figlio di due rivoluzioni RIPRODUZIONE RISERVATA Orizzonti...

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6 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 17 MARZO 2019 I l titolo del libro, L’atelier occidental du terrorisme (Arkhê), evoca subito la tesi dell’autore. Secondo lo stori- co francese Didier Musiedlak, il ter- rorismo ha un marchio di fabbrica europeo: anche quello di matrice islami- ca è il sottoprodotto di un’«officina» oc- cidentale, quella del pensiero rivoluzio- nario. Ne abbiamo discusso con lui. Lei lega il terrorismo all’avvento del- la società di massa. Non sarebbe cor- retto sottolineare che la violenza fa parte della storia e che, dunque, non esiste una specificità moderna? «È in effetti con la crescita del capitali- smo e la transizione alla società di massa, dopo la seconda metà del XIX secolo, con la seconda rivoluzione industriale, che il terrorismo moderno si è sviluppato in connessione con l’ascesa del socialismo e del nazionalismo. Il fenomeno si collega al processo di decomposizione delle so- cietà tradizionali, all’avvento delle masse e alla loro rivolta, per riprendere la for- mula di José Ortega y Gasset. Sin dal peri- odo che precede la guerra del 1914, la ma- trice del terrorismo moderno è chiara- mente definita: strutturazione di reti in- sta hanno incorporato il terrorismo nel cuore del sistema. La novità è che la vio- lenza non è più la prerogativa dei gruppi in lotta. Tuttavia, proprio come prima della guerra del 1914, il terrorismo non ha una precisa identità politica. È infatti l’ideologia eretta a religione della politica che legittima lo Stato a essere il grande prescrittore dei massacri. Il terrorismo appare il mezzo per fare trionfare un pro- getto politico e una fede». In che senso parliamo di terrorismo per gli anni della guerra fredda? «Inaspettatamente, la fine della Se- Il terrorismo islamico? È figlio di due rivoluzioni (francese e russa) di ALESSANDRA TARQUINI Mauro Pesce (Genova, 1941) è uno storico e biblista. Fra i suoi libri: Il cristianesimo, Gesù e la modernità (Carocci 2018); Inchiesta su Gesù (con Corrado Augias, Mondadori 2006); La morte di Gesù (Rizzoli, 2014); Il racconto e la scrittura (Carocci 2014). Con Adriana Destro ha proposto una lettura antropologica del cristianesimo: L’uomo Gesù (Mondadori, 2008). Da oggi consiglia un libro al giorno ai follower dell’account @La_Lettura. Mauro Pesce è il #twitterguest Orizzonti Filosofie, religioni, costumi, società ACCA DEMIE di MARCO BRUNA A ffrontare lo sviluppo tecnologico con un atteggiamento responsabile, senza dimenticare le conseguenze sociali che l’innovazione porta con sé. Da queste premesse nasce Etica per la tecnologia, il nuovo corso del Politecnico di Milano — il primo in Italia — rivolto agli studenti di Ingegneria di sei specializzazioni, partito nel 2019 in occasione dell’inizio del secondo semestre. Le lezioni mescolano discipline umanistiche e studi scientifici e prevedono il raggiungimento di 5 crediti formativi. Il corso, coordinato dal sociologo Paolo Volonté e tenuto dal ricercatore Daniele Chiffi, mostra agli studenti alcuni casi simbolo del cattivo impatto della tecnologia sull’uomo. Per esempio, l’algoritmo alla base di una fotocamera che utilizza il riconoscimento facciale non distingue i tratti dei volti asiatici, scambiandoli per persone che strizzano gli occhi. Un problema simile si ripropone con le persone di colore, i cui volti non vengono riconosciuti da dispositivi dello stesso genere. «Ciò succede — spiega Volonté — perché gli algoritmi sono sviluppati nella Silicon Valley da ingegneri bianchi, che usano come modelli per i loro software fotografie di persone simili a loro. Non sempre lo sviluppo digitale coincide con il miglioramento e il progresso della società in cui viviamo. Ciò che vogliamo insegnare ai nostri studenti, futuri ingegneri, è riflettere sulle conseguenze del loro lavoro sulla vita delle persone. Per questo è necessario che insieme alla formazione “tecnica” apprendano concetti legati alla filosofia e alla sociologia. Il nostro scopo è formare uomini e donne consapevoli». © RIPRODUZIONE RISERVATA Pare che strizzino gli occhi, invece no Quei volti sono una questione etica L’intervista Lo storico Didier Musiedlak ha pubblicato in Francia un saggio che fin dal titolo è un programma: in italiano suona più o meno come «L’officina occidentale del terrorismo». In questo — sostiene — l’Iran di Khomeini ha svolto un ruolo pionieristico. «Il fascino universale dell’idea di rivoluzione trasmessa dalla Bastiglia, poi restaurato dai bolscevichi, ha potuto essere messo al servizio della causa e della propagazione del fondamentalismo musulmano» ternazionali, uso di santuari, definizione di una disciplina militare nel partito poli- tico, uso di scienza e tecnologia per scopi criminali, un immancabile attaccamento a un’ideologia. È da questi parametri che il mondo moderno porterà a rendere il civile un nemico politico». Lei ricorda che i regimi totalitari fan- no proprio l’uso del terrore. Se è così, la violenza è solo uno strumento. Sono gli Stati totalitari che uccidono, non il terrorismo in quanto tale. «Gli Stati totalitari, come la Russia so- vietica, la Germania nazista e l’Italia fasci- Lunedì 18 marzo / Ore 19 MILANO / LIBRERIA VERSO Corso di Porta Ticinese, 40 con Francesco Cataluccio e Federica Manzon Martedì 19 marzo / Ore 21 TORINO /SLAVIKA FESTIVAL DELLE CULTURE SLAVE Circolo dei lettori, Via Bogino 9 con Andrea Bajani IL ROMANZO VINCITORE DELL’INTERNATIONAL MAN BOOKER PRIZE 2018 Domenica 17 marzo / Ore 15 ROMA / LIBRI COME FESTA DEL LIBRO E DELLA LETTURA Auditorium Parco della Musica con Michela Murgia e Wlodek Goldkorn Olga Tokarczuk Incontri con l’autrice

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Page 1: figlio di due rivoluzioni RIPRODUZIONE RISERVATA Orizzonti …olivierbuirette.org/Files/musiedlak.pdf · 2019-03-21 · professa allievo di Raymond Aron e di Renzo De Felice, a cui

6 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 17 MARZO 2019

I l titolo del libro, L’atelier occidentaldu terrorisme (Arkhê), evoca subitola tesi dell’autore. Secondo lo stori-co francese Didier Musiedlak, il ter-rorismo ha un marchio di fabbrica

europeo: anche quello di matrice islami-ca è il sottoprodotto di un’«officina» oc-cidentale, quella del pensiero rivoluzio-nario. Ne abbiamo discusso con lui.

Lei lega il terrorismo all’avvento del-la società di massa. Non sarebbe cor-retto sottolineare che la violenza faparte della storia e che, dunque, nonesiste una specificità moderna?

«È in effetti con la crescita del capitali-smo e la transizione alla società di massa,dopo la seconda metà del XIX secolo, conla seconda rivoluzione industriale, che ilterrorismo moderno si è sviluppato inconnessione con l’ascesa del socialismo edel nazionalismo. Il fenomeno si collegaal processo di decomposizione delle so-cietà tradizionali, all’avvento delle massee alla loro rivolta, per riprendere la for-mula di José Ortega y Gasset. Sin dal peri-odo che precede la guerra del 1914, la ma-trice del terrorismo moderno è chiara-mente definita: strutturazione di reti in-

sta hanno incorporato il terrorismo nelcuore del sistema. La novità è che la vio-lenza non è più la prerogativa dei gruppiin lotta. Tuttavia, proprio come prima della guerra del 1914, il terrorismo non hauna precisa identità politica. È infattil’ideologia eretta a religione della politicache legittima lo Stato a essere il grandeprescrittore dei massacri. Il terrorismo appare il mezzo per fare trionfare un pro-getto politico e una fede».

In che senso parliamo di terrorismoper gli anni della guerra fredda?

«Inaspettatamente, la fine della Se-

Il terrorismo islamico?

È figlio di due rivoluzioni(francese e russa)

di ALESSANDRA TARQUINI

Mauro Pesce (Genova, 1941) è uno storico e biblista. Fra i suoi libri: Il cristianesimo, Gesù e la modernità (Carocci 2018); Inchiesta su Gesù (con Corrado Augias, Mondadori 2006); La morte di Gesù (Rizzoli, 2014); Il racconto e la scrittura (Carocci 2014). Con Adriana Destro ha proposto una lettura antropologica del cristianesimo: L’uomo Gesù (Mondadori, 2008). Da oggi consiglia un libro al giorno ai follower dell’account @La_Lettura.

Mauro Pesce è il #twitterguest

Orizzonti.

Filosofie, religioni, costumi, società

ACCADEMIE

di MARCO BRUNA A ffrontare lo sviluppo tecnologico conun atteggiamento responsabile, senzadimenticare le conseguenze sociali

che l’innovazione porta con sé. Da queste premesse nasce Etica per la tecnologia, il nuovo corso del Politecnico di Milano — il primo in Italia — rivolto agli studenti di Ingegneria di sei specializzazioni, partito nel 2019 in occasione dell’inizio del secondo semestre. Le lezioni mescolano discipline umanistiche e studi scientifici e prevedono

il raggiungimento di 5 crediti formativi. Il corso, coordinato dal sociologo Paolo Volonté e tenuto dal ricercatore Daniele Chiffi, mostra agli studenti alcuni casi simbolo del cattivo impatto della tecnologia sull’uomo. Per esempio, l’algoritmo alla base di una fotocamera che utilizza il riconoscimento facciale non distingue i tratti dei volti asiatici, scambiandoli per persone che strizzano gli occhi. Un problema simile si ripropone con le persone

di colore, i cui volti non vengono riconosciuti da dispositivi dello stesso genere. «Ciò succede — spiega Volonté — perché gli algoritmi sono sviluppati nella Silicon Valley da ingegneri bianchi, che usano come modelli per i loro software fotografie di persone simili a loro. Non sempre lo sviluppo digitale coincide con il miglioramento e il progresso della società in cui viviamo. Ciò che vogliamo insegnare ai nostri studenti, futuri ingegneri, è riflettere sulle conseguenze del loro lavoro sulla vita delle persone. Per questo è necessario che insieme alla formazione “tecnica” apprendano concetti legati alla filosofia e alla sociologia. Il nostro scopo è formare uomini e donne consapevoli».

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Pare che strizzino gli occhi, invece noQuei volti sono una questione etica

L’intervista Lo storico Didier Musiedlak ha pubblicato in Francia un saggio che fin dal titolo è un programma:in italiano suona più o meno come «L’officina occidentale del terrorismo». In questo — sostiene — l’Iran di Khomeiniha svolto un ruolo pionieristico. «Il fascino universale dell’idea di rivoluzione trasmessa dalla Bastiglia, poi restauratodai bolscevichi, ha potuto essere messo al servizio della causa e della propagazione del fondamentalismo musulmano»

ternazionali, uso di santuari, definizionedi una disciplina militare nel partito poli-tico, uso di scienza e tecnologia per scopicriminali, un immancabile attaccamentoa un’ideologia. È da questi parametri cheil mondo moderno porterà a rendere ilcivile un nemico politico».

Lei ricorda che i regimi totalitari fan-no proprio l’uso del terrore. Se è così,la violenza è solo uno strumento. Sonogli Stati totalitari che uccidono, non ilterrorismo in quanto tale.

«Gli Stati totalitari, come la Russia so-vietica, la Germania nazista e l’Italia fasci-

Lunedì 18 marzo /Ore 19

MILANO/ LIBRERIA VERSOCorso di Porta Ticinese, 40con Francesco Cataluccioe Federica Manzon

Martedì 19 marzo /Ore 21

TORINO /SLAVIKAFESTIVAL DELLE CULTURE SLAVECircolo dei lettori, Via Bogino 9con Andrea Bajani

IL ROMANZO VINCITOREDELL’ INTERNATIONAL MAN BOOKER PRIZE 2018

Domenica 17 marzo / Ore 15

ROMA / LIBRI COMEFESTA DEL LIBRO E DELLA LETTURAAuditorium Parco della Musicacon Michela Murgia e Wlodek Goldkorn

Olga TokarczukIncontri con l’autrice

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DOMENICA 17 MARZO 2019 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 7

SSS

di CARLO BORDONI

L e sfide su pratiche folli e pericolo-se — dall’ingestione di capsule didetersivo ai selfie killer in situa-

zioni di rischio estremo — sono davve-ro il tentativo di affermarsi in una società indifferente? Alla funzione dei riti di passaggio socialmente condivisi si sostituiscono forme di autolesioni-smo che diventano virali sui social. Ma hanno assai poco di sociale: in una comunità che premia con i like, resta solo il bisogno di esibire sprezzo del pericolo. Per diventare grandi.

Queste sfide social servono ad auto-affermarsi. Forme di iniziazione a un mondo senza valori, dove anche la vita si può mettere in gioco perché percepi-ta senza valore. Le antiche ritualità di passaggio erano simboliche e rappre-sentavano la morte metaforica e la rinascita come adulto. La loro assenza lascia il posto a prove cruente che pos-sono causare la morte effettiva. Sono sfide compiute per sé, per dimostrare di saper affrontare il grande buio, a costo di ferirsi, mutilarsi. Dietro gli atti estremi si cela la ricerca del sacro, l’affidamento al giudizio divino, quasi un’ordalia. Ogni sfidante non si affida alla casualità assoluta, ma a una vo-lontà trascendente che, se esiste, prov-vederà a salvarlo. Una speranza, ahi-mè, destinata a essere delusa.

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TesiLE SFIDE ASOCIALIINTRISE DI SACRO

DIDIER MUSIEDLAKL’atelier occidental

du terrorisme.Les racines du mal

ÉDITIONS ARKHÊPagine 382, e 21,50

L’autoreNato a Neuilly sur Seine nel

1952, lo studioso franceseDidier Musiedlak (nella foto)

è professore emerito diStoria contemporanea

presso l’Università di ParigiNanterre e continua a

insegnare pressol’Università Parigi IV La

Sorbonne. Già membro dellaScuola francese di Roma, si

professa allievo di RaymondAron e di Renzo De Felice, a

cui è rimasto legato permolti anni. Tra i suoi libriusciti in italiano: Lo Stato

fascista e la sua classe politica1922-1943 (traduzione di

Andrea De Ritis, il Mulino,2003) e Il mito di Mussolini

(Le Lettere, 2004)Bibliografia

Un’indagine storica sullaviolenza politica si trova nel

saggio di Francesco BenignoTerrore e terrorismo (Einaudi,

2018). Ha un caratteregeopolitico l’analisi svolta da

Guido Olimpio nel volumeTerrorismi (La nave di Teseo,

2018). Si muovono sulpiano filosofico, sociologico

e culturale i lavori diDonatella Di Cesare Terrore e

modernità (Einaudi, 2017),Jean Baudrillard, Pornografia

del terrorismo (a cura diVanni Codeluppi, Franco

Angeli, 2017), VittorioStrada, Il dovere di uccidere

(Marsilio, 2018). Importantianche le riflessioni di duegrandi scrittori: Tahar Ben

Jelloun, Il terrorismo spiegatoai nostri figli (traduzione di

Anna Maria Lorusso, Lanave di Teseo, 2017); AmosOz, Cari fanatici (traduzione

di Elena Loewenthal,Feltrinelli, 2017). Sulla

questione specifica dellaviolenza jihadista: Talal

Asad, Il terrorismo suicida(traduzione di Gaia Giuliani,

Raffaello Cortina, 2009)L’immagine

Georg Baselitz(Kamenz, Germania,1938), Rebel (1965,

vernice a olio su tela,particolare), courtesy

dell’artista / Tate, Londra

i

conda guerra mondiale e il passaggio allaguerra fredda non hanno ridotto l’uso delterrorismo, ma lo hanno ridimensionatoin termini di battaglia ideologica tramondo liberale e comunismo, con dueopposti universalismi, il wilsonismo e illeninismo. Il campo occidentale, nono-stante le sue rivalità, si è trovato unito nelnon concedere ai Paesi colonizzati la loroindipendenza e nel rifiutare la possibilitàdi costruire uno Stato-nazione. Il terrori-smo ha assunto, quindi, un carattere fon-damentalmente antimperialista, domi-nato dall’uso della guerriglia urbana».

Lei sostiene che il terrorismo islami-sta ha legami con l’Occidente, che nonha capito i moderati dei Paesi arabi. Sembrerebbe più un errore politico cheuna questione culturale.

«È vero che gli occidentali non hannocapito le aspirazioni dei moderati nei Pa-esi arabi, ma quando evoco la relazionedel terrorismo islamico con l’Occidente, penso agli elementi costitutivi che hannopermesso all’islamismo di diventare unaideologia politica sacralizzata a dimen-sione totalitaria. È a causa della coloniz-zazione e della decolonizzazione chel’Occidente è stato accusato di distrugge-re la Umma (la comunità musulmana) infavore del nazionalismo europeo. Gliislamisti hanno contestato i due modellidella cultura occidentale, il liberalismo eil socialismo in versione marxista. Ma c’èqualcosa di più. Per elaborare una nuovadottrina, e ancor più un nuovo Stato isla-mico, i musulmani più radicali hannoutilizzato un concetto occidentale: nelCorano non si parla di rivoluzione. Han-no fatto propri concetti fortemente laici,che in linea di principio non erano adattialla formazione di una teocrazia. L’Iran

su che cosa si fonda la specificità diquesto movimento?

«Il movimento dei Gilet gialli è soprat-tutto l’espressione di una profonda soffe-renza sociale. Ma questo aspetto riguardanon solo la Francia, ma tutto l’Occidente.Certamente da noi c’è una cultura dellamanifestazione forgiata dall’immagina-rio della Francia rivoluzionaria e non ne-cessariamente presente altrove. Ma que-sto movimento esprime in primo luogo la storia di una espropriazione ineditache coinvolge tutto l’Occidente dal 1945».

Di che si tratta?«È il risultato della globalizzazione e

del liberalismo dilagante prevalenti sulpianeta. Il movimento è rappresentato datutti quelli che sono bocciati dalla globa-lizzazione, la cui condizione è andatamolto peggiorando tra gli anni Settanta el’inizio del XXI secolo. Se da una parte èprevista l’ascesa dell’Asia nel 2030 al topdelle potenze mondiali, dall’altra rischia-mo di contare in milioni il numero dei Gilet gialli in Occidente, se non si fa nullaper ridurre questa forte emorragia di for-za lavoro. Quello che sta accadendo oggiin termini di territorio nazionale tra cen-tro e periferia è semplicemente una du-plicazione di un fenomeno in costanteprogressione i cui effetti si avvertono intutto l’Occidente: la decomposizione e laristrutturazione permanente degli spazisecondo le esigenze dell’economia mon-diale. In termini sociali, questo significache tutti i Paesi del mondo sono sottopo-sti a vari gradi di rinforzo delle élite glo-balizzate, a scapito delle élite nazionalitradizionali, con un aumento dei mecca-nismi di discriminazione a danno delleclassi medie incluse nella nuova econo-mia e del mondo emarginato a livello na-zionale e internazionale. E non è solo sul-la scala della Francia che le soluzioni de-vono essere ripensate, ma in un quadropiù ampio, almeno sul piano europeo. Daqui l’iniziativa un po’ scomoda di Luigi DiMaio per ampliare la sua base politica at-traverso i contatti presi con i Gilet gialliestremisti percepiti molto male dalle au-torità francesi...».

Lei conosce bene il nostro Paese. Checosa pensa degli italiani accusati di ter-rorismo che vivono in Francia?

«Oggi non è più possibile, nel contestoeuropeo, mantenere quella che è statadefinita come la dottrina Mitterrand aproposito dei fuoriusciti. Questo princi-pio consisteva nell’offrire rifugio a coloroche erano stati costretti all’esilio per mo-tivi politici, a condizione, tuttavia, chenon avessero commesso crimini di san-gue. Era nutrita dall’idea che la Franciafosse la terra di quanti erano ricercati peril loro impegno politico. Tra l’altro si trat-ta di un punto di vista sostenuto da unaserie di intellettuali francesi molto noti, eanche in tempi recenti (Bernard-HenriLévy, Philippe Sollers, Fred Vargas...), chehanno difeso, ad esempio, l’asilo a CesareBattisti».

Secondo lei fu una scelta accettabile?«Io credo che questa posizione della

Francia sia stata giustamente criticatadalle autorità italiane, che la percepironocome una forma di arroganza e una man-canza di conoscenza della vostra storia. Ilcaso più emblematico è senza dubbioBattisti, condannato all’ergastolo in Italiaper quattro omicidi. Direi che questo at-teggiamento era anche vergognoso: la-sciava credere all’opinione pubblica fran-cese che il vostro Paese non fosse unoStato di diritto, ignorando i servizi che imagistrati italiani hanno reso alla demo-crazia, anche a rischio della propria vita.Oggi questi “rifugiati politici” sono unpo’ meno di trenta e la Francia, attraversoil ministro degli Affari europei, NathalieLoiseau, ha dichiarato che “non c’è moti-vo” di opporsi a una possibile estradizio-ne degli ex terroristi italiani».

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ha svolto un ruolo pionieristico in questosettore. Khomeini ha avuto la capacità diestrarre l’idea di Stato islamico e di rivo-luzione dalla cultura politica occidentale.Con l’aiuto di diversi chierici è riuscito atrapiantare la cultura rivoluzionaria nel vecchio zoccolo islamico per rinnovarlo.Il fascino universale dell’idea di rivolu-zione trasmessa dalla Francia, restauratodalla rivoluzione bolscevica, ha potuto, quindi, essere messo al servizio dellacausa e della propagazione della fedeislamica».

Quale differenza possiamo immagi-nare fra uso della violenza e terrori-smo? E oggi quali sono le forme di ter-rorismo più pericolose?

«La violenza è strettamente legata al-l’essenza stessa della politica. È profon-damente radicata nella società. Tuttavia,con l’emergere del principio rivoluziona-rio moderno incarnato nella Rivoluzionefrancese, l’uso della violenza si è amplia-to. La violenza è diventata una dottrinache ha dato origine a un metodo di gover-no o a un tipo di azione politica organiz-zata da un partito, in nome di un’ideolo-gia sacralizzata. In termini di valori,l’ideologia islamista si oppone efficace-mente all’ideologia occidentale, perchéle due aree culturali hanno una pretesaanaloga, quella di diffondere un messag-gio universale. In questo contesto, gliislamisti ritengono che i giovani musul-mani immigrati debbano prepararsi al-l’assalto finale contro l’Occidente malatodi materialismo, la fase finale prima deltrionfo mondiale dell’islamismo. Senzala civiltà occidentale, il fondamentalismoislamico non sarebbe stato possibile».

I Gilet gialli non hanno esitato a uti-lizzare modalità aggressive nella prote-sta. Posto che le premesse sono simili amolti movimenti europei che denun-ciano la globalizzazione, a suo parere,