FASI DI TRASFORMAZIONE DI PALAZZO BASADONNA, DD 1012 … · 2014-03-11 · Basadonna e Marina...
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FASI DI TRASFORMAZIONE DI PALAZZO BASADONNA, DD 1012 VENEZIA:
I FASE – PERIODO SEC. XIV÷XVI
Nel '300 si consolida l'urbanizzazione dell'area di San Trovaso con una serie di colmate e scavo di
rii (vedi W. Dorigo, "Venezia Romanica", Verona 2002, pagg. 942, 949). Nella zona di S. Trovaso
è segnalata la presenza di un ospitale di San Lazzaro, che verrà successivamente trasferito in altra
zona della città. L'area oggetto di studio presenta fin dal '300 una fondamenta su "rivus
Mennolarius" su cui si attestano le case dominicali e un "rivus Viliacus" sul retro degli scoperti
adibiti ad orto, oggi rio terà sul confine con il complesso conventuale della Carità. Dorigo rileva la
presenza di un notevole gruppo di famiglie maggiori (Barbarigo, Caravello, Zulian, da Molin,
Damiano, Zorzi, Foscolo, da Mosto, Semitecolo, ecc. compresa anche la famiglia cittadinesca dei
Marioni, che ritroviamo nel '600 come confinanti col ns. immobile, ma non si citano i Contarini
(hanno acquistato in una fase successiva?).
fig.1 – schema dell'area di S. Trovaso e S. Basilio, tratto da Dorigo cit. pag. 942.
La critica (Basso) asserisce che l'attuale impianto del palazzo sarebbe di origine trecentesca.
L'edificio gotico "contariniano" aveva un passo tricellulare e l'impianto a "C": i locali del lato destro
prendevano luce da un distacco laterale non occupato da costruzioni (in parte tutt'ora libero) mentre
la piccola corte, collocata sull'ala opposta, in aderenza alla proprietà confinante della famiglia
Marioni, offriva lo spazio per la scala esterna di collegamento con il primo piano nobile. Citiamo in
proposito l'esempio simile di Palazzo "Testa" (a Cannaregio), sede dell'Istituto "Fermi", citato da P.
Maretto, "La casa veneziana nella storia della città", Venezia 1986, a pag. 129.
II FASE – "CONTARINIANA" PERIODO SEC. XVI÷1624
fig. 2 – particolare del palazzo dal De'Barbari (1500).
Sul retro, verso il terreno confinante col Rio (non ancora terà) della Carità, il palazzo contariniano
presentava forse già una situazione simile a quella del gotico palazzo Corner in Rio della Frescada
(a San Polo, vedi Maretto a pagg. 139-141) caratterizzato da un impianto planivolumetrico a "U"
ovvero con sviluppo delle due ali laterali al "portego". Del tutto simili sono le grandi arcate a tutto
sesto di collegamento tra l'androne e lo scoperto, da associare, ma solo nel caso del nostro
contariniano, con quella che apre alla piccola corte. Osservando la pianta prospettica a volo
d'uccello del De'Barbari però le ali non compaiono, da cui l'ipotesi che si tratti di un'aggiunta
cinquecentesca. I peducci d'imposta degli archi appartengono alla rinascenza matura. Alla
medesima fase appartiene l'attuale "relitto" di scala a chiocciola che dal piano terzo sottotetto
scende fino ad "interrompersi" contro la volta dello scalone secentesco.
La vera da pozzo collocata in corte presenta a rilievo uno stemma di famiglia (una treccia in
diagonale non rispondente ai Contarini ne alle famiglie che si sono succedute pertanto è probabile
che il manufatto provenga da altri luoghi).
III FASE – BASADONNA PERIODO 1626÷1770
Con atto del 14 ottobre 1626 i fratelli Zuanne, Antonio e Alvise Basadonna (quondam Pietro
Basadonna e Marina Marcello) acquistano la casa di Marietta ed Elena Contarini per 5.000 ducati
(vedi Livio Codato, nella Tesi di laurea "In tutta perfezione d'arte sua di tagiapiera: i Basadonna,
storia di una famiglia, di un palazzo e di un cantiere nella Venezia del seicento", AA. 2011/12,
Relatore prof.ssa M. Frank di Ca'Foscari, che ha pure trascritto buona parte dei fogli di contabilità
conservati c/o il fondo Manin dell'Archivio di Stato di Udine). Dai pagamenti si riscontra un inizio
lavori con recupero delle strutture esistenti (modifiche interne con opere murarie connesse a
rifacimento di pavimenti, rivestimenti, infissi, ecc.). Nei primi mesi del 1627 si pagano diversi
trasporti di macerie da demolizione (maggio) materiali e manodopera per la realizzazione di muri
portanti, ossia ponti di larice per fondamenta, piere, coppi, canoni e calcina (giugno) e i legnami per
le orditure di solai e tetti (luglio). A dirigere i lavori è un Piero proto.
1626, 24 novembre per scalini di Nanto p.16 1/2 lire 18 e successivo 9 febbraio per il tagiapiera per
scalini di Nanto lire 40 (si lavora al nuovo scalone?);
1626, 18/02 (1627 more veneto), contratto col tagiapiera Longhena per la realizzazione della
facciata su disegno dello stesso. Tra gli altri maestri si registrano in favore di Baldassarre tre
pagamenti successivi alla stipula del contratto (29 novembre, 17 dicembre e 13 gennaio 1627), ma
dal 1629 viene pagato al suo posto un nuovo tagliapietra, mistro Iseppo Pagiaro (segno probabile
dell'incalzante attività di progettazione verso cui il Longhena è proiettato in quel periodo). Nella
descrizione del disegno da eseguire non si tratta del secondo piano nobile (è forse il risultato di una
successiva variante), ma nel contratto figura come testimone Pietro Antonio Bettinelli in qualità di
murer e proto della fabbrica (Bettinelli succede a Bartolomeo Manopola alla carica di proto del
Magistrato al Sal) nonchè rivale di Baldassarre. Di Bettinelli si registrano pagamenti fino al 20
marzo 1633 (secondo Frank in "Baldassarre Longhena e il Palazzo Basadonna a San Trovaso, in
annali di Architettura Milano 1991, pp.121-125 Bettinelli si sarebbe occupato della ristrutturazione
interna del palazzo). A Pagiaro andrebbe attribuita fra l'altro la esecuzione dell'ala aggiunta in
facciata, dopo l'acquisto della porzione di proprietà della famiglia Marioni (vedi Codato, cit. 1629,
16/05 contratto di acquisto, ossia permuta con immobile in contrà di S. Barnaba, di un terreno
attiguo al palazzo, di proprietà di Benetto Marioni);
Anche Elena Bassi in "Palazzi di Venezia", Venezia 1987, pp. 354-355 aveva segnalato analogie di
questa costruzione con i palazzi di Francesco Contin e del Longhena. Oltre ad affinità di carattere
stilistico uno dei fratelli Basadonna, Giovanni, aveva sicuramente conosciuto il Longhena durante
l'esercizio della sua funzione di Provveditore sopra le Prigioni.
Paolo Maretto, a pag.181 cita il palazzo a proposito dell'evoluzione della della casa di famiglia e
riporta il secentesco prospetto di Ca'Giustinian come esempio di facciata che supera la fase
tipologica dei prospetti "incorniciati" di metà cinquecento con la eliminazione delle paraste
angolari, l'irrobustimento del sistema di "serliana" e finestrature ad arco comprendente poggiolo,
stipiti, imposte, arco con mascherone in chiave, le quali presentano una inquadratura superiore che
si salda alla cornice marcapiano con risega della stessa e si prolungano orizzontalmente al ivello
degli stipiti d'imposta degli archi con fasce piatte che corrono lungo tutta la facciata (l'uso delle
fasce piatte è invenzione sansoviniana).
fig. 2 – Vincenzo Coronelli, Palazzo Basadonna a S. Trovaso (inizio del sec. XVIII).
In sostanza la ricostruzione vede un ampliamento della sagoma del fabbricato con l'addizione verso
la proprietà Marioni (anche verso il giardino?) e probabilmente vede uno sviluppo anche in altezza
con il secondo piano nobile. Si realizza il nuovo scalone monumentale interno che soppianta la
scala esterna "gotica" (ubicata nella corte interna). Nel libro paga sussiste anche un ultimo (1632)
capitolo dedicato alla "chiesiola" (luogo andato perduto, trattasi di un fabbricato autonomo come
sembrerebbero dimostrare i pagamenti per gorne intorno alla chiesa, demolito in una fase
successiva?).
A proposito dello scoperto Bassi cita un disegno conservato al RIBA, illustrante una "porta del
giardino del Basadonna" non più esistente ma da collocare sul Rio della Carità o su altro muro di
cinta (Basso, cit. pag. 354). In effetti, dal confronto delle mappe storiche, si riscontra una diversa
posizione del muro di confine verso la fondamenta e Rio della Carità (vedi catasto napoleonico,
1808): questo risulta in origine più arretrato verso l'interno dell'attuale giardino, a formare un
"campiello". Ecco la posizione più probabile della porta, evidentemente smontata o demolita se in
mattoni per ampliamento dello scoperto nella fase ottocentesca.
Foto di cantiere (1980) dimostranti il rifacimento del pavimento e del tavolato di solaio dell'attuale
aula n.8 al piano ammezzato sul primo. Nel particolare sotto si intravedono le decorazioni sulle
facce delle travi (fase Basadonna).
IV FASE – PRIULI PERIODO 1770÷1818
Codato ha individuato l'atto di vendita (21 gennaio 1771 = 1770 more veneto) dell'immobile da
parte dell'ultima erede della famiglia Basadonna, Maria, ai fratelli Priuli – "Scarpon" (Zuanne e
Alvise) per la somma di 15.000 ducati (mossi da necessità sia l'una per debiti che gli altri per essere
rimasti senza dimora distrutta dall'incendio che nel 1739 ha colpito la loro casa di Cannaregio). I
Priuli diedero subito via ai lavori di restauro essendo il palazzo parzialmente inabitabile per
degrado. Secondo Elena Bassi vanno fatti risalire a questo periodo parte degli apparati decorativi
interni (decorazione in stucco di camini, specchi, dei soffitti e delle pareti delle sale più importanti
compreso il "portego" del secondo piano nobile. A questa fase risalirebbe il soffitto decorato
dell'attuale aula n.3. Le soffittature, presenti in tutte le sale passanti e nei locali maggiori dei piani
primo e secondo nobile, coprono la precedente decorazione pittorica applicata direttamente alle
travature. La situazione dello scoperto sul retro può essere desunta della mappa catastale
napoleonica.
V FASE – GIUSTINIAN-RECANATI PERIODO 1818÷1889
Il palazzo passa per eredità nel 1818 a Lucrezia Priuli moglie di Francesco Antonio Giustinian del
ramo Recanati. In altre stanze si rilevano ornamenti ottocenteschi. Secondo G. Pavanello, in Pittura
nel veneto. L'Ottocento, II, Milano 2004, il soffitto dell'attuale sala Presidenza, singolare per la
presenza di dame in costume entro una griglia di elementi decorativi dorati, sarebbe opera di
Sebastiano Santi. Il figlio di Francesco, Giambattista , è stato il primo sindaco di Venezia dopo
l'annessione delle province venete al Regno (1866), e la moglie Elisabetta Michiel, si è distinta
come patriota a fianco del marito durante la dominazione austriaca. Questi, non avendo eredi diretti
lasciarono tutto al Comune (1888 e 1889), affinché provvedesse all'assistenza dei bisognosi. Le
trasformazioni di questa fase riguardano le decorazioni interne, la sistemazione dei luoghi di
pertinenza costituiti dal fabbricato basso a sud e dallo scoperto verso la Carità. Riguardo allo
scoperto adibito a giardino Bassi rileva come sia rimasto "uno dei pochi giardini di gusto romantico
esistenti a Venezia"(Bassi cita lo Jappelli ma non c'è riscontro di documenti). La stessa Bassi però
riconosce che il giardino "ha perso il suo aspetto romantico: la vegetazione è stata sfoltita, le
ondulazioni del terreno sono in gran parte scomparse, e, dal percorso principale, è stata eliminata la
tipica pavimentazione in "cogolo" (Bassi, cit. p. 354). In effetti, confrontando le mappe dei catasti
storici, si nota subito una sensibile variazione dei contorni dello scoperto: rispetto alla situazione
napoleonica quella del 1846 (cat. austriaco) evidenzia la eliminazione del campiello e di una delle
tre casette, orti di pertinenza compresi. Si aggiunga l'atterramento di una porzione di fabbricato a
sud (forse corrispondente alla cappella privata) e la scomparsa di un fabbricato a nord (luogo di
magazzini?). Tale espansione troverebbe riscontro nella volontà dei Giustinian di realizzare quel
giardino "romantico" citato dalla Bassi. Certamente il giardino così rinnovato aveva pure bisogno di
una qualche terrazza che vi si affacciasse. In tal senso si possono datare al periodo la trasformazione
di una porzione del sottotetto in terrazza e modificazione dell'affaccio sottostante al primo piano
nobile in balconata: la ringhiera in ghisa proviene da una delle tante fonderie (si ricorda la famosa
Neville), in attività nel periodo in esame.
foto di cantiere (1980) che documentano la rimozione della decorazione pittorica ottocentesca
dell'attuale aula informatica al primo piano (vedi cerchiato lo stemma dei Giustinian-Recanati) per
ripristinare le sottostanti specchiature a marmorino colorato e tracce di stucchi raschiati risalenti al
periodo precedente (Priuli).
VI FASE – COMUNE DI VE – ISTITUTO EDUCAZIONE FEMMINILE - IUAV PERIODO
1891÷1975
Una iscrizione datata 1891 posta all'interno sopra la porta principale d'ingresso, documenta il
passaggio di destinazione d'uso ad istituto d'istruzione femminile. A questa fase il riferimento è dato
principalmente dalle planimetrie catastali del 1940 che però non sono confrontabili con disegni più
tardi (rappresenta la situazione tardo ottocentesca).
Negli anni fra le due guerre divenne sede dell'istituto universitario di architettura e, dopo il
trasferimento di quest'ultimo negli anni '60 c/o la sede dell'ex convento dei Tolentini, accolse gli
studenti dell'attuale Liceo Statale Artistico.
Non si riscontrano lavori significativi nel periodo.
VII FASE – SEDE LAS E ABITAZIONI DEL COMUNE 1980÷OGGI
Quest'ultimo passaggio è segnato da lavori di manutenzione di un certo rilievo: restauro dei
pavimenti più pregevoli, degli stucchi (il Ministero provvede direttamente affidando un primo
intervento alla ditta Fogliata già nel 1967) e delle porte in legni intarsiati nel 1970; rifacimento delle
finiture della facciata principale nel 1975.
Il riferimento principale è dato dall'intervento (Restauro conservativo del Palazzo) finanziato dalla
Legge Speciale (L.171/'73) a firma dell'Arch. Bruno Venturini dell'ufficio tecnico del comune.
All'epoca l'immobile ospitava la sede dell'Accademia di BB. Arti e alcune classi del Liceo Artistico
di Venezia. Le modificazioni riguardavano:
a) la demolizione di una rampa scala posta al piano terreno nel primo locale sulla sinistra
dell'androne d'ingresso a ridosso della piccola corte;
b) lo spostamento del loc. caldaia (demolizione di divisorio e solaio) con il ripristino di un
locale alle dimensioni di origine, chiusura delle porte alla rampa scala che collega il P.T. con
il sottotetto;
c) la demolizione della rampa doppia ad "elle" esterna alla piccola corte che collegava il piano
ammezzato con il piano secondo e conseguente modificazione della scala di cui al p.to b);
d) demolizione di tramezze e solai del piano ammezzato sul primo (eliminazione dei locali per
recuperare l'altezza originaria);
e) demolizione e ricostruzione con quota diversa dei solai rialzati dell'ala nord-est al piano
secondo;
f) ricostruzione della porzione di tetto dell'ala nord-est, sopraelevazione dell'ala sud-est per
chiusura piano terrazza;
g) rif. fabbricato basso a sud, eliminazione di superfetazioni (n.3 rampe scala e divisori interni)
e ampliamento della piccola corte a destra dell'androne d'ingresso;
h) demolizione della bussola d'ingresso al P.T.;
I punti d) ed e) non sono stati attuati.
I lavori erano a buon punto nel 1980. Si registrano piccole varianti in corso d'opera: apertura di
bifora al piano secondo; sistemazione ai piani T-1 di una casetta posta ad ovest (alloggi del
Comune). Nell'anno successivo si lavorò alla sistemazione dell'androne d'ingresso e rifacimento del
portone ligneo, alla sistemazione dei servizi igienici e al completamento del restauro soffitti del I e
II piano (sempre a firma dell'Arch. B. Venturini);
Nel 1982 si procedette con il rifacimento dei serramenti esterni (Arch. B. Venturini) e la
sistemazione del giardino (Arch. S. Antinori, Arch. M. Bressan, Per. Agr. M. Pravato).
Dopo il trasferimento della gestione dell'edificio scolastico alla Provincia di Venezia (L. 23/'96), si
realizzò un progetto di manutenzione straordinaria che prevedeva l'innalzamento della quota di
pavimento dell'androne al P.T. (anno 2001, Ingg. Stagno e Carlon).
Arch. Gianpiero Perin
Tav. comparativa p.T.
Tav. comparativa p.Amm.
Tav. comparativa p.1.
Tavv. comparative p.2 e p.3.
Tav. comparat. p. Cop.