Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

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COMPOSIZIONE CHIMICA DEI COSTITUENTI MINORI DELL'OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA L'olio di oliva da un punto di vista chimico è costituito da due frazioni: una macroscopica di circa il 98%, detta frazione saponificabile, ovvero costituita da una miscela di trigliceridi (meglio definiti triacilgliceroli), l'altra, il restante 2% è costituita dalla frazione cosiddetta insaponificabile, o dei costituenti minori. Questa terminologia è dovuta al fatto che gli esteri (ovvero i triacilgliceroli) vanno incontro, durante i normali procedimenti di analisi chimica, ad una reazione di saponificazione (ovvero idrolisi catalizzata da basi forti, quali NaOH) i cui prodotti sono il carbossilato di Na + (per l'appunto il sapone) ed il glicerolo. Negli ultimi anni, tuttavia, si sta dedicando una sempre maggior attenzione ai costituenti minori, all'incirca il 2% dell'olio, chimicamente più eterogeneo, in quanto contiene più specie chimiche. La sempre maggior attenzione è motivata dal fatto che queste specie hanno degli effetti benefici sulla salute dell'organismo. Tra questi è doveroso menzionare la riduzione dei fattori di rischio di sviluppare malattie cardio-vascolari, la protezione dalle malattie neuro-degenerative, e addirittura negli ultimi tempi si parla del ruolo dei polifenoli nella programmazione di “terapie di supporto” anti-cancro [1,3]. Valutata, dunque, la potenziale importanza di questo pool di molecole val la pena di farne una breve, e sicuramente non esaustiva, rassegna ed al protocollo utilizzato per isolarle. Queste molecole, infatti, oltre agli effetti salutistici cui s'è accennato, sono quelle che conferiscono all'olio talune caratteristiche organolettiche (come il pizzichìo in gola fornito da (-)- oleocantale e ligstroside [2]), che condizionano, perché le si ottengano, la scelta degli opportuni processi produttivi, delle cultivar e del relativo grado di invaiatura con il massimo rendimento di queste sostanze benefiche, e che dovrebbero indurre i fruitori di questo condimento, prezioso e allo stesso 1

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Tesina a cura del dott. Fabrizio Bossis - Corso di formazione "valore nutrizionale e salutistico di prodotti agroalimentari” - Università degli studi di Bari luglio 2012

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COMPOSIZIONE CHIMICA DEI COSTITUENTI MINORI DELL'OLIO

EXTRAVERGINE DI OLIVA

L'olio di oliva da un punto di vista chimico è costituito da due frazioni:

una macroscopica di circa il 98%, detta frazione saponificabile, ovvero

costituita da una miscela di trigliceridi (meglio definiti triacilgliceroli), l'altra, il

restante 2% è costituita dalla frazione cosiddetta insaponificabile, o dei

costituenti minori. Questa terminologia è dovuta al fatto che gli esteri (ovvero i

triacilgliceroli) vanno incontro, durante i normali procedimenti di analisi

chimica, ad una reazione di saponificazione (ovvero idrolisi catalizzata da

basi forti, quali NaOH) i cui prodotti sono il carbossilato di Na+ (per l'appunto il

sapone) ed il glicerolo.

Negli ultimi anni, tuttavia, si sta dedicando una sempre maggior

attenzione ai costituenti minori, all'incirca il 2% dell'olio, chimicamente più

eterogeneo, in quanto contiene più specie chimiche. La sempre maggior

attenzione è motivata dal fatto che queste specie hanno degli effetti benefici

sulla salute dell'organismo. Tra questi è doveroso menzionare la riduzione dei

fattori di rischio di sviluppare malattie cardio-vascolari, la protezione dalle

malattie neuro-degenerative, e addirittura negli ultimi tempi si parla del ruolo

dei polifenoli nella programmazione di “terapie di supporto” anti-cancro [1,3].

Valutata, dunque, la potenziale importanza di questo pool di molecole

val la pena di farne una breve, e sicuramente non esaustiva, rassegna ed al

protocollo utilizzato per isolarle. Queste molecole, infatti, oltre agli effetti

salutistici cui s'è accennato, sono quelle che conferiscono all'olio talune

caratteristiche organolettiche (come il pizzichìo in gola fornito da (-)-

oleocantale e ligstroside [2]), che condizionano, perché le si ottengano, la

scelta degli opportuni processi produttivi, delle cultivar e del relativo grado di

invaiatura con il massimo rendimento di queste sostanze benefiche, e che

dovrebbero indurre i fruitori di questo condimento, prezioso e allo stesso

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tempo povero, a qualche accorgimento nella modalità di conservazione.

Oltre ai più famosi polifenoli (per la verità questo nome è obsoleto e

sarebbe da evitare) la frazione insaponificabile è ricca anche di vitamine (v.

fig. 1) quali carotenoidi, clorofille e tocoferoli che conferiscono anche il tipico

colore giallo-verde all'olio, ed ancora lignani e flavonoidi.

1.a

1.b

1.c

Fig. 1: Vitamine contenute nell'olio. a) Tocoferoli; b) feofitina; c) frazione idrocarburica: costituita da squalene (precursore biochimico degli steroidi) e β-carotene. Carotenoidi e clorofille conferiscono all'olio di oliva il suo caratteristico colore

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L'estrazione da solvente organico

Prima di descrivere il protocollo di estrazione è doverosa una

precisazione: sebbene per ragioni “storiche” o “operative” ci si riferisca ai

componenti minori come sinonimo di frazione insaponificabile, quest'ultima è

per l'appunto una definizione puramente operativa, e deriva dal fatto che

dell'olio sottoposto ad analisi di laboratorio circa il 98% dà luogo a reazione di

saponificazione. Quando, invece, le analisi sono volte all'isolamento e studio

della sola parte dei componenti minori, le condizioni drastiche (idrolisi con

KOH o NaOH) della saponificazione operata sull'alimento tal quale,

porterebbero anche i componenti minori a reagire, potenzialmente favorendo

altre reazioni indesiderate e/o non consentendo, per esempio, di proseguire

con un'analisi quantitativa degli stessi. Pertanto è necessaria in questa fase

un atteggiamento “conservativo” nei confronti di queste sostanze.

La procedura per l'isolamento della frazione insaponificabile si basa sul

principio dell'affinità di certe sostanze verso un determinato tipo di molecola. I

saggi latini recitavano “Similes cum similibus”. La caratteristica che ne

determina la più o meno marcata affinità reciproca è la polarità.

Per effettuare l'isolamento dei polifenoli si usa il n-esano, solvente

organico (completamente) apolare, sul campione di olio tal quale; il n-esano

estrae la frazione di grassi (apolari) mescolandosi intimamente ad essi e si

procede quindi a quella che va sotto il nome di “contro-estrazione” in miscela

di solventi a polarità intermedia. In realtà si tratta di una solubilizzazione, ad

opera dell'esano e di una estrazione. In questo caso il solvente usato è in

realtà una miscela di due solventi CH3OH ed H2O in rapporto 60/40 (v/v) che

dopo l'aggiunta viene agitato energicamente alla fase organica. La polarità di

questa miscela d'estrazione è intermedia ed inoltre essa costituisce “un

solvente” protico, che quindi sarà importante nell'estrarre specie chimiche

ricche di gruppi ossidrilici dalla fase organica, che sovrasta quella idroalcolica

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(di colore giallo(-verde) avendo solubilizzato anche i carotenoidi e le clorofille

insieme alla frazione grassa). Per questo motivo è possibile distinguere

facilmente le due fasi ad occhio nudo dopo la centrifugazione a 3000g per 5

minuti e si procede quindi alla separazione, con l'ausilio di imbuti separatori o

prelevando con una pipetta la fase idroalcolica dal fondo. Come di consueto

la procedura di (contro)-estrazione viene esguita circa tre volte in modo da

ottenere l'estrazione della quasi totalità della frazione insaponificabile (in fase

idroalcolica) da quella in fase organica.

Le frazioni idroalcoliche vengono riunite e si procede quindi alla

concentrazione del pool di composti grazie all'ausilio di evaporatore rotante, il

quale allontanerà il solvente (la parte idroalcolica) grazie ad un sistema di

vuoto blando alla T di 35°C.

La frazione così concentrata viene prima filtrata su filtro di carta (con

pori da 0,45 μm) con l'ausilio di un vuoto ottenuto da una semplice pompa ad

acqua e quindi risospesa in mezzo ml di una miscela CH3OH ed H2O, questa

volta in ragione di 50/50 (v/v) e conservata per le successive sperimentazioni.

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La chimica della salute

All'interno della frazione idroalcolica è poi ancora possibile discernere

una parte più polare (i cui composti saranno più ricchi di atomi di ossigeno e

di gruppi ossidirlici), si tratta sostanzialmente di (o-idrossi)fenoli p-sostituiti ed

una parte meno polare con composti a più alto peso molecolare dove, pur

essendoci la presenza di atomi di O, questi hanno poco peso nello

spostamento del baricentro delle cariche.

La struttura più semplice della frazione più polare è il tirosolo, il cui o-

idrossi-derivato è il più studiato idrossitirosolo, anche se, per la verità, sembra

che la molecola realmente importata nei sistemi cellulari sia l'alcool

omovanillico [12] (v. fig. 2)

Fig. 2: Derivati del tirosolo (4-idrossifenil)-2-etanolo, dell'acido 4-idrossifenilacetico e dell'acido benzoico contenuti nella frazione insaponificabile dell'olio extravergine di oliva.

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È poi conveniente distinguere un'altra sotto-classe, ovvero i derivati

dell'acido cumarico (v. fig. 3):

Fig. 3: Derivati dell'acido cumarico contenuti nella componente insaponificabile dell'olio extravergine di oliva.

La parte meno polare della frazione insaponificabile è caratterizzata

invece da una presenza di esteri, in cui la parte alcolica è quella di molti dei

composti appena passati in rassegna e la parte acilica è data dall'acido

elenolico (v. fig. 4). In questo caso va fatta una distinzione: gli esteri dell'acido

elenolico possono essere glicosilati o meno, (ovvero legati mediante il gruppo

idrossilico (in posizione 2) dell'acido elenolico da un ponte etereo ad un

anello di β-glucopiranosio). Quando questi composti non sono legati a

quest'anello di glucosio il nome del composto stesso è seguito dal termine

aglicone. L'altra possibilità è che la parte acilica, quella dell'acido elenolico

sia in forma dialdeidica con apertura del cliclo (oleocantale) (v. fig. 4)

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Fig. 4: Derivati esterei dell'acido elenolico (in blu) o della sua forma demetossicarbonil-dialdeidica . Non sono riportate per brevità le strutture del ligstroside (glicosilato) e dell'oleuropeina aglicone.

Fig. 5: Lignani e flavonoidi dell'olio extravergine di oliva

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Ancora è possibile distinguere altre due classi di composti che sono i

lignani e i flavonoidi (v. fig. 5).

Tutte queste sostanze, com'è possibile apprezzare dalle formule

riportate presentano degli estesi sistemi π, che come di consueto per questi

sistemi sono degli anti-ossidanti, in quanto l'orbitale molecolare π è in grado

di sopperire alla mancanza di un solo elettrone (ossidazione), sottratto dai

radicali liberi (ossidanti). Questa proprietà di protezione dall'ossidazione

viene svolta sia sull'olio stesso, ed è questo il motivo per cui un olio più ricco

di queste sostanze resiste meglio all'invecchiamento, sia nel nostro

organismo. Tali sostanze svolgono un'azione che potremmo definire

sacrificale, vista la loro maggior affinità a reagire con i radicali liberi in

confronto a quella degli acidi grassi mono-insaturi, che vengono quindi

preservati da tale azione.

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VALUTAZIONE BIOCHIMICA E BIOLOGICO MOLECOLARE DEL VALORE ANTIOSSIDANTE DEI COSTITUENTI MINORI E DELL’IMPATTO SULLA BIOENERGETICA CELLULARE

L’olio extravergine di oliva è costituito per il 98-99% da trigliceridi e per

la restante percentuale da componenti minori, tali composti caratterizzano i

diversi oli vegetali. In particolare l’olio (extra)-vergine di oliva è ricco in

composti a struttura fenolica che rappresentano i composti maggiormente

correlati con le proprietà salutistiche.

Sebbene gli aspetti agronomici (cultivar, maturazione dei frutti, condizioni

climatiche) e tecnologici (metodo di raccolta, defogliatura e lavaggio delle

olive, conservazione delle drupe, frangitura, gramolatura, sistemi di

conservazione dell’olio) della produzione dell’olio (extra)-vergine di oliva ne

influenzano qualitativamente e quantitativamente la sua composizione

fenolica, il rapporto fra le concentrazioni dei polifenoli più abbondanti rimane

sostanzialmente invariato.

La struttura chimica dei polifenoli dona a questi composti una spiccata

attività inibitoria nei confronti dei fenomeni ossidativi, attribuendo quindi a

questi composti effetti rilevanti nella prevenzione primaria e secondaria di

alcune importanti patologie cardiovascolari, oncologiche, malattie legate

all’invecchiamento precoce, degenerative del sistema nervoso, tutte patologie

legate alla presenza eccessiva di “radicali liberi” e pro-ossidanti non radicalici

ed ai loro effetti degenerativi.

Il gruppo funzionale caratteristico dei composti fenolici è un ossidrile (–

OH) legato direttamente a un carbonio di un anello benzenico. Tale struttura

influenza le proprietà chimiche di questi composti poiché il gruppo ossidrilico

attiva le reazioni di sostituzione elettrofila nell’anello aromatico per presenza

di elettroni “mobili” o “disponibili”.

Le molecole con struttura o-diidrossi, sono caratterizzate da un elevata

attività antiossidante dovuta alla formazione di legami idrogeno

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intramolecolari durante la reazione con i radicali liberi. La capacità di

donatore idrogeno e l’inibizione dell’ossidazione (proprietà antiossidanti)

quindi cresce con l’aumentare dei gruppi idrossido nei composti fenolici.

Tra le attività più significative si annoverano la formazione di legami idrogeno,

la formazione di complessi con i metalli (chelazione), proteine ed alcaloidi, la

formazione di ossidi-esteri, le reazioni di condensazione con aldeidi ed infine,

la più importante, le reazioni di ossido-riduzione (redox).

Le fonti delle specie reattive dell’ossigeno nell’organismo sono le reazioni

conseguenti alla catena respiratoria, alla fagocitosi, alla sintesi delle

prostaglandine, al sistema del citocromo P450, in tutte queste reazioni una

piccola parte dell’ossigeno sfugge alla normale utilizzazione portando così

alla formazione di composti instabili ed altamente reattivi (ROS). Le specie

reattive dell’ossigeno (ROS) sono responsabili delle reazioni da stress

ossidativo coinvolte in tutte le forme patologiche prima elencate. A livello

cellulare circa il 5 % del metabolismo dell’ossigeno si svolge attraverso

reazioni di riduzione implicanti il trasferimento di un solo elettrone e la

formazione a cascata di diverse forme radicaliche (ROO●, ●O2-, ●OH, NO●,

●NO2), che principalmente si situano intorno alla struttura mitocondriale ma

possono distribuirsi anche in vari distretti cellulari, in relazione alla loro

polarità (neutra nel caso di radicale ossidrilico, polare come anione

superossido).

I polifenoli agiscono principalmente donando radicali idrogeno a radicali

perossidi (ROO•) formatisi durante lo step iniziale dell’ossidazione lipidica e

successivamente formando un radicale stabile (R•) attraverso la reazione:

ROO• + RH →ROOH + R•

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Lo studio dell’attività antiossidante dei composti fenolici dell’olio

extravergine di oliva ha messo in evidenza che l’orto-difenolo 3,4-DHPEA

(Idrossitirosolo) e tutti i derivati dei secoiridoidi che contengono questo

composto nella loro struttura molecolare (3,4-DHPEA-EDA e 3,4-DHPEA-EA)

posseggono un maggior potere antiossidante rispetto al p-HPEA (tirosolo) e

ai tocoferoli, proteggendo i trigliceridi dell’olio vergine di oliva dai fenomeni di

natura ossidativa.

Di conseguenza la qualità dell’olio extra vergine di oliva è strettamente

legata alla concentrazione totale di queste sostanze fenoliche in esso

contenute, è infatti dalla loro attività antiossidante che dipende la ?shelf-life

del prodotto finale.

Tirosolo e idrossitirosolo sono biodisponibili negli esseri umani e sono

assorbiti in maniera dose-dipendente [4].

È noto che patologie intercorrenti, traumi, sostanze tossiche etc, danno

luogo nell’uomo a stress ossidativi e alla produzione di sostanze ossidanti

con azione altamente aggressiva contro le principali macro e micro molecole

dell’organismo quali lipidi, glucidi, protidi e mitocondri, DNA. Il precoce

invecchiamento delle cellule che ne deriva, favorisce l’insorgere di varie

patologie gravi, quali malattie aterosclerotiche, diabete, sclerosi multipla,

artrite reumatoide, enfisema polmonare, cataratta, Alzheimer, morbo di

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Parkinson, demenza vascolare senile, tumori del seno, della prostrata, del

colon e della cute ecc. Gli studi focalizzati alla valutazione della capacità

antiossidante dei singoli composti fenolici dell’olio extravergine di oliva hanno

mostrato che l’idrossitirosolo (HT) ha il più alto valore in termini di potere

antiradicalico e il valore più basso in termini del potenziale di ossidazione [5].

In virtù di questa sua caratteristica l'idrossitirosolo è considerato il composto

polifenolico dell’olio extravergine di oliva di maggiore importanza per la salute

umana, prevenendo malattie legate alla presenza eccessiva di radicali liberi e

proossidanti non radicalici cellulari e mitocondriali ed ai loro effetti

degenerativi.

I meccanismi molecolari alla base dell’effetto benefico

dell'idrossitirosolo non sono ancora del tutto chiari.

È stato dimostrato che la presenza di HT in colture cellulari comporta la

stimolazione della biogenesi mitocondriale [6, 7].

I mitocondri contengono un alto livello di ossidanti, poiché la catena

respiratoria genera specie reattive. Il complesso I è un sito principale per la

produzione di radicali liberi dell'ossigeno, che può diventare molto elevata in

particolari condizioni fisiopatologiche [8].

L’idrossitirosolo potrebbe abbassare l’incidenza di malattie

cardiovascolari, la maggior complicazione conseguente al diabete, in quanto

stimola la biogenesi mitocondriali e il conseguente aumento delle funzioni

mitocondriali e del sistema di difesa. Recenti lavori infatti hanno dimostrano

che l'idrossitirosolo somministrato a diverse linee di culture cellulari e in

diverse condizioni di stress stimola l’espressione del peroxisome proliferator-

activated receptor coactivator 1 α (PGC1α) che coordina la biogenesi

mitocondriale e che ha fra i suoi geni bersaglio NRF1 e NRF2 (fattori di

trascrizione di geni nucleari) che a loro volta attivano Tfam (fattori di

trascrizione di geni mitocondriali). Le proteine NRFs risultano fondamentali

anche nella up-regulation di antiossidanti ed enzimi xeno-biotici attivi durante

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lo stress ossidativo. In questo senso la somministrazione di HT in vitro porta

ad un complessivo aumento del DNA mitocondriale (mtDNA) e del numero di

mitocondri.

Lo studio sul meccanismo d’azione dell'idrossitirosolo suggerisce

un’attivazione mediante fosforilazione HT-dipendente dell’ 5'AMP proteina

chinasi attivata (AMPK) con conseguente stimolo dell’espressione di PGC1α

NRF1, NRF2 e Tfam (v. fig. 6). È stato inoltre osservato che il trattamento con

HT determina un miglioramento funzionale del mitocondrio, comprendendo

un aumento dell'attività e dell’espressione proteica dei complessi

mitocondriali I, II, III e V, un maggiore consumo di ossigeno e una

diminuzione del contenuto di acidi grassi liberi negli adipociti.

Studi sull’effetto dell'idrossitirosolo sull'espressione dei geni regolatori

dell’ossidazione degli acidi grassi mostrano che HT aumenta l’espressione di

PPARα (peroxisome proliferator-activated receptors α sono recettori nucleari

di proteine che regolano i geni che influenzano il metabolismo delle

lipoproteine e la captazione e l’ossidazione degli acidi grassi così come la

produzione di marcatori infiammatori), CPT-1 (carnitina-palmitoil-transferasi I,

presente sulla parte esterna della membrana mitocondriale interna, catalizza

il trasferimento di gruppi acile dall'acil-CoA alla carnitina producendo acil-

carnitina, regola quindi la lunga catena di trasporto degli acidi grassi

attraverso la membrana mitocondriale) PPARγ (peroxisome proliferator-

activated receptors γ regola il deposito degli acidi grassi e il metabolismo del

glucosio) e simultaneamente abbassa i livelli dei FFA (acidi grassi liberi,

presenti in elevati livelli plasmatici negli individui obesi).

Questi dati quindi dimostrano che l'idrossitirosolo oltre ad essere un

promotore della biogenesi e della la funzione mitocondriale favorisce

l’ossidazione degli acidi grassi.

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Fig. 6 .L’idrossitirosolo attiva la biogenesi mitocondriale mediante la fosforilazione attivante di AMPK (come l’idrossitirosolo determini la fosforilazione di AMPK non è ancora chiaro).

È stato inoltre dimostrato che la somministrazione di idrossitirosolo in

colture cellulari porta all’attivazione di NRF2 e conseguente attivazione di

enzimi di fase II disintossicante: γ-glutamil-cisteinil-ligasi, NADPH

(nicotinamide adenina di nucleotide fosfato)-chinone ossidoreduttasi 1, eme-

ossigenasi-1, superossido dismutasi, perossiredossina e tioredossina nonché

di altri enzimi antiossidanti. È stato ipotizzato che l'idrossitirosolo induca

enzimi di fase II disintossicante mediante la up-regolazione del pathway

Keap1/Nrf2 [7](v. fig. 7).

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Fig.7 Rappresentazione schematica dei possibili meccanismi di protezione dell'idrossitirosolo da danno ossidativo e da disfunzione mitocondriale.

Ulteriori studi volti alla determinazione dell’effetto cardioprotettivo ed

anti-invecchiamento da parte di diversi composti antiossidanti hanno rilevato

che l'HT ha un effetto stimolante di proteine chiave per la longevità quali

sirtuine (SirT) e le proteine Forkhead box O (FoxOs) [10, 11]. Le sirtuine sono

proteine implicate nei processi di invecchiamento, della regolazione della

trascrizione, dell'apoptosi, della resistenza allo stress, e anche dell'efficienza

energetica e della vigilanza durante le situazioni a basso introito calorico

restrizione calorica. Inoltre, lo stesso studio ha evidenziato un ruolo di HT nel

ridurre la frequenza dell'infarto e nell’aumentare la durata della vita nei ratti.

Le proteine FoxOs sono una famiglia di proteine coinvolte in diversi processi

cellulari fisiologici quali: proliferazione cellulare, apoptosi, risposta alla

presenza di ROS, longevità, cancro e regolazione del ciclo cellulare.

Ulteriori studi ipotizzano che l'HT aumenti l’espressione della catalasi,

enzima coinvolto nel controllo dello stress ossidativo, mediante regolazione

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delle proteine FoxOs, coinvolgendo un intricato network di modificazioni post-

trascrizionali come AMPK [11].

Altri studi che riportano le proprietà antiossidanti di HT in sistemi

biologici mostrano che l'HT sopprime l’aumento dei livelli dei ROS

mitocondriali associata all'età aumentando l’attività della manganese

superossido dismutasi (MnSOD). MnSOD è un enzima con proprietà

antiossidanti codificato a livello nucleare e localizzato nella matrice

mitocondriale dove asporta ioni superossido influenzando così l'ambiente

redox della cellula [9]. Secondo questi studi le proprietà antiossidanti

dell'idrossitirosolo sono probabilmente la causa della sua capacità di agire

come un proossidante generando radicali liberi con conseguente attivazione

tempestiva di sistemi di difesa antiossidante difensivi.

La biodisponibilità di HT nella dieta è confermata da analisi farmacocinetiche

sul trasporto intestinale di questo composto, in cui è dimostrato che le

molecole HT sono quantitativamente assorbite a livello intestinale tramite

diffusione passiva [3, 12].

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EVIDENZE SCIENTIFICHE DEI BENEFICI DELLA DIETA

MEDITERRANEA: RUOLO DELL’OLIO D’OLIVA

Il rischio cardiovascolare è la possibilità di un individuo di sviluppare

eventi cardiovascolari (coronaropatie e/o ictus) in un periodo di tempo definito

e deriva dalla combinazione dei singoli fattori di rischio.

I fattori di rischio cardiovascolare rappresentano tutte quelle condizioni

che aumentano la probabilità di presentare patologie del cuore e/o dei vasi

(aterosclerosi): iperglicemia, obesità, fumo, ipertensione, dislipidemia.

La presenza di fattori di rischio multipli comporta un rischio globale

maggiore di quello atteso sulla base del puro effetto additivo dei singoli fattori.

La correzione dei fattori di rischio cardiovascolare, dunque, può rallentare la

progressione della malattia aterosclerotica e ridurre la mortalità per ictus e

cardiopatia ischemica.

Il termine arteriosclerosi designa un gruppo di patologie del sistema

vascolare caratterizzate dall’ispessimento e dalla perdita di elasticità della

parete arteriosa.

L’aterosclerosi è di gran lunga la più comune ed importante forma di

arteriosclerosi ed è la principale causa di morte e di invalidità nei Paesi

occidentali.

L’aterosclerosi è una patologia degenerativa delle arterie di grande e

medio calibro la cui lesione fondamentale, l’ateroma, consiste in una placca

fibrograssosa a livello della tonaca intima caratterizzata da un nucleo lipidico

in cui si ritrovano cellule e loro frammenti e di una sovrastante cappa fibrosa

che può ostruire parzialmente o totalmente il flusso sanguigno.

In attinenza con il principale fattore di rischio cardiovascolare,

l’ipercolesterolemia, il “primus movens” nella formazione dell’ateroma è la

“ritenzione” sottoendoteliale di lipoproteine a bassa densità (LDL), a livello di

quegli spazi endoteliali caratterizzati da un'elevata espressione di

proteoglicani ricchi in condroitin-solfato. La presenza di questi “proteoglicani

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altamente ritensivi” è tipica dei punti di diramazione e biforcazione dell’albero

arterioso (questo spiega la localizzazione dell’aterosclerosi in punti

selezionati dell’albero arterioso).

La sottrazione delle LDL agli antiossidanti circolanti nel plasma rende

queste particelle più suscettibili ai processi di degradazione ossidativa. Nello

spazio endoteliale si accumulano, quindi, LDL ossidate in grado di attivare

l’endotelio con conseguente espressione e liberazione di molecole di

adesione e fattori chemiotattici in grado di richiamare specifiche

sottopopolazioni di leucociti circolanti (soprattutto monociti) dando così l’avvio

alla formazione della lesione aterosclerotica.

Anche altri metaboliti circolanti, legati a diversi fattori di rischio

cardiovascolare, agiscono stimolando l’attivazione dell’endotelio e delle

cellule muscolari lisce. Questi metaboliti comprendono i prodotti di

glicosilazione avanzata (AGEs) che si generano nel diabete, l’iperinsulinemia

tipica delle condizioni di insulino-resistenza, l’iperomocisteinemia, la

produzione di addotti del fumo di sigaretta. L’esposizione a questi stimoli

induce nell’endotelio gravi alterazioni nel suo stato funzionale e questo

rappresenta il passaggio chiave nello sviluppo precoce delle lesioni

aterosclerotiche.

Nel sottoendotelio i monociti/macrofagi accumulano grosse quantità di

lipidi acquisendo il caratteristico aspetto schiumoso. L’ulteriore accumulo di

lipidi porta alla formazione di un nucleo lipidico extracellulare che può

scatenare l’apoptosi di alcuni dei macrofagi. Con l’attivazione dei macrofagi

e/o la loro morte per apoptosi si determina il passaggio da una fase di

crescita della placca stabile e clinicamente silente a una fase di crescita

instabile e potenzialmente pericolosa. Gli eventi chiave in questo passaggio

sono rappresentati dalla liberazione di citochine e dalla produzione e rilascio

di fattore tissutale.

La produzione e successiva liberazione di metalloproteinasi della matrice,

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come le collagenasi e le elastasi, indeboliscono il cappuccio fibroso dando

luogo ad eventi di fissurazione con l’innesco di eventi trombotici che possono

portare all’occlusione del vaso. Questo può esitare in un infarto se

l’occlusione è totale o in un angina instabile se l’occlusione è parziale.

Il modello alimentare mediterraneo prevede: un elevato consumo di alimenti

di origine vegetale (frutta, verdura, legumi, noci e cereali integrali); olio extra-

vergine d’oliva come grasso di condimento (principale sorgente di acidi grassi

monoinsaturi della dieta mediterranea, sotto forma di acido oleico); un

frequente consumo di pesce (come fonte di grassi ω-3); un moderato

consumo di pollame, formaggi e uova; un basso consumo di carni rosse e

processate, zuccheri semplici; un moderato consumo di vino (1 o 2 bicchieri

al giorno al massimo consumati durante i pasti); un elevato contenuto in

antiossidanti, fibre alimentari, ω-3, MUFA (MonoUnsaturated Fatty Acid); un

basso contenuto in colesterolo e grassi saturi. L’apporto calorico giornaliero

deve derivare per il 60% dal consumo di carboidrati (da preferire quelli

complessi), per il 10-15% dal consumo di proteine (per la maggior parte di

origine vegetale) e per il 25-30% dai lipidi (MUFA, PUFA o Polyunsaturated

fatty acids).

La prima evidenza clinica a supporto del beneficio cardiovascolare della

dieta mediterranea è stata fornita dal Lyon Diet Heart Study. Un trial clinico in

cui furono reclutati soggetti che avevano già avuto un evento infartuale e che

erano divisi in due gruppi:

• una dieta “prudente” nota come American Heart Association Step I

• gruppo sperimentale (dieta mediterranea)

Dopo 27 mesi, si osservò una riduzione degli eventi coronarici e delle

morti cardiache del 70%. La riduzione superava di gran lunga quella ottenuta

dopo trattamento farmacologico con le statine.

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Page 20: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

L’olio d’oliva, infatti, aumenta i livelli di HDL (colesterolo “buono”) e

riduce i livelli delle LDL (colesterolo “cattivo”) e di VLDL (ricche di trigliceridi).

Inoltre, riduce l’ossidazione delle LDL e la loro trasformazione in LDL

ossidate, che causano l’aterosclerosi e l’infiammazione.

Oltre che attraverso il miglioramento del profilo lipidico del sangue,

l’acido oleico e gli antiossidanti polifenolici dell’olio d’oliva prevengono

l’aterosclerosi attraverso la riduzione dell’infiammazione della parete

vascolare.

L’olio d’oliva riduce l’aggregazione delle piastrine e la produzione di

molecole che causano la trombosi arteriosa. Quindi aiuta a mantenere la

fluidità del sangue.

L’ipertensione è un fattore di rischio per la malattia cardiovascolare e

renale. Studi epidemiologici dimostrano che il consumo regolare di olio d’oliva

si associa alla riduzione della pressione sanguigna sistolica e diastolica,

anche in pazienti diabetici.

L’obesità è definita da un BMI maggiore o uguale a 30 Kg/m2. I soggetti

obesi sono ad alto rischio di dislipidemia, diabete mellito di tipo II e

ipertensione. L’obesità viscerale è uno dei parametri che definiscono la

sindrome metabolica. Altri sono la dislipidemia aterogena, la pressione

arteriosa elevata, l’iperglicemia e l’insulino-resistenza.

L’obesità, soprattutto viscerale, aumenta il rischio di diabete di tipo II

(insulina-indipendente), che è a sua volta un importante fattore di rischio

cardiovascolare. Il consumo di olio d’oliva non determina un aumento del

peso corporeo. Anzi, rispetto ai grassi saturi, l’olio d’oliva promuove la perdita

di peso e aiuta a mantenere il controllo dei livelli degli zuccheri nel sangue.

20

Page 21: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

L’IMPORTANZA DELLA DIETA NEL TRATTAMENTO

DELLA CIRROSI EPATICA

Una dieta bilanciata e adeguata è fondamentale per mantenere un

buono stato di salute. Uno squilibrio tra la richiesta energetica dell’organismo

e l’introito di nutrienti può determinare uno stato di malnutrizione,

caratterizzato da alterazioni del metabolismo e dalla perdita della funzionalità

degli organi.

La malnutrizione può essere determinata da una deficienza di specifici

minerali (Cu, Fe, I, Se, Zn ), di micronutrienti come vitamine (A, B, C, D, E, K)

e da una carenza proteica-calorica (PEM). La PEM è comune nei pazienti

con patologie croniche del fegato. Tuttavia, i criteri considerati per la diagnosi

della PEM sono gli stessi per tutte le patologie del fegato. Quindi la presenza

e la gravità della malnutrizione sono spesso legate a stadi clinici di malattie

del fegato, cioè la malnutrizione aumenta con un peggioramento delle

funzioni del fegato. La PEM è una condizione tipica dei pazienti in attesa di

un trapianto di fegato. Sebbene gli indicatori dello stato nutrizionale non

riflettano necessariamente l'adeguatezza del livello di assunzione dei

nutrienti, questi possono essere utili per le valutazioni prognostiche di esiti

clinici in pazienti affetti da malattie del fegato. La PEM nelle malattie croniche

del fegato è associata a: (1) un aumento del rischio di infezione legato

all’inibizione della sintesi dell’albumina (attraverso l'effetto inibitorio di

interleuchina-1 e TNF); (2) complicanza d'organo multipla; (3) emorragia

esofagea da varici; (4) aumento della mortalità prima del trapianto; (5)

aumento del rischio di infezione, prolungata ospedalizzazione e aumento

della mortalità dopo il trapianto; (6) aumentata incidenza di encefalopatia.

La cirrosi epatica si può presentare in una forma “compensata” o in una

forma “scompensata”. La prima è caratterizzata da una normale attività di

detossificazione e dall’assenza della tendenza al sanguinamento e

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Page 22: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

dell’encefalopatia epatica. La forma scompensata, invece, è caratterizzata da

ascite, edema, perdita di massa muscolare, varici esofagee sanguinanti,

encefalopatia epatica, tendenza al sanguinamento e progressivo

peggioramento nei risultati dei test di laboratorio. Le cause della

malnutrizione nella cirrosi epatica possono essere di vario tipo: anoressia

(inadeguata assunzione di cibo), sazietà precoce o disgeusia, nausea e

vomito, mal digestione o malassorbimento, dieta molto restrittiva o alterato

metabolismo. L’importanza di una dieta corretta nella cirrosi epatica è

purtroppo ancora sottovalutata. In realtà, una dieta corretta è importante

quanto un farmaco. Il trattamento dietetico è necessario quando ci sono

segni di malnutrizione o la nutrizione non è più possibile con i mezzi ordinari.

I segni di malnutrizione sono:

• Perdita di massa muscolare

• Perdita di tessuto adiposo sottocutaneo

• Aumento dell’acqua nei tessuti

Per l'inizio del trattamento dietetico è importante: assicurare un

adeguato apporto di proteine (privilegiando gli amminoacidi a catena

ramificata) e calorie; aumentare l’assunzione di fibre; ridurre l’apporto di Na+

e aumentare quello di K+; limitare i liquidi. Gli obiettivi del trattamento

dietetico mirano a: prevenire e recuperare lo stato di malnutrizione;

migliorare la funzionalità del fegato; evitare condizioni cataboliche che

determinino l’encefalopatia epatica; migliorare il metabolismo delle proteine,

in particolare in quei pazienti che necessitano di diete ricche di proteine

ridotte, fornendo maggiori quantità di amminoacidi a catena ramificata.

Per il trattamento dell’ascite e dell’edema, occorre seguire una dieta a

iposodica, con ridotta assunzione di liquidi e adeguata assunzione di K+.

Finché il fegato esercita le sue funzioni (cirrosi epatica compensata), non è

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Page 23: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

richiesto alcun trattamento dietetico. I pazienti devono mantenere una dieta

sana, preferibilmente prendendo sei piccoli pasti distribuiti durante la

giornata, e assolutamente evitare l'alcol.

In nessun caso deve essere limitata l'assunzione di proteine la cui

assunzione giornaliera dovrebbe essere intorno a 1,2 (g/Kg di peso

corporeo). Nella cirrosi epatica scompensata, è importante che il paziente

abbia una nutrizione adeguata. Spesso, a causa di uno scarso appetito o di

sazietà (ad esempio dovuta ad ascite), debolezza e affaticamento,

l’assunzione di cibo è inadeguata. Anche in questo caso la dieta deve

prevedere un corretto apporto di proteine (1,5 g di proteine/kg/giorno, o circa

100-120 g di proteine al giorno). Ciò corrisponde ad una dieta normale nelle

persone sane, con adeguate quantità di frutta, verdura, insalate, prodotti a

base di cereali integrali, patate, riso e pasta. Uno squilibrio di aminoacidi si

verifica in tutti i pazienti con cirrosi come conseguenza della disfunzione

epatica. Pazienti con cirrosi sono carenti di amminoacidi a catena ramificata

(BCAA), ma hanno un eccesso di amminoacidi aromatici (AAA). I BCAA

hanno un metabolismo indipendente dalla funzionalità epatica, sono

predominanti nei muscoli e i loro livelli ematici sono ridotti nella cirrosi

epatica. La loro assunzione è quindi utile nel prevenire l’encefalopatia. Gli

AAA, per contro, hanno un metabolismo dipendente dalla funzionalità

epatica, sono predominanti nel fegato e i loro livelli ematici aumentano nella

cirrosi epatica. La loro assunzione è quindi sconsigliata in caso di

encefalopatia.

Per quanto concerne l’assunzione di carboidrati, principale fonte di

energia per l’organismo, sono importanti le fibre che favoriscono la

digestione, rallentano l'aumento degli zuccheri nel sangue, riducono il livello

di colesterolo e migliorano la sensazione di sazietà.

I lipidi non aumentano i livelli di ammoniaca nell’encefalopatia epatica.

L'assunzione di grassi animali non dovrebbe essere troppo elevata e

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l'assunzione di grassi vegetali, in particolare di olio extravergine d’oliva, non

dovrebbe essere troppo bassa. In circa il 40% dei pazienti affetti da cirrosi

epatica la digestione dei grassi è alterata a causa della scarsa utilizzazione

dei grassi e del loro assorbimento. Questo può anche interferire con

l'assorbimento di vitamine liposolubili (A, D, E e K), portando ad un deficit

che deve essere integrato per via parenterale.

Fig. A): Piramide alimentare per il trattamento della cirrosi epatica.

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Page 25: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

LA PRODUZIONE DELL’OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA

L’olio extra vergine di oliva è definito dalla normativa vigente nell’Unione

Europea come un “olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente

dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici” (Reg. CE

1019/2002, art. 3). Scopo del presente capitolo è quello di esaminare i

procedimenti meccanici attualmente utilizzati per la produzione dell’olio extra

vergine di oliva e la loro influenza sulle caratteristiche chimiche e

organolettiche del prodotto.

Coltivazione e raccolta

Per ottenere un olio extra vergine di oliva di qualità è di fondamentale

importanza utilizzare una materia prima di alta qualità. Essendo infatti le olive

l’unico ingrediente utilizzabile nel processo di produzione, nulla potrà essere

fatto per accrescerne la qualità ed eliminarne eventuali difetti. Da olive

difettose si otterrà certamente un olio difettoso; da olive perfette, se ben

lavorate, si potrà ottenere un extravergine di qualità.

È necessario dunque che le olive siano sane, non attaccate da parassiti

(tignola, mosca olearia ecc.). Inoltre, in presenza di climi poco piovosi, è

importante la presenza di un impianto irriguo nell’oliveto, onde evitare la

produzione di olive secche che conferirebbero all’extravergine un sapore

“legnoso”. Di fondamentale importanza anche l’operazione di potatura

annuale degli alberi e la concimazione con azoto, fosforo e potassio per

garantire alla pianta il necessario nutrimento.

La raccolta delle olive deve avvenire direttamente dalla pianta. Le olive

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Page 26: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

raccolte da terra dopo il loro naturale distacco dall’albero, infatti, sono

generalmente sovramature e subiscono fenomeni di fermentazione ed

ossidazione che conferiscono all’olio i caratteristici difetti di muffa, terra,

avvinato-inacetito.

Escludendo dunque la raccolta da terra, è possibile utilizzare diversi

metodi per raccogliere le olive dalla pianta. Il più antico, ma anche il più

costoso, è quello della brucatura a mano, che evita qualunque

danneggiamento delle drupe e delle piante ma comporta elevatissimi costi di

manodopera.

Il metodo più utilizzato per secoli è stato invece quello della

bacchiatura, che consiste nel percuotere i rami dell’albero con verghe o

bastoni, causando così il distacco delle drupe che cadono su reti

appositamente disposte sotto gli alberi per poi essere trasferire in cassoni o

altri contenitori.

Attualmente invece le aziende più organizzate si avvalgono di moderni

scuotitori-vibratori, che velocizzano la raccolta riducendo così i costi di

manodopera. Solo negli oliveti superintensivi viene invece utilizzata una

macchina raccoglitrice “scavallatrice”, simile a quelle utilizzate nei vigneti.

Le olive devono essere raccolte nello stato di invaiatura, ossia quando il

colore della drupa sta virando dal verde al violaceo.

Trasporto e stoccaggio

Le olive appena raccolte devono essere immediatamente trasportate in

frantoio, in cassette o cassoni o in altri contenitori arieggiati che prevengano

fenomeni di fermentazione anaerobica. Assolutamente da evitare dunque il

trasporto in sacchi.

Al loro arrivo in frantoio le olive possono essere stoccate in cassoni, in

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Page 27: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

tramogge o direttamente su un pavimento pulito purché in cumuli non troppo

elevati. Il tempo di stoccaggio deve essere il più breve possibile, al fine di

preservare intatta la struttura cellulare dell’oliva e prevenire la presenza di

difetti organolettici nell’olio quali muffa, riscaldo, avvinato-inacetito. In

presenza di olive sane il tempo di stoccaggio deve essere non superiore alle

24 ore; in presenza di olive molto mature o attaccate dalla mosca, non

superiore alle 12 ore.

Prima di essere avviate verso il frantoio, le olive vengono separate dalle

foglie attraverso una macchina defogliatrice.

Frangitura o Molitura

La prima fase del processo di produzione è quella della frangitura o

molitura, che ha l’obiettivo di frantumare le olive e di rompere i vacuoli nei

quali è contenuto l’olio. Si parla di molitura quando questa operazione è

svolta con l’utilizzo di macine in pietra o in granito; si parla di frangitura invece

quando ci si avvale di frangitori in acciaio.

La macina consente di ottenere oli dal sapore più delicato e armonico,

con un tenore più basso di polifenoli che conferiscono il caratteristico sapore

amaro e piccante. Il frangitore, invece, oltre a velocizzare l’operazione di

frangitura, aumenta l’estrazione dei polifenoli amari.

Gramolatura

L’operazione di gramolatura si svolge all’interno di una macchina

paragonabile ad una impastatrice che, attraverso il lento movimento di una

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Page 28: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

coclea, rende fluida la pasta di olive ottenuta dalla macina o dal frangitore,

preparandola così per la successiva fase di estrazione.

Durante la gramolatura, infatti, le goccioline di olio contenute nei vacuoli

tendono ad aggregarsi formando così delle gocce più grandi che più

facilmente potranno essere separate dall’acqua di vegetazione. Inoltre l’olio

entra in contatto con gli enzimi contenuti nella polpa dell’oliva al di fuori dei

vacuoli, formando così i composti aromatici che caratterizzeranno il sapore

ed il profumo di un extra-vergine di oliva di qualità.

Di cruciale importanza è la temperatura della pasta di olive durante il

processo di gramolatura. Temperature elevate consentono infatti di estrarre

una maggior quantità di olio, ottenendo così rese produttive più elevate, ma

impoveriscono il profilo olfattivo e gustativo dell’olio. Per questo la normativa

comunitaria vigente consente di utilizzare l’indicazione di “estratto a freddo”,

“spremuto a freddo” o “prodotto a freddo” sull’etichetta dell’olio extra vergine

di oliva soltanto se la temperatura della pasta di olive durante tutto il processo

produttivo è stata sempre inferiore a 27(°C).

Estrazione

L’estrazione dell’olio dalla pasta di olive gramolata avviene

principalmente attraverso due metodi, per pressione (metodo anche noto

come “tradizionale”!) quello continuo o per centrifugazione, ai quali si

aggiunge quello poco diffuso del percolamento.

Il metodo “tradizionale”, utilizzato per secoli, prevede che la pasta di

olive sia distribuita su dei dischi filtranti fatti di corde o di nylon, detti fiscoli. I

fiscoli ricoperti di pasta di olive vengono poi sovrapposti fino a formare una

pila che viene poi sottoposta alla pressione di un torchio idraulico. La

pressione causa la fuoriuscita di una mistura di olio e acqua di vegetazione

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Page 29: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

che si raccoglie in un pozzetto sottostante per poi essere trasferita al

separatore. Il metodo “tradizionale” presenta numerosi inconvenienti di natura

tecnica ed economica: l’elevato costo di manodopera; l’ossidazione della

pasta di olive dovuta alla prolungata esposizione all’ossigeno presente

nell’aria; le carenti condizioni igieniche dovute alla difficoltà di rimuovere

completamente dai fiscoli i residui di pasta di olive; il contatto prolungato tra

olio e acqua di vegetazione, oltre a particolari di tipo meccanico, quali le

pressioni che la pasta di olive deve sopportare (qualche centinaio di atm) ed il

conseguente aumento di temperatura dovuto all'attrito, che fa superare di

gran lunga la T di 27(°C) stabilita per legge perché l'olio extra-vergine di oliva

venga etichettato come “estratto a freddo”.

Il metodo continuo invece si avvale di moderne centrifughe in acciaio

inox che, sfruttando le differenze di peso specifico, separano olio, acqua di

vegetazione e sansa, garantendo condizioni igieniche perfette e prevenendo

fenomeni di fermentazione e ossidazione della pasta di olive. Il sistema è

inoltre del tutto automatizzato riducendo così anche il costo di manodopera.

Si tratta dunque del metodo più utilizzato nei moderni frantoi.

Un’ulteriore centrifuga chiamata separatore provvede infine, in entrambi

i casi, a separare l’olio extra vergine di oliva dall’acqua di vegetazione.

Conservazione e confezionamento

L’olio extra vergine di oliva viene normalmente conservato in cisterne

interrate o in silos in acciaio inox a temperatura costante. Le modalità di

conservazione sono molto importanti al fine di prevenire l’insorgenza di difetti

organolettici.

Dopo la produzione l’olio è in genere sottoposto a travasi che

consentono di separare i fondami o morchie contenenti enzimi, particelle

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Page 30: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

solide e residui di acqua di vegetazione. Se i travasi non vengono effettuati

correttamente e nei tempi giusti può generarsi il caratteristico e persistente

difetto di morchia.

Durante la conservazione v’è anche il pericolo di irrancidimento

dell’olio, causato da fenomeni ossidativi dovuti alla presenza di ossigeno e

favoriti dalla luce e dal calore. Pertanto è opportuno che l’olio sia conservato

a temperature comprese tra 10 e 18 gradi centigradi, in assenza di luce, e

che le cisterne siano colmate con azoto.

Prima del confezionamento, che deve avvenire in bottiglie di vetro

scuro, lattine o ceramiche, l’olio extra vergine di oliva può essere sottoposto a

filtraggio onde prevenire la formazione di sedimenti e facilitarne la

conservazione.

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Page 31: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

ESAME ORGANOLETTICO DELL’OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA

La denominazione “extra vergine” per un olio di oliva denota una

precisa classe merceologica, definita nel regolamento UE 61/2011; il quale

regolamento, stabilisce che l'olio per poter essere definito “extra vergine”

deve avere determinate caratteristiche tra cui le principali sono:

• acidità inferiore o al più uguale allo 0,8%

• nr° di perossidi inferiore o uguale a 20 mEq O2 /kg

• UV: K232 < 2,50 , K270 < 0,22 e ΔK < 0,1

• definizione del limite massimo di alchilesteri

• ma soprattutto, oltre a rispettare una serie di parametri chimici, deve

essere sottoposto ad un esame organolettico definito panel test che

attesti la totale assenza di ben definiti difetti e la presenza del

sapore fruttato.

Un olio che non rispetti anche solo uno dei parametri sopra definiti

viene declassato come “vergine”, o eventualmente “lampante”.

Il panel test

L’esame organolettico deve essere svolto da un panel formato da

assaggiatori professionisti. Il numero dei componenti può variare da un

minimo di otto a un massimo di dodici persone. Il panel test viene effettuato in

apposite sale, nelle quali ciascun degustatore è isolato in una cabina dotata

di un riscaldatore elettrico e di un lavandino e compila individualmente una

scheda di valutazione organolettica conforme a quella riportata

nell’appendice A del Reg. CE 640/2008. Anche il calcolo della mediana dei

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Page 32: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

difetti risponde a delle regole ben precise: la mediana dei difetti pervenuti al

capo panel deve rispondere al requisito statistico di avere un coefficiente di

variazione robusto inferiore al 20%, in caso contrario l'olio verrà ri-sottoposto

al panel, ad insaputa degli stessi componenti, e sotto codifica diversa dal

precedente assaggio. È compito del capo panel raccogliere poi tutte le

schede ed elaborare statisticamente i dati, emettendo così il documento

finale di valutazione.

Esame visivo

Durante in panel test vengono utilizzati degli appositi bicchieri di colore

blu o marrone che impediscono di vedere il colore dell’olio. L’assaggiatore

infatti non deve essere influenzato dal colore. Soltanto durante la

degustazione di oli DOP il cui disciplinare preveda anche l’indicazione del

colore si provvede ad esaminare questo parametro.

Altri elementi che possono essere osservati visivamente, come la

limpidezza, la torbidità, la velatura, non hanno però alcuna rilevanza ai fini

delle valutazioni previste dalla normativa vigente.

Esame olfattivo

Per poter effettuare correttamente l’esame olfattivo tutti gli oli devono

essere degustati alla stessa temperatura. Per questo ci si avvale di un

riscaldatore che porti l’olio, versato in un apposito bicchiere a forma di

tulipano, ad una temperatura di circa 28 gradi centigradi.

L’esame olfattivo mira innanzitutto ad accertare l’assenza di difetti

organolettici, in quanto la presenza di anche un solo attributo negativo

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Page 33: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

comporta il declassamento dell’olio che non può più essere definito extra-

vergine. Tra i difetti più frequenti si segnalano:

– morchia

– muffa-umidità

– avvinato-inacetito

– metallico

– rancido

– legno

Sulla genesi di tali difetti organolettici ci si è già soffermati nel capitolo

relativo al processo di produzione dell’olio extra vergine di oliva.

Altri attributi negativi riscontrabili durante la degustazione sono: cotto,

grossolano, lubrificanti, acqua di vegetazione, salamoia, sparto o fiscolo,

cetriolo, legno umido. Le definizioni di tali difetti sono indicate nel Reg. CE

640/2008.

Tra gli attributi positivi invece il principale è il fruttato, definito come

l’insieme delle sensazioni olfattive caratteristiche dell’olio ottenuto da frutti

sani e freschi, verdi o maturi. Il fruttato si definisce verde se ricorda le olive

verdi, maturo se ricorda le olive mature. Affinché un olio sia extra-vergine la

mediana del fruttato deve essere maggiore di zero. In altri termini, se un olio

non presenta l’attributo positivo di fruttato, non può essere definito extra-

vergine.

Altri attributi positivi, non indicati nel Reg. CE 640 ma caratterizzanti gli

oli di qualità, sono le sensazioni aromatiche che ricordano il carciofo, l’erba, i

fiori, la mandorla, la mela, il pinolo, il pomodoro e altri vegetali. Sono

sensazioni tipiche di oli ottenuti da olive sane, raccolte dalla pianta al giusto

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grado di maturazione e lavorate a freddo entro poche ore.

L’intensità di percezione di ciascun attributo, positivo o negativo, è

riportata dall’assaggiatore apponendo un segno su un segmento della

lunghezza di dieci centimetri, non numerato. Il corrispondente valore

numerico viene calcolato in seguito dal capo panel come rapporto tra (cm

segnati dal degustatore / 10 cm totali), quindi un numero reale.

È compito del capo panel poi tradurre in numeri decimali i segni apposti dai

singoli degustatori sui segmenti.

Esame gustativo

L’esame gustativo si effettua portando nel cavo orale una piccola

quantità di olio, senza deglutirla, ed inspirando poi aria a denti stretti

(strippaggio), prima in maniera più delicata e poi in maniera più vigorosa. Il

riscaldamento, l’ossigenazione e la roteazione dell’olio favoriscono

l’evaporazione dei composti volatili che, percepiti per via retronasale,

costituiranno il flavor caratteristico di ciascun olio.

Gli attributi negativi sono gli stessi già indicati per l’analisi olfattiva, ai

quali va però aggiunta la sensazione di terra.

I tre principali attributi positivi percepiti all’esame gustativo sono il

fruttato, l’amaro e il piccante. Queste ultime due sensazioni, insieme a quella

di pungenza percepita a livello della laringe, sono associate in particolare alla

presenza di oleuropeina e idrossitirosolo.

Il fruttato, a seconda della sua intensità, può essere definito leggero,

medio o intenso. Altri attributi positivi, non riportati sulla scheda definita dalla

normativa comunitaria, sono simili a quelli già indicati per l’analisi olfattiva. A

questi si aggiungono l’armonicità delle sensazioni, la persistenza retrolfattiva

qualitativa e caratteristiche cinestetiche come la fluidità.

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Page 36: Fabrizio Bossis - Composizione chimica dei costituenti minori dell'olio extravergine di olive

Transport mechanism and metabolism of olive oil hydroxytyrosol in Caco-2 cells. FEBS

Letters. (470) 341-344.

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