FI SUL TAVOLO DI FALCONE Corriere Fiorentino IL MAESTRO ... · sto di scrivere un ricordo del...

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FI 8 Sabato 26 Agosto 2017 Corriere Fiorentino Le lettere firmate con nome, cognome e città vanno inviate a «Lungarno», Corriere Fiorentino lungarno delle Grazie 22 50122, Firenze Fax 0552482510 @ corrierefiorentino@ corrierefiorentino.it RICORDO DEL GIUSLAVORISTA GIUSEPPE PERA IL MAESTRO LUCCHESE SUL TAVOLO DI FALCONE (E LUI NON LO SAPEVA) LUNGARNO U n collega ed amico allie- vo di Giuseppe Pera — giuslavorista di spicco nella seconda metà del secolo scorso, per molti anni docente nell’Università di Pisa, dopo il trasferimento a Milano della sua maestra, Luisa Riva Sanse- verino, che, insieme al fioren- tino Giuliano Mazzoni, ha for- mato intere generazioni di giu- risti del lavoro e ha posto le fondamenta del moderno di- ritto del lavoro — mi ha chie- sto di scrivere un ricordo del maestro nel decimo anniversa- rio della morte (sul suo pensie- ro e sul suo insegnamento, an- cora attuale sotto diversi profi- li, si terrà un convegno a Lucca, il 6 e il 7 ottobre, nel comples- so monumentale della chiesa di San Francesco). Mi schernisco; non sono stato un suo allievo ed in più mi sento in imbarazzante diffi- coltà a scrivere di cotanto no- men. Il grande valore (anche affettivo) che il professore ha lasciato è dimostrato dalle «Conversazioni sul lavoro de- dicate a Giuseppe Pera dai suoi allievi» tenute nel convento di San Cerbone (un cenacolo di sana e robusta discussione, aperta a tutti i punti di vista e a studiosi e cultori, non solo di diritto del lavoro, di diversa formazione) e dalle numerose iniziative promosse dalla «Fondazione Giuseppe Pera» che i suoi allievi ed amici, col sostegno di enti e istituzioni hanno costituito a Lucca per mantenere vivo l’insegnamen- to del maestro e coltivare lo studio, teorico e pratico, del diritto del lavoro in senso lato. Figura di gentiluomo di campagna, che riusciva ad es- sere uomo del popolo ed ari- stocratico al contempo; di trat- to campagnolo ma altresì di elevata cultura. Dopo qualche anno in magistratura, Pera ab- bandona la toga per insegnare il diritto del lavoro all’Universi- tà di Pisa, lasciando indimenti- cabili episodi di vita come do- cente, come acuto osservatore della società civile, e come re- dattore di scritti anche non giuridici. La sua penna era quella tipica del toscano, libe- ro pensatore, pieno di umori- smo ed autoironia: insomma lo stile asciutto e pungente dello scrittore di razza antica, vicina a quella di Indro Monta- nelli. La lettura dei suoi scritti, fra i numerosi ricordiamo le celebri «Noterelle» pubblicate nella Rivista italiana di diritto del lavoro, per un ventennio, dal 1986 al 2004 , è tutt’oggi di- vertente, stimolante ed in certi casi profetica. Fra le tantissime osservazioni nelle «Noterelle» ricordiamo la proposta provo- catoria all’epoca dei ripetuti talk show sul processo Paccia- ni: «(...) la legge stabilisca che questi processi siano decisi da giurie interamente composte da giornalisti sorteggiati a tur- no: sono così bravi»; o un al- trettanto preveggente conside- razione (1999): «(...) non vi è alcun divieto di unione fra omosessuali; né, mi pare, c’è ostacolo sul piano testamenta- rio, ognuno può lasciare i suoi beni a chi vuole...»; su don Lo- renzo Milani (1999): «(...) mi son fatto portare a Barbiana; ne sono rimasto sentimental- mente colpito, averlo relegato in un angolo remoto... Ho poi letto le lettere di don Milani, trovandoci cose di alto livello»; sull’emigrazione (2002): «(…) è comprensibile che si esiga una limitazione alla libertà di immigrazione nel Paese per garantire un ordinato inseri- mento; si possono spalancare le porte a milioni?»; sull’art. 18 dello statuto dei lavoratori (2002): «(...) forse è meglio una soluzione indennitaria universale»; sull’Europa (2002): «(...) la normativa eu- ropea ha reso illegale il nostro plurisecolare lardo di Colon- nata, che non ha mai ammaz- zato nessuno… forse a Stra- sburgo di ogni Paese sono an- dati i peggiori»; sul crocifisso in Tribunale (2002): «(...) pur non essendo credente, ma ten- go a precisare non ateo, perché l’assolutezza della negazione mi è sempre parsa più presun- tuosa della fede, è comprensi- bile che ogni comunità preten- da di identificarsi in certi valo- ri, e la croce esprima in parte il meglio, sul piano dei valori, del nostro mondo. Calaman- drei scrisse che non disdice al- l’austerità delle aule giudizia- rie il crocifisso; soltanto non voleva che fosse collocato, co- me è, dietro le spalle dei giudi- ce, ma davanti per ammonire la loro coscienza». Meno noto, fra i tanti, l’epi- sodio di passione civile che aveva contraddistinto la vec- Profilo Nato a Lucca il 9 dicembre 1928 e morto sempre nella sua città il 1° settembre 2007, Giuseppe Pera è stato giurista e accademico, professore emerito all’Università di Pisa Viene ritenuto uno dei padri fondatori del diritto del lavoro È stato anche magistrato, avvocato, direttore di riviste di settore e uomo politico chia anima socialista di Pera, come quel giorno in cui, in au- to con alcuni allievi, chiese di fermarsi all’altezza del cimite- ro monumentale di Trespiano per far visita «ai nostri morti». Gli allievi e il suo amico di una vita, Gughi Mancini, pensaro- no che si trattasse di parenti; invece il professore, con passo svelto, arrivò alle tombe sem- plici e disadorne dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini, se- polti nel «Prato d’Onore», con l’epitaffio scritto da Piero Cala- mandrei «Giustizia e Libertà: per questo morirono, per que- sto vivono». A ciò si aggiunga un episo- dio personale: a Palermo per un corso della Scuola superio- re della magistratura, il presi- dente della Corte di Appello mi porta a visitare la stanza (rima- sta intatta) di Giovanni Falco- ne. Grande emozione nel vede- re il suo tavolo, con la penna stilografica, le sue agende pie- ne di appunti, la macchina da scrivere, ma più ancora un li- bro sulla scrivania Un mestiere difficile: il magistrato di Giu- seppe Pera (la prima edizione de Il Mulino del 1967). Una te- stimonianza, la sua, di ex ma- gistrato (per circa otto anni e mezzo, in gran parte trascorsi presso la Pretura di San Minia- to) che nasceva, sono parole sue, dall’obbligo morale di da- re un’informazione onesta e non tendenziosa sulle cose della giustizia e sulla sua crisi che già in quegli anni era nella coscienza dei cittadini. Anche per Falcone, evidentemente, Giuseppe Pera era un maestro da tenere a portata di mano. Credo che Pera non l’abbia mai saputo: questo è il momento di farglielo sapere. *Vice presidente Scuola superiore magistratura © RIPRODUZIONE RISERVATA di Andrea Del Re* Un mestiere difficile: il magistrato Il libro di Giuseppe Pera sul tavolo dell’ufficio palermitano di Giovanni Falcone

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FI8 Sabato 26 Agosto 2017 Corriere Fiorentino

Le lettere firmatecon nome, cognome e cittàvanno inviatea «Lungarno»,Corriere Fiorentinolungarnodelle Grazie 2250122, FirenzeFax 0552482510

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RICORDO DEL GIUSLAVORISTA GIUSEPPE PERA

IL MAESTRO LUCCHESESUL TAVOLO DI FALCONE(E LUI NON LO SAPEVA)LUNGARNO

U n collega ed amico allie-vo di Giuseppe Pera —giuslavorista di spicco

nella seconda metà del secoloscorso, per molti anni docentenell’Università di Pisa, dopo il trasferimento a Milano dellasua maestra, Luisa Riva Sanse-verino, che, insieme al fioren-tino Giuliano Mazzoni, ha for-mato intere generazioni di giu-risti del lavoro e ha posto lefondamenta del moderno di-ritto del lavoro — mi ha chie-sto di scrivere un ricordo delmaestro nel decimo anniversa-rio della morte (sul suo pensie-ro e sul suo insegnamento, an-cora attuale sotto diversi profi-li, si terrà un convegno a Lucca,il 6 e il 7 ottobre, nel comples-so monumentale della chiesadi San Francesco).

Mi schernisco; non sonostato un suo allievo ed in piùmi sento in imbarazzante diffi-coltà a scrivere di cotanto no-men. Il grande valore (ancheaffettivo) che il professore halasciato è dimostrato dalle«Conversazioni sul lavoro de-dicate a Giuseppe Pera dai suoiallievi» tenute nel convento diSan Cerbone (un cenacolo disana e robusta discussione,aperta a tutti i punti di vista e astudiosi e cultori, non solo didiritto del lavoro, di diversa

formazione) e dalle numeroseiniziative promosse dalla«Fondazione Giuseppe Pera»che i suoi allievi ed amici, colsostegno di enti e istituzionihanno costituito a Lucca permantenere vivo l’insegnamen-to del maestro e coltivare lostudio, teorico e pratico, deldiritto del lavoro in senso lato.

Figura di gentiluomo dicampagna, che riusciva ad es-sere uomo del popolo ed ari-stocratico al contempo; di trat-to campagnolo ma altresì dielevata cultura. Dopo qualcheanno in magistratura, Pera ab-bandona la toga per insegnareil diritto del lavoro all’Universi-tà di Pisa, lasciando indimenti-cabili episodi di vita come do-cente, come acuto osservatoredella società civile, e come re-dattore di scritti anche nongiuridici. La sua penna eraquella tipica del toscano, libe-ro pensatore, pieno di umori-smo ed autoironia: insommalo stile asciutto e pungentedello scrittore di razza antica,

vicina a quella di Indro Monta-nelli. La lettura dei suoi scritti,fra i numerosi ricordiamo lecelebri «Noterelle» pubblicatenella Rivista italiana di dirittodel lavoro, per un ventennio,dal 1986 al 2004 , è tutt’oggi di-vertente, stimolante ed in certicasi profetica. Fra le tantissimeosservazioni nelle «Noterelle»ricordiamo la proposta provo-catoria all’epoca dei ripetutitalk show sul processo Paccia-ni: «(...) la legge stabilisca chequesti processi siano decisi dagiurie interamente composteda giornalisti sorteggiati a tur-no: sono così bravi»; o un al-trettanto preveggente conside-razione (1999): «(...) non vi èalcun divieto di unione fraomosessuali; né, mi pare, c’èostacolo sul piano testamenta-rio, ognuno può lasciare i suoibeni a chi vuole...»; su don Lo-renzo Milani (1999): «(...) mison fatto portare a Barbiana;ne sono rimasto sentimental-mente colpito, averlo relegatoin un angolo remoto... Ho poi

letto le lettere di don Milani, trovandoci cose di alto livello»;sull’emigrazione (2002): «(…)è comprensibile che si esigauna limitazione alla libertà diimmigrazione nel Paese pergarantire un ordinato inseri-mento; si possono spalancarele porte a milioni?»; sull’art. 18dello statuto dei lavoratori(2002): «(...) forse è megliouna soluzione indennitariauniversale»; sul l ’Europa(2002): «(...) la normativa eu-ropea ha reso illegale il nostroplurisecolare lardo di Colon-nata, che non ha mai ammaz-zato nessuno… forse a Stra-sburgo di ogni Paese sono an-dati i peggiori»; sul crocifissoin Tribunale (2002): «(...) pur non essendo credente, ma ten-go a precisare non ateo, perchél’assolutezza della negazionemi è sempre parsa più presun-tuosa della fede, è comprensi-bile che ogni comunità preten-da di identificarsi in certi valo-ri, e la croce esprima in parte ilmeglio, sul piano dei valori,del nostro mondo. Calaman-drei scrisse che non disdice al-l’austerità delle aule giudizia-rie il crocifisso; soltanto nonvoleva che fosse collocato, co-me è, dietro le spalle dei giudi-ce, ma davanti per ammonirela loro coscienza».

Meno noto, fra i tanti, l’epi-sodio di passione civile cheaveva contraddistinto la vec-

Profilo

Nato a Lucca il 9 dicembre 1928 e morto sempre nella sua città il 1° settembre 2007, Giuseppe Pera è stato giurista e accademico, professore emerito all’Università di Pisa

Viene ritenuto uno dei padri fondatori del diritto del lavoro

È stato anche magistrato, avvocato, direttore di riviste di settore e uomo politico

chia anima socialista di Pera,come quel giorno in cui, in au-to con alcuni allievi, chiese difermarsi all’altezza del cimite-ro monumentale di Trespianoper far visita «ai nostri morti».Gli allievi e il suo amico di unavita, Gughi Mancini, pensaro-no che si trattasse di parenti;invece il professore, con passosvelto, arrivò alle tombe sem-plici e disadorne dei fratelliCarlo e Nello Rosselli, ErnestoRossi e Gaetano Salvemini, se-polti nel «Prato d’Onore», conl’epitaffio scritto da Piero Cala-mandrei «Giustizia e Libertà:per questo morirono, per que-sto vivono».

A ciò si aggiunga un episo-dio personale: a Palermo perun corso della Scuola superio-re della magistratura, il presi-dente della Corte di Appello miporta a visitare la stanza (rima-sta intatta) di Giovanni Falco-ne. Grande emozione nel vede-re il suo tavolo, con la pennastilografica, le sue agende pie-ne di appunti, la macchina dascrivere, ma più ancora un li-bro sulla scrivania Un mestieredifficile: il magistrato di Giu-seppe Pera (la prima edizionede Il Mulino del 1967). Una te-stimonianza, la sua, di ex ma-gistrato (per circa otto anni emezzo, in gran parte trascorsipresso la Pretura di San Minia-to) che nasceva, sono parolesue, dall’obbligo morale di da-re un’informazione onesta enon tendenziosa sulle cosedella giustizia e sulla sua crisiche già in quegli anni era nellacoscienza dei cittadini. Ancheper Falcone, evidentemente,Giuseppe Pera era un maestroda tenere a portata di mano.Credo che Pera non l’abbia maisaputo: questo è il momento difarglielo sapere.

*Vice presidente Scuolasuperiore magistratura

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di Andrea Del Re* Un mestiere difficile:il magistratoIl libro di Giuseppe Pera sul tavolo dell’ufficio palermitano di Giovanni Falcone