Etica laica, atea, agnostica o uaarina? · il problema etico, da più punti di vi-sta, ma sempre in...

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Bimestrale dell’UAAR n. 2/2003 (26) 2,80 UAAR – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti ISSN 1129-566X Bimestrale – Spedizione in abbonamento postale – Tabella C – art. 2 comma 20/c legge 662/96 – Filiale di Firenze. n. 2/2003 (26) Etica laica, atea, agnostica o uaarina?

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Bimestrale dell’UAARn. 2/2003 (26)€ 2,80

UAAR – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti

ISSN 1129-566X

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Etica laica, atea, agnostica o uaarina?

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In copertina

Immagine di Mund.

Nell’interno vignette diPag. 13, 28: Mund; pag. 14: Zap & Ida (da “L’hanno santo”, Massari Ed.,1999); pag. 17: Vauro (da “L’ulivo santo”, Massari Ed., 1999); pag. 19: Tur-co; pag. 24: Zap (da “Il mondo con gli occhi del sud”, Studio d’Arte An-dromeda, 1991); pag. 25: Siné (da “Tout ça n’est rien quand on a la sain-teté”, J.-J. Pouvert Ed., 1959).

L’ATEO n. 2/2003 (26)ISSN 1129-566X

EDITOREUAAR – C.P. 749 – 35100 Padova

Tel. / Segr. / Fax 049.8762305www.uaar.it

DIRETTORE EDITORIALERomano Oss

[email protected]

REDATTORE CAPOBaldo Conti

[email protected]

COMITATO DI REDAZIONEMarco Accorti, Massimo Albertin,

Mitti Binda, Raffaele Carcano, Francesco D’Alpa,

Calogero Martorana, Rosalba Sgroia, Maria Turchetto,

Lia Venturato, Giorgio Villella, Sabrina Zucca

CONSULENTILuca Bergamasco, Rossano

Casagli, Luciano Franceschetti,Lorenzo Lozzi Gallo, Paolo Ottaviani,

Livio Rosini, Carlo Tamagnone

GRAFICA E IMPAGINAZIONERiccardo Petrini

DIRETTORE RESPONSABILEEttore Paris

REGISTRAZIONEdel tribunale di Padovan. 1547 del 5/12/1996

Per le opinioni espressenegli articoli pubblicati,

L’Ateo declina ogni responsabilitàche è solo dei singoli autori.

L’Ateo si dichiara disponibilea regolare eventuali spettanze perla pubblicazione di testi, immagini,o loro parti protetti da copyright,

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oppure per posta ordinaria aBaldo Conti

Redazione de L’AteoCasella Postale 10

50018 Le Bagnese S.G. (Firenze)Tel. / Fax 055.711156

STAMPATOmarzo 2003, Polistampa s.n.c.Via Livorno 8, 50142 Firenze

SOMMARIOEditorialedi Romano Oss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

Ateismo e eutanasia: diritto alla vita e alla morte di Gianni Grana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Alla faccia dell’etica!di Maria Turchetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

L’eutanasia e il diritto all’autodeterminazione di Valerio Pocar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

L’ultima battagliadi Rolando Leoneschi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Eutanasia: una lunga marcia fra il dire e il fare di Marco Accorti e Alessandra Zanella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

Piccola cronaca di un dibattitoa cura di Carlo Tamagnone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

Settimana Anticoncordataria 2003 di Francesco Paoletti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

Darwin Day a cura di Maria Turchetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

Tavola Rotonda (SAC) di Rosalba Sgroia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

I dogmi, il dubbio, la ricerca di Pasquale Iacopino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

Notizie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

Dalle Regioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

Recensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

Lettere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

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Alle cittadine e ai cittadini lettori deL’Ateo,

Il presente numero, come da decisio-ne presa nel CdR, sarà parzialmentededicato ad argomenti che trattanodell’etica, e dobbiamo ancora definirequale, se laica, atea o “uaarina”, nel-la convinzione che solamente dalladiscussione e dall’incontro di idee eopinioni si possa arrivare a definire unquadro etico di riferimento, che al mo-mento ci manca. Un insieme di rispo-ste, comportamenti, relazioni sociali,diritti e doveri che vedano noi – chesiamo liberi da condizionamenti reli-giosi – condividere scelte e modi di vi-ta in cui crediamo e c’impegnamo. Sitratta di gettare un sasso nello sta-gno ed osservare le onde, studiarle,approfondirle, ordinarle.

Quotidianamente ci troviamo a discu-tere della scienza e del suo progredi-re, di genetica, o della propria libertàdi scelta come nell’eutanasia, o anco-ra quando si deve decidere sull’edu-cazione da impartire ai figli. Le reli-gioni hanno tutte le risposte adatte,adattate nel corso dei secoli e noi – eper noi intendo il grande arcipelagodelle concezioni laiche dell’esistenzache vanno dai materialismi più ottusiagli spiritualismi “newagisti” – on-deggiamo tra interpretazioni, propo-ste e soluzioni di difficile interpreta-zione, a volte incoerenti e sicuramen-te incapaci di fronteggiare le rocciosecertezze di chi, con l’aiuto del sopran-naturale, ci confeziona e ci proponeun kit etico-religioso che ci dà sicu-rezza, senso di appartenenza, e sal-vezza finale.

Lo scopo per cui il nostro indimenti-cato Martino Rizzotti si fece promoto-re della fondazione dell’UAAR fuesattamente quello etico, non solo co-me contrapposizione alla religionecattolica apostolica romana, ma comepossibilità di allungare il passo versoun futuro costruito dall’uomo stesso,liberato dall’armatura dei miti e dellemitologie religiose. Non sarà facilenemmeno fare ordine, trovare le prio-rità, sistematizzare le diverse sfaccet-tature del cristallo etico ma, prima opoi, dovremo scoperchiare il baule emetterci a riordinare.

I nostri congressi, L’Ateo, le liste didiscussione hanno spesso affrontatoil problema etico, da più punti di vi-sta, ma sempre in modo disorganicoed estemporaneo e, pur se con argo-

menti interessanti, sentiamo la man-canza di una scuola di riferimento. Lu-ciano Franceschetti in un interventoal 2° Congresso Nazionale dell’UAARnel 1995 parlava della realizzazione diuna “rinascita etica” e di ideali senzatempo come quelli proposti dall’uma-nismo laico e, in quello stesso con-gresso Gianni Grana, uno dei piùgrandi teorici dell’ateismo italiano re-centemente scomparso, affrontava unproblema come quello dell’ateismo eeutanasia. Per non rimanere così lon-tani nel tempo, nell’ultimo fascicolode L’Ateo (n. 25, 1/2003) Carlo Tama-gnone cerca di stabilire i confini en-tro i quali sviluppare la ricerca e l’ap-profondimento sui temi dell’etica chepossa definirsi condivisa in termini diateismo, giungendo anche a una suadefinizione coincidente con quelladella libertà totale, esclusa quella didelinquere. L’articolo di Tamagnone:“Riflessioni per un’etica atea” può co-stituire una buona base di partenzaper arrivare a precisare ciò che inten-diamo per etica atea anche se pensoche prima di tutto dovremo chiarirealcuni nodi che costituiscono semprepiù spesso motivo di discussioni e inqualche caso di lacerazioni.

Anzitutto il nostro background cultu-rale che vede riuniti nell’UAAR pen-sieri provenienti dall’area liberale, daquella anarchica e da quella marxista,ha comportato e comporta una diffe-rente idea della collocazione del-l’UAAR all’interno della società e delsuo intervento a sostegno di istanzediverse; l’ultimo esempio è stato for-nito dall’eventuale adesione ufficiale,con striscioni e bandiere, alla manife-stazione per la pace del 15 febbraio.

Esiste all’interno dell’UAAR un pen-siero per così dire minimalista e puri-sta che vorrebbe l’azione sociale e po-litica limitata ad una stretta vigilanzalaica contrastante l’ingerenza religio-sa nella vita dello Stato; questa è si-curamente la base comune di condi-visione di chi decide di associarsi, mapuò bastare per esprimere un’eticaatea? Sempre che la vogliamo indivi-duare o costruire.

Un altro nodo è costituito dalla diver-sità delle posizioni fra ateismo edagnosticismo. Anche questo tema èstato affrontato più volte sia da posi-zioni intransigenti come fu l’articolodi Stefano Pecugi sul n. 0 de L’Ateosia dalla posizione più accomodantedi chi si dichiara ateo rispetto alle

spiegazioni delle religioni ed agnosti-co rispetto all’inconoscibilità dell’es-sere. Sono molti gli argomenti chec’interessano e ci stimolano alla ricer-ca, alla discussione e al confronto e alnostro interno è giusto che convivanomotivazioni differenti, dalle più prag-matiche di lotta e vigilanza laica, co-me quella relativa alla presenza deicrocefissi, a quelle filosofiche di stu-dio e approfondimento. Tra questidue aspetti della nostra azione, la no-stra forza e volontà si affermerannosolamente se sapremo rispettarli efarli convivere.

Il piacere intellettuale d’inseguirenuovi orizzonti e di cimentarsi con lacapacità di scoperta e comprensionedell’essere, non ci deve distoglieredalla nostra azione civile di difesa daifondamentalismi e dai dogmatismi. Iguerrieri delle fedi trovano ogni gior-no nuovi fronti per imporre i loro cre-di. I giovani della destra ora voglionoabolire l’insegnamento del Darwini-smo in quanto secondo loro è dottrinadi sinistra. Ora, superata la prima rea-zione che ci porta a non dare peso a si-mile sciocchezza, c’è da chiedersi qua-le portata può avere una simile propo-sta. In Kansas ciò è già realtà, al postodella teoria dell’evoluzione s’insegnail creazionismo, quello della Genesi, ealtri Stati stanno valutando l’introdu-zione di questa dottrina biblica al po-sto della conquista dell’intellettoumano rappresentata dalla teoria diDarwin. L’evoluzionismo è un fatto,accertato, anche se con lo studio e lenuove scoperte la teoria originale èstata modificata, s’è evoluta e, infatti,si parla di neodarwinismo e forse an-cora non si conosce tutto. Lo stessopensiero agnostico non può negare lapossibilità creazionista, intendiamoci,non nella banalità biblica come la vor-rebbero spacciare questi nuovi alfieridella fede, ma come possibilità scien-tifica che è stata indagata bene nel-l’ultimo libro di Iris Frey “L’origine del-la vita sulla Terra”, Garzanti, e il crea-zionismo moderno non è in contraddi-zione con la teoria darwiniana, sem-mai se la deve vedere con Monod. Talitentativi hanno il solo significato dipiegare l’intelletto umano alle ragionidei libri di fede, di piegare all’obbe-dienza, di privare della libertà di pen-siero, in definitiva di limitare quella li-bertà assoluta da ogni vincolo metafi-sico su cui Carlo Tamagnone ci ha in-vitati a riflettere.

Romano Oss, [email protected]

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EDITORIALE

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Permettetemi di rifarmi alla mia ver-sificazione ateistica, più particolar-mente a diomorto, sotto-intitolatoideo-patologia della negazione, che ètutto percorso dall’idea-pathos delsuicidio, non come risoluzione dispe-rata ma come possibile scelta estre-ma, come pura possibilità che si af-faccia continuamente, in una teoricaaspra “liberazione” dal pregiudizioateistico, che è pure una condizioneesistenziale di perdita radicale, comeuna intima rivoluzione copernicana,che comporta – nella nuova prospet-tiva ateistica – una inevitabile perdi-ta di senso, della vita come destinoindividuale e della vita come valore edestinazione generale, tra due casua-lità naturali – nascita e morte – en-trambe costrittive e non libere, nonsuscettibili di scelta. Scontata per ilsoggetto l’impossibilità di scegliere lavita nascendo, ecco prendere corpo,per l’uomo adulto affrancato dai divie-ti clericali, e solo di fronte a se stessoe al mondo in cui si trova a operare,la responsabilità come libera scelta divivere o non vivere. La scelta respon-sabile anche di non vivere, di decide-re della propria morte che è un even-to naturale o accidentale certo, senzasubire censure sociali e senza con-danne istituzionali. Anche questa perme è la conquista di un diritto uma-no, da riconoscersi allo stesso titolodi altri diritti, anche perché è inutilenegarlo di fronte a una realtà di fattoche vede, in numero sempre crescen-te, centinaia di migliaia di suicidi di-chiarati in tutto il mondo civilizzato, emolti di più tentati o indichiarati o in-controllati, e sia pure dovuti alle piùdiverse mozioni e risoluzioni.

Tutti sappiamo quale forsennata op-posizione esercita specialmente lachiesa cattolica, in difesa retorica del-la sacralità della “vita”, frenando co-me sempre la crescita responsabiledell’uomo, dei suoi diritti comuni edelle sue responsabilità personali esociali. Ma questo è argomento diffi-cile e controverso, per le resistenzeculturali di eredità “cristiana” chetrova anche tra laici e laicisti, diffusecome può riscontrarsi a proposito del-la stessa eutanasia come pratica cli-nica. Che è certo tema di largo inte-

resse pubblico, e richiede ovvie cau-tele giuridiche a scanso di possibiliviolenze e abusi, ma che deve essereaffrontato spregiudicatamente, anco-ra una volta per legittimare e regola-re legalmente una prassi eutanasicache di fatto si dice esista da tempo im-memorabile, dissimulata ma diffusa,in ospedali e cliniche. Quando all’ini-zio dell’anno – lo ricordate – l’eutana-sia medica è stata limitatamente le-galizzata in Olanda, si sono avute ri-percussioni diverse anche in Italia,spesso ostili anche in campo laico. Peresempio, su “Avvenimenti”, una tipi-ca rivista ecumenica di compagni ecattolici più o meno eterodossi, Mi-riam Massari esprimeva solite contor-te riserve “cristiane” – si badi – nonsul diritto di uccidere l’ammalato dimalattia letale, ma sul diritto di deci-dere della propria morte in casi estre-mi, con assistenza clinica.

Ambiguamente scriveva, affermandoche quella legalizzazione dell’eutana-sia nientemeno “blocca la crescitadell’umanità”: “Io vorrei decidere perla mia morte, in caso perdessi la miasana voglia di vivere, ma vorrei farlonella certezza che il mio diritto a vi-vere sia stato rispettato. Altrimentidiventa un togliersi di mezzo, un to-gliere il disturbo”. E io dico: come do-vrebbe garantirsi il diritto a vivere,per esempio tenendomi in vita vege-tale, cristianamente martoriato a ognicosto?, e se io semplicemente volessidavvero togliere il disturbo, perchénon potrei, perché dovrebbe essermiimpedito dalla legislazione cristianavigente e dai suoi fedeli? La rispostaqui scaturisce anzitutto da una di-chiarata sfiducia negli scienziati e neilegislatori, notoriamente spericolatis-simi assassini, e nella sfiducia gene-rale “nella maturità collettiva dell’u-manità”, che è sempre il pretesto-alibi per ogni imposizione autoritaria,delle istituzioni vigilanti sulla maturi-tà dell’uomo. Inevitabile poi l’invitocristiano all’accettazione del dolore:“Stiamo costruendo – segue la la-mentazione della Massari – una so-cietà in cui non v’è posto per l’uma-no e quel che sappiamo fare è soloeliminare ciò che intralcia … fa pena.Il dolore è un valore in sé, serve alla

crescita dell’individuo e senza cresci-ta non c’è futuro”.

Ecco la tradizionale cultura cristiana,più o meno secolarizzata, che sacra-lizza la Vita dono di Dio, il Dolore pro-va del Signore cristiano, che ama i po-veri e i sofferenti e perciò “manda” ildolore che “forma” l’uomo e cementala società, in una sola illusoria fedeetico-religiosa e civile. Sanno tuttiquanta morte abbia generato nei se-coli questa sacralizzazione istituzio-nalizzata e perlopiù mistificata dellaVita come “valore in sé”, fino al grot-tesco atroce della condanna penaleper il suicidio mancato. Si potrebbeopporre proprio all’idolatria militantedel valore della Vita e del Dolore l’in-differenza per gli eccidi reali, comenella canizza anti-abortista, che ora siriaccende, la difesa della vita fetaleindifferente al dolore e alla vita dellemadri, l’ottica fideista della nascitafutura – la vita in gestazione – ante-posta a quella attuale del penoso pre-sente. Perché tanti sofismi di richia-mo alla “riflessione” rivolti a chi, inposizione di avanguardia estrema-mente minoritaria, si adopera con mil-le cautele mediche e giuridiche a ga-rantire, con il diritto opinabile alla vi-ta generata dal caso, anche il dirittoa darsi la morte, alla interruzione vo-lontaria della pena di malvivere o con-vivere, nella degradazione del corpoo semplicemente alla rinunzia a so-pravviversi?

L’invito a riflettere oltre i pregiudiziconfessionali e senza isterismi morali-stici, andrebbe rivolto al compattoconformismo culturale della nostracittadella cattolica, la più arretrata alcentro dell’Europa cristiana, in vistadel III millennio cristiano. Quali seriemotivazioni etico-giuridiche possonorealmente opporsi al diritto civile del-la propria scelta di non-vita – come pu-ra anticipazione, si noti, di un eventocerto e sempre sospeso – se non unaastratta imperatività legale, e insom-ma la violenza istituzionale del doverecristiano di patire, di subire fino in fon-do l’ingiuria non più tollerabile di unaesistenza ingrata? Che cosa c’entraquesto con i problemi e l’impegno socio-economico di rendere più vivibi-

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ETICA

Ateismo e eutanasia: diritto alla vita e alla mortedi Gianni Grana*

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le la vita quotidiana, che implicano al-tre responsabilità generali, e non scal-fiscono (o non dovrebbero) il diritto didisporre della propria vita?

Faccio osservare che l’analogia conl’aborto è quasi perfetta: qui la donnafa giustamente valere il proprio dirit-to (pure discutibilmente esclusivo) diprocurare la morte del feto che è giàvita in atto – biologicamente, oltre chenella comune accezione “cristiana” –solo per sua autonoma scelta. Su cuipossono incidere motivazioni diverse,difficoltà economiche o immaturitàpersonale, impreparazione agli onerie alle responsabilità relative, ecc.; osoltanto il rifiuto puro e semplice diaffrontarli. Ma è noto che su questemotivazioni personalissime, nella po-lemica genericamente “femminista”,prevale sempre “il diritto” – come sidice retoricamente – “di decidere sul-la propria pelle”. Così che facilmente,in questo caso, gli anti-abortisti (cat-tolici e non) possono obiettare che inrealtà decidono sulla pelle altrui, per-ché è vero – non possiamo nasconder-celo – anche il feto è biologicamenteun individuo “vivente”. Ma le donneabortiste e noi consensualmente ri-vendichiamo ugualmente il dirittodella donna a “decidere” se partorireo meno (“con dolore”), e di rigettareper esempio un feto (un figlio) malfor-mato, o di sopravvivere – se vuole –al rischio di una nascita che attenti al-la sua vita. E questo diritto garantito,sia pure da una legge compromisso-ria, pretendiamo sia sancito e tutela-

to con assistenza pubblica, medico-legale, ecc.

Bene, con quale coerenza poi, questemedesime donne e noi stessi con lorodovremmo inibirci il diritto di decide-re in ogni momento della nostra vita,senza alcuna sanzione pubblica e an-zi con assistenza medico-legale ga-rantita, in una società secolare avan-zata? È un passaggio etico-giuridicoobbligato, che prescinde dalle moti-vazioni personali qualunque siano,anche la banale disperazione, e a cuinon si potrà sfuggire in un futuro me-no pregiudicato, come è tuttora inquesto paese di universale prestigiopontificio, da enormi poteri d’inibizio-ni e repressioni concordatarie. Che,come sempre, nella profusa retoricadella Vita nasconde producendole in-numerevoli morti clandestine, dagliaborti procurati ai suicidi procurati,molte decine di migliaia ogni anno perarido calcolo statistico. Infiniti dram-mi quotidiani del dolore comune quiattorno a noi, che si consumano nellasemi-legalità pubblica e nella illegali-tà privata, in mezzo alla stessa “indif-ferenza” che si teme per eventi lut-tuosi più lontani, guerre, stupri dimassa e genocidi sparsi in tutto il“mondo civile”. Il grande mondo cosìnobilmente rappresentato dall’ONU,organismo supremo di difesa del dirit-to, delle libertà offese e delle vite mi-nacciate, risiedente a New York cen-tro dell’impero cristiano-occidentale,incarna nel suo sistema sempre in ar-mi i valori di Libertà e Democrazia, a

fondamento etico-politico e religiosodella sacra Vita.

* Testo del libero contributo inviato al 2°Congresso Nazionale dell’UAAR, tenutosia Bologna il 26 novembre 1995. GianniGrana (Sannicandro Garganico 1 luglio1924 – Roma 1 ottobre 2001) è stato auto-re, oltre ad una grande quantità di articolie saggi critici su riviste e giornali, anche diLecturae Dantis, monografie critiche ed hacurato collane di letteratura italiana: I con-temporanei (6 volumi, 1963-1974), I critici(5 volumi, 1969), Novecento (10 volumi,1979). Ha pubblicato inoltre i seguenti li-bri: John Dewey e la metodologia america-na (Roma, Libreria Editrice Ricerche,1955), Curzio Malaparte (Milano, Marzora-ti, 1961), Profili e letture di contemporanei(Milano, Marzorati, 1962), L. Pietrobono el’allegorismo dantesco (Torino, SEI, 1962),L’iper(dis)funzione critica (Milano, Marzo-rati, 1979), Diomorto (Roma, 1980), “I Vice-ré” e la patologia del reale (Milano, Marzo-rati, 1982), La “rivoluzione fascista” (Mila-no, Marzorati, 1985), Novecento: Le avan-guardie letterarie (3 volumi, Milano, Mar-zorati, 1986), Frane e spirali del sapere (Mi-lano, Marzorati, 1987), Malaparte scrittored’Europa (Milano, Marzorati, 1991), Babe-le e il silenzio: genio “orfico” di Emilio Villa(Milano, Marzorati, 1991), Realismo eavanguardia dall’800 al ‘900 (Milano, Mar-zorati, 1992), Novecento: Realismo e avan-guardia (Milano, Marzorati, 1993), Diomor-to – uomovivo/uomomorto (Roma, SetupEdizioni, 1994), L’invenzione di Dio (4 volu-mi, Roma, Setup Edizioni, 2000-2002). (Per ulteriori notizie, visitare il sito:www.ateismodigiannigrana.it).

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ETICA

Alla faccia dell’etica!di Maria Turchetto, [email protected]

La predilezione per il dolore è una ca-ratteristica delle religioni bibliche. De-riva da una particolarità del dio dellaBibbia, che altre divinità non condivi-dono. Gli dèi greci e romani hanno unaloro vita di relazione che solo saltua-riamente interferisce con quella degliuomini, i quali allora sono di volta involta privilegiati o perseguitati a se-conda dei capricci divini. Le divinitàorientali ostentano una superiore in-differenza che gli uomini possono almassimo cercare di imitare. Il dio del-la Bibbia, invece, è un grande “impic-cione”, come si dice in Toscana: ficca

continuamente il naso negli affari de-gli uomini. Ha eletto un popolo, poil’intera comunità dei battezzati nellaversione cristiana, a oggetto delle suecure. Guida il suo popolo attraversoquesta valle di lacrime verso una me-ta a lui nota; ascolta gli uomini, le loropreghiere, e interviene nelle loro vi-cende anche a costo di sovvertire leleggi della natura da lui stesso conge-gnate; controlla e orienta il suo greg-ge con premi e castighi. È, per dirlacon la Scrittura, il “buon pastore”, me-tafora spontanea per le tribù dedite al-la pastorizia che lo hanno inventato e

sempre prevalente su quelle che suc-cessivamente civiltà diverse hannoaggiunto (“orologiaio” tomistico, adesempio).

Per fidarsi del pastore, e seguire lesue prescrizioni, bisogna essere con-vinti che è buono, che vuole il benedel suo gregge. Ma allora – questo èil grande problema delle religioni bi-bliche – perché permette il male, ildolore, la sofferenza? Le religioni bi-bliche hanno come componente es-senziale la teodicea, apparato argo-mentativo sconosciuto ad altre reli-

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gioni, che serve a giustificare dio peril male di cui è innegabilmente intri-so il mondo.

Proprio così: prima che dio giudichi ipeccatori, i preti hanno dovuto giudi-care dio e assolverlo dalla colpa di per-mettere la sofferenza. Ed è proprioquesto estenuante esercizio – imma-ne, se commisurato all’estensione del-le sofferenze umane, e difficilissimo,perché si tratta di dimostrare che ilmale è bene, anzi meglio – che li haportati, alla fine, a preferire il dolorealla gioia. Tra le religioni bibliche,quella cristiana cattolica è arrivata, inquesto campo, all’eccellenza: lo dimo-stra la sua iconografia splatter, deci-samente da vietare ai minori – dal giu-stiziato in croce ai santi graticolati,spellati vivi, con gli occhi in mano, ecc.– e la sua devozione per ogni generedi piaga purulenta.

Il male viene giustificato in due modi.

Primo: serve a metterci alla prova everificare se meritiamo il premio. Èquanto ci dice la storia di Giobbe, tor-mentato fino allo spasimo per unascommessa tra dio e il diavolo chechiunque giudicherebbe futile e cru-dele, ma almeno premiato poi anchesu questa terra. I cattolici, invece, in-casseranno solo nell’aldilà, sulla basedi una contabilità diventata complica-tissima nel corso del Medioevo: som-ma algebrica dei peccati veniali, diquelli mortali declassati col pentimen-to, delle opere di bene e delle penesopportate, eventuale ricorso al “te-soro dei santi” mediante indulgenze,ecc. In ogni caso, benvenuto dolore:più se ne sopporta, più punti si gua-dagnano.

Secondo: il male fa parte di un supe-riore disegno divino, che nella nostrapochezza non possiamo decifrare, mache dobbiamo presumere buono. “Noghe xe un mal che no sia un ben”, di-ceva mia nonna: anche se mentresubiamo il male non sappiamo a qua-le bene superiore esso sia finalizzato,dobbiamo comunque avere fiducia.Per esempio, morire in una guerrasanta fa senz’altro molto male, ma se“dio lo vuole” avrà senz’altro i suoibuoni motivi.

Si capisce bene che questo secondoargomento della teodicea è semprepiaciuto ai potenti, e la tentazione diapprofittarne è sempre stata moltoforte. Per questo le religioni bibliche

sono sempre state alleate del potere,più di quanto non lo siano state altrereligioni. Ne approfittò cinicamenteVenezia, che imbarcava i crociati e in-vece di portarli in Terrasanta li usavaper sistemare con le cattive i suoi af-farucci nel Mediterraneo. Ne approfit-tano oggi gli USA per mantenere ilcontrollo sulle risorse petrolifere del-l’intero pianeta.

La guerra contro Saddam Hussein èvissuta negli States come un’autenti-ca guerra di religione, molto più diquanto in Europa possiamo percepi-re. Le religioni bibliche sono mobilita-te come non succedeva dai tempi diGoffredo di Buglione, anche se glischieramenti sono abbastanza para-dossali: una strana alleanza tra sèttecristiane fondamentaliste (come lepotenti Moral Majority e ChristianVoice, che rappresentano un sostegnoelettorale importantissimo del PartitoRepubblicano) e le lobbies sioniste (aqueste sono rivolti tutti gli slogan cheassimilano il nemico del momento –da Saddam a Milosevic – a Hitler) con-tro i nemici comuni rappresentati daicattolici e dall’Islam [1]. Il che mettenon poco in imbarazzo il Vaticano, cheda un lato prende posizione controquesta guerra (non contro le guerrein generale, per carità [2]), dall’altroteme l’espulsione dal novero dei “va-lori dell’Occidente” (si vedano i re-centi strilli per la mancata menzionedei “valori religiosi” nella bozza dellacostituzione europea).

C’è poco da fare, il dio della Bibbia èpur sempre il “dio degli eserciti”, eMorte, Pestilenza, Fame e Guerracontinuano ad essere gli amici delcuore delle religioni bibliche. Alla fac-cia dell’etica!

Note

[1] Nel n. 4/1999 (12) de L’ateo ho recensi-to un libro interessante ed estremamentedocumentato sul fenomeno di riscossa re-ligiosa di stampo dichiaratamente fonda-mentalista che ha portato alla formazionedella Moral Majority e sulla strana – e teo-logicamente acrobatica – alleanza con lapotente lobby ebraica americana. Il libroè di Roberto Giammanco, L’immaginarioal potere. Religione, media e politica nel-l’America reaganiana, 1990. Dello stessoautore segnalo anche Ai quattro angoli delfondamentalismo, 1993.

[2] Per i cultori della letteratura demen-ziale, segnalo il serissimo lavoro di Rober-

to de Mattei, Guerra santa, guerra giusta.Islam e cristianesimo in guerra, 2002. L’au-tore, dopo aver dottamente dimostratoche le crociate furono non solo “guerregiuste”, ma anche “guerre sante” (“senon ogni guerra giusta è santa, la guerrasanta, per il pensiero cristiano, non solo ègiusta, ma è, in un certo senso, la guerragiusta per eccellenza: le crociate, in que-sto senso, furono il perfetto esempio diguerra giusta, justissimum bellum”, pp.76-77), si chiede con imbarazzo quale siala differenza tra il jihad islamico e la cro-ciata cristiana. Arriva alla sconcertanteconclusione che essa consiste “nella pro-fonda diversità tra il Dio cristiano e quelloislamico”: quest’ultimo non è trino, perciòl’Islam non gode “dell’influsso sopranna-turale della Grazia che ha la sua fonte nel-la Seconda persona della Santissima Tri-nità”, dunque (dunque?!) “il jihad, a dif-ferenza della guerra cristiana, è una guer-ra offensiva, è una guerra di aggressione”(p. 85). Alla faccia della logica!

6 n. 2/2003 (26)

ETICA

Dieci ragioni per lequali la Birra è meglio

di Gesù

• Nessuno ti ucciderà per nonaver bevuto birra

• La birra non ti dice come devi fa-re sesso

• La birra non ha mai causato unagrande guerra

• Minorenni ignari non sono maistati costretti a bere birra

• Quando tu hai una birra, nonbussi alle porte della gente cer-cando di dargliela

• Nessuno è mai stato messo al ro-go, impiccato o torturato a morteper la marca della sua birra

• Non devi attendere circa 2000anni per una seconda birra

• Ci sono leggi che ti assicuranoche le etichette di birra non pos-sono mentirti

• Tu puoi provare l’esistenza del-la birra

• Se tu hai dedicato una vita a be-re birra, ci saranno gruppi di per-sone che ti aiuteranno a smet-tere

Sottoposto da Graham Lyons, che loscoprì in Internet dove era stato inseri-to dall’Agnostic & Atheist StudentGroup – Gruppo Studenti Agnostici eAtei ([email protected]), trattoda “The Freethinker” (www.freethinker.co.uk), Vol. 118, nos 11/12, November-December 1998, traduzione dall’ingle-se di Baldo Conti ([email protected]).

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7n. 2/2003 (26)

ETICA

La discussione sul tema dell’eutana-sia è caratterizzata da molta confusio-ne, sia presso l’opinione pubblica siapersino presso gli addetti ai lavori, ad-dirittura per ciò che concerne l’argo-mento stesso del discorso. Una delleragioni della confusione, infatti, è checon un unico termine si allude spessoa situazioni anche profondamente dif-ferenti, che debbono essere valutatealla stregua di criteri diversi. Fared’ogni erba un fascio è un’operazionenon priva d’astuzia sotto il profilo pu-ramente dialettico da parte degli av-versari dell’eutanasia, che consentedi recare argomenti che possono ave-re qualche validità per una situazioneriferendoli a tutte. È opportuno, dun-que, fare chiarezza. Riprendendo latassonomia proposta dal noto “rap-porto van der Maas” (1996), possia-mo individuare almeno cinque situa-zioni relative alle decisioni concernen-ti l’anticipazione della fine della vita:(1) l’eutanasia propriamente detta,vale a dire la somministrazione di far-maci con l’intento di porre fine alla vi-ta del paziente dietro sua esplicita ri-chiesta; (2) il suicidio medicalmenteassistito, vale a dire la prescrizione ola fornitura di farmaci con l’esplicitointento di rendere possibile al pazien-te di porre fine alla sua vita; (3) l’in-terruzione della vita senza richiestaesplicita, vale a dire la somministra-zione di farmaci con l’intenzione espli-cita di porre fine alla vita del malatosenza la sua esplicita richiesta; (4) lasomministrazione di farmaci (oppia-cei) al fine di controllare il dolore, main dosi tali da abbreviare la vita; (5) lanon-istituzione o la sospensione ditrattamenti di sostegno vitale. Consi-dererò solamente le prime due situa-zioni, che hanno a che fare col concet-to di autonomia del malato, e non lealtre che hanno piuttosto a che farecol rifiuto dell’accanimento terapeuti-co, col problema dell’intenzione e lateoria del doppio effetto, con la medi-cina palliativa, e via dicendo. La di-stinzione, insomma, è la seguente: daun lato, le pratiche eutanasiche pro-priamente dette, che determinanol’anticipazione della morte di una per-sona capace di intendere e di volere,come conseguenza dell’esercizio deldiritto all’autodeterminazione della

persona, comprese le scelte dettatetramite direttive anticipate (livingwill), che può realizzarsi secondo di-verse tecniche e modalità del suicidio;dall’altro lato, i casi di anticipazionedella morte in cui, più che al diritto al-l’autodeterminazione, si faccia riferi-mento ai criteri di beneficenza e dinon maleficenza o di equità, al con-cetto di qualità o di dignità della vita,e via dicendo. Per quanto ho detto,non scorgo poi differenze di sostanzatra l’eutanasia propriamente detta(eutanasia attiva) e il suicidio assisti-to, vale a dire che non rilevo differen-ze tra il caso del malato terminale oinguaribile che, potendolo fare, si sui-cida, quello del malato che, rifiutandoil trattamento, determina la propriamorte, quello del malato che si facciasomministrare l’iniezione letale equello del malato che per suicidarsi sifaccia fornire il kit fai-da-te per l’auto-somministrazione. Tutte queste scel-te, infatti, sono espressione dell’auto-nomia dell’individuo, autonomia che,per inciso, deve essere rispettata dal-l’operatore sanitario, in applicazionedei criteri di beneficenza e non-maleficenza che dovrebbero informa-re tutte le pratiche sanitarie, criteriche si esplicano anzitutto nel rispettodella volontà e della libertà del mala-to. Qui potrò toccare brevemente sol-tanto alcune delle numerose questio-ni che si propongono.

Eutanasia e inviolabilità del diritto al-la vita. Non è corretto dire che l’euta-nasia si ponga in contraddizione conl’inviolabilità del diritto alla vita, cherappresenta un diritto fondamentaleagli occhi di tutti, anche di chi sostie-ne la liceità dell’eutanasia, e del restoè affermato dalle disposizioni costitu-zionali e dalle convenzioni internazio-nali sui diritti umani. La questione è,però, se il diritto all’inviolabilità dellavita comporti anche il dovere di vive-re a tutti i costi e se si tratti dell’in-violabilità della vita altrui o anche del-la propria. Ritengo, da un lato, chenessuno possa disporre della vita al-trui, ciò che comporta il rifiuto delleguerre, della pena di morte e via di-cendo, e anche il rispetto della vita disoggetti senzienti non appartenentialla specie umana, e anzitutto degli

animali, questioni sulle quali gli op-positori dell’eutanasia non hanno sa-puto assumere posizioni altrettantochiare, sicché sarebbe inviolabile sol-tanto la vita dei malati terminali o in-guaribili (ma i martiri?), ma affermoanche, dall’altro lato, che ciascun in-dividuo ha il diritto di disporre dellapropria vita. Il contrasto, dunque, ri-guarda il riconoscimento del diritto adisporre della propria vita, cioè, a benguardare, proprio il riconoscimento diun diritto di libertà. È normale e anzifisiologico che, nelle grandi come nel-le piccole questioni etiche, si prospet-tino posizioni anche inconciliabili, tut-te però legittime, ma non si può ac-cettare che taluno, seguendo un mo-dello di pensiero integralistico e pen-sando di essere l’unico depositario diun’unica verità, si senta autorizzatoad imporla. Seguendo un modello dipensiero laico, ispirato al principiodella tolleranza, è invece da ritenereche le idee e i convincimenti degli in-dividui possano essere diversi e chela coscienza di ciascuno debba esse-re rispettata senza imposizioni. Il plu-ralismo etico, nella nostra società,non rappresenta più un auspicio, macostituisce un fatto concreto, che ètanto opportuno quanto doveroso ri-spettare. Proprio al fine di rispettarela coscienza e i valori di ciascuno do-vrebbero preferirsi, anche per quantoconcerne l’eutanasia, soluzioni di tipopragmatico che non pretendano di ri-solvere il problema etico in nome diconvergenze generali e offrano unaregolazione che consenta agli indivi-dui, liberi di ispirare le proprie scelteai valori che condividono, di non ca-dere in contraddizione con se stessi.Del resto uno scopo delle leggi do-vrebbe essere, fra gli altri, quello dimantenere la pace sociale creandospazi per le libertà di tutti e non quel-lo di imporre comportamenti che con-ducano in paradiso.

Esiste un diritto a morire? Se non v’èdubbio che esiste un diritto a vivere,non v’è neppure il dubbio che, alme-no nel nostro ordinamento, esiste ildiritto a morire. Anticipare o determi-nare la propria morte tramite il rifiutodelle cure, secondo quanto è dispostodall’art. 13 e dall’art. 32 secondo com-

L’eutanasia e il diritto all’autodeterminazionedi Valerio Pocar, Milano*

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ma della nostra Costituzione, è lecitocosì come lo è suicidarsi. Ora, poichénel caso dell’eutanasia occorre l’inter-vento di un terzo, dobbiamo peròchiederci se questo intervento sia mo-ralmente lecito. Negarne la liceitàrappresenta un’evidente discrimina-zione tra coloro che sono in condizio-ne di anticipare la propria morte colsuicidio o il rifiuto delle cure e coloroche, per le particolari condizioni dimalattia nella quale si trovano, dun-que per una loro specifica debolezza,non sono in condizioni di farlo o di far-lo in modo dignitoso e senza un mag-gior carico di sofferenza. Appare evi-dente che le norme del codice penaleche puniscono l’omicidio del consen-ziente (art. 579, pena da sei a quindi-ci anni di reclusione) e l’aiuto al suici-dio (art. 580, pena da cinque a dodicianni) sono censurabili di incostituzio-nalità per violazione dei principi dieguaglianza e di libertà, almeno perciò che concerne i malati terminali oinguaribili.

Come regolare l’eutanasia? Contraria-mente a ciò che molti pensano, l’eu-tanasia nel nostro ordinamento è giàregolata, nel senso, appunto, che es-sa è vietata e punita severamente.Dall’esistenza del divieto, la discus-sione sulla liceità morale dell’eutana-sia e del diritto a morire viene affron-tata secondo un atteggiamento dipregiudizio, quasi che spetti ai soste-nitori della liceità dell’eutanasia di di-mostrare tale liceità e tale diritto. Unpregiudizio, poiché in linea di princi-pio spetta piuttosto a coloro che ne-gano la liceità di un comportamentoe ne fanno scaturire un divieto, di giu-stificare la loro posizione e, dunque,spetta a coloro che contrastano l’eu-tanasia di motivare la liceità moraledell’imposizione del dovere di vivereanche in situazioni estreme di inso-stenibili sofferenze e di totale man-canza di dignità e di qualità della vitae spetta sempre a loro di dimostrareil danno che la legalizzazione dell’eu-tanasia comporterebbe e quali van-taggi ha sinora comportato il suo di-vieto. Ci sembra arduo individuarel’interesse particolare o collettivo chesarebbe posto a rischio dall’anticipa-zione della morte su richiesta di unmalato terminale o inguaribile e l’in-teresse che sarebbe prevalente suquello dell’individuo a una morte chelo liberi da insostenibili sofferenze oda una vita, priva di senso e di digni-tà, stimata immeritevole di esserecontinuata. Il divieto appare, anche

sotto questo profilo, di dubbia costi-tuzionalità per violazione del princi-pio di libertà, giacché l’autonomia del-l’individuo per ciò che concerne lapropria salute e il proprio corpo è san-cita come diritto dalla nostra Costitu-zione all’art. 32 comma secondo edavvero non si comprende perché maitale diritto, riconosciuto a tutti, do-vrebbe essere sospeso proprio nelmomento più decisivo e delicato, valea dire nelle fasi finali della malattia equindi della vita, anche se l’eserciziodel diritto all’autodeterminazionecomporti l’anticipazione della morte.La richiesta eutanasica, a ben guar-dare, non è altro che l’estensione e ilcompimento del diritto, ormai da tuttiriconosciuto, di autodeterminazionedel malato.

Legalizzare l’eutanasia può recarevantaggi? Occorre fare due premes-se. Da un lato, l’eutanasia non puòrappresentare l’unica soluzione delproblema dei malati terminali e in-guaribili, ma deve costituire piuttostouna scelta in un quadro di umanizza-zione della medicina e di sviluppo del-la medicina palliativa come offerta sa-nitaria che non sia appannaggio diuno sparuto nucleo di medici ben in-tenzionati, com’è ancora la situazionedel nostro paese, ma alla quale parte-cipi il sistema sanitario nel suo com-plesso e i medici di famiglia in primoluogo. Dall’altro lato, tuttavia, anchele cure palliative non possono essereimposte (per non cadere nel parados-so di un “accanimento palliativo”),sicché al malato terminale o inguari-bile deve essere lasciata la possibilitàdi scegliere ed eventualmente di pre-ferire, ai trattamenti palliativi, la so-luzione anticipata di una condizionedi vita segnata da un eccesso di sof-ferenza o comunque tale da non esse-re valutata come dignitosa. Fatte que-ste premesse, sembra più opportuno,seguendo l’impostazione sopra espo-sta, soffermarsi a porre in luce, tra lemolte, alcune positive conseguenzedella legalizzazione dell’eutanasia, la-sciando ai contrari di chiarire le even-tuali conseguenze negative.

Anzitutto, come in parte ho già detto,se si ritiene che la tolleranza sia unvalore e che l’autonomia degli indivi-dui sia per sé un bene, se ci si ponecioè in un’ottica autenticamente libe-rale e quindi laica e pluralistica, ogniriconoscimento della libera volontàdegli individui, beninteso quando es-so non torni di danno per altri, rap-

presenta un passo del progresso civi-le. Consentire la scelta eutanasicarappresenterebbe un’affermazionedella libertà e dell’etica della tolleran-za, importante sotto il profilo sia eti-co sia pedagogico.

Si renderebbe, inoltre, possibile unpiù accurato controllo sociale. Si sache l’eutanasia, negata dal punto divista giuridico e di principio quasidappertutto, è dappertutto di fattopraticata, anche se la gravità delle pe-ne fa sì che tali pratiche siano tenuterigorosamente segrete, senza alcunapossibilità di controllo. Rendere lecital’eutanasia comporterebbe una preci-sa assunzione di responsabilità tantodel medico quanto del paziente stes-so e la possibilità del controllo tantoda parte della sfera pubblica quantoda parte dei cittadini.

Ancora, rendere lecita l’eutanasia por-terebbe a un rafforzamento del rap-porto di fiducia tra il paziente e il me-dico, nel quale il malato terminale o in-guaribile potrebbe vedere il soggettoin grado di recargli aiuto anche nell’e-mergenza di una scelta estrema. Nonè privo di significato che nei Paesi Bas-si – il paese, com’è noto, nel quale l’eu-tanasia, ora anche formalmente con-sentita, è da tempo depenalizzata, sic-ché si è reso possibile uno studio nonastratto delle conseguenze della de-penalizzazione – il 40% dei decessi siaavvenuto al di fuori delle istituzioni,con il paziente affidato al medico di fa-miglia, e che il 70% dei casi di eutana-sia attiva (il 97% dei casi di suicidio as-sistito) cada sotto la responsabilità diquesti medici (“rapporto van derMaas” 1996).

Riconoscere la liceità dell’eutanasiacomporterebbe, poi, la fine di una di-scriminazione particolarmente odio-sa. La facoltà di porre fine alla vita,che già non è negata al malato termi-nale in grado di compiere material-mente il gesto, sarebbe estesa al ma-lato che, per via delle sue condizionifisiche o a cagione della sua partico-lare malattia, non fosse in grado di re-care ad effetto la medesima scelta.

Contro queste ragioni, che non sonole sole, non vale evocare, come insi-stentemente fanno gli oppositori, il ri-schio del cosiddetto slippery slope,che cioè la legalizzazione dell’eutana-sia volontaria, giustificata dall’auto-nomia degli individui, aprirebbe leporte all’eliminazione involontaria di

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ETICA

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ETICA

soggetti deboli, privi di protezione, lacui assistenza sia di peso alla famigliao alla società, disincentivando l’impe-gno per il sostegno della vita. Anchese non deve essere sottovalutato il ri-schio che nei confronti del malato ter-minale o inguaribile si potrebbe deter-minare, a pena di esclusione sociale,l’aspettativa di una scelta di tipo eu-tanasico, ritenuta socialmente o peg-gio economicamente preferibile, il ri-chiamo allo slippery slope suscita tut-tavia molta perplessità. Questo ri-schio, infatti, viene puntualmente ri-chiamato, e sempre con un significatod’intolleranza, ogni qual volta si trattid’introdurre innovazioni concernentiquestioni moralmente controverseche coinvolgono situazioni di difficol-tà delle persone. Così è avvenuto, nonsenza toni drammatici, per il divorzioo la depenalizzazione dell’aborto, main entrambi i casi i fatti sono stati lamiglior smentita degli allarmi. Perquanto poi attiene all’eutanasia, biso-gna dire, ancora riferendoci all’espe-rienza olandese, che le richieste dipratiche eutanasiche sono sì aumen-tate tra il 1990 e il 1995 rispetto alprecedente quinquennio di osserva-zione, ma hanno trovato accoglimen-to in misura alquanto minore, in me-no di un terzo dei casi. Ancora, rispet-to al precedente periodo di osserva-zione, risulta che l’anticipazione dellamorte mediante tali pratiche si è ri-dotta ed è risultata di modestissimamisura, nel 33% dei casi inferiore alleventiquattro ore e nel 58% inferiore

alla settimana. È dunque ben chiaroche a tali pratiche si è fatto ricorso so-lamente nella estrema fase terminaledella malattia, senza trascurare che ilmezzo impiegato per interrompere lavita sia stato di regola la morfina adalte dosi, pratica che accosta l’euta-nasia al controllo del dolore, sicchésembra possibile concludere che, al-meno nel caso olandese, vale a direnell’unico caso studiato, il timore dislittamento verso pratiche scorrette eirrispettose della vita dei malati, co-me conseguenza della depenalizzazio-ne dell’eutanasia, non trovi confortonell’esperienza. Dobbiamo natural-mente chiederci se, al di là delle di-verse possibili valutazioni etiche, l’e-sperienza olandese sia trasferibile inaltri contesti sociali, diversi per cultu-ra, per struttura assistenziale e forseanche per la sensibilità etica deglioperatori medici e sanitari.

La legalizzazione dell’eutanasia è unaprospettiva credibile? Proprio sullabase di queste considerazioni, che ri-conoscono l’autodeterminazione de-gli individui e le necessità dell’ordinesociale, l’idea della legalizzazionedell’eutanasia volontaria e del suici-dio assistito va prendendo piede. Al-la legge olandese ha fatto recente-mente seguito la legge belga, in tut-to simile. Il suicidio assistito, ammes-so dalle corti degli Stati di Washing-ton e di New York, è stato respintoda decisioni della Corte Suprema de-gli Stati Uniti che non lo ha tuttavia

ritenuto contrastante con i principicostituzionali, tant’è che nello Statodell’Oregon esso è ammesso all’esitodi un referendum popolare. Prima diessere abrogata dal parlamento fede-rale, una legge del North Territorydell’Australia aveva legalizzato il sui-cidio assistito. L’esperienza svizzera,recentissima, ha ancora caratteresperimentale. La Corte Costituziona-le della Colombia, ritenuta legittimala tenuità delle pene per il reato diomicidio pietoso, si è pronunciata perla legittimità costituzionale del suici-dio assistito. Il dibattito, dunque, èormai molto aperto e la situazione delnostro paese appare, per ragioni chenon ho bisogno di rendere esplicite,di retroguardia. Ma anche nel nostropaese qualcosa si muove e mi piacericordare qui che la Consulta di Bioe-tica, un’associazione che si è data ilcompito di promuovere il dibattito lai-co sui problemi bioetici, ha formulatouna proposta di legge per rendere le-gale, sotto condizioni molto rigorose,l’assistenza al suicidio e ha presenta-to tale proposta in un pubblico con-vegno tenutosi presso l’Universitàdegli Studi di Milano nel dicembre2000.

* Valerio Pocar: Università degli Studi diMilano-Bicocca, Dipartimento dei SistemiGiuridici ed Economici, Piazza dell’AteneoNuovo 1, 20126 Milano ([email protected]); Consulta di Bioetica, Via C.Del Fante 13, 20123 Milano ([email protected]).

L’ultima battagliadi Rolando Leoneschi, Cecina (Livorno)

Si prevede che la ricerca sulle cellulestaminali embrionali porterà ad unanuova medicina, capace di rigenerarei tessuti, prolungare la vita, curaremalattie ora incurabili; gli scienziatiora ne parlano, milioni di persone cisperano, in Inghilterra si fa. In Italianon si fa: i cattolici brandendo proble-mi etici si oppongono, il Parlamentoha ubbidito e proibito.

Vediamo quali sarebbero i problemietici che gli inglesi non hanno. Il ne-cessario per la ricerca può essere ot-tenuto producendo embrioni in pro-vetta, come si fa per la fecondazione

assistita, e interrompendone lo svilup-po quando sono ancora corpuscoli mi-croscopici. I cattolici ritengono che ta-li embrioni siano persone, quindi giu-dicano assassini i medici che utilizzan-doli per la ricerca negano loro la possi-bilità di svilupparsi. Pare che i cattoli-ci abbiano per la vita un amore che neisecoli passati non avevano, quandouccidevano le persone nate e pensan-ti, soprattutto quelle pensanti.

Ma i cattolici si oppongono anche al-l’utilizzazione degli embrioni prodottiin soprappiù per le fecondazioni assi-stite, poi surgelati, e destinati a esse-

re distrutti alla loro scadenza, in unosterilizzatore per materiale organico.Perché preferire che un embrione siagettato via anziché utilizzato per ten-tare di salvare vite umane? Non puòessere per amore della vita!

Il vero motivo è un altro. La chiesa cat-tolica sa che la scienza liberando dal-l’ignoranza e dall’impotenza, libera dadio: per questo ha combattuto la suaguerra millenaria contro il progresso.Dopo aver perso la battaglia contro lescienze fisiche, ora la chiesa cattolicaè alla sua ultima spiaggia; deve tenertesta alle scienze biologiche, per con-

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tinuare a gestire l’ultimo dei misteri: ilmistero della vita, lo svelamento delquale colpirebbe la chiesa cattolicanell’anima, ossia nella gestione delleanime. Morte, malattia, paura, spe-ranza, guarigioni miracolose, vita ul-traterrena: questo è il materiale concui lavora la chiesa cattolica, materia-le sempre più eroso dalla conoscenzae dal potere che il progresso scientifi-co dà all’umanità. Un uomo che diven-ga capace di lottare contro la sofferen-za, non ha più bisogno del confortodella chiesa cattolica, né di fuggiredalla realtà nell’immaginario mitologi-co: cessa di essere religioso.

Però forse questa volta la chiesa cat-tolica ha fatto un errore: la sua ultimabattaglia dimostra meravigliosamen-te la superiorità dell’etica laica rispet-to a quella cattolica; e offre l’opportu-nità di mostrare che i cattolici conti-

nuano a fare le cose per cui la chiesacattolica ha chiesto perdono.

La proibizione degli studi anatomici,la proibizione delle vaccinazioni, nonsono storia conclusa, perché i cattoli-ci continuano a proibire la ricerca me-dica. La lotta contro le infezioni de-moniache, per cui venivano arse lestreghe, non è storia conclusa, perchéi cattolici continuano a lottare controla scienza luciferina, che porta l’uma-nità al peccato.

E c’è anche una novità: la chiesa catto-lica ha cambiato strategia. L’etica cri-stiana è sempre stata interamente fon-data sul dovere di ubbidire, sul doveredi ubbidire i precetti; ma i tempi cam-biano, e la chiesa cattolica si adatta aitempi, i diritti piacciono, e la chiesacattolica proclama diritti. Ed ecco che icattolici rivendicano un nuovo diritto,

mai rivendicato prima, nell’intera sto-ria dell’umanità: il diritto a non curarsi.Infatti, seguendo sui giornali la batta-glia contro la medicina luciferina, sco-priamo che i cattolici, sempre, senzaeccezione, con una logica tutta cattoli-ca, per giustificare la proibizione dellaricerca sugli embrioni, affermano chela gente ha il diritto a non curarsi conterapie ottenute in modo non consonoalla morale cattolica. Ammiriamo il col-po di genio della intellighenzia cattoli-ca: non il dovere di non peccare, ma ildiritto di essere virtuosi.

Ebbene, se nell’etica cristiana è con-templato il martirio, rinuncino pure icattolici alle cure, vadano liberamen-te incontro a una morte santa; nessu-no li fermerà. Ma esistono anche per-sone la cui etica si fonda sul deside-rio di vivere, e che non negano curené a se stessi né agli altri.

10 n. 2/2003 (26)

ETICA

Eutanasia: una lunga marcia fra il dire e il faredi Marco Accorti, Firenze e Alessandra Zanella, Roma

Si parla d’eutanasia solo quando qual-che eclatante evento di cronaca fadiscutere sulla legittimità delle scelteindividuali riguardo alla dignità del vi-vere. Per qualche giorno si dibatte su“vittime” (i malati) ed eventuali “car-nefici”, per poi lasciar riaffondare iltema nel più ipocrita anonimato. Il dif-fuso atteggiamento italiano di mette-re nel dimenticatoio i successi ottenu-ti dai dibattiti e dall’evoluzione dellasocietà, aiuta a rimuovere velocemen-te questo tema dalle pagine dei gior-nali e dalla discussione pubblica.

Andando a ritroso negli anni, già nel1976, con l’obiettivo di raccogliere “unmilione di firme per attuare la Costitu-zione e costruire l’alternativa socialistae libertaria”, il partito radicale pro-mosse con la Carta delle libertà unnuovo “umanesimo” che fosse in gra-do di modificare la visione del concet-to di vita, uscendo finalmente fuoridall’ottica proibizionista dominante.L’obiettivo delle firme fu raggiunto,ma il nuovo umanesimo ancora no. Inquesta rivisitazione di diritti civili e so-ciali, ben 174 articoli elaborati daesperti di notevole caratura, un postonon certo secondario lo occupavano iDiritti dei malati, un rispetto della per-

sona tutt’oggi ancora non pienamen-te raggiunto, ma ben sancito dall’art.32 della Costituzione italiana “Nessu-no può essere obbligato a un determi-nato trattamento sanitario se non perdisposizione di legge. La legge non puòin nessun caso violare i limiti impostidal rispetto della persona umana”.

Nei quattro articoli che riguardavanociò che oggi viene individuato come“centralità del malato e della sua sog-gettività”, solo il “diritto alla riserva-tezza” ha raggiunto una piena attua-zione, mentre non sono ancora sem-pre rispettati i diritti al “pudore” equello al “consenso informato”, per lopiù dipendenti da una cultura medico-sanitaria non sempre in grado di faredistinzione fra patologia e paziente.Ampiamente inevaso è invece ciò cheallora venne indicato con “ortotana-sia”, ovvero la rinuncia all’accanimen-to terapeutico in presenza di espliciterichieste da parte del paziente o disuoi “tutori”.

E come non si è mai attuata un’alter-nativa socialista e libertaria, così civollero molti anni prima che si riuscis-se ad affrontare l’interruzione delle te-rapie ai malati terminali. Nel 1984, una

proposta di legge sull’eutanasia del-l’on. Loris Fortuna, afferente al partitoradicale, entrava nelle discussioniparlamentari, ma senza alcuna eco co-me tutti ben sappiamo. Si deve arriva-re al 1989, quando si comincia a leva-re la voce della Consulta di Bioetica(www.consultadibioetica.org) chescende in campo per riproporre le te-matiche inevase. Passeranno però an-cora molti anni prima che venga redat-ta la “Biocard”, ovvero la “Carta del-l’autodeterminazione” per il rispettodelle volontà del malato terminale. Si-mile tentativo è quello che viene mes-so in atto da una nuova formazioneche rivendica la libertà di decideredella propria sorte: Exit-Italia (www.exit-italia.it) costituita nel 1996,sulla falsariga di un movimento mon-diale. La proposta di Exit-Italia saràproprio quella del Testamento biologi-co meglio conosciuto come Living will,dove per la prima volta si troverà af-fiancata all’ortotanasia anche l’espli-cita richiesta di eutanasia ricalcandoun atteggiamento di stimolo nei con-fronti delle istituzioni in analogia aquanto avviene in molti paesi europei.

Nel 2001, dopo molteplici lotte politi-che, riesce finalmente ad essere ap-

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provata la legge per “Agevolare l’im-piego dei farmaci analgesici oppiaceinella terapia del dolore”. A distanzadi un anno è ancora per lo più scono-sciuta alla maggior parte degli opera-tori sanitari. In alto mare è ancora lanormativa “In materia di consenso in-formato e di dichiarazioni di volontàanticipate nei trattamenti sanitari”prevista da un progetto di legge pro-posto dall’Ulivo (n. 5673/1999). Ovvia-mente, tale dispositivo, pur rivendi-cando il diritto all’informazione delpaziente, non prende in considerazio-ne la possibilità che il malato possadecidere della propria vita se non li-mitatamente al “diritto di prestare odi negare il proprio consenso in rela-zione ai trattamenti sanitari che stia-no per essere eseguiti o che siano pre-vedibili nello sviluppo della patologiain atto”. Questo progetto non ha dun-que alcuna relazione diretta con l’eu-tanasia, ma si limita a rivendicare la“centralità del malato e della sua sog-gettività” e di conseguenza anche lalibertà individuale.

Il passo successivo è stato quello re-lativo al riconoscimento della possibi-lità non solo di rifiutare ogni formad’accanimento terapeutico, ma di pre-vedere la possibilità di attuare in pie-no ogni diritto all’autodeterminazio-ne. In relazione a ciò attualmentegiacciono in Parlamento due propostedi legge: una del deputato Pisapia delluglio 2001 ed una d’iniziativa popo-lare proposta da Exit-Italia grazie allacollaborazione, ancora una volta, delpartito radicale, il quale l’ha deposi-tata nell’agosto dello stesso anno.Purtroppo però questa seconda pro-posta è avvenuta attraverso la raccol-ta di firme di cittadini deprivati diun’informazione corretta sull’eutana-sia, cosa che, vista la delicatezza del-l’argomento trattato, lascia spazio amolte perplessità sull’efficacia di fir-me raccolte senza un adeguato con-fronto. L’obiettivo, infatti, non si esau-risce nell’approvazione di una leggesull’eutanasia, quanto nel mettere ilcittadino in condizione di maturare laconsapevolezza di essere l’unico tito-lare della propria dignità di vivere. Equesto, senza un ampio dibattito,senza confronto, senza che l’informa-zione possa essere veicolata in modoadeguato, non potrà mai accadere.

Dal 2000 la Consulta di Bioetica sta la-vorando ad un progetto legislativo an-cor oggi in fase di elaborazione. Nonultima è la nuova associazione nata

dalla volontà di molti cittadini: Liberu-scita (www.liberuscita.it). Questaassociazione, molto attiva, ha già re-datto un disegno di legge, reso pub-blico in una conferenza stampa loscorso 18 dicembre ed oggi in attesadi essere presentato in Parlamento.Delle tre proposte già formulate, quel-la di Exit-Italia si pone come ponte frail vuoto attuale e l’introduzione del-l’eutanasia nella legislazione, preve-dendo il riconoscimento sia del dirittoall’informazione ed al consenso, anco-ra non riconosciuti, sia la possibilità dilegiferare in materia di suicidio assi-stito e di eutanasia. Gli altri due di-spositivi (Pisapia e Liberuscita) ap-paiono meno articolati e più “centra-ti” nel merito dell’interruzione dellasopravvivenza, al pari di quello di Exit-Italia attraverso la non punibilità delmedico, ma dando come (quasi) acqui-sito il diritto all’autodeterminazione.

Ferma restando una comunanza dibase con gli altri proponenti, la Con-sulta di Bioetica dà largo spazio nellasua proposta alla tutela del medico edel paziente, enfatizzando il ruolodelle cure palliative tanto da appari-re in conflitto con la libera scelta delmalato: “Se un paziente ha chiesto as-sistenza a norma della presente leggee in seguito gli sono state sommini-strate cure palliative che hanno pro-dotto una remissione del dolore e del-la sofferenza, il medico non deve darseguito all’originaria richiesta di assi-stenza”. Questo accentrare l’attenzio-ne esclusivamente sul “dolore e lasofferenza” da parte della Consultadi Bioetica, appare limitativo riguar-do al rispetto dell’autodeterminazio-ne e marca una notevole differenzacon le altre proposte, fra le quali ap-paiono peraltro evidenti delle diffe-renze. Infatti è previsto che alla scel-ta condivisa in caso di “fase termina-le di una prognosi infausta” (Pisapia),possa essere legata anche la “malat-tia grave, gravemente invalidante e ir-reversibile” (Exit), o allo “stato estre-mo di sofferenza fisica e mentale” e“allo stato di malattia che comportila perdita irreversibile delle facoltàpsichiche” (Liberuscita).

Importante è la riflessione sulle nu-merose limitazioni di tipo giuridico elegale che la Consulta di Bioetica po-ne a tutela del malato in caso di unpossibile uso “distorto” della legge.Qui, evidentemente, gioca un ruolofondamentale la volontà di cercare diporre quanti più limiti possibili al pa-

ventato “piano inclinato” più volte in-vocato dagli oppositori ad ogni rego-lamentazione dell’eutanasia. In prati-ca, fra i quattro, quest’ultimo elabo-rato sembra ricalcare maggiormentel’esempio olandese, non a caso rite-nuto tanto “garantista” da essere dataluni considerato fin troppo “buro-cratico”. Comunque tutti i progetti, inanalogia alla legge olandese ed aquella più recente belga, non presup-pongono mai la legalizzazione di alcu-na forma di eutanasia, ma sempre esolo la sua depenalizzazione come de-roga a quanto previsto dagli articolidel codice penale “579 – Omicidio delconsenziente” e “580 – Istigazione alsuicidio”.

Un’ultima riflessione va dedicata adaltri due movimenti che nel frattem-po sono scesi in campo. Il primo, diimpianto laico e libertario, rivendicala piena libertà e dignità di morire. Ein senso stretto, ci riferiamo alla LIAC(Lega Italiana Abolizione Concordato,http://web.genie.it/utenti/a/abolizioneconcordato/indiceLIAC.htm) risultante dall’unione deicircoli Bertrand Russell Italiani e l’As-sociazione Mazziniana Italiana, a cuiaderisce la quasi totalità delle altreassociazioni italiane che condividonogli ideali della laicità dello Stato e del-la razionalizzazione del pensiero ed acui naturalmente afferisce anchel’UAAR. Il secondo movimento, condiversa impostazione metodologica edi pensiero, è l’associazione Cittadi-nanzattiva (www.cittadinanzattiva.it) che pur senza prendere alcunaposizione esplicita sull’eutanasia, hasostenuto la volontà di Enzo Buon-giorno (malato terminale morto nelsettembre del 2002) il quale, nelloscorso luglio, ha voluto organizzareun Convegno sul tema presso l’Ospe-dale Fatebenefratelli di Roma. Congrande senso di civiltà Cittadinanzat-tiva ha successivamente aperto un fo-rum di discussione, consultabile on li-ne, al fine di trovare un terreno di con-fronto sul principio di base su cui ènata l’Associazione, ovvero di “unpreciso diritto dei cittadini ad essereinformati … Bisogna sapere per capiree per scegliere”.

Come si può vedere qualche piccolopasso è stato fatto, ma finché non sa-rà possibile far circolare una correttainformazione è certo che la strada dapercorrere prima di vedere riconosciu-to il diritto all’autodeterminazione sa-rà ancora lunga e difficile.

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Durante le prime due settimane diaprile 2002 nella mailing list <atei-smo> ha avuto luogo un dibattito re-lativo al tema indicato nel sottotitoloe che ha coinvolto una quindicina dipartecipanti in interventi ripetuti e ar-ticolati. Nell’elaborare questa sintesiper ragioni di pubblicabilità su L’Ateoho dovuto limitarne molto il contenu-to, tagliando drasticamente tutto ciòche mi sembrava ripetitivo, quel chemi pareva fuori tema o relativamentebanale, ma anche ciò che risultava filosoficamente o scientificamentetroppo specialistico o non essenziale.L’operazione risulterà pertanto inevi-tabilmente lacunosa, specialmenteper chi ha seguito il dibattito sulla listper un totale di oltre quaranta mes-saggi e avrà potuto farsi un panora-ma complessivo più completo edesauriente di quanto sia qui possibi-le. Non solo, parti non citate potreb-bero essere ritenute da chi le ha scrit-te o da suoi condivisori più importan-ti di quelle citate. Inoltre, lo stessofatto che io abbia limitato la mia scel-ta a nove interlocutori più assidui puòrisultare discutibile e mi scuso quindicon chi può legittimamente dispiacer-si dell’esclusione. D’altra parte, que-sto articolo va considerato il modestotentativo di lasciare traccia di un di-battito tra i più vivaci occorsi di re-cente su <ateismo> e che ci coinvol-ge tutti, mettendo in discussione unadelle due costituenti dell’UAAR, quel-la degli atei, che deve sapersi con-frontare (e penso che lo abbia fatto)anche con tesi sgradite e qualche vol-ta decisamente imbarazzanti. Peral-tro, se noi rivendichiamo delle certez-ze negative (nel nostro caso l’inesi-stenza di Dio) dobbiamo poi accetta-re che esse stesse possano esseremesse in mora e si discuta della lorovalidità o del loro carattere. Ripeteròqui un vecchio adagio a cui cerco sem-pre di attenermi: “le idee migliori perrimanere tali devono venire contra-state”, ovvero: “solo il setaccio delladiscussione lascia passare le idee finie ferma quelle grossolane”.

Due parole su come si articola questapiccola cronaca, che è costituita so-stanzialmente da un lavoro di “taglia

e incolla” su un materiale complessi-vo circa decuplo. Ho scelto nove inter-locutori che indicherò con le lettere daA ad I. Ogni pezzo reca dopo la letteramaiuscola un numero, che indica ilmessaggio da cui esso è tratto secon-do l’ordine temporale in cui lo scriven-te ha postato. Si noterà come (D) ab-bia assunto “la parte del diavolo”, ov-vero del provocatore, ciò spiega ilmaggior numero di citazioni dei suoiinterventi. Per l’identificazione degliscriventi in calce vi è una nota in cui sipossono rilevare le corrispondenze.

(A1) [...] mi affido spesso (non sem-pre) alla scienza, ma non lo ritengo unatto di fede, bensì una ragionevole fi-ducia in un sistema che ci ha dotatoindirettamente, tra l’altro, di aerei, te-lefonini, computer, pace maker, bom-be all’idrogeno, ecc. [...] con la religio-ne si rinuncia spesso (se non sempre)al ragionamento, accettandone gli on-nipresenti dogmi [...] riconosco alla re-ligione qualche merito, indiretto, maquesto è tutto; anche l’utilizzazionedegli schiavi ha prodotto grandi risul-tati artistici, ma non mi pare il caso dielogiarla o, peggio, mantenerla [...].

(B1) [...] Dire che Dio non esista in fon-do è tanto indimostrabile quanto direl’opposto, tuttavia la religione noncerca di dimostrare, la religione arrivaa delle conclusioni che possono esse-re più o meno esatte, più o meno con-divisibili, ma addirittura considerarledannose mi sembra esagerato. Rico-noscere a quest’ultima un valore “in-diretto” mi sembra poco obiettivo; conil discorso che fai tu Stefano, anche laScienza sarebbe inelogiabile visto cheanch’essa ha prodotto morte e distru-zione, nonostante questo però, è inne-gabile l’apporto che abbia dato al ge-nere umano, allo stesso modo di comeè innegabile attribuire certe validitàalla Religione. [...] Anche tu quando tiaffidi alla Scienza fai un atto di fede,poiché se è vero, che ogni postulato ègiusto finché non viene smentito, ognivolta che noi accettiamo un enunciatoscientifico, dovremmo farlo con la do-vuta diffidenza. Con la religione non sirinuncia al ragionamento, è solamen-te un altro modo di ragionare. Se con-

sideri irragionevole tutto ciò che è as-siomatico e paradossale, allora dovre-sti considerare tale anche la matema-tica, il linguaggio e molte altre coseche alla fin fine, incorrono in parados-si dati dal limite della “Ragionevolez-za” umana. Inoltre vorrei ricordarviche grazie alla religione si è diffusa lascrittura, è nata l’arte, e altri aspettiimportanti della genialità umana. Iosono Ateo poiché non credo in Dio,non perché non credo nella validitàdella religione, poiché se è vero cheogni cosa è creata da un bisogno, que-st’ultima è nata rispondendo a dellenecessità che l’uomo ha avuto, e forseavrà per molto tempo.

(C1) [...] io penso che non è l’idea didio che sia dannosa, ma le sue appli-cazioni nella vita di tutti i giorni. Se,per assurdo, esistessero solo religio-ni, chiamiamole cosi, intimiste, cioènon gerarchizzate, non regolamenta-te, non politicizzate, beh, allora l’ideadi dio sarebbe una cosa talmente per-sonale ed intima che non ne vedrei lapericolosità per la società civile. Percui, io sono ateo perché non credo indogmi indimostrabili, non credo in li-bri rivelati, non credo in nulla che nonsia neanche teoricamente dimostrabi-le razionalmente [...].

(D1) [...] Ritengo la critica atea al “tei-smo monoteista” ed alle varie “sacrescritture” doverosissima, necessariae liberatoria ma, detto questo, nonposso non considerare a sua volta l’a-teismo come un’altrettanta “fede”, al-trettanto dogmatica ed indimostrabi-le. L’ateismo mi pare si contrappongaalle fedi religiose con postulati a lorovolta fideistici: infatti l’ateismo “non”può dimostrare che il mondo abbia ilsenso che di volta in volta le varie for-me di pensiero ateo assegnano almondo: che il mondo abbia il sensoche l’ateismo gli attribuisce (foss’an-che il non-senso del mondo ) è un “vo-luto”, è una prevaricazione altrettan-to arbitraria quanto i sensi “voluti”dalle varie religioni. Il continuo ricor-so alle discipline scientifiche da partedell’ateismo per supportare le proprieargomentazioni complica ulterior-mente la faccenda, in quanto la scien-

Piccola cronaca di un dibattito(Ma l’ateismo è una fede?)a cura di Carlo Tamagnone, [email protected]

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za ha giustamente da tempo rinuncia-to al conseguimento di un sapere as-soluto ed incontrovertibile, per cui siviene a creare la situazione in base al-la quale l’ateismo combatte le fedi re-ligiose con l’ausilio di argomentazioniprecarie e suscettibili di principio e difatto di venir smentite quindi abban-donate o modificate. Il che, si dirà,può anche andar bene, ed in ciò l’a-teismo è perfettamente coerente econsequenziale con gli assunti episte-mologici della scienza moderna, maquesto mi pare confermi perciò lanon-ultimatività delle asserzioni ateesul mondo e quindi mi sembra di po-ter dire legittimamente che anche l’a-teismo sia affetto da una certa dog-maticità e perentorietà circa le pro-prie argomentazioni. Per cui, dati ipresupposti, la contrapposizione ateaalla religione (e viceversa natural-mente) si riduce ad uno scontro di“forze” che nulla a che fare hanno conla veridicità delle rispettive argomen-tazioni, ma con la capacità di persua-dere e quindi di indurre a “credere”ad un contenuto piuttosto che ad unaltro. Ma l’antitesi “fede vs fede” nonha forse alla fine tutta l’aria di esseruna velleità?

(E1) Mi pare che la tua critica dell’a-teismo si basi su una caratteristicadell’ateismo che esso ha solo nell’ideache dell’ateismo hanno i non atei. Ionon ho mai conosciuto un ateo che so-stenesse che la non esistenza di dio èassolutamente certa e dimostrabile insenso assoluto. Gli atei che conoscoio hanno nei confronti della non esi-stenza di dio la stessa certezza relati-va e provvisoria e modificabile chehanno nei confronti di cose tipo:• che domani sorgerà il sole,• che la basilica di Sant’Antonio daPadova esiste anche quando nessunola guarda,• che Babbo Natale non esiste,• che esistono sistemi per vincere allotto,• che 2 è l’unico numero primo pari,• che non si può trisecare in partiuguali un angolo qualsiasi usando so-lo riga (non graduata) e compasso.

Ora non ho mai sentito nessuno accu-sato di avere una fede o di essere dog-matico per aver affermato di crederea qualche verità del tipo di quelle cheho esemplificato. Eppure la perento-rietà con cui queste verità vengonosostenute non è per nulla minore del-la perentorietà con la quale gli atei so-stengono la non esistenza di Dio e gli

agnostici (almeno quelli con cui mi ècapitato di parlare dell’argomento)quella di Babbo Natale. Piuttosto: l’af-fermazione secondo la quale è asso-lutamente certo e incontrovertibileche non sono dimostrabili razional-mente né l’esistenza né la non esi-stenza di Dio, non costituirà un attodi fede? Non si fonderà su un dogma?Non sarà un po’ troppo perentoria, ar-bitraria e prevaricatrice? Non si av-varrà per la sua dimostrazione di ra-gionamenti e saperi che da tempohanno rinunciato al conseguimento diun sapere assoluto ed incontroverti-bile? Per concludere: a chi mi dice che“a questo mondo non si può essere si-curi di niente” rispondo volentieri“questo è sicuro”.

(F1) Giustamente io devo mandare imiei figli a sei anni a scuola. Io vorreiche a scuola imparassero a leggere,scrivere e far di conto. Che si abituas-sero al confronto con gli altri e a ri-spettare le altre culture e mentalità.Poi vorrei essere io a dargli una im-pronta morale, ad educarli alla razio-nalità, allo scetticismo; gradualmenteliberarli dalla credulità istintiva nellatenera età; vorrei anche dargli la gioiadi vivere, il piacere della gola e deglialtri istinti positivi, come il sesso, eche venissero su con il senso di colpase sbagliano, ma senza il senso di col-pa per gli istinti naturali e positivi chehanno e senza il senso di colpa per glieventuali peccati dei padri. Perché loStato (clericale) ostacola pesantemen-te questa mia funzione educatrice? Alcontrario di quello che superficialmen-

te affermi, io e i miei figli non siamo li-beri da ogni “costrizione”; io non sonotranquillo perché la mia vita e quelladei miei figli non la decido io e nessunaltro, ma la decide, in Italia, una reli-gione di Stato che di fatto c’è da noi.Provo compassione per il mio “prossi-mo” credino perché continua ad inte-stardirsi con quella cretina di religio-ne; ma provo rabbia perché interferi-sce gravemente con i miei figli in tene-ra età, e quindi indifesi. [...] E alloraperché affannarsi tanto a criticarequella scema della religione? Tanto èdominio degli ignoranti! Perché, an-che se qualche credino personalmen-te è una brava persona, la religione nelsuo complesso, con le sue gerarchie ela sua struttura, è intollerante, fanati-ca e molto pericolosa; perché intralciala scienza, la ricerca, la felicità, la li-bertà della gente in genere e mia inparticolare. Perché vorrebbe inculcarenei miei figli sensi di colpa assurdi edistruttivi. Perché vorrebbe togliergliil piacere del sesso e della gola. Per-ché per mezzo dello Stato vuole condi-zionare le coscienze dei miei figli.

(D2) [...] i ragionamenti rigorosi che“spiega(va)no” il tomismo peccano or-ribilmente nel non dimostrare i pre-supposti ma solo le deduzioni. I pre-supposti del tomismo sono il tentativonon riuscito di risolvere la contraddit-torietà del divenire degli enti, ma al-l’interno di quei (non risolti corretta-mente) presupposti le 5 vie tomistichedell’esistenza di dio hanno una conse-quenzialità ferrea tale da non poternon dedurre come momento risolutivol’esistenza di un primo motore immo-bile non-mosso, e via discorrendo. Maanche l’ateismo condivide col tomi-smo le stesse premesse erronee che loconducono perciò a negar l’esistenzadi dio. Infatti, l’ateismo nega una qual-siasi realtà assoluta in nome di quelsenso del divenire che dissolve ognipretesa di stabilità di ciò che vuol por-si come stabile, assoluto ed immuta-bile al di sopra del divenir stesso. [...] ivari zichichi e compagnia peccano al-trettanto orribilmente nell’invertirel’onere della prova: qui il presuppostoè in realtà un postposto mascherato[...] certo, ma non poter dimostrar l’e-sistenza di qualsivoglia dio “non” èautomaticamente dimostrarne la non-possibilità dell’esistenza. Quando l’a-teismo si fa propositivo, e cioè quandoesce dalla pars destruens, non può fa-re a meno anch’esso, come le religio-ni, di proporre una “certa” visione delmondo opposta/diversa/alternativa a

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molte altre equipossibili, almeno con-cettualmente. Ecco, in questa sua fa-se, l’ateismo si mostra come una fedein quanto “non” può mostrar la fonda-tezza della propria visione delle cose.Non può cioè mostrar che l’intero del-l’esperienza sia tutto l’intero dell’esi-stenza, non può mostrar un “senso”del mondo che all’ateismo appare ma-gari così evidente (qualsiasi esso sia)ma che così evidente non è se non aduna volontà che “vuole” prevalente-mente “quel” senso dell’esistenza enon altri ecc.

(H1) [...] Non m’identifico più così to-talmente nell’ateismo, o perlomeno inmolti suoi aspetti, anche se certamen-te ciò non significa affatto che io siaapprodato ad una qualsiasi religione,tutt’altro! [...] ciò che non hai capito èche non esiste un ateismo. Ognuno sicrea il suo. C’è chi s’ispira alla filosofiadi Feuerbach, di Nietzsche, di Marx, diSchopenhauer, di Sartre, e perché no,di De Marchi o di un qualsiasi altro fi-losofo, come anche chi giustifica il suoateismo del tutto indipendentementeda ogni altro ateo. A-teismo: noi ne-ghiamo l’esistenza di “Dio”. L’ateismonon è una fede, ma una posizione filo-sofica, una decisione che ognuno de-ve prendere consapevolmente (men-tre le religioni ti vengono spesso incul-cate fin dall’infanzia, ad esempio conil catechismo e l’istruzione religiosaobbligatoria: non è un caso se le Chie-se cristiane hanno sempre cercato diavere il monopolio ideologico sopra-tutto nelle elementari o che le correntiestreme dell’Islam per i loro attacchiterroristici addestrino sopratutto indi-vidui psicologicamente instabili o findall’infanzia). Come spiegare questanegazione e quanto sia decisa è unadecisione che spetta ad ogni ateo persé. Io preferisco ad esempio un ap-proccio da svariate parti: dal punto divista scientifico, filosofico, politicoecc. Ad esempio, se adesso tu ti con-vertissi al cattolicesimo non me ne im-porterebbe molto, non ti perseguireicome eretico, né ti scomunicherei, néti costringerei a rimanere ateo se n’a-vessi i mezzi: perché l’ateismo non hainteresse a “convertire” con la forzafisica, al massimo con la forza degli ar-gomenti. L’ateismo è e deve essereuna scelta volontaria: è la volontarietàche dà a noi atei la forza e la convin-zione necessarie per poter affermarela propria identità in un mondo in cuile religioni perdono solo lentamente laloro importanza. Ritengo la criticaatea al “teismo monoteista” ed alle

varie “sacre scritture” doverosissima,necessaria e liberatoria ma, detto que-sto, non posso non considerare a suavolta l’ateismo come un’altrettanta“fede” altrettanto dogmatica ed indi-mostrabile. L’ateismo non propone diper sé. L’ateismo è solamente un pun-to di partenza per sviluppare migliaiadi diversi modi di pensare che non in-cludano il credere in certe entità me-tafisiche rigorosamente indimostrateed indimostrabili.

Questa fissazione di dover dare perforza un senso al mondo è certo tipi-camente religioso. Ma, mentre dareun senso al mondo deve essere un’o-perazione centrale di ogni religioneperché “l’utilità” delle religioni consi-ste nel dare un senso (vero o presun-to a seconda delle opinioni) alla vitadei credenti di tale religione (leggerea questo proposito le affermazioni diogni neo-convertito a una qualsiasireligione) [...] Il solo fatto che moltefilosofie atee danno anche loro un cer-to senso alla vita non cambia il fattoche non è l’ateismo in sé a darlo (ioad esempio sono esistenzialista perquello che riguarda la questione delsenso della vita). Il solo non crederein “Dio” non è certo di per sé un sen-so della vita, non ti pare? L’ateismoesclude solamente fra tutte le possi-bili scelte del proprio senso della vitalo scegliere “Dio” come senso dellavita. Non te ne impone un altro, ti pre-clude solo uno (aprendoti perciò chia-ramente tutti gli altri). [...] Un ateonon può considerare Dio possibileperché a quel punto la stessa defini-zione “ateo” non ha più significatoper lui: diventa o agnostico o creden-te. L’ateismo non propone una visio-ne del mondo bensì ne distruggeun’altra, quella religiosa. Che poi do-po l’eliminazione del pensiero religio-so si preferisca di dare un proprio sen-so individuale al mondo, alla vita, omeno è decisione propria d’ogni ateo.Riguardo all’abbandonare vecchi sba-gli, bèh proprio in questo consiste lanon-dogmaticità dell’ateismo. [...] Ilsolo fatto che si abbia una posizione

propria (una convinzione) non è ne-cessariamente dogmatismo o addirit-tura fede. Perché, se poi espandi que-sto tuo concetto aldilà del conflittodialettico tesi(religione) vs antitesi(ateismo) e ne concludi che entrambele posizioni siano fideistiche arriveraialla conclusione che ogni qualvoltac’è un conflitto dialettico ci siano po-sizioni fideistiche, cadendo così nel-l’asserzione secondo me assurda chetutto è fede (perdendo così anche ilsignificato della parola [...]).

(E2) [...] Non ritengo corretto designa-re “accuse” le mie opinioni circa il ca-rattere fideistico dell’ateismo: non hoaccusato, quanto ho tentato di mo-strare che il tenore argomentativodell’ateismo è anch’esso essenzial-mente fideistico, come le argomenta-zioni di indole religiosa o come altreargomentazioni da te raccolte un po’sommariamente qui poco sopra. Tor-naci, per piacere, perché la mia obie-zione è molto semplice, eppure non ri-esco mai a farmi rispondere sul pun-to. La ripropongo nella sua forma piùsemplice: perché il tenore argomen-tativo di chi non crede in Dio è fidei-stico, mentre il tenore argomentativodi chi non crede in Babbo Natale nonè fideistico? Tutto qui. A scanso diequivoci, preciso che l’ateismo di cuisto parlando è quello che si può rias-sumere nell’affermazione “secondome le probabilità dell’esistenza di Dionon sono maggiori di quelle dell’esi-stenza di Babbo Natale!”.

(D3) Come la religione, anche l’atei-smo è una decisione = fede. Ma vorre-sti forse affermare che due coniugiatei non tenterebbero di dare al pro-prio piccolo una visione del mondo cheprescinda a-priori da ogni elementotrascendente? Non ne sarei così sicu-ro. Circola anche tra gli atei un ottimocatechismo per ragazzi no? Sarà uncaso? E poi, nella Cina maoista, l’atei-smo è una libera scelta? È ammessa lalibera professione di qualsivoglia tipodi culto? E in altre dittature dove vige-vano intere università preposte all’in-segnamento del materialismo dialetti-co? Soltanto casi sporadici? Perchénon li hai citati? [...] L’ateismo è sola-mente un punto di partenza per svi-luppare migliaia di diversi modi dipensare che non includano il crederein certe entità metafisiche rigorosa-mente indimostrate ed indimostrabili.Anche ammesso che di per sé l’atei-smo non proponga, non ne deriva perquesto che ciò che risulta dalla nega-

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zione di dio e/o del trascendente nonsia a sua volta un’affermazione, quin-di un proporre implicito, di una certa odi molte visioni del mondo, a discapitodi molte altre. Quindi anche l’ateismo,o se preferisci gli ateismi, mi sembrapossano esser considerati delle propo-ste implicite. [...] tutti questi esempisono scontri di forze, di potenze, com-preso il mio col tuo, certamente. La ca-pacità di persuadere e quindi di “vin-cere” sull’avversario nulla ha a che fa-re con la verità. Laddove, secondo ilpensiero moderno (ermeneutica con-tinua) al quale ogni forma di ateismosi mette al seguito, non si ammettapiù l’esistenza di una verità data econservata una volta per tutte, ogniconcezione che finisca col predomina-re su altre concezioni antagoniste pre-dominerebbe in virtù di un’efficacia,di una forza che le concezioni sconfit-te non possederebbero ormai più.

(D4) [...] perché il tenore argomentati-vo di chi non crede in Dio è fideistico,mentre il tenore argomentativo di chinon crede in Babbo Natale non è fidei-stico? Che io affermi l’esistenza dibabbo natale o che la neghi, affermodue opzioni certamente fideistiche.Che quest’ultima però sia oggi pres-soché condivisa da tutti non per que-sto ne fa un assioma indiscutibile. Èsolo il consenso collettivo che con lapropria forza ne fa una “verità”. Per-ché ne fa una “verità”? Perché “cre-de” di non dover più ritener vere certecose in quanto altre più persuasive(fedi più forti) si son fatte innanzi. Inlinea di principio potrebbe anch’essavenir smentita (la non-esistenza dibabbo natale), poiché tutto ciò il cuitentativo di smentita non si traduce inun’auto-contraddizione, ebbene, puòin linea di principio venir appuntosmentito. Ma affermare che BabboNatale esiste non si traduce appuntoin un’auto-contraddizione. Secondacosa. Purtroppo l’esempio di babbonatale non è pertinente nonostantel’apparenza. Mi spiego: l’esistenza didio è affermata (non da me, ma daicattolici) su presupposti d’indole filo-sofica perché, se non si ponesse diocome motore immobile, il divenire de-gli enti produrrebbe una contraddizio-ne: ovvero moooolto sommariamente,poiché gli enti divenienti e quindi con-tingenti, non avendo in se stessi lapropria causa, si è “costretti” a cercar-la altrove (= in un motore immobile,immutabile = dio) [...] È ovvio che tut-to questo discorso non è applicabile ababbo natale perché esso non entra in

composizione con alcuna necessità ditipo ontologico per cui non è applica-bile a babbo natale la stessa procedu-ra argomentativa applicata al dio biblico-aristotelico-tomistico.

(I1) Che significa “fideismo”? Una de-finizione ufficiale parla di “adesioneincondizionata a un’opinione” (Zinga-relli). Quindi non può esserci diversi-tà di “tenore”. D’altra parte, ancorapotremmo ricordare che la sensazio-ne intima del bambino che aspettaBabbo Natale (per me era la Befana,ma cambia poco) non è diversa daquella di chi giurerebbe che da qual-che parte c’è un dio onnipotente. Iltrait-d’union di entrambi è il possede-re un soggetto onnipotente, di averea disposizione una superpotenza ingrado di soddisfare bisogni che l’uo-mo non può soddisfare. Da bambiniquesti bisogni sono i giocattoli costo-si, da grandi diventano la scomparsadel cancro o il biglietto per un paradi-so eterno.

(E3) Se tutti, o almeno i più, ragionas-sero come te, io non avrei nulla in con-trario a dichiararmi agnostico. Il fattoè che la stragrande maggioranza de-gli agnostici, contrariamente a te, sirifiuta di accettare le conseguenze delsuo pensiero e, contro ogni logica, usaper Dio e per Babbo Natale due pesie due misure. Secondo loro chi noncrede in Dio fa un atto di fede, chi noncrede in Babbo Natale no. È per di-stinguermi da loro che preferisco di-chiararmi ateo. Purtroppo l’esempiodi Babbo Natale non è pertinentenonostante l’apparenza. È molto per-tinente invece. Hai appena detto chenegare l’esistenza di Babbo Natale ècosa di fede. Tanto mi basta. BabboNatale mi serviva appunto e solo perdire che negare l’esistenza di Dio è co-sa di fede quanto negare l’esistenzadi Babbo Natale. Mi risparmio quindidi confutare l’argomento col quale so-stieni l’impertinenza di Babbo Nata-le. Mi pare che entrambi siamo d’ac-cordo nel pensare che non si può es-sere “assolutamente sicuri” di nulla,se non facendo un atto di fede. Ma al-lora che cosa facciamo quando affer-miamo qualcosa? Io mi riferisco alconcetto di certezza pratica. Tu mi pa-re che ti riferisca al concetto di cer-tezza logica. Ti faccio però osservareche neppure sui risultati della logicae della matematica possiamo averecertezze assolute. Per averle dovrem-mo avere la prova della non contrad-ditorietà della logica o della matema-

tica, e questa prova non l’abbiamo.Possiamo solo avere la certezza prati-ca basata sul fatto che finora non so-no state trovate nella logica o nellamatematica contraddizioni e sul fattoche pare che diano risultati soddisfa-centi. Tu dovresti quindi per coeren-za affermare che anche il teorema diPitagora può essere affermato verosolo facendo un atto di fede (nella noncontradditorietà della geometria eu-clidea). Se lo fai saremo d’accordo sututto, tranne che sulle questioni este-tiche che ci portano a scegliere usi di-versi per le stesse parole.

(C2) [...] Ogni tipo di fede poggia ne-cessariamente sul dubbio, che ne è lacontrofaccia onnipresente. Se il dub-bio non vi fosse costantemente pre-sente non sarebbe la fede a parlare,ma una certezza, in quanto priva diogni dubbio, e quindi priva del carat-tere di discutibilità: non penso cheesistano forme di ateismo che possa-no prescindere da questo carattere fi-deistico. Questa me la devi spiegaremeglio: le fedi si basano sul dubbio?Sul dubbio di che? Ogni vero fedelenon può avere dubbi sull’esistenzadel suo dio, non può avere dubbi sul-la Verità che la sua religione espres-sa anzi sul fatto che quella sia l’unicaVerità (chiaramente sto parlando del-le grandi religioni attuali e monotei-stiche a cui appartiene la grandemaggioranza degli esseri umani) eche le altre se non bugiarde, per lomeno sono delle male interpretazionidell’Unica Verità. Dove vedi il dubbio?Forse nella testa dei fedeli, almeno dialcuni, ma non nelle basi delle religio-ni, nei loro testi sacri, nei loro ritualie nelle loro liturgie e teologie; nellaBibbia si esprimono dubbi? O forsenel Corano? O magari nel catechismocattolico? No, io questa basilarità deldubbio nelle religioni proprio non lavedo! La fede, per definizione, è cer-tezza, la fede per definizione è indi-scutibilità.

(D5) [...] Babbo Natale mi serviva ap-punto e solo per dire che negare l’esi-stenza di Dio è cosa di fede quantonegare l’esistenza di Babbo Natale.Esatto. Io credo così. Soltanto che af-fiancar in uno stesso esempio BabboNatale e dio può indurre a pensareche negare o tentar di dimostrare l’e-sistenza di dio abbia la stessa rigoro-sità e cogenza che negar o tentar didimostrare l’esistenza di Babbo Nata-le. Per quanto l’esistenza di dio siaquestione strettamente di fede, ciò

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ETICA

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nonostante la filosofia tomista ha ten-tato di cimentarsi su strade stretta-mente razionali per pervenire all’am-missione razionale dell’esistenza didio. Cosa che non avrebbe senso farecon Babbo Natale in quanto esso nonè mai stato considerato un termine ul-timo ed inoltrepassabile sul quale fon-dare stabilmente il reale, per cui misembrava opportuno evidenziare chegli eventuali tentativi di dimostrazio-ne e/o sconfessione dell’esistenza diBabbo Natale non possono, per la na-tura del loro oggetto, esser affiancatiagli eventuali tentativi di dimostrazio-ne e/o sconfessione dell’esistenza didio, quale motore e principio reggen-te di tutto il reale.

(D6) [...] La fede, per definizione, Ècertezza, la fede per definizione È in-discutibilità. In effetti i credenti diqualsivoglia estrazione si illudono diesser certi riguardo a ciò in cui credo-no. Le loro apparenti certezze nonpossono non esser accompagnate daldubbio: se la fede, ogni fede, è ritenerper vero ciò che non può apparire es-ser tale, allora la fede è necessaria-mente accompagnata dal dubbio per-ché (poiché il dubbio è per definizio-ne il non-aver certezza = dubitare delcontenuto di ciò a cui si crede), qua-lora non fosse così, la fede non sareb-be fede ma evidenza, certezza; il fede-le ha occhi solo per ciò in cui asseri-sce di credere, ed ignora il dubbio chenecessariamente si accompagna allafede, anche se il linguaggio del fede-le ha parole ed asserzioni soltanto perciò a cui asserisce di credere. Se la fe-de volesse superare, oltrepassare ildubbio, dovrebbe trasformare in cer-tezze i contenuti creduti, ma allora lafede cesserebbe di esser tale, il chenon è. Per cui ogni credente è neces-sariamente un dubitante, così comeogni dubitante è necessariamente uncredente.

(D7 e G2) [...] Optare per l’ateismo, la re-ligione, l’Inter o per il millenario terzoReich non son forse tutti atti di fede?

No, è una scelta di valore ... la sceltadi ciò che sembra più opportuno ... Epoi, un’opzione laicamente ragionatasignifica forse una verità indiscutibi-le? No, vero?

L’ateismo si attiene all’esperienza perinferire che dio non esiste? Ma anchei religiosi si attengono all’esperienzaper asserire l’esatto contrario!

I religiosi “credono” ... io invece “pen-so” e “valuto” ...

E quale forma di pensiero non si at-terrebbe secondo te all’esperienza?

Quella fideistica ... non nel senso chegli dai tu ma in quello che gli do io ...io e tutti gli altri atei in lista ...

Ancora: che l’esperienza sia il termi-ne ultimo di significanza non è un po-stulato metafisico? È dimostrabileesperienzialmente forse? ....

No ... dimentichi il principio di noncontraddizione ... giochi con gli ossi-mori?

(E4) [...] gli eventuali tentativi di di-mostrazione e/o sconfessione dell’e-sistenza di Babbo Natale non posso-no, per la natura del loro oggetto, es-ser affiancati agli eventuali tentatividi dimostrazione e/o sconfessionedell’esistenza di dio, quale motore eprincipio reggente di tutto il reale ...Allora, considerato che: (1) per Dio so-no stati fatti tentativi, falliti ma moltoimpegnativi, di dimostrare razional-mente che esiste, mentre per BabboNatale tali tentativi non sono stati fat-ti o sono stati fatti con molto meno im-pegno; (2) se esistessero entrambi,Dio sarebbe molto più utile di BabboNatale, perché Dio spiegherebbe l’e-sistenza di tutta la realtà, mentreBabbo Natale dovrebbe accontentar-si di spiegare l’apparizione di doni peri bimbi buoni. Tu deduci che non èpossibile confrontare le probabilità diesistenza dei due e decidere per la pa-rità o a favore di Babbo Natale? Diosolo sa come fai.

(C3) [...] tu perdi di vista che anche l’i-nesistenza di dio non è dimostrabile,è una tua fede. Io non sono tenuto adimostrare nulla, sono i fedeli, casomai, a dover dimostrare qualcosa; ionon posso chiederti di dimostrarmi lanon esistenza del drago verde e bluche vive nella mia cantina e che io soche esiste. Tu, certamente, nel noncredere al mio drago in cantina nonstai facendo una scelta fideistica, michiedi semplicemente di mostrarteloe nel caso io lo mostrassi e tutti lo ve-dessero ecco che il drago sarebbe rea-le e non più “fede”.

(D8) Se, come giustamente dici tu,ogni asserzione va comprovata, anchela tua, in quanto ateo (come lo sonoio del resto), va comprovata. Dire di

non esser tenuto a provare nulla ètroppo facile, in quanto comunque neltuo negare, neghi decisamente (= mo-tivatamente) un qualcosa. Non bastaasserire che un qualcosa non esisteed incrociar le braccia: se io tento didimostrar che dio esiste tu devi percontro tentar di dimostrare perché dionon possa esistere. L’esempio del dra-go verde dicevo non è calzante, per-ché non ha nulla in comune col pro-blema dell’esistenza di dio. Dio è untema connesso col senso globale edoriginario di tutto ciò che esiste, percui è del tutto consequenziale che gliumani si siano misurati con questoproblema trovandosi in un mondo su-scitatore di domande di senso e diperché. Da qui, la tentata ricerca diun qualcuno o di un qualcosa che ren-desse la totalità dell’esistenza dotatadi un senso e di un perché (che poi cisian riusciti è un discorso a parte). Macol drago verde siamo nell’arbitrio ec-cessivamente esemplificatore, inquanto non vedo che senso abbia po-stular un drago verde in cantina o do-v’altro. Nessuno sente (spero!) il bi-sogno, la necessità di porre come esi-stente un drago verde, cosa che inve-ce è stata fatta per dio con motivazio-ni che affondano la loro plausibilità al-l’interno del mondo col suo (possibi-le/presunto) senso.

(C4) Aver fede è per definizione ave-re certezze, avere certezze senza pro-ve razionali su cui basarle, ma sem-pre certezze intime del credente; tene do una definizione trovata su diun’enciclopedia popolare (la Gedea diDe Agostini, per cui non una defini-zione “filosofica”, ma appunto unapopolare); Fede: “credenza che si fon-da non sull’evidenza o sulla cono-scenza razionale, ma sull’autorità al-trui o su una convinzione intima; pie-na convinzione dell’animo ad una ve-rità o ad un ideale”. Tu, in ciò che èriportato sopra, dici che i fedeli si “il-ludono”, ma per loro, per la loro visio-ne, per la loro fede, appunto, non c’èillusione, loro ne sono sinceramenteconvinti (quelli sinceri, s’intende), co-me si fa a decidere dal di fuori che s’il-ludono di credere?

Nota

(A) Stefano Gay, (B) Emiliano, (C) RobertoAnzellotti, (D) Roberto Fiaschi, (E) LivioRosini, (F) Giorgio Villella, (G) EdoardoSemmola, (H) Francesco Kirchoff, (I) Calo-gero Martorana.

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SETTIMANA ANTICONCORDATARIA

Anche quest’anno il calendario dellaSettimana Anticoncordataria (SAC) èstato ricco d’iniziative e d’incontri si-gnificativi che hanno coinvolto tutte leassociazioni laiche, nazionali e locali.L’UAAR, per l’occasione, ha scelto diapprofondire tre attuali ed importantitemi: (1) la validità della teoria darwi-niana anche come sistema scientificod’indagine senza dogmi o pregiudizi,(2) il valore ed il senso della sofferen-za, e (3) l’auspicata laicità della futuraCarta Costituzionale europea.

Per pubblicizzare l’iniziativa SAC eper colorare di giallo con i nostri car-telli le strade del centro storico, saba-to 8 febbraio dalle 14.00, è stata orga-nizzata una “Passeggiata per la Lai-cità”, sul modello di quella preparatain occasione della visita del Papa inParlamento. La manifestazione è par-tita da Piazza Navona, in una giorna-ta splendidamente assolata anche serigida. Oltre ai soci UAAR romani equelli provenienti dagli altri Circoli,hanno partecipato alcuni simpatiz-zanti e diverse persone che hanno ac-colto l’invito di Vera Pegna lanciatoda RaiTre, durante la trasmissione“Prima pagina”, e quello dell’annun-cio pubblicato da “la Repubblica”. Lagente si è mostrata incuriosita e ai nu-merosi interessati, che hanno chiestospiegazioni, sono stati distribuiti mol-

ti pieghevoli e materiale illustrativo.La marcia ha avuto termine a Campode’ Fiori – luogo privilegiato per ma-nifestazioni laiche – dove ci attende-vano alcuni studenti del Liceo “Vivo-na” di Roma, primi rappresentanti diuna tanto auspicata “sezione giova-nile” dell’UAAR.

Nella mattinata della domenica suc-cessiva, 9 febbraio alle 10.00, si è svol-ta al Gianicolo la consueta cerimoniadi commemorazione dei caduti dellaRepubblica Romana, curata dall’As-sociazione democratica “Giuditta Ta-vani Arquati” e alla quale hanno ade-rito anche l’Associazione NazionaleReduci Garibaldini e l’AssociazioneMazziniana.

L’incontro/dibattito “Europa: chi lavuole laica e chi no”, tenuto da VeraPegna nel pomeriggio di lunedì 10 al-le 16.30, è stato arricchito dalla pre-senza del Prof. Sergio Lariccia, docen-te di Diritto amministrativo all’Univer-sità “La Sapienza” di Roma. Purtrop-po, per probabili ragioni di disguidoorganizzativo, la presenza dei parte-cipanti è stata eccezionalmente ed in-solitamente scarsa.

Nel programma della SAC è stato in-serito, anche quest’anno (domenica16 febbraio alle 9.30), un Convegno acura dell’Associazione Nazionale delLibero Pensiero “Giordano Bruno”, in-titolato “Laicità, garanzia di libertà”,nella Sala Pietro da Cortona dei Mu-sei Capitolini in Campidoglio. Presen-ti in sala: l’Avv. Bruno Segre, laProf.ssa Maria Mantello, il Prof. Fran-cesco De Martini, il Prof. Paolo Chioz-zi, il Prof. Gianni Ferrara, il Prof. Fran-co Voltaggio ed il Prof. Mario Alighie-ro Manacorda. È stata letta anche larelazione della Prof.ssa MargheritaHack, che non ha potuto essere pre-sente per ragioni di salute.

Lunedì 17 febbraio, la “Giordano Bru-no” ha organizzato anche il tradizio-nale appuntamento sotto la statua delcelebre filosofo, a cui hanno preso par-te le varie associazioni interessate lequali, attraverso i propri rappresen-

tanti, hanno espresso opinioni e consi-derazioni sulla necessità di lavorare indirezione di un’effettiva laicità, in Ita-lia ed in Europa. Il nostro instancabilesegretario nazionale, Giorgio Villella,ha illustrato la situazione del nostropaese facendo riferimento ai dati sta-tistici che rilevano una progressiva edinesorabile secolarizzazione, ma che,tuttavia, sembra non avere peso sullamaggior parte di quei politici che legi-ferano come se ci fosse ancora una re-ligione di Stato. Ha anche replicato, achi invocava una maggiore unità d’in-tenti tra le associazioni, che tale unitàspesso è vanificata ed ostacolata dafenomeni disgreganti e distruttivi, oscissioni che dir si voglia. In questa oc-casione sono stati letti alcuni brani let-terari dedicati a Giordano Bruno, tra iquali la tragica sentenza emessa dallaChiesa cattolica prima dell’esecuzio-ne e sono state raccolte firme per la“Resistenza laica”, sempre per inizia-tiva della “Giordano Bruno”.

Delle due Tavole Rotonde annunciateè data notizia, in questo stesso nume-ro de L’Ateo, da Maria Turchetto eRosalba Sgroia. La prima si è tenutamercoledì 12 febbraio, in occasionedella giornata mondiale del “DarwinDay”, alle 16.30 presso l’Hotel Univer-so con la partecipazione del Prof. Pie-tro Omodeo dell’Università di Siena,della Prof.ssa Barbara Continenzadell’Università di Roma 2 “Tor Verga-ta” e della Prof.ssa Maria Turchettodell’Università Ca’ Foscari di Venezia(moderatore Giorgio Villella). La se-conda – dal titolo “Il valore della sof-ferenza in madre Teresa e la conce-zione laica del dolore. Riflessioni in-torno al saggio di Christopher Hit-chens” – si è tenuta venerdì 14 feb-braio alle 18.00 presso la sala SMIAB,con la partecipazione dello scrittoreAntonio Pascale, del Prof. Valerio Po-car dell’Università Milano-Bicocca epresidente della Consulta di Bioetica,e del Dott. Giuseppe Casale, oncolo-go e Direttore sanitario dell’ANTEA(moderatrice Rosalba Sgroia).

Contemporaneamente alle Tavole Ro-tonde e agli incontri tematici si è

Settimana Anticoncordataria 2003(Roma, 9-18 febbraio)di Francesco Paoletti, [email protected]

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SETTIMANA ANTICONCORDATARIA

svolta l’attività di presentazione del-l’UAAR al banchetto collocato a Cam-po de’ Fiori, eccetto un giorno in cuiil freddo eccessivo ha impedito l’atti-vità di propaganda. Durante i finesettimana, e nella giornata di sabato15 febbraio, che ha impegnato centi-naia di migliaia di partecipanti per lamanifestazione per la pace, si è regi-strata, rispetto ai giorni feriali, un’af-

fluenza maggiore ed un notevole in-teresse per la nostra iniziativa. Sonostati riempiti molti moduli per lo“sbattezzo”, per gli abbonamenti aL’Ateo e per l’iscrizione alla nostraassociazione.

Martedì 18 febbraio, infine, la cena so-ciale ha chiuso la Settimana Anticon-cordataria 2003 ed ha restituito a tut-

ti un po’ del calore che il clima inver-nale ci ha portato via. L’appuntamen-to è per il prossimo anno, sempre aRoma, auspicando una maggiore af-fluenza dei soci UAAR, vicini e lonta-ni, ma soprattutto una partecipazio-ne più tangibile dei soci delle altre as-sociazioni d’area, la cui presenza èstata questa volta piuttosto scarsa.

Tra le iniziative della Settimana Anti-concordataria di quest’anno c’è statoil Darwin Day: una tavola rotonda perricordare la nascita di Charles Darwin(12 febbraio 1809), la cui opera Sull’o-rigine delle specie per selezione natu-rale, ovvero la conservazione delle raz-ze perfezionate nella lotta per l’esi-stenza rappresenta una pietra miliarenel processo di laicizzazione della no-stra cultura. Hanno partecipato Pie-tro Omodeo (Università di Siena), Bar-bara Continenza (Università di RomaTorvergata), Maria Turchetto (Univer-sità di Venezia).

Pietro Omodeo ha ripercorso il viag-gio del brigantino Beagle, la nave del-la Marina Britannica che portò il gio-vane Darwin (aveva ventidue anni al-l’epoca dell’imbarco) intorno al mon-do dal 1831 al 1836. Il capitano Fitz-Roy, al comando della nave, imperso-nava le due anime della spedizione:quella commerciale e imperialista,che guardava ai nuovi territori ogget-to dell’espansione inglese e alle lororicchezze; e quella missionaria, inte-ressata invece alla civilizzazione del-le popolazioni indigene, secondo un’i-dea allora abbastanza condivisa negliambienti massonici inglesi. FitzRoyportava avanti in tal senso un proprioesperimento personale: da un prece-dente viaggio aveva condotto in In-ghilterra tre nativi della Terra del Fuo-co, li aveva ospitati e istruiti a propriespese, e contava di reinserirli nel pae-se d’origine, insieme a un giovanemissionario, per avviare l’evangeliz-zazione e la civilizzazione delle popo-lazioni fuegine. Durante il lungo viag-gio, il giovane Darwin si mostra mol-to attento, oltre che agli aspetti natu-

ralistici (che indaga con grandissimoscrupolo, raccogliendo campioni diogni sorta: il capitano FitzRoy si la-menterà osservando che nessun pas-seggero, in precedenza, gli aveva mairiempito a tal punto la nave di “spaz-zatura”), agli aspetti antropologici,etnologici, socioeconomici.

Darwin è indignato dallo schiavismo:denuncia la brutalità soprattutto diquello praticato in Brasile, raccontan-do le crudeltà cui ha assistito. Alla fi-ne del viaggio, lasciando il Brasile al-la volta dell’Inghilterra, scriverà:“grazie a Dio non vedrò mai più unpaese schiavista” (il Parlamento in-glese aveva abolito la schiavitù nel1833). In Argentina è testimone dellecampagne di sterminio condotte dalgenerale Juan Manuel de Rosas con-tro gli indios. La nuova repubblica in-dipendente sembra a Darwin assaipiù feroce della vecchia Spagna: eglicommenta le gravi conseguenze dellacacciata degli indios dalle terre e delnomadismo cui sono costretti, edesprime ammirazione per la resisten-za che queste popolazioni riescono adorganizzare. Anche in Australia la for-zata costrizione di popolazioni indige-ne un tempo stanziali al nomadismoha terribili conseguenze: Darwin notache gli aborigeni stanno sparendo,decimati dalla violenza dei nuovi arri-vati (l’Australia è colonizzata da cri-minali) e dalla cacciata dalle terre, de-stinate al redditizio allevamento dipecore.

Quanto all’esperimento “civilizzato-re” di FitzRoy, fallì miseramente:quando il Beagle ripassò per la Terradel Fuoco, trovò il giovane missiona-

rio derubato d’ogni suo avere e deci-so a rinunciare all’impresa, e il fuegi-no Jemmy Button, che in Inghilterraportava guanti di capretto, trasforma-to in un magro e stralunato selvaggio,nudo e con la faccia pitturata. L’osser-vazione della derelitta condizione ditante popolazioni dei mondi lontanidette a Darwin ampia materia per ri-flettere sull’uomo e sulla civiltà. Eglinon modificò tanto le proprie idee po-litiche (era e rimase un Whig, cioè unliberale), quanto quelle religiose: tor-nato in Inghilterra, abbandonò, infat-ti, la sua primitiva intenzione di di-ventare parroco.

Barbara Continenza ha innanzituttoproposto una precisazione terminolo-gica: evoluzionismo e darwinismo nonsono sinonimi. Nell’Origine delle spe-cie Darwin non usa mai il termine“evoluzione”, parla invece di “discen-denza con modificazione”. Oggi, abi-tuati come siamo ad attribuire a Dar-win la “teoria dell’evoluzione”, cisfugge un significato del termine evo-luzione che Darwin aveva buone ra-gioni di voler evitare: quello di svilup-po, ossia di “rotolamento” di qualco-sa che preesiste, svolgimento di unpercorso predeterminato e già conte-nuto nelle origini. Rompendo con que-sta concezione tradizionale, Darwinnon rappresenta il coronamento delleidee d’evoluzione precedenti e coeve,ma una drastica svolta: una rivoluzio-ne scientifica e non solo scientifica.

Lo stesso Darwin si rendeva contoche la teoria esposta nell’Origine del-le specie, avrebbe avuto un grandeimpatto nel campo della storia natu-rale e conseguenze enormi sull’intero

Darwin Daya cura di Maria Turchetto, [email protected]

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modo di pensare, sulla “visione delmondo” della sua epoca. Fu sempremolto cauto nel proporre le conse-guenze potenzialmente eversive del-la sua teoria, per non “svendere” lasua rivoluzione scientifica alla rivolu-zione ideologica che essa comportavae di cui era ben consapevole. Nell’o-pera principale di Darwin, l’idea del-l’origine animale dell’uomo è solo ac-cennata con discrezione, così come loè quella di aver aperto la via alla pos-sibilità di indagare e spiegare i feno-meni della vita attraverso cause na-turali puramente meccaniche.

In effetti, bisogna ricorrere ai Taccuini(gli appunti privati che Darwin avevacominciato a stendere dal 1837 e chesono fonte di preziose informazioni)per trovare affermazioni più esplicitesulla continuità tra l’uomo e gli altrianimali: “L’origine dell’uomo è statadimostrata [...] Colui che comprende ilbabbuino contribuirà alla metafisicapiù di Locke”; “La mente dell’uomonon è più perfetta degli istinti deglianimali in rapporto a tutte le circo-stanze, e al loro cambiamento, o inrapporto ai rispettivi corpi. La nostraascendenza è dunque all’origine dellenostre malvagie passioni! Il diavolosotto forma di babbuino è il nostroavo!”. Queste annotazioni risalgono al1838: è chiaro che già allora Darwinnon poneva “alcun salto tra l’uomo e ibruti” (come l’orango che aveva vistoallo zoo di Londra l’anno prima). Nem-meno la “mente”, di cui l’uomo va tan-to fiero, può fondare tale scarto, poi-ché un’attenta osservazione delle ca-pacità espressive ed emozionali deglianimali mostra che anche ad essi va ri-conosciuta una “ragione”, diversa daquella umana solo per grado. Di quiun’altra indicazione decisamente ma-terialistica: “Studiare la metafisica co-me è sempre stata studiata mi sembracome rompersi la testa sull’astrono-mia senza l’aiuto della meccanica. L’e-sperienza dimostra che il problemadella mente non può essere risolto at-taccando la cittadella direttamente.La mente è funzione del corpo”.

È chiaro che teologi e benpensantinon potevano non avvertire nella teo-ria di Darwin una terribile minacciaalla visione antropocentrica caratteri-stica della religione cristiana, e pos-siamo anche capire perché Darwin fucosì cauto e attese così a lungo primadi rendere pubblica la sua teoria. Ineffetti, Darwin si decise ad uscire alloscoperto, pressato da numerosi ami-

ci, quando nel giugno del 1858 rice-vette da un giovane naturalista, Ro-bert Wallace, che allora si trovava nel-l’arcipelago malese per raccogliereesemplari rari, un articolo di una ven-tina di pagine che conteneva l’abboz-zo di una teoria straordinariamente si-mile alla sua. Ciò indusse Darwin aprodurre, in tempi brevi, una sintesidel lavoro che stava portando avantida quasi vent’anni e a presentarlo al-la Linnean Society insieme al saggiodi Wallace (un raro esempio di corret-tezza scientifica). I membri della Lin-nean Society non furono, per la veri-tà, particolarmente sensibili: l’allorapresidente scrisse nel resoconto an-nuale che “in verità, l’anno [...] non èstato caratterizzato da nessuna diquelle singolari scoperte che, per cosìdire, rivoluzionano il settore dellascienza al quale appartengono”. Mal’anno successivo Sull’origine dellespecie fu pubblicata e la rivoluzionescoppiò. L’opera ebbe un successostraordinario, ebbe altre cinque edi-zioni durante la vita di Darwin, arric-chite da precisazioni e soprattutto dauna accurata discussione delle criti-che via via mosse alla teoria.

Anche un altro termine cruciale meri-ta alcune precisazioni: quello di sele-zione. Si tratta di un termine da valu-tare per il suo significato tecnico, rife-rito al procedimento usato dagli alle-vatori e dai coltivatori per ottenererazze di bestiame e varietà di piantecon caratteristiche desiderate. L’ideadi Darwin era in effetti che “le razzedomestiche di organismi siano otte-nute precisamente attraverso gli stes-si mezzi delle specie, ma queste ulti-me in modo di gran lunga più perfet-to e infinitamente più lento”: per que-sto s’interessò delle tecniche di sele-zione artificiale, interrogando alleva-tori, vivaisti e giardinieri. Ma se que-sti ultimi compiono effettivamenteuna “scelta” – questo è appunto il si-gnificato del termine selection, inizial-mente tradotto in italiano con “elezio-ne”, parola che ancor più evoca un’in-tenzionalità e uno scopo – Darwin nonintendeva certo attribuire intenziona-lità e scopo alla natura, né interpreta-re il processo della “discendenza conmodificazione” in termini di ottimiz-zazione.

Maria Turchetto ha parlato dell’in-fluenza della teoria di Darwin sullescienze sociali e sulla scienza econo-mica in particolare. Se dopo Darwin siha l’impressione di un’influenza a

senso unico, dalla biologia alle scien-ze sociali e non viceversa, negli anniin cui Darwin compie le sue osserva-zioni e formula la sua teoria c’è inve-ce un’influenza reciproca tra i duecampi disciplinari, o addirittura qual-cosa di più: è da un lavoro sugli stessimateriali, teorici ed empirici, cheprendono forma, tra la fine del ‘700 ela prima metà dell’800, due nuovebranche del sapere, le teorie dell’evo-luzione e le scienze sociali, di cui l’e-conomia rappresenta il prototipo. Èvalutando questo momento di forma-zione, l’intero calderone di idee e diricerche che si sta muovendo, che sipuò valutare la portata “rivoluziona-ria” dell’opera di Darwin.

Il fatto che ci sia un materiale cono-scitivo in comune su cui lavorano teo-rie dell’evoluzione e scienze sociali èdel resto mostrato da un personaggiocome Spencer, che propone una con-cezione evoluzionista da applicare atutta la realtà, sia naturale che stori-ca e sociale, retta in tutti gli ambiti daun principio generale di formazioneprogressiva di un ordine che va dalsemplice al complesso. Ma quella diSpencer è un’elaborazione dottrinale,deduttiva, una generalizzazione diteorie, dunque in comune con Darwinvi sono soprattutto riferimenti teorici(in particolare, l’uniformismo di Lyell).Darwin è invece soprattutto un siste-matizzatore di dati dell’esperienza,un induttivo: dichiara di voler “proce-dere secondo i principi baconiani sen-za seguire alcuna teoria”.

È interessante osservare che proprioil materiale empirico su cui lavoraDarwin ha molto in comune con quel-lo su cui lavora l’economista Malthus,la cui influenza teorica è, com’è noto,esplicitamente riconosciuta da Dar-win. Certo, Malthus non classifica ifringuelli, ma conosce le tecniche diselezione artificiale impiegate nell’al-

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SETTIMANA ANTICONCORDATARIA

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SETTIMANA ANTICONCORDATARIA

Nell’ambito della Settimana Anticon-cordataria, il 14 febbraio 2003, haavuto luogo a Roma una Tavolarotonda dal titolo: “Il valore dellasofferenza in madre Teresa e la con-cezione laica del dolore. Riflessioniintorno al saggio di Hitchens”,moderatrice la sottoscritta.

Leggendo alcuni stralci del libro nonsi può rimanere indifferenti alle dureparole di madre Teresa: “… Secondome è bellissimo che i poveri accettinoil loro destino, che condividano lapassione di Cristo. Penso che la sof-ferenza della povera gente sia digrande aiuto per il mondo” (pag. 37).

Questo ed altri passaggi controversidel pamphlet “La posizione della mis-sionaria” (Minimum Fax) scritto dalpungente giornalista inglese, induco-no il lettore a confrontarsi con unargomento scottante e a mettere indubbio la morale cristiana secondocui il dolore abbia un valore espiato-

Tavola Rotonda (SAC) di Rosalba Sgroia, [email protected]

levamento (le cita come argomentocontro l’idea di “progresso infinito” diCondorcet), e usa i dati demograficiprovenienti dalle colonie americaneper formulare la sua famosa ipotesi di“crescita in proporzione geometrica”di una popolazione non limitata dallerisorse. A Darwin non interessano leserie storiche dei prezzi del grano chestanno a cuore a Malthus, ma non c’èdubbio che il “principio di popolazio-ne” malthusiano e le tecniche di sele-zione artificiale rappresentano pezziimportantissimi della sua teoria. Delresto, oltre alle influenze teoriche, al-le conoscenze tecniche e ai materialiempirici, c’è anche per così dire uno“sponsor” o un “committente” comu-ne che alimenta il calderone d’idee incui stanno contemporaneamenteprendendo forma le teorie dell’evolu-zione e le teorie economiche: le Com-pagnie delle Indie e, più in generale,gli interessi commerciali e colonialidell’Inghilterra.

Da questo interessantissimo caldero-ne d’idee è Darwin ad uscire con il ti-tolo di “rivoluzionario”, che né Spen-cer né Malthus riescono a meritare.Non sto parlando, ovviamente, di unaposizione in campo politico, ma inquello della storia del pensiero. Dar-win cambia il modo di pensare, e nonsolo quello di una scienza. Cambiaun’intera mentalità, lascia un segnoindelebile nel senso comune, contri-buisce come pochi alla laicizzazionedella cultura. Qual è il cuore di questa“rivoluzione”? Non tanto l’anticrea-zionismo, condiviso dalle teorie dell’e-voluzione coeve e più in generale dalclima culturale che le aveva prepara-te. Freud suggerisce che la chiave divolta della rivoluzione darwiniana sia

la “mortificazione dell’uomo”, cioèl’anti-antropocentrismo della sua teo-ria. È il secondo colpo inferto al narci-sismo dell’uomo, dopo la rivoluzionecopernicana che ha spodestato la ter-ra dal centro dell’universo (il terzo sa-rebbe portato dallo stesso Freud, di-mostrando che “non solo l’Io non è pa-drone in casa propria, ma deve fare af-fidamento su scarse notizie riguardo aquello che avviene inconsciamentenella sua psiche”). Certamente que-ste “mortificazioni dell’uomo” sonopassi essenziali nel processo di laiciz-zazione della cultura, perché sono al-trettanti allontanamenti di dio: comesi può credere, dopo Copernico e Dar-win, a un dio che veglia sull’uomo?Perché un dio eterno e infinito dovreb-be preoccuparsi di una palla di fangopersa nell’universo e delle insignifi-canti vicende d’uno dei tanti animaliche per un attimo la popolano?

Ma c’è un aspetto ancora più impor-tante ed “eversivo” della rivoluzionedarwiniana: l’antiprovvidenzialismo,inteso non tanto come irrilevanzadell’uomo nel senso appena visto,quanto come anti-teleologismo, cioèmancanza di un disegno, di uno sco-po, di un piano, di dio o della natura.Passare dalla “scala degli esseri” al“corallo della vita” non significa solospodestare l’uomo dal gradino più al-to, significa sostenere che non c’èuna direzione predeterminata nelprocesso evolutivo: quest’ultimo èun percorso in cui interviene larga-mente il caso, di cui si può dare unaspiegazione causale e meccanica aposteriori, ma in cui non emerge al-cun “progetto”. Si tratta forse dell’a-spetto meno intuitivo della teoria diDarwin.

Si confrontino le seguenti affermazio-ni, di Malthus e di Darwin. Malthus:“Sarei quindi propenso [...] a conside-rare il mondo e questa vita come unpossente processo divino, ma non permettere alla prova l’uomo, sebbeneper creare e formare la mente, pro-cesso necessario per risvegliare lospirito dalla materia caotica e inerte,per sublimare nell’anima la polveredella terra, per trarre una scintilla ete-rea dalla zolla di argilla”. Darwin:“Che libro potrebbe scrivere un Cap-pellano del Diavolo sul lavoro dellanatura, così maldestro, dispendioso,grossolanamente meschino e orribil-mente crudele!”. Come si vede, Mal-thus ha una posizione lontana dall’an-tropocentrismo (dio non mette allaprova l’uomo, non ha inventato a que-sto scopo la sofferenza e le ristrettez-ze che caratterizzano lo stato di natu-ra come le società umane), è parec-chio materialista (la mente è una tra-sformazione della materia!), ma èprovvidenzialista: c’è un fine, c’è undisegno nei processi naturali, questiultimi rappresentano il pazzesco gio-co di un dio che vuole trarre la mentedalla materia inerte pungolandola conla sofferenza. Questa è più di una con-cezione religiosa, è una teodicea, cioèuna giustificazione/assoluzione di dioper l’esistenza della sofferenza.

Ben diversamente Darwin: chi voglialeggere un progetto divino nella vi-cenda dell’evoluzione non ne ricaveràun “divino ingegnere genetico” dota-to di sapienza e bontà infinite, ma unbricoleur pasticcione e inutilmentecrudele. Nessun mangiapreti – e cer-to Darwin non lo era – ha mai dato uncontributo così definitivo alla laicizza-zione della cultura.

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SETTIMANA ANTICONCORDATARIA

rio, purificatore e di elevazione a dio.Dalla fervida abnegazione di madreTeresa nei confronti dei poveri e deimoribondi emerge un inquietantefanatismo ed un’esaltazione ideologi-ca che fa della sofferenza il terrenofertile su cui seminare l’idea che inun aldilà si possa realizzare una vitabeata. Ciò che scuote fortemente èapprendere che la suora di Calcuttaha omesso di curare i malati, attra-verso l’uso di farmaci che avrebberopotuto farli guarire o, tanto meno conla somministrazione di analgesici peralleviare loro il dolore. Prendendospunto dal “chiacchierato” testo, si èaffrontato il tema della sofferenzasecondo vari punti di vista: giuridico,medico, psicologico e religioso.

La Tavola rotonda, ha avuto iniziocon l’intervento del professore di So-ciologia del Diritto dell’Università diMilano-Bicocca, nonché presidentedella Consulta di Bioetica, ValerioPocar. Con la pacatezza e la sempli-cità esplicativa tipica dei grandi stu-diosi si è soffermato sul concetto disofferenza, intesa come dolore sia fi-sico che morale, legato all’umiliazio-ne e alla negazione dei diritti. Ha evi-denziato, allora, l’importanza deicompiti che una società civile deveattuare per eliminare gli ostacoli chesi frappongono al pieno svolgimentodella personalità degli individui, co-me previsto dalla nostra Costituzio-ne. Doverosa la sua puntualizzazionenel dire che non è corretto parlare diuna “concezione laica” del dolore, da-to che l’essenza stessa della laicità èil pluralismo. La sofferenza, infatti, èuna condizione propria di ciascun in-dividuo, con caratteristiche esclusi-vamente personali, il cui contenutonon può essere comunicato comple-tamente e in modo univoco. Ha af-fermato che è impossibile eliminareogni tipo di sofferenza, ma è certoche ogni individuo ha diritto a soffri-re il meno possibile. A tale propositoil professor Pocar ha chiamato in cau-sa la Poesia e l’Arte in generale che,da sempre, hanno contribuito ad alle-viare le angosce e i tormenti della vi-ta. Andando, però, oltre le persona-lissime soluzioni che ogni personapuò mettere in pratica per sopporta-re la sofferenza, è necessario che ta-le obiettivo sia perseguito dall’interacollettività.

Nessuno può provocare nell’altro unasofferenza, anzi ognuno deve adope-rarsi affinché le sue cause vengano ri-

mosse. Esiste, però, un tipo di soffe-renza, quella provocata nelle carceri(limitazione della libertà), che può es-sere legittimata solo se è a vantaggiodella collettività e quindi avere unsenso, ma la sofferenza di un malatonon può trovare alcuna giustificazio-ne rispetto all’interesse di qualcun al-tro. Ognuno dovrebbe assumere unatteggiamento altamente rispettosoal cospetto della tragicità dell’espe-rienza di un sofferente, mettendolo incondizione di poter scegliere il tratta-mento medico e psicologico più adat-to alla sua condizione e anche di potertroncare la sua vita. Pocar ha affronta-to brevemente la questione dell’euta-nasia come ultima possibilità di unmalato inguaribile per smettere di sof-frire.

Un altro chiaro e importante inter-vento, quello del dottor Giuseppe Casale, oncologo e direttore sanitariodell’ANTEA (www.anteahospice.org),ci ha messo di fronte alla cruda real-tà dei malati in fase avanzata, attra-verso il racconto di alcuni toccantiepisodi della sua carriera medica. Haposto in evidenza il fatto che moltimedici hanno grosse difficoltà, spes-so legate all’incompetenza, nel som-ministrare farmaci come la morfina equindi, per il timore di uccidere il pa-ziente evitano tale pratica, lasciando-lo inerme al cospetto di un indicibiledolore.

Lo scopo dell’associazione, invece, èquello di assistere – gratuitamente –a domicilio e nella struttura residen-ziale (hospice), questi malati, per le-nire al massimo la sofferenza fisica epsicologica delle persone coinvolte inmalattie neoplastiche, utilizzando cu-re palliative. Con il sostegno psicolo-gico di tutta l’équipe, rivolto anche aifamiliari del paziente, si cerca in tuttii modi di aiutare l’individuo a viveredignitosamente gli ultimi giorni, al-lontanando in lui il desiderio di cerca-re la morte prima del tempo. A taleproposito Casale ha riferito che, sulle6000 persone trattate con le cure pal-liative e con il sostegno psicologico,solo una ha richiesto di morire. Que-sto dato conta molto proprio perchérileva l’importanza di consentire aipazienti di svolgere tutte quelle atti-vità che rendono possibile una vita si-gnificativa. Ha precisato che su que-sta esperienza si dovrebbe rifletteredi più per dare una risposta concretaalla sofferenza in direzione della vitae non della morte.

A proposito di morte, ha discusso an-che di come, nella nostra epoca, essasia diventata un tabù, spogliata dellasua naturalità, della sua dimensionereale. Le efferatezze che siamo co-stretti a subire leggendo i giornali eassistendo a trasmissioni che spetta-colarizzano la morte ci portano, para-dossalmente, ad eluderla dai nostripensieri. Tale fuga provoca nella col-lettività l’illusione dell’immortalità,ma, nello stesso tempo ci rende iner-mi, emotivamente e razionalmente,quando si deve fare i conti con unamalattia inguaribile e quindi con lamorte imminente.

A conclusione è intervenuto lo scrit-tore Antonio Pascale, curatore deltesto, il cui intervento accorato elucido ha messo in evidenza l’assur-dità di elevare la sofferenza a regolamorale, “… non da scegliere, ma daaccettare per forza di cose”.

Nell’esporre le sue considerazioni,Pascale ha valorizzato la capacità e ilcoraggio di Hitchens nel portareavanti un’inchiesta scomoda e desti-nata a suscitare aspre critiche e con-danne, coraggio che spesso mancaai nostri giornalisti. Ciò risulta evi-dente dall’imponente avanzata dimolti programmi televisivi che esal-tano le imprese miracolistiche deisanti di turno e della caritatevolemissione di religiosi nelle zone piùdeprivate della Terra, senza porsiinterrogativi e dubbi.

Secondo il giovane e capace scrittore,la mancanza di capacità introspetti-va, lo scarto tra ciò che pensiamo eciò che facciamo e l’effettiva lonta-nanza dai veri problemi della soffe-renza, rischiano di tramutare una ma-teria così complessa in una problema-tica quasi irreale, la cui risoluzione èdemandata ad altri. In questa pro-spettiva, allora, la cosiddetta societàcivile, spesso non preparata in propo-sito, ripone grande stima nei religiosiche “gestiscono” tale sofferenza, sen-za intravedere il rischio che questa di-venti un sistema di costrizione, di po-tere e “… una pratica quotidiana (…)legata ad uno scopo ben preciso: por-tare il mendicante e la sua anima aDio”.

Lo spessore culturale e umano che èemerso da questo incontro ha sicura-mente arricchito tutti i presenti e perquesto ai tre relatori va tutto il nostroringraziamento.

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CONTRIBUTI

L’uomo, per vincere la paura di vive-re, ha inventato Dio. In seguito, perdistrarsi dall’angoscia, dall’ansia odalla noia di vivere, ha inventato la fa-miglia, i clan, le patrie, i partiti, losport, le associazioni, le arti, gli idea-li, gli hobby; e, correlati con le inven-zioni, ha scoperto vizi e perversioni.Ogni “invenzione” – esclusi vizi e per-versioni, che fanno parte della sferaintima individuale – è depositaria diuno o più cosiddetti “valori” colletti-vi, sui quali la nostra civiltà si è fino-ra fondata, e con i quali, ormai logoried a brandelli, essendosi rivelati dasempre come strumenti di divisione ed’odio, si avvia a dissolversi.

L’UAAR, benché collocata nell’areadelle associazioni, fa testo a sé per-ché può essere scelta soltanto in al-ternativa a Dio. Peraltro, al pari di chisceglie Dio, il socio dell’UAAR ha pie-na libertà di distrarsi, anche con pa-trie, partiti, hobby, ecc. L’UAAR hascelto come “valore” fondante l’impe-gno di opporsi a chiunque consideri il“pensiero” un esercizio inutile, o ad-dirittura blasfemo ed eversivo se ci siallontani da ciò che è stato già pensa-to e consacrato in statuti e scritture.L’UAAR, però, ha anch’essa un suostatuto, in virtù del quale non è daescludere che qualche “fondamenta-lista” possa sentirsi autorizzato a ne-gare il libero pensiero a coloro che perpaura o altro abbiano bisogno di Dio.

Bisogna, infatti, distinguere: tra biso-gno di Dio (che è come dire, per unnaufrago che non sa nuotare, la ne-cessità di aggrapparsi ad una ciam-bella di salvataggio) e l’uso di Dio (cheè come dire l’industria del naufragioprovocato o simulato al fine di incre-mentare la dipendenza dalle “ciam-belle” e il relativo noleggio). Pertan-to, la coerenza con il “valore” fondan-te dell’UAAR si dimostra, non irriden-do (tentazione che, com’è evidente,anche a me riesce molto difficile con-trollare) chi ricorre all’uso della “ciam-bella”; e neppure demolendo l’appa-rato produttivo delle ciambelle: ma in-segnando ai “ciambelladipendenti” anuotare, ovvero, ad affrontare la vitasenza aggrapparsi a un Dio, cioè aduna “ciambella”. Non è facile, ma perriuscirci la via maestra è seminare il

dubbio, onde stimolare l’uso della ra-gione. Dico il dubbio: non una certez-za antagonista a quella predicata dai“venditori di ciambelle”, che potreb-be legittimare il sospetto si aspiri aprenderne il posto.

Nell’editoriale del n. 2/2000 (22) de“L’Ateo”, il compianto Martino Riz-zotti e Giorgio Villella c’informano chenel movimento laico v’è chi tende ad“anteporre le proprie aspirazioni dipiccola egemonia agli interessi delmovimento laico nel suo complesso.”Vale a dire: ci mettono in guardia con-tro chi, presumendo di avere maggio-ri certezze, cerchi di usarle per con-quistare margini di potere, quale cheesso sia, mediante la competizione(uno degli hobby rifugio dalla noiadella vita) per prevalere prima all’in-terno dell’area di appartenenza e suc-cessivamente, potendo, anche all’e-sterno. Una tendenza antica e comu-ne a tutte le creature terrestri, pianteed insetti compresi; con una sola dif-ferenza: quel che le altre creature,guidate dall’istinto, fanno per neces-sità, noi, invece, guidati dall’intelli-genza, lo facciamo per hobby, per ar-roganza o per stupidità. La “parente-la” fra tutte le creature della terra, siapure con i dovuti distinguo, è univer-salmente accettata, tanto dai creden-ti quanto dai non credenti. Anche i di-stinguo sono pressoché uguali: gli unie gli altri pensano che ci distinguia-mo dalle altre creature terrestri pre-valentemente perché abbiamo un’in-telligenza superiore e creativa.

Sul piano pratico, infatti, tanto i cre-denti (sia pure confortati dalla lusin-ga dell’aldilà) quanto i non credenti cicomportiamo con la rassegnata con-sapevolezza che l’esistenza dell’ani-male uomo si esaurisca nelle funzionidi nascere, crescere, competere, ri-prodursi e morire, come accade a tut-te le altre creature terrestri. Vale a di-re: gli uni e gli altri diamo per sconta-to che l’uomo (sia stato creato da Dioo sia il prodotto di un processo biochi-mico della materia) non sarebbe altroche un anello di una inutile e incom-prensibile catena alimentare.

Il credente si consola ritenendo che suquesta terra è di passaggio, con il solo

arduo compito di saper scegliere tra ilsentiero che conduce alla beatitudineeterna del Paradiso e quello che portaalle pene eterne dell’Inferno. Il noncredente ritiene mostruoso (oltre cheridicoli i vari espedienti usati per di-mostrarne l’esistenza) un Dio il qualeci avrebbe creato, con il precipuo sco-po di farci giocare nello spazio di unavita, che è l’infinitesima parte di un at-timo rispetto all’eternità, il nostro fu-turo avvenire eterno; e giudica grotte-sco un gioco, terminato il quale si pos-sa finire tra le fiamme eterne di un ipo-tetico inferno (magari per colpa di unorgasmo non consentito) oppure (do-po un opportuno pentimento, anchese colpevoli delle peggiori e più igno-bili malefatte) ci si possa ritrovare conla coscienza candida e pulita, comeappena uscita dalla lavatrice, stesa adasciugarsi negli ipotetici verdi giardi-ni dell’Eden, dove gozzovigliano i ka-mikaze di Bin Laden con le loro indivi-duali dotazioni di vergini.

Ma s’è ridicolo, assurdo, mostruosoconcepire la vita secondo i dettamidelle varie religioni, non è convincen-te neppure credere che siamo nati sol-tanto per provare a noi stessi – in que-sto mondo dalle infinite meraviglie,contraddizioni e sorprese – se e comeriusciamo a cavarcela. Da agnosticorazionalista e raziocinante io pensoche l’uomo, tramite il quale la materiaha preso coscienza di sé, tradirebbemadre natura se si facesse addormen-tare dalle favole dei deisti, o dall’auto-compiacimento di atei e agnostici, or-gogliosi e paghi soltanto di riuscire astare a galla senza “ciambella”.

A me sembra che l’Umanità si stiacomportando come i passeggeri delTitanic: infatti, noi tutti, come queipasseggeri, presi dalla voglia di gode-re la vita nel modo che più ci aggra-da, prestiamo scarsa attenzione alperché della Terra, della sua rotta edi tutto ciò che la circonda. I “ricerca-tori” (pochi e finanziati male quelliche scrutano l’ignoto per fini non mer-cantili) non hanno legame alcuno conla massa dei “viaggiatori”, dai quali ilmassaggiatore o l’amante di un Ma-radona è conosciuto e stimato moltodi più di un Rubbia.

I dogmi, il dubbio, la ricercadi Pasquale Iacopino, [email protected]

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NOTIZIE

Associazione democraticaGiuditta Tavani Arquati di Roma (fondata il 9 febbraio 1887)

L’Associazione democratica GiudittaTavani Arquati fu fondata dai reducidella Repubblica Romana e dai pa-renti dei caduti trasformando un’an-tica “vendita” carbonara. Denomina-ta inizialmente “dei non elettori delV mandamento” (non elettori perchépoveri e perché repubblicani irriduci-bili) fu poi intitolata ad un’eroina tra-steverina che, incinta, fu uccisa il 25ottobre 1867, con il marito, il figliotredicenne ed altri tredici patrioti, inun assalto degli zuavi pontifici allacasa dove preparavano l’arrivo di Ga-ribaldi.

L’Associazione si propone per statu-to di difendere e promuovere la lai-cità dello Stato, la libertà di pensie-ro, l’uguaglianza dei diritti, la demo-crazia. Sciolta dal fascismo nel 1925,fu ricostituita dopo la guerra dai vec-chi soci, alcuni dei quali, discenden-ti diretti dei primi fondatori, aveva-no sentito dalla loro viva voce il rac-conto delle battaglie per la libertànello Stato Pontificio, e per la demo-crazia e l’uguaglianza nello Statounitario. Caratterizzata sempre daspirito popolare e libertario, ha man-tenuto vivo il legame con il Risorgi-mento delle insurrezioni di popolo econ la tradizione laica della libertàdi pensiero. Ha collocato il busto diGiuditta Tavani Arquati, e la lapidein sua memoria, in Via della Lunga-retta, nel luogo dell’eccidio; è statafra le associazioni che hanno innal-zato il monumento a Giordano Bru-no a Campo de’ Fiori; ha apposto aPiazza del Popolo la lapide a Targhi-ni e Montanari, ghigliottinati nel1825 ed è stata fra le promotrici delmonumento a Roma ad Angelo Bru-netti detto Ciceruacchio. È proprie-taria del più antico cinerario al cimi-tero del Verano.

Ogni anno, il 9 febbraio, celebra alGianicolo la proclamazione della Re-pubblica Romana; il 25 ottobre ricor-da la morte di Giuditta, di suo marito,di suo figlio e dei loro compagni, conuna cerimonia a Via della Lungaretta,animata dalla partecipazione attivadelle scuole di Trastevere.

(Per mettersi in contatto con l’asso-ciazione: sede, Via degli Scialoja 18,00196 Roma, Tel/Fax: 06 3611337; op-

pure, Sandro Masini, Tel/Fax: 0763710036; Cell. 339 4636027).

Sandro [email protected]

La morte di Giorgio Gaber

Il 1° gennaio 2003 muore Giorgio Ga-ber, un uomo libero, refrattario a qual-siasi conformismo e ipocrisia, un uo-mo che ha saputo parlare dell’indivi-duo in modo rivoluzionario, metten-dolo di fronte a se stesso e alle pro-prie responsabilità. Comprensibile lacommozione degli affezionati, di colo-ro che avevano saputo apprezzare lasferzante ironia dei suoi testi (e di Lu-porini). Stucchevole, invece, l’atteg-giamento di chi ha intessuto lodi edelogi dopo la sua scomparsa, quandoin vita lo aveva osteggiato e perfinocensurato. Per ricordarlo, riporto qual-che strofa da tre canzoni.

La prima è La Chiesa si rinnova, trat-ta dal CD E pensare che c’era il pen-siero: “Il mondo ha fretta continua acambiare / chi vuol restare a galla sideve aggiornare. / Anche la chiesache sembra non si muova / ogni tan-to ci ripensa e ne inventa una nuova./ E dimostrando un notevole tempi-smo / ha già tirato fuori un nuovo ca-techismo.(…) / Dove il senso di giusti-zia è ancora più forte / e talvolta è an-che gradita la pena di morte. (...) / Rit.E la chiesa si rinnova per la nuova so-cietà / e la chiesa si rinnova per sal-var l’umanità. / (…) E adesso se di-vorzi ti puoi anche risposare / a pattoche stai buono e non ti metti a scopa-re. / Ma il nuovo sacramento per es-sere senza macchia / va fatto di na-scosto e in un’altra parrocchia. (…) /E piuttosto che far uso dei preserva-tivi / è meglio diventare tutti sieropo-sitivi. / D’altronde per la chiesa l’idea-le è l’astinenza / che è un po’ comel’invito all’autosufficienza. / Da Romail Santo Padre ci invia il suo messag-gio / è lì ogni domenica a parte quan-do è in viaggio. / Lui voleva andare inBosnia l’aveva stra-annunciato / maall’ultimo momento c’ha un po’ ripen-sato. / Perché l’uomo è santo e pio maè anche molto scaltro / lui lo sa chemorto un Papa se ne fa subito un al-tro. / E adesso ha scritto un libro cheè già un grosso evento / sarà ancheun po’ acciaccato ma non sta fermoun momento. / Anche se i traffici lo-schi della Santa Sede / sono parte in-tegrante dei misteri della fede”.

Più incisive e meno ironiche le paroledei versi della canzone Una razza inestinzione, tratta dal CD La mia gene-razione ha perso: “… vedo anche unaChiesa / che incalza più che mai, / iovorrei che sprofondasse / con tutti iPapi e i Giubilei”.

Non dimentichiamo, inoltre, Il poteredei più buoni, tratta dallo stesso CD,che mette a nudo la speculazione politico-religiosa sulla sofferenza esulle tragedie umane: “… penso allenuove povertà / che danno molta vi-sibilità / penso che è bello sentirsibuoni / usando i soldi degli italiani. /È il potere dei più buoni / costruitosulle tragedie e sulle frustrazioni …”.

Sono consapevole dell’impossibilità diingabbiare e di limitare il pensiero diGaber. Il cantautore non ha risparmia-to quasi nessuno con le sue critiche,ma è innegabile che la sua capacitàdi reagire alle insensatezze, agli ste-reotipi e al pensiero massificato daqualsivoglia ideologia, debba essereevidenziata.

Rosalba Sgroia, [email protected]

Radici storiche in pratica

Nel 1861 viene proclamato il Regnod’Italia. Laico, per quei tempi. Già nel1850 con le leggi Siccardi si eranosoppressi i privilegi fino ad allora go-duti dalla Chiesa nel Regno di Sarde-gna. Nel 1870, il 20 settembre, letruppe pontificie si arrendono; il 2 ot-tobre il plebiscito decide l’annessio-ne di Roma e del Lazio al Regno d’I-talia, ponendo fine al potere tempo-rale del Papa.

Nel 1921 sale al potere Mussolini edinizia l’era fascista; subito cominciaun avvicinamento del governo al Pa-pa che culmina col Primo Concorda-to del 1929, dove si legge: L’Italiaconsidera fondamento e coronamen-to dell’istruzione pubblica l’insegna-mento della dottrina cristiana secon-do la forma ricevuta dalla tradizionecattolica ...

Nel 1948 viene proclamata la Repub-blica con una nuova Costituzione for-malmente laica, che però con l’arti-colo 7 incamera il Concordato nellaCostituzione stessa. Continua il regi-me clericale. Continua la religione diStato.

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Poiché questa forma di clericalismo ètroppo palesemente in contrasto conla laicità della Costituzione, nel 1984si firma, di comune accordo, un nuo-vo Concordato dove, oltre ad abolirela dizione “religione” di Stato, al se-condo comma dell’articolo 9, apparela formula magica: “La repubblica ita-liana – riconoscendo il valore dellacultura religiosa e tenendo conto chei principi del cattolicesimo fanno par-te del patrimonio storico del popoloitaliano – continuerà ad assicurare,nel quadro delle finalità della scuola,l’insegnamento della religione catto-lica nelle scuole pubbliche, non uni-versitarie, di ogni ordine e grado”. ...

Continua il regime clericale; oggi sia-mo arrivati ad 80 anni consecutivi diclericalismo.

Con questo piccolo innocuo inciso (tradue linette) che la chiesa sfrutta ma-gistralmente, continua a tutt’oggi ilregime clericale cominciato 80 anni fa.Adesso non rimane che metterlo nel-la Costituzione europea e l’Italia saràfregata ancora per decenni. Gli altriStati nordici no, tanto loro sono laici esecolarizzati anche se hanno Costitu-zioni che con la religione di Stato noinon abbiamo più.

Giorgio Villella, [email protected]

La Chiesa cattolicapotrebbe perdere il diritto di officiare matrimoni in SveziaSvezia. La ministra socialdemocratica“per la democrazia e l’integrazione”Mona Sahlin, è stata accusata di “in-tolleranza religiosa” da parlamentariDemocristiani per aver osato propor-re di negare il diritto di ufficiare ma-trimoni legalmente riconosciuti allecomunità religiose che non accettinola legge sulle unioni civili (che preve-de, tra l’altro, la possibilità di unirsilegalmente per le coppie omosessua-li). Esemplare la replica della Sahlin:

“Continuo a prendermi la libertà divedere anche omosessuali che si ama-no, sono profondamente religiosi eprovano grande dolore perché nonpossono confermare il loro amore da-vanti al Dio in cui credono. Ritengoche sia un importante elemento di di-battito sul diritto inalienabile dell’in-dividuo a vivere una vita completa edignitosa”.

Se la proposta della Sahlin dovessemai diventare legge, significherebbeche le comunità religiose dichiarate-mente contrarie alla legge sulle unio-ni gay perderebbero il diritto di offi-ciare matrimoni legalmente ricono-sciuti: prima fra tutte, naturalmente,la Chiesa Cattolica.

Scontato il plauso della RFSL, l’asso-ciazione lgbt nazionale del regno diSvezia (10 novembre 2002, dal sitoweb della RFSL www.rfsl.se).

Lorenzo Lozzi [email protected]

Qualche notizia dall’Europa

* Nelle scuole del cantone di Zurigo(Svizzera tedesca), il 50% degli stu-denti delle scuole medio-superiori ri-nuncia all’ora di religione, medianterichiesta scritta firmata dai genitori.(Dato fornito dal ministro della Pub-blica Istruzione, on. Buschor di Zuri-go, su “Tages Anzeiger” del 19 mag-gio 2001).

* Giuramento ateo dei ministri tede-schi. Nel giuramento dei ministri delgoverno Schroeder del 27 ottobre1998, otto dei quindici ministri, pari al54%, rifiutarono ed omisero il supple-mento religioso “... che Dio mi aiuti”della formula di giuramento. Alle ri-mostranze dei cattolici essi risposero:“Perché dovrebbe Dio aiutarmi sol-

tanto ora? – Dio non mi ha aiutato l’in-tero anno”. Questa pratica si è ripe-tuta nel giuramento del medesimoSchroeder dell’ottobre 2002. [Dati ri-portati da: K. Hofmaister e L. Baue-rochse (cur.): Die Zukunft der Reli-gion, Wuerzburg, Echter, 1999, pag.96 (in it., K. Hofmeister: Il futuro dellareligione)]. Quando anche i ministridel governo italiano rinunceranno al“supplemento religioso” della formu-la di giuramento? Portano spesso co-me modello “i paesi europei”, ma per-ché non cominciano essi per primi al-meno ad imitarli?

* I frequentatori della messa domeni-cale in tutta la Germania, nell’anno1998, erano il 17,1% non fra tutta lapopolazione tedesca, nel qual caso lapercentuale sarebbe molto più bassae alterata, ma fra tutti i cattolici. [Fon-te: Conferenza episcopale tedesca, ri-portata dal settimanale Der Spiegel,52/2001, <http://www.spiegel.de>].

* La chiesa in Svizzera. La maggio-ranza degli svizzeri e delle svizzeresi distacca sempre più dalla chiesa enon si aspetta più da essa né presta-zioni sociali né cultuali. Questoemerge da un sondaggio d’opinionesvolto dall’istituto demoscopico GfS,e pubblicato nel quotidiano “TagesAnzeiger” di Zurigo del 30.03.2002.Circa il 70% degli svizzeri non siaspetta nulla dalla Chiesa. Questodato è molto sorprendente, perchésolo quattro anni fa, nel 1998, inun’altra indagine di opinione, questogruppo si attestava intorno al 50%.In particolare il 52% non si aspettanulla dalla chiesa, il 21% non harisposto. Fra i 27% che ancora hannodelle aspettative, solo l’8% assegnaimportanza al compito primario dellachiesa, cioè la cura delle anime.Questo dato correla con quello di unsondaggio di opinione svolto in Italiadal Messaggero, in data 26.10.2002,secondo il quale gli italiani che anco-ra si rivolgono a sacerdoti per consu-lenza sono soltanto il 9%. Questidati molti affini, rilevati in Svizzera,Germania e Italia confermano la tesisvolta da Prini nel suo libro “Lo sci-sma sommerso”, 1999 e da altriespressa con le formule “distaccosilenzioso”, “abbandono discreto”,“indifferenza religiosa”. Di fronte aqueste frane i teologi italiani conti-nuano a sostenere che il cristianesi-mo “tiene”.

(F.B.)

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NOTIZIE

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Lombardia

Dal Circolo di Milano

Sabato 8 febbraio 2003 si è tenutapresso la Libreria Babele, situata a Mi-lano in posizione centralissima, la con-ferenza sul tema: “Evoluzionismo, unviaggio nella conoscenza”. Relatricela genetista Inge Rasmussen. Nell’in-trodurre la conferenza avevo sottoli-neato l’importanza, da parte nostra, inquanto “razionalisti”, di celebrareDarwin attribuendogli il merito d’averrivoluzionato la filosofia alla base del-la nostra cultura d’origine ebraico-cristiana, dando valore all’osservazio-ne scientifica e privilegiando la razio-nalità come strumento di comprensio-ne del reale. Avevo aggiunto che Dar-win sapeva che avrebbe scatenatoreazioni ostili, “mettendo in movimen-to la specie, come Galileo aveva mes-so in movimento gli astri”, soprattut-to perché la sua teoria va contro ognivisione provvidenzialista della storia,contro l’idea di un “creatore”, control’idea di un progetto, di una finalitàtrascendentale. E avevo aggiunto che,dopo tanti anni, le ostilità non sonocessate: sembra impossibile crederlo,ma l’evoluzionismo è proibito in alcu-ne scuole americane ... (Non immagi-navo che, dopo pochi giorni e proprioa Milano, sarebbe successo di peggio:un convegno antievoluzionista, pro-mosso da Alleanza Studentesca insie-me ad alcuni esponenti di AN, con l’in-tento di bandire l’evoluzionismo dallescuole italiane, sostituendolo con unasedicente “Scienza creazionista”!).

Nel titolo dato a quest’incontro siamoricorsi alla metafora del viaggio, maper Darwin si trattò di un viaggio ef-fettivo, durato 5 anni. Ed è a questoviaggio che la Prof.ssa Rasmussen siè riferita per la sua relazione, utiliz-zando proiezioni che visualizzavano ilsuo discorso in modo suggestivo: im-magini del brigantino “Beagle”, lecarte geografiche con la rotta, varierappresentazioni di Darwin stesso,frasi significative del suo Diario, perricostruire, attraverso le sue osserva-zioni, l’elaborazione di quella teoriache è diventata la struttura portantedi una lettura scientifica dei fatti del-la vita. Ringraziamo la Prof.ssa Ra-smussen per la sua interessanteesposizione, alla fine della quale ci so-no stati numerosi e vivaci interventida parte del pubblico.

Mitti Binda, [email protected]

Toscana

Dal Circolo di Firenze

Il 19 gennaio, in occasione della pri-ma riunione del 2003, il Circolo fioren-tino si è riunito per procedere all’ele-zione delle cariche per l’anno in cor-so, per l’approvazione del bilancio2002 e per ascoltare il segretario na-zionale dell’UAAR, Giorgio Villella, inrelazione alle attività esterne dellanostra associazione. Le cariche sonostate riconfermate a maggioranza: co-ordinatore Baldo Conti e cassiere Pa-trizio Coralli, ed il bilancio approvato.

Lievi scricchiolii, sbandate, oscillazio-ni e una piccola perdita d’equilibrionel circolo UAAR di Firenze, hannocostretto Giorgio Villella a scenderegiù dalle lande venete per metter top-pe e dar spiegazioni. Già, perché gliuaarini fiorentini – un po’ come in tut-to il resto dello Stivale – con l’iniziodell’anno nuovo hanno cominciato adiscutere animatamente sulla posizio-ne politica dell’organizzazione. C’eraalle porte la manifestazione per la pa-ce di Roma (15 febbraio). E l’argo-mento USA-Iraq teneva banco comemai prima. Ovviamente la componen-te anarchico-pacifista dell’UAAR fio-rentina spingeva per una partecipa-zione dell’associazione alle protestedi quei giorni. C’è voluto Giorgio Vil-lella per riportare equilibrio fra le po-sizioni in campo. E sembra che ci siariuscito. Come largamente discussoanche in lista [ateismo], il segretarionazionale ha nuovamente argomenta-to le posizioni politiche – o, per me-glio dire, “non-politiche” – dell’UAAR.Dovendo faticare non poco per spie-gare come “ateismo” e “pacifismo” o

“ateismo” e “appartenenza alle forzedi sinistra” siano tutt’altro che sino-nimi. “Siamo contrari, e quindi mani-festiamo quando ce ne viene datal’occasione, a tutte le guerre di reli-gione – ha commentato Giorgio Villel-la – ma non possiamo, come UAAR,schierarci da una o da un’altra partedello scacchiere politico italiano; enon possiamo partecipare ad iniziati-ve che non hanno nulla a che fare conil tema delle religioni e dell’ateismo”.Anche se le divisioni politiche e le di-verse opinioni in merito all’argomen-to rimangono inalterate, il Circolo fio-rentino ha ascoltato, discusso, litiga-to, e infine compreso le motivazionidel segretario. Restando “intatto” co-me invece non è avvenuto a Roma.Una bella spaghettata ha contribuitonon poco a riportare pace e serenitàfra le diverse anime del Circolo.

Edoardo [email protected]

Lutto a Firenze

Mentre andiamo in stampa, appren-diamo che ieri sera (domenica 2 mar-zo 2003) è improvvisamente decedu-to l’amico ed antropologo Prof. FabioCeccarelli, simpatizzante dell’UAAR,e prezioso ed esemplare conferenzie-re del nostro Circolo.

Baldo Conti, [email protected]

Tracce per un’indaginenell’immaginario cristiano

L’Europa è, in buona sostanza, fruttodi un testo sacro. Solo alla fine del XIXsecolo, dal cuore del continente, l’es-senza di quel testo è stata indicatacome oppiaceo. Dio era morto … Dob-biamo ancora saldare il conto. Al di làdelle più diverse valutazioni di meri-to, la derivata del testo (i “cristiane-simi”), (of)fende e connota gli ultimiventi secoli della storia umana, sia di-rettamente (dall’intreccio con il mon-do romano al ruolo internazionale delVaticano nel ‘900), sia “indirettamen-te” (la distruzione fisica dell’alterità:il genocidio e, quella culturale: l’etno-cidio). Quel testo è Il nuovo testamen-to e di esso l’anima è l’Evangelo.

La discussione sulla “storicità” dell’e-vangelion cristiano è, fatta esclusioneper le volgarità pontificie prigionieredi loro stesse (cfr. Mc 10,45; Mt 20,28;Lc 19,10), un terreno complesso e sci-voloso, proprio in quanto vasto e den-

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samente popolato sul piano storiogra-fico. Per di più esso è paludoso in con-seguenza dei tratti esplicitamentemetafisici dei richiami teologici che glifanno da sfondo. Un tale aspetto con-sente il confronto, almeno ad un livel-lo teorico, con quegli elementi sfug-genti presenti anche nella ricerca sto-rica basata su fonti e documenti “di-retti”, laddove si presenta il proble-ma dell’interpretazione e della rap-presentazione. Labirintica è la que-stione: la fonte è una rappresentazio-ne da cui trarre una rappresentazio-ne. Oggetto della prima parte dei duedocumenti (Luca e Matteo) è la nasci-ta/avvento di un soggetto (Gesù) cuisi attribuisce un potere costituente(com’è universalmente noto Marco eGiovanni non ne fanno cenno, parten-do entrambi dall’incontro col Batti-sta).

Secondo le più recenti ricerche Marcorisulta essere il più antico dei quattroevangeli, fermo restando che il docu-mento scritto diretto e primigenio so-no alcune delle Lettere di S. Paolo. Al-cuni ipotizzano l’esistenza, di cui nonv’è traccia, di un ur-vangelo cui avreb-bero attinto Luca e Matteo. MentreGiovanni (il più “recente”) è da alcu-ni collocato all’inizio del II secolo. Nel-la trascrizione delle fonti orali si èdunque registrata la narrazione dellanascita. A parte la complicata que-stione dei cosiddetti “apocrifi”, si po-ne, come questione di grande interes-se storico, la domanda sul perché duedocumenti su quattro insistono sul-l’avvento del re dei Giudei, trascuran-done, eccezion fatta per l’episodio deldodicenne “messia” nel Tempio, la vi-ta fino all’incontro coll’eretico Battez-zatore (riconnettendosi con Marco eGiovanni).

La scrittura del documento, per formae contenuti, è strutturata allo scopodi rendere autoevidente la necessitàe l’ineluttabilità degli eventi descritti,all’interno di un quadro di poteri pree-sistente. Il soggetto (cfr. Mt 1,1-17; Lc3,23-38) è presentato attraverso unagenealogia patrilineare (notoriamen-te discordante) che gli conferisce au-torità dinastica in seno ad una identi-tà a carattere decisamente nazionale.Questo aspetto, al centro di millena-rie controversie, è da ritenere decisi-vo per lo sviluppo successivo del di-scorso. Non importa più, per questometodo d’analisi, come spiegare quel-la che opportunamente è stata defini-ta “schizofrenia teologica”: se il neo-

nato è figlio “vero” di Giuseppe o so-lo “putativo”, ché altrimenti franereb-be il “concepimento verginale”. Men-te dunque la genealogia o la fiaba del-lo Spirito Santo? Piuttosto dobbiamodomandarci: a quale strategia si fa ri-ferimento quando si scrivono le ge-nealogie e la nascita miracolosa? Ilproblema dell’uniformità teologica deltesto è una questione relativa al man-tenimento del potere della chiesa, cheagisce per secoli costruendo un puz-zle narratologico, e ha tutto l’interes-se a ridurre la complessità del testo edelle strategie culturali, sociali, reli-giose e politiche ad esso sottese edintrecciate. Qui l’approccio ermeneu-tico, uno tra i tanti possibili, è attiva-to nel tentativo di svelare una partedi quello che altri poteri hanno coper-to e solidificato, attraverso i secoli,con la polvere dell’ideologia e lo stuc-co della fede. Si vorrebbe anche mo-strare come questa parte d’immagi-nario occidentale torna a prender for-ma in diversi momenti, quando un po-tere costituente abbisogna di affabu-lazioni metastoriche o metanarrative,per autorappresentarsi con un valoreaggiunto in vista di un conflitto, teo-rico o meno (si guardi ad esempio To-ni Negri – Impero – nei richiami adAgostino e Francesco d’Assisi).

La nascita del nostro soggetto, il“bambino Gesù”, è preceduta da unannuncio che la qualifica come prodi-giosa. Ciascuno di noi ha ben presen-te, così come vuole santa romanachiesa, la successione degli eventi eil loro significato. Vediamo dunque,attraverso l’esempio che segue, qua-le possibile forma assuma una dellefiliere dell’immaginario giudaico/cri-stiano: quella relativa al messianismoe alle sue propagazioni mitico simbo-liche. Al fine di costruire un potere, lastrategia adottata in questo caso è,indipendentemente dalle forme note,il rimando all’immaginario consolida-to con la specifica della novità del ca-so (buona novella nell’attesa messia-nica); in un certo senso: continuitànella tradizione ma predisposizione almutamento.

Scrive un delfino, Rudolf Hess, in unalettera del 1927: “Il grande leader po-polare è simile al grande fondatore diuna religione: deve comunicare a chilo ascolta una fede apocalittica. Soloallora la massa dei seguaci potrà es-sere condotta là dove deve esserecondotta”. Tutto il lavoro del libro diKershaw Il mito di Hitler, da cui è trat-

to il brano, è ottimamente centratonel senso ermeneutico qui descritto(cfr. p. 39), come anche in G. Mosse,L’uomo e le masse.

Scriveva egli stesso, nel Mein kampf,a proposito della sua “nascita”: (pp.9-10): “Senza una fede contenuta en-tro certi limiti, la religiosità imprecisae multiforme, non solo non avrebbevalore per la vita umana, ma porte-rebbe, quasi sicuramente al caos ge-nerale. Ciò che accade al concetto re-ligioso accade anche per il concettonazionale.” (p. 9) e dunque ecco chistabilisce il controllo di questa fede,ecco la forma nazista del potere costi-tuente: “È necessario che dalla mas-sa di milioni di uomini […] emerga unuomo. Tale uomo dovrà, con vigore in-contestabile, assieme alle fluttuantiidee della grande massa formare prin-cipi ferrei e guidare la lotta per at-tuarli […] finché si alzi la rupe bron-zea di un’unità di fede e volontà”.

Un “involontario”, quanto ignoto,evangelista dei giorni nostri scrive(Una storia italiana, marzo 2001, p. 6):“Dal padre Luigi, milanese tutto d’unpezzo, di stampo antico, Silvio acqui-sisce il senso del dovere, l’amore peril lavoro, la capacità di sacrificio, il ri-spetto per la parola data […] l’infan-zia del futuro Presidente è segnatadalla guerra”. La Storia dell’annunciomessianico è preceduta da un richia-mo all’identità (anche qui evidenziatala discendenza patrilineare) etnica(Milano, la Betlemme italiana capita-le della Padania) per accentuare il ca-rattere di razza (ri)costituente dellanazione corrotta (ancora Roma). Poil’irruzione della violenza e la comuni-cazione (8 settembre 1943) della ne-cessità della fuga (in Svizzera piutto-sto che in Egitto) per la salvezza delbambino predestinato. Ecco le sueparole: “I tedeschi avevano iniziato lacaccia al soldato italiano … [mio pa-dre] fece la scelta giusta. Salvò la suavita e il futuro di tutti noi”. Il richia-mo al futuro ha un evidente caratteredi predestinazione. Proseguendo lalettura si direbbe che il telos del pic-colo, più che a sterili rupi bronzee,guardasse già ad un più redditizioponte tra Reggio e Messina. A p. 17c’è anche un “miracolo di guarigione”raccontato ad un pubblico di alcoliz-zati e tossicomani a scopo taumatur-gico (M. Bloch) e in un riquadro com-paiono anche i Magi: “Secondo glistudiosi delle stelle il suo destino eragià tutto scritto nel firmamento”.

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DALLE REGIONI

In un contesto antico, la fondazionedel potere interviene anche sulla na-tura “miracolosa” della sua origine(si pensi allo stesso Romolo: infanziamitica, fondazione e ascensione alcielo). La sospensione delle regole(parti virginali, stelle comete, ecc.)istituisce l’eccezione e la condizionedello stato d’emergenza per il poterevigente. Dunque una crisi della so-

vranità. La narrazione presenta, perdirla con parole semplici, la necessitàin quel tempo e in quello spazio del-l’evento raccontato, sia esso la nasci-ta di Mosè, sia l’ingresso sulla scenadi Hitler, sia la discesa in campo delpresidente del Milan. Una traccia d’a-nalisi in questa direzione ci portereb-be molto oltre i limiti dello spazioconcesso, lasciamo perciò al lettore,

se vorrà, di seguire nel suo immagi-nario le orme qui vagamente tratteg-giate.

(Riassunto della conferenza tenutadal Prof. Carlo M. Pauer, al CircoloUAAR di Firenze, il 29 gennaio 2003).

Carlo M. [email protected]

RECENSIONI

� ROBERTO VEROLINI, Il Dio laico: caose libertà, Ed. Armando, Roma 1999,pagine 268, € 15,00.

Ecco uno studio scientifico sulla cul-tura nel passaggio dalla scimmia al-l’ominide e all’Homo sapiens; argo-mentando si propone un’originaleclassificazione delle religioni, si parladei modelli culturali sottesi, delle con-dizioni socioeconomiche e della per-sonalità. Per descrivere la prima reli-gione si attinge da fisiologia, neuro-scienze, etologia, filosofia, psicologia,e dai recenti sviluppi in antropologia,etno-paleontologia, biologia, e gene-tica. È bene essere scientificamentescettici, ma lo permettono sia il lin-guaggio (confutabile e senza troppiassunti) che il tipo di fonti utilizzate(206 riferimenti canonici tra cui 28 di“Le Scienze”). Il rigore si nota nel de-dicare un lungo spazio alla collocazio-ne cronologica dell’origine delle reli-gioni in base a riscontri di paleofone-tica e paleoanatomia. Un’indaginesulle religioni è utile perché gli effettidiretti delle costruzioni culturali sonoforti, ma più forti sono quelli indirettidi ogni visione della vita, soprattuttose questa non è contestualizzata.

Le religioni sono emerse dal momen-to in cui gli ominidi ebbero capacitàcognitive tali da poter pensare a con-cetti come “la morte”. Si sostiene –con molta prudenza – l’ipotesi di DeMarchi per cui lo shock che ne derivòportò alla costruzione di concetti co-me “vita ultraterrena”. Tale primaelaborazione non richiedeva i baroc-chi orpelli delle religioni moderne, edil solo diffondere questa idea ... PerVerolini il contenuto primario delle re-ligioni è uno: “la credenza [in una vi-ta …] d’oltretomba” che chiama “reli-gione minimale”, a-teologica; e solo

dopo certi mutamenti socioeconomicivenne “inserita” una divinità. L’ipo-tesi originale si annuncia leggendo“Ed ecco un aspetto decisivo, sinoraassolutamente ignorato [...] Le primeesperienze religiose [...] sorsero in uncontesto socioculturale già considere-vole e, importante, strutturato etica-mente”. Il modello religioso è funzio-nale alla risoluzione di problemi cul-turali contingenti, e i problemi degliuomini del neolitico erano diversi daquelli d’oggi.

Tra “razionalismo” e “fede” si propo-ne una terza opzione: “Nella culturaoccidentale è in atto da secoli un ac-ceso scontro filosofico tra ateismo eteismo […] Si definisce così […] l’esi-stenza di un inedito “terzo polo” filo-sofico in cui molte istanze del pensie-ro laico […] vengono armonicamentecomposte” per una concezione del sa-cro più plausibile. La terza via è pro-posta con un paradigma “distinto daquelli classici […] ove poi eventual-mente collocare, ma questa volta se-condo modalità inedite, la valenzaesperienziale e culturale forse piùprofonda ed universale dell’universoUomo: il sacro. Ma attenzione: un sa-cro laico”. Il nocciolo.

L’ipotesi è originale e rivoluzionaria:si prende posizione proponendo tra lereligioni preistoriche (“teoetotomie”)e quelle storiche una dicotomia, unadifferenza qualitativa, un salto irre-versibile. L’autore colloca cronologi-camente il tagliente spartiacque e lodefinisce “una vera e propria muta-zione culturale”. Le differenze tra ledue religioni sono già note, ma Vero-lini le pone in un contrasto inconcilia-bile: quando e dove la seconda moda-lità emerse essa cancellò del tutto laprima. Due culture, due modelli reli-

giosi, due tipi di società e di persone:tracciare un solco netto ha forti impli-cazioni e sarà utile rileggere di scien-ze umane.

L’autore critica Marx e Freud, ma piùinteressante è la rilettura (o la lettu-ra?) scientifica del libro della Genesi:i fatti mitici narrati nei libri sacri sonocollocati cronologicamente, storica-mente e culturalmente. Verolini scri-ve di narrazioni mitiche, del diluviouniversale, della caduta dell’uomo dalparadiso terrestre, del “peccato origi-nale”, e delle implicazioni filosoficheconseguenti. La carne al fuoco è mol-ta e appetitosa, con spiegazioni deifatti preistorici oltre la cortina fumo-gena del mito.

Si usa la psicologia di Freud, ma essaha avuto poco successo. Questo limi-te è reso esplicito: “L’approccio me-ramente speculativo e sistematico,fondato sull’analisi introspettiva, con-dotto da Freud [...] appare in certiaspetti datato [...]”, ma lui sceglie diproseguire con tale metodo e ciò èmolto problematico anche se ne criti-ca i contenuti. È utile sapere di scien-ze umane e leggere con delle grossee scettiche pinze. Per i temi trattati(effetti della morte di una personaamata) è più pertinente la psicologiadi Bowlby, i filoni dell’etologia, e del-l’attaccamento a figure significative,che hanno portato a discrete rivolu-zioni.

La scrittura inizialmente è un po’ ru-vida, la struttura non è proprio da li-bro scientifico, ma quasi da narrativa,come un giallo; questo può nasconde-re definizioni e concetti, e le ipotesicentrali da quelle di contorno, ma ren-de al lettore il pathos e il calore uma-no necessari. Ecco un mezzo per co-

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noscere la nostra storia e il nostroaspetto più peculiare: la cultura,usando la scienza “normale”. Le os-servazioni appaiono plausibili e le ipo-tesi coerenti con i dati usati, ma sul-l’ipotesi-dicotomia principale è diffici-le pronunciarsi. A prescindere da ipo-tesi e teorie già il metodo, le descri-zioni, la mole e l’autorevolezza dellefonti, e il senso critico usato, fannodello studio un valido strumento diconoscenza, utile per approfondire larelatività delle religioni e per avven-turarsi in un viaggio umano.

Massimo D’[email protected]

� ALDO BUSI, Manuale del perfettosingle, Mondadori, Milano 2002, pagi-ne 252, € 12,60.

Sferzante, anzi spietato nel suo ulti-mo libro “Manuale del perfetto sin-gle”, lo scrittore che si autodefinisce“anticlericale duro e puro”. Aldo Bu-si, con il suo linguaggio pungente, in-cisivo e nello stesso tempo carico diun fascino poetico originalissimo, de-nuncia lo squallore del “senso comu-ne” che stigmatizza crudamente il“single”. L’autore scaglia critiche de-cise contro tutti i “dogmi universali-stici” che identificano – a torto – nellafamiglia l’unica e rispettabile celluladella società (non civile, per lui, maper delinquere!), dimenticando o nonammettendo che la vera cellula di unasocietà civile è solo “l’individuo retto,probo, coscienzioso, che pone limiteal suo egoismo e al suo istinto preda-torio, uno che (…) col suo lavoro e lasua serietà coopera alla crescita e al-lo sviluppo della giustizia in tutti isuoi aspetti distributivi delle risorseesistenti di coltura e di cultura e chese sbaglia paga, e doppiamente pagaperché non difeso da alcun sistema diappartenenza familiare …”. Busi sot-tolinea con forza che il significato del-la parola single non deve essere con-finato nelle anguste “stanze” dellasolitudine, bensì deve spaziare in unimmenso campo in cui l’individuo, dasolo e non solo, deve essere in gradodi sorreggersi autonomamente, “sen-za troppi sforzi di equilibrismo psichi-co, erotico e sociale”, soprattutto li-bero da assurdi vittimismi e da condi-zionamenti valoriali di stampo cleri-cale e scevro dalla vergogna che glisi vorrebbe addossare per il suo sta-tus.

Il ciclone di arguti pensieri, opinioni econvinzioni colpisce l’eterosessualitàcome norma e la “spoglia” di quellaluce eterna e santificata, consideran-do la relazione tra uomo e donna soloun “escamotage” per mantenere vivala specie; per il resto è solo una forza-tura, una “tortura contronatura”. “…Quando ci si renderà conto che la re-lazione tra uomo e donna è la più in-naturale delle invenzioni antropologi-che, salterà tutto il sistema fin qui vi-gente: scienza, religione, finanza, po-litica e tutti gli altri falpalà del siste-mino chiamato normalità e valori”.Questi e non solo i temi: sfumature digiustizia, ecologia, economia, politica,religione, sessualità (esaltazione deldesiderio e non del bisogno, della con-suetudine), matrimonio, dipingono edescrivono il panorama concettuale diBusi, colpendo il lettore in tutti i sen-si, accendendo sapientemente curio-sità e senso dell’humor. Un duro col-po ai “ benpensanti”, ai conformisti,agli ipocriti, ai seguaci di fedi e con-suetudini che inabissano il pensierocritico e l’effettivo rispetto per le per-sone e per se stessi … ma forse, que-sto libro è, a mio avviso, qualcosa dipiù: un manuale del perfetto demo-cratico.

Rosalba Sgroia, [email protected]

� KARLHEINZ DESCHNER & HORST HERR-MANN, Anticatechismo: 200 ragionicontro le Chiese e a favore del Mondo,ISBN 88-457-0171-9, Massari Editore(C.P. 144, 01023 Bolsena, VT; E-mail:[email protected]), 2002, pagine159, € 11,36.

Questo saggio, scritto a quattro manidallo storico Karlheinz Deschner e daldocente di teologia Horst Herrmann,appare in Italia a più di dieci anni dal-la sua pubblicazione in Germania nel-l’ottima traduzione di Luciano Fran-ceschetti, già segretario della nostraassociazione e già direttore editorialede “L’Ateo”.

Il libro si configura, per ammissioneesplicita degli autori, come una de-nuncia contro i chierici che da duemi-la anni nascondono le proprie infamietramite una serrata azione di seduzio-ne ideologica tesa principalmente adottenere fondi e potere. Il metodo uti-lizzato per giudicare l’operato dei po-tentati cristiani è verificare com’essosia coerente con i temi della loro pro-

paganda ovvero carità, amore delprossimo, Dio. L’opera descrive comela storia della “religione dell’amore”sia pervasa di violenza a partire dalfurore evangelizzatore, il quale non èper niente un ricordo antico d’epochepassate e dimenticate. Si stima peresempio che in Croazia, con il placetdi Pio XII e del vescovo di Sarajevo,Aloysius Stepinac, tra il 1941 ed il1945 il dittatore Ante Pavelic fececonvertire con la forza 240.000 serbisu una popolazione di due milioni,mentre 750.000 furono invece le ucci-sioni. Sulla persecuzione degli ereticibasti ricordare che la proposizione diLutero per cui “è contrario alla volon-tà dello Spirito santo che gli ereticivengano bruciati”, è incompatibileancor oggi con la dottrina cattolica.L’antisemitismo, infine, non è un’in-venzione nazifascista. Ricordiamo chenel 1215 il IV Concilio Laterano sen-tenziò che gli ebrei dovessero portaresui loro abiti un contrassegno di rico-noscimento, e nel 1684 in Polonia inuno dei pogrom più feroci ne furonouccisi circa 200.000. Il libro è un veroe prezioso testo di controinformazio-ne sulla reale visione dei chierici sulvalore della vita (ammissibilità dellapena di morte), sulla pace (guerra giu-sta, moralità dell’uso dell’arma atomi-ca espressa da Giovanni Paolo II nel1982), sulla donna (subordinazione almaschio/padre).

Interessante infine l’approfondimen-to di varie questioni economiche qua-li gli accordi con lo Stato per la desti-nazione di soldi statali verso le casseecclesiastiche, la mancanza sia di tra-sparenza nella gestione dei fondi perle opere caritatevoli che di tutela sin-dacale per chi è alle dipendenze dellaChiesa, siano essi operai nelle fabbri-che conventuali di birra, impiegatidella Caritas o insegnanti.

Sabrina Zucca, [email protected]

28 n. 2/2003 (26)

RECENSIONI

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� Lettera dal Salento

Cara Redazione de L’Ateo,

Vi scriviamo da Lecce, dove, siamo vi-cini a raccogliere le adesioni necessa-rie per la costituzione del circolo ter-ritoriale dell’UAAR. Siamo impegnati,fra le province di Lecce e Taranto adiffondere la conoscenza della nostraUnione, come potrete rilevare dalleiscrizioni sottoscritte. Per l’occasionesegnaliamo la politica del Sindaco, on.Poli Bortone, di AN. Dinnanzi allamancanza di tanti servizi sociali, haistituito, al pianoterra del palazzo co-munale, un centro-massaggi gratuitoper i dipendenti, per un costo di oltre€ 160.000 l’anno, ha aumentato il nu-mero degli assessori, da 10 a 14, spro-porzionato per la classe demograficadel Comune, senza una donna, mal-grado le promesse elettorali e con unostipendio di € 5.000 il mese. Ma, dul-cis in fundo, dal 1998, destina alle par-rocchie leccesi il proprio compenso daSindaco che comunque non le spetta,percependo già quello di parlamenta-re europeo; se non le spetta, non nepuò disporre ed allora, dopo tantodisappunto diffuso tra i cittadini, l’op-posizione di centro-sinistra ha prean-nunciato un ricorso alla Corte deiConti regionale. La normativa sullostatus degli amministratori disponeche in questi casi ai Sindaci non spet-ti l’indennità di funzione, ma solo ilgettone di presenza, fosse limitato aquesto l’obolo della Poli “Borbone”,non è corretto né che lo diffonda, du-rante i lavori consiliari, né che “i reli-giosi” leccesi la beatifichino … adogni elezione. Una situazione che ri-chiede, come non mai, la voce del-l’UAAR, anche nel Salento.

Giacomo [email protected]

� Lettera a “Frate Indovino”

Leggo dal vostro calendario:

“Se l’uomo fosse più intelligente!! Hoincontrato l’ateo ricco e l’ateo povero:ho voluto dialogare con entrambi, maessi non sono riusciti a connettere undiscorso logico: puzzavano di vino edi droga”. Bene, io sono ateo, non midrogo e bevo poco, a differenza delmio professore di religione delle su-periori. Credo quindi che vi dobbiatevergognare di scrivere certe cose vol-gari e offensive verso persone che

hanno solo la colpa di non credere nelvostro dio. Sarebbe molto gradito chenella prossima edizione fosse chiaritoche nessuno ha il diritto di insultareuna persona solo perché ha idee di-verse dalle proprie. Infine un’annota-zione, se questa frase fosse compar-sa su una pubblicazione islamica so-stituendo l’ateo con un cristiano allo-ra avremmo tutti i giornali a strillare(giustamente) contro il pericolo del-l’integralismo e dell’intolleranza reli-giosa.

Bruno Vivi, [email protected]

� Lettera dagli alunni del“Vivona”

Viviamo una scuola arrugginita daun’antica “religiosità” e il forte odoredi ruggine per l’abitudine non nauseaneanche più le intorpidite menti di noistudenti. L’incontro con alcuni mem-bri dell’UAAR, che ha avuto luogo du-rante il periodo di autogestione vissu-to dal nostro Liceo, ci ha aiutati a de-starci da quel sonno su cui conta, e hasempre contato, chi ha trasformato lascuola in un gambero. Un gamberoche, inarrestabile, com’è sua natura,torna indietro, raggiungendo orizzon-ti già raggiunti, vedendo sorgere albegià sorte. Grazie alle passionali paro-le di Rosalba Sgroia, Sergio D’Afflitto,Vittorio Iori, Sandro Coppola e Fran-cesco Paoletti siamo ora completa-mente desti e determinati a fugaretutti i mostri che il nostro sonno hagenerato. Ci sovvengono innumere-voli episodi in cui abbiamo visto i no-stri diritti calpestati e dimenticati dachi invece dovrebbe tutelarli. In par-ticolar modo ci riferiamo al diritto al-l’esonero dall’ora di religione. È statopiù volte detto a molti di noi che lapartecipazione all’ora di religioneavrebbe assegnato punti di credito. Efin qui tutto bene, ma la componentescolastica è formata anche da musul-mani, ebrei, atei o semplicemente dachi decide di non avvalersi dell’inse-gnamento della religione cattolica. Ecosa offre la scuola a questi studentiper dare anche a loro la possibilità diricevere quei preziosi punti di credi-to? Niente. E cosa dire delle letteremandate dal vicariato alle accondi-scendenti scuole italiane per impedi-re l’esonero dal corso di religione selo si è frequentato nel primo anno diginnasio o liceo? Ci ha colpito la de-terminazione dell’UAAR nella lottaper la laicità dello Stato, un valore che

può e deve essere condiviso dall’inte-ra società civile e soprattutto daglistudenti, molti dei quali, pur non es-sendo interessati al dettame dell’i-struzione ecclesiastica, non si rendo-no conto di quanto questo influiscasulla loro vita. Un’idea vale se vienediffusa nel posto e nel momento giu-sto. È il vostro momento.

Alcuni alunni del Liceo “Vivona”Roma

� Quella vecchia gruccia

Spett.le UAAR,

Sono iscritto all’Unione e al Circolo diPalermo. Sto leggendo I versi satanicidi Salman Rushdie e mi ha colpito unafrase di un personaggio (pag. 148):“sono un uomo per il quale certe co-se sono importanti: rigore, autodisci-plina, ragione, il perseguimento di ciòche è nobile senza ricorrere a quellavecchia gruccia che è Dio”. E mi so-no chiesto: qual è questa gruccia e acosa serve?

(1) A sostenere, anzi, a riporre i “ve-stiti” delle persone e cioè le “appa-renze” che coprono i “pupi” di Piran-dello, che siamo noi come vogliamoapparire agli occhi del mondo oppurecome abbiamo scelto di apparire da-vanti alla nostra coscienza, mentresotto sotto dubitiamo dell’esistenzadi Dio e dell’anima? Oppure serve asostenere la speranza di un’altra se-conda vita trascendente, la speranzadella reale esistenza di un Dio che ciobblighi ad essere nobili e giusti e tol-leranti verso i nostri correligionari eun po’ meno verso gli altri non corre-ligionari? Ma la gruccia è vecchia eprima o poi si spezzerà sotto il pesodel ricatto-minaccia dell’Inferno e del-la speranza-illusione del Paradiso oquantomeno del Purgatorio!

(2) Se poi per gruccia s’intende “stam-pella”, il discorso è più semplice; sia-mo tutti invalidi o handicappati cheabbiamo bisogno della stampella diDio per camminare? E il nostro cervel-lo, lo mandiamo in malora? Ma lastampella è vecchia e prima o poi sispezzerà e noi non saremo più in gra-do di camminare, perché lo avremodimenticato!

Per concludere: che fortuna essereatei, siamo in grado di camminaresenza altro aiuto che la ragione! Se

29n. 2/2003 (26)

LETTERE

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30 n. 2/2003 (26)

LETTERE

non ci svincoliamo però dei nostri co-lori politici, non potremo mai essereliberi razionalisti davvero e totalmen-te! Avrei piacere se pubblicaste que-sta mia lettera su L’Ateo! Con stimae cordialità, saluti,

Paolo Profita, [email protected]

� Risposta a “Pietà e vergogna!”

Come un fiume carsico che ogni tan-to affiora, c’è un argomento predilet-to dai cattolici sull’esistenza bimille-naria della loro Chiesa come provadella verità e giustezza del cattolice-simo, che ogni tanto viene sfoderatain conversazioni, conferenze, dibatti-ti, su riviste, libri, ecc. Così, perfinosu L’Ateo n. 1/2002 (21), pp. 29-30, uncerto Pietro Pico scriveva con tonotrionfante polemizzando con noi: “He-gel diceva che la storia è il Tribunaledelle idee: ebbene il cristianesimo esi-ste da duemila anni e la Chiesa Cat-tolica è l’istituzione più antica dellastoria”.

Sottolineo di passaggio che il grandefilosofo tedesco, fra ‘700 e ‘800, non èproprio un oracolo infallibile: basta ci-tare il suo colossale flop culturale,quando, dopo la scoperta del primoasteroide, Cerere – guarda caso, daparte di un sacerdote cattolico, astro-nomo all’Osservatorio di Palermo, ilvaltellinese Giuseppe Piazzi – e il suosuccessivo temporaneo sfuggire alleosservazioni degli astronomi, Hegelsentenziò con grande sicumera chebastavano poche nozioni di … filoso-fia per dimostrare che non era possi-bile ci fosse nel Sistema solare un ot-tavo pianeta (allora fra pianeti e aste-roidi non c’era alcuna distinzione).

Di lì a pochi anni furono scoperti cen-tinaia di “piccoli pianeti”, cioè aste-roidi, per non parlare delle scopertesuccessive dei “veri” pianeti, Nettu-no e Plutone! Tralascio pure le buoneargomentazioni del nostro CalogeroMartorana sullo stesso numero deL’Ateo, pp. 21-22, nel suo articolo “Sicontinua a credere, sì, ma come?”,che ogni persona intellettualmenteonesta potrebbe confermare e arric-chire d’esempi.

Aggiungo solo due brevi osservazio-ni: (1) Bramanesimo, buddismo, ecc.e perfino le vaghe ed embrionali reli-gioni delle poche tribù primitive tut-tora esistenti (ad es. nel Borneo), so-

no ben più vecchi del cristianesimo,ma ciò non dimostra una loro maggiorvalidità rispetto a quest’ultimo, no-nostante le opinioni di Hegel e di …Pietro Pico. (2) L’astrologia è vecchiaalmeno il doppio del cristianesimo(per non parlare di altre superstizioniancora diffuse – anche fra i cattolici!– che si perdono nella notte dei tem-pi) e fino a pochi secoli fa aveva alcu-ni illustri cultori, un nome per tutti:Keplero. Essa influenza tante perso-ne che perfino gran parte delle TV,giornali e rotocalchi se ne fanno dif-fusori, e influenza persino – vergo-gna! – certi magistrati di Cassazione(cfr. sentenza 3939/1986 della 3a sez.penale). E per di più anche molti cat-tolici, nonostante le ripetute condan-ne della Chiesa ed in particolare del-l’attuale Pontefice. Inoltre, mentre laChiesa è stata sostenuta anche dalterrore (ad es. le pene dell’inferno,l’Inquisizione, l’isolamento dei repro-bi), l’astrologia ed i suoi adepti nonhanno mai fatto nulla di ciò: ma con-tinuano ad esistere procurandosi de-naro a palate alla faccia di chi ci cre-de.

Allora secondo l’argomentare hege-lian/piconesco dobbiamo dedurre chel’astrologia è più vera del cattolicesi-mo? Con il metro di giudizio di certicristiani le idee e teorie delle scienzemoderne e le loro spettacolari scoper-te e applicazioni, avendo poco più didue secoli di vita, dovrebbero esseredelle … pinzillacchere rispetto alleplurimillenarie superstizioni, ecc. Mami faccia il piacere, diceva Totò!

Carlo Ballardini, Ravenna

� Dio non esiste

Dio non esiste, dice lo stolto. Con que-sto medievale assioma, ricattatorio,ogni discussione è chiusa sul nasce-re. L’assioma è una verità assolutache deve essere accettata senza di-scussione, che non ha bisogno d’ar-gomentazione, perché è evidente.Quindi t’impediscono di parlarne, econ gli assiomi (falsi) o con i roghi (do-ve possono farlo). Dire che il sole c’èe scalda è un vero assioma perché tut-ti possono vedere e sentire il sole,mentre per affermare che dio esiste civuole molta fede, molta. E questa fe-de poi non basta per farlo vedere an-che agli altri. “Scherza con i fanti e la-scia stare i santi”: dicono e ti punta-no il dito ammiccando chissà, quali

minacce terrene e celesti. Anche nel-la lingua a forza di secolari assiomi so-no arrivati ad inculcare l’idea che nel-le umane facoltà non è possibile pen-sare questi pensieri eretici.

Eretico, retico è un’espressione usatain tutta la Sicilia – da Palermo a Cata-nia a Siracusa – col corrente significa-to di vecchio brontolone che fa perde-re tempo con le sue stravaganti fissa-zioni prive di fondamento. Questo è ilsignificato corrente di retico, anche sei compilatori di dizionari – quelli chesanno leggere e scrivere – notano dot-tamente che retico, deriva da eretico(per aferesi) e scrivono retico con l’a-postrofo iniziale, ‘retico. Ma derivarenon è necessariamente significare an-cora. Perché, perché la chiesa a forzadi roghi ha fatto credere al popolo chenon è umanamente possibile pensarediversamente, che gli eretici non esi-stono in natura.

Altra rimozione per il siculo/napole-tano locco che è cosa diversa dall’ita-liano locco che dicono deriva da alloc-co, uccello ritenuto stupido per como-dità dei linguisti.

Sembra più ragionevole pensare chequesto locco siculo/napoletano siafratello (e figlio) del loco spagnolo. Eche questo loco-locco potrebbe deri-vare da laico, uno che pensa che èpossibile stare fuori della religione,uno “stolto”. Oppure, più probabil-mente, che possa derivare da loico ologico (ciò che è conforme alla ragio-nevolezza e al buon senso). Ci confor-tano in questa tesi un paio di prover-bi o modi di dire che poi sono semprei falsi assiomi che a forza di sentirli ri-petere sembrano veri. A palabras lo-cas orejas sordas. Che si puo tradurrein siciliano con a palori locchi chiudil’aricchi. Cioè non ascoltare le parole“locche” (e questa è piu una minac-cia che un consiglio) “un loco haceciento”. Perché li palori fannu pirtu-su, le parole fanno buco, penetranonella testa e possono insinuare il tar-lo del pensare, svegliare la pigriziadella mente e scatenare il giro infini-to dei perché … E questo è meglio evi-tarlo, dicono, in quanto Mas sabe el lo-co en su casa … che il savio in casad’altri. E il loco nella sua mente – cheè casa sua – potrebbe anche vedere equindi gridare che il Re è nudo. E chedio non esiste.

Pasquale Marchese, Palermo

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31n. 2/2003 (26)

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L’UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, èl’unica associazione italiana di atei e di agnostici ed è com-pletamente indipendente da forze politiche o da gruppi dipressione di qualsiasi genere. Essa si è costituita di fattonel 1987 e legalmente nel 1991, presentandosi al pubblicocon dibattiti e altre iniziative.

Scopi generali

dall’articolo 2 dello Statuto, approvato dalIV Congresso Nazionale, Firenze 2001.

a) promozione della conoscenza delle teorie atee e agnosti-che e di ogni concezione razionale del mondo, della vita edell’uomo;b) sostegno alle istanze pluralistiche nella divulgazione dellediverse concezioni del mondo e nel confronto fra di esse, op-ponendosi all’intolleranza, alla discriminazione e alla preva-ricazione;c) superamento del principio della libertà di religione in fa-vore del principio del pari trattamento da parte degli stati edelle loro articolazioni di tutte le scelte filosofiche e conce-zioni del mondo, comprese ovviamente quelle non religiose.d) riaffermazione, nella concreta situazione italiana, dellacompleta laicità dello Stato lottando contro le discriminazio-ni giuridiche e di fatto, aperte e subdole, contro atei ed agno-stici, pretendendo l’abolizione di ogni privilegio accordatoalla religione cattolica e promuovendo la stessa abrogazionedell’articolo 7 della Costituzione che fa propri i Patti latera-nensi fra Stato italiano e Vaticano.

Come si qualifica

L’UAAR si qualifica sul piano filosofico. Essa si propone di ri-unire le persone che hanno fatto una scelta filosofica di tipoateo o agnostico; una scelta, cioè, che nega o pone in dubbiol’esistenza di ogni forma di divinità e di entità spirituale.L’aggettivo razionalisti, riferito sia agli atei sia agli agnosti-ci, intende esprimere anzitutto la fiducia nella ragione co-me termine di riferimento fra gli uomini; non può aderire al-l’UAAR chi, anche non seguendo alcuna delle religioni uffi-ciali, crede nella vita ultraterrena, nella metempsicosi, nel-l’astrologia, ...Il nostro obiettivo strategico è quello di ottenere l’elimi-nazione di ogni intrusione dello Stato in materia di sceltefilosofiche personali. In questo modo si rispetta il caratte-re individuale e privato della scelta e si evitano interfe-renze e discriminazioni. In generale, l’UAAR rivendicapari diritti per tutte le concezioni del mondo. Al diritto dilibertà di religione va dunque sostituito quello di ugualidiritti per tutte le concezioni del mondo, quindi anche perquelle non religiose.Di conseguenza l’UAAR combatte contro tutte le discrimi-nazioni di cui sono fatti oggetto i cittadini atei e agnostici, ele loro associazioni. Ove permangano prerogative concessea qualche confessione (citazione nella Costituzione, intesacon lo Stato, insegnamento nella scuola, esposizione delsimbolo, contributi regionali, toponomastica locale, e simi-li), tali prerogative sono rivendicate anche dall’UAAR, pro-prio per non accettare discriminazioni nei confronti delleconcezioni del mondo di carattere non religioso.

L’UAAR dice basta con l’invadenza, nella politica e nelleleggi dello Stato, della chiesa cattolica che, anche attraver-so partiti da essa ispirati o facendo leva sul servilismo deigoverni, cerca di imporre a tutti i cittadini i valori che sonopropri dei cattolici quali la sessuofobia, la sudditanza delladonna, l’accettazione della condizione di povertà, la ghet-tizzazione dei bambini nella scuola in base alla religione deigenitori, la celebrazione dei propri fasti a spese delle ammi-nistrazioni pubbliche.L’UAAR intende far emergere l’esistenza di una quota dellapopolazione italiana atea e agnostica, che è consistente ein crescita, e che ha diritto di interloquire con lo Stato, alpari delle confessioni religiose, in particolare di quella cat-tolica, su morale, istruzione, bioetica, unioni di fatto, con-traccezione, aborto, eutanasia, e così via.

Attività

L’azione dell’UAAR si sviluppa mediante dibattiti, protestee altre iniziative organizzate dal Comitato di Coordinamen-to nazionale o dai Circoli locali.L’UAAR ha tenuto congressi nazionali a Venezia nel 1992, aBologna nel 1995, a Trento nel 1998 e a Firenze nel 2001.

Rivista

L'UAAR manda ai suoi soci la rivista bimestrale L'Ateo. Larivista esce cinque o sei volte all'anno, è in vendita nelle li-brerie Feltrinelli a € 2,80, e la si può avere anche per abbo-namento.

Sito Internet

L’UAAR ha un proprio Sito Internet, www.uaar.it, frequen-temente aggiornato, dove si possono trovare notizie sul-l’associazione, articoli, documenti, riferimenti a siti di altreassociazioni e altro. Si possono anche trovare le istruzioniper iscriversi alle mailing-list [ateismo] aperta a tutti, [uaar]riservata ai soli soci e alla news-letter mensile.

IHEU e FHE

L’UAAR è in contatto con organizzazioni analoghe in tuttoil mondo; in particolare è membro associato dell’IHEU, In-ternational Humanist & Ethical Union (Unione Internazio-nale Umanista ed Etica), la maggiore confederazione di as-sociazioni di ispirazione laica e aconfessionale, con sede aLondra.L’IHEU comprende oggi circa 100 organizzazioni in 35 statidi tutti i continenti ed è consulente ufficiale dell’ONU, del-l’UNESCO, dell’UNICEF, del Consiglio d’Europa, del Parla-mento e dell’Unione Europea, dove rappresenta il punto divista e gli interessi dei milioni di membri associati.La FHE, Fédération Humaniste Européenne, con sede aBruxelles è, in Europa, l’organismo più rappresentativo del-la laicità, coordina e promuove le istanze laiche nazionalinell’ambito dell’Unione Europea. Ha già influito positiva-mente nell’ispirare la Carta dei diritti dell’UE, in cui anchel’UAAR ha potuto far sentire la sua voce.

32 n. 2/2003 (26)

Membro associato dell’IHEU – International Humanist & Ethical Union

UAAR