Fabrizio Nicoletti e Sebastiano Tusa, L'età del Bronzo nella Sicilia occidentale

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    ISTITUTOITALIANO DI PREISTORIA

    E PROTOSTORIA

    ATTI DELLA XLI

    RIUNIONE SCIENTIFICADAI CICLOPI AGLI ECISTISOCIET E TERRITORIO

    NELLA SICILIA PREISTORICAE PROTOSTORICA

    San Cipirello (PA), 16-19 novembre 2006

    FIRENZE 2012

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    ENTI PROMOTORIIstituto Italiano di Preistoria e ProtostoriaAssessorato Regionale dei Beni Culturali Ambientali e P.I.Comune di San CipirelloUnione de Comuni Monreale JetasCentro Siciliano di Preistoria e ProtostoriaArcheoclub di Corleone

    COMITATO DONOREA. Buttitta, N. Bonacasa, E. De Miro, S. Lagona, V. La Rosa, G. Rizza, E. Tortorici,M. Tosi, V. Tusa, G. Voza

    CON IL SOSTEGNO DISoprintendenza BB CC AA AgrigentoSoprintendenza BB CC AA CaltanissettaSoprintendenza BB CC AA CataniaSoprintendenza BB CC AA Enna

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    FABRIZIO NICOLETTI* - SEBASTIANO TUSA**

    Let del Bronzo nella Sicilia occidentale

    LA SICILIA OCCIDENTALE NEL BRONZO ANTICO E MEDIO

    Il Campaniforme e il castellucciano occidentale di tipo Naro-Partanna

    La presenza del Bicchiere Campaniforme stata interpretata ora inchiave diffusionista (provenienza dalla Spagna) (Bosch Gimpera 1925;1967; Del Castillo Yurrita 1928), ora come prodotto di contrapposte lineedi diffusione (teoria del riflusso) (Sangmeister 1961; 1984) ed, infine, conil cosiddettoDutch Model(Lanting, van der Waals 1976; Harrison 1980,p. 17-41), come oggetto tra oggetti funzionalmente legati alla manifesta-zione di uno status sociale elevato usato da personaggi di rango anche perlibagioni di particolari bevande (Sherratt 1987).

    Grazie alla diffusione delle datazioni assolute si potuto costatare chelo sviluppo della facies del Bicchiere si protrasse per circa otto secoli(Lanting, Mook, van der Waals 1973) ed ebbe sviluppi, funzioni e dina-

    miche diverse territorialmente e cronologicamente (Gallay 2001).In Sicilia la sua presenza fu vista come un fenomeno marginale ed im-portato in chiave etnico-diffusionista iberica (Bernab Brea 1958, pp. 116-118; 1976-77; Bovio Marconi 1963). Anche pi recentemente lipotesi ibe-rica stata ribadita (Cassano, Manfredini e Quojani 1975) o rivisitata inchiave diffusionista da Barfield che giudica il campaniforme siciliano espo-nente del cosiddetto international style inquadrabile nella seconda fase del-la sua diffusione, o di riflusso, attraverso lEuropa (Barfield 1984; 1994).

    Levidenza del Bicchiere si arricchita facendo intuire una sua presen-za pi articolata nellisola ed un suo inserimento in un contesto culturalee tipologico nel quale il Bicchiere vero e proprio solo lelemento pi ap-pariscente di un insieme di elementi tipologici di un contesto culturalecomplesso (fig. 1). La facies del campaniforme interagisce in Sicilia con lelocali culture di Malpasso, SantIppolito e Naro-Partanna tra la fine delIII millennio ed i primi secoli del II millennio a.C., soprattutto nella Sici-

    * Universit degli Studi Suor Orsola Benincasa, Napoli. E-mail: [email protected].

    ** Soprintendenza del Mare, Regione Siciliana, Via Lungarini 9, 90139 Palermo; e-mail:[email protected].

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    lia occidentale. Appare verosimile che lo stile pi ricco di elementi tipicidelle culture siciliane preesistenti (B della Bovio Marconi) possa esserequello che perduri pi a lungo fino ad essere contemporaneo con la faciesdi Partanna e Naro, variante occidentale della grande civilt di Castelluc-cio (Veneroso 1994).

    Fig. 1 - La Sicilia occidentale nellet del Bronzo.

    La diffusione (fig. 2.1) del complesso culturale del Bicchiere si accen-tra soprattutto in due aree della Sicilia occidentale: una settentrionale eduna meridionale. Nellarea nord-occidentale notiamo la presenza di moltiesemplari di Bicchiere e, soprattutto, unestesa diffusione degli schemidecorativi tipici realizzati con la tecnica del pointill. Nellarea sud-occi-dentale abbiamo una maggiore e pi capillare presenza, caratterizzata,

    per, da un livello di forte integrazione tipologica e culturale con gliaspetti locali. Altrove, invece, cio nelle altre zone dellisola, la presenzadel Bicchiere risulta chiaramente intrusiva e marginale.

    La contiguit geografica ed una palese somiglianza tipologica non la-sciano dubbi circa levidente introduzione del Bicchiere nel Nord-Ovestdellisola dalla Sardegna. Il cosiddetto stile della Moarda, perfettamenteinquadrabile nella cultura del Bicchiere rappresenta il suo innesto nelcontesto tipologico-culturale della Sicilia nord-occidentale dove interagi-vano il forte retaggio del diffuso artigianato della Conca dOro (Bovio

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    Fig. 2 - 1) diffusione del Bicchiere Campaniforme; 2) corridoio con tracce dellacopertura domenica della tomba A con Bicchiere Campaniforme diMarcita (Castelvetrano).

    Marconi 1944) e la facies di Capo Graziano (Bernab Brea 1985). Glischemi decorativi di Capo Graziano e del Campaniforme non si amalga-mano, bens convivono nel rispetto dellaltrui identit a Villafrati (Bovio

    Marconi 1944, p. 88; Von Andrian 1878), alla Moarda (Bovio Marconi1944, p. 59). nellarea sud-occidentale della Sicilia che registriamo la massima

    concentrazione di siti della cultura campaniforme. I rinvenimenti effet-tuati dal Mingazzini nelle due tombe di Torrebiggini presso Partanna(Mingazzini 1939) e dalla Bovio Marconi nellambito della necropoli seli-nuntina di Manicalunga Timpone Nero (Bovio Marconi 1963, p. 110),di Segesta (Bovio Marconi 1944, p. 134), di Naro (Bovio Marconi 1963,p. 102) e di Ribera (Bovio Marconi 1963, p. 127) costituirono per annilunica attestazione campaniforme in questa parte dellisola.

    Oggi la cultura del Bicchiere nota attraverso corredi funerari rinvenu-

    ti nelle tombe delle c.de Pergole (Tusa 1993-94, p. 1530) e rinvenimentoinedito del 2006, Cisternazza-Vallesecco (Tusa 1993-94, pp. 1529-1530;1994), Stretto (Tusa 1993-94, pp. 1527-1529; 1994), Pileri (Tusa 1993-94,p. 1530), vallone San Martino (Tusa V. 1976-77, p. 657; Mannino 1994,pp. 143-148), Donzelle (Mannino 1994, pp. 137-143), sempre presso Par-tanna, di Marcita (Tusa 1999, pp. 305-308; 1997a) presso Castelvetrano(fig. 3.1), di San Bartolo (De Miro 1967) presso Sciacca, di Posillesi (Man-nino 1981, p. 353; Venezia e Petrusch 1984, p. 4) e Mokarta (inedito)presso Salemi, di Montagna Grande (inedito), di Santa Margherita Belice

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    (Camerata Scovazzo 1978, p. 132; Bovio Marconi 1963, p. 126), di TorreCusa presso Campobello di Mazara (Tusa 1993-94, pp. 1530-1531;1994a), di Gattolo nellentroterra di Mazara del Vallo (Tusa 1993-94, p.1534; 1994a).

    Cronologicamente i primi elementi significativi del Bicchiere giungonoin questarea in corrispondenza della fase finale della facies di Malpasso eperdurano per gran parte dello sviluppo della facies di Partanna-Naro.

    Interessante nei corredi di Marcita la presenza dei vasi polipodi (fig.3.2), le cui caratteristiche formali ci riportano alla Sardegna meridionale,ed in particolare alle grotte delle Volpi (Atzeni 1980, p. 42, tav. 27,7; Fer-rarese Ceruti 1981, p. LVIII, tav.c17) e di San Bartolomeo (Atzeni 1980,

    p. 40, tav. 25,2; Ferrarese Ceruti 1981, tav. c5), anche se gli esemplari sici-liani presentano decorazione al pointill soltanto sui piedi, e per questotramite con le cerchie campaniformi dellEuropa centrale, ed in particola-re con alcuni contesti funerari della Slesia, Polonia meridionale, (Wojcie-chowski 1987, p. 688, figg. 2, 4, 5; Harrison 1980, p. 42, figg. 30, 38, 39,41, 45), Olanda (Rhenen) (Harrison 1980, fig. 8) e Germania meridionale(Oberrhein) (Bill 1984, fig. 2) (Osthofen) (Sangmeister 1984, fig. 6).

    Ma anche la ciotola carenata a pareti concave e fondo tondeggiante(fig. 3.3) ci riconduce, sempre attraverso la Sardegna (Marinaru-Sassari)(Atzeni 1980, p. 40, tav. 25,9; Contu 1952-54, p. 55, figg. 7,3 e tav. 5,e;Ferrarese Ceruti 1981, p. LVIII, tav.c2; Lo Schiavo 1980, p. 375, n. 71,

    tav. 71), allambiente della Francia meridionale (Languedoc) (Harrison1980, fig. 77) e della Spagna.

    Le caratteristiche tipologiche dei materiali recuperati nei corredi diMarcita ci portarono alla logica deduzione che nella Sicilia sud-occiden-tale la cultura del Bicchiere sintegr capillarmente nel contesto localemostrando una notevole capacit di duttilit del suo patrimonio tipologi-co. La decorazione tipica apointill si presenta, anche sul Bicchiere, tal-volta dipinta a fasce alternate in nero e rosso. Ci che impressiona lacreazione di una tipica produzione impressa e dipinta che, oltre al Bic-chiere, contempla la produzione di una vasta gamma di ciotole emisferi-

    che su alto piede finemente decorate da schemi serrati di scacchiere, che-vron, zig-zag e triangoli alternatamente evidenziati dal sapiente dosaggiodi colore rosso, nero e bianco (fig. 3.4).

    Da un punto di vista squisitamente ceramografico si nota che elementilocali desunti dal tradizionale cromatismo delle produzioni artigianalisintegrano nel tipico panorama tipologico formale e decorativo del Cam-paniforme. Specularmente analoga commistione di elementi notiamo nel-lambito della locale produzione castellucciana (fig. 4).

    Lidea della presenza di un chiaro fenomeno di sincretismo culturale

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    Fig. 3 - Ceramica della facies del Bicchiere Campaniforme dalla tomba B di Mar-cita (Castelvetrano). Il n. 4 presenta decorazione dipinta in nero, rosso e

    bianco.

    che avvenne con larrivo del Bicchiere in questa parte dellisola ulterior-mente corroborata dal rituale funerario. In corrispondenza dellarrivo delCampaniforme, e nellarea in cui esso pi radicato, la tradizionale tombaipogeica di tipo castellucciano, a semplice grotticella, arricchita da unlungo dromos costruito assimilabile alla tipologia architettonica del corri-doio dolmenico (fig. 2.2). Tra gli esemplari pi significativi ricordiamoquelli di Cisternazza-Vallesecco (Tusa 1993-94, pp. 1529-1530; 1994a),Stretto (Tusa 1993-94, pp. 1527-1529; 1994a), Pergole (Mannino 1971b),Marcita (Tusa 1993-94; 1997a, 1999), Torre Cusa (Tusa 1993-94, pp. 1530-1531; 1994a), Vallone San Martino (Tusa 1993-1994, pp. 1531-1532) eCorvo (Tusa 1993-94, pp. 1533-1534).

    Da un punto di vista formale evidente la consonanza con la tipologiadelle tombe a corridoio o alles couvertes dellAlmeria, della Catalogna,Linguadoca, Gard, Herault, Sardegna e Puglia. Ma la peculiarit della ti-pologia mista ipogeico-dolmenica la troviamo in Puglia e soprattutto nel-la Sardegna centro-orientale (Canudedda e Mariughia-Dorgali), centro-occidentale (Mesu Enas, Mura Iddari, SAngrone-Abbasanta), nel Pauli-

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    Fig. 4 - Ceramiche delle facies del Bicchiere Campaniforme e di Naro-Partannadalle tombe A e B di Marcita e da Partanna.

    latino (Su Tiriarzu), nel Cagliaritano a Cuccuru-Crabonis di Maracalago-nis (Demurtas et alii1987; Lilliu 1988, p. 137, fig. 38) e nel Sassarese aMonte Maone di Benetutti (Tanda 1988). Una tipologia sostanzialmentesimile presente anche nel Mid francese, ad Arles e Bounias (Arnal etalii1953).

    La cultura del Bicchiere si arrest, quindi, in direzione Est, allasse delBelice a Sud e dellImera a Nord. Larea ad Est di questo asse dominata

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    dalla tradizione culturale che ha nei legami con lEgeo uno dei suoi puntidi massima forza. Ne sono testimonianza gli elementi egei ed anatoliciche caratterizzano i molteplici aspetti culturali di questa parte centro-orientale dellisola. Di volta in volta notiamo elementi derivati dalla cera-mica dipinta di tipo anatolico (Malpasso, Castelluccio) (Bernab Brea1976-77, p. 52; Bernab Brea e Cavalier 1980, p. 688) o altri assimilabilialla ceramica grigia incisa di tipo elladico-peloponnesiaco (Capo Grazia-no) (Bernab Brea 1985, pp. 23-24; Bernab Brea e Cavalier 1980,pp. 693-694).

    Anche se spesso lipotesi diffusionista etnica stata rifiutata, in veritcon aprioristico contrasto teorico (Renfrew 1967; Whitehouse e Renfrew

    1974), tuttavia, anche seguendo le opportune messe a punto teoriche diLewthwaite (Lewthwaite 1985, p. 223), bisogna ammettere che la presen-za del medesimo Bicchiere e degli altri elementi campaniformi a grandedistanza non pu non spiegarsi se non con lesistenza di contatti prolun-gati a vasto raggio. Levidenza siciliana dimostra che, tramite la Sardegna,i contatti furono non solo con lIberia, ma anche con la penisola, il Mez-zogiorno francese e lEuropa centrale (Del Castillo Yurrita 1928; Veny1968). Quanto ipotizzato confermerebbe lipotesi di unorigine multipo-lare del Bicchiere (Harrison 1977), e, quindi, anche dei vari elementi checompongono il pacchetto siciliano. Il possesso e lutilizzo del Bicchierediventa elemento di competizione fra le elites di aree tra loro vicine nel

    quadro di oscure logiche di appartenenza.

    La diffusione delle ceramiche grigie tra Bronzo antico e medio

    La diffusione degli aspetti castellucciani nella Sicilia occidentale inti-mamente legata con una problematica che risulta ancora complessa e lon-tana dalla sua risoluzione. Riguarda la supposta presenza della facies diRod-Tindari-Valleunga (in seguito RTV) che, secondo la bibliografia pre-gressa, avrebbe nella Sicilia occidentale alcuni capisaldi come Boccadifal-co, Mozia e Mursia, ma che, sulla base di molteplici considerazioni, appa-re sempre pi evanescente (Bernab Brea 1958; Tusa 1999). Tradizional-

    mente lorizzonte RTV era caratterizzato da ceramiche grigie a superficieaccuratamente levigata, o bruna a superficie appena lisciata, dalle ciotolecarenate e, soprattutto, dalle ben note anse a soprelevazione a forma diorecchie equine. Gi anni fa, pur accettandone lesistenza, scrivevamoche: Sembra molto verosimile che lorizzonte RTV sia parzialmente suc-cessivo a quello di Naro-Partanna, anche se non sono da escludere possi-bilit di parziale sovrapposizione (Castellana e Tusa 1991-92, p. 573). Laperplessit sullesistenza di un orizzonte a se stante di RTV parte dallaconsiderazione preliminare che tutti i complessi su cui si basa tale enu-

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    cleazione sono privi di sufficienti dati stratigrafici e dalla constatazioneche molti degli elementi che hanno determinato la sua tipicizzazione sonoo perfettamente inquadrabili nellambito della produzione castelluccianaacroma grigia e bruna o gi nella successiva facies di Thapsos, tra cui an-che le ben note anse ad orecchie equine. Tale il caso di Boccadifalco(Bovio Marconi 1964-65; Mannino e Abate 1986) e della Grotta di Ma-stro Santo (Bovio Marconi 1944). Cos come le evidenze moziesi mi sem-brano da inquadrare unitariamente allorizzonte Thapsos-Milazzese (Spa-tafora 1980-81).

    A questa convinzione concorsero i dati delle prime datazioni radiome-triche di ambito castellucciano effettuate su campioni raccolti nello sca-

    vo dellinsediamento della Muculufa, presso Licata, che facevano risalireagli ultimi secoli del III millennio a.C. questa facies (McConnell 1995,pp. 97-100). Ci rendeva difficile ipotizzare una lunga sequenza castel-lucciana di oltre sette secoli senza apparenti segmentazioni interne.

    Vennero poi i dati di scavo di Valsavoia (Spigo 1984-85), Milena (LaRosa 1997), Ribera (Castellana 1988-89; 1990; McConnell 1988), Ciavola-ro (fig. 5.1) (Castellana 1996) e Marianopoli (Fiorentini 1984-85), territo-ri castellucciani dove la presenza di materiali non attribuibili alla faciesdi Castelluccio indusse a riferirsi a quella di RTV in unottica diacronica.Cos come vennero le ceramiche castellucciane in ambiente tirrenico nellaGrotta di San Teodoro (Spigo 1989), dove erano presenti anche cerami-

    che attribuibili allorizzonte di RTV, ed in ambiente occidentale a Favi-gnana e nellentroterra trapanese.

    Fig. 5 - 1) tazza dal Ciavolaro; 2) vasca di vaso su alto piede da Marcita.

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    Ma vennero anche i riscontri stratigrafici degli scavi di Milena e Mez-zebbi dove appariva chiaro che i livelli con ceramiche castellucciane ce-devano progressivamente il passo alle ceramiche non dipinte attribuibilialla facies di RTV di affinit thapsiana (La Rosa 1994; Privitera 1994).

    Nellarea messinese e calabra vediamo che la contiguit tipologica traquello che stato definito di RTV e il complesso tipologico di Thapsos-Milazzese strettissima inducendoci a pensare che si tratti di una medesi-ma facies da analizzare e comprendere nel suo divenire e, quindi, dinami-camente in diacronia nel solco di una medesima identit culturale (Scibo-na 1992; Tigano et alii1994; Tigano e Martinelli 1996).

    A tal proposito la puntuale messa a punto tipologica del Procelli mi-

    rante a isolare una facies tipica dellarea che insiste intorno allo Stretto diMessina in effetti mette in evidenza alcuni caratteri che possono ben in-terpretarsi nellottica di un dinamismo culturale tendente al formalizzarsidella facies successiva di Thapsos-Milazzese (Procelli 2004).

    Linsediamento fortificato di Mursia a Pantelleria (fig. 6.1) con la ne-cropoli relativa costituita dai sesi, veri e propri tumuli megalitici, diventa,in questottica, un complesso a s stante giustificabile con la forte identitterritoriale dellisola di Pantelleria anche se di derivazione siciliana daquella parte occidentale dellisola dove la tradizione castellucciana, purpresente, non era mai stata cos forte come nel resto del territorio sicilia-no. Anzi saremmo portati a pensare che la spinta a colonizzare Pantelleria

    sia sorta proprio in quei momenti nei quali spinte anti-castellucciane pos-sano aver determinato conflitti nella Sicilia occidentale provocando laforzata o volontaria espulsione di gruppi, al pari di quanto verificabile inaltri fenomeni di colonizzazione. Mursia rappresenterebbe, pertanto, lacristallizzazione di un momento di trapasso verso Thapsos che, sul suolodi Pantelleria, vuoi per lisolamento, vuoi per linserimento in altre logi-che interrelazionali, non si svilupper come in Sicilia.

    La fac ies di Thapsos-Milazzese nel Bronzo medio

    La presenza della facies Thapsos-Milazzese nella Sicilia occidentale era

    fino a non molto tempo fa conosciuta quasi esclusivamente da sporadicirinvenimenti in grotta. Ricordiamo le attestazioni nelle grotte Mangiapa-ne (Tusa 1999), del Ferraro (Mannino 1997), del Pozzo la Montagnola(Mannino 1985; 1991), Perciata o Addaura Grande (Mannino 1985, pp.154-156), Molara (Mannino 1975), dei Puntali (Mannino 1978) e dellUz-zo (Tusa 1999). Non smentisce il carattere di forte proiezione sul mare di-mostrato dalle vecchie attestazioni in grotta la diffusa presenza di un inse-diamento attribuibile alla facies di Thapsos-Milazzese sullisola di Mozia

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    (Spatafora 1980-81). Analogamente proiettato sul mare doveva esserelinsediamento indiziato a Favignana in contrada Torretta grazie alla pre-senza di alcune tombe a grotticella le cui caratteristiche tipologico-archi-tettoniche (lungo dromos di accesso, lettuccio funebre) non lasciano dub-bi sullattribuzione alla facies in questione (Bisi 1969).

    Tra gli insediamenti si conoscono le strutture di quello di Marcita (Tu-sa 1997a). Le capanne erano costruite in pietra e pali lignei con pareticon andamento apparentemente curvilineo (fig. 6.2). Tra il materiale ce-ramico spiccavano i bacini lebetiformi su alto piede, decorati da cordoniplastici (fig. 5.2), ma pi spesso da festoni incisi, talora dotati di alte ansea piastra bi-acuminata. Erano presenti ciotole con alta carena ed anse

    acuminate ed ampie teglie talora con partizione interna. Come si pucomprendere dallesame della ceramica e dal confronto con alcuni inse-diamenti inquadrabili nella medesima facies quello di Marcita si colloca-no in una fase pi antica dellorizzonte di Thapsos-Milazzese.

    Allinsediamento di Marcita andrebbe riferita una tomba a grotticelladi ridotte dimensioni allinterno della quale furono rinvenuti resti schele-trici di circa 100 individui inumati non in connessione anatomica. Si trat-tava di un vero e proprio ossario privo di elementi di corredo tranne cheper un pettine in avorio con decorazione a cerchielli (fig. 9.6) che, per laforma e per il motivo inciso, trova precisi confronti con il Mediterraneoorientale (Hama, Megiddo, Beitsan). Tale presenza ben si inquadra, se

    collegata con la statuetta in bronzo raffigurante la divinit cipriota siro palestinese Reshef (fig. 7.12) recuperata nei fondali antistanti Selinunte,in quei contatti con il Mediterraneo orientale che caratterizzano i collega-menti tra questa parte dellisola ed il resto del Mediterraneo. Del restoqueste presenze con affinit spiccate con il Mediterraneo orientale data-bili al XIV-XIII sec. a.C. ben si inquadrano con quanto emerge pi adOriente, nellAgrigentino e nel Nisseno, grazie alle attestazioni di mate-riali ciprioti (bacili) a Caldare, Cannatello e Milena.

    (ST)

    LA SICILIA OCCIDENTALE NEL BRONZO RECENTE E FINALE

    Prolegomeni

    Le ricerche recenti, sulla Sicilia di XIII-IX sec. a.C., rendono un qua-dro di cui ancora difficile delineare i dettagli (Bietti Sestieri 1979; 1997;La Rosa 1989; Bernab Brea 1990; Tusa 1992; 1996; Leighton 1993;1999; Albanese Procelli 2003b).

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    Fig. 6 - Strutture di abitato dellet del Bronzo nella Sicilia occidentale. 1) Mur-sia (Pantelleria); 2) Marcita; 3) Erbe Bianche; 4) Castellazzo di Poggio-reale; 5) Faraglioni (Ustica); 6) U.T.C. di Partanna; 7) Mokarta (porzionecentrale dellinsediamento); 8) restituzione dello spiccato della capanna1 di Mokarta.

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    P. Orsi aveva inserito questa et nel suo Secondo Periodo Siculo, delquale non gli sfuggiva il carattere eterogeneo (Bernab Brea 1964-65, pp.6-7; La Rosa 1985, p. 7 sgg. e nota 47). L. Bernab Brea (1990, pp. 19-65)ha poi suddiviso il periodo in quattro momenti, corrispondenti ad altret-tante facies: il Bronzo medio (Thapsos), il Bronzo recente (PantalicaNord e Ausonio I), il Bronzo finale (Cassibile e Ausonio II), la prima etdel Ferro (Pantalica Sud), secondo uno schema in cui ciascuna facies siidentifica con il periodo di appartenenza. Tuttavia, scavi a Thapsos e nel-la Sicilia centro-meridionale hanno reso note strutture posteriori al Bron-zo medio ma ancora di tradizione thapsiana.

    In genere, gli insediamenti non coprono lintero periodo e non sono

    del tutto sovrapponibili sul piano della cultura materiale. Si aggiunga cheil processo di revisione della cronologia, continentale ed egea (Bietti Se-stieri 1996, pp. 185-193), rende sfumati i contorni terminologici del siste-ma ancora in uso in Sicilia.

    A.M. Bietti Sestieri (1979; 1997) ha interpretato le sovrapposizioni tra idiversi aspetti del periodo in termini di interazioni che, a partire da tradi-zioni diverse (ma coeve), hanno condotto alla formazione di facies miste.La studiosa ha individuato tre gruppi: uno di tradizione locale (PantalicaNord), uno di tradizione continentale (Ausonio I) ed uno misto (AusonioII, Cassibile e Pantalica Sud) con un trait dunion identificato nella pene-trazione di elementi continentali nel tessuto siciliano di tipo Pantalica.

    Nella Sicilia occidentale (fig. 1), al pari del resto dellisola, sono alme-no tre le cerchie culturali di questo periodo. Quella costiera di tipo Usti-ca-Erbe Bianche, derivata dallaspetto Thapsos-Milazzese, quella medi-terranea (nel senso di interna) di tipo Mokarta, parallela ma non deltutto sovrapponibile a quelle di Pantalica Nord e di Cassibile, e quellacontinentale di tipo ausonio.

    Le prime due hanno unorigine comune e sono locali; la terza alloge-na. Tutte sembrano avere lo stesso sviluppo: a partire da caratteri origina-ri autonomi la cultura materiale evolve in forme ibride, che compendianotradizioni locali con apporti continentali.

    La tradizione costiera: il grup po tipo Ustica-Erbe Bianche

    Principali siti di questa cerchia sono il Castellazzo di Poggioreale, ErbeBianche ed Ustica-Faraglioni. La cultura materiale un misto di elementidel Bronzo tardo innestati in un sostrato di tipo Thapsos-Milazzese. Il va-so caratteristico il bacino su alto piede (fig. 7.1), decorato con cordoni ofestoni rilevati, o con motivi incisi (fig. 7.3). Tipiche le teglie ansate (fig.7.4). Diffusi i vasi di grandi dimensioni, olle (fig. 7.8-9) o pithoi (fig. 7.6-

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    7) e i colatoi (fig. 7.5). Comune al gruppo di Mokarta, al pari della teglia, lincensiere (fig. 7.11), mentre elementi di substrato sono alari gineco-morfi (fig. 7.10) e tokens (fig. 7.2). La piastra fittile a quattro settori (fig.7.13) un marker di facies che raggiunge la Sicilia centrale1. Della produ-zione in bronzo si conosce poco ma appartengono al gruppo il ripostigliodi Erbe Bianche (fig. 7.15) (Giardino et alii2006) e alcune forme di fusio-ne da Ustica (Holloway e Lukesh 1995, pp. 15-16, 81-83). Le relazionicon loltremare sono testimoniate dai tardi frammenti micenei di Ustica(Id. e Ead. 1995, p. 57) ed Erbe Bianche (Ingoglia et alii2006, fig. 2.b,c)(fig. 7.14) e forse dal bronzetto di Adad o Reshef (Falsone 1993) (fig.7.12) e dal pettinino di Marcita (Tusa 1997a, p. 53, fig. 21) (fig. 9.6), se

    questi ultimi appartenevano a contesti di questo tipo.Gli scavi di Erbe Bianche (Ingoglia et alii2006) (fig. 6.3) hanno messoin luce edifici infossati nel banco roccioso, privi di muri lapidei, con pian-ta irregolarmente ellittica talora divisa da tramezzi. Queste singolari abi-tazioni, che si dispongono intorno ad una capanna circolare delimitata dauna chiostra di buche di palo, sono ora note anche a Partanna (Conte2006) (fig. 6.6).

    A Poggioreale (Falsone e Leonard 1978; 1979; Falsone et alii1980-81;Leonard 1980) , invece, nota una capanna probabilmente circolare, confocolare al centro e banchina al perimetro (fig. 6.4). Un muro curvo alle-sterno dellingresso, ritenuto il lembo di una capanna preesistente, sem-

    bra invece il resto di unanticella a forcipe, tipica di Mokarta.Labitato di Ustica (Holloway e Lukesh 2001) (fig. 6.5) formato da

    ambienti mistilinei giustapposti, talora connessi a spazi recintati, in un ca-so separati da una strada. Il sito ricorda il quartiere nord di Thapsos,Cannatello ed altre pregresse esperienze insulari. Ma ambienti giustappo-sti a spazi recintati si trovano, come vedremo, anche a Mokarta.

    La sfera funeraria della facies poco conosciuta. La maggiore necro-poli quella di Erbe Bianche, formata da tombe a forno violate in antico.Non chiaro se possa scendere a questo momento la tomba di Castellodella Pietra (Tusa 1992, p. 530) ed solo ipotetica lesistenza di tombe in

    anfratto a Ustica (Holloway e Lukesh 1995, pp. 77-78).

    1 Erbe Bianche (Ingoglia et alii2006), Poggioreale (Falsone et alii1980-81, pp. 938-941,figg. 2-3, tavv. 250-252), UTC di Partanna (Conte 2006), Cannatello (Mosso 1908, cc. 640-653,figg. 32-38, tav. 5/9), Rocca Amorella (La Rosa 1980-81, pp. 647-648, tav. 105/2), Mokarta(Mannino e Spatafora 1995, p. 133) e Maranfusa (Spatafora 2003, pp. 43-54). Ad eccezionedelle due ultime sempre associata a ceramiche di tradizione thapsiana.

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    Fig. 7 - Bronzo recente. Materiali caratteristici del gruppo tipo Ustica-Erbe Bian-che. 1, 3) bacini su alto piede; 2) tokens; 4) teglie; 5) colatoio; 6-9) dolii epithos; 10) alare ginecomorfo; 11) incensiere; 12) statuetta bronzea diproduzione orientale; 13) piastra focolare a quattro settori; 14) frammen-ti vascolari micenei; 15) ripostiglio di armi bronzee da Erbe Bianche.

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    La tradizione mediterranea: il gruppo tipo Mokarta

    Degna eponima di questa facies Mokarta (Salemi), di cui sono statiindagati abitato (Tusa e Nicoletti 2000; Nicoletti e Tusa 2006) e necropoli(Mannino e Spatafora 1992; 1995). Grandi sepolcreti sono scaglionatilungo i fianchi del Belice (Stretto, Timpone Pontillo, San Ciro, Finestrel-le) (Mannino 1970; 1987; 1994). Importanti abitati, quasi del tutto can-cellati, dovevano esistere a M. Iato (Isler 1993) e a M. Bonifato (Filippi1996, pp. 24-45).

    Per enucleare la cultura materiale di questa facies occorre esaminare ilsuo corrispettivo nella Sicilia orientale. La ceramica della zona est delli-sola, quasi sempre tornita, si caratterizza per la superficie con ingobbio

    stralucido. Il suo processo evolutivo si segue bene a Dessueri, nella cui fa-se pi antica i vasi presentano un ingobbio steso in modo omogeneo. Inun momento pi avanzato lingobbio , invece, steso a larghe pennellateche creano fasce curvilinee di colore. A queste ceramiche, che possiamodefinire protopiumate, si affiancano quelle, dalle forme identiche, de-corate con incisioni. Lo sviluppo della decorazione dipinta termina aDessueri con la nascita di quella piumata propriamente detta. Le cera-miche con ingobbio uniforme si associano a fibule con noduli; quelle pro-topiumate a fibule con arco semplice, generalmente sottile; quelle piuma-te a fibule con arco semplice (appiattito, ritorto, a sezione quadrata) e

    con arco serpeggiante a gomito.Questi dati forniscono una duplice indicazione: la prima che i com-plessi di Pantalica Nord e di Cassibile rappresentano i momenti estremidi un medesimo processo; la seconda che le ceramiche piumate sono unprodotto di tradizione locale.

    Nella Sicilia occidentale le ceramiche (quasi mai tornite), hanno la su-perficie solo di rado stralucida ed quindi naturale che in questa partedellisola non si siano sviluppati i decori piumati. Frammenti con questidecori sono stati rinvenuti, fuori contesto, a Iato (Isler 1993, p. 88), Ma-ranfusa (Spatafora 1996a, p. 152; 1996b, p. 189, fig. 6/5-6), Bonifato (Fi-lippi 1996, pp. 32-33) e Stretto (Mannino 1971a) e almeno quelli di M.

    Bonifato potrebbero appartenere alla classe delle protopiumate (fig. 8.1).La forma pi comune nello stile di Mokarta il bacino su alto piede,

    spesso decorato con anelli incisi tra gambo e base (fig. 8.2). La vasca, ta-lora con risega interna ed orlo scanalato, propone numerose varianti, for-se di rilievo cronologico (fig. 8.3) e certamente tardo, perch noto altrovein forme piumate, il piattello ansato (fig. 8.4). Le varianti della vasca siripetono uguali nelle forme apodi o con piede appiattito o ancora a tacco(fig. 8.5). Olle triansate (fig. 8.6), teiere, brocche (fig. 8.7), pissidi (fig.

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    8.8) e anfore (fig. 8.9-10), altrove comuni, sono rare. Sono invece diffusele olle quadriansate (fig. 8.11), spesso con coperchio. Caratteristici sonola tazza con piastra sormontante (fig. 8.14), la teglia (fig. 8.15) lincen-siere (fig. 8.13), comuni alla cerchia tipo Ustica-Erbe Bianche.

    Queste produzioni abbracciano in effetti un areale pi vasto, che rag-giunge al minimo il Nisseno.

    La metallurgia poco nota (Albanese Procelli 2003a). Da Mokartaprovengono fibule ad arco semplice sottile (fig. 8.16), un rasoio a nastro(fig. 8.12) e frammenti di daghe (fig. 8.17). Forme di fusione sono cono-sciute a Mokarta (Mannino e Spatafora 1995) e a Colle Madore (Vassallo1999, pp. 85-88) una delle quali riporta limpronta di unascia a bottone

    simile a quella di Erbe Bianche.A parte i lembi di capanne, forse curvilinee ma di datazione incerta, diM. Iato (Isler 1982, pp. 23-24, figg. 32-34; 2003, p. 72, fig. 59), le unichestrutture di abitato conosciute sono quelle del Castello di Mokarta (fig.6.7), distrutte non pi tardi del Bronzo finale (Tusa e Nicoletti 2000; Ni-coletti e Tusa 2006). Labitato si compone di edifici circolari e quadrango-lari uniti in complessi raccordati da setti murari che contribuiscono adisolare aree esterne. Sebbene simili a strade, le aree allaperto di Mokartasomigliano pi ai cortili di Thapsos, rispetto ai quali non hanno la stessaortogonalit, e alla organizzazione di Cannatello.

    Alle capanne si accede da una anticella a forcipe, che potrebbe avere

    confronti nel gi citato edificio di Poggioreale, nella capanna 2 di Canna-tello (De Miro 1998, pp. 442-443, figg. 1, 6, 11) e nella n. 18 di Sabucina(Mollo Mezzena 1987, p. 151, figg. 9, 26, 31).

    La capanna 1 (Tusa e Nicoletti 2000) conservava numerosi resti di unacopertura che abbiamo ipotizzato a cupola ogivale con opaion (fig. 6.8),la cui analogia con il tipo della tomba a tholos evidente. Tombe di que-sto tipo, del resto, sono conosciute nella Sicilia occidentale, anche nellastessa Mokarta (Mannino e Spatafora 1995, figg. 5-7, 33).

    Se alcuni autori non hanno dubbi sullorigine micenea del tipo, lipote-si che le tholoidella Sicilia siano derivate dallarchitettura domestica loca-

    le stata formulata pi volte (Patroni 1937, p. 365; McConnell 1987;1991-92; Mannino e Spatafora 1995, p. 151; Tusa e Nicoletti 2000; Alba-nese Procelli 2003b, p. 57). I correlati architettonici di tholoie capannecircolari, di cui faremo grazia per brevit (Nicoletti 2006b, pp. 230-234),sono spesso simili, anche pi di quelli che legano le tholoisiciliane a quel-le del Peloponneso, con le quali vengono di solito confrontate. Ed ancheper il contenuto basato sul rito locale del banchetto, la tomba a tholos si-ciliana sembra rappresentare la trasposizione funeraria e astrutturale diun archetipo domestico e strutturale.

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    Fig. 8 - Bronzo recente e finale. Materiali caratteristici del gruppo tipo Mokarta.1) frammenti vascolari con decorazione piumata; 2-4) vasi su alto pie-de; 5) vaso su piede a tacco; 6) olla triansata; 7) brocca; 8) pisside; 9-10)anfore; 11) olla quadriansata con coperchio; 12) rasoio in bronzo a na-stro; 13) incensiere; 14) tazza con piastra sormontante; 15) teglia; 16) fi-bule in bronzo con arco semplice; 17) daghe in bronzo.

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    La tradizione continentale: lAusonio della Sicilia occidentale

    Fra le tradizioni sulle origini degli Elimi ne esisteva almeno una, risa-lente ad Ellanico (F.G.H. 4 F 79 b, apudDionis. Alic. 1, XXII, 3), che liaccomunava agli Ausoni come provenienti dallItalia. Unaltra tradizione,nota a Diodoro (V,7-9), estendeva fino a Lilibeo il regno degli eolidi Fere-mone e Androcle.

    Recentemente sono stati segnalati insediamenti di tipo ausonio nella-grigentino (Scirinda e Piano Vento) e nel basso Belice (Montagnoli) (Ca-stellana 2000). A S. Margherita Belice, nel 1919, E. Gabrici scav una ne-cropoli di quattordici cinerari e una enchytrisms (Camerata Scovazzo1978, pp. 149-153), i cui materiali, oggi dispersi, comprendevano fibule

    con arco serpeggiante, forse a gomito, unaltra delle quali proviene dallastessa area (fig. 9.7) (Ead. 1978, tav. 22), cinerari, un pithos, frammenti ditazze e una brocca trilobata. Disperso anche un cinerario scoperto nel1925 presso M. Cuccio (Palermo), che conteneva una fibula e compren-deva un orcio panciuto e un piatto che doveva fungere da coperchio. Del-la fibula rimane una poco chiara descrizione dello scopritore, A. Salerno,che la attribuiva al Villanoviano (Aa.Vv. 1986, pp. 81-83).

    Lanalogia tra la necropoli di Santa Margherita e quella di Madonnadel Piano (Nicoletti 2006a) evidente, anche nella commistione tra ritualidiversi. La nostra necropoli e il cinerario palermitano indicano la presen-

    za stanziale di comunit di rito estraneo alla tradizione isolana. Parimentiestranee, e di origine continentale, sono talune anse da Verderame (fig.9.1-4) (Tusa 1992, figg. 4-7) e M. Finestrelle (fig. 9.5) (Tusa 1997b, vol. 2,p. 233, V.183). Lo stesso pettinino di Marcita simile ad esemplari diMadonna del Piano e da altri contesti subappenninici delle Eolie e delcontinente (Bernab Brea et alii1969, pp. 243-244).

    Abitati di questa facies al momento non se ne conoscono. A Finestrellevi sono lembi di un edificio rettilineo, forse pi tardo (De Cesare e Gargi-ni 1997). Tracce di un altro abitato si trovano a Mokarta, sulla Cresta diGallo, ad alcune centinaia di metri e non crediamo per caso dallinse-diamento di tradizione mediterranea (Mannino e Spatafora 1995, pp.

    127-131).(FN)

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    Fig. 9 - Bronzo finale. Materiali caratteristici del gruppo ausonio occidentale.1-4) anse a piastra cornuta con bottoni; 5) ansa a protome cornuta; 6)pettine in avorio; 7) fibula in bronzo con arco serpeggiante a gomito.

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    RIASSUNTO. - LET DEL BRONZO NELLA SICILIA OCCIDENTALE. - Il lungo ar-

    co di tempo che copre tutto il II millennio a.C. vede nella Sicilia occidentale ildispiegarsi di diverse culture e tradizioni a volte contemporanee tra loro. Lappa-rire del Bicchiere Campaniforme rappresenta gi una peculiarit di questareache, maggiormente riscontrabile in alcune zone (area sud-occidentale) mette inevidenza dinamiche etniche di confronto e fenomeni di acculturazione a volteevidenti. Pur diffondendosi la cultura di Castelluccio nellOvest dellisola essapresenta caratteri peculiari e si evolve rapidamente verso quellaspetto definitoRod Tindari Vallelunga che ormai tendiamo ad assimilare ad un processo di svi-luppo verso la successiva facies thapsiana. Diffusa ampiamente nel territorio oc-cidentale questa facies fa gi intravedere alcune sottili ma sensibili differenze cul-turali tra gli aspetti tirrenici e quelli pi continentali legati al territorio siciliano

    ed al Canale di Sicilia. Tali differenze le percepiamo anche nella successiva fasedel bronzo tardo con aspetti del tipo Mokarta pi mediterranei contrapposti adaltri pi continentali di tipo Ausonio.

    SUMMARY. - THE BRONZE AGE IN WESTERN SICILY. - Many cultures develo-ped during bronze age in western Sicily. Sometime they were contemporaryshowing the presence of very interesting ethnical dynamics bringing to accultura-tion phenomena like in the case of Bell Beaker mainly diffused in south west re-gions. During early bronze Castelluccio culture was diffused also in western Si-cily, but it developed slowly towards what was called Rod Tindari Vallelunga fa-cies and that now we think is a process of typological as cultural change betweenCastelluccio and Thapsos. During this last phase we encounter the origin of so-me regional differences among the same culture that will be more evident duringlate bronze age. We see that there are aspects more tied with a Mediterraneantradition, such as Mokarta. But we also see that there areas where it is strong aTyrrhenian tradition and also a continental one with Ausonian affinities.

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