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    e prospettive didattiche: il nuovo progetto di SIMNuovi orizzonti

    SCUOLA ITALIANAMODERNA R i v i s t a p e r l a s c u o l a p r i m a r i a

    E D I T R I C E

    LA SCUOLA

    settembre1 2014

  • Editoriale

    1n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    Una sfida e un atto damoredi Pier Cesare Rivoltella, Universit Cattolica del Sacro Cuore di Milano

    Con orgoglio ho assunto la direzione di SIM, la rivista di aggiornamento professionale pi antica dItalia (fu fondata da Giuseppe Tovini nellaprile del 1893). Lho assunta insieme come una sfida e un atto damore.

    La ricerca e la professioneLa sfida sta nellobiettivo di rilanciare il ruolo e la funzione di una rivista di aggiornamento profes-sionale sia in seno alla comunit scientifica che nella scuola. Provo a spiegarmi.Nel nostro Paese lUniversit si dotata di unAgenzia Nazionale per la Valutazione della Ricerca (ANVUR). Era doveroso. Il problema che, con essa la comunit scientifica si trovata a doversi confrontare con i parametri attraverso i quali la ricerca viene valutata a livello internazionale. Que-sti parametri escludono dal novero delle pubblicazioni scientifiche sia i manuali che le riviste di aggiornamento professionale. Questo significa che lo studioso, potrebbe non avere pi interesse a pubblicare su queste riviste. Ma quando la ricerca si fa nella scuola, con gli insegnanti che spesso sono loro stessi ricercatori non dovrebbe trovare il suo pi naturale luogo di ricaduta proprio nelle riviste a essi indirizzate? SIM nella sua nuova veste si avvale di un Comitato Scientifico di studiosi di Didattica che lavorano nei Corsi di Laurea di Scienze della Formazione Primaria, di coordinatori redazionali e di redattori che vengono dallUniversit e dalla scuola. Il significato di questa scelta duplice: superare la vecchia contrapposizione tra i teorici e i pratici, tra chi fa ricerca e chi in-segna; soprattutto lanciare una battaglia culturale perch nel caso della ricerca didattica le riviste di aggiornamento professionale certo, se serie e di valore si possano considerare uno degli sbocchi pi naturali della ricerca didattica stessa.Vengo allaltro aspetto della sfida. Le riviste di aggiornamento professionale si trovano oggi a dover ripensare la loro mission in un contesto sociale e culturale molto diverso da quello di un recente passato. Le informazioni, grazie alla diffusione del Web e dei suoi servizi, sono sicuramente molto pi disponibili. Gli insegnanti hanno sempre meno tempo da dedicare alla lettura per laggiorna-mento. Inoltre, lo sviluppo della cultura digitale ci ha abituati alla facile reperibilit di tutto: preva-le il cibo precotto se mi si passa la metafora al piatto cucinato. Da ultimo, la formazione degli insegnanti in crisi nel suo modello classico quello corsuale e di quel modello la rivista profes-sionale rappresentava un po lo strumento e il prolungamento (in analogia a quanto succede nella scuola per il libro di testo e la lezione). Il mio obiettivo e con me quello dei colleghi del Comitato Scientifico e della Redazione di riportare SIM al centro della vita professionale dellinsegnante di scuola primaria facendone allo stesso tempo uno spazio di aggiornamento, un insieme di servizi e un luogo di incontro, di scambio e di maturazione della propria professionalit. La rivista non pu giacere in biblioteca o in Direzione scolastica, buona per fotocopiarne le schede di programmazione: SIM deve tornare sulla cattedra di ogni insegnante, deve far attendere la sua prossima uscita, deve diventare uno strumento di lavoro insostituibile.

  • Editoriale

    2 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    Ridare valore allinsegnamentoLatto damore. nei confronti della scuola e dellinsegnamento come professione. In un tempo non lontano di sicuro ancora quando io ero bambino e frequentavo la scuola elementare il maestro era un intellettuale, una persona di cultura, era maestro/a di vita. Il suo valore e il suo riconosci-mento sociale erano straordinari: da lui/lei dipendeva la formazione dei cittadini di domani, nelle sue mani era il futuro del Paese, nel bene e nel male. A quella fase ne succeduta una seconda che, in tempo pi recente, ha portato il maestro a ripensarsi come un tecnico della scuola: un esperto, dotato di conoscenze e competenze disciplinari e didattiche. Il prestigio sociale era gi diminuito, il tipo di lavoro che gli si chiedeva era diverso. Oggi spesso il maestro non pi nemmeno questo. Occorre invertire la tendenza, tornando a pensare allinsegnamento come una professione alta, ri-scoprendo la vocazione profondamente culturale dellinsegnante. Lo dobbiamo in primo luogo ai nostri allievi. SIM intende accompagnare questo percorso, entrando nelle Universit, proponendo-si come strumento professionale ai nuovi maestri gi nel momento della loro formazione iniziale. Vuole provare a rendere migliore la scuola italiana.

    Il nuovo volto della rivistaSpinti da queste motivazioni ideali abbiamo pensato per SIM un nuovo formato che si ispira a tre grandi principi:1. laggregazione dei contenuti e delle risorse gi disponibili in rete. Nella societ dellinformazio-ne a volte superfluo aggiungere nuove informazioni: meglio selezionare e commentare quelle gi disponibili;2. la leggibilit dei testi. Ogni articolo potr essere letto a tre livelli: la titolazione come in un quo-tidiano ne consentir una comprensione sintetica, con un solo colpo docchio; un riassunto sin-tetico, contenuto in un box, ne costituir un primo approfondimento; la lettura estesa la compren-sione analitica;3. la disponibilit di materiali e strumenti in formato digitale in modo da poter essere immediata-mente personalizzati e utilizzati da ogni lettore.Sulla base di questi principi, la rivista si propone come un prodotto multimodale e multipiattafor-ma (disponibile nel Web e anche su app per tablet e smart-phone) composto di 3 grandi ambienti, in un certo senso tre riviste in una (di SIM-Pic si parla a pag. 3).Il primo di questi ambienti si chiama SIM-rev. la rivista vera e propria, che continuer per ora ad avere unedizione cartacea. Con cadenza mensile, in 96 pagine, ospita un editoriale e tre sezioni. Focus, la prima sezione, ogni mese porta lattenzione dellinsegnante su questioni rilevanti per la sua attivit didattica. organizzata in sei rubriche fisse: progettare, comunicare, valutare, studi di caso, sviluppo professionale, langolo del dirigente.Zoom, un dossier a tema, curato ogni mese da uno dei colleghi che compongono il Comitato Scientifico. la parte della rivista pi sintonizzata con la ricerca.Bookmark, infine, la sezione di recensioni. Ogni mese, oltre allappuntamento fisso con la norma-tiva, proporr allinsegnante un libro, unapplicazione, un blog didattico, un sito Web, un film che potrebbero interessarlo per laggiornamento o limpiego in classe. Il secondo ambiente SIM-kit la cassetta degli attrezzi digitale dellinsegnante. In essa si trovano: schede operative, contenuti didattici, casi di studio, strumenti per la valutazione, lesson plan, software e applicazioni. Progettata come un social network, preveder la generazione di un profilo da parte di ogni singolo insegnante, la taggatura e il commento dei materiali, la pi ampia interazione tra i partecipanti.SIM-flip lultimo ambiente di cui la rivista consta. In termini tecnici lo si definirebbe un feeder, un aggregatore. Prende le notizie (quelle professionali che riguardano la vita della scuola, la norma-tiva, linnovazione, ecc.) disponibili in rete e le compone in pagine sfogliabili (proprio come fanno Fliboard, o Current, per linformazione generalista in rete). La redazione di SIM ne cura la selezione.

  • 3n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    SIM-PIC

    Orizzontidi Serena Triacca

    RisorseA. Berthoz, La semplessit, Codice Edizioni, Torino 2011R. Barthes, La camera chiara, Einaudi, Torino 2003M. Ferrero, Perch bianco e nero, C CEDAS Magazine, 9 (2013).In Internet, http://goo.gl/L5z8TY

    SIM-Pic la gallery di foto-grafie, di cui la maggior parte inedite e scattate ad hoc1, che punteggia le pagine di ciascun numero della rivista. Le imma-gini hanno in comune lafferen-za a un tema specifico, di vol-ta in volta differente; non sono dunque utilizzate al fine di il-lustrare i contributi degli Au-tori e, per questo motivo, sono prive di didascalia. Luso del bianco&nero non una semplice scelta estetica, ma concettuale: scattare una foto in bianco e nero vuol di-re pensarla ab origine pri-va di colori. Occorre bilancia-re il peso compositivo di luci e ombre, valorizzare le silhouet-te, esaltare le geometrie, con-ferire drammaticit a un gesto colto nel suo naturale compi-mento. Significa affermare con forza in cosa il potere della fo-tografia consista: non nella ri-producibilit del reale, ma nel-la sua interpretazione, rielabo-razione, decodifica. Con Ferre-ro (2013) possiamo dire: La fotografia in bianco e nero [...] pi scultura, una forma darte che toglie alla materia origina-le per plasmare nuove forme. Il fotografo deve arrivare alla sin-

    tesi dellimmagine, togliendo fronzoli inutili che compliche-rebbero la lettura della foto, fa-cilitando linterlocutore al rag-giungimento dellessenza.Unoperazione, dunque, che consente il fronteggiamento della complessit del mondo e attesta limmagine come sem-plessa, per richiamare la con-cettualizzazione di Berthoz e alcuni dei principi da lui deli-neati (2011). Il principio del-la selezione guida sia il foto-grafo che losservatore: foto-grafare e osservare porzioni di mondo significa operare scel-te precise, proiettando inten-zioni e ipotesi su di esso. La fo-tografia, richiamando il prin-cipio di deviazione, favorisce una riduzione di complessit della realt, attraverso una rap-presentazione simbolica-sche-matica-analogica della stessa, attraverso lintroduzione di un dispositivo complesso che fun-ge da mediatore. Se con proces-si selettivi rischiamo di perde-re le informazioni disponibili,

    attraverso la ridondanza pos-siamo avere pi valutazioni at-traverso la triangolazione dei punti di vista (del fotografo, del soggetto/oggetto, del frui-tore): ci consente di cambiare il proprio sistema di riferimen-to e di prendere decisioni.Ma veniamo al tema di questo primo numero, gli orizzonti: seduti a gambe incrociate do-po aver raggiunto una cima o sul terrazzo di una vecchia co-struzione di un centro storico, essi non possono che richiama-re lampio respiro degli sguar-di, le visioni macroscopiche, la messa in prospettiva, lo slancio verso il futuro. Guardare loriz-zonte in questo modo ci d loccasione di cogliere il confi-ne fra cielo e terra senza sentir-ci troppo piccoli, ma con una disposizione di fiducia verso le infinite risorse del cuore e della mente umana. Intraprendendo questo nuovo cammino insieme, speriamo la scelta sia di buon auspicio.

    Per me, le fotografie di paesaggi (urbani o agresti che siano) devono essere abitabili,

    e non visitabili. [...] Dinanzi a questi paesaggi prediletti,

    come se io fossi sicuro di esserci stato o di doverci andare.

    R. Barthes (2003)

    1 Lautore, Davide Moncecchi, ha curato un foto-blog tra il 2007-2010 e attualmente pubblica i suoi scatti sul profilo Instagram (davidefuji). Fotografa con Canon 6D e Fujifilm X10.

  • Sommario

    4 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    DirettorePier Cesare Rivoltella

    RedazioneGloria [email protected]

    Comitato scientificoRenza Cerri (Universit di Genova)Floriana Falcinelli (Universit di Perugia)Luigi Guerra (Universit di Bologna)Alessandra La Marca (Universit di Palermo)Daniela Maccario (Universit di Torino)Elisabetta Nigris (Universit di Bicocca Milano)Achille Notti (Universit di Salerno)Loredana Perla (Universit di Bari)Pier Giuseppe Rossi (Universit di Macerata)

    Comitato di RedazioneProgettare: Simona Ferrari (Universit Cattolica di Milano)Comunicare: Alessandra Carenzio (Universit Cattolica di Milano)Valutare: Lorella Giannandrea (Universit di Macerata)Professione insegnante: Davide Parmigiani (Universit di Genova)Studi di caso: Elena Mosa (INDIRE di Firenze)Langolo del dirigente: Laura Fiorini (Dirigente scolastico del Liceo Maffeo Vegio di Lodi)Bookmark: Serena Triacca (Universit Cattolica di Milano)

    Autori in redazioneDaniele Barca, Stefano Bertora, Elena Borgnino, Giacomo Buonopane, Sonia Claris, Laura ComaschiCristina Cuppi, Mina De Santi, Clara Farina, Chiara Friso , Paolo Gallese, Rita Marchignoli, Laura Margutti Francesca Musetti, Donatella Musella, Francesca Panzica, Francesca Pascolini, Giuseppe Pelosi, Eva Pigliapoco, Fabiola Scagnetti, Nunzia Schiavone, Sabrina Sironi, Anna Soldavini, Isa Sozzi, Elena Valdameri, Elena Valgolio, Sergio Vastarella, Viviana Vinci, Evelina Zamboni, Ivano Zoppi, Lia Zunino

    Bookmark Bookmark si presentadi Serena Triacca, pag. 6Religione 2.0di Chiara Friso, pag. 18Navighiamo insieme il sito di Indiredi Isa Maria Sozzi, pag. 49Google Drivedi Serena Triacca, pag. 61Fare didattica con gli EAS

    di Serena Triacca, pag. 69Scuola Cantiere?di Mario Falanga, pag. 94

    Risorse webInserite alla pagina 60

    Sim-picOrizzo

    nti

    di Serena Tria

    cca, pag. 3

    EditorialeUna sfida e un atto damoredi Pier Cesare Rivoltella, pag. 1

    La gallery di SIM-Pic disponibile sul sito, nella sezione Materiali didattici per abbonati

  • 5n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    Progetto grafico e impaginazioneOvertime di Olivia Ruggeri Produzione e Editing fotografico SIM-PICDavide MoncecchiSegreteria di RedazioneAnnalisa Ballini [email protected] e Area WebProgettazione e Sviluppo Editrice La ScuolaIllustrazioni di copertinaFotoliaScuola Italiana Moderna, mensile per la scuola primariaAutorizzazione del Tribunale di Brescia n. 12 del 4 febbraio 1949ISSN 0036-9888Quote di abbonamentoAbbonamento annuo 2014-2015Italia: 60,00Europa e bacino del Mediterraneo: 105,00Paesi extraeuropei: 129,00Il presente fascicolo: 8,00Abbonamento digitale: 39,00 (iva incl.)(istruzioni dettagliate sul sito dellEditrice La Scuola o presso lUfficio Abbonamenti)Conto corrente postale n 11353257 (riportare nella causale il riferimento cliente)Attenzione: informiamo che lEditore si riserva di rendere disponibili i fascicoli arretrati della rivista in formato digitale (PDF).I fascicoli respinti non costituiscono disdetta.Ufficio Abbonamenti (con operatore dal luned al venerdnegli orari 8.30-12.30 e 13.30-17.30;con segreteria telefonica in altri giorni e orari)Tel. 030 2993 286 Fax 030 2993 299e-mail [email protected] MarketingTel. 030 2993 290e-mail [email protected], Redazione, Amministrazione, UfficiEDITRICE LA SCUOLA S.p.A.via A. Gramsci 26, 25121 BresciaStampaVincenzo Bona S.p.A., 1777 TorinoContiene I.P.

    ZoomObiettivo EAS

    di Piercesare Rivoltella,

    pag. 72

    Fare didattica con gli

    EASdi Elena Valgolio, pag. 73

    Lavorare con gli EAS a

    scuoladi Rita Marchignoli, pag. 76

    Come si costruisce

    un episodio di

    apprendimento

    situatodi Alessandro Sacchella,

    pag. 79

    Come utilizzare

    gli EAS per la

    programmazione

    di Stefano Bertora, pag. 85

    LEAS come forma di

    documentazione

    di Sergio Vastarella, pag. 88

    SIM KITdi Paola Amarelli, pag. 91

    FocusProgettareProgettare la lezionedi Simona Ferrari, pag. 8Lesson planningdi Simona Ferrari, pag. 13

    ComunicareComunicare lazione didatticadi Alessandra Carenzio, pag. 20

    Comunicare con i: mediadi Alessandra Carenzio, pag. 25

    ValutareValutare per la competenzadi Lorella Giannandrea, pag. 30

    Oltre il votodi Lorella Giannandrea, pag. 33

    Professione insegnanteViaggiare tra le classi di Davide Parmigiani, pag. 39Fare ricerca in classedi Davide Parmigiani, pag. 44

    Studi di casoPerch, come, dove innovaredi Elena Mosa, pag. 51Scuole Senza Zainodi Elena Mosa, pag. 55

    Angolo del dirigenteOrganizzare per di Laura Fiorini, pag. 63Istruzione domiciliaredi Laura Fiorini, pag. 66

  • Bookmark

    6 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    Presentazione

    Bookmark si presentadi Serena Triacca, Universit Cattolica del Sacro Cuore di Milano

    cui ci si era fermati, i segnali-bri ci aiutano a tornare con fa-cilit, anche a distanza di molti anni, a quei passi che abbiamo ritenuto significativi.Da allora sino ai giorni nostri, possibile ricostruire una ve-ra e propria evoluzione dei se-gnalibri (Gatta 1996) che ve-de nei bookmark digitali il suo culmine: i Segnalibri di Mozil-la Firefox, i Preferiti di Inter-net Explorer, Google Chrome, Safari ci permettono infatti di marcare le risorse Web che vogliamo assolutamente ritro-vare o che semplicemente cor-rispondono agli indirizzi a cui

    Diventava difficile tenere a mente tutte le cose

    che non sapevo.J. Safran Foer, Molto forte, in-credibilmente vicino, Guanda,

    Milano 2011, p. 174.

    Osservando attentamente lim-magine di San Girolamo, di-pinto a olio di Albrecht D-rer (1521), si noteranno delle sottili striscioline di stoffa ros-sa fare capolino dai volumi: si tratta, come ben si pu imma-ginare, di segnalibri. Utili per non perdere il segno e ripren-dere la lettura senza mandare a memoria il numero di pagina a

    pi assiduamente accediamo. Chi oggi, navigando in Inter-net, non se ne serve? cos fa-cile salvare ci che ci interes-sa che, spesso, il risultato otte-nuto una lista infinita di si-ti divenuti difficili da reperire e riutilizzare: un p come se il ricco mare magnum della Re-te si fosse stabilito, in versione ridotta, allinterno del nostro computer.Ecco dunque la sfida lanciata a Bookmark, nuova sezione di Scuola Italiana Moderna: selezio-nare risorse digitali e non, utili allaggiornamento professionale dellinsegnante e degli studenti

    Albrecht Drer, San Girolamo, 1521. Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga

  • Presentazione

    7n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    le a Fare didattica con gli EAS. Episodi di apprendimento situati (Rivoltella 2013), testo che for-nisce agli insegnanti un quadro concettuale e una proposta me-todologica per integrare i di-spositivi mobili nella didattica.

    Recensioni di siti utili allo sviluppo professionaleIn ottica di lifelong learning, oltre alle iniziative formative tradizionalmente intese, oggi linsegnante grazie a Internet pu accedere a specifici por-tali in cui curare lo sviluppo della propria professionalit e indirizzare il proprio aggior-namento, grazie anche al con-tatto con altri colleghi. Il sito presentato in questo numero quello dellIstituto Naziona-le di Documentazione, Inno-vazione e Ricerca educativa del MIUR (Indire).

    Recensioni di blog didattici per la scuola primariaUn blog una particolare tipo-logia di sito Web in cui i con-tenuti vengono visualizzati in forma cronologica inversa. Non nascono per la scuola, ma la gratuit, la facilit duso e la

    di Scienze della Formazione Pri-maria, proposte nel formato del-la recensione; rientra inoltre in Bookmark un appuntamento fisso con la normativa, presenta-ta e commentata da un esperto. Sei saranno i segnalibri che tro-veranno spazio in ogni numero della rivista e saranno ricono-scibili grazie allimmagine di un nastrino rosso posta in te-sta alle pagine. Li presentiamo in breve qui di seguito.

    Recensioni di applicazioni didatticheVerr data attenzione a softwa-re per computer o LIM, app per tablet, servizi per la creazione di blog o siti Internet, applica-tivi del Web 2.0. A questultima categoria afferisce Google Dri-ve, recensito in questo primo numero. Le applicazioni 2.0, in buona parte dei casi gratuite seppur con alcune limitazioni, ben si prestano a essere adotta-te nel lavoro con la classe: faci-lit duso, autorialit, socialit possono essere infatti conside-rate le marche duso della di-dattica 2.0 (Rivoltella - Fer-rari 2010, p. 84). La recensio-ne si sviluppa in unagile sche-da, corredata da immagini e un glossario contenente i termini tecnici che oggigiorno risulta fondamentale padroneggiare.

    Recensioni di libri sulla didatticaOggetto di approfondimen-to saranno testi per laggiorna-mento, manuali, guide didatti-che, sussidiari. Il primo nume-ro riserva uno spazio specia-

    possibilit di inserire contenuti multimediali ha fatto in modo che per molti insegnanti dive-nissero veri e propri ambienti di lavoro. Religione 2.0 il pri-mo blog che approfondiremo.

    Recensioni di film da utilizzare in classeDa tempo il cinema impiegato con funzione didattica ed pos-sibile servirsene sia come pre-testo per introdurre un periodo storico, un tema, una proble-matica (educare con il cinema) sia per farne un vero e proprio oggetto di analisi (educare al ci-nema). Le recensioni vogliono propor-si come risorse per leducatore che voglia permettere ai propri alunni di accostarsi a una cer-ta tematica tramite il linguaggio filmico, suggerendo alcune pi-ste didattiche.

    Appuntamentocon la normativaUltimo ma non meno impor-tante, lappuntamento mensi-le con la normativa scolastica (leggi, note ministeriali, cir-colari, decreti...), presentata e commentata da un esperto.La sezione Bookmark, cu-rata dal Coordinatore di se-zione, ospiter anche le recen-sioni giunte in Redazione dal-la Community degli insegnan-ti che si aggregheranno attorno a SIM-kit, la cassetta degli at-trezzi digitale dellinsegnan-te, che permetter lupload e il download di materiali digitali che potranno essere commen-tati e taggati.

    RisorseM. Gatta, Piccola storia del segnalibro, Colonnese, Napoli 1996J. Safran Foer, Molto forte, incredibilmente vicino, Guanda, Milano 2011P.C. Rivoltella - S. Ferrari (a cura di), A scuola con i media digitali, Vita e Pensiero, Milano 2010

  • Progettare

    Focus

    8 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    analisi e pianificazione di un cambiamento (sia che questo sia declinato in termini di ap-prendimento, sia in chiave di modifiche alla struttura orga-nizzativo-didattica decisa dal-linsegnante), al fine di formu-lare delle ipotesi sulle relazio-

    La cornice: progettazione come designLa cornice progettuale allinter-no del quale si muovono i di-versi contributi di questa anna-ta data dallassunzione dellap-proccio sistemico-costruzioni-sta come il pi idoneo a render conto della globalit dei proces-si che interessano la classe e la scuola pi in generale. Leggere il processo di insegna-mento-apprendimento in que-sta prospettiva significa porsi in posizione di ascolto e di osser-vazione del sistema di relazioni e di significati a esse attribuiti, consapevoli di quanto la sogget-tivit del docente-progettista che interagisce con il sistema-classe costruisca significati e connes-sioni relazionali ulteriori. Lazione progettuale diventa un sistema integrato di attivit di

    Progettare tra insegnamento e apprendimento

    Progettare la lezioneLa lezione come azione di design da parte del docente. Le tipologie di lezione tra vecchio e nuovo.di Simona Ferrari, Universit Cattolica del Sacro Cuore di Milano

    ni significative che sostengono i processi di insegnamento e di apprendimento e che li posso-no favorire od ostacolare. Di fronte a un cambiamento che si verifica in classe il do-cente ha il compito di osservar-lo, rilevarlo e interrogarsi sulle possibili relazioni che si creano tra i vari sistemi implicati non ricercando legami di tipo mec-canico.Per valutare lefficacia della progettazione didattica, occor-re formulare delle ipotesi che nascono nei contesti e non si chiudono sul singolo (a cui troppo spesso vengono attribu-iti in modo esclusivo i meriti o demeriti degli apprendimenti riusciti o mancati). Le doman-de sistemiche ci possono gui-dare in tale lavoro (cfr. Box 1).In questa cornice di sfondo oc-corre recuperare innanzitutto il cambiamento di concettua-

    Tra i tanti oggetti su cui concentrare lattenzione progettuale del docente si scelto il tema della lezione a cui dedicare i contributi di questa annata. La lezione da sempre stata il cuore (Lombardo Radice 1954; Agosti 1967) del processo di insegnamento per generare apprendimento. Convinti che la lezione sia fonda-mentale per il buon apprendimento, le evidenze mettono in luce come ne sia riduttivo lutilizzo fatto dai do-centi e come, oggi, risulti difficile impattare sugli studenti attraverso questo metodo.Progettare la lezione una competenza necessaria del docente; opera di trasposizione e rappresenta un esercizio collettivo la cui efficacia dipende dalla sintonia che riesce a crearsi tra linsegnante da un lato e gli intenti e le espressioni dei membri della classe dallaltro (Bruner 2013).

  • Progettare

    9n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    La seconda evidenza parte dai risultati dellItalia nelle prove INVALSI e dai livelli di disper-sione scolastica del nostro Pa-ese (sfioriamo il 20% e siamo lontani dagli obiettivi di Euro-pa 2020). Di fronte a una scuola espul-siva (Rivoltella 2014) e alle prestazioni dei nostri studenti, la progettazione assume come parola chiave lo sviluppo di ap-prendimento significativo caro a Vygotski e Bruner.Infine il richiamo europeo e Ministeriale al tema della com-petenza come oggetto della progettazione. E si sa, quando si parla di competenze e si vuo-le mobilitarle o svilupparle non possibile fermarsi a pro-gettare solo il livello del sape-re ma occorre lavorare sul sa-per agire.Queste tre evidenze registra-te dai teorici, hanno portato a concettualizzare la progetta-zione dellinsegnamento come unopera di design. Linsegnamento non una scienza teorica che descriva e spieghi i diversi aspetti del mondo naturale e sociale. As-somiglia di pi a quel tipo par-ticolare di scienze, come lin-gegneria, linformatica, o lar-

    lizzazione nei confronti del-la progettazione che vediamo emergere sia in letteratura, sia nei contesti scolastici.Tre sono le evidenze che met-tono in luce questo nuovo ap-proccio: il passaggio dai contenuti al-le attivit; la centralit dellapprendi-mento significativo; la centralit delle competenze.Come ben sappiamo, nella so-ciet attuale non pi un pro-blema possedere e immagazzi-nare le informazioni (compi-to impossibile proprio per la quantit e variet di informa-zione disponibile) e il sapere non pi il tratto distintivo del maestro. Ci che viene chiesto sia al maestro che allo studen-te formato la capacit di trat-tare queste informazioni: dalla ricerca selettiva, alla valutazio-ne, al trattamento, alla rielabo-razione e riproposta in chiave personale. In poche parole ol-tre a essere un attento lettore egli anche un autore respon-sabile del trattamento informa-tivo. Posso sviluppare questa capacit critica solo passando da una progettazione didattica centrata sul contenuto dove la programmazione veniva valu-tata proprio in base alla capaci-t di organizzare un sapere, co-municarlo, farlo memorizzare e verificarlo nel corso dellanno a una progettazione in cui lat-tivit loggetto di lavoro del docente. Come posso favorire un pro-cesso di appropriazione e di operazionalizzazione nei miei studenti? Questa diventa la do-manda guida dellazione pro-gettuale.

    chitettura, il cui compito di rendere il mondo un posto mi-gliore: una scienza di design (Laurillard 2012; 1). La fun-zione della scuola di fare ope-ra di design culturale (Rivol-tella 2013) intendendo proprio il lavoro di recupero delle ri-sorse di significato disponibili, di attivazione di processi di co-struzione di significati (attra-verso azione di analisi, smon-taggio e rimontaggio di oggetti culturali) e rimettendo in cir-colo i significati che si erano trovati dopo averli rielaborati.

    Fare opera di design culturaleCosa consente ladozione di ta-le approccio? Di seguito alcune indicazioni pratiche ogni volta che si pro-getta provando a fare opera di design. Linsegnante che decide di a -dottare questa prospettiva do-vrebbe prestare attenzione a:1. progettare situazioni in cui fare significato insieme con i propri studenti; trasformare lapprendimento grazie allat-tivazione di processi multimo-dali che consentono di svilup-pare connessioni e relazioni

    Domande sistemicheChe tipo di relazione intercorre tra i dati-informazioni che ho raccolto? Quali processi ho potuto osservare? Quali significati i singoli (sia docente che studenti) attribuiscono a tali processi e agli eventi avvenuti in classe? Quali percezioni e quali vissuti in merito?Quali scambi comunicativi sono stati attivati? Quali informazioni sono state scambiate e soprattutto quali processi di negoziazione del significato?Che relazione ipotizzo tra ci che ho osservato sul singolo, sottogruppo o gruppo classe e lapprendimento che ho verificato? Che possibilit abbiamo come docenti di migliorare i processi attivati agendo sulla significativit della relazione tra le azioni progettate e quelle implementate?

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  • Progettare

    10 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    (Kalantzis e Cope 2012), che situino lapprendimento den-tro contesti complessi, che ri-escano a unire gli apprendi-menti formali richiesti dal-la scuola con quelli informali maturati dagli studenti in altri contesti;2. generare apprendimento esperienziale, attivo e critico, anticipatore; un apprendimen-to che viene decisamente con-trapposto a quello proposto dalla scuola skill-and-drill (Gee 2003), basata sulla memorizza-zione dellinformazione spesso decontestualizzata;3. progettare lattivazione del-la zona di sviluppo prossima-le negli studenti (Vygotskij 1978), di processi metacogni-tivi e di azioni di transfer (cfr.Box 2);4. sostenere processi di narra-zione (Bruner 2003). Ripren-diamo Bruner per comprende-re il potenziale della narrazio-ne ai fini dellapprendimento: la narrativa in tutte le sue for-me una dialettica fra aspetta-tiva e avvenimenti [] non-ch un invito a formulare pro-blemi, non una lezione su co-me risolverli. Grazie a que-ste caratteristiche consente di promuovere il processo di co-

    noscenza non tanto della real-t ma del rapporto tra questa e il soggetto, in relazione con il suo s e le proprie esperienze. Attivando il processo di rac-conto di noi, riusciamo a com-prenderci e condividendo le narrazioni favoriamo lappren-dimento reciproco.

    Oggetto del design del docente: la lezioneLoggetto delle attenzioni pro-gettuali proprio la lezione.In tale cornice, lazione proget-tuale della lezione vista come il tempo del pensare, il motore dellagire educativo (Brandani, Tomisich 2005).Nel corso dellanno, vedremo come la progettazione della le-zione non sia altro che azione di design dellitinerario educa-tivo caro a Pellerey guidato da intenzionalit (intesa come ca-pacit di calarsi nellottica di una educazione formale ma in grado di collegarsi agli appren-dimenti informali) e da siste-maticit (ossia non pu esse-re evasivo o procedere per salti ma costruito e organizzato).Perch proprio la lezione?Due sono le motivazioni che ci hanno spinto.

    La prima legata alla rappre-sentazione sociale che si ha della lezione e alla scarsa cono-scenza tecnica in merito. La seconda al ruolo fondamentale che essa gioca nel processo di apprendimento.Partiamo dal primo aspet-to: diamo per scontato che un maestro sappia fare lezione. Basta pensare a come abbiamo imparato a fare lezione. Sicuramente per tutti vale un primo criterio di apprendimen-to: per modeling, ossia vedendo dei bravi maestri agire la le-zione. Ovviamente facciamo riferi-mento a criteri personali, al nostro punto di vista per espri-mere tale giudizio (abbiamo imparato e quindi stato un bravo maestro; emotivamen-te sentivamo vicino/lontano lo stile presentato e abbiamo pro-vato a riprodurlo o ce ne siamo distanziati; ci siamo sentiti ri-conosciuti, ecc.). Tale criterio resta valido, il meccanismo del modellamento alla base dellapprendimen-to ma non basta da solo a svi-luppare apprendimento critico anche perch se tale azione di analisi riflessiva non viene re-sa esplicita rimane legata forte-mente alla soggettivit (il mae-stro stato bravo solo con me o lo stato anche con gli altri miei compagni?).Un secondo elemento lega-to allapprendimento per espe-rienza: ho imparato a fare le-zione provando e riprovando, elaborando sul campo le stra-tegie di fronteggiamento e ge-stione della classe. Anche in questo caso occorre passare dalla pratica alla teoria per ren-

    TransferRecuperando le indicazioni di Gee (2013), possiamo verificare lattivazione di transfer quando : chi apprende si rende conto che una strategia precedentemente valida non funziona; chi apprende trasferisce abilit acquisite basandosi su analogie tra lesperienza passata e il nuovo problema; chi apprende capisce che non ci sono soluzioni adatte a tutti i problemi, ma serve creativit; chi apprende usa ci che scopre mentre sperimenta una strategia nuova (rifletto mentre agisco).

    ox 2B

  • Progettare

    11n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    dere esportabile le conoscen-ze acquisite, poterle condivide-re, attivare processi riflessivi al fine di comprendere meglio i cambiamenti agiti per neces-sit e sopravvivenza.Una terza via legata a un ap-prendimento pi formale, legato allaver acquisito un metodo du-rante la nostra formazione co-me futuri insegnanti o nei corsi di aggiornamento. In questo ca-so la scarsa attenzione dedicata dalla formazione alla lezione, il limitarsi prevalentemente a un paio di tipologie, la scarsa ricer-ca di evidenze su cui costruire sapere, mettono in dubbio che sia sviluppata una competenza specifica in tali corsi.Ne prova come nel 1994 la Rilevazione sullattuazione dei

    programmi didattici per la scuola primaria abbia mes-so in luce il prevalere della le-zione frontale a scapito di altri metodi, come manchino studi su quanto tempo viene dedica-to nella scuola a fare lezione, su come i diversi tipi di lezione impattino diversamente su ap-prendimento, memoria, moti-vazione.A questo si aggiunge la rappre-sentazione sociale: se pensia-mo alla lezione pensiamo (re-cuperando Gromi in Guasti 2002) tre cose: i riti (di inizio e fine), la spiegazione, linter-rogazione. Il fare lezione viene riduttiva-mente legato a una trasmissio-ne di informazione ai fini della memorizzazione, in cui la cat-

    tedra assume una valenza si-gnificativa del diverso posizio-namento comunicativo e dei ruoli.Tale idea di lezione fortemen-te legata al nostro contesto cul-turale e non uneredit del passato.Non certo la struttura che aveva la lezione dei Sofisti che per insegnare dialettica e retorica memorizzavano il di-scorso di un maestro (attiva-vano forme di apprendimen-to per ripetizione e per mo-deling), lo analizzavano dal punto di vista delle forme del discorso (learning by doing) e evidenziavano argomenti uti-li in futuro (apprendimen-ti contestualizzati e riconte-stualizzati).

  • Progettare

    12 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    Non lo erano nemmeno le le-zioni che si modificano a se-guito dellintroduzione di te-sti scritti, dove il maestro fa si sintesi dei contenuti ma co-me punto di partenza del con-fronto con testi posseduti dagli alunni. Lazione di confronto avviene sui testi e non sulle parole in questi quattro passaggi (Gromi ivi): lettura, memorizzazione, esegesi, giudizio. Lazione di memorizzazione che resta fon-damentale per lapprendimen-to comunque finalizzata allo sviluppo di capacit critica.Con il Medioevo lesercizio pra-tico del fare lezione da parte dello studente assume rilevan-za: solo attraverso la presenta-zione di una tesi e la sua discus-sione consente di apprende-re un metodo. La lezione come lectio era comunque una lettu-ra con commento mai solamen-te frontale, dove il dialogo ma-estro-alunno rimaneva fonda-mentale.

    Approccio costruttivistaLapproccio costruttivista, in contrapposizione al dualismo soggetto conoscente/oggetto conosciuto, ipotizza la realt come dimensione intra e intersoggettiva e, quindi, come tale, conoscibile solo a partire dai soggetti e dai costrutti attraverso i quali essi la costruiscono. La conoscenza intesa come qualcosa che accade nella mente del soggetto che apprende, viene ripensata come una attivit di costruzione negoziata dei significati; allapprendere individuale subentra dunque la concezione dellap-prendimento come compito sociale. Per tale approccio soggetto e oggetto non sono indipendenti n esterni uno allaltro e la conoscenza possibile a partire dalla prospettiva dialogica/dialettica ed ermeneutica/interpretativa. Non pi importante, quindi, giungere a definire la realt come oggettivamente esistente ed esterna, ma diventa importante conoscere le moda-lit interpretative e i costrutti con cui il soggetto legge tale realt (teoria critica e storica) o la costruisce (costruttivismo).Apprendimento significativoSe dovessi condensare in un unico principio lintera psicologia delleducazione direi che il singolo fattore pi importante che influenza lapprendimento sono le conoscenze che lo studente gi possiede. Accertatele e comportatevi in conformit nel vo-stro insegnamento. (D.P. Ausubel 1968). Ausubel parla di apprendimento significativo distinguendolo da quello meccanico nel quale lacquisizione delle informazioni avviene tramite procedimenti meramente ripetitivi senza trovare alcuna connessione con le conoscenze pregresse. In quello significativo, invece, le informazioni acquisite vengono efficacemente integrate con la struttura cognitiva del soggetto e riorganizzate. Novak riprende le teorie di Ausubel e vede nelle mappe concettuali gli stru-menti pi adatti per stimolare gli studenti a mettere in pratica i principi dellapprendimento significativo, in quanto u rappre-sentazioni della conoscenza in grado di far emergere la struttura della conoscenza e di porla in connessione con le conoscenze pregresse dellalunno: Lapprendimento significativo alla base dellintegrazione costruttiva di pensieri, sentimenti e azioni e induce allempowerment finalizzato allimpegno e alla responsabilit (D. Novak 1998).

    lossarioG

    RisorseC. Freinet, La scuola moderna, Loescher, Torino 1963J. Bruner, La cultura delleducazione. Nuovi orizzonti per la scuola, Feltrinelli, Milano 2001J.P. Gee, Come un videogioco. Insegnare e apprendere nella scuola digitale, Raffaello Cortina, Milano 2013D. Laudrillard, Teaching as a Design Science: Building Pedagogical Patterns for Learning and Technology, Routledge, London 2012 P.C. Rivoltella, Nuove sfide tra i banchi. Linguaggi giovanili e culture digitali, in Dialoghi, 2 (2014), pp. 66-71L. Vygotskij, Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche, 10 ed., Laterza, Roma-Bari [1990] 2007

    Nel 1700 si conferma linterat-tivit della lezione (che nella metodologia di La Salle re-legata solo al catechismo) do-ve il maestro coordina, super-visiona, assiste il lavoro degli studenti.

    Dunque quando troviamo la lezione nel suo senso pi tra-smissivo? Nel XIX secolo: cattedratica, lunga spiegazione con metodo deduttivo. Se recuperiamo dunque la sto-ria, le tipologie, le ricerche ci accorgiamo di come sia neces-sario ripartire proprio dal Me-todo della lezione per attiva-re lapprendimento, attivando unadeguata opera di design su di essa.Crediamo fermamente che la lezione sia opera di trasposi-zione (Rivoltella, Rossi 2013) e rappresenti un esercizio col-lettivo la cui efficacia dipende dalla sintonia che riesce a cre-arsi tra linsegnante da un lato e gli intenti e le espressioni dei membri della classe dallaltro (Bruner 2013). Proveremo a motivare ed esem-plificare nel corso dellanno questa convinzione, fornendo indicazioni per un buon lavoro di design.

  • Focus

    13n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    ProgettareProgettare le tipologie di lezione

    Lesson planningLe tipologie di lezione, punti di forza e criticit, il lesson planning di Simona Ferrari, Universit Cattolica del Sacro Cuore di Milano

    Progettare la lezione una competenza necessaria, richiede la conoscenza del metodo, delle diverse tipo-logie ed effetti, delle possibilit che si aprono. Occorre partire dallintrodurre le diverse tipologie di lezio-ne per analizzarle, da un lato, con lobiettivo di recuperare i contributi dellattivismo pedagogico (Dewey) e di alcuni maestri della lezione (Freinet, Don Milani) e, dallaltro, cercando di comprendere meglio quali tra queste tipologie si pongano come maggiormente adatte a intercettare gli stili dei nativi digitali. In parti-colare proveremo a comprendere due parole chiave dellattuale scenario didattico: il microlearning e la flip-ped lesson. Tale lavoro consentir di giungere al lesson planning, uno strumento utile per progettare spazio, tempi e contenuti della lezione del docente di oggi.

    La lezioneProgettare la lezione una competenza necessaria per qualsiasi docente; richiede la conoscenza del metodo, del-le diverse tipologie ed effetti, delle possibilit che si aprono adottando tipologie differenti di lezione.Per sviluppare tale competen-za occorre recuperare elementi che consentano di saper analiz-zare i diversi formati. Provia-mo, prima di tornarci nel corso dellanno con affondi ed esem-pi, a individuare le specificit di ciascuna tipologia in chiave di supporto allapprendimento, mettendo in luce i punti di for-za e quelli di debolezza per ca-pire come intervenire in situa-zione didattica.Che cosa intendiamo con le-zione? La lezione il luogo del-la comunicazione tra docente e allievo; recuperando questa de-

    finizione ci rendiamo conto fin da subito di come il suo valore didattico non sia messo in di-scussione. Lo invece limprovvisazio-ne in cui spesso si incorre, la non progettazione di questo momento perch ci si basa sul-la padronanza del contenuto e sul dare per scontato che una buona lezione gi svolta in una classe possa essere riprodotta in altri momenti o contesti.Purtroppo spesso, quando si pensa alla lezione, si pensa alla lezione frontale e la si connota con un significato negativo. In realt, come vedremo, spesso utile e necessario tornare alla lezione frontale. Ci che viene contestato il verbalismo (Gua-sti), quando questo, allinterno dellattivit didattica: porta al centro il contenuto; non tiene conto del ciclo di attenzione;

    non consente di lasciare spa-zio alla costruzione dellobie-zione; la parola assume importan-za sovraesposta rispetto ad al-tri codici; viene ridotto, se non annul-lato, lo spazio allindividualiz-zazione, ossia interessi e cu-riosit, bisogni, rispetto dei tempi personali e degli stili cognitivi; non viene dato spazio al con-fronto sociale necessario per lapprendimento.Questi criteri con cui inizia-re a rivedere le proprie moda-lit di fare lezione non sono nuovi. Erano gi stati indica-ti dallattivismo. Nel rimette-re al centro dellagire didatti-co il soggetto che apprende, diversi autori avevano prova-to a ridurre le distorsioni che la lezione frontale poteva as-sumere.

  • Progettare

    14 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    Giusto per chiarire, richiamia-mo alcune delle diverse moda-lit con cui si provava a creare scuole nuove anche perch ci fanno capire come il proble-ma di rinnovare la scuola o di confrontarsi con studenti diversi dal passato non sia so-lo un problema dei docenti di oggi. Infatti troviamo il metodo per problemi con Dewey, i cen-tri di interesse con Decroly, la dilatazione dello spazio/tempo della scuola per favorire lespe-rienza diretta con la Pizzigo-ni, il bambino artista sponta-neo per provare a mettere in continuit scuola-famiglia con Boschetti Alberti, lattivit li-bera e partecipata di Agazzi, la scuola-citt Pestalozzi, la sto-ria delle cose di Cousinet, il tatnnement di Freinet.Pur nella loro differenza di me-todo, tutti questi autori sono accomunati nel tentativo di rendere la scuola capace di ri-spondere alle sfide complesse che la societ portava (e pos-siamo dire porta) e riconosciu-ta capace di creare cultura con ladozione dei principi della scuola attiva (cfr. Box 1).Lesigenza quindi di animare la lezione sempre stata esi-genza del docente, non solo di quello che si confronta con il

    nativo digitale. Lintento di questo contributo di provare a mettere ordine nel mondo va-riegato della lezione per forni-re al docente elementi con cui analizzare e riflettere sul pro-prio stile e capire dove interve-nire per renderla efficace. Gra-zie a un attento lavoro di pro-gettazione possibile raggiun-gere tale risultato.La premessa infatti legata alla personale convinzione che una buona lezione non altro che un esercizio di metodo, eser-cizio di tecnica. Gi Titone nel 1975 richiama-va questa impostazione: la le-zione integrale la sintesi tra istanza logica e psicologica, si-nergia tra intellettto, affettivit, memoria, sensazioni, imma-ginazione, volizione ed esecu-zione motoria. Gi allora pro-poneva uno schema tecnico in 3 fasi: si parte dallorienta-mento iniziale, si passa dalla ricerca e analisi e si arriva al-la sintesi finale. Per Frey ta-le triade era organizzata a par-tire dalla Regola (inquadra-mento generale, esposizione e ripetizione con altre paro-le) per giungere allEsempio (elaborazione, dettagli, colle-gamenti) e tornare alla Rego-la (ricapitolazione, ripetizione

    dellintervento iniziale). Non ci richiama la tripartizione del-lEAS?

    Tipologie di lezioneMa procediamo con ordine; partiamo dalle diverse tipolo-gie di lezione. Anche se quan-do pensiamo alla lezione ci vie-ne in mente quella frontale, esistono svariate tipologie di lezione in base a:1. livello di comunicazione: si va dalla lezione frontale (do-cente che comunica), a quel-la dialogata (bidirezionale), a quella partecipata (gli allievi sono gli attori e il docente il regista);2. tipologia di metodo su cui si basa (proposta da Tessaro): dal metodo puro (trasmissione in-formativa), a quello interroga-tivo, a quello riflessivo, a quel-lo partecipativo;3. tipologia di compito (pro-posta da Cambi): lezione pro-pedeutica o di sintesi, lezione esposizione, lezione elabora-zione, metodo misto.Nel pensare e leggere i diver-si tipi di lezione che vedremo nel corso dellanno ricorriamo a uno schema di analisi basato sulla logica con cui viene pen-sata (progettata) la lezione. Ci troviamo cos di fronte a tre modalit: deduttiva, induttiva, per problemi.La prima modalit di lezione procede per logica deduttiva. Il ciclo deduttivo si articola in: premessa, affronta principi ge-nerali, sviluppa gli argomenti, giunge a conseguenze pratiche ed esemplifica.Al centro della lezione trovia-mo il contenuto (materia, parte

    Principi della scuola attiva cos come sono stati codificati nel Primo Congresso internazionale delleducazione nuova (Calais 1921) per merito di Ferriere:1. consentire lespressione dellenergia vitale del fanciullo;2. rispettare le singole individualit;3. far emergere gli interessi e attivare esperienza diretta;4. prestare attenzione alle fasi di sviluppo;5. proporre occasioni in cui incrementare un atteggiamento cooperativo;6. attivare processi di coeducazione;7. educare luomo e il cittadino.

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  • Progettare

    15n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    del programma, oggetto di stu-dio) che viene sviluppato attra-verso un processo analitico e reso sempre pi complesso. La logica del docente espositiva: trasmette conoscenze, parafra-sa o supporta il manuale, orga-nizza un sapere in modo da fa-vorire la comprensione e la me-morizzazione.Il processo che si attiva, a parti-re dalla spiegazione, quello di tornare a una fase individuale di studio e/o approfondimento ulteriore e di verifica. La cen-tratura sul singolo allievo che sviluppa il suo processo di re-lazione con loggetto in modo personale.La relazione alunno-docente di tipo asimmetrico. Al docen-te richiesto un uso calibrato della parola, intesa come chia-rezza espositiva, spiegazione completa, padronanza del lin-guaggio specifico, gestione del tempo, capacit di offrire spun-ti di riflessione per la fase di appropriazione individuale del contenuto.Proviamo a evidenziare i van-taggi della lezione di tipo de-duttivo perch questi vantag-gi ci guidano anche in chiave di scelta di questa modalit. In particolare tale lezione consen-te di: presentare molte informazio-ni in un tempo ridotto; rendere omogenee le cono-scenze tra gli alunni; fornire strumenti interpreta-tivi in poco tempo.Gli aspetti negativi di tale mo-dalit sono invece legati a: crea processi di dipendenza tra docente e alunno; genera atteggiamento passivo in chi ascolta;

    scarsa considerazione dei rea-li livelli di attenzione; assenza di feedback al docen-te sui livelli di apprendimento o sulle sue modalit di insegna-mento.A cui si aggiungono quelli in-dicati da Damiano: la necessaria presa di distanza dallesperienza; la natura realistica della pa-rola; il rapporto che si crea tra suggestioni della parola orale e comprensione effettiva; la trasposizione data per scontata (si pensa che il lavo-ro di raccolta, organizzazione e strutturazione fatto dal docen-te nella progettazione della le-zioni diventi automaticamente patrimonio del discente).Proponendo nei prossimi nu-meri buone lezioni basate sul processo deduttivo scopriremo anche modalit di riduzione di questi rischi.Il secondo tipo di lezione in-vece legata a una logica indut-tiva. I passaggi con cui si pro-cede sono: presentazione di un caso particolare/un evento, svi-luppo della riflessione, con-cettualizzazione, presentazio-ne delle conseguenze e allarga-mento ad altri casi.Focus di questo secondo tipo di lezione lalunno e il suo processo di apprendimento. Forte il richiamo a Don Mila-ni che basava la progettazione delle sue lezioni a partire dal suo interessarsi a come i suoi studenti apprendevano perch per lui questo era il modo di prendersi cura di loro. Il docente che decide di pro-gettare una lezione di questo

    tipo parte chiedendosi proprio quali siano le fasi del processo di apprendimento, quali tempi richieda e come tale processo possa essere attivato, sostenu-to e rinforzato nel corso della lezione.La lezione ben progettata con metodo induttivo deve preve-dere tre fasi: losservazione: si raccolgo-no e ricercano dati, percezioni, impressioni; lelaborazione: si propongo-no attivit di analisi e organiz-zazione; lespressione: si prevede la costruzione personale, la ripro-duzione, il resoconto.Il processo che viene attiva-to parte da un inquadramento da parte del docente dellidea centrale (framework), che la-scia spazio al percorso riflessi-vo che porta ad approfondire, sviluppare, provare ad applica le conoscenze proposte inizial-mente attraverso la raccolta di argomentazioni e riflessioni in-dividuali e di gruppo. Si torna, in fase di chiusura, a un lavo-ro di re-framework, ossia di sintesi degli elementi emersi dallesposizione dei lavori da parte degli studenti e di valuta-zione introducendo anche mo-dalit di valutazione partecipa-ta e tra pari.Il dialogo diventa centrale per sviluppare il processo indut-tivo, con una comunicazione circolare tra docente e alunni. Il docente, in questa seconda modalit, deve saper osserva-re e registrare gli elementi che emergono dal lavoro svolto dai singoli o dai gruppi e ritorna-re sullidea iniziale amplian-dola con tali elementi. In que-

  • Progettare

    16 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    sto caso ladozione di mappe concettuali pu risultare fun-zionale.Il vantaggio della lezione ba-sata su processo induttivo si-curamente legato al recupero dellesperienza dello studente.Infine la lezione basata su una logica per problemi. Questo tipo di lezione anche definita lezione per elaborazione.Il ciclo stavolta si articola at-torno a: formulazione/propo-sta di domande significative, costruzione del senso e impor-tanza del tema, costruzione di soluzioni e formulazione dei concetti, conclusioni e conse-guenze.Punto centrale di questa tipo-logia di lezione il soggetto con il suo mondo esperienzia-le. Il docente attiva nel proces-so di ricerca della soluzione gli alunni, coinvolgendoli come co-ricercatori. Nella lezione presenta la situazione proble-matica, fornisce ipotesi di la-voro e materiali relativi da cui

    ricavare risposte; gli allievi si esprimono proponendo proce-dimenti risolutivi.Per progettare la lezione oc-corre seguire un metodo, e in questo caso si segue quel-lo scientifico o della ricerca, e tenere presente che un pro-blema non un dato (allo-ra sarebbe meglio tornare al-la lezione basata sulla logica deduttiva) ma la sintesi del processo di definizione del problema a partire dallanali-si dei dati. Il docente deve af-frontare il tema con una mo-dalit di problem-solver come nel ciclo presentato nella figu-ra (Figura 1).Quali sono i passaggi da segui-re nella progettazione di una lezione di questo tipo? Non bi-sogna partire dal problema co-me lo presenteremmo agli stu-denti, anche se saremmo ten-tati di lavorare sulla domanda da porre alla classe in apertura. Le tre fasi di lavoro progettuale sono articolate in:

    una fase di analisi in cui il do-cente rende evidenti tutti gli elementi che concorrono al pro-blema ossia una raccolta dei da-ti, analisi e confronto delle so-luzioni anche in campi diversi; una fase dedicata alla for-mulazione delle ipotesi, in cui prova a combinare elementi di-versi, effettuare sostituzioni, ridurre o ingrandire le soluzio-ni proposte su scale diverse, in poche parole provando a met-tere i dati in relazione tra loro e verificando la tenuta delle ipo-tesi formulate. Qui la capacit creativa del docente viene for-temente chiamata in causa pro-vando a stabilire connessioni nuove tra i dati; una fase di contestualizzazio-ne, in cui prova finalmente a tra-durre il problema in modo che sia percepito dagli studenti come interessante, sfidante, possibile, necessario, reale, vicino. Altri-menti non si attiver il ciclo che porta alla sua risoluzione. I vantaggi di questa terza mo-dalit sono collegati con al-cune evidenze del metodo, in particolare: le domande preparano a un ascolto pi attivo; lattenzione aumenta per via della curiosit insita nella pro-blematizzazione; lo spazio non dato ai con-tenuti ma a problemi, ossia maggiore contestualizzazione e coinvolgimento.Leffetto negativo sta proprio nella fatica a trovare e definire il problema in modo che inter-cetti linteresse dello studente.Forniamo un quadro che provi a sintetizzare gli elementi delle tre modalit (Figura 2).

    Figura 1

  • Progettare

    17n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    La lesson planNel corso dellanno vedremo quindi esemplificate tipologie di lezione attraverso un lavo-ro di presentazione di lesson planning, ossia sullattivit di microprogettazione, richiesto al docente. In particolare tre sono le que-stioni fondamentali che saran-no recuperate nelle diverse pia-nificazioni di lezione:1. lo spazio;2. il tempo;3. il contenuto.Alla luce dellaffermazione se vuoi cambiare la didattica, cam-bia laula (Freinet) il primo ele-mento di analisi e riflessione legato al tema della relazione tra spazio e lezione, individuando come, alla luce dei cambiamen-ti della lezione, si debba neces-sariamente modificare il setting. Lo spazio della lezione diventa oggetto di un contributo che, a partire dalle evidenze di ricerca che mettono in luce come que-sto impatti sullapprendimento,

    RisorseG. Aleandri - C. Gemma, Come preparo la lezione, Armando, Roma 2012L. Guasti, Apprendimento e insegnamento: saggi sul metodo, Vita e Pensiero, Milano 2002E. Damiano, La mediazione didattica. Per una teoria dellinsegnamento, Franco Angeli, Milano 2013J. Domnech Francesc, Elogio delleducazione lenta, La Scuola, Brescia 2011

    Tatnnement: letteralmente an-dare a tentoni, un concetto intro-dotto da Freinet per indicare la cen-tralit dellesperienza esplorativa del bambino. Il docente ha il compito di orientare tale esperienza attraverso il lavoro in comune, cooperativo, che in et infantile avr necessariamente il carattere di un lavoro-gioco.

    lossarioG

    fornisca esempi di possibili set-ting daula (con e senza tecno-logie) e tipologie di lezione che meglio si adattano a queste di-verse configurazioni. Il secondo elemento preso in considerazio-ne riguarda la progettazione del tempo. Quando? E per quanto? Sono le domande guida al lavo-ro di design della lezione recu-perando alcuni principi dettati dal movimento delleducazio-ne lenta (Domnech Francesc 2011) necessaria per sviluppa-re apprendimenti significativi e profondi (Novak, Bruner). Il tema verr presentato allinter-no di due contributi: un primo che esemplifica il movimento delleducazione lenta, i suoi 15 principi e come possono essere applicati per una lezione che li rispetti. Un secondo contribu-to mette in luce il tempo della lezione alla luce del microlear-ning e degli Episodi di Appren-dimento Situato come metodo per dare un giusto ritmo alla le-zione. Ultimo aspetto centrale

    del lesson plan riguarda la scel-ta dei contenuti della lezione. Lo si far a partire dallo svilup-po del pensiero breve e della ca-pacit di questioning.

    Tipologia di lezione Frontale Dialogata Partecipata

    Logica Deduttiva Induttiva Per problemi

    Focus Contenuto Soggetto che apprende Esperienza

    Procedimento logico

    Dal semplice al complesso

    Dallidea centrale allespansioneRisoluzione di problema

    Direzione della comunicazione

    Top-down, oneway

    Bidirezionale Circolare

    ProcessoSpiegazione-studio-verifica

    Focalizzazione sul tema lavoro di appropriazione-analisi-esposizione

    Problem-solving

    Dimensione prevalente

    Ascolto Elaborazione Ricerca

    Attenzione del docente

    Uso della parola SintesiOrientamento del gruppo

    Figura 2

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    18 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    Blog

    Religione 2.0Un blog per insegnare Religione nellera digitaledi Chiara Friso, PhD in Pedagogia, insegnante di scuola primaria [*]

    sui post pi vecchi. Nei periodi di intensa pubbli-cazione, il blog registra pi di 1000 accessi unici al giorno.

    Autori, gestoriLautore e gestore Luca Pao-lini, docente di IRC presso una scuola secondaria di primo grado di Pisa.

    Destinatari, partecipantiI destinatari del blog sono sia gli studenti dellautore, sia tut-ti i docenti, gli educatori, i ca-techisti, i religiosi che sono in-teressati al tema dellinsegna-mento della religione cattoli-ca nellera digitale. La pubbli-cazione dei post competenza esclusiva dellautore.

    Piattaforma di blog hostingIl blog sviluppato con Wor-dpress, ma ospitato su dominio proprio.

    Anno di fondazione e frequenza di pubblicazioneIl primo post risale al novem-bre del 2007. La frequenza di pubblicazione varia dai 2 fino a pi di 70 post al mese. La funzione dei commenti abbastanza praticata (da 1 a 10 commenti per post); dopo al-cuni giorni dalla pubblicazio-ne, lautore disabilita la funzio-ne commenti per evitare spam

    TipologiaSi tratta di un blog tematico che affronta il tema dellinse-gnamento della religione catto-lica e delleducazione integrale e globale nellera digitale.

    MissionLobiettivo quello di speri-mentare nuove modalit per insegnare e apprendere questa disciplina e di fornire agli in-segnanti idee, suggerimenti, esempi e buone pratiche di uti-lizzo delle tecnologie 2.0 per realizzare esperienze didatti-che di successo, interattive e al passo coi tempi.

    AttivitLattivit maggiormente prati-cata nel blog quella di pub-blicazione dei contenuti a sco-po divulgativo e argomentati-vo. Due sezioni (corsi-modu-li) del blog sono specificata-mente dedicate alla didattica con gli studenti. Al momento queste sezioni vengono utiliz-zate, con accesso protetto, per gli studenti di un laboratorio di Didattica e nuove tecnolo-gie condotto dallautore stes-so presso lIstituto Superiore di Scienze Religiose Beato Nic-col Stenone di Pisa.

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    19n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    to il titolo, da cui si accede a differenti aree: Home, Amici, Religione 2.0, Corsi e Materia-li (queste ultime due aree sono protette da password, quindi non accessibili a tutti gli uten-ti). Nella pagina centrale appa-iono i contenuti in ordine cro-nologico dal pi recente al pi remoto secondo il format tipi-co del blog. Nella colonna di destra trova-no collocazione: le aree di con-nessione ai social, lo spazio di presentazione dei libri dellau-tore, la tag cloud del blog, lar-chivio per argomento e men-sile, lo spazio meta per i feed RSS, il blogroll e larea con in-dirizzo mail per informazioni.

    Funzionalit tecnologicheLimpiego delle nuove tecno-logie uno dei punti di forza di questo blog. Lautore discu-te e propone lutilizzo di tablet,

    Best practiceNel 2008 Religione 2.0 vince il Primo Premio come Miglior Si-to Web Cattolico 2008 assegna-to dallAssociazione Webma-ster Cattolici (WeCa). Il titolo viene assegnato per: la de-dizione, la passione, lalta pro-fessionalit profusa nel proget-to. Illustrando le potenzialit del web 2.0, una piattaforma per lintegrazione di contribu-ti dellinsegnamento della reli-gione cattolica e nelleducazio-ne integrale dei ragazzi, sia a scuola che fuori1.

    Layout graficoIl blog ha un layout grafico so-brio ma accattivante (Modern style, tema grafico sviluppato da http://flexithemes.com/). La schermata suddivisa in una pagina centrale, una colonna laterale destra e un menu sot-

    1 In Internet, URL: http://goo.gl/HlNign.

    smartphone, applicazioni web, LIM, software didattici ecc. co-me strumenti per la facilitazio-ne, linnovazione e il migliora-mento delle pratiche di inse-gnamento e di apprendimento. Nel blog stesso vengono impie-gati: link, collegamenti a social network, feed RSS sia per i post che per i commenti, immagini, video, applicazioni web.

    [*] Lautrice ringrazia sentitamente Luca Paolini, per la disponibilit a collaborare nel fornire preziose informazioni sul suo blog.

    RisorseL. Paolini, Nuovi media e web 2.0. Come utilizzarli a scuola e nei gruppi, EDB Scuola, Bologna 2010

    Blog (o weblog): risultato del-lunione delle parole web (Rete, In-ternet) e log (traccia, diario), indi-ca uno spazio virtuale dalla struttura simile a una semplice pagina web, in cui possibile pubblicare contenuti di vario tipo (testi, video, immagini, registrazioni audio) che appaiono in ordine cronologico inverso, dal pi recente al pi remoto.Piattaforma di blog hosting: piat-taforme commerciali che forniscono agli utenti del web la possibilit di crearsi, gratuitamente o a pagamen-to, un proprio blog in modo veloce e facile. Si chiamano piattaforme di blog-hosting perch ospitano i blog creati tramite il servizio erogato.Layout: forma visibile, struttura gra-fica del blog.Menu: spazio, collocato generalmen-te sotto lheader (titolo) di un blog, organizzato in bottoni (a cui corri-spondono specifiche categorie con-tenutistiche) che collegano a pagine web diverse dallhome page.Post: unit contenutistica minima del blog con finalit comunicative e specifiche caratteristiche di struttu-ra.

    lossarioG

  • Comunicare

    Focus

    20 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    Quando parliamo di comunica-zione come categoria generale, senza aggettivi o elementi ca-ratterizzanti (la comunicazione politica, la comunicazione edu-cativa, la comunicazione azien-dale e via discorrendo) vengono alla memoria tutte quelle espe-rienze passate e presenti che per noi hanno a che fare con il co-municare: la relazione profonda con una persona alla quale vo-gliamo bene, il passaggio di in-formazioni che uno sconosciu-to sollecita chiedendoci lora per la strada, i gesti che traccia-mo in aria quando dobbiamo chiedere attenzione, una lezio-ne alla quale abbiamo assistito sui banchi di scuola, le parole che formano il nostro pensiero davanti alla richiesta di un bam-bino, il silenzio, gli sguardi. Si tratta di aspetti che non sem-pre prendiamo in considerazio-ne. Cos, quando pensiamo al

    comunicare, si mettono in mo-to fattori diversi che ci portano a sorridere pensando alla per-sona cara (gli aspetti emotivi e affettivi che la dimensione re-lazionale della comunicazione porta in gioco), a concentrar-ci o fermare i nostri passi per estrarre il cellulare dalla tasca e comunicare lora esatta, per-ch una disattenzione o unin-formazione errata potrebbe-ro causare la perdita del treno, oppure unespressione di noia dovuta al ritardo del mezzo di trasporto (la comunicazione anche contenuto). Ma anche a essere fraintesi nel momento in cui i gesti e il corpo non comu-nicano o mal comunicano, da qui limportanza di una condi-visione dei codici: aprire la ma-no e mimare loperazione della conta sulle dita, alzare il brac-cio in aria, toccare il naso con lindice alzato sono solo alcu-

    ni dei gesti che abbiamo visto compiere agli insegnanti per ri-chiamare il silenzio o che noi stessi abbiamo attivato. Se que-sti gesti semplici non vengono condivisi in chiave di significa-to, allora linsegnante si trove-r in difficolt e gli alunni non avranno modo di seguire le ri-chieste esplicitate (la comuni-cazione atto, gesto, forma).

    Le dimensioni del comunicareTutte queste esperienze comu-nicative, nella nostra vita, se-gnano ci che definiamo co-me comunicazione, mettendo insieme alcune dimensioni. Le vediamo insieme per capire in che modo questa sezione in-tenda ospitare la tematica della comunicazione in tutti i nume-ri dellannata.La prima dimensione ha a che fare con la forma. Un messag-

    Il luoghi del comunicare tra scuola, famiglia e Rete

    Comunicare lazione didatticaLa comunicazione lo spazio della relazione educativa. Linsegnante comunica in classe e in Rete, con i colleghi e con le famiglie, con i media e con il corpodi Alessandra Carenzio, Universit Cattolica del Sacro Cuore di Milano

    Cosa significa comunicare? Il termine evoca significati che toccano versanti diversi: il versante strumentale, perch comunico sempre con un mediatore e con uno strumento, pensiamo alla voce come primo mezzo di comunicazione (Ong, McLuhan), ai media come strumenti di rappresentazione, condivisione, discussione. Il versante del contenuto dellatto comunicativo, e gli esempi sono illimitati (un voto, il comportamento di un alunno, la fotosintesi, la preistoria, un evento). Il versante della relazione, che il cuore della comunicazio-ne (mettere in comunicazione significa connettere, avvicinare, incontrare laltro). La comunicazione, dunque, una sorta di cornice, ma anche di strumento per lagire didattico dellinsegnante. La sezione Comunicare vuole esplorare queste dimensioni, entrando nei luoghi della comunicazione: classe, scuola, famiglia, Rete.

  • Comunicare

    21n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    gio comunicativo ne sem-pre dotato e proprio la forma orienta la percezione del con-tenuto. Se voglio comunicare un brut-to voto a un allievo dovr pre-stare attenzione oltre che al-le parole che esprimono il mes-saggio alla modalit con cui le accompagno (un gesto, la prossemica, lo sguardo). La forma, qui, incide su come il contenuto sar percepito, sulle implicazioni comportamentali (il pianto, una risata, un com-mento sarcastico, unocchia-taccia) e su quello che il voto o la valutazione innescheranno. Potrebbe attivare un comporta-mento proattivo, segnato dalla volont di rifarsi e di miglio-rare, per essere capace e com-petente, oppure potrebbe pro-durre il tipico atteggiamen-

    to immobilista rappresentato dallimmagine disfattista del gettare la spugna. Inoltre, con il concetto di for-ma intendiamo anche tutti gli strumenti, i mezzi, gli ambienti, che utilizziamo per la comuni-cazione didattica: la LIM appesa vicino alla cattedra e alla lava-gna di ardesia, il tablet nella lo-gica one-to-one o condiviso per gruppi di lavoro, il film di ani-mazione che scegliamo di vede-re insieme per parlare dei dino-sauri, i documentari, i fumetti, la fotografia che usiamo come strumento di racconto o di do-cumentazione di processo. La lista potrebbe proseguire, ma si tratta evidentemente di tutti i media e di tutte le tec-nologie che entrano in classe e che possono assumere il ruolo di ospiti indesiderati, che in-

    terpelliamo in una discussione proprio per non sembrare ma-leducati (ormai sono l, sedu-ti in salotto!), di compagni di strada con cui ci confrontiamo tutti i giorni (a volte lasciando-li riposare, perch saper usa-re i media significa anche sa-pere quando non usarli), uno strumento utile che utilizzia-mo sulla base del nostro stato danimo o di quello della clas-se (spesso, se i bambini sono stanchi si pensa ai media come elementi leggeri, che riempio-no spazi che altrimenti sarebbe impegnativo gestire). La seconda dimensione ha a che fare con la relazione. La co-municazione relazione, oc-casione di incontro e di scon-tro, spazio relazionale denso dove il mio modo di essere si interfaccia con laltro. Riprendendo Rivoltella, in questottica, la comunicazione viene ricompresa come una re-alt di interazione che non met-te in gioco i saperi ma la dimen-sione affettiva (area dellessere) e trova nella metafora del dia-logo una efficace categoria in-terpretativa (Rivoltella 2001, p. 51). Curare la relazione nella nostra didattica un aspetto decisi-vo e tocca tutte le situazioni di confronto che ci vedono parte di un gruppo, pensiamo al rap-porto di lavoro con i colleghi, e alle situazioni di confronto con le famiglie, che sempre pi spesso chiedono alla scuola e agli insegnanti un carico di la-voro nuovo rispetto al passato. La terza dimensione ha a che fare con il contesto della co-municazione, che avviene sem-pre in uno spazio di cui dob-

  • 22 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    Comunicarebiamo essere capaci di leggere i confini, possedendo o creando con lesperienza la mappa del territorio. Comunicare signi-fica qui agire in uno spa-zio che pone alcune limitazio-ni e fornisce stimoli. Se cono-sco queste limitazioni e questi stimoli posso sfruttare a pieno lambiente del quale faccio par-te (nella scuola o allinterno del territorio sociale e professio-nale dove fisicamente collo-cato listituto scolastico). Poi-ch, oggi pi di ieri, il contesto dellinsegnante anche il mon-do e la Rete, conoscere questi luoghi diventa imprescindibile per abitare leducazione e sti-molare il confronto. Linsegnante, in sintesi, comuni-ca in classe (ma non solo) con tantissimi strumenti che lo ren-dono comprensibile, chiaro, ef-ficace e disponibile, spesso in-consapevolmente. Ecco perch,

    passando alla scansione della sezione dedicata alla Comunica-zione nella rivista, le tematiche che affronteremo nel nostro pro-getto hanno a che fare proprio con gli strumenti mediali, le tec-nologie, il corpo e la gestualit, (forma); con la relazione a scuo-la, verso linterno nellambito del confronto professionale con i colleghi e, verso lesterno, nel-la direzione della comunicazio-ne del proprio lavoro alla fami-glia (relazione); la gestione della propria identit di insegnante in Rete, nei blog e nelle communi-ty che raccolgono le idee di tan-te persone che nella scuola tro-vano il proprio habitat espressi-vo e professionale (contesto).

    I luoghi del comunicareAbbiamo deciso di farci guidare da una parola chiave che possa

    mettere insieme tutti questi fili e annodarli attorno a un nume-ro gestibile di concetti. Questa parola luogo. Sembra paradossale parlare di luogo oggi, quando lidea stes-sa decade e perde di materiali-t grazie alla Rete (non solo co-munichiamo sempre, secondo il primo assioma della comu-nicazione di Watzlawick, ma anche da qualsiasi luogo, gra-zie alla portabilit dei device di comunicazione, alla loro misu-ra cos contenuta da stare in ta-sca, alla presenza di copertura di rete che ci fa essere sempre connessi). Intendiamo il luogo sia come spazio fisico con por-te, finestre e pareti, sia come spazio mentale. Dunque, seguendo questa lo-gica, la domanda successiva Quali sono i luoghi del comuni-care dellinsegnante?. Sono al-meno quattro.

  • Comunicare

    23n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    RisorseE. Damiano, Lazione didattica. Per una teoria dellinsegnamento, Armando, Roma 1999J.P. Gee, Come un videogioco. Insegnare e apprendere nella scuola digitale, Raffaello Cortina, Milano 2013 P.C. Rivoltella, La comunicazione e le relazioni didattiche, in P.C. Rivoltella - P.G. Rossi (a cura di), Lagire didattico. Manuale per linsegnante, La Scuola, Brescia 2013P.C. Rivoltella, Neurodidattica. Insegnare al cervello che apprende, Raffaello Cortina, Milano 2012 G. Rizzolatti - G. Sinigaglia, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Raffaello Cortina, Milano 2006

    Il primo, e pi intuitivo, la classe, scenario dellazio-ne e palcoscenico delle trame dellagire didattico, dove fac-ciamo transitare la prima di-mensione della forma. Linsegnante, infatti, comuni-ca con i media e con il corpo: pensiamo anche ai contribu-ti pi recenti che ripensano il corpo come strumento di inse-gnamento e di apprendimento, ai neuroni specchio e al con-cetto di modellamento nellap-prendimento. I numeri due, tre e quattro della rivista saranno collocati proprio in classe con questa scansione: comunicare con i media, comunicare i me-dia nellazione didattica, co-municare con il corpo. Nel secondo contributo cu-rato per questo primo nume-ro inizieremo, invece, a prepa-rare il terreno per individuare qualche suggerimento rispet-to allambiente pi adatto per lavorare con i media in modo proficuo, pensando alla casset-ta degli attrezzi dellinsegnante in termini metodologici (qua-li tecniche e strumenti, qua-le cornice metodologica pi congeniale). Il secondo luogo la scuo-la, dove linsegnante comuni-

    ca con i colleghi, ma anche la propria professione (comuni-care la scuola: in questo sen-so comunico il mio lavoro, gra-zie alla documentazione che ho raccolto). Il quinto e il se-sto numero della rivista saran-no dedicati alla comunicazione a scuola, intesa come ambito di relazione professionale inter-disciplinare, dove comunicare con i colleghi fa la differenza per organizzare e documentare bene il proprio progetto educa-tivo. Il terzo la famiglia, alla qua-le dedicheremo il numero set-te e il numero otto della nostra sezione, approfondendo i temi della comunicazione dei vo-ti/valutazioni e della relazione con le famiglie. Questo ultimo tema evoca mol-te immagini tratte da film ed esperienze social. Ne condi-vido solo due. La prima tratta dal film molto noto, soprattut-to per chi insegna, La Scuola girato da Daniele Lucchetti nel 1995 e interpretato da Silvio Orlando. Nella sequenza dedi-cata ai colloqui con i genitori ci sono profili molto diversi. Alcuni insegnanti sono atten-ti al solo voto, dimenticando il processo che porta allesito fi-

    nale; altri alla figura dello stu-dente e alle sue competenze; altri ancora cercano di conte-stualizzare le valutazioni resti-tuendo un quadro ampio. Rispetto ai genitori, vediamo mamme ansiose che vorrebbe-ro interpellare lo psicologo, pa-dri violenti che insultano i figli e genitori che invece attaccano gli insegnanti. La seconda immagine (fig. 1) riferita alla vignetta che po-co tempo fa popolava in forma virale le pagine di Facebook e i profili di molti (soprattutto in-segnanti).Per quanto si tratti di una bat-tuta, sicuramente molti di noi hanno percepito un fondo di verit nellimmagine. Il quarto luogo quello del-la Rete, che consente di recu-perare la dimensione del con-testo, inserendola nel dibattito attuale sugli ambienti di comu-nicazione online. I numeri nove e dieci si occu-peranno di comunicazione in Rete, nello specifico toccando il tema dei blog tenuti dagli in-segnanti (ormai moltissimi) e delle community, suggerendo alcuni ambienti da frequenta-re per aggiornare le pratiche e prendere spunto grazie al con-

    Figura 1

  • 24 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    Comunicarefronto con professionisti rifles-sivi di tutto il mondo (si veda-no la sezione Professione in-segnante e lapertura europea dellinsegnamento).Molti autori che si occupano di didattica, tra cui Rivoltella, de-finiscono la scuola come for-ma di drammaturgia, la classe come palcoscenico e il mestie-re dellinsegnante come quel-lo di un attore. Se ci pensiamo bene lazione di-dattica veramente una forma teatrale: come un attore studia il copione, fa ricerca per entra-re nel personaggio o scrive i te-sti che andr a trasformare in magia affabulatoria, cos lin-segnante prepara la lezione, si documenta, produce materiali e ha un canovaccio su cui lavo-ra in classe, facendo i conti con gli imprevisti dellambiente. E ancora, come lattore usa il cor-po in situazione e deve rende-re accessibile un contenuto at-traverso i vari attrezzi di sce-na precedentemente predispo-sti, cos linsegnante si serve di strumenti, dai mediatori didat-tici (attivi, iconici, analogici e simbolici, seguendo Damiano), ai codici della sintassi della co-municazione (il corpo, la voce, i segni grafici o iconici) fino ad arrivare alla spazio della classe (la classe-laboratorio che tanto ci ricorda Freinet). Vorremmo allora che la sezio-ne dedicata alla Comunicazio-ne funzionasse in tre direzioni, per intercettare le esigenze di scena dellinsegnante: costrui-re una repository ragionata do-ve trovare spunti su cui lavora-re a scuola (pensiamo non solo agli articoli in s, ma anche ai box dedicati al Glossario o al-

    la mappatura delle applicazio-ni/software/ambienti presentati negli articoli); diventare unoc-casione di confronto con le vo-ci di tanti colleghi impegnati sul palco quotidianamente; rappresentare per gli insegnan-ti uno stimolo per promuovere progettualit e percorsi inno-vativi capaci di valorizzare i ta-lenti e quelli degli allievi, gra-zie allesempio dei maestri che hanno gi aperto le danze e so-no scesi in pista. Unultima battuta su que-sto punto. Chi scrive impe-gnata certamente nel mon-do delluniversit, ma entra in classe pi volte a settimana per incontrare i ragazzi e i bambi-ni, per motivi di ricerca e di formazione sulla didattica, le tecnologie e i media. Per que-sto, pur non dovendo affron-

    tare la scuola tutti i giorni, si tratta di un ambiente noto, co-nosciuto e rispettato. Per bilan-ciare il punto di vista e venire incontro alle esigenze di chi invece a scuola c tutti i gior-ni, con il sole e con la pioggia, abbiamo scelto di interpellare, come autori, maestri di scuola e testimoni della didattica che per carattere, formazione, oc-casioni di sviluppo professio-nale e ambiente lavorativo spe-rimentano e praticano, a volte prima di altri e a volte insieme ad altri colleghi. A loro dedichiamo un ringra-ziamento particolare, per la di-sponibilit e la voglia di parlare del proprio mestiere e dei luo-ghi che quotidianamente li im-pegnano con tenacia. Ai lettori un augurio di buona lettura.

    One-to-one: in italiano lespressione suona cos uno-a-uno. Si intende la logica di fruizione e distribuzione delle tecnologie su base individuale, per cui ogni alunno riceve un dispositivo che diventa personale, come lastuccio, il qua-derno, la cartella, il banco. Poter lavorare nella logica one-to-one, soprattutto nel momento in cui presente in classe e non in unaula dedicata (laula computer) ha dei guadagni, nel momento in cui la tecnologia disponibile per tutti e vie-ne accompagnata da una progettazione seria. Avere un dispositivo personale pu infatti stimolare la responsabilit verso loggetto, favorire un utilizzo maggiore proprio perch non impone una negoziazione nellaccesso al mezzo (non devo di-viderlo con nessuno), supportare un uso naturale (se la tecnologia in classe). Certamente, la logica one-to-one non deve ridursi al semplice utilizzo individuale, ma inserirsi in un meccanismo pi ampio che preveda lavori in gruppo, momenti di confronto e problem solving collaborativo. Assiomi della comunicazione: la Scuola di Palo Alto (scuola di psichiatria che prende il nome dalla localit californiana dove ha sede il Mental Research Institu-te, fondato negli anni 50 dello scorso secolo da Don Jackson) segn il corso degli studi sulla psicologia e sulla comunicazione con la pubblicazione, nel 1967, del testo Pragmatica della comunicazione umana dove sono discussi cinque assio-mi. Gli elementi imprescindibili presenti in ogni comunicazione sono: 1. non si pu non comunicare; 2. i messaggi possiedono un aspetto di contenuto e uno di relazione; 3. il flusso comunicativo espresso secondo la punteggiatura utilizzata dai soggetti che comunicano; 4. le comunicazioni possono essere analogiche (le immagini, i segni) e digitali (le parole); 5. la relazione comunicativa pu essere di tipo simmetrico (due amici) e di tipo complementare (alunno e maestro). Si veda: P. Watzlawick - J.H. Beavin - D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione uma-na, Astrolabio, Roma 1971.

    lossarioG

  • Focus

    25n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    ComunicareLa cassetta degli attrezzi ideale

    Comunicare con i: mediaI media elementi diffusi nellesperienza individuale: lintegrazione in classe necessita di accorgimenti e riflessione didatticadi Alessandra Carenzio, Universit Cattolica del Sacro Cuore di Milano

    I media fanno parte della nostra esperienza individuale e negli ultimi anni hanno iniziato, su base motivazionale diversa, a popolare con maggiore visibilit le nostre aule. Diversi fattori hanno favorito il cambiamento di pre-senza: i costi della tecnologia sono diminuiti, la spinta sociale diventata pi alta, aumentata la desiderabi-lit dei media, i discorsi di accompagnamento si sono moltiplicati, gli insegnanti sperimentatori hanno fatto da apripista e molti dispositivi politico-economici di supporto (bandi e piani di digitalizzazione) sono stati attivati. Non basta per avere le tecnologie e i media in classe per comunicare con i media e i media, serve una proget-tualit (a lungo termine), un obiettivo, una metodologia, un ambiente favorevole, una struttura capace di ac-coglierli. In questo contributo proviamo a ragionare sulla cassetta degli attrezzi dellinsegnante pi congeniale.

    Quando ho completato il per-corso di studi universitari, con una tesi sulla Media Education, la presenza dei media a scuo-la era diffusa, ma non sempre in modo consapevole e certa-mente non cos dirompente co-me nel nostro presente. Si era gi scritto molto sul tema1, si

    1 Nel 1973, il Conseil International du Cinma e de la Tlvision ha definito la Media Education come lo studio, linsegnamento e lapprendimento dei moderni mezzi di comunicazione ed espressione considerati come specifica e autonoma disciplina nellambito della teoria e della pratica pedagogiche (B. Pavlic, UNESCO and Media Education, in Educational Media International, 24, 1987, p. 32). Pochi anni pi tardi, lo stesso CICT vede la Media Education come percorso praticabile ad ogni livello: primario, secondario, post-secondario, nelleducazione degli adulti e nelleducazione continua e in ogni circostanza, ampliando lo spazio occupato dai media, non pi concepiti solo come arti pratiche e tecniche. Secondo Rivoltella, la Media Education si configura come quel particolare ambito delle scienze delleducazione e del lavoro educativo che consiste nel produrre riflessione e strategie operative in ordine ai media intesi come risorsa integrale per lintervento formativo (Rivoltella 2001, p. 37).

    era gi dibattuto su quale fos-se la definizione migliore, su quale fossero i confini discipli-nari e quali obiettivi si doves-sero mettere nella lista delle priorit. Tutto questo dibattere aveva occupato almeno quat-tro Congressi Internazionali e aveva sollecitato linterven-to di studiosi e accademici. Gli insegnanti, invece, lavoravano sul campo e provavano a speri-mentare, spesso senza conside-rare la Media Education come cornice teorica e senza preoc-cuparsi della documentazione delle esperienze svolte. Sono passati molti anni da quel periodo e sono intervenuti al-cuni cambiamenti che hanno reso diverso il contesto di lavo-ro e di accesso ai media. Proviamo a riflettere su que-sti cambiamenti per discute-re, oggi su quali siano le con-dizioni ideali per fare didattica con i media e per comunicare i

    media, definendo una sorta di cassetta degli attrezzi (o pun-ti di attenzione) che ogni inse-gnante dovrebbe costruire, sia in termini di ferramenta, sia in termini di metodi, tecniche e strumenti operativi. Prima per, dedichiamo qual-che battuta a spiegare i termi-ni in gioco, considerando che i numeri due e tre della rivi-sta previsti per questa sezione andranno a toccare largomen-to con esperienze, proposte di metodo e resoconti di espe-rienze.

    Termini in giocoComunicare con i media e comunicare i media non so-no la stessa cosa. Posso usare i media e le tecno-logie come supporti per la mia didattica, ad esempio sceglien-do un video per raccontare una storia o introdurre la classe a un contenuto.

  • 26 n. 1 R settembre 2014 R anno 122

    ComunicareFacendo questo non neces-sariamente mi soffermo con i miei alunni sul formato del vi-deo, spiegando loro il funzio-namento del cinema, il senso del genere documentaristico, oppure il motivi per cui il mes-saggio lanciato da quello spot fa cos presa da farci alzare dal divano e dirigerci verso il su-permercato. In sostanza, il no-stro accento posto sul valore strumentale del mezzo, come tramite che ci consente di fare qualcosa che non necessaria-mente ha a che fare con il for-mato. Avrei potuto portare i ra-gazzi in laboratorio di scienze, usare una presentazione, parla-re senza supporti, chiedere ai bambini di condividere il pro-prio punto di vista, far produr-re un disegno, ma ho scelto un video. Perch tutti questi esem-pi? Per sottolineare un aspetto di fondo: non dobbiamo opera-re necessariamente una scelta esclusiva; il bravo insegnante che lavora con i media capace di non usarli, consapevole di possedere diversi punti di ac-cesso al sapere, capisce quando una strategia pi funzionale di altre e quindi opera secondo riflessione.Sul secondo versante, invece, posso ragionare sui media, tra-sformandoli in oggetto di stu-dio e di analisi approfondita in qualit di linguaggio e stru-mento che ha un peso sia nel modo di comunicare, sia nel modo di stare con gli altri (que-sta in poche parole la Me-dium Education), soprattutto in tempi social come quelli che stiamo vivendo. Pensando alla nostra classe, posso orga-nizzare un percorso sulla foto-

    grafia, ragionando strettamen-te sulla struttura delle imma-gini fisse, sulla loro composi-zione e funzioni: unimmagine suscita emozioni, si sofferma su un dettaglio, ci consente di staccare i piedi da terra e por-tarci lontano, documenta. Risulta chiaro come si tratti di due aspetti complementari. Posso comunicare con i media, senza riflettere sui media? For-se possibile, ma di certo come insegnante devo aver condotto un percorso di analisi di tutte le soluzioni, linguaggi e modi di comunicare il contenuto og-getto della lezione. Probabil-mente le motivazioni alla base della scelta non vengono con-divise con la classe, ma sono state costruite nella fase pro-gettuale. Posso invece comu-nicare i media senza utilizzar-li? La risposta in questo caso negativa. Non posso parlare della fotografia, per tornare al nostro esempio, senza scatta-re fotografie! Non mi conces-so, altrimenti il percorso si ri-durrebbe a una lista di defini-zioni, allanalisi di prodotti che non sempre entrano nel circo-lo virtuoso dellappropriazione che la pratica al contrario con-sente.La classe, in sintesi, un con-tenitore di azioni, tecniche e prassi, ma soprattutto un am-

    biente di ricerca e di riflessio-ne. Fare e riflettere sono due aspetti che procedono insieme, senza presumere un diverso li-vello di coinvolgimento rispet-to alla mission generale.

    Cosa cambiato?Come anticipavamo poco so-pra, quando entriamo in molte scuole italiane, media e tecno-logie non sembrano pi ogget-ti non identificati, ma sono me-diatori e oggetti della didattica conosciuti. Dobbiamo questa trasformazione a fattori diversi, riconducibili ad almeno quattro dimensioni: tecnologica, eco-nomica, sociale, politica.La prima fa riferimento allo sviluppo della tecnologia sul versante hardware, sviluppo che produce strumenti picco-li (miniaturizzazione), facili da utilizzare (lidentit del prosu-mer), leggeri e mobili (portabi-lit). Avere a disposizione uno strumento poco ingombran-te rende il suo utilizzo e il suo trasporto molto pi agevole. La seconda dimensione, vici-na alla precedente, legata alla riduzione dei costi dei device, mobili e non, rendendo pi ac-cessibile lo strumento. Una vi-deocamera pu costare molto poco rispetto al passato e la di-gitalizzazione delle informazio-ni rende tutto pi semplice; lo stesso vale per un laptop e per una LIM. Questo ha portato a una mag-giore diffusione presso la po-polazione, toccando pressoch tutti a prescindere da entrate mensili, interessi specifici per il comparto hi-tech, genere, et, estrazione sociale e professione.

    RisorseJ.P. Gee, Come un videogioco. Insegnare e apprendere nella scuola digitale, Raffaello Cortina Editore, Milano 2013P.C. Rivoltella, Media Education. Modelli, esperienze, profilo disciplinare, Carocci, Roma 2001

  • Comunicare

    27n. 1 R settembre 2014 R anno