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Sanitanova Srl – Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2015 – Modulo 3 1 Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2015 Responsabili scientifici: Dr. Alessio Paffoni, Specialista in Genetica Medica, Fondazione Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, U.O. Sterilità di Coppia, Milano Dr. Claudio Castello, Responsabile del Centro Fisiopatologia della Riproduzione, Ospedale Maria Vittoria, Torino Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 7/2/2013) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Data inizio svolgimento: 30/06/2015; ID evento: 12-129349 Modulo 3. La componente maschile nell’infertilità di coppia Autori: Dr.ssa Laura Benaglia Specialista in Ginecologia e Ostetricia, Fondazione Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, U.O. Sterilità di Coppia, Milano; Dr. Alessio Paffoni, Specialista in Genetica Medica, Fondazione Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, U.O. Sterilità di Coppia, Milano Obiettivi formativi Al termine del modulo didattico, il discente dovrebbe essere in grado di: comprendere le fasi principali della diagnostica e del trattamento dell’infertilità maschile; conoscere gli elementi fondamentali dello spermiogramma e interpretarne i risultati; valutare l’efficacia delle tecniche emergenti riguardo la valutazione del fattore maschile nell’infertilità di coppia Introduzione Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, è possibile stabilire una causa di infertilità per circa il 90% delle coppie infertili; la componente maschile e quella femminile sono riscontrabili in questa casistica con frequenza molto simile. In genere il contributo maschile all'infertilità di coppia viene determinato sulla base di alterazioni dei parametri che caratterizzano il liquido seminale, pur non essendo ben noti i limiti di demarcazione tra fisiologia e patologia. Un caso limite è rappresentato dal fattore maschile "assoluto" che consiste nell'azoospermia: si tratta di uno dei

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Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA – Edizione 2015

Responsabili scientifici: Dr. Alessio Paffoni, Specialista in Genetica Medica, Fondazione Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, U.O. Sterilità di Coppia, Milano Dr. Claudio Castello, Responsabile del Centro Fisiopatologia della Riproduzione, Ospedale Maria Vittoria, Torino

Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 7/2/2013) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Data inizio svolgimento: 30/06/2015; ID evento: 12-129349

Modulo 3. La componente maschile nell’infertilità di coppia

Autori: Dr.ssa Laura Benaglia Specialista in Ginecologia e Ostetricia, Fondazione Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, U.O. Sterilità di Coppia, Milano; Dr. Alessio Paffoni, Specialista in Genetica Medica, Fondazione Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, U.O. Sterilità di Coppia, Milano

Obiettivi formativi

Al termine del modulo didattico, il discente dovrebbe essere in grado di:

comprendere le fasi principali della diagnostica e del trattamento dell’infertilità maschile;

conoscere gli elementi fondamentali dello spermiogramma e interpretarne i risultati;

valutare l’efficacia delle tecniche emergenti riguardo la valutazione del fattore maschile nell’infertilità di coppia

Introduzione

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, è possibile stabilire una causa di infertilità per circa il 90% delle coppie infertili; la componente maschile e quella femminile sono riscontrabili in questa casistica con frequenza molto simile. In genere il contributo maschile all'infertilità di coppia viene determinato sulla base di alterazioni dei parametri che caratterizzano il liquido seminale, pur non essendo ben noti i limiti di demarcazione tra fisiologia e patologia. Un caso limite è rappresentato dal fattore maschile "assoluto" che consiste nell'azoospermia: si tratta di uno dei

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rari casi in cui, se la condizione è stabile e confermata, l'uomo è certamente impossibilitato a concepire un figlio senza l'ausilio di tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). I soggetti azoospermici spiegano in ogni caso solo una piccola percentuale di tutti i fattori di infertilità maschile (circa il 10%); molto soggetti (circa un terzo), viceversa, pur essendo considerati infertili sulla base di alterazioni dello spermiogramma, non presentano cause identificabili e sono descritti come affetti da infertilità idiopatica. La valutazione attenta delle cause che generano la non trascurabile incidenza dell’infertilità maschile è strategica nell’ambito di un ciclo di PMA per definire correttamente la diagnosi, per impostare il trattamento più idoneo per la coppia e per evidenziare eventuali stati patologici dell'uomo che, oltre a essere indirizzato alla PMA, può essere curato per patologie sottostanti. In generale, la corretta gestione del partner maschile è funzionale al miglioramento del tasso di successo delle tecniche di PMA ed è importante per la salute dei soggetti coinvolti. La diagnosi di infertilità maschile attualmente passa attraverso diverse fasi: anamnesi, esame obiettivo ed ecografico, dosaggi ormonali ed esame del liquido seminale (o spermiogramma). Questi stessi parametri sono utilizzati per misurare l’efficacia di qualsiasi trattamento terapeutico e non sempre si rivelano adeguati per valutare variazioni dello stato di fertilità dei soggetti trattati. In particolare, l'esame del liquido seminale standard, eseguito in accordo alle linee guida dell'OMS1, è spesso insufficiente nella predizione della probabilità di gravidanza. Si è evidenziata negli ultimi decenni l’esigenza di individuare nuovi canoni di valutazione e nuove tecnologie in grado di offrire una stima più oggettiva dei parametri di riferimento e della capacità fecondante degli spermatozoi. Ad oggi, tuttavia, una valida soluzione nel campo del trattamento dell’infertilità maschile è lo sviluppo della tecnica ICSI (Intracytoplasmatic Sperm Injection, Iniezione Intra-Citoplasmatica degli Spermatozoi): questa si è rivelata spesso efficace nell'offrire una probabilità di gravidanza a coppie in cui il partner maschile presenti alterazioni anche gravi dello spermiogramma.

Diagnosi di Infertilità Maschile

Circa il 15% delle coppie non ottengono la gravidanza dopo 1 anno di ricerca, circa il 50% di queste coppie concepiscono nel secondo anno e il 14% nel terzo anno di rapporti sessuali scoperti2. Nel mondo, secondo i dati dell’OMS del 1995, esistono 70-80 milioni di coppie sterili. Si stimano circa 3 milioni di coppie sterili in Europa Occidentale, con 200.000 nuovi casi all’anno. Esistono quattro principali categorie di cause di sterilità (fattore maschile, fattore femminile, fattori sia maschili sia femminili e infertilità idiopatica) e la loro frequenza relativa (vedi Tabella 1) è più o meno simile (circa 25%)3. Tabella 1. Frequenza relativa delle cause di infertilità in funzione del livello di cura

Cause I livello II e III livello

Fattore maschile 22,3% 29,3% Fattore femminile (endocrina, endometriosi, ridotta riserva ovarica e fattore tubarico) 23,5% 37,1% Fattori sia maschili sia femminili (compresi fattori genetici) 14,4% 18,5%

Infertilità idiopatica 36,2% 15,1% Altro 3.6%

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Si stima che la presenza di una causa maschile come fattore unico o co-fattore di sterilità sia presente nel 45-50% dei casi e che nel 30-45% dei casi l’alterazione del liquido seminale non sia attribuibile a nessuna patologia (infertilità maschile idiopatica)4.

I risultati dell’esame seminale

La fertilità maschile viene valutata prevalentemente sulla base delle caratteristiche del liquido seminale basale. Benché non siano noti dei veri valori di normalità, i parametri del liquido seminale definiti dall’OMS come riferimento sono volume ≥ 1,5 ml, pH ≥ 7,2, concentrazione ≥ 15 milioni/ml, N totale spermatozoi ≥ 39 milioni, motilità totale ≥ 40%, motilità progressiva rapida ≥ 32%, vitalità ≥ 58%, forme fisiologiche ≥ 4%15 e sono approfonditi nella sezione “I valori di riferimento dello spermiogramma”; come successivamente discusso, molto spesso non è possibile trarre conclusioni, in base al risultato di un esame del liquido seminale, sulla capacità fecondante di un individuo. Con il termine generico di dispermia si definisce una anomalia dei valori dell’esame del liquido seminale, mentre il termine normospermia rivela un quadro di totale normalità, che tuttavia non è sinonimo di fertilità certa. La gravità dell’infertilità maschile si definisce prevalentemente sulla base delle caratteristiche del liquido seminale basale. Prendendo in considerazione lo spermatozoo, si definisce azoospermia l’assenza di visualizzazione di cellule nemaspermiche nel liquido seminale esaminato. Oligozoospermia indica la presenza di un numero di spermatozoi inferiore all’atteso mentre criptozoospermia definisce i casi in cui il numero di spermatozoi visualizzato è < 1 milione/ml5. I campioni caratterizzati da un eccesso di forme atipiche vengono definiti teratozoospermici, mentre in caso di ridotta motilità spermatica si parla di astenozoospermia. La patologia seminale severa è spesso caratterizzata da oligo-asteno-teratozoospermia o OAT, cioè da concomitante riduzione di concentrazione, motilità e forme fisiologiche spermatiche. La necrozoospermia definisce l’assenza o l’estrema riduzione di spermatozoi vitali nell’eiaculato. Tabella 2 Infertilità maschile: cause e fattori associati

Diagnosi Pazienti non selezionati (N 12.945) %

Pazienti azoospermici (N 1.446) %

Tutti 100 11,2

Infertilità con cause note 42,6 42,6

Ritenzione testicolare 8,4 17,2

Varicocele 14,8 10,9

Anticorpi contro spermatozoi 3,9 -

Tumori testicolari 1,2 2,8

Altro 5,0 1,2

Infertilità idiopatica 30 13,3

Ipogonadismo 10,1 16,4

Sindrome di Klinfelter 2,6 13,7

XX- maschile 0,1 0,6

Ipogonadismo primitivo 2,3 0,8

Ipogonadismo secondario 1,6 1,9

Sindrome di Kallmann 0,3 0,5

Ipogonadismo idiopatico 0,4 0,4

Residui dopo chirurgia pituitaria 0,1 0,3

Altro 0,8 0,8

Ipogonadismo tardivo 2,2 -

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Ritardo puberale 1,4 -

Patologia sistemica 2,2 0,5

Criopreservazione per malattie neoplastiche 7,5 12,5

Tumori testicolari 5,0 4,3

Linfoma 1,5 4,6

Leucemia 0,7 2,2

Sarcoma 0,6 0,9

Disturbi dell'eiaculazione 2,4 -

Ostruzione 2,2 10,3

Vasectomia 0,9 5,3

Fibrosi Cistica (CBAVD) 0,5 3,1

Altro 0,8 1,9

Ginecomastia 1,5 0,2

Microdelezione Y 0,3 1,6

Altra alterazione cromosomica 0,2 1,3

CBAVD: congenital bilateral aplasia of vas deferens, agenesia bilaterale dei dotti deferenti Fonte: referenza bibliografica 3 Come si evince dalla Tabella 2, anche se l’infertilità idiopatica rappresenta la maggior responsabile tra le cause di dispermia, esistono diverse cause e diversi fattori associati all’infertilità maschile che descriviamo nel paragrafo successivo.

Cause di infertilità maschile

La cause di infertilità maschile sono ancora oggi non ben definite. L’importanza dei vari fattori varia notevolmente tra le diverse casistiche in funzione del valore relativo che viene attribuito dallo specifico centro. Le cause più comuni sono le seguenti:

1) varicocele (25-35%), 2) genetiche (20-25%), 3) infezioni (10-12%), 4) criptorchidismo (8-10%), 5) cause ostruttive (azoospermia ostruttiva) (5-8%), 6) endocrine (2-5%).

La causa più frequente è l’infertilità idiopatica che è responsabile del 30-40% dei casi. Come detto, la ricerca di cause non è indicata in pazienti con normozoospermia in quanto potrebbe portare a identificare anomalie che di fatto non hanno nessun impatto clinico6.

Varicocele

Il varicocele è definito come una dilatazione anomala del plesso venoso pampiniforme che generalmente inizia a svilupparsi dopo la pubertà. Per lo più localizzato a sinistra, può esserne sospettata la ricorrenza clinicamente e confermata mediante l’ecografia scrotale con valutazione Doppler. Il ruolo del varicocele nella patogenesi dell’infertilità è oggetto di un interminabile dibattito che non ha ancora portato a una posizione condivisa. Il punto nodale della discussione è l’osservazione che il varicocele è più frequente in pazienti infertili: infatti, la prevalenza nella popolazione fertile è di circa il 12% mentre nella popolazione infertile raggiunge circa il 25%. Sulla base di questi dati ne conseguirebbe che se il varicocele è più frequente in pazienti infertili, la sua correzione chirurgica è in grado di ristabilire uno stato di normale fertilità7. Tuttavia, non ci sono evidenze conclusive

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sull’aumento delle probabilità di gravidanza dopo varicocelectomia, anche se sembra che l’intervento migliori i parametri del liquido seminale e riduca i danni al DNA del seme e lo stress ossidativo8. Sono in discussione vari metodi chirurgici ma la microchirurgia sembra essere la più efficace in termini di miglioramento dei parametri del seme. È sicuramente indubbio che il varicocele sia da operare se è sintomatico, se è diagnosticato in giovane età anche in ragazzi che non cercano prole o in uomini infertili la cui partner non presenta fattori di infertilità6.

Cause genetiche

Un recente studio su 11 pubblicazioni, che include un totale di 9.766 uomini infertili, ha riportato che l’incidenza di anomalie cromosomiche negli uomini infertili raggiunge il 5,8%, di cui il 4,2% include anomalie dei cromosomi sessuali e l’1,5% coinvolge anomalie autosomiche. Inoltre si è visto che il rischio di una anomalia cromosomica aumenta proporzionalmente alla severità di dispermia. La sindrome di Klinfelter è la forma più frequente di anomalia cromosomica sessuale: il fenotipo è molto variabile, da un fenotipo normalmente virilizzato a un quadro compatibile con un deficit androginico, incluso un aspetto femminile. Tutti gli uomini affetti dalla sindrome di Klinefelter hanno testicoli piccoli, la funzionalità delle cellule di Leydig è alterata, per cui i livelli di estrogeni sono elevati, il testosterone libero è basso e l’FSH è elevato4. La maggior parte dei pazienti è affetto da azoospermia; tuttavia nel 30% degli uomini si possono recuperare spermatozoi attraverso l’aspirazione microchirurgica dal testicolo (testicular sperm extraction, TESE). Il braccio lungo del cromosoma Y ospita numerosi geni coinvolti nella spermatogenesi e quindi le delezioni del cromosoma Y, chiamate delezioni AZF (Azoospermia factor), sono associate ad alterazioni della spermatogenesi. La presenza di delezioni AZF è normalmente associata a valori conta spermatica < 5 milioni totali, per cui l’esame genetico è richiesto solo se lo spermiogramma mostra valori inferiori al cut off di 5 milioni di spermatozoi totali9. Un’altra causa genetica rilevante è la mutazione del gene della Fibrosi Cistica, la più comune delle mutazioni negli uomini di razza caucasica. Gli uomini affetti da fibrosi cistica sono azoospermici per un’agenesia bilaterale dei dotti deferenti (congenital bilateral aplasia of vas deferens, CBAVD). Il gene coinvolto è localizzato sul cromosoma 7 e codifica una proteina canale di membrana che influenza la funzionalità dei dotti eiaculatori, delle vescicole seminali e dei vasi deferenti. I portatori di mutazione del gene della Fibrosi Cistica negli uomini europei sono stimati essere di 1:25; pertanto, alle partner femminili degli uomini portatori di CBAVD dovrebbe essere sempre raccomandato di eseguire lo screening genetico10.

Criptorchidismo

Il criptorchidismo è l’anomalia congenita più frequente dei genitali maschili (2-5%). I parametri del seme nei soggetti con storia pregressa di criptorchidismo sono spesso alterati; infatti nel 2-9% degli uomini infertili è presente una storia di criptorchidismo. Alcuni studi hanno suggerito che l’intervento nella prima infanzia (< 3 anni) ha effetto positivo sulla qualità del seme, anche se la percentuale di concepimenti nei maschi con e senza criptorchisimo è simile (89,7 vs 93,7%, rispettivamente)4.

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Cause infettive

Le infezioni del tratto genitale maschile non sono sempre associate a infertilità. In molti casi l’analisi dell’eiaculato non rivela nessuna correlazione tra le caratteristiche del seme e il tipo di infezione. Il trattamento antibiotico eradica il microrganismo ma non ha effetto sulle caratteristiche del liquido seminale4. Un’infezione può comunque causare altre problematiche associate al successo procreativo.

Cause endocrine

Le cause endocrine di infertilità sono piuttosto rare. Si tratta essenzialmente di casi di ipogonadismo ipogonadotropo, che può essere congenito o acquisito. L’ipogonadismo ipogonadotropo idiopatico può essere isolato o associato a anosmia, prendendo in questo caso il nome di Sindrome di Kallmann. In circa il 70% dei casi il difetto congenito nella produzione di gonadotropine rimane ad eziologia sconosciuta11. L’ipogonadismo ipogonadotropo acquisito invece è causato da fattori che possono influenzare la produzione di gonadotropine, come tumori ipofisari e malattie metaboliche, come l’emocromatosi o l’obesità grave.

Il danno da specie reattive dell’ossigeno (ROS) e la frammentazione del DNA spermatico

Evidenze piuttosto recenti basate osservano che le specie reattive dell’ossigeno possono causare un danno alle cellule riproduttive maschili attraverso due meccanismi principali: in primo luogo possono danneggiare la membrana degli spermatozoi, compromettendone la motilità e la capacità di interagire efficacemente con la membrana dell'ovocita; in secondo luogo, sono in grado di alterare l’integrità del DNA degli spermatozoi. Quest’ultimo aspetto è ormai ritenuto fondamentale nella determinazione della normale fecondazione e dello sviluppo dell’embrione, sia nei concepimenti spontanei sia assistiti. Infatti, molti uomini con parametri seminali considerati normali possono avere come unico motivo di ridotte possibilità di concepimento naturale proprio un elevato grado di danno all’integrità del DNA spermatico. Come discusso più avanti, anche se si riconosce che le tecniche per la validazione della frammentazione del DNA degli spermatozoi abbiano dei limiti, si ritiene che dovrebbero essere parte integrante della valutazione standard del partner maschile nei casi di subfertilità della coppia.

Valutazione della coppia

La valutazione dell’infertilità è sempre una valutazione di coppia. In questo ambito, occorre sottolineare il particolare rilievo di tre elementi: età femminile, durata della ricerca e precedenti gravidanze della coppia e dei singoli partner individualmente. Per sintetizzare il processo diagnostico, nella Tabella 3 sono specificate nel dettaglio le voci da considerare nell’anamnesi sia del partner maschile sia femminile e nella Tabella 4 sono riportati gli esami ematochimici e strumentali di I e II livello. Gli esami di I livello devono essere sistematicamente prescritti. In funzione dell’esito di questi, si procederà a prescrivere in modo selettivo quelli di II livello.

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Tabella 3. Anamnesi della coppia infertile

Tipo di anamnesi Donna Uomo

Familiare Età menopausa in famiglia Fibrosi cistica

Generale Durata della ricerca Durata della ricerca

Età Età

Precedenti interventi addomino-pelvici (peritonite)

Precedenti interventi pelvici (ernioplastica inguinale, interventi sul collo vescicale)

Tumori (Radio o Chemioterapia)

Tumori (Radio o Chemioterapia)

Fumo Fumo

Ostetrico-ginecologica Precedenti gravidanze (parti, cesarei, aborti, gravidanze extrauterine)

Precedenti gravidanze

Caratteristiche dei cicli mestruali (frequenza, regolarità, dismenorrea)

Discesa testicolare (criptorchidismo)

Altri sintomi ginecologici (dispareunia, algie intermestruali)

Epididimite-orchite (parotite in età adulta)

Precedenti episodi di PID Traumi testicolari

Storia sessuale Storia sessuale

Precedenti interventi ginecologici (endometriosi, miomi, sterilizzazione, ecc.)

Precedenti interventi andrologici (varicocele, criptorchidismo, sterilizzazione, ecc.)

Pregresso utilizzo di IUD (per rischio aumentato di PID)

PID: Pelvic inflammatory disease, Malattia Infiammatoria Pelvica Fonte: referenza bibliografica 11 Tabella 4. Esami di primo e secondo livello nella coppia infertile

Partner Esami I livello Esami II livello

Donna Ecografia Transvaginale Isterosalpingografia

Esami ormonali (FSH, LH, E2, AMH, TSH, PRL, Progesterone)

Anticorpi anti Chlamydia

Isterosonografia

Isteroscopia

Laparoscopia

Esami genetici (cariotipo, FRAXA)

Testosterone, Androstenedione

Uomo Esame seminale (2 valutazioni) Ormonali (FSH, LH, testosterone)

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Ecografia scrotale + Doppler

Ecografia Transrettale

Test di Stamey

Esami genetici (cariotipo, microdelezioni del cromosoma Y, mutazione del gene della fibrosi cistica)

Biopsia testicolare

Test di frammentazione DNA

Fonte: referenza bibliografica 11

Esame del liquido seminale o spermiogramma

Lo spermiogramma rappresenta l’esame base per l’inquadramento diagnostico del maschio potenzialmente infertile. È inoltre utilizzato per testare la tossicità riproduttiva di composti farmacologici, agenti terapeutici e contaminanti ambientali. I testi di maggiore importanza per l’esame del liquido seminale sono pubblicati dalla Organizzazione Mondiale della Sanità e riportano le “soglie” di riferimenti per i diversi parametri analizzati (nella Figura 1 sono rappresentate le ultime 3 edizioni del Manuale).

Figura 1. Le ultime tre edizioni del manuale edito dall'OMS sull'esame del liquido seminale

3° Edizione

4° Edizione

5° Edizione

1992

1999

2010

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I valori di riferimento riportati, benché largamente utilizzati in tutto il mondo, sono noti per non essere ben standardizzati e per essere poco rigorosi sia da un punto di vista clinico sia di laboratorio. È molto indicativo il cambiamento di nomenclatura che l’OMS ha introdotto con il manuale pubblicato nel 1999: infatti quella edizione (la penultima disponibile) ha introdotto il concetto di “valori di riferimento” al posto di “valori di normalità”13. Si è trattato di una modifica importante sia da un punto di vista operativo sia concettuale: non esiste uno spermiogramma “normale”, ma esistono spermiogrammi con parametri al di sopra o al di sotto di specifici valori di riferimento. Si comprende dunque come sia largamente decaduta anche la possibilità di trarre conclusioni, in base al risultato di un esame del liquido seminale, sulla capacità fecondante di un individuo. L’esame seminale standard prevede, secondo l’OMS, la valutazione dei classici parametri riportati in Figura 21.

Figura 2. I parametri valutati nell'esame seminale standard.

I valori di riferimento dello spermiogramma

Dalla fine degli anni ’90 si è resa impellente la necessità di rivedere i criteri di riferimento dell’OMS alla luce di alcuni studi che hanno mostrato la scarsa predittività della classificazione proposta sulla effettiva capacità di concepimento naturale14,15. Uno studio molto importante del 2001 ha posto nuovi elementi utili a comprendere il significato dello spermiogramma in soggetti fertili e infertili16 e merita un approfondimento. Lo scopo dello studio era quello di rispondere a una domanda semplice ma che ancora non trova risposta: “Quali parametri dello spermiogramma permettono di distinguere soggetti fertili e infertili?”. Sono stati effettuati spermiogrammi (almeno 2) in soggetti fertili, la cui partner fosse gravida o avesse partorito da non più di due anni, e in soggetti infertili, appartenenti a coppie con ricerca infruttuosa di gravidanza da almeno 12 mesi e assenza di fattore femminile noto. I valori ottenuti

Analisi liquido seminale

(O.M.S.)

Macroscopica

Aspetto

pH

Viscosità

Fluidificazione

Volume

Microscopica

Concentrazione

Motilità

Vitalità

Morfologia

Agglutinazioni

Cristalli

Altri elementi cellulari

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dagli esami del liquido seminale sono stati analizzati al fine di trovare delle soglie utili per discriminare la fertilità. Dall’analisi CART (classification-and-regression-tree), gli Autori hanno identificato due soglie per ogni parametro valutato: una soglia che separa il range di “fertilità” da quello “indeterminato” e una che separa il range “indeterminato” da quello di “infertilità”. In questo modo hanno definito, per concentrazione spermatica, mobilità e morfologia, un ampio range di incertezza, o “zona grigia”, ai margini del quale si collocano i pazienti fertili e quelli subfertili. I valori sono riportati nella tabella 5. Tabella 5. Range di fertilità, di incertezza e di subfertilità

Range di fertilità Range di incertezza Range di subfertilità

Concentrazione >48 milioni spz/ml 13,5-48 milioni spz/ml

<13,5 milioni spz/ml

Mobilità >63% 32-63% <32%

Forme morfologicamente normali

>12% 9-12% <9%

Fonte: referenza bibliografica 12 Sulla valutazione di questi tre parametri principali, gli Autori hanno definito la probabilità di essere infertile rispetto ai soggetti i cui valori ricadano tutti nel range di fertilità. In concreto, posto a 1 il rischio di infertilità per i soggetti con i tre parametri nel range di fertilità (controlli), qualora uno solo dei parametri fosse nell’intervallo di subfertilità, il rischio di infertilità sarebbe aumentato di 2-3 volte circa. In caso di alterazione di almeno due parametri, il rischio aumenterebbe fino a 5-7 volte e in caso di tutti e tre i parametri ricadenti nel range di subfertilità, la probabilità di essere infertili aumenterebbe fino a 16 volte rispetto ai controlli. Si tratta dunque di un lavoro che, seppur con i limiti del metodo statistico, ha cercato elegantemente di rendere concreta la possibilità di distinguere tra soggetti fertili e infertili sulla base dello spermiogramma,. Non si può fare a meno di sottolineare, tuttavia, la presenza di un ampio spettro di parametri (il range di incertezza) in cui è impossibile esprimere un giudizio di fertilità e in cui i valori seminali di soggetti fertili e infertili sono ampiamente sovrapposti. Nessuno dei parametri considerati si può dire diagnostico per l’infertilità in quanto i valori di sensibilità e specificità non raggiungono livelli statisticamente accettabili; il parametro che, preso singolarmente, si è rivelato maggiormente informativo per l’infertilità è la morfologia spermatica secondo i criteri “stretti” (discussi al punto “Le forme fisiologiche: un vero challenge!”) con una area sotto la cura pari a 0,66. In particolare, questo studio ha fornito dei parametri di riferimento per la morfologia spermatica che erano carenti nel manuale dell’OMS13, ponendo la soglia di subfertilità e fertilità a 9% e 12% di forme fisiologiche, rispettivamente. Benché i risultati di questo studio siano clinicamente rilevanti, evidenziano, una volta di più, come sia difficile determinare delle soglie informative per variabili continue e sottolineano l’importanza di usare cautela nella definizione dello stato di infertilità basandosi sull’esame del liquido seminale.

I valori di riferimento attuali

Un successivo e fondamentale spunto per l’interpretazione dello spermiogramma è stato il lavoro pubblicato nel 2009 da Cooper e coll.17 L’importanza di questa pubblicazione è dovuta a due aspetti principali: il primo è che si tratta del lavoro che ha fornito i nuovi parametri di riferimento

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adottati dall’OMS nell’ultima versione del manuale riguardante lo spermiogramma1 (WHO, 2010); il secondo è che il lavoro stabilisce dei valori di riferimento analizzando i campioni seminali di soli soggetti fertili. Non si tratta quindi di uno studio comparativo tra soggetti fertili e infertili, ma della descrizione di campioni appartenenti a uomini ritenuti a “normale” prognosi riproduttiva. L’integrazione di questi risultati nel manuale dell’OMS ha rappresentato certamente una novità e ha suggerito una nuova impostazione per l’interpretazione dei risultati. È importante descrivere nel dettaglio l’impostazione di questo studio al fine di comprendere come, secondo l’OMS, debba essere interpretato lo spermiogramma. In 14 diversi Paesi sono stati inclusi oltre 4500 uomini di provata fertilità, di fertilità non nota o normospermici. Gli uomini (n=1.953) le cui partner avessero avuto un tempo di ricerca prole inferiore a 12 mesi sono stati ritenuti fertili e pertanto utilizzati per l’elaborazione dei valori seminali di riferimento. Ancora una volta l’OMS ha variato il metodo di valutazione dei parametri disponibili introducendo dei nuovi concetti. Supposto che i parametri analizzati nella popolazione fertile si dispongano in una curva gaussiana, si utilizza il metodo dei percentili per confrontare il proprio dato con quello di riferimento.

Figura 3: interpretazione dei percentili come proposto dall'OMS nel 2010

Come mostrato in Figura 3, esistono degli estremi nella distribuzione dei valori che rappresentano la coda sinistra e la coda destra, in genere attribuibili ai soggetti tendenti a minore e maggiore fertilità, rispettivamente. Statisticamente si ritiene che il 5% della popolazione rappresentata, formata dal 2,5% della coda di sinistra più il 2,5% della coda di destra, sia caratterizzata da valori limite che rappresentano le soglie della distribuzione della variabile stessa. Se, ad esempio e come è vero per il lavoro di Cooper e coll.17, si valuta il parametro “volume seminale” in ml, si osserva che i valori soglia corrispondenti al 2,5° percentile e al 97,5° percentile sono 1,2 ml e 6,8 ml rispettivamente. Si dovrebbe dunque ritenere questi due valori i limiti entro i quali si colloca la definizione di fertilità. Tuttavia, l’OMS suggerisce che nella valutazione dell’esame seminale, nessun parametro utilizzato possa essere associato a infertilità se caratterizzato da valori più elevati dell’atteso. In altre parole, mentre parametri troppo bassi possono essere indice di infertilità, valori molto elevati possono solo aumentare le probabilità di concepimento e questo vale per volume, concentrazione, motilità, morfologia, ecc. Si tratta di una osservazione discussa e non unanimemente condivisa perché potrebbe mascherare stati patologici (ad esempio, un eiaculato con volume eccessivo potrebbe essere indice di uno stato flogistico-irritativo) ma che, di fatto, ha cancellato i valori di riferimento superiori dal manuale di OMS. Gli Autori hanno dunque proposto di identificare la popolazione con valori limite nel 5° percentile inferiore della distribuzione, ponendo un’unica soglia di riferimento nella coda sinistra. Per tornare all’esempio

Valori di riferimento 2010Popolazione Fertile TTP≤12 m, n=1953

7 Paesi, 3 Continenti

5° percentile

2,5° percentile 97,5° percentile

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del volume, la soglia minima è stata così aumentata fino al 5° percentile che corrisponde a un volume di 1,5 ml, mentre non si pone una soglia massima. Per ogni parametro analizzato si definisce in questo modo un valore corrispondente al 5° percentile della distribuzione ottenuta dai soggetti fertili. Questo valore è il minimo atteso perché un paziente possa ragionevolmente non essere considerato infertile. È utile riportare a questo punto la distribuzione di tutti parametri considerati dall’OMS e pubblicati da Cooper17 (vedi Tabella 6). Tabella 6. Distribuzione dei parametri seminali

Fonte: adattato da Cooper et al., 200917

Nella tabella è riportato su fondo colorato l’insieme dei valori che, per i singoli parametri, rappresentano il “minimo atteso”. Come interpretare correttamente la tabella? Se, ad esempio, si dovesse valutare uno spermiogramma di un paziente con 15 milioni di spermatozoi per ml, si potrebbe dire che, per quel parametro, il soggetto presenta valori intorno al 5° percentile: ciò significa che si colloca ai limiti di una fascia ritenuta appartenere alla popolazione fertile, ma significa anche che il 95% della popolazione fertile presenta valori superiori a quello in esame. Se invece la concentrazione fosse intorno ai 70 milioni di spermatozoi/ml, si potrebbe dire che il valore rappresenta il 50° percentile della popolazione fertile, cioè il valore in esame supera quello del 50% dei soggetti fertili (vedi Figura 4).

N Percentili

2.5 5 10 25 50 75 90 95 97.5

Volume (ml) 1941 1.2 1.5 2 2.7 3.7 4.8 6 6.8 7.6

Concentrazione (106/ml) 1859 9 15 22 41 73 116 169 213 259

Numero totale spermatozoi

(106/Ejaculato)1859 23 39 69 142 255 422 647 802 928

Mobilità totale (%) 1781 34 40 45 53 61 69 75 78 81

Mobilità progressiva (%) 1780 28 32 39 47 55 62 69 72 75

Forme fisiologiche (%) 1851 3 4 5.5 9 15 24.5 36 44 48

Vitalità (%) 428 53 58 64 72 79 84 88 91 92

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Figura 4. La distribuzione della concentrazione spermatica nella popolazione fertile Ovviamente un singolo paziente può presentare alcuni valori sopra la soglia e altri sotto la soglia del 5° percentile e non esiste un singolo parametro per esprimere un giudizio. Tuttavia, si possono ridurre i parametri considerati al “numero totale di spermatozoi” che, insieme alla mobilità progressiva e alla morfologia, comprendono tutte le informazioni di maggiore importanza. È utile ricordare ancora una volta che valori che ricadono al di sopra del 5° percentile non possono garantire lo status di fertilità. Analogamente, gli uomini che presentano valori seminali al di sotto del 5° percentile non sono necessariamente infertili (a meno di essere azoospermici!), ma lo sono probabilmente se confrontati con quella specifica popolazione di neopadri utilizzata nella pubblicazione di Cooper. Nel loro complesso, questi valori di riferimento rappresentano un credibile termine di paragone con la popolazione fertile di diversi Paesi e costituiscono uno strumento importante per valutare, congiuntamente ai dati clinici del paziente, lo status di fertilità.

Confronto tra valori di riferimento attuali e passati

Con l’eccezione del test di vitalità, l’ultima edizione del manuale OMS per l’esame del liquido seminale ha ridotto le soglie di riferimento per tutti parametri1. Pertanto, la rivalutazione a posteriori di esami seminali rivela che alcuni parametri precedentemente considerati sottosoglia possono essere riconsiderati nel range di accettabilità. Una elaborazione retrospettiva su alcuni campioni seminali di coppie infertili analizzati presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda dà il risultato rappresentato in Figura 5. Si nota un effetto consistente soprattutto su esame morfologico, volume e motilità.

Concentrazione

15 Mil

5° perc.

73 Mil

50° perc.

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Figura 5. Come variano le conclusioni tra i valori di riferimento OMS 1999 e 2010 Analogamente, se sulla stessa popolazione di soggetti infertili si considerano i campioni che abbiano almeno uno dei principali parametri sotto la soglia di riferimento, secondo i parametri del 1999, si osserva che ben il 96% dei campioni presenta almeno un problema, mentre questa percentuale scende all’84% in accordo ai riferimenti del 2010 (vedi Figura 6).

Figura 6. Come variano le conclusioni tra i valori di riferimento OMS 1999 e 2010

Come variano le conclusioni

25

13

5450

79

55

30

53

97

66

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

volume concentrazione mobilità

progressiva

vitalità forme

fisiologiche

WHO 1999

WHO 2010

% pazienti con valori “anomali” , n=2123

Come variano le conclusioni

WHO 2010

16%

84%

normali

anomali

WHO 1999

98%

2%

normali

anomali

“Anomali” per Volume, Concentrazione, Mobilità p, Vitalità o Forme Fisiologiche

“Normali” per Volume, Concentrazione, Mobilità p, Vitalità e Forme Fisiologiche

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Le forme fisiologiche: un vero challenge!

Non è opportuno dettagliare gli aspetti tecnici richiesti per la buona esecuzione di uno spermiogramma, ma è utile soffermarsi brevemente sulla valutazione della morfologia spermatica che da sempre riveste un ruolo dibattuto. Si tratta di un aspetto fondamentale dello spermiogramma, come riconosciuto dall’OMS. La valutazione morfologica degli spermatozoi viene generalmente eseguita su cellule fissate e colorate e prevede il riferimento a dei criteri predeterminati che sono notevolmente mutati nel corso degli anni. In particolare esistono due criteri principali: quelli dell’OMS, in vigore fino alla edizione del 1992 del manuale, e quelli cosiddetti “stretti”, introdotti dall’OMS proprio con quella edizione18. I criteri “stretti” sono stati proposti inizialmente da Kruger e coll.19 e successivamente introdotti nella valutazione dello spermiogramma dallo stesso gruppo di ricercatori con uno studio basato sugli spermatozoi in grado di interagire correttamente con il muco cervicale20. I valori di riferimento o normalità per l’esame morfologico sono scesi, nelle diverse edizioni del manuale dell’OMS, dal 30% del 199218 al 14% del 199913 (per la precisione in questa edizione non è riscontrabile un vero cut off) al 4% del 20101. Secondo molti Autori, la percentuale di spermatozoi con forma fisiologica secondo i criteri stretti è un potente indicatore di fertilità, sia per quanto riguarda i concepimenti naturali sia per quanto attiene ai trattamenti di procreazione medicalmente assistita. Tuttavia, sono molte le cliniche che non attribuiscono molta importanza al dato, soprattutto perché l’applicazione, spesso errata, dei criteri stretti ha causato una frequentissima refertazione di basse percentuali di spermatozoi normali (generalmente entro il 4%) con conseguente impossibilità di attribuire alle valutazioni un giudizio correttamente pesato. È importante ricordare, inoltre, come l’analisi morfologica degli spermatozoi sia soggetta a consistente variabilità tra operatori e laboratori diversi, tanto da rendere praticamente impossibili molti confronti. Il risultato è una scarsa attenzione rispetto a questo parametro nella valutazione della coppia infertile e nella assegnazione di un piano terapeutico nonostante alcuni studi molto importanti abbiano attribuito notevole importanza e alla valutazione morfologica.

I test “accessori”

Come mostrato in Figura 2, l’esame seminale standard prevede la valutazione di alcuni parametri microscopici e macroscopici di tipo “classico”. Esistono tuttavia numerosi altri possibili elementi da valutare che possono essere considerati facoltativi o accessori; la loro natura è talvolta sperimentale e la loro utilità può essere valutata di volta in volta anche in base al fine diagnostico. Tra i test facoltativi riconosciuti dall’OMS si possono citare:

il post coital test o test di interazione tra gli spermatozoi e il muco cervicale;

i test di funzionalità delle ghiandole accessorie, quali il dosaggio nel plasma seminale di zinco, fruttosio e alfa-glucosidasi neutra.

Maggiore interesse rivestono i test sperimentali, destinati principalmente alla ricerca, che negli ultimi anni sempre più frequentemente vengono proposti ed eseguiti, pur senza chiare indicazioni cliniche o comprovata utilità. Tra questi meritano attenzione i test rivolti allo studio della cromatina o del DNA dello spermatozoo. Infatti, alcuni Autori hanno fornito il razionale per l’introduzione di questi test, evidenziando come campioni con compromissione dell’integrità del DNA fossero più frequentemente associati a esiti negativi (ricerca infruttuosa di gravidanza, insuccessi nella fecondazione in vitro, aborti, ecc.)21-25. La letteratura non è tuttavia univoca soprattutto a causa delle numerose variabili, in primis l’esistenza di diversi test per misurare l’integrità del DNA di cui non sono sempre disponibili standardizzazioni sufficienti.

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Di seguito i principali (e più diffusi) metodi di indagine relativi all’integrità del materiale genetico spermatico che vengono eseguiti con tecniche di microscopia a fluorescenza o citofluorimetria:

Sperm Chromatin Structure Assay (SCSA)26;

Terminal deoxynucleotidyl transferase-mediated dUTP nick-end labeling (TUNEL)27;

Comet (single-cell gel electrophoresis assay)28;

Sperm Chromatin Dispersion test (Halosperm kit)29.

Considerando le denominazioni dei test disponibili, si può notare che essi possono focalizzarsi su diversi aspetti dell’integrità del materiale genetico: impacchettamento cromatinico o presenza di interruzioni a singolo o doppio filamento nel DNA. Inoltre i test differiscono per facilità tecnica di esecuzione, costi, riproducibilità e accuratezza, tanto che sono ancora molte le risposte da fornire prima di arrivare a una loro inclusione sistematica nelle analisi di routine. Per citare un editoriale di Ramalho-Santos30, le questioni ancora aperte comprendono:

come misurare in modo specifico l’integrità del DNA?

quale deve essere l’obiettivo del test?

quali controlli servono?

quali sono i cut-off da considerare?

cosa fare dopo aver ricevuto l’esito del test?

quando deve essere eseguito il test e su quale materiale seminale?

che cosa può esattamente predire la frammentazione del DNA spermatico?

come si colloca il test nei diversi tipi di procedure di PMA?

come deve essere elaborato il dato?

quale è il rapporto costo/efficacia?

Si intuisce facilmente l’esigenza di sforzi collettivi per arrivare a una standardizzazione delle analisi disponibili al fine di valorizzare l’indagine del materiale genetico spermatico che non può che essere importante nel campo riproduttivo. Per il momento è possibile sottolineare un aspetto interessante che riguarda la soglia di “normalità” per i test di integrità del DNA spermatico: esiste infatti un certo consensus nell’indicare nel 30% la soglia di spermatozoi che possono portare frammentazione del materiale genetico senza inficiare significativamente l’outcome dei trattamenti di PMA, indipendentemente dal test utilizzato (per approfondimenti, Tavares et al.31). In ultimo, è utile ricordare che i test di integrità del DNA prevedono che la cellula analizzata non possa essere utilizzata per le tecniche di fecondazione: il risultato riguarda dunque la coorte di spermatozoi disponibili, ma non può fornire indicazioni su specifici spermatozoi che si vogliano utilizzare per effettuare una inseminazione.

Conclusioni

L’esame del liquido seminale fornisce importanti indicazioni sullo stato clinico del paziente, incluse quelle relative alla fertilità. Al fine di ottenere dati utili e validi è necessario seguire procedure standardizzate e interpretare le analisi in modo appropriato secondo gli aggiornamenti e le più attuali acquisizioni della letteratura. Ad oggi, l’esame del liquido seminale, associato ai parametri ormonali è l’unico approccio obiettivo alla scelta di una strategia terapeutica mirata al concepimento.

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Questionario ECM 1. Il fattore maschile di infertilità è riscontrabile?

a. fino al 45-50% delle coppie b. in meno del 10% delle coppie c. fino al 70% delle coppie d. fino al 90% delle coppie

2. Con quale frequenza lo spermiogramma presenta alterazioni senza apparente patologia maschile (infertilità maschile idiopatica)?

a. 35-45% nelle coppie infertili b. 10-15% delle coppie infertili c. 50% della popolazione generale d. 40% dei maschi azoospermici

3. Con quale frequenza l’azoospermia si presenta senza apparente patologia maschile (infertilità maschile idiopatica)?

a. 35% b. 13% c. 44% d. 55%

4. “Teratozoospermia”: a. si riferisce alla presenza di spermatozoi con alterazioni della morfologia b. si riferisce alla presenza di spermatozoi con alterazioni della motilità c. si riferisce alla presenza di spermatozoi con alterazioni della vitalità d. si riferisce alla presenza di spermatozoi con alterazioni della concentrazione

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5. Nelle coppie infertili, i criteri per l’intervento di varicocelectomia comprendono a. Indicazione alle tecniche di secondo livello con causa femminile di infertilità nota b. varicocele sintomatico, giovane età, partner giovane senza fattori di infertilità c. quadro esclusivo di azoospermia d. tutte le risposte indicate

6. I radicali liberi dell’ossigeno possono compromettere la fertilità maschile; in che modo?

a. possono danneggiare la membrana degli spermatozoi compromettendone la motilità e la capacità di interagire efficacemente con la membrana dell'ovocita

b. sono in grado di alterare l’integrità del DNA degli spermatozoi c. entrambe le risposte indicate d. nessuna delle risposte indicate

7. Gli attuali standard di riferimento per lo spermiogramma proposti dall’OMS

a. sono stati elaborati in modo virtuale in base a un algoritmo b. sono basati sulla popolazione fertile c. sono basati sulla popolazione infertile d. sono inattendibili

8. Riguardo il numero di spermatozoi per ml:

a. il 50% dei soggetti fertili presenta valori superiori a 100 milioni b. il 10% dei soggetti fertili presenta valori superiori a 20 milioni c. il 50% dei soggetti fertili presenta valori superiori a 70 milioni d. il 5% dei soggetti fertili presenta valori superiori a 20 milioni

9. La frammentazione del DNA spermatico:

a. non ha un test pienamente standardizzato b. fisiologicamente non dovrebbe interessare più del 30% degli spermatozoi c. non può essere analizzata su spermatozoi vitali d. tutte le risposte indicate