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SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 2 LO/MI NOVEMBRE 2017 | numero 035/036 | anno XIII Periodico di FMS Onlus · Struttura Complessa di Ematologia ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda www.malattiedelsangue.com PERIODICO DI INFORMAZIONE E DIVULGAZIONE MEDICA DELL’ASSOCIAZIONE MALATTIE DEL SANGUE Federico Fellini 035/036 8 ½ IN QUESTO NUMERO: Verso le terapie personalizzate in ematologia Intervista sul bullismo Conosco la malattia I mulini della Lomellina

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NOVEMBRE 2017 | numero 035/036 | anno XIIIPeriodico di FMs Onlus · struttura Complessa di EmatologiaAssT Grande Ospedale Metropolitano Niguardawww.malattiedelsangue.com

PERIODICO DI INFORMAZIONE E DIVULGAZIONE MEDICA DELL’AssOCIAZIONE MALATTIE DEL sANGUE

FedericoFellini

035/

036

IN QUESTO NUMERO:• Verso le terapie personalizzate in ematologia• Intervista sul bullismo• Conosco la malattia• I mulini della Lomellina

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Abbiamo fatto rete!

Obiettivi importanti sono stati raggiunti.

Vincere la partita contro le malattie del sangue

è la nostra meta.

E’ un lavoro di squadradove tutti sono necessari:

medici, ricercatori e tu con

il tuo 5x1000per la fondazione

Malattie del Sangue

Codice Fiscale 97487060150Banca Popolare di Milano AG 42

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Ematologia Ospedale NiguardaPiazza Ospedale Maggiore 3 | 20162 | MilanoPiazzale Carlo Maciachini 11 | 20159 | Milano

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fundraisingCinque per mille, ecco cosa cambia . . . . . . . . . . . . . . . . . 37due nuove infermiere per l’Ematologia di Niguarda . . . . 38mi chiamo Martina, sono un’infermiera . . . . . . . . . . . . . . . 39una storia di famiglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40le immagini della Cena raccolta fondi di maggio . . . . . . 42una partita per ricordare Matteo, Daniele e Giorgio . . . . 44

per il lettore:Hai ricevuto Ematos tramite posta in quanto sei tra gli amici e sostenitori di AMs Onlus. È un modo per dirtiGRAZIE per il tuo aiuto e il tuo affetto, e per tenerti aggiornato sui risultati dell'associazione. Qualora non fossipiù interessato a riceverlo scrivi a [email protected] o telefona allo 02 64 25 891

Direttore Responsabile:Michele Nichelatti Direttore Scientifico:Enrica Morra

hanno collaborato a questo numero:Alessandra Bossi, Marco Brusati, Daniela Calamai,Paola D’Amico, Martina Leggio, Flavia Mammoliti,Enrica Morra, Michele Nichelatti, Luigi Pagetti,Giuseppe sala, Alessandra Trojani

Progetto grafico e impaginazioneAndrea Albanese

EditoreAssociazione Malattie del sangue Onlusper la promozione della ricerca e per il progresso nel trattamento delleleucemie e delle altre malattie del sangueD.L. 04/12/97 n. 460/97 art. 10 comma 8iscritta al Registro Regionale del VolontariatoSezione provinciale di Milano MI-567Decreto 15/04/11 n. 754

c/o EmatologiaAssT Grande Ospedale Metropolitano NiguardaPiazza Ospedale Maggiore 320162 – MilanoC. F. 97225150156

telefono e fax 02 64 25 [email protected]

Creative Commons alcuni diritti sono riservatiI contenuti di Ematos possono essere modificati,ottimizzati e utilizzati, con citazione della fonte,come base per altre opere non commerciali dadistribuirsi esclusivamente con licenza identica oequivalente a questa.

Fotoistockphoto.comNicola VagliaFlavia MammolitiLedino PozzettiWikipedia

StampaMaingraf srlBresso (MI)

Registro periodici del Tribunale di Milano n. 646del 17/11/03

Spedizione in Abbonamento PostaleD.L. 353/2003 (conv. in l. 27/02/04 n. 46) Art.1 comma 2 DBC Milano

Questa è una rivista distribuita gratuitamente,edita da una ONLUs (Organizzazione NonLucrativa di Utilità sociale), ed al cui internopossono apparire immagini tratte dal web e che,per quanto ci risulta, sono di pubblico dominio.Tuttavia, se la loro pubblicazione violasse even-tuali diritti d'autore, vi preghiamo di inviare unamail a [email protected] eprovvederemo ad attribuirne i crediti al detento-

editoriale | di Enrica Morra

tanta carne al fuoco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2bella storia | Giuseppe sala, sindaco di Milano

conosco la malattia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3abc genetica | di Alessandra Trojani

un aiuto dalla genetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4società | di Maria Laura Zuccarino

il bullismo: un abuso psicologico sistematico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6da rivedere |8½ di Federico Fellini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .12comunicare | di Alessandra Bossi

parola al colore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16la ricorrenza | di Paola D’Amico

Leonardo e Milano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22intervista a Enrica Morrail Progetto REL sulla caratterizzazione del genoma: verso le terapie individuali . . . . 26tesori nascosti | di Luigi Pagetti

tracce nel nostro territorio: i mulini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

035/036novembre 2017

rubrichein punta di forchetta . . . . . . . . . . . . . 5da riascoltare . . . . . . . . . . . . . . . . . 14letti per voi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20notizie dal mondo scientifico . . . . 30giochi per la mente . . . . . . . . . . . . 45

Ematos è la rivista di AMs Onlus, l'associazione che contribuisce in modo determinante a rendere l'Ematologia di Niguarda un centro d'eccellenza per la cura di leucemie, linfomi, mielomi e delle altre malattie del sangue.

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di Enrica Morra

editoriale

ematos • 035/0362

In questo numero possiamo dire davvero diavere messo tanta carne al fuoco. Si parla diematologia, come al solito, stavolta per fareil punto sul progetto REL (Rete Ematologica

Lombarda) che porterà – tutti lo auspichiamo –alla individuazione della terapia più adatta perogni singolo paziente affetto da neoplasie del san-gue grazie all’analisi del genoma. Un passo avantinon solo verso l’ottimizzazione della terapia, maanche verso una medicina più umana, orientataalla qualità della vita dei pazienti. Ma tra gli obiettivi del “nuovo” Ematos c’è anchequello di aprirsi sempre di più al mondo e di cer-care di rendere la lettura della nostra rivista, senon piacevole, almeno interessante. E in questonumero, gli argomenti interessanti non dovrebbe-ro mancare. C’è una dettagliatissima intervista sul sempre piùpreoccupante fenomeno del bullismo, rilasciatada Maria Laura Zuccarino, un medico psichiatracon grande competenza nei problemi dei bambinie degli adolescenti, e che per tantissimi anni è sta-ta una colonna dell’Ospedale Niguarda. Ma c’èanche, tra i tesori nascosti, una escursione, guida-ta da Luigi Pagetti, tra i mulini della Lomellina,un patrimonio di cultura che non può essere di-menticato, così come troviamo un articolo dellanostra Alessandra Bossi che ci racconta come i co-lori ci parlino e che significato abbiano a livello dicomunicazione.Infine, troviamo un contributo di Giuseppe Sala, ilsindaco di Milano, che – standosene appartatodalla politica – ci parla della sua esperienza con lamalattia, esperienza vissuta in prima persona, eche ci racconta con semplicità e anche con ottimi-smo.Grazie a tutti.

tanta carne al fuoco

Tra gli obiettivi del “nuovo” Ematos c’è anchequello di aprirsi sempre di più al mondo e di cer-care di rendere la lettura della nostra rivista, senon piacevole, almeno interessante. E in questo numero, gli argomenti interessantinon dovrebbero mancare.

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bella storia

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conosco la malattia

Conosco la malattia. So che cosavuol dire avere un tumore. Èun’esperienza che ho vissuto indue modi diversi, da figlio di unmalato e da malato. In entrambi

i casi la diagnosi ti lascia sotto shock. An-che se, bisogna ammetterlo, quando toccaa te è un po' diverso.La mia vita è cambiata vent’anni fa, quandodi anni ne avevo 39. È allora che ho scoper-to di avere lo stesso linfoma di cui era mortomio padre, poco tempo prima. Chi ha im-parato a conoscermi sa che affronto tutto inmaniera diretta, con il massimo della ra-zionalità. Non ho ceduto al panico, quindi.

Ma ammetto di essere stato in uno statopsicologico molto difficile. Prendere coscienza di non poter dominareche cosa accade al nostro corpo è la partepiù dura da accettare. In quel momento,però, abbiamo bisogno di fare qualcosa.Consultiamo medici ed esperti, li ascoltia-mo e facciamo in modo che loro ci ascolti-no; ci facciamo spiegare tutto sul nostromale perché fa parte di noi e siamo noi chedobbiamo combatterlo, quindi dobbiamosaperlo. Ci serve l’aiuto dei familiari e degliamici. Alcuni (anche io) si fanno aiutare dauno psicologo.  Perché si vuole guarire.Ed è mentre ero impegnato nell’accettare

la malattia e cercavo il modo perguarire che ho incontrato l’on-cologo Umberto Veronesi: riu-scì a rassicurarmi, perché que-sto era il suo tratto umano piùevidente. Ha controllato gli esa-mi, mi ha ascoltato e mi ha ras-sicurato: “Si può guarire e si puòcontinuare a vivere bene. Manon pensare di andare allaguerra contro la malattia. Fan-ne una parte della tua vita, an-che se è difficile. Ne uscirai e sa-rai un uomo migliore".Ho fatto un trapianto di stami-nali che mi ha salvato la vita.Tanta chemio e poi sono statoricoverato per un mese. Ricor-do che le persone a me più caree gli amici che mi venivano atrovare in ospedale, quando en-travano nella mia stanza, indos-savano la mascherina, per nonfarmi entrare in contatto con ibatteri che arrivavano da fuori.Il cancro è una battaglia che non

si combatte da soli. Certo, ci si sente soli a volte. Certo, si correil rischio di isolarsi. Certo, si convive conla paura che il male ritorni o che non ci diatregua. Certo, non si ha sempre voglia dicondividere la propria esperienza, perchéè dolorosa e faticosa per il corpo e per lospirito. Non si deve smettere di sperare né di fidarsidi medici competenti, capaci di capire e ac-compagnare i pazienti lungo la lunga stra-da della guarigione. I progressi della medi-cina sono enormi. Ciò che ieri era incurabi-le oggi è guaribile; ciò che oggi non si puòcurare domani sarà debellato.

Giuseppe Sala, Sindaco di Milano

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Ma c’è di più. Alcune variazioni genetichepossono conferire particolari attitudinipsico-fisiche che rendono capaci di affron-tare al meglio fatiche fisiche e proteggereda disturbi di salute. Nello sport per esem-

pio, è stata scoperto che una variazione nel geneACTN3 conferisce ai corridori la capacità di grandisprint poiché attiva le fibre muscolari a contrazione ra-pida. Al contrario nei fondisti, è presente una differentevariazione dello stesso gene che potenzia i muscoli lentipiù adatti a questa disciplina sportiva.Un team di scienziati di Yale School of Medicine ha sco-perto, in seguito ad uno studio genetico di una famigliacaratterizzata storicamente da uno scheletro forte e ro-busto, che una mutazione del gene LRP5 è in grado diconferire alle ossa una struttura estremamente forte.Per contro, anomalie diverse nello stesso gene favori-scono l’insorgere dell’osteoporosi. Nelle malattie cardiovascolari il livello di colesterolo èun indicatore di salute fondamentale. E’ necessario te-nere sotto controllo l’alimentazione e l’attività fisica,ma in alcuni casi un aiuto può arrivare naturalmentedalla genetica. Individui che hanno una mutazione nel gene CETPhanno livelli di colesterolo buono HDL e, per questa loro caratteri-stica innata, sono protetti dalle malattie cardiovascolari.Parliamo ora di bevitori di caffè. E’ noto che le persone reagisconoagli effetti della caffeina in modo molto diverso: il caffè può esseremetabolizzato in modo molto differente. Ci sono sei variazioni ge-netiche che determinano effetti differenti in seguito all’assunzionedi caffè, in particolare, quelle vicino ai geni BDNF e SLC6A4 au-

mentano il desiderio di assumerne di più.Un'altra caratteristica “invidiabile” di alcune persone è la capacitàdi svolgere una vita molto attiva senza il bisogno di dormire 7-8 oreper notte, periodo necessario e consigliato per la nostra salute. Esi-ste una variazione genetica del gene hDEC2 che conferisce, a chi lapossiede, di ricaricarsi dormendo solo 4 ore di sonno per notte, chespiegherebbe la capacità incredibile di queste persone a fare una vi-ta normale con un riposo così breve.

di Alessandra Trojani

abc genetica

Biologo, specialista in Genetica Medica - sC di EmatologiaOspedale Niguarda Ca' Granda, Milano

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A volte ci domandiamo perché alcunepersone siano dotate di capacità fisi-che che le rendono così speciali rispet-to agli altri. Gli scienziati rispondono a que-ste domande con studi mirati ad approfon-dire la conoscenza del DNA, un universo ingran parte ancora da scoprire. sappiamoche il DNA è la nostra carta d’identità:ci dice come siamo fatti fisicamente, ci ri-vela la predisposizione o la causa di alcunemalattie.

un aiuto dalla genetica

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Parlare di casoeula e busecca significa affondare nella più an-tica tradizione culinaria lombarda e milanese. Sono piattiad altissima capacità nutritiva, ma men-tre la casoeula, visti gli ingredienti,può portare con sé dei carichi ca-

lorici da capogiro, la busecca è un piattoleggero, dato che la trippa è fatta daproteine allo stato quasi puro (solo105 kcal ogni 100 g, più o meno co-me il petto di pollo).Si tratta di piatti poveri perché fatticon i tagli di carne suina e bovinameno nobili; soprattutto, si trattadi tipici piatti invernali. In partico-lare, la casoeula richiede la verza,che per essere buona deve avere pas-sato qualche notte al gelo, e tutti i taglidi scarto del maiale (tra cui le orecchie oanche la testa intera) altro non sono che gliavanzi della macellazione che tipicamente avve-niva entro la prima quindicina di gennaio.

in punta di forchetta

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non è roba macrobiotica

casoeulaIngredienti: 2 zampetti di maiale, 200 gr. di cotenne, 1 kg di costine, 6 ver-zini (piccole salsicce)Sedano un paio di gambiCarote 4Verze minimo 2 kg 2 cipolle Sale e pepe1 bicchiere di vino bianco

Lavare e pulire le verze e tagliarle a fette sottilissimeBollire i verzini (20 min), cotenne e piedini (per un’ora): dopo averli pas-sati in cipolla rosolata con burro, coprirli con acqua.A fine cottura, scolateliQuindi rosolate con burro e un cucchiaio di olio anche cipolla carote e se-dano (tagliati a rondelle) e quindi aggiungere le costine e farle rosolare,poi cuocere a fuoco bassissimo aggiungendo un bicchiere di vino biancosecco. Quando il vino è evaporato, aggiungere le zampe e le cotenne, unpizzico di pepe e tre foglie di salvia, quindi coprire con del brodo e lasciarecuocere a casseruola coperta per 30 minuti.A questo punto aggiungere la verza (senza scolarla all'eccesso).Quando manca mezz'ora alla cottura completa (le verze saranno ben cot-te), mettete in casseruola i verzini che avete in precedenza scottato.Proseguire la cottura a fuoco basso per una altra mezz'ora Servite con le verze e come corredo anche con della polenta o pane tostato

buseccaIngredienti 1 kg trippa1 Cipolla 2 carote 1 gamba di sedano, fagioli bianchi di Spagna (250 gr)

Rosolare le verdure a pezzi con soffritto (e aglio)Aggiungere la trippa precedentemente bollita e scolata Unire brodo (che copra il tutto) in cui avrete fatto sciogliere della salsa dipomodoro, due foglie di salvia, noce moscataCuocere lentamente 40 min/1 hA fine cottura, aggiungere i fagioli scolati e una manciata di prezzemolotritato

Servire con fette di pane tostato

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società

il bullismo:un abuso psicologico

Quando nasce lo studio del bullismo?Le prime ricerche sull’argomento sonostate effettuate in Norvegia, dove, alla finedegli anni 70 si verificarono una serie disuicidi di bambini, in situazioni totalmen-te indipendenti, che lasciarono dei bigliet-ti in cui motivavano il loro gesto estremodalla sofferenza provocata dai continuiabusi e prepotenze da parte dei compagnidi scuola. L’eco che questi fatti di cronacaebbero su giornali e televisione costrinse-ro il governo a stanziare dei fondi nazio-nali per coordinare una ricerca nelle scuo-le. Questa ricerca fu affidata a Dan Ol-weus, docente di psicologia all’Universitàdi Bergen in Norvegia, che è a tutt’oggiconsiderato la massima autorità mondiale

sull’argomento. Attraverso l’utilizzo diun questionario appositamente predispo-sto ed applicato ad un campione di 150mila studenti norvegesi e svedesi, Olweusriscontrò che il bullismo coinvolgeva circail 16% degli studenti della scuola primariae secondaria (9% come vittime e 7% comepersecutori) e che il fenomeno tendeva amostrare una riduzione tra gli 8 ed i 16 an-ni d’età. (Olweus, 1978-1991). Negli anni80, in Inghilterra, avvenne un fenomenomolto simile a quello scandinavo: un bam-bino di scuola elementare si suicidò dopoaver subito violenze e soprusi da parte dicoetanei in classe. In Italia, le statistiche di Telefono azzurroparlano di un fenomeno che, tra il 2012 e il

Le prime ricerche sull’argomento sono state effettuate inNorvegia, dove, alla fine degli anni 70 si verificarono una seriedi suicidi di bambini, in situazioni totalmente indipendenti,che lasciarono dei biglietti in cui motivavano il loro gestoestremo dalla sofferenza provocata dai continui abusi e pre-potenze da parte dei compagni di scuola. L’eco che questi fat-ti di cronaca ebbero su giornali e televisione costrinsero il go-verno a stanziare dei fondi nazionali per coordinare una ricer-ca nelle scuole.

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di Maria Laura ZuccarinoMedico Chirurgo, Neuropsichiatra dell’Infanzia e dell’Adolescenza

Psicoanalista della società Psicoanalitica Italiana (sPI) e Didatta della scuola dispecializzazione in Psicoterapia Psicoanalica dell’Infanzia e dell’Adolescenza (AIPPI)

sistematico

2014 era raddoppiato in due anni: nel 2012l’8,4% dei ragazzini dagli 11 ai 19 anni dichia-rava di essere stato vittima di atti di violenzada parte dei coetanei; nel 2014 la percentua-le era salita al 16,5 per cento. Oltre il 60 percento dei casi si registra a scuola. e, dalle te-stimonianze di genitori ed insegnanti, nullalascia immaginare che questo trend si sia ar-restato.

Ma cosa è il bullismo?Consiste in un “abuso” psicologico, fisico orelazionale, effettuato con la forza e la coer-cizione, ripetuto e continuato nel tempo,perpetuato da una persona (bullo) o da ungruppo, più potente nei confronti di una per-sona percepita più debole (vittima). I tre fat-tori che permettono di discriminare il bulli-smo da altre forme di comportamento ag-gressivo e dalle comuni prepotenze sono: 1) l’intenzionalità aggressiva perché il bulloagisce con l’intenzione e lo scopo preciso didominare sull’altro, offenderlo e causarglidanni o disagi, senza necessità di una provo-cazione. 2) la sistematicità, perché i comportamentibullistici sono persistenti nel tempo: sebbe-ne anche un singolo fatto grave possa essereconsiderato una forma di bullismo, di solitogli episodi sono ripetuti nel tempo, si verifi-cano con una frequenza piuttosto elevata epersistono per settimane, mesi, persino an-ni, ed è difficile difendersi per coloro che nesono vittime. 3) l’asimmetria fisica e psicologica della re-lazione, perché il rapporto tra bullo e vittimapresenta sempre una disuguaglianza di for-za e di potere: uno dei due sempre prevarica,e l’altro sempre subisce, senza riuscire a di-fendersi e vivendo un forte senso di rabbia,impotenza e vergogna. L’asimmetria di po-tere può essere dovuta alla forza fisica, o al-l’età, ma anche al fatto che, con sempre mag-

giore frequenza, gli atti di bullismo vengonoperpetrati in gruppo. Coinvolti nel fenomeno del bullismo sonoper lo più bambini e adolescenti compresinelle fasce di età tra i 7-8 e i 14-16 anni, cioèl’età della scuola elementare, e specialmen-te dei primi anni delle superiori. Sebbene siassista, con l’aumento dell’età, ad una dimi-nuzione della frequenza degli atti di bulli-smo, spesso aumenta la loro gravità.

Esiste un solo tipo di bullismo?In genere, si distingue un bullismo direttoed uno indiretto. Il bullismo diretto è costi-tuito dai comportamenti aggressivi e prepo-tenti più visibili e può essere espresso sia informe fisiche, che verbali o relazionali. Nelprimo caso, si tratta di attacchi fisici diretti,come picchiare, prendere a calci e a pugni,spingere, dare pizzicotti, graffiare, morde-re, tirare i capelli, appropriarsi degli oggettidell’altro o rovinarli… Il bullismo direttoverbale implica invece il ripetersi di minac-ce, la messa in ridicolo, gli insulti, spesso di-

retti non solo alla vittima, ma anche alla suafamiglia, alla sua appartenenza razziale,etc... Il bullismo indiretto, invece, si giocapiù sul piano psicologico, è meno visibile,quindi più difficile da individuare, ma nonper questo meno dannoso per chi ne è ogget-to. Per lo più si tratta di bullismo relazionale,come isolare un bambino/a o un ragazzo/a,farlo escludere dal gruppo dei coetanei, dif-fondere pettegolezzi e calunnie sul suo con-to, rivolgere smorfie o gesti volgari…

Quali sono le situazioni familiari e so-ciali che si correlano con il bullismo?Sarebbe difficile, e a mio parere scorretto,fare un collegamento specifico tra particola-ri situazioni familiari o sociali e l’origine delbullismo. Si tratta di un fenomeno comples-so, che deriva dalla interazione precoce difattori intrapsichici, relazionali e sociali. E’ possibile tuttavia osservare alcuni trattidi personalità ricorrenti nei ragazzini coin-volti in atti di bullismo, che lasciano intuireuna fragilità dei riferimenti interni relativialla gestione della sofferenza e al controllodell’aggressività, e che suggeriscono l’in-fluenza di dinamiche relazionali ed emotiveinternalizzate precocemente nel corso dellacrescita, e legate a meccanismi identificato-ri, o controidentificatori, nelle figure di rife-rimento primarie. Sappiamo, infatti, come un bambino che infamiglia assiste a scene di violenza domesti-ca, per identificazione tenderà a riportarequesto comportamento in classe o nel suo

In genere, si distingue un bullismo diretto ed uno indiretto. Il bullismo direttoè costituito dai comportamenti aggressivi e prepotenti più visibili e può esse-re espresso sia in forme fisiche, che verbali o relazionali. Nel primo caso, sitratta di attacchi fisici diretti, come picchiare, prendere a calci e a pugni,spingere, dare pizzicotti, graffiare, mordere, tirare i capelli, appropriarsi deglioggetti dell’altro o rovinarli… Il bullismo diretto verbale implica invece il ripe-tersi di minacce, la messa in ridicolo, gli insulti, spesso diretti non solo allavittima, ma anche alla sua famiglia, alla sua appartenenza razziale, etc... Ilbullismo indiretto, invece, si gioca più sul piano psicologico, è meno visibile,quindi più difficile da individuare.

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ematos • 035/0368

società

ambiente, mentre, il bambino che ha vissutosulla sua pelle la violenza, può essere predi-sposto a subirla anche fuori dal nucleo fami-liare.Anche l’assenza o la scarsa autorevolezza deigenitori può agire, però, come fattore scate-nante il comportamento del bullo, perché,producendo un pervasivo misconoscimen-to dell’autorità, può portare all’instaurarsidi una “sub-cultura” della violenza, fatta di

parolacce, prese in giro, botte, prevaricazio-ni… che sono già bullismo, in quanto azionicompiute intenzionalmente, ripetute e talo-ra cronicizzate, con la presenza di ruoli bendefiniti di vittima e carnefice.L’esperienza di terapie psicoanalitiche congiovani pazienti bulli, o bullizzati, ha per-messo di collegare i comportamenti del bul-lo a fasi molto precoci dello sviluppo. E’ statopossibile mettere in luce nella loro storia, ca-

renze precoci nella relazione mamma-bam-bino, caratterizzate da una scarsa capacitàdella figura materna di riconoscere e “con-tenere” emotivamente le esperienze doloro-se precoci del piccolo, il quale – non dispo-nendo ancora di capacità di elaborazioneemotiva sufficientemente matura ed auto-noma - può liberarsene solo negandole eproiettandole all’esterno. E’ in questo ripe-tuto tentativo di liberarsi delle parti fragili e

Anche l’assenza o la scarsa autore-volezza dei genitori può agire, però,come fattore scatenante il compor-tamento del bullo, perché, producen-do un pervasivo misconoscimentodell’autorità, può portare all’instau-rarsi di una “sub-cultura” della vio-lenza, fatta di parolacce, prese in gi-ro, botte, prevaricazioni… che sonogià bullismo, in quanto azioni com-piute intenzionalmente, ripetute etalora cronicizzate, con la presenzadi ruoli ben definiti di vittima e car-nefice.

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svalutate del Sé, percepite come intollerabi-li, proiettandole in un altro, che il compor-tamento del bullo, anche nelle età successi-ve, pare continuare a trovare il suo senso.Vanno poi considerati anche contesti socialiche favoriscono l’emergere di questi com-portamenti, ed uno di questi è sicuramentela situazione gruppale, in particolare delgruppo adolescenziale.C’è infatti una fase, durante l’adolescenza,in cui il gruppo dei coetanei diventa, per i ra-gazzi, il principale punto di riferimento, unaiuto per difendersi dalla solitudine e dal-l’ansia legate alla crisi dei vecchi valori fami-liari, grazie ai nuovi legami, ai valori condi-visi, al nuovo senso di appartenenza e di po-tere, che il gruppo offre loro. Il gruppo rappresenta quindi per molti ra-gazzi un sostegno importante per l’identitànascente, ma, in alcuni casi - poiché tende adincrementare le tendenze individuali – puòfavorire il crearsi di condizioni di scarsocontrollo degli impulsi, aggressivi e sessua-li, che spingono ad una loro messa in atto,con scarsa possibilità di elaborazione psi-chica. In tali casi, si crea “la banda”, un tipoparticolare di gruppo che si costituisce at-traverso un patto “offensivo” di alleanza trai membri contro l’esterno. Essa fonda la suacoesione interna sull’idea di dover contra-stare ed eliminare “l’altro”: la debolezza, lapassività, la fragilità non vengono tollerateperché sono percepite come minaccia alla

propria identità personale e per questo “de-vono” essere combattute con ogni mezzo. E’ molto discusso, invece, il ruolo che i me-dia (cinema, TV, videogiochi…) possanoavere sui ragazzi e sui bambini, sempre piùspesso esposti per lunghi periodi, spesso so-li, senza un punto di riferimento per orien-tarsi, a recepire messaggi carichi di violenza,accompagnati da suoni confusi ed eccitanti.Se è vero che la visione della violenza nonproduce necessariamente altra violenza, èanche vero che può indurre in un bambino –anche come difesa, rispetto a stimoli sover-chianti la propria possibilità di elaborazioneemotiva – fenomeni di desensibilizzare allaviolenza, e di deumanizzazione della vitti-ma. Non dobbiamo dimenticare come, nelsecolo appena trascorso, il tentativo di deu-manizzazione di un’intera razza, sia statousato per giustificare alcune delle peggioriatrocità della storia.

Come fare ad accorgersi che il figlio èbullizzato? E, nel caso, come compor-tarsi?Alcuni sintomi sono rivelatori: dal rifiutoimmotivato di recarsi a scuola o di racconta-re cosa avviene in classe, alla sparizione fre-quente di materiale scolastico personale,agli abiti sporcati o rovinati, ai segni di vio-lenza fisica. Spesso si osserva anche un caloimprovviso del rendimento scolastico. Di-sturbi del sonno e riduzione significativa

dell’appetito sono segni frequenti, Non è raro che i compagni di classe denun-cino il problema, anche perché spesso i bullidiffondono le loro prodezze attraverso i so-cial network. A questo punto, entra in gioco la giustizia mi-norile, e quello che era iniziato (forse) comeuno “scherzo” per diventare poi un atto di bul-lismo conclamato, ora è diventato un reato, opiù reati allo stesso tempo (stalking, lesioni,violazione della privacy,..), per cui va sportadenuncia, ed avviato un iter giudiziario.Da subito, si deve attivare una ricerca di aiu-to da parte della famiglia, sollecitata, se ne-cessario, dagli operatori sociali coinvolti.L’attivazione precoce di un buon interventopsicoterapeutico può evitare l’evoluzioneverso più gravi condizioni psicopatologiche.Una terapia, per essere efficace richiede an-che il coinvolgimento dei genitori, in mododa far ripartire una genitorialità consapevo-le in entrambi i soggetti in gioco. Dobbiamofar nostro quanto viene sottolineato dal Bo-ston Children Hospital, una delle massimeistituzioni scientifiche che si occupano dibullismo: quanto più a lungo un bambino èstato bullizzato, tanto più perdurano le con-seguenze, e tanto più rapido deve quindi es-sere l’intervento.

Come accorgersi che il figlio è un bul-lo? E, nel caso, come comportarsi?Le caratteristiche che identificano un bullo

il bullismo: un abuso psicologico sistematico

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società

(o un potenziale bullo) sono l’aggressivitàverso i coetanei, spesso accompagnata daaggressività anche nei confronti di inse-gnanti e genitori, cui si aggiunge una ten-denza a rispondere in maniera violenta allefrustrazioni, spesso con idealizzazione deimetodi e delle ideologie violente e autorita-rie, aspetti di impulsività, bisogno di domi-nare gli altri, scarsa o nulla empatia nei con-fronti delle vittime, spesso un’ipervaluta-zione di sé stessi.Tra i maschi, il bullo “capobranco” (non gre-gario, quindi) è in genere fisicamente piùforte dei coetanei ed è sempre più forte dellesue vittime.Occorre anche smentire la falsa convinzionesecondo cui il bullismo sia la reazione a insi-curezza ed ansia: non è così, attualmente laricerca psicologica tende a confermare checiò che differenzia i bulli dagli altri non sia lacarenza di abilità sociali ma la mancanza diempatia, cioè della capacità di mettersi neipanni dell’altro, in termini di emozioni, sen-timenti e intenzioni, unita al ricorso di mec-canismi di disimpegno morale.Come intervenire, quindi? Il dialogo con i fi-gli è sicuramente il primo dovere di ogni ge-nitore, e stiamo parlando di un dialogo re-sponsabile, “alla pari” trattando il potenzia-le bullo come un soggetto adulto e capace diragionare, e quindi un dialogo fatto anche diascolto. Al dialogo, va associata una costan-te collaborazione e scambio di informazionicon i soggetti adulti che presiedono i luoghifrequentati dal figlio (scuola, palestra, pisci-na), e, in tutti i casi, è necessario un consultocon un professionista sanitario esperto neiproblemi dell’infanzia e dell’adolescenza(psichiatra, neuropsichiatra infantile, psi-coanalista o psicoterapeuta dell’età evoluti-va,..) per comprendere meglio il senso diquanto è accaduto, ed avviare un’eventualesostegno psicoterapico per il ragazzo/a edun sostegno alle funzioni genitoriali. Il bul-lismo è raramente un episodio isolato, hamotivazioni complesse e va, da subito, af-frontato molto seriamente.

Quali sono le conseguenze a breve e alungo termine per un bambino bulliz-zato?Nel breve periodo, le conseguenze fisichepossono manifestarsi come palpitazioni,dolori addominali, stipsi, diarrea, emicra-nia, mal di schiena, disturbi del sonno e pro-blemi della pelle. sintomi comunque legatialla somatizzazione dell’ansia. Si può osser-vare stanchezza persistente, flashback, in-cubi notturni, accompagnati da enuresi (ba-gnare il letto) nei bambini più piccoli. A ciòsi accompagnano – come già accennato - ri-duzione dell’autostima, sentimenti depres-sivi, problemi di concentrazione, calo delrendimento scolastico e tentativi di evitarela frequenza scolastica. Gli effetti a lungo termine (quindi nell’ex-bambino bullizzato diventato adulto) sonostati studiati solo da pochi anni. Un lavoropionieristico è stato quello condotto da Ta-kizawa e collaboratori, dell’Istituto di Psi-chiatria del King College di Londra, e pub-blicato nel 2014 sull’American Journal ofPsychiatry, che ha esaminato le ripercussio-ni del bullismo su una coorte costituita datutti gli adulti nati in Gran Bretagna in unaspecifica settimana dell’anno 1958. Le con-clusioni sono state decisamente inquietan-ti, tanto da far dichiarare agli autori che“l’impatto di questo fenomeno è persistentee pervasivo sulla salute di chi lo subisce e leconseguenze sociali ed economiche durano

anche nell’età adulta.”Alla distruzione dell’autostima si associanopensieri negativi su sé stessi, eccessiva auto-critica, chiusura verso gli altri fino all’isola-mento, sensazione costante di essere giudi-cati, e paura di questo giudizio, legata al sen-timento ricorrente del bullizzato di essereinferiore agli altri.Ma questo è solo l’inizio, perché tra le conse-guenze a lungo termine è stato rilevato unabbassamento significativo della qualitàdella vita, e soprattutto della speranza di vi-ta. Abusi e prepotenze, infatti, determinanoun invecchiamento precoce, e la vita dellevittime di bullismo è più breve, come affer-ma una revisione sistematica della lettera-tura scientifica presentata nel corso delCongresso Italiano di Pediatria che si è svol-to a Palermo nel 2014. Da tale studio, emer-ge che le continue violenze subite da bambi-no abbiano provocato un accorciamentodella vita, stimabile fino a circa 7-10 anni inmeno. A determinare la significativa ridu-zione dell’aspettativa di vita, pare sia l’incre-mento delle malattie correlate alla violenzae allo stress, come ad esempio l’obesità,l’asma, le malattie cardiovascolari in gene-re, e persino i tumori. 

Da quanto si legge sui giornali, c’è unaspecie di “sindrome di Stoccolma”che si manifesta nel bullizzatoIl bullizzato si sente sovrastato al punto dinon riuscire ad attivare alcuna reazione didifesa dal prepotente (o dal gruppo dei pre-potenti), ne deriva quindi un atteggiamentodi sottomissione al bullo, che viene vissutacome l’unica risorsa disponibile. In praticaè una rinuncia a sé, una consegna consape-vole al prepotente, che si traduce nel com-portarsi secondo le attese del bullo, antici-pandone persino le mosse, quasi fosse unavolontaria messa in schiavitù in grado di ri-durre il danno a livelli che il bullizzato con-sidererà in qualche modo accettabili.Nel bullismo, quello che lega la vittima alcarnefice è la convinzione che gli adulti non

Le caratteristiche che identificano un bullo (o un potenziale bullo) sonol’aggressività verso i coetanei, spesso accompagnata da aggressività an-che nei confronti di insegnanti e genitori, cui si aggiunge una tendenza arispondere in maniera violenta alle frustrazioni, spesso con idealizzazionedei metodi e delle ideologie violente e autoritarie, aspetti di impulsività,bisogno di dominare gli altri, scarsa o nulla empatia nei confronti dellevittime, spesso un’ipervalutazione di sé stessi.

Il bullizzato si sente sovrastato al punto di non riuscire ad attivare alcunareazione di difesa dal prepotente (o dal gruppo dei prepotenti), ne derivaquindi un atteggiamento di sottomissione al bullo, che viene vissuta comel’unica risorsa disponibile. In pratica è una rinuncia a sé, una consegnaconsapevole al prepotente, che si traduce nel comportarsi secondo le at-tese del bullo, anticipandone persino le mosse, quasi fosse una volontariamessa in schiavitù.

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il bullismo: un abuso psicologico sistematico

siano in grado di capire i loro problemi, il chesi risolve in un calo di fiducia nelle figure ge-nitoriali, e in un progressivo allontanamen-to da loro.Il bullo non ha fiducia nel genitore, perché –non volendo farsi carico della propria re-sponsabilità e delle proprie debolezze – nonsi rivolge a loro, e ritiene che il genitore nonpossa offrire comprensione ed aiuto, ma so-lo una risposta violenta.La vittima, a sua volta, evita di rivolgersi aigenitori perché ritiene che la sua vulnerabi-lità e debolezza di carattere costituiscanouna ferita narcisistica per loro, il che può ag-gravare ancora di più la sua già scarsa auto-stima. Ad esempio, nel caso il genitore si ri-volga al bullo, ai genitori di questo, od alleautorità competenti, il bullizzato rischia divivere questo come ulteriore prova del suosentirsi sbagliato e incapace di cavarsela dasolo, quindi in una situazione ancora piùumiliante, aggravata dal fatto di avere crea-to dei problemi anche ai genitori.Chiarificatrice è la situazione che si viene acreare durante il colloquio clinico, in cui ilbullo tende a minimizzare i fatti e la loro gra-vità, distorcendoli e, di fatto, negandoli. Nelcaso di fatti accertati in modo inequivocabi-le, l’atteggiamento del bullo non manifestaalcun senso di colpa, né vergogna, né dispia-cere. Il bullo può eventualmente capire lagravità di quanto accaduto solo osservandolo stato di disagio e il dolore dei propri geni-tori. Per il bullo, la vittima è infatti solo laproiezione della parte debole di sé (del bul-lo), che va attaccata, annichilita e cancellataper lasciare il posto alla figura eroica che visi sovrappone.

Il bullo non ha fiducia nel genitore, perché – non volendofarsi carico della propria responsabilità e delle propriedebolezze – non si rivolge a loro, e ritiene che il genitorenon possa offrire comprensione ed aiuto, ma solo una ri-sposta violenta. La vittima, a sua volta, evita di rivolgersiai genitori perché ritiene che la sua vulnerabilità e debo-lezza di carattere costituiscano una ferita narcisistica perloro, il che può aggravare ancora di più la sua già scarsaautostima. Ad esempio, nel caso il genitore si rivolga albullo, ai genitori di questo, od alle autorità competenti, ilbullizzato rischia di vivere questo come ulteriore prova delsuo sentirsi sbagliato e incapace di cavarsela da solo

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da rivedere

Il film rispecchia interamente la situa-zione di confusione mentale che at-traversava Fellini, che voleva dirigereun film, ma non capiva più di cosa ilfilm, alla resa dei conti, dovesse trat-

tare, ed in questo senso, 8½ è anche unfilm autobiografico. Il protagonista è Marcello Mastroianni, nelruolo di Guido Anselmi, un regista quaran-tatreenne tormentato da alcuni problemidi salute, ma soprattutto dalle preoccupa-zioni legate alla realizzazione del suo pros-simo film. Guido rappresenta una eviden-tissima trasfigurazione dello stesso Fellinicon un'identificazione che passa anche perla scelta degli abiti il colore briz-zolato dei capelli il cappellaccioin testa (che era effettivamentequello del Maestro) e gli occhiali. A fianco di Mastroianni recita unpoker di attrici di livello assolu-to, a partire dalla splendidaAnouk Aimée (vero nome NicoleFrançoise Florence Dreyfus) chela rivista americana Life consi-dera una delle 100 donne più se-xy del XX secolo (“la sua bellezzaenigmatica e misteriosa si in-chioda nel cervello”) e non si puòche essere d'accordo: la misedell’attrice, il taglio corto dei ca-pelli, il tailleur bianco, la monta-tura degli occhiali tipicamenteanni 60, la rendono davvero af-fascinante.

se Amarcord è il film più felliniano di Fellini, e La dolce vita è il più celebre, 8½ è sicuramente il suo filmmigliore: girato nel 1962 ha avuto due Oscar nel 1964 più 4 nomination, e ancora oggi una speciale classi-fica dei film più belli di sempre,messa a punto dal sito TsPDT (che utilizzando una serie di algoritmi elabo-ra una classifica dei migliori 1000 film della storia attingendo da ben 8,797 differenti siti di critica cinemato-grafica), colloca il capolavoro del Maestro al sesto posto assoluto, segno che a più di 50 anni dalla suarealizzazione, 8½ con il fascino del suo bianco e nero, ha ancora moltissimo da dire al pubblico ed allacritica.

8½ di Federico Fellini

classifica dei migliori 1000 film della

storia messa a punto dal sito TSPDT

il protagonista è Marcello Mastroian-ni, nel ruolo di Guido Anselmi, un re-gista quarantatreenne tormentato daalcuni problemi di salute, ma soprat-tutto dalle preoccupazioni legate allarealizzazione del suo prossimo film.Guido rappresenta una evidentissimatrasfigurazione dello stesso Fellinicon un'identificazione che passa an-che per la scelta degli abiti il colorebrizzolato dei capelli e il cappellac-cio in testa

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scere la sua amarezza e il suo pessimismo, equando è il momento di presentare il filmnella conferenza stampa Guido pensa dinon farcela, vuole rinunciare a tutto perchécapisce (o, meglio, crede) di essere al termi-ne della sua vita artistica e della sua vitareale, ma proprio in quel momento si rendeconto che tutta la gente che lo circonda èuna parte di sé e che lui è tanto indispensa-bile a loro quanto loro lo sono a lui (e que-sto concetto è ribadito dalle pochissimebattute dell'amante Sandra Milo che si sen-tono al termine del film). Ne nasce una delle scene più celebri dellastoria del cinema quella specie di girotondofinale che chiude il film e che rappresenta ilpunto di arrivo per la vita artistica di GuidoAnselmi il ritorno alla consapevolezza di séil ritorno alla sua ritrovata vena artisticache in realtà non l'aveva mai abbandonato,tutto ora è chiaro, semplice e vero, tutti idubbi appartengono solo al passato.La scena del girotondo conclusivo è famosa

per la marcetta di chiusura scritta da NinoRota, il compositore che fino alla morte hascritto tutte le colonne sonore dei film diFellini: questa marcetta è un inno alla vitama è anche l'inno del cinema, gioiosa, iro-nica e autoironica interpretata da un picco-lo gruppo di quattro clowns e da un bambi-no, che rappresenta chiaramente il GuidoAnselmi ritrovato. Al passaggio dei clown siapre il sipario bianco che nasconde unascalinata che scende dalla rampa di lancio,e dalla quale scendono tutti i personaggidei film e dell’universo del regista (con lanota autobiografica del baciamano all’altoprelato, vista anch’essa in chiave ironica),inclusi i due genitori morti da tempo. Tuttiiniziano quel girotondo che è un vero e pro-prio inno alla felicità ritrovata a cui si ag-giunge anche Guido, tenendo per mano lamoglie dopo averla abbracciata, forse asimboleggiare la fine di un disordine nellerelazioni sentimentali che non era estraneoal malessere creativo di Guido.

La Aimée (che aveva già recitato con Fellinine La dolce vita) interpreta Luisa, la mo-glie di Guido, mentre Sandra Milo e Rossel-la Falk interpretano rispettivamente Carla,l'amante di Guido, e Rossella amica di Lui-sa e del marito; infine, Claudia Cardinaleha la parte di Claudia, l'attrice protagonistadel film che Guido deve girare. Va ricordatoil ruolo dell’attrice americana Eddra Gale,che interpreta Saraghina, la prostituta checon la sua spiccata fisicità rappresenta ilprototipo di tutte le donne felliniane, moltopiù della Gradisca o della tabaccaia diAmarcord.Guido si trova in una città termale per cu-rare il suo malessere che non è solo fisico:è anche un calo dell'ispirazione, che lo ren-de titubante e quasi timoroso per il risulta-to che potrà conseguire il film che si accin-ge a scrivere e a dirigere. Con c'è la suaamante ma soprattutto c'è anche tutta latroupe cinematografica che gli sta vicinocercando sia di fargli coraggio sia di otte-nere qualche sicurezza sul futuro lavorati-vo.  La vena creativa di Anselmi si è peròinaridita e la situazione si complica ancheper l'arrivo della moglie e della comuneamica Rossella; il regista cerca confortonel ricordo dei genitori deceduti e si rifugiain un mondo onirico dove la realtà e la fan-tasia si mescolano al punto da riuscire dif-ficili da riconoscere.E’ una vera e propria crisi esistenziale quel-la di Guido che viene aggravata dalla pre-senza opprimente del produttore, dell'attri-ce protagonista, e di tutto il personale cheverrà utilizzato nel film e che da Guido at-tende una rassicurazione, un cenno di vita.Intanto fa la sua comparsa la scenografiache caratterizza tutto il film, una specie dirampa di lancio per un missile, costruitacon un ammasso inestricabile di tubi daponteggio per l’edilizia e che giganteggiasulla spiaggia prescelta per le riprese cine-matografiche. La confusione di Guido con-tinua a crescere così come continua a cre-

Anouk Aimee, Rossella Falk, Sandra Milo

il girotondo finale con il tema di Nino Rota

servizio giornalistico Rai sul set di 8½

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sophia Loren in visita sul set

Anouk Aimee in un intenso primo piano da un fotogramma del film

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da riascoltare

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Il 1967 è stato un anno molto impor-tante nella storia della musica. De-buttano con il loro primo album iProcol Harum (con il nome – che, unpo’ arrangiato, significa al di là di

queste cose – ispirato da quello del gattodi razza burma di un amico del manager,il cui padre era docente di latino medieva-le), Leonard Cohen (l’inarrivabile poetadella canzone, con la voce che sembra “unvecchio rasoio arrugginito”), Jimi Hen-drix (con un prodotto fondamentale dellasua discografia, dove regna Foxy lady),David Bowie (ma il suo album passa inos-servato ed è un totale flop commerciale), iPink Floyd (il loro primo album contienedelle sonorità completamente differentida quelle cui siamo abituati), i Velvet Un-derground (con le musiche di Lou Reed ela voce di Nico, e con Andy Warhol pro-duttore ed una copertina che ha fatto lastoria), ma anche i Doors, e chissà quantialtri.

Intanto, Beatles e Stones…Nel 1967 i Beatles producono Sgt. Pepper’sLonely Hearts Club Band, e Magical miste-ry tour (che è anche un film), rispettiva-mente il loro ottavo e nono album (con Sgt.Pepper’s che diventerà il più importante al-bum della storia del rock), mentre gli Sto-nes escono con ben tre LP, Their satanicmajesties request, Between the buttons, eFlowers (l’ultimo in realtà è un’antologia disuccessi con solo tre brani inediti), che con-tengono pezzi fondamentali come RubyTuesday e She’s a rainbow.

Hair, l'età dell'Acquario, la new age etante stupidaggini Il 67 è anche l’anno di Hair (il musical: il filmdi Milos Forman uscirà dodici anni dopo),una specie di cazzotto nello stomaco per ilpubblico di Broadway, con scene di nudoche oggi farebbero sorridere, ma che perl’epoca fecero un vero scandalo. Hair, se vo-gliamo (pure nella sua ingenuità), è il primovagito della new age, con i suoi richiami va-

gamente neopagani al prossimo arrivodell’età dell’Acquario, un’era di pace e amo-re, comprensione e fratellanza universale.Incidentalmente, l’inizio dell’età dell’Ac-quario (oggi saremmo in quella dei Pesci)dovrebbe coincidere con l’allineamento diGiove e Marte mentre la Luna si trova nellasettima casa. Il fatto che l’orientamento delpolo di rotazione terrestre subisca un motodi precessione ogni circa 25 mila e 800 anniè cosa assodata: altra cosa è prendere que-sto periodo e dividerlo per i dodici segni zo-diacali, per ottenere 2,150 come la durata diogni singola età. La confusione è talmente

grande che alcuni astrologi hanno calcolatoche l’anno d’ingresso nell’età dell’acquarioè stato il 1447, mentre altri hanno calcolato

il 3579 (cioè tra più di 1500 anni), con tuttoun intero zibaldone di valori intermedi ot-tenuti da altri ancora. Gli astrologi conti-nuano bellamente ad ignorare che le costel-lazioni dell’eclittica sono 13 e non 12 (e cheil sole dal 30 novembre al 17 dicembre tran-sita nella costellazione dell’Ofiuco) e che laprecessione degli equinozi ha modificato inmodo sostanziale i tempi di transito nei varisegni.

Scott McKenzieIl 67 è anche l’anno ufficiale di nascita dellabeat generation, il cui inno è la notissimacanzone (dal titolo molto complicato) SanFrancisco (be sure to wear flowers in yourhair) scritta da John Phillips (frontman dei

The Mamas & The Papas, quelli di Califor-nia dreamin’) e cantata da Scott McKenzie(vero nome Philip Blondheim, 1939-2012).La canzone viene scritta di getto in soli 20minuti, dirà Phillips nel corso di un’intervi-sta rilasciata per il documentario Pop Chro-nicles, e viene registrata in fretta nel mesedi maggio per pubblicizzare il festival dellamusica pop di Monterey, previsto per il me-se successivo. Nessuno, in realtà, di aspet-tava un successo del genere per una canzo-ne orecchiabile e senza tante pretese politi-che, ma oltre al successo commerciale (sitratta di un 45 giri che si piazzerà al quartoposto tra i brani più venduti degli anni 60

cinquanta anni fa

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negli Usa) arriverà anche il significato poli-tico, perché non solo il brano verrà conside-rato l’inno di gruppi un po’ ingenuotti tipo iflower power, ma diventerà la canzone più

utilizzata dai movimenti contro la guerradel Vietnam, e – molto più significativa-mente – sarà utilizzato dai giovani della pri-mavera di Praga. McKenzie per tutta la vitaresterà prigioniero di questa canzone e nonriuscirà a bissarne il successo, pure restan-do un buon professionista.

A whiter shade of pale e Homburg:la consacrazione dei Procol HarumNel 67 viene pubblicato Procol Harum, ilprimo album del gruppo omonimo, che ini-zia a distinguersi dagli altri non solo per lascelta del nome, forse un po’ snob e cervel-lotico, ma soprattutto per una sonorità go-tica e cadenzata, che non fa mistero di ispi-rarsi (ispirarsi non vuol dire copiare) aBach. Il gruppo è formato da 5 ragazzi ori-ginari di Southend-on-Sea, Contea di Es-

sex: Gary Brooker (pianoforte evoce), Matthew Fisher (organoHammond), Ray Royer (chitar-re), David Knights (basso) e Bar-rie James Wilson (batteria), cuiva aggiunto il paroliere KeithReid, che compariva regolar-

mente – come membro a tutti gli effetti –nelle foto ufficiali del gruppo.A whiter shadeof pale, registrata il 12 mag-gio 1967, è un successo immediato: il testo,estremamente ermetico e di sottofondo psi-chedelico (Reid dirà che si tratta di un insie-me di metafore che descrivono l’approccioad un rapporto sessuale) è inizialmenteesteso su quattro strofe, ma per esigenzecommerciali e di durata di un 45 giri, le ul-time due verranno eliminate dalle registra-zioni. Per inciso, sul web si trovano dei sitiche contengono la registrazione della ver-sione a tre strofe (talvolta eseguita dal vivo)e anche di quella a quattro (mai eseguita dalvivo, almeno che si sappia). Il punto di forzadel brano è indubbiamente l’introduzione eil refrain per organo, improvvisato da Fi-sher nel momento della prima registrazio-ne, ed ispirato sia alla Cantata BWV 140Wachet auf, ruft uns die Stimme (“sveglia-tevi, la voce ci chiama”), sia alla Suite Nr. 3,D-Dur BWV 1068, ambedue di Johann Se-bastian Bach.Il successo dei Procol Harum è bissato nellostesso anno da Homburg, in cui domina ungiro di piano intorno al quale si snoda un te-sto estremamente poetico ed ultra-mini-malista, al punto che se si sapesse esserestato scritto da Samuel Beckett, non si me-raviglierebbe nessuno.Ambedue le canzoni sono state anche tra-dotte (per così dire) in italiano, rispettiva-mente con il titolo Senza luce (affidato aiDik Dik) e L’ora dell’amore (cantata dai Ca-maleonti). Se la canzone dei Dik Dik (testodi Mogol) in qualche modo ricorda (molto)vagamente le atmosfere di Whiter shade ofpale, quella dei camaleonti (testo di DanielePace), diventa una cosa lontana anni lucedal testo originale, trasformando una poe-sia in una storiellina zuccherosa.

Procol Harum - Homburgwww.youtube.com/watch?v=BrV4nxAligw

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comunicare, comunicazione

di Alessandra BossiArchitetto

parola al colore

Le citè radieuse Marseille Casa Museo Heidi Weber Zurigo

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monumentale, senza per questo stravolger-ne l’originaria identità. Così facendo e mi-xando tonalità di colore è possibile costrui-re uno storytelling dinamico. E’ anche notoche per parlare e lavorare col colore biso-gna essere altruisti, poiché il colore rappre-senta un terreno alquanto delicato per lacapacità che possiede di ‘toccare’ i puntidell’emotività di chiunque lo osservi. Eccoperché il colore è narrazione, dialogo: caldoe freddo, dove spesso dal contrasto nascel’armonia.Pensiamo allora ad un gesto semplice equotidiano che compiamo tutti di apparec-chiare la tavola, questo gesto viene fattospesso e sempre più senza una particolareconsiderazione, eppure anch’essa rappre-senta una tela da dipingere col colore!Le stoviglie: piatti, bicchieri e posate ac-compagnati da tovaglia e tovaglioli diven-tano qui i colori per creare la nostra perso-

nale opera d’arte. Opere d’arte che perònon dobbiamo dimenticarci che devonosempre dare l’idea di poter essere vissute,usate e godute; non solo per la loro bellezzama anche e soprattutto per la vera praticità.Senza ostentazione la nostra tavola sarà an-cora più sorprendente.L’uso del colore che ne facciamo lascia tra-sparire la nostra personalità, raccontandochi siamo.Il colore è sempre emozione e con lui, an-che la nostra tavola, diviene capace di coin-volgere tutti i nostri sensi, primo fra i qualila vista: quali colori sono stati utilizzati ecome sono stati disposti, ricordandoci sem-pre che la prima regola dell’originalità im-pone di rompere gli schemi, per fare nostrol’effetto scenico.Una tavola nei colori pastello del rosa e delverde, si pensa sempre sia una tavola esti-va, informale, un tocco di leggera eleganzadato da colori freschi e delicati ma con ca-rattere, dovuto al loro contrasto ed al lorosignificato simbolico.

Rosa è per antonomasia il colore dellafemminilità, sembra che l’usanza di porreun nastro rosa alla porta per raccontare atutti la nascita di una bimba, sia nata solodopo l’uscita del romanzo “Piccole Donne”e da lì l’usanza di usare l’azzurro, coloremaschile per antonomasia, per la nascita diun bimbo. Il rosa è il colore del desiderio diun futuro sereno, privo di conflitti o preoc-

cupazioni ma, allostesso tempo della di-screzione e della deli-catezza.Nel linguaggio del co-lore, il rosa viene asso-ciato alla nostra primaesperienza cromaticapoiché viene parago-nato al grembo mater-no, dove siamo staticullati e nutriti duran-te la gestazione.Verde è il colore dellanatura, della linfaenergetica che scorrenegli alberi. È conside-rato il colore del rinno-vamento, il verde invarie tonalità accom-pagna di fatto i cambidi stagione e il trascor-rere del tempo - la pri-mavera nell’estate epoi nell’autunno. Èconsiderato il coloredell’equilibrio forse,per la sua posizione

Così Le Corbusier, a tutt’oggi rico-nosciuto come uno tra i più in-fluenti artisti del XX secolo,enunciava la creazione della sua“Polichromie Architecturale” che

ancora oggi influenza autorevolmente sial’architettura che il design. Corbù con essa,diede vita ad una specifica selezione di pig-menti per la definizione di due tavolozzepubblicate nel 1931 la prima con 43 sfuma-ture “colori architettonici” declinati in do-dici atmosfere che assumono nomi sugge-stivi come: spazio, cielo, velluto e sabbia.La seconda nel 1959 con 20 tonalità vivaci,intense e dinamiche: si passa da nuancesbrillanti, a tinte forti della terra, al nero piùprofondo. Tutte le sfumature della tastieradi colori possono essere abbinate tra loro inmodo armonioso. La “policromia architet-tonica” assume una doppia valenza: distrumento pratico e di opera d’arte. Eglirappresenta da sempre il primo esempio diColor Designer, una figura emblematica epoliedrica.I colori possono essere classici rivisitati oricerca inedita, entrambi per ridefinire lospazio domestico o dare un nuovo volto agliambienti deputati alla collettività. Il coloredefinisce così ogni ambiente domesticodella casa per farle acquisire un nuovo ca-rattere; dalle palette dei classici evergreenalle più recenti proposte. Per un nuovo viaggio nel mondo della cro-mia, lasciamo allora la parola al colore.È possibile pensare al colore come a unanarrazione, con l’obiettivo che diventi perl’osservatore un ricordo. Il colore come rac-conto è un ingrediente capace da solo di di-segnare lo spazio; utilizzare il colore comesottolineatura di interventi nel design d’in-terni è oggi molto in auge.Il colore è da sempre ‘l’abito’ di un ambien-te, capace di infondere identità e atmosferae, oggi, ancor più capace di assumere versa-tilità ed importanza inedite.I grandi architetti considerano il colore, atutti gli effetti, un elemento di progetto, ca-pace di assumere un valore “caldo” quandoè in grado di rendere più umano un luogo

L’uso del colore definisce l’identità di uno spazio: con trame decora-tive o soluzioni cromatiche fatte di colori puri, positivi e motivanti, siaper un’effettiva volontà di tornare al decorativismo, sia per crea-re nuove palette cromatiche dall’estetica unica “il colore in architet-tura è un mezzo tanto potente quanto la pianta e la forma” (LeCorbusier).

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comunicare, comunicazione

centrale nello spettro luminoso, il baricen-tro e il cuore tra i toni freddi e caldi. Secon-do la cromoterapia l’uso del verde permettedi usufruire di una forza riequilibrante ge-nerale, esattamente come fa la natura: uncolore di sintesi.Nell’Induismo la rappresentazione del divi-no è rappresentato dalla figura del dio Ga-nesha con testa di elefante e dal colore ver-de, a lui viene associato la creazione e leusanze della vita.Anche Jung definisce il verde il colore “del-la vita e del creator spiritus che si estendeall’archetipo dell’anima in quanto archeti-po della vita”.Ancora una volta il tema della tavola im-bandita e fortemente colorata è un tema ri-corrente anche nella storia della pittura,Henri Matisse, tra i molti, lo ripropone indiverse tele ‘caleidoscopiche’ La pittura di Matisse, riconosciuta comeimpressionista, si avvicina al realismo conforti rimandi all’arte Giapponese. È comefondatore del movimento pittorico dei Fau-ves - letteralmente Bestie Selvagge - cheimprime sulla tela il suo mondo pittorico‘mediterraneo e gioioso’ caratterizzato daun uso di colori violenti, colori svincolatidalla realtà ma capaci di esprimere fortiemozioni. I colori con Lui diventano comu-nicazione, poiché ognuno di essi ha unastoria da raccontare. Nei suoi dipinti il co-lore diventa l’attore principale della scena,dove la caratterizza tramite il senso del mo-vimento, motivo questo che gli creò ai tem-pi, critiche durissime.Nella sua tela La desserte rouge - olio sutela del 1908, - La stanza Rossa, conosciu-ta anche come Armonia in Rosso - il coloreRosso avvolge ed imprime l’intero spaziodella tela con i forti accostamenti cromaticidel Blu e del Giallo, distribuiti qui sotto for-ma di decori con il compito di riempire epunteggiare tutta la superficie del quadro,dilatando così la scena. I colori dominanti usati, rosso, blu, giallo,sono di fatto i colori primari, ricchi di forzae usati qui proprio per esprimere emozioniin una composizione volutamente priva diprofondità spaziale: non esiste nessuna co-

struzione prospettica, la profondità, volu-tamente annullata, è offerta dalle ampiecampiture monocromatiche del rosso, usa-to qui in assenza di tonalità a ricoprire lepareti della stanza e la tavola apparecchia-ta. L’attenzione di chi osserva l’opera nonpuò che essere raccolta dal colore, bidi-mensionale come nella decorazione pura.In quest’opera Matisse non desidera rac-contare uno spazio reale, non gli interessa,desidera però esprimere una dimensioneinteriore assolutamente emotiva.Rosso sempre una chiave di lettura vin-cente nelle sue tonalità, da quello più viva-

ce all’intenso bordeaux passando perl’Arancione, quest’ultimo il colore dell’al-legria e del benessere, della gioia ma anchedella saggezza. La tradizione orientale ponel’arancione come simbolo di devozione reli-giosa - l’abito dei monaci buddisti - mentrenella Cabbala ebraica significa splendore.L’arancione è allora per la cromoterapia uncolore rasserenante e in grado di invocareentusiasmo e gioia di vivere, sviluppando alcontempo la saggezza.

Tornando al Rosso è un colore importante,associato al sangue: la vita e i processi vitalima anche al desiderio ed alla sessualità; ec-co perché è sempre raccontato per descri-vere l’amore ma, talvolta anche la guerra.Per gli Egizi, una vacca rossa partorì il dioRA, a rappresentare qui la trasmigrazione,la sua evoluzione ed elevazione alla dimen-sione di perfezione divina. A livello psichi-co il rosso rafforza la volontà e il coraggio,spesso vince l’inerzia.Blu è da tempo considerato il colore dellasaggezza, per il mondo olistico viene asso-ciato all’acqua, quindi alla madre - alla cal-

ma e al rilassamento. Secondo le ricerche diLuscher il blu è il colore preferito dalle per-sone con problemi di eccessi, siano essi ci-bo o sostanze che creano dipendenza. Unatonalità di blu molto scura - il colore delleprofondità marine - corrisponde all’Inda-co, associato a livello simbolico agli effettiprofondi della riflessione, quindi il coloredell’intuito e dell’attività meditativa. È uncolore freddo, anestetico ed emostatico, maallo stesso tempo fortemente rilassante che

Henri Matisse - LA DEssERTE ROUGE - olio su tela del 1908 - La stanza Rossa

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induce ad una forte concentrazione menta-le.Giallo il colore estivo per eccellenza rap-presenta il sole e lo ricorda per luminosità ecalore. Nella simbologia dei colori, il giallocorrisponde all’energia - sia mentale che fi-sica - e alla conoscenza. Si è soliti conside-rare ottimiste e dinamiche coloro che ama-no il giallo, attratti dalle novità ed in co-stante evoluzione. Quando è più spento,nelle tonalità degli ocra si associa a sensa-zioni di collera - forse per la porzione di ne-ro presente nella sua miscela - ed anche al-l’invidia o alla gelosia. È di conoscenza po-polare il significato di ricevere rose gialle ...Tuttavia è un colore estroverso chi lo usaspesso è entusiasta della vita! In Cina, fino agli inizi del ‘900, il giallo nonpoteva essere usato se non dall’Imperatore,simbolo allora di regalità e perfezione poi-ché si pensava stimolasse l’attività cerebra-le.Il linguaggio del colore è ricco di significatiche possono anche costituire “una linguaemozionale che è compresa a livello incon-

scio” secondo Luscher, poiché tramite lasua simbologia, il colore, permette di ren-dere da subito visibile un qualcosa di irra-zionale.Per questo motivo il colore è una sensazio-ne soprattutto umana, gli animali hannoinfatti un modo di vede-re differente. Hanno oc-chi sensibili a diverselunghezze d’onda e ta-luni animali sono anchesensibili agli ultravio-letti. L’occhio umanopuò invece percepiresolo tre attributi dellaluce: la tinta, la satura-zione e la brillantezza. Ilcolore è proprio la risul-tanza di questi treaspetti e, il colore chenoi vediamo - sugli oggetti e negli ambienti- dipende proprio da come la luce si diffon-de attraverso onde di diversa lunghezza,dove per ogni onda corrisponde un colore.Tuttavia anche la “teoria dei colori” affasci-

nante e varia per sua natura è spesso sog-gettiva poiché il nostro occhio percepiscesolo una piccola parte delle onde luminoseesistenti in natura, ad una parte di queste sifa corrispondere lo spettro dei 7 colori: ros-so, arancio, giallo, verde, blu, indaco e viola.Isaac Newton dimostrò nel 1672 che la lu-ce, normalmente percepita di colore bian-co, era in realtà scomposta/composta neisette colori dello spettro solare. Similmentepossiamo osservare questa scomposizionecromatica quando, affascinati in una serad’estate, ammiriamo l’arcobaleno: un even-to naturale dovuto alla luce che attraversala moltitudine di gocce d’acqua dopo untemporale in sospensione nell’aria.Viola è il colore del limite estremo, infattiè posto all’esterno come ultimo colore dellagamma dei colori visibili, molto vicino alleradiazioni ultraviolette. Già nell’antichità èconsiderato il colore dello spirito ma ancheassociato alla magia e come tale, è il coloredella suggestione e dell’attrazione/seduzio-ne. Sia la parte spirituale che magica del co-

lore viola raccontanol’intuizione, quella di-mensione inconscia col-legata alla fantasia edalla creatività artistica,al misticismo ed allasintesi.Nel Cristianesimo èrappresentativo delleregole sacerdotali quiassociate alla verità edautorità, talvolta allapenitenza. Anche Leo-nardo Da Vinci amava

questo colore e raccontava di come la suacapacità meditativa aumentasse sensibil-mente ogni qualvolta si trovasse in unachiesa con vetrate i cui frammenti eranoper lo più di colore viola.Per il nostro esordio, nel mondo del colore,abbiamo scelto di raccontare i colori comefacenti parte della nostra vita. Il mondo è pieno di colore, i colori ci cir-condano e ci emozionano, istintivamente ciattraggono o respingono. Allo stesso tempoi colori possono anche guidarci; con la Sim-bologia dei Test di Luscher, e di altre figurestoriche del ‘900 come Goethe e Steiner eancora Le Corbusier che hanno pubblicatotesti sulla teoria del colore; così come le di-scipline orientali e la cromoterapia.Se abbiamo la voglia di soffermarci sull’usodel colore e del significato ad esso attribui-to, possiamo anche comprendere tanto dinoi stessi, degli altri e della realtà che ci cir-conda: questo perché i colori sono emozio-ni dirette, senza filtri, stimolano il nostroessere in profondità e non mentono mai.

parola al colore

“Ognuno è orientato su determinati colori che dominano la sua psiche.Ognuno è, in modo consapevole o inconsapevole, attratto da questa o daquella armonia di colori, che rappresentano un bisogno della sua sensibili-tà più profonda. Si tratta perciò di dare ad ognuno la possibilità di cono-scersi riconoscendo i propri colori. Ecco perché sono nate le tastiere dicolori. Credo che queste possano diventare uno strumento di lavoro preci-so ed efficace, che ci permetterà di stabilire, all’interno delle abitazionimoderne, una policromia architettonica che risponda alle necessità e allanatura di ciascun individuo.”

Le Corbusier

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letti per voi

Anders nasce l'11 agosto 1892 aKrośniewice–Błonie, ad un centi-naio di chilometri da Varsavia(che a quell’epoca era una cittàdell’Impero Russo), da una fami-

glia benestante di origine tedesca e di reli-gione protestante; compie gli studi liceali aVarsavia e poi si laurea in Ingegneria Civilenel Politecnico di Riga (che oggi è la capitaledella Lettonia), per entrare, subito dopo,nella Scuola Ufficiali della riserva dell’eser-cito russo, dove serve nel I Reggimento Lan-cieri durante la I guerra mondiale.Dopo la prima guerra mondiale, lo stato po-lacco viene ricostituito come entità indipen-dente, ed Anders si arruola nel nuovo eser-cito polacco, diventando comandante delXV Reggimento Ulani, dove guadagna leprime decorazioni al valore militare. Nel1931 viene promosso colonnello, e nel 34 di-venta generale di brigata. Nel 1939, quandol’esercito Tedesco invade la Polonia, Andersè al comando della brigata di Cavalleria Nov-gorod, che riceve il battesimo del fuoco du-rante la battaglia di Mława. La Novgorodcombatte gli invasori nazisti anche a MinksMazowieki, ma all’ingresso in Polonia delle

truppe sovietiche, che avevano chiuso inuna tenaglia le forze polacche, Anders è co-stretto a tentare una sortita cercando di en-

trare in Ungheria, ma viene catturato dai so-vietici; imprigionato inizialmente a Leopoli,viene poi trasferito nelle carceri della fami-

Non è solo l'Italia, è tutta l'Europa a dovere essere grata alla Polonia ed al suo popolo. E' stato grazie al ReGiovanni III Sobieski che l'Europa è stata liberata dagli invasori turchi che stavano assediandoVienna. Era l'11 settembre 1683, quando le truppe di Re Giovanni spezzarono l'assedio e sconfissero gli ot-tomani permettendo che la civiltà europea e la sua cultura potessero svilupparsi liberamente edare origine all'illuminismo, a Kant, a Voltaire, Hegel, Schelling, alla nostra storia.Giusto quindi parlare di due libri che ci raccontano del ruolo fondamentale del secondo Corpo d'Armata po-lacco nella liberazione dell'Italia dal giogo nazifascista e del loro leggendario condottiero, il generale Anders.La figura del generale Władisław Anders è quella di un indomabile combattente per la libertà e la civiltà,

Memorie 1939-1946Władisław AndersBAcchiLegA editore (20.00 €)

Gli eroi di MontecassinoLuciano Garibaldi

MondAdori (11.00 €)

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gerata Lubyanka, a Mosca, dove per 22 mesiviene sottoposto a delle torture fisiche siste-matiche.Nel frattempo, si era verificato quell’ignobi-le episodio del massacro di Katyn, dove 20mila ufficiali e soldati polacchi erano statitrucidati dalle barbare orde di Stalin; altriprigionieri polacchi, militari e civili, eranostati inviati nei gulag per essere impiegatinei lavori forzati, e i trasferimenti per ferro-via dalla Polonia alla Siberia non aveva nullada invidiare, in quanto a crudeltà, a quellioperati dai nazisti. In quel momento, laguerra sul fronte orientale non va bene, eChurchill chiede a Stalin di liberare i soldatipolacchi per disporre di forze fresche; Stalinoffre a Anders il comando di questo corpod’armata polacco, e Anders accetta, a pattoche siano liberati dai gulag non solo tutti imilitari, ma anche tutti i civili, che con loroerano stati incarcerati; vale la pena ricorda-re che i deportati polacchi trasferiti nei gulagdella Siberia e del Kazakistan erano circa unmilione e mezzo, e che circa un quarto di loroaveva meno di quindici anni. Stalin accettala richiesta di Anders, o meglio – da quel cri-minale che è – la accetta a modo suo: fa libe-rare i militari polacchi e una buona parte deicivili (mogli e figli di questi), ma non forni-sce loro alcun equipaggiamento: né armi, névestiario, né cibo. Anders non si scoraggia, ed inizia la sua“lunga marcia”, guidando un esodo di massacon il quale il contingente polacco lascial’URSS per raggiungere l’Iran e poi la Pale-

stina, dove inizia a strutturarsi come contin-gente militare anche grazie a materiale for-nito dagli inglesi. Durante questo trasferi-mento trova il modo di iniziare l’addestra-mento dei suoi soldati, che costituiranno ilII Corpo d’Armata polacco, forte di circa 55mila effettivi, ma Anders pensa anche aibambini ed alla loro istruzione, organizzan-do delle vere e proprie scuole viaggianti, diogni ordine e grado (persino dei Seminariper i religiosi), al seguito delle truppe. Laqualità dell’insegnamento – a dispetto dellecondizioni in cui veniva effettuato – era ele-vatissima, al punto che il livello delle cono-scenze degli studenti aveva consentito lorodi iscriversi nelle alla fine della guerra. Tra i “seminaristi” usciti dalla scuola di An-ders merita menzione Władisław Rubin, chediventerà un Cardinale della Chiesa cattoli-ca e segretario del Sinodo dei vescovi; per in-ciso, nelle file di Anders vi è una non trascu-rabile presenza di soldati di origine ebraica;tra loro, il caporale Menachem WolfovitchBegin, un avvocato di Varsavia che sarà pri-mo ministro di Israele dal 1977 al 1983. Il 21dicembre 1943, iI Corpo Polacco parte daPorto Said in Egitto, e arriva in Italia, sbar-cando a Taranto; viene poi trasferito a Bari,Foggia, Lucera e Cassino, dove si unisce alletruppe che stanno assediando le rovinedell’abbazia. Lì, dopo mesi e mesi di inutili ecruenti combattimenti che avevano vistomorire decine di migliaia di soldati la situ-zione è tragica: dopo quella di Stalingrado,la battaglia di Montecassino è stata la più

cruenta di tutta la II guerra mondiale (inci-dentalmente, non dimentichiamoci le effe-rate violenze – circa 3000 donne e uominiviolentati – compiute sulla popolazione ci-vile dai “liberatori” nordafricani inquadratinelle truppe francesi). Anders e i suoi ragaz-zi, un gruppo di combattenti formidabili, sigettano nella mischia, ed in solo una setti-mana espugnano Montecassino e scavalca-no la Linea Gustav, proseguendo poi lungola costa adriatica, liberando Ancona, Cesenae Bologna, dove entrano il 21 aprile del 1945.Anders è però diventato un personaggiomolto scomodo; gli inglesi lo trattano consufficienza perché ormai sanno che nellaPolonia del dopoguerra non ci sarà posto perlui; gli americani lo hanno in antipatia per-ché in pochi giorni è riuscito a fare quello chele truppe yankee non sono riuscite a fare (li-berare Montecassino), ed i russi lo detesta-no perché è un fiero anticomunista, e perchésa perfettamente quale sia la infame realtàdella dittatura di Stalin. La Polonia sovieticache esce dalla II guerra mondiale non trovaquindi di meglio che togliere ad Anders lacittadinanza uscita, mentre gli inglesi si li-mitano a non invitarlo alla sfilata per cele-brare la Vittoria.E l’Italia? Ha mostrato della riconoscenza?No, ad Anders è stato negato qualsiasi pos-sibilità di incontro al vertice, con il presiden-te della Repubblica e con il Primo Ministro.Il generale Anders è morto il 12 maggio 1970a Londra, per dei disordini cardiaci aggrava-ti dalle conseguenze delle molte ferite ripor-tate in combattimento. Il suo carpo giace nelcimitero polacco di Montecassino, assiemeai sui ragazzi, morti per liberare l’Italia dalnazifascismo. La sua memoria e quella ditutti i soldati del II Corpo Polacco sia onora-ta.

Roberto Saviano racconta del Corpo d’Armata Polacco e della battaglia di Montecassino

www.youtube.com/watch?v=e8EFjOmsEZg

il cimitero polacco di Montecassino Il generale Anders a colloquio con il generale Bronisław Duch, comandante della III divisione Fucilieri dei Carpazi

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La Milano del secondo Quattrocento è tra le cortipiù ricche d’Italia. Leonardo si trova a proprio agioin quell’ambiente cortigiano dove ha modo di impe-gnarsi nelle più varie attività. A Milano si fermeràper diciassette anni (1482-1499).

È il 1481. Leonardo Da Vinci scrive una lettera al duca Ludovico Sforza detto il Moro, per proporgli i suoiservigi. Curiosamente, in quella autopresentazione Leonardo lascia in ombra proprio le sue qualità dipittore e scultore, per mettere in luce invece la sua abilità di ingegnere militare e offrirsi quale esecutoredi un monumento equestre che il principe milanese vuole fare erigere in memoria del padre Francesco.

Leonardo ha 29 anni. Tre anni prima, la cittàdov'era nato artisticamente e dove si era forma-to nella bottega del Verrocchio, Firenze, erastata teatro della congiura dei Pazzi, nella qualeaveva perso la vita Giuliano de Medici, fratellodi Lorenzo.

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la ricorrenza

Leonardo e Milano

Il pittore era molto legato ai Medici maera anche affascinato dal ducato mila-nese e dal Moro, ricco e generoso me-cenate, aperto a qualsiasi novità tec-nologica. Ed era con l’ingegneria che

Leonardo pensava e sperava di passare allastoria. La Milano del secondo Quattrocento è tra lecorti più ricche d’Italia. Leonardo si trova aproprio agio in quell’ambiente cortigianodove ha modo di impegnarsi nelle più varieattività. A Milano si fermerà per diciassetteanni (1482-1499). La fama acquisita nel pe-riodo milanese, infatti, fa sì che egli sia con-teso da molti principi e notabili dopo la ca-tastrofe del Ducato di Milano caduto in ma-

La città si prepara a festeggiare il quinto centenario della morte

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frammenti di pittura. La Sala è l'ambientepiù illustre del Castello: collocata al pianoterra angolare posta a Nord-Est (la Falco-niera), deve il suo nome al rivestimento li-gneo che in epoca Sforzesco si usava per ren-dere gli ambienti più confortevoli. Ornata diaffreschi a motivi araldici per Galeazzo Ma-ria Sforza, sotto il Moro, nel 1498, era statadecorata da Leonardo. Si trattava di un am-biente importante in cui ospiti e ambascia-tori erano accolti dagli Sforza; Leonardoideò e dipinse sulla volta della sala un fintopergolato costituito da una serie di rami e dacorde dorate e annodate che si intrecciano.Un pergolato identificato da rami di gelso esorretto da potenti fusti d’albero dalle smi-state radici.La scelta del gelso (morus in latino), «albero

gliata». Nel 2019, anche Milano parteciperàalle celebrazioni per il quinto centenariodella morte di Leonardo. E per questo è incorso un gigantesco lavoro di restauro dellaSale delle Asse al Castello Sforzesco di Mila-no.

LA SALA DELLE ASSEDurante i secoli bui vissuti dal Castello sottole varie dominazioni straniere, la Sala delleAsse era stata adibita a stalla. In particolare,durante l'occupazione da parte delle truppefrancesi la pittura fu coperta da un intonacodi calce bianca, rimosso solo a fine Ottocen-to. Il 25 ottobre 1893, quando il Castello passaal Comune, lo storico tedesco Paul MüllerWalde fa indagini sulla volta ed emergono

Il lavoro decennale per realizzare il monumento equestre è intervallato dal-la organizzazione di feste e dalla attività di scenografo. È uno sperimenta-tore Leonardo e questo periodo fecondo si chiuderà con due «fallimenti»che riguardano le commissioni più impegnative: il monumento equestre aFrancesco I Sforza, i cui lavori vengono interrotti e ripresi più volte, si con-cretizzerà in un enorme cavallo di terracotta che non verrà mai gettato inbronzo e sarà distrutto sotto il fuoco dei francesi nel 1499, alla caduta delducato.

di Paola D’Amico

no ai francesi. Leonardo tornerà ancora aMilano dal 1506 al 1513, sotto la protezionedei Francesi che avevano conquistato la cit-tà. E Milano resta, in definitiva, la città chepiù a lungo di ogni altra, in Italia e all'estero,ha ospitato il Genio.

IL CAVALLO E L’ULTIMA CENAAlla realizzazione di dipinti, affianca la con-duzione di una vasta bottega. Il lavoro de-cennale per realizzare il monumento eque-stre è intervallato dalla organizzazione di fe-ste e dalla attività di scenografo. È uno spe-rimentatore Leonardo e questo periodo fe-condo si chiuderà con due «fallimenti» cheriguardano le commissioni più impegnati-ve: il monumento equestre a Francesco ISforza, i cui lavori vengono interrotti e ripre-si più volte, si concretizzerà in un enorme ca-vallo di terracotta che non verrà mai gettatoin bronzo e sarà distrutto sotto il fuoco deifrancesi nel 1499, alla caduta del ducato. Co-sì il Cenacolo, commissionato dal Moro peril refettorio di Santa Maria delle Grazie: ter-minato nel 1497 dopo tre anni di lunghi studipreparatori, è salutato come un autenticocapolavoro ma appena venti anni dopo ap-pare già molto rovinato, a causa della tecnicaimpiegata; l'artista aveva dipinto a seccosulla parete senza tenere conto dell’umidità.Nel 1568, il Vasari scriverà che del dipinto«non si vede più se non una macchia abba-

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la ricorrenza

che simboleggiava la prudenza e la saggez-za» si ipotizza servisse a celebrare le virtù delDuca Ludovico Sforza detto appunto il Mo-ro. Rappresenta «uno dei primi esempi didecorazione illusionistica», che vuole tra-sformare un grande vano interno in un am-biente aperto.La sala viene restaurata una prima volta al-l’inizio del Novecento, e una seconda voltanegli anni Cinquanta. Dal 2013 è oggetto diun nuovo importante restauro conservativoe recupero dei decori originali da parte del-l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che hagià portato alla luce importanti tracce di ma-no leonardesca.La sala è al centro di sfortunate coincidenze.Da una lettera del cancelliere del Duca,Gualtiero Bascapè, datata 21 aprile 1498, sievince che il Maestro ha promesso di finirel’opera rapidamente, entro il mese di set-tembre. Nell'ottobre di quello stesso anno, il,18 otto-bre, il re di Francia Luigi XII entra a Milanoe s’insedia al Castello mentre il Moro fugge.La Sala delle Asse sarà adibita a ricovero deicavalli d’artiglieria durante il dominio spa-gnolo e si dovrà attendere quattrocento anniperché le decorazioni vengano svelate.L’occasione del cinquecentenario ha datoimpulso a nuovi esami scientifici sulla Gio-conda, sulla Sant'Anna e il San Giovanni cu-stoditi al Museo del Louvre di Parigi, oggettodi una grande mostra su Leonardo da Vinci(1452-1519) al Castello di Clos Lucé ad Am-boise, in Francia.

Sarà riaperta nel 2019 la Sala delleAsse al Castello Sforzesco, nell’an-no del quinto centenario dellamorte del Maestro. Poi chiuderànuovamente al pubblico per con-

sentire di continuare il restauro. Il cantiereper il restauro è iniziato nel 2013. Ecco le an-ticipazioni del dottor Claudio Salsi, Soprin-tendente del Castello Sforzesco, in esclusivaper Ematos.Èappena stato dato alle stampeun volume, il primo di una serie, che docu-menta minuziosamente e in modo moltotecnico tutto ciò che è stato fatto in questi an-ni, dal Duemila ad oggi. Il cantiere fu sospe-so nell’anno di Expo, nel 2015, per consenti-re le visite e all’epoca era stata anche predi-sposta una installazione multimediale chespiegava i dettagli dei ritrovamenti e il re-stauro del Monocromo.

Cioè?La pittura murale detta «Monocromo» furealizzata da Leonardo in carboncino e,quindi, in un solo colore. Rappresenta unagrossa radice, incastrata nella roccia, allabase di uno dei molti alberi frondosi che or-nano la Sala delle Asse: è un gigantesco, sor-prendente trompe l’oeil.

Il restauro del monocromo è partico-larmente complesso?Non solo quello. Le indagini nella Sala delleAsse continuano a rivelare sorprese. Anche

perché è stata rimaneggiata più volte. E’molto impegnativo poi il recupero delle lu-nette: sono dodici, sei delle quali sono recu-perabili con intonaci e pitture antiche, le al-tre probabilmente no. Siamo nella fase delleprove, si sperimentano tecniche nuove an-che con il laser.

Nel 2018 cosa avverrà nella Sala delleAsse?L’intero anno sarà utilizzato per il cantieredi studio, che servirà come base per impo-stare il bando di concorso per il successivorestauro.

Intervista a Claudio SalsiSoprintendente del castello Sforzesco

È stato predisposto un progetto di comunica-zione multimediale con HOC-LAB del Politec-nico. Il sito web appositamente creato per per-mettere al pubblico di seguire il restauro(www.saladelleassecastello.it) ha un tri-plice scopo: fornire informazioni sulla sala e ilsuo restauro; offrire informazioni approfonditeagli addetti ai lavori; consentire a tutti di «se-guire» il restauro. Anche perché proprio a cau-sa dei lavori, il Monocromo di Leonardo e granparte della sala non saranno più visibili al pub-blico fino al 2019, l’anno in cui cade il quintocentenario della morte di Leonardo da Vinci.

il sito

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Per descrivere il contesto dell’epoca, ai tempi di Leo-nardo, i matematici italiani più noti erano probabil-mente Scipione dal Ferro (1465-1526), docente diAritmetica dell’Università di Bologna, il brescianoNiccolò Tartaglia (1499-1557), ed il fiorentino Luca

Pacioli (1455-1517), che aveva pubblicato il Tractatus mathe-maticus ad discipulos pe-rusinos nel 1480, la Sum-ma de arithmetica, geome-tria, proportioni et pro-portionalita nel 1492, permandare poi alle stampeGeometria (traduzione inlingua latina degli Elemen-ti di Euclide) nel 1509. Main quello stesso anno, Pa-cioli pubblicava anche ilsuo De divina proportione,un autentico capolavoroche trattava della sezioneaurea ed al suo utilizzo nel-la matematica, nell’arte enell’architettura, e di cuiLeonardo aveva preparatole figure, un libro che dif-fondeva ed ampliava i ri-sultati ottenuti secoli ad-dietro da Leonardo Fibo-

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Leonardo e Milano

Al termine della prima fase di lavoro,il direttore dell’Opificio delle pietredure di Firenze, Marco Ciatti, disseche c’erano buone probabilità che lamano di Leonardo sia sulle pareti, na-scosta da diversi strati di pittura so-vrapposta nei secoli. Sono comparsi isuoi disegni?Certamente. Ne abbiamo trovati sotto 13strati di intonaco di calce, che veniva data ascopo manutentivo. Via Il Moro, la sala fuusata come stalla a lungo, per oltre due secoli.S’è creata una fascia di calce durissima, cheforse ha reagito con i composti chimici pro-venienti dalla stalla ma quel rivestimento hadi fatto preservato i disegni preparatori deisedici alberi di gelso che poi si intreccianosulla volta creando un effetto illusionistico.

Cosa avete compreso?Emerge che c'era un progetto decorativo,dietro all’albero ci sono accenni di sottobo-sco, paesaggi. Si nota l’interesse di Leonar-do per il mondo naturale, la riproduzione fe-dele di erbe e piante.

Il nome originale della sala?Non Sala delle Asse ma Camera dei Moroni.La sala è encomiastica come è ancor più evi-dente nelle targhe presenti. Lo ha scopertol’archivista incaricato delle ricerche, CarloCatturini: un evidente riferimento a Ludo-vico Sforza, che era detto il Moro non soloper l’incarnato scuro, ma anche per il lavorodi valorizzazione della produzione della se-ta, che si basava su estensive colture del gel-so, in latino, appunto, morus. AE B H

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Leonardo e la matematica

nacci (1175-1235), cioè Leonardo Pisano (figlio di Bo-naccio, da cui il soprannome filius Bonacci). Alla mor-te di Leonardo, il pavese Gerolamo Cardano (1501-1576), l‘altro grande matematico italiano di quel perio-do, non aveva che 18 anni: ce ne sarebbero voluti altri26 perché pubblicasse la sua Ars Magna - Artis ma-gnae sive de regulis algebraicis liber unus, un’autenti-ca pietra miliare nello sviluppo dell’algebra. Uno dei contributi più rilevanti di Leonardo da Vincialla matematica dell’epoca è stata probabilmente la so-luzione approssimata del problema di Delo, contenutanel foglio 32 del Codex Forster. Il problema di Delo,noto anche come problema della duplicazione del cu-bo, era già stato risolto brillantemente “alla greca”,cioè con il solo aiuto di riga e compasso, da una largaschiera di matematici dell’antichità: e chi volesse docu-mentarsi sul problema e sulle sue svariate soluzioni(Leonardo incluso), può leggere il lavoro (interessan-tissimo e con un corpus di rifermenti che lo rende unafonte inesauribile di informazioni e curiosità) scrittoda Bruno Jannamorelli, docente di Matematica al-l’Università dell’Aquila, dal titolo La duplicazione delcubo: un problema classico che ha stuzzicato tanticervelli (Progetto Alice 15: 289-312, 2014). L’immagi-ne mostra la costruzione geometrica di Leonardo; ve-diamo che se è necessario duplicare il volume di un cu-bo di spigolo 1, basterà osservare che i triangoli GFC eCBH sono simili, e che quindi – in base al teorema diPitagora – il lato F0 è uguale a così che il seg-mento BH risulta essere circa pari a 1.2649 (valore ar-rotondato al quarto decimale), ovvero un’approssima-zione davvero molto buona della vera radice cubica di2 (che è circa 1.2599, sempre arrotondando al quartodecimale), a meno di un errore di appena lo 0.4%.Niente male, no?

se sono notissimi i contributi di Leonardo alle discipline ingegneristiche (molte delle sue in-venzioni lasciate su carta hanno dimostrato di poter funzionare), ed è infatti come ingegnere chesi presenta a Ludovico il Moro, i suoi contributi allo sviluppo ed alla diffusione della matemati-ca, decisamente più limitati dei primi, non lo sono altrettanto.

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Il titolo del progetto è impegnativo: “Characterization ofthe patient's genome for clinical decision making in hema-tological malignancies. A personalized medicine programof the Rete Ematologica Lombarda (REL) clinical net-work”: ce lo spiega?Il progetto di cui parliamo nasce da una proposta della Rete Emato-logica Lombarda (REL), network clinico e di ricerca nell’ambito dellemalattie del sangue. La REL ha partecipato nel 2015 ad un bandoemesso dalla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica di Re-gione Lombardia. Alla proposta progettuale della REL, dopo unaprocedura di valutazione comparativa da parte di revisori interna-zionali, è stato assegnato un finanziamento di circa 4 milioni di euro. Ciò che oggi chiamiamo "medicina personalizzata" mira a definire lebasi molecolari delle patologie con l’uso di tecnologie biomediche dinuova generazione, in particolare della Next-Generation Sequen-cing (NGS). Queste conoscenze permettono di migliorare la defini-zione diagnostica e la valutazione prognostica dei pazienti e favori-scono lo sviluppo di terapie innovative.Le neoplasie ematologiche sono in generale delle patologie rare erappresentano un problema non di non semplice risoluzione nel-l’ambito della politica sanitaria, ma sono anche un contesto quasiideale ed una sfida per la messa a punto di programmi di medicinapersonalizzata. L'esempio emblematico è il trattamento della leuce-mia mieloide cronica (CML), in cui la scoperta della base molecolare(il gene di fusione BCR/ABL1) ha reso possibile ottenere dei signifi-cativi progressi nella diagnosi, nel trattamento e nel monitoraggiodell’evoluzione della malattia, quindi una sequenza di successi in tut-to lo spettro della clinica.

Stiamo parlando di unapproccio multidisci-plinare e di vasto respi-ro…Infatti: implementare deiprogrammi di medicina per-sonalizzata richiede degliapprocci sistematici basatisull'integrazione di una se-rie di differenti competenzescientifiche, mediche, biolo-giche, statistiche e bio-inge-gneristiche, e quindi non so-lo cliniche o tecnologiche. Inmolti paesi, tra cui la Fran-cia, la Gran Bretagna, laNorvegia (per restare in Eu-

il Progetto REL sulla caratterizzazione del intervista a enrica Morra

Enrica Morra si laurea in Medicina e Chirurgia nell'Uni-versità di Pavia, dove si specializza in Ematologia e suc-cessivamente in Oncologia. Assistente, quindi Aiuto diEmatologia al Policlinico san Matteo (Pavia), dal 1994 al2014 ha diretto presso l'Ospedale Niguarda Ca' Grandadi Milano la struttura Complessa di Ematologia con Cen-tro Trapianti di Midollo. Nello stesso ospedale, dal 2001al 2014, è stata anche direttore del Dipartimento di Ema-tologia ed Oncologia. Ha sviluppato specifiche competen-ze nel settore delle leucemie acute e croniche (linfoidi emieloidi), dei linfomi maligni, dei mielomi, e delle sindro-mi mielodisplastiche. Ha svolto inoltre importanti attività

di ricerca con il gruppo del Dana Farber Cancer Institutedi Boston (UsA) sulla macroglobulinemia di Walden-ström. Nel 2005 ha ricevuto il premio "Rosa Camuna"destinato alle donne lombarde che si sono distinte neisettori dell'educazione, del lavoro, della cultura, dellacreatività e dell'impegno. Nel 2014 le è stato conferito ilWaldenström Award per il suo contributo scientifico allericerche sulla Malattia di Waldenström. Nel 1998, EnricaMorra ha fondato l'Associazione Malattie del sangue ON-LUs, e nel 2007 la Fondazione Malattie del sangue, di cuiè Presidente. Dal 2014 è Coordinatore scientifico dellaRete Ematologica Lombarda.

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ropa) e gli Stati Uniti, sono stati previstidei programmi specifici di analisi genomi-ca (soprattutto per le patologie ad alto co-sto sociale) su una gran parte della popo-lazione a rischio.Negli ultimi anni, la disponibilità dellenuove tecniche NGS ha reso possibile loscreening high-throughput (HTS), ovverolo screening ad alta capacità, che consentel’individuazione di mutazioni somatichenelle neoplasie di tipo ematologico. Le evi-denze scientifiche ci stanno confortandoperché ci dicono che la valutazione dellostato mutazionale è un fattore in grado dimigliorare in modo significativo la gestio-ne clinica dei singoli pazienti, utilizzandoin modo efficace l'integrazione di innova-tivi sistemi diagnostici e prognostici, persviluppare le terapie individuali, con untrattamento differente e specifico per ognipaziente, in base al suo profilo genomico.Ci attendiamo che il raggiungimento diquesti obiettivi corrisponda ad un miglio-ramento clinicamente significativo dellagestione dei pazienti e della loro aspettati-va di vita in termini non solo quantitativi,cioè di anni vissuti, ma anche qualitativi,per loro e per le famiglie.

A quale livello interviene la ReteEmatologica Lombarda?Prima mi lasci premettere qualche parolasu cosa sia la Rete Ematologica Lombarda(REL), perché forse non tutti la conosco-no. La REL raggruppa tutti i centri di ec-cellenza per lo studio dei tumori del san-gue della Lombardia, e si occupa in parti-colare modo sistematico di organizzare estandardizzare il know-how ematologicoattraverso tre principali obiettivi da per-correre in parallelo, e che sono: 1) l'istitu-zione dei registri epidemiologici di malat-tia; 2) la messa a punto di percorsi diagno-stici, terapeutici ed assistenziali condivisi;3) la creazione di una rete di biobanche(progetto bioREL) che consentirà di di-

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genoma: verso le terapie individuali

sporre di una quantità adeguata di materiale biologico messo a di-sposizione dai pazienti affetti da malattie ematiche.A questo proposito, è del 2014 la messa a punto di un cluster biotec-nologico per la realizzazione di analisi genomiche e per sviluppare leterapie innovative per le neoplasie ematologiche, che è stato attrez-zato con le più recenti strumentazioni per l’analisi genomica e labioinformatica. Aggiungiamo che in Italia, e non solo, le reti clinichedi patologia – come appunto è la REL – sono l’ambiente ideale per larealizzazione di programmi di studio condivisi, dato che costituisco-no un modello organizzativo estremamente innovativo in cui il con-tributo di ciascuno ha un effetto sinergico e rende finalmente possi-bile una migliorata accessibilità ai trattamenti per i pazienti ed unaapprofondita distribuzione delle conoscenze tra i medici, i biologi, egli altri ricercatori che vi partecipano.A questo punto è evidente come la REL intervenga nella gestionequesto progetto di ricerca: l’obiettivo che ci siamo posti è quello dianalizzare la struttura molecolare delle neoplasie ematologiche e disviluppare le tanto auspicate strategie di trattamento personalizzatein base al profilo genetico di ogni singolo paziente, quindi la REL nonsarà solo la rete di soggetti pensanti che hanno costruito il progetto,ma sarà anche l’esecutore, l’attore protagonista di tutti i pacchetti dilavoro previsti.

In breve, quali sono gli obiettivi specifici del progetto?Gli obiettivi specifici sono tre, riassumibili come segue. Il primo è ot-tenere la correlazione (qualitativa e quantitativa) tra il genotipo (cioè

Il progetto di cui parliamo nasce da una proposta dellaRete Ematologica Lombarda (REL), network clinico edi ricerca nell’ambito delle malattie del sangue. LaREL ha partecipato nel 2015 ad un bando emesso dal-la Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica diRegione Lombardia. Alla proposta progettuale dellaREL, dopo una procedura di valutazione comparativada parte di revisori internazionali, è stato assegnatoun finanziamento di circa 4 milioni di euro.

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dei limiti, determinati proprio dalla reazione individuale e dalleeventuali resistenze alla terapia. In particolare, entro la REL rea-lizzeremo un pool di studi clinici con farmaci innovativi, cheavranno come bersaglio non più le cellule neoplastiche, bensì del-le loro molecole specifiche, e sarà come smettere di sparare indi-scriminatamente, magari rischiando di colpire anche le cellule sa-ne, per iniziare a mirare al cuore delle cellule malate per non la-sciare loro scampo. Forti delle conoscenze che accumuleremo du-rante lo studio del profilo genomico individuale, potremo ottimiz-zare i processi di selezione dei pazienti candidati al trattamentospecifico individuato, migliorando anche i tempi di intervento, eil monitoraggio della risposta al trattamento nel breve e nel lungotermine.

Chi sono gli attori nell’ambito del progetto?Per la Rete Ematologica Lombarda, l’Ospedale Niguarda Ca' Gran-da di Milano, che si occuperà delle leucemie acute mieloidi, l’Ospe-dale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese, per le neoplasiemieloproliferative, l’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia per lesindromi mielodisplastiche, l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas diMilano per le neoplasie linfoproliferative, e l’Azienda OspedalieraPapa Giovanni XXIII di Bergamo per le terapie cellulari.A questi ospedali, si affiancheranno le industrie all’avanguardiache si occupano di biotecnologie e di ricerca sul farmaco.

l’insieme di informazioni genetiche che codificano la malattia) e il fe-notipo (cioè le modalità della manifestazione effettiva della malattianel singolo paziente) di tutte le neoplasie ematologiche. Questoobiettivo è assolutamente essenziale, la condizione necessaria per ri-conoscere le entità patologiche definite dai profili genetici distintivi,e quindi anche il primo passo da fare per sviluppare sistemi diagno-stici innovativi.Il secondo obiettivo è lo sviluppo di modelli statistici, cinetici e mo-lecolari che possano avere un valore prognostico per le neoplasieematologiche. Questo ci consentirà di ottenere una quantificazionedel rischio individuale determinato dalla malattia (che sarà diversoda paziente a paziente in base alla genetica, ma anche a fattori am-bientali e psicologici); integrando queste conoscenze acquisite con isistemi prognostici noti al giorno d’oggi, ci consentirà di valutare conmaggiore precisione la “forbice” del rischio individuale del paziente,e questo consentirà di perfezionare i processi clinici decisionali e an-che di ottimizzare i processi assistenziali, il tutto a vantaggio del pa-ziente.Il terzo obiettivo – dopo avere conseguito l’ottimizzazione deiprocessi clinici decisionali – sarà lo sviluppo delle strategie tera-peutiche, cioè sarà l’identificazione della terapia ottimale adattaproprio a quel paziente, e che quindi sarà sicuramente più efficacedelle terapie “omnibus” (mi si consenta questo termine) utilizzateoggi, che pur dimostrando una efficacia sempre crescente hanno

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Ci dice qualcosa di piùsul cluster biotecnologi-co REL cui accennavaprima?Nel 2014 la REL, grazie ad unfinanziamento della RegioneLombardia e della Fondazio-ne Cariplo, ha messo a puntoquesto cluster (cioè un insie-me di strumentazioni e diknow-how) che si occupadell’analisi genomica e dellosviluppo di quelle terapie in-novative ematologiche di cuiabbiamo parlato. Il clusterREL si articola su una serie diattività, tra le quali citiamo: a)

la promozione e il coordinamento dei centri di eccellenza scientificadella Lombardia, per ottimizzare i programmi di ricerca strategici,lo sviluppo tecnologico e l’innovazione terapeutica; b) la messa apunto di tutte le attività che possano favorire gli investimenti in ter-mini finanziari e di risorse umane da parte delle aziende leader nelcampo delle biotecnologie; c) la promozione dell'internazionalizza-zione delle ricerche e della diffusione dei risultati, in modo che il pa-trimonio di idee REL faccia da attrattore per altri investimenti e peri giovani talenti; d) la creazione di un modello organizzativo innova-tivo basato sulla information and communications technology (ICT)per sostenere le politiche sanitarie regionali. In pratica, il cluster REL è un insieme di fattori sinergici che rendonopossibile la presenza di un elevato livello di competenze tecnologi-che, di coesione territoriale delle varie strutture di ricerca coinvolte,e di elevata standardizzazione delle prestazioni erogate, il tutto ba-sato sulla storica collaborazione tra tutti i partner coinvolti, e sullainsistenza, in ambito territoriale della stessa REL.

Una serie di attività a vasto raggio, quindi…Se vogliamo parlarne nel dettaglio, il cluster REL si articolerà su tredifferenti piani di ricerca e sviluppo. Il primo è il RELab, una rete dilaboratori di riferimento per la diagnosi molecolare e per la valuta-zione prognostica di tutte le neoplasie ematologiche, che sarà svilup-pato in collaborazione con Clonit, un’impresa che si occupa dello svi-

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luppo di sistemi diagnostici innovativi. RELab è quindi in grado diutilizzare soluzioni innovative e a basso costo per le analisi moleco-lari di tipo convenzionale con utilità accertata stabilita nella diagnosidelle neoplasie ematologiche, ma RELab sviluppa anche le piattafor-me NGS, con carattere del tutto innovativo, capaci di caratterizzarela malattia dal punto di vista molecolare e capaci di monitorare passopasso l'evoluzione clinica nel singolo paziente.Il secondo piano di sviluppo del cluster REL si basa sulla progetta-zione e la realizzazione della piattaforma bioinformatica i2b2Hema-tology, che servirà ad integrare i dati clinici e biologici per miglioraretutta l’impalcatura della ricerca traslazionale nelle neoplasie emato-logiche. Questa infrastruttura è parte ed è risultato di una prestigiosacollaborazione scientifica internazionale con il centro di ricerca i2b2della Harvard University di Boston (www.i2b2.org), e permette l’ag-gregazione dei dati clinici e biologici provenienti anche da fonti ete-rogenee (i sistemi informativi ospedalieri, le biobanche, le banchedati sul genoma, eccetera) per metterli a disposizione dei ricercatoriche devono effettuare le analisi. Inoltre, i2b2Hematology renderàpossibile gestire i big data nell’ambito della progettazione di speri-mentazioni cliniche che coinvolgeranno un numero anche molto ele-vato di pazienti selezionati in base al profilo genomico individuale.Il terzo piano previsto consiste nello sviluppo di una piattaforma peri protocolli clinici innovativi da progettare per i pazienti con neopla-sie ematologiche. Il Cluster REL ha già messo a punto una piattafor-ma per studi clinici di fase I (che si occupano principalmente della si-curezza del farmaco e della sua farmacocinetica e farmacodinamica)in collaborazione con alcune imprese farmaceutiche leader nel set-tore dei farmaci a bersaglio molecolare.

Quali le ripercussioni del progetto? Saranno solo locali ose ne gioveranno anche le altre regioni? Questo progetto avrà di certo importanti ricadute scientifiche e cli-niche su tutto il sistema sanitario nazionale. Dobbiamo considerareche la l’uso dei marcatori molecolari per queste patologie potrà di-ventare normale pratica nell’ambito del processo diagnostico e potràconsentire l’ottimizzazione delle strategie terapeutiche per ogni ma-lato. Quindi la realizzazione degli obiettivi del progetto costituirà unbeneficio per tutti i pazienti e per tutti gli ospedali, indipendente-mente dalla regione di appartenenza, ed i risultati contribuiranno agenerare un circuito virtuoso con impatto favorevole nell'allunga-mento dell'aspettativa e della qualità di vita dei pazienti.

intervista a Enrica Morra

Questo progetto avrà di certo importanti ricadute scientifiche e cliniche su tutto ilsistema sanitario nazionale. Dobbiamo considerare che la l’uso dei marcatori mole-colari per queste patologie potrà diventare normale pratica nell’ambito del processodiagnostico e potrà consentire l’ottimizzazione delle strategie terapeutiche per ognimalato.

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notizie e curiosità dal mondo scientifico

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Conosciamo molto del-l’ultima estinzione dimassa, quella dei dino-sauri, avvenuta circa 65

milioni di anni fa al termine delCretaceo, mentre è meno notoche di estinzioni di massa il no-stro pianeta ne ha conosciutemolte altre, a partire dalla pri-ma, avvenuta 541 milioni di an-ni fa, all’inizio del Cambriano(la vita sulla terra esiste da più di3 miliardi di anni, ma i grandisconvolgimenti geologici delleepoche precedenti al momentoimpediscono di guardare più in-dietro nel tempo), passando perla più catastrofica (con estinzio-ne del 96% delle specie animaliallora viventi), avvenuta 252 mi-lioni di anni fa. Le estinzioni dimassa conosciute sono unatrentina (l’ultima risalente a 21mila anni fa). Partendo da queste informazio-ni, Daniel Rothman, fisico delDepartment of Earth, Atmo-spheric, and Planetary Scien-ces, del Massachusetts Instituteof Technology (MIT) di Boston,ha elaborato un complesso mo-dello matematico basato su un

set di equazioni differenziali dalui già elaborato in una prece-dentemente pubblicazione (leequazioni differenziali sono unatecnica matematica complicataed elegante, che gli scienziatiutilizzano per produrre delleprevisioni sul comportamentodi un determinato sistema nelfuturo), che basandosi sulla ci-netica del carbonio – ed imple-mentata con delle metodologiesquisitamente statistiche, comela regressione lineare – gli haconsentito di calcolare che ci sideve attendere una nuova estin-zione di massa per l’anno 2100(anno più, anno meno), che do-vrebbe situarsi al sesto posto inordine di gravità tra tutte quelleconosciute nella storia geologi-

ca del nostro pianeta. Durantequesta estinzione è prevista lasparizione di circa il 50% di tuttele specie viventi, e tale sparizio-ne non sarà da attribuire a colli-sione con altri corpi celesti (co-me nel caso dell’estinzione deidinosauri), bensì alle conse-guenze delle attività umane in

termini di inqui-namento, di acidi-ficazione deglioceani per via dellasovrapproduzionedi CO2, di disbo-scamento, e – piùin generale – diesaurimento dellerisorse energeti-che. Il lavoro, inti-

tolato Thresholds of catastro-phe in the Earth system, moltodocumentato e interessante, ol-tre che decisamente inquietan-te, è stato pubblicato sulla pre-stigiosa rivista Science Advan-ces, organo della American As-sociation for the Advancementof Science (AAAS).

Luca Mercalli parla della prossima estinzione di massawww.youtube.com/watch?v=34XCdzgeIHM

Link per scaricare il full paper di Rothman

http://advances.sciencemag.org/content/3/9/e1700906

in rete

in viaggio per l’aldilà? Siate eco-friendly, fatevi idrolizzare

una prossima grave estinzione di massa in arrivo

IImmerso in una specie di sarcofagopieno di una soluzione iperbarica diacqua e potassa caustica riscaldata a149 °C (praticamente come essere in

una pentola a pressione), il corpo umanosi decompone in poche ore, trasforman-dosi in un liquido denso (e puzzolente ilgiusto), con il colore e la consistenza del-l’olio lubrificante per i motori, ma biologi-camente inerte e del tutto asettico. Ecco lavia proposta oltreoceano per superare i li-miti della cremazione (rilascio nell’atmo-sfera di inquinanti, in particolare il mer-curio) e dell’inumazione/tumulazione(corpi che non si decompongono se non

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scelte per voi dal direttore

Orlando e gli investimenti in borsa

Siete di quelli che affidano i propri ri-sparmi agli investitori professioni-sti? Fate benissimo, ci mancherebbe,e quindi vi interesserà sapere che The

Observer (un supplemento domenicale delquotidiano inglese The Guardian) ha com-piuto un geniale esperimento “sul campo”ingaggiando una squadra composta da trenoti professionisti nel settore degli investi-menti azionari che lavorano in tre differentie prestigiose Società, che sono stati messi aconfronto con un gruppo di giovani studentidella John Warner School (unascuola media di Hoddesdon,nell’Hertfordshire), e con Or-lando, un magnifico gattone dalpelo arancione tigrato, di pro-prietà di Jill Insley, ex direttoredi una rivista di economia, ed orafelice pensionato. All’inizio del 2012 a ciascuno de-gli sfidanti, l‘Observerha affida-to un portafoglio virtuale di 5mi-la Sterline da investire in societàfacenti parte della FTSE All-Share index (della Borsa di Londra). Ebbe-ne, alla fine dell’anno, il gatto Orlando haportato il suo capitale iniziale da 5000 a5542 £ (rendimento del 10.8%), mentre il

gruppo degli investito-ri professionisti è arri-vato solo a 5176 £ (ren-dimento del 3.5%), e laperformance del grup-po di studenti è statanegativa, chiudendol’anno in perdita con uncapitale di 4840 £ (ren-dimento del -3.2%).Gliinvestitori avevanodalla loro gli anni di

esperienza professionale, i computer, i co-stosissimi software con cui sceglievano mo-di e tempi delle operazioni finanziarie; i gio-vanissimi studenti non avevano tutto que-

sto ma disponevano diinformazioni ricavabilidalla stampa specializ-zata e da internet, men-tre il gatto Orlando la-vorava semplicementeutilizzando una grigliadove erano segnati i no-mi delle Società quotatein borsa, determinando

gli investimenti in base a quale nome fossesegnato nei punti in cui finiva un topolino dipeluche durante il gioco.Il risultato sembra avvalorare l’ipotesi delrandom walk, secondo cui in gran parte, leprevisioni sullo sviluppo del mercato azio-nario sono abbastanza poco affidabili, di-pendendo da una quantità così grande di fat-tori da rendere quasi impossibile tenerli tut-ti in conto, esattamente come il moto di unaparticella sulla superficie di un liquido è ingran parte imprevedibile dati gli urti mole-colari casuali cui è sottoposta. I professioni-sti della City hanno sportivamente ammes-so la sconfitta, definendo l’esperienza co-munque molto formativa. Orlando, dal can-to suo, ha ricevuto in premio un lussuosocollare rosso fiammante, l’attenzione di tut-ti i media inglesi (con tanto di foto sui prin-cipali quotidiani) e una doppia porzione disardine freschissime. In poche parole, Or-lando è risultato incredibilmente più effi-ciente di un team di traders professionistidella City, ed è stato straordinariamentemeno costoso: verrebbe voglia di provare adaffidargli la gestione di qualche banca italia-na.

lentamente, a causa forse dei conservantichimici assunti con l’alimentazione e forseanche di talune terapie antibiotiche).Le grandi possibilità potenziali dell’idroli-si alcalina nasce dalle esperienze accumu-late nello smaltimento delle carcasse deibovini affetti da encefalopatia spongifor-me, che dopo il processo non lascia tracciadi prioni, né di virus, né di batteri, garan-tendo che il liquame, volendo, potrebbeessere smaltito anche svuotandolo nelsecchiaio della cucina (in realtà le proce-dure sono assai rigorose). Per il momento

l’idrolisi alcalina è consentita in 15 deglistati Usa (ma espressamente vietata nelNew Hampshire), e in alcuni territoridel Canada. Ovviamente, il macchinarioche serve per gestire l’intero processoha il suo costo, quindi malgrado il bene-stare alla possibile utilizzazione, le fu-neral house americane che già dispon-gono delle facilities necessarie perl’idrolisi alcalina sono ancora poche, masono in molti a credere che questa tec-nica sicura e pulita sarà quella del futu-ro.

Un articolo su Business Insider

www.businessinsider.com/alkaline-hydrolysis-an-eco-friendly-burial-technique-2017-8?IR=T

in rete

Un breve servizio televisivowww.youtube.com/watch?v=Aac7rQMZjaY

L’articolo pubblicato su The Guardianwww.theguardian.com/money/2013/jan/13/investments-

stock-picking

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notizie e curiosità dal mondo scientifico

Ozzy Osbourne, frontman e voce soli-sta dei Black Sabbath, sulla crestadell’onda dal 1968 fino ad oggi, so-stituito dal 78 al 98 prima da Ronnie

James Dio (la più bella voce del rock di tuttii tempi, ex dei Rainbow, morto nel 2012) epoi da Tony Martin, è uno dei pochi uominial mondo di cui sia stata fatta una sequenzacompleta del genoma. Non l’ha fatto di suainiziativa: glielo hanno chiesto i due scien-ziati di Harvard Henry Louis Gates e JamesWatson (per intenderci, quel signore che in-sieme a Francis Crick ha scoperto la struttu-ra del DNA), incuriositi dall’enorme consu-mo di sostanze allucinogene più volte am-messo dal nostro (par di capire che gli scien-ziati abbiano contattato anche Keith Ri-chards), al punto da convincere lo stessoOsbourne, che per l’occasione ha dichiaratoalla stampa: given the swimming pools ofbooze I’ve guzzled over the years – not to

ozzy osbourne discende dall’uomo di neanderthal

Notizia inquietante per i fan dei rac-conti polizieschi e che potrebbe in-vece fare la gioia degli avvocati di-fensori nei tribunali: le impronte

digitali latenti non sembrano più essere unmetodo sicuro per identificare un colpevo-le. Sono le conclusioni praticamente tassa-tive di un ampio e ben documentato reportscientifico dal titolo Latent FingerprintExamination, prodotto da un gruppo diquattro scienziati Usa nell’ambito del piùlargo progetto Forensic Science Asses-sment - Human Rights and Law Pro-gram, gestito dalla AAAS (American Asso-ciation for Advancement of Science). Gliautori del report sono John Black, scien-ziato forense, William Thomson psicologodella University of California at Irvine,Anil Jain, docente di Ingegneria Biometri-ca della Michigan State University, e JayKadane, statistico della Carnegie MellonUniversity.Le impronte latenti sono quelle che vedia-mo ricercare in tutti i telefilm polizieschi digenere scientifico (a partire da CSI – Cri-

me Scene Investigation in poi), quando gliinvestigatori rendono visibili le improntedigitali, lasciate dall’ignoto di turno, permezzo di polveri, di luce laser, o di altretecniche. In pratica, riportano gli autori,l’esame delle impronte digitali latenti nonpuò certificare la loro appartenenza ad ununico soggetto con il 100% di accuratezza,il che significa che l’identificazione di unsoggetto per mezzo di impronte digitalinon è affatto un sistema infallibile. Già da qualche tempo, alcuni periti dattilo-scopici dei tribunali Usa preferiscono evi-tare conclusioni troppo sicure, e si limita-no a definirsi “praticamente certi” dei lororisultati, ma anche queste affermazioni –alla luce delle conclusioni del gruppo di la-voro – sembrano avere poco fondamento.Infatti, continuano gli autori, non esiste al-cun metodo per calcolare quante personepossano avere lasciato una data improntadigitale, perché non ci sono dati sufficientiper sapere quanti individui possano condi-videre una specifica caratteristica delle im-pronte, e quindi uno scienziato forense

Sta affondando il mito delle impr

OzzyOsbourne oggi, a Philadelphia, scortato dalla poliizia

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OZZYOsBOURNE OGGI, A PHILADELPHIA, sCORTATO DALLA

mention all of the cocaine, morphine, slee-ping pills, cough syrup, LSD, Rohypnol …you name it – there’s really no plausible me-dical reason why I should still be alive.Maybe my DNA could say why. Nell’articolo, pubblicato sulla rivista Scien-tific American, il campione di sangue dona-

to dalla stella dell’heavymetal ha rivelato la pre-senza nel suo genoma diun numero elevatissimo dianomalie, gran parte dellequali sono legate al meta-bolismo cerebrale delladopamina, tali da rendere,per Osbourne, il rischio diallucinazioni da marijua-na superiore del 250% rispetto a quello diuna persona normale, e da accrescere in mo-do significativo il rischio di dipendenza dacocaina e da alcool (circa il 600% in più ri-spetto alla norma), mentre la sua capacità dimetabolizzare la caffeina appare significati-vamente ridotta, al punto che il caffè vienedefinito la Ozzy’s kryptonite. Ma la cosa re-almente curiosa è che il Dna di Osbourne, inparticolare il suo cromosoma 10, contienedei frammenti di Dna propri dell’uomo diNeanderthal, una specie affine all’homo sa-piens, ma estinta cica 30 mila anni fa.

Questa non è una sorpresa assoluta (residuigenetici del Neanderthal erano già stati tro-vati nel genoma di soggetti di razza caucasi-ca), ma è certo una conferma che – migliaiadi anni addietro – si sono verificati casi diincrocio tra Neanderthal e Homo sapiens,di cui ancora portiamo il ricordo. Inciden-talmente, tra le varie eredità lasciatecidall’uomo di Neanderthal, ci sarebbero lapredisposizione alla “pancetta”, al diabetedi tipo 2, alla cirrosi epatica, al lupus erite-matoso, e alla dipendenza dal fumo di siga-retta.

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scelte per voi dal direttore

L’articolo di Scientific Americanwww.scientificamerican.com/article/o

zzy-osbourne-genome/

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non ha sufficienti para-metri non solo per defini-re un’impronta come at-tribuibile “al 100%” aduna data persona, maneppure per affermare diessere “praticamente cer-to” delle sue conclusioni.Lavorando sulla base della loro esperienzaprofessionale, ed attraverso una attentissi-ma disamina della letteratura scientifica,gli autori concludono che i periti dattilo-scopici devono ammettere l’elevato livellodi incertezza delle loro conclusioni e chebuona parte di queste ultime sono sola-mente soggettive, basate su speculazioni econgetture. Il dossier prende in esame tut-te le criticità dello studio delle impronte,dalla variabilità antropometrica nel tem-po, nello stesso soggetto, agli errori possi-bili nella raccolta di una impronta imbrat-tata, fino ai possibili errori dovuti ai siste-mi di riconoscimento automatico, ed allainfluenzabilità del perito sulla base di unbias cognitivo dovuto alle informazioni a

lui disponibili sull’andamento di un iterinvestigativo. Gli autori sono anche propositivi, e sugge-riscono alcune possibili strade da percor-rere, a partire dalla modifica del flusso dilavoro di identificazione, per passare an-che dal cambio della metodica di studio delperito dattiloscopico, che dovrebbe lavora-re in cieco, quindi senza alcuna informa-zione sull’andamento dell’indagine e sullecaratteristiche fisiche e psicologiche delsoggetto di indagine, anche se il vero passoin avanti nella qualità dei risultati dipen-derà da come i sistemi automatici e com-puterizzati di riconoscimento potrannoevolvere nel futuro, sulla base anche deiprogressi delle conoscenze biometriche.

onte digitaliFilmato sulle caratteristiche delle impronte digitaliwww.youtube.com/watch?v=IrpTqKkgygA

Il link per scaricare una copia gratuita dell’intero dossier (160 pagine)

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vincoli di proprietà feudale.Nel medioevo il possesso o il controllo deimulini era prerogativa importante della feu-dalità, sia per la rendita che essi assicurava-no sia per il potere di controllo che attraver-so essi si esercitava sul popolo e sulla produ-zione dei grani coltivati sul territorio.

L’acqua, fonte di vitae di relazioni socialicostituiva anche allo-ra il bene più prezio-so per l’uomo: neces-saria per gli usi do-mestici, per il lavag-gio delle fognature,che erano in granparte a cielo aperto,per irrigare i campi,abbeverare gli ani-mali, per azionare imulini e le prime ma-nifatture, per scopidifensivi, ossia perfornire acqua ai fossati delle fortezze, luogodi pesca, via di comunicazione e di traspor-to, per spegnere i frequenti incendi. La me-scolanza di tali usi ed il complesso dei dirittiche li regolavano, costituiva una situazionedi disordine. Oggetto di non poche guerre,così importante da essere legata da precisi

Fra le tante cose che attraverso gli an-ni il progresso ha cambiato, ci sonocertamente i mulini ad acqua, cioèquelli che prima dell’avvento deimotori e della corrente elettrica,

macinavano grano e granaglie, costituendouno strumento fondamentale per la vitaagricola e contadina, e anche cittadina, se-gnando il territorio accanto ai corsi d’acquacon costruzioni che diventavano punti di ri-ferimenti fondamentali almeno quanto lechiese, le pievi ed i castelli.La naturale presenza di acqua nella nostrapianura è stata organizzata, gestita e incre-mentata dall’attività irrigua che, nei secoli,ha costruito un complesso intreccio di roggee canali.Le rogge e i canali non solo hanno mantenu-to per secoli un ruolo fondamentale nel ren-dere produttive con le loro acque le campa-gne ma hanno anche svolto altre funzioniimportanti, hanno costituito, sin dall’anti-chità, oggetto di particolare attenzione.

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tesori nascosti

Ruote sull’acqua: piccoli e grandi gioielli della cultura contadina, espressioni di tradizioni da trasmettereper non dimenticare una parte del nostro passato

tracce nel nostro territorio:i mulini

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mano in un lungo monolite di gra-nito di Baveno, provocando la per-dita della lolla o glume dal chicco.Il prolungamento di questa opera-zione consentiva di togliere anchela pula (pericarpo). Tale processoera molto lungo ed anche imperfet-to poiché molti semi erano rotti daipestelli. Nella seconda metà dell’ot-tocento comparve, specialmente in

Lomellina, il bramino, costituito da due mo-le di cui la superiore era mobile. Il riso eracosì fatto passare tra una mola e l’altra peressere liberato dalla lolla e tale operazioneera chiamata bramatura; infine era lavoratocon la pila per togliere la pula. Nel ventesimosecolo la pila subì modifiche: i pestelli furo-no sostituiti da eliche che giravano in un va-so di pietra o ferro. Sempre nei primi annidel 900 compare anche la sbiancatrice Am-burgo: il riso lavorato da tale macchina per-deva non solo la pula ma anche gli strati piùesterni dell’albume per cui veniva appunto

ma pelle (pula o lolla), produrre energiaelettrica per la sua essicazione ed anche perl’illuminazione nelle cascine.

LA PILA O PISTA DA RISOEra la macchina più antica per la lavorazio-ne del riso. Mediante un albero azionato dauna ruota mossa dall’acqua, metteva in mo-vimento pesanti pistoni (pestelli) di legnocon la punta rivestita di ferro. Questi ultimi,ricadendo senza raggiungere il fondo, “pe-stavano” il riso (da cui il termine “pista”) nel-le corrispondenti vasche concave ricavate a

Ripercorrere la strada deimulini significa scoprireun mondo dove l’acqua erapraticamente l’unica forzamotrice per le varie attivitàproduttive, dove il mugna-io trascorreva la sua vita,per il mulino e col mulino,senza mai muoversi dallasua macina, ma conoscevae frequentava tutto il mondo della campa-gna e dei paesi dei dintorni, che arrivava lìcon il suo carico di grano e di granaglie. Intorno al mulino nascevano figure come ilmugnaio - imprenditore, a volte anche ‘labanca del grano’ per i contadini. Era il fulcrodell’economia contadina. Numerose le rog-ge dette ‘molinare’ le cui acque, dopo averazionato il mulino, erano utilizzate per l’ir-rigazione a valle.Il mulino non serviva solo per macinare ce-reali, con l’avvento del riso nella pianura pa-dana, venne utilizzato per pulirlo dalla pri-

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di Luigi PagettiFotografo e cultore della storia della Lomellina

I testi e le foto sono tratti dal libro “Mulini di Lomellina” di Luigi Pagetti, 2010

Il campanello del mugnaio

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sbiancato. Queste prime macchine eranomosse anch’esse da ruote ad acqua e riceve-vano i movimenti tramite cinghie e puleggedi trasmissione.

IL MULINO ORIZZONTALELa ruota orizzontale (detta Ritrecine) erausata soprattutto con piccoli corsi d’acquapoiché per un buon funzionamento era ne-cessaria un bacino di riserva. Era costituitoda un palo centrale nella cui parte inferioreerano inseriti ad incastro delle pale di legnoo metallo (generalmente curve a cucchiaio)che davano forma alla ruota.Questo sistema era messo in movimentodall’acqua che deviata in un canale precipi-tava in una condotta forzata (doccia) che in-

dirizzava l’acqua a colpire tangenzialmentele pale della ruota.

IL MULINO VERTICALEIl mulino verticale rappresenta la vera svoltanel campo dell’utilizzo dell’energia idrauli-ca: la prima testimonianza concreta di unmulino verticale risale addirittura al 79 d.C.dove vicino a Pompei è stata rinvenuta, se-polta dalla lava, l’impronta di una ruotaidraulica. Questo tipo di ruota poteva funzio-nare in qualsiasi corso d’acqua dotato di unflusso discretamente costante, che scorressea velocità piuttosto rapida, ma lavorava conil massimo rendimento in un canale laterale,possibilmente fornito di una saracinesca cheregolava l’afflusso dell’acqua contro la ruota.

tesori nascosti

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IL CAMPANELLO DEL MUGNAIOAvverte quando non vi è più cereale da ma-cinare. È fermo quando la corda al quale è le-gato rimane tesa sprofondando nel cereale ecomincia a suonare quando non più tratte-nuta dai semi si libera. E’ importante per ilmugnaio riempire subito la tramoggia condell’altro cereale per impedire che le macinegirando a vuoto si rovinino.

La pila o pista da riso

Il mulino orizzontale

“ Al murné ”Imbiancato di farina dalla testa ai piedi: abi-lissimo nel suo mestiere e all’occasione buon“meccanico” muratore e falegname. Istruito:sapeva leggere-scrivere e soprattutto far diconto, imprenditore “ante litteram” furbo co-me pochi, un ottimo partito insomma ricerca-to dalle ragazze: queste e altre ancora le virtùdel mugnaio, il vero re del mulino.Se l’impianto era piccolo,”al murné” giravapersonalmente per le cascine (altrimenti in-caricava un garzone) col suo carretto, la ba-retta dalle due ruote gigantesche, prima a ri-tirare da agricoltori e salariati le granaglie, laseconda volta a consegnare la farina.Tratteneva come compenso dall’ 8 al 10 percento del macinato però abitualmente facevala cresta, aumentando il proprio guadagno: lacosa era risaputa e lo stesso mugnaio cischerzava su coi clienti, salvo poi continuare asgraffignare farina.Alla figura di questo mitico protagonistadell’arte bianca, si sono ispirati poeti, scritto-ri, musicisti, nonché gli inventori di proverbi,barzellette e storie popolari: “murné, murné,ca dal diavul quant ag-né?”Al di là delle molte leggende fiorite sul contodei mugnai, il loro era comunque un lavoro du-ro, praticato spesso sia di giorno che di nottein un ambiente freddo ed umido.Inoltre ogni mese circa toccava affrontarel’operazione più antipatica e molesta: rimuo-vere le mole, martellarne le superfici per re-stituire loro la forza abrasiva, ancora pulvi-scolo peggiore del precedente per la salutedel mugnaio.Ciononostante amava la sua professione: “ilmestiere più bello del mondo” è stato scritto.Perché il mugnaio era un uomo libero, liberodi lavorare come e quanto voleva, senza doverrendere ragione del suo operato a nessun al-tro fuorché a se stesso e alla famiglia.Un anticipatore dei tempi, “al murné”, spessocontrocorrente romantico individualista.

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In vigore dal 19 luglio 2017 il DL 3 luglio2017, n°111 collegato alla Riforma del Terzosettore (legge 6 giugno 2016, n° 106). Maperché sia attuata la normativa, occorre unatto della Presidenza del Consiglio, entro120 giorni dalla pubblicazione del decreto,previsto per metà novembre.Ecco a grandi linee che cosa contiene e le no-vità più rilevanti.I beneficiari e le soglie di contributoConferma dei beneficiari degli ultimi cinqueanni: il 5 per mille andrà dunque a favore de-gli enti “del volontariato”, etichettatura cheraccoglie un’ampia fetta di organizzazioni divolontariato, onlus, associazioni ricono-sciute, fondazioni, associazioni sportive di-lettantistiche ecc., purché iscritti nel Regi-stro del Terzo Settore.Ciò che cambia in modo sostanziale è il fattoche verrà stabilito “l’importo minimo ero-gabile a ciascun ente delle somme risultantisulla base delle scelte effettuate dai contri-buenti” e “le modalità di riparto delle sceltenon espresse dai contribuenti”. Tradotto in pratica: sotto una soglia minimadi contributo gli enti non vedranno un euro,e l’“inoptato” (somme destinate al 5x1000,ma senza indicazione del codice fiscale del-l’ente) verrà ridistribuito con criteri da sta-

bilire, e non più sem-plicemente in propor-zione alle scelte rice-vute. C’è da immagi-narsi che su questo cisarà battaglia, soprat-tutto da parte delle or-ganizzazioni che oggiricevono le maggiorisomme in assoluto, eche quindi dovrebbe-ro rinunciare a unabella fetta di introiti.Modalità di paga-mento: tempi piùrapidiIl decreto dovrebbe an-dare in questa direzio-ne, sono attese le mo-dalità per il pagamentodel 5 per mille e soprat-tutto i termini entro iquali i beneficiari co-municano alle ammini-strazioni erogatrici idati necessari per il pagamento delle sommeassegnate, «al fine di consentirne l’eroga-zione entro il termine di chiusura del secon-do esercizio finanziario successivo a quello

di impegno». Si ricor-da che oggi si arrivapraticamente al terzoesercizio (due anni so-lari dopo): si punta inquesto modo ad arriva-re a un solo anno realedi differimento conl’obbiettivo di dare re-spiro a quelle onlus checon il 5x1000, e sono

tante, ci “campano”.Nuovi obblighi per i beneficiari A vantaggio della trasparenza e con il fine difavorire le organizzazioni trasparenti vieneribadito che le somme non possano essereutilizzate per coprire le spese di pubblicità ecampagne di sensibilizzazione sul 5 per mil-le stesso e che i beneficiari devono redigere(come in precedenza) un apposito rendi-conto, entro un anno dalla ricezione dellesomme, e inviarlo al ministero competenteentro 30 giorni, accompagnato da una rela-zione illustrativa. Ma la novità dovè? Vieneistituito l’obbligo di pubblicare sul propriosito, sempre entro 30 giorni, gli importi e ilrendiconto, dandone comunicazione al-l’amministrazione entro i successivi settegiorni.Sono quasi 3,5 miliardi di euro andatia oltre 66 mila organizzazioni nonprofit negli tra il 2008 e il 2016 (annifiscali 2006-2014): è questa la sommadestinata dagli italiani a favore delnon profit e dei comuni con il 5 permille.

fundraising

Confermata l'idea di non erogare le somme percepite sotto una certa soglia, e di ridistribuire l'inoptato concriteri diversi da quelli attuali. Prevista anche una stretta sui tempi di erogazione, e sanzioni severe per le or-ganizzazioni poco trasparenti

È la stessa questione per la quale spesso si confonde un feno-meno sociale, ovvero il volontariato come attività personale,spontanea e gratuita resa in forma organizzata o singola, conil profilo giuridico di certi enti dalla legge definiti “organizza-zioni di volontariato”. Tutti gli enti non profit si reggono sulvolontariato, chi più, chi meno. Ma non tutti gli enti non profitsono organizzazioni di volontariato. 

Il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri (D.P.C.M.)conterrà non solo le modalità per il pagamento del 5×1000,ma anche i termini entro i quali i beneficiari devono comuni-care alle amministrazioni erogatrici i dati necessari per ilpagamento delle somme assegnate “al fine di consentirnel’erogazione entro il termine di chiusura del secondo eserciziofinanziario successivo a quello di impegno”.

DECRETO LEGISLATIVO 3 luglio 2017, n. 111  www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/07/18/17G00122/sg

Disciplina dell’istituto del cinque per mille dell’imposta sulreddito delle persone fisiche a norma dell’articolo 9, comma

1, lettere c) e d), della legge 6 giugno 2016, n. 106.(17G00122)

Cinque per mille, ecco cosa cambia

di Marco Brusati

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fundraising

zio con competenza, entusiasmo e dedizio-ne. Fin dai primi giorni hanno fatto pro-prio lo stile del reparto: accogliente, quali-ficato, attento alla persona oltre che al suopercorso di malattia e cura.L’impegno di AMS e FMS Onlus per l’Ema-tologia di Niguarda prevede, oltre al soste-gno dei contratti per le nuove infermiere,la copertura dei costi per i contratti di cin-que medici specialisti ematologi, un medi-co specializzando, una psicologa e una co-ordinatrice delle attività di Ricerca clinica;inoltre partecipiamo al finanziamento del-le attività di Ricerca biologica su leucemie,linfomi e mielomi. Gli infermieri, con la loro competenza ededizione, sono spesso i professionisti piùvicini e partecipi dell’esperienza di ricove-

ro dei pazienti. Per que-sto è importante nonabbassare la guardia econtinuare a fornire ilsostegno necessario aportare avanti un impe-gno in grado di mettererealmente al centro tut-ti i pazienti.

due nuove infermiere per l’Ematologia di Niguarda

Il loro arrivo fa parte di un piano piùampio messo in atto dall’Ospedale Ni-guarda che ha consentito l’inserimen-to di quattro figure infermieristiche

indispensabili a garantire la continuità el’eccellenza assistenziale ematologica. Purtroppo la spending review ha impostoagli ospedali regole che hanno reso semprepiù difficile la gestione del turn over delpersonale infermieristico. Ad esempio lasostituzione del personale in maternità oin aspettativa può essere molto difficoltosaanche per un grande ospedale come Ni-guarda. A inizio estate ciò ha determinatouna pressione molto forte sul personale in

servizio, che ha egregiamente fatto fronte auna situazione in cui la carenza di organi-co, a lungo andare, avrebbe rischiato di in-fluire negativamente sulla qualità del ser-vizio offerto dalla Struttura.Grazie alla nostra determinazione, all’in-tervento dell’Ospedale e al sostegno con-creto dei nostri sostenitori è stato possibileconservare i 24 posti letto dei reparti adAlta Intensità, permettendo all’equipe me-dico infermieristica di continuare ad acco-gliere tutti i pazienti ad elevata complessi-tà, mantenendo la massima qualità dell’as-sistenza.Sara e Martina hanno iniziato il loro servi-

Grazie ai sostenitori di Associazione e Fondazione Malattie del san-gue Onlus, l’Ematologia di Niguarda ha raggiunto un nuovo impor-tante risultato. Lo scorso luglio, Enrica Morra si è fatta portavoce del-le infermiere dei Reparti di Alta Intensità di Cura e ha lanciato l’ap-pello ad adottare due infermiere. Oggi siamo lieti di annunciare l’inseri-mento di Sara e Martina.

Una sola piccola parola non è sufficiente a ren-dere l’idea della gratitudine che provo nei con-fronti di tutti coloro che hanno contribuito acombattere la mia leucemia, ma quella piccolaparola è quantomeno necessaria per comuni-carvi quello che provo, quindi GRAZIE. Grazie a tutti gli infermieri che hanno reso pos-sibile il lavoro dei dottori e che mi sono rimastivicini in ogni momento. Grazie per non aver sot-tovalutato ciò che provavo, per aver sopportatole mie paranoie, i miei calcoli mentali sulla finedei vari cicli, la mia incorreggibile paura degliaghi e tutti i miei sfoghi. Grazie per avermi fattoparlare della mia vita, per avermi fatto doman-de sui miei amati cavalli e per avermi voluto co-noscere davvero. Grazie anche per avermi resopartecipe delle vostre vite, raccontandomi levostre storie e le storie dei vostri figli o dei vo-stri animali. Grazie per le risate scambiate in unmomento tanto triste per me, grazie per quelpizzico di follia che ha permesso all’allegria diarrivare anche oltre un tendone di plastica; senon ho perso il mio sorriso è anche grazie a voi!

Laura

il grazie di Laura

sara e Martina con Piera

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che mi hanno dato l’occasione di essere quitutti i giorni, di credere insieme che l’assi-stenza e le cure possano migliorare, che gior-no dopo giorno magari la ricerca apra qual-che “finestra” in più a coloro che definiscosemplicemente “guerrieri”.

mi chiamo Martina, sono un’infermiera

Ricordo quel primo giorno come sefosse ieri. Entrata nella prima stan-za, quella signora dal viso dolcissi-mo e gli occhi pieni di speranza, mi

sorrise, come se quasi mi dicesse: “stai tran-quilla, ce la faremo insieme”.Mi chiamo Martina Leggio, ho 24 anni e sonoun’infermiera del Centro Trapianto MidolloOsseo dell’Ospedale Maggiore Niguarda.Amo il mio lavoro, lamia professione e i“miei” pazienti. Il rapporto che lega unpaziente e un infermie-re, oltre certo di naturaprofessionale, è unarelazione d’aiuto, dicomplicità, di affetto.Noi non siamo sola-mente “i responsabilidell’assistenza infer-mieristica”, noi tenia-mo per mano, capiamoe sosteniamo le perso-ne nei momenti più dif-ficili della loro vita, specialmente nel mo-mento in cui, spaventati, arrabbiati, confusio rassegnati arrivano al Trapianto di MidolloOsseo. L’assistenza che si offre ad un malatoè importante tanto quanto i farmaci che sisomministrano. Essere infermiere è la mia

abilità, prendermi cura di qualcuno è la miaprofessione. Quando curi una malattia puoivincere o puoi perdere, quando ti prendi curadi una persona, vinci sempre. Quando li pro-vi entrambi non puoi fare altro che sorridere,dare tutta te stessa e restituire tutto l’amorericevuto dalle tue persone assistite. Ogni giorno quando vado a lavoro porto conme sempre un pezzo di cuore e di umiltà in

più, perché so che ipazienti hanno bi-sogno di noi, ope-ratori sanitari, me-dici, infermieri,oss, insomma tuttal’equipe fantasticache accompagnaquesto reparto. Picasso affermavache “il senso dellavita è quello di tro-vare il vostro dono.Lo scopo della vita èquello di regalarlo”e per me il dono che

posso dare alle persone assistite è quello divedere insieme sempre il bicchiere mezzopieno e mai mezzo vuoto, di avere un sorrisoin più nel momento peggiore per loro e di so-gnare insieme, sempre.Non smetterò mai di ringraziare le persone

14 giugno 2017. È il mio primo giorno di lavoro,primo giorno in assoluto in cui mi accingo finalmentead essere l’infermiera che nel mio piccolo hosempre sognato. L’accoglienza è stata delle mi-gliori: colleghi sin da subito pronti a correre insiemea me nel percorso di crescita professionale e forma-zione che concerne quel reparto che alla sola pro-nuncia mette paura: “Centro Trapianti Midollo Os-seo”. Cosa dovrò fare? Cosa mi aspetta? pensavo;ma il mio pensiero maggiore andava a loro, i protago-nisti dell’assistenza: i miei pazienti.

Un ringraziamento al Rotary Club Milano Norded a tutti i nostri sostenitori che hanno contri-buito, attraverso l’organizzazione di eventi edonazioni a nostro favore, alla possibilità di in-serire figure professionali qualificate da af-fiancare al personale sanitario strutturato.

“I nostri pazienti necessitano di cure caratteriz-zate da elevata complessità, richiedendo al per-sonale sanitario una forte ed attenta presenza eduna elevata professionalità.”

Fondazione e Associazione Malattie del sangueOnlus, continuano il loro impegno nei reparti diEmatologia dell’AssT Grande Ospedale Metro-politano Niguarda.

Ogni giorno quando vado a lavoroporto con me sempre un pezzo dicuore e di umiltà in più, perché soche i miei pazienti hanno bisognodi noi, operatori sanitari, medici,infermieri, oss, insomma tuttal’equipe fantastica che accompa-gna questo reparto.

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Gruppo di Supporto Pazienti WM-Italy

senza di una componente monoclonaleIgM e una biopsia osteomidollare, arriva ladiagnosi di WM. Con IgM a 2.050 e nessuninteressamento d’organo, vengo dimessacon una semplice cura ricostituente e l’uni-ca prospettiva di controlli e analisi periodi-che. La diagnosi, però, non mi spaventa mi-nimamente; perché avrei dovuto preoccu-parmi? In fin dei conti avevo una madre af-fetta dalla stessa patologia che stava bene eche conduceva tranquillamente la sua vita! Ma la WM, si sa, ha tanti volti e tante mo-dalità di colpirti: la malattia si rivela in una

Macrobulinemia di Waldenström: una

La prima volta che ho sentito parlaredi Jan Gösta Waldenström, il celebremedico svedese, era il 1990 quando amia madre venne diagnosticata la

patologia che porta il suo nome, dopo cheda tempo accusava forte stanchezza e debo-lezza culminanti in un episodio di perditadi sensi nella scuola dove insegnava. Io al-lora, molto giovane, mi dividevo tra studioe sport, per cui del problema ricordo solo ipomeriggi che lei passava a correggerecompiti in classe sdraiata sul letto per recu-perare energia. A quel tempo niente Internet, niente Goo-gle, solo la biblioteca universitaria per sco-prire chi era Waldenström e la malattia dalui identificata, della quale ancora si sapevapoco e per la quale la prognosi era nefasta.La conferma della diagnosi arrivò da un fa-moso ed emerito ematologo il quale, già al-lora consigliò una strategia di attesa. Permia madre iniziò quindi un lungo periodo,durato quasi 30 anni, durante il quale lamalattia si è per fortuna mantenuta indo-lente, permettendole una vita normale.Da quel momento, però, la WM è entratanella mia famiglia dalla porta principale,ospite inattesa e sconosciuta, e da alloranon se ne è più andata, diventando unacompagna di vita per mia madre e, in segui-to, purtroppo anche per me.Infatti, ad un certo punto, compaio ancheio come co-protagonista di questa storia. Inrealtà tutta la mia vita è stata sempre scan-dita da problemi di salute. A 24 anni, conuna vita dedicata alla danza, la mia grandepassione, per una stanchezza eccessiva e un

dimagrimento non spiegabile mi viene dia-gnosticata una malattia autoimmune allatiroide. Abbandono la danza, mi sottopon-go a due anni di cure pesanti,mi laureo, mi specializzo, mitrasferisco in un'altra città,trovo un lavoro appagante,viaggio molto, mi sposo. Sem-bra che tutto fili liscio…ma ec-co che mia figlia nasce con uncesareo di urgenza per una ra-ra complicazione per la qualestavamo perdendo la vita en-trambe. Poi, però, tutto si risolve al me-glio ed io, al solito, riprendo lamia vita. Dopo un paio di annicomincio ad accusare una stra-na astenia che aumenta e chesento diversa dalla solita stan-chezza da superlavoro. Hospesso crolli improvvisi di for-ze e sensazione di perdita disensi sia sul lavoro che a casa,malessere generale, episodi di tachicardia,di eruzioni cutanee erimatose, di aftosi ri-correnti che mi devastano la bocca, di for-micolii e intorpidimenti delle estremità edalle analisi risulta sempre solo una legge-ra anemia; tutto viene spiegato con una for-ma di forte esaurimento. La situazione pre-cipita quando vengo ricoverata in urgenzaperché non riesco più neanche a reggermiin piedi. È il 2006, l’anno spartiacque per l’iniziodella mia vita con la WM. Dopo due ricove-ri, analisi approfondite che rivelano la pre-

Ho deciso di raccontare la mia esperienza di persona affetta dalla Ma-crobulinemia di Waldenström (WM) perché, a prescindere dall’impor-tanza di condividere aspetti clinici e terapeutici con altri pazienti, il miosi è rivelato essere uno dei casi (non rarissimi) nei quali la malattia hacolpito due componenti dello stesso nucleo familiare, oltretutto con for-me e modalità diverse. Per questa ragione posso affermare che la storiadella mia famiglia sia stata in passato influenzata dal manifestarsi edevolversi di questa patologia, come lo è oggi e come lo sarà in futuro.

di Daniela Calamai

La prima volta che ho sentito parlare di Jan Gö-sta Waldenström, il celebre medico svedese,era il 1990 quando a mia madre venne diagno-sticata la patologia che porta il suo nome, dopoche da tempo accusava forte stanchezza e de-bolezza culminanti in un episodio di perdita disensi nella scuola dove insegnava. Io allora,molto giovane, mi dividevo tra studio e sport,per cui del problema ricordo solo i pomeriggiche lei passava a correggere compiti in classesdraiata sul letto per recuperare energia.

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forma aggressiva e tutti i miei tentativi percontinuare a condurre la solita vita pianpiano falliscono: l’astenia si aggrava sem-pre più, il valore di IgM sale inesorabilmen-te fino oltre 4.000, perdo concentrazione,ho una viscosimetria piuttosto alta, nonriesco quasi più ad andare al lavoro. All’inizio del 2009 inizio la terapia pressol'Ematologia di Pisa, città nella quale at-tualmente risiedo, dapprima con 2CdA +Rituximab (sospeso dopo 2 cicli per intolle-ranza) seguiti da 4 cicli di solo Bortezomib(Velcade) settimanale. A conclusione delleterapie risulta permanere una modesta in-filtrazione midollare ed una componentemonoclonale misurabile che in quattro an-ni di osservazione risale lentamente ma co-stantemente, costringendomi ad affrontarenuove terapie nel 2014. Mi sottopongoquindi a 6 cicli di Bendamustina che questavolta abbassano drasticamente il livello diIgM e l’infiltrazione nel midollo, dandomila speranza di poter avere un più lungo pe-riodo di intervallo prima di nuovi tratta-menti. Divento consapevole della necessitàdi dover modificare il mio stile di vita, rie-sco a cambiare professione e l’orario lavo-rativo si è drasticamente ridotto. Parallela-mente ho ridimensionato anche la mia pas-sione per lo sport: dall’allenamento duro

ematologi che mi seguono mi sono sottopo-sta a ricerca della mutazione L265P nel ge-ne MYD88, risultata positiva sia in me chein mia madre; questo risultato é motivo diconfronto tra di noi; analizziamo le nostrevite per identificare punti di contatto edesperienze comuni, elaborando nostre per-sonali ipotesi, aspettando che la ricercascientifica fornisca le risposte ai nostri que-siti.Attualmente, dopo tre anni dalla fine delleultime terapie, la mia situazione è staziona-ria mentre per mia madre la malattia si è ri-svegliata con una anemia ingravescentetrattata con eritropoietina. Non so cosa ri-serverà il futuro ad entrambe, ma la miastoria prova a trasmettere a mia madre lafiducia nelle terapie, grazie alle quali dopo11 anni dalla diagnosi conduco una vitapressoché “normale”, mentre lei riesce a in-fondere in me la speranza, come esempiovivente, che la malattia possa rimaneresonnecchiante per molti anni ancora.

mi sono progressivamen-te accontentata di lunghepasseggiate 2/3 volte allasettimana. Allego, però, aquesto articolo alcune fo-tografie di questa estate,

poiché ho raggiunto in vetta al Gran Sassoil “Rifugio Franchetti” a oltre 2.400 m. diquota. È stata una sfida con me stessa, cheho vinto, ma è stato soprattutto un addio aquesto tipo di attività ed una conferma del-la necessità di adeguarmi ai ritmi impostidalla malattia. La mia vita è comunquemolto attiva e la voglia di lottare non vienemai meno. Per questa ragione, con entusia-smo, ho partecipato attivamente, fin dallasua fondazione, alle iniziative del Gruppodei Pazienti Waldenström Italia e agli in-contri organizzati presso l’Ospedale Ni-guarda di Milano, ritenendo prioritario te-nermi aggiornata, anche per mia madre,sulle novità terapeutiche e di ricerca relati-ve alla patologia. Su suggerimento degli

storia di famiglia

http://www.malattiedelsangue.org/daniela-calamai-macro-bulinemia-waldenstrom-wm-una-storia-di-famiglia

Per approfondire la storia di Daniela vai su www.malattiedelsangue.org

Daniela con il marito Davide

Daniela con la figlia Giulia e il figlio quadrupede Leo

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fundraising

Lo scorso 18 maggio ad Assago si è tenuta la Cena di Raccolta Fondi “Insieme per l’Ematologia – lapersona al centro”. I fondi raccolti nel corso dell’evento sono stati finalizzati al miglioramento deipercorsi di accoglienza e cura per i pazienti che si rivolgono all'Ematologia di Niguarda.

le immagini della Cena di raccolta fondi di maggio

Annamaria Nosari e ospiti Claudio Franceschini, suore di Villa Luce, Paola D'Amico, Laura Asnaghi esanto Pirrotta

Elena Grandi

Giovanni Ciacci

Giuseppe Radaelli, Bartolomeo Di Rosa e ospite, Paola Galafassi, RenatoCiuffo e ospite, sergio Locatelli e Monica Andreoli

I biglietti della riffa

L'aperitivo L'accoglienza

Laura Asnaghi, santo Pirrotta e Paola D'Amico Le famiglie Custode, Colombo, Mollica-Poeta e Villa, con Flavia Mammoliti Le famiglie Percassi Delle Piane, Croso e Vitaloni

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save the date galà di natale di AmsCome ormai da tradizione nella splendida cornice della Sala Barozzi dell’Istituto dei Ciechi di Milano, in via Vivaio 7.Con la tua partecipazione alla serata supporterai la ricerca e l’eccellenza assistenziale portati avanti da Ams Onlus per l’Emato-logia di Niguarda.Il contributo solidale richiesto è di € 70 a persona.Si prega gentilmente di confermare la partecipazione ai seguenti recapiti:Tel. 02 64 25 891 – email: [email protected]È possibile anticipare il contributo tramite bonifico, bollettino postale o pagamento online, specificando incausale “Galà di Natale″ e il proprio nominativo.IBAN: IT 63 D 0558401615 000000043254 | c/c postale n. 42497206 intestazione: Associazione Malattie del Sangue OnlusNel corso della cena sarà consegnata la ricevuta di donazione utile per la deduzione fiscale – Decreto Presidente Consigliodei Ministri 15 aprile 2011.

30GIOVEDÌ

NOVEMBRE

2017

ore 20

Enrica Morra e Giulio Gallera Enrica Morra, Chiara Rusconi, Roberto Cairoli e Michela Draisci Erika Meli e Periana Minga

I medici dell'Ematologia di Niguarda Il promemoria 5x1000 Il taglio della torta

La famiglia Colombo con le suore di Villa Luce La famiglia Galimberti con Paola Marenco e ospiti La signora Di Carlo e Giovanni Ciacci

Le famiglie sacco, Tragni e Betti Valerio Tacchini e Giovanni Ciacci

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fundraising

un calcio al pallone per ricordare Matteo, Daniele e Giorgio

Domenica 18 giugno l’Oratorio diPremenugo di Settala ha accolto lanona edizione del memorial in ono-re di Matteo Aimoni, Daniele Mari-

ni e Giorgio Borsotti, tre giovani scomparsitroppo presto.I loro amici si sono sfidati in un quadrango-lare di calcio all'insegna della beneficenza: ilricavato della manifestazione, organizzatadalle famiglie dei tre giovani, infatti, è statodonato ad Associazione Malattie del SangueOnlus.Prima del fischio d'inizio, sulle note de "Gliangeli" di Vasco Rossi i calciatori hanno li-berato in cielo dei palloncini colorati in se-gno di ricordo. La manifestazione è or-mai una tradizione per lacomunità di Settala e an-che per AMS Onlus. Grazie di cuore agli orga-nizzatori Valentina, Ste-fano, Chiara, Nadia, Lo-renzo, Terence, Enrica,Sarah e Andrea per il loroimpegno e a tutti coloroche hanno partecipato aquesta importante gior-nata all’insegna della soli-darietà.Grazie di scegliere ognianno di mantenere vivo il ricordo dei treamici attraverso un gesto concreto di soste-gno ai percorsi assistenziali dei pazientiematologici.

Video con lancio palloncinohttps://youtu.be/GJBDzmjoOww

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giochi per la mente

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LA sOLUZIONE DEL NUMERO 34

sUDOKU EsADECIMALE

si risolve come un normale sudoku,solo che le celle hanno dimensione4x4. Ogni cella, ogni riga e ogni co-lonna dovranno pertanto contenereuna e una sola volta tutti i numeri da1 a 16.

(MICHELE NICHELATTI)

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