Raymond Smullyan - Qual è il titolo di questo libro

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Raymond Smullyan Qual è il titolo di questo libro? L'enigma di Dracula e altri indovinelli logici Edizione Zanichelli 2008

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Raymond Smullyan

Qual è il titolo di questo libro?L'enigma di Dracula e altri indovinelli logici

Edizione Zanichelli 2008

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Risvolto di copertinaFin dal titolo ironico e giocoso, l’autore ci svela la natura enigmatica di

questo affascinante volume: una raccolta originale, profonda e spiritosa, di passatempi logici.

Più di 200 rompicapi, giochi matematici, aneddoti e paradossi ideati da uno dei più grandi matematici del ventesimo secolo. Un libro di cultura con l’unico scopo di proporre idee, allenando la mente.

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RingraziamentiDesidero ringraziare innanzi tutto gli amici Robert e Ilse Cowen e la loro

bambina di dieci anni, Lenore, i quali, tutti insieme, fecero la revisione di questo manoscritto e mi suggerirono una serie di utili consigli. (Per inciso, Lenore, aveva intuito fin dall'inizio la risposta giusta alla domanda chiave del Capitolo 4: «Tweedledoo esiste davvero o è semplicemente una invenzione di Humpty Dumpty?»).

Sono grato a Greer e Melvin Fitting (autori dell'incantevole e utile libro in lode delle cose semplici) per il loro gentile interesse al mio làvoro e per aver richiamato su di esso l'attenzione di Oscar Collier della Prentice Hall. Penso che Melvin debba essere ringraziato per essere apparso effettivamente in questo libro (confutando in tal modo la mia dimostrazione che egli non potesse apparirvi!). È stato un vero piacere làvorare con Oscar Collier ed altri della Prentice Hall, Ilene McGrath ha curato la redazione del testo e mi ha dato moltissimi suggerimenti che io ho accettato con gratitudine. Ringrazio Dorothy làchmann per il suo valido aiuto nella produzione del libro.

Desidero citare ancora una volta due persone a cui ho dedicato questo libro, Joseph Bevando e Linda Wetzel che sono stati il cuore e l'anima di questo làvoro fin dall'inizio.

La mia cara moglie, Blanche, mi ha aiutato con le sue molte domande. Spero che questo libro la metterA in grado di decidere se ha sposato un cavaliere o un furfante.

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Parte prima Giochi logici

Capitolo 1 – Burlato?

1 Sono stato burlato?

Il mio primo contatto con la logica lo ebbi all’etA di sei anni. Le cose andarono così: il primo aprile 1925, ero a letto col mal di gola o influenza, o qualcosa del genere. Al mattino mio fratello Emile (che aveva dieci anni più di me) venne nella mia camera e disse: «Bene, Raymond oggi è il primo aprile, e io ti farò un pesce d’aprile come non ne hai mai avuto in vita tua!». Io aspettai tutto il giorno che venisse a farmi questo pesce d’aprile, ma lui non si fece vivo. A tarda notte mia madre mi chiese: «Come mai sei ancora sveglio?» Io risposi: «Aspetto che Emile venga a farmi una burla». Mia madre si rivolse a Emile e disse: «Per favore, Emile, vuoi fare al bambino la burla che gli hai promesso?» Emile allora si rivolse a me e questo è il dialogo che ne seguì:

Emile: «Così tu ti aspettavi che io ti facessi una burla, non è vero?»

Raymond: «Sì».

Emile: «Ma io non te l’ho fatta, no?»

Raymond: «No».

Emile: «Ma tu te l’aspettavi, vero?»

Raymond: «Sì».

Emile: «Così io ti ho burlato, no?»

Ricordo che, dopo aver spento la luce, rimasi tanto tempo sveglio a chiedermi se ero stato veramente burlato. Da una parte, non avevo avuto la burla, per cui non avevo avuto ciò che mi aspettavo, quindi ero stato burlato. (Questo era l’argomento di Emile.) Ma, con ugual ragione, si poteva sostenere che, se ero stato burlato, allora avevo effettivamente avuto ciò che mi aspettavo; ma allora, in che senso ero stato burlato? Ero stato burlato o no?

Non risponderò subito a questo dilemma: ci torneremo sopra in una forma o in un'altra, diverse volte in questo libro. È fondato su un principio molto sottile che diverrA uno dei nostri temi principali.

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2 Mentivo?

Un fatto analogo mi capitò molti anni dopo, quando ero studente all'Università di Chicago. A quel tempo facevo l'illusionista di professione, ma i miei affari andavano maluccio, così decisi che per un breve tempo avrei integrato il mio reddito cercandomi un làvoro come commesso viaggiàtore. Feci domanda a una ditta di aspirapolvere e dovetti sostenere un esame attitudinale. Una delle domande che mi fecero era: «Ha qualcosa in contrario a dire qualche piccola bugià di quando in quando?» A quel tempo io ero decisamente contrario alle bugie, ed ero particolarmente contrario a quei commessi viaggiàtori che mentivano presentando falsamente la loro merce. Ma fra me pensai che, se avessi manifestato francamente la mia contrarietA, non avrei potuto ottenere il làvoro. Quindi mentii e dissi: «No».

Mentre tornavo a casa, dopo l'intervista, mi chiesi se ero contrario alla bugià che avevo detto all'esaminatore. la mia risposta fu: «No».

Dunque, poiché non ero contrario a quella particolare bugià, ne segue che non ero contrario a tutte le bugie; di qui la mia risposta «No» all'esame non fu una bugià, ma la verità!

Ancor oggi non mi è del tutto chiaro se mentivo o no. Penso che la logica richieda che io affermi che dicevo la verità, poiché l'ipotesi che io mentissi porta ad una contraddizione. Così, la logica richiede che io creda che dicevo la verità. Ma a quel tempo, io certamente sentivo di mentire!

A proposito di bugie, devo raccontarvi l'episodio di Bertrand Russell e del filosofo G.E. Moore. Russell descriveva Moore come una delle persone più sincere che avesse mai conosciuto. Una volta egli chiese a Moore: «Hai mai mentito?»

Moore rispose: «Sì». Descrivendo questo episodio, Russell scrisse: «Io penso che questa sia l'unica bugià che Moore abbia mai detto!».

L'episodio della mia esperienza con la ditta di aspirapolvere fa nascere la domanda: è possibile che una persona menta senza saperlo? Io risponderei di no.

Per me mentire significa fare un'affermazione non che è falsa, ma che si crede che sia falsa. Non che è falsa ma di cui si è convinti sia falsa. Anche se uno fa un'affermazione che poi risulta vera, ma di cui è convinto che sia falsa, direi che sta mentendo. Io lessi il resoconto del seguente episodio in un testo sulla psicologià degli anormali. I medici di un istituto psichiatrico

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stavano pensando di dimettere un paziente schizzofrenico. Decisero di sottoporlo a un test della macchina della verità. Una delle domande che gli fecero fu: «Lei è Napoleone?» Il paziente rispose: «No». la macchina indicò che mentiva.

Lessi anche, non ricordo più dove, il resoconto del seguente episodio che dimostra come talvolta gli animali possano dissimulare. Fu fatto un esperimento con uno scimpanzé chiuso in una stanza. Al centro della stanza, appesa al soffitto con una cordicella c’era una banana. la banana era troppo alta perché lo scimpanzé la potesse raggiungere. Nella stanza c’erano soltanto la scimmia, lo sperimentatore, la banana e la cordicella, e diverse cassette di legno di varie misure. Il fine dell’esperimento era determinare se lo scimpanzé era abbastanza intelligente da sovrapporre le cassette in modo da poter raggiungere la banana. Ed ecco quello che realmente accadde: lo sperimentatore stava in un angolo della stanza ad osservare quello che avveniva. Lo scimpanzé si avvicinò all’angolo dove stava lo sperimentatore e con grande agitazione cominciò a tirarlo per la manica indicando che desiderava che egli si muovesse. Lentamente lo sperimentatore seguì lo scimpanzé. Quando furono al centro della stanza, lo scimpanzé balzò improvvisamente sulle sue spalle e prese la banana.

3 Questa la fecero a me.

Un mio compagno dell’Università di Chicago aveva due fratelli, uno di sei e uno di otto anni. Io frequentavo spesso la loro casa, e facevo spesso giochi di prestigio per i bambini. Un giorno dissi loro: «Con un colpo di magià potrei trasformarvi in leoni». Con mia sorpresa, uno di loro disse: «Va bene, trasformaci in leoni». Io risposi: «Beh…veramente…non dovrei farlo perché non ci sarebbe modo di farvi tornare bambini». Il più piccolo disse: «Non me ne importa, voglio che comunque ci trasformi in leoni». «No, veramente, replicai, non ci sarebbe nessun modo per farvi tornare indietro». Il più grande gridò: «Voglio che ci trasformi in leoni!». Il piccolo chiese: «Come fai a trasformarci in leoni?». «Con le parole magiche» risposi. Uno di loro domandò: «Quali sono queste parole magiche?» Io replicai: «Se vi dicessi le parole magiche, io le pronuncerei, e così sareste trasformati in leoni». Essi ci pensarono un momento, poi uno di loro chiese: «Non ci sono parole magiche per farci tornare indietro?». «Si, ci sono risposi, ma il guaio è questo: se io dicessi le prime parole magiche, non solo voi due, ma tutte le persone del mondo, me compreso, si trasformerebbero in leoni. E i leoni non sanno parlare, così non

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rimarrebbe nessuno a dire le altre parole magiche per farci tornare indietro». Il più grande allora disse: «Scrivile!». «Ma io non so leggere», esclamò il più piccolo.

Replicai: «No, no, scriverle è fuori discussione; anche se fossero scritte invece che pronunciate, ogni persona al mondo si trasformerebbe egualmente in leone». Essi dissero: «Oh».

Circa una settimana dopo incontrai il più grande dei bambini che mi disse: «Smullyan, c'era qualcosa che volevo chiederti, qualcosa che non sono riuscito a spiegarmi». «Dimmi», dissi io. E lui: «Come hai mai fatto a imparare le parole magiche?».

Capitolo 2 - Rompicapi e tiri mancini

A. Alcuni dei vecchi tempi

Cominceremo con alcuni rompicapi dei vecchi tempi che hanno divertito diverse generazioni. Alcuni di questi sarànno certamente già conosciuti da molti di voi, ma anche per quelli che li conoscono, io ho qualche nuovo trucco.

4 Di chi è il ritratto che sto guardando?

Questo problema era molto popolare ai tempi della mia infanzia, ma oggi sembra che sia meno diffuso. Caratteristica curiosa di questo problema è il fatto che moltissime persone arrivano alla risposta sbagliata, ma insistono (malgrado qualsiasi argomento) nella convinzione che la loro risposta sia giusta. Ricordo un'occasione, circa 50 anni fa, quando con un gruppo di amici avemmo una discussione di parecchie ore su questo problema, e quelli che erano arrivati alla soluzione giusta non riuscirono a convincere gli altri di aver ragione.

Il problema è questo.

Un uomo stava guardando un ritratto. Qualcuno gli chiese: «Di chi è il ritratto che stai guardando?» Egli rispose: «Fratelli e sorelle io non ne ho, ma il padre di quest'uomo è figlio di mio padre». («Il padre di quest'uomo» significa, ovviamente, il padre dell'uomo dèl ritratto).

Di chi era il ritratto che l'uomo stava guardando?

5 Supponiamo che, nella stessa situazione, l'uomo avesse invece

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risposto: «Fratelli e sorelle non ne ho, ma il figlio di quest'uomo è figlio dì mio padre».

Ora, di chi era il ritratto che l'uomo stava guardando?

6 Cosa accade se una irresistibile palla di cannone colpisce un pilastro

inamovibile?

Questo è un altro problema della mia infanzia che mi piace moltissimo. Con «irresistibile palla di cannone» si intende una palla di cannone che demolisce

qualsiasi cosa si trovi sulla sua strada. Con «pilastro inamovibile» si intende un pilastro che non può essere demolito da nessuna cosa. Allora, cosa capita se un'irresistibile palla di cannone colpisce un pilastro inamovibile?

7 Passiamo ora ad un problema molto semplice che molti di voi probabilmente conoscono. In una camera buia, dentro a un cassetto, ci sono 24 calze rosse e 24 calze blu.

Qual è il numero minimo di calze che debbo prendere dal cassetto per essere sicuro di avere almeno due calze dello stesso colore?

8 Una nuova complicazione del problema precedente. Supponiamo che in un cassetto vi sia un certo numero di calze blu e un ugual numero di calze rosse. Supponiamo che il minimo numero di calze che debbo prendere per essere sicuro di avere almeno un paio di calze dello stesso colore sia uguale al numero minimo di calze che debbo prendere per essere sicuro di avere almeno due calze di colori diversi.

Quante calze ci sono nel cassetto?

9 Ecco un gioco logico molto conosciuto: ammesso che il numero di abitanti di New York sia maggiore del numero di capelli sulla testa di qualsiasi abitante, e che nessun abitante sia totalmente calvo, ne segue forse necessariamente che vi debbano essere almeno due abitanti con lo stesso numero di capelli? Ecco una piccola variante di questo problema:

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nella città di Podunk si verificano i seguenti fatti:

(1) Non esistono due abitanti con lo stesso numero di capelli.

(2) Nessun abitante ha esattamente 518 capelli.

(3) Il numero degli abitanti è maggiore del numero di capelli sulla testa di qualsiasi abitante.

Qual è il maggior numero possibile di abitanti di Podunk?

10 Chi era l'assassino?

Questa storia riguarda una carovana che attraversava il Deserto del Sahara. Una notte piantarono le tende. I nostri tre personaggi principali sono A, B e C. A odiava C e decise di assassinarlo versando del veleno nell'acqua della sua borraccia (questa era la sola riserva d'acqua di C). Indipendentemente da questo, anche B decideva di assassinare C, così (senza rendersi conto che l'acqua di C era già avvelenata) fece un piccolo foro nella borraccia di C in modo che l'acqua ne uscisse lentamente. la conseguenza fu che parecchi giorni dopo C morì di sete. la domanda è, chi fu l'assassino, A o B? Da un punto di vista l'assassino fu B, poiché C non bevve mai il veleno versato da A, quindi sarebbe morto anche se A non avesse avvelenato l'acqua. Dal punto di vista opposto, A fu il vero assassino, poiché le azioni di B non ebbero assolutamente nessun effetto sul risultato finale; una volta che A aveva avvelenato l'acqua, la sorte di C era segnata, poiché sarebbe morto anche se B non gli avesse forato la borraccia.

Quale dei due ragionamenti è corretto?

A questo punto vi racconterò la storiella di un boscaiolo del Medio Oriente che andò a cercare làvoro presso un'azienda di legnami. Il caposquadra disse: «Non so se questo è il tipo di làvoro che desideri; noi qui abbattiamo alberi».

Il boscaiolo rispose: «Questo è proprio il mio làvoro». Il caposquadra replicò: «Va bene, eccoti un'ascia; vediamo quanto ci metti ad abbattere quest'albero».

Il boscaiolo si avvicinò all'albero e lo abbatté con un solo colpo.

Il caposquadra, sbalordito, disse: «Bene, prova un po' con quello grosso làggiù». Il boscaiolo si avvicinò all'albero — bum, bam — in due colpi l'albero era giù. «Fantastico!» gridò il caposquadra. «Naturalmente sei

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assunto, ma come hai mai fatto a imparare ad abbattere alberi in quel modo?» «Oh», rispose il boscaiolo «ho fatto un sacco di esercizio nella Foresta del Sahara».

Il caposquadra ci pensò sopra un momento, poi disse: «Foresta? Vorrai dire deserto». «Oh si», rispose il boscaiolo, «Adesso lo è!».

11 Un altro problema legale.

Due uomini erano processati per un assassinio. la giuria trovò uno di loro colpevole e l'altro non colpevole. Il giudice si rivolse al colpevole e disse «Questo è il caso più strano in cui mi sia mai imbattuto! Sebbene la sua

colpevolezza sia stata provata al di la di ogni ragionevole dubbio, la legge mi costringe a làsciarla libero».

Come spiegate questo fatto?

12 I due eschimesi.

Due eschimesi erano seduti su una slitta: erano di diversa statura, grande e piccolo. L'eschimese piccolo era figlio dell'eschimese grande, ma l'eschimese grande non era il padre dell'eschimese piccolo.

Come spiegate questo fatto?

13 L'orologio che si fermò.

Ecco un problema dei vecchi tempi semplice e ingegnoso. Un uomo non possedeva nessun orologio portatile, però a casa aveva una pendola molto precisa ma talvolta dimenticava di caricarla. Una volta che ciò accadde, andò a casa di un amico, passò la serata con lui, tornò a casa e rimise a posto l'orologio.

Come poté farlo senza conoscere prima il tempo impiegato per tornare a casa?

14 Il problema dell'orso.

Ciò che è interessante in questo problema è il fatto che molti l'hanno già sentito e conoscono la risposta, ma le loro spiegazioni sono insufficienti.

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Così, anche se credete di conoscere la risposta, assicuratevene e consultate la soluzione.

Un uomo si trova 100 metri a sud di un orso. Egli percorre 100 metri verso est, quindi si ferma e si rivolge verso nord, imbraccia il fucile, spara esattamente nord e colpisce l'orso.

Di che colore era l'orso?

B. Tiri mancini

All'inizio ero indeciso su quale titolo dare a questo libro; pensai a «Logica ricreativa», «Giochi e divertimenti logici», e altri titoli, ma non ero troppo soddisfatto. Allora decisi di consultare il Roget's Thesaurus (*): guardai l'indice sotto «Giochi» e fui rimandato alla sezione «Divertimento».

Qui trovai una serie di vocaboli come: «scherzo», «birichinata», «gioco», «facezia», «baldoria», «burla», «bizzarria», «buffonata», «presa in giro», «baggiànata», «canzonatura», «minchionatura», «stravaganza». Nel paragrafo seguente trovai le parole: «gioco», «giocare a», «imbroglio», «sgambetto», «monelleria», «oplA», «buffoneria», «spasso», «tiro mancino» (**). Risi e dissi a mia moglie: «Senti, forse potrei chiamare questo libro 'Tiri mancini’». Per quanto questo titolo mi piacesse, avrebbe potuto essere ambiguo per questo libro nel suo complesso, poiché vari capitoli non possono essere considerati come tiri mancini. Ma questo titolo è adeguato ai giochi di questo capitolo, come si renderA presto conto il lettore.

15 Il problema delle due monete.

La somma del valore di due monete americane è 30 cent, tuttavia una di esse non è un nickel. Che monete sono?

16 Chi di voi sa qualcosa sul cattolicesimo, per caso sa sé la Chiesa Cattolica permette a un uomo di sposare la sorella della sua vedova?

17 Un uomo viveva al venticinquesimo piano di un palazzo di trenta piani. Ogni mattina (eccetto il sabato e la domenica) entrava nell'ascensore, ne usciva al piano terreno, e andava al làvoro. Alla sera,

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veniva a casa, entrava nell'ascensore, ne usciva al ventiquattresimo piano, e faceva una rampa di scale a piedi per arrivare al venticinquesimo.

Perché usciva al ventiquattresimo piano anziché al venticinquesimo?

18 Una questione di ortografia.

Per coloro che si interessano di questioni di ortografia, è più corretto dire: il tuorlo è bianco, o il torlo è bianco?

19 Un problema di tempo.

Un treno parte da Boston per New York. Un'ora più tardi un altro treno parte da New York per Boston. I due treni vanno esattamente alla stessa velocità.

Quale treno sarà più vicino a Boston quando si incontrano?

20 Una questione di pendenza.

Le due falde del tetto di una casa hanno un'inclinazione diversa. Una ha una pendenza di 60 gradi, l'altra di 70. Supponiamo che un gallo deponga un uovo esattamente sul culmine del tetto.

Da quale parte del tetto cadrA l'uovo?

21 Quanti 9?

In una strada ci sono 100 edifici. L'addetto ai numeri civici viene chiamato per numerare le case da 1 a 100. Per fare il làvoro deve ordinare le cifre.

Senza usare carta e matita, potete dire di quanti 9 avrà bisogno?

22 la pista.

Una lumaca impiega un'ora e mezzo per percorrere in senso orario una pista, ma quando la stessa lumaca percorre la stessa pista in senso antiorario, impiega soltanto novanta minuti.

Perché questa differenza?

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23 Una questione di legge internazionale.

Un aeroplano precipita esattamente sul confine tra Stati Uniti e Canada. Secondo voi, i sopravvissuti in quale paese dovrebbero essere seppelliti?

24 Come spiegate questo?

Un certo signor Smith e suo figlio Arturo ebbero un grave incidente

automobilistico. Il padre rimase ucciso sul colpo e il figlio fu portato

all’ospedale gravemente ferito. Il chirurgo lo guardò e disse: «Non posso

operarlo, è mio figlio Arturo!».

Come spiegate questo?

25 E adesso?

E adesso, qual'è il titolo di questo libro?

Soluzioni

4

Molte persone arrivano alla risposta sbagliata che l'uomo sta guardando il proprio ritratto. Esse si mettono al posto dell'uomo che guarda il ritratto, e ragionano nel modo seguente: «Poiché io non ho né fratelli né sorelle, il figlio di mio padre debbo essere io. Quindi io sto guardando il mio ritratto».

La prima parte di questo ragionamento è assolutamente corretta. Se non ho fratelli o sorelle, allora il figlio di mio padre sono proprio io. Ma non ne segue che «io» sia la risposta al problema. Se la seconda proposizione del problema fosse stata: «Quest'uomo è il figlio di mio padre», allora la risposta al problema sarebbe stata «io». Ma il problema non dice questo, esso dice: «Il padre di quest'uomo è il figlio di mio padre». Da ciò segue che il padre di quest'uomo sono io.-Poiché io sono il padre di quest'uomo allora quest'uomo deve essere mio figlio. Così la risposta corretta a questo problema è che l'uomo sta guardando il ritratto di suo figlio.

Se il lettore scettico non è ancora convinto (e sono sicuro che molti di voi non lo sono!) può essere utile analizzare il problema più graficamente, come segue:

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(1) Il padre di quest'uomo è figlio di mio padre.

Sostituendo la parola «io» alla frase più ingombrante «figlio di mio padre», avremo (2) il padre di quest'uomo sono io.

Ora siete convinti?

5

La risposta al secondo problema: «Fratelli e sorelle non ne ho, ma il figlio di

quest'uomo è figlio di mio padre», è che l'uomo sta guardando un ritratto di

suo padre.

6

Le condizioni date nel problema sono logicamente contraddittorie. È logicamente impossibile che possano esistere sia una palla di cannone irresistibile sia un pilastro inamovibile. Se esistesse una palla di cannone irresistibile, allora per definizione abbatterebbe qualsiasi pilastro che si trovasse sulla sua traiettoria, quindi non potrebbe esistere un pilastro inamovibile.

Alternativamente se esistesse un pilastro inamovibile, allora, per definizione, nessuna palla di cannone lo potrebbe abbattere, quindi non potrebbe esistere una palla di cannone irresistibile. L'esistenza di una palla di cannone irresistibile non è per sé stessa contraddittoria, né lo è l'esistenza di un pilastro inamovibile. Ma asserire che entrambi esistano è asserire una contraddizione.

La situazione non è in effetti molto differente dalla seguente: «Ci sono due persone, John e Jack. John è più alto di Jack e Jack è più alto di John. Ora, come spiegate questo?» la vostra migliore risposta sarebbe: «O tu stai mentendo o ti sbagli».

7

La risposta sbagliata più comune è «25». Se il problema fosse stato: «QuAl è il numero minimo che debbo estrarre per essere sicuro di avere almeno due calze di colori diversi», allora la risposta corretta sarebbe stata

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25. Ma il problema richiede almeno due calze dello stesso colore, così la risposta corretta è «tre». Se io estraggo tre calze, allora o esse sono tutte dello stesso colore (nel qual caso ne ho certamente due dello stesso colore) oppure due sono di un colore e la terza dell'altro colore, così ne ho due dello stesso colore.

8

La risposta è quattro.

9

Nel primo problema la risposta è «Sì». Per fare un esempio concreto, supponiamo che a New York ci siano esattamente 8 milioni di abitanti. Se ogni abitante avesse un numero diverso di capelli, allora ci sarebbero 8 milioni di numeri interi positivi diversi, ognuno dei quali inferiore a 8 milioni. Questo è impossibile!

La risposta al secondo problema è 518! Per verificarlo, supponiamo che ci siano più di 518 abitanti, diciamo 520. Allora dovrebbero esservi 520 numeri diversi tutti inferiori a 520 e nessuno di essi uguale a 518. Ciò è impossibile; ci sono esattamente 520 numeri diversi (includendo lo zero) inferiori a 520, quindi ci sono soltanto 519 numeri diversi da 518 che sono inferiori a 520.

Per inciso, uno degli abitanti di Podunk deve essere calvo. Perché?

10

Io dubito che l'uno o l'altro dei due argomenti possa essere esattamente definito «corretto» o «scorretto». Temo che in un problema di questo tipo un'opinione valga l’altra. la mia convinzione personale è che se qualcuno deve essere considerato causa della morte di C, questi è A. In effetti, se io fossi l'avvocato difensore dì B, farei rilevare alla corte due cose: (1) togliere acqua avvelenata dalla borraccia dì qualcuno non significa in nessun modo ucciderlo; (2) se ha avuto conseguenze, l'azione di B probabilmente è servita soltanto ad allungare la vita di C (anche se questa non era la sua intenzione), in quanto la morte per avvelenamento è probabilmente più rapida della morte per sete.

Ma allora il difensore di A potrebbe controbattere: «Come si può in

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buona fede giudicare A colpevole di assassinio per avvelenamento quando in effetti C non bevve mai la minima parte del veleno?». Così questo problema è un vero rompicapo. Esso è complicato dal fatto che può essere considerato da un punto di vista morale legale è da un punto di vista puramente scientifico che implichi la nozione di causalitA. Da un punto di vista morale sia A che B furono colpevoli di intenzione di assassinio, ma la sentenza di effettivo assassinio è molto più drastica. Per quanto riguarda il punto di vista legale, non so come deciderebbe la legge; forse giurie diverse deciderebbero in modo diverso. Per quanto riguarda gli aspetti scientifici del problema, l'intera nozione di causalitA presenta molti problemi. Penso che su questo rompicapo si potrebbe scrivere un intero libro.

11

I due imputati erano gemelli siamesi.

12

L'eschimese grande era la madre dell'eschimese piccolo.

13

Quando l'uomo partì da casa sua, mise in moto la pendola e annotò l'ora che faceva. Quando fu a casa dell'amico egli annotò l'ora in cui arrivò e l'ora in cui partì. Così egli sapeva quanto tempo aveva passato a casa dell'amico. Quando arrivò a casa sua egli guardò la pendola, e in tal modo seppe quanto tempo era stato via da casa. Sottraendo da questo il tempo che egli aveva passato a casa dell'amico seppe quanto tempo aveva impiegato a compiere il percorso di andata e ritorno. Aggiungendo la metà di questo tempo all'ora in cui partì dalla casa dell'amico, conobbe l'ora esatta.

14

L'orso deve essere bianco, deve essere un orso polare. la spiegazione più frequente che viene data è che l'orso doveva stare esattamente al Polo Nord.

Bene, questa è effettivamente una possibilità, ma non è l’unica. Dal Polo

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Nord, tutte le direzioni sono verso sud, così se l'orso sta al Polo Nord e l'uomo è a 100 metri a sud dell'orso e percorre 100 metri verso est, allora quando si volge verso nord si troverA di nuovo rivolto verso il Polo Nord. Ma, come ho detto, questa non è l'unica soluzione. In effetti c'è un numero infinito di soluzioni.

Potrebbe essere, ad esempio, che l'uomo sia molto vicino al Polo Sud, in un punto in cui il parallelo passante per quel punto ha una lunghezza di 100 metri esatti, e l'orso si trova a cento metri a nord dell'uomo. Allora se l'uomo percorresse 100 metri verso est, egli camminerebbe lungo il parallelo fino a tornare esattamente al punto di partenza. Così questa è Una seconda soluzione.

Ma l'uomo potrebbe essere ancora più vicino al Polo Sud, in un punto in cui il parallelo ha una lunghezza di 50 metri esatti, così se egli camminasse per 100 metri verso est, percorrerebbe il parallelo due volte e si troverebbe di nuovo al punto di partenza. Oppure l'uomo potrebbe trovarsi ancora più vicino al Polo Sud, in un punto in cui il parallelo ha una lunghezza che è esattamente un terzo di 100 metri, e percorrere tre volte il parallelo per ritrovarsi al punto di partenza. E così via per ogni numero n intero positivo. Così sulla terra vi è realmente un numero infinito di punti in cui le condizioni del problema potrebbero essere soddisfatte.

Naturalmente, in tutte queste soluzioni l'orso è abbastanza vicino al Polo Nord o al Polo Sud per essere considerato un orso polare. C'è, naturalmente, la remota possibilità che qualche maligno essere umano trasporti deliberatamente un orso bruno al Polo Nord tanto per far dispetto all'autore di questo problema.

15

La risposta è un quarter (*) e un nickel. Uno di loro (vale a dire il quarter) non è un nickel.

(*) Moneta d'argento da 25 cent. (N.d.T.).

16

Come può un morto sposare qualcuno?

17

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Era un nano e non riusciva a raggiungere il bottone del 25° piano dell'ascensore.

Una persona di mia conoscenza (che ovviamente non è molto brava a raccontare barzellette) raccontò una volta questa storiella a una festa cui io ero presente. Cominciò così: «Al 25° piano dì un palazzo viveva un nano…».

18

In realtà il tuorlo è giàllo.

19

Ovviamente i due treni sarànno alla stessa distanza da Boston nel momento in cui si incontrano.

20

I galli non depongono uova.

21

Venti.

22

Non vi è nessuna differenza; un'ora e mezzo è lo stesso che novanta minuti.

23

È difficile che qualcuno desideri seppellire i sopravvissuti.

24

Il chirurgo era la madre di Arturo Smith.

25

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Sfortunatamente, in questo momento non riesco a ricordare il titolo di questo libro, ma non preoccupatevi, sono sicuro che prima o poi mi verrA in mente.

Capitolo 3 - Cavalieri e furfanti

A. L'isola dei cavalieri e dei furfanti

C'è un'ampia varietà di rompicapi riguardanti un'isola in cui certi abitanti, chiamati «cavalieri», dicono sempre la verità, e altri, chiamati «furfanti», mentono sempre. Si presume che ogni abitante dell'isola sia o un cavaliere o un furfante. Io inizierò con un rompicapo di questo tipo molto noto, seguito da una serie di rompicapi di mia invenzione.

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Secondo questo vecchio problema tre abitanti di quest'isola, A, B e C, se ne stavano insieme in un giàrdino. Passò un forestiero che chiese ad A: «Lei è un cavaliere o un furfante?» A rispose borbottando qualcosa che il forestiero non riuscì a capire. Allora questi chiese a B: «Che cosa ha detto A?» B rispose: «A ha detto che è un furfante». A questo punto il terzo uomo, C, disse: «Non creda a B, egli sta mentendo!»

La questione è: che cosa sono A, B e C?

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Quando sentii per la prima volta questo problema, ciò che subito mi colpì fu che C non svolgeva alcuna funzione essenziale. Era una specie di appendice. Vale a dire, nel momento in cui B parlò si sarebbe potuto stabilire senza la testimonianza di C che B mentiva (vedi soluzione). la seguente variante del problema elimina questa caratteristica.

Supponiamo che il forestiero, invece di chiedere ad A che cos'è, gli chieda: «Quanti cavalieri ci sono tra voi?» Di nuovo A risponde borbottando indistintamente. Così il forestiero chiede a B: «Che cosa ha detto A?» B risponde: «A ha detto che c'è un cavaliere tra di noi». Allora C dice: «Non creda a B. Egli sta mentendo!»

Ora, che cosa sono B e C?

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In questo problema ci sono soltanto due persone, A e B, ognuna delle quali è o un cavaliere o un furfante. A fa la seguente affermazione: «Almeno uno di noi è un furfante».

Cosa sono A e B?

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Supponiamo che A dica: «O io. sono un furfante o B è un cavaliere».

Cosa sono A e B?

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Supponiamo che A dica: «O io sono un furfante oppure due più due fa cinque».

Cosa concludereste?

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Di nuovo abbiamo tre persone, A, B, C, ognuna delle quali è o un cavaliere o un furfante. A e B fanno le seguenti affermazioni:

A: «Siamo tutti furfanti».

B: «Solo uno di noi è un cavaliere».

Cosa sono A, B e C?

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Supponiamo invece che A e B facciano le seguenti affermazioni:

A: «Siamo tutti furfanti».

B: «Solo uno di noi è un furfante».

Si può determinare cos'è B?

Si può determinare cos'è C?

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Supponiamo che A dica: «Io sono un furfante ma B non lo è».

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Cosa sono A e B?

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Abbiamo di nuovo tre abitanti dell'isola, A, B e C ciascuno dei quali, può essere o un cavaliere o un furfante. Si dice che due persone sono dello stesso tipo se sono entrambe cavalieri o entrambe furfanti.

A e B fanno le seguenti affermazioni:

A: «B è un furfante».

B: «A e C sono dello stesso tipo».

Cos'è C?

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Ancora tre persone, A, B e C.

A dice: «B e C sono dello stesso tipo». Qualcuno allora chiede a C: «A e B sono dello stesso tipo?»

Cosa risponde C?

36 Una mia avventura.

Questo è un rompicapo piuttosto insolito; per di più è un fatto accaduto realmente. Una volta, quando visitai l’isola dei cavalieri e dei furfanti, mi imbattei in due abitanti che riposavano sotto un albero. Chiesi a uno di loro:

«Uno di voi due è un cavaliere?» Egli rispose e seppi la risposta alla mia

domanda.

Cos'è la persona a cui feci la domanda; è un cavaliere o. un furfante?

E cos'era l'altro?

Posso assicurarvi di avervi dato informazioni sufficienti per risolvere questo problema.

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Supponiamo che voi visitiate l'isola dei cavalieri e dei furfanti. Vi imbattete in due abitanti pigramente sdraiati al sole. Voi chiedete a uno di

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essi se l'altro è un cavaliere e ricevete come risposta un sì o un no. Poi chiedete al secondo se il primo è un cavaliere e di nuovo ottenete come risposta un sì o un no.

Le due risposte sono necessariamente uguali?

38 Elda o Elena?

Questa volta incontrate una sola abitante: prende il sole, sta sdraiata pigramente. Vi ricordate che si chiama Elda o Elena, ma non riuscite a ricordare quale dei due sia il suo nome. Perciò le chiedete come si chiama, e lei risponde «Elena».

Qual è il suo nome?

B. Cavalieri, furfanti e normali

Un tipo di problema altrettanto affascinante riguarda tre tipi di persone: cavalieri, che dicono sempre la verità; furfanti, che mentono sempre; e persone normali, che talvolta mentono e talvolta dicono la verità. Ecco qui alcuni miei rompicapi su cavalieri, furfanti e normali.

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Abbiamo tre persone, A, B, C, una delle quali è un cavaliere, una un furfante, e una un normale (ma non necessariamente in questo ordine). Esse fanno le seguenti affermazioni:

A: Io sono un normale.

B: È vero.

C: Io non sono un normale.

Cosa sono A, B e C?

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Eccone uno insolito: due persone, A e B, ognuna delle quali è un cavaliere o un furfante o un normale, fanno le seguenti affermazioni:

A: B è un cavaliere.

B: A non è un cavaliere.

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Dimostrate che almeno una di loro dice la verità, ma non è un cavaliere.

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Questa volta A e B fanno le seguenti affermazioni:

A: B è un cavaliere.

B: A è un furfante.

Dimostrate che o uno di loro dice la verità ma non è un cavaliere, oppure uno di loro mente ma non è un furfante.

42 Una questione di rango.

In quest'isola di cavalieri, furfanti e normali, i furfanti sono detti di rango inferiore, i normali di rango medio e i cavalieri di rango superiore.

Ecco uno dei miei problemi preferiti: due persone, A e B, ognuna delle quali è o un cavaliere, o un furfante o un normale, fanno le seguenti affermazioni:

A: Io sono di rango inferiore a B.

B: Non è vero!

Si può determinare il rango di A e di B?

Si può determinare se queste affermazioni sono vere o false?

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Ci sono tre persone, A, B e C, di cui una è un cavaliere, una è un furfante, e la terza è un normale. A e B fanno le seguenti affermazioni:

A: B è di rango superiore a C.

B: C è di rango superiore ad A.

Quindi viene chiesto a C: «Chi è di rango più alto, A o B?»

Cosa risponde C?

C. L'isola di Bahava

L'isola di Bahava è un'isola femminista, per cui le donne sono anch'esse chiamate cavalieri, furfanti e normali. Una volta un'antica imperatrice di

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Bahava, in un momento di stravaganza, emanò un curioso decreto per cui un cavaliere poteva sposare soltanto un furfante e un furfante poteva sposare soltanto un cavaliere. (Quindi un normale poteva sposare soltanto un normale).

In tal modo qualsiasi coppia sposata sarà composta o da due normali, oppure da un cavaliere e da un furfante. Le tre storie seguenti si svolgono sull'isola di Bahava.

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Consideriamo innanzitutto una coppia sposata, il signor e la signora A. Essi fanno le seguenti affermazioni:

Sig. A: Mia moglie non è un normale.

Sig.ra A: Mio marito non è un normale.

Cosa sono il signor e la signora A?

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Supponiamo, invece, che avessero detto:

Sig. A: Mia moglie è un normale.

Sig.ra A: Mio marito è un normale.

La soluzione sarebbe diversa?

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Questo problema riguarda due coppie sposate dell'isola dì Bahava, il Sig. e la Sig.ra A, e il Sig. e la Sig.ra B. Essi vengono intervistati e tre di loro fanno le seguenti dichiarazioni:

Sig. A: Il Sig. B è un cavaliere.

Sig.ra A: Mio marito ha ragione; il Sig. B è un cavaliere.

Sig.ra B: È vero. Mio marito è proprio un cavaliere.

Cosa sono le quattro persone intervistate, e quali delle tre affermazioni sono vere?

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Soluzioni

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È impossibile che un cavaliere o un furfante dicano: «Io sono un furfante», perché un cavaliere non può fare l’affermazione falsa di essere un furfante; e un furfante non può fare l’affermazione vera dì essere un furfante. Quindi A non ha mai detto di essere un furfante. Così B ha mentito quando ha affermato che A aveva detto di essere un furfante. Quindi B è un furfante. Poiché C ha detto che B stava mentendo, e B stava effettivamente mentendo, C ha detto la verità, per cui è un cavaliere. Quindi B è un furfante e C è un cavaliere, (È impossibile sapere che cosa è A.)

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La risposta è la stessa del problema precedente, sebbene il ragionamento sia leggermente diverso.

La prima cosa da osservare è che B e C devono essere di tipo diverso, dato che B contraddice C. Così, di questi due, uno è un cavaliere e l'altro un furfante.

Ora, se A fosse un cavaliere, ci sarebbero due cavalieri presenti, e quindi A avrebbe mentito dicendo che ce n'era uno solo. D'altra parte, se A fosse un furfante, sarebbe vero che c'era solo un cavaliere presente; ma allora A, essendo un furfante, non avrebbe potuto fare quell'affermazione vera. Quindi A non poteva aver detto che c'era un cavaliere tra loro. Così B riporta in modo falso L’affermazione di A, e quindi B è un furfante e C è un cavaliere.

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Supponiamo che A sia un furfante. Allora l'affermazione: «Almeno uno di noi è un furfante» sarebbe falsa (poiché i furfanti fanno solo affermazioni false); quindi sono entrambi cavalieri. Così, se A. fosse un furfante, egli sarebbe anche un cavaliere, il che è impossibile. Quindi A non è un furfante; egli è un cavaliere. Perciò la sua affermazione deve essere vera, e almeno uno di loro è realmente un furfante. Poiché A è un cavaliere, B deve essere il furfante. Così A è un cavaliere e B è un furfante.

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Questo problema è una buona introduzione alla logica della disgiunzione. Date due qualsiasi affermazioni p, q, l'affermazione «o p o q» significa che almeno una (ed eventualmente entrambe), delle affermazioni p, q sono vere. Se l'affermazione «o p o q» dovesse essere falsa allora entrambe le affermazioni p, q sono false.

Per esempio, se io dicessi: «o piove o nevica», se la mia affermazione non fosse corretta allora sarebbe falso sia che piova sia che nevichi.

Questo è il modo in cui la disgiunzione «o» viene usata in logica, e in questo modo sarà sempre impiegata in questo libro. Nella Vita quotidiana talvolta è usata in questo modo (ammettendo che entrambe le alternative siano valide) e talvolta nel cosiddetto senso.«esclusivo», per cui una, e una sola delle condizioni è valida. Ecco un esempio dell'uso esclusivo; se io dico: «sposerò Betty o sposerò Jane», è inteso che le due possibilità si escludono a vicenda; vale a dire che io non sposerò entrambe le ragazze.

Invece se un regolamento Universitàrio stabilisce che gli studenti per essere ammessi debbono aver fatto o un anno di matematica o un anno dì lingua straniera, questa Università non escluderA certamente quelli che hanno fatto sia un anno di matematica sia un anno dì lingua straniera! Questo è l'uso «inclusivo» di «o» ed è quello che noi impiegheremo costantemente.

Un'altra importante proprietà della relazione di disgiunzione «questo o quello» è la seguente: consideriamo L’affermazione «p o q» e supponiamo che sia vera.

Allora se p è falsa, q deve essere vera (perché almeno una delle due affermazioni è vera, così se p è falsa q deve essere quella vera). Per esempio, supponiamo che sia vero che piove o nevica, ma che sia falso che piove, allora deve essere vero che nevica.

Noi applichiamo questi due principi nel modo seguente. A ha fatto un'affermazione di tipo disgiuntivo: «o io sono un furfante o B è un cavaliere». Supponiamo che A sia un furfante. Allora questa affermazione deve essere falsa. Ciò significa che è falso sia che A è un furfante sia che B è un cavaliere. Così se A fosse un furfante ne seguirebbe che egli non è un furfante; il che sarebbe una contraddizione. Quindi A deve essere un cavaliere.

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Abbiamo così stabilito che A è un cavaliere. Quindi è vera la sua affermazione che almeno una delle seguenti possibilità è valida: (1) A è un furfante; (2) B è un cavaliere.

Essendo la possibilità (1) falsa (poiché A è un cavaliere) allora la possibilità (2) deve essere quella corretta, cioè B è un cavaliere. Ne segue che A e B sono entrambi cavalieri.

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L'unica conclusione valida è che l'autore di questo problema non è un cavaliere. Il fatto è che né un cavaliere né un furfante potrebbero fare un'affermazione simile.

Se A fosse un cavaliere, la sua affermazione che o A è un furfante o due più due fa cinque sarebbe falsa e poiché non è vero sia che A è un furfante, sia che due più due fa cinque. Così A, un cavaliere, avrebbe fatto un'affermazione falsa, il che è impossibile. D'altra parte, se A fosse un furfante, la sua affermazione che A è un furfante oppure due più due fa cinque sarebbe vera, poiché la prima proposizione che A è un furfante è vera. Così A, un furfante, avrebbe fatto un'affermazione vera, il che è egualmente impossibile.

Quindi le condizioni del problema sono contraddittorie (proprio come nel problema della palla di cannone irresistibile e del pilastro inamovibile).

Quindi io, autore del problema, o mi sbagliavo o mentivo. Posso assicurarvi che non mi sbagliavo. Quindi ne segue che io non sono un cavaliere.

Per la verità storica vorrei testimoniare che ho detto la verità almeno una volta nella mia vita, quindi non sono nemmeno un furfante.

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Per cominciare, A deve essere un furfante, perché se fosse un cavaliere, sarebbe vero che tutti e tre sono furfanti e quindi che anche A è un furfante. Se A fosse un cavaliere dovrebbe essere un furfante, il che è impossibile. Così A è un furfante. Per questa ragione la sua affermazione era falsa, e infatti, fra di loro c'è almeno un cavaliere.

Ora, supponiamo che B sia un furfante. Allora A e B sarebbero entrambi furfanti, per cui C sarebbe un cavaliere (poiché fra di loro c'è almeno un

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cavaliere). Ciò significherebbe che c'era esattamente un cavaliere fra di loro, e quindi l'affermazione di B sarebbe vera.

In tal modo avremmo la contraddizione dì un furfante che fa un'affermazione vera. Quindi B deve essere un cavaliere.

Sappiamo ora che A è un furfante e B un cavaliere. Poiché B è un cavaliere, la sua affermazione è vera, e quindi c'è esattamente un cavaliere fra di loro.

Questo cavaliere deve essere B, perciò C deve essere un furfante. Così la risposta è che A è un furfante, B un cavaliere e C un furfante.

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Non si può stabilire che cosa sia B, ma si può provare che C è un cavaliere.

Per cominciare, A deve essere un furfante per le stesse ragioni del problema precedente; quindi è anche vero che c'è almeno un cavaliere fra di loro. Ora, o B è un cavaliere o è un furfante. Supponiamo che sia un cavaliere.

Allora è vero che esattamente uno di loro è un furfante. Quest'unico furfante deve essere A, così C sarebbe un cavaliere. In tal modo, se B è un cavaliere, lo è anche C. D'altra parte, se B è un furfante, C deve essere un cavaliere, poiché i tre non possono essere tutti furfanti (come abbiamo visto). Quindi, in entrambi i casi, C deve essere un cavaliere.

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Per cominciare, A non può essere un cavaliere, altrimenti la sua affermazione sarebbe vera nel qual caso egli dovrebbe essere un furfante. Quindi A è un furfante. Dunque anche la sua affermazione è falsa. Se B fosse un cavaliere, l'affermazione di A sarebbe vera. Perciò anche B è un furfante. Così A e B sono entrambi furfanti.

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Supponiamo che A sia un cavaliere. Allora la sua affermazione che B è un furfante deve essere vera, per cui B è un furfante. Quindi l'affermazione di B che A e C sono dello stesso tipo è falsa, e A e C sono di tipo diverso. Allora C deve essere un furfante (poiché A è un cavaliere). Così, se A è un

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cavaliere, C è un furfante.

Supponiamo adesso che A sia un furfante. Allora la sua affermazione che B è un furfante è falsa, e B è quindi un cavaliere. Perciò l'affermazione di B che A e C sono dello stesso tipo è vera. Ciò significa che C deve essere un furfante (poiché lo è A).

Abbiamo dimostrato che indipendentemente dal fatto che A sia un cavaliere o un furfante, C deve essere un furfante. Quindi C è un furfante.

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Temo che sia possibile risolvere questo problema soltanto analizzandolo in casi.

Primo caso: A è un cavaliere. Allora B e C sono realmente dello stesso tipo Se C è un cavaliere anche B è un cavaliere e quindi dello stesso tipo di A, così C, dicendo la verità, deve rispondere: «Sì». Se C è un furfante, lo è anche B (poiché è dello stesso tipo di C), quindi è di un tipo diverso da A. Così C, essendo un furfante, deve mentire e dire: «Sì».

Secondo caso: A è un furfante. Allora B e C sono di tipo diverso. Se C è un cavaliere, B è un furfante, per cui è dello stesso tipo di A. Così C, essendo un cavaliere, deve rispondere: «Sì». Se Ce un furfante, B, essendo di tipo diverso da C, è un cavaliere, quindi è di tipo diverso da A. Allora C, essendo un furfante, deve mentire sul fatto che A e C siano di tipo diverso, così risponderà: «Sì».

Perciò in entrambi i casi, la risposta di C sarà: «Sì».

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Per risolvere questo problema, dovete servirvi di una informazione che vi ho dato: che dopo la risposta della persona interrogata, io sapevo la vera risposta alla mia domanda.

Supponiamo che l'interrogato (chiamiamolo A) avesse risposto: «Sì». Avrei potuto sapere se almeno uno di essi era un cavaliere? Certamente no. Infatti poteva essere che A fosse un cavaliere e rispondesse sinceramente: «Sì» (il che sarebbe stato vero poiché almeno uno, cioè A, era un cavaliere), o poteva essere che entrambi fossero furfanti, nel qual caso A avrebbe risposto falsamente: «Sì» (che sarebbe stato in effetti falso poiché nessuno dei due era un cavaliere). Così Sé A avesse risposto: «Sì» io non

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avrei avuto nessuna possibilità di conoscere la verità; però vi ho. detto che la sapevo dopo la risposta di A: perciò A deve aver risposto: «No».

Il lettore può vedere ora facilmente chi siano A e l'altro, chiamiamolo B: se A fosse stato un cavaliere, non avrebbe potuto rispondere: «No» ed essere veritiero, così A è un furfante e poiché la sua risposta: «No» è falsa, allora almeno uno dei due è un cavaliere. Dunque A è un furfante e B è un cavaliere.

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Sì, lo sono. Se sono ambedue cavalieri, allora risponderànno entrambi: «Sì».

Se sono ambedue furfanti, anche in questo caso risponderànno entrambi: «Sì».

Se uno è un cavaliere e L’altro è un furfante, allora il cavaliere risponderà:

«No», e il furfante risponderà pure: «No».

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Ogni tanto mi sento in diritto di fare qualche vero e proprio bisticcio. la traccia essenziale che vi ho dato era nella frase «sta sdraiata pigramente». Da questo si può dedurre «sta sdraiata, pigra, mente». Da questo si ricava che mente: perciò è un furfante, perciò il suo nome è Elda (*).

(*) Per trasportare in italiano il bisticcio si è dovuto variare il testo. Il

testo inglese diceva «lazily lying in the sun». Il bisticcio era tra lying dal

verbo to lie, lày, làin (giàcere) e lying dal verbo to lie, lied, lied

(mentire). (N.d.T.).

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Per cominciare, A non può essere un cavaliere, perché un cavaliere non direbbe mai che è un normale. Così A è un furfante o un normale. Supponiamo. che A sia un normale. Allora l'affermazione di B sarebbe vera, e quindi B è un cavaliere o un normale, ma B non può essere un

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normale (poiché lo è A), dunque è un cavaliere. Da ciò seguirebbe che C è un furfante. Ma un furfante non può dire che egli non è un normale (perché un furfante realmente non è un normale), così abbiamo una contraddizione, perciò A non può essere un normale. Quindi A è un furfante. Allora l'affermazione di B è falsa, così B deve essere un normale (non può essere un furfante poiché lo è A). Allora A è il furfante, B è il normale, e quindi C è il cavaliere.

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La cosa interessante di questo problema sta nell'impossibilità di sapere se è A che dice la verità, ma non è un cavaliere, oppure se è B che dice la verità, ma non è un cavaliere; tutto ciò che possiamo dimostrare è che almeno uno dei due ha questa proprietà.

O A dice la verità o mente. Dimostreremo: (1) se A dice la verità non è un cavaliere; (2) se A mente, allora B dice la verità, ma non è un cavaliere.

(1) Supponiamo che A dica la verità. Allora B è veramente un cavaliere. Quindi B dice la verità, e allora A non è un cavaliere. Così se A dice1 la verità, egli è una persona che dice la verità ma non è un cavaliere.

(2) Supponiamo che A stia mentendo. Allora B non è un cavaliere.

Ma B deve dire la verità, dato che A non può essere un cavaliere (perché A sta mentendo). Così in questo caso B sta dicendo la verità ma non e un cavaliere.

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Mostreremo che se B dice la verità non è un cavaliere, e che, se non dice la verità, A mente ma non è un furfante.

(1) Supponiamo che B dica la verità. Allora A è un furfante, quindi certamente A non dice la verità, e B non è un cavaliere. Così in questo caso B dice la verità ma non è un cavaliere.

(2) Supponiamo che B stia mentendo. Allora A in realtà non è un furfante. Ma A sta certamente mentendo a proposito di B, poiché B non può essere un cavaliere se non dice la verità. Così in questo caso A mente ma non è un furfante.

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Per cominciare, A non può essere un cavaliere, dato che non può essere vero che un cavaliere sia dì rango inferiore a qualcuno. Supponiamo ora che A sia un furfante. Allora la sua affermazione è falsa, e quindi egli non è di rango inferiore a B. Quindi anche B deve essere un furfante (se non lo fosse, A sarebbe di rango inferiore a B). Così se A è un furfante anche B lo è. Ma ciò è impossibile, dato che B contraddice A, e due affermazioni contraddittorie non possono essere entrambe false. Quindi l'ipotesi che A sia un furfante porta a una contraddizione. Quindi A non è un furfante ma è un normale.

Ora, cosa si può dire a proposito di B? Dunque, se fosse un cavaliere, allora A (essendo un normale) sarebbe effettivamente di rango inferiore a B, e quindi l'affermazione di A sarebbe vera, quindi l'affermazione di B sarebbe falsa, e noi avremmo l'impossibilità di un cavaliere che fa un'affermazione falsa. Così B non è un cavaliere. Supponiamo che B sia un furfante. Allora l'affermazione dì A sarebbe falsa, e l'affermazione di B sarebbe vera, e noi avremmo un furfante che fa un'affermazione vera. Quindi B non è nemmeno un furfante. Perciò B è un normale.

Così A e B sono entrambi normali, e inoltre l'affermazione di A è falsa, e quella di B è vera. In tal modo il problema ammette una soluzione completa.

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Primo passo: Anzitutto dimostriamo che dall'affermazione di A segue che C non può essere un normale. Dunque, se A è un cavaliere, allora B è realmente di rango superiore a C, quindi B deve essere un normale e C deve essere un furfante. Così in questo caso C non è un normale. Supponiamo che A sia un furfante. Allora B non è realmente di rango superiore a C, e quindi B è di rango inferiore, così B deve essere un normale e C deve essere un cavaliere. Perciò anche in questo caso, C non è un normale. Il terzo caso possibile è che A sia un normale, nel qual caso C certamente non lo è (poiché soltanto uno fra A, B e C è un normale). Perciò C non è un normale.

Secondo passo: Ragionando analogamente, segue dall'affermazione di B che A non è un normale. Così né A né C sono normali, da cui segue che lo è B.

Terzo passo: Poiché C non è un normale, egli deve essere o un cavaliere o un furfante. Supponiamo che sia un cavaliere. Allora A è un furfante

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(poiché B è un normale) per cui B è di rango superiore ad A. Così C, essendo un cavaliere, risponderebbe in modo veritiero: «B è di rango superiore». D'altra parte, supponiamo che C sia un furfante. Allora A deve essere un cavaliere, così B non è di rango superiore ad A. Perciò, C, essendo un furfante, mentirebbe e direbbe:

«B è di rango superiore ad A». Quindi, indipendentemente dal fatto che C sia un cavaliere o un furfante, risponde che B è di rango superiore ad A.

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Il signor A non può essere un furfante perché in tal caso sua moglie sarebbe un cavaliere, e quindi non un normale; perciò l'affermazione del signor A sarebbe stata vera. Analogamente, la signora A non può essere un furfante. Quindi nessuno dei due è un cavaliere (o la sposa sarebbe allora un furfante), ed essi sono entrambi normali (e mentono entrambi).

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Per il secondo problema la risposta è la stessa. Perché?

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Tutti e quattro sono normali, e tutte e tre le affermazioni sono bugie.

Innanzitutto, la signora B deve essere un normale, poiché, se fosse un cavaliere, suo marito sarebbe un furfante, quindi essa non avrebbe mentito e detto che egli era un cavaliere. Se essa fosse un furfante, suo marito sarebbe un cavaliere, ma allora essa non avrebbe detto la verità su questo punto. Quindi la signora B è un normale e allora lo è anche il signor B. Ciò significa che il sig. e la sig.ra A mentivano entrambi. Dunque nessuno di loro è cavaliere e non possono essere ambedue furfanti. Quindi sono entrambi normali.

Capitolo 4 - Alice nella Foresta dell'Oblio

A. IL leone e l'unicorno

Quando Alice entrava nella Foresta dell'Oblio, non dimenticava tutto, ma solo certe cose. Spesso dimenticava il proprio nome, ma una delle cose che dimenticava più facilmente era il giorno della settimana. Il Leone e

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l'Unicorno frequentavano spesso la foresta. Questi due sono strane creature. Il Leone mente il lunedì, il martedì e il mercoledì e dice la verità gli altri giorni della settimana. L'Unicorno, d'altra parte, mente il giovedì, il venerdì e il sabato, ma dice la verità gli altri giorni della settimana.

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Un giorno Alice incontrò il Leone e l'Unicorno che si riposavano sotto un albero; Essi fecero le seguenti affermazioni:

Leone: Ieri era uno dei giorni in cui dico le bugie.

Unicorno: Anche per me ieri era uno dei giorni in cui dico le bugie.

Da queste due affermazioni Alice (che era una bambina molto intelligente) fu in grado di dedurre il giorno della settimana.

Che giorno era?

48

Un'altra volta Alice incontrò il Leone da solo. Egli fece le due seguenti

affermazioni:

(1) Ieri mentivo.

(2) Mentirò di nuovo due giorni dopo domani.

Che giorno della settimana era?

49

In quali giorni della settimana è possibile che il Leone faccia le due seguenti affermazioni:

(1) Ieri mentivo.

(2) Mentirò di nuovo domani.

50

In quali giorni della settimana è possibile che il Leone faccia la seguente singola affermazione: «Io mentivo ieri e mentirò di nuovo domani». Attenzione!

La risposta non è la stessa del problema precedente!

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B. Tweedledum e Tweedledee

Per un mese il Leone e l'Unicorno non si fecero vedere nella Foresta dell'Oblio.

Essi erano altrove, impegnati a combattere per la corona. Anche Tweedledum e Tweedledee frequentavano spesso la foresta. Uno dei due è come il Leone (cioè, mente il lunedì, martedì e mercoledì, e dice la verità gli altri giorni della settimana). L'altro è come l'Unicorno (cioè, mente il giovedì, venerdì è sabato, ma dice la verità gli altri giorni della settimana). Alice non sapeva quale dei due era come il Leone e quale era come l'Unicorno. A peggiorare le cose, i due fratelli si assomigliavano tanto che Alice non era in grado di distinguerli l'uno dall'altro (eccetto quando portavano i loro colletti ricamati, il che accadeva raramente). Così la povera Alice trovò la situazione davvero molto intricata! Ecco alcune avventure di Alice con Tweedledum e Tweedledee.

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Un giorno Alice incontrò i due fratelli. Essi fecero le seguenti affermazioni:

Primo fratello: Io sono Tweedledum.

Secondo fratello: Io sono Tweedledee.

Quale dei due era realmente Tweedledum e quale Tweedledee?

52

Un altro giorno della stessa settimana, i due fratelli fecero le seguenti

affermazioni:

Primo fratello: Io sono Tweedledum.

Secondo fratello: Se questo è vero, io sono Tweedledee.

Chi dei due era Tweedledum e chi Tweedledee?

53

Un'altra volta, Alice incontrò i due fratelli e chiese a uno di essi: «Menti di domenica?» Egli rispose: «Sì». Poi fece la stessa domanda all'altro.

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Che cosa rispose?

54

In un'altra occasione, i due fratelli fecero le seguenti affermazioni:

Primo fratello: (1) Io mento il sabato. (2) Io mento la domenica.

Secondo fratello: Io mentirò domani.

Che giorno della settimana era?

55

Un giorno Alice si imbatté in uno dei due fratelli. Egli fece la

seguente affermazione: «Oggi mento e sono Tweedledee».

Chi era?

56

Supponiamo, invece, che avesse detto: «Oggi mento, o sono Tweedledee».

Sarebbe stato possibile determinare chi era?

57

Un giorno Alice incontrò i due fratelli. Essi fecero le seguenti affermazioni:

Primo fratello. Se io sono Tweedledum, lui è Tweedledee.

Secondo fratello: Se lui è Tweedledee, io sono Tweedledum.

È possibile determinare chi è Tweedledee e chi Tweedledum?

E’ possibile determinare il giorno della settimana?

58 Un mistero risolto!

In questa grande occasione, Alice risolve tre importanti misteri. Essa si imbatté nei due fratelli che se né stavano sotto un albero sorridendo. Alice sperava di scoprire in quest'incontro tre cose:

(1) il giorno della settimana;

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(2) quale dei due fratelli fosse Tweedledum;

(3) se Tweedledum per le sue abitudini di mentitore era come il Leone o come l'Unicorno (cosa che da tanto tempo desiderava sapere!).

Ebbene, i due fratelli fecero le seguenti affermazioni:

Primo fratello: Oggi non è domenica.

Secondo fratello: Infatti, oggi è lunedì.

Primo fratello: Domani è uno dei giorni in cui Tweedledee mente.

Secondo fratello: Il Leone mentiva ieri.

Alice batté le mani per la gioia. Il problema era ora completamente risolto.

Qual è la soluzione?

C. Chi è il proprietàrio del sonaglio?

Tweedledum e Tweedledee volevano picchiarsi perché Tweedledum diceva che Tweedledee aveva sciupato il suo bel sonaglio nuovo.

Proprio allora venne giù volando un corvo mostruoso, nero come il catrame, e spaventò talmente i due eroi che dimenticarono subito di litigare. (Vecchia filastrocca per bambini)

«Bene, bene!» esclamò trionfante il Re Bianco, un giorno che incontrò Alice, «ho trovato il sonaglio, e l'ho fatto riparare. Non sembra nuovo?» «Sì, davvero!», esclamò Alice ammirata, «sembra nuovo di zecca. Nemmeno un bambino si accorgerebbe della differenza».

«Cosa vuoi dire con ‘nemmeno un bambino’?» disse il Re Bianco severamente.

«Questo non è molto logico, sai. È naturale che un bambino non se ne accorgerebbe, nessuno potrebbe pretenderlo!»

«Ciò che avresti dovuto dire», continuò il Re un po' più gentile, «è che nemmeno un adulto se ne accorgerebbe e nemmeno il più grande esperto di sonagli che esista al mondo».

«In ogni modo», continuò il Re, «immaginiamo che sia stato detto. la cosa più importante è rendere il sonaglio al suo legittimo proprietàrio. Per favore, vuoi farlo tu per me?».

«Chi è il legittimo proprietàrio?» chiese Alice.

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«Questo non dovrei dirtelo!» gridò il Re impaziente.

«Perché no?» domandò Alice.

«Perché, come è detto chiaro nella filastrocca — tu certamente la conosci — Tweedledum disse che Tweedledee aveva sciupato il suo sonaglio nuovo. Così il sonaglio appartiene a Tweedledum, ovviamente!»

«Non necessariamente», replicò Alice, che era in vena di discutere, «Conosco bene questa filastrocca e ci credo».

«Allora, qual è il problema?» gridò il Re, sempre più confuso.

«È davvero molto semplice», spiegò Alice. «Io do per buono che quello che dice la filastrocca è vero.'Perciò Tweedledum disse veramente che Tweedledee aveva sciupato il suo sonaglio. Ma il fatto che l’abbia detto Tweedledum non significa necessariamente che sia vero. Forse Tweedledum lo disse in uno dì quei giorni in cui mentiva, anzi per quel che ne so io può essere tutto il contrario, forse fu Tweedledum a sciupare il sonaglio nuovo di Tweedledee».

«Guarda un po'», rispose il Re sconsolato, «non ci avevo mai pensato. Ora tutte le mie buone intenzioni sono rovinate».

Il povero Re era così abbattuto, che Alice pensò che si sarebbe messo a piangere. «Non preoccuparti», disse Alice: il più allegramente possibile.

«Dammi il sonaglio e cercherò di scoprire chi e il vero proprietàrio. Ho una certa esperienza di gente che dice bugie o dice la verità da queste parti, e so bene come trattarli».

«Speriamo!» disse ancora il Re con aria afflitta.

Ora vi racconterò delle avventure che Alice ebbe con il sonaglio.

59

Alice prese il sonaglio e andò nella Foresta dell'Oblio, sperando dì trovare almeno uno dei due fratelli. Con sua grande gioia, si imbatté subito in entrambi che stavano sotto un albero sorridendo. Alice si rivolse al primo e disse con voce severa: «Ora voglio la verità! Chi è realmente il proprietàrio del sonaglio?» Egli rispose: «Il proprietàrio è Tweedledee». Ella pensò un momento, poi chiese al secondo: «Chi sei tu?» Egli rispose: «Tweedledee».

Alice non ricordava il giorno della settimana, ma era sicura che non era domenica.

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A chi doveva dare il sonaglio?

60

Alice restituì il sonaglio al legittimo proprietàrio. Parecchi giorni dopo, l'altro fratello lo ruppe di nuovo. Questa volta nessun corvo nero scese a spaventare i fratelli, così essi cominciarono a prendersi a pugni e a schiaffi.

Alice raccolse il sonaglio rotto e corse fuori dalla foresta il più velocemente possibile.

Più tardi incontrò di nuovo il Re Bianco, a cui spiegò l'intera situazione. «Molto interessante», replicò il Re. «Il fatto più notevole è che, sebbene tu sapessi a chi darlo, non sappiamo ancora se il proprietàrio è Tweedledee o Tweedledum».

«Verissimo», rispose Alice, «ma cosa faccio adesso?»

«Nessun problema», rispose il Re, «posso facilmente far riparare il sonaglio di nuovo».

Fedele alla sua parola, il Re Bianco fece riparare il sonaglio alla perfezione e lo diede ad Alice alcuni giorni dopo. Alice entrò trepidante nella foresta, temendo che la battaglia potesse continuare. Ma i due fratelli erano venuti ad un armistizio, e Alice ne incontrò uno che si riposava sotto un albero. Si rivolse a lui e chiese: «Di chi è veramente questo sonaglio?» Egli rispose, enigmaticamente: «Il vero proprietàrio di questo sonaglio oggi mente».

Quali sono le probabilità che sia lui il proprietàrio?

61

Parecchi giorni dopo, Alice incontrò uno dei fratelli sdraiato sotto un albero.

Gli fece la stessa domanda, e la risposta fu: «Il proprietàrio di questo sonaglio oggi dice la verità».

Alice meditò su questa risposta, si chiedeva quali erano le probabilità che egli fosse il proprietàrio del sonaglio.

«Io so a cosa pensi», disse Humpty Dumpty, che per caso passava da quelle parti, «e le probabilità sono esattamente tredici su quattordici!»

Come fece Humpty Dumpty ad arrivare a quei numeri?

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62

Questa volta Alice incontrò i due fratelli assieme e chiese al primo: «È tuo il sonaglio?» Egli rispose «Sì». Allora Alice chiese al secondo: «È tuo il sonaglio?» Il secondo fratello rispose, e Alice diede il sonaglio a uno dei due.

A chi diede il sonaglio? al primo o al secondo?

D. Dalla bocca del Ciarlestrone *

(*) In inglese Jabberwock: nome inventato da Lewis Carroll, costruito con le parole jabber =«ciarla» e wocer, anglosassone, = «frutto». la traduzione italiana è nell'edizione di Alice curata da Masolino d'Amico, Longanesi, Milano,

1971. (N.d.T.).

Di tutte le avventure che Alice ebbe coi fratelli Tweedle nella Foresta dell'Oblio, quella che sto per raccontarvi fu una delle più misteriose, e quella che Alice ricordò più vividamente.

Cominciò in questo modo. Un giorno Humpty Dumpty incontrò Alice e disse: «Bambina, voglio rivelarti un gran segreto. Molta gente non lo sa, ma Tweedledee e Tweedledum hanno un terzo fratello il cui nome è Tweedledoo. Egli vive molto lontano, ma di tanto in tanto si fa vedere da queste parti. Assomiglia ai due fratelli quanto essi si assomigliano l'un l'altro».

Questa notizia turbò Alice spaventosamente! Innanzi tutto, la possibilità che esistesse un terzo fratello avrebbe significato che tutte le passate deduzioni non erano più valide, e che in effetti poteva essersi sbagliata nel determinare i giorni della settimana quando pensava di esserci riuscita. Inoltre, d'importanza pratica ancora maggiore, poteva darsi che non avesse reso il sonaglio al legittimo proprietàrio.

Alice meditò a lungo su questi spiacevoli fatti. Infine, fece a Humpty Dumpty una domanda sensata:

«In quali giorni mente Tweedledoo?»

«Tweedledoo mente sempre», rispose Humpty Dumpty.

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Alice se ne andò turbata in silenzio. «Forse l'intera faccenda è soltanto una invenzione di Humpty Dumpty», disse fra sé. «Certamente mi sembra una storia molto improbabile». Ma Alice era perseguitata dal pensiero che potesse essere vera.

Ci sono quattro differenti versioni di ciò che accadde in seguito ed io ve le racconterò tutte. Chiedo al lettore di fare due supposizioni: (1) Se c'è veramente un individuo che non sia Tweedledee o Tweedledum, ma che assomigli a loro in modo da non potersi distinguere, allora il sue nome è Tweedledoo. (2) Se un tale individuo esiste, allora egli mente sempre. Posso far osservare che la seconda ipotesi non è necessaria per la soluzione del prossimo problema, ma lo è per i due che lo seguono

63 Prima versione.

Alice incontrò uno dei due fratelli, solo, nella foresta. Almeno, egli sembrava Tweedledee o Tweedledum. Alice gli raccontò la storia di Humpty Dumpty, e poi gli chiese: «Chi sei tu, veramente?» Egli le diede una risposta enigmatica: «Sono o Tweedledee o Tweedledum, e oggi è uno dei giorni in cui mento».

La domanda è: Tweedledoo esiste veramente o è soltanto un'invenzione di Humpty Dumpty?

64 Seconda versione.

Secondo questa versione, Alice s'imbatté in due persone che sembravano i due fratelli. Essa chiese al primo: «Chi sei tu, veramente?» Ottenne le seguenti risposte:

Primo fratello: «Io sono Tweedledoo».

Secondo fratello: «Si, è vero!»

Cosa pensate di questa versione?

65 Terza versione.

Secondo questa versione, Alice s'imbatte in uno dei fratelli. Egli fece la seguente affermazione: «Oggi è uno dei giorni in cui mento».

Cosa deducete da questa versione?

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66 Quarta versione.

Secondo questa versione, Alice incontrò (quelli che sembravano essere) due fratelli, in un giorno feriale. Chiese: «Esiste veramente Tweedledoo?»

Ottenne queste risposte:

Primo fratello: «Tweedledoo esiste».

Secondo fratello: «Io esisto».

Cosa deducete da questa versione?

Epilogo.

Bene, qual è la verità in questa storia: Tweedledoo esiste o no? Vi ho dato quattro versioni discordanti di ciò che realmente accadde. Come mai quattro versioni? Beh, per la verità, queste storie non le ho inventate io; le ho udite dalla bocca del Ciarlestrone. Ora, la conversazione fra Alice e Humpty Dumpty è realmente avvenuta: me lo disse Alice stessa, e Alice è sempre sincera. Ma le quattro versioni di ciò che accadde dopo, mi furono raccontate dal Ciarlestrone.

Io so che il Ciarlestrone mente negli stessi giorni in cui mente il Leone (lunedì, martedì e mercoledì) ed egli mi raccontò queste storie in quattro giorni feriali consecutivi. (So che erano giorni feriali perché sono pigro e il sabato e la domenica dormo tutto il giorno.) Esse mi furono raccontate nello stesso ordine in cui le ho raccontate io.

Da questa informazione il lettore non dovrebbe avere difficoltà ad accertare se Tweedledoo esiste veramente oppure se Humpty Dumpty mentiva.

E Alice, sa se weedledoo esiste?

Soluzioni

47

Gli unici giorni in cui il Leone può dire «Ieri mentivo» sono il lunedì e il giovedì. Gli unici giorni in cui l'Unicorno può dire «Ieri mentivo» sono il giovedì e la domenica. Quindi l'unico giorno in cui entrambi possono fare questa affermazione è il giovedì.

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48

La prima affermazione del Leone implica che è lunedì o giovedì. la seconda affermazione implica che non è giovedì. Quindi è lunedì.

49

In nessun giorno della settimana ciò è possibile! Soltanto il lunedì e il giovedì egli poteva fare la prima affermazione, e soltanto il mercoledì e la domenica potrebbe fare la seconda. Quindi non esiste giorno in cui possa farle entrambe.

50

Questa è una situazione completamente diversa! Essa illustra molto bene la differenza che esiste tra fare due affermazioni separatamente e fare un'affermazione che sia la congiunzione delle due. Invero, date due affermazioni qualsiasi X, Y, se l'affermazione singola «X e Y» è vera, allora certamente ne segue che X e Y sono vere separatamente; ma se la congiunzione «X e Y» è falsa, ne segue solamente che almeno una delle due è falsa.

Il solo giorno in cui è vero che il Leone mentiva ieri e mentirA nuovamente domani è il martedì (che e l'unico giorno situato tra due giorni in cui il Leone mente). Così il giorno in cui il Leone disse quella frase non poteva essere martedì, dato che di martedì l'affermazione è vera, mentre il Leone il martedì mente. Quindi non è martedì, e l'affermazione del Leone è falsa. Dunque il Leone mente, e il giorno deve essere lunedì o mercoledì.

51

Se la prima affermazione è vera, allora il primo è realmente Tweedledum, quindi il secondo è Tweedledee e anche la seconda affermazione è vera. Se la prima affermazione è falsa, allora il primo è in effetti Tweedledee e il secondo è Tweedledum e quindi la seconda affermazione è pure falsa. Perciò o le due affermazioni sono vere o sono entrambe false. Non possono essere entrambe false, perché i due fratelli non mentono mai nello stesso giorno. Quindi entrambe le affermazioni devono essere vere. Così, il primo fratello è Tweedledum, e il secondo è

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Tweedledee. Inoltre, il giorno dell'incontro deve essere domenica.

52

Questa è una questione del tutto diversa! L'affermazione del secondo fratello è certamente vera. Sappiamo che il giorno della settimana è diverso da quello del problema precedente, quindi è un giorno feriale. Perciò non può essere che ambedue le affermazioni siano vere, e così la prima deve essere falsa. Allora, il primo fratello è Tweedledee e il secondo è Tweedledum.

53

La prima risposta è chiaramente una bugià, per cui il fatto deve essere accaduto in un giorno feriale. Allora l’altro fratello deve avere risposto — dicendo la verità — «No».

54

L'affermazione (2) del primo fratello è chiaramente falsa e quindi anche l'affermazione (1) è falsa (perché fatta nello stesso giorno). Allora il primo fratello non mente il sabato, così il secondo mente il sabato ma oggi dice la verità (poiché il primo mente); così oggi è lunedì, martedì o mercoledì. L'unico di questi giorni in cui è vero che il secondo fratello mentirA domani è mercoledì. Così il giorno è mercoledì.

55

Questa affermazione è certamente falsa (poiché se fosse vera, allora oggi starebbe mentendo, il che è una contraddizione). Quindi almeno una delle due proposizioni «Oggi mento», e «Sono Tweedledee» deve essere falsa. la prima proposizione («Oggi mento») è vera, quindi la seconda proposizione deve essere falsa. Perciò egli è Tweedledum.

56

Sì, sarebbe stato possibile. Se egli mentisse oggi, la prima proposizione della disgiunzione sarebbe vera; quindi anche l'intera affermazione sarebbe vera, il che è una contraddizione. Perciò oggi egli dice la verità, e la sua

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affermazione è vera: o oggi mente oppure è Tweedledee. Poiché oggi non mente, egli è Tweedledee.

57

entrambe le affermazioni sono ovviamente vere, per cui oggi è domenica. Non è possibile determinare chi sono i due fratelli.

58

Innanzitutto, è impossibile che di domenica entrambi i fratelli mentano e dicano che non è domenica, per cui oggi non è domenica. Così il primo fratello dice la verità, e (poiché non è domenica), il secondo mente. Il secondo fratello dice che oggi è lunedì, ma, poiché mente, non è neanche lunedì.

Il secondo fratello ha fatto anche la falsa affermazione che il Leone ieri mentiva, dunque ieri era in effetti uno dei giorni in cui il Leone dice la verità. Ciò significa che ieri era uno dei seguenti giorni: giovedì, venerdì, sabato o domenica; così oggi è venerdì, sabato, domenica o lunedì. Abbiamo già eliminato la domenica e il lunedì, perciò oggi deve essere venerdì o sabato.

Inoltre osserviamo che domani è uno dei giorni in cui Tweedledee mente (poiché il primo fratello, che dice la verità, lo ha affermato). Quindi oggi non può essere sabato, per cui è venerdì.

Da ciò segue che Tweedledee mente il sabato, e quindi è come l'Unicorno. Inoltre il primo fratello dice la verità oggi che è venerdì, e deve essere Tweedledum.

Con ciò abbiamo provato tutto.

59

Supponiamo che il primo fratello abbia detto la verità. Allora il sonaglio appartiene a Tweedledee. Il secondo interpellato deve mentire (poiché non è domenica), quindi egli non è davvero Tweedledee: è Tweedledum. Per cui, il primo a parlare è Tweedledee e dovrebbe essergli dato il sonaglio.

Supponiamo ora che il primo abbia mentito. Allora ih sonaglio appartiene a Tweedledum. Inoltre ne segue che il secondo ha detto la verità, così egli è realmente Tweedledee. Allora di nuovo il primo è il

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proprietàrio del sonaglio.

Così nell'uno e nell'altro caso, il sonaglio appartiene al primo che ha parlato.

60

Non c'è nessuna possibilità! Supponiamo che la sua affermazione sia vera. Allora il proprietàrio del sonaglio oggi mente, e quindi non può essere il parlante.

Supponiamo, d'altra parte, che l'affermazione sia falsa. Allora il proprietàrio del sonaglio oggi dice la verità, quindi di nuovo non può essere il parlante.

61

Humpty Dumpty aveva ragione! Supponiamo che il parlante menta. Allora il proprietàrio del sonaglio oggi non dice la verità; oggi mente, quindi deve essere il parlante. Ma supponiamo che il parlante dica la verità. Allora il proprietàrio del sonaglio oggi dice effettivamente la verità. Se è un giorno feriale, allora egli deve essere il proprietàrio, ma se è domenica, allora entrambi i fratelli dicono la verità oggi, così l'uno o l'altro potrebbe essere il proprietàrio.

Riassumendo, se è un giorno feriale, il parlante è certamente il proprietàrio.

Se è domenica c'è una possibilità su due che egli sia il proprietàrio. Quindi le probabilità sono 6 1/2 su 7 (cioè 13 su 14) che egli sia ti proprietàrio.

62

Il punto essenziale, qui, da cui partire per la soluzione sta nel dato che Alice sapeva a chi darlo. Se il secondo avesse risposto «Sì», allora uno di essi avrebbe detto la verità e l'altro mentito; per cui Alice non avrebbe avuto nessuna possibilità di sapere chi era il proprietàrio del sonaglio. Ma io vi dissi che essa lo sapeva, e quindi il secondo non rispose «Sì». Perciò entrambi mentivano o entrambi dicevano la verità. Ciò significa che entrambi dicevano la verità, e il giorno era quindi una domenica. Così Alice lo diede al primo.

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63

Sì, Tweedledoo deve esistere; Alice stava parlando proprio a lui. Il parlante dichiarò che le seguenti affermazioni erano entrambe vere:

(1) Egli è o Tweedledee o Tweedledum.

(2) Oggi egli mente.

Se ciò che aveva dichiarato fosse vero, allora (1) e (2) sarebbero entrambe vere, quindi (2) sarebbe vera, il che sarebbe una contraddizione. Quindi ciò che ha dichiarato è falso, così (1) e (2) non possono essere entrambe vere. Ora, (2) è vera (poiché ciò che ha dichiarato oggi è falso), così deve essere la (1) che non è vera. Per questa ragione egli non è né Tweedledee né Tweedledum, così deve essere Tweedledoo.

64

Il primo non può essere Tweedledoo (poiché Tweedledoo mente sempre); così egli è Tweedledee o Tweedledum, ma mente. Anche il secondo fratello mente. Se egli fosse Tweedledee o Tweedledum, allora Tweedledee e Tweedledum mentirebbero nello stesso giorno, il che è impossibile. Quindi il secondo fratello deve essere Tweedledoo.

65

Questa versione è semplicemente falsa.

66

Chiunque sia il secondo, la sua affermazione è certamente vera. (Credo che sia stato Cartesio a far rilevare che chiunque dica di esistere fa un'affermazione vera; certamente io non ho mai incontrato nessuno che non esistesse.) Poiché la seconda affermazione è vera e non è domenica, allora la prima affermazione deve essere falsa.

Così, se la versione di questa Storia è corretta, Tweedledoo non esiste.

Soluzione dell'epilogo.

La terza versione della storia è sicuramente falsa. Inoltre nessuna di

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queste storie fu raccontata di sabato o domenica. L'unico modo in cui queste quattro storie possono essere disposte in quattro giorni consecutivi, soddisfacendo queste condizioni, è che la terza versione sia stata raccontata un mercoledì, così l'ultima versione è stata raccontata un giovedì, per cui deve essere quella vera. Dunque Tweedledoo non esiste affatto! (Per inciso, io sono sicuro che, se Tweedledoo fosse realmente esistito, Lewis Carroll l'avrebbe saputo.)

Per quanto riguarda Alice, poiché la quarta versione è l'unica che ebbe realmente luogo, ella non avrebbe dovuto avere difficoltà a rendersi conto che tutti questi «timori di Tweedledoo» non avevano alcun fondamento.

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Parte seconda - Gli scrigni di Porzia ed altri misteri

Capitolo 5 - Il mistero degli scrigni di Porzia

A. Primo racconto

67 a.

Nel Mercante dì Venezia di Shakespeare, Porzia aveva tre scrigni, uno d'oro, uno d'argento e uno di piombo, e in uno c'era il suo ritratto. Il pretendente di Porzia doveva scegliere uno scrigno, e se fosse stato tanto fortunato (o tanto saggio) da scegliere quello con il ritratto, avrebbe avuto diritto alla mano di Porzia. Sul coperchio di ogni scrigno c'era un'iscrizione che aveva lo scopo di aiutare il pretendente a scegliere correttamente.

Supponiamo ora che Porzia desiderasse scegliere il proprio sposo non in base alla virtù, ma in base all'intelligenza. Fece incidere sugli scrigni le seguenti iscrizioni.

Oro IL RITRATTO È IN QUESTO SCRIGNO

Argento IL RITRATTO NON È IN QUESTO SCRIGNO

Piombo IL RITRATTO NON È NELLO SCRIGNO D’ORO

Porzia spiegò al pretendente che di queste tre affermazioni, al massimo una era vera.

Quale scrigno avrebbe dovuto scegliere il pretendente?

67 b.

Il pretendente scelse in modo corretto, così si sposarono e vissero felici e contenti, almeno per un certo tempo. Poi un giorno Porzia fece il seguente ragionamento: «Anche se mio marito ha mostrato di possedere una certa intelligenza nello scegliere lo scrigno giusto, il problema non era poi tanto difficile. Certo, avrei potuto renderlo più arduo per avere un marito veramente intelligente». Così divorziò subito per scegliersi un marito più intelligente.

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Questa volta Porzia fece incidere le seguenti iscrizioni:

Oro IL RITRATTO NON È NELLO SCRIGNO D’ARGENTO

Argento IL RITRATTO NON È IN QUESTO SCRIGNO

Piombo IL RITRATTO È IN QUESTO SCRIGNO

Porzia spiegò al pretendente che almeno una delle tre affermazioni era vera, e che almeno una era falsa.

Quale scrigno conteneva il ritratto?

Epilogo

Come volle il fato, avvenne che il primo pretendente non fosse altri che l'ex marito di Porzia. Egli fu abbastanza intelligente da risolvere anche questo problema. Così essi si risposarono. Il marito riportò Porzia a casa, se la mise sulle ginocchia, le diede una buona dose di sculacciate e Porzia non ebbe mai più di queste sciocche idee.

B. Secondo racconto

Porzia e il marito vissero per sempre felici e contenti. Essi ebbero una figlia Porzia II, che d'ora in poi chiameremo «Porzia». Quando questa arrivò in etA da marito, era bella e intelligente proprio come sua madre. Anche lei decise di scegliersi il maritò col metodo degli scrigni. Per ottenere la sua mano, il pretendente doveva superare due prove.

68 a. Prima prova.

In questa prova su ogni coperchio erano incise due affermazioni, e Porzia spiegò che nessun coperchio riportava più di un'affermazione falsa.

Oro 1) IL RITRATTO NON È QUI DENTRO

2) IL PITTORE DEL RITRATTO È DI VENEZIA

Argento 1) IL RITRATTO NON È NELLO SCRIGNO D’ORO

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2) IL PITTORE DEL RITRATTO È REALMENTE DI FIRENZE

Piombo 1) IL RITRATTO NON È QUI DENTRO

2) IL RITRATTO È REALMENTE NELLO SCRIGNO D’ARGENTO

Quale scrigno contiene il ritratto?

68 b. Seconda prova.

Se il pretendente superava la prima prova, veniva portato in un'altra stanza in cui c'erano altri tre scrigni. Anche in questo caso ogni scrigno aveva due iscrizioni incise sul coperchio. Porzia spiegò che su uno dei coperchi entrambe le affermazioni erano vere; su un altro entrambe erano false; e sul terzo un'affermazione era vera e una era falsa.

Oro 1) IL RITRATTO NON È IN QUESTO SCRIGNO

2) È NELLO SCRIGNO D’ARGENTO

Argento 1) IL RITRATTO NON È NELLO SCRIGNO D’ORO

2) È NELLO SCRIGNO DI PIOMBO

Piombo 1) IL RITRATTO NON È IN QUESTO SCRIGNO

2) È NELLO SCRIGNO D’ORO

Quale scrigno contiene il ritratto?

C. Presentiamo Bellini e Cellini

lì pretendente dell'ultimo racconto superò le due prove e sposò felicemente Porzia II. Essi vissero per sempre felici e contenti ed ebbero una graziosa figliola, Porzia III, che d'ora in poi chiameremo «Porzia». Quando raggiunse l'etA da marito, era bella e intelligente, proprio come la madre e la nonna.

Anche lei decise di scegliere il marito con il metodo degli scrigni. Il

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pretendente doveva superare tre esami per ottenere la mano! Le prove erano abbastanza ingegnose. Essa tornò all'idea della nonna di far incidere soltanto un'affermazione su ogni scrigno invece che due. Ma introdusse questa nuova complicazione: spiegò al pretendente che ogni scrigno era stato fatto da uno dei due famosi artisti fiorentini, Cellini o Bellini. Quando Cellini faceva uno scrigno, vi incideva un'iscrizione falsa, mentre Bellini incideva soltanto iscrizioni vere nei suoi scrigni.

69 a. Prima prova.

In questa prova piuttosto insolita il pretendente, se avesse cercato di indovinare a caso, avrebbe avuto due probabilità su tre, invece che una su tre, di scegliere lo scrigno giusto. Invece di usare un ritratto, Porzia usò un pugnale che mise in uno dei tre scrigni; gli altri due erano vuoti. Se il pretendente fosse riuscito ad evitare lo scrigno contenente il pugnale, avrebbe potuto passare alla prova successiva. Le iscrizioni sugli scrigni erano le seguenti:

Oro IL PUGNALE È IN QUESTO SCRIGNO

Argento QUESTO SCRIGNO È VUOTO

Piombo ALMENO UNO DI QUESTI TRE SCRIGNI È STATO FATTO DA BELLINI

Quale scrigno avrebbe dovuto scegliere il pretendente?

69 b Seconda prova.

In questa prova le possibilità del pretendente (se avesse scelto a caso) erano una su due. Porzia usò soltanto due scrigni, e uno di essi conteneva il suo ritratto (in questa prova non fu usato il pugnale). Anche in questo caso ogni scrigno era stato fatto da Bellini o da Cellini. Le iscrizioni erano:

Oro IL RITRATTO NON È QUI DENTRO

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Argento ESATTAMENTE UNO DI QUESTI DUE SCRIGNI FU FATTO DA BELLINI

Quale scrigno avrebbe dovuto scegliere il pretendente per trovare il

ritratto?

69 c. Terza prova.

Se il pretendente superava le prime due prove, veniva portato in un'altra stanza in cui si trovavano tre scrigni, uno d'oro, uno d'argento e uno di piombo. Di nuovo ognuno di essi era stato fatto o da Bellini oppure da Cellini. Ora in questa prova le possibilità del pretendente (se avesse scelto a caso) erano una su tre. Porzia usò un suo ritratto che mise in uno degli scrigni. Per superare la prova il pretendente doveva:

(1) scegliere lo scrigno contenente il ritratto;

(2) dire chi era l'autore di ogni scrigno.

Le tre iscrizioni erano:

Oro IL RITRATTO È QUI DENTRO

Argento IL RITRATTO È QUI DENTRO

Piombo ALMENO DUE DI QUESTI SCRIGNI SONO STATI FATTI DA CELLINI

Qual è la soluzione?

D. Il mistero: quale fu l'errore?

70

Il quarto e ultimo racconto è il più sconcertante di tutti, e illustra un principio logico di basilare importanza.

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Il pretendente dell'ultimo racconto superò le tre prove e sposò felicemente Porzia III. Essi ebbero molti figli, nipoti, e così via.

Parecchie generazioni dopo, in America nacque una discendente che assomigliava tanto ai ritratti delle antenate che fu chiamata Porzia Nesima, che d'ora in poi chiameremo «Porzia». Quando Porzia giunse all'etA da marito, era bella e intelligente, proprio come le altre Porzie. Inoltre era molto vivace e piuttosto birichina. Anche lei decise di scegliersi il marito col metodo degli scrigni (il che era piuttosto anomalo nella moderna New York, ma làsciamo correre).

La prova che usò sembrava abbastanza semplice; essa aveva solo due scrigni, d'argento e d'oro, uno dei quali conteneva il suo ritratto. Sui coperchi c'erano le seguenti iscrizioni:

Oro IL RITRATTO NON È QUI DENTRO

Argento ESATTAMENTE UNA DI QUESTE DUE PROPOSIZIONI È VERA

Quale scrigno scegliereste? Ebbene, il pretendente ragionò in questo modo. Se l'affermazione sullo scrigno d'argento è vera, allora esattamente una delle due affermazioni è vera. Ciò significa che l'affermazione sullo scrigno d'oro deve essere falsa. D'altra parte, supponiamo che l'affermazione sullo scrigno d'argento sia falsa. Allora non è vero che esattamente una delle affermazioni è vera; ciò significa che le affermazioni sono o ambedue vere o ambedue false. Ma non possono essere entrambe vere (dato che si è supposto che la seconda sia falsa), quindi sono entrambe false, per cui anche in questo caso l'affermazione sullo scrigno d'oro è falsa. Così, indipendentemente dal fatto che l'affermazione sullo scrigno d'argento sia vera o falsa, l'affermazione sullo scrigno d'oro deve essere falsa. Quindi il ritratto deve essere nello scrigno d'oro.

Così il pretendente esclamò trionfante: «Il ritratto deve essere nello scrigno d'oro» e aprì il coperchio. Con suo grande orrore vide che lo scrigno era vuoto! Egli rimase sbalordito e accusò Porzia di averlo ingannato. «Io non mi bbasso agli inganni», disse Porzia ridendo, e con un'aria sdegnosa, trionfante ed altera, aprì Io scrigno di argento. In effetti il ritratto era là.

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Quale fu l'errore nel ragionaménto del pretendente?

«Bene, bene!» disse Porzia evidentemente divertita dalla situazione, «così la tua ragione non ti è servita a molto, no? Comunque, tu mi sembri un giovane molto attraente e quindi penso che ti offrirò un'altra possibilità. Veramente non dovrei farlo, ma lo farò! Infatti dimenticherò quest'ultima prova e te ne darò una più semplice in cui le tue probabilità di ottenere la mia mano sarànno due su tre invece che una su due. Questa assomiglia ad una delle prove date dalla mia antenata Porzia III. Certamente sarài in grado di superarla!»

Così dicendo condusse il pretendente in un'altra stanza in cui c'erano tre scrigni — d'oro d'argento e di piombo. Porzia spiegò che uno di essi conteneva un pugnale e gli altri due erano vuoti. Per ottenere la sua mano, il pretendente doveva semplicemente scegliere uno dei due scrigni vuoti.

Le iscrizioni sui coperchi erano le seguenti:

Oro IL PUGNALE È IN QUESTO SCRIGNO

Argento QUESTO SCRIGNO È VUOTO

Piombo AL MASSIMO UNA DI QUESTE TRE PROPOSIZIONI È VERA

(Confrontate questo problema con la prima prova di Porzia III! Non sembra esattamente lo stesso problema?)

Ebbene, questa volta il pretendente ragionò molto attentamente come segue:

Supponiamo che l'affermazione (3) sia vera. Allora le altre due devono essere false ed in particolare lo deve essere la (2), quindi il pugnale è nello scrigno d'argento. D'altra parte, se la (3) è falsa, devono esserci almeno due affermazioni vere, quindi l'affermazione (1) deve essere una di esse, così in questo caso il pugnale è nello scrigno d'oro. Nell'uno o nell'altro caso, lo scrigno di piombò è vuoto.

Così il pretendente scelse lo scrigno di piombo, aprì il coperchio e, con suo grande orrore, vide che conteneva il pugnale! Ridendo, Porzia aprì gli altri due scrigni che erano vuoti!

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Sono certo che il lettore sarà felice di apprendere che Porzia comunque sposò il suo pretendente. (L'aveva già deciso molto prima di sottoporlo alle prove, e l'aveva sottoposto a queste prove semplicemente per tormentarlo un po'.) Ma questo non risponde alla domanda: Quale fu l'errore nel ragionamento del pretendente?

Soluzioni

67 a.

Le affermazioni sugli scrigni d'oro e di piombo dicono l'opposto, quindi una di esse deve essere vera. Poiché al massimo Una delle tre affermazioni è vera, allora l'affermazione sullo scrigno d'argentò è falsa, così i ritratto è effettivamente nello scrigno d'argento.

Questo problema potrebbe essere risolto in altro modo con il seguente metodo: se il ritratto fosse nello scrigno d'oro, noi avremmo due affermazioni vere (vale a dire quelle degli scrigni d'oro e di piombo), il che è contrario ai dati del problema. Se il ritratto fosse nello scrigno di piombo, avremmo di nuovo due affermazioni vere (questa volta sugli scrigni di piombo e d'argento). Perciò il ritratto deve essere nello scrigno d'argento.

I due metodi sono entrambi corretti, e ciò illustra il fatto che in molti problemi possono esserci diversi modi corretti di arrivare alla stessa conclusione.

67 b.

Se il ritratto fosse nello scrigno di piombo, tutte e tre le affermazioni sarebbero vere, il che è contrario ai dati del problema. Se il ritratto fosse nello scrigno d'argento, allora tutte e tre le affermazioni sarebbero false, il che è di nuovo contrario ai dati. Quindi il ritratto deve essere nello scrign d'oro (e noi abbiamo le prime due affermazioni vere e la terza falsa, il che è coerente coi dati).

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68 a.

Possiamo escludere subito lo scrigno di piombo; se il ritratto fosse lì, entrambe le affermazioni sullo scrigno di piombo sarebbero false. Quindi il ritratto è o nello scrigno d'oro o in quello d'argento. Ora, le prime affermazioni sugli scrigni d'oro e d'argento concordano, e quindi sono o entrambe vere o entrambe false. Se sono entrambe false, le seconde affermazioni sono entrambe vere; ma non possono essere entrambe vere poiché sono contraddittorie. Quindi le prime affermazioni sono entrambe vere, così il ritratto non può essere nello scrigno d'oro. Ciò prova che il ritratto è nello scrigno d'argento.

68 b.

Se il ritratto è nello scrigno d'oro, allora gli scrigni d'oro e d'argento riportano due affermazioni false ciascuno. Se è nello scrigno d'argento allora gli scrigni d'argento e di piombo contengono ognuno un'affermazione falsa e una vera. Quindi il ritratto è nello scrigno di piombo (e lo scrigno d'argento contiene due affermazioni entrambe vere; quello dì piombo, entrambe false, quello d'oro, una vera e una falsa).

69 a.

Supponiamo che lo scrigno di piombo sta stato fatto da Bellini. Allora l'affermazione incisa su di esso sarebbe vera, e quindi gli altri due scrigni debbono essere stati fatti da Cellini. Ciò significa che le altre affermazioni sono entrambe false; in particolare, l'affermazione sullo scrigno d'argento è falsa. Così il pugnale è nello scrigno d'argento. Perciò, se lo scrigno di piombo è di Bellini, allora il pugnale è contenuto nello scrigno d'argento.

Supponiamo ora che lo scrigno di piombo sia stato fatto da Cellini. Allora L’affermazione è falsa, quindi almeno due scrigni sono opera dì Bellini. Ciò significa che sia lo scrigno d'oro, sia quello d'argento sono scrigni dì Bellini (poiché abbiamo ipotizzato che quello di piombo sia di Cellini). Allora le affermazioni sugli scrigni d'oro e d'argento sono entrambe vere. In particolare, è vera quella sullo scrigno d'oro. Così, in questo caso, il pugnale è nello scrigno d'oro.

In nessuno dei due casi il pugnale è nello scrigno di piombo; così il pretendente dovrebbe scegliere lo scrigno di piombo.

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69 b.

Se lo scrigno d'argento è un Bellini, allora l'affermazione è vera, nel qual caso lo scrigno d'oro è un Cellini. Supponiamo che lo scrigno d'argento sia un Cellini. Allora non è vero che esattamente uno degli scrigni sia un Bellini. Ciò significa che quello d'oro è un Cellini (perché se fosse un Bellini, in effetti vi sarebbe un solo scrigno di Bellini!). Perciò, sia che lo scrigno d'argento sia un Bellini o un Cellini, quello d'oro è sicuramente un Cellini. Quindi l'affermazione sullo scrigno d'oro è falsa e il ritratto è nello scrigno d'oro.

69 c.

Dimostriamo innanzi tutto che lo scrigno dì piombo deve essere un Bellini.

Supponiamo che sia un Cellini. Allora l'affermazione è falsa, il che significa che ci debbono essere almeno due Bellini che debbono essere quello d'argento e quello d'oro. Questo è impossibile perché il ritratto non può essere allo stesso tempo negli scrigni d'oro e d'argento. Di conseguenza lo scrigno di piombo è realmente un Bellini. Perciò l'affermazione su di esso è vera, e quindi ci sono almeno due Cellini. Ciò significa che gli scrigni d'oro e d'argento sono entrambi di Cellini. Quindi le affermazioni su entrambi sono false, e il ritratto non è né nello scrigno d'oro né in quello d'argento. Ragion per cui il ritratto è nello scrigno di piombo.

Inoltre, abbiamo provato che lo scrigno di piombo è un Bellini e gli altri due sono Cellini, il che risponde alla seconda domanda.

70

Il pretendente avrebbe dovuto rendersi conto che senza alcuna informazione circa la verità o falsità di una qualunque delle affermazioni, e senza alcuna informazione circa la relazione tra ì loro valori di verità, le affermazioni possono dire qualsiasi cosa e l'oggetto (ritratto o pugnale che sia) può essere ovunque. Santo cielo, posso prendere tutti gli scrigni che voglio e mettere un oggetto in uno di essi e quindi scrivere qualsiasi affermazione su tutti i coperchi; queste affermazioni non porteranno nessun tipo di informazione. Così Porzia in effetti non mentiva; tutto ciò che diceva era che l'oggetto in questione stava in uno degli scrigni, il che

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era vero in entrambi i casi.

La situazione sarebbe stata molto diversa in una qualsiasi delle precedenti storie di Porzia, se l'oggetto non fosse stato dove il pretendente pensava che fosse; in questo caso, una delle vecchie Porzie avrebbe dovuto fare un'affermazione falsa in qualche punto della storia (come vedremo presto).

Un altro modo di considerare la questione è che l'errore del pretendente fu di presupporre che ogni affermazione fosse o vera o falsa. Osserviamo più attentamente la prima prova di Porzia N, in cui venivano usati due scrigni.

L'affermazione sullo scrigno d'oro «Il ritratto non è qui dentro», è sicuramente o vera o falsa, poiché o il ritratto si trova nello scrigno d'oro oppure no. Si dA il caso che fosse vera, in effetti, poiché Porzia aveva effettivamente messo il ritratto nello scrigno d'argento. Ora, dato che Porzia mise il ritratto nello scrigno d'argento, l'affermazione sullo scrigno d'argento era vera o falsa? Non poteva essere né l'una né l'altra sènza cadere in un paradosso! Supponiamo che fosse vera, allora esattamente una delle affermazioni è vera; ma poiché la prima affermazione (sullo scrigno d'oro) è vera, questa affermazione è falsa. Così se è vera, è falsa. D'altra parte, supponiamo che l'affermazione sullo scrigno d'argento sia falsa. Allora la prima è vera, la seconda è falsa, il che significa che esattamente una delle affermazioni è vera, che è ciò che l'affermazione asserisce, quindi dovrebbe essere vera! Di conseguenza l'uria o l'altra assunzione, che l'affermazione è vera o falsa, conduce a una contraddizione.

sarà istruttivo paragonare questa prova con la seconda prova data da Porzia III, la quale pure usò due scrigni. Il suo scrigno d'oro e quello di adesso dicevano la stessa cosa: «Il ritratto non è qui dentro»; lo scrigno d'argento invece di dire «Esattamente una di queste due affermazioni e vera», diceva «Esattamente uno di questi due scrigni fu fatto da Bellini». Ora, il lettore può chiedersi quale differenza significativa vi sia fra queste due affermazioni, visto che Bellini incideva soltanto affermazioni vere e Cellini solo affermazioni false.

Dunque, la differenza, sebbene sottile, è fondamentale. L'affermazione, «Esattamente uno di questi due scrigni fu fatto da Bellini» è un'affermazione che deve essere vera o falsa; è un'affermazione storica sul mondo fisico — in realtà Bellini o ha fatto o non ha fatto esattamente uno

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dei due scrigni.

Supponiamo che, nel problema di Porzia III, il ritratto risultasse essere nello scrigno d'argento invece che nello scrigno d'oro, che cosa concludereste: che l'affermazione sullo scrigno d'argento non era né vera né falsa? Questa sarebbe una conclusione sbagliata! L'affermazione, come ho fatto rilevare, è in effetti o vera o falsa. la conclusione corretta da trarre è che, se il ritratto fosse stato nello scrigno d'argento, allora. Porzia III avrebbe mentito dicendo ciò che disse circa Bellini e Cellini. Invece la Porzia moderna poté mettere il ritratto nello scrigno d'argento senza mentire, poiché essa non disse nulla circa i valori di verità delle affermazioni.

L'intera questione dei valori di verità delle affermazioni che si riferiscono ai propri valori di verità è un aspetto sottile e fondamentale della logica moderna e verrA nuovamente trattato nei prossimi capitoli.

Capitolo 6 - Dagli archivi dell'ispettore Craig

A. Dagli archivi dell'ispettore Craig

L'ispettore Leslie Craig di Scotland Yard ha gentilmente acconsentito a rendere pubblici i resoconti di alcuni suoi casi a beneficio di coloro che sono interessati all'applicazione della logica alla soluzione di problemi criminali.

71

Cominceremo con un caso abbastanza semplice. Una grande quantitA di merce era stata rubata da un magazzino. Il criminale (o criminali) portò via la refurtiva in un furgone. Tre noti criminali A, B e C furono portati a Scotland Yard per l'interrogatorio. Furono accertati i seguenti fatti:

(1) Nessun altro tranne A, B, e C era implicato nel furto.

(2) C non fa mai un colpo senza la complicitA di A (e possibilmente altri).

(3) B non sa guidare.

A è innocente o colpevole?

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72

Un altro semplice caso di furto: A, B e C furono arrestati per essere interrogati e si accertarono i seguenti fatti:

(1) Nessuno tranne A, B e C era implicato nel furto.

(2) A non làvora mai senza almeno un complice.

(3) C è innocente.

B è innocente o colpevole?

73 IL caso dei gemelli identici.

Questo caso, più interessante, ebbe luogo a Londra. Tre noti criminali A, B e C furono arrestati per essere interrogati. Capita che A e C fossero gemelli identici e poche persone riuscivano a distinguere l'uno dall'altro. I tre sospetti avevano dei precedenti molto complessi, e si sapeva molto sulle loro abitudini e personalitA. In particolare i gemelli erano piuttosto timidi, e nessuno di loro osava mai fare un colpo senza un complice. D'altra parte, B era molto coraggioso e non amava servirsi di complici. Inoltre, diversi testimoni affermavano che, all'ora in cui avvenne il furto, uno dei due gemelli fu visto bere in un bar di Dover, ma non si sapeva quale dei due egli fosse.

Presupponendo che nessun altro tranne A, B e C fosse coinvolto nel. furto, chi di essi era colpevole e chi innocente?

74

«Che cosa riesce a dedurre da questi fatti?» chiese l'ispettore Craig al sergente McPherson.

(1) Se A è colpevole e B innocente, allora C è colpevole.

(2) C non làvora mai da solo.

(3) A non làvora mai con C.

(4) Nessun altro tranne A, B e C era implicato, e almeno uno di essi era

colpevole.

Il sergente si grattò la testa e disse: «Non molto, temo, Signore. Lei riesce a dedurre da questi fatti chi è innocente e chi colpevole?»

«No» rispose Craig, «Ma c'è materiale sufficiente per incriminare con

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certezza uno di essi».

Di chi si può affermare che è il colpevole senza sbagliare?

75 IL caso del negozio di McGregor.

Il signor McGregor, negoziante di Londra, telefonò a Scotland Yard denunciando un furto nel suo negozio. Tre individui sospetti A, B e C furono fermati per essere interrogati. Si accertarono i seguenti fatti

(1) Ognuno dei tre uomini A, B e C era stato nel negozio il giorno del furto, e nessun altro vi era stato quel giorno.

(2) Se A era colpevole, aveva avuto esattamente un complice.

(3) Se B è innocente, lo è anche C

(4) Se i colpevoli sono proprio due, allora A è uno di essi.

(5) Se C è innocente, lo è anche B.

Chi venne incriminato dall'ispettore Craig?

76 IL caso dei quattro.

Questa volta quattro sospetti, A, B, C, D furono fermati per esseri interrogati riguardo a un furto. Si sapeva con certezza che almeno une di loro era colpevole e che nessuno, all'infuori di questi quattro, era implicato. Vennero accertati i seguenti fatti:

(1) A era certamente innocente.

(2) Se B era colpevole, allora aveva avuto esattamente un complice

(3) Se C era colpevole, aveva avuto esattamente due complici.

All'ispettore Craig interessava specialmente sapere se D era innocente o colpevole, perché D era un criminale particolarmente pericoloso. Fortunatamente i fatti suddetti sono sufficienti per determinare se D è innocente o meno.

D è innocente o colpevole?

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B. Sapete risolvere questi?

L'ispettore Craig andava spesso in tribunale ad assistere ai processi, anche a quelli in cui non era personalmente coinvolto. Lo faceva semplicemente come esercizio di logica, per vedere quali casi avrebbe potuto risolvere. Ecco alcuni casi a cui assistette.

77 IL caso dell'avvocato difensore stupido.

Un uomo veniva processato per furto. Il pubblico ministero e l'avvocato difensore fecero le seguenti affermazioni:

Pubblico Ministero: Se l'imputato è colpevole, allora ebbe un complice.

Avvocato difensore: Non è vero!

Perché questa fu la cosa peggiore che l'avvocato difensore potesse dire?

78

Questo caso e quello seguente riguardano il processo di tre uomini, A, B e C, per partecipazione a un furto.

In questo caso, furono accertati i seguenti fatti:

(1) Se A è innocente o B è colpevole, allora C è colpevole.

(2) Se A è innocente, allora G è innocente.

Si può stabilire per ognuno dei tre se è colpevole o innocente?

79

in questo caso, furono accertati i seguenti fatti:

(1) Almeno uno dei tre è colpevole.

(2) Se A è colpevole e B è innocente, allora C è colpevole. Queste prove sono insufficienti per condannare uno qualsiasi degli imputati, ma esse indicano due di loro tra cui si trova sicuramente un colpevole. Chi sono questi due?

80

In questo caso, più interessante, erano coinvolti quattro imputati, A, B, C, D; vennero accertati i seguenti quattro fatti:

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(1) Se A e B sono entrambi colpevoli, allora C fu loro complice.

(2) Se A è colpevole, almeno uno, tra B e C, fu suo complice.

(3) Se C è colpevole, allora D fu suo complice.

(4) Se A è innocente, allora D è colpevole.

Quali sono gli imputati sicuramente colpevoli, e per quali invece esistono dei dubbi?

81

Anche in questo caso sono coinvolti quattro imputati, A, B, C e D.

Furono accertati i seguenti fatti:

(1) Se A è colpevole, allora B fu il suo complice.

(2) Se B è colpevole, allora o C fu suo complice oppure A è innocente.

(3) Se D è Innocente, allora A è colpevole e C è innocente.

(4) Se D è colpevole, lo è anche A.

Quali sono colpevoli e quali innocenti?

C. Sei casi esotici

82 Fu un'affermazione saggià?

Su una piccola isola un uomo veniva processato per un crimine. la corte sapeva che l'imputato era nato e cresciuto nella vicina isola dei cavalieri e dei furfanti. (Ricordiamo che i cavalieri dicono sempre la verità e furfanti mentono sempre.) All'imputato venne concesso di fare una sola dichiarazione in suo favore. Egli ci pensò un momento e poi fece questa affermazione: «La persona che effettivamente commise questo crimine è un furfante».

Fu saggio da parte sua fare una simile affermazione? Giovò al su caso o fu dannosa? O non fece differenza?

83 IL caso del Pubblico Ministero incerto.

In un'altra occasione due uomini, X e Y, venivano processati per un crimine commesso su quest'isola. L'aspetto più curioso di questo caso è

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che si sapeva che il Pubblico Ministero era o un cavalière o un furfante.

In tribunale egli fece le due seguenti affermazioni:

(1) X è colpevole.

(2). X e Y non sono entrambi colpevoli.

Se voi aveste fatto parte della giuria, cosa avreste dedotto? Sareste potuti arrivare a una conclusione sulla colpevolezza di X o Y? Quale sarebbe stata la vostra opinione sulla veridicitA delle affermazioni del Pubblico Ministero?

84

Nella situazione precedente, supponiamo, invece, che il Pubblico Mini stero avesse fatto le seguenti affermazioni:

(1) O X o Y è colpevole.

(2) X non è colpevole. Cosa avreste concluso?

85

Nella stessa situazione, supponiamo, invece, che il Pubblico Ministeri avesse fatto le seguenti affermazioni:

(1) O X è innocente oppure Y è colpevole.

(2) X è colpevole.

Cosa avreste concluso?

86

Questo caso ebbe luogo nell'isola dei cavalieri, furfanti e normali. (Ricordiamo che i cavalieri dicono sempre la verità, i furfanti mentono sempre, e i normali talvolta mentono e talvolta dicono la verità.)

Tre abitanti dell'isola, A, B e C, erano processati per un crimine. Si sapeva che il crimine era stato commesso da uno solo di loro. Si sapeva anche che chi aveva commesso il crimine era un cavaliere, ed era l'unico cavaliere tra di loro. I tre imputati fecero le seguenti dichiarazioni:

A: Io sono innocente.

B: È vero.

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C: B non è un normale.

Chi è il colpevole?

87

Questo è il caso più interessante di tutti e assomiglia superficialmente al precedente, ma è del tutto diverso. Ebbe anch'esso luogo sull'isola dei cavalieri, furfanti e normali.

I principali protagonisti del caso erano l'imputato, il Pubblico Ministero e l'avvocato difensore. la prima cosa che làsciava perplessi era che si sapeva che uno di loro era un cavaliere, uno un furfante e uno un normale, sebbene non si sapesse per ognuno di essi a quale categoria appartenesse. Ancora più strano, la corte sapeva che se l'imputato non era colpevole allora il colpevole era o il Pubblico Ministero o l'avvocato difensore. Si sapeva anche che il colpevole non era un furfante. I tre fecero le seguenti dichiarazioni:

Imputato: Io sono innocente.

Avvocato difensore: Il mio cliente è veramente innocente.

Pubblico Ministero: Non è vero, l'imputato è colpevole.

Queste affermazioni sembravano certamente abbastanza naturali. la giuria si riunì ma non poté arrivare ad una decisione; le indicazioni precedenti non erano sufficienti. A quel tempo l'isola era un possedimento britannico, quindi il governo telefonò a Scotland Yard chiedendo se potevano mandare l'ispettore Craig ad aiutarli a risolvere il caso.

Diverse settimane dopo arrivò l'ispettore Craig e il processo riprese.

Craig sì disse: «Voglio arrivare al fondo di questa questione!» Egli voleva non solo sapere chi era colpevole, ma anche chi era il cavaliere, chi il furfante e chi il normale. Così egli decise di fare il numero minimo di domande sufficienti a stabilire questi fatti. Prima egli chiese al Pubblico Ministero:

«Per caso, il colpevole è lei?» Egli rispose e l'ispettore Craig rifletté un momento, poi chiese all'imputato: «Il Pubblico Ministero è colpevole?» Dopo la risposta dell'imputato, l'ispettore Craig aveva già capito tutto.

Chi era il colpevole, chi era il normale, chi il cavaliere e chi il furfante?

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Soluzioni

71

Dimostrerò innanzitutto che almeno uno tra A e C è colpevole. Se B è innocente, allora è ovvio che A e/o C è colpevole, poiché noi sappiamo da (1) che nessuno tranne A, B e C è colpevole. Se B è colpevole, allora deve avere avuto un complice (dato che non sa guidare), così di nuovo, A o C, deve essere colpevole.

Quindi A o C (o entrambi) sono colpevoli. Se C è innocente allora A deve essere colpevole. D'altra parte, se C è colpevole, allora secondo l'affermazione (2), anche A è colpevole. Quindi A è colpevole.

72

Questo caso è ancora più semplice. Se A è innocente, allora, poiché C è innocente, B deve essere colpevole per l'affermazione (1). Se A è colpevole, allora,.per l'affermazione (2), egli ha avuto un complice, che, per l'affermazione (3), non poteva essere C, quindi deve essere B. Così, in entrambi i casi, B è colpevole.

73

Supponiamo che B sia innocente. Allora uno dei gemelli deve essere colpevole.

Questo gemello deve avere avuto un complice che non poteva essere B e quindi deve essere stato l'altro gemello. Ma ciò è impossibile poiché uno dei gemelli era a Dover al momento del furto. Quindi B è colpevole. E poiché B làvora sempre da solo, i due gemelli sono innocenti.

74

B deve essere colpevole. Ciò può essere dimostrato da uno dei seguenti argomenti.

Primo argomento: supponiamo che B sia innocente. Allora se A fosse colpevole, lo sarebbe anche C, per l’affermazione (1), ma questo significherebbe che A ha làvorato con C, il che contraddice i affermazione (3). Quindi A deve essere innocente. Allora C è l'unico colpevole,

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contraddicendo l'affermazione (2).

Dunque B è colpevole.

Secondo argomento: Un argomento più diretto è il seguente: (a] Supponiamo che A sia colpevole. Allora, per l'affermazione (1), B e C non possono essere entrambi innocenti, quindi A deve avere avuto un complice. Questo complice, per l'affermazione (3), non può essere C, quindi deve essere stato B. Così, se A è colpevole, anche B è colpevole. (b) Supponiamo che C sia colpevole. Allora, per l'affermazione (2), ha avuto un complice che, per l'affermazione (3) non può essere A, quindi, di nuovo, deve essere B. (c) Se né A né C sono colpevoli, certamente lo è B!

75

L'ispettore Craig incriminò il signor McGregor per aver denunciato falsamente un furto, quando in effetti non poteva esserci stato! Il suo ragionamento fu il seguente:

Punto primo: Supponiamo che A sia colpevole. Allora egli ha avuto esattamente un complice, per l'affermazione (2). Allora solo uno tra B e C è colpevole. Ciò contraddice le affermazioni (3) e (5), che congiuntamente implicano che B e C sono o entrambi innocenti o entrambi colpevoli. Quindi A deve essere innocente.

Punto secondo: Di nuovo, per le affermazioni (3) e (5), B e C sono o entrambi colpevoli o entrambi innocenti. Se fossero entrambi colpevoli, sarebbero gli unici colpevoli (poiché A è innocente). In questo caso ci sarebbero esattamente due colpevoli, il che, per l'affermazione (4), implicherebbe che A è colpevole.

Questa è una contraddizione, dal momento che A è innocente. Perciò B e C sono entrambi innocenti.

Punto terzo: Ora si è stabilito che A, B e C sono tutti innocenti. Tuttavia, per l'affermazione (1), nessuno, tranne A, B e C era stato nel negozio il giorno del furto e poteva aver commesso il furto. Ergo, non vi fu alcun furto e McGregor mentiva.

Epilogo:

Di fronte alla irrefutabile logica di Craig, McGregor crollò e confessò avere mentito per cercare di incassare l'assicurazione.

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76

Se B fosse colpevole, allora, per l'affermazione (2), esattamente due persone erano implicate; se C fosse colpevole, allora, per l'affermazione (3), esattamente tre persone erano implicate. I due casi non possono verificarsi contemporaneamente, quindi almeno uno fra B e C è innocente. A e anch'egli innocente, così ci sono al massimo due colpevoli. Perciò C non ebbe esattamente due complici, quindi, per l'affermazione (3), C deve essere innocente. Se B è colpevole, allora ha avuto esattamente un complice, che deve essere stato D (poiché A e C sono entrambi innocenti). Se B è innocente, allora A, B e C sono tutti innocenti, nel qual caso D deve essere colpevole. Così, indipendentemente dal fatto che B sia colpevole o innocente, D deve essere colpevole. Perciò D colpevole.

77

Il Pubblico Ministero disse, in effetti, che l'imputato non commise crimine da solo. L'avvocato difensore negò la verità di questa affermazione, il che equivale a dire che l'imputato commise effettivamente crimine da solo.

78

Questo caso è estremamente semplice. Per l'affermazione (1), se A è innocente, allora C è colpevole (perché se A è innocente l'affermazioni «o A è innocente oppure B è colpevole» è vera). Per l'affermazione (2) se A è innocente, allora C è innocente. Quindi se A è innocente, C è s colpevole che innocente, il che è impossibile. Quindi A deve esse colpevole.

79

I due sono B e C; almeno uno dì essi deve essere colpevole. Supponiamo A innocente. Allora B o C devono essere colpevoli per l'affermazione (1). D'altra parte, supponiamo che A sia colpevole. Se B è colpevole, allora certamente almeno uno fra B e C è colpevole. Ma supponiamo che B sia innocente. Allora A è colpevole e B innocente, quindi per l'affermazione (2) C deve essere colpevole; così, di nuovo, uno fra B e C è colpevole.

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80

Mostriamo innanzitutto che, se A è colpevole, lo è anche C. Supponiamo che A sia colpevole. Allora per la (2) o B o C è colpevole. Se B è innocente, allora è C che deve essere colpevole. Ma supponiamo che sia B colpevole. Allora A e B sono entrambi colpevoli, quindi per la (1) anche C è colpevole. Ciò dimostra che se A è colpevole lo è anche C. Inoltre, per la (3), se C è colpevole, lo è anche D.

Combinando questi due fatti, si vede che se A è colpevole lo è anche D. Ma per la (4), se A e innocente D è colpevole. Quindi, indipendentemente dal fatto che A sia colpevole o innocente, D deve essere colpevole. Quindi D è certamente colpevole, mentre ci sono dubbi su tutti gli altri.

81

La risposta è che sono tutti colpevoli. Per l'affermazione (3), se D è innocente, allora A è colpevole. Per la (4), se D è colpevole, anche A è colpevole. Quindi indipendentemente dal fatto che D sia innocente o colpevole, A deve essere colpevole. Quindi per la (1) anche B è colpevole. Per la (2) o C è colpevole oppure A è innocente. Ma noi sappiamo già che A non è innocente, uindi C deve essere colpevole. Infine per la (3) se D è innocente lo è anche C.

Ma abbiamo provato che C non è innocente, e quindi D deve essere colpevole.

Perciò sono tutti colpevoli.

82

Sì, fu saggio, e lo fece assolvere. Infatti, supponiamo che l'imputato sia un cavaliere. Allora la sua affermazione è vera, quindi il colpevole è un furfante, e l'imputato deve essere innocente. D'altra parte, supponiamo che l'imputato sia un furfante. In tal caso la sua affermazione è falsa così il criminale è in effetti un cavaliere, e anche in questo caso l'imputato è innocente.

83

Supponiamo che il Pubblico Ministero fosse un furfante. Allora la (1) la (2) sarebbero entrambe false. Poiché la (1) è falsa, X è innocente. Poiché la

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(2) è falsa, X e Y sono entrambi colpevoli; quindi X colpevole. Questa è una contraddizione. Così il Pubblico Ministero dei essere un cavaliere. Per cui X è effettivamente colpevole, e, dato che X e Y non sono entrambi colpevoli, Y deve essere innocente. Quindi X è colpevole, Y è innocente e il Pubblico Ministero è un cavaliere.

84

Se il Pubblico Ministero fosse un furfante, allora per la (1) X e Y sarebbero entrambi innocenti; per la (2) X sarebbe colpevole. Di nuovo, questa è una contraddizione, quindi il Pubblico Ministero è un cavaliere, X è innocente e Y è colpevole.

85

Supponiamo ancora una volta che il Pubblico Ministero sia un furfante. Allora la (1) è falsa, così X è colpevole e Y è innocente. Quindi X è colpevole. Ma anche la (2) è falsa, e quindi X è innocente: un'altra contraddizione. Quindi il Pubblico Ministero è ancora una volta un cavaliere. Perciò, per la (2), X è colpevole. Allora, per la (1) (poiché X non è innocente), Y deve essere colpevole. Perciò, questa volta, X e Y sono entrambi colpevoli.

86

A non può essere un cavaliere, poiché se lo fosse egli sarebbe colpevoli e non avrebbe mentito dicendo di essere innocente. Inoltre A non può essere un furfante, poiché se lo fosse la sua affermazione sarebbe falsa, quindi egli sarebbe colpevole e dovrebbe essere un cavaliere. Dunque A è un normale, e quindi anche innocente. Poiché A è innocente, l'affermazione di B è vera, per cui B non è un furfante; egli è un cavaliere o un normale. Supponiamo che B sia un normale. Allora l'affermazione di C sarebbe falsa, per cui C sarebbe o un furfante o un normale. Ciò significherebbe che nessuno dei tre A, B e C è un cavaliere, quindi nessuno di essi è colpevole, contrariamente ai dati del problema. Per questa ragione B non può essere un normale, egli deve essere un cavaliere e quindi colpevole.

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87

Prima dell'arrivo di Craig: Per cominciare (*),

(*) Chiameremo A l'imputato, B l'avvocato difensore, C il Pubblico Ministero.

A non può essere un furfante, perché in questo caso la sua affermazione sarebbe falsa, quindi egli sarebbe colpevole, contrariamente alla condizione data che il furfante non è colpevole. Quindi A è o un cavaliere o un normale.

Prima possibilità: A è un cavaliere. Allora la sua affermazione è vera, e quindi egli è innocente. Ma allora anche l'affermazione di B è vera, e quindi B è un normale o un cavaliere. Ma il cavaliere è A, così B è il normale. Di conseguenza C è il furfante. Così, poiché si sa che il furfante non è colpevole, B è colpevole.

Seconda possibilità: A è normale e innocente. Allora l'affermazione di B è di nuovo vera, quindi B è il cavaliere (dato che A è il normale). Così, poiché A è innocente, e C, essendo il furfante, è pure innocente, allora B é colpevole.

Terza possibilità: A è normale e colpevole: allora l'affermazione del Pubblico Ministero era vera, e quindi egli deve essere un cavaliere (di nuovo, non può essere normale, poiché lo è A). Di conseguenza B è il furfante.

Riassumiamo le tre possibilità:

(1)

(2)

(3)

Imputato

Cavaliere innocente

Normale innocente

Normale colpevole

Avvocato difensore

Normale colpevole

Page 73: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

Cavaliere colpevole

Furfante innocente

Pubblico Ministero

Furfante innocente

Furfante innocente

Cavaliere innocente

Tutte queste possibilità non sono in contraddizione con le affermazioni fatte prima dell'arrivo di Craig.

Dopo l'arrivo di Craig: Craig chiese al Pubblico Ministero se era colpevole.

Ora, egli sapeva già che era innocente (poiché in tutte e tre le possibilità previste il Pubblico Ministero è innocente); così la risposta del Pubblico Ministero sarebbe servita soltanto a far conoscere a Craig se egli era un cavaliere o un furfante. Se egli avesse risposto in modo veritiero «No» rivelandosi un cavaliere, allora Craig avrebbe saputo che la possibilità (3) era in effetti l'unica, e quindi non avrebbe fatto altre domande. Ma dopo la risposta del Pubblico Ministero, Craig fece altre domande. Perciò il Pubblico Ministero doveva essere un furfante, e aver risposto «Sì». Così, ora Craig (come il lettore) sa che la possibilità (3) è esclusa, per cui rimangono le possibilità (1) e (2).

Ciò significa che l'avvocato difensore è in effetti il colpevole, ma non si sa ancora chi tra l'imputato e l'avvocato difensore è il cavaliere e chi il normale. Craig allora chiese all'imputato se il Pubblico Ministero era colpevole e, dopo la risposta, aveva risolto ogni problema. Ebbene, un cavaliere avrebbe risposto «No» a questa domanda, mentre un normale avrebbe potuto rispondere sia «Sì» che «No». Se la risposta fosse stata «No», non sarebbe stato possibile a Craig sapere se l'imputato era un cavaliere o un normale. Ma Craig lo seppe, quindi la risposta dovette essere «Sì». In conclusione, l'imputato è un normale e l'avvocato difensore è un cavaliere (seppure colpevole).

Capitolo 7 - Come evitare i lupi mannari e altri piccoli consigli pratici

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Questo capitolo riguarda più gli aspetti pratici della logica che quelli ricreativi. Vi sono molte situazioni nella vita in cui è bene essere preparati ad ogni evenienza. Perciò vi darò una serie di istruzioni dettagliate, passo a passo, con cui vi insegnerò: (A) come evitare i lupi mannari nella foresta; (B) come scegliere una sposa; (C) come difendervi in tribunale; (D) come sposare la figlia del re.

Naturalmente, non posso assolutamente promettervi che vi troverete effettivamente in una di queste situazioni, ma, come spiegò saggiàmente ad Alice il Cavaliere Bianco, è bene essere preparati a tutto.

A. Cosa fate nella foresta dei lupi mannari

Supponiamo che stiate visitando una foresta in cui ogni abitante è un cavaliere o un furfante. (Ricordiamo che i cavalieri dicono sempre la verità e i furfanti mentono sempre.) Inoltre alcuni degli abitanti sonò lupi mannari e hanno la spiacevole abitudine di trasformarsi talvolta durante la notte in lupi e divorare la gente. Un lupo mannaro può essere indifferentemente un cavaliere o un furfante.

88

State intervistando tre abitanti, A, B e C, e si sa che esattamente uno di essi è un lupo mannaro. Essi fanno le seguenti affermazioni:

A: C è un lupo mannaro.

B: Io non sono un lupo mannaro.

C: Almeno due di noi sono furfanti.

Il nostro problema ha due parti:

(a) Il lupo mannaro è un cavaliere o un furfante?

(b) Se voi doveste sceglierne uno come compagno di viaggio, ed è più importante che non sia un lupo mannaro piuttosto che non sia furfante, chi scegliereste?

89

Di nuovo, ognuno tra A, B, C è un cavaliere o un furfante, ed esattamente uno di loro è un lupo mannaro. Essi fanno le seguenti affermazioni:

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A: Io sono un lupo mannaro.

B: Io sono un lupo mannaro.

C: Al massimo uno di noi è un cavaliere.

Date una classificazione completa di A, B e C.

90

In questo e nei due problemi seguenti ci sono di nuovo tre abitanti A, B e C, ognuno dei quali è un cavaliere o un furfante. Però, soltanto due di essi, A e B, fanno delle affermazioni, ma in queste affermazioni la parola «noi» si riferisce non solo ad A e B ma a tutti e tre, A, B e C.

Supponiamo che A e B facciano le seguenti affermazioni:

A: Almeno uno di noi tre è un cavaliere.

B: Almeno uno di noi tre è un furfante.

Dato che almeno uno di loro è un lupo mannaro, e che nessuno di essi è sia cavaliere che lupo mannaro, quali sono i lupi mannari?

Questa volta abbiamo le seguenti affermazioni:

A: Almeno uno di noi tre è un furfante.

B: C è un cavaliere.

Dato che c'è esattamente un lupo mannaro e che egli è un cavaliere, chi è il lupo mannaro?

92

In questo problema abbiamo le due seguenti affermazioni:

A: Almeno uno di noi tre è un furfante.

B: C è un lupo mannaro.

Di nuovo, c'è esattamente un lupo mannaro, ed egli è un cavaliere.

Chi è?

93

In questo problema sappiamo che c'è esattamente un lupo mannaro, e

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che egli è un cavaliere, e che gli altri due sono furfanti. Soltanto uno di essi, B, fa un'affermazione: «C e un lupo mannaro».

Chi è il lupo mannaro?

94

Ecco una storia elegantemente semplice con soltanto due abitanti, A e B. Solo uno di essi è un lupo mannaro. Essi fanno le seguenti affermazioni:

A: Il lupo mannaro è un cavaliere.

B: Il lupo mannaro è un furfante.

Chi scegliereste come compagno di viaggio?

B. Come conquistate o scegliete una sposa

95 Come fate a convincerla?

Supponete di essere un abitante dell'isola dei cavalieri e dei furfanti. Vi innamorate di una ragazza e volete sposarla, però, questa ragazza ha degli strani gusti: per qualche strana ragione non vuole sposare un cavaliere, vuole sposare un furfante. Ma vuole un furfante ricco, non uno povero. (Presupponiamo, per convenienza, che ognuno in quell'isola sia o ricco o povero.) Supponiamo che voi siate appunto un furfante ricco. Potete fare un'unica dichiarazione alla ragazza. Come potete, con un'unica affermazione, convincerla che siete un furfante ricco?

96

Supponiamo, invece, che la ragazza che amate voglia sposare soltanto un cavaliere ricco. Come potreste, con un'unica affermazione, convincerla che siete un cavaliere ricco?

97 Come scegliere una sposa.

Questa volta state visitando l'isola dei furfanti e cavalieri. Qui ogni donna è furfante o cavaliere. Vi innamorate di una donna del luogo, una ragazza di nome Elizabeth, e pensate di sposarla, però volete sapere che cosa vi aspetta: non volete sposare un furfante. Se vi fosse concesso di farle delle domande, non vi sarebbe problema; ma un antico tabù dell'isola proibisce a un uomo di parlare con qualsiasi donna, a meno che non sia già

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sposato con lei. Elizabeth, però, ha un fratello, Arthur, che è, anche lui, un cavaliere o un furfante (ma non è necessariamente come sua sorella). Vi è concessa una sola domanda, alla quale si possa rispondere con un semplice «Sì» o «No».

Il vostro problema è di escogitare una domanda tale che, dalla risposta, possiate conoscere con certezza se Elizabeth è furfante o cavaliere.

Quale domanda fareste?

98 Come scegliere una sposa nell'Isola dì Bahava.

Questa volta state visitando l'Isola di Bahava, in cui vi sono cavalieri che dicono sempre la verità, furfanti, che mentono sempre, e normali che talvolta mentono e talvolta dicono la verità. Rammentiamo che Bahava è un'isola femminista, in cui anche le donne sono chiamate cavalieri, furfanti o normali.

Poiché non siete del luogo, non siete sottoposti alla legge per cui un cavaliere può sposare soltanto un cavaliere e un furfante soltanto un furfante, quindi siete libero di sposare una ragazza di vostra scelta.

Bene, dovete scegliere la vostra sposa fra tre sorelle A, B e C. Si sa che una di esse è un cavaliere, una un furfante, e l'altra un normale. Ma si sa anche (con vostro orrore!) che quella normale è un lupo mannaro, mentre le altre due non lo sono. Supponiamo ora che a voi non importi sposare una che sia un furfante (o un cavaliere), ma sposare un lupo mannaro è un po' troppo! Vi è concesso di fare una qualsiasi domanda di vostra scelta a una qualsiasi delle tre sorelle, ma anche in questo caso alla domanda si deve poter rispondere con «Sì» o «No».

Quale domanda fareste?

C. Sì, siete innocente, ma potete provarlo?

Ora arriviamo a un gruppo di indovinelli particolarmente allettanti. Si svolgono sull'isola dei cavalieri, furfanti e normali. Voi stesso siete un abitante dell'isola.

Sull'isola è stato commesso un delitto, e, per qualche strano motivo, si sospetta che voi siate il criminale. Siete portato in tribunale e processato.

Vi viene concesso di fare una sola affermazione a vostro favore. Il vostro scopo è di convincere la giuria che siete innocente.

Page 78: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

99

Supponiamo che si sappia che il criminale è un furfante. Supponiamo anche che voi siate un furfante (sebbene la giuria non lo sappia) ma siate innocente. Vi è concesso di fare una sola affermazione. Il vostro scopo non è di convincere la giuria che non siete un furfante, ma soltanto che siete innocente. Cosa direste?

100

Supponiamo che voi siate nella stessa situazione eccetto che, in questo caso, siete colpevole.

Cosa potreste dire per convincere la giuria (presumendo che sia formata da persone razionali) che voi siete innocente?

101

In questo problema, supponiamo che si sappia che il criminale è un cavaliere.

(Questa non è una contraddizione: una persona non deve necessariamente mentire per commettere un crimine.) Supponiamo anche che voi siate un cavaliere (ma la giuria non lo sa), innocente però.

Cosa direste?

102

Ecco qui un problema più difficile. Supponiamo che si sappia che il criminale non è un normale. Egli è un cavaliere o un furfante. Voi stesso siete innocente.

Per convincere la giuria che siete innocente, che cosa potreste dire, che possa essere detto anche da un cavaliere, da un furfante o da un normale nella vostra posizione?

103

Eccone uno molto più facile. Di nuovo si sa che il criminale non è un

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normale.

Anche in questo caso voi non siete il criminale ma siete un normale. Quale dichiarazione potreste fare, tale che non possa essere fatta né da un cavaliere innocente né da un furfante innocente?

104

Questo è più interessante. Di nuovo si sa che il criminale non è un normale.

Supponiamo che (1) voi siate innocente, (2) non siate un furfante.

C'è una sola affermazione che possa convincere la giuria di entrambi questi fatti?

105

Questa è una specie di «duale» del problema precedente. Supponiamo che il colpevole non sia un normale e che voi siate innocente ma non un cavaliere.

Supponiamo anche che per qualche strana ragione, non vi importi di farvi la fama di furfante o di normale, ma che voi disprezziate i cavalieri.

Potete con una sola affermazione convincere la giuria che siete innocente ma non un cavaliere?

D. Come sposare la figlia del Re

Ed ora veniamo all'argomento che voi tutti avete atteso con ansia!

106

Siete un abitante dell'isola dei cavalieri, furfanti e normali, Siete innamorato della figlia del Re, Margozita, e volete sposarla, ma il Re non vuole che sua figlia sposi un normale. «Mia cara», le dice, «non dovresti davvero sposare un normale. I normali sono capricciosi, bizzarri e del tutto infidi. Con un normale non sai mai come stanno le cose; un giorno ti dice la verità, il giorno dopo mente. A che pro? Di un cavaliere invece ci si può completamente fidare, e con lui tu sai sempre come stanno le cose. Un furfante è altrettanto apprezzabile perché, qualsiasi cosa dica, tutto quello che devi fare e credere il contrario, così tu sai come stanno veramente le

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cose. Inoltre, io credo, che un uomo debba essere fedele ai propri principi. Se uno crede che sia bene dire la verità, dica sempre la verità. Se crede che sia bene mentire, almeno sia coerente. Ma questi normali borghesi smidollati — no, mia cara, non fanno per te!»

Supponiamo ora che voi non siate un normale, così avete qualche possibilità, dovete, però, convincere il Re che non siete un normale, altrimenti non vi làscerA sposare sua figlia. Il Re vi concede un'udienza, nella quale voi potete fare quante affermazioni volete. Questo problema ha due parti.

(a) Qual è il minor numero di affermazioni vere che voi potete fare per convincere il Re che non siete un normale?

(b) Qual è il minor numero di affermazioni false che potete fare per convincere il Re che non siete un normale?

107

In un'altra isola di cavalieri, furfanti e normali, il Re ha la filosofia opposta. Egli dice a sua figlia: «Mia cara, non voglio che tu sposi un cavaliere o un furfante, voglio che tu sposi un bravo e solido normale. Tu non devi sposare un cavaliere, perché i cavalieri sono troppo santocchi. E non devi sposare un furfante, perché i furfanti sono troppo infidi. No, mia cara, un bravo normale, comune e borghese, è proprio quel che fa per te».

Supponiamo che voi siate un normale di quest'isola. Ciò che dovete fare è convincere il Re che siete un normale.

(a) Qual è il numero minimo di affermazioni vere che voi potete fare per convincere il Re che siete un normale?

(b) Qual è il numero minimo di affermazioni false che potete fare per convincere il Re che siete un normale?

108

Questa è una versione più difficile del precedente problema. la soluzione di questo costituisce un'alternativa (sebbene inutilmente complicata) alla soluzione del problema precedente, ma la soluzione del problema precedente non sarà sufficiente per risolvere questo.

Di nuovo, voi siete un normale dell'isola dei cavalieri, furfanti e normali e anche in questo caso il Re vuole che sua figlia sposi soltanto un normale,

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ma egli richiede anche una prova di intelligenza ed ingegnositA eccezionali.

Quindi, per ottenere la mano della figlia, dovete fare un'unica affermazione in sua presenza che soddisfi simultaneamente i due seguenti requisiti:

(1) Deve convincere il Re che siete un normale.

(2) Deve rendere impossibile al Re sapere se l'affermazione è vera o falsa.

Come potete fare?

Soluzioni

88

C è un cavaliere o un furfante. Supponiamo che sia un cavaliere. Allora ci sono veramente due furfanti, che debbono essere A e B. Allora B deve essere un lupo mannaro (dato che egli dice di non esserlo, ma è un furfante). Così se C è un cavaliere, allora il lupo mannaro è un furfante (dato che deve essere B).

Supponiamo invece che C sia un furfante, allora non è vero che almeno due di loro sono furfanti, quindi c'è al massimo un furfante e il furfante deve essere C, quindi A e B sono entrambi cavalieri. Dato che A è un cavaliere e dice che C è un lupo mannaro, allora C è realmente un lupo mannaro. Perciò in questo caso il lupo mannaro è nuovamente Un furfante, ed è C.

Quindi, indipendentemente dal fatto che C sia un cavaliere o un furfante, il lupo mannaro è un furfante (sebbene non sia la stessa persona nei due casi).

Perciò la risposta alla prima domanda è che il lupo mannaro è un furfante e inoltre abbiamo dimostrato che il lupo mannaro è o B o C; quindi se desiderate scegliere qualcuno che sicuramente non sia un lupo mannaro, allora scegliete A.

89

Mostriamo innanzitutto che C è un cavaliere. Supponiamo che fosse un

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furfante.

Allora la sua affermazione sarebbe falsa, e quindi ci sarebbero almeno due cavalieri. Quindi A e B dovrebbero essere entrambi cavalieri (poiché abbiamo ipotizzato che C sia un furfante), il che significa che le loro affermazioni sono vere, e che essi sono entrambi lupi mannari, il che contraddice i dati del problema. Quindi C è un cavaliere. Allora ci sono veramente due furfanti: questi devono essere A e B, quindi, poiché le loro affermazioni sono false, né A né B sono lupi mannari, dunque il lupo mannaro deve essere C. Così C è un cavaliere e un lupo mannaro; A e B sono furfanti e nessuno dei due è un lupo mannaro.

90

Se B fosse un furfante, allora ci sarebbe davvero almeno un furfante fra loro, e quindi la sua affermazione sarebbe vera, ma i furfanti non fanno affermazioni vere, quindi B è un cavaliere. Allora l’ affermazione di A è vera, e quindi anche A è un cavaliere. Così A e B sono entrambi cavalieri. Poiché B è un cavaliere, la sua affermazione è vera, quindi c'è almeno un furfante fra di loro. Questo furfante deve essere C. Quindi C è l'unico lupo mannaro.

91

A deve essere un cavaliere per le stesse ragioni per cui B era un cavaliere nel problema precedente, vale a dire che se A fosse un furfante, sarebbe vero che almeno uno dei tre è un furfante, e noi avremmo un furfante che fa un'affermazione vera. Poiché A è un cavaliere, la sua affermazione è vera; così c'è almeno un furfante presente. Se B fosse un cavaliere, allora lo sarebbe anche C (a causa dell'affermazione di B) e avremmo tre cavalieri. Ma A dice la verità quando afferma che c'è almeno un furfante. Quindi B deve essere un furfante. E poiché B dice che C è un cavaliere, C è in realtà un furfante. Così A è il solo cavaliere, quindi A è il lupo mannaro.

92

E ancora, a causa dell'affermazione di A, A deve essere un cavaliere, e ci deve essere almeno un furfante: Se B fosse un cavaliere, allora C sarebbe un lupo mannaro e quindi anche un cavaliere, e avremmo tre cavalieri.

Page 83: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

Quindi B è un furfante. Per cui C non è un lupo mannaro. Anche B non può essere un lupo mannaro (perché si sa che il lupo mannaro è un cavaliere). Così, ancora una volta, A è il lupo mannaro.

93

Se B fosse un cavaliere, allora C sarebbe un lupo mannaro e anche un cavaliere; in tal modo avremmo due cavalieri. Così B è un furfante. Quindi C non è un lupo mannaro. Anche B, essendo un furfante, non è un lupo mannaro. Così il lupo mannaro è di nuovo A.

94

Dovreste scegliere B. Supponiamo che B sia un cavaliere. Allora la sua affermazione è vera, e quindi ti lupo mannaro è un furfante e non può essere B.

Supponiamo invece che B sia un furfante. Allora la sua affermazione è falsa, il che significa che il lupo mannaro è effettivamente un cavaliere, quindi, ancora una volta non può essere B.

95

Tutto ciò che dovete dire è: «Sono un furfante povero». Ella capirA immediatamente che non potete essere un cavaliere (perché un cavaliere non mentirebbe mai dicendo di essere un furfante povero). Quindi voi dovete essere un furfante e la vostra affermazione è falsa. Così voi non siete un furfante povero, ma siete un furfante, per cui dovete essere un furfante ricco.

96

Dovete dire: «Non sono un cavaliere povero». Essa capirA che, se voi foste un furfante, non sareste davvero un cavaliere povero, perciò la vostra affermazione sarebbe vera e quindi voi — un furfante — avreste fatto un'affermazione vera.

Dunque voi siete un cavaliere e anche la vostra affermazione è vera, quindi non siete un cavaliere povero, però siete un cavaliere, quindi dovete essere un cavaliere ricco.

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97

Questo problema ha diverse soluzioni. la più semplice, a mio parere, è chiedergli: «Tu ed Elizabeth siete dello stesso tipo?». Il fatto interessante è che, se egli risponde «Sì», Elizabeth deve essere un cavaliere, indipendentemente dal fatto che il fratello sia un furfante o un cavaliere, e se il fratello risponde «No», Elizabeth deve essere un furfante, indipendentemente da quel che è il fratello. Ecco (la dimostrazione.

Supponiamo che egli risponda «SI», allora il fratello è o un furfante o un cavaliere. Se è un cavaliere, allora la sua affermazione che Elizabeth è dello stesso tipo è vera e quindi Elizabeth deve essere un cavaliere. Se è un furfante, allora la sua affermazione sarà falsa ed Elizabeth sarà di tipo diverso, ciò significa che, anche in questo caso, Elizabeth è un cavaliere.

Così, se il fratello risponde «Sì», Elizabeth è un cavaliere.

Supponiamo che Arthur risponda «No». Se è un cavaliere, allora dice la verità e quindi lui e Elizabeth sono di tipo diverso, per cui Elizabeth deve essere un furfante. Se il fratello è un furfante, allora la sua affermazione è falsa, per cui Elizabeth è realmente dello stesso tipo, quindi anche questa volta deve essere un furfante. Quindi, se la risposta è «No», Elizabeth è un furfante.

98

Anche in questo caso, ci sono diversi modi per risolvere il problema. la soluzione più semplice ed elegante che io conosca è di scegliere una delle sorelle — diciamo A — e chiederle: «B è di rango inferiore a C?»(*).

(*) Vi ricordiamo che i cavalieri sono del rango più alto, i normali del rango medio e i furfanti del rango più basso Supponiamo che A risponda «Sì», allora voi dovreste scegliere per sposa B per le seguenti ragioni: supponiamo che A sia un cavaliere, allora B è effettivamente di rango inferiore a C, quindi B è un furfante e C un normale. In questo caso B non è lupo mannaro (poiché lo è C). Supponiamo che A sia un furfante, allora B è in effetti di rango superiore a C, ciò significa che B è un cavaliere e C un normale, così, di nuovo, B non è un lupo mannaro. Sé A è un normale, allora B non è certamente un lupo mannaro, poiché lo è A. Così, indipendentemente dal fatto che A sia un cavaliere, un furfante o un normale, se la risposta alla vostra domanda è: «Sì», voi dovreste scegliere

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B come sposa.

Se dovesse rispondere «No», allora è come se asserisse che C è di rango inferiore a B, piuttosto che B di rango inferiore a C. In questo caso, scegliete C come vostra sposa.

99

Un' affermazione che vi assolverebbe è: «Io sono colpevole». Voi, che siete un furfante, potete dire ciò poiché è falso, e vi farA assolverA poiché la giuria ragionerA correttamente, nel modo seguente: se voi siete realmente colpevole allora sareste un furfante (poiché si sa che il criminale è un furfante); ma allora voi, un furfante, avreste fatto un’affermazione vera. Quindi l'ipotesi che voi siate colpevole conduce ad una contraddizione, per cui voi siete innocente.

Questo ragionamento è un esempio di reductio ad absurdum (prova della falsità di una affermazione riducendola ad una assurditA). Un argomento più diretto che la giuria avrebbe potuto usare è il seguente: o voi siete un furfante o non lo siete (ricordate che la giuria non sa se voi siete un furfante o no). Se siete un furfante allora la vostra affermazione è falsa e quindi siete innocente, se non siete un furfante, siete certamente innocente dato che si sa che il colpevole è un furfante.

100

Nessuna affermazione di questo genere è possibile. Se, dopo la vostra affermazione, la giuria potesse dedurre razionalmente che voi siete innocente, allora, poiché la giuria è formata da persone razionali che ragionano correttamente, voi dovreste essere realmente innocente. Ma ciò è contrario al presupposto che voi siate colpevole.

101

Questa è una specie di «duale» del problema 99, forse ancora più semplice.

Tutto ciò che dovete dire è: «Io sono innocente». la giuria penserA che se voi siete un cavaliere (cosa che non sa), allora la vostra affermazione è vera, quindi siete innocente, e se non siete un cavaliere allora di nuovo siete innocente, poiché si sa che il colpevole è un cavaliere.

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102

Una soluzione consiste nel dire: «O io sono cavaliere e innocente, oppure sono furfante e colpevole». Potete, enunciarle in modo un po’ più semplice così: «Io sono un cavaliere innocente o sono un furfante colpevole». Allora, la giuria farebbe il seguente ragionamento: Primo passo: supponiamo che egli sia un cavaliere. Allora la sua affermazione è vera e quindi o egli è un cavaliere innocente o è un furfante colpevole. Non può essere un furfante colpevole poiché non e un furfante, quindi è un cavaliere innocente. Ne segue che egli è innocente. Secondo passo: supponiamo che egli sia un furfante, allora la sua affermazione è falsa, quindi egli non è né un cavaliere innocente, né un furfante colpevole. In particolare non è un furfante colpevole, ma è un furfante, quindi deve essere un furfante innocente, quindi è innocente. Terzo passo: se egli è un normale, allora è certamente innocente poiché si sa che il colpevole non è un normale.

103

Questo è veramente semplice. Tutto quello che dovete dire è: «Io sono un furfante». Né un cavaliere né un furfante potrebbe fare questa affermazione, quindi dovete essere un normale e perciò innocente.

104

Sì, voi potreste dire: «Io non sono un cavaliere colpevole». la giuria ragionerebbe nel seguente modo:

Primo passo: supponiamo che egli.(cioè voi) sia un furfante. Allora non è un cavaliere, quindi certamente non un cavaliere colpevole, così la sua affermazione è vera. Ciò è impossibile, poiché i furfanti non fanno affermazioni vere, quindi egli non può essere un furfante.

Secondo passo: ora sappiamo che egli è o un cavaliere o un normale. Se egli è un normale è innocente. Supponiamo che sia un cavaliere, allora la sua affermazione è vera, perciò non è un cavaliere colpevole. Ma è un cavaliere, quindi deve essere un cavaliere innocente.

Vi faccio notare che voi avreste potuto dire in alternativa: «O io non sono un cavaliere o sono innocente», oppure avreste potuto dire: «Se sono un cavaliere allora sono innocente».

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105

Sì, avreste potuto dire: «Sono un furfante colpevole». la giuria avrebbe ragionato in questo modo: «Ovviamente egli non è un cavaliere. Quindi o è un normale o è un furfante. Se è un normale, è innocente. Supponiamo che sia un furfante. Allora la sua affermazione è falsa, così non è un furfante colpevole.

Egli è un furfante innocente».

106

Non c'è un numero di affermazioni che possa ottenere questo effetto. Dato un qualsiasi insieme di affermazioni che voi fate, una persona normale potrebbe fare le stesse affermazioni, poiché una persona normale può dire qualsiasi cosa.

Perciò non ci sono possibilità per voi di sposare la figlia del Re.

Spiacente!

Vi auguro miglior fortuna nella prossima isola!

107

In entrambi i casi, un'affermazione è sufficiente. Un'affermazione vera che potrebbe convincere il Re è: «Io non sono un cavaliere». (Né un cavaliere né un furfante potrebbero dire ciò.) Un'affermazione falsa che otterrebbe lo stesso risultato è: «Io sono un furfante».

Vorrei far notare (in relazione al prossimo problema) che se fate la prima affermazione, allora il Re saprA che sebbene voi siate un normale, avete fatto un'affermazione vera; se invece fate la seconda affermazione, il Re saprA che, sebbene siate un normale, avete fatto un'affermazione falsa.

108

Prendete qualsiasi proposizione la cui verità o falsità sia sconosciuta al Re, per esempio, che voi ora avete in tasca esattamente undici dollari. Allora una affermazione che voi potreste fare è: «O io sono un normale e ora ho in tasca esattamente undici dollari, oppure sono un furfante».

Un furfante non potrebbe mai fare questa affermazione (perché è vero

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che un furfante è o un normale che ha undici dollari in tasca o un furfante).

Nemmeno un cavaliere potrebbe fare questa affermazione (perché un cavaliere non è né un normale con undici dollari in tasca né un furfante). Quindi il Re saprA che voi siete un normale, ma non potrA sapere se la vostra affermazione è vera o falsa senza conoscere quanto denaro avete in tasca.

Capitolo 8 - Problemi logici

Preambolo

Molti dei problemi di questo capitolo trattano delle cosiddette proposizioni condizionali: proposizioni del tipo «Se P è vera allora Q è vera», dove P, Q sono le proposizioni prese in esame. Prima di affrontare problemi di questo tipo, dobbiamo chiarire attentamente alcune ambiguitA che possono sorgere. Ci sono alcuni fatti concernenti tali proposizioni su cui tutti sono d'accordo, ma ce ne sono altri sui quali sembra che vi sia un notevole disaccordo.

Facciamo un esempio concreto. Consideriamo la proposizione seguente:

(1) Se John è colpevole allora sua moglie è colpevole.

Tutti concorderanno che se John è colpevole e la proposizione (1) è vera, allora anche sua moglie è colpevole.

Tutti concorderanno anche sul fatto che se John è colpevole e sua moglie è innocente, allora la proposizione (1) deve essere falsa.

Supponiamo ora, che si sappia che sua moglie è colpevole, ma non si sappia se John è colpevole o innocente. Direste allora che la proposizione (1) è vera o no? Non direste che se John è colpevole o innocente sua moglie è in ogni caso colpevole? O non direste: «Se John è colpevole allora sua moglie è colpevole; e se John è innocente allora sua moglie è colpevole?».

Vi sono molti esempi di questo uso della lingua nella letteratura: nel racconto di Rudyard Kipling Riki-Tiki-Tavi, il cobra dice alla famiglia terrorizzata: «Se vi muovete colpirò e se non vi muovete colpirò». Ciò significa né più né meno che dire «Colpirò». Vi è anche la storia del maestro di Zen, Tokusan, che era solito rispondere a tutte le domande, come alle non-domande, con dei colpi di bastone. È famoso il suo detto: «Trenta colpi quando avete qualcosa da dire, trenta colpi egualmente

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quando non avete nulla da dire».

La conclusione di ciò è che se la proposizione Q è comunque vera, allora lo è anche la proposizione «Se P, allora Q» (come pure la proposizione «Se non P, allora Q»).

Il caso più controverso di tutti è il seguente: supponiamo che P, Q siano entrambe false. In tal caso, la proposizione «Se P, allora Q» è vera o falsa?

O dipende da cosa sono P e Q? Tornando al nostro esempio, se John e sua moglie fossero entrambi innocenti, la proposizione (1) dovrebbe essere ritenuta vera o falsa? Torneremo tra breve su questo problema essenziale.

Una domanda collegata è questa: siamo già d'accordo sul fatto che, se John è colpevole e sua moglie innocente, allora la proposizione (1) deve essere falsa.

È vero anche il contrario? Cioè se la proposizione (1) è falsa, ne segue necessariamente che John debba essere colpevole e sua moglie innocente? In altri termini, è esatto che il solo caso in. cui la (1) è falsa è che John sia colpevole e sua moglie innocente? Ebbene, secondo il modo in cui la maggior parte dei logici, dei matematici e degli scienziati usano le parole «se…, allora…», la risposta è «sì», e questa è la convenzione che adotteremo. In altre parole, date due proposizioni P e Q, ogni volta che scrivo «Se P, allora Q» io non vorrò dire né più né meno che «Non si dA il caso che P sia vera e Q falsa». In particolare, questo significa che se John e sua moglie sono entrambi innocenti, allora la proposizione (1) deve essere considerata vera; poiché il solo modo in cui questa proposizione può essere falsa è che John sia colpevole e sua moglie innocente, e ciò non si può avere se John e sua moglie sono entrambi innocenti. In altri termini, se John e sua moglie sono entrambi innocenti, è certo che non si ha che John sia colpevole e sua moglie innocente, quindi la proposizione non può essere falsa.

Il seguente esempio è ancora più strano:

(2) Se Confucio è nato nel Texas, allora io sono Dracula.

Tutto ciò che la proposizione (2) dice è che non si dA il caso che Confucio sia nato nel Texas e che io non sia Dracula. E in effetti è così, dato che Confucio non è nato nel Texas. Pertanto la proposizione (2) deve essere considerata vera.

Un altro modo di considerare la questione è che il solo modo in cui la (2) può essere falsa è che Confucio sia nato nel Texas e io non sia Dracula.

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Bene, dato che Confucio non è nato nel Texas, allora non si può avere che Confucio sia nato nel Texas e io non sia Dracula. In altre parole, la (2) non può essere falsa, quindi deve essere vera.

Ora, consideriamo due proposizioni arbitrarie P, Q, e la seguente proposizione formata da esse:

(3) Se P, allora Q.

Questa proposizione si rappresenta in simboli: P (freccia) --> Q e viene anche letta: «P implica Q». L'uso del termine «implica.» può essere piuttosto infelice, ma si è affermato nella letteratura in questo senso. Tutto ciò che la proposizione significa, come abbiamo visto, è che non si dA il caso che P sia vera e Q sia falsa. Così noi abbiamo i seguenti fatti:

Primo: Se P è falsa, allora P (freccia) --> Q è automaticamente vera.

Secondo: Se Q è vera, allora P (freccia) --> Q è automaticamente vera.

Terzo: L'unico modo in cui P(freccia) --> Q può essere falsa è che P sia vera e Q falsa.

Il primo fatto viene parafrasato talvolta: «Una proposizione falsa implica qualsiasi proposizione». Questa proposizione rappresentò un vero shock tra molti filosofi (vedi capitolo 14, numero 244, per una ulteriore discussione). Il secondo fatto viene parafrasato talvolta: «Una proposizione vera è implicata da qualsiasi proposizione».

Riassunto e tavola di verità.

Date due proposizioni qualsiasi P, Q, ci sono sempre esattamente quattro possibilità: (1) P, Q sono entrambe vere; (2) P è vera e Q è falsa; (3) P è falsa e Q è vera; (4) P, Q sono entrambe false.

Una e solo una di queste possibilità deve essere valida. Ora, consideriamo la proposizione: «Se P allora Q (in simboli P(freccia) --> Q). È possibile determinare in quali dei quattro casi la proposizione è valida e in quali no?

Sì, è possibile mediante la seguente analisi:

Caso 1: P e Q sono entrambe vere. In questo caso Q è vera, quindi P(freccia) -->

Q è vera per il secondo fatto.

Caso 2: P è vera e Q è falsa. In questo caso, P(freccia) --> Q è falsa per il

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terzo fatto.

Caso 3: P è falsa e Q è vera. Allora P(freccia) --> Q è vera per il primo fatto (anche per il secondo).

Caso 4: P è falsa e Q è falsa. Allora P(freccia) --> Q è vera per il primo fatto.

Questi quattro casi possono essere riassunti nella seguènte tavola chiamata tavola di verità per l'implicazione.

P

Q

P (doppia freccia)? Q

(1) Vero

Vero

Vero

(2) Vero

Falso

Falso

(3) Falso

Vero

Vero

(4) Falso

Falso

Vero

La prima fila V, V, V (vera, vera, vera), significa che quando P è vera e Q è vera, P (freccia) --> Q è vera. la seconda fila V, F, F, significa che quando P è vera e Q è falsa, allora P (freccia) --> Q è falsa. la terza fila indica che quando P è falsa e Q è vera, P(freccia) --> Q è vera. la quarta fila indica che quando P è falsa e Q è falsa, allora P (freccia) --> Q è vera.

Notiamo che P (freccia) --> Q è vera tre volte su quattro di questi casi, solamente nel secondo caso essa è falsa.

Un'altra proprietà dell'implicazione. Un'altra importante proprietà dell'implicazione è la seguente: per mostrare che una proposizione «Se P

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allora Q» è valida, è sufficiente assumere P come premessa e quindi dimostrare che Q deve seguirne. D'ora in poi ci riferiremo a questo fatto come al quarto fatto.

A. Applicazione ai furfanti e cavalieri

109

Abbiamo due persone, A e B, ognuna delle quali è un cavaliere o un furfante.

Supponiamo che A faccia la seguente affermazione: «Se io sono un cavaliere, allora lo è anche B». Si può determinare che cosa sono A e B?

110

Qualcuno chiede ad A: «Siete un cavaliere?». Egli risponde: «Se sono un cavaliere, allora mi mangerò il cappello!».

Dimostrate che A deve mangiàrsi il cappello.

111

A dice: «Se sono un cavaliere, allora due più due fa quattro». A è un cavaliere o un furfante?

112

A dice: «Se io sono un cavaliere, due più due fa cinque».

Che cosa concludereste?

113

Ci sono due persone A e B, ambedue cavalieri o ambedue furfanti. A dice: «Se B è un cavaliere allora io sono un furfante».

Cosa sono A e B?

114

Due individui X e Y, vengono processati per aver partecipato a un furto. A e B sono testimoni, e ognuno di essi è un cavaliere o un furfante. I

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testimoni fanno le seguenti dichiarazioni:

A: Se X è colpevole, lo è anche Y.

B: O X è innocente o Y è colpevole.

A e B sono necessariamente dello stesso tipo? (Ricordiamo che due persone dell'isola dei cavalieri e furfanti sono detti dello stesso tipo se sono ambedue cavalieri o ambedue furfanti.)

115

Sull'isola dei furfanti e cavalieri, tre abitanti A, B e C vengono intervistati.

A e B fanno le seguenti affermazioni:

A: B è un cavaliere.

B: Se A è un cavaliere lo è anche C.

Si può determinare che cosa sono A, B e C?

B. logica e amore

116

Supponiamo che le due proposizioni seguenti siano vere:

(1) Io amo Betty o amo Jane.

(2) Se amo Betty allora amo Jane.

Ne segue necessariamente che io amo Betty?

Ne segue necessariamente che io amo Jane?

117

Supponiamo che qualcuno mi chieda: «È proprio vero che se tu ami Betty allora ami anche Jane?» Io rispondo: «Se è vero, allora amo Betty».

Ne segue che io amo Betty?

Ne segue che io amo Jane?

118

Questa volta abbiamo due ragazze Eva e Margaret. Qualcuno mi chiede:

Page 94: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

«È proprio vero che se tu ami Eva ami anche Margaret?» Io rispondo: «Se è vero, io am Eva, e se amo Eva, allora è vero».

Quale ragazza necessariamente amo?

119

Questa volta abbiamo tre ragazze Sue, Marcia e Dianne. Supponiamo che siano veri i seguenti fatti:

(1) Io amo almeno una delle tre ragazze.

(2) Se amo Sue ma non Dianne, allora amo anche Marcia.

(3) O io amo sia Dianne che Marcia, o nessuna delle due.

(4) Se amo Dianne, allora amo anche Sue.

Quali ragazze amo?

Discussione. I logici non sono un po' sciocchi? Non dovrei sapere se amo o meno Betty, Jane, Eva, Margaret, Sue, Marcia, Dianne, ecc., senza dover mettermi a tavolino per scoprirlo? Non sarebbe strano se una moglie chiedesse al marito professore: «Mi ami?» ed egli rispondesse: «Aspetta un minuto, cara», e si sedesse a tavolino per mezz'ora a fare calcoli con carta e matita e quindi rispondesse: «Sì, risulta che ti amo»?

Mi viene in mente la storia presumibilmente vera del filosofo Leibniz che una volta si stava chiedendo se sposare una certa ragazza. Si sedette a tavolino con carta e matita e fece due liste, la lista dei vantaggi e la lista degli svantaggi. Quest'ultima risultò la più lunga delle due, così decise di non sposarla.

120

Questo problema, benché semplice, ci riserva una sorpresa.

Supponiamo che io sia un cavaliere o un furfante. Faccio le due seguenti affermazioni:

(1) Io amo Linda.

(2) Se amo Linda allora amo Kathy.

Sono un cavaliere o un furfante?

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121 Una variante a un vecchio proverbio.

Un vecchio proverbio dice: «Pentola osservata non bolle mai». Bene, si dA il caso che io sappia che ciò è falso. Una volta mi misi ad osservare una pentola su un fornello caldo e alla fine si mise a bollire. Ora, che ne dite del seguente proverbio?

«Una pentola osservata non bolle mai a meno che non la osserviate». Formulato in modo più preciso: «Pentola osservata non bolle mai a meno che non sia osservata».

È vero o falso?

C. C’è oro su quell’isola?

I problemi degli ultimi due gruppi trattavano in gran parte di proposizioni condizionali-proposizioni della forma «Se P è vera, lo è anche Q». I problemi che seguiranno tratteranno in gran parte le proposizioni chiamate bicondizionali-proposizioni della forma «P è vera se e solo se Q è vera».

Questa proposizione significa che se P è vera, allora lo è anche Q, e se Q è vera, allora lo è anche P. Significa, in altre parole, che se una delle due, P, Q, è vera, allora lo è anche l'altra. Questo significa anche che P e Q sono o entrambe vere o entrambe false. la proposizione «P se e solo se Q» viene scritta simbolicamente: «P (doppia freccia)? Q»

La tavola di verità per P (doppia freccia)? Q è la seguente:

P

Q

P (freccia) --> Q

Vero

Vero

Vero

Vero

Falso

Falso

Falso

Vero

Page 96: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

Falso

Falso

Falso

Vero

La proposizione «P se e solo se Q» viene qualche volta letta: «P è equivalente a Q» oppure: «P e Q sono equivalenti». Notiamo i seguenti due fatti:

F1: qualsiasi proposizione equivalente ad una propostone vera è vera.

F2: qualsiasi proposizione equivalente ad una proposizione falsa è falsa.

122 C'è oro su quest'isola?

Su una certa isola di cavalieri e furfanti, corre voce che vi sia sepolto dell'oro. Voi arrivate su quest'isola e chiedete ad uno dei nativi, A, se c'è oro su quest'isola. Egli dA la seguente risposta: «Sull'isola c'è oro se e solo se io sono un cavaliere».

Il nostro problema si divide in due parti:

(a) Si può determinare se A è un cavaliere o un furfante?

(b) Si può determinare se c'è oro sull'isola?

123

Supponiamo che invece di aver ricevuto da A di sua volontA quest'ultima informazione, voi gli aveste chiesto: «L'affermazione che tu sei un cavaliere è equivalente all'affermazione che c'è oro su quest'isola?» Se egli avesse risposto «Sì», il problema si sarebbe ridotto al precedente. Supponiamo che egli avesse risposto «No». Potreste allora dire se c'è oro sull'isola?

124 Come diventai ricco.

Questa storia sfortunatamente non è vera. Ma è interessante e così io ve la racconterò comunque.

Scoprii l'esistenza di tre isole vicine A, B, C. Sapevo che c'era oro in almeno una delle tre, ma non sapevo in quale. Le isole B e C erano

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disabitate, l'isola A era abitata da cavalieri e furfanti e c'era qualche probabilità che tra di essi ci fosse anche qualche normale, ma non sapevo se effettivamente c'erano dei normali o no.

Ebbi la fortuna di trovare la carta delle isole làsciata dal famoso, ma capriccioso, capitano Marston — il pirata che aveva sepolto l'oro. Il messaggio, naturalmente, era in codice. Una volta decifrato, si vide che consisteva in due frasi. Eccone la trascrizione:

(1) NON C'È ORO SULL'ISOLA A

(2) SE CI SONO DEI NORMALI SULL'ISOLA A, ALLORA C'È ORO SU DUE DELLE ISOLE

Ebbene, io mi precipitai sull'isola A; sapevo che i nativi dell'isola sapevano tutto sulla questione dell'oro. Il re dell'isola immaginò quali erano le mie intenzioni e mi disse in termini inequivocabili che mi sarebbe stato concesso di fare una sola domanda ad uno qualsiasi degli abitanti scelto a caso. Io non avrei avuto alcuna possibilità di sapere se il nativo era un cavaliere, un furfante o un normale.

Il mio problema era di trovare una domanda tale che, alla risposta, avrei potuto recarmi su una delle isole sicuro che vi fosse l'oro.

Quale domanda avrei dovuto fare?

125

Un'altra volta stavo visitando un'isola di cavalieri, furfanti e normali.

Correva voce che vi fosse oro sull'isola e io desideravo scoprire se c'era. Il re dell'isola, che era un cavaliere, mi presentò gentilmente a tre dei nativi, A, B e C, e mi disse che al massimo uno di loro era un normale. Mi fu concesso di fare due domande a chi volevo io, a cui però si potesse rispondere con sì o no.

C'è modo di scoprire con due domande se c'è oro sull'isola?

126 Un problema di deduzione.

Supponiamo che vi siano due Isole vicine, ognuna delle quali è abitata esclusivamente da cavalieri e furfanti (non ci sono normali). Vi si dice che in una delle due isole c'è un numero pari di cavalieri e che nell'altra isola

Page 98: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

essi sono in numero dispari. Vi si dice anche che c'è oro nell'isola contenente un numero pari di cavalieri, ma che non c'è oro nell'altra isola.

Voi scegliete a caso una delle due isole e ci andate. Tutti gli abitanti sanno quanti cavalieri e quanti furfanti vivono sull'isola. Voi interrogate tre abitanti, A, B e C, ed essi fanno le seguenti dichiarazioni:

A: Su quest'isola c'è un numero pari di furfanti.

B: In questo momento c'è un numero dispari di persone sull'isola.

C: Io sono un cavaliere se e solo se A e B sono dello stesso tipo.

Supponendo che voi non siate né un cavaliere né un furfante e che al momento siate l'unico visitatore dell'isola, c'è oro o no sull'isola?

Soluzioni

109 - 112

Questi quattro problemi rappresentano la stessa idea fondamentale: data una qualsiasi proposizione P, se una persona A dell'isola dei cavalieri e furfanti dice: «Se sono un cavaliere allora P», allora colui che parla deve essere un cavaliere e P deve essere vera! Ciò può sembrare molto strano, ma noi lo possiamo provare in due modi:

(1) Supponiamo che A sia un cavaliere. Allora la proposizione: «Se A è un cavaliere allora P» deve essere una proposizione vera (poiché i cavalieri dicono sempre la verità). Così A è un cavaliere ed è vero che se A è un cavaliere allora P. Da questi due fatti segue che P deve essere vera. Allora la supposizione che A è un cavaliere conduce a P come conclusione. Perciò (richiamando il quarto fatto dell'implicazione), noi abbiamo provato che se A è un cavaliere allora P. Ma questa è esattamente l'affermazione di A.

Quindi A deve essere un cavaliere. E poiché abbiamo appena dimostrato che se A è un cavaliere allora P, segue che P deve essere vera.

(2) Un modo alternativo di vedere il problema è il seguente. Ricordiamo che una proposizione falsa implica qualsiasi proposizione. Quindi se A non è un cavaliere, allora la proposizione: «Se A è un cavaliere allora P» è automaticamente vera. Quindi un furfante non potrebbe mai fare un'affermazione simile. Così se una persona, che è o un cavaliere o un furfante, fa un'affermazione simile, allora deve essere un cavaliere e P deve essere vera.

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Applichiamo questo principio ai nostri problemi. Per quel che riguarda il problema 109, se noi consideriamo P la proposizione che B è un cavaliere, allora noi vediamo che A deve essere un cavaliere e la sua affermazione è vera, quindi B è un cavaliere. Quindi la risposta al problema 109 è che A e B sono entrambi cavalieri.

Quanto al problema 110, noi consideriamo P la proposizione che A si mangerA il cappello. Vediamo che A deve essere un cavaliere e deve mangiàrsi il cappello.

(Questo prova, per inciso, che i cavalieri, anche se indubbiamente persone virtuose ed onorevoli, qualche volta sono un po' stupidi)

Quanto al problema 111, la risposta ancora una volta è che A è un cavaliere.

Riguardo al 112, la conclusione corretta è che l'autore sta di nuovo imbrogliando! Il problema è un paradosso, nessun cavaliere potrebbe fare una simile affermazione, e nemmeno un furfante potrebbe farla.

113

A deve essere un cavaliere e B deve essere un furfante. Per dimostrarlo, prima dobbiamo provare che soltanto un cavaliere può fare un'affermazione del tipo: «Se P, allora io sono un furfante». Ricordiamo che una proposizione vera è implicata da qualsiasi proposizione. Quindi se l'affermazione «io sono un furfante» è vera, allora l'affermazione completa: «Se P, io sono un furfante» è pure vera. Ma se io fossi un furfante, non potrei mai fare quell'affermazione vera. Quindi se dico: «Se P, allora io sono un furfante», allora devo essere un cavaliere. Quindi A deve essere un cavaliere. Perciò è anche vero che se B è un cavaliere, allora A è un furfante (perché A dice che è vero). Allora B non può essere un cavaliere, poiché ciò implicherebbe che A è un furfante, il che non può essere (*). Quindi B è un furfante.

(*) Qualsiasi proposizione che implichi una proposizione falsa deve essere falsa, poiché una proposizione vera non può mai implicare una proposizione falsa. Nel caso di cui sopra, la proposizione che B è un cavaliere implica la proposizione falsa che A è un furfante, per cui deve essere falso che B è un cavaliere. Questo è un altro caso di reductio ad absurdum.

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114

A, in effetti, dice che non può essere che X sia colpevole e Y innocente. Questo non è che un altro modo per dire che o X è innocente o Y è colpevole, così A e B, in realtà, dicono la stessa cosa con parole diverse. Perciò le due proposizioni sono o entrambe vere o entrambe false, per cui A e B debbono essere dello stesso tipo.

115

Supponiamo che A sia un cavaliere. Allora lo è anche B (perché A dice che egli lo è). Quindi la proposizione di B: «Se A è un cavaliere, lo è anche C», è vera. Ma A è un cavaliere (per ipotesi), quindi C è un cavaliere (nell'ipotesi che lo sia A).

Abbiamo appena dimostrato che se A è un cavaliere, lo è anche C (*).

(*) Lo abbiamo fatto supponendo che A sia un cavaliere e arrivando alla conclusione che C è un cavaliere. Per il quarto fatto dell'implicazione segue che se A è un cavaliere, allora C è un cavaliere.

Ebbene, B ha detto esattamente questo, quindi B è un cavaliere. Per cui l'affermazione di A che B è un cavaliere è vera, così anche A è un cavaliere.

Abbiamo dimostrato che, se A è un cavaliere, lo è anche C. Perciò anche C è un cavaliere. Quindi sono tutti e tre cavalieri.

116

Non ne segue che io amo Betty, ma ne segue che amo Jane. Per vedere che amo Jane, noi facciamo il seguente ragionamento:

O io amo Betty o non l'amo. Se non amo Betty, allora per la condizione (1), deve essere che amo Jane (poiché si sa che amo almeno una il loro). D'altra parte, se io amo Betty, allora per la condizione (2) io devo amare anche Jane. Così, in entrambi i casi (sia che io ami Betty o no), ne segue che amo Jane.

Per inciso, qualsiasi lettrice che si chiami Betty non dovrebbe preoccuparsi; dal momento che dalle condizioni date non segue che io amo

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Betty, ciò non significa che segua che io non amo Betty! È del lutto possibile che io ami anche Betty — forse anche più di quanto ami Jane.

117

Questa volta ne segue non che io amo Jane, ma che amo Betty. Infatti, supponiamo che non ami Betty. Allora l'affermazione: «Se io amo Betty allora amo Jane» deve essere una proposizione vera (poiché una proposizione falsa implica qualsiasi proposizione). Ma è dato che se quella proposizione è vera, allora io devo amare Betty. Quindi, se non amo Betty, ne segue che io effettivamente amo Betty, il che è una contraddizione. L'unico modo per uscire dalla contraddizione è che io effettivamente ami Betty.

Non si può determinare se io amo o no Jane.

118

Ne segue che io devo amare entrambe le ragazze. Sia P la proposizione:

«Se io amo Eva, allora amo anche Margaret». Noi abbiamo:

(1) Se P è vera, allora io amo Eva.

(2) Se amo Eva, allora P è vera.

Abbiamo visto dalla soluzione del problema precedente che da (1) segue che io amo Eva. Perciò io amo effettivamente Eva. Quindi, per la (2), P deve essere vera — cioè, è vero che se amo Eva, allora amo anche Margaret. Ma io amo Eva. Quindi amo anche Margaret.

119

Io devo amare tutte e tre le ragazze. Ci sono diversi modi per provarlo, eccone uno:

Per la (3) o amo sia Dianne che Marcia, oppure non amo nessuna delle due.

Supponiamo che io non ami nessuna delle due. Allora, per la (1), io devo amare Sue. Quindi amo Sue ma non Dianne, e non amo Marcia. Ciò contraddice l'affermazione (2). Quindi non può essere che io non ami né Dianne né Marcia, quindi le amo tutte e due. Poiché amo Dianne, allora, per la (4), amo anche Sue.

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Perciò le amo tutte e tre.

120

Devo essere un cavaliere. Se io fossi un furfante, allora sia la (1) che la (2) dovrebbero essere false. Supponiamo che la (2) sia falsa, allora amerei Linda ma non Kathy, quindi amerei Linda. Ciò significherebbe che la (1) è vera. Così è impossibile che là(l) e la (2) siano entrambe false, quindi io non posso essere un furfante.

121

Dire: «P è falsa a meno che Q» non è che un altro modo per dire: «Se P allora Q». (Per esempio, dire: «Non andrò al cinema a meno che tu non venga con me» equivale a dire: «Se io andrò al cinema allora tu verrai con me».) Così, la proposizione: «Pentola osservata non bolle mai a meno che non sia osservata» non è che un altro modo per dire: «Se una pentola osservata bolle, allora è osservata». Ciò naturalmente, è vero, poiché una pentola osservata è certamente osservata, sia che bolla o no.

122

Non è possibile determinare se A è un cavaliere o un furfante, tuttavia: sull'isola ci deve essere dell'oro.

Ai fini di questo problema e degli altri problemi di questa sezione, stabiliamo una volta per tutte il seguente principio basilare: se chi parla (sia egli un cavaliere o un furfante) fa la seguente affermazione: «Io sono un cavaliere se e solo se P», allora P deve essere vera (indipendentemente dal fatto che chi parla sia un cavaliere o un furfante).

Per verificare questo fatto, sia K la proposizione che chi parla è un cavaliere.

Chi parla dice che K è equivalente a P. Supponiamo che chi parla sia veramente un cavaliere. Allora K è realmente equivalente a P, e anche K è vera. Allora P è equivalente a una proposizione vera, quindi P deve essere vera. Supponiamo invece che chi parla sia un furfante, allora la sua affermazione e falsa, così P non è equivalente a K. Inoltre, poiché egli è un furfante, K è falsa. Poiché P non è equivalente alla falsa proposizione K, allora P deve essere vera (perché, se fosse falsa, allora sarebbe equivalente

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a K). Così, indipendentemente dal fatto che chi parla sia un cavaliere o un furfante, P deve essere vera.

È interessante confrontare ciò con il principio stabilito nell'ultima sezione: se un cavaliere, o un furfante, dice: «Se io sono un cavaliere, allora P», noi possiamo concludere che egli è un cavaliere e P è vera. Ma se un cavaliere, o un furfante, dice: «Io sono un cavaliere se e solo se P», allora possiamo concludere che P è vera, ma non possiamo determinare se egli è un cavaliere oppure no.

123

Sì, potreste: in questo caso sull'isola non c'è oro.

Sia G l'affermazione che vi è oro sull'isola, e sia K di nuovo l'affermazione che chi parla è un cavaliere. Chi parla, rispondendo «No», afferma che G non è equivalente a K. Ebbene, supponiamo che chi parla sia un cavaliere. Allora si ha effettivamente che G non è equivalente a K. Ora, poiché egli è un cavaliere, K è vera. Perciò G, non essendo equivalente alla proposizione vera K, deve essere falsa. Supponiamo invece che chi parla sia un furfante. Allora G è effettivamente equivalente a K (poiché il furfante ha detto che esse non sono equivalenti). Ma K è falsa (poiché chi parla è un furfante). Così G, essendo equivalente alla falsa proposizione K, deve essere falsa. Così, indipendentemente dal fatto che chi parla sia un cavaliere o un furfante, la sua risposta negativa alla domanda indica che G è falsa. Dunque non vi è oro sull'isola.

Discussione.

I due ultimi problemi implicano congiuntamente un principio molto importante, ben noto agli esperti di «cavalieri e furfanti». Come si è visto nelle soluzioni degli ultimi due problemi, se P è una qualsiasi proposizione di cui volete accertare la verità o falsità, e se una persona nota come cavaliere o furfante conosce la risposta a P, allora potete scoprire da lui con una sola domanda se P è vera o falsa. È sufficiente che gli chiediate: «È l'affermazione che tu sei un cavaliere equivalente all'affermazione che P è vera?». Se risponde «Sì», allora sapete che P è vera, se risponde «No», allora sapete che P è falsa. Questo principio sarà impiegato nella soluzione dei tre prossimi problemi; faremo riferimento a esso come al principio fondamentale.

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124

Sappiamo già che non vi è oro sull'isola A, che vi è oro sulle isole B o C, e se qualcuno sull'isola A è normale, vi è oro su entrambe le isole B e C.

Ebbene, la mia domanda era: «È l'affermazione che tu sei un cavaliere equivalente all'affermazione che c'è oro sull'isola B?».

Supponiamo che egli risponda «Sì». Se è un cavaliere o un furfante, allora c'è oro sull'isola B (per il principio fondamentale stabilito nella soluzione del problema precedente). Se egli è un normale, allora anche in questo caso c'è oro sulle isole B e C, perciò c'è certamente oro sull'isola B. Così una risposta affermativa significa che vi è oro sull'isola B.

Supponiamo che risponda «No». Se egli è un cavaliere o un furfante, allora non vi è oro sull'isola B (di nuovo per il principio fondamentale). Ciò significa che vi deve essere oro sull'isola C. Se è invece un normale, vi è oro su entrambe le isole B e C, così vi è oro sull'isola C. Perciò una risposta negativa significa che vi è oro sull'isola C.

125

Questo problema viene risolto usando due volte il principio fondamentale (vedi soluzione del problema 123 per una spiegazione del principio fondamentale).

Con una domanda è possibile localizzare uno dei tre che voi sappiate essere sicuramente non normale. Lo fate chiedendo ad A: «È l’affermazione che tu sei un cavaliere equivalente all'affermazione che B è u normale?». Supponiamo che risponda «Sì». Se A è un cavaliere o un furfante, allora B deve essere un normale (per il principio fondamentale). Questo significa che C non è un normale. Se A non è un cavaliere o un furfante, allora deve essere un normale, quindi di nuovo C non può essere un normale. Così una risposta affermativa significa che C non è un normale.

Supponiamo che A risponda «No». Se egli è un cavaliere o un furfante, allora B non è un normale (di nuovo per il principio fonda mentale). Se A non è un cavaliere o un furfante, allora nuovamente B non è un normale, poiché lo è A.

Perciò una risposta negativa significa che B non è un normale.

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Perciò, se ottenete una risposta affermativa da A, allora scegliete C per fare la seconda domanda; se ottenete una risposta negativa, allora scegliete B. Così voi sapete che state interrogando qualcuno che è o un cavaliere o un furfante.

Allora gli fate la stessa domanda del problema 122, vale a dire, se l'affermazione che egli è un cavaliere è equivalente all'affermazione che vi è oro sull’isola. Una risposta affermativa significa che c'è oro, una risposta negativa significa che non ce n'è.

126

Se non conosceste il principio fondamentale, questo problema sarebbe davvero sconcertante. Ma ora voi conoscete il principio fondamentale (vedi soluzione del problema 123), e il problema vi risulterA assai facile. Presumo che sappiate che la somma di due numeri interi pari, è un numero pari e la somma dì due numeri dispari è di nuovo pari. Ciò significa che, se sottraete un numero pari da un numero pari, otterrete di nuovo un numero pari e che se sottraete un numero dispari da un numero dispari, otterrete ancora un numero pari (per esempio, 12-8=4; 13-7=6).

Dall'affermazione di C segue (per il principio fondamentale) che A e B sono realmente dello stesso tipo, cioè sono entrambi cavalieri o entrambi furfanti.

Quindi le loro affermazioni sono o entrambe vere o entrambe false. Supponiamo che siano entrambe vere. Allora, per l’affermazione di A, sull'isola c'è un numero pari di furfanti. Per l'affermazione di B, c'è un numero dispari di persone, incluso voi stesso. Ma voi non siete né un cavaliere né un furfante; siete l'unico forestiero sull'isola, quindi c'è un numero pari di nativi sull'isola. Così, sottraendo il numero pari di furfanti dell'isola dal numero pari di cavalieri e furfanti, noi ottenete un numero pari di cavalieri. Così, in questo caso, sull'isola c'è oro. D'altra parte, supponiamo che entrambe le affermazioni siano false. Ciò significa che vi è un numero dispari di furfanti sull'isola, e un numero dispari di cavalieri e furfanti (un numero pari di persone, includendo voi stesso). Allora, di nuovo, deve esserci un numero pari di cavalieri, perciò anche in questo caso, sull'isola c'è dell'oro

Capitolo 9 - Bellini o Cellini?

Questo è il seguito della storia degli scrigni di Porzia. Ricordiamo chi

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ogni volta che Bellini faceva uno scrigno, vi incideva sempre un'iscrizione vera; ogni volta che Cellini faceva uno scrigno, vi incideva sopra un'iscrizione falsa. Bellini e Cellini avevano dei figli che erano anch'essi fabbricanti di scrigni. I figli si comportavano come i padri: un figlio di Bellini incideva soltanto affermazioni vere sugli scrigni che fabbricava, mentre un figlio di Celini vi incideva soltanto affermazioni false.

Sia inteso che non c'erano altri fabbricanti di scrigni nell'Italia del Rinascimento: tutti gli scrigni erano fatti da Bellini o da Cellini, o da un figlio di Bellini o di Cellini.

Se mai vi capitasse di trovare uno di questi scrigni, tenete presente che sono di grande valore, specialmente quelli fatti da Bellini o da Cellini.

A. Di chi è lo scrigno?

127

Una volta mi imbattei in uno scrigno che portava la seguente iscrizione:

QUESTO SCRIGNO NON È STATO FATTO DA UN FIGLIO DI BELLINI

Chi fece questo scrigno, Bellini, Cellini, un figlio di Bellini, o un figlio di Cellini?

128

Un'altra volta mi imbattei in uno scrigno la cui iscrizione mi mise in grado di dedurre che esso era stato fatto da Cellini.

Potete immaginare quale fosse l'iscrizione?

129

Gli scrigni che hanno maggior valore sono quelli che hanno un'iscrizione dalla quale si può dedurre che lo scrigno stesso deve essere stato fatto da Bellini o Cellini, ma non si può dedurre da quale dei due. Una volta io ebbi la fortuna di imbattermi in uno scrigno di questo tipo.

Potete immaginare quale fosse l'iscrizione?

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130 Dal sublime al ridicolo.

Supponiamo che vi imbattiate in uno scrigno con la seguente iscrizione:

QUESTO SCRIGNO È STATO FATTO DA ME

Che cosa concludereste?

131 Un nobile fiorentino.

Un nobile fiorentino dava lussuosi trattenimenti, e il momento di maggior interesse era un gioco il cui premio era un gioiello prezioso. Questo nobile conosceva la storia degli scrigni di Porzia, e concepì il gioco in modo simile.

Egli aveva tre scrigni, uno d'oro, uno d'argento e uno di piombo, e il gioiello si trovava all'interno di uno di essi. Egli spiegava agli invitati che ogni scrigno era stato fatto da Bellini o da Cellini (e non da un loro figlio).

La prima persona che riusciva a indovinare in quale scrigno era il gioiello, e che sapeva spiegare come aveva indovinato, veniva premiata col gioiello stesso.

Ecco le iscrizioni:

Oro SE IL GIOIELLO È NELLO SCRIGNO D'ARGENTO, ALLORA LO SCRIGNO D'ARGENTO È STATO FATTO DA BELLINI

Argento SE IL GIOIELLO È IN QUESTO SCRIGNO, ALLORA LO SCRIGNO D’ORO È STATO FATTO DA CELLINI

Piombo LO SCRIGNO CHE REALMENTE CONTIENE IL GIOIELLO È STATO FATTO DA CELLINI

Quale scrigno contiene il gioiello?

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B. Coppie di scrigni

In alcuni musei si possono trovare coppie di scrigni, uno d'oro e uno d'argento, originariamente costruiti e venduti a coppia. In effetti, le famiglie Bellini e Cellini erano legate da un'amicizia molto stretta, e talvolta collaboravano per costruire una coppia. Naturalmente, una sola persona faceva uno scrigno ma, per ogni coppia, accadeva talvolta che una persona faceva uno degli scrigni, e un'altra persona faceva l'altro. Le due famiglie si divertivano moltissimo nel disegnare le coppie di scrigni in modo che i posteri intelligenti potessero scoprire, almeno parzialmente, chi erano gli autori degli scrigni. Data una coppia qualsiasi, ci sono sedici possibilità: lo scrigno d'oro potrebbe essere stato fatto da Bellini, da un figlio di Bellini, da Cellini, o da un figlio di Cellini, e per ciascuna di queste quattro possibilità ci sono quattro possibilità per l'autore dello scrigno d'argento.

132

Una volta mi imbattei nella seguente coppia:

Oro ENTRAMBI GLI SCRIGNI DI QUESTA COPPIA SONO STATI FATTI DA MEMBRI DELLA FAMIGLIA CELLINI

Argento NESSUNO DI QUESTI SCRIGNI È STATO FATTO DA UN FIGLIO DI BELLINI O DA UN FIGLIO Di CELLINI

Chi ha fatto lo scrigno d'oro? E quello d'argento?

133

Una volta mi imbattei nella seguente coppia.

Oro SE QUESTO SCRIGNO E STATO FATTO DA UN MEMBRO DELLA FAMIGLIA BELLINI, ALLORA LO SCRIGNO D'ARGENTO È STATO FATTO DA CELLINI

Argento LO SCRIGNO D'ORO È STATO FATTO DA UN FIGLIO DI

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BELLINI

Chi fece lo scrigno d'oro?

Chi fece lo scrigno d'argento?

134

Consideriamo la seguente coppia.

Oro LO SCRIGNO D'ARGENTO È STATO FATTO DA UN FIGLIO DI BELLINI

Argento LO SCRIGNO D'ORO NON È STATO FATTO DA UN FIGLIO DI BELLINI

Provate che almeno uno di essi fu fatto da Bellini.

135

Consideriamo la seguente coppia.

Oro LO SCRIGNO D'ARGENTO È STATO FATTO DA CELLINI

Argento LO SCRIGNO D'ORO NON È STATO FATTO DA CELLINI Dimostrate che almeno uno degli scrigni fu fatto da un figlio di Cellini,

136

Consideriamo la seguente coppia:

Oro LO SCRIGNO D'ARGENTO È STATO FATTO DA UN FIGLIO DI BELLINI

Argento LO SCRIGNO D'ORO È STATO FATTO DA UN FIGLIO DI

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CELLINI

Dimostrate che almeno uno degli scrigni fu fatto da Bellini o da Cellini.

137

La prossima avventura fu particolarmente degna di nota. Mi imbattei in un paio di scrigni e mi interessava sapere se almeno uno di essi era stato fatto da

Bellini. Lessi l'iscrizione su uno di essi, ma da quella non riuscii a stabilire se almeno uno dei due scrigni fosse stato fatto da Bellini. Allora lessi la seconda iscrizione che, con mio grande stupore, era uguale alla prima, e ancor più sorpreso potei stabilire che entrambi gli scrigni dovevano essere stati fatti da Bellini.

Riuscite ad immaginare quali potessero essere le iscrizioni?

138

Un'altra volta trovai una coppia di scrigni sui quali erano incise iscrizioni identiche, dalle quali io fui in grado di dedurre che entrambi gli scrigni erano stati fatti da Cellini, ma da uno solo di essi non avrei mai potuto dedurre che uno scrigno era stato fatto da Cellini. Potete suggerire una tale iscrizione?

139

Un'altra volta mi imbattei in una coppia di scrigni che portavano iscrizioni identiche da cui io fui in grado di dedurre che essi erano stati fatti entrambi da Bellini o entrambi da Cellini, ma non riuscii a determinare chi dei due fosse l'autore degli scrigni. Inoltre, da uno solo di essi non avrei potuto dedurre ciò.

Potete suggerire una tale iscrizione?

140

La coppia di scrigni di maggior valore che si possa trovare deve soddisfare le seguenti condizioni:

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(1) Dalle iscrizioni si può dedurre che uno degli scrigni è stato fatto da Bellini e l'altro da Cellini, ma non si può dedurre chi abbia fatto il primo e chi il secondo.

(2) Da uno solo degli scrigni non si può dedurre che la coppia è stata fatta da Bellini e da Cellini.

Una volta ebbi la fortuna di imbattermi in una coppia di questo tipo. (Ho saputo che quella era l'unica coppia di quel tipo esistente.) Potete suggerire le due iscrizioni?

141 Un'avventura deliziosa.

Una volta, quando ero ancora scapolo, mi trovavo a Firenze e lessi su un giornale: CERCASI LOGICO. (Fortunatamente era scritto in inglese, non so leggere l'italiano.) Ebbene, mi recai al museo che aveva fatto pubblicare l'avviso, e mi fu detto che c'era bisogno di un logico per risolvere un mistero sconcertante.

Erano stati trovati quattro scrigni; due d'oro e due d'argento. Si sapeva che essi formavano due coppie, ma gli scrigni erano stati mescolati in modo tale che

non si sapeva come riaccoppiarli. Mi mostrarono i quattro scrigni ed io fui subito in grado di risolvere la difficoltà, per cui ricevetti un'ottima ricompensa come consulente. E non solo, ma fui anche in grado di stabilire da chi era stato fatto ogni scrigno, per cui ricevetti un ulteriore premio (consistente, fra l'altro, in una damigiàna di ottimo Chianti), e ricevetti anche un bacio di gratitudine da una delle più avvenenti signore di Firenze (*).

(*) Poiché Benvenuto Cellini era un noto millantatore, perché non dovrei seguire le sue orme?

Questi sono i quattro scrigni:

Scrigno A (Oro) LO SCRIGNO D'ARGENTO È STATÒ FATTO DA UN MEMBRO DELLA FAMIGLIA CELLINI

Scrigno B (Oro) O LO SCRIGNO D'ARGENTO È STATO FATTO DA UN MEMBRO DELLA FAMIGLIA CELLINI O ENTRAMBI GLI SCRIGNI SONO STATI FATTI DA BELLINI

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Scrigno C (Argento) LO SCRIGNO D'ORO È STATO FATTO DA UN MEMBRO DELLA FAMIGLIA BELLINI

Scrigno D (Argento) LO SCRIGNO D'ORO È STATO FATTO DA UN MEMBRO DELLA FAMIGLIA BELLINI E ALMENO UNO DI QUESTI SCRIGNI È STATO FATTO DA UN FIGLIO DI BELLINI O DI CELLINI

Ci sono ora due problemi:

(a) A dovrebbe essere accoppiato a C o a D?

(b) Chi è l'autore di ogni scrigno?

Soluzioni

127

È stato fatto da Bellini. Se l'avesse fatto un figlio di Bellini, l'affermazione sarebbe falsa, il che è impossibile.

Se Cellini o un figlio di Cellini avessero fatto lo Scrigno, l'affermazione sarebbe vera, il che è impossibile. Quindi lo scrigno è stato fatto da Bellini.

128

Un'iscrizione adatta sarebbe: «Questo scrigno è stato fatto da un figlio di Cellini».

129

«Questo scrigno è stato fatto da Bellini o da un figlio di Cellini.»

130

L'affermazione è chiaramente vera, per cui lo scrigno è stato fatto da Bellini o da un figlio di Bellini.

131

Primo passo: supponiamo che lo scrigno di piombo sia stato fatto da Bellini, allora l'iscrizione su di esso è vera, quindi il gioiello si trova in uno

Page 113: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

scrigno fatto da Cellini, così non può essere nello scrigno di piombo. D'altra parte, supponiamo che lo scrigno di piombo sia stato fatto da Cellini, allora l'iscrizione è falsa, quindi il gioiello si trova in uno scrigno fatto da Bellini e quindi, ancora una volta, non è nello scrigno di piombo. Ciò prova che il gioiello non si trova nello scrigno di piombo.

Secondo passo: inoltre sappiamo che il gioiello non può trovarsi nello scrigno d'argento. Se vi si trovasse, noi avremmo la seguente contraddizione.

Supponiamo che il gioiello sia nello scrigno d'argento. Si supponga ora che lo scrigno d'oro sia stato fatto da Bellini. Allora l'iscrizione su di esso è vera, e poiché il gioiello si trova nello scrigno d'argento (per assunzione), allora lo scrigno d,'argento e un Bellini. Da ciò seguirebbe che lo scrigno d'oro è stato fatto da Cellini. Così, se lo scrigno d'oro è un Bellini, allora è un Cellìni.

Supponiamo, invece, che lo scrigno d'oro sia un Cellìni. Allora l'iscrizione su di esso è falsa, da cui segue che lo scrigno d'argento non è un Bellini, quindi è un Cellini. Perciò l'iscrizione sullo scrigno d'argento è falsa, da cui segue che lo scrigno d'oro è un Bellini. Così, se lo scrigno d'oro è un Cellini, allora è un Bellini, il che è impossibile.

Questo prova che il gioiello non può essere nello scrigno d'argento quindi è nello scrigno d'oro.

132

È chiaro che l'iscrizione sullo scrigno d'oro non può essere vera, altrimenti si avrebbe una contraddizione. Così lo scrigno d'oro è stato fatto da un membro della famiglia Cellini. Dato che L’affermazione è falsa, allora non è vero che ambedue gli scrigni sono stati fatti da membri della famiglia Cellìni, quindi lo scrigno d'argento è stato fatto da un membro della famiglia Bellini. Perciò l'affermazione sullo scrigno d'argento è vera, così nessuno dei due scrigni è stato fatto da qualcuno dei figli. Quindi lo scrigno d'oro fu fatto da Cellini, e quello d'argento da Bellini.

133

Ricordiamo che quando un abitante di un'isola di cavalieri e furfanti dice, «se io sono un cavaliere, allora questo e quello è vero, ecc. ecc.», allora l'abitante deve essere un cavaliere e questo e quello deve essere

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vero. Con un argomento analogo, dimostreremo ora che L’affermazione sullo scrigno d'oro è vera.

Supponiamo che lo scrigno d'oro sia stato fatto da un membro della famiglia Bellini, allora l'iscrizione sullo scrigno d'oro e vera: «Se lo scrigno d'oro è stato fatto da un membro della famiglia Bellini, allora lo scrigno d'argento è stato fatto da Cellini». Ma lo scrigno d'oro è stato fatto da un membro della famiglia Bellini (questa è la nostra supposizione), quindi lo scrigno d'argento è stato fatto da Cellini. Così abbiamo provato che, se lo scrigno d'oro è stato fatto da un membro della famiglia Bellini, allora lo scrigno d'argento è stato fatto da Cellini (*).

(*) Perché la premessa che lo scrigno d'oro è stato fatto da un membro della famiglia Bellini conduce alla conclusione che lo scrigno d'argento è stato fatto da Cellini. Abbiamo di nuovo impiegato il quarto fatto dell'implicazione (Vedi ultimo paragrafo del preambolo al capitolo 8).

In altri termini, abbiamo dimostrato che l'iscrizione sullo scrigno d'oro è vera. Quindi lo scrigno d'oro è stato fatto da un membro della famiglia Bellini.

Questo, assieme al fatto accertato che se lo scrigno d'oro è stato fatto da un membro della famiglia Bellini, allora lo scrigno d'argento è stato fatto da Cellini, implica il fatto che lo scrigno d'argento è stato fatto da Cellini.

Quindi l'iscrizione sullo scrigno d'argento è falsa, così lo scrigno d'oro non fu fatto da un figlio di Bellini. Ma lo scrigno d'oro è stato fatto da un membro della famiglia Bellini, quindi fu fatto da Bellini. Così lo scrigno d'oro fu fatto da Bellini, e quello d'argento fu fatto da Cellini.

134

Supponiamo che l'affermazione sullo scrigno d'oro sia vera. Allora lo scrigno d'argento è stato fatto da un figlio di Bellini, quindi contiene un'affermazione vera. Ciò significa che lo scrigno d'oro non fu fatto da un figlio di Bellini, ma poiché lo scrigno d’oro contiene un'affermazione vera, allora deve essere stato fatto da Bellini.

Supponiamo che l'affermazione sullo scrigno d'oro sia falsa. Allora lo scrigno d'argento non è stato fatto da un figlio di Bellini. Tuttavia l'affermazione sullo scrigno d'argento deve essere vera (poiché l'affermazione falsa sullo scrigno d'oro non potrebbe essere stata fatta da un figlio di Bellini). Così lo scrigno d'argento è stato fatto da Bellini.

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Riassumendo, se l'affermazione sullo scrigno d'oro è pera, allora lo scrigno d'oro è stato fatto da Bellini. Se l'affermazione sullo scrigno d'oro è falsa, allora Bellini è l'autore dello scrigno d'argento.

135

Supponiamo che l'affermazione sullo scrigno d'argento sia vera. Dato che è un'affermazione vera, allora lo scrigno d'argento è stato fatto da un membro della famiglia Bellini, quindi l'affermazione sullo scrigno d'oro: «Lo scrigno d'argento è stato fatto da Cellini», deve essere falsa. Ma poiché l'affermazione sullo scrigno d'argento è vera (per ipotesi), lo scrigno d'oro non è stato fatto da Cellini. Quindi lo scrigno d'oro contiene un'affermazione falsa, ma non e stato fatto da Cellini, quindi è stato fatto da un figlio di Cellini.

Supponiamo invece che l'affermazione sullo scrigno d'argento sia falsa. Allora lo scrigno d'oro fu fatto da Cellini, quindi l'affermazione incisa su di esso è falsa, perciò lo scrigno d'argento non fu fatto da Cellini. Quindi lo scrigno d'argento contiene un'affermazione falsa ma non fu fatto da Cellini, così fu fatto da un figlio di Cellini.

136

Supponiamo che l'iscrizione sullo scrigno d'oro sia vera. Allora l'iscrizione sullo scrigno d'argento dovrebbe pure essere vera, ciò significherebbe che l'iscrizione sullo scrigno d'oro è falsa. Questa è una contraddizione, quindi l'iscrizione sullo scrigno d'oro è falsa. Ciò significa, inoltre, che lo scrigno d'argento non è stato fatto da un figlio di Bellini. Quindi, se l'iscrizione sullo scrigno d'argento è vera, allora lo scrigno d'argento è stato fatto da Bellini. Se l'iscrizione sullo scrigno d'argento è falsa, allora lo scrigno d'oro non è stato fatto da un figlio dì Cellini, ma poiché l'iscrizione sullo scrigno d'oro e falsa, allora lo scrigno d'oro è un Cellini.

Riassumendo, se l'iscrizione sullo scrigno d'argento è vera, allora lo scrigno d'argento è stato fatto da Bellini; se l'iscrizione sullo scrigno d'argento è falsa allora lo scrigno d'oro è stato fatto da Cellini. Quindi, o lo scrigno d'argento è un Bellini o lo scrigno d'oro è un Cellini.

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137

Ci sono molte possibili soluzioni per questo e i tre prossimi problemi. Una soluzione per questo problema è che entrambi gli scrigni abbiano l'iscrizione: «O entrambi gli scrigni sono stati fatti da Bellini, o almeno uno è stato fatto da un membro della famiglia Cellini».

Nessun membro della famiglia Cellini potrebbe aver fatto l'uno o l’altro scrigno, perché l’affermazione allora sarebbe vera. Così, entrambi gli scrigni sono stati fatti da membri della famiglia Bellini. Le affermazioni quindi sono vere, così, o entrambi gli scrigni sono stati fatti da Bellini, o almeno uno fu fatto da un membro della famiglia Cellini. Quest’ultima alternativa è falsa, così entrambi gli scrigni sono dei Bellini.

138

Una soluzione è che entrambe le iscrizioni dicano: «Almeno uno di questi scrigni è stato fatto da un figlio di Cellini». Se le affermazioni fossero vere, almeno uno degli scrigni sarebbe opera di un figlio di Cellini, ma non è possibile che un figlio di Cellini faccia un’affermazione vera. Quindi le affermazioni sono false, il che significa che nessuno dei due scrigni è stato fatto da un figlio di Cellini, quindi Cellini è l’autore dei due scrigni.

139

Un’iscrizione adatta è: «O entrambi gli scrigni sono stati fatti da Bellini, o almeno uno è stato fatto da un figlio di Cellini».

Dimostreremo che se le iscrizioni sono vere, allora entrambi gli scrigni sono stati fatti da Bellini, e che se le iscrizioni sono false, allora entrambi gli scrigni sono stati fatti da Cellini.

Supponiamo che le iscrizioni siano vere. Allora le cose in realtà stanno così: o entrambi gli scrigni sono stati fatti da Bellini, o almeno uno fu fatto da un figlio di Cellini. la seconda alternativa è impossibile (poiché un figlio di Cellini non può incidere iscrizioni vere), quindi entrambi gli scrigni devono essere stati fatti da Bellini.

Supponiamo che le iscrizioni siano false. Allora le due alternative della disgiunzione sono false: in particolare la seconda alternativa (che almeno uno è stato fatto da un figlio di Cellini) è falsa, il che significa che nessuno dei due scrigni è stato fatto da un figlio di Cellini. Tuttavia entrambe le

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iscrizioni sono false, così sono state fatte da Cellini.

140

Una soluzione è la seguente:

Oro: «Questi scrigni sono stati fatti da Bellini e Cellini se e solo se lo scrigno d'argento è stato fatto da un membro della famiglia Cellini».

Argento: «Lo scrigno d'oro è stato fatto da un membro della famiglia Cellini».

Sia P la proposizione che gli scrigni sono stati fatti da Bellini e Cellini, e Q la proposizione che lo scrigno d'argento è stato fatto da un membro della famiglia Cellini. L'iscrizione sullo scrigno d'oro dice che P e equivalente a Q; l'iscrizione sullo scrigno d'argento dice che l'iscrizione sullo scrigno d'oro è stata fatta da un bugiardo, che in effetti dice che l'iscrizione sullo scrigno d'oro è falsa. Questo significa che una delle due iscrizioni è vera e l'altra è falsa.

Supponiamo che l'iscrizione sullo scrigno d'oro sia vera. Allora (dato che abbiamo mostrato che un'iscrizione è vera e l'altra è falsa), l'iscrizione sullo scrigno d'argento deve essere falsa, quindi è stata fatta da un membro della famiglia Cellini, così Q è vera. Inoltre, dato che l'iscrizione sullo scrigno d'oro è vera, P è veramente equivalente a Q. Allora (dato che Q è vera) P deve essere vera.

Supponiamo che l'iscrizione sullo scrigno d'oro sia falsa. Allora l'iscrizione sullo scrigno d'argento è vera, quindi non è stata fatta da un Cellini, così Q deve essere falsa, e inoltre P non è equivalente a Q. Quindi nuovamente P è vera.

Vediamo che in entrambi i casi P deve essere vera, cioè uno degli scrigni è stato fatto da Bellini e l'altro da Cellini.

141

Lo scrigno A deve essere accoppiato con lo scrigno D, poiché se fosse accoppiato con lo scrigno C si avrebbe la seguente contraddizione.

Supponiamo che A fosse accoppiato con C. Supponiamo che l'iscrizione su A sia vera, allora l'iscrizione su C e falsa e ciò significa che l'iscrizione su A e falsa, il che è una contraddizione. Supponiamo invece che l'iscrizione su A sia falsa, allora l'iscrizione su C è vera. Questo significa

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che l'iscrizione su A è vera, e abbiamo di nuovo una contraddizione. Quindi A non è accoppiato con C.

Ciò risolve la prima metà del problema.

Ora consideriamo la coppia B-C. Supponiamo che l'affermazione su C sia falsa.

Allora B è stato fatto da un membro della famiglia Cellini, quindi contiene un'affermazione falsa. Ciò significa che né l'una né l'altra delle alternative dell'affermazione è vera, quindi la prima alternativa è falsa, il che significa che C fu fatto da un membro della famiglia Bellini. Così, se l'affermazione su C è falsa, allora C è stato fatto da un membro della famiglia Bellini, il che è impossibile. Quindi l’affermazione su C è vera. Perciò l'affermazione su B è pure vera (poiché su C si dice che B è stato fatto da un membro della famiglia Bellini). la prima alternativa dell’affermazione su B non può essere vera, quindi è vera la seconda alternativa. Così gli scrigni B e C sono stati fatti entrambi da Bellini.

Consideriamo ora la coppia A-D. Supponiamo che l'iscrizione su A sia falsa, allora D fu fatto da un membro della famiglia Bellini, e quindi l'iscrizione su di esso è vera. Ciò significherebbe che A è stato fatto da un membro della famiglia Bellini, e avremmo una contraddizione. Dunque l'iscrizione su A è vera.

Ciò implica ulteriormente che l'iscrizione su D è falsa. Quindi almeno una delle alternative dell'affermazione è falsa. la prima alternativa è vera (poiché l'affermazione su A è vera), per cui la seconda alternativa è falsa.

Ciò significa che nessuno dei due scrigni è stato fatto da un figlio di Bellini o di Cellini. Quindi A è stato fatto Bellini e D è stato fatto da Cellini.

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Parte terza - Racconti di magià e di mistero

Capitolo 10 - L'isola di Baal

A. Alla ricerca dell'assoluto

Ho letto in qualche libro di filosofia che «il vero filosofo è la bambina di nove anni che stava guardando fuori dalla finestra e improvvisamente si rivolse alla madre e disse: " Mamma, c'è soltanto una cosa che non riesco a capire: perché mai esiste qualcosa? "».

Questo problema ha làsciato perplesso più di un filosofo: alcuni l'hanno considerato il problema fondamentale della filosofia. Lo si è posto in questa forma: «Perché c'è qualche cosa invece di niente?».

Quando vi soffermate a pensarci, vi rendete conto che è veramente una domanda importante. In effetti, perché c'è qualcosa invece di niente? Ebbene, c'era una volta un filosofo che decise di fare della risoluzione di questo problema il principale scopo della sua vita. Prima lesse tutti i libri di filosofia, ma nessuno di essi poté fornirgli la vera spiegazione del perché c'è qualcosa invece di niente. Si rivolse allora alla teologià. Chiese a tutti i saggi rabbini, preti, vescovi, ed altre autoritA religiose, ma nessuno di essi poté spiegargli in modo soddisfacente perché c'è qualcosa invece di niente. Infine si rivolse alla filosofia orientale: viaggiò per dodici anni in India e nel Tibet, interrogando molti guru, ma nessuno di essi conosceva la risposta. Quindi passò altri dodici anni in Cina e giàppone, interrogando vari eremiti Taoisti e maestri di Zen. Alla fine incontrò un saggio sul letto di morte che gli disse: «No, figlio mio, io stesso non so perché c'è qualcosa invece di niente. L'unico luogo su questo pianeta in cui si conosca la risposta a questa domanda è nell'isola di Baal. Uno dei grandi sacerdoti dei tempio di Baal conosce la vera risposta».

«E dov'è l'isola di Baal?» chiese il filosofo con ansia.

«Ah!» fu la risposta, «Io non so neanche questo. In verità io non ho mai conosciuto qualcuno che abbia veramente trovato la strada per l'isola di Baal.

Tutto ciò che so è la posizione di un certo arcipelago, non segnato sulle carte, e in un'isola di questo arcipelago si trova la carta e una serie completa di istruzioni per raggiungere l'isola di Baal. Io non so su quale isola dell'arcipelago si possa trovare la carta; tutto quel che so è che essa è

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in una di queste isole e che il nome dell'isola è 'Maya'. Però, tutte queste isole sono abitate esclusivamente da cavalieri che dicono sempre la verità e da furfanti che mentono sempre. Quindi è necessario essere molto furbi!».

Questa fu la notizia più promettente che il filosofo avesse udito in ventiquattro anni! Ebbene, egli non ebbe difficoltà a trovare la strada per l'arcipelago, ed esplorò sistematicamente un'isola dopo l'altra, sperando di scoprire quale fosse l'isola di Maya.

142 la prima isola.

Sulla prima isola che esplorò, incontrò due indigeni A e B che fecero le

seguenti affermazioni:

A: B è un cavaliere e questa è l'isola di Maya.

B: A è un furfante e questa è l'isola di Maya.

È questa l'isola di Maya?

143 la seconda isola.

Su quest'isola, due nativi A e B fecero le seguenti affermazioni:

A: Noi siamo entrambi furfanti e questa è l'isola di Maya.

B: È vero.

È questa l'isola di Maya?

144 la terza isola.

Su quest'isola A e B dissero:

A: Almeno uno di noi è un furfante e questa è l'isola di Maya.

B: È vero.

È questa l'isola di Maya?

145 la quarta isola.

Su quest'isola, due nativi A e B dissero:

A: Noi siamo entrambi furfanti, e questa è l'isola di Maya.

Page 121: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

B: Almeno uno di noi è un furfante, e questa non è l'isola di Maya.

È questa l'isola di Maya?

146 la quinta isola.

Qui, due dei nativi A e B dissero:

A: Noi siamo entrambi furfanti e questa è l'isola di Maya.

B: Almeno uno di noi due è un cavaliere, e questa non è l'isola di Maya.

È questa l'isola di Maya?

147 la sesta isola.

Su quest'isola due nativi, A e B, fecero le seguenti affermazioni:

A: O B è un cavaliere o questa è l'isola di Maya.

B: O A è un furfante o questa è l'isola di Maya.

E questa l'isola di Maya?

148 la carta per Baal.

Il nostro filosofo trovò l'isola di Maya. Tuttavia, il compito di trovare la carta e le istruzioni per Baal non era così facile come aveva previsto. Dovette vedere il Gran Sacerdote di Maya che lo condusse in una stanza in cui vi erano tre carte, X, Y, Z, su un tavolo. Il sacerdote spiegò che soltanto una era la vera carta per Baal e le altre due conducevano ciascuna a un'isola di demoni e se uno sbarcava su un'isola di demoni, sarebbe stato distrutto immediatamente.

Il filosofo dovette scegliere una delle tre carte.

Nella stanza c'erano cinque stregoni A, B, C, D, ed E. Ogni stregone era o un cavaliere o un furfante. Diedero al filosofo i seguenti consigli:

A: X è la carta corretta.

B: Y è la carta corretta.

C: A e B sono entrambi furfanti.

D: O A è un furfante oppure B è un cavaliere.

E: O io sono un furfante, oppure C e D sono dello stesso tipo (entrambi

Page 122: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

cavalieri o entrambi furfanti).

Quale fra le mappe X, Y, Z, è quella corretta?

B. L'isola dì Baal

Fra tutte le isole di cavalieri e furfanti, l'isola di Baal è certamente la più misteriosa e interessante. Quest'isola è abitata esclusivamente da esseri umani e da scimmie. Le scimmie sono alte come gli umani, e parlano altrettanto fluentemente. Ogni scimmia, come ogni umano, è un cavaliere o un furfante.

Proprio nel centro dell'isola vi è il tempio di Baal, uno dei templi più straordinari dell'intero universo. I gran sacerdoti sono metàfisici, e nel Sacrario Interno del tempio si può trovare un sacerdote che, si dice, conosca la risposta al mistero ultimo dell'universo: perché c'è qualcosa invece del nulla.

Agli aspiranti alla conoscenza sacra viene concesso di visitare il Santuario Interno, purché dimostrino di esserne degni, superando tre serie di prove. Io imparai, per inciso, tutti questi segreti di nascosto: dovetti entrare nel tempio travestito da scimmia. Lo feci con mio grande rischio personale, se fossi stato scoperto, la punizione sarebbe stata inimmaginabile. Invece di limitarsi ad annientarmi, i sacerdoti avrebbero cambiate le leggi dell'universo in modo tale che io non sarei mai potuto nascere!

Dunque, il nostro filosofo scelse la carta giusta, e arrivò sano e salvo all'isola di Baal e accettò di tentare le prove. la prima serie ebbe luogo in tre giorni consecutivi in un'enorme sala chiamata Sacrario Esterno. Al centro della stanza vi era un incappucciato seduto su un trono d'oro. Poteva essere un umano o una scimmia, e anche un cavaliere o un furfante.

Pronunciava una frase sacra, e da questa frase il filosofo doveva dedurre esattamente ciò che era: se un cavaliere o un furfante, e se un umano o una scimmia.

149 la prima prova.

L'incappucciato disse: «Io sono un furfante o una scimmia».

Che cos'era esattamente?

Page 123: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

150 la seconda prova.

L'incappucciato disse: «Sono un furfante e una scimmia».

Che cos'era

esattamente?

151 la terza prova.

L'incappucciato disse: «Non sono scimmia e cavaliere insieme».

Che cos'era?

Il filosofo superò queste tre prove, così gli fu concesso di provarne una seconda serie, che ebbe luogo in tre giorni consecutivi, in una grande sala conosciuta come il Sacrario Medio. In questa stanza c'erano due incappucciati, seduti su troni di platino. Essi pronunciavano frasi sacre e il filosofo doveva dare una descrizione completa di ognuno. Li chiameremo A e B.

152 la quarta prova.

A: Almeno uno di noi è una scimmia.

B: Almeno uno di noi è un furfante.

Cosa sono A e B?

153 la quinta prova.

A: Siamo entrambi scimmie.

B: Siamo entrambi furfanti.

Che cosa sono A e B?

154 la sesta prova.

A: B è un furfante e una scimmia. Io sono un umano.

B: A è un cavaliere.

Cosa sono A e B?

Page 124: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

Il filosofo superò la seconda serie di prove, e affrontò una terza serie, che consisteva in un'unica prova, ma molto complicata.

155

Ci sono quattro porte, X, Y, Z, W, che conducono al Sacrario Medio. Almeno una di esse conduce al Sacrario Interno. Se entrate nella porta sbagliata, sarete divorati da un feroce dragone.

C'erano dunque otto sacerdoti, A, B, C, D, E, F, G, H, ognuno dei quali era un cavaliere o un furfante. Essi fecero le seguenti affermazioni:

A: X è una buona porta.

B: Almeno una delle porte Y, Z è buona.

C: A e B sono entrambi cavalieri.

D: X e Y sono entrambe porte buone.

E: X e Z sono entrambe porte buone.

F: O D o E è un cavaliere.

G: Se C è un cavaliere, anche F lo è.

H: Se G e io siamo entrambi cavalieri, anche A lo è.

Quale porta dovrebbe scegliere il filosofo?

156 Nel Sacrario Interno!

Il filosofo scelse la porta giusta, ed entrò sano e salvo nel Sacrario Interno.

Seduti su due troni di diamante, c'erano i due maggiori sacerdoti dell'universo!

È possibile che almeno uno di essi sapesse la risposta alla Grande Domanda:

«Perché vi è qualcosa invece del nulla?».

Naturalmente, ognuno dei due sacerdoti era o un cavaliere o un furfante. (Se fossero umani o scimmie non è rilevante.) Così noi non sappiamo di ognuno se è un cavaliere o un furfante, o se conosce la risposta alla Grande Domanda. I due sacerdoti fecero le seguenti affermazioni:

Page 125: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

Primo Sacerdote: Io sono un furfante, e non so perché ci sia qualcosa invece di nulla.

Secondo Sacerdote: Io sono un cavaliere, e non so perché ci sia qualcosa invece del nulla.

Sapeva veramente uno dei sacerdoti perché vi è qualcosa invece del nulla?

157 la risposta!

Ora voi state per scoprire la vera risposta alla Grande Domanda: «Perché c'è qualcosa invece del nulla»!

Ebbene, uno dei due sacerdoti, che conosceva effettivamente la risposta alla Grande Domanda, quando il filosofo gli chiese: «Perché c'è qualcosa invece del nulla?», diede la seguente risposta:

«C’è qualcosa invece del nulla».

Quale drastica conclusione segue da tutto ciò?

Soluzioni

142

Supponiamo che B sia un cavaliere, allora questa e l'isola dì Maya, e inoltre A è un furfante. Quindi l'affermazione di A è falsa, per cui non è vero che B è un cavaliere e che questa è l'isola di Maya. Tuttavia B è un cavaliere per ipotesi.

Quindi la prima parte dell'affermazione è vera, perciò la seconda parte è falsa, dunque non è l'isola di Maya. Così se B è un cavaliere ne segue che questa è e non è l'isola di Maya. Quindi B deve essere un furfante.

Poiché B è un furfante, ne segue che anche A è un furfante (dato che A afferma che B è un cavaliere). Poiché B è un furfante, la sua affermazione è falsa, quindi non è vero che A è un furfante e questa è l'isola di Maya.

Ma la prima parte della proposizione è vera (dato che A è un furfante), quindi la seconda parte deve essere falsa, per cui questa non è l'isola di Maya.

Page 126: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

143

Ovviamente A è un furfante (un cavaliere non avrebbe mai potuto fare l'affermazione di A). Poiché B concorda con A, allora anche B è un furfante.

Poiché l'affermazione di A è falsa, non è vero che (1) essi sono entrambi furfanti e (2) questa è l'isola di Maya. Ma la (1) è vera, così la (2) deve essere falsa. Perciò quest'isola non è l'isola di Maya.

144

Poiché B è d'accordo con A, allora essi sono o entrambi cavalieri o entrambi furfanti. Allora se fossero entrambi cavalieri non si darebbe il caso che almeno uno di essi sia un furfante: quindi l'affermazione di A sarebbe falsa, il che è impossibile, poiché A sarebbe un cavaliere. Quindi essi sono entrambi furfanti.

Ciò significa che l'affermazione di A è falsa. Ma la prima parte dell'affermazione di A deve essere vera (essi sono entrambi furfanti, e così almeno uno di loro è un furfante), dunque la seconda parte deve essere falsa.

Perciò questa non è l'isola di Maya.

145

A è certamente un furfante, poiché un cavaliere non potrebbe fare una simile affermazione. Se B è un cavaliere, allora, per la sua affermazione, questa non è l'isola di Maya. Se B è un furfante, allora la prima parte dell'affermazione di A è vera: ma l'affermazione di A è falsa, essendo A un furfante, quindi la seconda parte deve essere falsa. Così, ancora una volta, questa non è l'isola di Maya.

146

Di nuovo, A deve essere un furfante, B può essere sia un cavaliere sia un furfante, ma nell'uno o nell'altro caso, questa non è l'isola di Maya.

147

Se A fosse un furfante, allora entrambe le alternative della sua

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proposizione disgiuntiva sarebbero false, il che significherebbe che B è un furfante. Ne seguirebbe che entrambe le alternative della proposizione disgiuntiva di B sarebbero false, così A sarebbe un cavaliere. Ma questa è una contraddizione: quindi A è un cavaliere. Perciò la sua affermazione è vera, quindi o B è un cavaliere, o questa è l'isola di Maya. Se la seconda alternativa è vera, allora, ovviamente, questa è l'isola di Maya. Supponiamo che la prima alternativa sia vera, cioè supponiamo che B sia un cavaliere, allora l'affermazione di B è vera: «O A è un furfante o questa è l’isola di Maya». Ma A non è un furfante, quindi la prima alternativa è falsa. Perciò la seconda alternativa è vera, e questa è l'isola di Maya.

Ripetiamo una parte di questa argomentazione: abbiamo visto che o B è un cavaliere o questa è l'isola di Maya. Ma inoltre, se B è un cavaliere, questa è comunque l'isola di Maya.

Finalmente abbiamo trovato l'isola di Maya!

148

Se E fosse un furfante, allora sarebbe vero che o E è un furfante o C e D sono dello stesso tipo. Ciò significherebbe che un furfante ha fatto un'affermazione vera, il che è impossibile, quindi E è un cavaliere, quindi la sua affermazione è vera. Così, o egli è un furfante o C e D sono dello stesso tipo, ma egli non è un furfante, quindi C e D sono dello stesso tipo.

Supponiamo che C sia un furfante. Allora A e B sarebbero entrambi furfanti.

Quindi l'affermazione di D sarebbe vera, quindi D sarebbe un cavaliere. Così C sarebbe un furfante e D un cavaliere, il che è contraria al fatto che C e D sono dello stesso tipo. Perciò C deve essere un cavaliere; quindi anche D è un cavaliere. Dato che C è un cavaliere, allora A e B non sono entrambi furfanti, quindi o X o Y è la carte corretta. Supponiamo che la carta corretta sia X.

Allora A è un cavaliere e B un furfante, contrariamente all'affermazione vera di D che o A è un furfante o B è un cavaliere. Così X non può essere la carta giusta, quindi la carta giusta deve essere Y.

149

Se l'incappucciato fosse un furfante, allora egli sarebbe o un furfante o uno scimmia, quindi la sua affermazione sarebbe vera, contrariamente al

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fatto che egli e un furfante, quindi è un cavaliere. Ciò significa che la sua affermazione è vera, quindi è o un furfante o una scimmia, ma non è un furfante, quindi è una scimmia. Dunque è un cavaliere scimmia.

150

Chiaramente l’incappucciato non è un cavaliere; quindi è un furfante, e la sua affermazione è falsa. Perciò egli è o un cavaliere o un umano. Egli non è un cavaliere, quindi è un umano. Dunque è un furfante umano.

151

Supponiamo che l'incappucciato sia un furfante. Allora sarebbe vero che non e scimmia è cavaliere insieme, quindi la sua affermazione sarebbe vera, e noi avremmo un furfante che fa un'affermazione vera. Perciò l'incappucciato deve essere un cavaliere. Però è vero che non è scimmia e cavaliere insieme: se fosse una scimmia, allora sarebbe insieme scimmia e cavaliere. Dunque è un umano, perciò è un cavaliere umano.

152

B non può essere un furfante, altrimenti la sua affermazione sarebbe vera.

Quindi B è un cavaliere, allora la sua affermazione è vera, così A deve essere un furfante e la sua affermazione è falsa. Quindi essi sono entrambi umani. A è un furfante umano, e B un cavaliere umano.

153

B deve essere un furfante, perché un cavaliere non potrebbe mai fare un'affermazione simile. Perciò non è vero che A e B sono entrambi furfanti, così A è un cavaliere, e la sua affermazione è vera. Così A e B sono entrambi scimmie: dunque A è un cavaliere scimmia, e B è un furfante scimmia.

154

Supponiamo che B sia un cavaliere. Allora A sarebbe un cavaliere (poiché lo dice B), quindi B dovrebbe essere un furfante e una scimmia, il

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che è una contraddizione. Perciò B è un furfante. Quindi, per l'affermazione di B, anche A è un furfante. Poiché la prima affermazione di A è falsa, B non è un furfante e una scimmia. Ma B è un furfante, così deve essere falso che B sia urta scimmia.

Dunque B è un furfante umano. Dalla seconda affermazione di A segue che A è una scimmia, dunque A è un furfante scimmia.

155

Mostreremo innanzitutto che G è un cavaliere. A tale scopo è sufficiente mostrare che la sua affermazione è vera. Così noi dobbiamo mostrare che se C è un cavaliere, anche F lo è. Lo faremo supponendo che C sia un cavaliere, e mostrando che in questo caso anche F è un cavaliere.

Supponiamo che C sia un cavaliere. Allora A e B sono entrambi cavalieri. Perciò X è una buona porta; tra Y e Z una delle due è buona.

Primo caso: È buona Y. Allora X e Y sono entrambe buone. In questo caso D è un cavaliere.

Secondo caso: È buona Z. Allora X e Z sono entrambe buone. In questo caso E è un cavaliere.

Quindi o D o E deve essere un cavaliere. Perciò l'affermazione di F è vera, dunque F è un cavaliere.

La nostra ipotesi che C sia un cavaliere conduce alla conclusione che F è un cavaliere. Quindi è vero che se C è un cavaliere, lo è anche F. Questo è quanto ha detto G, perciò G è un cavaliere.

Ora mostreremo che l’affermazione di H è vera. H ha detto che se lui e G sono entrambi cavalieri, lo è anche A. Supponiamo che H sia un cavaliere. Allora G e H sono entrambi cavalieri. Inoltre è vero che se G e H sono entrambi cavalieri, lo e anche A (poiché lo ha detto H, e noi abbiamo assunto che H sia un cavaliere). Quindi se H è un cavaliere, allora (1) G e H sono entrambi cavalieri; (2) se G e H sono entrambi cavalieri, anche A lo è. Da (1) e (2) segue che A è un cavaliere. Così se H è un cavaliere, lo è anche A. Questo è quanto ha detto H, così H deve essere un cavaliere. Quindi la sua affermazione è vera, e poiché G e H sono entrambi cavalieri, A è un cavaliere.

Sappiamo ora che A è un cavaliere. Quindi X è veramente una buona porta, perciò il filosofo dovrebbe scegliere la porta X.

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156

Il primo sacerdote non può essere un cavaliere; deve essere un furfante. Quindi la sua affermazione è falsa, il che significa che non è vero che egli è un furfante e non sa la risposta alla Grande Domanda. Ma egli è un furfante, così la prima parte della sua affermazione è vera. Quindi la seconda parte dell'affermazione deve essere falsa, perciò egli in effetti conosce la risposta.

Dunque il primo sacerdote è un furfante e conosce la risposta.

Non si può sapere se il secondo sacerdote è un furfante o un cavaliere; egli è o un cavaliere che non conosce la risposta o un furfante. In ogni modo, (e questo è d'importanza fondamentale per il prossimo problema) se conosce la risposta, allora è un furfante.

157

Abbiamo visto che il primo sacerdote conosce la risposta alla domanda ed è un furfante, e che il secondo sacerdote, se conosce la risposta, è un furfante.

Sappiamo anche che colui che ha detto: «Vi è qualcosa invece del nulla», conosce la risposta. Perciò colui che lo ha detto è un furfante, quindi la sua affermazione «C'è qualcosa invece del nulla» deve essere falsa. Ciò significa che non esiste nulla!

Così sembra che la risposta alla ricerca del filosofo, durata una vita, sia che nulla esiste. Però, qui c'è qualcosa che non va, se nulla esiste, come mai c'è stato un sacerdote che ha fatto questa affermazione?

Ciò che segue correttamente, quindi, è che l'isola di Baal, così come io l'ho descritta, non può esistere. Non è solamente il fatto che non esiste (il che era molto probabile fin dall'inizio della storia), ma ciò che conta è il fatto che è logicamente certo che non può esistere. Poiché, se esistesse e la mia. Storia fosse vera, allora (come ho mostrato) ne seguirebbe logicamente che nulla esiste, e quindi l'isola di Baal non potrebbe esistere. Questa è una contraddizione, quindi l'isola di Baal non può esistere.

Il fatto curioso è che fino all'ultima storia (problema 157), tutto ciò che vi ho detto, per quanto poco plausibile potesse sembrare, era logicamente possibile. Ma l'ultima storia ha fatto crollare tutto.

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Capitolo 11 - L'isola degli zombi

A. «Bal» e «Da»

In un'isola vicino a Haiti, metà degli abitanti sono stati stregati dalla magià Vudù e trasformati in zombi. Questi zombi non si comportano secondo le solite convenzioni: non sono silenziosi o simili a morti, si muovono e parlano in modo vivace come umani. Semplicemente, gli zombi di quest'isola mentono sempre, mentre gli umani di quest'isola dicono sempre la verità.

Finora, tutto ciò appare simile ad un'altra situazione di cavalieri e furfanti, solo formulata in modo diverso. Ma non lo è! la situazione è enormemente complicata dal fatto che sebbene i nativi capiscano la nostra lingua alla perfezione, un antico tabù dell'isola proibisce loro di usare parole straniere quando parlano. Per cui, ogni volta che voi fate loro una domanda a cui si risponde con sì o no, essi rispondono «Bal» o «Da» — uno dei quali significa sì e l'altro no. Il guaio è che noi non sappiamo se sia «Bal» o «Da» che significa sì o no.

158

Una volta incontrai un indigeno dell'isola e gli chiesi: «Bal significa sì?»

Egli rispose: «Bal».

(a) È possibile dedurre cosa significa «Bal»?

(b) È possibile dedurre se l'indigeno è un umano o uno zombi?

159

Se incontrate un indigeno di quest'isola, è possibile con una sola domanda sapere cosa significa «Bal»? (Ricordate che egli risponderà «Bal» o «Da».)

160

Supponiamo che non vi interessi che cosa significa «Bal», ma soltanto se l'interlocutore è uno zombi. Come potete scoprire questo con una sola domanda?

(Ancora una volta egli risponderà «Bal» o «Da».)

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161 Far dire «Bal» allo stregone.

Siete sulla stessa isola e volete sposare la figlia del re. Il re desidera che sua figlia sposi soltanto qualcuno molto intelligente, così voi dovete superare un prova.

La prova consiste nel fare allo stregone una sola domanda a vostra scelta. Se egli risponde «Bal» allora voi potete sposare la figlia del re, se risponde «Da» allora non potete. Il problema consiste nell'escogitare una domanda tale che indipendentemente dal fatto che lo stregone sia un umano o uno zombi, e indipendentemente dal fatto che «Bal» significhi sì o no, egli risponda «Bal».

162

Eccone uno più difficile. Corre voce che sull'isola vi sia dell'oro. Voi arrivate all'isola, e prima che iniziate a scavare, volete sapere se c'è oro o meno. Tutti gli indigeni sanno se l'oro c'è o no.

Come potete scoprire la verità con una sola domanda a un indigeno qualsiasi?

Ricordate che egli risponderà «Bal» o «Da», e dalla sua risposta voi dovrete sapere se c'è oro indipendentemente dal significato di «Bal» o «Da».

B. Entra in scena l'ispettore Craig

163 Un processo.

In un'isola non lontana abitata da umani e zombi, «Bal» e «Da» sono parole corrispondenti nella lingua locale a sì e no, ma non necessariamente in quest'ordine. Alcuni indigeni rispondono alle domande con «Bal» e «Da», ma altri hanno infranto il tabù e rispondono con le nostre parole «Sì» e «No».

Per qualche strana ragione, i componiti di qualsiasi famiglia dell'isola sono dello stesso tipo. In particolare, data una qualsiasi coppia di fratelli, essi sono entrambi umani o entrambi zombi.

Un indigeno era sospettato di alto tradimento. Il caso era così importante che si dovette chiamare rispettare Craig da Londra. I tre testimoni chiave erano A, B e C — tutti nativi dell'isola. la seguente trascrizione è stata

Page 133: Raymond Smullyan  - Qual è il titolo di questo libro

effettuata dai registri della corte; l'ispettore Craig fece le domande.

Domanda (ad A): L'imputato è innocente?

Risposta di A: Bal.

Domanda (a B): Cosa significa «Bal»?

Risposta di B: «Bal» significa sì.

Domanda (a C): A e B sono fratelli?

Risposta di C: No.

Seconda domanda a C: L'imputato è innocente?

Risposta di C: Sì.

L'imputato è innocente o colpevole?

164

Nel precedente problema; è possibile determinare se A e B sono della stesso tipo?

165 Semi-zombi.

Dopo il processo, l'ispettore Craig andò a visitare una curiosa isola delle vicinanze: alcuni dei nativi erano umani, alcuni zombi, e gli altri erano conosciuti come semi-zombi. Questi semi-zombi sono stati soggetti alla magià vudù, ma gli incantesimi erano riusciti solo in parte. Il risultato è che i semi-zombi talvolta mentono e talvolta dicono la verità. Di nuovo, le parole sì e no corrispondono nella lingua locale a «Bal» e «Da» (sebbene non necessariamente in quest'ordine). Gli indigeni talvolta rispondono alle domande con sì-no e talvolta con «Bal» e «Da».

L'ispettore Craig incontrò uno di questi indigeni e gli fece la seguente domanda: «Quando qualcuno ti chiede se 'Bal’ significa sì e tu rispondi nella tua lingua rispondi 'Bal'?».

L'indigeno rispose, ma l'ispettore Craig non riuscì a registrare la risposta, né registrò se essa era stata data nella nostra lingua o nella lingua locale. Tutto ciò che l'ispettore Craig registrò da quella risposta gli permise di dedurre se il nativo era un umano, uno zombi o un semi-zombi.

Quale fu la risposta data dall'indigeno, e fu nella nostra lingua o nella lingua locale?

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166 Quale?

Un'altra volta, sempre sulla stessa isola, l'ispettore Craig fece ad un altro indigeno la seguente domanda: «Quando qualcuno ti chiede se due più due fa quattro, e tu rispondi nella tua lingua, rispondi 'Bal'?».

Di nuovo, l'ispettore Craig non registrò se la risposta fu «Bal», «Da», «Sì», o «No», ma anche in questo caso egli poté dedurre se l'indigeno era un umano, uno zombi o un semi-zombi.

Che risposta ottenne?

Soluzioni

158

Non è possibile stabilire cosa significhi «Bal», ma possiamo dire che l'indigeno deve essere un umano.

Supponiamo che «Bal» significhi sì. Allora «Bal» è la risposta veritiera alla domanda se «Bal» significhi sì. Così, in questo caso, l'indigeno è un umano.

Supponiamo che «Bal» significhi no. Allora «No» è la risposta veritiera alla domanda se «Bal» significa sì, quindi «Bal» è la risposta veritiera, in lingua nativa, alla domanda. Così, di nuovo, indigeno è un umano. In tal modo, indipendentemente dal fatto che «Bal» significhi sì o no, l'indigeno è un umano.

159

Voi dovete chiedergli se è un umano. Tutti gli indigeni dell'isola affermano di essere umani, così sia un umano, sia uno zombi, risponderànno affermativamente.

Così se h risposta è «Bal», allora «Bal» significa sì; se la risposta è «Da», allora «Da» significa sì (e «Bal» significa no).

160

La domanda del problema 158 è adeguata a risolvere questo problema; voi dovete chiedere se «Bal» significa si. Se «Bal» significa effettivamente

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sì, allora «Bal» è la risposta corretta alla domanda, così un umano dirA «Bal», e uno zombi dirA «Da». Se «Bal» non significa sì, allora di nuovo «Bal» sarà la risposta corretta alla domanda, così, ancora una volta, un umano dirA «Bal», e uno zombi dirA «Da».

161

Ci sono diversi modi per farlo. Un modo è chiedere allo stregone se «Bal» è la vera risposta alla domanda se egli è un umano. Possiamo dimostrare che egli deve rispondere «Bal». Per semplificare un poco l'esposizione, sia H la domanda: «Sei un umano?». Ricordate che voi non chiedete se H è vera o falsa, ma se «Bal» è la risposta corretta ad H.

Primo caso: egli è un umano. Se «Bal» significa sì, allora «Bal» è la risposta corretta ad H, e poiché egli è un umano, risponderà sinceramente che lo è, quindi dirA «Bal». Se «Bah significa no, allora «Bal» non sarà la risposta corretta ad H, quindi egli risponderà sinceramente che non lo è, così dirA «Bal» (che in questo caso significa no). Così un umano risponderà «Bal» indipendentemente dal fatto che «Bal» significhi sì o no.

Secondo caso: egli è uno zombi. Se «Bal» significa sì, allora «Bal» non è la risposta corretta ad H, ma poiché egli è uno zombi, egli mentirA e dirA che questa è la risposta corretta, così dirA «Bal» (che in questo caso significa «Sì, è la risposta corretta», il che è ovviamente una bugià). Se «Bal» significa no, allora «Bal» è la risposta corretta ad H, quindi egli mentirA e non darA la risposta corretta, così dirA «Bal» (che in questo caso significa no). Così uno zombi risponderà «Bal» indipendentemente dal fatto che «Bal» significhi sì o no. Ci sono altre domande adeguate a risolvere il problema.

Eccone alcune:

(1) È forse un fatto che o tu sei un umano e «Bal» significa sì, oppure tu sei uno zombi e «Bal» significa no?

(2) È forse un fatto che tu sei un umano se e solo se «Bal» significa sì?

162

Anche in questo caso ci sono vari modi per farlo. Un modo è di chiedere: «Se qualcuno ti chiede se c'è oro sull'isola, risponderesti 'Bal'?».

Come mostreremo, se c'è oro sull'isola, egli risponderà «Bal», e se non

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ce n'è, risponderà «Da», indipendentemente dal fatto che egli sia un umano o uno zombi e indipendentemente dal significato di «Bal» e «Da».

Sia G la domanda: «C'è oro sull'isola?».

Primo caso: egli è un umano e «Bal» significa sì. Supponiamo che ci sia oro sull'isola. Allora egli risponderà «Bal» alla domanda G. Essendo un umano egli vi dirA sinceramente che risponderebbe «Bal». Così egli risponderà «Bal» alla vostra domanda. Supponiamo che non ci sia oro sull'isola. Allora egli non risponderebbe «Bal» alla domanda G, ed essendo un umano vi direbbe che non lo farebbe. Così egli risponderebbe «Da» alla vostra domanda.

Secondo caso: egli è uno zombi e «Bal» significa si. Supponiamo che ci sia oro sull'isola. Allora di nuovo «Bal» è la risposta veritiera a G, così egli, essendo uno zombi, non dovrebbe rispondere «Bal» a G. Ma vi mentirebbe e vi direbbe che risponderebbe «Bal» a G. Così la sua risposta è «Bal». Supponiamo he non ci sia oro sull'isola. Allora «Bal» è la risposta falsa a G, così egli in effetti darebbe quella risposta a G. Ma allora vi mentirebbe e non direbbe «Bal», così egli risponderebbe alla vostra domanda con «Da».

Terzo caso: egli è un umano e «Bal» significa no. Supponiamo che ci sia oro sull'isola. Allora «Bal» è la risposta falsa a G, così un umano non la darebbe. Allora vi direbbe sinceramente che non direbbe «Bal», così egli risponde alla vostra domanda con «Bal». Se non c'è oro sull'isola, allora «Bal» è la risposta sincera a G, quindi è la risposta che l'umano darebbe effettivamente a G. Così egli risponde alla vostra domanda con «Da» (che significa: «Sì, io risponderei 'Bal' a G»),

Quarto caso: egli è uno zombi e «Bal» significa no. Supponiamo che ci sia oro sull'isola. Allora risponderebbe effettivamente «Bal» a G, ma vi direbbe che non lo farebbe, così risponderà alla vostra domanda con «Bal». Supponiamo che non ci sia oro sull'isola, allora risponderebbe effettivamente «Da» a G; non risponderebbe «Bal» a G, ma vi direbbe che lo farebbe. Quindi egli risponde «Da» alla vostra domanda. Riassumendo, se c'è oro sull'isola allora in ognuno dei quattro casi voi otterrete «Bal» come risposta, se non c'è oro, allora otterrete la risposta «Da».

Un'altra domanda che potreste fare è questa: «Si dA il caso che tu sia un umano se e solo se 'Bal' è la risposta vera alla domanda se c'è oro sull'isola?»

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163

Innanzi tutto dimostrerò che C non può essere uno zombi. Ebbene, supponiamo che lo sia. Allora A e B devono essere fratelli e quindi entrambi umani o entrambi zombi. Supponiamo che siano entrambi umani. Allora «Bal» significa realmente sì, quindi A in effetti ha risposto sì alla domanda se l'imputato è innocente, così l'imputato è innocente. Supponiamo che A e B siano entrambi zombi, allora «Bal» in effetti significa no, e poiché A è uno zombi e ha risposto no alla domanda se l'imputato è innocente, allora l'imputato è innocente. Quindi se C è uno zombi, allora l'imputato è innocente (indipendentemente dal fatto che A e B siano entrambi umani o entrambi zombi). D'altra parte, se C è uno zombi allora l'imputato deve essere colpevole, poiché C dice che è innocente. Questa è una contraddizione; perciò C non può essere uno zombi. Così egli è un umano, e poiché C dice che l'imputato è innocente, allora l'imputato è veramente innocente.

164

Poiché C è un umano, allora A e B non sono fratelli. Questo, naturalmente, non significa necessariamente che essi siano di tipi diversi; essi possono essere dello stesso tipo anche se non sono fratelli. In effetti, essi debbono essere dello stesso tipo, poiché se fossero di tipi diversi, allora l'imputato dovrebbe essere colpevole. Il lettore dovrebbe potere facilmente dimostrarlo da solo.

165

Di tutte le quattro possibili risposte: «Bal», «Da», «Sì», «No», l'unica che né un umano né uno zombi potrebbero dare è «No». Più specificatamente, se colui che parla fosse l'uno o l'altro, se avesse risposto nella nostra lingua, la sua risposta avrebbe dovuto essere «Sì»; se egli avesse risposto nella sua lingua, allora, se «Bal» significa si, avrebbe risposto «Bal» (indipendentemente dal fatto che egli sia un umano o uno zombi), e se «Bal» significa no, egli avrebbe risposto «Da». (Lascio che il lettore provi questi fatti da solo).

Quindi, se Craig avesse ottenuto qualsiasi risposta eccetto «No», non avrebbe potuto sapere che cos'era il nativo. Ma egli riuscì a saperlo, quindi ebbe la risposta «no», e il nativo era un semi-zombi.

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166

Di nuovo, il nativo deve essere un semi-zombi, e l'unico modo in cui Craig potesse sapere cos'era il nativo era ricevendo la risposta «Da». Se il nativo avesse risposto nella nostra lingua, Craig non avrebbe avuto modo di sapere, poiché sia un umano che uno zombi avrebbero risposto «Sì» se «Bal» significa sì, e «No» se «Bal» significa no. Se il nativo avesse risposto «Bal», avrebbe potuto essere un umano, zombi o un semi-zombi.

Capitolo 12 - Dracula è ancora vivo?

A. In Transilvania

Nonostante ciò che Bram Stoker ci ha raccontato, avevo fondati dubbi se il conte Dracula fosse mai stato realmente soppresso. Per questa ragione decisi di andare in Transilvania per cercare io stesso la verità. I miei scopi erano:

(1) accertare se Dracula era ancora vivo;

(2) nel caso in cui fosse stato soppresso, desideravo vedere i suoi resti;

(3) nel caso in cui fosse ancora vivo, desideravo incontrarlo.

Al tempo in cui io ero in Transilvania, circa la metà degli abitanti erano umani e circa la metà vampiri. Gli umani e i vampiri non erano distinguibili per la loro apparenza esteriore, ma gli umani (almeno in Transilvania) dicono sempre la verità e i vampiri mentono sempre. Ciò che complica enormemente la situazione è che gli abitanti della Transilvania sono per metà totalmente matti e hanno convinzioni completamente sbagliate: credono false tutte le proposizioni vere e credono vere tutte le proposizioni false. L'altra metà degli abitanti è del tutto savia e sa quali proposizioni sono vere e quali sono false. Così, gli abitanti della Transilvania si dividono in quattro tipi:

(1) umani savi;

(2) umani matti;

(3) vampiri savi;

(4) vampiri matti.

Qualsiasi cosa dica un umano savio è vera, qualsiasi cosa dica un umano matto è falsa, qualsiasi cosa dica un vampiro savio è falsa; e qualsiasi cosa

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dica un vampiro matto è vera. Ad esempio, un umano savio dirA che due più due fa quattro; un umano matto dirA che non è vero (perché crede realmente che non sia vero); un vampiro savio dirA anch'egli che non è vero (perché egli sa che è vero ma mente); un vampiro matto dirA ancora che due più due fa quattro (perché crede che non sia vero e mente su quello che crede).

167

Una volta incontrai un transilvano che disse: «O sono un umano, oppure sono savio».

Di che tipo era?

168

Un altro transilvano disse: «Io non sono un umano savio».

Di che tipo era?

169

Un altro abitante disse: «Io sono un umano matto».

È dello stesso tipo del precedente abitante?

170

Una volta incontrai un abitante e gli chiesi: «Sei un vampiro matto?». Egli rispose «Sì» o «No», e io riuscii a capire che cosa era.

Cosa era?

171

Una volta incontrai un abitante e gli chiesi: «Sei un vampiro matto?»

Si può dedurre se egli era un umano o un vampiro? Si può dedurre se era savio?

172

Supponiamo che un transilvano dica: «Io sono matto».

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(a) Si può dedurre se egli è savio?

(b) Si può dedurre se egli è un umano o un vampiro?

173 Un rompicapo ingegnoso.

L'inversa dell'affermazione «Se P allora Q,» è l'affermazione «Se Q allora P». Ora, esistono due affermazioni X, Y le quali sono inverse L'una dell'altra e tali che:

(1) Nessuna delle due affermazioni è deducibile dall'altra.

(2) Se un transilvano fa una di queste affermazioni, ne segue che l'altra deve essere vera.

Sapreste dare due affermazioni con queste caratteristiche?

174

Data una qualsiasi affermazione X, supponiamo che un transilvano creda di credere vera X. Ne segue che X deve essere vera? Supponiamo che egli non creda di credere vera X. Ne segue che X deve essere falsa?

175

Supponiamo che un transilvano dica: «Io credo vera X». Se è un umano, ne segue che X deve essere vera? Se è un vampiro, ne segue che X deve essere falsa?

La soluzione di questo problema costituisce un principio generale importante!

176

Una volta incontrai due transilvani, A e B. Chiesi ad A: «B è un umano?». A rispose: «Credo di sì». Allora chiesi a B: «Credi che A sia un umano?».

Che risposta diede B (presupponendo che B rispondesse «SI» o «No»)?

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177

Definiamo attendibile un transilvano se egli è un umano savio o un vampiro matto, e definiamolo non attendibile, se egli è un umano matto o un vampiro savio. Le persone attendibili sono quelle che fanno affermazioni vere; le persone non attendibili sono quelle che fanno affermazioni false (sia volontariamente che involontariamente).

Supponiamo che voi chiediate a un transilvano: «Tu sei attendibile?» e che egli vi risponda «Sì» o «No». Potete determinare dalla risposta se è o no un vampiro? Potete determinare se è o no savio?

178

Supponiamo, invece, che voi gli chiediate: «Credi di essere attendibile?».

Egli vi risponde con «Sì» o «No».

Ora, potete determinare se è un vampiro?

Potete determinare se è savio?

B. Il conte Dracula è ancora vivo?

179

Vi ricordo che la prima importante domanda a cui volevo dare una risposta era se il conte Dracula fosse ancora vivo. Ebbene, interrogai un transilvano a tale proposito, ed egli rispose: «Se io sono un umano, allora il conte Dracula è ancora vivo».

Si può determinare se Dracula è ancora vivo?

180

Un altro transilvano disse: «Se io sono savio, allora il conte Dracula è ancora vivo».

Si può determinare se Dracula è ancora vivo?

181

Un altro disse: «Se io sono un umano savio, allora il conte Dracula è ancora vivo».

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Si può determinare se Dracula è ancora vivo?

182

Supponiamo che un transilvano dica: «Se io sono un umano savio o un vampiro matto, allora il conte Dracula è ancora vivo».

In quésto caso, si può determinare se Dracula è ancora vivo?

183

C’e una singola affermazione che un transilvano possa fare che potrebbe

convincervi che Dracula è vivo e anche che l'afférmazione è falsa?

184

C'è una singola affermazione che un transilvano possa fare che potrebbe convincervi che Dracula è ancora vivo, e anche tale che voi non possiate dire se l'affermazione è vera o falsa?

185

Supponiamo che un transilvano faccia le due seguenti affermazioni:

(1) Io sono savio.

(2) Io credo che il conte Dracula sia morto.

Se ne potrebbe dedurre se Dracula è ancora vivo?

186

Supponiamo che un transilvano faccia le due seguenti affermazioni:

(1) Io sono un umano.

(2) Se io sono un umano, allora il conte Dracula è ancora vivo.

Si potrebbe determinare se Dracula è ancora vivo?

C. Che domanda si dovrebbe fare?

187

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Potete, con una sola domanda, scoprire da un transilvano se egli è o meno un vampiro?

188

Potete, con una sola domanda, scoprire da un transilvano se è savio o no?

189

Quale domanda potreste fare a un transilvano per obbligarlo a rispondere «Sì», indipendentemente dal fatto che egli può appartenere a ciascuno dei quattro tipi?

190

Potete, con una sola domanda, scoprire da un transilvano se il conte Dracula è ancora vivo?

D. Nel castello di Dracula

Se io fossi stato pronto di spirito e avessi risolto l'ultimo problema mi sarei risparmiato un sacco di guai. Ma a quel tempo ero così confuso, così stordito dalla complicazione di questa classificazione incrociata di savi e matti, sovrapposta a quella di coloro che mentono e coloro che dicono la verità, che non riuscivo più a raccapezzarmi. Inoltre, ero un tantino nervoso essendo in compagnia di transilvani, una parte dei quali erano vampiri. E poi, mi aspettava una situazione ancora più sconcertante!

Non sapevo ancora se il conte Dracula era vivo, ma sentivo che se avessi potuto raggiungere il suo castello, avrei potuto trovare la risposta. A quel tempo non potevo certamente rendermi conto che questo avrebbe solo complicato le cose — per ragioni che vi sarànno subito chiare.

Sapevo esattamente dove si trovava il castello di Dracula, e sapevo che vi si svolgeva una grande attivitA. Sapevo anche che al castello avrei trovato ospitalitA, ma non sapevo se il padrone di casa era il conte Dracula (e del resto non sapevo nemmeno se Dracula fosse vivo!). L'ammissione ai castello di Dracula avveniva soltanto per invito, e gli invitati erano scelti soltanto nella élite della societA transilvana. Quindi, dovetti passare diversi mesi per raggiungere una posizione sociale che mi permettesse di

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essere invitato.

Finalmente arrivò il giorno, e io ricevetti un invito di partecipazione ad una festa che durava parecchi giorni e notti a Castello Dracula.

Andai pieno di speranza, ed ebbi ben presto il mio primo trauma. Appena entrato nel castello mi resi conto che nella fretta avevo dimenticato di prendere il mio spazzolino da denti, i pezzi degli scacchi e la mia scacchiera tascabile, e qualcosa da leggere. Così cercai di uscire dal castello per tornare al mio albergo, ma mi fu impedito da un transilvano eccezionalmente robusto e dall'aspetto brutale, il quale gentilmente ma con estrema fermezza mi disse che una volta entrati nel castello di Dracula, non si poteva làsciarlo senza il permesso del padrone di casa. «Allora», dissi io, «desidererei incontrare il padrone». «Ciò è del tutto impossibile al momento», egli mi disse, «Se vuole,

posso portargli un messaggio». Ebbene, io mandai al padrone un messaggio scritto in cui chiedevo il permesso di làsciare il castello per un breve periodo». la risposta arrivò subito, era breve e non troppo rassicurante: «Naturalmente no!». Così, ora mi trovavo prigioniero nel castello del conte Dracula! Dunque, cosa potevo fare? Ovviamente nulla, al momento: così seguendo le norme Zen decisi di gustarmi la serata per quel che valeva e di mettermi in azione appena se ne presentasse l'occasione.

Il ballo quella sera fu il più sfarzoso che avessi mai visto o di cui avessi letto. Verso le due del mattino decisi di ritirarmi e fui accompagnato nella mia camera. Cosa piuttosto sorprendente, malgrado il pericolo in cui mi trovavo, dormii profondamente. Mi risvegliai verso mezzogiorno del giorno seguente e dopo un ottimo pasto ristoratore mi unii agli ospiti sperando di ottenere altre informazioni. Qui subii un secondo trauma. Tutti gli invitati (eccetto me) appartenevano ad una piccola élite di transilvani i quali, invece di usare le parole «Si» e «No», usavano «Bal» e «Da» esattamente come nell'isola degli zombi! Così io ero bloccato in una situazione con una cosiddetta «élite di transilvani», ognuno dei quali era o un umano o un vampiro, o savio o matto, e per di più, io non sapevo cosa significassero «Bal» e «Da»! Quindi le difficoltà della precedente situazione, che avevo incontrato fuori dal castello interrogando transilvani «non di élite», si sommavano alle difficoltà dell'isola degli zombi. Sembrava che venendo al castello io fossi saltato dalla padella alla brace.

Resomi conto di questo fatto, temo di aver perso tutta la mia

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compostezza Zen, e per il resto della giornata fui piuttosto depresso. Mi ritirai presto, senza nemmeno preoccuparmi di partecipare alla seconda serata della festa. Mi sdraiai scoraggiàto, incapace sia di dormire sia di pensare, poi, improvvisamente, mi rialzai in piedi. Mi resi conto che le complicazioni Bal-Da erano in effetti facilmente superabili. Mi precipitai a prendere matita e taccuino e risorsi i seguenti problemi:

191

Con una domanda (a cui si può rispondere «Bal» o «Da»), trovai che si poteva scoprire da chiunque se era o no un vampiro.

192

Con una sola domanda potevo trovare se uno era savio.

193

Con una sola domanda potevo trovare il significato di «Bal».

194

Se lo desideravo, potevo fare a chiunque nel castello una domanda che lo costringesse a rispondere «Bal».

195

Con una domanda potevo scoprire se Dracula era vivo.

Quali sono queste domande?

E. L'enigma di Dracula

Arriviamo adesso al punto culminante! Il giorno dopo riuscii a trovare le informazioni che desideravo — Dracula era effettivamente vivo, in salute eccellente e di fatto era il mio padrone di casa. Con mia grande sorpresa, scoprii che Dracula era un vampiro matto, quindi, ogni affermazione che faceva era vera.

Ma a che mi serviva questa conoscenza ora che ero in balia del fato e rischiavo di essere trasformato in vampiro perdendo per sempre la mia

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anima? Dopo pochi giorni, i festeggiàmenti cessarono e tutti gli invitati, io escluso, ebbero il permesso di partire. Ed eccomi qui praticamente solo, in quello che adesso era un orrido e macabro castello, prigioniero di un padrone che non avevo ancora conosciuto.

Non dovetti aspettare a lungo. Poco prima di mezzanotte fui bruscamente risvegliato da un sonno profondo e gentilmente, ma fermamente, accompagnato all'appartamento privato del conte Dracula, che evidentemente aveva chiesto di avere un colloquio con me. la mia guida si ritirò, e io mi trovai faccia a faccia con il conte Dracula in persona. Dopo un silenzio che mi sembrò un'eternitA, Dracula disse: «Sapete che offro sempre alle mie vittime qualche via di scampo?».

«No», risposi sinceramente, «Non lo sapevo».

«Oh, davvero», replicò Dracula, «Non penserei mai di privarmi di questo piacere».

C'era nella sua voce qualcosa che non mi piaceva, qualcosa di affettato.

«Vedete», continuò Dracula, «Io pongo un indovinello alla mia vittima. Se egli riesce a trovare la risposta corretta entro un quarto d'ora, lo làscio libero. Se non ci riesce, o dA una risposta sbagliata, lo mordo, e diventa un vampiro per sempre».

«Savio o matto?» domandai innocentemente.

Dracula si girò livido di rabbia. «Il vostro spirito non è affatto divertente!» urlò. «Vi rendete conto della gravitA della situazione? Non è il momento di scherzi frivoli. Un altro di questi, e non vi darò nemmeno la solita possibilità di salvezza».

Per quanto ciò potesse sembrare terrificante, la mia reazione immediata fu innanzitutto di curiosità: mi domandavo perché Dracula fosse disposto a correre il rischio di perdere una vittima. «Cosa vi spinge a questa generositA sportiva?» chiesi.

«GenerositA?» disse Dracula con aria sdegnosa. «Perché, non c'è un briciolo di generositA in me. È soltanto l'enorme piacere sadico che provo nel contemplare la mia vittima contorcersi, scrivere, agitarsi nello sforzo terribile di questa ginnastica mentale, che mi compensa dell'infinitesima probabilità di perderla».

Questa parola, «infinitesima», non era troppo consolante. «Oh sì», continuò Dracula, «No ho ancora perso una vittima, vedete, non corro molti rischi».

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«Molto bene», dissi, cercando di tirarmi su come potevo, «Qual è l'indovinello?»

196

Dracula mi scrutò per qualche istante. «Le vostre domande ai miei ospiti erano molto acute, oh sì, le conosco bene. Veramente molto acute, ma non così acute come potreste pensare. Avete dovuto fare una domanda separatamente per ogni informazione che volevate ottenere; non siete mai arrivato a un semplice principio unificante che vi avrebbe risparmiato molta fatica mentale. Esiste una proposizione S, che ha una proprietà quasi magica: data qualsiasi informazione che vogliate ottenere, data qualsiasi proposizione X di cui vogliate accertare la verità, basta domandare a chiunque in questo castello: «S è equivalente a X?». Se la risposta è «Bal» X è vera, se la risposta è «Da», X è falsa.

Così, per esempio, se desiderate sapere se il vostro interlocutore è un vampiro, domandate: «È vera S se e solo se tu sei un vampiro?». Se volete sapere se è savio, dovete chiedere semplicemente: «È vera S se e solo se tu sei savio?».

Per sapere cosa significa «Bal», bastava chiedere: «È vera S se e solo se «Bal» significa sì?». Per sapere se ero ancora vivo, avreste potuto chiedere:

«È vera S se e solo se Dracula è ancora vivo?» e così via».

«Qual è questa proposizione S?» chiesi con enorme curiosità. «Ah» replicò Dracula, «siete voi che dovete trovarla! È questo il vostro indovinello!»

Così dicendo, Dracula si alzò per uscire dalla stanza. «Avete quindici minuti.

È meglio che vi impegnate seriamente: la posta è molto alta.»

Molto alta davvero! Quelli furono i quindici minuti più terribili della mia vita. Ero così paralizzato dalla paura che non mi veniva in mente nessuna idea.

Ero certo che Dracula stava spiandomi segretamente da qualche nascondiglio.

Passati i quindici minuti, Dracula ritornò trionfante e cominciò a muoversi pesantemente verso di me, con i denti grondanti. Si avvicinò

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sempre più, finché fu praticamente sopra di me! Allora improvvisamente alzai la mano e gridai:

«Ma certo! la proposizione S è…».

Qual è la proposizione S che mi salvò?

Epilogo

Il trauma del povero Dracula, per il fatto che avevo risolto il problema, fu tale che morì sul colpo, e in pochi minuti si ridusse a un mucchietto di polvere. Adesso, quando qualcuno mi chiede: «È ancora vivo il conte Dracula?» io posso rispondere con verità e precisione «Bal»

197

Ci sono quattro piccole incoerenze in questa storia. Potete individuarle?

Soluzioni

167

La sua affermazione può essere vera o falsa. Supponiamo che sia falsa. Allora egli non è né umano né savio, quindi deve essere un vampiro matto. Ma i vampiri matti fanno soltanto affermazioni vere, e qui abbiamo una contraddizione. Perciò la Sua affermazione è vera. Gli unici che possono fare affermazioni vere sono gli umani savi e i vampiri matti. Se fosse un vampiro matto, non sarebbe né umano né savio, e la sua affermazione sarebbe falsa. Ma noi sappiamo che la sua affermazione è vera, quindi egli deve essere un umano savio.

168

Egli deve essere un vampiro matto.

169

No, questa volta è un vampiro savio.

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170

Un umano savio risponderebbe a questa domanda «No», mentre qualsiasi appartenente ad uno degli altri tre tipi risponderebbe «Sì». Se avessi ottenuto una risposta affermativa, non avrei potuto sapere di che tipo era. Ma vi ho detto che in effetti lo seppi, quindi egli non rispose «Sì». Quindi rispose «No», da cui segue che egli deve essere stato un umano savio.

171

Non si può dedurre se è un umano o un vampiro, ma soltanto che è matto. Un umano savio non direbbe che è un vampiro, e un vampiro savio saprebbe di essere un vampiro e mentirebbe dicendo di essere umano. D'altra parte, un umano matto crederebbe, e quindi direbbe, dì essere un vampiro; un vampiro matto crederebbe di essere un umano e quindi direbbe di essere un vampiro.

172

Questa volta tutto ciò che si può dedurre è che egli è un vampiro. Un umano savio non potrebbe dire di essere matto, e un umano matto crederebbe di essere savio, ed essendo un umano, non potrebbe dire di essere matto.

173

Sono sicuro che si possano trovare diverse coppie di affermazioni di questo tipo; la coppia che avevo in mente è questa:

X: Se sono savio, allora sono un umano.

Y: Se sono un umano, allora sono savio.

Supponiamo che uno affermi X. Noi proveremo che Y deve essere vera, cioè che, se egli è un umano, è savio. Ebbene, supponiamo che sia un umano, allora è vero che se egli è savio è un umano (poiché egli è un umano). Questo significa che X è vera. Allora egli deve essere savio, poiché gli umani matti non fanno affermazioni vere. Perciò se egli è un umano, è savio, e quindi Y è vera.

Viceversa, supponiamo che uno affermi Y. Noi dobbiamo dimostrare che X è vera.

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Ebbene, supponiamo che egli sia savio. Allora Y deve essere vera. Quindi egli deve essere un umano (poiché i vampiri savi non fanno affermazioni vere). Così egli è un umano (nell'ipotesi che sia savio). Perciò se egli è savio, allora è un umano, così l'affermazione X è vera.

174

La risposta ad ambedue le domande è «Sì». Supponiamo che un transilvano creda vera una certa affermazione X (*).

(*) «Creda vera», nel senso di «sia proprio convinto della sua verità (N.d.T.).

Allora non ne segue necessariamente che X deve essere vera, perché egli può essere matto. Ma se egli crede di credere vera X, allora X deve essere vera!

Poiché supponiamo da una parte che egli sia savio: dal momento che egli crede vera l'affermazione che egli crede vera X, allora l'affermazione che egli crede vera X deve essere vera; perciò, in effetti, egli crede vera X; e poiché egli e savio, X deve essere vera. D'altra parte, supponiamo che egli sia matto: poiché egli crede vera l'affermazione che egli crede vera X, allora l'affermazione che egli crede vera X deve essere falsa; quindi egli in realtà non crede vera X (egli pensa solo di crederci!); poiché egli non crede vera X ed è matto, allora anche questa volta X deve essere vera.

Abbiamo così dimostrato che se un transilvano crede di credere vera X, allora X deve essere vera indipendentemente dal fatto che egli sia matto o savio.

Analogamente si può dimostrare che se egli non crede di credere vera X, allora X deve essere falsa. làsciamo al lettore questa parte della soluzione.

175

Di nuovo entrambe le risposte sono «Sì»: — questo è un corollario della soluzione del problema precedente.

Supponiamo che A asserisca di credere vera X. Supponiamo che A sia un umano.

Allora egli crede vero ciò che afferma, così egli crede vero di credere vera X.

Quindi, come abbiamo visto nella soluzione del problema 174, X deve

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essere vera, sia che A sia savio o matto. Analogamente, supponiamo che A sia un vampiro.

Allora egli non crede vero ciò che asserisce, così egli non crede di credere vera X. Così X deve essere falsa, sia A matto o savio.

176

A afferma di credere che B sia un umano. B o afferma di credere che A sia un umano, oppure afferma di credere che A non sia un umano. Nel secondo caso, noi avremmo la seguente contraddizione:

(1) A dice di credere che B sia un umano.

(2) B dice di credere che A non sia un umano.

Supponiamo che A sia un umano. Allora, dalla (1), segue, per il principio del problema 175, che B è un umano. Allora, dalla (2), segue (per lo stesso principio) che A non è un umano. Quindi affermare che A sia un umano è una contraddizione.

Supponiamo che A sia un vampiro. Allora dalla (1), B non è un umano (per lo stesso principio), così B è un vampiro. Allora dalla (2) segue (per lo stesso principio) che A è un umano. Questa è di nuovo una contraddizione. Quindi se B avesse risposto «No» noi avremmo una contraddizione. Quindi B rispose «Sì».

177

Non se ne può dedurre assolutamente nulla, perché ogni transilvano risponderà «Sì» a questa domanda. Il lettore può verificare ciò da solo.

178

Questo è un caso diverso; non si può dedurre dalla risposta che ha dato, se il transilvano sia un umano o un vampiro, ma si può capire se è savio. Se egli è savio, allora risponderà «Sì»; se è matto, allora risponderà «No». làsciamo anche questa prova al lettore.

179

No, non si può. Potrebbe essere che egli sia un umano savio e Dracula vivo, o potrebbe essere che egli sia un vampiro matto e Dracula morto. (In

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realtà, se egli è un vampiro matto, allora Dracula può essere vivo o morto.)

180

Di nuovo la risposta è «No».

181

La risposta è ancora «No». Egli potrebbe essere, ad esempio, un vampiro matto, nel qual caso Dracula potrebbe essere vivo o no.

182

Sì, questa volta seguirebbe che Dracula è vivo.

Usiamo la terminologià del problema 177 e riformuliamo l'affermazione dell'indigeno in questo modo: «Sé io sono attendibile, allora Dracula è vivo».

Abbiamo provato nel capitolo 8 (vedi le soluzioni ai problemi 109 - 112) che se un indigeno di un'isola di cavalieri e furfanti dice: «Se sono un cavaliere allora ecc., ecc.», allora egli deve essere un cavaliere «ecc., ecc.» deve essere vero. Analogamente, se un abitante della Transilvania dice: «Se io sono attendibile allora ecc., ecc.», allora egli deve essere attendibile e «ecc., ecc.» deve essere vero. la dimostrazione è esattamente la stessa; basta sostituire il termine «attendibile» al termine «un cavaliere».

183

Un'affermazione che andrebbe bene è: «Io non sono attendibile e Dracula è morto». làsciamo anche questa dimostrazione al lettore. (Suggeriamo di dimostrare innanzi tutto che il transilvano non è attendibile).

184

Un'affermazione adatta è: «Io sono attendibile se e solo se Dracula è ancora vivo».

Nella soluzione del problema 122 nel capitolo 8 abbiamo dimostrato che

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se un abitante di un'isola di cavalieri e furfanti dice: «Io sono un cavaliere se e solo se ecc., ecc.», allora «ecc., ecc.» deve essere vero (ma non è possibile dire se l'indigeno è un cavaliere o un furfante). Analogamente, se un transilvano dice: «Io sono attendibile se e solo se ecc., ecc.», allora «ecc., ecc.» deve essere vero indipendentemente dal fatto che il transilvano sia attendibile o meno. la prova è esattamente la stessa; basta sostituire il termine «attendibile» al termine «un cavaliere».

Ci sono diverse altre affermazioni che andrebbero bene. Per esempio: «Io credo che l'affermazione che Dracula è vivo sia equivalente all'affermazione che io sono un umano». Un'altra, piuttosto divertente, è: «Io credo che se qualcuno mi chiedesse se Dracula è ancora vivo risponderei allora "Sì"».

185

Sì, ne seguirebbe che Dracula deve essere morto.

Dalla (1) noi possiamo dedurre che il transilvano è un umano, dato che un vampiro savio saprebbe di essere savio e direbbe quindi di essere matto, e un vampiro matto crederebbe di essere savio e direbbe quindi di essere matto.

Dunque il transilvano è un Umano.

Richiamiamo un momento il principio stabilito nel problema 175: quando un umano dice di credere vero qualcosa, allora quel qualcosa deve essere vero di fatto indipendentemente dal suo essere savio o matto. Bene, ora noi sappiamo che il transilvano è un umano e che ha detto di credere che Dracula sia morto. Quindi il conte Dracula deve essere morto.

186

Dalla sua prima affermazione, «Io sono un umano», segue non che egli, è un umano, ma che egli deve essere savio. (Un umano matto non saprebbe di essere un umano, e un vampiro matto crederebbe di essere un umano e direbbe quindi di essere un vampiro). Ora che sappiamo che egli è savio, proveremo che è un umano.

Supponiamo che sia un vampiro. Allora è falso che egli sia un umano, e dato che una proposizione falsa implica qualsiasi proposizione, allora la sua seconda affermazione: «Se io sono un umano, allora il conte Dracula è ancora vivo» dovrebbe essere vera.

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Ma un vampiro savio non può fare affermazioni vere, così abbiamo una contraddizione. Quindi non può essere un vampiro: deve essere un umano.

Ora sappiamo che egli è insieme umano e savio, così fa affermazioni vere. Perciò la sua seconda affermazione, che se egli è un umano, allora il conte Dracula è ancora vivo, deve essere vera. Inoltre, egli è un umano. Quindi Dracula è ancora vivo.

187

Basta che gli chiediate se è savio. Un umano (sia egli savio o no) risponderà «Sì» e un vampiro risponderà «No».

188

Basta che gli chiediate se è un umano. Un transilvano savio (sia egli umano o vampiro) risponderà «Sì», e un transilvano matto risponderà «No».

Nei problemi seguenti vi dirò solamente quali sono le domande. Dovreste ormai avere abbastanza esperienza da riuscire a provare da soli che queste domande vanno bene.

189

Una domanda che risponde allo scopo è: «Credi di essere un umano?». Tutti i transilvani debbono rispondere «Sì» a questa domanda. Non è il fatto che essi credano tutti di essere umani (solamente gli umani savi e i vampiri matti lo credono), ma tutti gli indigeni diranno di crederlo. Un'altra domanda che funzionerebbe è: «Sei attendibile?». Tutti i transilvani dichiarerebbero di essere attendibili.

190

L'una o l'altra dì queste domande funzionerA: (1) «È. l'affermazione che tu sei attendibile equivalente all'affermazione che Dracula è vivo?»

(2) «Credi che l'affermazione che tu sei un umano sia equivalente all'affermazione che Dracula è vivo?»

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191

Chiedetegli: «È 'Bal' la risposta corretta alla domanda se tu sei savio?» Se egli risponde «Bal» è un umano; se risponde «Da» è un vampiro.

192

È sufficiente chiedergli: «È 'Bal' la risposta esatta alla domanda se tu sei un umano?. Se risponde «Bal» è savio; se risponde «Da» è matto,

193

Chiedetegli: «Credi di essere un umano?» Qualunque parola risponda, deve significare sì. Alternativamente, potete chiedergli: «Sei attendibile?»

194

Una domanda che funzionerA è: «è 'Bal' la risposta corretta alla domanda se tu sei attendibile?» (Ricordiamo che essere attendibili significa essere o umani savi o vampiri matti).

Un'altra domanda potrebbe essere: «Sei tu attendibile se e solo se 'Bal' significa sì?».

Entrambe queste domande lo obbligheranno a rispondere «Bal», come può essere dimostrato essenzialmente nello stesso modo impiegato per il problema 161 del capitolo 11 (eccetto il fatto che «essere attendibile» sta adesso al posto di «essere un umano»).

195

L'una o l'altra di queste domande raggiungerA lo scopo.

(1) Credi che «Bal» sia la risposta corretta alla domanda se l'affermazione che tu sei un umano è equivalente all'affermazione che Dracula è vivo?

(2) È «Bal» la risposta corretta alla domanda se l'affermazione che tu sei

attendibile è equivalente all'affermazione che Dracula è vivo? Una soluzione molto più semplice ed elegante è fornita dal principio unificante, che è spiegato nel numero 196.

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196 Il principio unificante.

Definiamo transilvano nobile di tipo 1 quello che risponde «Bal» alla domanda:

«Due più due fa quattro?» Ciò significa, ovviamente, che, data una qualsiasi altra domanda la cui risposta corretta è «Sì», il tipo 1 risponderà «Bal» a questa domanda. Definiremo transilvano nobile di tipo 2 quello che non è del tipo 1. Ciò significa che, data una qualsiasi affermazione vera X (come due più due fa quattro), se voi chiedete ad un transilvano del tipo 2 se X è vera, egli risponderà: «Da».

Notiamo immediatamente che se «Bal» significa effettivamente si, allora le persone di tipo 1 sono quelle che sono attendibili, e le persone di tipo 2 sono inattendibili. Se «Bal» significa no, allora abbiamo il contrario (tipo 1= non attendibile e tipo 2=attendibile).

Il principio unificante è questo: data una qualsiasi affermazione X, per scoprire se è vera, basta chiedere ad un transilvano nobile se X è equivalente all'affermazione che egli è di tipo 1. Potreste formulare la vostra domanda in questo modo: «È vera X se e solo se tu sei di tipo 1?» Dimostreremo che se egli risponde «Bal» allora X deve essere vera, e se egli risponde «Da» allora X deve essere falsa. Così la proposizione «magica» S è: «Tu sei del tipo 1» (oppure: «Tu rispondi 'Bal' alla domanda se due più due fa quattro»).

Dimostrazione: § è la proposizione: «Tu sei del tipo 1»; X è la proposizione di cui volete accertare la verità. la domanda che voi ponete è se S è equivalente a X. Supponiamo che ottoniate la risposta «Bal». Dimostreremo allora che X deve essere vera.

Caso 1: «Bal» significa sì. In questo caso noi sappiamo due cose: (i) tipo 1— attendibile; (ii) l'interlocutore, dicendo «Ball», afferma che S è equivalente a X.

Sottocaso 1a: l'interlocutore è di tipo 1. Allora egli è attendibile e fa affermazioni vere. Allora S è realmente equivalente a X. Di più S è vera (poiché egli è dì tipo 1). Quindi X è vera.

Sottocaso 1b: l'interlocutore è di tipo 2. Allora egli non è attendibile e fa affermazioni false. Poiché afferma che S è equivalente a X, allora S non è equivalente a X. Ma S è falsa (poiché l'interlocutore non è di tipo 1) X non è equivalente a S, così X è vera.

Caso 2: «Bal» significa no. In questo caso sappiamo due cose: (i) tipo 1

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— non attendibile; (ii) l'interlocutore afferma che S non è equivalente a X.

Sottocaso 2a: l'interlocutore è di tipo 1. Allora egli non è attendibile e fa affermazioni false. Egli falsamente asserisce che S non è equivalente a X, quindi S è in realtà equivalente a X; poiché S è vera, allora X è vera.

Sottocaso 2b: l'interlocutore è di tipo 2. Allora egli è attendibile e fa affermazioni vere. Quindi S non è equivalente a X (poiché egli afferma che non lo è); ma S è falsa, quindi X deve essere vera anche questa volta.

Abbiamo mostrato che una risposta «Bal» significa che X è vera. Noi potremmo, con un analogo ragionamento, provare che una risposta «Da» significa che X è falsa. Ma possiamo prendere la seguente scorciatoia.

Supponiamo che egli risponda «Da». Ora, rispondere «Da» a questa domanda è esattamente come rispondere «Bal» alla domanda: «Sei del tipo 1 se e solo se X è falsa?» (Perché date due qualsiasi affermazioni Y e Z, l'affermazione che Y è equivalente a Z è proprio l'opposto dell'affermazione che Y è equivalente a non Z.) Così egli avrebbe risposto «Bal» se voi gli aveste domandato: «Sei del tipo 1 se e solo se X è falsa?». Poiché egli avrebbe risposto «Bal» a questo, allora ne segue (per la prova precedente) che X è realmente falsa.

197 Risposta alla domanda sulle incoerenze.

(1), (2) In due occasioni Dracula dice: «Oh, sì». Un transilvano nobile non usa la parola «Sì».

(3) Quando il transilvano eccezionalmente robusto e dall'aspetto brutale mi disse che non potevo làsciare il castello senza il permesso del padrone di casa, perché avrei dovuto credergli?

(4) Quando il padrone di casa mi fece avere il messaggio «Naturalmente no!» perché avrei dovuto credergli? Non sapevo ancora che il padrone di casa era un vampiro matto e faceva affermazioni corrette.

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Parte quarta - I molti aspetti affascinanti della logica

Capitolo 13 - Logica e vita

A. Alcune caratterizzazioni della logica

198 la caratterizzazione della logica data da Tweedledum.

Mi piace molto la seguente caratterizzazione della logica data da Tweedledum:

Tweedledee (ad Alice): Io so che cosa pensi, ma non è affatto così.

Tweedledum: Contrariamente, se era così, poteva esserlo; se fosse così, lo sarebbe; ma poiché non lo è, non lo è. Questa è la logica.

199 la caratterizzazione di Thurber.

Ne I tredici orologi, Thurber dA una caratterizzazione della logica che suona all'incirca così: poiché è possibile toccare un orologio senza fermarlo, allora è possibile anche far partire un orologio senza toccarlo. Questa è la logica come la vedo e la capisco io.

200

La caratterizzazione di Thurber mi ricorda un poco il mio sillogismo preferito:

Qualche macchina scoppietta. la mia macchina è una qualche macchina. Così, nessuna meraviglia che la mia macchina scoppietti!

201 Un'altra caratterizzazione della logica.

Un mio amico, un ex-ufficiale di polizia, quando sentì che io ero un logico, disse: «Ti dirò come io vedo la logica. L'altro giorno mia moglie ed io eravamo ad una festa. la padrona di casa ci offrì alcune paste. Sul vassoio ce n'erano solo due, una più grande dell'altra. Pensai per u attimo e poi decisi di prendere la pasta più grande. Questo fu il mi ragionamento: io so che a mia moglie piacciono le paste, e so che lei sa che mi piacciono le paste. So anche che mi ama e che mi vuole far felice, quindi lei vorrebbe che io avessi la pasta più grande. Perciò presi la pasta più grande».

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202

La precedente mi ricorda la storia di due uomini che erano in un ristorante e ordinarono pesce. Il cameriere portò un piatto con due pesci, uno più grande dell'altro. Lino dei due uomini disse: «Prego, si serva». L'altro rispose: «Bene», e prese il pesce più grande. Dopo un teso silenzio, il primo disse: «Veramente, se lei mi avesse offerto di scegliere per primo, io avrei preso il pesce più piccolo!» L'altro replicò: «Di che cosa si làmenta, allora, ce l'ha, no?»

203

Questa mi ricorda anche la storia di una donna ad un pranzo lussuoso. Quando le arrivò il vassoio d'argento degli asparagi, tagliò tutte le punte, le mise nel proprio piatto e passò il vassoio al suo vicino. Il vicino disse: «Perché ha fatto una cosa simile? Perché ha preso tutte le punte per lei e mi ha passato il resto?» la donna rispose:.«Oh, le punte sono la parte migliore, non Io sa?»

204

Una volta vidi questa vignetta in un giornale: un bambino e una bambina camminano lungo un marciapiede, il bambino cammina dalla parte interna.

In quel momento passa un autocarro per la strada fangosa e spruzza la bambina da capo a piedi. Il bambino dice: «Ora capisci perché io non cammino dalla parte esterna come un vero gentiluomo?».

205

Mi piace anche questa caratterizzazione dell'etica. Un ragazzo una volta chiese al padre: «papà, che cosa è l'etica?». Il padre rispose: «Te lo spiegherò, figlio mio. L'altro giorno una signora venne nel nostro negozio.

Mi diede un biglietto da venti dollari, pensando che fossero dieci. Anch'io pensai che fossero dieci e le diedi il resto adeguato a tale cifra. Diverse ore più tardi, mi accorsi che era un biglietto da venti. Ora, l'etica, figlio mio, è: 'Dovrei dirlo al mio socio?'».

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206

Una volta andai in un ristorante cinese con un amico matematico. Sul menu c'era stampato: Ogni consumazione extra viene pagaia extra. Il mio amico osservò: «Avrebbero potuto tralasciare la terza e l'ultima parola»•.

207

Una volta vidi il seguente cartello fuori da un ristorante.

IL BUON CIBO NON È ECONOMICO IL CIBO ECONOMICO NON È BUONO

Queste due frasi dicono la stessa cosa o cose diverse?

La risposta, logicamente parlando, è che esse dicono la stessa cosa; sono entrambe equivalenti all'affermazione che nessun cibo è sia buono sia economico.

Sebbene queste due affermazioni siano logicamente equivalenti, io direi che da un punto di vista psicologico suggeriscono due cose diverse: quando leggo la prima frase, io immagino buon cibo caro; quando leggo la seconda, io penso a cibo economico ma scadente. Non credo che la mia reazione sia atipica.

B. Siete un fisico o un matematico?

208

Un ben noto problema riguarda due ampolle, una contenente dieci litri di acqua e l'altra dieci litri di vino. Tre litri dell'acqua vengono versati nell'ampolla contenente il vino, e dopo aver agitato, tre litri della mistura vengono riversati nell'ampolla contenente l'acqua. C'è più acqua nell'ampolla contenente vino o più vino in quella contenente acqua?

Vi sono due modi di risolvere questo problema, uno rigorosamente aritmetico e l'altro con l'uso del buon senso. Dei due, io preferisco di gran lunga il secondo. la soluzione aritmetica è la seguente: dopo che tre litri di acqua sono stati versati nell'ampolla contenente il vino, ci sono tredici litri di mistura nell'ampolla del vino, così la mistura è per 3/13 di acqua e per 10/13 di vino.

Dopo che ho versato tre litri di mistura di nuovo nell'ampolla contenente acqua, io ho versato 3X10/13 = 30/13 di litro di vino nell'acqua. Così l'ampolla contenente acqua ora contiene 30/13 di litro di vino. Ora, prima

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del secondo versamento, l'ampolla contenente il vino conteneva tre litri di acqua, e 3X3/13 di litro di acqua sono stati versati di nuovo nell'ampolla contenente l'acqua.

Così, l'ampolla contenente il vino ora contiene 3 — 9/13 di litro di acqua. Ma 3-9/13 = 39/13-9/13 = 30/13. Così, nell'ampolla del vino la quantitA di acqua è esattamente la stessa (cioè 30/13) del vino contenuto nell'ampolla dell'acqua.

La soluzione che si avvale del buon senso è molto più rapida, e suggerisce inoltre un'idea molto più generale: poiché l'ammontare di liquido in ogni contenitore è ora uguale, allora, ovviamente, per quanta acqua manchi dall'ampolla contenente acqua, essa è rimpiazzata dallo stesso volume di vino.

Ciò risolve il problema. Naturalmente, questa soluzione «del buon senso» non vi dice quale sia il volume dell'acqua, mentre la soluzione aritmetica vi dice che è 30/13. Però, la soluzione del buon senso è egualmente applicabile ai seguenti tre problemi più generali (che il metodo aritmetico non potrebbe mai risolvere).

Partiamo dalle stesse ampolle del problema precedente, e versiamo avanti e indietro liquido dall'una all'altra ampolla, senza specificare la quantitA di liquido che passa da un contenitore all'altro e quanti versamenti facciamo, né è necessario che la stessa quantitA sia versata ogni volta, purché quando abbiamo finito, vi siano dieci litri di liquido in ogni contenitore. C'è più acqua nell'ampolla contenente il vino o più vino nell'ampolla contenente acqua?

Per io stesso argomento del buon senso, le quantitA devono essere uguali., ma non c'è modo di sapere ora quali siano queste quantitA.

209

Quando mi imbattei nel problema precedente, mi venne immediatamente alla mente la seguente domanda: partiamo di nuovo con dieci litri di acqua nella prima ampolla, A, e dieci litri di vino nella seconda, B. Trasferiamo tre litri avanti e indietro un qualsiasi numero finito di 172 volte. Quale il più piccolo numero di travasi richiesto per raggiungere una situazione in cui la percentuale di vino sia la stessa in ogni mistura?

La soluzione che avevo in mente è che è impossibile far questo in un qualsiasi numero finito di passaggi. Indipendentemente da quanto vino ci

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sia in una ampolla e quanta acqua nell'altra, e indipendentemente da quanto liquido si versi avanti e indietro ad ogni passaggio (purché non si. versi mai.

completamente il contenuto di una ampolla nell'altra), la concentrazione di vino in B sarà sempre maggiore di quella in A.. Questo può essere provato da un semplice argomento di induzione matematica. All'inizio, la concentrazione di vino in B è ovviamente maggiore che in A. Ora, supponiamo che dopo una data fase la concentrazione in B sia ancora maggiore che in A. Se versiamo un po' del contenuto di B in A, noi versiamo da. una mistura più forte ad una più debole, e ancora il contenuto di B sarà più forte del contenuto di A. Se versiamo da A a B; ancora la mistura in B sarà più forte della mistura in A. Poiché un qualsiasi trasferimento è compreso in uno di questi due casi, ne segue che il contenuto di B deve sempre rimanere più concentrato, di quello di A.

L'unico modo di rendere uguali le misture è di versare interamente il contenuto di un'ampolla nell'altra.

Bene, come un problema puramente matematico, il mio ragionamento è impeccabile.

Come problema riguardante l'effettivo mondo fisico, in ogni caso, il mio ragionamento era del tutto fallace. Esso presupponeva che i liquidi siano infinitamente divisibili, mentre sono composti di molecole discrete. Questo fu fatto notare a Martin Gardner da P.E. Argyle di Rovai, Oak, British Columbia.

Argyle. calcolò che dopo 47 doppi scambi, ci sarebbe una probabilità significativa che le concentrazioni siano uguali (*).

Mi chiedo se la soluzione di Argyle sarebbe corretta se il numero delle molecole nell'ampolla contenente il vino fosse dispari piuttosto che pari. In ognimodo, io, in un milione di anni non avrei mai potuta pensare a questo come a un problema fisico piuttosto che a un problema matematico.

210 Test magnetico.

Martin. Gardner propone il seguente problema (**):

(*} Per maggiori particolari vedi Martin Gardner, Enigmi e giochi matematici,, 5 Scientific American, Sansoni Editore, Firenze, 1968, pp. 131-2..

(**) Martin Gardner, Carnevale matematico, Zanichelli, Bologna, 1977,

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ppt 148-9. 173

voi siete in una stanza che non contiene nessun tipo di metàllo eccetto due sbarre ferro. Una è magnetizzata e l'altra no. Voi potete dire quale delle due è magnetizzata sospendendo ogni sbarra con un filo legato suo centro e osservando quale sbarra si orienta verso nord. C'è un modo più semplice?

La soluzione data, era di prendere una delle sbarre e di porre contatto un suo estremo con il punto medio dell'altra. Se c'è attrazione magnetica, state tenendo la sbarra magnetizzata; se non c'è, quella non magnetizzata.

Questa soluzione «da fisico» è del tutto sensata e certamente più semplice della soluzione che usa l'espediente di sospendere entrambe le sbarre con fili attorno ai loro centri. Ebbene, io, essendo essenzialmente un logico piuttosto che un fisico, pensai alla seguente soluzione, che ritengo a metà strada, come semplicità, fra le altre due vale a dire, sospendere una sola delle sbarre al suo centro mediante u filo e osservare se essa si orienta verso nord.

211 E voi?

E voi siete del tipo matematico o del tipo fisico? Ebbene, c'è il seguente delizioso test per stabilire se siete matematico o fisico.

Siete in una casetta di campagna in cui c'è una stufa spenta, un; scatola di fiammiferi, un rubinetto con acqua corrente fredda, e un; pentola vuota. Come fareste ad ottenere una pentola di acqua calda? Di certo che voi risponderete:

«Riempirei la pentola di acqua fredda, accenderei la stufa, e vi metterei sopra la pentola piena d'acqua fino a eh l'acqua non si scalda». A questo io risponderei: «Bene; fino a queste punto matematici e fisici sono perfettamente d'accordo. Ora, il prossime problema separa i due casi».

In questo problema c'è una casetta di campagna in cui c'è una stufa spenta, una scatola di fiammiferi, un rubinetto con acqua corrente fredda e una pentola piena d'acqua fredda. Come fareste per ottenere una pentola di acqua calda? la maggioranza delle persone risponde: «Accenderei la stufa e ci metterei sopra la pentola piena d'acqua fredda», Io rispondo: «Allora voi siete del tipo fisico!

Il matematico vuoterebbe la pentola d'acqua riducendo il caso a quello precedente che è già stato risolto».

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Potremmo fare un ulteriore passo e considerare il caso di una pentola piena di acqua fredda già posta sulla stufa accesa. Come otteniamo l'acqua calda? Il fisico aspetta semplicemente che l'acqua si riscaldi; il matematico spegne la stufa, vuota la pentola dell'acqua riducendo il caso al primo problema (oppure potrebbe limitarsi a spegnere la stufa riducendo, il caso al secondo problema).

Una versione ancora più drammatica è la seguente: una casa si è incendiata.

Abbiamo a disposizione un'idrante e una manichetta staccata da esso. Come si spegne il fuoco? Ovviamente prima connettendo la manichetta all'idrante, e poi irrorando la casa d'acqua. Ora, supponiamo che abbiate un idrante, una manichetta staccata da esso e una casa che non sta bruciando. Come potete spegnere il fuoco? Il matematico dinanzi tutto appicca fuoco alla casa, riducendo il problema al caso precedente.

212 Voti Neumann e il caso della mosca.

Il seguente problema può essere risolto sia in modo complesso che semplice.

Due treni a 200 chilometri di distanza si muovono l'uno verso l'altro alla velocità di 50 chilometri all'ora. Una mosca, partendo dalla parte anteriore di uno di essi vola avanti e indietro tra i due treni,alla velocità di 15 chilometri all'ora fino a che non avviene la collisione fra i due treni che. la schiaccia. Qual è la distanza totale che la mosca ha percorso?

La mosca in effetti si posa su ogni treno un infinito numero di volte prima di venire schiacciata, e si potrebbe risolvere il problema sommando un'infinita serie di distanze (che si abbreviano sempre di più, ovviamente, e la cui somma converge a una certa cifra finita); questa è la soluzione «complessa» e dovrebbe essere fatta con carta e matita. la soluzione «semplice» è la seguente: poiché i treni distano 200 chilometri ed ognuno.di loro va ad una velocità di 50 chilometri all'ora, occorrono due ore perché i treni arrivino alla collisione. Quindi la mosca ha volato per due ore, e poiché andava alla velocità di 15 chilometri all'ora, essa ha percorso 150 chilometri. È tutto qui!

Ebbene, al grande matematico Von Neumann fu proposto questo problema; egli pensò per alcuni secondi e disse: «Oh, naturalmente 150 chilometri». Un suo amico gli chiese: «Giusto, come ci sei arrivato?» Von

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Neumann rispose: «Ho sommato la serie».

213

C'è anche la seguente storia su Von Neumann. Fu consultato da un gruppo di studiosi che stavano costruendo un razzo da mandare nello spazio, Quando egli vide la struttura non ancora compieta dei razzo, chiese: «Dove avete preso i piani per questa aeronave?» Gli dissero, «Noi abbiamo il nostro gruppo di ingegneri progettisti». Egli rispose sdegnosamente: «Ingegneri! Ma io ho esposto esaurientemente l'intera teoria dei razzi. Guardate il mio trattato del: 1952». Perciò il gruppo consultò il trattato del 1952, disfece completamente i dieci milioni di dollari di strutture, e ricostruì il razzo seguendo esattamente il piano di Von Neumann, Ai momento del làncio l'intera struttura esplose. Essi richiamarono Von Neumann e gli dissero infuriati: «Noi abbiamo seguito le tue istruzioni alla lettera ma al momento del làncio è scoppiato tutto! Perché?» Von Neumann rispose: «Ah sì, questo è tecnicamente conosciuto come il problema dell'esplosione. L'ho esposto nel mio trattato del 1954».

214

C'è una storia presumibilmente vera su una bambina che viveva a Princeton, nel New Jersey e che a scuola aveva grosse difficoltà con l'aritmetica. In un periodo di circa due mesi, per qualche ragione sconosciuta, fece un miglioramento incredibile. Un giorno sua madre¦ le chiese le ragioni di questo miglioramento. la bambina rispose: «Ho sentito che c'è un professore che è bravo nei numeri. Sono andata da lui e ogni giorno mi ha aiutata un po ..Insegna proprio bene». la madre, piuttosto stupita chiese alla bambina se ne conosceva il nome. «Non proprio esattamente», rispose, essa, «Qualcosa come Einstein, mi sembra»..

215

C'è un'altra storia secondo la quale Einstein raccontò ad un collega che a lui non piaceva insegnare nelle classi miste, perché con tutte quelle graziose ragazze in. classe, i ragazzi non facevano attenzione alla matematica e alla fisica. I suoi amici dissero ad Einstein: «Suvvia Albert, tu sai benissimo che i ragazzi ascoltano quello che dici». Einstein rispose: «Oh, ma a quelli non vai la pena di insegnare».

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216

La seguente storiella illustra perfettamente la differenza tra un. fisico e un matematico.

Un fisico e un matematico erano insieme su un aereo che volava dalla costa occidentale a un làboratorio di ricerche a Washington D.C.

A ognuno era stato richiesto un rapporto sul viaggio. Ebbene, sul Kansas essi sorvolarono una pecora nera. Il fisico scrisse: «C'è una pecora nera nel Kansas». Il matematico scrisse: «Esiste — in qualche posto del Midwest — una pecora — nera sul dorso».

IC. Gente del Vermont

217

Questa storiella che abbiamo raccontato mi ricorda una storia su Calvin Coolidge. Coolidge stava visitando una fattoria con alcuni amici. Quando arrivarono a un gregge di pecore, uno degli amici disse: «Vedo che queste pecore sono appena state tosate». Coolidge rispose: «Sembra proprio così, almeno da questa parte».

218

Quando l'umorista Will Rogers stava,per essere presentato a Coolidge, presidente degli Stati Uniti, gli'fu detto: «Sai, è impossibile far ridere Coolidge», Rogers disse: «Lo farò ridere»..'Ed è certo che Will Rogers vi riuscì! Quando lo presentarono al presidente e gli dissero: «Mr. Rogers, desidererei presentarle il presidente Coolidge», Will Rogers si rivolse al presidente e disse: «Eh? Non ho capito il nome».

219

Calvin Coolidge era naturalmente del Vermont, e a me piacciono molto le storie che riguardano la gente del Vermont. C'è una storia che racconta di un uomo che passò accanto alla casa di un agricoltore del Vermont che se ne stava comodamente seduto nella veranda sulla sua sedia a dondolo. L'uomo disse: «Ehi, hai passato tutta la vita a dondolarti in quel modo?» L'agricoltore rispose:

«Non. ancora!»

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220

Una caratteristica degli abitanti del Vermont (almeno come viene riportato nelle storie umoristiche) è quella di rispondere con esattezza alle domande, ma di tralasciare spesso dettagli essenziali,. Un bell'esempio di questo principio è la barzelletta su un abitante del Vermont che andò alla fattoria di un vicino, a cui chiese: «Lem, che cosa hai dato al tuo cavallo l'anno scorso, quando ebbe la colica?» Lem rispose: «Crusca e melassa».

L'agricoltore andò, a casa, tornò una settimana dopo e disse; «Lem, ho dato al mio cavallo crusca e melassa, ed è morto». Lem replicò: «Anche il mio».

221

La storiella che preferisco sugli abitanti del Vermont è quella del turista che, viaggiando nel Vermont, arrivò a un bivio. Su una strada c'era ur cartello che indicava «Per White River Junction». Sull'altra strada c'era, un cartello che indicava «Per White River Junction». Il turista si grattò la testa perplesso, vide un abitante del luogo fermo all'incrocio, gli andò incontro e chiese: «Ha importanza quale strada prendo?» L'interpellato rispose: «Oh, per me proprio nessuna».

D. Ovvio?

222

Questa storiella viene raccontata su diversi matematici. Un professore di matematica durante una conferenza fece un'affermazione e poi aggiunse: «Questo è ovvio». Uno studente alzò la mano e chiese: «Perché è ovvio?» il professore ci pensò sopra un momento, uscì dalla sala, ritornò dopo venti minuti e disse: «Sì, è ovvio!» e continuò la sua conferenza.

223

Si racconta un'altra storiella su un professore che incontrò uno studente subito dopo aver tenuto una conferenza. Lo studente disse: «Professore — non ho capito la prova del teorema n. 2. Potrebbe spiegarla di nuovo?» Il professore cadde in una specie di trance e rimase in silenzio per alcuni minuti, e poi disse: «Sì, quindi è provato!» Lo studente replicò: «Ma qual è la prova?» Il professore cadde di nuovo in trance, ritornò in sé, e disse:

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«Quindi, la prova è corretta». Lo studente disse ancora: «Sì, ma non mi ha ancora detto qual'è la prova!» Il professore disse: «Va bene, te lo proverò in un altro modo!» Cadde di nuovo in trance, ritornò in sé, e disse: «Anche questo lo dimostra». Il povero studente era più stupito che mai. Il professore disse: «Senti, ti ho dato tre prove, se nessuna di queste ti soddisfa, temo di non poter farci niente». E se ne andò.

224

Si racconta una storia su un famoso fisico, il quale, dopo una conferenza a un gruppo di esperti, disse: «Ora risponderò alle vostre domande». Un membro del gruppo alzò la mano e disse: «Non ho capito la sua dimostrazione del teorema B». Il fisico rispose: «Questa non è una domanda».

225

Quando ero studente a Princeton, circolava la seguente spiegazione del significato del termine «ovvio» quando veniva usato da membri diversi della facoltà di matematica. Non farò nomi, ma mi limiterò ad indicare le persone con delle lettere.

Quando il professore A. dice che qualcosa è ovvio, significa che se andate a casa e ci pensate sopra per un paio di settimane, vi renderete conto che è vero.

Quando il professore L. dice che qualcosa è ovvio, significa che se andate a casa e ci pensate sopra per il resto della vostra vita, può darsi che possiate arrivarci.

Quando il professore C. dice che qualcosa è ovvio, significa che gli studenti lo sapevano già da un paio di settimane.

Quando il professore F. dice che qualcosa è ovvio, significa che è probabilmente falso.

E. Professori distratti.

226

Si racconta una storiella su uno studente che un giorno incontrò un professore nell'atrio e gli chiese: «Ha già pranzato?» Il professore pensò per un momento e poi disse: «Dimmi, in che direzione, andavo quando mi

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hai fermato?»

227

Ho sentito la seguente storiella sul matematico David Hilbert. Una volta la raccontai ad un fisico il quale mi disse che aveva già sentito la stessa storia riferita ad Ampère!

Il professore Hilbert e sua moglie stavano dando una festa. Dopo l'arrivo di un'invitato, la signora Hilbert prese da parte il maritò e già disse: «David, vai su in camera a cambiarti la cravatta». Hilbert andò di sopra; passò un'ora ma non si fece vedere. la signora Hilbert, preoccupata, salì in camera da letto e trovò il marito a letto che dormiva. Quando fu risvegliato si ricordò che quando si era levato la cravatta, automaticamente aveva continuato togliendosi il resto dei vestiti, mettendosi il pigiama e andando a letto.

228

La mia storia preferita riguardante i professori distratti è quella su Norbert Wiener. Non so se la storia sia vera o no (sebbene lo possa essere, visto che durante gli ultimi anni Wiener aveva una vista molto indebolita), ma vera o falsa che sia, eccola qui.

I Wiener dovevano trasferirsi da una parte di Cambridge a un'altra. la signora Wiener, conoscendo la distrazione del marito, decise di condizionarlo in anticipo. Così, trenta giorni prima della data del trasloco, la signora Wiener disse al marito alla mattina prima che uscisse per andare a lezione: «Norbert, ricordati che. fra trenta giorni cambieremo casa. Quando esci da lezione non devi prendere l'autobus A, prendi l'autobus B!» «Sì, cara», rispose Wiener.

La mattina dopo, la signora Wiener disse: «Ricordati Norbert, fra ventinove giorni noi traslocheremo. Quando esci da lezione, non prendere l'autobus A, prendi l'autobus B!» Wiener rispose: «Sì, cara». Ebbene, questo continuò ogni giorno fino al mattino del trasloco. la signora Wiener disse: «Oggi è il giorno, Norbert: quando esci da lezione oggi, non prendere l'autobus A, prendi l'autobus B!» Norbert rispose: «Sì, cara». Ebbene, quando Wiener uscì dalla lezione, naturalmente prese l'autobus A, si recò a casa, e la trovò vuota. Si disse: «Oh, è vero! Oggi è il giorno in cui abbiamo traslocato!» Così ritornò a Harvard Square, prese l'autobus B

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e scese a quella che egli ricordava essere la fermata giusta; aveva dimenticato però il nuovo indirizzo. Girò un po' qua e là, e nel frattempo si era fatto buio, vide una bambina sulla strada, le si avvicinò e disse: «Scusami, sai mica per caso dove abitano i Wiener?» la bambina rispose: «Oh, su, papà, vieni con me, che ti accompagno a casa io».

F. Musicisti

229

Robert Schumann scrisse all'inizio di una sua composizione: «Da suonare il più veloce possibile». Alcune battute più avanti aggiunse: «Più veloce».

230

Si racconta che Richard Wagner passeggiando un giorno per una strada di Berlino incontrò un suonatore di organetto il quale suonava l'ouverture del TannhAuser.

Wagner si fermò e disse: «In realtà state suonando un po' troppo veloce».

Il suonatore di organetto sollevò il cappello in segno di saluto avendo riconosciuto subito Wagner, e disse: «Grazie, Herr Wagner! Grazie, Herr Wagner!»

Il giorno seguente, Wagner ripassò dalle stesse parti e trovò il suonatore di organetto che suonava l'ouverture a tempo giusto. Dietro la sua schiena c'era un grande cartello con la scritta: «.ALLIEVO DI RICHARD WAGNER».

231

C'è una storiella su quattro musicisti dell'Orchestra Filarmonica di Boston, che erano in barca. Uno di essi cadde in acqua e gridò: «Aiuto! Non so nuotare!»

Uno degli altri musicisti urlò:

«Fa finta!»

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232 Brahms e il quartetto d'archi di dilettanti.

Si racconta questa storia del compositore Johannes Brahms, il quale aveva quattro amici suonatori d'archi. Erano musicisti molto scadenti, ma erano così simpatici che Brahms stava volentieri in loro compagni Un giorno decisero di fare una sorpresa a Brahms esercitandosi assiduamente per sei mesi al suo ultimo quartetto.. Una sera lo presero a parte a una festa e il primo violinista disse: «Johannes, abbiamo una sorpresa per te. Vieni nella camera accanto». Brahms li seguì,I suonatori presero i loro strumenti, e iniziarono a suonare il quartetto. Ebbene, il primo movimento era così scadente che il povero Brahms potè sopportarlo a mala pena! Si alzò, fece un sorriso educato ma piuttosto stentato, e si avviò per uscire dalla stanza. Il primo violinista lo rincorse disse: «Johannes, come è stata l'esecuzione? Il tempo andava bene?»

Brahms rispose: «I vostri tempi andavano tutti bene. Credo che il tuo mi sia piaciuto più di tutti».

Gr Computet

233

Sono stati fatti molti esperimenti in cui una frase inglese (preferibilmente idiomatica) viene tradotta in russo da un computer, quindi un secondo computer la ritraduce dal russo in inglese. Il fine dell'esperimento è di vedere le distorsioni che ne risultano.

In un caso fu provata la frase celebre: «Lo spirito è forte ma la carne è debole». Ciò che ne risultò fu: «La vodka è buona, ma la carne è guasta».

234

Un'altra volta fu tentato il proverbio: «Lontan dagli occhi, lontan dal cuore»

(*). Ciò che ne risultò fu: «Cieco idiota».

(*) In inglese: out of sight out of mini (N.d.T.).

235

Questa storiella è su un venditore dell'IBM che cercava di vendere un. Computer che «sapeva tutto». Il venditore disse a un cliente: «Gli chieda

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qualsiasi cosa e lui risponderà». Il cliente disse: «Va bene, dov'è mio padre?» la macchina ci pensò per un minuto, poi venne fuori una scheda che diceva: «Suo padre sta pescando in Canada». Il cliente disse: «Ah! la macchina 'sbaglia! Mio padre è morto da parecchi anni». Il venditore replicò: «No, no, deve fare la domanda con un linguaggio più preciso.

Ecco, mi lasci fare la domanda per lei», Si. avvicinò al computer e disse: «Vedi quest'uomo davanti a te, dov'è il marito di sua madre?» Il computer ci pensò un attimo, quindi buttò fuori una scheda: «Il marito di sua madre è morto da parecchi anni. Suo padre sta pescando in Canada».

236

Quando il primo aereo completamente automatico del mondo si alzò in volo, i passeggeri erano un po' inquieti. Poi si udì la calma e rassicurante voce del computer uscire dall'altoparlante: «Signore e' signori, voi siete i privilegiati che viaggiano sul primo aereo del mondo completamente automatico.

Nessun pilota umano che possa commettere un errore, siete guidati da computer infallibili. Tutto ciò di cui avete bisogno vi sarà portato, non avete nulla da temere — da temere — da temere — da temere —…».

237 Il computer militare.

La storia che preferisco sui computer è quella riguardante un computer militare.

L'esercito aveva appena mandato una navicella spaziale sulla luna. Il colonnello programmò due domande per il computer: (1) la navicella raggiungerA la luna?

(2) La navicella ritornerà sulla terra? Il computer ci pensò un poco, e quindi venne fuori una scheda che diceva: «Sì». Il colonnello s'infuriò; non sapeva se «Sì» era la risposta alla prima o alla seconda domanda, oppure ad entrambe.

Così, adirato, programmò ancora: «Sì, cosa?» Il computer ci pensò un altro po' e quindi venne fuori una scheda che diceva: «Sì, signore».

Capitolo 14 - Come dimostrare qualsiasi cosa

Credo che una buona caratterizzazione di un matematico ubriaco sia

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questa: è uno che dice: «Io posso dimostrare qualsiasi cosa!».

C'è un dialogo di Platone l'Eutidemo, nel quale Socrate, descrivendo a Critone lo straordinario talento dialettico dei fratelli sofisti Eutidemo e Dionisodoro, dice; «La loro abilità è così grande che sono capaci di dimostrare la falsità di qualsiasi proposizione, vera o falsa che sia» Nello stesso dialogo Socrate descrive come Dionisodoro dimostra a uno dell'uditorio, Ctesippo, che suo padre è un cane. L'argomentazione è la seguente:

Dion.: Hai detto di avere un cane?

Ctes.: Sì, un cagnaccio.

Dion.: E ha dei cuccioli?

Ctes.: Sì, e gli assomigliano molto.

Dion.: E il cane è il loro padre?

Ctes.: Sì, certamente; l'ho visto andare con la madre dei cuccioli.

Dion.: E non è tuo?

Ctes.: Certo che è mio.

Dion.: Allora egli è un padre ed è tuo; ergo è tuo padre, e i cuccioli

sono i tuoi fratelli.

Ispirato dall'esempio di questi grandi sofisti, in questo capitolo vi proverò cose strane e meravigliose.

A. Prove dì cose varie e disparate

238 Prova dell'esistenza di Tweedledum o TVeedledee.

Questa prova non dimostra che TVeediedee e Tweedledum esistano entrambi, si limiterà a dimostrare che almeno uno di loro esiste. Per di più, sarà impossibile stabilire da questa prova quale di loro realmente esista.

Abbiamo un riquadro in cui sono scritte le tre seguenti, proposizioni:

(1) TWEEDLEDUM NON ESISTE

(2) TWEEDLEDEE NON ESISTE

(3) ALMENO UNA DELLE PROPOSIZIONI DI QUESTO RIQUADRO È FALSA

Consideriamo la proposizione (3). Se è falsa, non è vero che almeno una

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delle tre proposizioni sia falsa, il che significa che sono tutte e tre vere, il che significa che la proposizione (3) è vera, e questa è una contraddizione.

Quindi la (3) non può essere falsa, ma deve essere vera. Quindi almeno una delle tre proposizioni deve essere realmente falsa, ma non può.-essere la (3) quella falsa, quindi sono false o la (1) o la (2). Se la (1) è falsa, allora Tweedledum esiste; se la (2).è falsa, allora Tweedledee esiste. Dunque o Tweedledum o Tweedledee esiste.

Una volta feci una conferenza sui miei giochi logici in un circolo di studenti di matematica. Fui presentato dal logico Melvin Fitting (che era stato mio studente, e mi conosceva, molto bene)."La sua presentazione, colse realmente lo spirito di questo libro quasi ' meglio del libro stesso! Egli disse: «Vi presento ora il professore Smullyan, che vi dimostrerà che o lui non esiste o voi non esistete, inoltre dimostrerà che non è possibile stabilire chi (lui o voi) non esiste».

239 Prova che Tweedledoo esiste.

(1) TWEEDLEDOO ESISTE

(2) ENTRAMBE LE PROPOSIZIONI DI QUESTO RIQUADRO SONO FALSE

Consideriamo prima la proposizione (2). Se fosse vera, allora entrambe le proposizioni sarebbero false, quindi la (2) sarebbe falsa, il che è una contraddizione. Pertanto la proposizione (2) e falsa. Quindi non è vero che entrambe le proposizioni sono false, cosi almeno una di esse è vera. Poiché la (2) non è vera, quella vera deve essere la (1). Quindi Tweedledoo esiste.

240 E che dire di Babbo Natale?

Sembra esserci, molto scetticismo sull'esistenza di Babbo Natale.

Ebbene, a dispetto di questo moderno scetticismo, voglio darvi, tre prove che stabiliranno al di la di ogni ragionevole possibilità di dubbio che Babbo Natale esiste, e deve esistere. Queste prove sono varianti di un metodo, esposto da J, Barkley Rosser, che permette di dimostrare qualsiasi cosa.

Prima prova: presenteremo questa prova in forma di dialogo.

Primo logico: Babbo Natale esiste, se non mi sbaglio,

Secondo logico: Certo che Babbo Natale esiste, se tu non ti sbagli.

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Primo logico: Quindi la mia affermazione è vera.

Secondo logico: Certamente!

Primo logico: Quindi non mi sbagliavo, e tu hai ammesso che se non mi sbaglio, allora Babbo Natale esiste. Quindi Babbo Natale esiste.

Seconda prova: la prova, precedente non è che una elaborazione letteraria della seguente prova di J. Barkley Rosser.

SE QUESTA PROPOSIZIONE È VERA ALLORA BABBO NATALE ESISTE

L'idea che sta alla base di questa prova è la stessa di quella della prova che, quando un abitante dell'isola dei cavalieri e dei furfanti dice: «Se io sono un cavaliere, allora ecc., ecc.», allora lui deve essere un cavaliere e ecc., ecc. deve essere vero.

Se la proposizione è vera, allora Babbo Natale certamente esiste (perché se la proposizione è vera, allora deve anche essere vero che se la proposizione è vera, allora Babbo Natale esiste, da cui segue che Babbo Natale esiste), quindi le cose stanno, effettivamente come dice la proposizione, perciò è vera. Quindi la proposizione, è vera e se la proposizione è vera, allora Babbo Natale esiste.

Da ciò segue che Babbo Natale esiste.

Domanda: supponiamo che un abitante dell'isola dei cavalieri e dei furfanti dica: «Se sono un cavaliere allora Babbo Natale esiste». Ciò proverebbe l'esistenza di Babbo Natale?

Risposta: certamente. Ma, poiché Babbo Natale non esiste, né un cavaliere né un furfante potrebbe fate un'affermazione simile.

Terza prova:

QUESTA PROPOSIZIONE È FALSA E BABBO NATALE NON ESISTE

Lascio i particolari al lettore.

Discussione. Cos'è che non va in queste prove? C'è esattamente lo stesso errore che c'era nel ragionamento del pretendente di Porzia Nesima: alcune delle proposizioni implicate non sono dotate di senso (vedi la discussione nei capitolo 15), perciò di loro non si dovrebbe presupporre, che siano o

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vere o false.

La prova che considereremo adesso è basata su un principio totalmente diverso.

241 Prova che gli unicorni esistono.

Vorrei dimostrare che esiste un unicorno. Per farlo, è sufficiente dimostrare la proposizione (forse.) più forte che esiste un unicorno esistente. (Per unicorno esistente, naturalmente, intendo un unicorno che esiste,) Certo, se esiste un unicorno esistente deve esistere un unicorno, perciò tutto quello che devo, fare è dimostrare che un unicorno esistente esiste. Dunque, ci sono esattamente due possibilità:

(1) Un unicorno esistente esiste.

(2) Un unicorno esistente non esiste.

La possibilità (2) è chiaramente contraddittoria. Come potrebbe un unicorno esistente non esistere? Così come è vero che un unicorno blu. è necessariamente blu, un unicorno esistente deve necessariamente essere esistente.

Discussione. Cosa c'è di sbagliato in questa, prova? Questa prova non è che il distillato della famosa prova ontologica dell'esistenza di Dio data da Cartesio.

Cartesio definisce Dio come un essere che possiede tutte le proprietà. Quindi, per definizione,. Dio deve avere anche la proprietà dell'esistenza. Perciò Dio esiste.

Immanuel Kant affermò, che l'argomento di Cartesio non era valido per il fatto che l'esistenza non è una proprietà. Io credo che vi sia un errore molto più importante in questa prova. Non discuterò qui la questione se l'esistenza sia una proprietà o no: ciò che voglio mettere in luce è che, anche se l'esistenza è una proprietà, la prova non è egualmente valida.

Consideriamo innanzitutto la mia prova (sic), dell'esistenza di un unicorno. Dal mio punto di vista, il vizio del ragionamento in realtà sta nel doppio, significato del termine «un», che in alcuni, contesti significa «ogni» e in altri significa «almeno uno». Per esempio, se io dico: «Un gufo ha occhi grandi», ciò che si vuol dire è che i gufi hanno occhi grandi, o che tutti i gufi hanno occhi grandi, o che ogni gufo ha occhi grandi. Ma se io

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dico: «C'è un gufo in casa», io non voglio certamente dire che tutti i gufi sono in questa casa, ma solo che esiste un gufo che è nella casa. Così, quando dico: «Un'unicorno esistente esiste», non è chiaro se io voglio dire che tutti già unicorni esistenti esistono o che esiste un unicorno esistente. Se do alla frase il. primo significato, allora è vera, naturalmente tutti gli unicorni esistenti esistono; come potrebbe esserci un unicorno esistente che non esiste?

Ma ciò non significa che l'affermazione è vera nel secondo significato, cioè, che deve esistere un unicorno esistente.

Analogamente per la prova di Cartesio, tutto ciò che segue correttamente è che tutti, gli Dei esistono, cioè, che qualsiasi cosa che soddisfi la definizione che Cartesio dà di un Dio deve avere anche la proprietà dell'esistenza. Ma ciò non significa che esista necessariamente un Dio.

242 Prova per coercizione.

C'è un famoso aneddoto su Diderot: durante una sua visita alla corte russa su invito dell'imperatrice, egli parlò liberamente delle sue opinioni sull'ateismo.

L'imperatrice fu molto divertita, ma uno dei. suoi consiglieri le fece notare che sarebbe stato il caso di mettere alla, prova queste esposizioni di dottrina.

Perciò si accordarono con il matematico Eulero che era presente in quell'occasione, e che era credente. Eulero annunciò che aveva una prova dell'esistenza di Dio che avrebbe potuto esporre a tutta la corte se Diderot desiderava sentirla. Diderot acconsentì di buon grado. Ebbene, Eulero, approfittando dell'ignoranza in campo matematico di Diderot, avanzò verso di lui e disse con voce grave: «A quadrato meno B quadrato è uguale ad A meno B per A più B — quindi Dio esiste. Risponda!» Diderot rimase imbarazzato, e sconcertato, mentre scoppi di risa si udivano da ogni parte. Chiese il permesso di ritornare subito in Francia, permesso che gli fu concesso.

243 Una prora che voi siete incoerenti o presuntuosi.

Trovai questa prova circa trent'anni fa e la esposi a molti studenti e matematici. Alcuni anni fa qualcuno mi disse che l'aveva letta in qualche, rivista filosofica, ' ma non riusciva a ricordarne l'autore. In ogni modo,

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ecco la prova.

Un cervello umano non è che una macchina finita, quindi ci sono solo un numero finito di proposizioni che voi credete vere. Chiamiamo queste proposizioni pi,

pi, …, pn, dove n è il numero di proposizioni che voi credete vere. Così voi credete vera ognuna delle proposizioni pi, pt, …, pn. Tuttavia, a meno, che non siate un presuntuoso, voi sapete che ogni, tanto fate qualche errore, quindi non tutto quello a cui credete è vero. Perciò, se non siete presuntuoso, voi sapete che almeno una delle proposizioni, pi, p2, …, pn è falsa. Eppure credete vera ciascuna delle proposizioni pi, pi, …, pn. Questa è pure incoerenza.

Discussione. Dov'è l'errore in questo ragionamento? A mio parere non c'è nessun errore. Sono realmente convinto che ogni persona ragionevolmente modesta debba essere incoerente.

B. Altri tiri

244 Russell e il papà.

Un filosofo rimase sconcertato quando Bertrand Russell gli disse che una proposizione falsa implica qualsiasi proposizione. Egli disse: «Intende dire che dall'affermazione che due più due fa cinque segue che lei è il papà?»

Russel rispose «Sì». «Può provarlo?» chiese il filosofo. Russell rispose:

«Certamente», ed escogitò sul momento la seguente dimostrazione:

(1) Supponiamo che 2+2=5.

(2) Sottraendo due da entrambi i membri dell'equazione otteniamo 2=3.

(3) Scambiando i termini* otteniamo 3~2.

(4) Sottraendo uno da entrambi i membri, otteniamo 2 = 1.

Ora, il papà e io siamo due. Dato che due è uguale a uno, il papà e io siamo uno. Dunque io sono il papà.

245 Che cosa è meglio?

Che cosa è meglio, l'eterna felicità o un panino al prosciutto?

Sembrerebbe che fosse: meglio l'eterna felicità, ma in realtà non è così!

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Dopotutto, niente è meglio dell'eterna felicità, e un panino al prosciutto è certamente meglio di niente. Quindi un panino al prosciutto è meglio dell'eterna felicità.

246 Quale orologio è migliore?

Questa è dovuta a Lewis Carroll. Che cosa è. meglio, un orologio che perde un minuto per giorno o un orologio che non va per niente? Secondo Lewis Carroll, l'orologio che non va per niente, è migliore, perché segna l'ora giusta due volte al giorno, mentre l'altro solamente una volta ogni due anni. «Ma», potreste obiettare voi, «a cosa serve il fatto che segni l'ora giusta due volte al giorno, se non si può sapere quando?». Ebbene, supponete che l'orologio segni le otto. Allora quando sono le otto, l'orologio segna l'ora esatta. «Ma», continuate voi, «come fa uno a sapere • quando sono le otto?» la risposta è molto semplice. Guardate l'orologio molto attentamente, e nel momento esatto in cui segna l'ora giusta saranno le otto.

247 Prova che esiste un cavallo con tredici zampe.

Questa prova non è originale, fa parte del folclore dei matematici..

Vogliamo dimostrare che esiste almeno un cavallo che ha esattamente tredici zampe. Ebbene, dipingete tutti i cavalli dell'universo di blu o di rosso secondo la regola seguente: prima di dipingere un cavallo, contate il numero delle sue zampe.. Se ha esattamente tredici zampe, lo dipingete di blu; se ne' ha più di tredici o meno di tredici, lo dipingete di rosso, Avete ora dipinto tutti i cavalli dell'universo: quelli blu hanno tredici zampe, quelli rossi no.

Scegliete un cavallo a caso. Se è blu, la mia asserzione è stata dimostrata. Se è rosso, scegliete un secondo cavallo a caso. Se il secondo cavallo è blu, allora la mia asserzione è stata dimostrata. Ma se il secondo cavallo è rosso?

Ah, sarebbe di un altro colore! Ma questa è una contraddizione, poiché il cavallo sarebbe ancora dello stesso colore!

248

Mi rammento di un indovinello proposto da Abramo Lincoln; se la coda

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di un cane fosse chiamata zampa, quante zampe avrebbe il cane? la risposta di Lincoln era:

«Quattro: chiamando la coda zampa, non significa che lo sia».

249 IL mio metodo preferito.

Questo è il miglior tiro che io conosca. "È un metodo assolutamente imbattibile per dimostrare qualsiasi cosa. L'unico svantaggio è che può essere presentato soltanto da un prestigiatore.

Ecco quello che faccio: supponiamo che io voglia dimostrare a qualcuno di essere Dracula. Io dico: «L'unica logica che devi conoscere è che, date due proposizioni P e Q, se P è vera, allora almeno una delle due proposizioni P, Q è vera». Praticamente tutti sono d'accordo su questo. «Molto bene», io dico mentre estraggo di tasca un mazzo di carte, «come puoi vedere, questa carta è rossa». Quindi metto la carta rossa a faccia in giù sul palmo della mano sinistra della «vittima» e gli faccio coprire il dorso della carta con la mano destra. Poi continuo: «Sia P la proposizione che la carta che tieni fra le mani è rossa; sia Q la proposizione che io sono Dracula, Poiché P è vera, allora tu puoi assicurare che o P o Q è vera?» Lui dice di sì. «Bene», continuo, «P è ovviamente falsa; ora gira la carta». Lui lo fa, e con sua meraviglia la carta è nera! «Quindi», concludo trionfante, «Q è vera e io sono Dracula!»

C. Alcune curiosità logiche

Negli ultimi due paragrafi abbiamo preso in considerazione diversi argomenti non validi che a prima vista apparivano validi. Ora faremo il contrario: considereremo alcuni principi che a prima vista sembrano del tutto folli, ma che risultano dopo tutto essere validi.

250 Il principio della bevuta.

C'è un principio che gioca un ruolo importante nella logica moderna e che alcuni miei studenti laureati hanno affettuosamente chiamato «Il principio della bevuta». Forse la ragione del nome sta nel fatto che io faccio sempre precedere lo studio di questo principio dalla seguente storiella.

Un uomo era al bar. Improvvisamente diede un pugno sul banco e disse:

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«Datemi da bere, e date da bere a tutti, perché quando bevo io, bevono tutti!», Così, con grande allegria, venne dato da bere a tutti i presenti. Poco dopo, l'uomo disse: «Datemi ancora da bere, e date Ancora da bere a tutti quanti, perché quando io torno a bere, tutti tornano a bere!». Così, venne fatto un altro giro di bevute fra tutti i presenti. Subito dopo, l'uomo sbatté, sul banco un pugno di monete e disse: «E quando pago io, tutti pagano!».

La storiella si conclude qui. Il problema, ora, è questo: esiste realmente

qualcuno tale che se lui beve tutti bevono? la risposta sorprenderà molti di voi. Una versione ancor più drammatica di questo problema emerse da una conversazione che ebbi con il filosofo John Bacon: provate che c'è una donna sulla terra tale che se essa diviene sterile, la razza umana si estingue.

Una versione duale del principio della bevuta è questa (provate che c'è almeno una persona tale che, se qualcuno beve, allora essa beve).

Soluzione.

Sì, è realmente vero che esiste qualcuno tale che ogni volta che lui (o lei) beve, tutti bevono. Deriva in ultima analisi dallo strano principio che una proposizione falsa implica qualsiasi proposizione.

Esaminiamo questo fatto dal seguente punto di vista: o è vero che tutti bevono oppure non lo è. Supponiamo che sia vero che tutti bevono. Allora, prendiamo una qualsiasi persona, chiamiamola Jim. Poiché tutti bevono e Jim beve, allora è vero che se Jim beve tutti bevono. Così, c'è almeno una persona, cioè Jim, tale, che se egli beve, allora tutti bevono.

Supponiamo, tuttavia, che non sia vero che tutti bevono, e allora? Bene, in questo caso c'è almeno una persona, chiamiamola Jim,. che non beve. Poiché è falso che Jim beve, allora è vero che se Jim beve, tutti bevono. Così di nuovo c'è una persona, cioè Jim, tale che se egli beve, tutti bevono.

Riassumendo, chiamiamo una persona «misteriosa» se ha la strana proprietà che il suo bere implica il bere di tutti. Vien fuori che se tutti bevono allora chiunque può essere la persona misteriosa, e se invece non e vero che tutti bevono, allora qualsiasi non-bevitore può essere la persona misteriosa.

Così per la versione più drammatica, per la stessa logica segue che c'è almeno una donna tale che se essa diviene sterile, tutte le donne diventano sterili (almeno una: può essere una qualsiasi, s«tutte le donne diventano sterili; e se non tutte le donne divengono sterili, può essere una qualsiasi delle donne che non diventano sterili). E ovviamente, se tutte le donne

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diventano sterili, la razza umana si estingue. Quanto alla versione «duale», cioè che esiste una persona tale che se qualcuno beve, allora fessa beve: o c'è almeno una persona che beve o non c'è. Se non c'è, scegliete una qualsiasi, persona e chiamatela Jim. Dato che è falso che qualcuno beve, è vero che se qualcuno beve; allora Jim beve. D'altra parte, se c'è qualcuno che beve, scegliete una qualsiasi persona che beve e chiamatela Jim. Allora è vero che qualcuno beve ed è vero che Jim beve, quindi è vero che se qualcuno beve, Jim beve.

Epilogo.

Quando raccontai il principio della bevuta ai miei studenti. Linda Wetsel e Joseph Bevando si divertirono molto. Poco tempo dopo, mi scrissero una cartolina per Natale in cui avevano inventato la seguente conversazione immaginaria (ambientata nella mensa dopò cena).

Logico: Conosco un tizio tale che, ogni volta che beve, tutti bevono.

Studente: Non riesco a capire. Intende dire, tutti sulla terra?

Logico: Sì, certamente.

Studente: Sembra pazzesco! Vuol dire, appena beve, proprio In quel momento, tutti bevono?

Logico; Ma certo.

Studente: Ma questo implica che, in un certo momento, tutti stanno bevendo simultaneamente. Sicuramente ciò non è mai accaduto!

Logico: Non hai ascoltato quel che ho detto.

Studente: Certo che ho ascoltato e per di più ho dimostrato falsa la sua logica.

Logico: È impossibile, la logica non può essere confutata.

Studente; Allora come mai io l'ho fatto?

Logico: Non mi hai detto che non bevi mai?

Studente: Mmm… sì, credo sia meglio cambiare argomento.

251 È valido questo ragionamento?

In vita mia ho sentito molti ragionamenti che sembrano validi, ma in realtà non lo sono. Solo recentemente ho incontrato un ragionamento che

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sul momento sembra non valido (per la verità sembra una storiella), ma risulta in seguito valido.

Per inciso, per ragionamento valido si intende un ragionamento in cui la conclusione segue necessariamente dalle premesse; non è necessario: che le premesse siano vere.

Ecco il ragionamento:

(1) Tutti hanno paura di Dracula.

(2) Dracula ha paura soltanto di me.

Quindi io sono Dracula.

Non è forse vero che questo ragionamento sembra una sciocca barzelletta? Ebbene, non lo è; è valido: dato che tutti hanno paura, di Dracula, allora Dracula ha paura di Dracula. Così Dracula ha paura di Dracula, ma si ha anche che ha paura solo di me. Quindi io devo essere Dracula! Ed ecco un ragionamento che sembra una barzelletta, ma che risulta non esserlo; è questo il suo aspetto divertente!

Capitolo 15 - Dal paradosso alla verità

A. Paradossi

252 Il paradosso di Protagora

Forse uno dei più antichi paradossi che si conoscano riguarda il filosofo greco Protagora il quale accettò di dare lezioni di diritto, senza compenso, a uno studente povero ma di talento, a condizione che lo studente, dopo aver completato gli studi e dopo avere vinto, la sua prima causa, gli pagasse una certa somma. Lo studente accettò. Ebbene, lo studente completò i suoi studi ma non accettò nessuna causa. Passò un certo tempo e Protagora fece causa allo studente per ottenere la somma pattuita. Ecco qui le argomentazioni che sostennero in tribunale.

Studente: se vinco la causa, allora, per definizione, io non devo pagare. Se perdo la causa, allora non avrò vinto là mia prima causa, e siamo d'accordo che io non paghi Protagora fino a che io non abbia vinto la mia prima causa. Così, sia che vinca o perda la causa, non lo devo pagare..

Protagora: se lo studente perde la causa,, allora, per definizione, egli mi deve pagare (dopo tutto, questo è il motivo della causa). Se egli vince la causa, allora avrà vinto la sua prima causa, e quindi deve pagarmi. In ogni

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caso, lui mi deve pagare, Chi aveva ragione?

Discussione. Non sono sicuro di conoscere effettivamente la soluzione di questo dilemma. Questo problema (come il primo di questo libro, riguardante il fatto se sono stato burlato o meno) è un buon prototipo di un'intera famiglia di paradossi. la migliore soluzione, che io abbia mai avuto me la diede un avvocato a cui esposi il problema. Egli disse: «La corte dovrebbe dare ragione allo studente; lo studente non deve pagare, perché, non ha ancora vinto la sua prima causa. Dopo il termine della causa, allora lo studente deve i soldi a Protagora, cosi Protagora dovrebbe fare causa allo studente per la seconda volta. Questa volta, la corte dovrebbe dare ragione a Protagora, perché adesso lo studente ha vinto la sua prima causa».

253 IL paradosso del bugiardo.

Il cosiddetto «paradosso del bugiardo» o «paradosso di Epimenide» è realmente il pilastro, di un'intera famiglia di paradossi dei tipo conosciuto come «paradossi del bugiardo», (Questo sembra un circolo chiuso, non è vero?)

La forma originaria del paradosso riguardava un certo cretese di nome Epimenide, che disse; «Tutti i cretesi sono bugiardi».

In questa forma, noi non abbiamo affatto un paradosso, non più di quanto lo sarebbe affermare che un abitante dell'isola dei cavalieri e furfanti facesse l'affermazione; «Tutti gli abitanti, di quest'isola, sono furfanti». Ciò che propriamente segue è:

(1) chi parla è un furfante;

(2) c'è almeno un cavaliere sull'isola.

Analogamente, per la versione data del paradosso, di Epimenide, tutto ciò che segue è che Epimenide è un bugiardo e che almeno un cretese dice la verità. Questo non è un paradosso.

Dunque, se Epimenide fosse l'unico cretese, allora avremmo veramente un paradosso, così come l'avremmo se un unico abitante dell'isola dei cavalieri e furfanti dicesse che tutti gli abitanti dell'isola sono furfanti (il che equivarrebbe a dire che egli è un furfante, e ciò è impossibile).

Una migliore versione del paradosso è quella di una persona che dice; «Io sto mentendo». Sta mentendo o no?

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La seguente versione è la versione a cui faremo riferimento come il paradosso del bugiardo. Consideriamo la proposizione nel riquadro:

QUESTA PROPOSIZIONE È FALSA

Questa proposizione è vera o falsa? Se è falsa, allora è vera, e se è vera,

allora è falsa.

Discuteremo la risoluzione di questo paradosso un po' più avanti.

254 Una doppia versione del paradosso del bugiardo.

La seguente versione del paradosso del bugiardo fu proposta per la prima volta dal matematico inglese P.E.B. Jourdain, nel 1913. Talvolta ci si riferisce ad essa come al «Paradosso del Foglio di Jourdain». Abbiamo un foglio di carta; su una facciata c'è scritto:

(1). la PROPORZIONE SULL'ALTRA FACCIATA DI QUESTO FOGLIO È VERA

Girate il foglio, sull'altra facciata, è scritto:

(2) la PROPOSIZIONE SULL'ALTRA FACCIATA DI QUESTO FOGLIO È FALSA

Abbiamo il seguente paradosso: se la prima proposizione è vera, allora è vera anche la seconda (poiché lo dice la prima), quindi la prima proposizione è falsa (perché lo dice la seconda). Se la prima proposizione è falsa, allora è falsa anche la seconda, quindi la prima proposizione non è falsa ma vera. Così, la prima proposizione è vera se e solo se essa è falsa, e ciò è impossibile.

255 Un'altra versione.

Un'altra popolare versione, del paradosso del bugiardo è data dalle tre

proposizioni seguenti scritte su un foglio di carta.

(1) QUESTA PROPOSIZIONE CONTIENE CINQUE PAROLE

(2) QUESTA PROPOSIZIONE CONTIENE OTTO PAROLE

(3) ESATTAMENTE UNA PROPOSIZIONE SU QUESTO FOGLIO È VERA

La proposizione (1) è chiaramente vera, e la (2) chiaramente falsa. Il problema, sta nella proposizione (3). Se essa è vera, allora ci sono due

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proposizioni vere, la (3.) e la (1), il che contraddice la proposizione (3) e quindi la proposizione (3) è falsa. D'altra parte, se la (3) è falsa, allora la

(1) è l'unica proposizione vera, il che significa che la (3) deve essere vera!

Quindi la proposizione (3) è vera se e solo se è falsa.

Discussione?. Ora, qual'è l'errore di ragionamento di questi paradossi? Ebbene, la questione è sottile e piuttosto controversa. Ci sono alcuni tra i filosofi che tra i matematici (cosa piuttosto interessante) che la considerano illegittima, qualsiasi proposizione che si riferisce a se stessa francamente, lo considero da questo punto di vista un puro nonsenso! Una proposizione che si riferisce a se stessa, come «Questa proposizione ha cinque parole», il significato sembra assolutamente chiaro e non equivoco; non avete che da contare le parole e vedrete, che la proposizione deve essere vera. Anche la proposizione «Questa proposizione ha sei parole», sebbene sia falsa, è perfettamente chiara per ciò che riguarda il significato: afferma di avere sei parole, il che di fatto non è vero. Ma non vi sono dubbi su ciò che dice la proposizione. Consideriamo adesso la proposizione seguente;

QUESTA PROPOSIZIONE È VERA

La proposizione qui sopra non dà luogo a nessun paradosso: nessuna contraddizione logica risulta, né supponendo che la proposizione sia vera, né supponendo che sia falsa. Però la proposizione non ha alcun significato per le seguenti ragioni.

Il nostro principio guida è che per capire cosa significa per una proposizione essere vera, dobbiamo prima capire il significato della proposizione stessa. Per esempio, sia X la proposizione «Due più due fa quattro». Prima di poter capire cosa significhi per X essere vera, deve capire il significato di ogni parola che compare in X, e devo sapere esattamente ciò che X afferma. In questo caso, conosco il significato di tutte le parole di X, e so che X significa che due più due fa quattro. E poiché so che due più due in effetti fa quattro, allora so che X deve essere vera. Ma non avrei potuto sapere che X è vera prima di sapere che due più due fa quattro. Anzi, non avrei nemmeno potuto sapere cosa significhi per X essere vera, senza sapere prima cosa significhi che due più due fa quattro. Questo illustra ciò che intendo quando dico che il significato dell'essere vera per una proposizione X, dipende dal significato dì A. Se X è di un tipo così particolare che proprio il significato di X dipende dal

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significato che ha per X «essere vera», allora abbiamo un vero e proprio circolo vizioso.

Questo è esattamente il caso della proposizione nel riquadro precedente. Prima di poter sapere cosa significa che la proposizione è vera, devo capire il significato della proposizione stessa. Ma qual è il suo significato, che cosa dice la proposizione? Semplicemente che la proposizione è vera, e ancora non so cosa significa per questa proposizione «essere vera». In breve, non posso capire che cosa significa per la proposizione essere vera (men che meno se è vera o no) fintanto che non capisco il significato della proposizione stessa, e io non posso capire il significato della proposizione fintanto che non capisco cosa significa per la proposizione essere vera. Pertanto la proposizione non comunica informazioni, di nessun genere. Le proposizioni che hanno questa proprietà sono conosciute tecnicamente come proposizioni che non sono ben fondate.

Il paradosso del bugiardo (e tutte le sue varianti) si basa sull'uso di proposizioni infondate. (Uso il termine «infondato» come un'abbreviazione per «non ben-fondato».)

Al numero 253 l'espressione «Questa proposizione è falsa» è non ben-fondata.

Al numero 254 nessuna delle proposizioni sui due lati del foglio è ben-fondata.

Al numero 255, le prime due proposizioni sono ben-fondate, ma la terza non lo è.

Incidentalmente, possiamo ora dire di più sul perché il pretendente di Porzia Nesima cadde in difficoltà col suo ragionamento (vedere il Capitolo 5 sugli scrigni di Porzia).

Tutte le Porzie precedenti avevano usato solamente proposizioni ben fondate, ma Porzia Nesima fece abile uso di proposizioni infondate per confondere il suo pretendente. Lo stesso vizio si trova nelle prime prove dell'ultimo capitolo.

256 Ma che dite di questo?

Torniamo ai nostri amici Bellini e Cellini della storia degli scrigni di Porzia.

Questi due artigiani non facevano soltanto scrigni, ma incidevano anche iscrizioni. Come per gli scrigni, ogni volta che Cellini faceva un'iscrizione

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ci scriveva una affermazione falsa e ogni volta che Bellini faceva un'iscrizione ci scriveva una affermazione vera. Supporremo inoltre che Bellini e Cellini fossero gli unici a fare iscrizioni ai loro tempi (i loro figli facevano soltanto scrigni, non iscrizioni). Voi trovate la seguente iscrizione;

QUESTA ISCRIZIONE È STATA FATTA DA CELLINI

Chi l'ha fatta? Se l'ha fatta Cellini, allora ha scritto una affermazione vera, il che è impossibile. Se l'ha fatta Bellini, allora l'affermazione è falsa, il che è di nuovo impossibile. Chi dunque l'ha, fatta?

Ora, non potete cavarvela dicendo che la frase dell'iscrizione è non ben-fondata! È certamente ben-fondata: afferma il fatto storico che l'iscrizione è stata fatta da Cellini; se è stata fatta da Cellini, allora la frase contenuta nell'iscrizione è vera, se non l'ha fatta lui è falsa. Qual'è la soluzione? La soluzione, naturalmente, è che io vi ho dato informazioni contraddittorie. Se voi doveste effettivamente trovare l'iscrizione, allora vorrebbe dire o che Cellini talvolta scriveva frasi vere nelle sue iscrizioni (contrariamente a quello che vi avevo detto) oppure che almeno un altro incisore di iscrizioni scriveva talvolta delle affermazioni false (di nuovo, contrariamente a quello che vi avevo detto).

Perciò, questo non è un vero paradosso, ma un imbroglio.

Per inciso, avete già immaginato qual è il titolo di questo libro?

257 Impiccato o annegato?

In questo popolare rompicapo, un uomo ha commesso un. crimine punibile con la morte. Egli deve fare una affermazione. Se l'affermazione è vera, sarà annegato; se è falsa, sarà impiccato. Quale affermazione dovrebbe fare per confondere i suoi carnefici?

258 IL paradosso del barbiere.

Questo è un altro ben noto rompicapo. Si sa che il barbiere di una piccola città radeva tutti gli abitanti della città che non si radevano da soli, e non radeva mai quegli abitanti che si radevano da soli. Il problema è: il barbiere si rade da solo o no? Se lo fa', viola la regola, poiché in quel momento rade qualcuno che si rade da solo. Se non lo fa, allora viola ancora la sua regola, perché non rade qualcuno che non si rade da solo. Cosa fa allora il barbiere?

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259 E che dire di questa?

Su un'isola di cavalieri e furfanti due abitanti, A e B, fanno le seguenti

affermazioni:

A: B è un furfante.

B: A è un cavaliere.

Cosa direste di A: è un cavaliere o un furfante? Cosa direste di. B?

Soluzioni ai problemi 257, 258, 259

257

Basta che dica: «Io sarò impiccato».

258

La risposta è: è logicamente impossibile che esista un tale barbiere.

259

Ciò, che voi dovreste dire è che l'autore sta di nuovo mentendo! "La situazione che ho descritta è assolutamente impossibile; è in realtà il «Paradosso del Foglio di Jourdain», esposto in forma leggermente diversa (vedi problema 254).

Se A è un cavaliere, B è un furfante, quindi A non è veramente un cavaliere! Se A è un furfante, allora B in realtà non è un furfante, è un cavaliere, quindi la sua affermazione è vera, il che rende A un cavaliere. Quindi A. non può essere né un cavaliere né un furfante senza contraddizione.

B. Dal paradosso alla verità

Qualcuno ha definito il paradosso come una verità a testa in giù. Si ha

certamente che molti paradossi contengono un'idea che, con qualche lieve modifica, conduce ad una nuova importante scoperta. I tre prossimi problemi danno un buon esempio di questo principio.

260 Cosa c'è che non va in questa storia?

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Una volta l'ispettore Craig visitò una comunità ed ebbe un colloquio con uno degli abitanti, un sociologo di nome McSnurd. Il professore McSnurd fece a Craig il seguente resoconto sociologico:

«Gli abitanti di questa comunità hanno formato vari, circoli. Un abitante, può appartenete a più di un circolo. Ogni circolo prende il nome da un abitante; due circoli non possono prendere il nome dallo stesso abitante, e ogni abitante ha un circolo. che prende il nome da lui. Non è necessario che una persona sia membro del circolo che prende il nome da lui; se lo è, allora egli è chiamato associabile; se non lo è, allora è chiamato non-associabile. Il fatto interessante di questa comunità è che l'insieme di tutti gli abitanti non associabili formano un circolo».

L'ispettore Craig ci pensò un po' sopra e si rese immediatamente conto che McSnurdnon poteva essere un buon sociologo; la sua storia faceva acqua. Perché?

Soluzione. Questo è in realtà il paradosso del barbiere esposto in una nuova forma.

Supponiamo che la storia di McSnurd fosse vera. Allora il circolo di tutti gli abitanti non associabili prende il nome da qualcuno, diciamo Jack. Così noi chiameremo questo circolo «il Circolo di Jack». Ora, Jack o è associabile o è non associabile, è nell'uno e nell'altro caso c'è ¦una contraddizione.

Supponiamo che Jack sia associabile, allora Jack appartiene al Circolo di Jack, ma solo le persone non associabili appartengono al Circolo di Jack, così questo non è possibile. D'altra parte, se Jack è non associabile, allora egli appartiene al circolo della gente non-associabile, il che significa che Jack appartiene al Circolo di Jack (che è il circolo per gente non associabile), il che rende Jack associabile. Così, in entrambi i casi, noi abbiamo una contraddizione.

261 C'è una spia nella comunità?

L'ispettore Craig visitò una seconda comunità e parlò con un suo vecchio amico, un sociologo di nome McSnuff. Craig e McSnuff erano stati all'Università di Oxford insieme e Craig lo conosceva come uomo di giudizio impeccabile, McSnuff fece a Craig il seguente resoconto su questa comunità: «Come l'altra comunità; noi abbiamo dei circoli, ed ogni abitante ha esattamente un circolo che prende il nome da lui, ed ogni

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circolo prende il nome da qualcuno. In questa comunità, tuttavia, se una persona appartiene a un circolo egli può farlo segretamente o apertamente. Chiunque non appartenga apertamente al circolo che prende il nome da lui viene chiamato sospetto. Se si sapesse che qualcuno appartiene segretamente a un circolo che prende il nome da lui, sarebbe chiamato spia. Ora, il fatto curioso di questa comunità è che l'insieme di tutte le persone sospette forma un circolo»,

L'ispettore Craig pensò un momento a questo fatto, e si rese conto che, a differenza della precedente, questa storia era perfettamente coerente.

Per di più da essa emergeva qualcosa di interessante; cioè, è possibile dedurre se ci sono o meno spie nella comunità. Ce ne sono?

Soluzione. Il circolo di tutte le persone sospette prende il nome da qualcuno, chiamiamolo John. Così noi chiameremo questo circolo «Il Circolo di John».

Ora, o lo stesso John è un membro del circolo di John, oppure non lo è.

Supponiamo che non lo sia. Allora egli non può essere sospetto (poiché ogni persona sospetta è membro del Circolo di John). Questo significa che John è apertamente membro del Circolo di John. Così e John non è membro del Circolo di John, allora John è apertamente membro del Circolo di John, il che è assurdo.

Quindi John deve essere un membro del Circolo di John. Poiché ogni membro del Circolo di John è sospetto, allora John deve essere sospetto. Così John non è apertamente membro del Circolo di John, eppure ne e membro, dunque segretamente membro del circolo, in altre parole John è una spia!

Si potrebbe rilevare che, dopo aver risolto il problema precedente, numero 260, c'è un modo più semplice per risolvere questo: osservare che se non ci fossero spie nella comunità, allora essere sospetti non sarebbe diverso dall'essere non-associabili, quindi l'insieme di tutte le persone sospette coinciderebbe con l'insieme di tutte le persone non associabili, il che significherebbe che l'insieme di tutte le persone non-associabili forma un circolo. Ma noi abbiamo dimostrato nel problema 260 che l'insieme di tutte le persone non associabili non può formare un circolo. Quindi l'ipotesi che non ci siano spie nella comunità conduce ad una contraddizione, quindi ci deve essere una spia nella comunità (ma con questa dimostrazione noi non abbiamo idea di chi possa essere).

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Queste due dimostrazioni offrono un esempio perfetto di ciò che ì matematici intendono per «dimostrazione costruttiva» e «dimostrazione non costruttiva».

La seconda dimostrazione è non costruttiva: ha dimostrato che non potrebbe darsi il caso in cui non ci siano spie, ma non ha indicato di fatto nessuna spia: Al contrario, la prima dimostrazione viene chiamata costruttiva in quanto ha indicato effettivamente una spia: vale a dire la persona (che abbiamo chiamato «John») da cui il circolo dei sospetti prende il nome.

262 IL problema dell'universo.

C'è un universo in cui ogni insieme di abitanti forma un circolo.

L'archivista dell'universo vorrebbe chiamare ogni circolo col nome di un abitante in modo che non vi siano due circoli che prendono il nome dallo stesso abitante e che ogni abitante abbia un circolo che prende il nome da lui.

Ora, se questo universo ha un numero finito di abitanti, questo progetto sarebbe impossibile (poiché ci sarebbero più circoli che abitanti. Per esempio, se ci fossero soltanto cinque abitanti, ci sarebbero trentadue circoli, incluso l'insieme vuoto; se ci fossero sei abitanti, ci sarebbero sessantaquattro circoli, e, in generale, se ci fossero n abitanti, ci sarebbero 2n circoli).

Tuttavia, accade che questo particolare universo contiene un numero infinito di abitanti, quindi l'archivista non vede ragione perché il suo progetto non sia realizzabile. Per miliardi di anni l'archivista ha tentato di realizzare questo progetto, ma fino ad ora ogni tentativo è fallito. Questo fallimento è dovuto a mancanza di ingegno dell'archivista, oppure egli sta tentando di fare qualcosa di impossibile?

Soluzione. Egli, sta tentando l'impossibile; questo fu scoperto dal matematico George Cantor. Supponiamo che l'archivista riesca a dare a ogni circolo il nome di un abitante, in modo tale che non vi siano due circoli, diversi che prendano il nome dallo stesso abitante. Di nuovo, chiamiamo non associabile un abitante che, non sia membro del circolo che prende il nome da lui: la lista, di tutti gli abitanti non associabili di questo universo costituisce certamente un insieme ben definito, e noi sappiamo che ogni insieme di abitanti forma un circolo. Abbiamo così il

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circolo di tutti gli abitanti non associabili: questo è impossibile; è impossibile per quanto detto al problema 260 (questo circolo deve avere il nome di qualcuno, e questo qualcuno non può essere né associabile né non associabile senza che sorga una contraddizione).

263 IL problema degli insiemi elencati.

Ecco lo stesso problema in una forma diversa: alcune delle idee che esso implica verranno fuori nuovamente nel prossimo capitolo.

Un matematico tiene un libro chiamato IL libro degli insiemi. Su ogni pagina vi è la descrizione di un insieme di numeri. Usiamo il termine numeri per indicare i numeri interi positivi 1, 2, 3, …n, … Ogni insieme che è elencato su qualche pagina è detto insieme elencato. Le pagine sono numerate consecutivamente.

Il problema è descrivere un insieme che non sia elencato su nessuna pagina del libro.

Soluzione. Dato un numero n qualsiasi, diciamo che n è un numero straordinario se n appartiene all'insieme elencato a pagina n; diciamo che n è un numero ordinario se n non appartiene all'insieme elencato a pagina n.

L'insieme dei numeri ordinari non può essere elencato: se lo fosse, il numero della pagina in cui è elencato non potrebbe essere né ordinario né straordinario senza che sorga una. contraddizione.

Capitolo 16 - La scoperta di Godei

A. Le isole Godeliane

I problemi di questa sezione sono adattamenti di un famoso principio scoperto dal logico matematico Kurt Godei, principio che discuteremo alla fine del capitolo.

264 L'Isola G.

Una certa Isola G è abitata esclusivamente da cavalieri che dicono sempre la verità e furfanti che mentono sempre. Inoltre, alcuni dei cavalieri vengono chiamati «cavalieri confermati» (questi sono cavalieri che in un certo senso hanno «dimostrato di esserlo») e alcuni furfanti vengono chiamati «furfanti confermati». Ora, gli abitanti dell'isola hanno formato

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vari circoli. È possibile che un abitante appartenga a più di un circolo. Dato un qualsiasi abitante X e un qualsiasi circolo G, o A' afferma di appartenere al circolo C, o afferma di non appartenere al circolo C.

Valgono le seguenti quattro condizioni, Ei, Et, C, G.

Ei: L'insieme di tutti i cavalieri confermati forma un circolo.

Ei: L'insieme di tutti i furfanti confermati forma un circolo.

C (condizione dì complementarità): Dato un qualsiasi circolo C, l'insieme di tutti gli abitanti dell'isola che non sono membri di C forma un circolo a sé. (Questo circolo viene chiamato il complemento di C ed è indicato da C).

G (condizione Godeliana): dato un qualsiasi circolo C, c'è almeno un abitante dell'isola che afferma di essere membro di C. (Naturalmente la sua affermazione potrebbe essere falsa: egli potrebbe essere un furfante.)

264 a.

(Da Godei) (i) Provare che c'è almeno un cavaliere non confermato sull'isola, (il) Provare che c'è almeno un furfante non confermato sull'isola.

264 b.

(Da Tarski) (i) L'insieme di tutti i furfanti dell'isola forma un circolo? (Il) L'insieme di tutti i cavalieri dell'isola forma un circolo?

Soluzione al 264b. Se l'insieme dei furfanti avesse formato un circolo, allora almeno uno degli abitanti affermerebbe di essere un furfante, cosa che non potrebbe fare né un cavaliere né un furfante. Quindi l'insieme dei furfanti non forma un circolo.

Se l'insieme dei cavalieri avesse formato un circolo, allora lo avrebbe fatto anche l'insieme dei furfanti (per la condizione C), quindi neanche i cavalieri formano un circolo.

Osservazioni. (2) Il problema 264b permette una soluzione alternativa al problema 264a, che, sebbene non costruttiva, pub essere notevolmente più semplice.

Se ogni: cavaliere fosse confermato, allora l'insieme dei cavalieri coinciderebbe con quello dei cavalieri confermati, ma ciò è impossibile perché l'insieme dei cavalieri confermati forma un circolo (per la

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condizione Ei) ma l'insieme dei cavalieri non forma un circolo (per il problema 264b). Così, l'ipotesi che tutti i cavalieri siano confermati conduce a una contraddizione, quindi ci deve essere almeno un cavaliere non confermato. Analogamente, se ogni furfante fosse confermato, allora l'insieme dei furfanti confermati coinciderebbe con l'insieme dei furfanti, il che non può essere, poiché l'insieme dei furfanti confermati forma un circolo mentre l'insieme dei furfanti non lo forma.

A differenza di questa, la nostra prima dimostrazione ci dice specificamente che chiunque affermi dì non essere un cavaliere confermato deve essere un cavaliere non confermato, e chiunque affermi dì essere un furfante confermato deve essere un furfante non confermato.

(2) la nostra prova che l'insieme dei furfanti non forma un circolo ha utilizzato soltanto la condizione G: le condizioni Ei, E2, e C non erano necessarie. Dunque la condizione G da sola implica che i furfanti non formano un circolo. In effetti, la condizione G è equivalente all'affermazione che i furfanti non formano un circolo. Infatti, supponiamo che l'insieme dei furfanti non formi un circolo; ne possiamo derivare la condizione G nel modo seguente.

Prendiamo un qualsiasi circolo C. Poiché l'insieme dei furfanti non forma un circolo, allora C non è l'insieme di tutti i furfanti. Quindi, o qualche cavaliere fa parte di C, oppure qualche furfante non fa parte dì C. Se qualche cavaliere fa parte di C, egli affermerebbe certamente di far parte di C (perché dice la verità)… Se qualche furfante, non fa parte di C, egli pure, affermerebbe di far parte di C (perché mente). Così, nell'uno 0 nell'altro caso, qualcuno afferma di far parte di C.

265 Le Isole Godeliane in generale.

Consideriamo ora un'arbitraria isola di cavalieri e furfanti con circoli, (Per Isola di cavalieri e furfanti noi vogliamo dire, naturalmente, un'isola abitata esclusivamente da cavalieri e furfanti.) Chiameremo quest'isola un'Isola Godeliana se vi è la condizione G: cioè se, per ogni circolo C, c'è almeno un abitante che afferma di esserne membro.

L'ispettore Craig visitò una volta un'isola di cavalieri e furfanti che aveva circoli. Craig (che, per inciso, è un gentiluomo di grande cultura i cui interessi teoretici sono altrettanto forti quanto quelli pratici) era curioso di sapere se era o no su un'Isola Godeliana. Egli raccolse le seguenti informazioni.

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Ogni circolo prende il nome da un abitante e ogni abitante ha un circolo che prende il nome da lui. Un abitante non è necessariamente membro di un circolo che prende il nome da lui; se lo è, allora viene chiamato associabile, se non lo è, allora viene chiamato non associabile. Un abitante X è chiamato amico di un abitante Y se X testimonia che Y è associabile.

Craig non sapeva ancora se era o no su un'Isola Godeliana. A un certo punto trovò che l'isola soddisfaceva la seguente condizione, che chiameremo condizione H.

H:Per ogni circolo C, esiste un altro circolo D tale che ogni membro di D ha almeno un amico membro di C, ed ogni non membro di D ha almeno un amico, che non è membro di C.

Da questa condizione H, Craig potè capire se quest'isola era Godeliana. Lo è o no?

Soluzione. Sì, lo è. Prendiamo un qualsiasi circolo C, Sia D un circolo dato dalla condizione H. Questo circolo D prende il nome da qualcuno, diciamo John.

O John appartiene al circolo D oppure no.

Supponiamo che vi appartenga. Allora egli ha un amico, chiamiamolo Jack, nel circolo C che testimonia che John è associabile, Poiché John appartiene al circolo D, allora John è veramente associabile, quindi Jack è un cavaliere.

Così, Jack è un cavaliere che appartiene al circolo C, e pertanto Jack

affermerà di appartenere al circolo C.

Supponiamo che John non appartenga al circolo D. Allora John ha un amico, chiamiamolo Jim, che non è membro di C, e Jim afferma che John, è associabile.

Poiché, John non è membro del circolo D, allora John è in realtà non-associabile, quindi Jim è un furfante. Così Jim è un furfante che non appartiene al circolo C, quindi Jim mentirebbe e affermerebbe di appartenere al circolo C.

Così, sia che John appartenga al circolo D,.sia che non vi appartenga, c'è un abitante che afferma di essere un membro del circolo C.

Osservazioni. Combinando i risultati di 264 e 265, vediamo che data una

qualsiasi isola soddisfacente, le condizioni E.t, Ei, C, e H, ci devono essere, sull'isola sia un cavaliere non confermato, sia un furfante non

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confermato.

Questo risultato e in effetti una forma mascherata del famoso teorema di incompletezza di Godei che noi riesamineremo nella Sezione C di questo capitolo.

Per inciso, se desideraste provare un problema veramente duro con uno dei vostri amici, dategli solo un'isola con le condizioni Ei, xLi, C, e H

(senza citare G), e sottoponetegli il problema 264. Sarebbe interessante vedere se ne ricava la condizione G da solo.

B. Isole Doppiamente Gòdeliane

I problemi di questa sezione sono di interesse più specializzato e potrebbero utilmente essere portati dopo la Sezione C.

Per «isola doppiamente Gòdeliana» intendiamo un'isola di cavalieri e furfanti con circoli tale che sia soddisfatta la seguente condizione GG.

GG: dati due qualsiasi circoli Ci, C2, ci sono degli abitanti A, B tali che A afferma che B è membro di G e B afferma che A è membro di Ci.

Per quel che ne so, la condizione GG non implica la condizione G, né la

condizione G implica, la condizione GG: sembrano essere dei tutto indipendenti.

Così (per quel, che ne so) un'isola Doppiamente Gòdeliana non è necessariamente un'isola Gòdeliana.

L'argomento delle isole Doppiamente Gòdeliane è uno dei miei hobby preferiti. I problemi che implicano stanno rispetto al «Paradosso del Foglio di Jourdain» (vedere il problema 254 del capitolo precedente) nello stesso rapporto in cui il problema delle isole Gòdeliane sta rispetto al paradosso del bugiardo.

266 L'Isola Doppiamente Gòdeliana S.

Una volta ebbi la fortuna di scoprire un'isola Doppiamente Gòdeliana S in cui le condizioni Ei, Ei, e C dell'isola G erano tutte valide.

(a) Si può determinare se c'è un cavaliere non confermato su S? E un furfante non confermato?

(b) Si può determinare se i cavalieri dell'isola S formano un circolo? E

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l'insieme dei furfanti?

Soluzione. Consideriamo innanzi tutto la parte (b). Se l'insieme dei cavalieri forma un circolo, allora lo forma anche l'insieme dei furfanti (per la condizione Q), e se l'insieme dei furfanti, forma un circolo, lo forma anche l'insieme dei cavalieri (di nuovo per la condizione C). Così se l'uno o l'altro di questi due insiemi formasse un circolo, lo formerebbero entrambi. Ebbene, supponiamo che lo formino entrambi. Allora, per la condizione GG, ci devono essere degli abitanti A, B che fanno le seguenti affermazioni:

A: B è un furfante. B: A è un cavaliere.

Questa situazione è impossibile, come abbiamo dimostrato nella soluzione del problema 259 nel capitolo precedente. la conclusione, quindi, è che né l'insième dei cavalieri, né l'insieme dei furfanti può formare un circolo.

Per quanto riguarda la parte (a) noi la possiamo risolvere in due modi: il primo è più semplice, avendo già noi risolto la parte (b), ma il secondo è più istruttivo.

Primo metodo: poiché l'insieme dei cavalieri non forma un circolo e l'insieme dei cavalieri confermati lo forma, allora ì due insiemi sono diversi, quindi non tutti i cavalieri sono confermati. Lo stesso vale per i furfanti.

Secondo metodo: poiché l'insieme dei cavalieri confermati forma un circolo, lo forma anche l'insieme di tutti gli abitanti che non sono cavalieri confermati.

Considerando questi due circoli come Ci, Ci, noi abbiamo (per la condizione GG) degli abitanti A, B che fanno le seguenti affermazioni:

A: B è un cavaliere confermato.

B: A non è un cavaliere confermato.

Lasciamo al lettore il compito di verificare che almeno uno dei due A, B deve essere un cavaliere non confermato (più specificamente, se A è un cavaliere allora non è un cavaliere confermato, e se A è un furfante allora B deve essere un cavaliere non confermato). Il fatto interessante è che sebbene noi sappiamo che uno dei due, A o B, è un cavaliere non confermato, non abbiamo idea di quale dei due sia. (La situazione è esattamente quella del problema 134, il problema del doppio scrigno di Bellini e. Cellìni: uno degli scrigni deve essere di Bellini, ma non c'è modo

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dì sapere quale.)

Analogamente poiché i furfanti confermati formano un circolo, lo forma anche l'insieme dì tutti gli abitanti che non sono furfanti confermati. Quindi (di nuovo per GG) ci devono essere due abitanti A, B che dicono:

A: B è un furfante confermato.

B: A non è un furfante confermato.

Da ciò segue che se B è un furfante, allora è un furfante non confermato, e se B è un cavaliere, allora A è un furfante non confermato (dì nuovo lasciamo la prova al lettore), così, nell'uno o nell'altro caso, o A o B è un furfante non confermato, ma non sappiamo quale dei due lo sia. (Questo problema è lo stesso del problema 135, del doppio scrigno di Bellini e Cellini.)

267 L'Isola S1.

Una volta scoprii un'altra isola Doppiamente Godeliana S1 che mi incuriosì ancor più. Le condizioni Ei, Ei sono entrambe valide per quest'isola, ma non si sa se la condizione C sia valida o no. (Ricordiamo che la condizione C è quella per cui dato un qualsiasi circolo C, l'insieme delle persone che non appartengono a C forma un circolo.)

Sembra impossibile provare che c'è un cavaliere non confermato sull'isola S1 o provare che c'è un furfante non confermato. Sembra anche impossibile provare che i cavalieri non formano un circolo, o provare che i furfanti non formano un circolo. Tuttavia, ciò che segue può essere provatela) Dimostrare che c'è o un cavaliere non confermato o un furfante non confermato sull'isola.

(b) Dimostrare che è impossibile che sia i cavalieri che i furfanti formino un circolo.

Soluzione. Innanzitutto risolveremo (b). Supponiamo che i cavalieri formino un circolo e che i furfanti ne' formino, un altro. Allora ci sarebbero degli abitanti A, B tali che A afferma che B è un furfante e B afferma, che A è un cavaliere, cosa che noi sappiamo essere impossibile (vedi il problema precedente, o il problema 259 del capitolo precedente). Così, è impossibile che i cavalieri formino un circolo ed anche ì furfanti formino un circolo: o i cavalieri non formano un circolo oppure i furfanti non formano un circolo. Se i cavalieri non formano un circolo, allora deve esserci un cavaliere non confermato (poiché i cavalieri confermati formano

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effettivamente un circolo); se i furfanti non formano un circolo, allora deve esserci un furfante non confermato. Ma non possiamo dire quale dei due casi valga. Dunque ciò dimostra anche (a).

Un metodo alternativo (e più interessante) per provare che vi è o un cavaliere non confermato d un furfante non confermato è questo:

Poiché i cavalieri confermati formano un circolo e i furfanti confermati formano un circolo, allora vi sono degli abitanti A, B che dicono:

A: B è un furfante confermato. B: A è un cavaliere confermato.

Supponiamo che A sia un cavaliere. Allora la sua affermazione è vera, quindi B è un furfante confermato o l'affermazione di B è falsa, quindi A non è un cavaliere confermato. "Perciò, in questo caso, A è un cavaliere non confermato.

Se A è un furfante, allora l'affermazione di B è falsa, perciò B è un furfante.

Anche L’affermazione di A è falsa, così B non è un furfante confermato. Perciò in questo caso B è un furfante non confermalo. Perciò o A è un cavaliere non confermato o B è un furfante non confermato (ma anche questa volta non sappiamo quale dei due casi valga).

Questo problema di nuovo è simile a uno dei problemi dei doppi scrigni (n.\136, cap. 9) nel quale uno dei due scrigni (non sappiamo quale) fu fatto da Bellini o da Cellini (ma ancora una volta non sappiamo da chi).

268 Alcuni problemi non risolti.

Ho pensato ad alcuni problemi concernenti le isole Gòdeliane e Doppiamente Godeliane che non ho cercato di risolvere; penso che potrebbe essere divertente per il lettore mettere alla prova le proprie capacità affrontando un po' di lavoro originale.

268 a.

Ho affermato che, per quel che ne so, nessuna delle due condizioni G, GG implica l'altra. Potete dimostrare che la mia congettura è corretta? (Oppure smentirla, ma penso che questo sia molto improbabile.) Per farlo dovete costruire un'isola in cui vale G, ma non GG, e costruire un'isola in cui vale GG, ma non vale G.

Per costruire un'isola io intendo specificarne tutti gli abitanti, quindi

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specificare quali sono cavalieri t quali furfanti, e quali insiemi di persone formano circoli e quali no. (Quali, cavalieri e furfanti sono confermati non ha nessuna importanza in questo problema.)

268 b.

Potete confermare (o smentire) la mia congettura:che sull'isola S1 non è detto che ci sia un cavaliere non confermato e non è detto che ci sia un furfante, non confermato (sebbene, naturalmente, debba esservi l'uno o l'altro)? Cioè, potete costruire un'isola che soddisfi Ei, Ez, e GG in cui ci siano, cavalieri, ma non cavalieri non confermati? Potete costruirne una in cui vi siano furfanti, ma non furfanti non confermati?' (Questa volta, nel costruire queste isole, dovete specificare non soltanto i cavalieri, i furfanti, i circoli, ma anche quali cavalieri e quali furfanti sono confermati,).

268 c.

Supponendo che tutte queste isole possano essere costruite (del che io sono moralmente certo, anche se non l'ho verificato), in ciascun caso, qual è il numero minimo di abitanti che l'isola deve avere? Potete provare in. Ciascun caso che non può averne un numero minore?

C. Il teorema di Godei

269 Questo sistema è completo?

Un certo logico tiene un libro chiamato Il Libro delle Proposizioni. Le pagine del libro sono numerate progressivamente, e ogni pagina contiene esattamente una proposizione. Nessuna proposizione compare su più di una pagina. Data una proposizione X, il numero della pagina su. cui è scritta si chiama numero dì pagina di X. Ogni proposizione del libro è, naturalmente, o vera o falsa.

Alcune delle proposizioni vere sono di per sé evidenti per questo logico, ed egli ha preso queste proposizioni evidenti come assiomi del suo sistema logico. Questo sistema contiene anche alcune regole di ragionamento che gli permettono di dimostrare vere varie proposizioni vere a partire dagli assiomi, e di dimostrare false varie proposizioni false. Il logico è fiducioso che il suo sistema è corretto, nei senso che ogni proposizione. che può essere verificata nel sistema è in effetti una proposizione vera, e ogni proposizione che può essere confutata nel sistema è una proposizione

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falsa; ma è incerto se il suo sistema sia completo, nel senso che tutte le proposizioni vere possono essere dimostrate vere e tutte quelle false possono essere dimostrate false. È possibile dimostrare nel suo sistema la verità di tutte le proposizioni vere? È possibile dimostrare nel suo sistema la falsità di tutte le proposizioni false?

Queste sono le domande alle quali il logico desidererebbe avere una risposta.

Ebbene, il logico ha anche un secondo libro chiamato Il Libro degli Insiemi.

Anche questo libro ha le pagine numerate progressivamente, e ogni pagina contiene la descrizione di un. insieme di numeri. (Usiamo il termine «numeri» per indicare i numeri interi positivi 1, 2, 3, …, n, …) Chiameremo insieme elencato un qualsiasi insieme di numeri che è descritto in qualche punto di questo libro.

Dato un numero qualsiasi n: può accadere che l'insieme elencato a pagina n (del Libro degli Insiemi) contenga n stesso come suo elemento; in questo caso diremo che n è un numero straordinario. Inoltre, dati due numeri qualsiasi n, h diremo che h è un associalo di n se la proposizione a pagina h (del Libro delle Proposizioni) afferma che n è straordinario. Sappiamo che le seguenti quattro condizioni sono valide:

Ew L'insieme dei numeri di pagina di tutte le proposizioni dimostrabili vere è un insieme elencato.

Ej: L'insieme dei numeri di pagina di tutte le proposizioni dimostrabili false è un insieme elencato.

C: Per ogni, insieme elencato A, l'insieme A di tutti i numeri non contenuti in A è un insieme elencato.

E: Dato un qualunque insieme elencato A, esiste un altro insieme elencato B tale che ogni numero di B ha un associato in A, e ogni numero fuori di B ha un associato fuori di A.

Queste quattro condizioni sono sufficienti per rispondere alle domande del logico: è possibile dimostrare nel sistema la verità di tutte le proposizioni vere? È possibile dimostrare nel sistema la falsità di tutte le proposizioni false? Può inoltre essere determinato se l'insieme dei numeri di pagina di tutte le proposizioni vere è un insieme elencato, e se l'insieme dei numeri di pagina di tutte le proposizioni false è un insieme elencato. Come può essere fatto ciò?

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Soluzione. Questo equivale ai problemi dell'isola Godeliana della Sezione A in veste diversa. In questa versione i numeri di pagina delle proposizioni vere corrispondono ai cavalieri; quelli delle proposizioni false, ai furfanti; quelli delle proposizioni verificabili, ai cavalieri confermati; quelli delle proposizioni confutabili, ai furfanti confermati. Gli insiemi elencati corrispondono ai circoli. Il concetto di insieme elencato su una pagina che ha un certo numero corrisponde a un circolo che prende il nome da un dato abitante; quindi i numeri straordinari corrispondono alle persone associabili, e il concetto di «associato» corrisponde a quello di «amico».

La prima cosa che dobbiamo fare per risolvere il problema di adesso è dimostrare che vale l'analogo della condizione G, che è questo:

Condizione G: per ogni insieme elencato A, esiste una proposizione che è vera se e solo se il suo numero di pagina è contenuto in A.

Per provare la condizione G, prendete un qualsiasi insieme elencato A. Sia B un insieme dato dalla condizione H; sia "ti il numero di una pagina su cui è elencato B. Per la condizione H, se ti è contenuto in B, allora n ha un associato li in A; se n non è contenuto in B, 'allora n ha un associato h fuori di A. Asseriamo che la proposizione X a pagina h è la proposizione che cerchiamo.

La proposizione X dice che ti è straordinario; in altre parole, che n è contenuto in B (poiché B è l'insieme elencato a pagina ti). Se X è vera, allora n è realmente contenuto in B, quindi li è contenuto in A. Così se X è vera, allora il suo numero di pagina h e contenuto in A. Supponiamo che X sia falsa.

All'ora ti non è contenuto in B, quindi h sta fuori di A. Così X è vera se e solo se il suo numero di pagina è contenuto in A.

Dimostrata la condizione G, si può ora facilmente rispondere alle domande del logico: abbiamo che l'insieme A dei numeri di pagina dì tutte le proposizioni verificabili è un insieme elencato, quindi, per la condizione C, lo è anche l'insieme A di tutti i numeri che non sono numeri di pagina di proposizioni verificabili; quindi, (per la condizione G), vi è una proposizione X che è vera se e solo se il numero di pagina di X appartiene ad A. Ora, dire che il numero di pagina di X appartiene ad A significa dire che il numero di pagina di X non appartiene ad A, il che equivale a dire che X non è verificabile (poiché A è formato dai numeri di pagina di quelle proposizioni che sono verificabili);

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Così X è vera se e solo se X non è verificabile. Ciò significa che o X è vera e non verificabile, oppure X è falsa ma verificabile. Ma sappiamo che nessuna proposizione falsa è verificabile nel sistema, quindi X (leve essere vera ma non verificabile nel sistema.

Quanto ad ottenere una proposizione falsa che non è confutabile, sia ora A l'insieme dei numeri di pagina di tutte le proposizioni che sono confutabili.

Applicando la condizione G, otteniamo una proposizione Y che è vera se e solo se il suo numero di pagina è il numero di pagina dì una proposizione confutabile, in altre parole, Y è vera se e solo se Y è confutabile. Questo significa che o Y è vera e confutabile, oppure falsa e non confutabile. la prima possibilità è da escludere, poiché nessuna proposizione confutabile è vera; quindi Y deve essere falsa ma non confutabile nel sistema.

Quanto alle altre domande, se l'insieme dei numeri di pagina di tutte le proposizioni false, fosse un insieme elencato, allora esisterebbe una proposizione Z che è vera se e solo se il suo numero di pagina è quello di una proposizione falsa, in altre parole, Z sarebbe vera se e solo se fosse falsa, e ciò è impossibile. (Sarebbe come la proposizione; «Questa proposizione è falsa»,) Quindi l'insieme dei numeri di pagina di tutte le proposizioni false, non è un insieme elencato. Quindi, per la condizione G, nemmeno l'insieme dei numeri di pagina delle proposizioni vere è un insieme elencato.

270 Il Teorema di Godei.

L'ultimo problema è in realtà una forma del famoso Teorema di Incompletezza di Godei.

Nel 1931 Kurt Godei uscì con la sorprendente scoperta che, in un certo senso, la verità matematica non può essere completamente formalizzata. Egli dimostrò che, per una grande varietà di sistemi, matematici (sistemi che soddisfano certe condizioni molto ragionevoli) vi debbono essere sempre proposizioni che, sebbene vere, non possono essere dimostrate vere a partire dagli assiomi del sistema!

Così, nessun sistema formale di assiomi, per quanto ingegnosamente costruito, è in grado di dimostrare tutte le verità matematiche. Inizialmente Godei dimostrò questo risultato per il celebre, sistema Principia Mathematica di WrIltehead e Russell, ma, come ho eletto, la dimostrazione

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vale per molti sistemi diversi. In tutti questi sistemi vi è un insieme ben definito di espressioni chiamate proposizioni e una classificazione di. tutte le proposizioni in proposizioni vere e proposizioni false. Alcune proposizioni vere sono prese come assiomi de sistema, e vengono; date precise regole di inferenza che permettono di dimostrare che certe proposizioni sono vere e che certe altre sono false. Oltre alle proposizioni, il sistema contiene nomi di vari insiemi di numeri (interi, positivi). Ogni insieme di numeri che ha un nome nel sistema può essere chiamato' un insieme nominabile o definibile del sistema (questi sono gli insiemi che abbiamo chiamato insiemi «elencati» nel problema precedente).

Ora. Il fatto interessante è che è possibile numerare tutte le proposizioni ed elencare tutti gli insiemi definibili secondo un ordine tale che valgano le condizioni Ei, Ei, C, e H del nostro problema. (Il numero assegnato a ogni proposizione, che abbiamo chiamato il «numero di pagina», è chiamato tecnicamente numero di Godei della proposizione.) Stabilire le condizioni C e H è realmente una cosa molto semplice, ma. stabilire le condizioni Ei e Et. è una questione molto lunga, sebbene elementare in linea di principio (*). In ogni caso, una volta stabilite queste quattro condizioni, esse conducono alla costruzione di una proposizione che è vera ma non verificabile nei sistema.

La proposizione X in questione può essere pensata come una di quelle che asseriscono la propria indimostrabilità; tale proposizione deve essere in effetti vera, ma non dimostrabile (esattamente come una persona sull'isola G che afferma di non essere un cavaliere confermato deve, in effetti, essere un cavaliere, ma non un cavaliere confermato).

Si può sollevare la seguente domanda: poiché della proposizione X di Godei (che afferma; la propria indimostrabilità) si sa che è vera, perché non aggiungerla come ulteriore assioma al sistema? Ebbene, naturalmente ciò può essere fatto, ma allora anche il sistema allargato che ne risulta, soddisfa le condizioni Ei, Ei, C, e H: quindi si può ottenere un'altra proposizione Xi che nel sistema allargato è insieme vera e non verificabile. Così, nel sistema allargato, si possono verificare più proposizioni vere che nel vecchio sistema, ma nemmeno questa volta tutte le proposizioni vere sono verificabili.

Si potrebbe osservare che la mia presentazione del metodo di Godei si allontana notevolmente da quella originale di Godei: principalmente per il fatto che impiega la nozione di. verità, cosa che Godei non fa. In effetti, il teorema di Godei, nella sua forma originale, non dice che esiste una

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proposizione vera ma non dimostrabile, ma piuttosto che sotto certe ragionevoli ipotesi sul sistema, deve esistere una proposizione (che effettivamente viene mostrata da Godei) di cui non si può dimostrare né la verità né la falsità all'interno del sistema.

Una stretta formalizzazione del concetto di verità è stata fatta dal logico Alfred Tarski, il quale ha dimostrato che, per questi sistemi, l'insieme dei numeri di Godei delle proposizioni vere non è definibile nel sistema. Ciò viene talvolta parafrasato: «Per sistemi di forza sufficiente, la verità delle

proposizioni del sistema non è definibile all'interno del sistema».

(*) Per quanto riguarda k condizione H, per ogni numero «vi è una proposizione che asserisce' che n è. straordinario; questa proposizione (come ogni altra proposizione) ha vin numero di ' Godei, chiamiamolo n*. Bene, risulta che per ogni insieme definibile A, è definibile anche l'insieme B di tutti i numeri «tali che n* sia in A. Poiché n* è un associato di n, la condizione H è soddisfatta.

271 Ultime parole

Consideriamo il seguente paradosso:

QUESTA PROPOSIZIONE NON PUÒ ESSERE DIMOSTRATA VERA

Il paradosso è questo: se la proposizione è falsa, allora è falso che non può essere dimostrata vera; quindi può essere dimostrata, il che significa che deve essere vera. Così, se è falsa, abbiamo una contraddizione, quindi deve essere vera.

Ora, abbiamo appena dimostrato che la proposizione è vera. Poiché la proposizione è vera; allora è vero ciò che afferma, il che significa che non può essere dimostrata vera. Ma allora come mai ho appena dimostrato che è vera?

Cos'è' che non va nel ragionamento precedente? Il vizio sta nel fatto che il concetto di dimostrabile non è ben definito. Uno degli scopi principali della «Logica Matematica» è quello' di rendere preciso il concetto di dimostrazione:. In ogni caso, non è stato ancora dato, un concetto pienamente rigoroso di dimostrazione in. senso assoluto; si parla piuttosto di dimostrabilità all'interno di un sistema dato. Supponiamo ora di avere un sistema, diciamo S, in cui il concetto, di dimostrabilità all'interno del sistema S sia chiaramente definito. Supponiamo inoltre che il sistema S sia orretto, nel senso che qualsiasi cosa dimostrabile come vera all'interno del

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sistema è effettivamente vera. Consideriamo ora la seguente proposizione:

QUESTA PROPOSIZIONE NON È DIMOSTRABILE COME VERA NEL SISTEMA S

Adesso non c'è nessun paradosso, ma piuttosto una verità interessante. la verità interessante è che la precedente proposizione deve essere una proposizione vera la cui verità non è dimostrabile nel sistema S. È, in effetti, una rozza formulazione della proposizione X di Godei, che può essere considerata come proposizione che asserisce la propria indimostrabilità, non in senso assoluto, ma solamente all'interno del sistema dato.

Io potrei dire qualcosa anche sulla condizione «doppiamente Godeliana»,che ho analizzato nella sezione B. Il fatto è che i vari sistemi per cui vale il risultato, di Godei sono non soltanto quelli «Gòdeliani», nel senso che, dato un qualsiasi insieme definibile A, esiste una proporzione che è vera se e solo se il suo numero di Godei appartiene ad A, ma anche quelli che io chiamerei «doppiamente Godeliani»: con cui intendo che, dati due insiemi definibili qualsiasi, A e B, esistono delle proposizioni X &Y, tali che X è vera se e solo se il numero di Go di Y è contenuto in A, e Y vera se e solo se il numero di Godei gli è contenuto in B. Da ciò (usando le condizioni Ei, Et e C) è possibile costruire una coppia X, Y tale che X affermi che la verità di Y dimostrabile.(quel che io intendo che X è vera se e solo se la verità Eì è dimostrabile), e Y afferma che la verità di X non è dimostrabile; x di esse'(non sappiamo quale) deve essere vera ma la sua verità è dimostrabile. Oppure possiamo costruire una coppia X/ Y tale che affermi che la falsità di Y è dimostrabile e Y affermi che la falsità dì non è dimostrabile: da cui segue che almeno una di esse (non sappia: quale) deve essere falsa ma la sua falsità non dimostrabile. O ano (anche senza usare la condizione C) possiamo costruire una coppia X, tale che X affermi che la verità di Y. è dimostrabile, e Y affermi che falsità di X è dimostrabile: una di esse (non sappiamo quale) o évi e la sua verità non è dimostrabile, oppure falsa e la sua falsità non dimostrabile (ma, ancora una volta, non sappiamo quale dei casi valga).

Ah, un'ultima cosa, prima che mi dimentichi: qual'è il titolo di quel libro?

Appunto: «Qual'è il titolo di questo Libro?»