesto che cen-trale per le sue (possibili) propriet. Questo principio sta alla base della teoria quantistica e perci dovrebbe essere il punto centrale di un corso sulla fisica quantistica. Tale aspetto pu essere inter-pretato dicendo che la funzione di stato descrive uno stato ontologico in contrasto con linterpreta-zione epistemica del risultato di un processo di misura di un oggetto quantistico.

    Entanglement-Non-separabilitUnulteriore caratteristica lentanglement che pu presentarsi se almeno due oggetti quantistici sono uniti in un unico sistema quantistico. Le implicazioni portano a fenomeni, che sono impos-sibili classicamente. Perci si pu dire che un sistema quantistico se pu manifestare lentangle-ment (che a sua volta pu realizzarsi indipendentemente dalla scala/dimensione del sistema quan-tistico). Le correlazioni tra le parti di un sistema quantistico sono in genere indipendenti dalla posi-zione relativa delle sue parti, il pi famoso esempio dato dalle coppie-EPR. Questo fa riferimento al carattere non-locale o (pi precisamente) il carattere non-separabile della teoria quantistica. Dato che le correlazioni sono indipendenti dalla distanza tra le parti di un sistema quantistico, necessa-rio ripensare alla comprensione degli oggetti fisici nello spazio.

    IndistinguibilitGli oggetti quantistici descritti con gli stessi stati non possono essere distinti. Gli oggetti indistingui-bili non possono essere identificati in alcun modo: devono essere considerati come lo stesso oggetto: esempi sono gli elettroni o gli atomi in un condensato di Bose-Einstein. Anche il fenomeno quan-tistico interferenza si manifesta, finch le due alternative o possibilit sono indistinguibili. Nella

  • 34 Capitolo 1. Aspetti generali

    doppia fenditura linterferenza scompare non appena i due cammini diventano distinguibili.I quattro nodi qui presentati caratterizzano la fisica quantistica dal punto di vista qualitativo e pos-sono essere chiariti senza richiamare lintero formalismo matematico. Sono, pertanto, adatti come basi per un corso.

    2.2 Discussione sul processo di misuraLapproccio filosofico deve includere anche una discussione sul processo di misura in Meccanica Quantistica. Unanalisi pi approfondita mostra che tutte le difficolt interpretative hanno unori-gine comune nel processo di misura, che fa compiere il salto da un oggetto quantistico a un risul-tato di misura percepibile (in modo classico). Il problema centrale la spiegazione dellemergere di fatti classici dalla descrizione dello stato quantistico. Bohr, per esempio, part dallassunzione, che lapparato di misura deve essere descritto in modo classico, perch i risultati sono univocamente fis-sati e irreversibili. Von Neumann, daltro canto, insistette sul fatto che anche il processo di misura-zione deve essere parte della descrizione quantistica e deve ubbidire alla teoria quantistica. Quindi egli postul il cosiddetto Processo II, che determina i risultati di misura casuali, il postulato di ridu-zione o collasso della funzione onda. Una soluzione pi recente propone la decoerenza, laccop-piamento di un oggetto quantistico con un ambiente classico come meccanismo ponte. Tutti questi tentativi cercano una soluzione centrata sul reale stato di un oggetto quantistico e sullinforma-zione che pu essere ricavata su di esso.Gli oggetti classici possono essere considerati isolati da ci che li ci