febbraio quarantesimo 2011 anno2 donne e uomini in ricerca ... · postali è pregato di segnalarlo...

32
donne e uomini in ricerca e confronto comunitario empi di fraternità Spedizione in abbonamento postale art. 1, comma 2, D.L. 24/12/2003 n.353 conv. in L. 27/2/2004 n. 46 L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa ISSN 1126-2710 2 numero anno quarantesimo febbraio 2011 tempi moderni

Transcript of febbraio quarantesimo 2011 anno2 donne e uomini in ricerca ... · postali è pregato di segnalarlo...

donn

e e

uom

ini i

n ri

cerc

a e

conf

ront

o co

mun

itari

o em

pi di

frater

nità

Spedizione in abbonamento postaleart. 1, comma 2, D.L. 24/12/2003 n.353conv. in L. 27/2/2004 n. 46L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resaISSN 1126-2710

2numeroanno

quarantesimofebbraio

2011

tempi moderni

2 empi di fraternità

Febbraio 2011L’immagine di copertina è di Riccardo Cedolin

tempi di fraternitàdonne e uomini inricerca e confrontocomunitario

Fondato nel 1971da fra Elio Taretto

Collettivo redazionale: Mario Arnoldi, GiorgioBianchi, Andreina Cafasso, Minny Cavallone,Riccardo Cedolin, Daniele Dal Bon, LucianoJolly, Danilo Minisini, Gianfranco Monaca,Davide Pelanda, Giovanni Sarubbi.Hanno collaborato al numero: Franco Barbero,Stefano Fontana, Paolo Macina, Lidia Menapace,Ristretti Orizzonti, Elio Rindone, MarianoTurigliatto, Laura Tussi.Direttore responsabile: Brunetto Salvarani.Proprietà: Editrice Tempi di Fraternità soc. coop.Amministratore unico: Danilo Minisini.Segreteria e contabilità: Giorgio Saglietti.Diffusione: Giorgio Bianchi, Andreina Cafasso,Daniele Dal Bon, Pier Camillo Pizzamiglio.Composizione: Danilo Minisini.Correzione bozze: Carlo Berruti.Impaginazione e grafica: Riccardo Cedolin.Fotografie: Daniele Dal Bon.Web master: Rosario Citriniti.Stampa e spedizione: Comunecazione S.n.c.strada San Michele, 83 - 12042 Bra (CN)Sede:via Garibaldi,13 - 10122 Torinopresso Centro Studi Sereno Regis.Recapiti telefonici: 3474341767 - 0119573272Recapito fax: 02700519 846Sito: http://www.tempidifraternita.it/e-mail: [email protected]

Una copia € 2,50 - Abbonamenti:normale € 25,00 - estero € 50,00sostenitore € 40,00 (con abbonamento regalo)speciale € 55,00 (con due abbonamenti regalo)Abbonamenti cumulativi solo per l’Italia con:Adista € 84,00 - Confronti € 64,00Il Gallo € 47,00 - Mosaico di pace € 49,00Servitium € 60,00Pagamento: conto corrente postale n° 29 466 109Coordinate bonifico bancario:IT60 D 07601 01000 000029466109 intestato a:Editrice Tempi di Fraternitàpresso Centro Studi Sereno Regisvia Garibaldi, 13-10122 TorinoDall’estero: BIC BPPIITRRXXXCarte di credito accettate tramite il nostro sitoAutorizzazione del Tribunale di Torino n. 2448dell’11/11/1974 - Autorizzazione a giornale muraleordinanza del Tribunale di Torino 19/7/1978Iscrizione ROC numero 4369Spedizione in abbonamento postaleart. 1, comma 2, D.L. 24/12/2003 n.353conv. in L. 27/2/2004 n. 46 - TorinoCodice fiscale e Partita IVA 01810900017La raccolta dei dati personali è operata esclusivamenteper scopi connessi o strumentali all’attività editoriale,nel rispetto della legge 675/1996.L’Editrice, titolare del trattamento, garantisce agli interessati che potranno avvalersi in ogni momento deidiritti di cui all’art. 13 della suddetta legge.

QUANDO SI FA IL GIORNALEchiusura marzo 2011 5-2 ore 15:00chiusura aprile 2011 5-3 ore 15:00Il numero, stampato in 752 copie, è statochiuso in tipografia il 24.01.2011 e spedito il

31.01.2011. Chi riscontrasse ritardipostali è pregato di segnalarlo ainumeri di telefono sopra indicati.

Questa rivista è associata allaUNIONE STUNIONE STUNIONE STUNIONE STUNIONE STAMPAMPAMPAMPAMPA PERIODICA ITA PERIODICA ITA PERIODICA ITA PERIODICA ITA PERIODICA ITALIANALIANALIANALIANALIANAAAAA

tempi di fraternitàdonne e uomini inricerca e confrontocomunitario

Fondato nel 1971da fra Elio Taretto

Il periodico Tempi di Fraternità è in regime di copyleft: ciò significa che gli scritti (solotesto) possono essere liberamente riprodotti a condizione di non apportare tagli o modifiche,di citare l’autore, di indicare il nome della testata e di inviarne copia alla redazione.

Questo periodico è aperto a quanti desiderino collaborarvi ai sensi dell’art. 21 della Costituzionedella Repubblica italiana. La pubblicazione degli scritti è subordinata all’insindacabile giudiziodella Redazione; in ogni caso, non costituisce alcun rapporto di collaborazione con la testata e,quindi, deve intendersi prestata a titolo gratuito.Il materiale inviato alla redazione, anche se non pubblicato, non verrà restituito.

in questo numeroEDITORIALEL. Jolli - D. Pelanda - Il castello di Deborah ......................... pag. 3RACCONTI D’AFRICAS. Fontana - Ex detenuti come cuochi e camerieri .............. pag. 8CULTURE E RELIGIONIF. Barbero - Chi crea i lebbrosi? ......................................... pag. 10G. Monaca - Don Ernesto, precursore del Concilio ............. pag. 24P. Macina - XX Settembre (16) ............................................ pag. 26PAGINE APERTEM. Cavallone - Osservatorio ................................................ pag. 5M. Turigliatto - Lo strabismo dei cattolici in politica.. ......... pag. 13R. Orizzonti - Legge "svuotacarceri"? Mi faccia il piacere... pag. 14L. Tussi - Dudal Jam ............................................................ pag. 16M. Arnoldi - L. Jolly - Chi è il tuo Dio? ................................. pag. 17E. Rindone - Preti pedofili: questione risolta? ...................... pag. 20L. Menapace - I costi della politica ...................................... pag. 23L. Jolly - È possibile un’economia basata sul Vangelo? ...... pag. 28G. Monaca - Elogio della follia ............................................. pag. 32POSTA - AGENDA ........................................................... pag. 30

Indirizzo di posta elettronicaA tutte le lettrici/a tutti i lettori di TdF,

Vi preghiamo di inviare, se siete d’accordo, alla redazione([email protected])

il vostro indirizzo e-mail per facilitare le comunicazioni di rinnovo del-l’abbonamento, pubblicazione di libri e segnalazione di eventuali eventiculturali della propria zona di residenza.

A norma del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia diprotezione dei dati personali, che prevede la tutela delle persone e di altrisoggetti rispetto al trattamento dei dati personali, assicuriamo che i datipersonali saranno trattati esclusivamente con mezzi elettronici e nonsaranno condivisi né comunicati a terzi, né in Italia, né al di fuori del nostropaese.

La cancellazione/correzione/aggiornamento dei dati personali ai sensidell’art. 7 della legge 196/2003, prevede il diritto di chiedere, in qualsiasimomento, l’accesso, la cancellazione, la modifica o l’aggiornamento deidati personali, inviando un messaggio dall’indirizzo interessato a quellosuindicato.

Grazie. La redazione

3empi di fraternità

Febbraio 2011

IL CASTELLO DI DEBORAHEDITORIALE

Proprio nel momento in cui TDF pubblicauna prima indagine sui giovani, che ab-biamo intitolato Chi è il tuo Dio?, una

giovane ci scrive (si veda a pag. 30). Si chia-ma Deborah. Ha vent’anni. Nazionalità ita-liana. È una lettera lucida. In essa non traspa-re mai lo sconforto. Deborah ha intitolato ilsuo scritto: Crisi di identità. Condividiamoil senso di stupore, e insieme di forza, cheemana dalle sue parole.

Dice Deborah: «Non mi riferisco a me stes-sa, bensì ad una categoria. Mi sto riferendoa noi ventenni e dintorni. Oggi non riuscia-mo più a capire chi siamo ... ci è stata ruba-ta l’identità ... il potere è dei pochi, gli altriciccia. Dato che il baricentro del potere nonè più nella nobiltà, ma nel mercato, alloraha più potere chi è più ricco». Tutto è acce-lerato, come si conviene ad un mondo che sibasa sulla competizione: «Quelli che unavolta erano bambini si sentono già puberi(parliamo di coloro che vanno in quinta ele-mentare/prima media), quelli che una voltaerano puberi si sentono adolescenti, quelliche una volta erano adolescenti si sentonoadulti, quelli che una volta erano adulti oranon sanno più chi sono». Avere vent’anni,vivere in una società dove gli atti più impor-tanti sono vendere e comprare: conoscere giàl’alienazione.

Vengono in mente le parole di Paul Nizan,con cui lo scrittore francese introduce AdenArabia: «Avevo vent’anni. Non permetterò anessuno di dire che questa è la più bella etàdella vita». Sono passati 80 anni dalla pub-blicazione del suo saggio, ma la condizionedei giovani non ha cessato di peggiorare. Man-ca il senso. Dice Deborah: «Durante lo svi-luppo fisico si scoprono il fumo, la droga el’alcool. Andando così a rallentare e a deter-minare la fine precoce di un processo biolo-

gico. Tutto ciò comporta un aumento dellacriminalità giovanile, quindi stupri, scippi,linciaggi e quant’altro. Perché un ragazzinodi 14/15 anni arriva a stuprare una di 12/13anni appena?». Tuttavia Deborah non si la-scia prendere dallo sconforto. Quando si è inpericolo si grida al soccorso: «Credo che noi,che siamo davvero giovani, ci stiamo appel-lando a voi, che siete veramente adulti, perchiedervi di starci vicini, di seguirci, di la-sciar perdere per un momento soldi e carrie-ra. Credo che i figli stiano chiedendo ai geni-tori, ma soprattutto alle madri: “Aiuto! Sta-teci più vicino!”».

E conclude: «Dio però ci ha fatto due gran-dissimi doni: la ragione ed il libero arbitrio.Scegliamo quindi la retta via, teniamola sem-pre presente, diamo la giusta importanza atutto, viviamo di valori e principi e Dio cibenedirà tutti, a modo suo forse, però lo farà.Ha un piano per tutti noi. Le vie del Signoresono infinite!».

La lettera di Debora ci è piaciuta perchéignora cosa siano l’indifferenza e la rassegna-zione. Contiene un alto grado di coscienza emolta speranza: sono i sentimenti di cui sinutre la fede. Il disordinato Castello della pro-duzione - come quello di Kafka, in cui l’eroecerca invano di incontrare Klamm - obbedi-sce a leggi incomprensibili per i giovani e pergli adulti. Si tratta adesso di stanare Klamm,e convincerlo che il suo Castello è sbagliatodalle fondamenta. Deborah ci invita a rico-struire un mondo basato sulla comunità e do-tato di significato. La società che ragiona sol-tanto in termini di concorrenza, dividendi ePIL, è diventata estranea alla massa dei gio-vani. Il pregio di Deborah è ricordarci che ilnostro compito è ridare alle relazioni umaneun senso nuovo e più alto, che includa soprat-tutto i valori dello spirito.

di LucianoJolly

4 empi di fraternità

Febbraio 2011

È vero: “le vie del Signore sono infinite!”.Ma se guardiamo al futuro dei giovani, sia cheessi studino ancora, sia che lavorino, questisono sempre più scoraggiati. Quale futuro sipuò intravvedere? Ed ancora: Deborah ci diceimplicitamente che i ragazzi vogliono essereconsiderati come persone, con le loro gioie edolori: nessuno riesce a capirli oggi, ma hannodelle potenzialità inimmaginabili. Un tempo,durante la guerra e negli anni immediatamentesuccessivi, in Italia si soffriva la fame e si sta-va male: dunque si pensava prima di tutto adare loro da mangiare, a fornire una sussisten-za economica (se c’era), un abito dignitoso edun lavoro qualsiasi. E questo soprattutto per imaschi: ecco che allora si “tempravano” - percosì dire - da soli andando a fare il contadino,il pastore, oppure a “fare il soldato” che, purcon tutte le critiche nei confronti degli eserci-ti, forse serviva un po’ per “svezzare” i fan-

ciulli. Per le ragazze c’erano da imparare i la-vori domestici, prepararsi a diventare mogli,per poi indirizzarle a “farsi una famiglia”.

Di tutto questo invece ora i ragazzi e le ra-gazze non sentono molto più il bisogno, hannogià i beni materiali che vogliono... richiedonoinvece solo attenzione alle loro emozioni, allaloro personalità. E sono sempre più psicologi-camente fragili, non seguiti da nessuno, abban-donati davanti ad una becera televisione chepunta a farli entrare solo, come massima aspi-razione (sic!), al Grande Fratello, per una “car-riera folgorante” (ri-sic!), oppure a istupidiredavanti alle chat, con l’illusione di incontrarevirtualmente qualcuno, nella loro immane so-litudine!

Giovani soli, sempre più soli, non capiti esenza futuro? È il grido di aiuto di Deborah.

Sapremo noi ascoltare lei e, più in generale,cercare di aiutare tutti i giovani?

di D. P.

Lavoravo in quel di Baggio, in catena di montaggioe giravo una ranella, sempre una sempre quellaed un giorno fu così che mi venne fuori un tic

Lavoravo in quel di Baggio, ad un nastro di montaggiola mia testa si girava, ed il nastro accompagnavaper quel nastro fu perciò che il mio tic si complicò

Non si sta poi tanto male con un tic orizzontalema per colpa di un rialzo, lo seguivo in un sobbalzoper quel nastro fu perciò che il mio tic si complicò

M’ han cambiato di reparto, m’è venuto un po’ un infartoc’era un nastro sempre in piano, ma arrivava contromanomi trovai un po’ peggiorato, col mio tic modificato

Per poter restare a galla mi toccò muover la spallaed in più, come si vede, m’è venuto un tic a un piedeper frenare col pedale, ero proprio messo male

Lavoravo in quel di Baggio e m’han licenziato a maggiom’ha chiamato il direttore, e mi fa caro signorecon quel tic non rende niente, eeh... non vede... sembra quasi un deficiente!

Il ticdi Giorgio Gaber

TEMPI MODERNI

5empi di fraternità

Febbraio 2011

a cura diMinny Cavallone

OSSERVATORIO

[email protected]

“Voglio ringraziare tutti voi per gli sforzi e la dedizione alla causa dei diritti umani. (...) Ègrazie a voi che oggi sono vivo. Sono sopraffatto dall’emozione e dalla gioia e non trovo leparole per descrivere la forza che traggo da voi”. Comincio l’Osservatorio con la letterascritta ad Amnesty International da Troy Davis, detenuto nel braccio della morte di un carceredella Georgia (USA), perché in questo anno non ricorre solo il 150° anniversario dell’unitàd’Italia, ma anche il 50° anniversario della fondazione di A.I., organizzazione indipendenteche si batte per la difesa dei diritti umani in tutto il mondo. Attualmente, oltre ad impegnarsiin difesa dei prigionieri per reati di opinione e per l’abolizione della pena di morte, portaavanti anche una campagna perché vengano rimosse le barriere economiche e culturali cheostacolano l’accesso alle cure ostetriche d’emergenza per le donne in gravidanza e per iproblemi legati al parto, a causa dei quali annualmente muoiono 350.000 donne nel mondo.L’ultimo successo di tale campagna è stato l’impegno pubblicamente assunto dal Presidentedel Burkina Faso a lavorare positivamente in questo settore nella legislazione e nella pratica.

Il tema dei diritti sarà il filo conduttore di questo Osservatorio: diritti delle persone e degliStati, diritti alla libertà, alla dignità, alla casa, al lavoro, alla partecipazione politica e allapossibilità di vivere in un ambiente salubre e non dissestato. A ciascuno di essi non saràpossibile dedicare lo stesso spazio e talvolta sarà necessario limitarsi a citare un singoloepisodio: l’importante, per me, è tener presente che tutti sono importanti e collegati tra loro.

Migranti, detenuti e soggetti deboliSu TdF si è parlato più volte del carcere, qui vorrei solo ricordare alcuni episodi inquietanti: lamorte di Giuseppe Uva (giugno 2008), per cui è stato imputato solo un medico colpevole diavergli somministrato un farmaco incompatibile, la morte del diciannovenne Carmelo Castro(28 marzo) a Paternò (Catania) che presentava segni di percosse e non ha potuto incontrare ifamiliari; il suo caso è stato archiviato e l’associazione “A buon diritto” chiede la riaperturadell’inchiesta; a Brescia, lo scorso 12 dicembre, è morto il senegalese Saidiou Gadiaga Elhdydopo due giorni di prigionia, era malato di asma, non ha ricevuto le cure adeguate e la suaunica colpa era quella di essere privo del permesso di soggiorno. C’è poi stata unamanifestazione a Brescia e un’altra a Roma per chiedere giustizia (non solo per lui, ma anchecontro la “truffa” dei permessi promessi e poi negati), così come ce n’è stata una a Rosarnonell’anniversario dei tristi fatti dello scorso anno.

Tuttavia è molto difficile ottenere diritti quando gli effetti deleteri della crisi economica inItalia e nel mondo gravano su tutta la società... mentre però una parte di essa diventa semprepiù ricca! Comunque in carcere, in Italia, nel 2010 ci sono stati 63 suicidi.

Tornando ai migranti, pur non sottovalutando il fatto che molti di essi trovano accoglienzae riescono a costruirsi una vita dignitosa, mi pare giusto non dimenticare quelli che invecesoccombono durante “i viaggi della speranza”: in dicembre due barconi sono affondati uno allargo delle coste australiane ed uno al largo dello Yemen e decine di persone sono annegate;nel deserto del Sinai, in territorio egiziano, più di 250 profughi provenienti da Eritrea, Etiopiae Somalia, sono prigionieri dei passeurs, che invece di portarli a destinazione, pretendonomigliaia di dollari per la loro liberazione. Lo denuncia un prete, don Mussie Zerai, ma nessungoverno si è mosso per liberarli, molti sono morti, altri forse si trovano ora nelle carceriegiziane in attesa di rimpatrio (!) e ci chiediamo se almeno qualcuno si salverà. Molti di loroerano tra quelli rimandati in Libia dalla motovedetta italiana che obbediva all’ordine direspingimento in mare. Intanto stanno sorgendo muri per fermarli: oltre a quello tra Messicoe USA, anche tra Grecia e Turchia e forse tra Egitto e Israele.

Sarebbe necessario sanare le ingiustizie e le violenze che tormentano interi popoli per poterparlare di migrazione come di una libera scelta, ma qui il discorso si fa complesso e neaccenneremo più avanti. Qui vorrei ancora ricordare le vittime (in Italia) della mancanza diabitazione e conseguentemente del freddo: i 18 Rom sgomberati al Triboniano, laquarantottenne ucraina assiderata dopo aver perso lavoro e permesso di soggiorno, i duesenzatetto morti il 18 dicembre a Varese e a Torino e, infine, il neonato morto a Bologna il 10gennaio. La sua italianissima famiglia (!) era costretta a vivere per strada. Io mi chiedo, forseingenuamente, “non sarebbe quella della casa la prima emergenza a cui far fronte adibendo aquesto scopo ogni locale che si rendesse libero (vecchie fabbriche ecc.), magari rinunciandoanche a farne spazi per attività culturali?”. Ma questo andrebbe forse contro le logiche delmercato e del decoro urbano (?!).

6 empi di fraternità

Febbraio 2011

OSSERVATORIO

Ambiente

Scuola e cultura

Panoramica su altri problemi italianiPer quanto riguarda il lavoro, in questo momento il problema principale è quello dellesorti dei lavoratori della FIAT di Mirafiori, perché riguarda uno stravolgimentoinaccettabile dei diritti. So che non tutti la pensano così, non solo nel governo ma anchenel PD, nella CISL e UIL e in altri sindacati. Pur non avendo qui la possibilità di spiegarnele ragioni, poiché condivido la posizione della FIOM, mi limiterò a segnalare l’Appellodi Lavoro e Libertà che ha ricevuto (al momento di scrivere) più di 600 adesioni([email protected]); sottoscrizione: http://www.fiom.cgil.it/sottoscrizione/default.htme le mobilitazioni tra cui la manifestazione del 28 gennaio. Al di là dei risultati del Referendum,svolto sotto il ricatto della delocalizzazione decisa unilateralmente da Marchionne, il problemaresta aperto e investe tutto il sistema economico-sociale, non solo italiano.

Diversa è la situazione dei pastori sardi, accomunati però dalla difficoltà di salvaguardarefonte di reddito e dignità. Intendevano manifestare a Roma, ma sono stati bloccati dalla poliziaal porto di Civitavecchia a suon di manganellate perché il ministro Maroni ha ordinato diintervenire preventivamente per impedire manifestazioni non autorizzate. Insomma per laprima volta in Italia dal dopoguerra si fa “il processo alle intenzioni”, come accade ad esempionella Russia di Putin (lo afferma, tra gli altri, Furio Colombo su Il Fatto Quotidiano).Riguardo all’ambiente, sono sempre importanti ed attuali le questioni dell’acqua pubblica edel nucleare. I referendum per abrogare le recenti leggi favorevoli alla privatizzazione dell’“oroblu” e alla costruzione di centrali atomiche, dovrebbero svolgersi in primavera e speriamo checiò avvenga, però purtroppo se ne sta parlando poco e si rischia l’indifferenza dell’opinionepubblica, mentre sono necessarie la corretta informazione e la partecipazione. Per l’acquapubblica ci sarà una manifestazione nazionale il 19 marzo; per l’energia nucleare la propagandaa favore è purtroppo cominciata in modo abbastanza subdolo. In televisione appare la pubblicitàdi una partita a scacchi, che fingendo di presentare i pro e i contro, in realtà propende per lascelta nucleare. Anche l’informazione sulla pericolosità economica e ambientale delle centralisi sta facendo strada, ma quasi esclusivamente su blog e dintorni, invece c’è da augurarsi chedivenga più visibile.Per la scuola e la cultura in genere, la cosiddetta riforma Gelmini ha prodotto, come sappiamo,una forte mobilitazione studentesca, e non solo, culminata con la manifestazione del 14dicembre. Ora all’Università un gruppo di studiosi ha pubblicato un percorso in cinque mosseper “liberarsene”. Questo iter potrebbe essere utile per contrastare tutte le leggi negative eperciò vale la pena riportarlo: 1) ricorrere al TAR e alla Consulta, 2) elaborare una proposta diriforma di iniziativa popolare, 3) preparare un eventuale Referendum, 4) contrastare ad unoad uno i singoli statuti, 5) controllare i decreti attuativi.Le missioni militari all’estero sono state riportate recentemente di triste attualità con la mortedei giovani Matteo Miotto e Luca Sanna. Rimettere in discussione la presenza italiana inAfganistan sarebbe necessario, ma per il momento il governo non lo fa, anzi pensa di inviarealtri militari oltre ai 4200 che sono già lì. Comunque vale la pena riportare due notizie diPACE sull’Afganistan:• nella città di Jalalabad la società civile locale è attiva e promuove iniziative culturali,letterarie, giuridiche, teatrali ecc. per contrastare la mentalità favorevole alla violenza;• in alcune città opera una scuola di CIRCO, fondata da una ONG danese-afgana, che sirivolge alle bambine ed ai bambini orfani o in difficoltà e ottiene successi. Recentemente 11piccoli acrobati si sono esibiti in provincia di Ravenna facendo seguito agli spettacoli analoghidei ragazzi di Bucarest, Nairobi e della Colombia.

Pace e diritti umaniIn tema di pace non si può dimenticare il caso del soldato statunitense BRADLEY MANNINO,che è in prigione da diversi mesi e rischia una condanna a molti anni per aver divulgato unvideo che documenta una strage di civili compiuta da un elicottero USA a Baghdad. Ladiffusione di informazioni segrete è un reato... l’uccisione di civili è un effetto collaterale...assurda logica della guerra!In questo numero non posso soffermarmi sulle questioni riguardanti le mafie, ma desideroalmeno riportare una iniziativa di Libera: l’invio di cartoline al Presidente della Repubblica in

Lavoro

Missioni militari

7empi di fraternità

Febbraio 2011

OSSERVATORIO cui si chiede di includere nella legislazione italiana la legge europea anticorruzione e diprevedere una destinazione sociale dei beni sequestrati ai corrotti così come avviene per quellisequestrati ai mafiosi. Le cartoline si trovano in molte botteghe equo-solidali e nella libreriadel Gruppo Abele.I diritti umani, come documentano A.I. ed altre associazioni, sono violati in moltissimi Paesi, lecronache dei media ci parlano di volta in volta di alcuni di essi: Iran, Russia, Libia, Tunisia,Algeria ecc. A volte intere comunità sono in pericolo, come capita ad esempio ai cristiani inNigeria, Egitto, Iraq dove si sono verificati sanguinosi attentati. Altre volte sono popoli che nonvedono riconosciuta la loro indipendenza o autonomia: Saharawi, Curdi, Baschi e Palestinesi.La protesta pacifica dei Saharawi (le 1000 tende) è stata repressa nel sangue dal Marocco, mai loro leader non si sono arresi: hanno proposto di congelare l’istituzione dello Stato e diavviare la trattativa, lo stesso hanno fatto i Curdi, ed ora anche i Baschi cercano di percorrerequella strada perché persino l’ETA ha proposto una tregua generale, permanente e verificabile.

Palestina: una testimonianzaDi questo si è già parlato nello scorso N° 10, ma io aggiungo altre informazioni attintedirettamente dal mio viaggio svoltosi dal 28/12 al 4/1, con un gruppo dell’Assopace condottoda Luisa Morgantini e da alcune validissime “guide” locali. Non ci siamo limitati a visitareGerusalemme e Betlemme, ma siamo stati anche nei Territori occupati della Cisgiordania,nelle città di Tulkarem, Nablus, Hebron e Ramallah e nei villaggi di Bil’in e di At Tuwani.Abbiamo visitato anche Haifa, Jaffa e la Valle del Giordano e infine abbiamo incontrato unrappresentante delle Nazioni Unite presso la sede dell’OCHA, a Gerusalemme, che ci hadescritto in modo dettagliato le caratteristiche dei posti di blocco, degli insediamenti e delblocco di Gaza. Abbiamo così conosciuto direttamente la situazione della popolazionepalestinese, la durezza della vita quotidiana e le forme di resistenza nonviolenta che vannovia via affermandosi, ma che sono ignorate dall’opinione pubblica internazionale.Da tempo non si verificano azioni violente da parte dei Palestinesi dei Territori e la societàcivile locale supportata da volontari internazionali, da alcuni Israeliani coraggiosi e consapevolie talvolta dalla legittima Autorità Nazionale Palestinese, nonché dall’UE (che però nello stessotempo non prende alcun provvedimento “contro” le violazioni israeliane del dirittointernazionale) sta attuando opere di pace e di promozione umana come scuole, centri giovanili,centri di donne ecc. In particolare: la Al-Quds University di Gerusalemme, l’Università diTulkarem, il Centro Human Supporters di Nablus, che si occupa soprattutto dell’educazionedi bambini cristiani, musulmani e samaritani insieme, le scuole musicali di Ramallah e diHaifa (dove il centro Mossawa promuove i diritti dei Palestinesi con cittadinanza israeliana) ela scuola di restauro di Hebron, che sta recuperando il centro storico circondato da posti diblocco in cui anche i bambini, che vanno a scuola, sono controllati ogni giorno uno per uno.Si attuano anche azioni dirette nonviolente specialmente ad AT-TUWANI, dove una scuolaè stata costruita clandestinamente e dove vengono piantati e ripiantati pazientemente alberi“proibiti” (sic) sotto l’occhio vigile di soldati armati. A BIL’IN si manifesta ogni venerdìaffinché almeno venga modificato il tracciato del muro (come stabilito da un tribunaleisraeliano con sentenza finora inapplicata).Le risposte sono: alcuni arresti e molti potenti gas lacrimogeni (di cui anche noi, pur da lontano,abbiamo respirato l’odore acre e pungente). A causa di essi una donna del villaggio è rimastaintossicata e il giorno successivo è morta. Durante il nostro soggiorno un giovane palestineseè stato ucciso “per errore” ad un posto di blocco vicino a Nablus, e nello stesso luogo qualchegiorno dopo ha subito la stessa sorte un altro giovane, come ho appreso da un articolo de ilManifesto, in cui si parlava anche dell’uccisione di un anziano ad Hebron: dormiva nel proprioletto, ma i soldati cercavano un membro di Hamas e... si sono sbagliati. Infine, a GerusalemmeEst, nei quartieri di SHEIKH JARRAH e di SILWAN, centinaia di famiglie sono state espulsee altre rischiano di esserlo tra breve perché il governo ha deciso di realizzare in quelle zonescavi archeologici, un parco e numerosissimi appartamenti per israeliani. La tristezza di questepersone era grandissima mentre ci chiedevano di far conoscere la loro situazione. Solo ilriconoscimento dei diritti di tutti può condurre ad una pace giusta! Intanto è bene sapere chediversi Stati sudamericani hanno riconosciuto lo stato indipendente di Palestina: Brasile,Argentina, Ecuador, Bolivia, Uruguay e ultimamente il Cile.

8 empi di fraternità

Febbraio 2011

di StefanoFontana

RACCONTID’AFRICA

Ex detenuti come cuochi e camerieriSuccede a Prato Feliz, in Mozambico

Piatti succulenti a prezzi modici, nell’unicoristorante all’aperto in pieno centro aNampula. Dove a lavorare sono gli ex dete-nuti, coinvolti in un progetto di reinserimentosociale che ha preso il via con il programma diProgetto Mondo Mlal “Diritti in carcere”.

Il ristorante O Prato Feliz (Il Piatto Felice) è unacreatura del Centro socioculturale Ohakallala,vero e proprio spazio in cui, in collaborazionecon l’associazione Ephatto na conga, la nostraorganizzazione promuove e accompagna ilreinserimento di chi è stato recluso in una dellecarceri di Nampula. Si tratta di uno spazio poli-

valente in cui, oltre all’attività di ristorazione,sono state avviate diverse iniziative culturalilegate all’arte, un vivaio di piante e di fioriornamentali.

Dopo ben tre gestioni sperimentali, oggi il ri-storante ha finalmente trovato un assetto equi-librato e gustoso, e propone piatti tipici dellazona nord del Mozambico.

Prato Feliz apre i battenti già alle 8 di matti-na con l’arrivo di Fernando, un giovane che sioccupa della gestione generale del ristorante, edi Genna, donna mozambicana di origini india-ne che, aiutata dalla mitica mamà Irene, findalle prime ore inizia a cucinare. La prepara-zione dei piatti ha dei tempi molto più lunghi diquelli a cui si è abituati in Italia. La preparazio-ne di un piatto a base di gallina, ad esempio,inizia con l’acquisto dell’animale vivo al mer-cato! E perciò il tempo di preparazione constadi tutte le fasi a partire dall’uccisione della gal-lina, allo spennamento, alla sua preparazione.Questo di regola accade in tutti i piccoli risto-ranti del Paese.

Oltre a Fernando, Genna e Irene, a “Piatto Fe-lice” lavorano anche il signor Cachote, un exdetenuto che si occupa di servire ai tavoli, eTaddeo che dà una mano nei piccoli lavori dimanutenzione e nelle incombenze quotidiane.

Il menù è costituito principalmente daipiatti del giorno, piatti di cucina locale conun prezzo decisamente abbordabile: il cosid-detto pranzo del lavoratore.

Al sabato è prevista carne di capra alla gri-glia, martedì pesce con riso al cocco, mercoledìpollo fritto e pomodoro... Ma non c’è mai unprezzo fisso, poiché il cliente può sceglierequantità e contorni, e perciò il piatto diventacomponibile e il prezzo varia.

E poi il ristorante, come parte integrante delCentro Ohajkallala, è sempre luogo di incontri

capoprogetto Dirittiin carcere del Mlal,Movimento laiciAmerica Latina

9empi di fraternità

Febbraio 2011

Angela LanoVERSO GAZAEdizioni missionarieitaliane, 2010 € 11,00

RECENSIONE Diario di una amica coraggiosa

ed eventi diversi. Spesso compaio-no i fiori sui tavoli, poesie appese quie là e, il sabato sera, ospita ogni vol-ta uno spettacolo diverso. Il clientedel ristorante può insomma gustarsitranquillamente una birra gelata,mangiare qualcosa e assistere aglispettacoli, sempre gratuiti. Insommaun po’ quella che era da noi ilbocciodromo, struttura polivalente,per il popolo e fatto dal popolo.

Il ristorante Prato Feliz, come il re-sto del Centro, è stato inauguratolo scorso 17 aprile con la cerimonia tradizionale celebratadai regoli, veri e propri detentori di un potere tradizionaleche, in Mozambico, hanno ancora una forza equiparabile aquella delle autorità istituzionali.

La cerimonia tradizionale com-prende diverse azioni che vannodalle preghiere alle offerte agli spi-riti, al banchetto gratuito (importan-te offrire in questo caso) per tuttigli invitati.

In questa occasione io stesso misono trovato in ginocchio sotto l’al-bero più antico ornato di incenso,candele e teli bianchi, a parlare nelmio dialetto (quello di Como!) e adaugurare una prosperità al luogo, in-vocando gli spiriti dei miei antenati.

Partecipare attivamente, e con coinvolgimento, a un’usanzatradizionale insieme ai locali ha dato un senso alla nostraOng (e a me, come rappresentante di ProgettoMondo nelPaese) che va oltre l’inaugurazione di un ristorante.

«“Fede, hanno attaccato le navi: ci sono almeno dieci morti eparecchi feriti”. (...) “Sembra che non abbiano colpito la navesu cui si trova la mamma, ma che abbiano preso quelleturche...” (...) “Sento le lacrime che d’improvviso mi salgonoagli occhi e il cuore che mi rimbomba già nelle orecchie”».

Era il 31 maggio del 2010 quando la Freedom Flotilla è stataattaccata da incursori israeliani in acque internazionali. A bordodella nave solo pacifisti, giornalisti ed attivisti di associazioniche solidarizzano con il popolo palestinese. Ed anche l’unicacoraggiosa giornalista italiana, Angela Lano, torinese,orientalista e direttrice dell’agenzia di stampa www.infopal.it.La Lano rimase sequestrata nelle carceri israeliane, mentre acasa sua i suoi due figli e suo marito erano in angosciante attesa:

ne avevano perso le tracce e qualsiasitentativo di contatto con il telefonosatellitare risultava vano.

Di quei tristi giorni Angela Lano esuo figlio Federico ci hanno regalatoun diario, «Verso Gaza», scrittoappunto a quattro mani per le Edizionimissionarie italiane (2010, pp. 176euro 11,00).

Attraverso queste pagine vengonoripercorsi l’ansia di quei momentivissuti da Federico, studente universi-tario, mentre da Israele si possonorivivere le ore di sua madre Angela,caparbia giornalista che non si accon-tenta certo delle cosiddette velinefilogovernative per raccontare i

drammi dei popoli del Medio Oriente: per “il mio amatomestiere”, come lei stessa dice nei ringraziamenti finali dellibro, è stata disposta a rischiare la vita pur di dare testimonianzadal vero della sofferenza e della profonda ingiustizia in cuivive il popolo palestinese.

«Sapevo che sarebbe stato un viaggio con un certo rischiopersonale e collettivo - ammette nell’introduzione al libro laLano - ma il mio modo di concepire il giornalismo ‘sul campo’e non solo davanti al desk, o dalle terrazze dei grandi hotel, inattesa delle ‘veline’ di eserciti e governi, mi ha imposto dipartire».

Ed è nei tempi dell’attesa angosciante, sia di Angelarinchiusa nelle carceri israeliane, che di Federico, HannyaFrancesco e di suo marito Ferdinando, che si dipana questolibro/diario di quei giorni, fino alla liberazione di questa donna,testimone coraggiosa, ed al suo ritorno in Italia, all’aeroportodi Milano Malpensa, espulsa da Israele come cittadinaindesiderata, con in mano solo un sacchetto di plastica. E coni suoi amati figli e suo marito ad attenderla. «Fisso mia madre,ma non riesco a convincermi che sia realmente lì, a non piùdi tre metri da me. Lei alza gli occhi arrossati, mi guarda esul suo viso compare un’espressione addolorata, quasimortificata». È l’emozione di una madre ritrovata, di unamadre-coraggio, quell’unica giornalista italiana che hasquarciato, assieme a tutti quelli della Freedpm Flotilla, «ilmuro di omertà e silenzio che da tempo copre la sofferenza dimilioni di palestinesi sotto occupazione e sotto embargo, inCisgiordania, nella Striscia di Gaza e a Gerusalemme.Abbiamo perso, ma abbiamo vinto». Grazie a voi!

d.p.

10 empi di fraternità

Febbraio 2011

SERVIZIO BIBLICO

Chi crea i lebbrosi?

di FrancoBarbero

Davanti ad un lebbrosoSiamo davanti ad un racconto di miracolo, aduna storia, in cui abbiamo da fare i conti conla realtà della lebbra.Al tempo di Gesù la segregazione era regolatain modo tale che i lebbrosi non potevano met-tere piede in Gerusalemme e nelle città che findai tempi più remoti erano circondate da mura.Potevano fermarsi nelle altre località, ma do-vevano vivere per conto proprio. L’incontrocon un lebbroso rendeva impuri.Il libro del Levitico (Lev. 13,45) prescrivevaal lebbroso di portare vesti strappate, capellidisciolti e barba coperta e di gridare:”Impuro!Impuro!”.In genere, la teologia rabbinica considerava lalebbra una punizione di Dio per i peccati com-messi e, di conseguenza, vedeva nel lebbrosoun peccatore: “I lebbrosi vengono consideraticome colpiti da Dio” (R.Pesch, Il vangelo diMarco, Paideia, pag. 241).Ma il narratore evangelico non lascia traspari-re una simile concezione. In realtà, la segrega-zione dei lebbrosi non veniva attuata ovunquecon la stessa severità... Essi non venivano cac-ciati da tutti i villaggi; sembra addirittura che,a particolari condizioni, fosse loro permessodi entrare nelle sinagoghe. Ma colui che eracaduto nella lebbra, chiamata anche “il primo-genito della morte” (Giobbe 18,13), era certa-

E viene a lui un lebbroso, lo supplica in ginocchio e gli dice: “Se vuoi, tu puoimondarmi!”. Gesù, pieno di ira, stese la sua mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio:sii mondato!”. E subito la lebbra se ne andò da lui ed egli fu purificato. E sbuffandocontro di lui, Gesù lo mandò subito via e gli disse: “Guarda di non dire niente anessuno, ma và e mostrati al sacerdote, e offri per la tua purificazione ciò che Mosèha prescritto a testimonianza contro di loro”. Ma quello, uscito, cominciò con granfervore ad annunciare e proclamare la parola, a tal punto che Gesù non poteva piùentrare pubblicamente in una città, ma restava fuori, in luoghi solitari. E venivano alui da ogni parte” (Marco 1, 40-45).

mente in una situazione disperata. Nella con-cezione di allora risanare un lebbroso equiva-leva a risuscitare un morto. Solo la forza diDio può sanare un lebbroso. Eliseo e Moséavevano potuto farlo come profeti ai quali Dioaveva concesso una potenza divina.La legge prescriveva che chi era eventualmentestato guarito o, in qualche modo, ricuperava lasalute, doveva far confermare la guarigione daparte del sacerdote. Siccome a questo compitoera collegato un sacrificio, ciò poteva avveni-re soltanto nel tempio di Gerusalemme. Mosè e EliseoPer capire questo “racconto di miracolo” saràmolto utile leggerlo tenendo conto che la gua-rigione della lebbra compare nel capitolododicesimo del libro dei Numeri. Ne è colpitaMiriam, sorella di Mosè. Qui, la lebbra, cheriduce chi ne è colpito come “un bambino natomorto” (12,12), è chiaramente la conseguenzadi un peccato. Solo Dio guarirà Miriam per in-tercessione di Mosè, il profeta taumaturgo (cioèguaritore).Eliseo ottiene la guarigione di Nàaman, il siro,che deve bagnarsi sette volte nel Giordano (2Re 5,8-14). Gesù, nel solco della tradizione diEliseo, viene considerato come il profeta dellafine dei tempi che riceve da Dio il potere cari-smatico di guarire.

11empi di fraternità

Febbraio 2011

SERVIZIO BIBLICOSERVIZIO BIBLICO Che cosa c’è dietro?Già lo sappiamo. Quando ci troviamo di fron-te ai cosiddetti “racconti di miracolo” non pos-siamo scambiare tali narrazioni con dei reso-conti di cronaca. Si tratta piuttosto di una te-stimonianza che vuole parlare alla nostra fede,interpellarci, non ha la pretesa di farci la foto-grafia dell’accaduto.Ma è chiaro che, come ci dicono gli evangeli-sti con attestazione molteplice, l’incontro conGesù scatenò benessere fisico e psichico, sol-levò dall’angoscia, ruppe delle catene, provo-cò cambiamenti radicali, generò delle svoltenella vita delle persone oppresse e sofferenti,abbandonate e sole.Non possiamo sapere con precisione che cosasuccesse in ogni singolo caso, ma nei raccontidi miracolo si allude certamente a qualcosa diconcreto che cambiò in profondità la vita diqueste persone. Incontrare Gesù significa cam-biare molto di noi. È vero oggi come ieri. Al-trimenti non c’è il vero incontro. Un particolare interessanteMolte traduzioni del versetto 41 suonano così:“Gesù, mosso a compassione...”. Qui ho scel-to, conforme al parere dei massimi studiosi del-l’evangelo di Marco (Schweizer, Gnilka, Pesche molti altri), una traduzione ben diversa:“Gesù si adirò, fu pieno di ira!”.Questa é la lezione probabilmente originariadel testo greco che fu poi attenuata e raddolci-ta. Era così poco edificante ricordare la rabbiadi Gesù che forse qualcuno non sopportò, néper sé né per gli altri la presentazione di unGesù indignato. Luca e Matteo, invece, elimi-nano l’annotazione sia dell’ira che della com-passione. Ma è proprio questa indignazione cheillumina il testo.Gesù di fronte al male non resta di sasso, mafreme (Giovanni 2, 33-38), sospira (Marco 7,34) e qui si indigna. Non è l’ingenuo che nonconosce l’esistenza del male, ma il credenteche non si rassegna, che manifesta il suo sde-gno contro una società che alla lebbra di que-st’uomo non ha saputo fare altro che aggiun-gere l’emarginazione. L’evangelista, con untratto di grande efficacia, carica di significatoquesto sdegno: Gesù realizza al sommo gradola lotta senza quartiere contro tutto ciò cheopprime, emargina e sfigura le persone.Questa rabbia di Gesù ci testimonia che Dio siappassiona alla vicenda umana. Gesù incarna

la posizione di Dio di fronte alla dura condi-zione di questo sofferente ed emarginato. Nonè certamente troppo leggervi una chiara con-danna di quelle strutture della società e di queicomportamenti personali che “non fanno piùcaso” alla emarginazione dei fratelli. SbuffandoPochi traduttori conservano questo versetto let-terale. Forse questo “sbuffare” di Gesù sem-bra non troppo conveniente. Ma come Dio, se-condo la testimonianza dell’Antico Testamen-to, sbuffava dinanzi alla ostinazione e alla ce-cità del suo popolo, così ora lo sbuffare di Gesùpuò essere letto come la reazione, nervosa esofferta, al fatto che la gente ha la tendenza avederlo e cercarlo solo per “strappargli” qual-che intervento guaritore, senza coinvolgersinella sua strada.Ma si potrebbe benissimo rincarare la dose del-la rabbia di Gesù se si presta attenzione ancheal versetto seguente, per il quale abbiamo pro-posto una traduzione che denota una certa de-nuncia di quei sacerdoti che si limitano a con-statare il male o a constatare la guarigione, manon fanno nulla per la persona. Gesù si sotto-pone alla prescrizione che rimanda al sacer-dote il lebbroso guarito, ma lo fa denunciandoapertamente sia la loro cecità sia la loro operapuramente burocratica. Contro di loroSottolineerei con forza il possibile significatodi questa testimonianza, che si ribalta “controdi loro” (qui i sacerdoti), perché spesso tuttisiamo testimoni delle opere di liberazione cheDio compie (in questo caso attraverso Gesù),eppure chiudiamo gli occhi e non sappiamoricevere il messaggio che da esse ci viene perla nostra conversione.“In base ad altri due passi di Marco (6,11 e13,9), dove ricorre esattamente la stessa espres-sione con chiaro significato di denuncia con-tro chi rifiuta l’annuncio del Vangelo, a noi parepiù consono a tutto il Vangelo di Marco inter-pretare questa espressione nel senso di un giu-dizio pronunciato da Gesù contro la durezzadel cuore” (AA.VV., Una comunità legge ilVangelo di Marco, Dehoniane, pag.68).Molti autori, traducendo “in testimonianza perloro”, non sottolineano questa “punta” di de-nuncia della parola di Gesù, ma qui essa misembra fare corpo con la sua “stizza” e rende-

12 empi di fraternità

Febbraio 2011

SERVIZIO BIBLICO re particolarmente coerenti il suo agire e il suoparlare.Una stoccatina, dicevo, questo versetto la dàanche a noi. Sovente il Vangelo testimonia“contro” di noi, ma... lo fa per svegliarci e ri-svegliarci. Gesù elimina le distanzeGesù che tocca il lebbroso, se siamo in gradodi cogliere il significato di questo gesto, ci diceche Dio ci spinge a superare le distanze. Gesù,profeta degli ultimi tempi, fa constatare a que-sto emarginato e fa prendere coscienza a tuttinoi che la potenza di Dio che opera liberazio-ne non si è esaurita. Basta credere all’opera diDio e diventare disponibili a Lui.Qui Gesù non ha respinto un fratello bisogno-so che si avvicinava a lui; ha accettato di star-gli vicino.Le opere di liberazione avvengono quando,sbattendo giù paure e barriere, noi ci coinvol-giamo. Gesù pratica l’antidistanza, cioé si ap-passiona, entra dentro le situazioni, non sta avedere. Lo stesso concetto di “misericordia”negli evangeli non denota un atteggiamento dichi ha “pietà” e si degna di abbassarsi agli al-tri, ma la volontà precisa di condividere e dicompromettersi, di sporcarsi le mani.Il Gesù appassionato che qui incontriamo è co-lui che sa concentrare le sue energie di amore,il suo potenziale emotivo, investire i doni cheDio gli ha fatto per la liberazione dei suoi fra-telli più deboli e delle sue sorelle umiliate. Chi crea i lebbrosi?Intanto non possiamo sorvolare sul fatto cheparecchi milioni di uomini e di donne ancoraoggi, per condizioni di denutrizione e di scar-sa igiene, sono affetti dalla lebbra. La cifraspesa per due aerei militari di quelli più sofi-sticati basterebbe oggi a eliminare la lebbradalla faccia della terra.Sembra incredibile, ma è vero e rigorosamen-te documentato.Guardiamo questa nostra “civilissima” socie-tà occidentale. Esistono contesti e realtà mol-to più emarginati dei tempi di Gesù. Il nostro“civile” Occidente è una fabbrica che produ-ce sempre nuovi lebbrosi, sempre nuovi/eesclusi/e. Un numero sempre maggiore di per-sone viene “cacciato fuori dal villaggio”. Pen-so a tanti/e stranieri/e ai disoccupati, alle per-sone che soffrono nell’anima sofferenze pro-

fonde, a chi vive nelle discariche, alle donnebuttate sulle strade, a milioni di disperati mi-granti in cerca di una terra ospitale, a decine edecine di migliaia di minorenni usati, sfruttatie abusati, ai barboni...Il “villaggio” li dichiara inutili e superflui, inesubero. Si noti: questi fatti non sono la con-seguenza di qualche disfunzione particolare,ma una logica irreversibile della nostra civiltàoccidentale che, per garantire una minoranza,deve necessariamente escludere la maggioran-za, cioè i più deboli.O cambiamo le regole del gioco oppure l’esclu-sione progressiva è parte integrante del pro-gramma di globalizzazione economica. Purtroppo in questo tempo risulta sempre piùevidente che anche le nostre istituzioni eccle-siastiche sono in larga misura luoghi e stru-menti di esclusione, di espulsione. Basta leg-gere gli ultimi documenti ufficiali vaticani perrendersene conto. Quanto accanimento controi transessuali, contro le donne che voglionogiustamente poter esercitare un ministero nel-la chiesa, contro tanti teologi, contro le perso-ne non allineate.Il cammino da una chiesa dell’esclusione e del-l’espulsione alla comunità della reciproca ac-coglienza è ancora molto lungo, ma molte don-ne e molti uomini operano e pregano in questadimensione.Mentre i gerarchi vaticani sono diventati deibuttafuori, scambiando la chiesa per una di-scoteca, noi dobbiamo allargare gli spazi deinostri cuori e del nostro impegno sociale edecclesiale. Uno strano predicatoreQuesto lebbroso che ha “riacquistato la citta-dinanza” diventa, secondo il racconto enfati-co di Marco, un ardente divulgatore e predica-tore che tocca molti cuori e coinvolge moltepersone.Come non vederlo anche oggi? Mentre i pul-piti ufficiali sovente predicano se stessi e di-fendono le loro ideologie usando il nome diDio, il messaggio del Vangelo molto spessosgorga e si diffonde nitido e diretto dalla vitadi chi è ai margini, escluso, senza potere.La voce di Gesù, ebreo marginale, risuona an-cora una volta tramite chi è marginale. Se noinon fossimo sordi, se le nostre chiese non aves-sero muri troppo spessi, il nostro cuore potreb-be esserne risvegliato.

13empi di fraternità

Febbraio 2011

Tutti i leader politici che vanno per lamaggiore si definiscono “credenti”: pro-pongono idee e comportamenti che rap-

presentano la declinazione personale di con-vinzioni politiche pubbliche ed etica privata.

Lì dentro ci stanno anche le opinioni religio-se e credo che sia un bene che venganomesse in evidenza, non fosse altro che persottolineare come anche il leader debba epossa essere testimone della fragilità umanae del suo bisogno di spiritualità, di orientamen-to etico, di una visione della vita che trascen-da l’oggi e il materiale.

Perfino Vendola parla della sua fede comedi una componente insostituibile del suo es-sere di sinistra e di esserlo nel modo chepropone, perfino lui dunque ricorda ai suoisostenitori come alcuni valori fondanti la po-litica (e non solo quella) siano davvero co-muni a tante culture e fedi religiose.

Anzi, le sostanziano e le rafforzano, offren-do ai credenti spunti di riflessione e incitamen-to all’azione per anticipare qui sulla Terra que-gli elementi di compassione e compartecipa-zione che sono proprie del regno dei cieli.

Leader che si dichiarino atei o agnostici nonce ne sono più, mi pare. Forse non ci sonoper davvero, forse stanno zitti, per calcolopolitico e per scelta personale, ma sembradavvero che non si sia persa la matrice.Per fortuna ce ne sono che sposano l’ideadella laicità dello stato quando parte l’attac-co sui temi etici, ma in quanto all’efficaciadella loro azione non è male ricordare che ilnostro paese è quello certamente più indie-tro in Europa... eppure ha il premier più tra-sgressivo: divorziato, puttaniere, malavitoso,corruttore e tanto altro ancora.

Ancora nei giorni scorsi le gerarchie eccle-siastiche sono scese pesantemente in cam-

po per sostenere il traballante berlusca, pra-ticamente intimando a Casini di smetterla;nessuno che abbia detto una parola. Cosìcome B ha occupato tutti i gangli dello Stato,nello stesso modo la Chiesa ha occupato lapolitica, dettando regole e operando, nelcentrodestra e nel centrosinistra, come unvero e proprio potente soggetto politico didestra.

Ma i fedeli e i credenti non votano comedice la Chiesa, anzi ne criticano le espres-sioni di volgarità politica e giudicano secon-do la loro morale i comportamenti dei perso-naggi che la Chiesa sostiene e corteggia.

I credenti fanno come sentono e credo-no, anche loro forse cercando di coniugarela proposta politica con l’etica e la moraledi chi la fa.

Anche in Spagna la Chiesa è con la de-stra, infatti i socialisti non prendono ordini daivescovi: fanno la loro politica e i vescovi mo-bilitano i loro supporters della destra peropporvisi, come si fa in ogni democrazia com-piuta.

Ma in Spagna la religione nelle scuole si faalla fine delle lezioni, gli edifici di proprietàreligiosa non direttamente utilizzati per il cul-to pagano le tasse come tutti gli altri e cosìvia. E in Francia? E in Gran Bretagna, inGermania...?

Mi piacerebbe che i leader del centrosi-nistra rincorressero i credenti sul progettopolitico, sull’etica, sul bisogno di cambiamen-to, lasciando al centrodestra i giri di valzercon le gerarchie ecclesiastiche, perché li san-no fare meglio.

Vorrei che il paese in cui vivo fosse più lai-co e più rispettoso di chi testimonia tutti i gior-ni una fede vissuta con difficoltà e sofferen-za, con la gioia del migliorarsi attraverso lapratica dei valori che ne discendono.

Lo strabismo dei cattolici in politicae lo strapotere delle gerarchie

di

didi MarianoTurigliatto (*)

((*) Insegnante

14 empi di fraternità

Febbraio 2011

NELLE RISTRETTEZZEDELLE GALERE

Rubrica a cura diRistretti OrizzontiDirettore:Ornella FaveroRedazione:Centro Studi diRistretti OrizzontiVia Citolo daPerugia n. 35 -35138 - Padovae-mail: [email protected]

la Redazionedi RistrettiOrizzonti

Legge "svuotacarceri"?Ma mi faccia il piacere...

Legge “svuotacarceri”: vale comunque lapena andare a rivedere un po’ la storia diquesta legge, entrata in vigore in dicem-

bre, che permette di scontare una pena o un re-siduo pena di un anno a casa, in detenzione do-miciliare. “Indulto nascosto”, “Indulto masche-rato”, sono le prime definizioni che appaionosui giornali, quando si comincia a parlarne, piùdi un anno fa. “Torneranno a casa quasi 21milacarcerati”, scrive Repubblica il 15 ottobre 2009.

La logica perversa di un certo tipo di infor-mazione è sempre la stessa, quella di fare calco-li e vedere automatismi, lì dove invece le cosesono molto più complesse: ma che cosa ha disimile all’indulto, che liberava le persone a treanni dal fine pena, una misura che fa passarel’ultimo anno di pena chiusi in casa e controlla-ti giorno e notte dalla polizia? E che calcoli sipossono fare su quanti usciranno, se si richiedealle persone di avere un domicilio certo e con-trollabile, e quindi si esclude in partenza la granparte dei detenuti immigrati e anche tanti italia-ni, che probabilmente, se avessero avuto un po-sto dove andare, sarebbero già stati fuori conqualche misura alternativa? E i calcoli diventa-no ancora più complessi ora che, a distanza dimesi, questa misura l’hanno ulteriormente svuo-tata, escludendo molte categorie di reati. Unalegge che, oltretutto, va in scadenza, dura finoal 31 dicembre 2013 e poi... poi pare che saran-no disponibili migliaia di nuovi posti in galera enon servirà più mandare a casa in detenzionedomiciliare un po’ di detenuti.

In caso poi di evasione, quindi anche di allon-tanamento dai domiciliari, la pena che era previ-sta dal Codice penale, da sei mesi fino a tre anni,passa da uno fino a sei anni. Quindi la legge

“svuotacarceri”, con la scusa di “rassicurare” icittadini spaventati da questa “massiccia” uscitadi delinquenti dalle carceri, rischia, alla lunga,di contribuire a portare qualche detenuto in piùin galera e a lasciarcelo dentro più a lungo.

Ma qualcuno si deciderà a ricordare ai cittadi-ni, ai politici, a qualche giornalista distratto chequelle persone, in ogni caso, anche se non an-dassero in detenzione domiciliare ora, fra qual-che mese saranno del tutto libere? E magari nonsarebbe il caso di riflettere anche sul fatto chefar stare le persone che hanno commesso reatiparcheggiate qualche mese in più in carceri so-vraffollate, senza far niente da mattina a sera,difficilmente può considerarsi un investimentosulla sicurezza?

La redazione di Ristretti Orizzonti

Indulto mascherato?di Antonio Floris, redazione di Ristretti

La legge 26 novembre 2010 N° 199, “Disposi-zioni relative all’esecuzione presso il domiciliodelle pene detentive non superiori a un anno”,comunemente conosciuta come Legge svuota-carceri, è stata definita dal giornalista MarcoTravaglio un indulto mascherato, e anche in-dulto-insulto, per di più incostituzionale poi-ché in base all’art. 79 della Costituzione, peramnistie e indulti occorrono 2/3 dei voti del Par-lamento, mentre qui hanno votato solo PDL eLega.

Travaglio aggiunge: “Già i detenuti possonoscontare gli ultimi tre anni di pena in affidamentoal servizio sociale, liberi, e con quest’altro annosi sposta di fatto da tre a quattro anni il periodo

15empi di fraternità

Febbraio 2011

di condanna che non viene scontato in carcere”.Sintetizza infine il suo ragionamento dicendoche sono ben pochi quelli che scontano effetti-vamente tutta la pena e per finire dentro e re-starci bisogna proprio fare una strage.

In risposta a Travaglio diciamo innanzituttoche sono ben pochi i detenuti condannati per stra-ge, visto che quasi tutte le stragi successe in Ita-lia sono rimaste impunite, mentre sono quasi70.000 quelli che non sono condannati per stra-ge, eppure sono in galera, costretti a vivere incondizioni degradate, in spazi capaci di ospitar-ne neanche 44.000.

Il numero dei detenuti con residuo pena infe-riori a un anno si aggira attorno ai 10.000, manon tutti potranno beneficiare di questa legge,poiché ci sono tante esclusioni. Per esempio,sono esclusi tutti i condannati per i reati elen-cati nell’art.4 bis dell’Ordinamento Penitenzia-rio. Di questi Travaglio cita solo mafia, terro-rismo e omicidio, ma ce ne sono molti altri an-cora, fra cui sfruttamento della prostituzioneminorile, divulgazione di materiale pornogra-fico minorile, tratta di persone, violenza ses-suale, sequestro di persona, associazione fina-lizzata al traffico illecito di sostanze stupefa-centi, possesso di ingenti quantità di droga, ra-pina aggravata, estorsione aggravata, contrab-bando, associazione a delinquere. E sono esclu-si anche coloro che sono stati dichiarati delin-quenti abituali, professionali o per tendenza, eancora tutti quelli che non hanno dimora, o ifamiliari non sono disposti ad accoglierli per-ché, è bene saperlo, per poter andare agli arre-sti domiciliari è indispensabile il consenso deifamiliari. A questo si aggiunge che dei possibi-li beneficiari del provvedimento più della metàsono stranieri, e la stragrande maggioranza nonha un posto dove andare.

Il numero di quelli che potranno andare indetenzione domiciliare in questo primo anno siridurrà probabilmente a non più di 2.000-2.500detenuti sparsi in tutt’Italia.

A conti fatti, quindi, la temuta invasione daparte di feroci delinquenti è frutto di fantasia,visto anche che tutti questi delinquenti non an-dranno a scorrazzare per le strade facendo vio-lenze o rapinando: sconteranno il loro residuopena chiusi in casa.

Per tornare ai calcoli fatti da Travaglio, dovedice che ai tre anni di affidamento si deve som-mare quest’altra misura della detenzione domi-ciliare, facendo salire il totale di anni di pena“non scontati” a quattro, c’è da dire che per quelliche si trovano in affidamento non è previsto di

scontare l’ultimo anno agli arresti domiciliari.La somma non si può fare perché una cosa esclu-de l’altra!

La detenzione domiciliare non è la libertàUn’esperienza di detenzione domiciliare

raccontata da Mirko T.

Alle persone che non hanno mai avuto a che farecon il carcere sentir parlare della possibilità diespiare parte della pena agli arresti domiciliari, acasa propria, potrebbe dare l’impressione di qual-cosa che sia come la libertà. No! La detenzionedomiciliare è senz’altro preferibile alla galera, maio, che ho vissuto questa esperienza, posso ga-rantire che non si tratta affatto di libertà. Certoquando vengono concessi gli arresti domiciliaria qualche miliardario nella sua villa in Sardegna,lui sicuramente se la passa meglio. Per me, tutta-via, è stata galera anche quella. Anzi, forse piùsubdola... Si vive una situazione di disagio note-vole, perché proprio il vivere chiuso in casa ti“sovradimensiona” i normali problemi della vitaquotidiana e, per il 90% dei casi, anche i proble-mi più banali possono diventare enormi e diffici-li da affrontare. Per i miei arresti domiciliari, lamia famiglia ha dovuto subire delle pesanti limi-tazioni nelle relazioni con amici e parenti, e an-che umiliazioni, del tipo che, nel bel mezzo dellanotte, gli agenti incaricati di verificare se sei incasa, ti entrano a guardare nelle stanze dei figliche dormono per controllare l’eventuale presen-za di persone che non siano tuoi famigliari. Nonpoter invitare nessuno a casa mia, neanche unparente, perché il giudice non lo consente, nean-che una amichetta delle mie figlie o una vicinaper un semplice caffè con mia moglie. La nottenon riesci a dormire perche hai sempre la preoc-cupazione di non sentire il citofono, come è suc-cesso a me. Dopo un temporale, si è guastato sen-za che nessuno se ne accorgesse, e solo per purocaso, uscendo fuori sul balcone, ho visto dieciagenti di polizia che già avevano allertato la que-stura per una mia probabile fuga. Tutte questecose, che possono sembrare anche un po’ banali,con il passare del tempo mi hanno portato ad unosfinimento mentale, a tal punto che, per non dan-neggiare la mia famiglia, ho chiesto di tornare incarcere. Ora posso vedere i miei figli solo unavolta alla settimana, ma almeno so che non licostringo a subire tutti i giorni delle piccole umi-liazioni. Sono convinto perciò che non si debbafar credere che la detenzione domiciliare sia fa-cile da vivere, si tratta di un beneficio che co-munque non regala la libertà.

16 empi di fraternità

Febbraio 2011

Un contesto sociale caratterizzato dal dia-logo interculturale ed interreligioso rap-presenta un valore e un ideale di vita co-

municativa e comunitaria, aperta al confronto trapersone che pongono in discussione la propriaidentità, i propri assunti, i preconcetti, i presup-posti, le personali certezze per rivolgersi all’altroed accoglierne le implicite differenze.

La differenza è un diritto personale.Ogni persona - donna, uomo, anziano e bambi-

no - ha il diritto di essere diversa e differente, diattuarsi ed espandersi con la sua identità, nellereciprocità relazionali, da cui trarre arricchimen-to personale e culturale.

Questo è lo spirito di Dudal Jam, la Scuola diPace del Sahel, che il CEM Mondialità promuo-ve in Italia e che svela la cultura di un piccolopaese dell’Africa, il Burkina Faso, in uno straor-dinario progetto di pace nato dal dialogo interre-ligioso ed interculturale, fra cristiani, musulmanie cultori delle religioni tradizionali africane, cheha molto da insegnarci, soprattutto nell’attualemomento storico.

La campagna Dudal Jam vuole costruire un per-corso tra Africa ed Europa per un vero arricchi-mento reciproco, per un interscambio valorialeed un confronto ideale e solidale, sviluppando unaconoscenza diretta del Sahel e del popolo burki-nabè.

La Scuola di Pace permette di riesaminare lostile di vita occidentale e il modello di svilupponegativo e autodistruttivo, fondato su ingranaggidi mercato di carattere consumista e capitalista,

tipici dei paesi industrializzati, promuo-vendo, al contrario, la cultura della cono-scenza, del rispetto, del dialogo intercul-turale e della cooperazione tra comunità,nella pace.

Questa innovativa esperienza umanitaria è vol-ta a contrastare i pregiudizi e gli stereotipi cultu-rali, i fondamentalismi religiosi e l’intolleranzaverso i diversi e i più deboli, al fine di creare, nel-la regione del Sahel, un centro cooperativo ed in-tercomunitario, di educazione collettiva al dialo-go e alla pace per i giovani africani ed europei,testimoniando e sperimentando così l’esperienzadi vita basata sul dialogo interculturale ed interre-ligioso, per creare una prospettiva più ampia diciviltà orientata e fondata sulla pace e la nonvio-lenza, per un futuro dove le risorse energetichesiano equamente utilizzate, sperimentando fontialternative di energia, in modo da impostare unprogresso costruttivo, basato sullo scambio equo-solidale ed ecosostenibile, per cui tutti i popolipossano usufruire delle risorse del pianeta, senzasperequazioni, ingiustizie e crudeltà sociali, sen-za conflitti etnici, nel pieno rispetto reciproco, nelpluralismo delle confessioni religiose, nella libertàdi culto e di pensiero, aprendo ai diritti umani dilibertà, equità sociale e fratellanza, nel dialogoecumenico ed interculturale. Nella Scuola di PaceDudal Jam, l’altro diviene un nuovo paradigmaeducativo, dove la differenza è valore, risorsa,diritto, in un’etica vicendevole della reciprocità,oltre le frontiere nazionali che sono il frutto del-l’egoismo umano.

L’etica dell’altro è l’espressione di atteggiamen-ti di responsabilità, accoglienza, prossimità e so-lidarietà, dove l’incontro con l’alterità diviene laprospettiva del futuro, con cui affrontare in modopositivo e arricchente la cultura delle comunità edella condivisione.

Nota - Nel libro è presente un DVD che contie-ne alcuni utili percorsi per gli insegnanti che vo-gliono affrontare l’esperienza Dudal Jam nelleloro classi.

RECENSIONE

di LauraTussi

Dudal JamA Scuola di Pace

Patrizia Canova e Michele DottiDudal Jam. A Scuola di PaceContributi di Clelia Minelli, Rita Vittori, Jeannette Kuela, Francois Paul Ramde, BrunettoSalvarani, Abbè Albert Etienne Kaborè, Imam Idrissa Ouoba, Dicko Bassirou, Ouseeni Domba,Elie Yamba Ouedraogo, Limata Ouedraogo, Alessandra Ferrario, Ornella Pasini, Nicola Dotti,Sigrid Loos, Rita Robertohttp://www.cem.coop/eventi/dudaljam/campagna-dudaljam

17empi di fraternità

Febbraio 2011

INTERVISTA

CHI È IL TUO DIO?

Il mensile Tempi di Fraternità ha voluto lanciare una inchiesta su Dio. A tale scopo è statodiffuso un breve questionario dal titolo “CHI È IL TUO DIO”. Alcune domande avevano loscopo di fare da traccia per agevolare le risposte e per capire quale sia il sentimento del Divinoche oggi si vive.Nel numero precedente abbiamo riportato le risposte di alcuni giovani, in questo pubblichiamoalcune risposte fornite da intervistati adulti.

La redazione

a cura diLuciano Jolly eMario Arnoldi

Che idea hai di Dio?C’è un Oltre, sempre oltre ogni cosa. Oltre eanche dentro, nel più profondo di ogni cosa e diogni vita. Se esso è qualcosa di vivo, un po’come noi, è lui quello che l’umanità, in vari modie concezioni, ha sempre chiamato Dio. Tutti pen-siamo un oltre e un più dentro. Non siamo l’ori-gine di noi stessi. È ateo solo chi fa di se stessoil tutto. Alcune persone particolarmente illumi-nate ci manifestano Dio, lo riflettono e lo rive-lano, sono da lui animate in modo speciale. Traqueste persone, per me, più di tutte è chiaro se-gno di Dio Gesù di Nazaret.

Come te lo raffiguri?Non me lo raffiguro, non ha una figura. Però inqualche modo ci somiglia, e noi somigliamo alui. Non è lontano, chissà dove. È più vicino anoi di noi stessi. Eppure è Altri. È in noi, manon è noi. Penso e credo che sia coscienza, per-sona, volontà buona. Penso che sia il Bene, per-ché noi vediamo e soffriamo il male, in tantimodi, e il male non sarebbe male, ma sarebbenormale, se non avessimo in noi, nel più pro-fondo di noi, il criterio del bene, in base al qua-le riconosciamo e giudichiamo come male ilmale. Il criterio del bene è la traccia (somiglian-za) in noi del Bene vivente.

È presente nei tuoi pensieri?Sempre. Non lo seguo sempre, ma l’ho semprepresente.

Interviene nella tua vita quotidiana?In che senso chiedete se interviene? Forse (chilo sa?) non modifica le cose, il mondo, ma agi-sce sugli animi, sui nostri cuori, ci suggerisce eci guida al bene rispettando la nostra libertà,chiedendo collaborazione.

Che cosa puoi dire a proposito di Dio?Quel che potevo dire l’ho detto. Bisogna sem-pre, a proposito di Dio, interrogarsi e tacere,tacere e interrogarsi, ma anche sommessamen-te parlarne, dirci gli uni agli altri - come stiamofacendo qui - ciò che sentiamo di lui.Il “credo” di Michele Do è la formulazione piùchiara che io conosca di ciò che possiamo diredi Dio, con “dubitose irrinunciabili chiarezze”.

Enrico Peyretti

Che idea hai di Dio?Non posso dire di avere un’idea di Dio. Al con-trario, quello che con gli anni si è venuto for-mando in me è una sorta di ‘ateismo religioso’,che non significa l’affermazione della non esi-stenza di Dio, tutt’altro, cerca di essere un ten-tativo di purificare il sentire religioso da ogniombra di idolatria (“Non ti farai idolo né imma-gine alcuna...”). A questo proposito, il silenziodi Buddha in materia teologica è davvero ungrande insegnamento. L’idea di fondo è che in

18 empi di fraternità

Febbraio 2011

ogni teismo espresso si annidi il pericolo di ido-latria. (E, pensando a tutta la tradizioneapofatica, sento di trovarmi in buona compa-gnia).

Come te lo raffiguri?“Dio nessuno l’ha mai visto”. Così come cercodi non avere un’idea di Dio, ugualmente tendoa non raffigurarmelo. Su ciò condivido l’opi-nione che espresse il vecchio Max Horkheimer:Dio non può essere oggetto di dimostrazione orappresentazione, ma solo di una nostalgia scon-finata verso un senso di piena e perfetta giusti-zia. Sento che qualsiasi tipo di raffigurazionesia - volente o nolente - una forma di antropo-morfismo culturalmente determinato (come di-ceva Feuerbach: volta la carta e dietro ogni teo-logia trovi un’antropologia).

È presente nei tuoi pensieri?Nel buddhismo zen si parla di meditare su di unkôan, vale a dire trovare la soluzione a un’af-fermazione paradossale che contrasta con i piùcomuni principi della logica. Per me dire Diosignifica più o meno questo: andare alla radicedi quelle domande di senso e di quei problemiper i quali sembra non esserci soluzione alcu-na, e sostare, rimanendo con costanza, in silen-zio, di fronte ad essi, proprio nella loroinsolubilità.

Interviene nella tua vita quotidiana?Come disse una volta Jack Kerouac - il qualenon era certo teologo, ma era comunque abita-to da una forte tensione di ricerca - “vogliovedere Dio in faccia”. È stato coniato ormaida diversi anni, in campo psicologico, il ter-mine ‘trans-personale’ che nella sua neutralitàvuole indicare un’esperienza concreta che ec-cede i confini abituali dell’io e della persona.Ecco, più che avere un’idea o una rappresen-tazione di Dio, trovo sia importante fare espe-rienza di Dio (senza per questo essere neces-sariamente mistici di professione) e compor-tarsi conseguentemente all’oltrepassamentodella sfera del proprio piccolo io, nelle azioniverso i propri simili e verso gli altri viventi,affinché “Dio sia tutto in tutti”.

Che cosa puoi dire a proposito di Dio?Prestiamo attenzione al secondo comandamen-to del decalogo che dice: non nominare il nomedi Dio invano. Giacché il più delle volte lo fac-ciamo proprio invano (quante guerre e carnefi-cine sono state combattute in nome di Dio, per

scopi umani, fin troppo umani!), forse sarebbeil caso se non lo nominassimo del tutto. Potrem-mo così autoinvitarci ad un piccolo esercizio diascesi, astenendoci dal nominarlo per un certoperiodo di tempo; sarebbe una sorta di moratoriarispetto ai pericoli di qualsivoglia appropria-zione indebita del nome di Dio.

Federico Battistutta

Che idea hai di Dio?È difficile rispondere senza cadere in luoghicomuni o in definizioni da catechismo. Per meDio è l’Essenza del Tutto. Tutto viene da Lui eTutto vive per mezzo di Lui. Tutto è orientato aLui. Dio per me è Amore nella sua totalità equindi è Vita: è Amore creatore della Vita, èAmore che mantiene la Vita.

Come te lo raffiguri?Mi raffiguro Dio come una sfera infinita, incan-descente d’Amore: l’Infinita Potenza dell’Amo-re Divino! Se ci lasciamo riscaldare dal suoAmore, avvicinandoci a Lui, il nostro amoreacquisirà via via una temperatura sempre piùalta fino a farci confluire in Lui: saremo allorauna cosa sola con Lui, come lo sono gli angeli,i santi, e Maria, la Madre di Dio.

È presente nei tuoi pensieri?Sì.E mi sforzo di far sì che lo sia sempre di più.

Interviene nella tua vita quotidiana?Sicuramente Dio interviene nella mia vita. Perme interviene in due modi: spontaneamente e aseguito della preghiera.Dio interviene spontaneamente con quelle azionisalvifiche delle quali spesso non ci rendiamoconto o che scopriamo a distanza anche di anni.Dio interviene poi a seguito delle nostre richie-ste nella misura in cui quanto chiediamo è con-forme alla sua volontà, che infine altro non èche il nostro Bene in assoluto. Questo può spie-gare perché non sempre le nostre richieste sonoesaudite, in tutto, o al momento in cui le chie-diamo.Io vedo l’intervento di Dio come l’ingresso dellaluce del sole in una stanza: se tengo chiusi gliscuri della mia stanza, anche il sole del mezzo-giorno d’agosto non ci entrerà; se voglio cheentri la luce del sole nella mia stanza, debbotenere gli scuri aperti.

19empi di fraternità

Febbraio 2011

Che cosa puoi dire a proposito di Dio?Propongo questa mia lirica:

PERCHÉ TI AMO, DIO!Ti amoperché mi hai tolto dal Nulla,dall’ozio terribiledel Non Essere.È belloudir frusciare le erbepiegate dall’ala del vento,e tuonare la folgoreche rimbalza di nube in nube,veder onde bianche di spuma rincorrersi,paion tutte eguali eppur sempre diverse:ecco perché Ti amo!È belloascoltar il canto dell’usignolo la notte,inarrivabile cascata di noteche strugge il mio cuore,guardar il lento calar del ragnolungo il filo che tesse scendendo,coglier lo sguardo caldo d’amoredella fanciulla dei sogni,palpare il legno d’olivo appena tornito,polito nella forma che m’hai ispirato:ecco perché Ti amo!È bellolasciar affiorare immagini e forme e colori,del mio vissuto, del Tuo creato,gli occhi perduti nel mare di stelle,pensieri che si formano subiti e vaghicome cirri nel cielo d’aprileper sparire tosto nel nullae lasciar posto alla Tua Voce:ecco perché Ti amo!Ti amo perché Tua è l’ideache ha plasmato il Tutto,l’idea è una parte di Te,l’idea è il meglio di Te,e Tu ne hai fatto parte con me!Solo all’amico più caropuoi svelare il mistero ch’è dentro di Te.Solo all’amico più caropuoi insegnare l’arte Tua eccelsa,da Te l’Uomo ha imparato ad amare:per questo, più di tutto, Ti amo!

Marco Bétemps

Non so quanto Gesù di Nazaret avrebbe capitodel gran parlare di Dio che noi facciamo, perdistrarci dai compiti terreni che da lui ci sonoaffidati. In un contesto giudaico come quello incui si trovava, egli parla di Dio per purificarneil concetto e l’immagine. Non ha alcuna inten-zione di dimostrarne l’esistenza, essendo Dioun postulato culturale per quell’ambiente, mafa di tutto per scardinare i luoghi comuni concui si coinvolgeva il nome di Dio utilizzandoloper avallare le porcherie del potere stabilito.

Il lavoro di Gesù è smascherare il dio degliidolatri, cioè le controfigure con cui viene pre-sentato al popolo per esautorarlo e alienarlo. Ri-prendendo il lavoro di Mosè, restituisce a cia-scuno il suo personale destino. La Salvezza èquando un uomo esce da una condizione di di-pendenza dalla divinità (per esempio dall’im-ponente pantheon egiziano, voltando le spalleai privilegi a cui ciò gli dà diritto) e accetta dicamminare verso una missione impossibile innome di una voce interiore senza nome, a costodi inimicarsi il mondo intero.

Dio non lo ha mai visto nessuno - dice la pri-ma lettera di Giovanni, 4,12 - ma è presente innoi se viviamo secondo l’insegnamento di Gesù.Certo, se Dio diventa lo sponsor di un’aziendadi spaccio di articoli religiosi, Gesù fu a buondiritto condannato per sobillazione all’ateismo.Storicamente, il rifiuto di Dio deriva dal cattivouso che del suo nome hanno fatto coloro che sisono arrogati il diritto di presentarsi come con-cessionari esclusivi del suo marchio. Chi rifiutaDio rifiuta una maschera di Dio o una sua cari-catura, e ne porta la responsabilità chi ha fab-bricato le maschere e le caricature. Chi si con-sidera gabbato dopo avere acquistato un pro-dotto taroccato è giusto che non frequenti maipiù quel magazzino. Questo afferma il ConcilioVaticano II (Gaudium et spes). Per questo sanGiustino martire (II sec) si dichiara fiero di es-sere considerato ateo, se dio deve essere quelloche volgarmente si intende spacciare per dio sulmercato delle religioni. Per questo esiste unadifferenza esilissima tra un vero ateo e un verocredente, tanto trascurabile da far dire a CarloMaria Martini che è venuto il tempo di distin-guere le persone non più fra credenti e non cre-denti ma fra pensanti e non pensanti.

GianFranco Monaca

20 empi di fraternità

Febbraio 2011

La soluzione più conveniente per chi ha tor-to marcio? Fare la vittima! Una strategiacomune, a quanto pare, non solo a un noto

politico italiano (chi sarà mai?) ma anche alla ge-rarchia ecclesiastica. “Dietro gli ingiusti attacchial Papa - a caldo affermava in un’intervista l’exsegretario di Stato, il cardinale Angelo Sodano -ci sono visioni della famiglia e della vita contra-rie al Vangelo. Ora contro la Chiesa viene bran-dita l’accusa della pedofilia. Prima ci sono statele battaglie del modernismo contro Pio X, poi l’of-fensiva contro Pio XII per il suo comportamentodurante l’ultimo conflitto mondiale e infine quel-la contro Paolo VI per l’Humanae vitae” (L’Os-servatore Romano, 6-7 aprile 2010).

Per la verità, pare che sia stato Pio X a perse-guitare i modernisti e non viceversa, e sembraanche che milioni di ebrei siano stati massacratisenza una chiara parola di condanna da parte diPio XII: è vietato denunciare questi fatti? Le cri-tiche a Paolo VI per l’enciclica che proibiva l’usodella pillola invece ci sono state realmente, ma sesi può parlare di un’offensiva, questa provenivasoprattutto dall’interno del mondo cattolico: ineffetti, intere conferenze episcopali hanno conte-stato quel divieto e milioni di fedeli ancora oggicontinuano a farlo.

Presentarsi, poi, come vittima di un attacco deinemici della famiglia e della vita (si sa, quelli sonocapaci di tutto!) è molto comodo perché consentedi non parlare dei fatti contestati, e cioè i casi dipedofilia di un certo numero di preti e le copertureofferte dai loro superiori. In realtà, informare l’opi-nione pubblica di quanto avviene non significabrandire un’accusa, e meno che mai attaccare ‘laChiesa’. È evidente che le responsabilità - di unsacerdote, di un vescovo, di un papa - sono sem-pre personali e non possono coinvolgere tutta unacomunità: anzi, è nell’interesse di quello che ilVaticano II chiama con particolare frequenza ‘po-polo di Dio’ denunciare le colpe e gli errori even-tualmente commessi dalla gerarchia ecclesiastica.

Ora, che gli abusi nei confronti di un gran nu-mero di minori ci siano stati e che i loro autoriabbiano goduto di ampie protezioni è un fatto in-negabile. L’ha ammesso anche Benedetto XVInella Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda,del 19/3/2010, rivolgendosi ai sacerdoti: “Avetetradito la fiducia riposta in voi da giovani inno-centi e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciòdavanti a Dio onnipotente, come pure davanti atribunali debitamente costituiti”(n 7) e ai lorovescovi. “Non si può negare che alcuni di voi edei vostri predecessori avete mancato, a volte gra-vemente, nell’applicare le norme del diritto ca-nonico codificate da lungo tempo circa i criminidi abusi di ragazzi. Seri errori furono commessinel trattare le accuse”(n 11).

Di fronte ai fatti di enorme gravità che vannoemergendo, i vertici della gerarchia non dovreb-bero solo scaricare la colpa dell’accaduto su pretie vescovi ma ammettere anche le proprie respon-sabilità. Pare, invece, che in Vaticano sia pre-valsa l’idea che la migliore difesa sia l’attacco,volto a screditare tutti coloro che vorrebbero fos-se fatta chiarezza anche ai piani più alti dell’edi-ficio ecclesiastico. E, mentre si rispolvera la te-oria del complotto anticattolico (e non potevamancare qualche vescovo che chiamasse in causagli Ebrei), il cardinal Sodano, il 4 aprile, rivol-gendo in maniera irrituale, nel corso della mes-sa pasquale, gli auguri al pontefice, assicuravache “È con lei il popolo di Dio, che non si lasciaimpressionare dal ‘chiacchiericcio’ del momen-to, dalle prove che talora vengono a colpire lacomunità dei credenti”.

A cosa si riferiva il cardinale quando parlavadi chiacchiericcio? Alle notizie di stampa chechiamano in causa i vertici della gerarchia peraver coperto i preti pedofili? Ma queste respon-sabilità sono provate dai documenti ufficiali dellaSanta Sede! Infatti, la lettera De delictisgravioribus, inviata il 18/5/01 ai vescovi di tut-ta la Chiesa cattolica dall’allora prefetto della

Preti pedofili: questione risolta?Per cercare di capirne di più, può essere utile richiamare

i termini della questione, tentando un bilanciodi ciò che è stato detto e di ciò che è stato fatto

di ElioRindone

21empi di fraternità

Febbraio 2011

Congregazione per la dottrina della fede, cardinaleRatzinger, e dal segretario Tarcisio Bertone, pur introdu-cendo qualche opportuno correttivo all’Istruzione dellaCongregazione del Sant’Offizio Crimen sollicita-tionis (16/3/62), per una serie di casi tra cui gli abusi suiminori stabiliva: “Ogni volta che l’ordinario o il gerarcaavesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato,dopo avere svolta un’indagine preliminare, la segnali allaCongregazione per la dottrina della fede [...]. Le cause diquesto genere sono soggette al segreto pontificio”.

Il che significa, non solo che l’attuale papa e l’attualesegretario di Stato presumibilmente sono stati informatinegli ultimi anni di tutte le denunce riguardanti i pretipedofili, ma anche che l’ordine che impartivano a tutti co-loro che per qualsiasi ragione fossero a conoscenza di casidi pedofilia era quello di mantenere un assoluto silenzio.Nulla doveva, quindi, trapelare al di fuori di unaristrettissima cerchia di ecclesiastici e nulla in effetti trape-lava. Per quanto riguarda l’Italia, per esempio, il procura-tore aggiunto di Milano Pietro Forno, capo del pool spe-cializzato in abusi sessuali su minori, ha dichiarato: “Neitanti anni in cui ho trattato l’argomento non mi è mai arri-vata una sola denuncia, né da parte dei vescovi né da partedei singoli preti” (Il Giornale 1/4/10). È così che, non de-nunciati all’autorità giudiziaria, innumerevoli abusi sonostati commessi da un certo numero di preti, mentre la puni-zione per i colpevoli era spesso solo lo spostamento da unaparrocchia a un’altra.

Di fronte a questi fatti non ha senso parlare di complot-ti della stampa laicista o ricordare che ad abusare dei mi-nori non sono solo i preti cattolici ma anche genitori,medici, professori, non cattolici... Qui non è in discussio-ne la percentuale, più o meno elevata, di preti pedofili mala strategia del silenzio messa in atto per decenni dallagerarchia vaticana. Come dimenticare che, da segretariodella Congregazione per la dottrina della fede, TarcisioBertone, in un’intervista del febbraio 2002 al mensile30Giorni, difendeva il diritto e il dovere di non denun-ciare i pedofili: “Se un fedele non ha più nemmeno lapossibilità di confidarsi liberamente, al di fuori della con-fessione, con un sacerdote [...] se un sacerdote non puòfare lo stesso con il suo vescovo perché ha paura anchelui di essere denunciato [...] allora vuol dire che non c’èpiù libertà di coscienza”?

E anche recentemente monsignor Girotti, reggente dellaPenitenzieria Apostolica, ribadiva che il confessore nondeve condizionare l’assoluzione del pedofilo all’obbligodi autodenunciarsi: “Il confessore non solo non può im-porgli l’autodenuncia, ma non può nemmeno recarsi da unmagistrato per denunciarlo” (Il messaggero 11/3/10), pernon violare il segreto della confessione. Se ora qualcosasta cambiando e si promette di seguire la via della traspa-renza e della collaborazione con la magistratura, ciò acca-de solo - è lecito nutrire un simile sospetto - perché daalcuni anni le vittime hanno cominciato a denunciare, conconseguenze disastrose per numerose diocesi, sia dal pun-to di vista dell’immagine che del portafoglio.

Ma è chiaro che, se davvero si vuol cambiare rotta, ènecessario chiedersi: per quali ragioni la gravità dellapedofilia è stata così a lungo sottovalutata? E poi perché,una volta che se ne è presa coscienza, si è scelta la strategiadell’occultamento? Le cause, come sempre, sono svariatee complesse ma due sembrano quelle principali e, se non cisi propone di rimuoverle, non è possibile un effettivosuperamento dell’attuale situazione.

Per quanto riguarda la prima domanda, è probabile chela plurisecolare sottovalutazione della pedofilia nella mo-rale cattolica, e quindi nella società da essa influenzata,dipenda dal modo in cui è stata concepita in generale lasessualità: questa è considerata il campo in cui in modoparticolare si manifesta il disordine della concupiscenzacausato dal peccato originale, tanto che l’atto sessuale, diper sé qualcosa di sconcio, può essere ammesso solo al-l’interno del matrimonio e in vista della procreazione. Neconsegue che tutte le attività sessuali che esulano da talecontesto sono illecite e rientrano nel vizio della lussuria. Ela forma più condannabile di tale vizio è il peccato contronatura, cioè quello che impedisce il raggiungimento delloscopo procreativo.

In base a questa concezione, nel medioevo esposta nellamaniera più organica da Tommaso d’Aquino e a cui anco-ra oggi si ispira sostanzialmente il magistero ecclesiastico,un rapporto omosessuale, che rende appunto impossibilela procreazione, è più grave dell’incesto o dell’adulterio,che non compromettono la procreazione ma solo la possi-bilità di creare le condizioni più adatte per l’educazionedella prole. E per lo stesso motivo hanno maggiore gravitài rapporti tra coniugi quando venga reso impossibile il con-cepimento e persino l’atto con cui “senza alcun commer-cio carnale si provoca la polluzione in vista del piacerevenereo” (Somma teologica II-II, 154, 11). La masturba-zione più grave dell’incesto o dell’adulterio!

In una simile prospettiva, è ovvio che i rapporti con iminori non assumono una speciale rilevanza, in quanto rien-trano in altre fattispecie: se il minore è dello stesso sesso,siamo nell’ambito dell’omosessualità, già di per sé merite-vole della più severa condanna; se è di sesso diverso, equindi c’è la possibilità della procreazione, il rapporto ècertamente peccaminoso ma non raggiunge neanche il li-vello del vizio contro natura. E infatti non è un caso che,nell’ampia trattazione che Tommaso riserva nella Sommateologica alle varie espressioni che può assumere il viziodella lussuria, sui ben dodici articoli della Questione154non ce ne sia uno dedicato alla pedofilia. Mentre oggi èdiffusa la consapevolezza che la pedofilia, e non l’omo-sessualità, costituisce una devianza, la gerarchia ecclesia-stica ha evidenti difficoltà a prendere le distanze dalla vi-sione tradizionale della sessualità.

Per quanto riguarda la seconda questione, la concezionedel sacerdozio difesa dalla gerarchia e accettata dal popolocattolico ha influito, forse in maniera determinante, sulladecisione di tener nascosti i casi di pedofilia. È evidenteche per un adulto è tanto più facile abusare di un minore,senza ricorrere alla violenza o al denaro, quanto più può

22 empi di fraternità

Febbraio 2011

godere della sua fiducia: un bambino o una bambina si fi-dano spontaneamente del padre o dello zio o dell’amico difamiglia. Ora, l’immagine del sacerdote proposta dal ma-gistero, un ‘padre’ per i fedeli che gli si accostano, è tale daispirare la massima fiducia, al di là delle qualità personali,perché grazie al sacramento dell’ordine egli rappresentaCristo stesso.

Da secoli infatti, come nota criticamente EugenDrewermann, il sacerdote è presentato come una figurasacra, un essere che ha ricevuto una speciale vocazione,“la cui azione produce effetti ‘divini’ non in virtù dellasua personalità bensì in virtù dell’incarico oggettivamen-te ricevuto dalla Chiesa”(Funzionari di Dio, Bolzano-Ve-rona 1995, p 46). E questa concezione è ribadita anchedagli ultimi pontefici. Per illustrare il ruolo del sacerdoteGiovanni Paolo II, per esempio, cita un passo di uno scrit-tore cattolico che attribuisce a Cristo queste parole: “Hobisogno delle tue mani per continuare a benedire, Ho bi-sogno delle tue labbra per continuare a parlare, Ho bi-sogno del tuo corpo per continuare a soffrire, Ho biso-gno del tuo cuore per continuare ad amare, Ho bisognodi te per continuare a salvare (Michel Quoist, Preghie-re)” Discorso al clero di Roma, 9/11/78. E qualche annodopo: “I presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, unaripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pa-store, ne proclamano autorevolmente la parola, ne ripeto-no i gesti di perdono e di offerta della salvezza, [...] neesercitano l’amorevole sollecitudine, fino al dono totaledi sé per il gregge” (Esortazione apostolica post-sinodalePastores dabo vobis, 25/3/92).

La stessa idea è espressa da Benedetto XVI, che, nellaLettera ai cattolici irlandesi sopra citata, raccomanda la fi-gura del curato d’Ars, “San Giovanni Maria Vianney, cheebbe una così ricca comprensione del ministero del sacer-dozio. Il sacerdote, scrisse, ha la chiave dei tesori del cie-lo: è lui che apre la porta, è lui il dispensiere del buon Dio,l’amministratore dei suoi beni” (n 14). Ma se si concepi-sce il sacerdote come la ‘ripresentazione sacramentale diGesù Cristo Capo e Pastore’, come un uomo le cui maniservono per benedire e la cui bocca annuncia la salvezza,come colui che ‘ha la chiave dei tesori del cielo’, è ovvioche il credente, specialmente se è un adolescente, è indottoad abbandonare ogni riserva e ad affidarsi a lui ciecamen-te. Una simile sacralizzazione del ruolo del sacerdote dàun enorme potere sui fedeli e ha pochi riscontri al di fuoridel cattolicesimo, favorendo così i possibili abusi.

Ma è altrettanto evidente che, una volta che è stata incul-cata nel gregge dei fedeli una concezione così sacralizzatadel prete, è poi estremamente difficile consentire che ven-gano alla luce quei fatti che smentiscono quella ideologia:se si squarcia quel velo, infatti, crolla la costruzione teolo-gica del sacramento dell’ordine che configura a Cristo isuoi ministri e non è più possibile chiedere ai laici quel-l’atteggiamento di assoluta fiducia e di totale obbedienza.In realtà, un buon prete è tale per il suo impegno personalee non perché appartiene allo stato clericale: infatti, accantoa sacerdoti che sono autentici testimoni del Vangelo, c’è

un buon numero di mestieranti, non manca chi è assetatodi ricchezza e di potere, e ormai sappiamo con certezzache c’è anche una percentuale, sicuramente minoritaria, dipedofili.

Per salvare la credibilità del clero, e in genere dell’istitu-zione ecclesiastica che si è costruita sulla divisione tra sa-cerdoti e laici, pastori e gregge, può apparire giustificabilequindi anche l’occultamento di veri e propri reati. È benenascondere i fatti sino a quando è possibile, minimizzarnela portata se vengono alla luce, sanzionarli solo se non sene può fare a meno, anche se c’è il concreto rischio chequeste scelte possano provocare terribili sofferenze a nuo-ve vittime innocenti. Lo scandalo che danneggia l’istitu-zione è il male da evitare a ogni costo, anche sacrificandoi diritti delle persone. Proprio quella “preoccupazione fuo-ri luogo per la reputazione della Chiesa e per evitarescandali”(n 4) che ora il papa nella Lettera ai cattolici ir-landesi condanna, rompendo con una lunga tradizione: nelSeicento, per esempio, i moralisti sostenevano che è lecitoa un prete persino uccidere chi attenta alla sua onorabilità,come ci ricorda Pascal citando un passo del manuale diteologia del padre Francesco Amico, in cui l’illustre gesu-ita affermava che “è permesso a un ecclesiastico o a unmonaco uccidere un calunniatore che minacci di divulgarecrimini scandalosi della sua Comunità o sul suo conto, quan-do non c’è che questo solo mezzo per impedirglielo, comenel caso in cui egli si accinga a diffondere le sue maldicen-ze se non ci si affretta a ucciderlo” (Lettere Provinciali,Milano 1989, p 117).

In conclusione, per superare questa crisi, i gerarchi delVaticano, dopo aver risarcito per quanto possibile le vitti-me sia dal punto di vista morale che economico, dovrebbe-ro ammettere le proprie responsabilità e addirittura con-sentire una libera riflessione sulla tradizionale visione cat-tolica della sessualità e del sacerdozio. Sul momento, in-vece, la preoccupazione prevalente è sembrata quella dichiudersi a riccio nella difesa di Benedetto XVI: tutta laChiesa si stringe intorno al papa, diceva il cardinal Sodanonell’indirizzo di auguri del giorno di Pasqua. Poi, il tempofarà la sua opera, e della questione dei preti pedofili, sispera in Vaticano, non si parlerà più.

Ma la realtà è ben diversa da quella che si vuole farecredere: “Innumerevoli sono i cattolici che hanno perso lafiducia nella loro Chiesa; e il solo modo per contribuire aripristinarla è quello di affrontare onestamente e aperta-mente i problemi, per adottare le riforme che ne conseguo-no”, scrive Hans Küng (La Repubblica 15/4/10). In Italiail 62 per cento, in America addirittura l’80 per cento deicattolici disapprova la gestione vaticana della crisi, e allalunga ciò peserà sulla tenuta dell’istituzione ecclesiastica.È vero che, se l’opinione pubblica è rimasta sconcertata edisorientata, sono tuttavia venute parole di apprezzamentoper il papa almeno da parte di numerosi politici e dellostesso governo italiano: ma forse, almeno per chi in Vati-cano ha idee chiare sulla qualità della nostra classe politi-ca, ciò dovrebbe essere motivo non di conforto ma di pre-occupazione, se non di vero e proprio allarme.

23empi di fraternità

Febbraio 2011

Da qualche tempo vorrei parlare di un ar-gomento impopolare, ma continuo a ve-dere che esso suscita passioni estreme e

giudizi generali e sommari, sicchè non mi pare cisia l’atmosfera giusta.Nonostante questo però vorrei richiamare l’atten-zione sul tema cui accennavo e che prende il nomedi “costi della politica”. Cerco di lasciare in di-sparte tutti i giudizi sommari, che come quasi tut-te le generalizzazioni sono quasi sempre sbaglia-ti o almeno ingiusti e cerco di stare al nocciolodel ragionamento . L’attività politica ha ricevutoin antico un compenso solo nel caso dei militari:il soldato era quello che riceveva il soldo e fare ilservizio militare si diceva in latino “stipendia me-rere”, guadagnarsi uno stipendio. Tutta l’altra at-tività politica era a carico degli uomini politicistessi, i quali offrivano -ad esempio- gli spettaco-li teatrali o i giochi del circo ecc., facevano opereo proteggevano artisti (mecenatismo) e avevano i“clienti” ai quali fornivano protezione, raccoman-dazioni, aiuti ecc. I proventi delle tasse servivanoper le opere pubbliche, essenzialmente le strade egli edifici per il senato, le caserme, i tribunali, lecarceri e il personale addetto. La mano d’operacostava il solo mantenimento, erano schiavi. Esolo una volta provarono a ribellarsi. Siccome l’at-tività politica era limitata a nobili cavalieri e mer-canti maschi, la politica restava in sostanza unprivilegio dei maschi delle classi ricche. In Gre-cia vi erano donne che stavano al fianco degliuomini illustri e si chiamavano Etere (compagne)in Atene, qualche attività di più potevano svolge-re a Sparta, ma la politica era cosa da uomini li-beri e ricchi. Gli schiavi non avevano accesso allapolitica. Per gli uomini liberi che possedevanosolo la prole (detti proletari) l’unica protezionepolitica era il tribuno della plebe, bella istituzio-ne, ma che poteva essere gestita sempre solo daqualche grande famiglia. Le matrone esercitava-no una influenza politica e sui costumi. Tutto que-sto va avanti per centinaia di anni e alle dinastie eprofessioni lucrose si aggiungono le grandi com-pagnie e famiglie religiose, che magari profes-sando individualmente la povertà accumulavanoperò grandi patrimoni e molto potere anche cul-

Un argomento impopolare: i costi della politica

turale (anche le donne). Il vero cambio avvienequando con la Rivoluzione francese l’attività po-litica si allarga alla borghesia e via via ad areesempre più vaste della popolazione maschile, informa di rappresentanza elettiva, e dalla metà delsecolo scorso il suffragio si chiama infine univer-sale, solo quando include anche tutte le donne.Siè elettori ed elettrici in quanto cittadini e cittadi-ne, non per titolo di studio (bisogna solo saperleggere e scrivere), classe sociale o censo.Fino a tutto il Regno gli elettori erano pochi, isenatori erano nominati dal re per censo e i depu-tati venivano eletti. Nessun compenso, tutti glieletti erano ricchi. Ma, dalla seconda metà del se-colo XIX, repubblicani e socialisti cominciaronoad eleggere anche qualche contadino, operaio,maestro, professore, medico ecc. E quelli non po-tevano lasciare il loro lavoro per stare a Roma: fuallora chiesto che il lavoro politico avesse un com-penso. Non bisogna mai dimenticare che questarichiesta venne da sinistra, per consentire che vifosse anche una rappresentanza popolare. Dopoil fascismo partiti e sindacati ottengono di esserecitati nella Costituzione come forme della demo-crazia e successivamente anche i partiti chiedonofinanziamenti pubblici. Credo che questo impiantovada mantenuto perchè è garanzia di una certaeguaglianza tra le forme politiche.Certamente bisogna ridiscutere tutto l’impianto,mettere controlli popolari sugli abusi e un severolimite agli emolumenti. Il principio a cui mi ap-poggerei è che a chi svolge l’attività della rap-presentanza elettiva bisogna fornire strumenti emezzi (rimborsi delle spese di viaggio o fornitu-ra controllata di biglietti gratuiti), magari fore-sterie per soggiornare quando si è a Roma, gior-nali, libri, locali per studio, anche un po’ di soldiper le spese quotidiane. Certamente però, se vi èuna legge elettorale che lascia la selezione dellarappresentanza ai capi di partito, tutto peggiora eaddirittura il popolo non esercita nemmeno piùla sovranità. I voltagabbana, i tipi e le tipe in ven-dita dipendono dalla selezione più che da altro.Forse si può anche pensare di continuare il di-scorso e magari proporre una legge di iniziativapopolare in proposito.

di LidiaMenapace

«Mettere controlli popolari sugli abusie un severo limite agli emolumenti»

24 empi di fraternità

Febbraio 2011

Don Ernesto Buonaiuti (Roma, 25 giu-gno 1881 - Roma, 20 aprile 1946) ebbe tra i suoiallievi - come lo aveva avuto condiscepolo nelSeminario Romano di piazza Sant’Apollinarenella prima parte dell’anno 1901 - Angelo Ron-calli, suo coetaneo (1881-1963). Intervistato daun giornalista, Angelo, diventato Giovanni XXIII,dichiarava: “Da don Ernesto ho imparato moltecose e prego sempre per lui”. Questo riferisce A.C. Jemolo nella prefazione al volume Pellegrinodi Roma. Giulio Andreotti, nel suo I quattro delGesù - Storia di una eresia (1999) parla del rap-porto che intercorse tra Roncalli e Buonaiuti (conManaresi e Belvederi, altri perseguitati) all’epo-ca dei loro studi ecclesiatici.

L’autobiografia del Buonaiuti - Pellegrino diRoma, pubblicato nel 1945 da Laterza con il sot-totitolo La generazione dell’esodo, “è ad un tem-po il racconto della vita di Buonaiuti, la sua con-fessione, l’illustrazione della visione del cristia-nesimo e della missione di questo nel mondo con-temporaneo ch’egli ebbe; il libro ci dice lo svi-luppo e gli approfondimenti del suo pensiero in-torno a tale missione, a tale rinnovamento delmondo, assillo costante della sua vita, il modocon cui gli apparivano società civile e società re-ligiosa. C’è dentro tutto il pensiero di Buonaiuti;solo l’opera dello storico del cristianesimo restaappena accennata” (Jemolo).

È il racconto dolente della sua ricercaintellettuale e spirituale che aveva matu-rato in lui la convinzione, fin dagli studiseminaristici, che il grande patrimonio sto-rico dei primi secoli cristiani avrebbe do-vuto essere indagato con criteri scientificiper liberare gli studi ecclesiastici dalla stan-ca ripetitività delle formule teologiche,incapaci di incontrare la realtà culturale esociale della modernità. Nato durante ilpontificato di Leone XIII, il papa lettera-to, autore della Rerum novarum che tantesperanze aveva suscitato nella cattolicità,il giovane Buonaiuti aveva identificato lascelta di accedere al seminario e alla ordi-

Don Ernesto, precursore del Concilio

nazione presbiterale con quella di dedicarsi total-mente alla riformulazione del messaggio cristia-no in modo che fosse comprensibile a una societàche ormai aveva rinunciato alla religiosità sentitacome “una roba da preti”, o come “affare perso-nale” irrilevante per la serietà e la problematicitàdelle sfide quotidiane del XX secolo che albeg-giava. Era questo un tema condiviso dai giovanipreti d’inizio Novecento, che accolsero in modoentusiastico la pubblicazione dei primi studi diBuonaiuti. Ma era anche una grave minacciaper chi ormai si era assuefatto a identificare laChiesa come baluardo contro la modernità,che, perciò, guardava i “modernisti” come tra-ditori che aprivano ai nemici le porte della cit-tadella assediata. Alle calcagna di don Ernestosi mise, con l’accanimento di un segugio, il gesu-ita Gabriele Rosa, che attirò su di lui l’attenzionedel Santo Ufficio e del Sacro Tribunale dell’In-quisizione, che non gli avrebbero più dato tregua.Il papa che succedette a Leone XIII - Pio X, unmoderato conservatore trevisano, senza esperienzaaccademica, lasciò al giovane cardinale Segreta-rio di Stato Rafael Merry del Val - ambizioso fon-damentalista - campo libero nella conduzione delSanto Ufficio e si lasciò convincere a pubblicareun’enciclica (Pascendi dominici gregis, 8-9-1907)di condanna severissima del “modernismo” e delprogresso degli studi ecclesiastici, mettendo al-l’Indice dei libri proibiti gli scritti “modernistici”e scomunicando i loro autori. Ai suoi ripetuti einutili tentativi di incontrare i responsabili delSanto Ufficio, per discutere le proprie posizioni,a Buonaiuti fu risposto da un suo antico insegnan-te: “Mio buon amico, credete proprio voi chegli uomini siano capaci di qualche cosa di benenel mondo? La storia è un continuo e dispera-to conato di vomito, e per questa umanità nonci vuole altro che l’Inquisizione”. “Rimasi ester-refatto: - racconta Buonaiuti - se certe mie vec-chie esperienze di fanciullo avevano provviden-zialmente pesato sulla fermentazione subcoscientedella mia vocazione sacrale, questo fosco e ma-cabro verdetto del mio professore ecclesiastico mi

di [email protected]

Ernesto Buonaiuti

25empi di fraternità

Febbraio 2011

avrebbe dovuto trattenere da procedere ulteriormente sul sen-tiero che conduceva all’ordinazione sacerdotale e al sacrificiodell’altare... ma trovai, nel mio consapevole pessimismo, la for-za per assurgere ad una fede inalterabile in un’azione di Dionella vita e nella storia, che non è legata affatto ai verdetti di untribunale inquisitoriale, ma alla libera circolazione di quei ca-rismi e di quelle realtà sacre, che costituiscono, nella città delmondo, la progredente e sofferente città di Dio”. “Buonaiuti,voi avete un cervello troppo diverso dal nostro”, fu il ver-detto finale di un piccolo ufficiale di Curia, che gli rifiutavadefinitivamente l’occasione di un colloquio con “i superiori”.Così si esprime la forza della sua indomabile volontà: “Se nonsi attende l’insperabile, è impossibile indirizzare verso con-quiste meritevoli il quotidiano operare umano”; “Sarebbe ve-ramente il caso di disperare, se non si fosse nutrita salda nelcuore la fede in un destino cristiano, che era legato alla peren-ne e inconsumabile vita della vera spiritualità nel mondo”; “Iosentivo di appartenere a un nucleo di precursori. Altri, dopo dime, avrebbe salutato all’orizzonte il profilo evanescente dellaterra promessa”. Ebbe ragione: infatti, tra l’ottobre e il dicem-bre del 1965, il Concilio Vaticano II avrebbe approvato quasiall’unanimità i due decreti sulla vita sacerdotale che suggeri-vano uno sguardo diverso sul mondo impostando la formazio-ne come dialogo e confronto con la realtà contemporanea enon come fuga dalla stessa (M. Guasco).

Buonaiuti si trovò così davanti all’alternativa di rinunciarealla propria chiamata profetica al grande lavoro di rinnovamen-to e di riforma degli studi cattolici o di ritrovarsi tagliato fuoridalla disciplina ecclesiastica amministrata dalla Curia romana.Chiese ripetutamente di essere interrogato sugli “errori” di cuiera genericamente accusato, ma il Santo Ufficio non lo convocòmai. Benché privato della facoltà di celebrare l’eucaristia e glialtri sacramenti, non cessò mai di professarsi prete cattolico ecome tale era ammirato e seguito dai suoi studenti, che affolla-vano le sue lezioni, che egli considerava il suo modo di annun-ciare il vangelo e di vivere il compito pastorale. “Chi al primosentore dell’intimo dissidio avesse ritratto la mano dall’aratro eavesse abbandonato il solco su cui si era chinato la prima voltaper spargervi la nuova semina, non poteva essere più che uncodardo e un infingardo”. “Il mondo aveva bisogno come nonmai di una parola evangelica. Bisognava dirgliela e per dir-gliela non c’era che una via: entrare, comunque e a qualun-que costo, nel sacerdozio cattolico e di là irraggiare la pro-pria azione sulla Chiesa e sul mondo”.

Appena eletto papa, il 3 settembre 1914, Benedetto XV misePietro Gasparri alla Segreteria di Stato al posto di Merry delVal, che divenne segretario del Sant’Ufficio (la prefettura diquesta Congregazione era allora riservata al pontefice). Ga-sparri era molto amico di Buonaiuti e l’accanimento personalecontro quest’ultimo era un modo meschino per colpire il “ri-vale”. La sua censura fu rinnovata dal papa Pio XI (25 genna-io 1925), ma quando fu privato della facoltà di insegnare nelleuniversità pontificie, data la sua grande statura scientifica, ot-tenne immediatamente per concorso la cattedra di Storia delCristianesimo all’università statale “La Sapienza” di Roma.Qui, però, si scontrò con la “questione romana”. La Curia in-tendeva approfittare del regime fascista recentemente salito al

governo per ricostituire il potere temporale e lo Stato Pontifi-cio. Buonaiuti si schierò pubblicamente contro la politica va-ticana, perché era convinto che il vero potere della Chiesa con-siste nel non appoggiarsi ad alcun potere, e prevedeva che inrealtà sarebbe stata essa stessa strumentalizzata dal nazifasci-smo e trascinata nel gorgo della seconda guerra mondiale. Di-ventò egli stesso merce di scambio nelle trattative per la reda-zione del “Concordato”. A operazione conclusa, grazie a unarticolo introdotto “ad personam” nel Concordato stesso, no-nostante l’esitazione di Gasparri, venne privato anche dell’in-segnamento universitario statale: gli fu impedito di fare lezio-ne e gli fu dato un compito di ricerca, pur conservandogli lostipendio. Nel 1931 Mussolini - promosso “uomo della Prov-videnza” da Pio XI - impose ai docenti universitari il giu-ramento di fedeltà al fascismo e su circa 1500 professorisolo dodici - tra cui Buonaiuti - rifiutarono la firma, percui venne privato della cattedra, della ricerca e del tratta-mento economico.

Dal canto suo la Curia romana otteneva che lo Stato (il brac-cio secolare!) gli impedisse con la forza pubblica di indossarel’abito ecclesiastico, a cui non aveva voluto rinunciare nono-stante tutto. Privo dei segni di appartenenza come prete allaChiesa istituzionale, non rinunciò a diffondere le proprie ri-cerche sui giornali laici e tramite conferenze di cui era richie-sto da ogni parte d’Europa, soprattutto in Svizzera e in Inghil-terra. Fu pure invitato dalla Chiesa riformata svizzera a farparte della commissione per la selezione dei candidati al pa-storato, a condizione che accettasse di fare ufficialmente partedella Chiesa evangelica, ma egli rinunciò all’offerta, conside-randosi cattolico a tutti gli effetti, anche se perseguitato dallasua stessa Chiesa che amava integralmente. Fu grande amico eammiratore di John Tyrrel, “modernista” inglese censuratocome lui, allievo ed erede spirituale del cardinale Newman,ma non entrò mai in sintonia con Alfred Loisy, il massimorappresentante del “modernismo” francese che accolse la cen-sura ecclesiastica con altezzoso disprezzo e con volterrianocinismo anziché con l’addolorata consapevolezza di un figlioche deve rendersi conto che l’amata madre sta commettendoun tragico irreparabile errore.

A guerra finita i ministri dell’Italia “libera” restituironoil posto agli altri professori antifascisti che non avevanofirmato il giuramento del 1931, ma non al Buonaiuti (chemorirà nel 1946, privato anche della sepoltura ecclesiasti-ca), per non inimicarsi il Vaticano.

Scrisse che: “È in nostro potere dare testimonianza a Dio:non è in nostro potere misurare l’efficienza della nostratestimonianza” e attraversò con la sua fede spoglia come quel-la dei grandi mistici la sua terribile “notte oscura”. Ma Dioprovvide che un suo antico condiscepolo conservasse per anni,nel silenzio del proprio cuore, il patrimonio comune, diven-tasse papa e facesse esplodere nel mondo il grido dirompentedella libertà dei figli di Dio: “Gaudet Mater Ecclesia!”. Cosìiniziò l’annuncio del Concilio Vaticano II dato l’11 ottobre1962, a sorpresa, dal papa stesso, un nuovo Pietro coraggioso,cancellando con un colpo di fulmine “insperabile” le piccolepaure dei piccoli apostoli incapaci di uscire dalla barca perbuttarsi incontro al Cristo nel mare in burrasca.

26 empi di fraternità

Febbraio 2011

Eppure li avevano avvertiti: guardate chestavolta facciamo sul serio, non saremopiù indulgenti come in passato. Ma non

è servito a nulla: la supponenza di essere al disopra delle leggi solo perché “in missione perconto di Dio” li ha messi in un guaio dal qualeora è difficile uscirne.

Stiamo parlando dei famosi Blues Brothers diJohn Belushi? No, stiamo parlando dei verticidello IOR, la banca della Santa Sede. Negli annidella feroce lotta ingaggiata dall’Unione Euro-pea nei confronti dei paradisi fiscali, gli spazi dimanovra per occultare denari di dubbia prove-nienza e farli girare per il mondo sono semprepiù ristretti. Provate ad emettere un assegno diimporto superiore a 2.500 euro, senza scrivere chiè il beneficiario e magari scrivendo un nome difantasia come intestatario: nessun dipendentebancario vi prenderebbe sul serio. In Vaticanopensavano di poterlo ancora fare. Ma non hannofatto i conti con la volontà ferrea del Governa-tore della Banca d’Italia Mario Draghi.

La Banca Centrale, dopo un contenzioso du-rato decenni, era riuscita, grazie ad una senten-za della Corte di Cassazione del 2003, a riot-tenere la giurisdizione sugli enti finanziari delVaticano, fin ad allora negata da una controver-sa sentenza della medesima corte avvenuta il 17luglio 1987. Nel pieno della bufera sul crack delBanco Ambrosiano, infatti, la Quinta Sezioneaffermò, probabilmente non a caso, che l’arre-sto di Monsignor Marcinkus richiesto dalla Pro-cura della Repubblica di Milano non poteva es-sere effettuato perché, “secondo l’art. 11 del Trat-tato Lateranense del 1929, lo Stato italiano nonpoteva esercitare la propria sovranità sugli “enticentrali” della Chiesa, compreso lo IOR”. Lasentenza che aveva salvato Marcinkus dall’ar-resto fu poi ribaltata in seguito al processo rela-tivo ai danni procurati dalle antenne di RadioVaticana. Ma questa, come direbbe Carlo Luca-relli, è un’altra storia.

Negli ultimi mesi l’aria era quindi cambiata.Bankitalia, al termine di una serie di ispezioniiniziate nell’ottobre 2008, con due circolari del18 gennaio e del 9 settembre 2010 (fate atten-zione a questa data), scriveva nero su bianco che,allo stato attuale, visto il rifiuto di uniformarsialle leggi europee di tracciabilità del denaro piùvolte reiterate dall’istituto, la banca vaticanadoveva ritenersi a tutti gli effetti “banca esteraextracomunitaria, appartenente ad ordinamentonon incluso nella lista dei paesi extracomunitaricon regime antiriciclaggio equivalente”. Dietrol’oscura terminologia tecnica, significava che loIOR da quel giorno entrava nella famosa listanera dei paesi sospettati di riciclare denaro pro-veniente da attività illecite, e quindi soggetto averifiche e controlli rafforzati da parte delle ban-che con le quali opera. Lo IOR infatti non hasportelli, quindi, quando deve effettuare unaqualsiasi operazione, in Italia o all’estero, deverivolgersi ad una banca amica per poterla com-piere. Le richieste di Banca d’Italia, alla gentecomune, dovrebbero sembrare di puro buon-senso: ogni banca italiana lo fa già, in ossequioai trattati internazionali, e procede “all’identifi-cazione dei propri clienti e a comunicare, su ri-chiesta, dati e informazioni su di essa; per con-sentire la segnalazione di operazioni sospette,deve poi comunicare periodicamente le infor-mazioni necessarie ad associare alla clientela lamovimentazione degli assegni”.

La goccia che aveva fatto traboccare il vasodella pazienza di Bankitalia era stata versata il 19novembre 2009, quando un uomo si era presen-tato presso la filiale Unicredit di Via della Conci-liazione a Roma, prelevando contanti per 300 milaeuro da un conto IOR intestato a Monsignor Mes-sina, capo dell’Arcidiocesi di Camerino-SanSeverino Marche, dopo aver presentato un asse-gno intestato a Maria Rossi. Il reverendo titolaredel conto avrebbe potuto almeno mettere la par-rucca, visto che il nome era fittizio (come risultò

XX Settembre (16)

a cura [email protected]

Storia del potere temporaleCostantino-Siccardi-Mussolini

(terza e ultima parte)

di Paolo Macina

27empi di fraternità

Febbraio 2011

in seguito da una indagine ispettiva) ma la sensazione diimpunità in quei giorni era totale. Nella stessa filiale, su unconto corrente sempre intestato allo IOR, erano transitatiin tre anni almeno 180 milioni di euro senza la benché mi-nima indicazione su intestatari e beneficiari.

La prima circolare Bankitalia del gennaio 2010, che ri-chiedeva l’allineamento dell’operatività dello IOR conle altre banche italiane, non passò inosservata nella SantaSede. Da quella data le movimentazioni in denaro con lebanche italiane diminuirono addirittura del 90%. Venne-ro privilegiate banche estere, come JP Morgan e DeutscheBank, ufficialmente a causa della esosità delle commis-sioni bancarie nostrane. Perfino la farmacia del Vaticanoe i Musei Vaticani, ammirati da turisti provenienti da ogniparte del mondo e con incassi annuali pari a 60 milioni dieuro, non depositarono più i loro incassi presso la famosafiliale Unicredit di Via della Conciliazione. E nel marzo2010, in una memoria trasmessa a Bankitalia, il presiden-te Gotti Tedeschi tentò un’ultima volta di convincere l’isti-tuto di vigilanza che lo IOR era solo un ente ecclesiasticoe “non può considerarsi una banca in quanto non esercitaattività creditizia, ma ha lo scopo di provvedere alla cu-stodia e all’amministrazione dei beni mobili e immobilitrasferiti o affidati all’istituto medesimo da persone fisi-che o giuridiche e destinate a opere di religione e di cari-tà”. Posizione demolita dalla successiva circolare del 9settembre 2010, che richiedeva anzi “di provvedere in tem-pi molto rapidi alla regolarizzazione dell’istituto, vistal’assoluta urgenza degli interventi”.

È quindi in questo contesto conflittuale che il 6 settem-bre 2010, tre giorni prima della diramazione della circo-lare e forse annusandone l’arrivo, un alto dirigente del-l’istituto vaticano si presenta presso una filiale del Credi-to Artigiano di Roma chiedendo di movimentare due as-segni, da 20 e 3 milioni di euro (!), verso la filiale diFrancoforte della JP Morgan e quella romana della Bancadel Fucino. “Beneficiario del movimento, prego?” avràchiesto un imbarazzato funzionario di banca. “Missionireligiose per scopi umanitari”, sarà stata la risposta, cheperò questa volta non è stata ritenuta sufficiente e ha sca-tenato la segnalazione presso l’Unità Informazioni Finan-ziarie, con il sequestro delle somme da parte della magi-stratura, l’iscrizione nel registro degli indagati del presi-dente della banca, Ettore Gotti Tedeschi, e del suo diret-tore generale Paolo Cipriani.

“Il trasferimento delle somme serve per acquistare tito-li di stato tedeschi. Abbiamo rischiato di bloccare il paga-mento degli stipendi dell’ospedale Bambin Gesù di Roma.Ricevere questo provvedimento della magistratura per meè stato mortificante, mi sento profondamente umiliato”,dettò immediatamente alle agenzie di stampa il presiden-te Gotti Tedeschi. Salvo poi scaricare tutte le responsabi-lità della questione sulle spalle del direttore generaleCipriani al primo interrogatorio utile. “Data la mia relati-va non esperienza nel mondo degli affari della Santa Sede,

ho dovuto, sin dal primo momento, appoggiarmi necessa-riamente all’esperienza e alle capacità professionali deldottor Cipriani. Non ho firmato io i fax con cui, quel 6settembre 2010, vennero ordinate le operazioni sui contipoi bloccate dalla magistratura. Chiedete a lui”.

Da quel momento, a dimostrazione della bontà delle in-tenzioni degli istituti di vigilanza, le indagini giudiziariesui conti correnti IOR si moltiplicano: nel mese di otto-bre don Orazio Bonaccorsi, prelato trentacinquenne dellacuria di Roma e nipote di un esponente della mafia cata-nese, viene indagato per aver tentato di “ripulire” 250 milaeuro, oggetto di attività criminosa da parte dello zio, fa-cendole transitare sul conto IOR di una filiale Unicredit.“Lo IOR opera aprendo conti bancari come se fosse unsingolo cliente - spiega il procuratore capo di Catania Vin-cenzo D’Agata - e tutto quanto arriva sul suo conto siconfonde e non dà la possibilità di essere ricondotto aisingoli soggetti che hanno operato”. Il mese successivoun anonimo “monsignore di origini meridionali, da annimembro di commissioni giudiziarie di tre Congregazioni(Dottrina della Fede, Culto divino e disciplina dei sacra-menti, Clero) e presso il Tribunale della Rota Romana,viene indagato per aver movimentato sul suo conto cor-rente acceso presso lo IOR, attraverso altre banche e conoperazioni di sportello, ingenti somme di denaro su cuigli inquirenti stanno indagando alla luce delle normeantiriciclaggio”. Passa qualche giorno, e su un altro contoIOR si verifica il versamento di 150 mila euro per il reve-rendo S. Palombo da parte di una signora romana, a titolodi beneficenza per la ristrutturazione di un convento: pec-cato che non esistano né il convento, né il prelato.

“Non esiste la finanza etica: esistono solo persone do-tate di un’etica e persone che non ce l’hanno”, ha avutomodo di affermare Gotti Tedeschi nel corso degli incon-tri per la presentazione del suo ultimo libro, “Denaro eParadiso”. Ma all’interno del torrione di Niccolò V, nonsorge mai il sospetto che le regole servano proprio perstabilire, secondo le regole del buon vivere civile, chi sicomporta eticamente e chi no?

PROFILO DELL’AUTOREPaolo Macina, nato a Torino il 5/5/1966, matematico, obiettoredi coscienza. È socio del Centro Studi Domenico Sereno Regisdi Torino dall’inizio degli anni ’90, per conto del qualeapprofondisce i temi relativi all’economia nonviolenta e lafinanza etica. Funzionario presso una compagnia assicurativa,per sei anni rappresentante dei soci torinesi di Banca PopolareEtica e per tre membro del Consiglio di Indirizzo dellaFondazione Culturale Etica.

Dal 2001 tiene una rubrica di economia nonviolenta sullarivista Azione Nonviolenta fondata da Aldo Capitini.Collabora inoltre con alcune riviste d’area nonviolenta.

Ha pubblicato il volume “Servire Dio o Mammona?Indagine sui rapporti tra etica religiosa e finanza” (vendutoa 8 €; se si vuole soltanto la copia in pdf, richiedere via e-mail a: [email protected]).

28 empi di fraternità

Febbraio 2011

di LucianoJolly

“Beati i poveri in spirito, poiché di essi è ilregno dei cieli. Beati gli afflitti, i miti, i mise-ricordiosi, i puri di cuore, gli operatori di paceperché saranno consolati, erediteranno la ter-ra e saranno chiamati figli di Dio”. Dal di-scorso della Montagna emerge un mondo cheama la pace e la rettitudine, la bontà e l’umil-tà. In altre parole, esattamente il contrario diciò che accade nella nostra società di mercato.

Sulla prima frase pronunciata dal Cristo neldiscorso della montagna si sono scatenate leinterpretazioni. Alcuni pensano che si tratti dipoveri “di” spirito, cioè carenti di quozienteintellettuale, e che soltanto un portatore di han-dicap avrà il biglietto d’ingresso per il regno.Tra i partigiani di questa interpretazione se-manticamente grossolana c’è il noto matema-tico Piergiorgio Odifreddi, il quale si compia-ce di far discendere la parola cristiano dallastessa radice del termine “cretino”.

Sono deformazioni interessate. In realtà nel-la prima delle beatitudini vi è ben poco da in-terpretare. Quella frase si presenta a noi nellasua nudità e verità. Il senso è semplice da in-tendere: comportarsi con uno spirito di pover-tà, anche se si hanno mezzi economici, procu-ra felicità (beatitudine) e costituisce una cartadi credito per vedere Dio.

Qui il Cristo non fa l’elogio della povertà insé, che anzi è contrastata attraverso numerosimiracoli. In discussione - nella prima delleBeatitudini - c’è “lo spirito di povertà”, ossiail nostro atteggiamento mentale nei confrontidella ricchezza. Tutti coloro che non sono po-veri in spirito cercheranno di accumulare ric-chezze o il loro equivalente: posizioni di pote-re, fama, proprietà. Il premier Berlusconi è ilprototipo di questa umanità imperfetta spiri-tualmente, tesa solo a raggiungere il possesso

ed il controllo delle cose materiali. La partespirituale, che non si può commerciare, nonriveste per questi tipi umani alcuna importanza.Alla luce del Vangelo si deve presumere che,prima dell’ingresso nel regno dei cieli (consi-derato dal Cristo come coronamento di una vitasaggia), essi dovranno compiere un dolorosopercorso di rinuncia all’attaccamento.

Ecco: qui vediamo, oltre la povertà spiritua-le di un certo tipo di ricco, anche l’insufficien-za spirituale del povero. Sostanzialmente nelVangelo di Matteo il Cristo suggerisce: nonpreoccupatevi troppo dell’aspetto materialedelle cose. Gli uccelli mangiano anche d’in-verno (Mt 6,26). Non siate ansiosi per l’avve-nire. L’ansia è sinonimo di mancanza di fidu-cia. Non c’è bisogno di preoccuparsi e di ac-cumulare oltre il necessario. Non potete servi-re contemporaneamente Dio e il denaro (Mt6,24): tra i due bisognerà scegliere chi voglia-mo onorare. Il Padre conosce i bisogni dellesue creature. Se siamo umili (da humus = ter-ra), se il nostro Io non si è gonfiato (come inNietzsche, l’Anticristo, che cercando di ele-varsi aspirava ad occupare una posizione su-periore agli altri), se abbiamo fede nell’orga-nizzazione divina del mondo, allora i nostriproblemi saranno risolti.

La società di mercato - con il suo corteo didisoccupati, senza tetto, precari, affamati, li-cenziati, tutti esclusi dalla proprietà dei mezzidi produzione - è una società generatrice diansia. Lo dimostrano le quantità industriali disostanze ansiolitiche vendute dalle case farma-ceutiche. Che cosa hanno da dire a questo pro-posito gli imprenditori che si dichiarano cri-stiani?

Sarà bene ritornare alle origini e guardareil Vangelo con un occhio vergine, come se

È possibile un’economiabasata sul Vangelo? (3a parte)

Le Beatitudini (terrene)

29empi di fraternità

Febbraio 2011

duemila anni di storia non fossero ancora pas-sati. Occorre stupirsi. E chiedersi come è pos-sibile che una dottrina, basata su uno stile divita semplice, sulla mitezza e l’accettazionedell’altro, abbia potuto trasformarsi in amoreper la violenza, per il genocidio, per gli im-peri politici ed economici, per il lusso, per lagrande architettura, per gli abiti di alta moda,per il controllo delle banche e della società,per l’accumulazione di capitali giganteschi,per il possesso di latifondi e di armi di stermi-nio, per la ricerca sfrenata del profitto “ca cu-sta l’on ca custa”, ossia per la competizione.

Le prime comunità cristiane praticavano lafratellanza:“Tutti coloro che erano diventaticredenti stavano insieme e tenevano ogni cosain comune; chi aveva proprietà e sostanze levendeva e ne faceva parte a tutti, secondo ilbisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insie-me frequentavano il tempio e spezzavano ilpane a casa, prendendo i pasti con letizia esemplicità di cuore” (Atti 2, 44). Questa vi-sione comunitaria è confermata più avanti: “Lamoltitudine di coloro che eran venuti alla fedeaveva un cuore solo e un’anima sola e nessu-no diceva sua proprietà quello che gli appar-teneva, ma ogni cosa era fra loro comune ...Nessuno infatti era tra loro bisognoso, perchéquanti possedevano campi o case li vendeva-

no, portavano l’importo di ciò che era statovenduto e lo deponevano ai piedi degli apo-stoli; e poi veniva distribuito a ciascuno se-condo il bisogno” (Atti 4, 32).

In due millenni le cose sono cambiate radi-calmente. Allo spirito comunitario si è sostitu-ito l’individualismo. Alla cooperazione lo spi-rito competitivo. All’interesse per il fratello,l’indifferenza. Alla generosità, la chiusura nelproprio mondo individuale, fino al punto chel’ostilità aperta sta minando la vita di moltefamiglie. Come è possibile che i seguaci delCristo, il quale sta dalla parte dei poveri, li di-fende e li esalta (fino al punto di benedire ilSignore per aver rivelato il Vangelo ai piccolie non ai potenti - Mt 10, 25), abbiano organiz-zato un sistema economico fondato sul torna-conto personale e sull’esclusione?

Era necessario che il principio di contraddi-zione arrivasse a questo punto colossale? Lu-ciano Gallino, il noto studioso di fatti econo-mici, cifre alla mano, sostiene che “i venti uo-mini più ricchi del mondo possiedono una ric-chezza complessiva pari a quella del miliardopiù povero” (L. Gallino, Con i soldi degli al-tri, Einaudi).

Il Vangelo, dopo essere stato predicato pertanto tempo, aspetta ora di essere messo final-mente in pratica.

Oltre 10 milioni di euro e 4.667 famiglieaiutate fino ad oggi

Successo del “Fondo Famiglia-Lavoro”voluto dal card. Tettamanzi di Milano

di DavidePelanda Ricordate? Nel Natale 2008 il cardinale arci-

vescovo di Milano Dionigi Tettamanzi eratormentato per via delle numerose famiglie inginocchio a causa della crisi economica e dice-va: «Io, come arcivescovo di Milano, che cosaposso fare? Noi, come Chiesa ambrosiana, checosa possiamo fare? (...) Perché questo discorsonon resti generico, in questa Notte Santa, comearcivescovo di Milano mi appello alla respon-sabilità dei singoli e delle comunità cristianedella diocesi, e personalmente costituisco il“Fondo Famiglia-Lavoro” per venire incontroa chi sta perdendo l’occupazione. Come avviodi questo fondo, attingendo dall’otto per milledestinato alle opere di carità, dalle offerte per-venute in questi giorni “per la carità dell’Arci-vescovo”, da scelte di sobrietà della diocesi e

mie personali, metto a disposizione la cifra ini-ziale di un milione di euro».

L’iniziativa lanciata a parole in quel Nataleha preso piedi e gambe: il 23 gennaio 2009 ven-ne ufficialmente istituito il Fondo con tanto diapposito decreto arcivescovile. A questa cifra ini-ziale si sono poi aggiunte le offerte di 4.200 fe-deli privati, delle parrocchie (circa un migliaio)e da più di 200 enti.

Oggi Tettamanzi si può dire soddisfatto: al21 ottobre 2010 si era raggiunta la cifra di8.977.614,71 euro, mentre invece, subito dopoil Natale 2010, il “Fondo Famiglia-Lavoro” havelocemente toccato la cifra di oltre 10 milionidi euro.

segue a pag. 31

30 empi di fraternità

Febbraio 2011

Purtroppo da un lato e per fortuna dall’altroDio mi ha fatto riflessiva, quindi inizierò que-sta sorta di “articolo” proprio con una doman-da. Perché lo intitolo “Crisi d’identità”? Ov-viamente non mi riferisco a me stessa, o me-glio non solo a me stessa, bensì ad una cate-goria. Mi sto riferendo a noi ventenni e din-torni. Oggi non riusciamo più a capire chi sia-mo: da una parte c’è l’infanzia, dall’altra cisono i “giovani”, ovvero matusa di trent’an-ni. Ci è stata rubata l’identità.

L’occidentalismo prima ha relegato i “gio-vani” in uno spazio della società indefinibi-le, facendoci anche credere di essere impor-tanti, affibbiandoci il termine studenti, quin-di ecco nascere il periodo dell’adolescenza:infatti, per chi non lo sappia, l’adolescenza èuna età culturale, non biologica. Dal momentoin cui una femmina homo sapiens è in gradodi riprodursi è adulta... del resto siamo pursempre animali. Dopodiché il mercato cre-sceva e quindi anche ultraventenni davamofastidio; del resto l’uomo sarà sempre oligar-chico, quindi il potere è dei pochi, gli altriciccia. Dato che il baricentro del potere non èpiù nella nobiltà, ma nel mercato, allora hapiù potere chi è più ricco. Quindi chi una voltaera considerato un uomo maturo, sposato econ figli o una donna matura sposata e configli, oggi è giovane. “Ma sì tanto tu hai tuttala vita davanti” è la frase che più si sente dire,poi, se si va a vedere a chi è riferita l’affer-mazione, troviamo persone tra i trenta e i tren-tacinque anni. Per favore, qualcuno spiegaloro che non sono affatto giovani?

Arrivando al punto: se loro sono i giovani,noi chi siamo? Credo che la società occiden-tale stia dando vita a una nuova età, per meinutile, nella quale ci si sente peggio che nel-l’adolescenza. Quelli che una volta eranobambini si sentono già puberi (parliamo dicoloro che vanno in quinta elementare/primamedia); quelli che una volta erano puberi sisentono adolescenti, quelli che una volta era-no adolescenti si sentono adulti, quelli cheuna volta erano adulti ora non sanno più chi

sono. L’età degli studi si è allungata, l’età incui ci si realizza si è spostata, l’età in cui ci sisposa e si mette su famiglia è arrivata al pe-riodo del pensionamento. Il pensionamentonon esisterà più.

Tutti questi slittamenti che cosa scatenano?Innanzitutto è precoce l’età in cui si scopre ilsesso, inteso proprio come perversione. Se-condo me le ragazze sono più assoggettate airagazzini, la mentalità più diffusa è: più sonoesperta e intraprendente, più sono popolare;la popolarità però schiavizza. Durante lo svi-luppo fisico si scoprono il fumo, la droga el’alcool, andando così a rallentare e a deter-minare la fine precoce di un processo biolo-gico. Tutto ciò comporta un aumento dellacriminalità giovanile, quindi stupri, scippi,linciaggi e quant’altro. Perché un ragazzinodi 14/15 anni arriva a stuprare la sua amica di12/13 anni appena? Perché non pensa a gio-care con le micro machines o a tirare quattrocalci ad una palla? Vien proprio da dire chesi stava meglio quando si stava peggio.

Io credo sia un richiamo di aiuto, credo chenoi, che siamo davvero giovani, ci stiamo ap-pellando a voi, che siete veramente adulti, perchiedervi di starci vicino, di seguirci, di la-sciar perdere per un momento soldi e carrie-ra. Credo che i figli stiano chiedendo ai geni-tori, ma soprattutto alle madri: “AIUTO!STATECI PIÙ VICINO!”.

Allora basta essere materialisti, individua-listi ed egoisti; basta voler giocare alla vitaeterna, non ci appartiene, non in questo mon-do. Noi siamo esattamente come tutte le altrecreature: nasciamo, cresciamo, invecchiamoe moriamo. Dio però ci ha fatto due grandis-simi doni: la ragione e il libero arbitrio. Sce-gliamo quindi la retta via, teniamola semprepresente, diamo la giusta importanza a tutto,viviamo di valori e principi e Dio ci benediràtutti, a modo suo forse, però lo farà. Ha unpiano per tutti noi. Le vie del Signore sonoinfinite!

Deborah di 21 [email protected]

LA POSTADEI LETTORI CRISI D’IDENTITÀ

31empi di fraternità

Febbraio 2011

AGENDATorino5 marzo2 aprile7 maggio

Albugnano3 aprile

Albugnano10 aprile

Torino7 maggio

Incontri Ecumenici di preghieraGli incontri si tengono ogni primo sabato del mese alle ore 21.Prossimi appuntamenti:sabato 5 marzo 2011 ore 21 nella chiesa Evangelica Battista di via Viterbo 119;sabato 2 aprile 2011 ore 21 nella parrocchia di Patrocinio san Giuseppe in via Pietro Baiardi 6;sabato 7 maggio 2011 ore 21 nella chiesa Evangelica Apostolica di via Caluso 26.Comunità di base di TorinoLa Comunità di base di Torino invita i lettori a partecipare alle Eucarestie mensili che si terrannopresso la sede dell’Associazione Opportunanda, via S. Anselmo 28. La prossima celebrazione sarà il13 marzo alle ore 11, preceduta alle ore 10.15 da un momento di preghiera e silenzio.Prosegue inoltre la lettura biblica che quest’anno ha come tema il profetismo. Informazioni: Carlo eGabriella 0118981510.

I nostri perché sulla fede - Guarire le Parole MalateLa Fraternità Emmaus ci invita a riflettere su come guarire alcune parole ormai malate: malate oper l’uso improprio o per l’uso smodato. Se la parola è malata, forse anche la visione di vita da essaallusa è malata.Prossimo appuntamento:3 Aprile: L’Altro - Io e l’altro: L’identità deve nutrirsi di alterità - F. Nietzsche con fr. StefanoCampana. Gli incontri ad Albugnano si tengono presso la cascina Penseglio dalle ore 9.30 alle 17; sipranza insieme in cascina. Prenotarsi direttamente allo 011 9920841.Sperare con tutti: Incontri ad Albugnano e TorinoAnche quest’anno la CdB di Torino e la fraternità Emmaus di Albugnano invitano i lettori a treincontri che hanno come tema la speranza, declinata secondo vari aspetti.Nel secondo incontro “Come la speranza mi/ci interpella?” Giuliana Martirani, docente universitariadi geografia politica ed economica e di politica dell’ambiente a Napoli, affronterà il tema speranzanella dimensione personale e comunitaria.L’incontro si terrà ad Albugnano il 10 aprile dalle ore 10.00 alle 16.00. Si pranza insieme incascina. Prenotarsi direttamente allo 011 9920841.Il terzo incontro, che vedrà la partecipazione di p. Ernesto Vavassori, ha come tema “Vangelo esperanza: utopia o realtà?” e affronterà la speranza sotto l’aspetto biblico e teologico.L’incontro si terrà a Torino presso l’Associazione Opportunanda, via S. Anselmo 28, sabato 7maggio dalle ore 15 alle ore 18.

Torino13 marzo

Con questi contributi sono state aiutate sino ad oggi 4.667famiglie colpite dalla forte crisi economica.

Ma c’è di più. Un significativo contributo economico èarrivato dall’iniziativa “I presepi del Cardinale per chi haperso il lavoro” (chiusa il giorno di Natale n.d.r.); sono statiraccolti circa 40 mila euro che sono andati ad incrementarela raccolta del Fondo.

«Una grande generosità nei contributi, la pronta e operosadisponibilità di moltissimi volontari, la risposta rispettosa econcreta alle esigenze di un numero elevato di famiglie, l’ope-ra educativa a uno stile di vita più sobrio e proprio per questopiù capace di solidarietà, - come ebbe a dire lo stesso Tetta-manzi nell’omelia natalizia del dicembre scorso - il persi-stere della crisi economica e occupazionale ci chiede di con-tinuare l’opera del Fondo Famiglia-Lavoro. Aiutare chi èin difficoltà per la perdita del lavoro non è solo una que-stione economica: è anzitutto una questione di dignità uma-na, di solidarietà, di futuro».

Il Fondo è stato prorogato dallo stesso Tettamanzi nel set-tembre 2010 almeno per un altro anno, visti i bisogni e le

Successo del “Fondo Famiglia-Lavoro”voluto dal card. Tettamanzi di Milano

segue da pag. 29

necessità di molte persone che lo richiedono. Ovviamente,per accedere a questi contributi bisogna avere determinatirequisiti, proprio perché gli aiuti non siano distribuiti in modoindiscriminato: si privilegiano, infatti, quelle famiglie segna-late dalle parrocchie (tramite le Caritas parrocchiali, i circoliAcli, su mandato dell’arcivescovo n.d.r.) che si trovano inseria difficoltà economica dovuta alla perdita del lavoro diuno dei loro membri, ma non possono beneficiare di ammor-tizzatori sociali sufficienti o di altre provvidenze pubblicheo private. Una priorità dunque per i lavoratori precari e nongarantiti, ovvero per quelle tante fragilità che erano tali an-cor prima della crisi economica.

L’iniziativa ha avuto il pregio di fare riflettere la societàmilanese sui temi della sobrietà, della solidarietà e degli stilidi vita, «tre parole particolarmente care al cardinale Tetta-manzi. Le ricorda spesso, sono diventate “punti fermi” delsuo insegnamento. Sono come tre grandi “frecce” che indi-cano un cammino di vita, personale e comunitario» ci ricor-da monsignor Eros Monti, vicario episcopale per la Vita so-ciale della Chiesa ambrosiana.

32 empi di fraternità

Febbraio 2011

ELOGIO DELLA FOLLIAa cura di Gianfranco Monaca

LA V

IGNE

TTA

DI T

DF

gian

franc

o.m

onac

a@te

mpi

difra

tern

ita.it

Dialogare con la cultura contemporanea. IlConcilio Vaticano II è stato fatto per questocinquant’anni fa, per rimediare ai danni

prodotti dal Sillabo novant’anni prima. Un secolo emezzo di ritardo, per passare da un “cattolicesimointransigente, integrale e utopico” a una riletturadella proposta evangelica che parta dalla convin-zione che “un nuovo modo di considerare la libertàumana porta a un altro modo di considerare lapresenza profetica della Chiesa nella società”. Ma- si domanda Christoph Theobald, rilanciato da“Koinonìa” (dicembre 2010, pp. 11-13) - neidocumenti ufficiali e nei comportamenti istituzionalidella Chiesa post-conciliare ci sono segnali chequesto lavoro sia stato avviato? Pare di no. Allora,cosa si propone? Parrebbe strano, ma non lo è: sitratta di riscoprire e vivere come Chiesa l’itinerariostorico di Gesù, così come è riportato nei raccontievangelici, riscoprendo la “via evangelica” del suoincontro rispettoso della libertà della coscienzaaltrui. Questo il paradossale progetto abbozzatodalla “Dignitatis humanae” (Dichiarazione conci-liare sulla libertà di coscienza, dal cammino molto

travagliato e del tutto respinta dai partigiani di mons.Lefèbvre) che la Chiesa contemporanea non accennaa mettere al centro dell’attenzione pastorale.

Dialogare con la cultura contemporanea partendodalla convinzione che il dialogo suppone la parità didignità dei dialoganti e la disponibilità a riconoscerele ragioni altrui, già non è poco. Ma attenzione allatrappola: il dialogo non di rado è una scusa per menareil can per l’aia. Non si può dialogare sul rispetto delladignità umana, sulla sicurezza del lavoro, sul rispettodelle donne e dei bambini, sulla guerra, sul primatodelle persone rispetto alle ragioni della speculazione.Gesù non ha mai dialogato su queste cose, e il capitolo25 di Matteo lo mette in chiaro. “Andate, maledetti,perché avevo fame e non mi avete dato da mangiare”,con tutto quello che segue. Ci sono davvero valori nonnegoziabili, e non sono il crocifisso nelle scuole, isussidi alle scuole private, in sostanza i soliti contenutidel “Patto Gentiloni” del 1913 per fare alleanza tracattolici e liberali contro il pericolo socialista. Vecchiestorie sempre attuali. E non tiriamo in ballo il dialogoquando i cardinali vanno a cena con il Cavaliere e coni suoi cavalli.