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Bimestrale d’informazione cinematografica edito dalla FICE - Federazione Italiana Cinema d’Essai numero 1 2014 ANNO XIV - NUOVA SERIE - N.1 - GENNAIO/FEBBRAIO 2014 - Euro 3,00 - SPED. ABBONAMENTO POSTALE 70% - FILIALE DI ROMA Monuments Men di George Clooney Berlinale, Oscar, Sundance I nuovi Corti Fice Monuments Men di George Clooney anteprime Allacciate le cinture di Ferzan Ozpetek La mossa del pinguino di Claudio Amendola Smetto quando voglio di Sydney Sibilia Smetto quando voglio di Sydney Sibilia esordio doc interviste Joel e Ethan Coen Basso, De Luigi, Fassbender, Jonze, Mollo, Patierno, Streep Verdone, von Trier

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  • Bimestrale d’informazione cinematografica edito dalla FICE - Federazione Italiana Cinema d’Essai

    numero1 2014

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    Monuments Mendi George Clooney

    Berlinale, Oscar, Sundance

    I nuovi Corti Fice

    Monuments Mendi George Clooney

    anteprime

    Allacciate le cinturedi Ferzan Ozpetek

    La mossa del pinguinodi Claudio AmendolaSmetto

    quando vogliodi Sydney Sibilia

    Smetto quando voglio

    di Sydney Sibiliaesordio doc

    intervisteJoel e Ethan CoenBasso, De Luigi, Fassbender, Jonze, Mollo, Patierno, StreepVerdone, von Trier

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    ••• “Steve lavora a 360 gradi:quando sei sul set prova a tirar fuori da tetutto il tuo bagaglio professionale. La sera,quando torni in albergo, sei letteralmentedistrutto e pensi solo a quello che ti aspettala mattina dopo e per tutta la settimanasuccessiva. Ogni scena viene studiata,preparata e girata con grandissimaattenzione. L’unico sollievo è che l’impegnoè molto breve, per quanto intensissimo: pergirare 12 anni schiavo ha impiegatocomplessivamente 35 giorni”. MichaelFassbender sottolinea con grandesoddisfazione la qualità del lavoro con il“suo” regista Steve McQueen, che lo hascoperto e diretto in Hunger per poiportarlo alla celebrità internazionale conShame. Un impegno che l’attore irlandeserinnova sempre con piacere e interesse, perquello che considera uno dei grandi autoriemergenti del cinema mondiale: “hacambiato la mia vita e io gli devo senzadubbio tutto”, afferma l’attore, attualmentesugli schermi italiani ne Il procuratore diRidley Scott e il cui nome è legato adalmeno un’altra decina di progetti da qui al2015. “Steve e io abbiamo sviluppatovelocemente un grande legame e loconsidero una sorta d’ispirazione: ti sostienemolto durante le riprese e ti spinge a fidartidel tuo istinto senza paura di sbagliare.Anzi, vuole che tutti vadano al massimoproprio per commettere errori da mettereda parte. Non gli piacciono i trucchi di noiattori e tutto quello che utilizziamo perproteggerci: quando lavori con lui ti strappavia la maschera e ti obbliga a mantenertisincero e soprattutto reale”.Lavorerà ancora con lui?Sinceramente me lo auguro e ci conto. Steve

    è una di quelle persone cui non posso e nonvoglio dire di no.Dopo alcune produzioni dalla natura piùcommerciale, torna a lavorare in unprogetto che affronta un tema moltoserio come quello della schiavitù.Quanto è importante tornare a uncinema indipendente e impegnato?Per me è una necessità partecipare a questifilm con ruoli così importanti. Ovviamenteavevo già accettato la parte quando Steveme ne aveva parlato per telefono e nonesisteva ancora una sceneggiatura: sapevoche 12 anni schiavo avrebbe raccontatouna storia di grande interesse e fascino. Perme è fondamentale esser parte di un cinemarilevante per la società. Certo, spessointerpreto ruoli in film di purointrattenimento, ma nelle mie scelte c’èsempre un cinema di qualità che adoro siacome attore che come spettatore.Cosa pensa del racconto della schiavitùpresente nel film?Mi piace la complessità con cui Steve haaffrontato il tema: non si tratta solo dirazzismo, di schiavi e padroni, bensì diqualcosa di più complicato e profondo cheha a che fare con l’economia di un paese,con l’industria. In questo film la schiavitùnon è un concetto radicato solo nella mentedelle persone ma anche nella società e nelsistema economico dell’epoca. La suaabolizione non era solo una rivoluzioneculturale, ma anche la scelta di una teoriaeconomica differente.Qual è la rilevanza del film per ilpubblico di oggi?Al di là della banalità che conoscere la storiadel passato serve a comprendere meglio noistessi e cosa siamo diventati, bisogna

    pensare ancora una volta alle motivazioni dicarattere economico: quanti bambini hannolavorato in fabbriche terribili per produrregli abiti che indossiamo o i palloni con cuigiochiamo a calcio? Quanti piccoli conflitti cisono intorno al mondo, generati da questaforma di schiavitù di cui non ci rendiamoconto? Mi piace sperare che tutti possanolavorare fianco a fianco per cancellare questiorrori, ma non sono del tutto sicurodell’efficacia dei nostri sforzi.Sembra emergere in lei uno spiccatosenso di responsabilità.Non accetti un ruolo del genere se non saiche, in qualche maniera, devi sentirtiresponsabile per quello che stairaccontando. Volevo il ruolo e volevo anchela responsabilità di interpretarlo al meglio.Far bene il mio lavoro significava rendereomaggio a tutti gli schiavi che hanno tantosofferto. Quando giravamo nellepiantagioni, in alcuni momenti ci sembravadi essere come circondati dai loro fantasmi.Eccola la responsabilità: quella che un attoreha di mostrare gli esseri umani senzagiudicarli, al tempo stesso tuttavia senzacondonare i loro errori. Per me la cosa piùimportante è che chi guarda i mieipersonaggi possa cogliere in cambio lapossibilità di uno sguardo su se stesso. Èquello che accade a me quando guardo unfilm. Del resto, quello che avviene aglischiavi protagonisti di questa storia èorribile ma anche le persone che lipuniscono e usano la frusta “soffrono”,anche se inconsapevolmente: la crudeltàdanneggia le loro anime e il loro senso diumanità.

    • MARCO SPAGNOLI

    Michael Fassbenderi n t e r v i s t a

    V I V I L C I N E M A g e n n a i o f e b b r a i o 1 4

    Braccia che lavoranoLa schiavitù come sistema economico nazionale: l’attore irlandese sottolinea l’aspettosaliente che fa da sfondo a “12 anni schiavo”, diretto dal suo scopritore Steve McQueen,con protagonista Chiwetel Ejiofor e in corsa per gli Oscar. Nel cast anche Brad Pitt

    LE PRINCIPALI INTERPRETAZIONI - Angel(2007), Hunger (2008), Fish tank (2009), Bastardisenza gloria (2009), Jane Eyre (2011), X Men –L’inizio (2011), A dangerous method (2011),Knockout – Resa dei conti (2011), Shame(2011), Prometheus (2012), The counselor - Ilprocuratore (2013), 12 anni schiavo (2013),Frank (2014), X Men – Giorni di un futuro pas-sato (2014)

    Fassbender con Lupita Nyong’o e Chiwetel Ejiofor

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    ••• Come altre volte nel passatorecente, nessun film italiano è in concorso alla64^ Berlinale: come un cane che si morde lacoda, senza una rilevante presenza nostrananon c’è grande eco mediatica, ma senza unavalida risonanza i nostri produttori si tengonoa distanza. Eppure, il festival diretto da DieterKosslick vanta un buon numero di anteprimemondiali, ottime retrospettive (quest’anno laluce nei film giapponesi, europei eamericani), il restauro de Il gabinetto deldottor Caligari, il mercato e il TalentCampus, i film sul mondo dell’infanzia edell’adolescenza in Generation, il Forum conopere di ricerca tutte da scoprire (inclusa lacoproduzione italiana Le beau danger diRené Frölke), l’Orso alla carriera assegnato aKen Loach e le sezioni principali, concorso ePanorama, dov’è presente l’ultima regia diEdoardo Winspeare, In grazia di Dio, storiad’una famiglia del Salento rigenerata dallacrisi economica. La giuria, presieduta dalproduttore (di Ang Lee) James Schamus, ècomposta dalla collega Barbara Broccoli, dal

    regista Michel Gondry, dalle attrici TrineDyrholm e Greta Gerwig, dagli attori TonyLeung e Christoph Waltz.Il concorso schiera il film d’apertura TheGrand Budapest Hotel di Wes Anderson,con un cast foltissimo che ruota attorno alportiere d’albergo Ralph Fiennes coinvoltoin un intrigo (ne riparleremo nel prossimonumero), e il fuori concorso MonumentsMen di e con George Clooney; il nuovo filmdi Alain Resnais, che torna al suo amato AlanAyckbourne con Aimer, boire et chantersulle ripercussioni di una malattia nellerelazioni di un gruppo di amici; RichardLinklater, il cui Boyhood copre 12 anni nellavita di una famiglia ripresa in tempo reale; ilnorvegese In order of disappearance diHans Petter Moland, in cui la morte del figlioper droga immerge il protagonista nellaguerra del narcotraffico; Rachid Bouchareb(London river) in Two men in towndescrive l’amicizia tra un ex detenuto el’ufficiale di sorveglianza (Forest Whitaker eHarvey Keitel); ’71 di Yann Demange è la

    storia vera di un soldato inglese smarritonella Belfast dei Troubles; già Orso d’oro, lacilena Claudia Llosa ha girato in ingleseAloft, storia del rapporto burrascoso tra unamadre artista (Jennifer Connelly) e un figlio(Cillian Murphy); Die gelichten Schwesterndi Dominik Graf narra dell’amore di FriedrichSchiller per le sorelle Lengefeld, il grecoStratos di Yannis Economides tratteggia unkiller in cerca di riscatto. Dal Sud America(con capitali tedeschi) Historia del miedo diBenjamin Naishat, Praia do futuro di KarimAinouz e La tercera orilla di Celina Murga,mentre i padroni di casa schierano EdwardBerger, Dietrich Bruggemann e Feo Aladag.L’Asia è rappresentata dal giapponese YojdirYamada e dai cinesi Lou Ye, Ning Hao e DiaoYinan. Fuori concorso La bella e la bestiariletta da Christophe Gans, con VincentCassel e Léa Seydoux. Nella Berlinale SpecialNon buttiamoci giù, che Pascal Chaumeilha tratto dal romanzo di Nick Hornby, conPierce Brosnan e Toni Collette; tra Darwin eHitchcock il documentario The Galapagos

    Il gusto della scoperta

    Berlinale s p e c i a l e

    THE GRAND BUDAPEST HOTEL

    Il gusto della scopertaNel concorso manca l’Italia ma non gli autori affermati e i talenti emergenti. Apre WesAnderson, Clooney superstar, Edoardo Winspeare nel Panorama con “In grazia di Dio”

  • V I V I L C I N E M A g e n n a i o f e b b r a i o 1 4 15

    affair di Dayna Goldfine e Dan Geller, con le voci di Cate Blanchett eDiane Kruger a narrare un’utopia alla Robinson Crusoe degenerata indelitto; il film corale The turning, 17 corti tratti dai raccontidell’australiano Tim Winton; Il centenario che saltò dalla finestra escomparve dal bestseller svedese, il biografico Cesar Chavez di DiegoLuna con John Malkovich e Rosario Dawson; Pierre Salvadori dirige laDeneuve in Dans la cour, Viggo Mortensen nel thriller The two facesof January, André Dussollier in Diplomatie di Volker Schlondorff,Someone you love della danese Pernille Fischer Christensen e ilprogetto collettivo in 3D Kathedralen der Kultur, 6 documentari afirma Wim Wenders e Robert Redford tra gli altri.Panorama presenta Arrête ou je continue, dove Emmanuelle Devos eMathieu Amalric sono una coppia insieme da troppo tempo;fascinazioni gay nel brasiliano Hoje eu quero voltar sozinho di DanielRibeiro, nel filippino Unfriend di Joselito Altajeros e in Test di ChrisMason Johnson, sul mondo della danza di San Francisco nei primi annidell’Aids; le solitudini urbane di O homem das multidôes di MarceloGomes e Cao Guimarâes, le atrocità sofferte da una casta di intoccabilinell’indiano Papilio Buddha di Jayan Cherian, il commercio illegale dicosmetici in Quick change del filippino Eduardo Roy jr, il thrillertedesco Stereo con Jurgen Vogel e Moritz Bleibtreu (la cui tramaricorda A history of violence); la conversazione con Noam Chomsky diMichel Gondry Is the man who is tall happy?, con tanto dianimazione; tre anni dell’infanzia di Abramo Lincoln in The betterangels di A.J. Edwards; lo scherzo dagli esiti fatali del turco The lambdi Kutlug Ataman, la tentazione del crimine di un uomo di famiglia inThings people do di Saar Klein; il mondo sommerso dalle acque nelvietnamita Nuoc; dall’Oriente Fruit Chan, Dante Lem, LeeSong Hee-il,Mao Kubota che mostra in Homeland la zona di Fukushima; il ritornodi Robert Lepage che adatta la sua pièce Tryptique, riflessionepoetica su memoria, lingua e identità e infine due chicche: la primadelle due biografie di Yves Saint Laurent provenienti dalla Francia,diretta da Jalil Lespert, e il ritorno di Tsai Ming-liang dopo il premioveneziano a Stray dogs: Journey to the west.

    • MARIO MAZZETTI

    2014 Fabio Molloi n t e r v i s t a

    ••• Toronto, Roma, Torino, l’approdo in sala a dicembre eora l’opera prima di Fabio Mollo, Il sud è niente, si appresta arappresentare l’Italia nella sezione Generation del Festival diBerlino. Il regista ci racconta il percorso del suo film traprestigiosi festival. “Toronto è stata un’importante vetrina perun film indipendente realizzato con un piccolissimo budget. Unfilm nato all’insegna del debutto per molte figure: regia, capireparto, attrice e produttori. Quest’anno il festival ha dedicatomolto spazio al giovane cinema italiano: l’incontro con ilpubblico è stato caloroso perché, ancora coinvolto edemozionato dalla proiezione, aveva voglia di conoscere quellospaccato, quell’Italia rappresentata nel film”.Il Festival di Roma, all’interno di Alice nella città, è stataun’altra tappa importante del vostro percorso.Siamo arrivati lì con un po’ di tensione ma alla fine della proie-zione c’è stato un lunghissimo applauso e il dibattito successivo,durato un’ora e mezza, è stato emozionante perché le doman-de arrivavano da una platea di studenti dalla quale ho appresomolto. Il film ha vinto il premio ai migliori produttori emergenti.Prima di approdare in sala c’è stata anche la parentesi al TorinoFilm Festival, fuori concorso – il film aveva vinto tre anni fa conla sceneggiatura il Torino Film Lab. C’è stata poi l’anteprimanazionale a Reggio Calabria: abbiamo voluto presentare il filmprima di tutto nei luoghi dove è stato girato e in generale vole-vamo aprirci per primi agli spettatori del sud. Ora c’è la grande avventura berlinese…È una grande emozione perché la sezione Generation non rac-conta solo tematiche legate al mondo dei giovani ma offre unampio spaccato su nuove tendenze, linguaggi e sperimentazio-ne. La sceneggiatura è stata sviluppata qualche anno fa all’inter-no del progetto Belinale Talent; sempre a Berlino ho presentatoil mio cortometraggio I giganti. Si tratta quindi di un piacevoleritorno. Non bastasse, quest’anno tra le Shooting Star, i talentiemergenti omaggiati dal festival, c’è la protagonista del filmMiriam Karlkvist, fatto più unico che raro visto che si tratta diun’esordiente assoluta.Progetti futuri?Sto scrivendo un documentario e un lungometraggio. Lenumerose difficoltà che abbiamo affrontato per produrre Ilsud è niente mi hanno fatto capire quanto sono innamoratodi questo lavoro. Vorrei che le storie che sto scrivendo mante-nessero la stessa urgenza e necessità alla base del film, conti-nuando a raccontare la mia generazione che sta vivendo gros-se difficoltà.

    • DAVIDE ZANZA

    Onda lungaDopo un rilevante percorso festivalieropartito da Toronto e prima di partire perBerlino, dove vedrà consacrata cometalento emergente la protagonista MiriamKarlkvist, il regista ripercorre difficoltà egratificazioni provate con “Il sud è niente”

    IN ORDER OF DISAPPEARANCE

    IN GRAZIA DI DIO

    Miriam Karlkvist

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    ••• “Se ho una vena drammatica?Beh, credo stia nella qualità di quel che unofa. E poi questo è quel che arriva, e non solo ame. Forse, con il Golden Globe a La grandebellezza ci apriremo a qualcos’altro ma iofaccio questo mestiere: le commedie vannobene, è un filone che tira e – ripeto – michiamano”. Parola di Fabio De Luigi, che tornasul grande schermo con Una donna peramica di Giovanni Veronesi, set diviso a metàcon Laetitia Casta, la possibilità dell’amicizia trauomo e donna per interrogativo esistenziale e,soprattutto, sentimentale.De Luigi: tante commedie, ma un filmdrammatico?Beh, una parte ne La grande bellezza l’avreivoluta... Sorrentino e Garrone hanno cifra,linguaggio e contenuto in forma alta: fannocose belle da vedere, ma che devo fare? Non sipuò andare a mettersi sotto casa loro, forse ilmio è un tipo di percorso che non mirenderebbe credibile in altri ruoli.Come ti spieghi il successo: sei bravo,funzioni, hai un buon carattere?Beh, un successo dovuto al buon caratteresarebbe tristissimo… Credo perché funziono,banalmente. A un certo punto non funzioneròpiù, d’accordo, ma per ora cerco di sceglierecose che mi piacciano, che mi diano unapossibilità. Io cerco di provare a cambiare, diavventurarmi in cose più rischiose ma è difficile:chi vuole fare un film ha in mente unpersonaggio che si sposa con quel modo e tuindossi quella maschera che ti aiuta a essereapprezzato. Poi cerchi di uscirne, ma se lo fainon vieni riconosciuto.Fronte del rischio: hai in mente Happyfamily di Salvatores?Sì, Happy family che ha avuto anche un

    discreto successo, ma anche Gli amici del BarMargherita di Avati e i film di AlessandroGenovesi: La peggior settimana della miavita, Il peggior Natale della mia vita e ilprossimo Soap opera. Sono impiantidrammaturgici pensati per crearedivertimento e gag ma con una qualitàautoriale forse poco riconosciuta. Con Happyfamily ho avuto la possibilità di unpersonaggio più rotondo, più costruito,divertente ma dentro la verità; cerco sempredi mantenerla, la verità, anche nel grottesco.Per quanto assurde e spinte le situazioni,cerco di mantenere una misura.A chi ti ispiri, fuori e dentro l’Italia?In assoluto Peter Sellers: mi piace molto perchéera trasversale, poteva fare tante cose e tuttebene, mi divertiva proprio tanto. Per l’Italia,viceversa, sono imbevuto di tutti i miglioricomici che hanno fatto cinema, da Totò aSordi, dal Gassman comico brillante aTognazzi. Difficile dire a chi mi sono ispirato…Forse a Totò, di cui ho sempre ammirato lavena surreale, quella meno apprezzata econosciuta, piuttosto che la maschera classica.Sì, Totò era molto avanti.Veniamo a Una donna per amica diVeronesi.Giovanni ha delle corde di cinema chem’interessano. Verrà catalogata comecommedia sentimentale, più che comico pieno.È una storia più costruita, ci si diverte ma nonsolo con le gag: Laetitia Casta è intrigante, misembrava giusta per il tema del film e lo èstata: per questa storia, l’amicizia fra uomoe donna, già raccontata ma qui con difficoltàulteriori, lei è particolarmente affascinante, èunica e ha saputo dare credibilità alpersonaggio, a partire dal fatto che non è

    italiana. Raccontiamo un equivoco: viverel’amicizia fra due persone di sesso diverso.Un tema universale, calato nella realtàitaliana qui e ora?Non c’è ricerca sociologica ma il film èambientato nei nostri anni. Normale ci sianoforme di amicizia fra persone di sesso diverso,ma qui si mette il punto interrogativo: non c’èdesiderio di fare un trattato ma per Giovanniquest’amicizia non esiste. Uno fra i due èdebole rispetto all’altro, tra persone di sessodiverso c’è sempre una forma d’attrazione:che dire, per essere amici bisogna farsi schifofisicamente, trovarsi ributtanti… Almeno,questa è la posizione del film: ci piacevaraccontare questa visione dei fatti ma il miopersonaggio difende molto l’amicizia, ci credema poi si rende conto che c’era l’amore,messo sotto al tappeto…Altri progetti in cantiere?Soap opera di Genovesi, già sceneggiatore diHappy family, come quello tratto da una suapièce teatrale; davvero “il” suo film, con castcorale, operazione molto interessante anchedal punto di vista visivo, un lavoro curioso ininterni a Cinecittà.Insomma, la commedia in Italia è unproblema o no?È vero, c’è un problema, forse bisognaprovare a sperimentare ma serve un patto tranoi e chi ci giudica, perché se uno fa una cosadiversa e poi viene invitato a non farla più…Provare è rischiare, si può sbagliare ma nondeve partire la gara di tiro al piccione, comeper La peggiore settimana della mia vita,ispirata a una serie tv inglese e accusata ditaglio anglosassone. Comunque, io provoa fare cose diverse, soprattutto surreali.

    • FEDERICO PONTIGGIA

    Fabio De Luigii n t e r v i s t a

    V I V I L C I N E M A g e n n a i o f e b b r a i o 1 4

    LE PRINCIPALI INTERPRETAZIONI - Matrimoni (1998), Asini (1999), Tutti gli uomini del deficiente (1999), Il partigiano Johnny (2000), Se fossi in te (2001), È già ieri (2004), Natale a New York(2006), Natale in crociera (2007), Come Dio comanda (2008), Ex (2009), Gli amici del bar Margherita (2009), Happy family (2010), Maschi contro femmine (2010), Femmine contro maschi (2011),La peggior settimana della mia vita (2011), Com'è bello far l'amore (2012), Il peggior Natale della mia vita (2012), Aspirante vedovo (2013), Una donna per amica (2014), Soap opera (2014)

    Amica complice amante“Una donna per amica”, diretto da Giovanni Veronesi e con Laetitia Casta, segna un nuovo capitolo per l’attore comico dalla vena surreale, che rivedremonell’imminente “Soap opera” di Alessandro Genovesi

    L’attore con Laetitia Casta

    Con Cristiana Capotondi in SOAP OPERA

  • V I V I L C I N E M A g e n n a i o f e b b r a i o 1 2 17V I V I L C I N E M A g e n n a i o f e b b r a i o 1 4 17

    Francesco Patierno

    ••• La gente che sta bene, direttoda Francesco Patierno, è il secondo libro delloscrittore Federico Baccomo Duchesne adiventare un film in meno di due anni: dopoStudio illegale, la penna dell’avvocatomilanese torna ad essere il punto di partenzaper un racconto un po’ cinico sull’Italia dioggi, sulle sue debolezze e magagne, con alcentro della trama un inedito Claudio Bisionei panni di un legale senza scrupoli. Un filminteressante e insolito che porta il registanapoletano su un terreno nuovo, quello dellacommedia di costume legata alla nostrasocietà, con momenti divertenti ma ancherisvolti potenzialmente drammatici.Cosa l’affascinava del romanzo?Mi attirava l’idea di raccontare una storiaprofondamente inserita nella nostra epoca:una commedia dal tono un po’ drammaticoche proponesse al pubblico un tema rilevantee che fino alla fine lo tenesse nel dubbio sucome sarebbero andate a finire le vicendedei protagonisti. Sono molto soddisfatto delrisultato e credo finalmente di aver messo afrutto l’esperienza di questi anni: spesso,infatti, nelle commedie italiane non viviparticolari colpi di scena e, per quantiproblemi possa avere il protagonista, è comese seguisse una strada già disegnata versol’inevitabile lieto fine. Io, invece, volevoprovare a fare qualcos’altro, perché questolibro consentiva di avere una prima partemolto brillante ma anche una seconda piùincalzante e incerta. La gente che sta benead un certo punto diventa un thriller.Chi sono i protagonisti della storia?La classe umana che ha caratterizzato l’Italiadegli ultimi vent’anni. Un ritratto preciso,scanzonato, non ideologico del mondo in cuitutti abbiamo vissuto. Un film che va oltre ilberlusconismo e le sue influenze suicomportamenti e sull’etica degli italiani, perraccontare alcune tipologie di persone e le

    loro scelte. Si parla del mondo dei ricchi, della“gente che sta bene” e delle loroproblematiche, spesso distanti dalla vita ditutti i giorni della maggioranza degli italiani.Una commedia a tutto tondo con momentibrillanti e altri più seri, se non quasidrammatici, con un Claudio Bisio inedito chemostra dei lati sorprendenti del suo talento.È la prima volta che lavora con attori daltalento e dall’esperienza consolidati:Claudio Bisio, Margherita Buy e DiegoAbatantuono.È vero e mi sono trovato benissimo. Per quelloche riguarda Bisio posso dire che è stataun’enorme fortuna averlo nel cast, perché lasua scelta è dipesa principalmente dal fattoche nel romanzo viene chiesto al protagonistachi a suo avviso avrebbe potuto interpretarloal cinema e lui risponde facendo proprio ilnome di Bisio. In questo senso lascelta di Claudio è partitaproprio dal libro. La genteche sta bene è interamenteincentrato su di lui e sul suotalento. Un film fatto didialoghi complessi e disituazioni non facili,che potevanoessere digeriti eresi in manieraperfettasoltanto daun artista digrandeserietà eimpegnocome lui. Un lavorodi

    preparazione accurato, che ha evitato qualsiasiimprovvisazione e qualsiasi superficialitàgigioneggiante. Margherita Buy porta sulloschermo una moglie forte che gestisce inmaniera importante l’esuberanza del marito,che sembra controllare con l’ascolto e ilsilenzio. Diego Abatantuono, invece, portasullo schermo un personaggio inquietante ecattivo con grande empatia. Sono attori dallaforte personalità, molto amati dal pubblico,capaci di mettersi in gioco interpretando ruolidiversi dal solito.Lei ha fatto film sempre molto diversi traloro…È la prima quadratura del cerchio tra uncinema industriale e le suggestioni di unimpegno d’autore dove sperimentare un po’,anche grazie al sostegno della produzione RaiCinema, che mi ha pienamente appoggiato inun film non facile, dove tutto può accadere edove nulla è come sembra. Personalmentesono convinto che il cinema si apprendafacendolo e, per la prima volta, so di averavuto un approccio più maturo a unanarrazione complessa, ma anche molto

    intelligente vista e considerata la qualitàdel materiale su cui stavamo

    lavorando. Se in passato avevolasciato spazio alla mia venadocumentaristica, in questocaso mi sono dedicato astudiare ogni minimodettaglio artistico e tecnico.La mia natura è duplice: daun lato quella del registadi Pater familias edall’altro quella di uncineasta deciso araggiungere il pubblicosenza vedere snaturare il

    proprio lavoro.• MARCO SPAGNOLI

    Cinici e cattiviTratto dal romanzo di Federico Baccomo Duchesne, “La gente che sta bene”, con Bisio,Buy e Abatantuono, è una commedia di costume sull’Italia degli ultimi vent’anni

    FILMOGRAFIA - Pater familias (2002), Il mattino ha l'oro in bocca (2007), Cose dell'altro mondo(2011), La gente che sta bene (2014)

    i n t e r v i s t a

    Claudio Bisio e Diego Abatantuono Bisio con Margherita Buy

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    s c h e d e c r i t i c h e

    HER

    A PROPOSITO DI DAVIS

    metropolitana, compulsiva eprotettiva, giocando con unamalinconia percorsa da una venasurreale. Scevro dalle divagazionicircolari e narcisiste di Essere JohnMalkovich e Il ladro diorchidee, Spike Jonze resta fedeleal tema prediletto della ricercadolorosa dell’identità, nellafaticosa osservazione delledinamiche e degli inganni dicoppia, con un’opera intima eprofonda (al cui montaggiodefinitivo pare abbia collaborato ilregista Soderbergh) più istintivache sofisticata, cromaticamente

    raffinatissima, ricca di sottigliezze.Theodor (Joaquin Phoenix,straordinario come sempre) è unintroverso che vive scrivendolettere per altre persone; segnatodalla fine del matrimonio, decidedi installare un nuovo sistemaoperativo dalla voce femminile dacui resta sedotto, diventandone apoco a poco amico ed amante. Trasogni e aspirazioni di un’umanitàsmarrita che affida a professionistidella scrittura il racconto diemozioni e distacchi, il film è unpercorso letterario dentro fragilitàcompresse, i cui personaggicercano il rimodellamento e lacancellazione del passato maevitano rischi nel timoredell’abbandono. Con ironia, in unriuscito e coinvolgente incontro tradivertimento e melodramma e colsorprendente stupore infantilerivelato con Nel paese dellecreature selvagge, il registaconferma un approcciointellettuale e armonico, senzaambizioni alla Pinter; si lasciatrasportare dalle imprevedibilivariazioni della passione, dalleinflessioni vocali generate dallostraniamento e predilige il distaccodalla realtà e dall’ordinariarazionalità, nella seduttiva

    cancellazione di corpi e forme,con un pizzico di salvifica follia.Jonze premia le forze liberatoriedell’irrazionale, la perfezioneestetica dell’inquadratura, letonalità rassicuranti dei coloricaldi con un’idea di cinemamutante e moderna. Costruitocon una sceneggiatura che segue iparallelismi delle relazioni umanee virtuali, il film cancella i confinitra presente e futuro con unlinguaggio sorprendente, bizzarroe anticonformista; profetizza lapotenza maieutica del dialogo edel confronto, dello scambio diesperienze e percezioni, segnatedalla perdita dell’innocenza e delpregiudizio. Her è un racconto diformazione sull’incomunicabilità,sulla ricerca di un equilibriosentimentale di sopravvivenza,proiettato in un altrove inquietoper sfuggire ai condizionamentidi bisogni indotti che sedano lenevrosi. Il film, premiato alfestival di Roma, celebra la forzadell’immaginazione, riassume ilterrore del tradimento, ledifficoltà nei rapporti amorosiriproducendo tenerezze e bugie,tensioni e sofferenze, delusioni ecomplicità.

    DOMENICO BARONE

    ••• ROMANTICA e intelligenteprovocazione sull’imperfezione deicomportamenti e delle relazioniamorose, sull’impossibilità diplasmare un’idea appagante edemotiva dell’universo femminile,Her è una commedia amara ecrudele che analizza la solitudine

    Sceneggiatura: Spike Jonze …Fotografia: Hoyte VanHoytema …Montaggio: Jeff Buchanan, Eric Zum-brfunner …Musiche: Owen Pallett …Interpreti: Joa-quin Phoenix, Amy Adams, Rooney Mara, Olivia Wil-de, Scarlett Johansson …Produzione: Annapurna Pic-tures …Distribuzione: Bim …Usa 2013 …colore 125’

    di Spike Jonze

    sua sorella non sopporta il suodisordine esistenziale e neanchequello materiale, tanto che glibutta via uno scatolone gli effettipersonali compreso il libretto dilavoro. Davis incontra qualchesimpatia sul suo accidentatocammino, ma la vanifica benpresto: riesce anche a far scappareil gatto Ulisse (un riferimento aJoyce o magari all’Odissea). Intutto questo continua a credere –un po’ come tutti gli artisti oaspiranti tali – di avere talento davendere e che basterebbe un

    soffio (un discografico in buona oun critico musicale in vena) perinvertire la ruota.Grand Prix della giuria a Cannes, Aproposito di Davis è una falsabiografia dove c’è molto di vero. Apartire dal ritratto del GreenwichVillage di fine anni ’50, la scenamusicale in cui anche un certoRobert Zimmerman, che arrivava aNew York proprio nel ’61, maturòartisticamente. In effetti la storia diLlewyn Davis (nome gallese per unpersonaggio radicalmente ebraico)è sotto sotto anche un omaggio a

    Bob Dylan, originario come i Coendel Minnesota. Ma in effetti Joel eEthan si sono ispirati alla vita delchitarrista e cantautore folk DaveVan Ronk, morto nel 2002lasciando incompiuta la suaautobiografia The Major ofMacDougal Street, completata poidal giornalista Elijah Wald. VanRonk, tra l’altro, è stato amico diDylan e ispiratore di Joni Mitchell. Colonna sonora da collezione,dunque, con la supervisione di T-Bone Burnett, musicista che hasuonato con Dylan nel tour RollingThunder Revue e che aveva giàlavorato con i Coen alle musiche diFratello dove sei? Quanto al cast,oltre al bravissimo Oscar Isaac neipanni di Davis troviamo CareyMulligan in versione bruna eaggressiva, Justin Timberlake, ilsuo partner canoro e sentimentalenel duo Jean & Jim, GarrettHedlund (non a caso il DeanMoriarty di On the road),silenzioso autista di un apocalitticoviaggio verso Chicago insieme aljazzista eroinomane e obeso JohnGoodman; infine F. MurrayAbraham, l’impresarioimpenetrabile alle lusinghe. Danon perdere. 

    CRISTIANA PATERNÒ

    Titolo originale: Inside Llewyn Davis …Sceneggiatu-ra: Ethan Coen, Joel Coen …Fotografia: Bruno Del-bonnel …Montaggio: Roderick Jaynes …Musiche:Angela Burnett …Interpreti: Oscar Isaac, Carey Mul-ligan, John Goodman, Garrett Hedlund, F. MurrayAbraham, Justin Timberlake …Produzione: LongStrange Trip …Distribuzione: Lucky Red …Usa 2013…colore 105’

    di Joel e Ethan Coen

    ••• UN PO’ come accadeva in Aserious man, Llewyn Davis è unaversione surreale di Giobbe, ilpersonaggio biblico del giusto sucui la malasorte infierisce in modoincomprensibile e violento. Oddio,per la precisione Davis, più che ungiusto tartassato, è uno sfigatoalleniano, un perdenteperseguitato in dosi uguali dallascalogna e dalla sua stessagoffaggine esistenziale. Ridotto avivere come un barboneelemosinando qualche dollaro oun divano dove dormire, insultatoa morte dall’ennesima ragazza cheha messo incautamente incinta.Siamo nella New York del 1961 eLlewyn, cantante folk di estrazioneoperaia, si fa ospitare da amici osemplici sconosciuti. Suonava induo, ma il suo socio si è buttato daun ponte lasciandoloirrimediabilmente solo. Suo padre,ex marinaio, è ormai catatonico e

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    ••• LA SCHIAVITÙ dei neri nel corsodel XIX secolo è una tragica veritàstorica: un sistema organico eosceno di annientamento delladignità umana, funzionale asostenere un assurdo modus vivendidei bianchi. L’industria di Hollywoodne ha privilegiato a lungo unarappresentazione mitizzata,pittoresca e quindi falsa in film

    classici, ad esempio Via col vento eMandingo. Altri autori hannoraccontato il tema con accentidiversi: Steven Spielberg hasovvertito lo stereotipo delloschiavo mansueto in Amistad e hamagistralmente descritto il dibattitopolitico sull’abolizione delloschiavismo in Lincoln; QuentinTarantino, con Django unchained,ha costruito una sorta di westerncaricaturale, geniale e fantasioso. Alcontrario il regista nero britannicoSteve McQueen, in 12 annischiavo, premio del pubblico aToronto e protagonista dellastagione dei premi, propone unapproccio innovativo: uno sguardocontundente dall’internodell’incubo. Innanzitutto adatta una

    storia vera, raccontata dalprotagonista in un manoscritto, equindi propone unarappresentazione impressionantedella feroce brutalità con cui eranotrattati gli schiavi neri.La vicenda inizia nel 1841, primadella Guerra di Secessione. Iltrentenne Solomon Northup(Chiwetel Ejiofor, in un mirabilecaleidoscopio di espressioni e statid’animo) è un violinista nero ditalento, uomo libero e istruito chevive a Saratoga (New York) conmoglie e figli. Ingannato da duefalsi agenti di spettacolo vienerapito, privato dei documenti,picchiato e ridotto in catene. Gliimpongono Platt come nuovonome ed è venduto al mercatodegli schiavi di New Orleans primadi approdare nelle piantagioni dicotone. Il suo primo padrone(Benedict Cumberbatch) è piùdebole che disumano. Il nuovopadrone, Edwin Epps (il migliorMichael Fassbender) è un sadicopsicotico, alcolizzato e delirante.Epps attua un’escalation di violenzeinaudite contro i suoi schiavi,un’orrida spirale di efferatepunizioni, stupri, omicidi cheappare quasi atemporale, anche setrascorrono anni. Solomon, prima

    incredulo e poi disperato, noncerca solo di sopravvivere: vuoleconservare la sua identità. Solo nel1853 il casuale incontro conSamuel Bass (Brad Pitt), unabolizionista canadese, gli offreun’opportunità. Come neiprecedenti Hunger e Shame,McQueen opta per un’insistitarappresentazione iperrealista,efficace e affatto reticente ma nonpriva di sensazionalismo. Nonpunta ad un riduttivo intentopedagogico, nonostante diversicliché; non mancano note diautenticità e molti personaggi,anche i più malvagi, risultano infondo complessi e ambigui.Piuttosto il regista riconferma lasua ossessione per il corpo, lasofferenza senza limiti e il temadell’assenza di scelte: i pianifrontali, le rappresentazionidettagliate dei corpi martoriati, ilunghi silenzi e i rumori secchi dellepercosse sono fattori di qualità maal tempo stesso rischiano ilgrottesco e l’effetto grandguignol. In ogni caso la messa inscena è notevole e rigorosa: leinquadrature alternano primipiani, sobri e statici tableauxpittorici e sapienti piani-sequenza.

    GIOVANNI OTTONE

    Titolo originale: 12 years a slave …Sceneggiatura:John Ridley dal libro di Solomon Northup …Fotogra-fia: Sean Bobbitt …Montaggio: Joe Walker …Musi-che: Hans Zimmer …Interpreti: Chiwetel Ejiofor,Michael Fassbender, Benedict Cumberbatch, PaulDano, Paul Giamatti, Brad Pitt, Lupita Nyong’o …Pro-duzione: Plan B Entertainment, New Regency Pictu-res, River Road Entertainment …Distribuzione: Bim…Usa 2013 …colore 133’

    di Steve McQueen

    12 ANNI SCHIAVOs c h e d e c r i t i c h e

    TIR

    anni difficili ho pensato a momenticome questo per darmi forza. Perme è una grande emozione, mitrema tutto il mondo”. Altrevibrazioni on the road sono perZavrsan, alla guida di un bestionedella strada: interpreta un exinsegnante di Rijeka divenutocamionista per un’azienda ditrasporti italiana; una sceltasofferta, motivata solo da unostipendio tre volte più alto diquello che percepiva a scuola.Orari mostruosi, vita grama, maappunto paga: che fare, meglio,come dire no? È anche una

    riflessione sul lavoro oggi, Tir, e sepensiamo ad amici trasferiti,parenti commessi viaggiatori,fughe di cervelli è facile capire cheormai “mogli e buoi dei paesituoi” è solo un’osservazionenostalgica, e questa strada dura e“prezzolata” è di tutti, per tutti,non solo Branko.Eppure, questo attore prestato aldocumentario innesca altrequestioni de-ontologiche: perchéchiedere a un attore di fare ilcamionista? Ha una presenzascenica à la Rutger Hauer, Branko,e ce la mette tutta al telefono con

    la moglie in Slovenia per dare un“effetto realtà”, ma perchéingaggiarlo? Questioni para-cinematografiche, moltoprobabilmente, perché un verocamionista non si sarebbe prestato:troppo ostico e pericoloso verso ilpadrone. È chiaro che questafinzione non è ontologicamenteinfida ma, come per il viaggiomolto organizzato sul GrandeRaccordo Anulare di Rosi, esorta auna riscrittura dello status qui eora del “nuovo” documentario, del“cinema del reale”: dove finisce lafinzione e inizia la realtà eviceversa? In altre parole, come siscrive un documentario? In attesadi una risposta non procrastinabilead libitum, saliamo su questo Tir eapprezziamone le convergenzeparallele: l’on the roaddebilitante, i dialoghi con lamoglie Isa e con il collega Maki(Marijan Sestak, vero camionista),il datore di lavoro, cercando il“falso movimento” incrociandol’immagine-tempo e l’immagine-movimento già cara a Deleuze.Con un interrogativo estendibile aqualsiasi professione, qualunquelavoro, ogni precarietà: un Tir ciseppellirà?

    FEDERICO PONTIGGIA

    Sceneggiatura: Enrico Vecchi, Carlo Arciero, BrankoZavrsan, Alberto Fasulo ...Fotografia: Alberto Fasulo…Montaggio: Johannes Nakajima …Interpreti: Bran-ko Zavrsan, Lucka Pockja, Marijan Sestak …Produ-zione: Nefertiti Film, Focus Media, Rai Cinema…Distribuzione: Tucker Film …Italia 2013 …colore 85’

    di Alberto Fasulo

    ••• COME vincere il Marc’Aureliod’Oro all’ottavo festival di Roma,bissando la supremazia del“cinema del reale” già conclamataalla Mostra di Venezia con il Leoned’Oro a Sacro GRA di GianfrancoRosi? Prendere un attore (losloveno Branko Zavrsan, già inRosencrantz e Guildensternsono morti di Tom Stoppard),fargli prendere una patente diguida ad hoc, fargli fare ilcamionista per sei mesi, tallonarloe riprenderlo per le strade dimezza Europa. Si chiama Tir,primo “lungometraggio difinzione” di Alberto Fasulo, registafriulano classe ’76, in carnet ilbuon documentario Rumorebianco, ed è “un film su unparadosso: quello di un lavoro cheti porta a vivere lontano dallepersone care per cui, in fondo, stailavorando”.Il vittorioso epilogo nella CittàEterna ha avuto poche parole etanto pathos: “In questi cinque

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    Mondo d’essai a cura di MARTA PROIETTIr u b r i c h e

    ••• È partita a gennaio la nonaedizione di Schermi di Qualità, il progettoche promuove il cinema italiano ed europeo“di qualità”, ossia di alto livello artistico eculturale. Voluto dal Ministero per i Beni, leAttività Culturali e il Turismo e realizzatodall’Agis d’intesa con le associazionidell’esercizio cinematografico Anec, Anem,Fice e Acec, il progetto contribuisce alsuccesso dei film di qualità favorendone ladiffusione in tutto il territorio italiano. Ciòavviene attraverso un contributo economicoche premia quegli esercenti che raggiungonogli obiettivi di programmazione richiesti dalprogetto. Ogni anno sono circa 800 glischermi cinematografici, appartenenti a tuttele tipologie di esercizio, dalle monosale aimultiplex, che si iscrivono. Alla fine dell’annotutti gli iscritti che raggiungono gli obiettivirichiesti ricevono un contributo economico. Ilmeccanismo nel corso degli anni hadimostrato di funzionare bene: le ricercheeffettuate sulle varie edizioni del progettohanno rilevato che il successo di tanti film èmerito dei risultati realizzati nel circuito. “Trai progetti speciali del ministero”, spiegaMaria Giuseppina Troccoli, dirigente delladirezione generale cinema del MiBACT,“penso che Schermi di Qualità sia quello conil contributo più elevato (nella passataedizione è stato di 2,9 milioni di euro, NdR),oltre ad essere costantemente confermatoormai da diversi anni. Questa è ladimostrazione della grande attenzione che ilministero ha nei suoi confronti. Essendo unprogetto speciale, ogni anno deve essereapprovato dal ministro e occorre stabilirel’entità del finanziamento. L’auspicio,ovviamente, è che anche quest’anno vengaconfermato”.Sull’ottava edizione, che si è conclusa allafine del 2013, non si hanno ancora dati

    definitivi “ma l’impressione”, afferma CristinaLoglio, coordinatrice del progetto, “è che ilnumero di schermi che hanno raggiunto gliobiettivi di programmazione sia più altorispetto alle passate edizioni”. Infatti, a finegiugno 2013, quindi a metà percorso, il tassodi abbandono degli schermi era di circa l’8%, afronte del 15% degli anni passati. “Ciò sispiega con la sempre maggiore affezione alprogetto”, continua Loglio, “ma anche con ilperiodo di crisi che stiamo attraversando cheha spinto gli esercenti a tenere duro sullapartecipazione a Schermi di Qualità. Anche perquesto abbiamo l’impressione che ad esserepremiati sarà un numero maggiore dimonosale, proprio quelle strutture che piùrisentono della crisi e delle difficoltàeconomiche legate al passaggio al digitale”.Ed è anche per questo che si è deciso dilavorare ad una riforma del regolamento diSchermi di Qualità, che in questa nuovaedizione premierà maggiormente proprioquelle strutture che più fanno fatica, ma chesono fondamentali per il cinema d’autore. “Lestrutture monoschermo, in particolare quelledi provincia, riceveranno un bonus fissoaggiuntivo e avranno dei vantaggi ai fini delraggiungimento degli obiettivi diprogrammazione”, spiega Paolo Protti,presidente del comitato di gestione delprogetto ed ex-presidente Agis. “La finalità delprogetto”, aggiunge Troccoli, “non è quella didare un contributo all’esercizio ma didiffondere il più possibile film italiani edeuropei di qualità. Partecipano quindi tutte letipologie di cinema, dalle monosale aimultiplex, ma è evidente che chi ha un soloschermo ha più difficoltà di altri ad impegnarsiin una programmazione meno vantaggiosa dalpunto di vista economico come è quella di

    qualità, rispetto ad una più commerciale.Da alcune indagini che abbiamo fatto”,spiega ancora la dirigente, “risulta che i filmdi qualità raggiungono il pubblico inparticolare proprio attraverso questepiccole strutture ed è per questo che lesosteniamo a portare avanti taleprogrammazione, anche perché spesso inprovincia rappresentano l’unico presidioculturale”. Dello stesso parere MarioLorini, presidente della Fice, federazionecinema d’essai, e componente del comitatodi gestione. “Sappiamo che al progettopartecipano anche i multiplex ma riteniamosia giusto avere un occhio di riguardomaggiore per quegli esercenti che hannostrutture con pochi schermi e che decidonodi dedicare la programmazioneinteramente all’essai”, afferma Lorini cheaggiunge: “andrebbero anche riconsideratele regole con cui si stabilisce se un film èd’interesse culturale e quindi riconosciuto aifini della programmazione di Schermi diQualità: attualmente infatti vengonodefiniti d’interesse culturale anche film piùcommerciali”.Su quali dovrebbero essere gli sviluppi diSchermi di Qualità, Protti ha le idee chiare:“il progetto è molto apprezzato sia dallevarie componenti dell’industriacinematografica sia dal MiBACT che lopromuove e lo finanzia. L’auspicio per ilfuturo è quello di avere a disposizione unmonte economico maggiore rispettoall’attuale e che si trovi lo strumento pertrasformarlo da progetto speciale annualead un progetto stabile, che non siasostenuto attraverso il FUS (Fondo unico perlo spettacolo) ma che abbia unfinanziamento autonomo”.

    Schermi di Qualità

    AL SERVIZIO DEL BUON CINEMACaratteristiche, sviluppi e prospettive del progetto speciale del ministero, promosso dall’Agisper la diffusione del cinema d’autore in ogni tipologia di strutture del territorio e peraffiancare la programmazione d’essai con un acceleratore per i film europei

    Prossime uscite: 20 marzo - 26 maggiowww.fice.it

    Mario Lorini Paolo Protti

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    Polvere di steller u b r i c h ea cura di GIOVANNI MARIA ROSSI

    ••• Il 1° maggio 1914, a Bruxelles,fece la sua prima uscita a sorpresa unapellicola singolare prodotta con grandi mezzidalla Belge-Cinéma Film, filiale della francesePathé: Maudite soit la guerre! Già prontadal settembre dell’anno precedente, ne erastata prudentemente ritardata la diffusione inEuropa e in America per il suo contenutopacifista poco consono al crescendo delbellicoso patriottismo europeo, ma dati imassicci investimenti profusi nella suarealizzazione e forse consapevoli che ildirompente Wargame del secolo XX era giàalle porte, inevitabile, i distributori si deciseroa liberarne la visione a pochi mesi dal primocolpo di cannone. Scritto e diretto da Alfred Machin (1877-1929),avventuroso cineoperatore della Pathé,pioniere del cinema etnografico e animalistaparticolarmente nell’Africa equatoriale,Maudite soit la guerre! era un vero eproprio manifesto premonitore, sotto formadi fosco melodramma, contro l’assurdità, ladevastazione, lo scempio di vite umane ditutte le guerre. Utilizzando gli ampi mezzimessi a disposizione dall’esercito edall’aviazione del Belgio (paradossalmente ilprimo Paese ad essere travolto il 4 agosto diquell’anno dalla proditoria avanzata tedesca,nonostante la dichiarata neutralità), Machinaveva messo in scena un conflittoimmaginario, tra paesi immaginari, la cuiimprovvisa deflagrazione separa crudelmenteAdolphe e Sigismond, due amici per la pelle,aviatori spericolati nel clima struggente dellaBelle Epoque, che si ritrovano a spararsiaddosso su fronti opposti tra le fiamme di unvecchio mulino. L’impiego spettacolare dimasse di fanti, artiglieria, biplani,combattimenti aerei, palloni dirigibili infiamme – in suggestive sequenze colorate amano – fa da cornice realistica al tormentointeriore di Lidia, fidanzata dell’uno e sorelladell’altro, che dopo aver visto “l’orrore deicampi della carneficina, i cadaveri sfracellatidai volti contratti in una smorfia, con la boccaspalancata, le uniformi macchiate di fango edi sangue: cupe spoglie di quanti, appenaqualche ora prima, erano giovani pieni di vita

    e di salute”, ormai incredula sulle possibilitàdell’amore fra gli uomini si rifugia in conventoe dallo schermo, in un primo piano dolente,guarda e ammonisce attonita lo spettatore.Un film non ferma la guerra, la può solomaledire, e anche Alfred Machin fu richiamatosotto le armi e grazie alla sua professionalitàentrò a far parte del Servizio cinematograficodell’Armée francese: sarà lui a filmare, questavolta dal vero, le fasi interminabili dellacruenta battaglia di Verdun. Lasciata la divisa,continuerà la sua attività di cineasta nei benattrezzati Studios Machin, a pochi chilometrida Nizza, lavorando soprattutto con i suoiamatissimi animali ammaestrati, e proprio nelcorso di alcune riprese – la grande beffa deldestino – forse girando De la jungle àl’écran venne aggredito sul set da una dellesue pantere nere con conseguenze letali, unpo’ come aveva immaginato quindici anniprima Pirandello nel romanzo Si gira...L’Europa belligerante, travolta dallamobilitazione generale della “megliogioventù”, non ha più il tempo o il coraggio diandare al cinema. In Francia e in altri paesi glistudi, i laboratori, le sale chiudono i battenti ofunzionano a stento; la nitrocellulosa,elemento essenziale per la fabbricazione dellapellicola, viene requisita per la confezione dimicidiali esplosivi, tanto che perfino in Cinaviene a mancare la materia prima per potercontinuare a fare dei film... Anche le vedettedel cinema, al di là delle loro convinzioniideologiche, si ritrovarono coinvolte nel giocodel massacro: Abel Gance, esentato dal fronteper motivi di salute, fu costretto a fare ilbarelliere negli ospedali militari delle retrovie,e ne rimase profondamente sconvolto; MaxLinder, “imboscato” come autista di uncapitano, perse molto della sua verve comicaprima di riparare negli Stati Uniti; LouisFeuillade, il geniale padre di Fantômas, riuscì afarsi riformare grazie a una presuntainsufficienza cardiaca; il piccolo Jean Vigo,dopo aver assistito in un caffè di Parigiall’assassinio di Jean Jaurès, socialista epacifista, dovette subire l’arresto e il suicidio incarcere del padre anarchico, violentementecontrario a tutte le guerre nazionaliste; il

    regista tedesco Stellan Rye, precursoredell’Espressionismo cinematografico,arruolato a forza nonostante la sua dichiarataomosessualità, lasciò la vita e la carriera sulcampo di Ypres tra il sibilare dei gas venefici;l’attore russo Vladimir Shaternikov, che avevainterpretato magnificamente Karenin nellaprima versione filmica di Anna Karenina –presentato con successo a San Pietroburgo inottobre –, fu falciato poco dopo sul frontetedesco.Tanti altri ancora potremmo ricordare inquesto necrologio senza fine, compresi glioperatori che le autorità militari siaffrettarono a lanciare su tutti i fronti accantoalle unità da combattimento, dalla Franciaall’Inghilterra, dall’Austria-Ungheria allaRussia prima e dopo la caduta dello zar, e poiall’Italia quando ruppe la neutralità, perdocumentare da terra e dal cielo le atrocitàdel nemico e il morale delle proprie truppe.Era cinema-verità? Considerando le necessitàstrategiche della propaganda per immagini,ben più forte dei reportage per disegni o fotoda «Domenica del Corriere», e la lunga manodella censura che impediva la visione tropporealistica o addirittura disfattista del fango ela sofferenza delle trincee e dei campi dibattaglia, il cumulo dei morti e l’orrore delleferite, della cancrena e delle amputazionisommarie, c’è da dubitare che quanto venivaproiettato a Parigi, a Vienna, a Londra, a SanPietroburgo, a Roma o a Berlinocorrispondesse minimamente all’effettivatragedia quotidiana della guerra in atto.Oggi, in occasione del centenario di quelfatidico evento, gli archivi audiovisivid’Europa e del mondo stanno raccogliendo edigitalizzando quell’imponente materialesopravvissuto. Sarà allora il momento perpoter rivedere sullo schermo quelle cronachedimenticate, per cercare di scoprire, dietro ifotogrammi restaurati, il palpito più segretodelle nazioni trascinate nell’abisso, la paurae l’angoscia delle donne e degli uomini chehanno vissuto sulla propria, logora pelle ilbattesimo di sangue del Novecento. E tuttipotranno ripetere, convinti: “Maledetta siala guerra!”.

    BATTESIMO DI SANGUE“Maledetta sia la guerra!”, costosa produzione belga, uscì nel maggio 1914anticipando lo scoppio della Grande Guerra, che vide coinvolti anche molti cineasti

    V I V I L C I N E M A g e n n a i o f e b b r a i o 1 4

    MAUDITE SOIT LA GUERRE!Max Linder Abel Gance

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    Cult dvd r u b r i c h ee conservazione della città yemenita. Icontenuti speciali includono anche Sul setdi Medea, un backstage con riprese inSuper8 del direttore della fotografiaEnnio Guarnieri, un incontro con CarloLizzani e Medea: prima e dopo il restauro.Il dvd è accompagnato da un booklet riccodi note filmografiche e saggi.

    LE COMICHE MUTUALdi Charlie ChaplinUsa 1916-1917, b/n 303’Audio: Inglese ...Sottotitoli: Italiano ...Video: 1.33:1- 4/3 ...Extra: docu-mentario, booklet ...Etichetta: Cineteca di Bologna

    ••• Il mercato dell’home video siarricchisce di un nuovo gioiello propostodalla Cineteca di Bologna che, incollaborazione con Lobster Films e FilmPreservation Associates, ha curato ilrestauro delle dodici comiche che CharlieChaplin realizzò tra il 1916 e il 1917 per laMutual Film Corporation. Un lavoro cheha permesso la pubblicazione di un

    imperdibile cofanetto adoppio dvd daltitolo Le comicheMutual, cherestituisce alpubblico una granquantità di materialegirato da uno dei piùgrandi cineasti disempre, alloraneanche trentenne maartisticamente giàpienamente maturo.Dodici cortometraggiche vedono Chaplin

    impegnato in altrettanti ruoli:dall’emigrante al vagabondo, dall’evaso almacchinista, dal poliziotto all’anarchico.Ogni singolo film è stato restaurato con ledidascalie originali dell’epoca e ben ottodei dodici proposti sono selezionabili indue accompagnamenti musicali distinti. Siparte da The floorwalker (Charlotcaporeparto, 30’), ambientato in ungrande magazzino, in cui tutte le gagruotano intorno alla presenza centrale diuna scala mobile; per proseguire con Thefireman (Charlot pompiere, 32’), in cui ilprotagonista diventa l’eroe dei colleghinonostante l’evidente inettitudine aricoprire il ruolo. The vagabond (Ilvagabondo, 26’) fonde la vena romanticae drammatica raccontando le vicende diun talentuoso violinista dai modi garbati,mentre One a.m. (Charlot rientra tardi,34’) vede un irresistibile Charlie Chaplinnei panni di uomo ubriaco. Un sartoimpacciato e un furbo commesso sono iprotagonisti rispettivamente di The count(Il conte, 34’) e The pawnshop (Charlotusuraio, 32’), mentre un setcinematografico e un elegante ristorantefanno da sfondo a Behind the screen(Charlot macchinista, 30’) e The rink(Charlot al pattinaggio). Nel secondo discosono presenti Easy Street (La strada dellapaura, 20’), The cure (La cura miracolosa,31’), The immigrant (L’emigrante, 25’), eThe adventurer (L’evaso, 31’). Tra gliextra, I miei anni più felici, prima puntata

    MEDEA - LEMURA DI SANA’Adi Pier Paolo PasoliniItalia 1969-1970, colore 110’-14’Audio: Italiano, Inglese ...Sottotitoli: Ingle-

    se, Francese, Spagnolo ...Video: 2.35:1- 16/9...Extra: documentario, backstage ...Etichetta: Raro Video

    ••• Dopo essere stato educato dalcentauro Chirone, il giovane Giasoneparte con gli Argonauti alla ricerca delVello d’oro (una pelle dorata ritenutaapportatrice di potenza e fertilità),strumento indispensabile per riscattare iltrono. Esso è custodito da unapopolazione barbara della Colchide, chepratica sacrifici umani. La loro regina,Medea, si innamora di Giasone, ruba ilvello e fugge con lui. Tornato in patria,Giasone sposa Medea e da lei ha tre figlima poi, divorato dall’ambizione,abbandona la famiglia per prendere inmoglie Glauce, giovane figlia diCreonte, re di Corinto. Medea, accecatadalla gelosia, si ritrova straniera in unmondo nuovo e a lei estraneo, cheteme e disprezza la sua culturaprimitiva. Per difendersi ricorre allesue arti magiche: dona a Glauce vestistregate che la inducono al suicidio,subito imitata dal padre. Completeràla sua terribile vendetta uccidendo ifigli avuti da Giasone. Dalla tragediadi Euripide, Pasolini prende spuntoper firmare con Medea il quarto eultimo film della serie filmicacosiddetta d’élite, il più importante persforzo produttivo e tra i più riusciti edestremi della sua carriera, in terminiespressivi e linguistici. Ancora una volta siconcentra sul confronto-scontro fra duemondi: quello arcaico e religiosorappresentato da Medea e quellomoderno e laico a cui invece appartieneGiasone. Due estremi dalla cui sintesi nonpuò che nascere un conflitto, che poi èquello denunciato e descritto anche dalPasolini saggista e “corsaro”. Mitico e allostesso tempo realistico, il film vede comeprotagonista una straordinaria MariaCallas, al tempo in declino come cantantelirica ma completamente a suo agio nelruolo di Medea. Al suo fianco GiuseppeGentile, campione olimpionico di atletica.Il film è proposto in dvd dalla Raro Videoin un’edizione ricca di extra. Su tuttispicca il documentario Le Mura diSana’a, girato da Pasolini nella capitaledello Yemen al termine delle riprese deLe Mille e una notte. Un documentarioin forma di appello con cui Pasolinitestimonia gli episodi di violenzaurbanistica contro le strutture e le opered’arte di straordinaria bellezza presenti aSana’a. Un appello all’Unesco “perchéaiuti lo Yemen a salvarsi dalla suadistruzione, cominciata con la scomparsadelle mura”. Il documentario, mai uscitonei circuiti commerciali, ha avutocomunque un impatto e una diffusionesufficienti a permettere, molti anni dopo,la nascita di un progetto di salvaguardia

    del documentario Unknown Chaplin diKevin Brownlow e David Gill, e Le comicheMutual. Storia di un restauro, dedicato aldelicato lavoro di restauro compiuto. Ilcofanetto contiene anche un bookletcurato da Cecilia Cenciarelli, con un ampiosaggio storico-critico sui singoli film e sulrestauro, e un’antologia critica sulle operedel cineasta.

    CASINÒ (blu ray)di Martin ScorseseUsa 1995, colore 170’Audio: Italiano 5.1, Inglese 5.1, Tedesco 5.1, Spagnolo 5.1 ...Sottotitoli:Italiano, Inglese, Spagnolo, Portoghese …Video: 2.35:1 – 1080p. ...Extra:Documentari, Backstage, Scene eliminate ...Etichetta: Universal

    ••• La Universal arricchisce la proprialibrary home video con l’uscita in blu ray diCasinò, capolavoro firmato nel 1995 daMartin Scorsese. A cinque anni di distanzada Quei bravi ragazzi – a cui seguironoCape Fear e L’età dell’innocenza – ilcineasta torna a raccontare una storia dimafia. Tanti i punti in comune col suopredecessore, dalla fonte di ispirazione (loscrittore Pileggi) al tandem De Niro – Pesci,senza dimenticare la creatività di un altroaffezionato di Scorsese, quel Saul Bass cheanche stavolta è lo straordinario creatoredei titoli di testa. Proprio questi ultimi,un’esplosione di colori con voluttuoseforme floreali che si dischiudono sulle notedella Passione secondo Matteo di Bach,raccontano il finale della parabola vissutada Sam “Asso“ Rothstein, che da infallibileallibratore diventa deus ex machina di unodei casinò più in voga di Las Vegas. Sonogli anni Settanta, l’epoca in cuil’infiltrazione della mafia nella cittàproibita era ai suoi massimi storici e ilconnubio con la politica fortissimo. Caststraordinario (sorprendente la prova diSharon Stone, vincitrice del Golden Globee meritatamente candidata all’Oscar) comestraordinaria è la scenografia di DanteFerretti; salti temporali e voci fuori campoa sottolineare la coralità epica delracconto, insieme a movimenti di macchinamagistrali per uno dei capitoli più bellidella carriera di Scorsese. L’edizione in bluray di Casinò è di altissimo livello e sfruttale possibilità offerte dall’alta definizioneproponendo un quadro video molto ricco epulito in ogni scena. Ottima la pistasonora, in particolar modo la tracciaitaliana in Dts 5.1. Gli extra si aprono con ilcommento audio del film, sia del registache dello sceneggiatore Pileggi e degliattori principali. Storia attuale (44’) è ildocumentario che svela i veri eventi a cuiCasinò si ispira, ripercorrendo lo svolgersidei fatti con l’aiuto delletestimonianzedi chi li havissuti in primapersona. LasVegas e la mafia(13’) è dedicatoall’infiltrazionedella malavitanella capitale delgioco d’azzardostatunitense.

    a cura di GABRIELE SPILA

  • V I V I L C I N E M A g e n n a i o f e b b r a i o 1 4 43

    cinematografica con la stesura diuna decina di soggetti esceneggiature per altri; neldopoguerra era ormai prontoanche per la regia. I bassi budgetnon erano un problema per luiche girava piuttosto velocemente:dieci giorni per il suo esordio Houcciso Jess il bandito (1948), incui tolse l’alone di leggenda aJesse James. Poi, nel 1951, mentrei soldati erano ancora al fronte,fu il primo a occuparsi del nuovoconflitto asiatico nel ditticoCorea in fiamme e I figli dellagloria. Talvolta costretto acompromessi con i produttori,edulcorando le sue storie conqualche lieto fine posticcio (ilwestern Quaranta pistole,1957), riuscì a mascherare da filmdi genere opere anticonformistesulla guerra fredda (Manopericolosa, 1953), la pedofilia (Ilbacio perverso, 1964) esoprattutto sul razzismo, ne Latortura della freccia (1957, suun soldato sudista che “diventa”pellerossa) e Cane bianco (1982,su un cane addestrato perattaccare i neri). Un discorso aparte merita uno dei suoi film piùriusciti, Il corridoio della paura(1963), in cui un giornalista acaccia di scoop s’infiltra in unmanicomio, dove tra gli altriincontra un paziente di colore chesi crede membro del Ku KluxKlan; girato in bianco e nero,vanta scene di grande tensione epotenza visiva, come quella deldelirio finale. Il temadell’infiltrato ricorrerà anche nelpoliziesco La casa di bambù(1955) e nel tardo noir Lavendetta del gangster (1961).Grande affabulatore, narratoreanticonvenzionale, critico versoogni ideologia, Fuller riescesempre a stupire lo spettatore conla forza delle immagini e storieoriginali. Sfumata – con un po’ didelusione – la retrospettiva per ilcentenario della nascita al TorinoFilm Festival sotto la direzioneAmelio (fulleriano insospettabilema convinto), rimedia ora ilcinema Massimo con unapersonale dal 7 al 28 febbraio cheinclude il recente documentariodella figlia Samantha A FullerLife, in cui nell’ufficio del registaun gruppo di cineasti ne rievocala figura, leggendo suoi braniautobiografici. Sullo schermoJames Franco, Tim Roth, WilliamFriedkin, Monte Hellman e JoeDante che racconta lo sbarcodegli alleati in Sicilia, terrad’origine della sua famiglia.

    RESTAURI IN 1ª VISIONECineteca di Bologna••• Le parole sono importanti,diceva Nanni Moretti, e difattinell’uso e abuso dei termini si sentetroppo spesso etichettarefrettolosamente un film come“capolavoro”. Ma quanti di questiresisteranno alla prova del tempo ealle mode? Rivisti parecchi decennidopo, si capisce invece quantoeffettivamente meritinol’appellativo questi trelungometraggi, presto nelle saleitaliane con il progetto Il Cinemaritrovato. Al cinema.

    La febbre dell’oro (1925)Quando il cinema diventa arte epoesia. Il personaggio di Charlot, ilvagabondo, è uno dei più amati findai primi anni del secolo scorso. Nonc’è paese al mondo, dall’Europaall’Asia, che non riconosca l’effigedell’omino creato dal genio diCharlie Chaplin. L’idea inizialeprevedeva di girare tutti gli esterniin ambienti naturali di montagna,cosa che effettivamente in parteavvenne, ma le condizioni avverse el’allungamento dei tempi dilavorazione imposero di rientrarenegli studi per completare leriprese. Molte esilaranti scenerestano memorabili per la loroperfezione: l’allucinazionedell’uomo-pollo, la danza deipanini, il pasto a base di bollito discarpa (di liquirizia). Nel 1942 lapellicola fu rieditata con l’aggiuntadi rumori, musiche e un commentoparlato dello stesso Chaplin.

    La grande illusione (1937)Ispirata a vicende reali della PrimaGuerra Mondiale, è un’opera coralein cui spiccano i tre personaggifrancesi interpretati da Jean Gabin,tenente e da civile meccanico;Marcel Dalio, tenente ed ebreobenestante; Pierre Fresnais,capitano e aristocratico, più Erichvon Stroheim nei panni del capitanotedesco, aristocratico anch’esso. Al

    centro del film gli ideali disempre del regista Jean Renoir:pacifismo autentico, profondaumanità e solidarietà. Il registasmitizza la guerra attraverso ilrealismo dei personaggi che nonfanno semplicemente parte diuna storia, ma vivono sulloschermo. Anche se non c’èancora l’odio tra popoli, proprioinvece del successivo conflittomondiale nazista, troviamo ledivisioni che possono insorgerenon solo fra due nazioni, maanche fra persone di lingua,razza e classe diverse; allo stessotempo, però, emergono lequalità umane che possonounire e far superare almeno inparte queste barriere.

    Roma città aperta (1945)Opera spartiacque nella storiadel cinema. Secondo il registaaustriaco Otto Preminger, con ilsuo arrivo si formano nientemeno che due ere: una prima euna dopo Open City (questo iltitolo internazionale). Anche seil successivo Paisà sarà più

    significativo per stile ed estetica,il film di Roberto Rossellini conAnna Magnani e Aldo Fabrizi,basato su storie di Resistenzadurante l’occupazione nazista, èdiventato il simbolo delNeorealismo. Fu realizzato conmezzi di fortuna appena duemesi dopo la liberazione diRoma, riaprendo ferite dolorose:anche chi vi lavorò rimasescosso nel rivedere a pochesettimane quelle aggressivedivise tedesche e risentirequella lingua così dura. Perquesto, all’inizio fu quasirespinto dagli italiani,riscuotendo invece un successodi ritorno sempre crescentedalle proiezioni che venivanoorganizzate all’estero.

    SAMUEL FULLERMuseo del Cinema, Torino••• “Un film è come un campo dibattaglia. È amore, odio, azione,violenza, morte. In una parola:emozione”. Questa la politicadell’autore Samuel Fuller, da uncammeo nel film Il bandito delleore undici di Jean-Luc Godard. Enon è un caso che molti registifuori dagli schemi, come i fratelliKaurismaki, Wim Wenders oLarry Cohen, abbiano reclutatoquesto piccolo grande uomo, dalsigaro perennemente in bocca,per dare valore aggiunto alleloro pellicole con unacomparsata.Nato nel 1912 e morto nel 1997,ha avuto una vita lunga e pienafin dagli anni degli studi, quandodopo la scuola già lavorava neigiornali di New York, primacome tuttofare, poi comecronista di nera: periodo cherievocherà in Park row (1952). Ilgiornalista fu quindi la sua primaprofessione per lunghi anni,insieme a quella di scrittore diromanzi criminali, ispirati almondo dei suoi reportage. Daquesta esperienza la suapersonale arte del racconto, checambiò poi semplicementemezzo e tecnica d’espressione.Ma prima di avvicinarsi al cinemaarrivò per lui un altroavvenimento fondamentale: laguerra, vissuta in prima linea nel1° reparto di fanteria, il Grandeuno rosso, che raccontò poi inun memorabile lungometraggiocon Lee Marvin nel 1980.Durante la Seconda GuerraMondiale il caporale Fullercombatté contro Rommel innord Africa, prese parte allaliberazione dell’Italia e allosbarco in Normandia, arrivò finoin Cecoslovacchia, ponendo fineagli orrori del campo diconcentramento di Falkenau (oraSokolov). Una vita da film. Pocopiù che trentenne, aveva giàaccumulato avventure damettere su carta per il resto dellasua esistenza. A cavallo tra glianni Trenta e Quaranta, era giàpassato alla scrittura

    Detourr u b r i c h ea cura di UMBERTO FERRARI