Raymond Chandler - Addio, Mia Amata

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RAYMOND CHANDLER ADDIO, MIA AMATA (Farewell, My Lovely, 1940) CAPITOLO I Mi trovavo nei pressi di uno di quei casamenti della Central Avenue non ancora completamente invasi dai negri. Ero appena uscito da un negozietto di barbiere dove, secondo un'agenzia, avrebbe dovuto trovarsi un certo Dimitrios Aleidis, lavorante barbiere. La moglie di Dimitrios Aleidis aveva dichiarato d'essere disposta a spendere qualche soldo perch lui tornasse a casa. Non lo trovai mai. Del resto dalla signora Aleidis non ebbi mai un quattrino. La giornata aveva un tepore di fine marzo. Me ne stavo sulla soglia del negozio di barbiere e guardavo l'insegna al neon del Florian, un locale al secondo piano, mezzo trattoria e mezzo bisca. Anche un altro guardava quell'insegna. Fissava, anzi, quelle finestre polverose, con l'espressione estatica degli emigranti miserabili che arrivano in America e vedono per la prima volta la Statua della Libert. Era un uomo grande e grosso, non pi alto tuttavia di un metro e novantacinque e non pi largo di un barile di birra. Si trovava a due o tre metri di distanza da me. Le braccia gli ciondolavano inerti sui fianchi e un sigaro gli fumava fra le dita enormi, ormai dimenticato. Negri smilzi e tranquilli passavano su e gi per la strada e gli gettavano occhiate rapide e furtive. Egli meritava d'esser guardato: portava un cappello floscio felpato, giacca grigia sportiva con bianche palle da golf invece di bottoni, camicia scura, cravatta gialla, calzoni di flanella grigia e scarpe di coccodrillo con decorazioni bianche sulla punta. Dal taschino della giacca zampillava un fazzoletto, giallo vivo come la cravatta. Nel nastro del cappello erano infilate un paio di piume colorate, di cui non si sentiva alcun bisogno. Anche nella Central Avenue, che non certo la strada pi tranquilla del mondo in fatto di vestiti, quell'uomo aveva un'aria fuori posto come una tarantola su un abito bianco da sposa. Era pallido e aveva bisogno di radersi. Sembrava uno che avesse sempre avuto bisogno di radersi. I capelli neri erano ricci; e le spesse sopracciglia quasi si univano sopra il largo naso mentre le orecchie erano troppo piccole e delicate, per una persona di quelle dimensioni. Gli occhi lucidi pare-

vano quasi sul punto di versar lacrime, come spesso capita agli occhi grigi. L'uomo se ne stava l immobile come una statua. Dopo un po' sorrise. Lentamente si spost sul marciapiede e raggiunse la porta automatica della scala che portava al secondo piano. L'apri, dette un'occhiata priva d'espressione alla strada, da una parte e dall'altra, ed entr. Se fosse stato pi piccolo, o vestito in modo pi modesto, avrei potuto anche pensare che entrasse a fare qualche pasticcio. Ma mica potevo pensarlo, con quel vestito, quel cappello, e quella corporatura. La porta torn indietro da sola, oscill, si ferm quasi. Prima di essersi fermata del tutto, torn ad aprirsi, con violenza, verso l'esterno. Qualcosa vol sul marciapiede atterrando in mezzo alla strada fra due automobili ferme. Cadde sulle mani e sulle ginocchia, facendo un rumore stridulo, come un topo che squittisce in trappola. Si alz lentamente, ricuper il cappello e riguadagn il marciapiede. Era un negro giovane e magro, dalle spalle strette. Portava un vestito viola e un garofano all'occhiello. Aveva i capelli neri lisci. Rimase a bocca aperta, lagnandosi per qualche minuto. La gente lo guard senza troppo interesse. Allora lui traballando si calc in testa il cappello, e si allontan lentamente sotto il muro, camminando sui piedi piatti. Il silenzio ritorn. Il via-vai riprese normale. Io mi accostai a quella porta per osservarla. Ora era immobile. Non era cosa che mi riguardasse. Tuttavia aprii la porta e guardai dentro. Una mano sulla quale avrei potuto sedermi usc dalla penombra, mi afferr una spalla e me la strizz come un limone. Poi mi trascin dentro la porta e mi sollev per farmi salire un gradino. La grande faccia mi guard. Una voce bassa e dolce mi disse con calma: Pieno di negri, qui dentro. Buono a sapersi, no?. C'erano buio e calma. Dall'alto giungeva un vago rumore di umanit; ma noi eravamo soli sulle scale. Il gigante mi fiss con solennit e continu a rovinarmi la spalla con la mano. Uno scarafaggio disse. L'ho sbattuto fuori. Hai visto come l'ho sbattuto fuori?. Lasci andare la mia spalla. L'osso non sembrava rotto, ma io avevo tutto il braccio indolenzito. un posto cos, feci io massaggiandomi la spalla. Come ti aspettavi che fosse?. Oh, non parlare cos, rispose con dolcezza l'uomo, col tono di una tigre sazia. Qui lavorava Velma, la piccola Velma.

Di nuovo mi afferr la spalla. Tentai di sottrarmi, ma lui fu lesto come un gatto. Riprese a strizzare i miei muscoli con dita di ferro. Gi fece. La piccola Velma. Non la vedo da otto anni. Tu dici che questo un locale di negri?. Io gemetti di s. Il gigante mi fece salire altri due scalini. Cercai di divincolarmi e di muovere un po' le mani. Non avevo la rivoltella. Per andare in cerca di Dimitrios Aleidis non m'era sembrato che servisse. A che mi sarebbe servita ora se l'avessi avuta? Il gigante era capace di portarmela via e mangiarsela. Va' un po' a vedere tu stesso, dissi, sforzandomi di mascherare il tono di agonia della mia voce. Di nuovo mi lasci andare. Mi guard con una specie di tristezza negli occhi grigi. Io sono di buon umore, rispose. Mica voglio litigare con nessuno. Saliamo su insieme e magari beviamo un bicchiere. Non te lo daranno. Ti ho gi detto che un posto per gente di colore. Sono otto anni che non vedo Velma, fece con quella sua voce bassa e triste. Otto lunghi anni che le ho detto ciao. Da sei anni non mi scrive. Avr avuto le sue ragioni. Lavorava qui. Bellissima era. Saliamo su insieme?. Va bene, gridai. Salgo. Salgo. Soltanto piantala di portarmi e lasciami camminare. Sono grande, so camminare, vado al gabinetto da solo, eccetera. Capito?. La piccola Velma lavorava qui, disse lui dolcemente. Non mi ascoltava. Salimmo su. Mi lasci camminare da solo. Avevo la spalla che mi faceva male e tutto il collo sudato. CAPITOLO II In cima alla scala c'era un'altra porta automatica. L'omone la spalanc coi pollici ed entrammo. Era una stanza lunga e stretta, non troppo pulita, n luminosa n allegra. In un angolo un gruppo di negri chiacchierava e cantava dentro il cono di luce che sovrastava un tavolo da gioco. Lungo la parete di destra c'era il banco del bar. Pochi avventori, uomini e donne, tutti negri. Il canto al tavolo da gioco s'interruppe e la lampada in quell'angolo si

spense. Ci fu un silenzio improvviso, pesante come una barca piena d'acqua. Alcuni occhi ci fissarono, occhi color castagna, piazzati su facce che andavano dal grigio al nero assoluto. Alcune teste si voltarono lentamente, gli occhi di quelle teste luccicarono, ci fissarono, nel silenzio mortale e straniero di un'altra razza. A un'estremit del bar stava appoggiato un negro robusto, dal collo di toro, con elastici rosa attorno alle maniche della camicia e un paio di bretelle bianche e rosa che gli s'incrociavano sulla schiena larga e robusta. Era un bullo, si vedeva subito. Pos lentamente il piede che teneva sollevato, si volt pian piano a fissarci, divaricando con calma le gambe e passandosi la grossa lingua sulle labbra. Aveva una faccia devastata, che pareva fosse stata colpita dagli oggetti pi diversi. Era appiattita e gonfia, rivoltata e rinsecchita, piena di cicatrici e ricordi vari. Era una faccia che non aveva da temere nulla. Le avevano gi fatto tutto quello che si pu immaginare. I capelli corti e crespi avevano una sfumatura grigia. Una delle orecchie era senza lobo. Era un negro robusto e ben piantato. Aveva gambe forti e leggermente arcuate, cosa insolita in un negro. Mosse ancora la lingua, sorrise, poi mosse il corpo. Si avvicin a noi con una guardia sciolta da lottatore. Il gigante lo attese in silenzio. Il negro con gli elastici rosa al braccio pos una grossa mano scura sul petto dell'omone. Grande com'era, essa sembrava una morsa. Il gigante non si mosse. Il bullo sorrise in modo compito. Niente bianchi, fratello. Solo gente di colore. Spiacente. Il gigante mosse gli occhietti grigi e tristi. Osserv la stanza. Le guance gli diventarono un po' rosse. Tana di scarafaggi, disse con collera, sottovoce. Poi alz la voce. Velma dov'? chiese al bullo. Il bullo non rise subito. Osserv il vestito del gigante, la camicia scura e la cravatta gialla, la giacca grigia sportiva con le palle da golf. Mosse il capo con tutta calma e studi tutto questo da diversi angoli. Poi guard, in basso, verso le scarpe di coccodrillo. In ultimo ridacchi. Sembrava divertito. A me dispiacque un po' per lui. Di nuovo parl, con voce dolce. Velma, dici? Chi Velma? Niente Velma qui, fratello bianco. Niente ragazze e niente di niente. Capito, bianco?. Velma lavorava qui, conferm il gigante. Parlava come in sogno, come se fosse a passeggio da solo in un bosco, occupato a cogliere margheritine. Io tirai fuori il fazzoletto e di nuovo mi asciugai dietro il collo. Il bullo all'improvviso scoppi a ridere. Sicuro, disse, e gett una ra-

pida occhiata al suo pubblico dietro le spalle. Come no, aggiunse. Velma lavorava qui. Ma non lavora pi qui, Velma. andata in pensione. Ah, ah, rise. Levami questa mano merdosa dalla mia camicia, disse il gigante. Il bullo corrug la fronte. Non era abituato a sentirsi parlare cos. Tolse dalla camicia la mano e la chiuse in un pugno che aveva le dimensioni e il colore di una noce di cocco. Aveva il suo mestiere e la reputazione della sua durezza di bullo da difendere, il suo prestigio da salvare di fronte agli altri. Doveva tener conto di queste cose. Ne tenne conto per un secondo e commise uno sbaglio. Tir un pugno forte, veloce, con uno scatto improvviso dell'avambraccio colp il gigante alla mascella. Tutta la stanza trattenne il fiato. Era un buon colpo. La spalla e tutto il corpo seguirono il pugno. C'era un bel po' di peso in quel colpo, e l'uomo che l'aveva tirato dimostrava un certo allenamento. Il gigante non spost la testa di un centimetro. Non cerc di schivare il colpo. Lo incass, si scroll lievemente, emise un grugnito tranquillo e afferr il bullo alla gola. Il bullo tent di colpirlo con una ginocchiata all'inguine. Il gigante lo sollev in aria e divaric le gambe, piantando solidamente quelle scarpe incredibili sul pavimento di linoleum. Obblig il bullo a voltarsi e infil la mano destra nella sua cintura. La cintura si spezz come la stringa di una scarpa. Il gigante appoggi la mano enorme alla Schiena del bullo e spinse. Lo proiett, mentre ancora barcollava e dimenava le braccia, dall'altra parte della stanza. Tre uomini fecero un salto per togliersi di mezzo. Il bullo croll insieme a un tavolo, finendo contro la parete con uno schianto che si dovette sentire fino a Denver. Dimen le gambe, poi rimase immobile. C' della gente, dichiar il gigante, la quale sbaglia quando crede che il momento di fare i bulli. Si rivolse a me. Vieni, disse. Beviamo qualcosa. Ci avvicinammo al bar. Gli avventori, prima uno, poi due, poi tutti, diventarono ombre tranquille che scivolano silenziose sul pavimento e fuori della porta. Silenziose come ombre sull'erba. Non lasciavano nemmeno che la porta si chiudesse da s. Ci appoggiammo al banco del bar. Whisky liscio, disse il gigante. Tu che prendi? chiese. Liscio anch'io, dissi. Prendemmo due lisci. Il gigante guard impassibile il suo whisky nel grande bicchiere dal fon-

do piatto. Fiss con solennit il barista, un negro in giacca bianca, che aveva una faccia preoccupata e si agitava come se i piedi gli facessero male. Sai dov' Velma, tu? chiese. Velma chi, signore?, il barista gemette. Mai vista qui ultimamente. Proprio mai vista, signore. Da quanto tempo sei qui?, il gigante domand. Ecco, disse il barista. Pos il tovagliolo e corrugando la fronte cominci a contare sulle dita. Saranno dieci mesi, mi pare. Sar un anno. Sar.... Deciditi, disse il gigante. Il barista ebbe un singulto e il suo pomo d'Adamo vag sperduto come un pulcino senza testa. Da quanto tempo questa stiva diventata una tana di scarafaggi? chiese il gigante. Come, signore?. Il gigante strinse il pugno e il bicchiere di whisky scomparve quasi interamente tra le sue dita. Cinque anni almeno, intervenni. Questo qui non sa niente di una ragazza bianca di nome Velma. Nessuno ne sa un bel niente qui. Il gigante mi guard come se io spuntassi fuori in quel momento. Il whisky liscio non sembrava averlo messo di umore migliore. Chi diavolo ti ha detto di ficcare il naso? chiese. Io sorrisi. Mi sforzai di cacciar fuori un sorriso caldo, cordiale. Sono l'amico che venuto qui con te. Ti ricordi?. Lui mi rispose con una smorfia senza significato. Whisky liscio, ordin al barista. E pulisciti il naso. Il barista si dette da fare facendo roteare il bianco degli occhi. Io mi appoggiai al bar con la schiena e guardai la stanza. Ora era vuota, c'eravamo solo il barista, il gigante, io e il bullo abbattuto accanto alla parete. Il bullo si muoveva, lentamente, con dolore e con sforzo. Strisciava accanto alla parete come una mosca con un'ala sola. Si muoveva dietro i tavoli, con aria stanca e avvilita. Era un uomo che all'improvviso era diventato vecchio e aveva perduto tutte le illusioni. Io lo guardavo muoversi. Il barista vers altri due whisky lisci. Mi voltai di nuovo verso il bar. Il gigante dette un'occhiata distratta al bullo che strisciava e poi non gli bad pi. Qui non c' rimasto pi niente, si lament. C'era un palcoscenico con l'orchestra e c'erano delle camerette simpatiche dove uno si poteva divertire. Velma cantava. Aveva i capelli rossi. Bellissima era. Bella come le mu-

tande col pizzo, capisci. Eravamo sul punto di sposarci quando presero in trappola me. Io bevvi il secondo liscio. Cominciavo ad averne abbastanza di quell'avventura. Che trappola? chiesi. Dove pensi che sono stato in questi otto anni di cui ti ho parlato?. A caccia di farfalle, dissi. Il gigante si punt sul petto il dito indice che sembrava una banana. Al fresco sono stato. Mi chiamo Malloy. Moose Malloy. Il colpo della banca di Great Bend. Quarantamila. Un "a solo". Mica male, no?. E adesso pensi di spenderli?. Mi dette una brusca occhiata. Dietro di noi ci fu un rumore. Il bullo si era rialzato in piedi e si agitava un po'. Teneva la mano sulla maniglia di una porticina dietro il tavolo da gioco. Apr la porta e quasi cadde fuori. La porta si chiuse con un colpo. Si sent scattare un catenaccio. Dove si va di l? chiese Moose Malloy. Gli occhi del barista rotearono e con difficolt riuscirono a mettersi a fuoco sulla porta dalla quale era appena uscito il bullo. Quello... quello l'ufficio del signor Montgomery. Lui il padrone. Ha il suo ufficio l dietro, disse. Lui magari lo sa, mormor il gigante. Bevve il suo whisky d'un sorso. Sar meglio se non fa lo spiritoso. Altri due lisci. Attravers lentamente la stanza, con passo tranquillo, noncurante. Le sue enormi spalle nascosero la porta. Era chiusa. Il gigante la scosse e un pezzo di legno si stacc e cadde di fianco. Egli entr e chiuse la porta dietro di s. Ci fu silenzio. Io guardai il barista, il barista guard me. I suoi occhi divennero pensierosi. Pul il banco, sospir, e abbass il braccio destro. Io tesi la mano e glielo afferrai. Era un braccio magro, fragile. Tenendolo fermo gli sorrisi. Che cos'hai l, bello?. Lui si pass la lingua fra le labbra. Si appoggi al mio braccio e non rispose. La sua faccia lucida diventava sempre pi grigia. Quello l cattivo, avvisai io. capace di fare sul serio. Bere gli fa quest'effetto. Sta cercando una ragazza di sua conoscenza. Questo posto era una casa per bianchi. Capito?. Il barista si pass di nuovo la lingua fra le labbra. stato via molto tempo, aggiunsi, Otto anni. strano che lui non si renda conto come son lunghi otto anni. Io avrei pensato che gli dovessero

sembrare una vita intera. Lui crede che la gente qui deve sapere dov' la sua ragazza. Capito?. Il barista disse lentamente: Credevo che voi foste con lui. Non ho potuto evitarlo. Mi ha fatto una domanda e mi ha trascinato su. Ma non ho voglia di farmi trascinare in altri posti. Su, bello: che cosa hai l?. Ho un mitra, rispose il barista. contro la legge, mormorai io. Ascolta, bello. Tu e io siamo insieme. Hai altro?. Ho una pistola, disse il barista. In una scatola da sigari. Lasciatemi andare il braccio. Bene, dissi io. Ora spostati un po'. Di pi. Di fianco. Non il momento di tirar fuori l'artiglieria. Lo dite voi, replic il barista con una smorfia e si appoggi con tutto il suo stanco peso al mio braccio. Lo dite voi, ripet. S'interruppe. Gli rotearono gli occhi e scroll la testa. Si ud un rumore sordo alle nostre spalle, oltre la porta che era dietro il tavolo da gioco. Poteva essere una porta sbattuta. Ma io non pensai che fosse questo. Neanche il barista lo pens. Il barista divent un pezzo di ghiaccio. La sua bocca fu presa da un tremito. Rimasi in ascolto. Nessun altro rumore. In fretta mi diressi verso la estremit del bar. Ero stato in ascolto troppo a lungo. La porta si apr con uno scatto e usc Moose Malloy. Avanz a grandi passi e si ferm, a gambe divaricate, con una smorfia pallida sul volto. Una Colt militare calibro 10 sembrava un giocattolo in mano a lui. Cercate di non farvela nelle mutande, disse pacatamente. Mettete le manine sul bar. Il barista e io obbedimmo. Moose Malloy rastrell la stanza con un'occhiata. Sul suo volto c'era una smorfia dura, fissa. Fece scivolare i piedi e si mosse silenzioso per la stanza. Aveva l'aria di un uomo capace di scassinare una banca con una mano sola. Anche vestito in quel modo. Venne al bar. In alto, negro, ordin. Il negro spinse le mani in aria, molto in alto. Il gigante venne dietro le mie spalle e mi tast accuratamente con la mano sinistra. Sentivo sul collo il suo fiato caldo. Poi si allontan. Neanche il signor Montgomery sapeva dove fosse Velma, spieg. Voleva dirmelo... con questa. Picchi con la sua dura mano sulla rivoltella. Io mi voltai lentamente e lo guardai. Gi, disse lui. Cos mi cono-

sci. Mica mi dimenticherai facilmente. Puoi dire agli altri che non bisogna perder la testa e fare imprudenze. Agit la rivoltella. Bene, addio, stupidi. Devo prendere un taxi. Si avvi verso le scale. Non hai pagato le consumazioni, dissi io. Egli si ferm e mi scrut. Magari hai l qualcosa, rispose. Ma non voglio cavartela fuori. Si mosse, dirigendosi verso la porta automatica; i suoi passi sembrarono lontani mentre scendeva le scale. Il barista croll. Io saltai dietro il banco e lo spinsi da parte. In una scansia sotto un tovagliolo c'era una pistola mitragliatrice. Accanto c'era una scatola da sigari. Nella scatola si trovava una rivoltella automatica cal. 9. Le presi tutte e due. Il barista si schiacci contro le file di bicchieri dietro il bar. Uscii da dietro il bar, attraversai la stanza, arrivai alla porta che era dietro il tavolo da gioco. Oltre l'uscio c'era un corridoio a forma di L quasi buio. Il bullo giaceva disteso al suolo privo di sensi, con un coltello in mano. Mi chinai, presi il coltello e lo gettai da un finestrino. Il bullo respirava affannosamente e la sua mano era flaccida. Lo scavalcai, andai avanti e aprii una porta sulla quale in vernice nera era scritto Ufficio. C'era una piccola scrivania scheggiata davanti a una finestra quasi tutta coperta di tavole di legno. Nella sedia dietro la scrivania stava ritto il torace di un uomo. La sedia aveva un alto schienale che arrivava al collo di lui. La testa era piegata sulla spalliera, di modo che il naso era in direzione delle tavole che coprivano la finestra. Piegata, dico, come un fazzoletto o una cerniera. Alla destra dell'uomo c'era un cassetto della scrivania aperto. Dentro, si vedeva un giornale con una macchia d'olio al centro. La rivoltella doveva esser venuta di l. Probabilmente in quel momento gli era sembrata una buona idea, ma la posizione della testa del signor Montgomery provava che era stata un'idea sbagliata. C'era un telefono sulla scrivania. Posai la mitragliatrice e chiusi a chiave la porta prima di chiamare la polizia. Mi sentivo cos pi sicuro e il signor Montgomery non sembrava preoccuparsi della cosa. Quando i ragazzi della polizia salirono le scale, il bullo e il barista erano scomparsi e io ero rimasto padrone del posto. CAPITOLO III

Il caso fu affidato a un tale di nome Nulty, un tipo triste e malinconico con una mascella prominente e delle lunghe mani gialle. Egli le teneva quasi sempre sulle ginocchia quando parlava con me. Era un tenente assegnato alla Divisione della 77a Strada. Parlavamo in una piccola stanza con due scrivanie una di fronte all'altra, e spazio sufficiente per passare tra le due scrivanie, purch non si muovessero che due persone alla volta. Il pavimento era coperto di linoleum scuro sporco e l'aria era piena dell'odore di vecchie cicche di sigaro. Nulty aveva la camicia rammendata e le maniche della giacca ripiegate internamente ai polsi. Sembrava povero abbastanza da essere onesto, ma non aveva l'aria di uno che potesse farsela con Moose Malloy. Accese mezzo sigaro e gett il cerino sul pavimento, dove gi molti altri lo attendevano. La sua voce disse amaramente: Scarafaggi. Un'altra uccisione di scarafaggi. Ecco che cosa mi capita dopo diciotto anni di servizio. Niente taglia e niente stampa. Nemmeno due righe di cronaca. Io non dissi niente. Lui prese il mio biglietto da visita, lo lesse di nuovo e poi lo butt via. Philip Marlowe. Investigatore privato. Cos siete anche voi uno di quelli, eh? Cristo, eppure sembrate abbastanza in gamba. Che cosa avete fatto in tutto quel tempo?. Tutto quale tempo?. Tutto il tempo durante il quale Malloy torceva il collo del suo negro. Oh, quello accadde in un'altra stanza. Malloy non mi aveva avvertito che voleva rompere il collo a qualcuno. Sfottete, disse Nulty con amarezza. Avanti, sfottete pure. Lo fanno tutti. Che c' di nuovo? Povero vecchio Nulty. Andiamo a trovare Nulty e a sfotterlo un po'. Serve sempre per farcisi due risate, il vecchio Nulty. Non sfotto, risposi. Fu cos che successe: in un'altra stanza. Oh, sicuro, disse Nulty attraverso un ventaglio di fumo stantio. E poi, io sono stato l a vedere, no? Dite: ma voi girate senza canna del tutto?. Non ne porto in quel genere di faccende. Faccende di che genere?. Cercavo un barbiere che fuggito di casa abbandonando la moglie. Lei pensa che si possa persuaderlo a tornare a casa. Negro?.

No, greco. Bene, fece Nulty, e sput nel cestino della carta straccia. Benissimo. E l'omone come l'avete conosciuto?. Ve l'ho gi detto. Mi trovavo l per caso. Lui scaravent un negro fuori dalla porta del Florian e io ficcai dentro la testa per vedere che succedeva. Allora lui mi fece salire su. Vi minacci a mano armata?. No, non aveva l'arma in quel momento. O almeno non la mostr. La rivoltella la tolse a Montgomery, probabilmente. No, mi prese e mi port di sopra, semplicemente. Si vede che alle volte piaccio. Non saprei, Nulty disse. Ma sembra che sia piuttosto facile portarvi di sopra. Benissimo, replicai. Perch poi discutere? L'ho visto io quel tipo, e non voi. Poteva portare me o voi come un orologio da polso. Non sapevo che lui avesse ucciso qualcuno, finch non se ne fu andato. Avevo sentito lo sparo, ma pensai che qualcuno avesse sparato a Malloy e che Malloy gli avesse portato via la rivoltella, chiunque fosse stato. Come potete pensare a una cosa simile? chiese Nulty con tono quasi suadente. Si serv di una rivoltella, credo, per scassinare quella banca. O no?. Pensate ai vestiti che aveva indosso. Non si trovava l per uccidere qualcuno. Non ci si va vestiti in quel modo. Lui andava a cercare quella ragazza di nome Velma, che era stata la sua amica prima che lo pizzicassero per il colpo della banca. Lei lavorava l al Florian o comunque si chiamasse quel posto quando era ancora una casa per bianchi. Lo pizzicarono l. Vedrete che vi riuscir di acciuffarlo. Come no, Nulty disse. Con quella corporatura e quei vestiti. Facilissimo. Pu darsi che abbia un altro vestito, osservai. E un'auto, un nascondiglio, del denaro, degli amici. Ma lo prenderete. Nulty sput di nuovo nel cestino. Lo prender, disse, quando metter i denti per la terza volta. Sapete quanti si occupano di questa faccenda? Uno solo. Dite: e sapete perch? Niente stampa. Una volta ci furono cinque negri che si fecero fuori le budella a vicenda nella 84a Est. Uno era gi freddo. C'era sangue sui mobili, sulle pareti, sangue persino sul soffitto. Io scendo gi e trovo uno che lavora al Chronicle, un informatore. Egli usciva dal portone e stava per salire sulla sua macchina. Ci fa una smorfia e dice: "Uff, scarafaggi". Sale in macchina e se ne va. Non entra nemmeno

nella casa. Forse non gl'interessava, feci io. Ma dovete sempre stare attento a come li trattate. Altrimenti sono capaci di montarvi una grana. E allora la stampa si occuperebbe certamente di voi. E non mi affiderebbero pi nemmeno un caso, vero? rispose Nulty. Il telefono squill sulla sua scrivania. Egli prese la comunicazione, ascolt, sorrise con un'espressione di pena. Riappese e scrisse un appunto sul taccuino. C'era un debole bagliore nel suo sguardo, come una luce lontana in fondo a un corridoio buio. L'hanno trovato, disse. Era l'archivio. Hanno le impronte, le foto e tutto il resto. Cristo, sempre qualcosa. Lesse nel taccuino. Cristo, che uomo. Un metro e novanta, centotrenta chili, senza la cravatta. Che ragazzo, Cristo. Bene, che vada al diavolo. Ora han dato la notizia alla radio. Non c' che aspettare, gett il sigaro nella sputacchiera. Cercate la ragazza, consigliai. Velma. Malloy la cercher. cominciata di l la storia. Perci cercate Velma. Cercatela voi, disse Nulty. Sono vent'anni che io non entro in una casa di piacere. Io mi alzai. Va bene, dissi. E mi avviai verso la porta. Un momento, Nulty disse. Scherzavo. Non avete troppe cose da fare. No?. Rigirai una sigaretta fra le dita e lo guardai restando accanto alla porta. Voglio dire, voi avete il tempo di dare un'occbiata in giro per questa gentildonna. una buona idea che avete avuto. Potreste cavarne fuori qualcosa. E intanto lavorereste sotto vetro. E che ci guadagno?. Nulty apr con tristezza le mani gialle. Il suo sorriso aveva la grazia di una trappola rotta per sorci. Avete gi avuto dei pasticci con noi. Non ditemi di no. A me hanno detto di s. La prossima volta non vi far male avere un amico. Ma che utile devo averne?. Sentite, Nulty insistette. Io sono un tipo tranquillo. Ma chiunque in questo dipartimento pu farvi avere un sacco di grane. Devo farlo per amore, chiesi, o mi pagate qualcosa in denaro?. Niente denaro, Nulty rispose, e arricci il naso triste e giallognolo. Ma io non dimenticherei. Mai. Guardai l'orologio. Bene, replicai. Vuol dire che se mi viene qualche idea, ve la cedo. E quando prendete il tizio, ve lo identifico io. Dopo pran-

zo, naturalmente. Ci stringemmo la mano e io uscii nel corridoio color fango, discesi le scale, raggiunsi la mia automobile in strada. Erano passate due ore dal momento in cui Moose Malloy aveva lasciato il Florian con la Colt in pugno. Feci colazione in una rosticceria, comprai mezzo litro di whisky, poi mi diressi in macchina a est, verso la Central Avenue, e a nord, rientrando nella Central Avenue. La spinta che sentivo era imprecisa come le ondate di calore che danzavano sui marciapiedi. La cosa mi riguardava soltanto per curiosit. Ma, a rigore, da un mese ero praticamente senza lavoro. Anche un lavoro gratis significava cambiare. CAPITOLO IV Il Florian naturalmente era chiuso. Un tale in borghese, dall'aria assai poco misteriosa, se ne stava a leggere il giornale in un'automobile ferma l davanti. Non si capiva perch si prendessero quella pena. Nessuno l sapeva niente, di Moose Malloy. Il bullo e il barista non s'erano pi trovati. Nessuno di tutto il vicinato sapeva niente di loro. Passai lentamente con la mia automobile e mi fermai all'angolo, osservando un albergo di negri che faceva parte dello stesso isolato del Florian. Si chiamava Hotel Sans Souci. Io scesi dalla macchina ed entrai nell'albergo. Due file di ruvide e vuote seggiole di legno erano allineate di fronte ai lati di una striscia di tappeto fatto di fibra. In fondo, nella penombra, c'era un banco e dietro il banco un uomo calvo teneva gli occhi socchiusi con le mani scure pacificamente intrecciate sul piano del banco. Dormiva o pareva dormire. Portava una cravatta a farfalla che aveva l'aria di essere stata annodata verso il 1880. La pietra verde che ornava la spilla sulla cravatta era poco pi piccola di una mela. Il grosso mento era chinato sulla cravatta; le mani erano pacifiche, pulite e ben curate, con mezze lune grigie in mezzo al rosso delle unghie. Accanto a lui c'era una targa di metallo su cui era scritto: Questo albergo sotto la protezione della Societ Agenzie Internazionali. Quando quell'uomo pacifico apr un occhio pensieroso e mi guard, io indicai la targa. Sono dell'R.P.A., dissi, in ispezione. Avete pasticci qui?. L'R.P.A. il Reparto Protezione Alberghi, ossia un settore di una grande agenzia che si occupa dei clienti che danno assegni a vuoto e di quelli che se ne vanno dalla scala di servizio senza pagare il conto, lasciando valigie

usate piene di mattoni. I pasticci, fratello, rispose l'impiegato con una voce sonora, ce li sbrighiamo da noi. Abbass un po' la voce e chiese: Come avete detto che il vostro nome?. Marlowe. Philip Marlowe. Bel nome, fratello. Pulito e allegro. Sembrate anche di buon umore. Vi trovo molto bene. Abbass di nuovo la voce. Ma non siete dell'R.P.A. Non mai venuto nessun ispettore dell'R.P.A. in tanti anni. Indic languidamente la targa. Quella l'ho comprata usata, fratello, solo per figura. Bene, risposi. Mi chinai sul banco e mi misi a giocherellare con una moneta da mezzo dollaro sul legno grezzo del banco. Sentito, continuai, quello che successo stamattina al Florian?. Sentito e dimenticato, fratello. Ma i suoi occhi fissavano il bagliore che mandava la moneta. Fatto fuori il padrone, io dissi. Un tale di nome Montgomery. Gli hanno tirato il collo. Il Signore accolga l'anima sua, fratello. La voce si abbass di nuovo. Polizia?. Investigatore privato. In missione segreta. Riconosco un uomo che sa tenere il segreto quando ne incontro uno. Lui mi studi, poi chiuse gli occhi e medit. Li riapr con cautela e guard la moneta. Non riusciva a non guardarla. Chi stato? chiese. Chi ha fatto fuori Sam?. Un brutto tipo uscito di prigione; si arrabbiato perch quella non era una casa per bianchi. Pare che lo sia stata, prima. Ve ne ricordate voi?. Lui non rispose. La moneta dopo aver girato come una trottola cadde con un rumore secco e rimase immobile. Decidete, dissi. Vi leggo un capitolo della Bibbia o vi offro da bere. Scegliete voi. Fratello, a me piace leggere la Bibbia nel raccoglimento della mia famigliola. I suoi occhi luccicavano e mi fissavano. Magari avete appena pranzato, insinuai. Il pranzo, egli disse, sempre una cosa cui un uomo della mia indole e della mia condizione sociale ambisce di fare a meno. La voce si abbass. Passate da questa parte del banco. Io feci il giro, tirai fuori la bottiglia di whisky e la posai sullo scaffale. Poi tornai dov'ero prima. L'uomo esamin la bottiglia e sembr soddisfatto.

Con questo mica comprate niente, fratello, precis. Ma un piacere bere un sorso in vostra compagnia. Apr la bottiglia, pos due bicchieri sul banco e li riemp fino all'orlo. Ne sollev uno, lo annus scrupolosamente, poi se lo port alla bocca e se lo vers in gola, tenendo il mignolo sollevato. Sent il sapore, ci pens un po' sopra, poi fece segno di s e disse: Viene dalla bottiglia giusta, fratello. In che modo posso esservi utile? Non c' nessuno qui intorno che io non chiami per nome. Sissignore, questo liquore una simpatica compagnia. Torn a riempire il bicchiere. Gli dissi quello che era successo al Florian e perch. Egli mi guard con solennit e scosse la testa calva. Era un bel posticino tranquillo quello di Sam, disse. Da un mese l dentro non avevano accoltellato nessuno. Quando il Florian era una casa per bianchi sette o otto anni fa, come si chiamava?. Le insegne elettriche costano care, fratello. Io annuii. Avevo gi pensato che doveva avere lo stesso nome. Malloy avrebbe detto qualcosa, se il nome fosse stato cambiato. Ma il proprietario come si chiamava?. Mi sorprendete un poco, fratello. Il nome di quel povero peccatore era Florian. Mike Florian. E che successo di Mike Florian?. Il negro apr le mani e allarg le braccia. La voce divenne sonora e triste. Mor. Fu chiamato dal Signore. Nel '34, o forse fu nel '35. Non so con precisione. Una vita perduta, e un caso di reni che non funzionavano. L'infelice peccatore cadde come un agnello sgozzato, fratello, ma lass lo attendeva l'infinita misericordia. La voce riprese un tono normale. Perch poi, chi lo sa. E chi ha lasciato? Versatevi ancora da bere. Il negro tapp decisamente la bottiglia e la allontan da s. Due sono abbastanza, fratello, prima di sera. Vi ringrazio. I vostri metodi di approccio sono molto lusinghieri per la dignit personale. Lasci una vedova. Si chiamava Jessie. E che successo di costei?. lo scopo della conoscenza, fratello, poter giungere a porre molti quesiti. Io non ne so niente. Cercate nell'elenco telefonico. C'era una cabina in fondo alla sala. Io vi entrai e tenni aperta la porta in modo da avere un po' di luce. Cercai nell'elenco slabbrato, assicurato al muro con una catenella. Non c'era nessun Florian. Poi tornai al banco.

Non c' niente, dissi. Il negro si chin di malavoglia, sollev sul banco una guida cittadina e la spinse dalla mia parte. Chiuse gli occhi. Cominciava a seccarsi. Nel libro figurava una Jessie Florian, vedova. Abitava al 1644, West 54th Place. Mi chiesi come avessi adoperato il cervello in tutta la mia vita. Scrissi l'indirizzo su un pezzo di carta e respinsi attraverso il piano del banco la guida. Il negro la rimise a posto dove l'aveva presa, mi strinse la mano, poi pieg le braccia e intrecci le dita sul banco nella stessa esatta positura di quando io ero entrato. (li si chiusero lentamente gli occhi e parve addormentarsi. Per lui l'incidente era chiuso. Dalla porta mi voltai a dargli uno sguardo. Aveva gli occhi chiusi e respirava in modo tranquillo e regolare, emettendo un piccolo soffio dagli angoli delle labbra ad ogni espirazione. La testa calva luccicava. Uscii dall'Hotel Sans Souci e attraversata la strada raggiunsi la mia automobile. Pareva troppo facile. Tutto pareva veramente troppo facile. CAPITOLO V 1644, West 54th Place, era una casa scura e vecchia con un giardino incolto davanti. Una vasta zona sgombra circondava quella che sembrava una palma. Sotto il portico c'era una sedia a dondolo solitaria. Una fila di panni gialli e mezzo lavati penzolava ad asciugare nel cortiletto laterale. Io proseguii fino all'angolo dell'isolato, parcheggiai la macchina e tornai indietro a piedi. Il campanello non funzionava. Cos bussai sull'intelaiatura di legno della porta a vetri. Ci fu un rumore lento di passi, la porta si apr e io mi trovai a fissare nella penombra una donna grassa che si soffi il naso mentre apriva l'uscio. La sua faccia era grigia e paffuta. Aveva capelli stopposi di quel colore impreciso che non n bruno n biondo, che non vivo abbastanza per esser rosso, n sufficientemente pulito da esser grigio. Il suo corpo era grosso in un informe accappatoio di flanella che aveva da molte lune perduto ogni disegno e ogni colore. I piedi erano grandi e vistosi in un paio di ciabatte da uomo di cuoio scuro. Chiesi: La signora Florian? La signora Jessie Florian?. Ah, fece la voce uscendo dalla gola di lei come un malato che si alza dal letto. Siete voi la signora Florian il cui marito gestiva tempo fa un locate di

pubblico divertimento in Central Avenue? Mike Florian?. La donna si accomod una ciocca di capelli dietro una delle grosse orecchie. Brill uno sguardo di sorpresa nei suoi occhi. La voce pesante e tremante chiese: Che cosa? S, sono io in persona. Sono cinque anni che Mike se n' andato. Chi avete detto che siete?. La porta era ancora aperta soltanto a met e fermata con la catena. Sono un detective, dissi. Ho bisogno di certe informazioni. Lei mi fiss per un intero terribile minuto. Poi con uno sforzo tolse la catena e si fece da parte. Passate allora, rispose. Non ho ancora fatto a tempo a mettermi in ordine. Polizia, eh?. Io entrai e chiusi la porta col catenaccio alle mie spalle. A sinistra dell'uscio, in fondo alla stanza, ronzava una grossa radio. Era l'unico mobile dignitoso che ci fosse in quel posto. Sembrava esser nuovissima. Tutto il resto era roba vecchia: poltroncine impagliate e sporche, una sedia a dondolo che faceva il paio con quella sotto il portico, un arco rettangolare che dava nella sala da pranzo, dove si trovavano una tavola tutta macchiata e la porta della cucina, coperta dalle impronte delle dita sporche. C'erano anche un paio di lampade con paralumi che un tempo dovevano metter in risalto i loro disegni fantasia e ora avevano l'allegria di vecchie peripatetiche. La donna si sedette sulla sedia a dondolo, si sfil le pantofole e mi piant gli occhi in viso. Io volsi lo sguardo verso la radio e mi sedetti sull'orlo di una scrivania. Lei vide che guardavo la radio. Un buonumore forzato affior nella voce di lei. l'unica compagnia che ho, disse. Poi fece un risolino. Mike non ne avr fatta una delle sue? Non viene a trovarmi spesso la polizia. Il suo risolino aveva un leggero timbro da alcolizzata. Io, appoggiandomi indietro, sentii una cosa dura. La presi ed era una bottiglia di gin da un quarto. La donna ebbe un altro risolino. Scherzavo, disse. Ma spero davvero che dove si trova possa incontrar delle bionde a buon mercato. Quaggi non ne ha mai avute abbastanza. Pensavo piuttosto a una rossa, dissi io. Credo che anche qualche rossa gli andasse a genio. Il suo sguardo, mi sembr, non era pi tanto indeciso. Non ricordo. Una rossa speciale?. S. Una ragazza di nome Velma. Il cognome che portava non lo conosco, so soltanto che non era quello vero. Sto cercando di rintracciarla per

conto dei suoi parenti. Il vostro locale in Central Avenue adesso un locale per gente di colore, per quanto non gli abbiano cambiato nome. Naturalmente quelli l non l'hanno mai sentita nominare. Cos ho pensato di rivolgermi a voi. Hanno aspettato parecchio i suoi parenti a occuparsene... a cercare di rintracciarla, disse pensierosa la donna. Ci sono dei soldi di mezzo. Non molti. Credo che debbano trovare lei per poter avere quei soldi. E il denaro rinfresca la memoria. Anche l'alcool, la donna precis. Fa un bel caldo oggi. No? Comunque avevate detto che eravate un poliziotto. I suoi occhi erano astuti, la faccia attenta. I piedi nelle pantofole da uomo non si mossero. Io scossi la bottiglia del gin e vidi che era vuota. La misi da parte e presi dalla tasca posteriore la bottiglia di whisky che io e il portiere negro dell'albergo avevamo tappato poco prima. La posai sul ginocchio. La donna mi fiss con uno sguardo incredulo. Poi il suo volto prese un'espressione sospettosa. Mica siete un poliziotto, disse piano. Mai si visto un poliziotto comprare quella roba. A che gioco giochiamo, signorino?. Si soffi di nuovo il naso con uno dei fazzoletti pi sporchi che io avessi mai visto. Gli occhi erano fissi sulla bottiglia. Si svolse una lotta fra la diffidenza e la sete, e la sete ne usc vittoriosa. Succede sempre cos. Quella Velma era un'artista, una cantante. Non la conoscevate? Penso che non siate andato spesso in quel posto. Gli occhi verdemare fissavano la bottiglia. Fra le labbra compariva la lingua tutta impastata. Giovanotto, quella roba da bere, la donna sospir. Non mi frega niente chi siate e chi non siate. Per stateci attento un po'. Non mica il momento di versar per terra niente. Si alz, usc dalla stanza e ritorn con due grossi bicchieri sporchi. Non c' altro. Solo quello che avete portato voi, annunzi. Io ne versai nel suo bicchiere una quantit che a me sarebbe bastata per tagliarmi le gambe. Lei l'afferr avidamente e l'ingoi come si fosse trattato di una pasticca di aspirina. Poi guard la bottiglia. Io gliene versai un altro bicchiere e un po' meno per me. Lei prese il bicchiere e torn alla sedia a dondolo. Aveva gi due occhiaie nere. Giovanotto, questa roba dentro di me finisce nel modo migliore, sentenzi sedendosi. Di che stavamo parlando?. Di una ragazza dai capelli rossi di nome Velma che lavorava nel vostro

locale in Central Avenue. Gi. Vuot il secondo bicchiere. Io mi avvicinai tenendo sollevata la bottiglia. Lei tese il bicchiere. Gi, ripet. Chi avete detto che siete?. Tirai fuori un biglietto da visita e glielo detti. Lei lo lesse muovendo le labbra, lo gett sul tavolo e vi pos sopra il bicchiere. Poliziotto privato, cos. Non l'avevate detto questo, signorino. Mi minacci con un dito e un'aria di rimprovero scherzoso. Ma il vostro whisky ad ogni modo vuol dire che in questo siete una persona per bene. Alla salute dei delinquenti. Si vers un altro bicchiere e lo vuot. Io mi sedetti rigirando una sigaretta fra le dita e attesi. Quella donna o sapeva qualcosa o no. Se sapeva qualcosa, o me lo diceva o no. Era semplicissimo. Una gran bella rossa, disse lei, con voce lenta e spessa. Sicuro, me la ricordo. Cantava e ballava. Aveva gran belle gambe e le mostrava con generosit. Se ne and in qualche posto. Come posso saperlo io che cosa fanno delle vagabonde come lei?. Non ho mai pensato che doveste saperlo, risposi. Soltanto era naturale venirlo a chiedere a voi, signora Florian. Servitevi pure del whisky. Posso andare a prenderne dell'altro quando vogliamo. Voi non avete bevuto, disse improvvisamente lei. Io misi la mano intorno al bicchiere e bevvi lentamente per dare a vedere che ce ne fosse pi di quanto ce n'era in realt. Dove sono i suoi parenti? chiese all'improvviso la donna. Che importanza ha?. Benissimo, disse con una smorfia. I poliziotti sono tutti uguali. Va benissimo, bello mio. Per me uno che mi offre da bere un amico. Prese la bottiglia e si vers il bicchiere numero quattro. Non dovrei darvi confidenza. Ma quando uno simpatico a me, non c' niente da fare. Ingoi. Era in gamba come un lavandino. Restate l, disse. Mi venuta un'idea. Si alz dalla sedia a dondolo, sbuff, stette per perdere l'accappatoio e se lo raggiust sulla pancia. Mi guard con freddezza. Niente curiosare, disse. Usc di nuovo dalla stanza, chiudendo la porta con una spalla. La sentii camminare incespicando nell'altra stanza. Sul muro esterno battevano le rampicanti secche mosse dal vento. La corda, sulla quale erano stesi ad asciugare i panni, gemeva. La grande radio, nuova e bellissima, mormorava dal suo angolo suoni di danza e d'amo-

re con un tono basso e ritmato che sembrava la voce di un negro. Poi dall'altra stanza vennero parecchi rumori. Una sedia cadde in terra, il cassetto di un mobile fu aperto con troppa violenza e batt sul pavimento. Si udivano calpestio, tramestio e borbottio. Poi si sent lo scatto di una serratura e il coperchio di un baule stridette sollevandosi. Ancora tramestio. Un vassoio cadde a terra. Io mi alzai dalla scrivania dov'ero seduto, entrai nella sala da pranzo e da questa in un breve corridoio. Dalla soglia di una porta che era aperta, guardai. La donna era davanti al baule aperto, rovistava e arraffava tutto il contenuto, gettando i capelli indietro con rabbia. Era pi ubriaca di quel che pensasse. Si chin poggiandosi sul baule tossendo e sospirando affannosamente. Poi si inginocchi, mettendosi a frugare, con tutte e due le mani. Le mani uscirono dal baule reggendo a malapena una cosa. Era un grosso pacco legato con un nastro rosa. Lentamente la donna sleg il nastro. Tolse dal pacco una busta e la ficc in una sacca laterale del baule. Poi torn a legare il pacco, con dita incerte. Tornai per la via donde ero arrivato e mi sedetti di nuovo sulla scrivania. Respirando affannosamente la donna entr nella stanza e dalla soglia della porta agit trionfalmente il pacco legato col nastro rosa. Mi fece un ghigno, gettando l'involto quasi ai miei piedi. Torn alla sedia a dondolo e riafferr il whisky. Io raccolsi il pacco dal pavimento e slegai il nastro rosa sbiadito. Guardatele voi, disse la donna. Sono foto. Pose per i giornali. Quelle vagabonde non finivano mai sul giornale, a meno che non avessero grane con la polizia. tutta gente di quel locale. Sono le uniche cose che mi abbia lasciato quel fetente di mio marito: queste foto e i suoi vestiti vecchi. Sfogliai il pacco delle lucide fotografie di uomini e donne in pose professionali. Le facce degli uomini erano aguzze e volpine; essi erano in abito da sera o in costume da pagliacci. Ballerini e comici di basso rango. Pochi di loro avevano qualche speranza di passare a ovest di Main Street. Erano di quelli che s'incontrano nei locali di variet, un po' ripuliti, oppure negli spettacoli di burlesque da quatti o soldi, triviali e luridi fin dove la legge lo consente ed ogni tanto un po' di pi, cos da arrivare all'arresto e al processo, che fa sempre una certa pubblicit; poi ritornavano in quei loro spettacoli a fare smorfie e ad essere sadicamente sudici e repellenti, come una puzza di sudore accumulato. Le donne avevano belle gambe e mettevano in mostra le proprie curve pi di quanto avrebbe fatto piacere a Will Hays. Ma le loro facce erano logore e consunte come la giacca da ufficio

di un archivista. Bionde, more, grandi occhi da mucca con uno sguardo ottuso da contadine. Occhi piccoli e penetranti, pieni di avidit birichina. C'erano due o tre facce che erano palesemente viziose. Due o tre potevano avere i capelli rossi. Dalle foto non si vedeva. Io le guardai distrattamente, senza interesse, e legai di nuovo il nastro. Non posso conoscerne nessuna, dichiarai. Che cosa devo guardarle a fare?. La donna sbirci la bottiglia che stava tentando di reggere con la mano malferma. Non cercavate Velma?. una di queste?. Sul volto di lei comparve un'espressione astuta, che evidentemente non dovette trovarsi a suo agio perch scomparve subito. Non avete avuto una sua fotografia... dai suoi?. No. Questo fatto la preoccup. Non c' ragazza che non abbia una fotografia, magari con le vestine corte e il cerchio in mano. Io avrei dovuto averla. Cominciate a non piacermi di nuovo, disse la donna con tono tranquillo. Mi alzai col bicchiere in mano, mi avvicinai e lo posai accanto a lei sul tavolo. Versatemi da bere, chiesi, prima che abbiate finito la bottiglia. Lei prese il bicchiere e io mi voltai passando in fretta nella stanza da pranzo, poi nel corridoio, infine nella stanza da letto in disordine dov'era il baule aperto. Dietro di me sentii un grido. Ficcai direttamente la mano nella sacca laterale del baule, trovai la busta e la presi in fretta. Lei si era alzata, quando tornai di l, ma aveva fatto soltanto due o tre passi. Nei suoi occhi c'era uno strano bagliore. Un bagliore omicida. Sedetevi, io le ordinai decisamente. Mica avete a che fare questa volta con un povero ingenuo come Moose Malloy. Era un colpo sparato pi o meno al buio, e non colp niente. Lei sbatt le palpebre e sembr voler sollevare il naso col labbro superiore. Comparvero dei denti sporchi in una smorfia da coniglio. Moose? ansim. Che cosa ha fatto?. fuori, risposi. uscito di prigione. Gira con una rivoltella calibro 10 in mano. Ha ammazzato un negro stamattina in Central Avenue perch non gli diceva dov' Velma. Ora sta cercando chi lo ha fatto cadere in trappola otto anni fa. La faccia della donna divenne pallida. Si port la bottiglia alle labbra e

bevve. Un po' di whisky le col sul mento. E la polizia intanto cerca lui, disse e rise. Uh, la polizia!. Era una cara vecchietta. Mi piaceva la sua compagnia e mi divertivo molto a ubriacarla per i miei sordidi scopi. Ero proprio in gamba. Mi sentii orgoglioso di me. Col mio mestiere se ne vedono di tutti i colori, ma quella volta cominciavo a provare il mal di stomaco. Aprii la busta che avevo in mano e ne tirai fuori una foto. Era come le altre ma diversa, molto pi carina. La ragazza portava un costume da Pierrot dalla cintola in su. Sotto il cappello bianco a cono, con una palla nera in cima, i capelli avevano una tinta che poteva anche essere rossa. La faccia era di profilo, ma l'occhio che si vedeva sembrava aVere un certa gaiezza. Non dico che fosse un viso carino e non sciupato, non m'intendo molto di facce. Tuttavia era graziosa. La gente aveva rispettato quel viso, rispettato, per quanto l'ambiente lo permettesse. Pure era una faccia molto comune e la sua bellezza era d'ordinaria amministrazione. Di visi come quello se ne incontrano una dozzina su un marciapiede di citt a mezzogiorno. Dalla cintola in gi la foto ritraeva solo gambe ed erano gambe, in verit, molto belle. Una dedica si leggeva nell'angolo in basso a destra: Tua per sempre. Velma Valento. Mostrai la foto alla Florian, tenendola a una certa distanza. Lei tent di afferrarla ma non ci riusc. Perch la nascondevate? chiesi. Lei non rispose, si limit a respirare affannosamente. Io rimisi la foto nella busta e misi la busta in tasca. Perch? chiesi di nuovo. Che cos'ha di diverso dalle altre? Dov'?. morta, disse la donna. Era una brava figliola ma morta. Tutto qui, poliziotto. Le sopracciglia scure e folte si alzarono e si abbassarono. La mano si apr, la bottiglia del whisky cadde sul pavimento e cominci a gorgogliare. Io mi chinai per raccoglierla. La donna tent di darmi un calcio in faccia. Mi tirai indietro. Non mi avete detto ancora perch la nascondevate, dissi alla donna. Quando morta? In che modo?. Sono una povera vecchia malata, grugn la donna. Vattene via, figlio di puttana. La guardai senza dir niente e senza avere niente di speciale da dire. Dopo un attimo feci un passo avanti e misi la bottiglia, ora quasi vuota, sul ta-

volo accanto alla donna. Lei fissava il tappeto. La radio suonava in modo piacevole nel suo angolo. Fuori pass un'automobile. Una mosca ronz contro la finestra. Dopo un certo tempo la donna mosse le labbra e pronunci una serie di parole sconnesse, prive di senso. Poi rise rovesciando indietro il capo; con la mano destra afferr la bottiglia, che le tintinn fra i denti mentre lei beveva. Quando la bottiglia fu vuota la scosse, poi la gett contro di me. And a finire in un angolo, rotolando sul tappeto e picchiando con un colpo sordo contro lo zoccolo della parete. La donna mi sbirci di nuovo, poi chiuse gli occhi e si mise a russare. Io presi il cappello dalla scrivania, andai alla porta e l'aprii. La radio nell'angolo suonava ancora, nella sedia a dondolo la donna russava tranquilla. Le detti un'occhiata prima di chiudere la porta. La chiusi, poi l'aprii subito di nuovo e guardai. La donna teneva gli occhi chiusi ma mi parve di scorgere un bagliore fra le palpebre. Discesi gli scalini e per il sentiero maltenuto raggiunsi la strada. Nella casa vicina la tendina di una finestra era tirata da parte e una faccia magra se ne stava dietro il vetro a curiosare. Era la faccia di una vecchia che aveva i capelli bianchi e un naso a punta. La Vecchia Nasona che spia le mosse dei vicini. Ce n' sempre una in qualsiasi quartiere. Io le feci un cenno di saluto con la mano. La cortina della finestra ricadde. Risalito in macchina tornai alla Divisione della 77a Strada e salii nel piccolo buco maleodorante che era l'ufficio di Nulty, al secondo piano. CAPITOLO VI Pareva che Nulty non si fosse neanche mosso. Era seduto al suo posto con lo stesso atteggiamento di amara sopportazione. Ma nel portacenere si notavano altre due cicche di sigaro e sul pavimento si erano ammucchiati altri fiammiferi spenti. Io mi sedetti alla scrivania vuota. Nulty prese una foto che teneva capovolta davanti a s e me la porse. Era una scheda dell'archivio criminale, con foto di fronte e di profilo, impronte digitali e connotati a tergo. Era proprio di Malloy. lui, dissi, e restituii la foto. Abbiamo avuto un cablo dall'Oregon, disse Nulty. Tutti sono avver-

titi. Le cose vanno un po' meglio. Lo abbiamo individuato. Un conducente di autobus ha riferito di aver portato un passeggero di quelle dimensioni, che pare fosse lui. Andr in uno dei rifugi di quelle parti. Ci sono un sacco di quelle case che nessuno prende in affitto. Andr in uno di quei posti e allora sar imbottigliato. Voi che avete fatto?. Aveva un cappello fantasia e palle da golf invece di bottoni sulla giacca?. Nulty corrug la fronte e incroci le mani sulle ginocchia. No, aveva un vestito blu. O forse grigio. Sicuro che non fosse un sarong?. Come? Ah, buona questa. Ricordatemi di ridere fuori servizio. Dissi: Quello non era Malloy. Non aveva bisogno di prendere un autobus. Era pieno di soldi. Ricordatevi che vestiti aveva indosso. Mica potevano essere stati comprati fatti. Dovevano essere su misura. Sfottete, sfottete, Nulty si accigli. Voi che avete fatto? Quello che avreste dovuto fare voi. Quel posto, il Florian, si chiamava cos anche quando era una trappola per bianchi. Ho parlato con un negro che fa il portiere in un albergo vicino. L'insegna luminosa costava cara, perci i negri hanno continuato a usare la stessa. L'uomo si chiamava Mike Florian. morto da qualche anno, ma c' ancora la vedova Abita al 1644, West 54th Place. Si chiama Jessie Florian. Non c' nell'elenco telefonico, ma c' nella guida di citt. E che cosa dovrei fare? Darle un appuntamento? Nulty chiese. L'ho gi fatto io per voi. Mi sono portato mezzo litro di whisky. una incantevole signora di mezza et, con una faccia che sembra un mucchio di fango e se si lavata i capelli dalla fine della prima guerra mondiale sono disposto a mangiarmi la gomma di ricambio, con il cerchione e tutto. Piantatela con le spiritosaggini, Nulty disse. Ho chiesto di Velma alla signora Florian. Vi ricordate, signor Nulty, di quella Velma dai capelli rossi che Malloy cercava? Non vi annoio, signor Nulty?. Che vi prende?. Niente. La signora Florian ha detto di non ricordare Velma. La sua una casa molto miserabile, tranne una radio nuova che pu valere settanta o ottanta dollari. Non mi avete ancora spiegato perch dovrei mettermi a gridare per la meraviglia. La signora Florian, ovvero la mia cara Jessie, mi ha detto che suo mari-

to le ha lasciato in eredit soltanto i vestiti vecchi e un pacco di foto della gente che lavorava nel loro locale di tanto in tanto. Io le ho dato da bere ed un tipo che sarebbe capace di mettervi al tappeto per portarvi via una bottiglia. Dopo il terzo o quarto bicchiere lei andata nella sua modesta stanza da letto dove si messa a buttar per aria tutto finch ha tirato fuori da un baule il pacco delle foto. Io la guardavo senza che lei lo sapesse e l'ho vista mentre ne toglieva una dal pacco e la nascondeva. Cos, dopo un po' sono andato di l e l'ho presa. Misi la mano in tasca e deposi sulla scrivania di Nulty la ragazza in costume da Pierrot. Nulty prese la foto e la guard arricciando le labbra. Bel pezzo, disse. Un bel pezzo sul serio. Tempo fa ci avrei fatto volentieri qualcosa anch'io. Ah, ah! Velma Valento, eh? E che successo di questa bambola?. La signora Florian dice che morta. Ma questo non spiega perch lei ha nascosto la foto. Sicuro, non capisco. Perch l'ha nascosta?. Non me lo ha detto. Infine, quando l'ho informata che Malloy fuori, mi sembrato che lei mi prendesse in antipatia. Il che sembrerebbe incredibile. Vero?. Avanti, fece Nulty. tutto qui. Vi ho raccontato i fatti e vi ho dato tutto quel che ho trovato. Ora non ho altro da dire che possa aiutarvi. Fate voi qualcosa. Per far che? sempre un ammazzamento di scarafaggi. Aspettate che prendiamo Malloy. Diavolo, sono otto anni che non vede la sua ragazza, a meno che lei non sia andata a trovarlo in carcere. Benissimo, risposi io. Ma non dimenticatevi che lui la sta cercando ed un tipo capace di far sul serio. E ancora: and dentro per la faccenda della banca. Questo vuol dire che c'era una taglia. Chi la incass?. Non so. Potrei informarmi. Perch?. Qualcuno gli fece la spia. Magari lui sa chi fu. Questa potrebbe essere un'altra occupazione per lui in questi giorni. Mi alzai. Bene, arrivederci e buona fortuna. Ve ne andate gi?. Mi avviai verso la porta. Devo andare a casa a fare il bagno, i gargarismi e il manicure. Vi sentite poco bene?. Solo sporco, risposi. Mi sento molto sporco. Be', che fretta c'? Sedetevi un momento. Si sdrai indietro infilando i

pollici nel taschino del panciotto, gesto che gli dette ancora pi l'aria del poliziotto senza peraltro accrescere la sua potenza magnetica. Non c' fretta, io dissi. Non ce n' nessuna. Io non posso fare altro. A quel che pare questa Velina morta, se la signora Florian dice la verit. E, al momento, non ho nessuna ragione per credere che dica una bugia. Questo tutto quello che mi interessava. Gi, disse Nulty con tono sospettoso per la forza dell'abitudine. Per di pi voi avete avvistato Moose Malloy. Perci io me ne andr a casa e mi preoccuper di trovare da guadagnarmi da vivere. Malloy potrebbe sfuggirci, osserv Nulty. Ogni tanto ce la fanno a sfuggire. Anche se sono importanti. Il suo sguardo aveva un'espressione diffidente, ammesso che avesse un'espressione. Quanto vi ha dato?. Che cosa?. Quanto vi ha dato questa donna per tacere?. Tacere che cosa?. Tacere tutto quello che non mi state dicendo. Tolse i pollici dal panciotto e li congiunse davanti allo stomaco. Sorrise. Oh, al diavolo! dissi io. Uscii dall'ufficio lasciandolo a bocca aperta. Appena uscito e fatti pochi passi tornai indietro, aprii pian piano la porta e guardai. Nulty era seduto nella stessa posizione, teneva i pollici uniti davanti allo stomaco. Ma non sorrideva pi. Pareva preoccupato. Aveva sempre la bocca aperta. Non si mosse e non alz lo sguardo. Non capii se si era accorto di me o no. Chiusi di nuovo la porta e me ne andai. CAPITOLO VII Quell'anno sul calendario c'era Rembrandt, un autoritratto in una riproduzione imperfetta, per colpa di una tricromia mediocre. Rembrandt teneva la tavolozza col pollice sporco di colore e aveva indosso un camice che nemmeno era troppo pulito. L'altra mano reggeva in aria un pennello, come se fosse disposto a eseguire un lavoretto se qualcuno lo pagava. Il volto era vecchio e rugoso, pieno di disgusto per la vita e per le conseguenze del bere. Tuttavia aveva un'aria cordiale che mi piaceva e gli occhi brillavano come gocce di rugiada. Lo guardavo sulla parete di fronte, dalla scrivania del mio ufficio, verso le quattro e mezzo, quando suon il telefono e io sentii una voce fredda e arrogante che pareva avesse un alto concetto di s. Io risposi, e la voce

strascic: Parlo con Philip Marlowe, investigatore privato?. Esatto. S, intendete dire. Mi siete stato raccomandato come un uomo che sa tenere la bocca chiusa quando occorre. Avrei piacere che veniste a casa mia questa sera alle sette. Discuteremo la questione. Io mi chiamo Lindsay Marriott e abito al 4212 Cabrillo Street, Montemar Vista. Sapete dov'?. So dov' Montemar Vista, signor Marriott. S? Benissimo. Cabrillo Street un po' difficile da trovare. Le strade quaggi sono una rete di curve molto interessanti ma intricate. Vi suggerirei di fare a piedi le scale del caff d'angolo. Se fate cos, Cabrillo Street la terza che si trova e la mia casa l'unica. Alle sette, allora?. Di che genere l'incarico, signor Marriott?. Preferirei non discuterne per telefono. Non potreste darmene almeno un'idea? Montemar Vista una bella distanza. Sar lieto di rimborsarvi le spese, se non ci metteremo d'accordo. Avete delle riserve da fare circa il genere dell'incarico?. No, purch sia nei limiti del lecito. La voce si fece addirittura di ghiaccio. Non vi avrei certamente interpellato, se cos stato non fosse. Bel tipo di intellettuale. Molto abile nell'usare il congiuntivo. Mi sentivo prudere le mani, ma il mio conto in banca era da tempo esausto. Mi sforzai di mettere molto miele nella voce e dissi: Vi ringrazio di avermi chiamato, signor Marriott. Verr. Egli agganci e questo fu tutto. Mi sembr che il signor Rembrandt dal calendario mi facesse una smorfia. Presi la bottiglia da un cassetto della scrivania e bevvi un sorso. La smorfia scomparve subito dal volto del signor Rembrandt. Una striscia di sole scivol lungo l'orlo della scrivania e cadde senza rumore sul tappeto. Semafori si accendevano e si spegnevano sul boulevard, passavano tram suburbani con fragore; nell'ufficio dell'avvocato oltre la parete sottile picchiettava una macchina da scrivere. Io avevo appena riempito e acceso la pipa quando il telefono squill di nuovo. Era Nulty questa volta. Aveva la voce piena di patate arrosto. S, ammetto di non averci fatto una gran bella figura, disse quando fu sicuro di parlare con me. L'ho mancato. Malloy andato a casa della gentildonna Florian.

Strinsi il ricevitore quasi da spezzarlo. Sentii freddo al labbro inferiore. Avanti. Credevo che foste sulle sue tracce. Quello era un altro, disse Nulty. Non era Malloy. Abbiamo avuto una telefonata da una vecchia ficcanaso. Due persone sono state a trovare la Florian. Il primo ha fermato la macchina dall'altra parte della strada e pareva si muovesse con cautela. Ha guardato in giro prima di entrare. Uno e settantacinque, capelli scuri, corporatura media. uscito tranquillamente. E aveva il fiato che gli puzzava di whisky, dissi io. Certo. Quello eravate voi. No? Bene. Il secondo era Malloy. Tipo vestito in modo sgargiante, grosso come una casa. arrivato in macchina anche lui, ma la donna a distanza non ha potuto leggere la targa. Circa un'ora dopo che eravate andato via voi, dice lei. entrato subito ed stato dentro soltanto cinque minuti. Prima di risalire in macchina ha tirato fuori una grossa pistola e ha tolto la sicura. Questo quel che ha visto la vecchia. Per questo ha chiamato la polizia. Per non ha sentito spari nella casa. Dev'essere rimasta delusa, dissi. Spiritoso. Ricordatemi di ridere fuori servizio. Ma anche la vecchia ha mancato il colpo. La squadra va l subito e nessuno risponde quando bussano, cos entrano dentro, perch la porta non chiusa. Non c' nessun morto sul pavimento. E non c' nessuno in casa. La gentildonna Florian se l' svignata. Cos quelli vanno alla porta vicina e lo dicono alla vecchia e lei ci rimane malissimo perch non ha visto la Florian uscire. Cos tornano indietro e fanno rapporto. Un'ora o un'ora e mezzo dopo la vecchia telefona ancora e dice che la signora Florian tornata a casa. Passano la comunicazione a me e io le domando che c' di speciale in questo e lei mi chiude il telefono in faccia. Nulty fece una pausa per riprender fiato ed attese i miei commenti. Io non avevo nessun commento da fare. Dopo un poco, ricominci a borbottare. Cos, che ne dite voi?. Niente. probabile che Malloy vada l, naturalmente. Dovrebbe conoscere molto bene la signora Florian. Naturalmente, non si fermer a lungo in quel posto. Potrebbe temere che la polizia si fosse informata sul conto della signora Florian. Quel che penso anch'io, disse con calma Nulty. Forse dovrei andare a trovarla e cercar di sapere dov'era andata. una buona idea, dissi io, purch riusciate a trovare qualcuno che vi

faccia alzare dalla sedia. Sempre spiritoso. Ad ogni modo ormai non ha pi importanza. Credo che non lo far. Benissimo, risposi. Prendiamola pure cos. Tanto, disse Nulty, Malloy non ci sfugge. Stavolta siamo davvero sulle sue tracce. Lo abbiamo trovato a Girard che andava verso nord, su una macchina d'affitto. Ha fatto benzina l e il ragazzo del posto di rifornimento lo ha riconosciuto in base alla descrizione che noi abbiamo radiotrasmesso. Ha detto che coincide ma che evidentemente Malloy ha cambiato d'abito, perch vestito di scuro. Abbiamo avvertito tutta la contea e tutto lo Stato. Se va a nord lo fermiamo alla barriera Ventura, se gira per la Ridge Route deve fermarsi a Castaic per pagare il pedaggio. Se non si ferma, quelli telefonano e fanno bloccare la strada. Non vogliamo n sparatorie n inseguimenti, se possiamo evitarli. Va bene cos?. Va benissimo, risposi, se davvero quello Malloy e se fa proprio quello che voi vi aspettate da lui e non altro. Nulty si schiar la gola accuratamente. Gi. E voi... che fate?. Niente. Perch dovrei fare qualcosa?. Eravate gi arrivato a un buon punto con quella gentildonna Florian. Magari lei potrebbe avere qualche buona idea. Per saperlo vi occorre solo una bottiglia piena. Voi l'avete gi curata molto bene. Meriterebbe che le dedicaste ancora un po' di tempo. Credevo che spettasse alla polizia. Sicuro. Per l'idea della ragazza stata vostra. Ma sembra fuori causa. Se la Florian non dice bugie. Le donne dicono sempre bugie. Lo fanno per abitudine, osserv Nulty cupo. Non avete molto da fare, vero?. Ho un lavoro. Ho avuto l'incarico dopo aver lasciato voi. Un lavoro per il quale mi pagano. Mi dispiace. Volete togliervi di mezzo, eh?. Non dico questo. Dico che devo lavorare per guadagnarmi da vivere. Benissimo, benissimo. Se la prendete a questo modo, benissimo. Non la prendo in nessun modo, urlai quasi. Soltanto non ho tempo da buttar via per voi o per qualunque altro poliziotto. Benissimo, arrabbiatevi pure, disse Nulty. E agganci. Io rimisi a posto il telefono e bevvi un altro sorso dalla bottiglia. Poco dopo uscii a comprare un giornale della sera. In una cosa almeno,

Nulty aveva avuto ragione. L'assassinio di Montgomery non aveva nemmeno due righe di cronaca. Lasciai l'ufficio in tempo per cenare presto. CAPITOLO VIII Arrivai a Montemar Vista all'imbrunire. C'era ancora un bel luccichio sulla superficie dell'acqua e la risacca si perdeva in lunghe strisce curve. Alcuni pellicani in formazione come apparecchi da bombardamento sfioravano la cresta bianca delle onde. Uno yacht solitario si dirigeva verso il porto di Bay City. In fondo all'immenso sconfinato deserto del Pacifico v'era un bagliore rosso-grigiastro. Montemar Vista era un gruppo di una dozzina di case di forma e dimensioni diverse, attaccate sul pendo di una montagna come se ve le avessero appuntate con degli spilli; sembrava che sarebbe bastato un soffio un po' forte per farle ruzzolare gi, fra le cabine della spiaggia. Salendo dalla spiaggia, la strada passava sotto un grande arco di cemento, che era un cavalcavia per i pedoni. Da uno dei lati dell'arco una rampa di scale anche in cemento con una ringhiera di ferro cromato si lanciava dritta come un fuso su per la montagna. Sotto l'arco vidi il caff del quale aveva parlato il mio cliente. Era un bel posticino, ben illuminato e dall'aria accogliente. Ma i tavolini di ferro con le tovagliette di tela non avevano avventori; soltanto una donna abbronzata, in pantaloni, era l seduta, mentre fumava e contemplava con aria assorta il mare. Aveva davanti a s una bottiglia di birra. Un fox-terrier si stava servendo di una delle seggiole di ferro come di un lampione. La donna sgrid distrattamente il cane mentre io mi accostavo e osservavo il marciapiede del caff allo scopo di utilizzarne lo spazio destinato al parcheggio. Ripassai sotto l'arco e m'incamminai per le scale. Per gli appassionati di alpinismo sarebbe stata una bella passeggiata. Fino a Cabrillo Street erano duecentottanta scalini, cosparsi di sabbia portata dal vento. La ringhiera, fredda e umida, rassomigliava alla pancia di un rospo. Quando arrivai in cima il luccichio era scomparso dall'acqua e un gabbiano, con una zampa spezzata, si beava alla brezza marina. Mi sedetti sull'ultimo scalino, freddo e umido, mi tolsi la sabbia dalle scarpe e aspettai che il battito del mio polso scendesse verso i cento colpi. Quando ebbi ripreso a respirare pi o meno normalmente mi rimisi in ordine la camicia e m'incamminai verso la casa illuminata che era l'unica in quel posto.

Una bella casetta con una scala esterna a chiocciola sul davanti si lasciava illuminare da una specie di fanale da carrozza messo sotto il portico. Il garage era seminterrato, da una parte. Attraverso il garage, dalla saracinesca alzata, la luce del portico batteva obliqua su un'auto che sembrava una corazzata, enorme e nera, con le rifiniture cromate, una coda di coyote legata alla vittoria alata sul tappo del radiatore e le iniziali istoriate al posto della marca. Era una automobile con guida a destra e aveva l'aria di essere costata pi della casa. Salii la scaletta a chiocciola, cercai un campanello e mi servii del battente che aveva la forma di una testa di tigre. I colpi si spensero lontani nella nebbia della sera. Non sentii passi nella casa. Sulla schiena la camicia sudata era come una lastra di ghiaccio. La porta si apr silenziosamente e io vidi un uomo alto e biondo, che indossava un vestito bianco di flanella e portava al collo un fazzoletto di seta viola. All'occhiello aveva un fiordaliso; i suoi occhi azzurro pallido sbiadivano al paragone. Il fazzoletto viola era abbastanza aperto da mostrare che l'uomo non portava cravatta e possedeva un collo forte, di un bruno delicato, simile al collo di una donna robusta. Aveva i lineamenti leggermente grossolani ma belli. Era qualche centimetro pi alto di me. La capigliatura bionda aveva tre onde regolari, naturali o artificiali che fossero, le quali mi fecero pensare agli scalini e mi dettero perci una sensazione spiacevole. Non mi sarebbero comunque piaciute in nessun caso. A parte tutto questo, quell'uomo aveva l'aspetto solito di un tipo che porta un vestito di flanella bianca con un fazzoletto viola al collo e un fiordaliso all'occhiello. Si schiar un po' la gola e guard il mare che scompariva nel buio alle mie spalle. Poi la sua voce fredda e schizzinosa disse: Che desiderate?. Le sette, dissi io. In punto. Ah, gi. Vediamo, voi vi chiamate... si interruppe e corrug la fronte a mo' di sforzo mnemonico. L'effetto fu falso come lo stato di servizio di un'auto usata. Io lo lasciai affaticarsi per un minuto, poi dissi: Philip Marlowe. Come oggi pomeriggio. Egli mi dette un'occhiata pensierosa, come se questo non gli andasse. Poi fece un passo indietro e disse con freddezza: Benissimo. Entrate, Marlowe. Il mio cameriere questa sera non in casa. Spalanc la porta con la punta di un dito, come se avesse paura di sporcarsi. Entrai e sentii un profumo. Egli chiuse la porta. Dall'ingresso passammo

in una specie di terrazzino che occupava internamente per tre lati una grande stanza da soggiorno uso studio. La quarta parete era occupata da un grande caminetto e da due porte. Nel caminetto scoppiettava un fuoco. Il terrazzino aveva una ringhiera di metallo ed era occupato da scaffali di libri e sculture di metallo su piedistalli. Scendemmo tre scalini e ci trovammo nella stanza da soggiorno propriamente detta. Il tappeto mi faceva il solletico alle caviglie. C'era un pianoforte a coda, chiuso. In un angolo un grande vaso d'argento sovrastava una striscia di velluto color pesca. Nel vaso c'era una sola rosa gialla. Intorno molti bei mobili, molti cuscini sul pavimento, con fiocchi dorati e senza. In un angolo in penombra, un grande divano coperto di damasco rassomigliava a un'alcova da palcoscenico. Era una bellissima stanza, per chi ce la facesse a sopportarla; una di quelle stanze dove la gente se ne sta seduta con le gambe incrociate a bere assenzio filtrato con lo zucchero in zollette, a parlare forte con voci artefatte e qualche volta a strillare quasi; una camera dove si poteva fare tutto meno che lavorare. Il signor Lindsay Marriott si sistem nell'arco del grande pianoforte, si chin ad annusare la rosa gialla, poi apr un portasigarette smaltato e accese una lunga sigaretta scura col bocchino d'oro. Io mi sedetti su una poltrona rosa, augurandomi di non lasciarvi il segno. Accesi una Camel, cacciai il fumo dal naso e guardai un pezzo di metallo lucido che era su un piedistallo. Aveva una curvatura piena e liscia, con una stretta spaccatura in mezzo a due sporgenze ai lati. Osservai quella roba. Marriott not che io guardavo. un pezzo interessante, disse con tono svagato. L'ho preso proprio l'altro giorno. "Lo spirito dell'alba" di Asta Dial. Credevo che fossero due foruncoli su un'altra cosa, dissi io. Il signor Lndsay Marriott fece una smorfia come se avesse inghiottito una mosca. Si riprese con un certo sforzo. Siete un umorista d'eccezione, disse. Non d'eccezione, risposi. Senza complessi, questo s. Bene, replic lui con freddezza. Benissimo. Non ne dubito. Il motivo per il quale desideravo vedervi , in effetti, cosa di assai lieve entit. Tale quasi da non valer la pena che vi facessi venire sin qua. Questa notte ho un appuntamento con un paio di persone alle quali consegner del denaro. Ho pensato che poteva essermi utile avere con me qualcuno. Voi portate la pistola?. Alle volte s, dissi. Guardai la fossetta nel suo mento largo e carnoso.

C'era da perderci dentro una moneta da due soldi. Non desidero che la portiate. Niente di quel genere. Questa una semplice operazione d'affari. Di solito non ammazzo nessuno, dissi io. Si tratta di ricatto?. Egli corrug la fronte. No, certo, disse. Io non ho l'abitudine di fornire materia per ricatti a nessuno. Succede anche alla gente per bene, io dissi. Direi anzi che succede specialmente alla gente per bene. Egli fece un cenno con la sigaretta. Aveva un'ombra pensierosa negli occhi color acqua marina, ma le labbra sorridevano. Era il sorriso che accompagna un nodo scorsoio di seta. Espir altro fumo e gett indietro il capo. Questo gesto mise meglio in risalto le linee forti del suo collo. Gli occhi si abbassarono lentamente e studiarono me. Incontrer queste due persone, con tutta probabilit, in un luogo molto solitario. Non so ancora dove. Aspetto una telefonata con i particolari. Devo tenermi pronto per uscire subito. Non sar troppo lontano di qui. Questi sono gli accordi. molto tempo che siete in ballo con questa storia?. Tre o quattro giorni. Avete preso in considerazione un po' tardi la questione della guardia del corpo. Egli riflett su questo. Scroll dalla sigaretta un po' di cenere scura. vero. Mi stato un po' difficile decidermi. Sarebbe meglio che io andassi solo, bench non si sia parlato per nulla del fatto che io portassi qualcuno con me o no. Ma d'altra parte io non sono quel che si dice un eroe. Vi conoscono di vista, naturalmente?. Non potrei dirlo con certezza. Io porter una grossa somma di denaro e non denaro mio. Agisco per un amico, e non mi sentirei naturalmente giustificato se me lo lasciassi portar via. Io gettai la sigaretta, mi appoggiai indietro sulla poltrona rosa e intrecciai le dita. Quanto denaro? dissi. E perch?. Veramente.... Era un sorriso disinvolto, adesso, ma non mi piaceva lo stesso. Non posso dirlo. Volete che vi accompagni per tenervi il cappello?. La mano ebbe uno scatto e un po' di cenere cadde sul polsino bianco. Egli la scroll e guard il punto dove essa si era posata. Temo che i vostri modi non mi piacciano, disse, con voce tagliente.

Altri si sono gi lamentati, risposi. Ma non serve. Parliamo un po' di questa faccenda Voi volete una guardia del corpo, ma non deve avere la pistola. Chiedete un aiuto, ma quest'aiuto non deve sapere che cosa deve fare. Pretendete che io rischi la pelle senza sapere perch n per chi. Quanto offrite per tutto questo?. Non mi ero preoccupato, in verit, di pensare a questo, disse. Aveva le guance di color rosso cupo. Allora, vorreste decidervi a preoccuparvene?. Egli si inchin con garbo e mi sorrise mostrandomi i denti. Vi sarebbe gradito un bel pugno in faccia?. Io risposi al sorriso e mi misi il cappello. Attraversando il tappeto, mi diressi all'uscita, ma senza fretta. La sua voce risuon di nuovo alle mie spalle. Vi offro cento dollari per poche ore del vostro tempo. Se non vi basta, ditelo. Non c' nessun rischio. Certi gioielli sono stati rubati a un mio amico in un'aggressione, e io li devo ricomprare. Sedetevi e non siate cos permaloso. Tornai alla poltrona rosa e mi sedetti di nuovo. Benissimo, dissi. Ascoltiamo. Ci fissammo per una decina di secondi. Avete mai sentito parlare della giada Fei Tsui? chiese lui lentamente, accendendo un'altra delle sue sigarette scure. No. l'unica qualit veramente di valore. Le altre valgono fino a un certo punto per il materiale, ma principalmente per la lavorazione. La Fei Tsui, invece, vale per se stessa. Tutti i giacimenti conosciuti sono esauriti da centinaia di anni. Una amica mia ha una collana di sessanta grani di circa sei carati ciascuno, finemente lavorati. Vale ottanta o novantamila dollari. Il governo cinese ne possiede una poco pi grande, valutata centoventicinquemila. La collana di questa mia amica stata rubata poche sere or sono. Ero presente anch'io, ma non potei far nulla. Avevo accompagnato la signora ad una festa e poi al Trocadero e stavamo tornando di l a casa sua. Una automobile ci sfior il parafango anteriore sinistro e si ferm, credetti io, per chiedere scusa. Invece si trattava di una vera e propria rapina, condotta molto bene e velocemente. Erano in tre o quattro uomini. Io ne vidi in verit soltanto due, ma sono sicuro che ce n'era un altro al volante dell'auto e mi parve di scorgerne un quarto al finestrino posteriore. Tolsero alla mia amica la collana di giada, insieme con due anelli e un braccialetto. Quello che sembrava il capo osserv gli oggetti senza mostrare nessuna

fretta, alla luce di una lampadina tascabile. Poi ci restitu uno degli anelli e disse che questo ci avrebbe fatto capire con che gente avevamo a che fare. Ci consigli anche di aspettare una telefonata prima di chiamare la polizia o la compagnia di assicurazioni. Noi obbedimmo a queste istruzioni. Sono cose che succedono spesso, d'altronde. O si tiene la cosa per s e si paga il riscatto, oppure non si rivedono mai pi i gioielli. Quando sono assicurati uno pu non preoccuparsene, ma quando sono pezzi rari val meglio pagare il riscatto. Annuii. E questa collana di giada, dissi, non una cosa che si trova tutti i giorni. Egli fece scivolare un dito sulla superficie lucida del pianoforte, con un'espressione sognante, come se toccare cose lisce gli desse piacere. Proprio cos, conferm. insostituibile. Non avrebbe dovuto portarla quella sera. Ma una donna irriflessiva. Gli altri oggetti erano di valore ma comuni. E quanto dovete pagare? chiesi. Ottomila dollari. scandalosamente poco. Ma se vero che la mia amica potrebbe difficilmente procurarsi un'altra collana uguale, pur vero che questi banditi non riuscirebbero facilmente a piazzare questa. Probabilmente la conoscono tutti i commercianti del ramo, in tutto il paese. Ha un nome questa vostra amica? Preferirei non farlo, per ora. Come sono gli accordi presi?. Mi fiss con quei suoi occhi pallidi. Mi parve un po' spaventato, ma non lo conoscevo bene. Poteva essere un tranello. La sua mano che reggeva la sigaretta non riusciva a star ferma. Abbiamo contrattato telefonicamente per diversi giorni, per mio tramite. tutto concordato, meno soltanto l'ora e il luogo dell'incontro. Dev'essere questa notte. In questo momento io attendo una telefonata che me lo dir. Non sar lontano di qui, hanno precisato, e io devo tenermi pronto per uscire subito. Credo che sia perch non possa far disporre nessuna imboscata dalla polizia. contrassegnato il denaro? Suppongo infatti che si tratti di denaro. In contanti, si capisce. Biglietti da venti dollari. No, perch dovrebbe essere contrassegnato?. Si pu farlo in modo che ci voglia la luce nera per accorgersene. Questo mica per altro, ma perch la polizia ci tiene a scoprire queste bande, se appena le si d un po' d'aiuto. Pensano che una parte di quel denaro possa

andare in tasca a qualcuno di loro, a titolo di premio. Egli corrug pensieroso la fronte. Temo di non sapere che cos' la luce nera, disse. Ultravioletta, dissi io. Fa brillare al buio certi inchiostri metallici. Posso provvedere io, se volete. Temo che ormai non ci sia pi tempo, egli disse bruscamente. Questa una delle cose che m'impensieriscono. Perch?. Perch mi avete chiamato oggi pomeriggio. Perch avete scelto me. Chi vi ha parlato di me?. Egli rise. La sua risata voleva essere pi giovanile di quel che fosse in realt. Bene, fatto sta che devo confessarvi di avere scelto il vostro nome a caso nell'elenco del telefono. Vi ho detto che prima m'ero ripromesso di non portare nessuno con me. Poi, oggi pomeriggio, ho cominciato a pensare diversamente. Accesi un'altra sigaretta e osservai i muscoli della sua gola. Allora, qual il programma? dissi. Egli allarg le mani. Andare dove mi dicono, consegnare il pacco del denaro e riavere la collana di giada. Ohib. Pare che vi piaccia molto quel modo di esprimervi. Quale modo di esprimermi?. Ohib. Io dove sar? Sul sedile posteriore?. Penso di s. una grossa auto. Potete facilmente nascondervi dietro. Ascoltate, dissi lentamente. Voi volete uscire, con me nascosto nell'auto, per una destinazione che vi sar comunicata chiss quando stanotte. Avrete con voi ottomila dollari in contanti e dovreste con questa somma ricomprare una collana di giada che vale dieci o dodici volte tanto. Quel che vi daranno, sempre ammesso che vi diano qualcosa, sar un pacchetto che non vi permetteranno di aprire. probabile che si limiteranno a prendere il denaro e lo andranno a contare altrove e, se proprio sono di cuore generoso, vi spediranno la collana per posta. Non c' niente da fare per impedire che vi facciano il bidone. Certo non c' proprio niente che io possa impedire. Questa gente specializzata e decisa. Sono capaci di darvi anche un bel colpo in testa, non fortissimo, ma tanto da farvi restare l mentre se ne vanno per i fatti loro. Bene, io temo realmente che accada qualcosa di simile, egli disse

sbattendo le palpebre. per questo forse che ho voluto qualcuno con me. Vi piantarono una lampadina in faccia quando vi dettero il mani in alto?. Egli scosse il capo, facendo cenno di no. Non vuol dire. Da allora possono avere avuto decine di occasioni di vedervi. Probabilmente sapevano tutto su di voi anche prima. Questi colpi sono preparati. Prendono tutte le misure del caso. come quando il dentista prende la misura del dente prima di fare l'otturazione d'oro. Voi uscite spesso con questa signora?. Ecco... non di rado, egli disse gelido. Sposata?. Sentite, scatt. Se lasciassimo completamente fuori della cosa la signora?. Benissimo, dissi. Ma pi ne so, meno tazze rischio di rompere. Dovrei tirarmi fuori da questo incarico, signor Marriott, dovrei davvero. Se i ragazzi hanno voglia di stare al gioco, non vi servo io. E se non stanno al gioco e hanno voglia di farvi il bidone, mica posso farci niente io. Desidero solo la vostra compagnia, egli disse in fretta. Io scrollai le spalle. Benissimo. Per guido io la macchina e tengo io il pacco. Dietro vi nascondete voi. Siamo suppergi della stessa statura. Se ci fossero discussioni, diciamo la verit. Non abbiamo niente da perdere per questo. No, disse lui. E si morse le labbra. Prendo cento dollari per non far niente. Se ci saranno delle grane, spettano a me. Egli corrug la fronte e scosse il capo. Dopo qualche attimo, tuttavia, si schiar lentamente in volto e sorrise. Va bene, concluse. Non mi pare poi molto importante. Saremo insieme. Gradite bere qualcosa?. Ohib, grazie, dissi. E potreste portarmi i cento verdoni. Mi fa sempre piacere toccare il denaro. Egli si allontan come un ballerino, col corpo quasi immobile dalla cintola in su. Mentre stava per uscire, suon il telefono, che era in una specie di alcova laterale. Non era la telefonata che aspettavamo. Egli aveva un tono troppo affettuoso. Sempre camminando come un ballerino, ritorn con una bottiglia di

Martell Cinque Stelle e cinque bei bigliettoni da venti dollari. Insomma era una buona serata... fin l, almeno. CAPITOLO IX La casa era molto tranquilla. Da lontano giungeva un rumore che poteva essere tanto la risacca quanto un'auto sulla strada o il vento fra gli alberi. Naturalmente era il mare, che si frangeva sotto di noi. Io, seduto, ascoltavo e mi abbandonavo a lunghi e complicati pensieri. In un'ora e mezzo il telefono suon quattro volte. La chiamata importante venne otto minuti dopo le dieci. Marriott parl brevemente, a voce bassa, riappese il ricevitore senza far rumore e rest in piedi con l'aria di chi impone silenzio ai presenti. Aveva i muscoli del volto tirati. Si era cambiato vestito e si era messo in scuro. Passeggi in silenzio per la stanza e si vers un bicchiere. Lo tenne un attimo controluce con una specie di sorriso imbarazzato, poi gett indietro la testa per tracannarlo d'un fiato. Tutto a posto. Siamo pronti, Marlowe?. tutta la sera che sono pronto. Dove si va?. In un posto che si chiama Purissima Canyon. Mai sentito. Prender la carta. And a prendere una carta topografica e la spieg. Mentre si chinava sulla pianta la luce fece brillare i suoi capelli d'ottone. Egli indic un punto col dito. Il posto era uno dei moltissimi canyon che si trovavano da quelle parti, lungo la strada a nord di Bay City. Ebbi una vaga idea dell'ubicazione, ma non di pi. A quanto pareva il posto si trovava in fondo a una certa strada chiamata Camino de la Costa. Saranno non pi di dodici minuti di qua, disse Marriott. Sar meglio andare. In venti minuti dobbiamo farcela. Egli mi porse un soprabito di colore chiaro che faceva di me un bellissimo bersaglio. Mi andava benissimo. Tenni il mio cappello. Sotto l'ascella avevo la pistola, ma non gliel'avevo detto. Mentre io infilavo il soprabito, egli continu a parlare con voce nervosa facendo ballare fra le mani la grossa busta azzurra che conteneva le ottomila svanziche. In fondo a Purissima Canyon c' una specie di spiazzo, mi hanno detto. separato dalla strada da uno steccato bianco, ma noi possiamo penetrarvi. Di l parte una stradina buia che porta in una gola. Noi dobbiamo aspettare l a luci spente. Non ci sono case nelle vicinanze.

Noi?. Io, si capisce. In teoria. Mi porse la busta azzurra e io l'aprii guardando che cosa conteneva. Era proprio denaro, in bei biglietti di banca. Non lo contai. Rimisi l'elastico e infilai il plico nella tasca interna del soprabito. Me lo sentii premere contro le costole. Ci avviammo per uscire, Marriott spense tutte le luci. Apr la porta con cautela e scrut la nebbia. Uscimmo, scendemmo in strada per la scala a chiocciola ed entrammo nel garage. C'era parecchia nebbia, come sempre la notte da quelle parti. Dovetti far andare per un po' il tergicristallo. La grossa auto correva da s, io tenevo il volante per salvare le apparenze. Per due minuti scendemmo lungo il fianco della montagna disegnando degli otto, poi sbucammo davanti al marciapiede del caff. Capii allora perch Marriott mi avesse detto di salire a piedi le scale. Con l'auto su per quelle stradine tortuose non me la sarei mai cavata da solo. Sull'autostrada le luci delle macchine formavano un raggio quasi continuo in entrambe le direzioni. C'erano grosse trebbiatrici che arrancavano cigolando verso nord, tutte ornate di festoni e di lampioncini verdi e gialli. Tre minuti dopo voltammo verso l'interno, dietro una casa cantoniera. Proseguimmo lungo il fianco della collina. Ora la strada era tranquilla. Tutto era solitudine, dal mare giungeva il profumo delle alghe, da terra quello della salvia. Qua e l appariva isolata da tutto una finestra gialla, come un arancio perduto. Passavano auto, innaffiando il selciato di luce bianca e gelida, poi si allontanavano di nuovo nel buio. Folate di nebbia coprivano le stelle in cielo. Marriott si sporse avanti, dal sedile posteriore, e disse: Quelle luci a destra sono il Belvedere Beach Club. Il prossimo canyon Las Pulgas e, quello dopo, Purissima. Voltiamo a destra in cima alla seconda salita. Parlava con voce bassa e turbata. Io annuii e continuai a guidare. Tenete gi la testa, gli dissi. Possiamo essere sorvegliati. Queste macchine sono noiose come mosche. Magari i ragazzi possono non gradire che voi abbiate un fratello gemello. Ci incontrammo in una gola all'estremit di un canyon. Proseguimmo sul terreno battuto, ora in salita, ora in discesa. Infine la voce di Marriott mi disse all'orecchio: La prima strada a destra. Dov' la casa con la torretta quadrata. Voltate

l. Ma l'avete scelto insieme questo posto?. Non proprio, fece Marriott, con una risatina secca. Senonch a me succede di conoscer molto bene questi luoghi. Voltai la macchina a destra dietro l'angolo di una casa che aveva una torre quadrata coperta in cima di tegole rotonde. I fanali illuminarono per un attimo una targa stradale che diceva: Camino de la Costa. Ci trovammo in una strada piuttosto larga, costeggiata da un impianto di lampioni non portato a termine e da marciapiedi coperti di erbacce. Doveva essere il sogno fallito di qualche costruttore. A3 di l dei marciapiedi erbosi si sentivano frinire i grilli e gracidare le rane-toro. L'auto di Marriott era silenziosa. Incontrammo una casa, poi altre due, poi non ce ne furono pi. Una o due finestre erano ancora illuminate, ma pareva che la gente da quelle parti andasse a letto con le galline. Poi la strada lastricata fin bruscamente in un sentiero di terra battuta, dura come il cemento d'inverno. Questo sentiero si restringeva e discendeva per la collina fra pareti di cespugli. A destra brillavano nell'aria le luci del Belvedere Beach Club. Lontano si scorgeva un bagliore di acqua mossa. La notte era piena del profumo aspro della salvia. Poi uno steccato bianco si par in mezzo alla strada e Marriott mi parl di nuovo all'orecchio. Non credo che si possa passare, disse. Mi pare che lo spazio non basti. Io spensi il motore e i fanali, rimasi l in ascolto. Nulla. Riaccesi i fanali e scesi dalla macchina. I grilli smisero di frinire. Per un po' il silenzio fu talmente assoluto che si sentiva il rumore delle ruote sull'autostrada, a un miglio di distanza. Poi, una alla volta, le cicale ricominciarono, finch riempirono di nuovo il silenzio della notte. State l. Faccio un giro per vedere, mormorai rivolto all'interno dell'auto. Toccai la fondina della pistola sotto la giacca e mi spinsi avanti. Lo spazio fra lo steccato e i cespugli non era maggiore di quanto appariva guardando dall'auto. Qualcuno aveva spezzato un po' dei cespugli e c'er