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LIBRO 1 – Prima Edizione Pre-Stampa (5 agosto 2014). ANTONINO ZICHICHI BUCHI NERI, UFO E OROSCOPI Antiche Paure, Moderne Certezze e Future Speranze

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LIBRO 1 – Prima Edizione Pre-Stampa (5 agosto 2014).

ANTONINO ZICHICHI

BUCHI NERI,UFO E OROSCOPIAntiche Paure, Moderne Certezze

e Future Speranze

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BUCHI NERI, UFO E OROSCOPIAntiche Paure, Moderne Certezze e Future Speranze

INDICE

PREFAZIONE Pag. 7

PREMESSA 9

1 Antiche paure, moderne certezze e future speranze 9

2 La Matematica scelta dal Creatore per fare il mondo 10

3 La Matematica non è un’opinione 17

INTRODUZIONE 21

I I BUCHI NERI E IL MISTERO DEL SOLE 23

I.1 I terribili buchi neri sono fondamentali per la nostra esistenza 23

I.2 Il mistero del Sole: la vera natura delle Stelle 28

I.3 Supernovae e miniere d’oro. Niente misteri 32

I.4 La nostra Supernova (1987-A) e i Laboratori del Gran Sasso 34

I.5 Dieci, cento, mille Big-Bang 38

II I NOSTRI ANTENATI E GLI UFO 41

II.1 Come i nostri antenati vedevano il Sole, la Luna e le Stelle 41

II.2 Stelle Cadenti e Aurore Boreali 44

3

II.3 Andromeda Nebula. Il più lontano punto del cosmo visibile a occhio nudo 46

II.4 Se nel Cosmo ci fossero gli “Ufo” (+ art. Tempo) 50

II.5 Il mistero dei cicloni 53

II.6 I messaggi cifrati della Luna che combatte il Sole (luna rossa) 57

II.7 Il buio del Sole che viaggia sulla Terra in senso opposto alla sua luce 61

III OROSCOPI E SEGNI ZODIACALI 63

III.1 «Se mi dici il giorno in cui sei nato Ti dirò di che segno sei e cosa c’è scritto nelle Stelle per Te» 63

III.2 I segni zodiacali: origine e loro significato 65

III.3 Calendario zodiacale: Natale con il Solleone e Ferragosto con la neve 71

III.4 Oroscopo astrologico e numerologico 74

III.5 La più potente sorgente di raggi gamma del mondo viene ignorata dai compilatori di oroscopi: Cignus X-3 77

III.6 L’invenzione delle quattro Stagioni nella fantasia dei nostri antenati 81

III.7 È l’inclinazione dell’asse terrestre la vera origine delle Stagioni 83

III.8 Dettagli utili per capire le imprevedibili irregolarità delle Stagioni 85

III.9 Il Terzo Movimento della Terra. Poco noto ma importante perché disaccoppia i giorni del Calendario dai segni zodiacali 90

III.10 Se ci fossero due primavere l’anno, continueremmo a credere nei segni zodiacali? 95

III.11 Astrologia, oroscopi e Terzo Movimento della Terra. Se il Sole avesse occhi e potesse inviarci un fax 100

4

IV ANTICHE PAURE COSMICHE 107

IV.1 Zenóne: dopo lo zero non c’è il numero uno ma un numero piccolo, piccolissimo e razionale 108

IV.2 Pitagora: dopo lo zero c’è un numero ancora più piccolo di quello di Zenóne. Piccolo a piacere. La scoperta del primo numero irrazionale 111

IV.3 Planck: qual è il più piccolo istante di tempo concepibile nella Scienza galileiana 113

IV.4 Il più piccolo intervallo di tempo che siamo riusciti misurare 116

IV.5 Il terzo migliaio di automobili, di arance e di altri oggetti materiali 117

IV.6 L’anno 2000 non è a cavallo tra due secoli e due millenni 120

V MODERNE CERTEZZE E FUTURE SPERANZE. IL FASCINO DELLE LEGGI CHE REGGONO LA NOSTRA ESISTENZA NELL’IMMANENTE 123

V.1 Due pilastri concettuali della Fisica Galileiana Moderna 123

V.2 Non c’è alcun mistero nel movimento dei pianeti. Obbediscono tutti alla stessa legge 125

V.3 Il fascino delle leggi che reggono la nostra esistenza nell’Immanente 127

V.4 Dove ci porterà il Terzo Millennio 132

V.5 Quella pagina nel libro di storia dell’anno diecimila 134

V.6 Linguaggio, Logica e Scienza: le tre grandi conquiste della Ragione nell’Immanente 136

V.7 Episodi vissuti in prima persona. La cultura del nostro tempo è ferma al Linguaggio: né Logica né Scienza fanno parte del bagaglio culturale dell’uomo moderno ma

5

oroscopi e magie 156•

V.8 La memoria storica del Secondo Millennio. Cultura e potere 157

•V.9 L’organizzazione di una società civile e il principio

democratico 158•

V.10 Un giorno tutti gli uomini saranno scienziati 159

V.11 Conclusioni 163

SONO 166 PAGINE[le pagine con i punti neri (sono tre: 156, 157, e 158 •)

sono da scrivere]

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PREFAZIONE

PREFAZIONE AAvventuriamoci nel Terzo Millennio con la certezza che non esistono

trappole cosmiche. Scendiamo nell’arena dell’Immanente dove la cultura atea

pretende di avere vinto. Scopriremo in quell’arena le conquiste della Ragione

che diventano fonte di certezza e di valori per questo minuscolo esempio di

materia vivente detta uomo. Esempio che viaggia nel cosmo, aggrappato a una

splendida navicella, tra immense quantità di spazio e di tempo che non possono

entrambi essere reali come s’era creduto per diecimila anni.

Senza questa miscela “complessa” di spazio-tempo non potremmo gustare

il sapore della vita.

Tre premesse per mettere a fuoco di cosa intendo parlare.

Un’introduzione per illustrare sinteticamente le varie parti del libro.

PREFAZIONE BAvventuriamoci nel Terzo Millennio con la certezza che non esistono

trappole cosmiche. Scendiamo nell’arena dell’Immanente dove la cultura atea

pretende di avere vinto. È proprio in quell’arena che scopriamo le conquiste

della Ragione fonti di certezza e di valori per un minuscolo esempio di materia

vivente detta uomo. Esempio che viaggia nel cosmo, aggrappato a una splendida

navicella, tra immense quantità di spazio e di tempo. Spazio e tempo che non

possono entrambi essere reali, come s’era creduto per diecimila anni.

La loro miscela è “complessa”. Senza questa miscela “complessa” di

spazio-tempo non potremmo gustare il sapore della vita.

Tre premesse per mettere a fuoco di cosa intendo parlare.

Un’introduzione per illustrare sinteticamente le varie parti del libro.

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PREMESSA

1 Antiche paure, moderne certezze e future speranze

L’umanità ha da sempre avuto il terrore della fine. Le radici di queste

paure sono lontane e hanno in comune la totale ignoranza della logica rigorosa

che regge il Creato. Questa logica è stata scoperta ieri l’altro. L’alba della civiltà

dista da noi diecimila anni. La Scienza appena quattro centesimi del totale in

gioco.

Nessuno sa quando sia nata la consapevolezza di essere tutti passeggeri

della stessa navicella spaziale in giro per il Cosmo e trascinata da una stella che

ci illumina e riscalda. Questa consapevolezza forse non è ancora nata. E infatti

magie e oroscopi imperversano, come se fossimo ancora ai tempi della grande

paura basata sulla convinzione che dovesse esistere il ciclo delle età del mondo.

Ciclo che ebbe in Anassimandro, nei Pitagorici, in Platone, nello stesso

Aristotele e negli Stoici i sostenitori più illustri. Ciclo che doveva avere un

inizio e una fine, per poi ricominciare. Nasce da queste speculazioni filosofiche

l’idea della fine del mondo legata a messaggi cosmici, come vedremo,

inesistenti.

La base di questi pensieri è la ripetitività degli eventi cosmici quando gli

astri si trovano in determinate posizioni. Vedremo che gli astri sono candele

nucleari le quali brillano più di neutrini che di luce e che si muovono

vertiginosamente senza mai ritornare nelle stesse posizioni. Nulla nel Cosmo è

ripetivo. Istante per istante tutto cambia.

Le vere ancore della nostra esistenza materiale non sono le stelle ma le

leggi fondamentali della natura. Sono queste leggi a reggere lo spettacolo

cosmico che ha affascinato e terrorizzato i nostri antenati.

9

Il fascino è confermato dalla scoperta della Logica del Creato grazie a

Galileo Galilei.

Il terrore deve essere invece spazzato via dalla certezza che la realtà

immanente obbedisce alla logica del Creato. Logica cui nessun potente della

Terra potrà mai accedere né mai minimamente alterare.

Il terrore e le antiche paure nell’immanente devono essere sostituiti dalla

consapevolezza che esistono certezze scientifiche e che il futuro dei popoli può

essere aperto a nuovi orizzonti di speranza.

Il Terzo Millennio sarà il primo in cui, oltre al Linguaggio la cui scoperta

si perde nella notte dei tempi, potranno finalmente entrare a far parte del

bagaglio culturale dell’uomo moderno, e la Logica nata tremila anni fa, e la

Scienza scoperta ieri l’altro, non più di quattro centesimi del tempo necessario a

una civiltà (diecimila anni) per esistere.

Nel Terzo Millennio tutti gli uomini saranno scienziati.

2 La Matematica scelta dal Creatore per fare il mondo

Se la Matematica non è un’opinione, e non lo è, di certo non può essere

un’opinione quella parte di Matematica che il Creatore ha scelto per fare il

mondo. Ecco perché non ha senso attribuire alle Stelle e al Cosmo recondite

virtù e apocalittiche voglie catastrofiche di vendette contro questa minuscola

navicella spaziale in giro per il Cosmo. Il Cosmo non ha quasi più alcun mistero

per la Scienza. Esso è fatto con cento miliardi di Galassie, ciascuna delle quali

composta da cento miliardi di stelle, una delle quali ha l’incredibile privilegio di

avere attorno a sé la nostra navicella spaziale.

Le strutture portanti dell’Universo sono di straordinaria chiarezza, se

illuminate dalla indagine scientifica. Infatti, se immaginassimo di essere fuori

dal Cosmo e in grado di osservarne le strutture vedremmo l’Universo fatto di

puntini distribuiti nello spazio, su grandi e sottilissime pareti cosmiche.

10

Quei puntini sono le Galassie. Contandole arriveremmo a qualche

centinaia di miliardi. Pur essendo così numerose, nessuna Galassia sembra

eguale a un’altra. Tutte diverse!

Incuriositi cercheremo di capire la struttura di ciascuno di questi puntini.

Ed è così che scopriremmo le stelle. Infatti ogni galassia ne contiene qualche

centinaio di miliardi. Ancora una volta resteremmo increduli. Nessuna stella è

eguale a un’altra. Sono tutte diverse. A prima vista sembravano singole e sparse.

Invece no. Soltanto il 15 % resta come singola stella. Il 65% sono in coppia e il

20 % addirittura in compagnia superiore al terzetto.

Continuando a studiare meglio le strutture delle stelle scopriremmo che si

tratta di piccole candele a fusione nucleare. Candele che brillano più di neutrini

che di luce. Alcune di esse sono di media grandezza e durano per miliardi e

miliardi di anni (come fa il nostro Sole). Altre sono più grosse e bruciando

finiscono per esplodere (qui sulla Terra le chiamiamo Supernove). Ce ne sono

alcune talmente grosse che dopo essere esplose si trasformano in buchi neri che

sembrano assorbire tutto. Anche la luce. Vedremo che non è proprio così.

Sì però sono sempre stelle. E le altre strutture del Cosmo? Continuando a

osservare in maggiori dettagli cosa fanno le stelle scopriremmo che in almeno

una di esse (il nostro Sole) ci sono satelliti. Gli girano intorno obbedendo tutti

alla stessa legge di gravitazione che in verità non vale solo per i satelliti di una

stella, ma per le stesse stelle. Quella legge è una delle Forze Fondamentali che

reggono l’Universo. Le strutture cosmiche infatti, nascono da questa legge.

Anzi, da come essa è legata alle origini dello spazio e del tempo.

Spazio e tempo che non sono entità assolute — entrambi reali — e

indipendenti (come le avrebbe immaginate un filosofo di nome Kant). E no,

quelle entità sono lungi dall’essere assolute, indipendenti, ed entrambe reali.

Continuando a osservare il Cosmo standone fuori ma in grado di

conoscerne la storia scopriremmo che un fisico di nome Lorentz (Hendrik

Anton, 1853-1928) avrebbe capito, vivendo su uno dei satelliti della stella

chiamata Sole, che lo spazio e il tempo non potevano essere entrambi reali. La

11

miscela spazio-tempo doveva avere la proprietà che i matematici avrebbero

definito “complessa”. Il che vuol dire miscela di due parti: delle quali una deve

essere immaginaria.

Incredibile! Incontriamo un amico extra-cosmico che ne sa più di noi. E

nulla può destargli meraviglia. Ma noi eravamo sempre rimasti nel Cosmo. Lui

no. Lui è fuori. E sa che, se la miscela spazio-tempo fosse stata reale, sarebbe

stato impossibile accendere la luce.

Addio stelle! E addio fuoco. Già, per l’appunto, come nasce il fuoco?

Coloro che vivono su quel satellite della stella detta Sole — ci racconta l’amico

— lo avrebbero scoperto nel giro di trecentocinquanta anni dalla nascita di un

uomo di nome Galileo Galilei. Costui fu il primo ad avere l’idea che il Cosmo

non fosse retto dal caos ma da una logica rigorosa e perfetta.

Dopo quattrocento anni dalla sua nascita quella forma di materia vivente

detta uomo sarebbe riuscita a capire che quella logica rigorosa e perfetta consta

di tre colonne e tre forze fondamentali. Queste tre colonne e queste tre forze

sono descritte dal linguaggio più rigoroso che si conosca dentro e fuori dal

Cosmo. È il linguaggio della Matematica. Incredibile, ma vero.

Fu sempre quell’uomo, Galileo Galilei, il primo a dire che il Creatore di

tutte le cose visibili e invisibili avrebbe usato la Matematica per costruire il

mondo. La Matematica in quanto, tra tutti i linguaggi possibili, quello della

matematica è il più rigoroso e certamente non opinabile. Se non avesse scelto il

rigore della logica matematica, il Creatore non avrebbe potuto costruire il

mondo. È quel rigore che permette di realizzare le strutture cosmiche già

descritte: galassie, stelle, satelliti. E non solo.

Usando quel rigore logico-matematico il Creatore sarebbe riuscito ad

andare avanti nella sua formidabile opera; come il nostro amico extra-cosmico

può testimoniare.

E infatti, di cosa consta quel satellite (la nostra Terra) di quella stella (il

Sole) che ha destato in lui — extra-cosmico ingenuo — un vivo interesse?

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Quel satellite è fatto con tre mattoni e tre colle. I mattoni sono quelle

particelle che i successori di Galileo Galilei avrebbero chiamato protoni,

neutroni ed elettroni. Le colle sarebbero state denominate — sempre dai

discepoli di Galileo Galilei — subnucleare-forte, elettrodebole e

gravitazionale.

Ma c’è di più. Poche diecine di anni dopo la scoperta dei tre mattoni,

verso la fine del secondo millennio dopo la nascita di Cristo — un uomo

talmente straordinario che molti lo avrebbero considerato figlio di Dio — i

discepoli di Galilei sarebbero arrivati a scoprire che questi tre mattoni e queste

tre colle hanno le loro radici in una Logica rigorosa ancora più affascinante:

quella del Supermondo, da cui dovrebbero nascere le tre colonne e le tre forze

fondamentali.

Senza questa Logica rigorosa e fondamentale non sarebbe possibile

risalire alle origini fisiche del Cosmo. Quell’Universo che il nostro amico extra-

cosmico sta osservando con noi è fatto di spazio, tempo, massa, energia e

cariche subnucleari, di cui la più nota è quella detta elettrica.

Se non fosse per la Logica basata sulle tre colonne e sulle tre forze non

sarebbe possibile risalire alle origini. Non solo: ma studiando bene i tre mattoni

(protoni, neutroni ed elettroni) i discepoli di Galilei, alle soglie del Terzo

Millennio, (sempre dopo la apparizione sulla Terra di quell’eccezionale uomo di

nome Cristo) sarebbero riusciti a immaginare l’esistenza del Supermondo.

Certo sarebbe bello se esistesse veramente il Supermondo. Il nostro amico

extra-cosmico potrebbe saperlo se noi lo sapessimo e se avessimo voglia di

farglielo dire. Una cosa è sicura. La logica matematica, partita con Galileo

Galilei, ci ha portato alla soglia del Supermondo. Ma noi sappiamo che per

scoprire la strada rigorosa e infallibile che il Creatore ha scelto non basta la

Matematica. È necessario un atto di umiltà intellettuale.

Bisogna chiedere a Lui la strada che ha deciso di scegliere. Noi non

l’abbiamo capita ancora fino in fondo, altrimenti non avremmo più nulla da fare.

Potremmo chiudere i nostri laboratori. E invece no. Abbiamo capito quasi tutto.

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Ma sta in quel quasi il fascino delle nostre scoperte a venire. Infatti di

strade logiche e rigorose ce ne sono tante. Ad esempio il grande Hilbert concepì

lo spazio a infinite dimensioni. Il Creatore però ha deciso che lo spazio dovesse

avere un numero finito di dimensioni. Fin verso l’inizio dell’ultimo secolo, che

chiude il secondo millennio, i successori di Galilei sembrava fossero arrivati alla

conclusione che il numero dovesse essere quattro.

E più esattamente, tre di natura “geometrica” (come lo sono l’altezza, la

larghezza e la lunghezza dello studio nel quale sto scrivendo questa pagina del

mio libro) e una di tipo diverso, il cosiddetto tempo. Quella quantità fisica che

siamo riusciti a misurare con precisione incredibile.

Dopo la grande scoperta di Lorentz sulla natura “complessa” della miscela

spazio-tempo, di progressi ne sono stati fatti. E come! Il numero di dimensioni

“geometriche” dello spazio è arrivato a dieci. Il tempo essendo sempre uno e

uno solo. Ma c’è di più.

Sono venute fuori le dimensioni dello spazio che, pur conservando la sua

natura “geometrica”, gode di proprietà ancora più fondamentali dello spazio

concepito da Euclide. Nello spazio di Euclide si poteva (e si può) andare avanti

e indietro senza problemi. Ecco perché io posso andare in laboratorio e ritornare

a casa come voi potete andare dove vi pare e ritornare senza problemi nella

stessa posizione spaziale da cui siete partiti.

C’è però una proprietà dello stesso nostro spazio, cui nessuno aveva

pensato prima degli ultimi decenni del Terzo Millennio. A questa proprietà, i

successori di Galilei avrebbero dato il nome di “fermioniche” dal nome di un

grande successore di Galilei (Enrico Fermi) che, insieme a un altro grande

esponente della Scienza galileiana del Secondo Millennio (Paul Adrien Maurice

Dirac) avevano concepito quelle proprietà. Nello spazio con dimensioni

“fermioniche” non si può andare avanti e indietro. Facendolo cambia qualcosa.

Ma è proprio nello spazio fermionico l’elemento più semplice che dà vita, nello

spazio di Euclide, allo “spostamento” per andare da un punto geometrico A a

un altro punto B.

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E pensare che per oltre duemila anni l’umanità con i suoi massimi

esponenti era rimasta convinta che alla base di qualsiasi “spostamento” dovesse

esserci quello semplicissimo concepito da Euclide.

È invece lo “spostamento” nello spazio fermionico, il più elementare di

tutti gli spostamenti immaginabili. Infatti, lo “spostamento” elementare

concepito da Euclide (300 anni prima dell’era cristiana) si ottiene come risultato

di due “spostamenti” fermionici.

Per capire le origini del Cosmo è necessario studiare le proprietà del

superspazio con quarantatrè dimensioni: dieci di tipo euclideo, una di tempo, e

trentadue di natura fermionica.

Sono nel superspazio con quarantatrè dimensioni le radici del

Supermondo. Il lettore non si scoraggi. Per arrivare a questo traguardo possibile

(ma non ancora sicuro) della Logica del Creato ci sono voluti quattrocento anni

di studi basati sull’insegnamento galileiano di arrendersi dinanzi alla Maestà del

Creatore. Sono centinaia esperimenti di stampo galileiano che ci hanno

permesso di decifrare quella parte di Matematica usata dal Creatore per fare il

mondo così com’è.

Quella matematica scelta dal Creatore per dar vita alle tre colonne e alle

tre forze fondamentali — e forse anche al Supermondo — non può essere

opinabile. Essa ha le sue solide radici nei risultati riproducibili di esperimenti

rigorosi. Quella Matematica come tutta la Matematica non è un’opinione.

È quella matematica che produce il Cosmo con le sue strutture

fondamentali viste dal nostro amico extra-cosmico. E cioè: galassie, stelle

satelliti. Eppoi molecole, atomi, protoni, neutroni ed elettroni. Un grattacielo

non è una struttura fondamentale. Né un ponte. Né un aereo. Basta mettere

insieme molecole ed atomi, per fare queste strutture. Nemmeno la Luna né la

nostra stessa Terra sono strutture fondamentali. Come non lo è un granello di

polvere o un fiore.

Una cosa è certa. La struttura del Cosmo basata su tre colonne e tre forze

produce, nel mondo a noi familiare e di cui siamo fatti, i mattoni (protoni,

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neutroni ed elettroni) e le colle (subnucleari-forti, elettrodebole e gravitazionale)

necessarie per fare atomi, molecole, montagne, satelliti, stelle e galassie.

Ma non è ancora tutto. Queste tre colonne e tre forze ci dicono che nel

cuore di un protone c’è l’Universo Subnucleare. Non ci sono né albe né tramonti

in quell’Universo, ma fenomeni ancora più affascinanti. L’Universo

Subnucleare dà vita a quelle forze dette nucleari che permettono al nostro Sole e

a tutte le stelle del firmamento di brillare per miliardi e miliardi di anni.

Ed è sempre nell’Universo Subnucleare la chiave per capire se esiste il

Supermondo. Anche le forze deboli, valvola di sicurezza che sono in grado di

fornire al motore del Sole la quantità esatta di benzina nucleare (neutroni), sono

di natura subnucleare. Esse si manifestano debolissime (ecco l’origine del loro

nome) nel nostro mondo in cui scarseggia l’energia ma c’è tanta massa.

Nell’Universo Subnucleare in cui energia e massa hanno pari dignità

esistenziale, le forze deboli, deboli non sono più. Esse diventano tanto forti da

essere confrontabili con le forze elettriche.

E non è tutto. Le forze elettromagnetiche, grazie alle quali possono

esistere gli aggregati macroscopici di materia (noi siamo incollati

elettromagneticamente altrimenti la gravità ci farebbe a pezzi) e anche le

molecole e gli atomi, sono legate alle forze deboli (grazie alle quali il Sole

funziona). Ecco perché abbiamo è stato coniato il termine “elettrodebole”.

Queste due forze finiscono con l’unificarsi alle forze che agiscono tra quark

(mattoni) e gluoni (colla) dell’Universo Subnucleare.

Giorno verrà in cui sarà possibile dimostrare che queste forze

fondamentali hanno la stessa origine. E che il Supermondo veramente esiste.

Questo Terzo Millennio inizia così: con la grande illusione della Scienza che

tutti i fenomeni galileianamente noti siano riconducibili a un’unica forza

fondamentale la cui struttura matematica sia formulabile nell’ambito di un

superspazio ancora tutto da capire.

E di una Matematica tutta da decifrare. Una Matematica che il Creatore ha

scelto per fare l’Universo Subnucleare che si estende fino ai limiti ultimi del

16

nostro Universo. Una Matematica che non può essere opinabile come il resto di

tutta la Matematica.

3 La Matematica non è un’opinione

Nell’immaginario collettivo c’è molto rispetto per il rigore della

Matematica. Sarebbe un bel risultato se nel bagaglio culturale del Terzo

Millennio entrassero a pieno titolo la Matematica e la Scienza. Essere testimoni

del passaggio dal Secondo al Terzo Millennio non può prescindere da una presa

di coscienza culturale nuova. Nuova affinché ciò che l’uomo è riuscito a capire

usando la Ragione nello studio dell’Immanente possa finalmente diventare

patrimonio di tutti. Ci sono segni incoraggianti. Tutti si sono sentiti coinvolti sul

problema di “quando incomincia” il Terzo Millennio. E qui entrano in gioco la

Matematica, la Fisica, il Sistema Solare e il modo in cui costruiamo il

Calendario a noi familiare.

L’inizio del Terzo Millennio è un’avventura intellettuale che parte da

Zenóne e Pitagora, passa attraverso le conquiste della Scienza galileiana grazie

alle quali abbiamo capito a fondo le leggi che reggono il Sistema Solare;

un’avventura che ha bisogno di tanti giganti della Scienza, tra cui Max Planck, e

approda ai nostri giorni con le misure del tempo al millesimo di miliardesimo di

secondo (picosecondo).

Tradotto in linguaggio semplice, “la Matematica non è un’opinione” vale

per tutte le conquiste della Scienza che, grazie all’insegnamento galileiano degli

esperimenti riproducibili, è fonte di certezza nelle sue conquiste. Conquiste che,

nel Terzo Millennio, non debbono restare privilegio di pochi affinché le antiche

paure possano essere cancellate dalle moderne certezze.

“La Matematica non è un’opinione” è una frase che esprime saggezza per

quelle attività il cui valore è fondato sul rigore logico del ragionamento

matematico.

Scopo di questo libro è di estendere questo valore alla “Matematica della

Natura” che Galilei cercò studiando gli oggetti considerati dalla cultura del suo

17

tempo “volgari” e cioè non degni di attenzione e di studio in quanto non

depositari di alcuna verità fondamentale. Galilei studiò gli oggetti volgari

sfidando — non la Chiesa — ma la cultura dominante del suo tempo. E la sfidò

in quanto era convinto che negli oggetti volgari dovevano esserci le impronte del

Creatore. Fu così che studiando le pietre aprì le porte verso la comprensione

delle strutture logico-rigorose che reggono tutto ciò che esiste, dal cuore della

più piccola particella elementare ai confini del Cosmo.

Galilei ha permesso a questa forma di materia vivente dotata di ragione di

liberarsi da miti e magie, paure ataviche radicate nel suo inconscio sin dai tempi

in cui nessuno avrebbe immaginato che stava nello studio delle pietre la chiave

per capire i misteri del Cosmo. I misteri del cielo che sembra ruotare attorno a

noi ogni ventiquattro ore; della Luna che ci appare in quattro fasi senza alcun

motivo plausibile; del Calendario che dopo anni e anni di validità non riusciva

più a indicare con correttezza l’inizio delle stagioni; delle nuove stelle che senza

motivo spuntavano in pieno giorno; di quelle che apparivano con la coda per poi

scomparire; delle notti improvvisamente popolate con migliaia e migliaia di

stelle; del Sole che improvvisamente cessava di brillare. Nasce dalla incapacità a

capire questi “misteri” celesti la convinzione che essi dovessero essere messaggi

cifrati da capire. Messaggi purtroppo spesso pensati in termini di sventure e di

future apocalittiche calamità.

Grazie allo studio delle moderne pietre galileiane (protoni, neutroni ed

elettroni) siamo riusciti a capire che non c’è alcun fenomeno che non possa

essere spiegato sulla base delle Tre Colonne e delle Tre Forze Fondamentali che

reggono la realtà Immanente: dal centesimo di millesimo di miliardesimo di

centimetro (la struttura minima che siamo riusciti a studiare) ai cento miliardi di

miliardi di miliardi di centimetro (i confini del Cosmo). Le paure legate

all’ignoranza dei nostri antenati non hanno alcun motivo di esistere. La nostra

vita quotidiana deve essere libera dalle vecchie assurde paure. Le radici della

nostra esistenza materiale non sono nei messaggi misteriosi del Cosmo;

messaggi che misteriosi non sono più in quanto totalmente capiti quali fenomeni

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retti dalla struttura logica del Creato. Logica fatta di certezze scientifiche non di

paure né di misteri.

Questa struttura logica ci garantisce contro tutte le magie, tutte le

previsioni astrologiche apocalittiche, contro tutte le ataviche paure, in quanto

questa struttura logica è la Matematica della Natura. Matematica che opinabile

non può essere in quanto obbedisce al rigore logico della stessa Matematica. Di

tutta la Matematica possibile è la parte scelta dal Creatore per costruire il mondo

come appare a noi oggi in tutte le sue formidabili strutture: piccole, piccolissime,

grandi, grandissime, fino ai limiti dell’Universo. Strutture studiate attraverso

domande precise rivolte al Colui che ha fatto il mondo: è questo il significato di

esperimenti riproducibili (detti di stampo galileiano).

Sono questi risultati la fonte sicura delle nostre certezze scientifiche

nell’Immanente. Certezze che non portano a paure di apocalissi e di minacce

scritte nel linguaggio cifrato delle stelle ma a considerare il cielo e le stelle

nostre amiche ed esempi spettacolari di realtà legate alle Tre Colonne e Tre

Forze Fondamentali della Natura. Colonne e Forze la cui Matematica non è

un’opinione.

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20

INTRODUZIONE

L’avventura del Terzo Millennio, quando inizia e dove ci porta, è legata

ad aspetti della nostra vita quotidiana cui facciamo poca attenzione, ma che

hanno affascinato le menti più eccelse di tutte le civiltà. C’è la matematica pura,

con Zenóne che capisce cosa vuol dire il numero uno e Pitagora che scopre cosa

vuol dire quel numero che moltiplicato per se stesso produce il due; ci sono i tre

tipi di anni: tropico, siderale e convenzionale; c’è il mistero del Sole, risolto

dalla Fisica d’oggi e quello della vera natura delle stelle; e c’è il terzo

movimento della Terra che disaccoppia le stagioni dallo zodiaco. C’è infine la

cultura del nostro tempo che — nonostante le tre straordinarie conquiste della

Ragione nell’Immanente (Linguaggio, Logica e Scienza) — è ancora ferma al

Linguaggio con oroscopi e magie. Il libro è suddiviso in tre parti.

Nella prima il problema dell’inizio del Terzo Millennio viene discusso, sia

dal punto di vista della pura logica matematica, sia nel suo contesto fisico e

astronomico. Viene messa in evidenza la distinzione fra tre tipi di anni —

tropico, siderale e convenzionale — e la relazione esatta che esiste tra queste

diverse quantità di tempo. Il nostro metodo per misurare il tempo e contare gli

anni è messo a confronto col metodo di contare automobili, arance e qualsiasi

tipo di oggetti materiali: la logica è la stessa. La prima parte chiude discutendo

le convenzioni che sono alla base del Calendario a noi familiare.

La seconda parte inizia col mistero del Sole e la vera natura delle stelle. I

nostri antenati erano sorpresi nel notare che due corpi celesti — il Sole e la Luna

— si distinguono dalle migliaia di altri in quanto brillano più di tutti. Eppure

sembrano avere le stesse dimensioni. Riuscirono prima a misurare la distanza

21

Terra-Luna eppoi a stabilire che il Sole era molto più lontano della Luna. Fu

Talete a capire che la Luna non poteva brillare di luce propria e riuscì a

prevedere le regolarità delle eclissi. Purtuttavia il legame tra eventi terreni e

regolarità celesti continuò ad attrarre l’interesse in quanto le leggi che reggono il

Sistema Solare erano lungi dall’essere capite. Questa seconda parte chiude con

una sintesi sulle leggi che permettono di capire tutti i fenomeni galileianamente

noti, dal cuore dell’infinitesima parte di un granellino di polvere alla più lontana

galassia.

La terza parte analizza la cultura del nostro tempo e la struttura della

società civile. Cultura e struttura, entrambe ignare delle grandi conquiste della

Ragione nell’Immanente. Essa chiude illustrando quali conseguenze potrà avere

l’evoluzione culturale nel Terzo Millennio se riuscirà a liberarsi dalla cultura

dominante.

Il libro è uno strumento per coloro che vogliono impegnarsi affinché la

cultura del Terzo Millennio aiuti i viaggiatori della nostra navicella spaziale a

costruire una società con strutture e obiettivi in sintonia con le grandi conquiste

della Scienza galileiana, senza barriere ideologiche, politiche, razziali: come

insegna la Logica del Creato.

22

II BUCHI NERI E IL MISTERO DEL SOLE

I.1 I terribili buchi neri sono fondamentali per la nostra esistenza

Inghiotte tutto e basta: ecco l’immagine impressionante del “buco nero”.

La storia ha inizio nel 1796, con Pierre Simon de Laplace. È stato lui il primo a

concepire la possibilità che un oggetto sufficientemente pesante potesse, grazie

alla sua attrazione gravitazionale, intrappolare anche un raggio di luce. «È

quindi possibile che i corpi neri più grandi e luminosi dell’Universo, a causa di

questo fenomeno, possano, risultare invisibili» — scriveva Laplace, nel suo

famoso trattato sull’Universo. Ai tempi di Laplace ci si chiedeva come

avrebbero mai potuto esistere gli oggetti cosmici da lui ipotizzati. Oggetti con

densità tale da potere intrappolare la luce: grazie alla potentissima attrazione

gravitazionale. È la fisica nucleare ad avere mostrato che la densità nucleare si

avvicina molto a quei valori. Come la mettiamo con la velocità di fuga? La luce

viaggia a un miliardo di chilometri l’ora. Siamo proprio sicuri che è possibile

intrappolare una cosa dotata di questa enorme velocità?

Già nella meccanica newtoniana era ben noto il concetto di velocità di

fuga. Se una pietra deve essere in grado di sfuggire alla attrazione gravitazionale

della Terra, la sua velocità deve essere superiore a un certo valore. Esso dipende

dalla massa della Terra, dalla distanza della pietra dal centro della Terra stessa, e

dalla costante di attrazione gravitazionale. Se, invece di una pietra, si ha un

raggio di luce, il discorso non cambia. In altre parole, esistono condizioni di

attrazione gravitazionale che intrappolano anche quella cosa tanto evanescente, e

dotata della massima velocità possibile, quale è la luce.

23

Nella teoria generale della relatività si arriva a questo risultato, partendo

da basi teoriche molto più profonde della teoria newtoniana. In condizioni di

particolare densità materiale, la cosiddetta “metrica” sviluppa una singolarità. In

parole semplici, per qualunque massa, M, esiste un volume sferico entro il quale

detta massa è confinata. Se il raggio di questa sfera è inferiore o eguale a un

certo valore — cui si dà il nome di “raggio di Schwarzschild” — quella sfera

diventa una trappola. Per qualunque oggetto, sia esso pietra o raggio di luce. Da

quel volume non può uscire alcuna informazione. Di nessun tipo. Nasce così il

“buco nero”. L’espressione matematica del “raggio di Schwarzschild” è molto

semplice

R = 2GM / c2 ,

dove G è la costante di gravitazione universale, M è la massa della sfera, R il

suo raggio, c la velocità della luce.

Facciamo un esempio. II Sole ha una massa di circa due miliardi di

miliardi di miliardi di tonnellate. Usando la formula sopra citata, si ottiene un

“raggio di Schwarzschild” di appena tre chilometri. In altre parole, se fosse

possibile (e non lo è, il perché lo discuteremo più avanti) concentrare la massa

del Sole in una sfera dal raggio di tre chilometri, da quella sfera non potrebbe

uscire più nulla, nemmeno la luce. E il Sole sarebbe un buco nero. La sua

densità sarebbe cento volte circa più grande della densità tipica dei nuclei

atomici: di quella materia nucleare, cioè, di cui è fatta ogni cosa, inclusi noi

stessi.

Nella teoria gravitazionale di Einstein i buchi neri rappresentano soluzioni

delle equazioni del campo gravitazionale. Soluzioni che descrivono regioni di

spazio-tempo che rimangono però invisibili al resto del mondo. Il “raggio di

Schwarzschild” non è altro che la prima soluzione trovata per le equazioni di

campo einsteiniano, nel 1916, dal famoso fisico e astronomo Karl

Schwarzschild. Detta soluzione configura ciò che sarebbe un buco nero statico

24

sferico. Ecco perché l’unico parametro nella soluzione non può che essere la

massa dell’oggetto, M.

Nel giorno in cui scoppiò la seconda guerra mondiale, Robert J.

Oppenheimer e Harlan Snyder, pubblicarono un famoso lavoro. In esso si

dimostrava che la soluzione trovata da Schwarzschild descrive lo stato finale di

una stella massiccia che collassa. Di una stella, cioè, la cui massa precipita verso

il centro della stella stessa. In altre parole, se una stella ha una massa molto

superiore (venti-trenta volte) a quella del Sole, quella stella diventerà un buco

nero. Il nostro Sole è troppo leggero per trasformarsi in buco nero. Altre stelle

invece possono. Questo lavoro fu il primo a considerare il buco nero come un

fenomeno importante nell’astrofisica moderna.

Per qualche decina d’anni però, il fatto che la materia potesse esistere in

densità eguale e addirittura superiore a quella dei nuclei atomici non era stata

presa seriamente in considerazione né dai fisici né dagli astrofisici. È noto che

un nucleo atomico è come una pallina estremamente piccola. Per fare un

granello di polvere ce ne vorrebbero miliardi di miliardi. Il discorso di

Oppenheimer e Snyder corrispondeva a stabilire come certa l’esistenza di nuclei

materiali, non grossi quanto un granello di polvere. E sarebbe già stato tanto. Ma

enormi quanto il Monte Bianco.

Non si tratta di concentrare acqua né piombo fuso. Le densità in gioco nei

buchi neri sarebbero quelle tipiche della materia nucleare. Non della materia a

noi familiare tipo acqua e piombo. La densità dell’acqua è di un grammo per

centimetro cubo; la densità del piombo è circa dieci volte tanto. Tutta la Fisica

Atomica e Molecolare lavora con densità di questo tipo. Sono gli elettroni

esterni al nucleo che determinano le proprietà atomiche e molecolari della

materia. È grazie alla nuvola di elettroni che la materia tipo acqua e piombo è

così leggera. Infatti, se da un pezzo di piombo togliessimo gli elettroni, addio

struttura atomica. Resterebbero soltanto i nuclei degli atomi di piombo. In questi

nuclei c’è oltre il 99% della massa del piombo.

25

Un nucleo è però centomila volte più piccolo del suo atomo. Il raggio

nucleare è circa un decimillesimo di miliardesimo di centimetro. A questa unità

si dà il nome di un-Fermi, per onorare la memoria di quel grande fisico.

Ripetiamo: la massa di un atomo è tutta concentrata nel suo nucleo. Un

elettrone pesa duemila volte meno di un protone o di un neutrone. Essendo i

nuclei fatti di protoni e neutroni, è ovvio che la nuvola di elettroni ha una massa

veramente trascurabile, in rapporto alla massa atomica totale. Non però in

rapporto al volume. Questo, come ci insegna Euclide, aumenta col cubo del

raggio. Dicevamo prima che l’atomo ha un raggio centomila volte più grande di

quello del nucleo. Centomila al cubo fa un milione di miliardi.

Ecco perché la densità della materia atomica — e cioè della materia così

come la vediamo con i nostri occhi, tipo acqua e piombo — è di appena un

grammo (acqua) o dieci grammi (piombo) per centimetro cubo. Poca cosa. Se

potessimo togliere gli elettroni dalla massa di un bicchiere di acqua, la densità

passerebbe da un grammo per centimetro cubo ad un milione di miliardi di

grammi (un miliardo di tonnellate) per centimetro cubo. Diecimila

superpetroliere in un cucchiaino di caffè. Sono queste le densità tipiche della

materia nucleare. Fino a quando queste densità sono limitate a piccole regioni

dello spazio, nulla di grave. I nuclei dei nostri atomi stanno lì a testimoniarlo.

Esistono e non collassano.

Se però immaginiamo non un piccolo nucleo ma la massa di una stella con

densità di tipo nucleare, il discorso cambia. L’attrazione gravitazionale diventa

enorme, in quanto più collassa la massa di una stella, più grande è l’attrazione

gravitazionale. Nasce così il problema dell’enorme concentrato di materia che

collassa indefinitamente e che indefinitamente inghiotte tutto, anche la luce: il

terribile buco nero. Le cose però sono lungi dall’essere così catastrofiche per la

nostra esistenza. Vedremo che essa ha bisogno dei buchi neri.

Uno dei più grandi astrofisici teorici, il professore Efim S. Fradkin di

Mosca, ha dimostrato che l’attrazione gravitazionale, a un certo punto, si blocca.

26

Viene quindi meno la prima certezza che era alla base per lo scatenarsi di quella

attrazione gravitazionale, causa prima dei buchi neri. Ma non è tutto. Il

professore Stephen Hodgking di Oxford ha mostrato che la barriera di potenziale

— quella cosa che impedisce anche ad un raggio di luce di uscire da un buco

nero — diventa penetrabile se si tiene conto degli effetti “quantistici”. In altre

parole, un ipotetico buco nero emette enormi quantità di energia grazie agli

effetti quantistici. L’immagine classica basata sul buco nero che inghiotte tutto

e basta non è più valida.

Più grande è il buco nero, più grande è l’energia che esso emette. La vita

media di questa emissione può essere molto grande. Quanto tempo potrà

impiegare un buco nero a irradiare tutta la sua energia? Sembrava che ci dovesse

mettere tanto. E, invece, pare che anche questa caratteristica sia crollata. I tempi

di vita potrebbero essere estremamente brevi. Non è escluso che, per studiare

sperimentalmente quegli oggetti stellari noti come buchi neri, sia necessario

ricorrere alle osservazioni dello spazio cosmico in cui enormi quantità di energia

vengono emesse in tempi estremamente brevi. Proprio l’opposto di quello che si

era creduto fino a pochi anni fa.

E non è tutto. Un fisico inglese Roger Penrose ha scoperto che, nel

collasso di una grande quantità di materia, si producono enormi “momenti

angolari”. Insomma quella enorme massa stellare non si restringe e basta, come

farebbe un pallone che si sgonfia. Più collassa, più si mette a ruotare, come

farebbe una potente trottola cosmica. Un raggio di luce che sbattesse contro la

superficie di questa massa stellare, rimbalzerebbe con maggiore energia. Nel

vecchio modello dei buchi neri tutto ciò che toccava la superficie del buco,

veniva inesorabilmente intrappolato. Inghiottito. Adesso viene restituito

addirittura con energia più grande di quella che aveva quando ha sbattuto contro

la superficie della massa gravitazionale in fase di collasso.

27

Riassumendo: 1) l’attrazione gravitazionale, da un certo punto in poi si

blocca; 2) la barriera di potenziale diventa penetrante; 3) il momento angolare fa

sì che un raggio di luce rimbalzi invece di essere inghiottito.

Da quando sono nate le speculazioni teoriche sui buchi neri, tanti altri

effetti, teoricamente ignorati, sono stati portati in ballo. Sono questi ulteriori

studi teorici ad aver messo in crisi la vecchia immagine dei buchi neri.

L’avventura intellettuale dei buchi neri non finisce qui.

Dopo avere emesso tanta energia un buco nero, nella fase finale,

addirittura esplode.

Ed ecco uno dei problemi cruciali. Dopo l’esplosione cosa rimane?

Molti fisici pensano che la fine di un buco nero debba rispettare le leggi di

conservazione. Una di queste riguarda la carica cosiddetta “barionica”. I mattoni

dell’universo, protoni e neutroni, hanno carica barionica. Cento protoni

hanno carica barionica che vale cento. Un buco nero deve contenere un enorme

numero di cariche barioniche. Secondo alcuni astrofisici, il suo collasso

dovrebbe essere tale da obbedire alla legge che vuole siano rispettate le cariche

barioniche.

Altri fisici pensano — e Hawking è con loro — che nell’esplosione di un

buco nero tutte le leggi della fisica siano destinate a crollare. Si tratta di

speculazioni teoriche non facilmente suscettibili di verifica sperimentale. Ciò

nonostante c’è in ballo un “laboratorio” puramente teorico in cui cercare di

capire a cosa porta la quantizzazione delle forze gravitazionali.

È in questo contesto che si inserisce un altro importante lavoro di un

giovane e già famoso fisico teorico olandese: Gerardus 't Hooft. Lo scienziato

che ha dato il crisma di rigore scientifico alla teoria delle forze elettrodeboli e

che è stato premiato col Nobel nell’ultimo anno del Secondo Millennio.

Questo grande fisico teorico olandese ha recentemente ottenuto

un risultato molto interessante. La temperatura dei buchi neri, secondo i calcoli

di 't Hooft, dovrebbe essere due volte superiore a quella prevista da Hawking.

28

Ma c’è di più. Lo studio teorico dei buchi neri permette di costruire un

laboratorio matematico con il quale cercare di capire le proprietà di queste

affascinanti entità astrofisiche.

Il fatto che i buchi neri emettano radiazione ed esplodano è certamente

una delle più inaspettate e interessanti scoperte, realizzate nel laboratorio

matematico dei buchi neri, per lo studio dei fenomeni astrofisici alle frontiere

delle nostre possibilità di osservazione.

Galilei insegna che non bastano gli studi teorici. È necessario corroborare

questi studi con prove sperimentali. Ma siamo in astrofisica. Il che vuol dire in

un settore in cui non è possibile l’intervento sperimentale diretto. Le stelle non

sono a portata di mano. I buchi neri oggi si pensa che siano nei nuclei delle

galassie. E hanno il ruolo importante di tenerle insieme.

Dovrebbero però esistere buchi neri più piccoli di un nucleo di galassia. E

dovrebbe essere possibile osservarli nel cosmo. Il loro studio ci permetterà di

capire aspetti fondamentali della Logica del Creato che attualmente sfuggono

alla nostra rigorosa comprensione. Rimane purtuttavia una certezza. Se non

esistessero i buchi neri noi non potremmo essere qui a discuterne. Essi sono

portatori di vita non di stragi.

I.2 Il mistero del Sole: la vera natura delle Stelle

Per fare una stella c’è bisogno di mettere insieme un numero enorme di

protoni ed elettroni. Enorme ma non infinito. Ad esempio per fare il nostro Sole

sono stati necessari un miliardo di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di

miliardi di protoni e lo stesso numero di elettroni.

È questa enorme massa che permette alle forze gravitazionali di agire

creando un centro di attrazione dove questo enorme numero di protoni ed

elettroni precipita.

Precipitando acquistano energia. Acquistando energia diventa possibile lo

scontro tra protoni ed elettroni. In questo scontro entrambi perdono la carica

29

elettrica(*) dando luogo a un neutrone (che è come un protone neutro) e a

un neutrino (termine coniato da Fermi per indicare appunto un elettrone neutro).

Nell’urto tra un protone e un elettrone non accadrebbe nulla se non esistessero le

forze dette deboli. Sono queste forze che permettono alla coppia (protone-

elettrone) di trasformarsi in una coppia (neutrone-neutrino). I neutrini sfuggono

dalla massa solare e viaggiano nello spazio cosmico. Essi sono la vera luce delle

stelle(*).

I neutroni invece (essendo portatori di una carica detta nucleare)

rimangono intrappolati nella massa solare. È l’urto neutrone-protone che fa

scattare l’accensione del fuoco nucleare. Se non fosse per le forze nucleari non

succederebbe nulla. Grazie a queste forze invece, la coppia (protone-neutrone) si

incolla nuclearmente formando una particella detta deutone (il nucleo

dell’atomo di Idrogeno pesante che fa’ l’acqua detta pesante). Anche il deutone

resta intrappolato nella massa del Sole. Precipitando verso il centro della stella

acquista energia e si scontra con un protone dell’enorme numero di protoni che

sono in giro. Nell’urto, grazie alle forze nucleari, il deutone e il protone si

incollano dando vita a un’altra particella detta Elio-tre (il nucleo dell’atomo

corrispondente). Questa fusione nucleare è l’origine della trasformazione

estremamente efficiente di massa in energia che permette al Sole di brillare

per miliardi di anni senza mai spegnersi.

Questo motore nucleare produce un’enorme quantità di energia che

impiega un milione di anni per raggiungere la superficie del Sole. È proprio

così. Le onde elettromagnetiche che vediamo oggi emesse dalla superficie del

Sole sono state prodotte un milione di anni fa.

(*) Ricordiamo che un protone e un elettrone hanno cariche elettriche opposte. Nell’urto è

possibile che si annullino.(*) Con speciali dispositivi è possibile vederli. È quello che facciamo nei Laboratori del

Gran Sasso.

30

Quelle onde elettromagnetiche prodotte nel cuore del Sole, arrivate in

superficie, si trasformano in luce visibile ma anche in raggi ultravioletti e

infrarossi, che arrivano a noi dopo otto minuti di viaggio cosmico.

La luce prodotta sulla superficie del Sole fece credere ai nostri nonni che

il Sole brillasse come una qualsiasi candela. Le sue fiamme sembravano simili

alle fiamme di un qualsiasi fuoco che noi accendiamo qui sulla Terra.

Nacque così il mistero del Sole. Infatti, grazie alla Legge di Gravitazione

Universale scoperta da Galilei e Newton, era possibile calcolare la massa del

Sole. I calcoli davano un valore molto piccolo. Quella candela era

incredibilmente leggera. Avrebbe dovuto spegnersi tanti miliardi di anni fa.

Come mai brillava ancora e con formidabile potenza?

Abbiamo detto del fuoco di fusione nucleare che è estremamente

efficiente. È il più efficiente di tutti i fuochi noti. A parte il fuoco di

annichilazione, del quale parleremo. A conti fatti il fuoco nucleare risulta

miliardi di volte più efficiente del fuoco delle nostre candele. E del fuoco di cui

brucia il petrolio e tutti i combustibili.

Perché? Risposta: fuoco vuol dire trasformazione di massa in energia. Nel

fuoco delle nostre candele la trasformazione di massa in energia è governata

dalle forze elettromagnetiche.

Nel fuoco di fusione nucleare del Sole la trasformazione di massa in

energia è governata dalle forze nucleari. Queste sono molto più potenti delle

forze elettromagnetiche. Ecco dove sta la soluzione del mistero del Sole.

Dicevamo che il più potente di tutti i processi in cui la massa si trasforma

in energia è quello dell’annichilazione. Questo tipo di fuoco distrugge

totalmente la materia mentre, sia il fuoco nucleare, sia quello elettromagnetico,

lasciano inalterate le cariche fondamentali.

È bene precisare che se la materia fosse fatta solo di massa noi non

potremmo esistere. La stabilità della materia è garantita dalla legge di

conservazione delle cariche fondamentali della natura (cariche di cui quella

31

elettrica è la più nota). Il processo di annichilazione distrugge non soltanto la

massa ma anche le cariche fondamentali. Ecco perché l’annichilazione

corrisponde alla totale distruzione della materia. Ma per avere questa totale

distruzione c’è bisogno di una quantità di Antimateria esattamente eguale alla

quantità di materia da distruggere. E produrre Antimateria è impresa

incredibilmente ardua. Ecco perché non potranno mai esistere le bombe

all’Antimateria.

Il fuoco elettromagnetico (delle nostre candele) e nucleare (del Sole)

lasciano totalmente inalterato il numero di cariche presenti nelle candele e nelle

stelle. È come se non succedesse nulla alle cariche fondamentali.

La luce delle stelle è un fenomeno secondario. Quello primario è la

fusione nucleare che è alimentata dalla produzione di neutroni e neutrini. Essi

sono la vera luce delle stelle. E non solo delle stelle. Anche delle supernovae e

degli stessi “buchi neri” che in effetti non sono né “buchi” né “neri”. Le loro

proprietà sono al centro dell’attenzione scientifica in questo inizio di Terzo

Millennio e certamente saranno portatori di formidabili e nuove conquiste

concettuali. Anche nel loro studio sono in gioco strutture matematiche

particolarmente interessanti.

I.3 Supernovae e miniere d’oro. Niente misteri

L’uomo è sempre stato affascinato dallo spettacolo di una notte stellata. I

nostri antenati si chiedevano quale era il ruolo delle stelle per il futuro del

mondo e per la vita di tutti i giorni.

Osservando con attenzione il cielo, i nostri antenati scoprirono che

esistono regolarità e anomalie. Ad esempio, a un certo istante nasce una nuova

stella. Come mai? E perché nasce questa stella? Accade anche che essa può

essere brillante molto più delle altre. Tanto che si può vedere addirittura di

giorno. Le stelle del firmamento, di giorno non le vediamo più. Non perché

spariscano, ma perché vince la luce del Sole, che è migliaia di volte più potente.

32

Come mai, di tanto in tanto, nasce una nuova stella? E perché mai accade anche

che essa brilli nel cielo tanto fortemente da non essere “cancellata” come le

altre, dalla luce del Sole? Quale messaggio essa porta per noi miseri mortali?

Noi sappiamo oggi, grazie alla Scienza galileiana, che quelle stelle sono

fucine nucleari in cui si fabbricano oro e argento, piombo e titanio. Una

supernova è l’ultima fase nella vita di una stella.

Una supernova emette — nel giro di pochi secondi — una quantità di

energia che è migliaia di volte superiore a quella che il Sole riesce a emettere nel

corso della sua vita. Una supernova arriva a brillare più di tutte le stelle

dell’intera galassia nella quale si trova. Questa enorme quantità di luce emessa è

però solo una piccola parte dell’energia prodotta nel collasso della supernova.

La maggior parte dell’energia prodotta nel collasso gravitazionale viene emessa

come neutrini. Sono queste particelle la vera luce di una supernova. È nel

collasso gravitazionale di queste stelle che si fabbricano i nuclei di tutti gli

elementi pesanti della Tavola di Mendeleev. È necessaria una enorme energia

gravitazionale per riuscire a incollare nuclearmente le varie palline. Infatti un

nucleo con otto protoni e otto neutroni com’è l’ossigeno, deve essere incollato

superando l’enorme repulsione elettrica degli otto protoni che si respingono

fintantocché non si avvicinano al punto da fare scattare l’attrazione nucleare. Se

non fosse per il collasso gravitazionale i nuclei non potrebbero esistere. Ad

esempio, l’oro dei nostri anelli. Esso non è nato nelle miniere. Una miniera

d’oro è il posto in cui, l’oro prodotto in una supernova, è andato a finire, dopo

essere stato proiettato nel Cosmo nel corso della gigantesca esplosione cosmica

che ha prodotto, oltre a enormi flussi di neutrini, quella luce che i nostri antenati

riuscivano a vedere anche di giorno.

Le nuove stelle, osservate nel corso dei millenni, dall’alba della civiltà a

oggi, non sono segnali anomali che il cielo vuole inviarci. Sono fenomeni fisici

perfettamente comprensibili. A queste nuove stelle si dà il nome di “nova” e di

“Supernova”. Se queste nuove stelle non fossero mai esistite, noi non potremmo

33

avere, qui sulla Terra, né oro, né argento, né piombo, né alcun elemento

“pesante”. Il che vuol dire con tante palline nucleari. Ad esempio l’Atomo di

Idrogeno, elemento indispensabile per l’Acqua che beviamo, ha il nucleo fatto

con una sola pallina nucleare (il protone). L’Ossigeno, altrettanto indispensabile

per l’acqua, di palline nucleari ne ha 16. Il Carbonio delle nostre cellule viventi,

di palline nucleari ne ha 12. Esso è quindi 12 volte più pesante dell’Idrogeno.

Attualmente nel Sole un’enorme quantità di Idrogeno si sta trasformando in

Elio. Il nucleo dell’Elio è fatto con 4 palline nucleari. Fra cinque miliardi di

anni, il Sole avrà esaurito tutto l’Idrogeno e diventerà una fucina nucleare in cui,

grazie al collasso gravitazionale, si riuscirà a mettere insieme tre nuclei di Elio

per fare un nucleo di Carbonio. Il Sole però è troppo leggero per diventare una

Supernova. La stella a noi più vicina — e detta Sole — è destinata a finire i suoi

giorni senza esplodere.

Se tutte le stelle fossero come il Sole non sarebbe stato possibile mettere

in giro nel grande spazio cosmico i nuclei dei materiali pesanti, tanto utili per la

nostra vita quotidiana, oltre che per la struttura stessa del nostro corpo materiale.

Insomma le “Supernovae” sono fucine indispensabili per la nostra

esistenza. E non sono certamente segnali in codice che il Cosmo ci invia per

terrorizzarci.

I.4 La nostra Supernova (1987-A) e i Laboratori del Gran Sasso

Da Galilei in poi non se n’era vista alcuna. Fino al 1987, quando

l’astronomo dell’Università di Toronto, Ian Shelton, non riusciva a credere ai

propri occhi, guardando quella macchia nuova nelle foto di routine prese

dall’Osservatorio del Cile. Fu così che decise di uscire, per dare uno sguardo al

cielo: a occhio nudo. Gli ci vollero tre ore — sono parole sue — per concludere

che quella nuova stella in cielo doveva essere una supernova.

Quando una stella ha esaurito il combustibile nucleare, la sua massa

sprofonda verso il centro, per rimbalzare in una esplosione cosmica di

34

straordinaria importanza per la nostra esistenza materiale. L’oro dei nostri

gioielli, il calcio stesso delle nostre ossa, il ferro, il piombo, l’argento, sono stati

espulsi nello spazio cosmico dal cuore della stella.

La fusione nucleare è un processo che mette insieme protoni e neutroni.

Più grande è il loro numero, più pesante sarà il nucleo dell’atomo. L’ossigeno

dell’aria che respiriamo è fatto con otto protoni e otto neutroni.

Queste sedici palline nucleari sono state incollate grazie alla forza

gravitazionale che spinge le palline ad avvicinarsi al di sotto del decimo di

millesimo di miliardesimo di centimetro. Arrivati a questa piccolissima distanza

scatta l’attrazione nucleare che è fortissima e che dà vita al nucleo di ossigeno.

Nelle stelle è il fuoco nucleare che blocca il collasso gravitazionale.

Una volta esaurite tutte le possibilità di fuoco nucleare, non c’è più nulla

che possa evitare alla massa stellare di precipitare verso il centro di attrazione

gravitazionale della stessa stella.

La supernova nasce dal collasso gravitazionale. Quella che era una stella

si mette a brillare molto, moltissimo. Come diecimila, centomila, un milione, un

miliardo di stelle. E poi si spegne, trasformandosi in un ammasso di neutroni. È

così che nasce la stella a neutroni o addirittura in un buco nero. Insomma

scompare alla nostra vista. La fine di una stella dipende dalla sua massa. Se essa

è superiore a otto masse solari diventa una stella a neutroni. Se eccede le venti

masse solari diventa un buco nero. Parte sempre come supernova.

Nell’esplodere però la supernova emette enormi quantità di materia che si

diffonde nello spazio. La Nebulosa del Granchio è ciò che resta della più famosa

supernova, quella scoperta nel 1054 dagli astronomi cinesi.

Procediamo con ordine.

I primi a osservare una stella “nuova” furono i cinesi il 7 dicembre

dell’anno 185 d.C. Poi venne quella del marzo 369 d.C. E ancora un’altra

supernova il 3 maggio 1006. Quest’ultima segnalata anche dagli arabi e dagli

35

europei. Ma il primato degli astronomi cinesi doveva culminare con la grande

scoperta, il 4 luglio 1054.

Questa supernova, dicono gli astronomi ufficiali cinesi, brillò nel cielo per

più di un anno, prima di spegnersi definitivamente.

In Europa nessuno la notò. Forse è il caso di ricordare che gli astronomi

cinesi rispondevano con la vita sull’esattezza delle osservazioni celesti.

Come dicevamo prima, in quell’angolo di cielo c’è oggi la cosiddetta

Nebulosa del Granchio: una debole sorgente di luce, di onde radio e di raggi X.

Osservando oggi la Nebulosa del Granchio sappiamo con esattezza cosa

diventa, dopo novecento anni, una supernova.

Volendo risalire indietro nel tempo, c’è il pulsar della Vela che si pensa

siano i resti di una supernova esplosa diecimila anni fa. Attualmente

centotrentacinque oggetti, che emettono onde radio, sono considerati resti di

supernove, tutte esplose nella nostra galassia. Di questi, una trentina soltanto

emettono raggi X. Insomma le supernove sono una componente essenziale per

capir il mondo che ci circonda.

Torniamo al 1054. Bisogna attendere cinquecentodiciotto anni perché

un’altra supernova si accenda nel cielo. E infatti nel 1572 il grande astronomo

Tycho Brahe annuncia la scoperta di un’altra supernova.

Se a quei tempi fosse esistita la televisione, avremmo sentito qualche

esperto dire che la prossima supernova sarebbe arrivata dopo altri cinquecento

anni. Alla nostra televisione infatti nel 1987 qualcuno disse: «Arrivederci fra

trecento anni».

Furono Keplero e Galilei, trecentottantrè anni fa ad annunciare, nel 1604,

la scoperta di una supernova. L’esperto televisivo — ovviamente longevo —

sarebbe rimasto senza fiato ai tempi di Galilei: la supernova di Keplero e Galilei

non aveva atteso cinquecento anni, ma appena trentadue da quella di Brahe.

E adesso, trecentottantrè anni dopo Keplero e Galilei, eccoci con la

supernova 1987. Essa però si trova nella Grande Nube di Magellano. Non nella

36

nostra galassia. Siamo dinanzi a una supernova extragalattica. La Nube di

Magellano è infatti una piccola galassia che viaggia nel cosmo insieme alla

nostra. Essa dista da noi centosettantamila anni-luce.

Ad una distanza tredici volte più grande si trova una galassia due volte più

grande della nostra e di forma quasi identica: Andromeda. In essa, nel 1885,

esplose una supernova. Abbiamo quindi un totale di otto supernove, di cui sei

nell’ultimo millennio: quattro galattiche e due extragalattiche.

Soltanto adesso però l’uomo è pronto a studiare bene queste straordinarie

realtà cosmiche.

Una supernova produce luce — e anche l’ultima, la 1987-A scoperta da

Ian Shelton — è stata visibile a occhio nudo. Però la luce è un fatto “esterno”. Il

cuore della supernova emette neutrini e onde gravitazionali.

Non per nulla l’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) ha promosso

e finanziato le ricerche e i dispositivi sperimentali per osservare e studiare sia i

neutrini emessi nei collassi stellari, sia le onde gravitazionali. Il Laboratorio del

Gran Sasso è il traguardo cui tendevano tutte le iniziative (incluso il Laboratorio

del Monte Bianco) intraprese dall’INFN per dare alla fisica italiana obiettivi di

grande valore scientifico. E non è certo un caso che i fisici italiani avranno in

casa loro il più grande laboratorio cosmico del mondo: se il Gran Sasso fosse

stato, con tutte le sue strutture tecnico-sperimentali progettate e in corso di

realizzazione, operante nel 1987, quella supernova ci avrebbe permesso di

stabilire almeno due primati.

Uno sulla massa dei neutrini, l’altro sulla esistenza delle onde

gravitazionali.

Si tratta di due problemi chiave nella fisica moderna, che avrebbero

potuto trovare una spettacolare soluzione grazie ai Laboratori del Gran Sasso.

La scoperta della supernova 1987-A non deve essere considerata l’ultima

occasione perduta, ma un’ulteriore stimolo per tutti i fisici impegnati nei progetti

del Gran Sasso a considerare il cosmo come una fucina per nuove scoperte

37

fondamentali. Non è corretto dire «arrivederci fra trecento anni». Infatti, perché

no, una supernova il buon Dio potrebbe regalarcela, anche domattina, o fra un

paio di anni. Eppoi, oltre alle supernove, il cosmo ha ancora tante cose da

svelarci. Non per nulla quattrocento fisici lavorano in USA, URSS, Cina ed

Europa, sugli strumenti da portare al Gran Sasso: in quello che è oggi il più

potente osservatorio cosmico del mondo.

I.5 Dieci, cento, mille Big-Bang

Abbiamo visto nel paragrafo precedente che, secondo un lavoro teorico di

Fradkin, il collasso gravitazionale a un certo punto si blocca. Vediamo di cosa si

tratta e a quali conseguenze esso conduce.

Se in un campo di grano c’è seminata anche una “mina” guai a metterci

un piede sopra. Si può andare dappertutto su quel prato a spigolare, salvo dove

c’è quell’orribile ordigno. Chi ci finisce con un piede sopra salta in aria. Quel

punto sul prato è una “singolarità”. E infatti lì, in quel preciso punto, succede

qualcosa di straordinario. Il contadino che sperava di raccogliere le belle spighe

di grano, si trova catapultato in aria da una potenza esplosiva che il buon grano

certo non ha. Il campo di grano è un esempio di spazio. Il contadino lo possiamo

immaginare come una “funzione” ed ecco l’analogia con la matematica.

Quell’uomo che si muove nello spazio possiamo immaginarlo come un esempio

di ciò che gli specialisti chiamano “funzione”. Quando questa “funzione”

incontra un punto di singolarità, salta in aria, come quel povero contadino. In

matematica non succede nulla. In fisica invece il discorso si fa grave. Quando

una espressione matematica descrive fenomeni fisici, i suoi punti di singolarità

possono corrispondere ad autentiche catastrofi. La più grossa di tutte è il

cosiddetto collasso gravitazionale, punto di singolarità nella descrizione

einsteiniana della gravitazione universale.

La radice del collasso gravitazionale sta però nel fatto che, aumentando

l’energia, aumenta la potenza di una interazione. Più si aumentano le masse, più

38

si riducono le distanze, per effetto del collasso gravitazionale, peggio è. Tutta la

materia si appiccica sempre di più. Se non c’è un freno a questo progressivo

appiccicamento tutto sprofonda in un “punto di singolarità”. È questa una

caratteristica drammatica della gravitazione universale.

L’universo non può andare avanti e indietro. Ha avuto inizio col Big-

Bang, venti miliardi di anni fa circa. Oggi è in espansione. Tra cinquanta

miliardi di anni avrà (forse) raggiunto il massimo limite e avrà inizio la

compressione, che si concluderà con il collasso gravitazionale totale. E poi?

Niente. Nessuno può far previsioni. Né prima del Big-Bang né dopo il collasso

totale. Motivo: le equazioni gravitazionali hanno punti di singolarità. Come dire:

la teoria salta in aria. Per fare previsioni è necessario che lo strumento

matematico rimanga sotto controllo. L’attrazione gravitazionale nel collasso

gravitazionale aumenta paurosamente. Più c’è materia che collassa più aumenta

l’attrazione. Senza sosta. Il che vuol dire che quella trappola universale è senza

speranza.

Ecco perché non era possibile finora prendere in considerazione l’ipotesi

di un universo che collassa e che poi ritorna ad espandersi. In meccanica classica

non è così. Una palla perfettamente elastica può comprimersi ed espandersi

dieci, cento, mille volte. E se non ci fosse l’attrito, indefinitamente. L’universo è

come una immensa palla elastica che però alla prima compressione si inceppa

trasformandosi in un piccolissimo pallino incapace di espandersi, in quanto tutta

la massa della palla è rimasta totalmente appiccicata dalla colla gravitazionale.

Se non fosse per questo effetto di “singolarità” non ci sarebbe niente che,

in via puramente teorica, proibisca di ipotizzare un universo in continua

espansione e compressione.

Non una, ma dieci, cento, mille volte. Noi saremmo quindi eredi di

qualcosa che non esiste da appena venti miliardi di anni, ma molto, molto di più.

Questo sarebbe possibile se, ad un certo punto della compressione, la colla

gravitazionale smettesse di agire. È il risultato di quello studio teorico portato

39

avanti con grande impegno dall’astrofisico russo, Efim S. Fradkin,

dell’Università di Mosca. Egli ha trovato un risultato che ricorda quanto è stato

scoperto, qualche anno fa, nelle forze subnucleari: la cosiddetta libertà

asintotica. La carica gravitazionale, a partire da una certa energia in poi, è come

se si spegnesse. Quindi niente più “singolarità”. Un orizzonte nuovo si apre

nello studio dei fenomeni gravitazionali, dal Big-Bang al collasso cosmico

universale. Un orizzonte denso di grandi speranze. Un orizzonte che potrebbe

portarci alla formidabile conclusione delle dieci, cento, mille espansioni

cosmiche.

40

III NOSTRI ANTENATI E GLI UFO

II.1 Come i nostri antenati vedevano il Sole, la Luna e le StelleMettiamoci nei panni dei nostri antenati, vissuti quando nessuno sapeva

niente di niente, e che alzano gli occhi al cielo, per cercare di capire qualcosa.

Nascono così le grandi paure e i primi tentativi di capire il Sole, la Luna e le

Stelle.

Il Sole sembrerebbe avere tre “fasi”. Sole crescente (alba), Sole pieno

(mezzogiorno), Sole calante (tramonto). La Luna invece, non solo brilla molto

meno del Sole, ma, oltre a sorgere e tramontare come fa il Sole, si presenta in

tanti modi diversi. Modi che possono riassumersi in quattro fasi: Luna piena,

mezza calante, Luna nuova e mezza crescente. Impiega sette giorni per passare

da una fase (ad esempio di Luna piena) alla successiva (mezza Luna calante). E

così per le altre.

I nostri antenati pensarono: guarda che strano, sette giorni. Perché proprio

sette? Sette sono i peccati capitali. E sette le note musicali scoperte da Pitagora.

Il Sole non lo vediamo mai metà calante e metà crescente, come invece fa

la Luna. Né lo vediamo mai come “Sole nuovo”: e cioè debolissimo e quasi

invisibile in pieno cielo stellato, come fa la Luna. Quando nel cielo non ci sono

né il Sole né la Luna, i nostri antenati si accorsero che c’erano altre sorgenti di

luce. Le chiamarono stelle. Alcune sorgevano e tramontavano ritornando però

nelle stesse posizioni della notte precedente. Sempre. Le chiamarono stelle fisse.

41

Altre non ritornavano nelle stesse posizioni. Le dettero il nome dovuto: “pianeti”

(che in greco vuol dire “stelle erranti”).

I nostri antenati cercarono di capire come mai alcune stelle fossero fisse e

altre invece si muovessero nel cielo. Pensarono che le stelle mobili dovessero

pur dirci qualcosa. Anzitutto il loro numero sette: Sole, Luna, Mercurio, Venere,

Marte, Giove, e Saturno. E ritorna lo stesso numero sette. A quei tempi non si

conoscevano Urano, Nettuno e Plutone. Il numero magico “sette” sarebbe

saltato. Così non fu.

Nel tentativo di scoprire legami tra messaggi in codice, le sette stelle

erranti vennero associate ai sette Peccati Capitali. E, nel desiderio di capire la

logica di questi messaggi, si legarono i giorni a ciascuna Stella errante. Lunedì

vuol dire Luna; martedì, Marte; mercoledì, Mercurio; giovedì, Giove; venerdì,

Venere; sabato, Saturno; domenica, Sole.

Un altro esempio di legame tra stelle erranti. Il Sole sembra che giri

attorno a noi impiegando dodici mesi. Giove invece appare girare attorno a noi

in dodici anni. Ecco l’origine del legame tra Sole e Giove. Saturno sembra che

giri attorno a noi in ventinove anni; e siccome la Luna impiega ventinove giorni

a girare attorno a noi ecco il legame tra Luna e Saturno. E continuarono nel loro

disperato tentativo di leggere il loro destino negli astri. Appunto, le stelle fisse.

Perché erano immobili? Pensarono così che le stelle fisse dovessero

rappresentare cose note: Pesci, Leoni, Bilance, Tori, eccetera. I passaggi delle

stelle mobili sulle strutture delineate dalle stelle fisse vennero interpretate come

messaggi da decifrare.

Perché certe costellazioni si manifestano e le vediamo in determinate

stagioni soltanto? Perché non vediamo sempre le stesse costellazioni? È

legittimo pensare che ci sia un legame tra le costellazioni e le stagioni. Legittimo

ma privo di fondamento. Infatti le stelle stanno sempre tutte lì. La volta celeste

la vediamo di notte in quanto c’è bisogno di buio per vederle brillare nel cielo.

42

Se immaginassimo il Sole spento e di essere tutti al Polo Nord vedremmo

la metà circa della volta celeste. Sempre. E al Polo Sud l’altra metà. Sempre. Il

fatto di non essere ai poli, di avere un asse di ventitrè gradi e mezzo inclinato

nella rotazione a trottola della Terra, e di girare su una pista cosmica attorno al

Sole e di avere il Sole che ci illumina durante mezzo giro è alle origini del

legame apparente tra le stagioni e le costellazioni. Infatti alcune costellazioni si

vedono e altre no in certi periodi dell’anno. Le costellazioni che in certe stagioni

non vediamo è perché si trovano dalla parte del Sole. Il che non è cosa da poco.

Quella parte di cielo viene illuminata dal Sole ben centomila volte più della

volta celeste.

Riflettendo sulle loro osservazioni, i nostri antenati notarono che il disco

del Sole e quello della Luna erano quasi identici. E nacque il problema di capire

quale dei due corpi celesti fosse a noi più vicino. Alcuni pensarono dovesse

essere il Sole in quanto impiegava appena ventiquattr’ore per ritornare nella

stessa posizione, mentre la Luna ne impiegava ventinove volte di più. Eppoi il

disco del Sole appare sempre intero. Non si presenta mai come mezzo Sole,

eccetto quando incomincia a sorgere (alba) o quando incomincia a sparire

(tramonto).

Anche la Luna sorge e tramonta in poco tempo. Però sorge come mezza

Luna e tramonta come mezza Luna. Oppure come un quarto e tramonta come un

quarto di Luna. Se invece è Luna piena, sorge e tramonta come Luna piena.

Insomma la Luna ha veramente tanti modi di mostrarsi a noi: piena, calante,

nuova e crescente. Il Sole no. È sempre a disco pieno. Fu con la civiltà greca che

l’uomo riuscì a misurare la distanza Terra-Luna. E fu Aristarco a stabilire che il

Sole doveva trovarsi molto più lontano della Luna.

Alle fantasie interpretative di messaggi cosmici legati alle stelle fisse e

mobili incominciarono a subentrare nozioni quantitative che pian piano

avrebbero portato a modelli meno fantasiosi nella osservazione dei corpi celesti,

le cui proprietà restavano però totalmente ignote. È con la scoperta della Scienza

43

galileiana che si riesce a capire la vera natura di tutti quei misteri cosmici che

vanno dalle fasi lunari alle stesse fisse e mobili e a tutte quelle domande rimaste

senza risposta per migliaia e migliaia di anni.

È incredibile ma vero. Non esiste oggi alcun mistero nello studio delle

stelle. Sappiamo di cosa sono fatte e perché alcune appaiono muoversi, altre no.

In verità nulla rimane fermo nel cosmo. Tutti i corpi celesti si muovono. E tutti

debbono obbedire alle stesse leggi fondamentali. Senza eccezione alcuna. Lo

spettacolo cosmico ha acquisito un fascino spettacolare e si è liberato di tutti i

misteri. Non ci sono messaggi segreti che le Stelle intendono inviarci.

Purtuttavia la cultura del nostro tempo lascia ancora credere che questi messaggi

esistano. E che il nostro destino sia scritto nelle stelle.

Credere a queste estrapolazioni fantastiche della realtà era giustificato per

i nostri antenati. Essi riuscivano a vedere un po’ più di tremilacinquecento stelle

(erranti e fisse).

In effetti di corpi celesti nel cosmo ce ne sono un numero che si esprime

con ventidue potenze di dieci: diecimila miliardi di miliardi. I nostri antenati di

corpi celesti ne vedevano una miliardesima di miliardesima parte. È come se

volendo studiare le sei miliardi di persone che popolano la Terra noi

pretendessimo di potere capire qualcosa nella loro esistenza dopo essere riusciti

a studiare di una sola persona una minuscola frazione di capello, dal peso di un

decimo di millesimo di grammo.

II.2 Stelle Cadenti e Aurore Boreali

Le Stelle Cadenti terrorizzarono i Galli. Essi erano una stirpe

coraggiosissima con una sola paura: che il cielo prima o poi finisse col cascare

sulle loro teste. Le fantasie narrative di Asterix e Obelix non è un caso che siano

nate in Francia. Fu infatti nel paese dei Galli che una notte d’agosto tutti

osservarono migliaia di stelle cadenti: sembravano staccarsi dal cielo. Qui da noi

vige la tradizione di esprimere un desiderio. Forse è perché non ne abbiamo mai

44

viste tante migliaia cadere tutte insieme. Accadde alla nostra Terra di trovarsi

nello stesso tratto di cielo in cui tanto tempo prima s’era trovata a passare una

cometa. È la polvere di ghiaccio e materiale vario che una cometa lascia nel

cielo a generare il fenomeno delle “stelle” d’agosto cadenti. In effetti non cade

un bel nulla. Sono quei minuscoli frammenti di cometa che, a contatto con l’alta

atmosfera si riscaldano per attrito a tal punto da infiammarsi.

Questo non lo sapevano i nostri antenati. Fu Galilei a scoprirlo. L’attrito ci

vollero più di duemila anni da Aristotele per essere scoperto. E per capire che le

comete sono oggetti cosmici attratti dal Sole in orbite fortemente ellittiche è

stato necessario arrivare a Galilei e Newton.

Con le Aurore Boreali il discorso è molto più complesso. Non si tratta di

polvere di comete che a contatto con l’atmosfera si accende per attrito.

Per capire le Aurore Boreali (Nord) e Australi (Sud) è stato necessario,

prima capire il Sole e il fatto che questa enorme quantità di protoni ed elettroni

ruota come una trottola. È ruotando che perde elettroni e protoni che finiscono

qui da noi.

Come mai ai poli e non all’equatore?

Risposta. La Terra gira anch’essa su se stessa e il nucleo di ferro ad essa

interno ruota generando un campo magnetico che ci protegge dalle particelle

cariche. Ci protegge fintantocché l’energia di queste particelle non supera

determinati valori. Protoni ed elettroni sono i costituenti di quel fenomeno detto

“vento solare”. Elettroni e protoni cadono nei “buchi” magnetici del polo Nord e

Sud. Ed è proprio cadendo che generano onde elettromagnetiche speciali a causa

della particolare struttura della nostra atmosfera.

Le Aurore Boreali e Australi hanno suscitato interesse, non terrore come

fu per le Stelle Cadenti.

45

II.3 Andromeda Nebula. Il più lontano punto del cosmo visibile a occhio

nudo

Sarebbe bello vedere le stelle oltre i confini del cosmo. Bello ma

impossibile. Vediamo perché. A occhio nudo possiamo vedere una stella se essa

dista da noi non più di dieci anni-luce. È la minima quantità di luce che i nostri

occhi riescono a percepire. Immaginiamo di avere cento miliardi di stelle, come

è una galassia. Se una stella la possiamo vedere fino a dieci anni-luce,

sembrerebbe ovvio concludere che cento miliardi di stelle dovremmo poterle

vedere — sempre a occhio nudo — fino a cento miliardi di volte la distanza di

dieci anni-luce. Quindi: mille miliardi di anni-luce. I confini del cosmo sono a

venti miliardi di anni-luce. Ma questa è una distanza cinquanta volte più piccola

del limite estremo che dovremmo essere in grado di vedere con i nostri occhi. Se

così fosse, dovremmo essere in grado di vedere a occhio nudo tutte le galassie

incluse quelle che si trovano agli estremi limiti del nostro universo. Perché non è

possibile?

I motivi sono due. Il primo è fisica cosmica. L’altro è di ottica geometrica.

Fisica cosmica: l’universo è in espansione. Più le galassie sono lontane,

più velocemente si allontanano. Questa velocità di allontanamento da noi riduce

l’energia delle onde luminose (non la loro velocità). La luce che noi vediamo, se

perde energia precipita verso l’infrarosso e non possiamo più vederla. Ma se la

velocità di allontanamento della sorgente luminosa è ancora più grande,

quell’onda elettromagnetica che i nostri occhi vedevano come luce precipita

oltre l’infrarosso e diventa onda radio. Per vederla sono necessari i radio

telescopi. Ed è esattamente così che si studiano le galassie e gli oggetti cosmici

che si trovano ai confini dell’universo. La luce emessa da quelle sorgenti diventa

onda radio.

Fisica geometrica. Immaginiamo una grande sfera, con al centro una

lampadina. Il raggio della sfera sia di un chilometro. Se ci spostiamo su questa

sfera, vedremo sempre la lampadina. Infatti, un centimetro quadrato di

46

superficie su quella sfera riceverà lo stesso numero di “fotoni” (particelle di

luce), ovunque esso si trovi. A condizione di restare su quella sfera. Essere sulla

sfera vuol dire distare dalla lampadina un chilometro.

Supponiamo che quella lampadina emetta un miliardo di fotoni al

secondo. Questi fotoni saranno distribuiti sulla superficie totale della sfera. E

una loro piccola frazione su quel piccolo centimetro quadrato di sfera. Quel

centimetro quadrato possiamo immaginarlo come la superficie di uno dei nostri

due occhi.

Se al posto di una sola lampadina ne mettiamo cento, il numero di fotoni

su quel centimetro quadrato sarà cento volte più grande. E su tutta la nostra sfera

arriveranno cento volte più fotoni di prima. Infatti, ripetiamo, adesso al centro

della sfera non c’è una sola, ma cento lampadine.

Adesso immaginiamo una sfera il cui raggio sia dieci chilometri.

E calcoliamo quant’è la sua superficie, rispetto a quella il cui raggio era di

un chilometro. Euclide lo sapeva già tremila anni fa. La superficie di questa

nostra nuova sfera non è dieci, ma cento volte più grande di quella precedente.

Quindi, attenzione, dice Euclide: se il raggio aumenta dieci volte, la superficie

della sfera aumenterà di cento volte.

Il numero di fotoni emesso dalle cento lampadine lo troveremo distribuito

su questa nuova sfera, la cui superficie è cento volte più grande di quella

precedente.

Attenzione: abbiamo aumentato di cento volte il numero di fotoni da

distribuire nello spazio. E di altrettante cento volte la superficie su cui questi

fotoni andranno a finire.

Se partendo da una ciliegia a testa, aumentiamo di cento volte il numero

di ciliegie e di cento volte il numero di ragazzi, ciascuno avrà sempre una e una

sola ciliegia.

47

Aumentare il numero di fotoni e contemporaneamente la superficie su cui

andranno distribuiti, vuol dire avere, su ciascun centimetro quadrato della nuova

superficie, lo stesso numero di fotoni.

Vedere una lampadina vuol dire ricevere nei nostri occhi un numero

sufficiente di fotoni. Supponiamo che questo numero sia il minimo possibile.

Ciò vuol dire che, se arrivano meno fotoni, i nostri occhi non ce la fanno

più a trasmettere un segnale al cervello.

Una stella, come il nostro Sole, ci acceca, trovandosi dov’è. E cioè a

cinquecento secondi-luce.

Se il Sole si trovasse a dieci anni-luce lo vedremmo come una debolissima

stella. Tanto debole che se si allontanasse ancora un po’ non riusciremmo più a

vederlo.

Se il Sole fosse cento miliardi di volte più potente nell’emettere luce,

potremmo allontanarlo ancora di più. Una galassia come Andromeda Nebula è

fatta con qualcosa come duecento miliardi di Soli. Essa è talmente lontana che ci

appare come un punto nel cielo. Un punto in cui è come se fossero concentrate

duecento miliardi di stelle aventi la stessa potenza del Sole.

Se è vero, come è vero, che il Sole riusciremmo a vederlo (come di fatto

avviene con stelle ad esso simili) alla distanza di dieci anni-luce, di quanto

potremmo allontanarlo da noi se la sua potenza fosse cento miliardi di volte più

grande?

Per riuscire a vederlo sarebbe necessario che sulla superficie dei nostri

occhi arrivasse lo stesso numero di fotoni di prima. Se lo allontanassimo cento

miliardi di volte, il numero di fotoni che arriverebbe ai nostri occhi

diminuirebbe (insegna Euclide) di ben cento miliardi di volte al quadrato. Non

cento miliardi: è proprio qui il nocciolo di tutto il discorso.

Ripetiamo: allontanare di dieci volte una sorgente di luce che stiamo

osservando con i nostri occhi, vuol dire ridurre di cento (non di dieci) volte il

numero di fotoni che incidono sulla superficie dei nostri occhi.

48

Se al posto degli occhi mettiamo uno strumento, o una superficie sensibile

(come ad esempio una lastra fotografica), il discorso rimane esattamente lo

stesso.

Infatti il problema che stiamo trattando è di pura geometria euclidea. E

riguarda il valore delle superfici sferiche. Lo abbiamo già detto: Euclide insegna

che la superficie di una sfera aumenta con il quadrato del raggio.

Quindi, se il raggio aumenta di dieci volte, la superficie della sfera

aumenta di cento volte.

Se una stella come il Sole si può vedere a occhio nudo alla distanza di

dieci anni-luce, questo è dovuto a un fatto estremamente semplice. E cioè che,

sulla superficie della sfera avente come raggio dieci anni-luce, “piove” un

numero sufficiente di fotoni, affinché un occhio umano possa vedere quella

lontana sorgente di luce. Ovunque l’occhio si trovi sulla superficie della sfera.

Se la superficie della sfera aumenta cento miliardi di volte, al posto del

Sole dobbiamo mettere cento miliardi di Soli. Il numero di fotoni che arrivano

ogni secondo sulla nuova superficie sarà lo stesso di prima. Infatti abbiamo

cento miliardi in più di fotoni, e cento miliardi in più di superficie.

Adesso attenzione. Per avere una superficie cento miliardi di volte più

grande, dobbiamo aumentare il raggio trecentotrentatremilatrecentotrentatrè

volte. Infatti il quadrato di questo numero fa cento miliardi.

Conclusione: cento miliardi di stelle (come il nostro Sole) risultano

visibili a una distanza trecentomila volte più grande di dieci anni-luce. Il

risultato fa tre milioni di anni-luce. Andromeda Nebula si trova a due milioni di

anni-luce. Se fosse stata un po’ più lontana l’avremmo ancora potuta vedere.

Essa rimane comunque l’oggetto più lontano che a occhio nudo riusciamo a

vedere.

Se ci fosse stata una galassia come Andromeda, a tre milioni di anni-luce,

l’avremmo potuta scorgere a occhio nudo.

49

Ma se immaginassimo di mettere Andromeda ai confini del cosmo

sarebbe impossibile vederla con i nostri occhi. Per il semplice motivo che non

arriverebbero abbastanza “fotoni”. In aggiunta c’è l’espansione dell’universo

che trasforma quei quanti di luce visibile in onde radio che i nostri occhi non

sanno vedere.

II.4 Se nel Cosmo ci fossero gli “Ufo” (+ art. TEMPO)

È bene precisare subito che un oggetto che vola non affascina se le sue

origini sono banali. Gli “identified flying objects” nacquero quando l’URSS

faceva prove di lanci spaziali e i pezzi cadevano un po’ ovunque producendo

sorgenti di luce diretta o riflessa di cui non si riuscivano a capire le origini.

Adesso è tutto capito ma rimane il mistero degli Ufo.

Il lettore potrebbe pensare che la Scienza non dovrebbe scendere al livello

talmente basso da arrivare a discutere il problema degli Ufo. Come abbiamo

detto più volte, la Scienza è nata da un atto di umiltà intellettuale. Ecco perché

essa non può rifiutarsi di trattare, o comunque di discutere un fenomeno, anche

il più banale, a patto che esso sia basato su una misura e non su una visione. Se

sono in tanti ad avere questa visione, essa rimane sempre tale e non può per

questo diventare misura. Molti credono, ancora oggi, nei fantasmi. Con gli Ufo

succede qualcosa del genere. Con una differenza cruciale. Milioni di persone ne

subiscono l’interesse e il fascino. L’interesse si può spiegare con il fatto che

possa trattarsi di armi segrete speciali o di spionaggio. Il fascino però deriva

dalla speranza che si tratti di veicoli di esseri extraterrestri. Vediamo perché è

assurdo crederci. Diciamo subito che se nell’universo fossero presenti esseri

intelligenti simili agli uomini, certamente segnalerebbero la loro esistenza.

Nell’universo, che è essenzialmente fatto di vuoto, noi esseri umani siamo

una cosa veramente eccezionale. Si rifletta un istante: la densità media di

materia nello spazio è almeno dieci miliardi di miliardi di miliardi di volte

inferiore a quella dell’acqua.

50

Un esempio. Immaginiamo di fare un viaggio (impossibile) sino agli

estremi confini dell’universo. Partendo oggi, arriveremmo fra venti miliardi di

anni, se potessimo viaggiare alla velocità della luce. Impossibile. Quella velocità

è privilegio esclusivo delle cose prive di massa. Durante questo viaggio

fantastico e impossibile incontreremmo una quantità di materia analoga a quella

che incontra un biscotto inzuppato in un bicchiere contenente appena un dito di

vino. Nell’universo la materia certo non abbonda. Come la mettiamo allora con

gli oggetti simili alla nostra Terra?

È noto che siamo un satellite del Sole. Se fossimo un po’ più vicini,

moriremmo di caldo, un po’ più lontani di freddo. Se l’asse di rotazione della

Terra rispetto alla sua orbita non fosse quello che è, addio stagioni. Se la Terra

fosse più leggera, come per esempio la Luna, avremmo già perso l’aria che

avvolge il globo e che ci permette di respirare, quindi di vivere. Se la Terra fosse

più pesante, dovremmo avere una struttura muscolare diversa. La probabilità che

esista un pianeta come il nostro è sparuta.

Ed ecco un punto chiave. Un sistema planetario non può esistere se non

c’è anzitutto la stella che, nel nostro caso, è il Sole. In una galassia la stragrande

maggioranza delle (85%) stelle è in coppia (20%) o triplette e più (65%), solo il

15% è fatto di stelle singole. Tutte diverse. Non ce n’è una che sia identica

all’altra.

Nella nostra galassia ci sono circa cento miliardi di stelle, mentre il

numero di galassie in tutto l’universo è ancora di cento miliardi. Non è mai stata

avvistata una galassia identica a un’altra. Cento miliardi di galassie per cento

miliardi di stelle fa un numero con ventidue zeri. Può sembrare un numero

enorme, ma non lo è. In una brocca d’acqua, il numero di molecole è molto più

grande. Le molecole sono identiche. Tutte fatte con due atomi di Idrogeno più

uno di ossigeno. Le stelle e i loro contenitori (galassie) tutti diversi. In aggiunta

alla diversità c’è da dire che l’universo non abbonda di stelle come potrebbe

sembrare.

51

Ecco il primo motivo di scetticismo verso l’esistenza di condizioni

analoghe alle nostre nel cosmo.

Detto questo, facciamo l’ipotesi che esista in qualche galassia un nostro

fratello cosmico. Per poter essere in grado di affrontare un viaggio tanto

complesso quanto è quello che dovrebbe portarlo fino alla Terra egli deve essere

molto più avanti di noi nella ricerca scientifica. Egli sicuramente sa che esiste

l’antimateria. Deve pertanto venirgli un dubbio: gli abitanti della Terra sono fatti

di materia identica alla sua oppure sono fatti di antimateria? Domanda alla quale

non potrebbe mai rispondere da solo. Vediamone i motivi.

Un atomo ha la parte pesante e centrale, detta nucleo, carica

positivamente, mentre la parte leggera ed esterna è carica negativamente. Per

l’antiatomo succede il contrario. Positivo e negativo sono però soltanto

convenzioni. Dovremmo dire “cariche opposte”. Ed è proprio così, in quanto

l’elettromagnetismo ha solo una carica e il suo opposto, in modo tale che la loro

somma faccia zero. Nel nostro mondo abbiamo quindi cariche positive e cariche

negative, nel senso che esistono due stati opposti di carica elettrica. Non potendo

stabilire com’è fatto un atomo della nostra materia, se un extraterrestre avesse la

possibilità di venire da noi, nessuno potrebbe garantirgli, tranne noi, che, a

contatto della materia di cui è fatto il nostro mondo, non finirebbe col saltare in

aria insieme a noi. Infatti, tra materia e antimateria esiste il fenomeno

dell’annichilazione che corrisponde alla vera, completa e totale distruzione di

tutto.

L’extraterrestre, tanto scientificamente colto, non può essere così pazzo e

irresponsabile da rischiare la sua e la nostra esistenza. Egli quindi cercherebbe

anzitutto di mettersi in contatto radio con noi. Qualcuno potrebbe chiedere:

«siamo sicuri che l’extraterrestre, con raffinatissime osservazioni di tipo

astronomico (ottico, radar, eccetera), non potrebbe stabilire la natura della nostra

materia?». La risposta è negativa e senza appello. Il motivo è presto detto. Tutte

le osservazioni astronomiche sono basate sui “fotoni”: segnali radar, onde radio,

52

luce, sono tutti esempi di radiazione elettromagnetica, i cui quanti sono detti

fotoni. E qui viene il bello. La materia emette fotoni. L’antimateria emette

antifotoni. Però fotoni e antifotoni, grazie a una legge di invarianza fisica

fondamentale, sono identici e indistinguibili. Ecco perché né gli astronomi né gli

astrofisici, esattamente come l'ipotetico nostro fratello extraterrestre, potranno

mai stabilire se una stella o una galassia sono fatte di materia o di antimateria.

Come la mettiamo con quell'extraterrestre colto e intelligente che avesse

deciso di venire qui da noi? Lui sa, come noi, che studiando certi processi di

fisica subnucleare, scoperti nel lontano 1964, è possibile dare una risposta al

quesito di vita o di morte: materia o antimateria. Quindi potrebbe avventurarsi

nel viaggio cosmico per venire da noi, a una e una sola irrinunciabile

condizione: parlare prima con noi. Chi avesse paura degli extraterrestri stia pure

tranquillo. Qualunque sia la loro natura, debbono essere più intelligenti e più

avanzati di noi nella ricerca scientifica.

Il primo segnale della loro esistenza non può essere che un segnale

elettromagnetico di qualche tipo, non certo il loro arrivo improvviso. Gli esseri,

più sono intelligenti e scientificamente colti, più sono umili, buoni, generosi.

Non esporrebbero mai se stessi e noi al pericolo di distruzione totale. Infatti, il

fuoco a noi familiare non distrugge i costituenti ultimi della materia. Nemmeno

il fuoco della terribile bomba a fusione nucleare detta H distrugge i mattoni

fondamentali della materia. L’annichilazione è il vero fuoco della fine

apocalittica. I nostri improbabili fratelli del Cosmo prima di avvicinarsi a noi

cercherebbero, senza ombra di dubbio, di stabilire contatti radio.

I recettori attivati nei diversi punti del mondo in cerca di segnali

elettromagnetici sono rimasti senza notizie. E così sarà per i millenni a venire.

II.5 Il mistero dei Cicloni

Tra le forze misteriose, sorgenti di disastri naturali, i nostri antenati

avevano — ovviamente — annoverato anche un’altra incomprensibile forza

53

della natura che scatenava i cicloni. E sono venute fuori magie per evitarli, riti

scaramantici per deviarne i corsi e attenuarne la potenza devastatrice come se

veramente esistessero forze del male in agguato.

La comprensione delle Leggi Fondamentali della Natura ha permesso di

liberare l’uomo dal terrore dei cicloni. Oggi si è capito tutto sulla origine di

questi eccezionali eventi meteorologici. E si è capito anche perché, a mare un

ciclone possa vivere due settimane e a terra un solo giorno. Non perché a terra

venivano stroncati da riti scaramantici ma per motivi legati alla stessa natura del

ciclone, come adesso vedremo. Anzitutto come e perché nascono.

La Terra assorbe più energia nelle zone equatoriali. Molto meno nelle

regioni vicine ai Poli Nord e Sud. La massima parte dell’energia solare finisce

nella regione intertropicale compresa tra 30 gradi di latitudine Nord e 30 gradi di

latitudine Sud.

Il motore meteorologico funziona come una locomotiva a vapore. Non

basta una sorgente di calore. Ce ne vogliono due a temperature diverse. La

locomotiva meteorologica ha la componente ad alta temperatura nella zona

intertropicale. E gli scarichi a bassa temperatura, ai Poli.

Il motore meteorologico ha una potenza equivalente a una bomba H da un

megaton al secondo. Quando questa potenza è distribuita in modo uniforme su

tutta la sfera terrestre, il tempo è bello dappertutto. È però nell'ordine delle cose

il verificarsi di situazioni in cui c'è più potenza in una zona e meno in un'altra.

Sono questi scompensi che producono l'innumerevole succedersi di eventi

meteorologici: con piogge, venti, nuvole, tempeste, cicloni, tornado e così via. I

cicloni sono i fenomeni meteorologici più potenti e pericolosi.

Grazie agli studi finora fatti si è arrivati a stabilire che devono verificarsi

cinque condizioni affinché possa formarsi un ciclone. 1) Anzitutto, la

temperatura del mare deve essere molto elevata: almeno 27 gradi centigradi. 2)

Eppoi, c'è bisogno di una “forza” che metta in rotazione enormi masse d'aria.

Questa forza è detta di Coriolis. Essa si manifesta tutte le volte che qualcosa si

54

muova - ad esempio masse d’aria - in un sistema che ruota. La trottola-Terra

ruota e masse d’aria si muovono dall’equatore verso i poli per via del calore

equatoriale e del freddo polare.

La forza di Coriolis fa in modo che le masse d'aria nell'emisfero Nord

ruotino in verso antiorario.

Al contrario, nell'emisfero Sud, la forza di Coriolis imprime alle masse

d'aria una rotazione analoga a quella delle lancette di un orologio.

I cicloni, se non fosse per la forza di Coriolis, non potrebbero partire.

Infatti, è soltanto in una fascia compresa tra latitudini, attorno all'equatore, di 8

gradi Nord e 8 gradi Sud, che nascono i cicloni. Oltre gli 8 gradi, la forza di

Coriolis è troppo debole.

3) La terza condizione è che, alle alte quote, non ci siano forti venti. Essi

impedirebbero lo “sfogo” in alto del ciclone. 4) La quarta condizione è che a

bassa quota ci siano grossi flussi d'aria. 5) È infine è necessario, sempre ad alta

quota, una circolazione d'aria che porti via le masse in arrivo dal basso.

Attenti e dettagliati studi sulle formazioni nuvolose sospettate di generare

un ciclone hanno permesso di stabilire che, su dieci candidati, solo uno rischia

realmente di diventare un ciclone.

Come detto prima, i cicloni nascono sempre nelle zone dell'equatore

meteorologico. Questa linea oscilla tra i due tropici e separa le correnti

atmosferiche dei due emisferi, Nord e Sud. Una volta partito, il ciclone si dirige

verso il Polo dell'emisfero in cui è nato.

La sua evoluzione è possibile prevederla con buona precisione. Quando è

maturo, le sue dimensioni diventano stabili e il famoso “occhio del ciclone” è

perfettamente identificabile. La velocità dei venti aumenta quanto più ci si

avvicina all'occhio. I venti possono toccare la velocità di 320 km l'ora. Nel

ciclone ci sono piogge torrenziali. Una stima fatta sul ciclone che il 16 settembre

1989 devastò la Guadalupa permette di valutare quanta acqua è stata versata in

55

un giorno dal ciclone. Il risultato è impressionante: è come se fossero piovuti

tremila litri d'acqua su ciascun abitante della Terra.

Un ciclone spedisce nell'alta atmosfera, fino a 15 km di altezza, le

gigantesche energie che provengono dalla condensazione del vapore acqueo

strappato alla superficie dell’Oceano. È questo vapore acqueo che poi ricade

come pioggia torrenziale.

Nel ciclone che si è abbattuto sul Bangladesh, tra il 29 e il 30 aprile 1991,

i venti hanno toccato i 240 km orari. La furia devastatrice è durata sei ore. Un

dettaglio interessante: è possibile conoscere la vita di un ciclone. Se scorrazza

sugli Oceani può andare avanti per decine di giorni. È quando penetra a Terra

che il ciclone muore. Mediamente dopo un giorno si estingue. Questa enorme e

devastatrice macchina atmosferica è infatti molto fragile. Entrando a terra gli

viene meno il “carburante” che è a mare. Il ciclone che si è abbattuto, il 22

settembre 1990, sulla Carolina del Sud, negli Stati Uniti, aveva vagato

sull'Oceano per ben tredici giorni. Entrato a terra è sparito in appena un solo

giorno.

Gli specialisti in cicloni si preoccupano poco della loro vita e della loro

morte. Il punto essenziale è sapere calcolarne la traiettoria. Mediamente questi

oggetti meteorologici si spostano sempre da Est verso Ovest come fa la luce del

Sole. Infatti la Terra gira da Ovest verso Est e le masse d’aria non sono

trascinate in modo perfetto dalla trottola-Terra. Poiché il loro obiettivo sono i

Poli, nell'emisfero Sud vanno verso Sud, nell'emisfero Nord verso Nord,

seguendo percorsi mediamente prevedibili. Purtuttavia, spesso nella realtà, le

cose si possono complicare molto. I cicloni sono infatti dotati di una potenza

propria. E si muovono in un mezzo (l'atmosfera) anch'esso in movimento. La

precisione sulla traiettoria di un ciclone è, oggi, di cento chilometri su

ventiquattr'ore.

I cicloni sono oggetti atmosferici di dimensioni enormi. Il diametro di un

ciclone può essere di mille chilometri. Il record appartiene al ciclone apparso a

56

Est delle Filippine nell'ottobre 1979. Esso copriva una superficie pari a quella di

tutta l'Europa.

Nei tempi antichi dei cicloni s’era capito ben poco. Ed era impossibile

studiarli. Sono nati così i miti, le paure e le illusioni scaramantiche per evitarli.

Questi falsi tentativi per capire fenomeni fisici violenti avevano solo aggiunto

disastri alle già disastrose conseguenze causate dalla violenza del motore

atmosferico. È solo a partire da tre decenni che sono stati ottenuti risultati

decisamente incoraggianti. Oggi un ciclone uccide cento volte meno di quanto

succedeva prima dell'uso dei satelliti. E infatti le possibili formazioni cicloniche

sono sotto continua osservazione da parte dei satelliti che permettono di

avvertire in tempo le popolazioni verso cui si dirige un ciclone.

Uno studio fatto su duemila cicloni osservati in vent’anni (dal 1970 al

1990) ha permesso di capire tante cose. Riassumiamole brevemente. Tutti

nascono nei mari tropicali. La zona più favorevole al sorgere di formazioni

cicloniche è il Nord-Ovest del Pacifico: con trenta cicloni l'anno. Seguono il

Nord e il Sud dell'Oceano Indiano, con quattordici cicloni l'anno. Poi i Caraibi e

il Nord-Atlantico: dodici l'anno. Nell'Est e nel Sud dell'Oceano Pacifico: undici

cicloni l'anno. Al minimo valore, con sette cicloni l’anno, sono il Nord e l'Ovest

dell'Australia.

Noi siamo lontani dalle zone pericolose. I cicloni sono oggetti atmosferici

che se ne stanno lontani dalle nostre spiagge.

II.6 I messaggi cifrati della Luna che combatte il Sole (Luna rossa)

C’erano molti dettagli che i nostri antenati, non potendo capire,

interpretavano alla meglio, purtroppo spesso in termini di premonitrici minacce

per future catastrofi.

Quando osservavano la Luna piena essi notavano che i limiti del disco

lunare erano difficilmente percepibili. Come se la Luna quand’era piena di luce

volesse nascondere i suoi confini. Quando sei potente non mostrare i tuoi limiti.

57

Invece quando era nella fase di Luna nuova la parte interna del disco era

(ed è) scura mentre gli estremi del disco apparivano (ed appaiono) illuminati.

Debolmente ma non neri come il corpo centrale della Luna.

Perché quando la Luna appare in tutta la sua potenza di luce essa

nasconde i suoi limiti estremi mentre quando è nera mette in evidenza le sue

estremità, illuminandole?

Cosa vorrà dirci la Luna? Le interpretazioni spaziavano su mille versioni.

La più divertente è quella che insegna a tutti come comportarsi. Se sei al centro

dell’attenzione non svelare i tuoi limiti. Quando nessuno si occupa di te, dai luce

alle tue estreme possibilità di esistere. Che la Luna obbedisse alle leggi

dell’elettromagnetismo era lungi dallo sfidare la fantasia dei nostri antenati.

Ma c’è di più. Perché la Luna mostra la sua gobba a ponente quando

cresce e a levante quando decresce? Cosa vorrà dirci?

Ponente è là dove tramonta il Sole. E la Luna ne approfitta per crescere.

Levante è dove sorge. E per la Luna c’è poco da fare.

Ecco l’origine della lotta tra Luna e Sole. In fondo, nella preistoria i giorni

del Calendario invece di trecentosessanta dovevano crescere a

trecentosessantacinque. Quei cinque giorni come sono nati? Dalla lotta tra Luna

e Sole. Lotta impari. La Luna infatti non poteva che limitarsi a “rubare” ogni

giorno un settantaduesimo di giorno, affinché, dopo trecentosessanta giorni

ufficiali potesse partorire i cinque giorni nati dal suo amore con la Terra. Ne

abbiamo parlato nel paragrafo del Calendario dei tempi antichi.

Il vero motivo della gobba a ponente (crescente) e a levante (calante)

nessuno avrebbe immaginato potesse essere nei due movimenti antiorari del

moto orbitale della Luna e del moto a trottola della Terra.

Quando ero bambino mi sarebbe piaciuto sapere il perché di un famoso

detto popolare: “Gobba a ponente Luna crescente, gobba a levante Luna

calante”.

58

Come mai la Luna cresce se la sua gobba è rivolta là dove tramonta il

Sole? E perché mai la Luna decresce quando la gobba è rivolta là dove sorge il

Sole? Di gobbe non ne ha la Luna.

Il famoso detto popolare precedentemente citato, è la conseguenza

immediata che il moto a trottola della Terra e quello in orbita della Luna sono

entrambi “antiorari”.

Immaginiamo di essere su una nave cosmica, al di fuori del sistema

planetario-solare. Osservando come si muovono la Terra e la Luna, troveremmo

che il moto a trottola della Terra segue lo stesso verso del movimento che ha la

Luna nel girare attorno alla Terra. E la Terra gira attorno al Sole seguendo lo

stesso verso.

È come se avessimo tre orologi. E tutti funzionassero allo stesso modo.

Nei nostri orologi, le lancette ruotano nel verso a noi familiare. Non c’è nulla di

fondamentale in questo “verso” che è, giustamente, detto “orario”. Nulla ci

proibirebbe di costruire orologi le cui lancette si muovessero nel verso opposto:

“antiorario”. Sarebbe sorgente di confusione avere orologi con i due versi. In

fondo, l’unico obiettivo dell’orologio è quello di misurare lo scorrere del tempo.

Scegliere il verso a noi familiare o quello opposto non ha alcunché di

fondamentale.

Nessuno scienziato sa dire perché la Terra gira attorno al Sole nel verso

noto e non in quello opposto. Una cosa è però certa: i tre movimenti della Terra

attorno al Sole, della Luna attorno alla Terra e della Terra attorno a se stessa

sono tutti con lo stesso “verso”. Se osservassimo questi tre movimenti da

un’astronave che si trovasse fuori dall’orbita terrestre, troveremmo che essi sono

tutti di tipo “antiorario”.

Com’è a tutti noto, non ci sarebbe né l’alba né il tramonto se la Terra

fosse piatta e non fosse invece di forma sferica in rotazione a trottola attorno a

se stessa. Il Sole sorge da Est in quanto la Terra gira come una trottola cosmica

59

da Ovest verso Est. Noi vediamo la Luna che sorge e tramonta, sempre grazie a

questo movimento tipo trottola della Terra.

L’evolvere delle fasi lunari è invece il risultato del fatto che la Luna gira

attorno alla Terra. Quella che, nella tradizione, viene detta “gobba” è, in effetti,

la forma che assume la parte illuminata della superficie lunare quando viene

osservata dalla Terra.

Non c’è alcuna “gobba” in gioco. È la Luna vista di “striscio” dalla Terra.

Il Sole è come una potente candela che tutto illumina. La Luna, come è noto,

non brilla di luce propria. Essa riflette la luce che riceve dal Sole. E così fa

anche la Terra. Gli astronauti che sono stati lassù, sulla Luna, hanno infatti visto

la Terra come fosse essa la loro Luna.

La “gobba” a ponente ci dice che la Luna è in fase crescente.

Crescere vuol dire passare dalla posizione di “striscio” a quella sempre

più centrale. Man mano che la Luna si muove attorno alla Terra, la sua “gobba”

sparisce per dare vita alla “Luna piena”. La rotazione della Luna attorno alla

Terra è “antioraria”, esattamente come quella della “trottola-Terra” che gira da

ponente verso levante. Quando la “gobba” è verso ponente, questo vuol dire che

la Luna sta entrando nel nostro campo visivo. Passando dallo “striscio” al

“pieno”. Una volta in “pieno”, la Luna, continuando a ruotare intorno alla Terra,

incomincia a uscire di scena.

Pian piano, la rivediamo di “striscio”. Stavolta però la “gobba” è verso

levante. Infatti, la parte della superficie che la Luna espone ai raggi solari è

sempre rivolta, ovviamente, verso la sorgente di luce: il Sole. Però, siccome la

Luna ruota in senso “antiorario” come la “trottola-Terra”, è ovvio che la

“gobba”, stavolta, deve essere verso levante. Lo ricordiamo ancora: la parte

illuminata dal Sole è quella che dà origine alle “gobbe” della Luna. Anzi, a

quello che la cultura popolare definisce “gobbe”. Quindi, in quel detto popolare

“gobba a ponente Luna crescente, gobba a levante Luna calante” c’è il

movimento “antiorario” sia della “trottola-Terra” sia della Luna attorno a noi.

60

Niente di magico, quindi, nelle “gobbe”. Anzi. Esse sono la prova che tutto

obbedisce alle leggi della natura: rigorose e immutabili.

II.7 Il buio del Sole che viaggia sulla Terra in senso opposto alla sua luce

Passiamo in breve rassegna i moti della Terra e della Luna che

scandiscono il nostro ritmo di vita.

La Terra impiega ventiquattr’ore per compiere un giro a trottola. Il giorno

e la notte non potrebbero esistere se la Terra non avesse questa caratteristica di

trottola cosmica. La Luna impiega circa un mese per fare un giro completo

attorno alla Terra. La Terra ne impiega dodici, di mesi, per un giro attorno al

Sole. Questi movimenti sono coordinati in qualche modo? Risposta: sì. E sono

tutti nello stesso verso.

Può accadere che la Luna e la Terra ruotando attorno alla stessa sorgente

di luce, il Sole, si trovino sulla stessa retta che congiunge i tre diversi corpi

celesti: Sole, Terra e Luna (figura 1).

Figura 1: Eclissi di Luna. Per chiarezza le distanze e le dimensioni (di Sole, Terra e Luna) non sono in scala.

Un raggio di luce che parte dal Sole non può arrivare sulla Luna in quanto

c’è la Terra in mezzo. Se la Luna si trova nella giusta posizione per apparire a

noi in fase “piena”, l’ombra che la nostra Terra proietta nel cosmo può finire

61

sulla superficie lunare. Questa nostra ombra sulla superficie lunare produrrà

l’eclisse. Nulla di strano, niente di magico. Solo e soltanto movimento della

Terra attorno al Sole, della Luna attorno alla Terra, e della Terra attorno a un

asse interno, come farebbe una trottola. Ecco l’origine dell’eclisse di Luna. La

Terra blocca temporaneamente la luce del Sole. E sulla Luna arriva l’ombra del

nostro pianeta.

Può accadere che la sequenza sia: Sole, Luna, Terra (figura 2).

Figura 2: Eclissi di Sole. Per chiarezza le distanze e le dimensioni (di Sole, Terra e Luna) non sono in scala.

Infatti, come detto prima, la Luna gira attorno alla Terra e si può quindi

trovare dalla parte del Sole. In questo caso, un raggio di luce che parte dal Sole,

incontra prima la Luna. E da noi può soltanto arrivare l’ombra della Luna. I

raggi del Sole non arrivano più da noi. E siamo, quindi, in eclisse di Sole.

Nessuno di questi fenomeni rappresenta un mistero per l’uomo. Sono tutte

cose perfettamente prevedibili e previste con grande esattezza. Eppure, tutte le

volte che si presenta un’eclisse di Luna o di Sole è di fatto impossibile evitare

che vengano fuori gli aspetti “misteriosi” della cultura popolare.

Cultura nella quale le grandi conquiste della scienza è come se non

fossero mai esistite. L’ombra della Luna viaggia in senso opposto alla luce del

Sole.

62

IIIOROSCOPI E SEGNI ZODIACALI

III.1 «Se mi dici il giorno in cui sei nato Ti dirò di che segno sei e cosa c’è

scritto nelle Stelle per Te»

Il giorno e il mese in cui si nasce corrispondono a un periodo dell’anno in

cui ci si trova in una determinata stagione: primavera, estate, autunno, inverno.

Abbiamo visto nel paragrafo II.4 che le Stagioni dipendono da come si trova

inclinato rispetto al Sole l’asse di rotazione a trottola della Terra. La data del

Calendario corrisponde sempre alla stessa inclinazione dell’asse di rotazione

della trottola-Terra, rispetto al Sole.

L’oroscopo corrisponde invece al punto in cui si trova la Terra nella sua

orbita attorno al Sole.

L’orbita va immaginata come una pista, su cui corre la navicella spaziale

della Terra. La pista è quasi perfettamente circolare. Ci sono volute le misure di

grande precisione di Ticho Brahe per scoprire che quell’orbita immaginata

circolare da Copernico e Galilei era in effetti un cerchio leggermente

schiacciato: per l’appunto un’ellisse.

Cambia ben poco se prendiamo quell’orbita come fosse un cerchio. Esso

venne diviso da Ipparco in dodici intervalli eguali. Ciascun intervallo

corrisponde a un segno zodiacale, che si estende su tutto il piatto dell’orbita. La

lunghezza di ciascun intervallo è di circa ottantatre milioni di chilometri(*).

(*) È facile calcolarlo: 2R 2 150 106 km 109 km12 .

63

Chi nasce all’inizio di un segno zodiacale dista da chi nasce alla fine dello

stesso segno di ottantatre milioni di chilometri.

Siccome Ipparco ha diviso la pista su cui corre la Terra, nel suo viaggio

attorno al Sole, in dodici pezzi, assegnando a ciascun pezzo un segno zodiacale,

chi nasce sotto quel segno è come se gli ottantatre milioni di chilometri fossero

un punto. Lungo questi ottantatre milioni di chilometri cambia la posizione della

Terra rispetto alle stelle che compongono il segno zodiacale.

Passare da un segno al successivo è un atto di discontinuità che non

corrisponde alla realtà. Infatti la Terra viaggia con estrema regolarità sulla sua

pista cosmica, senza mai fermarsi.

Dire che esistono periodi determinati da associare a segni zodiacali è

pretendere che la Terra, nel suo viaggio cosmico, proceda a tappe, subendo ben

dodici fermate.

Anzi passando in modo discontinuo da una fermata alla successiva.

È come se in un viaggio da Roma verso Milano, il treno, invece di

viaggiare come fa in modo continuo, procedesse a salti. Da Roma salta a

Firenze. Da Firenze a Bologna. Da Bologna a Reggio Emilia. E da Reggio

Emilia a Milano. I salti da un segno zodiacale al successivo ignorano le effettive

distanze cosmiche che la Terra percorre nel suo viaggio attorno al Sole.

Immaginiamo uno che nasca all’inizio del segno zodiacale della Vergine.

In quale rapporto sta questo punto con la data del Calendario? Abbiamo

detto che la data — e cioè il giorno e il mese — corrispondono all’angolo di

inclinazione che ha l’asse della Terra rispetto al Sole. Questo angolo cambia

lungo gli ottantatre milioni di chilometri entro cui si sviluppa un segno

zodiacale.

Il punto su cui insistere è che la posizione della Terra sull’orbita

corrisponde a un segno zodiacale mentre la data del Calendario (giorno e mese)

corrisponde all’angolo che l’asse della trottola-Terra ha rispetto al Sole.

64

Se non fosse per il Terzo Movimento della Terra ci sarebbe un legame

senza mai alcuna variazione tra la posizione sull’orbita (quindi segno zodiacale)

e l’angolo (data di Calendario).

Il che vuol dire tra le stagioni e i segni zodiacali, quindi tra la data di

nascita e il segno zodiacale. Coloro i quali credono in questo immutabile legame

negano l’esistenza del Terzo Movimento della Terra di cui parleremo nel

paragrafo II.14. Ma, anche se negassero l’esistenza del Terzo Movimento della

Terra, le loro difficoltà non diminuirebbero. Essi infatti credono nei segni

zodiacali. Vedremo nel prossimo paragrafo quanto sia infondata questa

disciplina. Possiamo pertanto concludere assicurando il lettore che nelle stelle ci

sono scritte solo le Leggi Fondamentali della Natura. Per chi le sa decifrare.

III.2 I segni zodiacali: origine e loro significato

Osservando con attenzione le stelle, su diversi anni, si noterebbe che esse

appaiono sempre nello stesso ordine: una dopo l’altra. Nasce da questa regolarità

la possibilità di prevedere (senza sapere alcunché della loro natura) il loro

apparire e il loro scomparire nel cielo.

Le stelle erranti (pianeti) si muovono quasi sul piano detto dell’eclittica

(lungo cui avvengono le eclissi). La massima deviazione ce l’ha Plutone il cui

piano è inclinato di diciassette gradi; Marte è inclinato di sette gradi. La Luna è

inclinata sul piano dell’eclittica di appena sei gradi. Allo scopo di includere tutte

le stelle erranti (a quei tempi non si conosceva l’esistenza di Plutone) i nostri

antenati decisero di creare una zona di diciannove gradi ( ± 8 gradi per ciascun

lato dell’eclittica) e le costellazioni incluse in quella fascia vennero chiamate

“zodiacali”.

Esse erano undici e tutte con dimensioni diverse. Oggi sono in realtà

tredici, come si può dedurre dalla figura allegata.

65

Figura 1

Le dodici oggi note derivano dal fatto che il gruppo di stelle della costellazione

“Ofiuco” viene arbitrariamente ignorato. Ma le stelle di Ofiuco sono

esattamente come le altre delle dodici costellazioni accettate, non si sà bene

perché, come membri effettivi del club di dodici costellazioni. Come se non

bastasse il segno della Bilancia è nato nel quinto secolo a.C.. Venne ottenuto

spezzando arbitrariamente il segno dello Scorpione in due parti allo scopo di

avere lo stesso numero di mesi e di costellazioni zodiacali.

Chi osservasse con attenzione il cielo troverebbe che il Sole impiega

appena sei giorni per attraversare la parte della costellazione dello Scorpione

contenuta nella fascia zodiacale, mentre ne impiegava ventinove prima della sua

divisione.

La creazione della Bilancia però ha portato a ben tredici le costellazioni

attraversate dal Sole dalla Luna e dalle altre stelle erranti. Non si capisce perché

nessuno abbia mai preso in considerazione la costellazione “Ofiuco”.

66

È comunque interessante notare i tempi necessari al Sole per attraversare

le tredici costellazioni. Essi vanno da un minimo di sei giorni (Scorpione) a un

massimo di quarantacinque giorni (Vergine). Nella Tavola 1 sono riportati i

giorni necessari al Sole per attraversare le tredici costellazioni. In effetti la sfera

celeste ne conta molte di più: quasi novanta. Quelle che sono incluse nella fascia

zodiacale non hanno alcunché di speciale. Le forze fondamentali della Natura in

gioco nelle stelle sono operanti ovunque. Non soltanto per le costellazioni

zodiacali.

Tavola 1

Costellazione Durata dell’attraversamento del Sole Giorni

Pesci dal 12 marzo al 17 aprile 37Ariete dal 18 aprile al 13 maggio 26Toro dal 14 maggio al 20 giugno 37Gemelli dal 21 giugno al 19 luglio 29Cancro dal 20 luglio al 9 agosto 21Leone dal 10 agosto al 15 settembre 37Vergine dal 16 settembre al 30 ottobre 45Bilancia dal 31 ottobre al 22 novembre 23Scorpione dal 23 novembre al 28 novembre 6Ofiuco dal 29 novembre al 17 dicembre 19Sagittario dal 18 dicembre al 18 gennaio 32Capricorno dal 19 gennaio al 15 febbraio 28Acquario dal 16 febbraio all’11 marzo 24

Nella figura 2 è mostrato un esempio illustrativo per spiegare cosa si

intende dire quando il Sole si trova nella costellazione dei Pesci; la Luna in

quella del Toro; Giove in quella del Sagittario e Saturno nel Leone.

67

Figura 2

In effetti non succede proprio un bel nulla. Nello spazio cosmico il Sole,

la Luna, Giove e Saturno rimangono quasi immobili rispetto alle costellazioni.

Cambia solo la prospettiva da cui si osservano. Gli effetti gravitazionali e quelli

elettromagnetici che queste costellazioni producono su di noi, qui sulla Terra,

sono trascurabili e la variazione di questi effetti ancora più trascurabile. Ma

anche se i minuscoli effetti trascurabili delle costellazioni avessero una

conseguenza su di noi non si capisce per quale motivo dovremmo preoccuparci

di alcune costellazioni e non di altre. Nella sfera celeste ce ne sono quasi

novanta. Perché dovrebbero essere solo dodici quelle dotate di poteri speciali? Il

motivo che sono nella fascia zodiacale è privo di fondamento in quanto questa

“fascia” non ha alcun rilievo per gli effetti gravitazionali ed elettromagnetici

delle costellazioni.

È come se noi usando un cannocchiale puntato su una certa zona

decidessimo che esistono solo le cose che riusciamo a vedere. Le altre cose che

non vediamo, pur essendo ben più numerose, pretendiamo dire che non esistono.

68

Per vederle basterebbe cambiare direzione di osservazione. Coloro che amano i

segni zodiacali riflettano su quanto sia assurdo questo loro amore. Infatti,

nemmeno le figure sono vere. La fantasia dei nostri antenati era motivata dal

desiderio di capire il Cosmo. Oggi non è più così. La loro fantasia era lontana

“anni luce” dalla realtà.

Basti un esempio. Tutti abbiamo ammirato quel tratto tipico dell’Orsa

Maggiore (figura 3). L’immagine vista da noi che siamo sulla Terra (figura 3)

sembra che sia su un piano. Questo piano è fittizio: puro frutto della nostra

fantasia.

Figura 3

69

In verità le differenze in profondità cosmica di queste stelle è enorme. Ad

esempio la prima stella dove inizia la coda e l’ultima della stessa coda che si

innesta nel corpo dell’Orsa Maggiore si trovano nello spazio cosmico a

profondità che differiscono di oltre sessanta mila volte la distanza Terra-Sole.

Sono lungi dall’essere sullo stesso piano celeste.

L’immagine dell’Orsa Maggiore ha vicino alle orecchie e in pieno corpo

tre galassie denominate M81, M82, M97 le cui profondità differiscono per

diecine di volte la distanza che c’è tra noi e la Galassia Andromeda Nebula che

da noi dista più di due milioni di anni luce.

Insomma le immagini che la fantasia dei nostri antenati vedevano come

fossero sullo stesso piano sono pura illusione ottica.

Un’ultima nota di natura lessicale. Nell’antichità remota le costellazioni

zodiacali erano esclusivamente riferite a figure di animali. È questa l’origine del

termine zodiacale che deriva dal greco e indica “animali” (zoo). Oggi i segni

zodiacali indicano otto animali, quattro persone e un oggetto (bilancia). Anche

dal punto di vista lessicale non è corretto continuare a parlare di segni zodiacali.

Dello zoo non dovrebbero far parte né persone né bilance.

70

III.3 Calendario zodiacale: Natale con il Solleone e Ferragosto con la neve

Coloro che credono nei segni zodiacali si rifiutano di considerare

l’esistenza del terzo movimento della Terra. Essi dovrebbero — per coerenza

logica — adottare il calendario zodiacale. Fra dodicimila e cinquecento anni si

troverebbero il calendario che indica l’inizio dell’inverno mentre il clima

sarebbe quello dell’estate. E questo, non per via dell’anidride carbonica che

genera l’Effetto Serra. Né perché l’uomo ha continuato a usare i terribili CFC

(cloro fluoruro carburi) delle bombolette spray, facendo aumentare a dismisura

il buco nella preziosa fascia d’Ozono, che ci protegge dalle radiazioni

ultraviolette. Nulla di tutte queste catastrofi annunciate.

Si tratta del movimento rotatorio che possiede l’asse della nostra Terra. Se

quest’asse fosse fisso nello spazio cosmico, il 25 dicembre verrebbe sempre

d’inverno e Ferragosto d’estate. Quest’asse invece ruota. Molto lentamente, ma

ruota. Come abbiamo visto già, per fare un giro completo impiega qualcosa

come venticinquemila anni.

È questa rotazione, lentissima, che farebbe trovare i nostri posteri con il

Natale in piena estate e il Ferragosto in pieno inverno, se venisse adottato il

calendario zodiacale.

Infatti, il calendario zodiacale è legato alla posizione in cui si trova la

Terra nella sua orbita attorno al Sole. Le stagioni però dipendono dalla direzione

che ha l’asse della trottola-Terra rispetto al Sole.

Ma la data del calendario zodiacale ci direbbe dove siamo nell’orbita.

Senza tenere in alcun conto l’inclinazione dell’asse terrestre. La direzione di

questo asse ci dice in quale stagione siamo. Le due cose sono indipendenti.

Vediamolo con un esempio.

Immaginiamo un circuito circolare, lungo mille chilometri con quattro

città fittizie in posizioni simmetriche. A queste città daremo nomi noti: Milano,

Torino, Genova, Bologna. Da una città alla successiva la distanza sarà sempre la

stessa: duecentocinquanta chilometri. Supponiamo di viaggiare con una Ferrari a

71

duecentocinquanta chilometri orari. In partenza da Milano, azzeriamo i

cronometri. Dopo un’ora ci troveremo a Torino. Dopo due, a Genova e dopo tre

ore a Bologna. Alla quarta ora ci ritroveremo là dove siamo partiti: Milano.

Continuiamo a girare sulla stessa pista, indefinitamente. All’ora zero saremo

sempre a Milano; alla terza a Bologna. Insomma, il cronometro ci dice dove

siamo.

Adesso attenzione. In ciascuna delle nostre città fittizie c’è una torre

pendente e mobile, non come quella di Pisa che è fissa. Le nostre torri ideali

invece ruotano. In questo esempio noi facciamo l’ipotesi che il livello di

illuminazione della città dipende da come è inclinata la sua torre.

Conclusione: se vogliamo sapere dove siamo, dobbiamo osservare il

cronometro. Se segna le tre, vuol dire Bologna. E così via. Se però vogliamo

sapere qual è il livello di illuminazione della città, dovremo osservare in quale

direzione è rivolta la torre pendente.

È quello che accade a noi nella corsa attorno al Sole. La data del nostro

calendario ci dice — nel migliore possibile dei modi — qual è l’inclinazione

dell’asse terrestre rispetto al Sole. Invece la data del calendario zodiacale ci

direbbe qual è la nostra posizione nell’orbita che la Terra compie girando

attorno al Sole. Infatti è la posizione che corrisponde al segno zodiacale.

Noi sappiamo però che, volendo conoscere se l’illuminazione del nostro

emisfero nord è massima (estate), minima (inverno), o intermedia (autunno e

primavera), è necessario osservare com’è inclinato l’asse di rotazione intrinseca

della Terra, rispetto al Sole.

Riassumendo: il pianeta in cui viviamo è dotato di tre movimenti

fondamentali. La rotazione della Terra attorno al Sole: dura un anno. La

rotazione della Terra, come una trottola, attorno a se stessa: e dura

ventiquattr’ore. Del terzo movimento non si parla mai. Forse perché ci vogliono

venticinquemila anni per un giro completo che l’asse della trottola-Terra compie

attorno a una direzione fissa nello spazio cosmico. Eppure, è proprio da questo

72

terzo movimento che dipende l’evolvere delle stagioni, rispetto alla posizione

della Terra nell’orbita.

Se i fanatici dei segni zodiacali vincessero le elezioni e riuscissero ad

imporre il calendario zodiacale, fra dodicimila-cinquecento anni, i nostri posteri

troverebbero che il loro 21 dicembre sarebbe non l’inizio dell’inverno ma

l’inizio dell’estate, come illustrato nella Figura 1. E il loro 21 marzo non sarebbe

l’inizio della primavera bensì dell’autunno. E il loro 21 giugno sarebbe l’inizio

dell’inverno, non dell’estate. Nel calendario zodiacale dei nostri posteri la data

del 21 settembre indicherebbe l’inizio non dell’autunno ma della primavera. In

quel calendario Ferragosto sarebbe in pieno inverno, con tanta neve.

Figura 1

73

III.4 Oroscopo astrologico e numerologico

Le basi dell’oroscopo astrologico sono le posizioni delle stelle erranti

(pianeti) rispetto a un gruppo di stelle fisse: quelle che servono per descrivere

nel cielo figure fantasiose comprese nella fascia dello Zodiaco. In effetti le stelle

fisse non esistono. E le figure immaginate dai nostri antenati sono destinate a

cambiare.

Le stelle fisse sono candele a fusione nucleare che si muovono a gran

velocità. A noi sembrano immobili in quanto distano da noi miliardi e miliardi di

chilometri. È l’enorme distanza a darci l’impressione che quelle velocità siano

nulle. Nel cielo tutto si muove.

Ad esempio il “carro” dell’Orsa Maggiore ci appare oggi come nella

figura 1a. Però le stesse stelle fra centomila anni si saranno mosse nello spazio e

i nostri posteri le vedranno come nella figura 1b. Andando indietro nel tempo

potremmo ricostruire (figura 1c) come le avrebbe viste un nostro antenato che

fosse vissuto centomila anni fa.

74

Le costellazioni zodiacali sono fatte di candele a fusione nucleare dotate

di grandi velocità. Altro che stelle fisse. Le stelle “erranti” le vediamo muoversi

in quanto sono a noi vicine.

La Luna viaggia a tre Mach, come un jet supersonico. Eppure noi la

vediamo quasi immobile nel cielo. Attenzione, il sorgere e tramontare della

Luna sono fenomeni dovuti alla rotazione a trottola della Terra. In effetti il vero

movimento della Luna produce uno spostamento nel cielo del disco lunare, di

circa dodici gradi al giorno. Infatti la Luna impiega quasi un mese per girare di

360 gradi attorno a noi.

La stella errante detta Marte, viaggia a gran velocità attorno al Sole, ma

noi la vediamo spostarsi nel cielo di appena mezzo grado al giorno.

Giove, che è ancora più lontano, si muove su un arco di appena due gradi

e mezzo in trenta giorni. E Saturno di appena un grado al mese. Plutone, che tra

tutti i satelliti del Sole è il più lontano, ci appare quasi fermo: si sposta, in un

mese, su un arco di appena un decimo di grado.

Le stelle “fisse” sono migliaia e migliaia di volte più lontane di Plutone.

Ecco perché ci sembrano immobili nel cielo pur se viaggiamo molto più

velocemente dei satelliti del Sole.

Legare i fatti della nostra vita quotidiana a potenti candele nucleari che si

muovono vertiginosamente nel cosmo è di una estrema e ridicola ingenuità. Essa

ignora non solo le formidabili scoperte della Scienza ma addirittura elementari

nozioni di ottica geometrica. Esempio. Noi vediamo una rondine spostarsi in

cielo molto più velocemente di un aereo. Eppure l’aereo viaggia a mille

chilometri l’ora. Le stelle ritenute fisse dai nostri antenati sono tanto lontane da

sembrare immobili. Costruire figure come Bilance, Vergini, Pesci, usando le

stelle ritenute immobili è molto più assurdo di credere che la velocità di un aereo

sia inferiore a quella di una rondine. Quelle figure non esistono nel cielo. Dare

ad esse significati legati alla nostra vita, va oltre i limiti dell’assurdo.

75

Conclusione: l’oroscopo basato sulle stelle erranti e fisse non ha alcun

fondamento.

Passiamo all’oroscopo numerologico basato cioè sui numeri. Abbiamo

visto nel paragrafo xyz quanto sia stata dimostrata assurda la numerologia legata

alla pretesa di costruire calendari. Nonostante le numerose evidenze delle

assurdità legate alla numerologia per secoli e secoli il numero dodici ha

dominato. Essendo dodici il numero di volte che la Luna gira attorno alla Terra

in un anno. Non è esattamente dodici mai nostri antenati volevano numeri interi.

Essi non sapevano che quei numeri non erano numeri interi e basta. Essi erano il

risultato di come un corpo celeste (Luna) s’era trovato nel campo gravitazionale

di un altro corpo celeste (Terra) e che c’era una legge fondamentale della Natura

(la legge di attrazione gravitazionale a regolarne l’esatto comportamento. Che

dall’interazione Terra-Luna dovesse venir fuori un numero intero legato a come

il corpo celeste (Terra) s’era trovato a interagire con la stella del Sole in modo

da girargli intorno in un anno e che quell’anno dovesse essere dodici volte il giro

della Luna attorno alla Terra ci fa sorridere.

Eppure quel dodici guidò la numerologia che doveva — secondo i fanatici

dei numeri — essere legata addirittura alle età fondamentali dell’uomo. Una sola

volta dodici (anni) vuol dire ragazzo; due volte (24 anni) vuol dire adulto; tre

volte (trentasei anni) maturità; quattro volte (quarantotto anni) fine dell’attività

lavorativa e cinque volte (sessant’anni) vecchiaia. A quei tempi sessant’anni era

il massimo limite della vita per l’uomo. Ecco perché un sessantesimo venne

assunto come minima parte. Diverse tradizioni ancora oggi hanno il modulo

sessanta per riferimento. Il nostro secondo non è altro che la sessantesima parte

del minuto.

Fintantocché si usa per contare i secondi o per misurare gli angoli, poco

male.

Purtroppo la numerologia è entrata nella sfera dell’oroscopo. E sono così

nati gli oroscopi numerologici. Prendiamo un esempio.

76

Se io sono nato il 15 ottobre debbo sommare quindici più dieci, totale

venticinque. Poi c’è l’anno. Qui ci sono diverse scuole. Una dice che bisogna

prendere la prima cifra: è uno. Il totale fa ventisei. Ma ventisei, per la

matematica numerologica, corrisponde a due più sei, uguale otto. Ed è questa

cifra da usare per sapere qual è il mio destino. Ogni commento sarebbe

superfluo.

III.5 La più potente sorgente di raggi gamma del mondo viene ignorata dai

compilatori di oroscopi: Cignus X-3

L’hanno tenuta sotto controllo per ben sette anni: dal 1972 al 1979. Gli

strumenti parlavano chiaro: da quel remoto angolo della Galassia arrivavano

raggi gamma di altissima energia. Qualcosa come mille miliardi di elettron-

volts. Un’energia pari al massimo livello oggi raggiunto, qui sulla Terra

dall’uomo, nei laboratori di fisica subnucleare. Mille miliardi di elettron-volts, si

denotano con “TeV”. La macchina del Fermi-Lab, a Chicago, si chiama infatti

Tevatrone: in essa si accelerano protoni fino a portarli a quelle energie.

Un raggio gamma che parte da quel remoto angolo della nostra Galassia,

impiega trentasettemila anni per arrivare da noi. Eppure i raggi gamma

viaggiano alla massima velocità possibile per le cose di questo mondo: un

miliardo di chilometri l’ora, che è la velocità della luce. I raggi gamma non sono

altro che “luce” di altissima energia. I nostri occhi non potrebbero “vedere”

questo tipo di radiazione elettromagnetica. Così come non vedono i raggi X, né

le onde radio. La luce a noi familiare è radiazione elettromagnetica la cui energia

è accessibile ai nostri occhi. Ma essa è una sparuta frazione dell’enorme vastità

su cui si estrinseca lo spettro energetico della radiazione elettromagnetica.

Grazie all’intelletto — dono eccezionale che ci ha voluto concedere Colui

che ha fatto il mondo — l’uomo sa osservare nel cosmo, non soltanto le sorgenti

di luce visibile, e cioè le stelle del romantico firmamento. Bensì le sorgenti di

luce invisibile: e sono di gran lunga più numerose.

77

Nel cosmo, infatti, ci sono sorgenti di onde elettromagnetiche di tutti i

tipi: dalle onde radio, ai raggi X, ai raggi gamma.

È grazie agli occhi del nostro intelletto che possiamo vedere queste

straordinarie sorgenti.

Quella del Cygnus X-3 è di particolare interesse. Essa, infatti, potrebbe

essere la chiave per capire come nascono e da dove vengono quei raggi che

hanno tanto affascinato i fisici di questo secolo: i raggi cosmici. È con essi che

io ho cominciato la mia attività scientifica.

A metà degli anni cinquanta l’Europa non aveva nemmeno un modesto

acceleratore di particelle subnucleari. E i raggi cosmici rappresentavano l’unica

via per studiare la fisica delle alte energie. Quella fisica che doveva portare

l’Europa — grazie al CERN — in posizione di primo piano, rispetto alle due

superpotenze, nel campo più avanzato della Scienza Moderna. È infatti fuori

discussione che il livello d’energia rappresenta il parametro vincente nella

scoperta di nuovi fenomeni e di nuove leggi fondamentali della Natura.

Cygnus X-3 sta lì a ricordarcelo se ce ne fosse bisogno. Più si osserva

quella remota sorgente e più grande diventa il nostro bisogno di spingere in alto

l’energia dei nostri laboratori.

Cygnus X-3 ha una caratteristica unica: pulsa con un periodo di quattro

ore e quarantotto minuti. A trecentosettanta milioni di miliardi di chilometri da

noi (è questa la distanza minima alla quale si calcola possa trovarsi Cygnus X-3)

una coppia di stelle si muove in modo tale da produrre fenomeni la cui

periodicità è di poche ore.

Cygnus X-3 si pensa infatti sia fatta di due stelle. Una di queste è una

stella a neutroni. Ed ecco una prima considerazione. Come sarebbe mai stato

possibile ipotizzare l’esistenza di una stella a neutroni se Chadwick, qui sulla

Terra, nel 1932 non avesse scoperto il neutrone?

Lo stesso vale per le peculiarità osservate su Cygnus X-3. I processi fisici

che producono raggi gamma da centinaia, migliaia e diecine di migliaia di TeV,

78

non sono noti. Qui sulla Terra, come dicevamo prima, siamo al livello di qualche

TeV. I cento TeV sono la prossima frontiera della fisica europea, il cui obiettivo

per il terzo millennio è il progetto ELOISATRON (in sigla ELN): una nuova

macchina in cui i protoni si scontreranno contro protoni in modo da produrre

quei livelli d’energia. Cygnus X-3, e le sue incredibili avventure, sono di buon

auspicio.

Questa stella (binaria) di raggi X venne scoperta nel 1966 dal nostro

Riccardo Giacconi, con tre suoi collaboratori: A. Gorenstein, H. Gursky e

J.R. Waters. Insieme a Cygnus X-3 c’erano altre due sorgenti di raggi X,

numerate in ordine di decrescente intensità. Ed ecco la prima sorpresa.

L’emissione in raggi X di Cygnus X-3 è molto più bassa delle altre due in

quanto questa radiazione viene assorbita dal gas che si trova tra le stelle. In

effetti Cygnus X-3 è però molto più lontana da noi rispetto alle altre due

sorgenti. Calcolando l’energia emessa, si trova che Cygnus X-3 è la più potente

delle tre stelle a raggi X scoperte da Giacconi e collaboratori.

Ma non è tutto. Per un puro caso il 2 settembre 1972 l’astrofisico Philip

Gregory decise di puntare il suo radiotelescopio proprio su Cygnus X-3. La

radiosorgente che Gregory doveva studiare era sotto l’orizzonte: come il Sole

prima dell’alba. In attesa che sorgesse la sua radiosorgente volle dare

un’occhiata a Cygnus X-3, nota come debolissima sorgente radio, oltre che di

raggi X. E scoprì che emetteva onde radio con una intensità mille volte superiore

a quella fino ad allora osservata. Precipitandosi al telefono, informò tutti coloro

che avevano radiotelescopi affinché puntassero i loro strumenti su Cygnus X-3.

In pochi giorni tutti i telescopi per onde elettromagnetiche di qualsiasi

lunghezza d’onda (onde radio, infrarosse, luce visibile, raggi X e raggi gamma)

furono puntati su quella remota e lontana sorgente. Il bello doveva ancora

venire.

Ed era il massimo dell’emissione radio che apparve un paio di giorni dopo

la scoperta di Gregory. Il modo in cui le onde radio emesse da Cygnus X-3

79

iniziarono a perdere intensità fu decisivo per stabilire la loro origine. Si tratta di

elettroni che si muovono ad altissima velocità in un debole campo magnetico. La

radiazione emessa si chiama di “sincrotrone”: in analogia a quanto avviene nelle

macchine costruite qui sulla Terra dall’uomo. Appunto i nostri acceleratori di

particelle: i sincrotroni. L’avventura di Cygnus X-3 non doveva finire qui.

Un mese dopo la scoperta di Gregory, un’altra enorme quantità di onde

radio veniva osservata. E da allora, questi salti nell’emissione di onde radio

divennero un fenomeno di routine. Lo studio dell’assorbimento delle onde radio

permette di stabilire la distanza minima alla quale deve trovarsi quella sorgente.

Ed è così che si ricava il valore già citato.

Ma la cosa più interessante che viene fuori dagli studi su Cygnus X-3

riguarda l’enorme energia emessa. Essa è tale che basterebbero una diecina di

oggetti cosmici come Cygnus X-3 per spiegare da dove vengono tutti i raggi

cosmici che piovono su di noi. Anzi, dei raggi cosmici con energie non superiori

a diecimila TeV. Infatti tutto ciò che viene da Cygnus X-3 non supera questo

livello di energia.

Molti astrofisici pensano che le energie più elevate provengano da

sorgenti che sono in altre Galassie.

Due parole per chiudere, sul nome “Cygnus X-3”. Si chiama così in

quanto essa è una sorgente di raggi X che si trova nella zona di cielo dove c’è la

costellazione del Cigno. E quando venne scoperta, sembrava — come abbiamo

visto — dovesse essere la più debole delle tre sorgenti di raggi X trovate in

quella zona.

Essa pur essendo la più potente sorgente di onde elettromagnetiche viene

ignorata dai compilatori di oroscopi come se non esistesse. In fondo per loro

esiste ciò che vedono i nostri occhi. Ma la realtà cosmica che riesce a vedere il

nostro intelletto è almeno cento volte più potente di quanto riescano a vedere i

nostri occhi.

80

III.6 L’invenzione delle quattro Stagioni nella fantasia dei nostri antenati

Nessuno sa quando, dove e chi furono i primi al mondo ad alzare gli occhi

al cielo.

Il Sole e la Luna attrassero certamente la loro attenzione. Osservarono che

il Sole brilla molto più della Luna e che impiega una quantità di tempo variabile

per apparire nel cielo come Sole crescente (alba) Sole pieno (mezzogiorno) e

come Sole calante (tramonto). Poi viene la notte.

Si accorsero che se aumenta la durata della notte, diminuisce quella in cui

il Sole splende. Però la durata complessiva di luce più notte rimane la stessa.

Decisero di chiamare col nome di “giorno” la somma del tempo in cui c’è luce

più quello in cui c’è buio.

Scoprirono che ci sono due giorni in cui la durata della notte è eguale al

tempo necessario al Sole per sorgere e tramontare (sono i nostri equinozi). Poi ci

sono due giorni estremi. Nel primo, la durata della notte è minima (il nostro

solstizio d’estate); nell’altro la durata della notte è massima (il nostro solstizio

d’inverno).

I nostri antenati si accorsero che c’era un legame tra questi quattro giorni

speciali e la natura che si sveglia e che si addormenta. Esempio: nel periodo che

va dal giorno in cui luce e buio sono di eguale durata (il nostro 21 marzo) al

giorno in cui la notte è di durata minima, fioriscono le piante, tutto sembra

rinascere a nuova vita. È la nostra primavera.

Nel periodo che va dal giorno in cui la notte ha durata minima (il nostro

21 giugno) al giorno in cui luce e buio hanno durate eguali (il nostro equinozio

di autunno, 21 settembre) fa caldo e piove poco. Questo periodo è la nostra

estate.

Nell’intervallo di tempo che va dal giorno in cui luce e buio sono con

durate eguali al giorno con la notte più lunga (il nostro 22 dicembre) la natura

sembra mettersi a dormire. Gli alberi perdono le loro foglie e il cielo diventa

spesso nuvoloso con piogge e venti. È quello che adesso chiamiamo autunno.

81

Infine arriva il periodo che va dal giorno con la notte più lunga (il nostro

solstizio d’inverno) al giorno in cui luce e buio hanno di nuovo durate eguali (il

nostro 21 marzo). Durante questo periodo fa mediamente molto più freddo, il

cielo è sempre pieno di nuvole e le piogge con venti e tempeste dominano con

grande intensità. È il nostro inverno.

Poi tutto ricomincia daccapo. La natura rinasce (primavera), ritorna il

caldo (estate), segue il ritorno della perdita delle foglie da parte di alberi e piante

(autunno) e il ciclo si chiude con freddo e tempeste (inverno).

Attrassero la loro attenzione i quattro giorni in cui — come abbiamo visto

— buio e luce hanno durate specifiche: due volte sono eguali (i due equinozi); e

due volte hanno un minimo e un massimo (i due solstizi).

I nostri antenati cercavano regolarità e logica nei fenomeni che si

manifestavano sotto i loro occhi e che essi cercavano di collegare al fine di

capirli. E fu così che i quattro giorni legati a rapporti speciali tra buio e luce

vennero legati alle quattro essenze (terra, acqua, aria e fuoco), ai quattro

orizzonti (nord, sud, est, ovest) e ai quattro lati di quella figura geometrica

(quadrato) che si ottiene dall’incrocio perpendicolare di due rette parallele con

altre due rette parallele a distanze identiche (figura 1)

Figura 1

82

Come vedremo nel prossimo paragrafo, agli inizi delle quattro stagioni

non inizia un bel nulla. La fantasia dei nostri antenati li aveva portati a

immaginare processi discontinui come sono appunto gli inizi delle quattro

stagioni. Il fenomeno che produce le stagioni si svolge lungo tutto l’arco

dell’anno ed è rigorosamente continuo, come vedremo nei prossimi due

paragrafi. Però ancora oggi l’invenzione delle quattro stagioni domina la nostra

vita quotidiana. Come se effettivamente esistessero quattro periodi distinti e

ripetitivi legati a quattro discontinuità.

III.7 È l’inclinazione dell’asse terrestre la vera origine delle Stagioni

Le Stagioni nascono dalla inclinazione dell’asse della trottola-Terra.

Questo asse, se trascurassimo il terzo movimento della Terra (ne parleremo nel

paragrafo II.14), sarebbe fisso. Come facciamo allora a parlare di variazione da

23.5 gradi a 23.5 gradi?

Risposta: questa variazione è rispetto al Sole. Il Sole è il centro

dell’orbita lungo la quale corre la Terra nel giro che fa ogni anno attorno al Sole.

Un extraterrestre vedrebbe che la Terra gira in orbita attorno al Sole tenendo

fermo il suo asse di rotazione a trottola. Ed è tenendo fermo questo asse che

l’extraterrestre osserverebbe una proprietà geometrica semplicissima (scoperta

da Euclide).

Nel punto che noi denotiamo col nome di 21 marzo, la retta che

congiunge il Sole (preso come fosse un punto) e la Terra (presa anch’essa

come un punto) risulta perpendicolare al piano in cui si trova l’asse

della trottola-Terra. L’asse determina infatti la direzione di una retta.

L’altro punto lungo l’orbita che noi chiamiamo 21 settembre gode della stessa

proprietà.

Sono queste due identiche proprietà geometriche che determinano i due

equinozi (21 marzo, di primavera; 21 settembre, d’autunno).

83

Lo ripetiamo per chiarezza. L’asse della trottola-Terra è rimasto nella sua

posizione assoluta nello spazio. Un extraterrestre che ne avesse misurato la

direzione avrebbe trovato che è rimasta sempre la stessa. È il movimento

orbitale attorno a un punto che determina le proprietà citate.

Ad esempio, il punto dell’orbita che noi denotiamo 21 giugno corrisponde

alla seguente proprietà: la retta che parte dal Sole (preso come un punto) e che

passa per la Terra (presa come l’altro punto per determinare la direzione della

retta Sole-Terra) forma un angolo acuto (inferiore ai 90 gradi e più esattamente

(90 23.5) 66.5 gradi) con la direzione dell’asse trottola-Terra.

Nell’altro punto da noi chiamato 21 dicembre, l’angolo è invece ottuso

(superiore ai 90 gradi e più esattamente (90 + 23.5) 113.5 gradi). Questa

variazione da 66.5 gradi a 90 a 113.5, è dovuta al fatto che l’asse della trottola-

Terra, pur restando in direzione fissa nello spazio cosmico, si muove attorno a

un punto lungo un’orbita ellittica (quasi circolare).

Il ritmo delle Stagioni, è determinato dai quattro punti sull’orbita in cui la

retta Sole-Terra e l’asse della trottola-Terra formano angoli minimi (21

giugno), massimi (21 dicembre) e intermedi (21 marzo e 21 settembre). Però

l’asse della trottola-Terra è rimasto fisso.

Domanda: potremmo avere le Stagioni con ritmi diversi? No in quanto il

loro ritmo dipende dal tempo che la Terra impiega nel suo ruotare attorno al

Sole: 12 mesi. A sua volta questo tempo dipende dalla massa del Sole e

dalla distanza alla quale ci troviamo dalla nostra stella (150 milioni di

chilometri).

L’intensità delle Stagioni potrebbe cambiare se l’asse avesse una

maggiore inclinazione. Attualmente andiamo da 23.5 gradi a 23.5 gradi. Se

potessimo andare da 40 gradi a 40 gradi avremmo separazioni molto più

nette tra le Stagioni.

Il motore meteorologico non potrebbe esistere se la Terra fosse piatta. È la

sfericità della Terra che permette all’equatore di ricevere molta più energia

84

solare che non quella dei poli Nord e Sud. Il motore meteorologico trae la sua

potenza dalla quantità di calore che circola tra Equatore e Poli. Più grande è la

differenza di temperatura più efficiente è la macchina meteorologica.

Un altro modo di alterare la circolazione meteorologica è quello di

aumentare la rotazione a trottola della Terra. Più forte essa è, più forti sono, le

forze di Coriolis. Oggi al ritmo di un giro ogni ventiquattro ore, due blocchi di

masse d’aria vanno dall’Equatore al Polo Nord e altri due dall’Equatore al

Polo Sud. Se la Terra ruotasse più lentamente (ad esempio dieci volte

meno rapidamente) ci sarebbe un solo blocco di massa d’aria dall’Equatore ai

Poli.

La rotazione a trottola della Terra trae le sue origini da quando la nostra

navicella spaziale arrivò nella zona dello spazio cosmico in cui c’era il Sole.

Insomma le 24 ore di rotazione a trottola non dipendono dal Sole, mentre i

trecentosessantacinque giorni di rotazione orbitale dipendono dalla massa

del Sole. E, ovviamente, dalla distanza alla quale la nostra navicella cosmica si

è venuta a trovare nel suo impatto con la stella Sole. Chiudiamo ricordando

che la Terra è dotata di un Terzo Movimento di cui parleremo nel

paragrafo II.14.

L’asse della trottola-Terra, finora preso come fisso, immobile nello spazio

cosmico, in effetti si muove. Lentissimamente, ma si muove.

III.8 Dettagli utili per capire le imprevedibili irregolarità delle Stagioni

A causa del suo movimento orbitale attorno al Sole e poiché l’asse della

trottola-Terra è inclinato (di ventitrè gradi e mezzo) sul piano dell’orbita, per

effetto puramente geometrico accade che in due punti lungo l’orbita la Terra

risulta inclinata verso il Sole (21 giugno), come mostrato nella figura 1;

85

Figura 1

e in direzione opposta (21 dicembre), come mostrato nella figura 2.

Figura 2

Nell’emisfero Nord del pianeta il 21 giugno (figura 1) i raggi del Sole

incidono in modo completo e illuminano il Polo Nord, mentre incidono male

sull’emisfero Sud lasciando senza luce il Polo Sud.

86

Nell’emisfero Nord il 21 dicembre (figura 2) i raggi del Sole incidono di

striscio lasciando senza luce il Polo Nord, mentre incidono in modo privilegiato

nell’emisfero Sud illuminando il Polo Sud.

Per passare da un estremo all’altro ci vogliono sei mesi (figura 3)

Figura 3

Se non fosse per l’angolo di inclinazione di 23 gradi e mezzo rispetto alla

retta perpendicolare al piano dell’orbita, non potrebbero esistere le stagioni.

Se l’asse della trottola-Terra fosse stato perpendicolare rispetto al piano

dell’orbita, non sarebbero mai esistite le stagioni.

Attenzione; finora abbiamo ignorato il Terzo Movimento della Terra. Ne

parleremo nel paragrafo II.14. In questa approssimazione l’asse della trottola è

fisso. Come mai, il 21 giugno la Terra è inclinata verso il Sole e il 21 dicembre è

inclinata nella direzione opposta al Sole? Come abbiamo detto già, questo

effetto è di natura puramente geometrica. È la rotazione orbitale che, pur

restando l’asse della trottola fisso, produce l’effetto di inclinazione verso il Sole

(21 giugno) e di inclinazione opposta al Sole (21 dicembre). L’effetto totale è di

2 23.5 47 gradi su sei mesi. Prendiamo come partenza il 21 dicembre. In

87

questa posizione, l’inclinazione in direzione opposta al Sole è massima e infatti

noi diciamo che inizia l’inverno.

Il motivo lo abbiamo già detto: i raggi del Sole incidono di “striscio”

sull’emisfero Nord.

Dal 21 dicembre in poi è come se una “finestra” incominciasse ad aprirsi

verso il Sole. Il 21 giugno la finestra è spalancata. Da quel giorno in poi,

incomincia a richiudersi.

Per passare dall’inizio dell’apertura della finestra (21 dicembre) alla

finestra spalancata (21 giugno) sono necessari 6 mesi. Ventitrè gradi e mezzo in

sei mesi. Il che corrisponde a

3.9 gradi al mese.

E siccome in un mese ci sono mediamente 30 giorni,

0.13 gradi / giorno.

A partire dal 21 dicembre la “finestra” si apre di 13 centesimi di grado al

giorno. La stessa “finestra” incomincia a chiudersi con la stessa regolarità, 13

centesimi di grado al giorno, a partire dal 22 giugno fino al 21 dicembre, giorno

in cui ritorna ad essere di nuovo chiusa. Le stagioni nascono dal fatto che:

1) l’asse della trottola-Terra è inclinato (23.5 gradi) rispetto

al piano sul quale si trova l’orbita della Terra;

2) la Terra gira attorno al Sole, lungo questa orbita.

In effetti il 21 giugno non inizia un bel nulla. Noi che viviamo

nell’emisfero Nord diciamo che inizia l’estate. E invece, proprio il 21 giugno la

“finestra” incomincia a richiudersi. È un processo continuo, con 13 centesimi di

grado al giorno, di inclinazione nella direzione opposta al Sole, che si conclude

il 21 dicembre.

Come mai allora parliamo d’estate? È l’Inerzia Termodinamica che

determina il fenomeno estivo. A partire dal 21 marzo i raggi del Sole

88

incominciano a colpire l’emisfero Nord sempre in modo più incisivo. La

superficie liquida e solida insieme all’atmosfera incominciano a caricarsi

d’energia. E quando (21 giugno) la finestra inizia a richiudersi, noi sentiamo,

con ritardo dovuto all’inerzia del sistema Oceani-Terra-Aria, gli effetti di essere

stati meglio colpiti dai raggi del Sole durante i precedenti mesi (da marzo a

giugno). Poi, mentre la finestra inizia a richiudersi (dal 21 giugno in poi), i raggi

continuano a colpirci ma con angolo di inclinazione decrescente; purtuttavia per

inerzia termodinamica il sistema Oceani-Terra-Aria, già precedentemente carico

d’energia, si trova in condizioni ottime di riscaldamento.

Gli antichi proverbi “Marzo pazzerello esce il Sole e prendi l’ombrello” e

“April neanche un fil” nascono dalla combinazione dell’Inerzia Termodinamica

del sistema “Oceani-Terra-Masse d’Aria” con il lentissimo movimento di

“apertura” della finestra verso il Sole di appena 13 centesimi di grado al giorno.

Questa Inerzia e il lentissimo movimento di “apertura” sono alla base delle

variazioni imprevedibili legate alle stagioni.

Le altre due date, 21 marzo, indicata come inizio della primavera e 21

settembre, inizio dell’autunno, corrispondono alla posizione “perpendicolare”

dell’asse della trottola-Terra, rispetto ai raggi del Sole. Questa posizione

“perpendicolare” è sempre una pura proprietà geometrica, come abbiamo già

detto, scoperta da Euclide. Anche in questo caso è sempre l’Inerzia

Termodinamica del sistema “Oceani-Terra-Masse d’Aria” legata al lentissimo

movimento continuo di inclinazione dell’asse terrestre che produce le

imprevedibili fluttuazioni stagionali.

Riepilogando, il 21 dicembre noi diciamo che inizia l’inverno. Questa

data non corrisponde a una azione immediata come sembrerebbe indicare il

termine “inizio”. In effetti incomincia lentamente a riaprirsi, con lo stesso ritmo

di sempre, la finestra verso il Sole. Il 21 giugno noi diciamo che inizia l’estate e

invece inizia a richiudersi la finestra. È come se, avendola tenuta troppo aperta

incominciamo a chiuderla, ma la stanza s’è già scaldata e nel periodo che segue,

89

mentre noi stiamo lentamente richiudendola, la temperatura continua a salire,

per Inerzia Termodinamica. Le imprevedibili irregolarità delle stagioni non sono

dovute né agli astri che ci vogliono punire né alle magie legate a poteri occulti di

forze misteriose.

III.9 Il Terzo Movimento della Terra. Poco noto ma importante perché

disaccoppia i giorni del Calendario dai segni zodiacali

Abbiamo visto i due ben noti movimenti della Terra. Quello a trottola

(movimento n. 1) che dura un giorno. E quello attorno al Sole (movimento n. 2)

che dura un anno. Ce n’è un terzo poco noto e che dura venticinquemila

seicentocinquanta anni. Poco noto, ma importante. Esso disaccoppia la data del

Calendario dai segni dello Zodiaco. Fu scoperto da Ipparco centocinquant’anni

prima dell’era cristiana. È un movimento che determina la cosiddetta

Precessione degli Equinozi per cui la posizione dove sorge il Sole (nel giorno

di un equinozio o di un solstizio) se vista sullo sfondo celeste dove ci sono

determinati gruppi di stelle, non resta costante nel tempo. Ad esempio,

nell’equinozio di primavera (21 marzo) ai tempi di Ipparco il Sole sorgeva in

una zona di cielo dove Ipparco aveva immaginato un segno zodiacale che voleva

ricordare il punto è di Euclide. Questo punto gode di speciali proprietà

geometriche. Esse sono alla base del fatto che quando la Terra si trova in quel

punto, luce e buio hanno durate eguali per noi che giriamo attorno a una

sorgente di luce che è al centro della nostra orbita. Ipparco, scegliendo un

gruppo di stelle, disegnò un Ariete per ricordare il simbolo di Euclide.

Lo sfondo del cielo si sviluppa su trecentosessanta gradi. Ipparco

dividendo trecentosessanta gradi per dodici (essendo dodici il numero di volte

in cui la Luna gira attorno a noi in un anno) ottenne intervalli angolari di trenta

gradi. Su ogni intervallo angolare Ipparco identificò un certo numero di stelle e

disegnò figure. Queste dodici figure sono i dodici segni dello Zodiaco.

90

Ipparco notò che — tremila anni prima — ai tempi dei Babilonesi

la “Stella Polare” era nella costellazione del Dragone. Infatti, a quei tempi il

Polo Nord(*) puntava verso la più splendente stella nella costellazione del

Dragone. Adesso invece non c’era alcuna stella particolarmente brillante che

fosse ferma nel cielo. Ipparco notò due piccole stelle che sembrava fossero

immobili nel cielo. Centocinquant’anni prima di Ipparco, due astronomi,

Aristillo e Timocari, avevano misurato la latitudine e la longitudine di alcune

stelle. Ipparco, ripetendo le misure, notò che la latitudine di quelle stelle non

cambiava, la longitudine sì. Era come se l’asse della trottola-Terra si muovesse

anch’esso nello spazio cosmico. Galilei e Newton dovevano ancora nascere.

Nessuno sapeva come di fatto stessero le cose con la rotazione a trottola della

Terra e con le leggi di attrazione gravitazionale.

Questo però rende ancora più grande la scoperta di Ipparco, avvenuta ben

duemila centocinquanta anni fa, ma ancora poco nota. Essa ci permette di sapere

che l’equinozio di primavera si sposta sull’orbita che la Terra compie attorno al

Sole. Quando Ipparco scoprì che ai tempi dei Babilonesi, nel giorno in cui luce e

buio hanno durate eguali (equinozio di primavera), il Sole sorgeva in una zona

di cielo dove c’era un gruppo di stelle su cui Ipparco aveva disegnato un Toro,

capì che lo stesso effetto era legato all’altra sua scoperta sulla “Stella Polare” dei

Babilonesi che si era “spostata”.

(*) L’asse attorno a cui ruota a trottola la Terra non coincide con l’asse “magnetico” della

nostra stessa Terra. Una bussola indica il Nord magnetico mentre la Stella Polare si trova quasi sull’asse “dinamico” di rotazione a trottola della Terra. Le due direzioni non coincidono. Nel corso della storia di questo nostro satellite del Sole c’è stato un periodo in cui il Nord magnetico puntava verso il Sud “dinamico” che è oggi il nostro Polo Sud. Insomma i due poli erano in direzioni opposte. Si pensa che il campo magnetico terrestre sia prodotto dalla rotazione del nucleo di ferro che costituisce il nocciolo duro della Terra.

91

Oggi noi vediamo nella costellazione dell’Orsa Minore una stella che non

si muove mai. Tutte le stelle sorgono e tramontano. La “Stella Polare” sembra

immobile. Fra seimila anni i nostri posteri avranno come Stella Polare la

principale stella nella costellazione del Cefeo, detta Alderamin.

Motivo: come abbiamo detto più volte, la Terra gira in 24 ore a trottola

(movimento n. 1) in senso antiorario e dà, a noi che siamo sulla Terra,

l’impressione che tutto l’Universo giri attorno a noi in senso opposto, e cioè

orario.

Immaginiamo un punto ideale in cui il prolungamento dell’asse della

trottola terrestre incontri la volta celeste. Questo punto, noi, da qui sulla Terra,

non possiamo vederlo girare in quanto corrisponde all’asse della trottola su cui

ci troviamo a ruotare. Fintanto che l’asse della trottola-Terra resta fisso, quel

punto sarà sempre lo stesso.

La nostra “Stella Polare” è quasi esattamente nel punto in cui il

prolungamento ideale dell’asse della nostra trottola-Terra interseca la volta

celeste. Ecco perché ci sembra immobile nel cielo. Verso l’anno 2600 essa ne

disterà di quasi mezzo grado. In epoche remote, ai tempi delle più antiche

osservazioni astronomiche pervenuteci, la nostra Stella Polare distava di ben

dodici gradi da quel punto del cielo in cui nulla si muove. Se in quel punto non

ci fosse una stella, ma due tra di esse vicine, noi vedremmo che quelle due

piccole stelle vicine ci appaiono immobili, mentre tutte le altre ruotano.

Ai tempi di Ipparco era esattamente questo che accadeva: la “Stella

Polare” di Ipparco non era la nostra, ma due altre piccole stelle. Fra tredicimila

anni, l’asse di rotazione a trottola della Terra, punterà nel cielo verso la

splendida stella Vega, la più brillante nella costellazione della Lira. Sarà quella

la Stella Polare dei nostri posteri. Questo continuo variare delle stelle, dette

Polari, in quanto si trovano nella zona di cielo verso cui punta il nostro Polo

Nord, è la prova sicura che l’asse della trottola-Terra non è fisso. Il suo moto si

chiama di precessione in quanto è orario: di senso opposto al moto orbitale

92

della stessa Terra. Bisognerà aspettare venticinquemila-seicentocinquanta anni

per ritrovare i nostri posteri con la Stella Polare identica a quella che oggi noi

vediamo brillare nel cielo.

Come dicevamo prima, Ipparco capì che il sorgere del Sole all’inizio della

Primavera (21 marzo) nella zona di cielo dove non c’è il Toro (dei Babilonesi)

ma l’Ariete e la “Stella Polare” dei Babilonesi che non c’era più erano due

fenomeni strettamente dipendenti l’uno dall’altro. Riepiloghiamo.

Ai tempi dei Babilonesi, il 21 marzo (più esattamente nel giorno in cui

luce e buio hanno durate eguali) il Sole sorgeva nella zona di cielo dove c’è il

Toro e la “Stella Polare” era diversa da quella osservata da Ipparco.

Ai tempi di Ipparco, il 21 marzo il Sole sorgeva nella zona di cielo dove

c’è l’Ariete e la “Stella Polare” di Ipparco era diversa da quella dei Babilonesi.

Ipparco non sapeva che era la Terra a girare attorno a se stessa come fosse

una trottola. Noi sappiamo oggi che l’asse della trottola-Terra non può restare

fisso nello spazio cosmico per via delle forze gravitazionali e delle strutture non

omogenee della Terra.

L’asse deve girare in senso orario attorno a un punto ideale del cielo che

si trova nel centro di un cerchio ideale formato da tutti i punti di intersezione

tra l’asse della trottola-Terra e la volta celeste. Per disegnare questo cerchio

ideale sulla volta celeste, l’asse della trottola-Terra impiega venticinquemila-

seicentocinquanta anni. Arrotondiamo a ventiquattromila anni.

Il calcolo dei ventiquattromila è semplicissimo. Ricostruendo quello che

era noto a quei tempi, Ipparco calcolò che ci vogliono circa duemila anni

affinché il sorgere del Sole in Primavera (21 marzo) passi da un segno zodiacale

a un altro. Abbiamo già visto che un segno zodiacale si estende su un intervallo

angolare di trenta gradi. Se per ruotare di trenta gradi ci vogliono duemila anni,

siccome un giro intero (trecentosessanta gradi) è dodici volte trenta gradi,

dovremmo moltiplicare i duemila anni per dodici. Risultato: ventiquattromila

anni.

93

Questo terzo movimento è lentissimo e ha senso opposto agli altri due

movimenti della Terra, che sono entrambi antiorari. Vediamone i motivi.

Figura 1: Le rette perpendicolari al piano dell’orbita sono, per semplicità, indicate come “retta perpendicolare”. L’asse della trottola-Terra ha sempre ventitrè gradi e mezzo rispetto alla retta perpendicolare.

La Terra gira a trottola in senso antiorario (movimento n. 1) con l’asse

inclinato di circa ventitrè gradi e mezzo rispetto alla retta perpendicolare al

piano dell’orbita (figura 1).

Il piano dell’orbita è prodotto dalla forza gravitazionale del Sole. È un

piano che esiste a tutti gli effetti fisici. Se non fosse per questo piano la Terra si

perderebbe nello spazio cosmico gelido e vuoto; non potrebbe ruotare come fa in

senso antiorario attorno al Sole. Questo senso antiorario risale alle origini:

quando la Terra venne catturata dall’attrazione gravitazionale del Sole. Il piano

passa per il centro della Terra. E per il centro della Terra passa anche l’asse della

nostra trottola. Questo asse non è perpendicolare al piano; come detto prima

esso ha un’inclinazione di ventitrè gradi e mezzo rispetto alla verticale. Il

motivo per cui non può rimanere fisso nello spazio cosmico e deve ruotare

94

lentissimamente in senso orario è stato possibile capirlo grazie a Galilei e

Newton.

La Terra non è una sfera perfetta: un po’ schiacciata ai poli, e un po’

rigonfia all’equatore. La sua struttura materiale non è omogenea. L’attrazione

gravitazionale del Sole è più grande all’equatore che ai poli. Essa spinge il piano

del nostro equatore verso il piano su cui viaggia la Terra. Se il Sole riuscisse in

questa impresa, l’asse della Terra non penderebbe più sul piano dell’orbita. È

come se la Torre di Pisa diventasse perpendicolare al suolo. Pisa perderebbe i

turisti, noi le stagioni. L’attrazione gravitazionale del Sole, della Luna e di tutti

gli altri corpi celesti agisce sull’asse di rotazione della trottola-Terra.

Per via della conservazione di questo moto a trottola, la trottola reagisce

mettendosi a ruotare in senso orario, conservando però la stessa inclinazione di

ventitrè gradi e mezzo. L’effetto è piccolo — ecco il motivo dei venticinquemila

e passa anni — in quanto dipende dalla non perfetta sfericità della Terra e delle

sue disomogeneità strutturali. Il senso orario dipende invece da due motivi. La

natura antioraria della rotazione a trottola, e il verso della “coppia” generata

dalle forze gravitazionali che agiscono sulla Terra “schiacciata” ai poli e

inclinata sul piano dell’orbita. La rotazione a trottola antioraria della Terra risale

alle origini: quando la Terra ruotando come una trottola venne catturata dal Sole.

Tutte queste cose Ipparco non poteva saperle. Le abbiamo capite oggi

noi, grazie a Galilei e Newton. Rimane il fatto indiscutibilmente formidabile che

a scoprire l’effetto della Precessione degli Equinozi sia stato Ipparco.

Purtuttavia va detto anche che, secondo studi recenti, pare che la precessione

degli equinozi fosse già nota agli Egizi.

III.10 Se ci fossero due primavere l’anno, continueremmo a credere nei

segni zodiacali?

La estrema lentezza del terzo movimento della Terra è uno dei motivi per

cui esso rimane fuori dal contesto culturale dove invece avrebbe titolo ad essere

95

presente con estrema forza e impatto. Riepiloghiamo. Gli inizi delle quattro

stagioni sono legati alla inclinazione dell’asse terrestre rispetto al Sole. Per

chiarezza riportiamo nella figura 1 l’attuale stato in cui le stagioni si susseguono

di tre mesi in tre mesi. La proiezione dell’asse terrestre sul piano dell’orbita

indica come l’asse stesso è orientato rispetto al Sole. All’inizio della primavera

l’asse della trottola-Terra si trova in un piano perpendicolare ai raggi solari.

Ecco perché la quantità di tempo in cui c’è luce è eguale a quella in cui c’è buio.

Lo stesso vale per la posizione che indica l’inizio della stagione autunnale.

La posizione con l’asse terrestre orientato verso il Sole corrisponde

all’inizio dell’estate mentre l’inverno ha l’asse della trottola-Terra orientato in

senso opposto al Sole.

Il legame tra stagione e posizione nell’orbita — e cioè segno zodiacale —

sembra fisso, in quanto cambia con estrema lentezza: per passare da un segno

zodiacale al precedente bisogna aspettare duemilacentotrentacinque anni. La

precessione dell’asse terrestre è talmente piccola in un anno che sarebbe

impossibile riprodurla nella figura 1. Nelle condizioni attuali (rotazione ogni

ventiquattromila anni)(*) la posizione “primavera” per ruotare di novanta gradi

(un quarto di trecentosessanta gradi) impiega seimila anni (un quarto di

ventiquattromila). Questa rotazione di novanta gradi corrisponde (andando in

senso opposto alla rotazione orbitale) a tre segni zodiacali decrescenti: da Ariete,

a Pesci ad Acquario. Il 21 marzo (inizio primavera) il Sole sorgeva ai tempi di

Ipparco nella zona di cielo dove c’è la costellazione dell’Ariete. Nel 465 d.C. il

sorgere del Sole a primavera passò nel segno dei Pesci (numero dodici). E

adesso sorge ancora lì. Però nel duemilaseicento il Sole sorgerà nella zona di

cielo dell’Acquario.

(*) Ricordiamo al lettore che per semplicità arrotondiamo il valore della precessione degli

equinozi a ventiquattromila anni invece dei suoi effettivi venticinquemila seicentocinquanta.

96

Figura 1: Attuale stato delle stagioni e dei segni zodiacali. L’inizio della primavera (21 marzo) corrisponde al Sole che sorge nel segno dei Pesci; l’inizio dell’estate ha il Sole nel segno dei Gemelli; l’inizio dell’autunno ha il Sole che sorge nel segno della Vergine; e l’inizio dell’inverno ha il Sole che sorge nel Sagittario.

Immaginiamo con una bacchetta magica (non esistono le bacchette

magiche) di aumentare la velocità di rotazione dell’asse della trottola-Terra.

Grazie alla bacchetta magica, invece di impiegare ventiquattromila anni per

fare un giro completo, l’asse della trottola impiegherebbe appena un anno.

Siccome la rotazione della direzione dell’asse della trottola è oraria essa va in

senso opposto a quello del movimento orbitale. Adesso attenzione.

97

Nella figura 2 ci sono le posizioni dell’asse terrestre nel caso di un effetto

“bacchetta magica”. Effetto in cui la “precessione” fosse ventiquattromila volte

più forte di oggi. In questo caso avremmo due primavere l’anno e otto stagioni

invece delle quattro attuali.

Figura 2: Se aumentasse la rotazione dell’asse terrestre di ventiquattromila volte, avremmo due primavere in un anno; due estati; due autunni e due inverni; otto stagioni l’anno, invece delle attuali quattro. Le frecce doppie k indicano la direzione dell’asse terrestre rispetto al Sole. Ricordiamo ancora che quando la freccia doppia (e cio la proiezione dell’asse terrestre sul piano dell’orbita) è rivolta verso il Sole questo indica che ha inizio l’estate. Quando è diretta in verso opposto al Sole, inizia l’inverno. E quando è perpendicolare ai raggi del Sole allora iniziano la primavera o l’autunno.

98

Il dettaglio fondamentale riguarda il fatto che nell’orbita della Terra

ciascuna posizione, A1, B1, C1, D1, A2, B2, C2, D2, corrisponde a un segno

zodiacale. E su questo non c’è dubbio alcuno. Le stagioni invece dipendono da

come l’asse terrestre è inclinato verso il Sole. Nella figura 2 si vede che le due

primavere (A1 e A2) corrisponderebbero a due segni zodiacali diversi. Il nodo

fondamentale sta nel fatto che in dodici mesi avremmo non due ma quattro

equinozi. Non due solstizi ma quattro. Il primo solstizio d’estate

corrisponderebbe a un segno zodiacale diverso da quello del secondo solstizio.

La Terra continuerebbe a ruotare lungo l’orbita in trecentosessantacinque

giorni. Però i due segni zodiacali attualmente distanti sei mesi (Ariete e

Bilancia) corrisponderebbero per esempio alle due primavere dello stesso anno.

E così per tutte le altre coppie di estati, inverni e autunni.

Lo ripetiamo per chiarezza: in un anno avremmo due estati e due inverni

intervallati da due primavere e due autunni. Non più quattro stagioni, ma otto

stagioni all’anno.

Ricordiamo ancora una volta che la posizione della Terra sull’orbita

corrisponde a un segno zodiacale, mentre l’inclinazione dell’asse della trottola

rispetto al Sole corrisponde alla stagione. Più esattamente l’inizio di una

stagione corrisponde al giorno in cui i tempi di luce e di buio sono con valori

particolari: eguali (equinozi) massimi e minimi (solstizi).

L’effetto “bacchetta magica” (una rotazione ventiquattromila volte più

veloce) corrisponderebbe a una rotazione dell’asse della trottola-Terra in

appena un anno. L’effetto “bacchetta magica” farebbe muovere, in appena un

anno, le otto stagioni attraverso tutti i segni dello Zodiaco. Se la primavera

sorgesse il 21 marzo nel segno dell’Ariete, dopo appena sei mesi la seconda

primavera sorgerebbe nel segno della Bilancia.

Il legame tra posizione nell’orbita (e cioè segno zodiacale) e stagioni

(primavera, estate, autunno, inverno) sarebbe totalmente alterato.

99

Nelle condizioni in cui i tre movimenti della Terra effettivamente

avvengono, con i periodi noti di un giorno, un anno e ventiquattromila anni, il

terzo movimento sembra inesistente. Sembra ma non lo è. Esso infatti produce,

come abbiamo visto nel paragrafo I.11 un anticipo di venti minuti l’anno sulla

nostra orbita. E siccome la Terra viaggia a circa centomila chilometri l’ora, venti

minuti di anticipo corrispondono a ben trentatremila chilometri.

Coloro che ancora oggi leggono oroscopi e credono nei segni dello

Zodiaco negano l’esistenza di questi trentatremila chilometri nel nostro viaggio

cosmico attorno al Sole. È come negare l’esistenza della curvatura della Terra o

del moto stesso della Terra attorno al Sole. Chi legge oroscopi e crede nei segni

zodiacali, senza saperlo, appartiene alla stessa classe di persone che credono

nella Terra piatta e nel Sole che ci gira intorno.

III.11 Astrologia, oroscopi e Terzo Movimento della Terra. Se il Sole avesse

occhi e potesse inviarci un fax

Astrologia e oroscopi hanno come base concettuale la ripetitività degli

eventi celesti. Nel Cosmo, non esiste alcunché di immobile né di ripetitivo.

Tutto cambia. Nessun oggetto stellare si troverà mai in una posizione dove è già

stato prima. La nostra stella gira attorno al centro della galassia. E la galassia si

muove rispetto alle altre galassie.

L’astrologia è invece basata sulla ripetitività degli eventi cosmici. Il fatto

che in primavera il Sole entri nel segno zodiacale dell’Ariete. D’estate, in quello

del Cancro. D’autunno in quello della Bilancia e d’inverno nel Capricorno non

corrisponde ad alcun fatto fisico ripetitivo. Ogni anno il Sole si trova a miliardi

di chilometri da dove era l’anno precedente. E così tutte le stelle delle

costellazioni zodiacali considerate come fossero fisse. La vita sulla Terra viene

legata al segno dello Zodiaco come se si trattasse di eventi cosmici ripetitivi.

Nasce così la grande, invisibile, strada del cielo che i greci chiamarono

eclittica poiché in essa si verificavano le eclissi di Sole e di Luna. Dodici

100

costellazioni si affaccerebbero su questa ipotetica strada come fossero dodici

diverse tappe di un circuito automobilistico. Si inizia dal segno dell’Ariete che

dovrebbe indicare il principio della primavera. E così dovrebbe essere per le

altre stagioni: il legame con le tappe della pista cosmica dovrebbe essere eterno.

Se il Sole avesse occhi vedrebbe che, col passare dei millenni,

l’inclinazione dell’asse terrestre verso di lui, avrebbe valori diversi nelle diverse

tappe del circuito automobilistico. Il Sole vedrebbe con i suoi occhi che d’estate

il Polo Nord pende verso di lui (ecco perché in Finlandia, si può vedere il Sole a

mezzanotte). D’inverno, invece, vedrebbe che il Polo Nord pende dalla parte

opposta (ecco perché il ventuno dicembre ha la notte più lunga dell’anno). Il

Sole però non ha telefono, né sa parlare.

Se potesse telefonarci saprebbe quelle cose che abbiamo messo in

parentesi: Finlandia col Sole a mezzanotte e 21 dicembre notte più lunga

dell’anno. Il Sole ci direbbe, che, nel corso dei millenni, quando in Finlandia si

può vedere il Sole a mezzanotte, la Terra non si trova nelle stesse posizioni delle

tappe automobilistiche, come pretendono gli astrologi.

Se il Sole sapesse cosa vuol dire per noi la primavera ci direbbe che lui,

col passare dei millenni, in primavera non sorge più negli stessi punti dell’orbita

automobilistica che gli astrologi chiamano segni zodiacali. Il Sole ci direbbe che

ai tempi di Ipparco, in primavera lui sorgeva nella zona dove brilla la

costellazione dell’Ariete. Adesso però sorge nella costellazione dei Pesci. E ci

direbbe anche che ancora per sei secoli, in tutte le estati, egli sorgerà non nella

costellazione del Cancro, com’era ai tempi di Ipparco, ma in quella dei Gemelli.

Negli autunni l’alba vedrà il Sole non nella costellazione della Bilancia, com’era

ai tempi di Ipparco, ma in quella della Vergine. E negli inverni, il Sole non

sorgerà nella zona di cielo dove c’è la costellazione del Capricorno, ma in quella

del Sagittario.

A questo punto non ci resterebbe altro che chiedere a un astrologo di

parlare col Sole. La nostra stella gli direbbe che non capisce come mai qualcuno

101

possa considerarlo fermo quando invece lui viaggia a un milione di chilometri

l’ora. E ferma non è alcuna stella. Lui le conosce tutte.

Ascoltando gli astrologi che cercano di convincerlo della esistenza dei

segni zodiacali e dei legami fissi tra l’inclinazione dell’asse terrestre e la

posizione della Terra nella pista cosmica, il Sole rischierebbe di perdere la

pazienza. Essendo abituato a grandi tensioni riesce però a mantenere la calma. E

si diverte quando gli viene l’idea giusta. Decide di chiedere all’astrologo di

turno (ne ha già sentiti tanti) se lui — astrologo di turno — crede nella esistenza

della Stella Polare. «L’ha vista ieri notte?» chiede. L’astrologo risponde

ovviamente di sì. «Ma allora i suoi occhi vedono stelle inesistenti» aggiunge

divertito il Sole. «Infatti — prosegue ridacchiando — ai tempi d’Ipparco quella

Stella Polare, “polare” non era. Si muoveva. E infatti Ipparco si guardò bene dal

dire che quella era una “Stella Polare”». Il Sole concluderebbe dicendo: «coloro

i quali pretendono ancora oggi, nel Terzo Millennio, di legare in modo stabile i

segni dello Zodiaco alle date del Calendario dovrebbero negare l’esistenza della

Stella Polare».

Dimenticavo di dirvi che il Sole ha una memoria di ferro. Sta lì da cinque

miliardi di anni e ricorda che ai tempi di Ipparco (150 a.C.) lui toccava la

massima altezza nel nostro cielo quando era nel segno della costellazione del

Granchio (detta Cancro). Ecco perché è stato coniato il termine “Tropico del

Cancro”. Oggi non è più così. Il Sole direbbe al nostro amico astrologo: «Il

vostro 21 giugno corrisponde al punto di massima inclinazione dell’asse

terrestre verso di me. Ecco perché io raggiungo nei vostri cieli la massima

altezza a mezzodì. Se tu potessi spegnermi (per fortuna nessuno lo saprà mai

fare) vedresti che io mi trovo nel segno dei Gemelli. Hai o no capito che la

precessione degli equinozi disaccoppia la data del vostro Calendario dai segni

zodiacali?»

E se il Sole fosse un fisico direbbe: «Andatevi a studiare cosa hanno

scoperto Galilei e Newton; riuscireste a capire che deve esistere la precessione

102

degli equinozi». È questo terzo movimento della Terra che deve far perdere fede

ai cultori dell’Astrologia. Infatti, chi nasce nel segno zodiacale dell’Ariete (21

marzo-20 aprile) deve sapere che le sue stelle oggi, nel primo secolo del Terzo

Millennio, sono in verità quelle della costellazione dei Pesci. E chi nasce il 21

aprile non ha le stelle nel segno zodiacale del Toro, ma in quelle dell’Ariete. E

così per tutte le altre date del Calendario. Esse non corrispondono più alle

costellazioni osservate da Ipparco.

Se il Sole sapesse disegnare e avesse il fax ci invierebbe lo schema

riprodotto nella figura 1. E ci direbbe anche: «provate a guardare la Terra e me

stesso, stando sopra di noi, come è quell’occhio nella figura 1».

Figura 1: Figura che illustra come si disaccoppiano 1) il movimento orbitale della Terra con l’angolo della trottola che determina le stagioni; e 2) il movimento orbitale che è invece riferito alle costellazioni immaginate fisse nel Cosmo. Quella specie di nuvola in alto ci fa vedere dove dovrebbe essere il nostro occhio per vedere la Terra, il suo asse, il Sole e i segni zodiacali come mostrato nella figura 2.

103

«Con un po’ di fantasia capirete che la proiezione dell’asse della Terra sul

piano in cui essa viaggia nella sua orbita attorno a me, avrebbe, rispetto ai segni

dello Zodiaco, le posizioni illustrate nella figura 2, che è quasi identica alla

figura 1 del paragrafo II.15».

A questo punto il Sole, amico nostro, ci direbbe. «Adesso osservate la

figura 3 dove potrete vedere in quali segni zodiacali sorgerà il Sole all’inizio di

ogni primavera nei prossimi millenni». Infatti, quando Ipparco (150 a.C.) misurò

che il Sole (nel giorno dell’equinozio di primavera) sorgeva nel segno

dell’Ariete, la Terra nel suo viaggio attorno al Sole si trovava già in quel segno

con un anticipo orbitale di circa il 70%.

Insomma, mancava il 30% per completare il suo passaggio nel segno

dell’Ariete, dove era entrato nell’anno 1670 prima dell’era cristiana. E infatti nel

465 dopo Cristo l’inizio della primavera vide il Sole che sorgeva già nel segno

dei Pesci (il numero dodici).

E oggi, in pieno anno duemila siamo ancora lì. Chi osservasse dove sorge

il Sole il 21 marzo di quest’anno e dei prossimi sei secoli lo vedrà sorgere nel

segno dei Pesci, che non è un punto dell’orbita ma un percorso lungo ben

ottantatrè milioni di chilometri. La Terra impiega un mese a percorrere un segno

zodiacale.

A partire dell’anno duemilaseicento il Sole invece sorgerà, all’inizio

della primavera e per altri duemila-centotrentacinque anni, nel segno

dell’Acquario (il numero undici).

Chi fosse interessato a conoscere il destino dei nostri posteri — se esso

fosse legato all’inizio di ogni primavera — vedrà nella figura 3 dove sorgerà il

Sole nei prossimi millenni, fino all’anno ventitremila-novecentocinquanta

quando ritornerà nel segno numero uno (Ariete), che fu di Ipparco.

104

STATO ATTUALE

Figura 2: Le frecce indicano la direzione dell’asse terrestre rispetto al Sole: A perpendicolare rispetto ai raggi del Sole; Binclinato verso i raggi del Sole; C perpendicolare rispetto ai raggi del Sole; Dinclinato in verso opposto ai raggi del Sole. I numeri indicano i segni dello Zodiaco con 1 = Ariete; 2 = Toro eccetera. Gli intervalli sono di trenta gradi ciascuno, come stabilito da Ipparco. Si noti che il nostro 21 marzo si trova nel segno dei Pesci (12) non in quello dell’Ariete (1) com’era ai tempi di Ipparco.

105

PERIODO DELLA PRECESSIONE ≡ 25.620

Figura 3: Le frecce doppie → indicano la direzione dell’asse terrestre rispetto ai raggi del Sole. Questa direzione è sempre perpendicolare in quanto indica il giorno dell’equinozio di primavera. Nei millenni a venire la posizione del solstizio di primavera si sposta lungo l’orbita terrestre in senso orario, come scoprì Ipparco. Ai tempi di Ipparco il Sole sorgeva nel segno zodiacale nº 1 (Ariete). Adesso e per ancora sei secoli sorgerà nel segno zodiacale nº 12 (Pesci). A partire dell’anno 2600 il Sole sorgerà a primavera invece nel segno zodiacale nº 11 (Acquario). Ritornerà su Ariete nell’anno 23.950 d.C..

106

IVANTICHE PAURE COSMICHE

Lo scadere del Secondo Millennio ha acceso l’interesse del grande

pubblico su quando inizia il Terzo. C’è chi ha detto che il Terzo Millennio avrà

inizio nell’anno 2001: proprio in quanto la Matematica insegnerebbe che il

primo numero del Terzo Millennio non può essere lo Zero ma il numero Uno.

C’è chi usando la Matematica ha preteso di dimostrare l’esistenza di un intero

anno, il duemila, a cavallo tra la fine e l’inizio del Terzo Millennio. Come dire

nulla finisce e nulla inizia.

Altri hanno portato l’esempio delle automobili e delle arance per

sostenere che il terzo migliaio di automobili non può avere inizio se non

abbiamo prodotto l’auto che porta il numero duemilauno. Esattamente come non

possiamo dire di avere in magazzino iniziato a contare il terzo migliaio di arance

se, dopo l’arancia numero duemila, non esiste già quella numero duemilauno.

Automobili e arance sono cose materiali. Qualcuno ha quindi pensato financo a

quell’entità evanescente, il tempo, per spiegare il suo significato fisico: infinito e

assoluto, come se Galilei non fosse mai nato.

C’è poi chi si è occupato degli anni che ci separano dalla nascita di Gesù

per discutere di Calendario e delle sue problematiche.

Sono state chiamate in causa, la Matematica pura, la Fisica, gli oggetti

materiali e il Calendario, al fine di stabilire la verità su quando effettivamente

inizia il Terzo Millennio.

107

Seguiremo lo stesso ordine per convincere il lettore di quanto abbiamo già

detto in diverse occasioni: il Terzo Millennio non ha bisogno di attendere l’anno

duemilauno per esistere. Il Terzo Millennio ha avuto inizio — in ciascuna zona

di fuso orario appropriato — nel primo istante successivo alla mezzanotte del 31

dicembre dell’anno millenovecentonovantanove.

Vediamo cosa ci insegna il rigore della Matematica. Per far questo

abbiamo bisogno di Zenóne e di Pitagora. Iniziamo con Zenóne.

IV.1 Zenóne: dopo lo zero non c’è il numero uno ma un numero piccolo,

piccolissimo e razionale

Dal punto di vista puramente matematico il problema del contare nasce

all’alba della civiltà, quando l’uomo incomincia a sentire il bisogno di riflettere

sui numeri. Inizia col contare due leoni, tre cavalli, quattro alberi, cinque pietre,

sei fiori, sette giorni, otto pesci, nove anelli, dieci dita delle sue mani, eppoi

abbandona leoni, cavalli, alberi, pietre, fiori, giorni, pesci, anelli, dita, per

riflettere sui numeri. Entità astratte, prive di dimensioni. Il primo numero è Uno.

Il secondo è Due e così via. Vedremo quale miniera d’oro era nascosta in questi

due semplicissimi numeri. Bastava — e ancora oggi è così — riflettere.

Quando contiamo, attacchiamo col numero Uno, non certo con lo Zero. Il

numero Zero non può esprimere altro che il nulla. Ecco l’origine dei dubbi.

Il problema di cosa c’è dopo lo Zero possiamo affrontarlo grazie a Zenóne

di Elèa che duemila-cinquecento anni fa scoprì cos’è il numero uno.

Tutti dicevano: dopo lo Zero c’è il numero Uno eppoi Due, Tre fino

all’infinito. Nasce così lo studio dei numeri interi: 1, 2, 3, 4, .... . Lo studio di

questi semplicissimi numeri venne definito dal grande Gauss la “Regina delle

Matematiche”(*).

(*) Il lettore che ne volesse sapere di più potrebbe leggere il mio libro “L’Infinito” che,

dopo dieci edizioni di cui sette Rizzoli-Bur è adesso edito da Pratiche Editrice (1998).

108

Zenóne incominciò a riflettere sul significato di numero intero. Il più

semplice è il numero Uno. E così ragionò. Se dopo lo Zero c’è il numero Uno,

perché non posso dividerlo a metà? Nessuno può negare l’esistenza della metà di

Uno se si accetta l’esistenza di Uno. È quindi corretto dire che, dopo lo Zero,

non c’è il numero Uno, ma la metà del numero Uno.

Zenóne non si ferma. E continua a riflettere. Se esiste la metà di Uno,

posso dividere la metà in due. Dopo lo Zero ci sarà un quarto di Uno, che fa

0,25. E se divido il quarto in Due, posso dire, che dopo lo Zero c’è un ottavo

di Uno. E se divido ancora a metà l’ottava parte di Uno posso dire che, dopo lo

Zero, c’è un sedicesimo di Uno. Continuando a dividere, nessuno mi

proibisce di ripetere la divisione dell’ultima metà in due parti. Quando mi debbo

fermare? Zenóne risponde: mai. Continuando la divisione in due pezzi

dell’ultima metà, fino all’infinito, Zenóne concluse che, dopo lo Zero, non c’è il

numero intero Uno, ma l’infinitesima metà dell’ultima e provvisoria infinitesima

metà cui siamo arrivati in questo processo che non ha fine.

Quando incominciamo a contare, il primo numero intero è Uno. Però

questo Uno è somma di infiniti numeri razionali tra cui ad esempio il numero

0,25 già citato.

Il numero Uno inizia a esistere quando, dopo lo Zero, incominciamo

dall’infinitamente piccola metà per sommarla alle altre piccolissime metà che

sono numeri infinitamente più piccoli di Uno. Dopo un’infinità di somme

avremo Uno. Quando saremo arrivati al traguardo, a questo punto, il numero

Uno è costruito ed è tutto intero. Non possiamo però negare l’esistenza

all’infinità di numeri piccolissimi che contribuiscono a costruire quello che tutti

accettano essere il primo numero della serie dei numeri interi. Il numero Uno è

composto da 0,5 più 0,25 più numeri sempre più piccoli che hanno come prima

cifra lo Zero eppoi la virgola. Non possiamo dire che questi numeri non esistono

in quanto incominciamo con lo Zero virgola. Essi non sono Zero e basta. Dopo

la virgola c’è sempre qualcosa.

109

Il discorso vale per qualsiasi numero. Anche per il numero 1999. Dopo

averlo costruito, se aggiungiamo l’infinità di numeri di Zenóne, otterremo il

numero 2000. Arrivati a questo numero, se continuiamo come prima, avremo il

2000 seguito da una virgola. Non possiamo dire che l’infinità di numeri

piccolissimi, dopo la virgola, non esiste in quanto a noi interessa solo il numero

2001. Infatti, non potremmo arrivare a costruire questo numero se negassimo

l’esistenza della serie infinita di numeri, sempre la stessa, scoperta da Zenóne

per costruire il numero Uno partendo da Zero. Ogni qualvolta aggiungiamo il

numero Uno non possiamo ignorare che quel numero intero, Uno, è somma

infinita di piccolissimi numeri razionali, ottenuti dividendo il numero Uno per

numeri interi multipli di due, sempre più grandi.

Infatti Zenóne scoprì che quel semplicissimo numero intero uno è somma

infinita di numeri ottenuti dividendo per metà l’ultima metà, senza mai porre

fine alla somma. È questa la radice logica del famoso Paradosso di Achille e

della Tartaruga(*).

La Matematica dei numeri razionali ci dice che per completare il secondo

migliaio di numeri interi dovremo aggiungere al 1999 il numero di Zenóne detto

uno.

(*) Paradosso che non ha nulla di misterioso. Il nodo concettuale sta nella distanza iniziale

che separa la tartaruga da Achille. E nel fatto che Achille si ferma ogni qual volta percorra una determinata distanza. È questo fatto che permette alla tartaruga di non perder mai il vantaggio di essere sempre prima di Achille, nonostante la sua velocità sia inferiore a quella di Achille. In effetti, se Achille si fermasse ogni volta, non gli sarebbe possibile raggiungere la tartaruga. Comunque grande sia la sua velocità. Incredibile ma vero. Com’è noto, il paradosso viene spesso usato per corroborare di validità le due “verità” di Gottfried Wilhelm von Leibniz. La verità di “ragione” e quella di “fatto”. Sembrava che i fatti, l’esperienza di tutti i giorni, fossero in contraddizione con la “ragione”. I fatti sono i moti che manifestatamente non rispettano la “ragione” di Zenóne. Chi corre più veloce supera sempre colui che procede a velocità inferiore. Questi movimenti sono però “continui”. Le due “verità” coinciderebbero se nei fatti si seguissero le condizioni assunte per dedurre la verità di “ragione” scelta da Zenóne. In effetti in Scienza galileiana la verità di “fatto” coincide sempre con la verità di “ragione”.

110

Senza dimenticare che questo numero consiste di un’infinita serie di metà

di metà. Quando le innumerevoli parti del numero di Zenóne saranno complete

avremo il numero 2000 e il secondo migliaio di numeri interi sarà finalmente

completo.

La Matematica dei numeri razionali ci dice che dopo il numero duemila

non viene il duemilauno bensì un numero infinitamente piccolo che è la più

piccola parte razionale del numero uno. È con questa infinitesima parte che ha

inizio la costruzione del terzo migliaio di numeri interi. Non dobbiamo aspettare

che esista per intero il numero 2001 al fine di dire che ha avuto inizio la

costruzione del terzo migliaio di numeri interi. Infatti quel numero intero uno

inizia a esistere con la sua prima infinitesima parte razionale. Fin qui Zenóne.

IV.2 Pitagora: dopo lo zero c’è un numero ancora più piccolo di quello di

Zenóne. Piccolo a piacere. La scoperta del primo numero irrazionale

Zenóne si limitò a riflettere sul numero uno e sui numeri razionali.

Ricordiamo che “razionale” non è legato a “ragione” ma al latino ratio che vuol

dire rapporto. In effetti con i numeri razionali non finisce l’avventura legata al

tema di capire quanto infinitamente piccolo possa essere il numero da mettere

dopo lo zero.

Per far questo abbiamo bisogno di Pitagora che cercò di capire il

significato di numero “due”. Fu così che fece una grande scoperta: esistono

numeri totalmente diversi dai numeri razionali. Pur essendo infinita la quantità

di numeri interi e pur essendo infinite volte possibile dividerli tra di loro, nessun

uomo al mondo (anche oggi) riesce a ottenere, dividendo due numeri tra di loro,

un numero come quello scoperto da Pitagora. Quel numero fu l’inizio di una

nuova avventura intellettuale: quella dei numeri “irrazionali”.

Il primo di questi numeri fu (ecco la grande scoperta di Pitagora) quel

numero che moltiplicato per se stesso produce quella semplicissima cosa che è il

numero due. Ad esso si dà il nome di radice quadrata di due. Questo numero

111

nessun uomo al mondo saprà mai quanto vale in quanto esso è un numero

irrazionale. Esso è senza fine e senza alcuna regolarità. Continuando a ricercare

nella logica dei numeri, l’uomo scopre che esistono due tipi di numeri

irrazionali. Quelli detti algebrici e quelli detti irrazionali trascendenti. I primi

si possono esprimere come soluzioni di determinate equazioni. I secondi no.

L’esempio più noto di questi ultimi è il famoso : e cioè quel numero che si

ottiene dividendo la lunghezza di un cerchio per quella del suo diametro. Anche

questo numero detto pi-greco nessun uomo al mondo riuscirà mai a conoscerlo.

Esattamente come mai riuscirà a conoscere quanto vale la radice quadrata di

due.

Purtuttavia molti speravano che fosse possibile trovare un cerchio in

grado di essere trasformato in un quadrato, in quanto nessuno era riuscito a

dimostrare che non potesse essere soluzione di un’equazione algebrica. Fino al

1882. Anno in cui Ferdinand von Lindemann riuscì a dimostrare che è un

numero irrazionale trascendente e non un irrazionale algebrico. Il che vuol

dire che non è possibile scrivere un’equazione che abbia come soluzione pi-

greco. Ecco perché non sarà mai possibile trasformare la lunghezza di un

cerchio nella lunghezza di un quadrato. Eppure di cerchi e di quadrati ne

esistono un’infinità. La scoperta di Lindemann demolisce tutte le speranze di

“quadratura del cerchio”. Speranze su cui sono stati versati fiumi di inchiostro.

L’avventura dei numeri non finisce qui. E ancora oggi continua a interessare il

grande pubblico.

Per capire che il Terzo Millennio non incomincia con l’anno 2001 bensì

nel primo istante dell’anno 2000 basta riflettere, come fecero i nostri antenati,

quando scoprirono che oltre ai numeri interi esistevano anche i numeri razionali.

E oltre a questi anche a quelli irrazionali.

Si arriva così alla conclusione che dopo il numero duemila non c’è

bisogno del numero razionale di Zenóne, ottenuto dividendo per due l’ultima

infinitesima metà della metà senza fine del numero uno. Grazie a Pitagora

112

sappiamo che non c’è limite a quanto piccolo possa essere il più piccolo numero

concepibile. Più piccolo di qualsiasi metà di metà. Pertanto dopo il numero

duemila c’è un numero piccolo, piccolissimo, senza alcuna condizione di

razionalità. Insomma un numero irrazionale, piccolo a piacere. Da un punto di

vista rigorosamente matematico è destituito di fondamento pretendere che dopo

il numero duemila venga il numero duemilauno. Pitagora insegna che dopo il

numero duemila esiste un numero irrazionale piccolo a piacere.

Il terzo migliaio di numeri non incomincia con il numero duemilauno,

bensì con il numero duemila seguito da una frazione di numero uno piccolo a

piacere.

Adesso passiamo alla quantità fisica detta Tempo.

IV.3 Planck: qual è il più piccolo istante di tempo concepibile nella Scienza

galileiana

La matematica ci dice che dopo il numero 2000 non viene il numero 2001

bensì un numero piccolo a piacere. Con il tempo il discorso diventa più semplice

e più affascinante.

Il tempo è infatti una componente fondamentale della nostra esistenza.

Noi viviamo immersi nella miscela inscindibile di spazio e tempo; e siamo fatti

di questa miscela.

Il sapore del sale esiste in quanto è possibile miscelare gli atomi di sodio

con quelli di cloro. Essi però possono benissimo esistere totalmente separati: il

sodio di qua e il cloro di là. Con lo spazio e il tempo il discorso è totalmente

diverso.

La realtà in cui viviamo e di cui siamo fatti è una miscela inscindibile di

spazio e di tempo. Questa miscela ci dà il sapore della realtà senza che sia mai

possibile separare le due componenti.

Una quantità di Tempo com’è l’anno a noi familiare non è fatto di numeri

privi di dimensione ma di istanti di tempo.

113

L’istante dopo lo scoccare dell’inizio dell’anno 2000 può essere, da un

punto di vista rigorosamente logico-matematico, piccolissimo quanto si vuole.

Basta rendersi conto che esistono, come abbiamo già visto, oltre ai numeri

razionali, anche quelli irrazionali per esprimere una minuscola quantità di

tempo.

Qui però dobbiamo fare i conti anzitutto con la Fisica Quantistica che ci

insegna a riflettere su qual è la minima quantità di tempo che può teoricamente

entrare in gioco nella descrizione dei fenomeni fisici. Eppoi è necessario sapere

qual è la minima quantità di tempo misurabile con i nostri strumenti. Nasce così

il bisogno di sapere costruire dispositivi in grado di misurare intervalli minimi di

tempo. Lo vedremo nel prossimo paragrafo. Incominciamo intanto col vedere

qual è l’istante minimo di tempo fisicamente plausibile.

Il fisico che si pose il problema di quale potesse essere la più piccola

quantità di tempo fu il grande Max Planck. Quel gigante della fisica che scoprì

la natura quantistica del Creato. Un pezzo di legno a noi sembra continuo. Se

avessimo occhi per vedere atomi e molecole ci accorgeremmo che la realtà è ben

diversa da ciò che i nostri occhi hanno l’illusione di vedere. Sono gli occhi del

nostro intelletto che ci hanno permesso di scoprire la natura quantistica della

realtà in cui viviamo e di cui siamo fatti.

I nostri occhi sono sensibili alla luce. Anche la luce è fatta di “quanti”.

Possiamo immaginarli come palloncini. Le dimensioni sono sui cinque centesimi

di millesimi di centimetro. In un palloncino del genere entrerebbero miliardi di

atomi e molecole. Il palloncino di luce ha dimensioni enormi rispetto a quelle

che sono le strutture quantistiche della realtà. Se i nostri occhi fossero sensibili a

palloncini di luce molto più piccoli (ad essi si dà il nome di raggi gamma) noi

vedremmo le molecole e gli atomi e ce ne guarderemmo bene dal dire che la

realtà in cui siamo immersi è continua.

Fu studiando la luce che Planck ne scoprì le proprietà quantistiche. E

riflettendo sulle altre problematiche in gioco così ragionò.

114

Riflettiamo sulle quantità fondamentali che sono dinanzi agli occhi del

nostro intelletto. Esse non possono essere il centimetro, il grammo e il secondo.

Queste sono quantità tipiche della nostra esistenza.

Gli occhi del nostro intelletto ci dicono che esiste una velocità massima:

la più grande possibile; la velocità della luce: un miliardo di chilometri l’ora.

E che esiste una quantità minima di “azione”(*) detta “costante di Planck”

sotto la quale non possiamo andare.

Infine c’è un’altra costante fondamentale: la “carica” gravitazionale detta

costante di Newton.

Nel nostro mondo la velocità della luce ci appare altissima. Il quanto di

azione piccolissimo e la carica gravitazionale estremamente debole.

Immaginiamo un mondo — l’universo di Planck — in cui queste tre quantità

siano “di casa”. Nulla di eccezionale. Come lo sono per noi il centimetro, il

grammo e il secondo. Nell’universo di Planck quale sarà l’unità di misura per il

tempo? Risposta: 50 miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di

miliardesimi di miliardesimi di secondo.

L’inizio del Terzo Millennio, nell’universo di Planck scatterebbe un

istante dopo la mezzanotte del 31 dicembre 1999. Istante che è di straordinaria e

minuscola esistenza. Rispetto a questo istante di Planck il secondo a noi

familiare diventa estremamente grande. Facendo una analogia con il nostro

Universo, nell’universo di Planck il nostro secondo sarebbe miliardi e miliardi di

volte più lungo di quello che è per noi la vita del Cosmo, dal Big Bang a oggi.

Come la mettiamo con l’istante più piccolo di tempo sperimentalmente

misurabile? È un’avventura da me vissuta nel lontano 1965 a Ginevra nei

Laboratori del CERN.

(*) L’azione possiamo immaginarla come “spintarella”. Se diamo una “spintarella” a un

amico gli comunichiamo una piccola quantità di energia per una frazione di secondo. Moltiplicando Energia per Tempo si ottiene la quantità fisica detta “azione”. La più piccola “spintarella” che noi si possa trasmettere a un amico è miliardi di volte più grande della costante di Planck.

115

IV.4 Il più piccolo intervallo di tempo che siamo riusciti a misurare

Un’avventura indimenticabile. Altri avevano cercato se era vero o no che

esistesse l’Antimateria. Il loro risultato fu che, su dieci milioni di particelle

subnucleari prodotte, non c’era nemmeno un solo esempio di Antimateria

Nucleare.

Fare Fisica alle frontiere delle nostre conoscenze corrisponde ad essere in

grado di realizzare esperimenti nuovi. Originali. Esperimenti in cui c’è qualcosa

cui nessuno aveva mai pensato prima. O uno strumento che nessuno era riuscito

mai prima a costruire.

Fu una sfida avvincente. Realizzare un esperimento nuovo con idee

originali in grado di potere dare una risposta certa al quesito di fondo: esiste o

no l’Antimateria? Il dispositivo chiave era uno strumento in grado di misurare il

tempo con estrema precisione. E cioè cento millesimi di miliardesimi di

secondo: in gergo specialistico, cento picosecondi.

Fu così che riuscimmo a scoprire l’esistenza dell’Antimateria. Il nostro

apparato sperimentale era in grado di osservare un pezzo di Antimateria tra

cento milioni di particelle subnucleari prodotte nella stessa interazione.

È come se tra tutti gli abitanti d’Europa (trecento milioni circa) ne

dovessimo identificare tre senza errore alcuno.

Il circuito elettronico in grado di raggiungere questa precisione è ancora di

grande interesse. Infatti lo useremo in un esperimento per cercare se c’è

Antimateria nello Spazio, usando la Stazione Spaziale Internazionale, già in fase

di attiva costruzione. Essa sarà operativa nei primi anni del Terzo Millennio.

Una cosa è certa. L’intervallo minimo misurabile di tempo a noi

accessibile è cento picosecondi. Sia qui sulla Terra sia a quattrocento chilometri

di altezza.

Cento picosecondi sono un intervallo di tempo veramente minuscolo. Se il

nostro cuore battesse a questo ritmo noi raggiungeremmo i cento anni di età

116

dopo appena tre decimi dei nostri secondi. Uno solo dei nostri secondi sarebbe

quello che sono per noi trecentotrenta anni di vita.

Il Terzo Millennio ha avuto inizio cento picosecondi dopo lo scoccare

della mezzanotte del 31 dicembre 1999.

IV.5 Il terzo migliaio di automobili, di arance e di altri oggetti materiali

La Redazione di “Mattina in Famiglia” era stata inondata di lettere sul

tema trattato da un giornalista su un grande quotidiano, Domenica 18 aprile

1999. Avevo spiegato in trasmissione che il Terzo Millennio inizia un istante

dopo la fine del Secondo Millennio, facendo l’esempio del bambino, il cui primo

anno di vita non incomincia il giorno del primo compleanno ma nell’istante in

cui vede la luce.

Quando la mia spiegazione TV veniva trasmessa, quel quotidiano era già

in edicola. Solo se fosse stato possibile invertire l’asse del tempo, quel

giornalista sarebbe riuscito a sentire le mie spiegazioni. Nel suo articolo quel

giornalista scriveva: «Sarebbe come ordinare 2000 automobili e dichiararsi

soddisfatti se ne consegnano 1999 e un bullone».

Se ordino duemila automobili ne voglio duemila. Però il quesito è un

altro. È quello di stabilire quando inizia a esistere l’automobile che porta il

numero duemilauno. Essa ha iniziato a esistere quando, dopo avere ultimato la

costruzione dell’auto numero duemila, si incomincia a costruire il primo bullone

di quella che sarà l’auto numero duemilauno.

L’auto numero duemila inizia a esistere subito dopo che l’auto numero

millenovecentonovantanove è stata ultimata. Quando l’auto numero duemila è

completa possiamo dire che il secondo migliaio di automobili è completo.

Chi ha ordinato duemila automobili vuole vedere l’auto numero duemila

completa. Essa però inizia a esistere con il primo bullone dopo l’auto

millenovecentonovantanove. Fa bene chi ha ordinato duemila automobili a non

dichiararsi soddisfatto se gli consegnano millenovecentonovantanove auto più

117

un bullone. Infatti lui ha ordinato duemila auto pronte per andare su strada. Lui

non ha ordinato duemila auto dicendo che si sarebbe accontentato di vedere

dell’ultima che avrebbe portato il numero duemila solo il primo bullone. La fine

del secondo migliaio di auto ha luogo quando quella con il numero duemila è

completa.

L’inizio del terzo migliaio di auto però non deve aspettare che quella con

il numero 2001 sia pronta per andare su strada. Ultimata l’auto numero 2000,

con il primo bullone in eccesso inizia a esistere l’auto numero 2001. Insomma il

bullone in eccesso indica l’inizio della esistenza per quella macchina che porterà

il numero 2001. Esattamente come nella matematica dei numeri razionali, dopo

il numero 2000 non viene il numero intero 2001 bensì il numero 2000 più la

prima infinitesima parte razionale del numero di Zenóne che, quando

sarà completo, sarà l’unità da aggiungere al 2000. Il terzo migliaio di macchine

inizia ad esistere con il primo bullone in eccesso all’auto che porta il

numero 2000.

È necessario distinguere tra l’auto già completa e il suo inizio. Quando

inizia a essere fabbricata l’automobile numero 2001? Non certamente quando in

essa è stato messo l’ultimo bullone, ma quando si parte col primo. Quando è

stato messo l’ultimo bullone, l’automobile numero 2001 inizia a esistere come

automobile completa. L’auto numero 2001 inizia a esistere subito dopo l’auto

numero 2000, quando di essa c’è il primo bullone. Il terzo migliaio di

automobili inizia non certo quando l’auto numero 2001 è completa.

Quando l’automobile numero 2001 esce dalla catena di montaggio è finito

il lavoro per costruire l’automobile numero 2001 e questa macchina può essere

venduta e messa su strada. Ma l’automobile numero 2001 ha iniziato la sua

esistenza molto prima che fosse messo “l’ultimo bullone”. E cioè col primo

bullone dopo il completamento dell’auto 2000.

Esattamente come l’anno che noi chiamiamo 2000 inizia la sua esistenza

un istante dopo che è scoccata la mezzanotte del 31 dicembre dell’anno 1999.

118

Quando scocca quella mezzanotte finisce il Secondo Millennio. E un istante

dopo inizia il terzo con l’anno 2000 più una frazione di tempo piccola quanto si

vuole ma non zero.

L’inizio della costruzione del terzo migliaio di automobili avviene quando

il primo bullone dell’auto che porterà il numero 2001 viene messo nella catena

di montaggio. Questa costruzione avviene col primo bullone in eccesso alla

costruzione dell’auto 2000 già completa. L’auto numero 2001 non esiste ancora

come auto completa per il semplice motivo che non potremmo guidare avendo

come automobile solo il “primo bullone” dell’auto.

Un’automobile, per esistere come vettura che può andare su strada, deve

essere completa. Quella vettura però è stata prodotta in una serie di processi

costruttivi dei quali non possiamo ignorare l’esistenza. Se non ci fossero quei

vari bulloni e pezzi di automobile, la vettura completa non potrebbe esistere mai.

L’automobile numero 2001 inizia a esistere come primo bullone e come pezzi

vari che la compongono molto prima che il tutto sia messo insieme nella

struttura definitiva dell’auto. Di quell’auto che porterà il numero 2001.

Esattamente lo stesso vale per l’inizio del Terzo Millennio. Esso avviene

quando il primo, primissimo istante, dell’anno che — quando sarà completo —

noi chiameremo numero 2001 (come l’automobile pronta per andare in

autostrada) inizia a esistere. E questo primo istante ha inizio subito dopo la

mezzanotte del 31 dicembre 1999. Allo scoccare di quella mezzanotte infatti

esiste in forma completa l’anno 2000. Quello che noi chiamiamo primo gennaio

dell’anno 2000 è come il primo bullone in eccesso dell’auto numero duemila.

Bullone che non appartiene all’auto 2000 che è già completa, ma all’auto 2001

in via di costruzione.

Il Terzo Millennio quindi non inizia nell’anno 2001 bensì nel primo

istante dopo l’anno 2000. Il primo istante di questo nuovo anno è come il primo

bullone dell’automobile numero 2001 che inizia a esistere già con quel primo

bullone, immediatamente dopo il completamento dell’auto 2000.

119

C’è chi ha portato come esempio le ciliege. Se ne contiamo 2000 —

dicono questi nostri amici — il terzo migliaio ha inizio quando avremo in mano

la ciliegia numero 2001. Non è così. La ciliegia 2001 inizia a esistere quando la

prima molecola di quella ciliegia è pronta. Non quando la ciliegia è matura.

Lo stesso vale per qualsiasi altro tipo di oggetto materiale. La sua

esistenza inizia con il suo primo pezzettino non quando l’oggetto è completo.

IV.6 L’anno 2000 non è a cavallo tra due secoli e due millenni

C’è chi ha scritto su un grande quotidiano (che nel Suo inserto scientifico

ha sempre ignorato l’esistenza del Centro di Erice): “Sia il ventunesimo secolo,

sia il Terzo Millennio iniziano il primo gennaio duemila”. E questo è quasi

corretto. Sarebbe stato meglio dire “un istante dopo la mezzanotte del 31

dicembre 1999”. Purtroppo aggiunge: “È ovvio che, sia il ventesimo secolo sia il

Secondo Millennio finiscono il trentuno dicembre duemila.”

E questo non è corretto. L’autore di quell’articolo conclude: “il che

significa che, mentre il secolo ventunesimo e il Terzo Millennio saranno già

iniziati, il secolo ventesimo e il Secondo Millennio non saranno ancora finiti.

Per un anno vivremo dunque a cavallo di due secoli e di due millenni”. Mai il

titolo di questo libro potrebbe essere più appropriato: la matematica non è

un’opinione. Vediamo perché.

Incominciamo dall’anno zero. Il primo anno del primo secolo del Primo

Millennio ha inizio nel primo istante del primo gennaio dell’anno zero.

Esattamente nello stesso istante inizia il primo secolo e il Primo Millennio. Il

primo anno del primo secolo del Primo Millennio finisce allo scoccare della

mezzanotte del trentuno dicembre dell’anno zero. Un istante dopo quella

mezzanotte inizia il primo gennaio dell’anno numero uno.

Questo primo gennaio dell’anno uno è il primo giorno del secondo anno

che inizia così ad esistere e a concludere il suo percorso temporale alla

mezzanotte del trentuno dicembre dell’anno numero uno.

120

In quell’istante è completo il secondo anno e un istante dopo inizia il terzo

anno. Quell’istante dopo è l’istante che dà inizio al terzo anno del primo secolo

del Primo Millennio e porta il nome di primo istante del primo gennaio

dell’anno numero due (non dell’anno numero tre).

Dal primo gennaio al trentuno dicembre dell’anno due siamo nella piena

attività del terzo anno che finisce il trentuno dicembre dell’anno due. Il terzo

anno esiste dal primo gennaio al trentuno dicembre dell’anno numero due.

Esattamente come il secondo anno esiste dal primo gennaio al trentuno

dicembre dell’anno numero uno.

Esattamente come il primo anno esiste dal primo gennaio al trentuno

dicembre dell’anno zero.

Continuando a contare anni, secoli e millenni si arriva alla fine del secolo

del Secondo Millennio. I cento anni che fanno il ventesimo secolo iniziano ad

esistere col primo istante del primo gennaio dell’anno millenovecento. È allo

scoccare della mezzanotte del trentuno dicembre millenovecentonovantanove

che il ventesimo secolo è completo con i suoi cento anni. E così pure il Secondo

Millennio.

A partire dal primo istante del primo gennaio dell’anno duemila inizia il

primo anno del primo secolo del Terzo Millennio. Allo scoccare della

mezzanotte del trentuno dicembre dell’anno duemila si conclude il primo anno

del primo secolo del Terzo Millennio.

Un istante dopo quella mezzanotte ha inizio il primo gennaio dell’anno

duemilauno che è il secondo anno del primo secolo del Terzo Millennio.

Quando scoccherà la mezzanotte del trentuno dicembre dell’anno duemilauno, il

secondo anno del primo secolo del Terzo Millennio sarà completo.

Non c’è quindi alcun anno “a cavallo tra i due secoli e i due millenni”.

Il Secondo Millennio è completo nell’istante in cui scocca la mezzanotte

del trentuno dicembre millenovecentonovantanove.

121

E il Terzo Millennio inizia a esistere un istante dopo quella mezzanotte:

nel primo istante del primo gennaio dell’anno duemila. In quello stesso istante

inizia a esistere il primo anno del primo secolo del Terzo Millennio.

122

VMODERNE CERTEZZE E FUTURE SPERANZEIL FASCINO DELLE LEGGI CHE REGGONO

LA NOSTRA ESISTENZA NELL’IMMANENTE

V.1 Due pilastri concettuali della Fisica Galileiana Moderna

La fisica moderna si fonda su due pilastri: la velocità della luce e il

cosiddetto “quanto” d’azione. Vediamo di cosa si tratta.

Velocità della luce. È impossibile trasmettere un segnale che si propaghi a

velocità che superi quella della luce. Questa velocità, se misurata su scala

umana, appare enorme: un miliardo di chilometri l’ora. Essa è però lungi

dall’essere infinita.

Se volessimo trasmettere un segnale radio ai nostri (improbabili) fratelli

cosmici che si trovassero nella galassia a noi più vicina, dovremmo mettere in

ballo ben due milioni e duecentomila anni. Se poi volessimo attendere la loro

risposta, avremmo bisogno di aspettare altri due milioni e duecentomila anni.

Totale: quattro milioni e quattrocentomila anni affinché un segnale radio, o una

qualsiasi onda elettromagnetica, possa andare e tornare da Andromeda Nebula.

Se la velocità della luce fosse infinita, il contatto-radio con la nostra più vicina

galassia sarebbe istantaneo. E così pure la comunicazione con le galassie che si

trovassero ai confini dell’universo.

Le cose stanno in modo in diverso. E infatti Albert Einstein, nel formulare

la sua teoria della gravitazione universale, ha fatto bene attenzione a tener conto

dell’importante legge fondamentale voluta dal Creatore: non esiste in natura una

123

velocità infinita. Anzi, la velocità della luce è il limite estremo di tutte le

velocità.

Passiamo adesso al “quanto” d’azione. Il nucleo di Idrogeno è fatto con

una sola “pallina” nucleare: il protone. Il nucleo di Deuterio è fatto con due

palline nucleari: un protone e un neutrone. Il nucleo del Trizio è fatto con tre

palline: un protone e due neutroni. Il nucleo di Carbonio è fatto con dodici

palline: sei protoni e sei neutroni. Non esiste alcun nucleo che sia fatto con due

palline e mezzo. O con cinque palline e tre quarti. E così via.

Alla radice della materia che ci circonda, e di cui siamo fatti, non c’è il

continuo, bensì il “quantizzato”. Gli esempi sopra citati sono infatti illustrazioni

della quantizzazione nucleare. È come se, andando dal fruttivendolo,

scoprissimo che ci sono in vendita solo arance intere. Non frazioni qualsiasi, ma

frutti interi. La quantizzazione in fisica nasce nel 1901 con il grande fisico

credente Max Planck. Studiando la radiazione del corpo nero, Planck scoprì che

era destituita di fondamento la fisica del continuo. Tutto in fisica è

“quantizzato”. Una spintarella è tanto più importante quanto più energia viene

impiegata e quanto più a lungo dura questa erogazione d’energia. In fisica la

quantità chiamata azione è il prodotto di una quantità di energia per una quantità

di tempo.

Planck scoprì che la quantità minima di azione non può essere piccola a

piacere. Essa non può andare al di sotto di un valore fissato dal Creatore. A

questo valore minimo si è dato il nome di “costante di Planck”.

La realtà in cui viviamo e di cui siamo fatti deve essere descritta tenendo

conto dei due pilastri concettuali illustrati. Il primo ci dice che esiste una

velocità massima oltre la quale nessuno può immaginare di riuscire a trasmettere

un segnale. Il secondo ci dice che tutto è quantizzato. La realtà non è continua. E

non può esistere una quantità d’azione piccola a piacere. Essa non potrà mai

scendere al di sotto della costante di Planck. Queste due costanti fondamentali

124

del Creato nessun potente della Terra riuscirà mai a cambiare. Colui che ha fatto

il mondo non glielo permetterebbe mai.

Ignorare queste due costanti in un problema qualsiasi vuol dire lavorare con i

paraocchi.

V.2 Non c’è alcun mistero nel movimento dei pianeti. Obbediscono tutti

alla stessa legge

La Terra ruota in senso antiorario attorno al Sole percorrendo un’orbita

che è determinata dalla Forza di Gravità del Sole.

L’attrazione gravitazionale del Sole nasce dalla sua massa m⊙, che è m⊙≃

333.000 volte più grande di quella della Terra mTerra ;

m⊙≃3.33 105 mTerra .

Il Periodo di Rotazione della Terra attorno al Sole, TRot è di 365,2254

TRot ≃365,25 giorni .

TRot dipende dalla Massa del Sole e dalla distanza Terra-Sole

DTerra-Sole Distanza Terra-Sole ≃ 150.000.000 Km ≃1.5 108 Km .

È una conseguenza diretta della Legge di Newton la regolarità scoperta da

Keplero.

E cioè che un satellite del Sole ruota attorno ad esso con una legge che

lega il quadrato del Periodo di Rotazione attorno al Sole al cubo della Distanza

dallo stesso Sole.

Immaginiamo due satelliti del Sole. Mettiamone uno (che chiameremo n.

1) a una distanza come quella della nostra Terra; abbiamo visto che questa

distanza vale centocinquanta milioni di chilometri. A questa distanza è stato dato

125

il nome di Unità Astronomica. Mettiamo il satellite n. 2 a una distanza dieci

volte maggiore: dieci Unità Astronomiche.

Il Periodo di Rotazione sarà di 31.6 anni. La Terza Regolarità di Keplero

nasce dalla Legge di Attrazione Universale di Newton che dice: due

corpi materiali si attraggono con una forza che è proporzionale al prodotto

delle due masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.

La Costante di Proporzionalità è la cosiddetta Costante di Newton. In formula

F GN

mA⋅mB

RA⋅B2

dove mA massa del corpo A

mB massa del corpo A

R distanza del corpo A dal corpo B

GN Costante di Newton.

Se i due corpi A e B sono fermi nello spazio cosmico essi si

congiungeranno, cadranno l’uno sull’altro per attrazione gravitazionale.

Supponiamo che il corpo A sia molto più pesante del corpo B. E che i

movimenti dei due corpi siano non sulla stessa linea.

Per semplicità, supponiamo che il corpo pesantissimo, A, sia fermo. E il

corpo B invece sia dotato di una certa velocità.

Per fissare le idee, immaginiamo che A sia il Sole e B la Terra.

Se la distanza tra Terra e Sole è di una unità astronomica la forza di

attrazione con cui la Terra viene attratta dal Sole è determinata dalla forza di

Newton già scritta. La Terra si mette a ruotare attorno al Sole in un’orbita come

ruoterebbe un sasso legato con una corda e da noi tenuto in movimento rotatorio.

Il legame tra il sasso e la nostra mano è esercitato dalla corda che ha la stessa

funzione della forza attrattiva esercitata dal Sole. Il legame gravitazionale Terra-

Sole è dovuto alla “colla” gravitazionale, e cioè ai gravitoni. Questa colla

gravitazionale “tira” la Terra verso il Sole. Esattamente come la corda tirerebbe

126

il sasso verso la nostra mano. Il sasso però ruota e, per inerzia, vuole restare in

movimento. Questo movimento genera la reazione alla Forza Attrattiva che è la

Forza Centrifuga.

Il sasso ruota attorno alla nostra mano, in perfetto equilibrio tra

attrazione verso la nostra mano esercitata dalla corda e repulsione centrifuga

dovuta al moto rotatorio. La Terra, ruota attorno al Sole in perfetto equilibrio tra

attrazione gravitazionale e repulsione centrifuga. Questo equilibrio perfetto è la

radice della Terza Regolarità di Keplero. Più vicini ci si trova al Sole, più

velocemente ci si deve muovere nel nostro moto di rotazione. Ecco perché la

Terra impiega un anno per ruotare attorno al Sole, mentre Giove ne impiega 12 e

Saturno 29. Infatti Giove si trova a circa 5,2 Unità Astronomiche dal Sole e

Saturno a circa 9.4.

In formule, se indichiamo con T il Periodo di Rotazione orbitale di un

pianeta e con R la sua distanza dal Sole, avremo

T2 R3

Se conosciamo T la formula ci permette di ricavare R; infatti

R .

Se la Terra si trova a una Unità Astronomica di distanza dal Sole e ruota

in perfetto equilibrio tra attrazione gravitazionale e repulsione centrifuga in un

anno, un satellite (Giove) che impieghi 12 anni deve stare a una distanza

RGiove (12)2 (12)0,667 ~5.2 (UA) .

E se impiega 29 anni (come fa Saturno),

RSaturno (29)0,667 9.4 (UA) .

V.3 Il fascino delle leggi che reggono la nostra esistenza nell’Immanente

Già mezzo millennio prima dell’era cristiana, Talete (624-546 a.C.), il

padre della geometria euclidea, immaginò l’Universo in forma sferica e la Terra

127

avvolta dal cielo, essendo essa stessa una sfera. La sfera era la struttura

geometrica perfetta e i pitagorici fecero notare che nelle eclissi era sferica

l’ombra che la Terra proiettava sulla Luna. C’erano però grossi problemi. Se la

Terra fosse come una sfera, siccome ai nostri occhi appare piatta, il suo raggio

dovrebbe essere enorme. E la Grecia diventava un piccolo posto sperduto nella

immensa superficie terrestre.

Così come la sfera è un corpo geometrico perfetto, il movimento circolare

uniforme è il più perfetto di tutti. Ecco perché l’apparente moto circolare

uniforme degli astri attorno alla Terra veniva accettato con grande convinzione.

Venivan fuori però tante difficoltà. Le Stelle Fisse non erano le sole Stelle del

firmamento. Come abbiamo visto più volte c’era il problema di quelle “erranti”:

i pianeti.

Le Stelle Erranti mostravano diverse irregolarità. A un certo punto Marte,

Giove e Saturno — come detto nel Capitolo I.2.3 — sembravano fermarsi e

retrocedere. Immaginiamo di essere su un’autostrada, quando superiamo una

vettura che va meno velocemente di noi, osservandola, sembra prima rallentare,

poi fermarsi (mentre la stiamo superando) e infine allontanarsi sempre di più da

noi, retrocedendo. Con i pianeti “esterni” succede esattamente questo. Oggi

sappiamo il perché: ruotiamo tutti attorno al Sole. Noi che siamo ad esso più

vicini viaggiamo a velocità superiore rispetto a quelli lontani. Ma ai tempi dei

pitagorici, essi considerarono i movimenti delle Stelle “Erranti” apparenze

fuorvianti e non accettarono mai di considerare che quelle Stelle fossero

“pianeti”.

Nonostante i moti dei “pianeti” fossero in contraddizione con le idee

“perfette” dei movimenti rotatori e della sfericità dell’Universo, vinceva l’idea

della perfezione. Era necessario un salto concettuale enorme. L’idea della

perfezione bisognava legarla non alle Stelle e basta ma anche allo studio dei

fenomeni naturali, lasciando alle prove sperimentali l’ultima parola. Senza dover

128

considerare “fuorvianti” quei risultati che non seguissero le idee preconcette,

apparentemente perfette.

Fu Galilei ad affidare a Colui che l’ha creata, la risposta ai quesiti sulla

Logica della Natura. In altre parole Galilei considerava arrogante il pretendere di

saperne di più del Creatore. Le nostre visioni del mondo possono essere frutto

del più formidabile rigore logico e della più perfetta fantasia, ma certo noi non

possiamo pretendere di saperne più del Creatore. E se veramente vogliamo

decifrare la Logica del Creato, abbiamo bisogno di porre a Lui le domande.

Viene così fuori che, al fine di capire l’Universo, in tutte le sue strutture, a noi

vicine e a noi lontane, dobbiamo, qui sulla Terra, studiare la materia volgare. Le

Leggi Fondamentali sono scritte tutte lì. E, una volta decifrato il loro linguaggio,

esse ci appaiono in tutta la loro straordinaria eleganza e perfezione. Eleganza e

perfezione che non si possono afferrare da ció che “sembra a prima vista”.

L’esempio più formidabile è proprio la Terra in cui siamo nati e viviamo. Essa è

totalmente diversa da come ci appare a prima vista.

Dal punto di vista puramente tecnico, quella forma di materia vivente che

viene detta uomo è una formidabile macchina in cui predomina la parte

elettromagnetica. C'è chi pretende sia tutta qui la nostra esistenza. Vediamo

come stanno le cose.

Gli insiemi di molecole che reggono la struttura del nostro corpo

interagiscono scambiandosi segnali elettromagnetici. Un pezzo, anche

piccolissimo, di materia vivente è in continua interazione con le altre parti del

nostro corpo. Quando, in un momento di freddo, ci strofiniamo le mani, noi

generiamo calore: più esattamente fotoni di bassissima energia.

La luce non è altro che fotoni di energia più elevata. Se questi fotoni non

potessero esistere, noi non saremmo in grado di scaldarci le mani. Né la luce

potrebbe esistere. I fotoni vengono prodotti quando due cariche elettriche

interagiscono. E siccome il nostro corpo è fatto con miliardi e miliardi di cariche

elettriche noi siamo, di fatto, una macchina che produce continuamente dei

129

fotoni di energia molto bassa rispetto a quelli tipici della luce. Anche il nostro

cervello funziona grazie alle cariche elettriche. Ma non è tutto.

Se con una bacchetta magica qualcuno riuscisse a spegnere le cariche

subnucleari che fanno la materia del nostro corpo, la macchina salterebbe in aria.

Niente paura. Colui che ha fatto il mondo ci ha messo al riparo da queste

catastrofi. A nessuno è consentito avere bacchette magiche di quel tipo. Le leggi

fondamentali della natura è imperativo rispettarle, senza eccezione alcuna.

Questa meravigliosa macchina detta uomo obbedisce a tutte le leggi

fondamentali della natura, incluse quelle gravitazionali. E' l'obbedienza a queste

leggi che ci tiene legati alla Terra. Se con la solita (impossibile) bacchetta

magica qualcuno riuscisse a cancellare le cariche gravitazionali, noi potremmo

librarci in volo. La Terra però perderebbe lo strato d'aria in cui viviamo e si

spappolerebbe in molecole e atomi. Terra e atmosfera sono tenute insieme dalle

forze gravitazionali. La macchina uomo è l'unica al mondo cui sia stato dato il

privilegio di scrutare e capire la logica del Creatore.

Attraverso i secoli, l'uomo ha cercato in mille modi di trovare la via

maestra. E quasi sempre ha sbagliato strada. Nessuno sa perché quella giusta sia

stata trovata proprio qui da noi, in Europa. Più esattamente in Italia, grazie a

Galileo Galilei. E' così e basta.

Tutti i precedenti tentativi erano falliti. Per eccesso di presunzione, l'uomo

era convinto che poteva bastare la forza dell’intelletto per capire la logica del

creato. E invece no. È necessario interrogare la natura.

Una pietra, un fiore, un ruscello, il Sole, la Luna sono parte del mondo che

ci circonda. Noi stessi siamo un pezzo di questo mondo. Un sasso è a

disposizione di tutti per essere capito.

Studio le pietre per capire la logica di Colui che ha fatto il mondo, diceva

Galilei. Non basta discutere sulla natura delle pietre. Non basta elaborare

modelli teorici, frutto della nostra forza intellettuale, per descriverle. E'

necessario interrogare un pezzo di pietra, il che vuol dire fare esperimenti.

130

Saranno i risultati di questi esperimenti a dirci qualcosa sulla logica seguita dal

Creatore di tutte le cose visibili e invisibili.

Galilei lavorò con le pietre: studiandone il moto e scoprendo così le prime

leggi fondamentali della natura.

Nasce da questa scoperta il grande cammino della scienza moderna, che

ha portato l'uomo su frontiere di straordinario significato. Anzitutto per farci

comprendere quanto grande fosse la presunzione intellettuale di coloro che

avevano preteso di poter capire tutto senza mai fare un esperimento.

Seguendo l'insegnamento di Galilei, l'uomo è invece arrivato a capire

"quasi" tutto. Questo ha portato qualcuno a concludere che la macchina uomo è

stata capita dalla scienza. Non ha precedenti, nella storia del pensiero di tutti i

tempi, la sintesi alla quale siamo pervenuti. Una sintesi che permette di fare

discendere, da una sola forza fondamentale della natura, tutto ciò che l'uomo può

studiare: dal cuore del protone ai confini del cosmo.

Mai prima era successo che tutto lo scibile potesse essere racchiuso in un

solo grande disegno. Ciononostante c'è ancora molta strada da percorrere. Quello

di cui la scienza galileiana ha oggi estremo bisogno non sono modelli teorici

astratti, bensì risultati sperimentali di prove rigorose e riproducibili.

Queste prove dovranno dirci se il protone si può o no spezzare. Se esiste la

supermateria. Se sono corrette le nostre idee, sull'origine della massa.

Immaginiamo di avere già le risposte giuste. E che il tanto agognato traguardo,

l'esistenza di una sola forza fondamentale da cui tutto discende, sia raggiunto.

Come la mettiamo con la macchina elettromagnetica detta uomo? Riuscirà mai

la scienza a porre sotto il controllo di un'equazione la nostra esistenza? Capire la

struttura di un protone, scoprire la supermateria, arrivare alle origini della massa

sono i problemi più difficili che si trova oggi di fronte la scienza galileiana.

Ebbene, questi problemi sono davvero poca cosa se li confrontiamo al semplice

e quasi banale problema di capire l'esistenza di un uomo.

131

Nessuno può dire che, per la scienza, la nostra vita non presenta più alcun

mistero. Ai tempi di Galilei, si pretendeva di aver capito tutto sulla materia e sul

cosmo senza che nessuno avesse ancora scoperto nemmeno una legge

fondamentale della natura. Adesso, la presunzione intellettuale batte quella

dell'era pregalileiana. Il mistero della vita è totale per la scienza. Oggi. E forse

tale è destinato a restare. Per sempre. Vediamo perché.

Da Galilei in poi, l'uomo ha scoperto concetti nuovi, rigorosi e

inimmaginabili. Esempio: l'equivalenza fra massa e energia. Una caratteristica

della scienza galileiana è stata ed è l'espandersi delle nostre conoscenze.

L'impresa scientifica è simile alla scalata di una montagna. Arrivati sulla vetta

che credevamo ultima, se ne scopre un'altra, e nuovi orizzonti si aprono al nostro

intelletto. Io sono convinto che la scienza galileiana porterà l'uomo a scoprire

altre vette. Con sempre nuovi orizzonti. Senza fine. E siamo nell'immanente.

La macchina uomo, oltre alla componente immanentistica,

elettromagnetica, subnucleare e gravitazionale, possiede quella che la porta a

concepire il trascendente. La scienza, pur operando nell'immanente, scopre

sempre nuove vette. Se non c'è limite all'immanente, è assurdo pretendere che ce

ne sia uno per il trascendente.

V.4 Dove ci porterà il Terzo Millennio

La fine del mondo bipolare ha generato la necessità che la Cultura del

nostro tempo sia in fase con le più grandi conquiste del nostro intelletto. Queste

conquiste non sono solo quelle originate dal Linguaggio, come sembrerebbe in

base allo stato attuale della Cultura del nostro tempo. La Logica rigorosa e la

Scienza devono anch’esse entrare a far parte del patrimonio culturale del nostro

terzo millennio. In effetti una nuova Cultura è necessaria nel terzo millennio, dal

momento che il nemico numero uno dell’umanità è l’Ignoranza.

L’Emergenza Culturale è stata considerata fino dai primi anni dei

Seminari di Erice sulle Emergenze Planetarie. Tuttavia la più alta priorità è stata

132

data ad altre emergenze più strettamente legate al rischio degli Olocausti

Nucleare e Ambientale. È stato l’inatteso arrivo del Terrorismo a dare alla

Emergenza Culturale un’alta priorità, dal momento che Terrorismo e reazione al

Terrorismo sono fortemente correlate alla mancanza di una Cultura in fase, come

abbiamo detto sopra, con le più grandi conquiste della nostra Sfera Esistenziale.

Vedremo che queste conquiste non sono una (il Linguaggio) ma tre:

Linguaggio, Logica Rigorosa e Scienza. Mentre tutti sanno parlare e scrivere e

possono pertanto comprendere perfettamente l’esistenza del Linguaggio, non

molti conoscono la Logica Rigorosa e le sue conquiste; probabilmente ancora

meno persone conoscono la Scienza e le sue grandi scoperte. Ancora peggio,

Scienza e Tecnologia sono spesso considerate indistinguibili. Nella Cultura del

nostro tempo la parola “Scienza” è usata in un modo improprio, come se

moltissime attività intellettuali fossero “Scienza”. Se tutto è Scienza, niente è

Scienza.

Cercheremo di spiegare perché le caratteristiche fondamentali delle nostre

conquiste intellettuali devono essere classificate in termini di Linguaggio,

Logica Rigorosa e Scienza, senza fare alcuna confusione. Di fatto molti invece

identificano la Cultura con il Linguaggio. Mostreremo poi la differenza fra il

“fondamentale” e “l’applicato”. Di fatto Linguaggio, Logica Rigorosa e

Scienza “fondamentali” non possono mai essere contro l’umanità mentre

Linguaggio, Logica Rigorosa e Scienza “applicati” possono essere sia a favore

che contro l’uomo.

Il terzo millennio ha bisogno di una Cultura di cui facciano parte

Linguaggio, Logica Rigorosa e Scienza. I Seminari di Erice sono stati impegnati

nelle 53 Emergenze Planetarie. Noi abbiamo contribuito a superare il rischio di

Olocausto Nucleare e abbiamo messo in atto dozzine di progetti-pilota per

superare il rischio dell’Olocausto Ambientale. La fase, totalmente non predetta,

che ha fatto seguito alla fine del mondo bipolare ha portato alla prima linea della

nostra attenzione l’Emergenza Culturale, poiché il Terrorismo porta con sé il

133

messaggio che il nemico numero uno dell’umanità è – come abbiamo detto sopra

– “l’Ignoranza”.

Per combattere questo nemico, abbiamo bisogno della Cultura. Non di

quella vecchia, che è responsabile dello stato presente, ma della nuova le cui

fondamenta saranno non solo il Linguaggio ma anche la Logica Rigorosa e la

Scienza, al fine di aiutare il Nord (ricco) e il Sud (povero) ad unirsi e a lavorare

assieme nella lotta contro l’Ignoranza. Questo lavoro è un contributo per evitare

il rischio di un Olocausto Culturale.

V.5 Quella pagina nel libro di storia dell’anno diecimila

Dove ci porterà il Terzo Millennio non è di sicuro scritto nelle stelle.

Una cosa è certa. L’umanità si libererà, nel corso del Terzo Millennio, da

tutti gli incubi che lo hanno afflitto e terrorizzato dall’alba della civiltà a quasi

tutt’oggi. In fondo la Scienza galileiana è stata scoperta, se usassimo la scala

cosmica dei tempi, quasi ieri l’altro. L’evoluzione culturale è però travolgente. E

nel corso del prossimo millennio renderà giustizia delle grandi conquiste della

Scienza.

I nostri antenati credettero per millenni in un legame tra eventi a loro

vicini e stelle lontane in quanto non avevano scoperto le leggi fondamentali che

reggono tutte le strutture materiali, dal cuore intimo della materia (decimi di

millesimi di miliardesimi di centimetro) ai confini dell’Universo (centinaia di

miliardi di miliardi di miliardi di centimetri).

Se non fosse per la memoria collettiva (linguaggio scritto) non potremmo

sapere quello che hanno pensato e capito i nostri antenati né tantomeno quei

giganti vissuti secoli prima di noi. Come ad esempio: il padre della Scienza,

Galileo Galilei. Dovremmo, nell’arco della nostra vita, cercare di capire tutto. E

le generazioni a noi successive dovrebbero ricominciare daccapo.

Dove ci porterà il Terzo Millennio dipende dalla cultura che sapremo

costruire. Immaginiamo di fare un salto nel futuro per leggere cosa scriveranno

134

di noi nell’anno diecimila. In un libro sintetico in cui il Secondo Millennio fosse

riassunto in una sola pagina ci sarebbero di sicuro poche righe sulla rinascita

dell’arte, molte sulla nascita della Scienza con Galileo Galilei, e altre poche

righe sull’imperversare della violenza politica che ha portato all’uso delle grandi

scoperte scientifiche per imbottire il pianeta di bombe e per distruggere preziose

risorse ecologico-ambientali con l’industrializzazione selvaggia.

In quel pamphlet, il Terzo Millennio potrebbe invece essere ricordato

come il millennio in cui, le due grandi conquiste della ragione nell’Immanente,

Logica e Scienza, entrarono finalmente a pieno titolo nel bagaglio culturale

dell’umanità tutta. E fu così che la cultura del Terzo Millennio vide il trionfo

della Grande Alleanza tra le due colonne portanti della nostra esistenza,

nell’Immanente la Scienza, nel Trascendente la Fede. Alleanza che dette vita a

un potente motore propulsivo di sviluppo tecnologico al fine di aiutare l’uomo a

viver meglio, portandolo a una vita media in sintonia con le grandi scoperte della

Scienza galileiana.

Nel Terzo Millennio la vita media arrivò ai duecento anni e crollarono le

barriere ideologiche politiche e razziali. Gli abitanti della Terra riuscirono per

la prima volta nella storia di tutte le civiltà a prendere coscienza di

essere viaggiatori della stessa navicella spaziale. Il Terzo Millennio segnò

la  fine degli scontri armati tra popoli diversi e dell’industrializzazione

selvaggia.

Nacque per la prima volta su scala planetaria la coscienza del bene

comune e finì per sempre la violenza politica ed economica che aveva causato

nel Secondo Millennio ben cinquantatrè Emergenze Planetarie per via della

disperata ricerca del profitto con lo sfruttamento irresponsabile e violento di

preziose risorse materiali e umane in una corsa di tutti contro tutti.

V.6 Linguaggio, Logica e Scienza: le tre grandi conquiste della Ragione

nell’Immanente (da Scienza e Società in Italiano)

135

La nostra Sfera Esistenziale ha due componenti. Una è nell’Immanente,

l’altra è nel Trascendente.

La Sfera Esistenziale nel Trascendente si manifesta in ciò che è chiamato

Religione. Noi discuteremo solo dell’Immanente.

Uno studio accurato della Realtà Immanente porta a concludere che essa

è basata su tre pilastri: Linguaggio, Logica Rigorosa e Scienza, che sono le più

grandi conquiste del nostro intelletto.

• Linguaggio, dal quale, grazie alla Scrittura, sono nate la memoria

collettiva e permanente.

• Logica Rigorosa, che ha dato origine alle grandi costruzioni della

Geometria, dell’Aritmetica, dell’Analisi, dell’Algebra, della

Topologia. D’ora in avanti Logica significherà “Logica Rigorosa”.

• Scienza (con i suoi tre livelli), che permette la certezza che il mondo

non è governato dal caos ma da una Logica rigorosa con leggi che

sono valide dal cuore del protone (un milionesimo di un

miliardesimo di centimetro) agli estremi limiti dell’Universo (un

milione di miliardi di miliardi di chilometri).

• I tre livelli di credibilità scientifica :

Primo Livello Secondo Livello Terzo Livello

Tutti i livelli devono essere formulati in maniera rigorosa, e non

dovrebbero esistere contraddizioni fra essi.

Laddove ci sono esperimenti i cui

risultati possono essere riprodotti

in laboratorio.Esempio :

La scoperta del muone

Laddove è impossibile intervenire al fine di

riprodurre un risultato.

Esempio : L’evoluzione stellare

Un evento unico.

Esempio : L’evoluzione del

Cosmo

136

Un esempio del legame fra i tre livelli di credibilità scientifica:

l’Evoluzione Cosmica deve essere formulata in un modo matematicamente

rigoroso, e deve essere basata sulle scoperte delle Leggi Fondamentali effettuate

al Primo Livello.

Non esiste alcun fenomeno conosciuto in senso Galileiano (ovvero

rigorosamente riproducibile) che non sia spiegato come una conseguenza della

Logica della Natura: ciò rappresenta la più grande conquista della Ragione

nell’Immanente.

Questo studio, intrapreso da Galilei quattro secoli fa, ci conduce alla più

grande sintesi di tutti i tempi. Se non fosse per la Scienza Galileiana, noi non

potremmo dire che esistono Leggi Fondamentali della Natura, Universali e

Immutabili; né che queste Leggi portano alla unificazione di tutti i fenomeni,

come mostrato in Fig. 1, dalla convergenza delle tre linee diritte. Ciascuna linea

rappresenta la variazione del cosiddetto “accoppiamento di gauge” in funzione

dell’Energia (l’asse orizzontale in Fig. 1). Il fatto che queste tre linee

convergono in un unico punto è un risultato notevole che deriva dall’avere

studiato tutti i possibili fenomeni nell’Universo visibile, che ci appare con solo

quattro dimensioni.

La Grande Unificazione porta con sé la necessità di un Supermondo, una

struttura matematica – al momento attuale di natura puramente teorica – con

quarantatrè dimensioni: undici di tipo “bosonico” e trentadue di tipo

“fermionico”.

I dati riportati in Fig. 1 rappresentano la più straordinaria sintesi

concettuale di tutti i tempi.

La successione temporale dei tre pilastri – nella storia della nostra

Civiltà – è mostrata in Fig. 2.

137

Figura 1

138

Il Linguaggio: nessuno sa quando l’uomo ha iniziato ad usare questa

efficientissima forma di comunicazione con i propri simili. Assumiamo 103 anni

fa. La prima testimonianza scritta della cultura umana risale a circa 104 anni fa.

Questo è l’inizio della memoria collettiva. Questa è l’alba della Civiltà.

La Logica ha avuto inizio con Epimenide circa 2.5 103 anni fa.

La Scienza ha avuto origine con Galileo Galilei 400 anni orsono.

La Scienza non avrebbe potuto nascere prima della Logica.

La Logica non avrebbe potuto nascere prima del Linguaggio (scritto).

Figura 2Il Linguaggio Scritto (memoria permanente collettiva) non poteva nascere

prima dell’invenzione del Linguaggio Parlato. Il Linguaggio Parlato, molto

probabilmente, è venuto dopo migliaia di anni in cui l’uomo si è espresso a

gesti.

Quando diciamo “Linguaggio”, noi intendiamo di fatto tutte le attività

umane in cui il fatto che l’umanità abbia scoperto la Logica della Natura

(Scienza) non giuoca praticamente alcun ruolo.

139

Così per noi, Linguaggio significa Poesia, Letteratura. Musica, Arti,

Teatro, Economia, Politica e altre manifestazioni dell’Intelletto umano come, ad

es., Filosofia che – ripeto – potrebbe esistere anche se né Logica né Scienza

fossero mai state scoperte.

La Sfera Esistenziale è caratterizzata da Creatività, Leadership,

Leadership Innovativa, Motivazione.

Con questi termini noi intendiamo il seguente:

1) La Creatività è la capacità di produrre qualcosa di mai conosciuto,

visto od osservato prima.

2) La Leadership è la capacità di inspirare e motivare le persone.

3) La Leadership Innovativa è la capacità di ispirare e motivare le

persone ai fini di un adempimento creativo.

4) La Motivazione è il motore per raggiungere un traguardo.

Nella nostra Sfera Immanente di attività, i tre pilastri fondamentali,

Linguaggio, Logica e Scienza tutti necessitano della Creatività, della

Leadership e della Motivazione, la più difficile essendo la Creatività.

Per questo motivo concentrerò l’attenzione sulla Creatività. Lasciatemi

dire che la Creatività, non importa dove (Linguaggio, Logica, Scienza), ha

bisogno di Memoria e Immaginazione come sostegno. Infatti la Memoria è

necessaria al fine di non ripetere errori e di non dovere ripartire tutte le volte da

zero. L’Immaginazione è necessaria perché si devono immaginare cose mai

immaginate prima.

Infine, avendo sfruttato Memoria e Immaginazione, la Creatività

corrisponde a trasformare gli esiti dell’Immagimazione in Realtà.

Discuteremo adesso i tre pilastri; in paragrafo 4 la Creatività in ciascuno

di essi e in paragrafo 6 la distinzione fra “fondamentale” e “applicato”.

Una rappresentazione sintetica della sequenza necessaria per arrivare ai

tre pilastri è mostrata in Fig. 3. L’Universo avrebbe potuto esistere senza Vita.

La Vita avrebbe potuto esistere senza Coscienza. La Coscienza senza Creatività.

140

La Creatività senza Ragione. Noi siamo la sola forma di materia vivente con lo

straordinario privilegio di possedere la Ragione.

È grazie a questo privilegio che Linguaggio, Logica e Scienza sono stati

scoperti. Vedremo in seguito (paragrafo 6) che la Scienza “fondamentale” deve

essere distinta dalla Scienza “applicata” (Tecnologia) così come Logica e

Linguaggio “fondamentali” devono essere distinti dalle loro applicazioni.

Nella Fig. 4 la sequenza Linguaggio, Logica, Scienza è mostrata come è

effettivamente avvenuta.

Figura 3

Figura 4

141

La Fig. 5 sintetizza il contenuto del Linguaggio, la Fig. 6 il contenuto della

Logica con la sua sequenza di Aritmetica, Algebra, Analisi e Topologia. In

Aritmetica, grazie a Cantor, è stato scoperto che ci sono due livelli di Infinito,

aleph-zero 0 e aleph-uno 1. Il terzo livello di Infinito, 2, è presente nella

teoria delle funzioni. Noi usiamo il simbolo greco invece di aleph.

In Fig. 7 i tre livelli della Scienza sono esemplificati in termini delle

invenzioni, scoperte e misure fondamentali Galileiane per i primi due livelli; il

terzo livello si riferisce all’invenzione, scoperta e misura del XX secolo di cosa è

accaduto alla evoluzione cosmica 300.000 anni dopo il Big Bang (vedi anche la

parte in alto della Fig. 1)

Figura 5

Figura 6

142

Fig. 7

Seguendo Galilei, Enrico Fermi ha enfatizzato nel XX secolo che anche la

più avanzata frontiera della Fisica ha bisogno, come sempre, di invenzioni,

scoperte e misure (delle quantita fondamentali). Fermi – il più grande Galileiano

del XX secolo – ha messo in rilievo che nessuno dovrebbe essere considerato un

“fisico” se non ha mai inventato niente, se non ha mai scoperto niente o non ha

misurato una grandezza fondamentale. Questo è illustrato in Fig. 8.

143

Fig. 8

La Scienza non è né buona né cattiva. Sfortunatamente la gente usa

comunemente la parola “scienza” per significare invece l’“uso della scienza”

(ovvero, la tecnologia) che non è più “scienza”, proprio come l’uso del

linguaggio non è più “linguaggio” e l’uso della “logica” non è più “logica”.

Lasciatemi elaborare ancora questo punto. Un esempio di Creatività nella

Scienza Fondamentale è la scoperta del “Modello Standard”, ovvero la superba

sintesi che spiega tutti i fenomeni del nostro mondo in termini di tre Strutture

Fondamentali (chiamate le tre famiglie delle particelle elementari) e di tre Forze

Fondamentali della Natura.

Un esempio di Creatività nella Logica Fondamentale è l’invenzione

della rigorosa e formidabile struttura logica chiamata Infinito.

Esempi di Creatività nel Linguaggio Fondamentale sono la Pietà di

Michelangelo, la Primavera del Botticelli, la Nona Sinfonia di Beethoveen, la

Quinta Sinfonia di Mahler, la Divina Commedia di Dante.

Tutte queste conquiste sono per l’umanità.

144

Esistono anche esempi di Scienza, Logica e Linguaggio Applicati.

Queste “applicazioni” possono essere per e contro l’umanità.

Ad esempio, la Creatività contro l’umanità nell’uso della Scienza,

chiamata anche Scienza Applicata (Tecnologia), corrisponde alla tecnologia di

guerra.

La Creatività contro l’umanità nella Logica Applicata consiste

nell’invenzione di applicazioni informatiche per il controllo di miliardi di

persone, distruggendo così la libertà individuale.

La Creatività contro l’umanità nel Linguaggio Applicato corrisponde

all’invenzione di ideologie come lo Stalinismo e il Nazismo.

Nel campo della Scienza, Logica e Linguaggio Applicati esistono anche

esempi a favore dell’umanità.

La tecnologia di pace, strumenti per aiutare il genere umano in Medicina,

Agricultura e Meteorologia, corrisponde alla Creatività per l’uomo nella

Scienza Applicata.

La Creatività per il bene dell’umanità nella Logica Applicata

corrisponde all’invenzione di nuovi robots per evitare all’uomo lavori pericolosi

o spiacevoli, oppure di applicazioni informatiche specialistiche per la medicina,

le previsioni del tempo, ecc.

Nel Linguaggio Applicato, il potere creativo in favore dell’umanità

corrisponde alla esecuzione di pezzi di poesia, di musica o di arte, più tutte le

altre attività tese ad aumentare la qualità della vita di tutti i giorni in tutti i

settori che esisterebbero anche se la Logica e/o la Scienza non fossero mai state

scoperte.

I componenti a favore dell’umanità nella Logica Applicata e nella

Scienza Applicata contribuiscono enormemente per migliorare la qualità della

vita. I tre pilastri hanno un compito in comune e raggiungono lo stesso risultato

nella loro parte applicata per il bene dell’umanità, ovvero il miglioramento

della qualità della vita di tutti i giorni, come mostrato in Tavola 1.

145

TAVOLA 1

146

È evidente che nel caso dei tre pilastri, Linguaggio, Logica e Scienza, il

loro uso può essere per l’umanità e contro l’umanità. L’uso della Scienza

(Tecnologia) – come abbiamo già enfatizzato – è la via più spettacolare per

distinguere la parte “fondamentale” dalla parte “applicata” dello stesso pilastro.

La terribile arma capace di distruggere una metropoli come New York – la

bomba H – non è il risultato della Creatività nella Scienza Fondamentale ma

nella Scienza Applicata. Il Nazismo e lo Stalinismo non sono il risultato della

Creatività nel Linguaggio ma nel Linguaggio Applicato.

Nell’Immanente, ovvero senza fare appello ad alcun argomento

esistenziale connesso con la Sfera del Trascendente, la Scienza è la sorgente di

una nuova speranza solidamente basata nelle Leggi Fondamentali della Natura

così che le componenti sopra menzionate possono tutte mirare al bene e mai al

male.

Perché questo possa accadere, è necessario che la Scienza Applicata

(ovvero le applicazioni tecnologiche delle grandi scoperte scientifiche) sia

affidata non a istituzioni politiche ma alla comunità stessa degli scienziati.

Questo è in flagrante conflitto con la Democrazia. Infatti uno scienziato non è

eletto per fare lo scienziato.

Non è mai stato così perché l’attività politica appartiene al Linguaggio

Applicato. E questo può essere fatto per il bene dell’uomo (Democrazia) o per il

male dell’uomo (Dittatura). Tuttavia tutti considerano noi scienziati responsabili

dei risultati della Scienza Applicata. Ancora peggio, molti pensano che la

Scienza sia nata dalla Tecnologia. Alcuni arrivano a sostenere che noi scienziati

non saremmo qui se non fosse per lo sviluppo tecnologico.

L’affermazione, da parte di personaggi responsabili per la Cultura del

nostro tempo, che la Tecnologia precede la Scienza Fondamentale è dovuta al

fatto che “fuoco” e “ruota” sono state inventate prima che Galilei scoprisse la

Scienza. Per rafforzare ancor più questa tesi essi tirano in ballo l’invenzione del

telescopio, come vedremo in paragrafo 7.

147

Come abbiamo già detto, il “fuoco” e la “ruota” furono capiti dopo che

Galilei ebbe scoperto la Scienza Fondamentale. “Inventare” un nuovo

strumento non necessariamente significa comprendere “perché” funziona. I

successi spettacolari nella costruzione delle Piramidi e di altri capolavori

dell’Architettura, ovunque nel mondo, non hanno dato origine alla scoperta dei

primi pezzi della Logica della Natura, come, ad esempio, il Principio di Inerzia e

le altre due leggi della Meccanica.

Una scoperta in Scienza Fondamentale corrisponde a “comprendere” tutti

i possibili strumenti che possono essere inventati. Per esempio, la scoperta di una

Forza Fondamentale della Natura, la forza elettromagnetica, ci ha permesso di

comprendere che tutti i nostri sensi, vista, udito, odorato, gusto e tatto, sono

manifestazioni della stessa e unica forza fondamentale. Questa forza ha origine

da una unica entità, chiamata la “carica elettrica”. Se potessimo spegnere questa

“carica”, i nostri cinque sensi cesserebbero di esistere.

Così tutte le “invenzioni” presenti e future connesse con vista, udito,

odorato, gusto e tatto sono comprese, ancor prima che siano state effettivamente

realizzate.

Prima che la Scienza Fondamentale fosse scoperta grazie a Galileo

Galilei, accadeva invece il contrario. Dal momento che le Leggi Fondamentali

della Natura non esistevano, tutte le invenzioni tecnologiche giravano attorno

alle stesse due originali, il “fuoco” e la “ruota”. Poiché né il “fuoco” né la

“ruota” erano “compresi” lo sviluppo tecnologico non poteva produrre niente di

realmente nuovo.

È stato detto che le grandi scoperte di Galilei furono il risultato di

un’importante invenzione tecnologica, il “telescopio”. Infatti, è grazie al

telescopio che Galilei scoprì che il Sole e la Luna non erano corpi “perfetti”,

ancorché celestiali. Il Sole aveva “macchie” e la Luna aveva moltissime

irregolarità: montagne e crateri. Giove aveva satelliti, come la nostra Luna. E

Saturno aveva “orecchi”, oggi meglio conosciuti come anelli.

148

Se non fosse stato per una caratteristica peculiare del nostro sistema

solare, ovvero l’esistenza di un immenso numero di asteroidi, la superficie della

Luna avrebbe potuto essere meno tormentata e, a prima vista, avrebbe potuto

apparire pressoché perfetta al telescopio di Galilei. Giove avrebbe potuto essere

privo di satelliti e Saturno senza gli anelli. Le irregolarità della superficie del

Sole avrebbero potuto essere molto più deboli e quasi inosservabili col primitivo

telescopio inventato da Galilei. In altre parole, tutte le scoperte astronomiche di

Galilei sono dettagli “irrilevanti” quando confrontate con le vere grandi

conquiste di Galilei. Permettetemi di richiamarne alcune.

La Legge di Inerzia; la scoperta che l’accelerazione – non la velocità – è

proporzionale alla forza; il Principio di Relatività: “Qualunque cosa tu faccia, in

nessuna circostanza potrai rilevare un effetto (sperimentalmente riproducibile)

che dipenda dalla velocità di un sistema, se questo sistema viaggia a velocità

costante rettilinea”. Osservate che questa formulazione del principio di relatività

include “tutti i possibili effetti”, non solo quelli dovuti al moto degli oggetti

materiali. Di fatto il principio di relatività così come formulato da Galilei include

tutti i fenomeni e quindi anche quelli elettromagnetici che dettero luogo

all’invarianza rispetto alle trasformazioni di Lorentz, meglio nota come relatività

“ristretta” di Einstein.

Tutte queste scoperte di Galiei non ebbero bisogno né dello sviluppo

tecnologico del telescopio né di un qualsivoglia altro strumento tecnologico.

Tutto quello che Galilei cominciò a fare fu di prendere una pietra, legarla

ad una cordicella e studiare le sue oscillazioni. Prese un altro pezzo di pietra, che

sembrasse il più possibile simile ad una sfera, e studiò come rotolava giù lungo

un piano di legno. Poi variò l’angolo del piano di legno.

Egli scopri che il moto obbedisce alla legge di accelerazione costante e

questo è il modo in cui Galilei misurò “g”: l’accelerazione dovuta all’attrazione

gravitazionale della terra su tutti i corpi materiali.

149

Scoprì che una “piuma” sarebbe caduta come un “martello” se non fosse

per la resistenza dovuta all’“aria”. Sulla Luna, dove non c’è aria, la piuma e il

martello cadrebbero esattamente allo stesso modo. Al tempo di Galilei non

c’erano aeroplani, né missili, e pensare ad un uomo sulla Luna non era così

facile. “Galilei aveva ragione” esclamò David Scott quando, 400 anni dopo,

lasciò cadere una piuma ed un martello sulla superficie della Luna.

Il grande contributo di Galilei alla conoscenza umana non è dovuto al

telescopio, ovvero alla invenzione tecnologica, ma alla sua ferma convinzione

che le Leggi Fondamentali della Natura dovessero esistere. Egli scoprì che

questo è invero il caso, usando i più semplici elementi del nostro mondo; una

pietra, un pezzo di legno e una cordicella. E il battito del suo cuore come

orologio. Può questo dirsi Tecnologia?

Galilei era convinto che ciascun pezzo di materia doveva portare

l’impronta di colui che ha creato l’Universo, con le sue Leggi, rigorose e valide

ovunque nello Spazio e nel Tempo. Galilei avrebbe potuto benissimo scoprire il

caos, invece che le leggi del pendolo e del piano inclinato. Galilei ha aperto

l’intelletto umano ad un nuovo orizzonte. Fra le molte migliaia di forme di

materia vivente, noi siamo la sola a cui sia stato concesso un grande privilegio.

Quello di essere capaci di comprendere la Logica della Natura. Fra tutte le

possibili strutture logiche, una è stata scelta. Il compito della Scienza

Fondamentale è scoprire questa Logica.

In questo compito abbiamo raggiunto la più incredibile sintesi di tutti i

tempi.

Ho già fatto accenno a questa sintesi: essa ci dà la sensazione che abbiamo

capito quasi tutto del mondo. E questo, grazie al cosidetto “Modello Standard”

dal quale emerge la nuova frontiera della teoria detta Supermondo.

Se c’è la Luce, deve esserci la Superluce. Se c’è l’Elettrone ci deve essere

il Superelettrone. Se ci sono le Stelle (ceneri del mondo), devono esserci anche

le ceneri del Supermondo, ovvero le Superstelle (se esistono, noi non le

150

vedremmo perché esse non possono emettere Luce). Nonostante due decadi di

intense ricerche, non siamo stati capaci di rilevare alcuna evidenza sperimentale

dell’esistenza del Supermondo. Io credo che esso esista. Ma questo è un sogno

“filosofico” corroborato da una struttura matematica. Ciò che manca è la prova

sperimentale. In altre parole, la Logica c’è, la prova Galileiana no.

In conclusione è la Creatività nel Linguaggio, Logica e Scienza

Applicati che può essere per ma anche contro l’uomo. D’altro canto, la

Creatività nel Linguaggio, Logica e Scienza Fondamentali non può mai

essere contro l’uomo. Ricapitolando.

La Creatività nel Linguaggio Fondamentale non deve obbedire né al

principio di non-auto-contraddizione né deve superare il battesimo del fuoco

della prova sperimentale.

La Creatività nella Logica Fondamentale deve soddisfare al principio di

non-auto-contraddizione, ma nessuna prova sperimentale è necessaria.

La Creatività nella Scienza Fondamentale deve superare il principio

della prova sperimentale riproducibile. E questo significa confrontare la nostra

immaginazione con Colui che ha creato le tre strutture Fondamentali (tre

famiglie di particelle elementari) e le tre Forze Fondamentali dell’Universo.

Come era solito dire Isidor I. Rabi “Egli è più intelligente di tutti noi”.

Pertanto la Creatività nella Scienza Fondamentale è la più difficile, in

confronto alla Logica Fondamentale e al Linguaggio Fondamentale, perché

Scienza Fondamentale significa Logica della Natura e questa Logica è stata

scelta da qualcuno che “più intelligente di tutti noi”.

Una sintesi di come i tre pilastri potrebbero essere espressi in termini di un

possibile insieme di formule è mostrato nelle figure seguenti. In Fig. 9 ci

riferiamo al Linguaggio che è una funzione FLa dei vari componenti R, Cr, Co,

Li e U. A sua volta ciascun componente ha una serie di strutture funzionali,

come ¦Laj ( R ) , dove l’indice j varia su un numero finito di ingressi a seconda dei

vari contributi ad oggi conosciuti. Il significato dei vari simboli come ∑ , ∏ , ,

151

e gli indici (j, k, l, m, n,) non è quello solito. Il loro scopo è di ricordare che

esistono molte diverse possibili combinazioni o semplici (∑) o complicate (∏)

dove le varie parti delle conquiste nel Linguaggio possono tutte contribuire a

qualche struttura del Linguaggio stesso.

Come appare dalla Fig. 9, il Linguaggio è molto complesso nella sua

struttura. La parte “fondamentale” del Linguaggio deve avere come scopo finale

di essere bello e perciò questa e la “condizione” da confrontarsi con quelle della

Logica Fondamentale e della Scienza Fondamentale.

Fig. 9

La Logica è molto più semplice, come mostrato in Fig. 10. Essa dipende

sul Aritmetica, Algebra, Analisi e Topologia. Come ripetutamente enfatizzato, la

Logica deve soddisfare una sola condizione: la non contraddizione.

In Fig. 11 è mostrata la struttura della Scienza che – come detto prima –

dipende da e quindi ha bisogno di invenzioni, scoperte e misure. La sola

condizione è quella della riproducibilità sperimentale.

152

Il Linguaggio, la Logica e la Scienza Applicati nelle loro componenti per

il bene dell’umanità hanno una condizione comune: migliorare la qualità della

vita (come già mostrato in Tavola 1).

La misura quantitativa di questo miglioramento della qualità della vita è la

nostra vita media che ha raggiunto – nelle parti più sviluppate della nostra Terra

– il valore di 80 anni.

Fig. 10

Fig. 11

Infine, in Fig. 12 abbiamo la completa struttura di tutte le sequenze.

153

Figura 12

154

Il Linguaggio può discutere in tutti i modi possibili, includendo anche i

più irrealistici, dell’Universo, della Vita, della Coscienza, della Creatività, senza

nessuna condizione al contorno se non una: essere “bello”. L’espressione più

genuina del Linguaggio è la Poesia.

Infatti con il Linguaggio possiamo dire qualunque cosa e il suo contrario,

il totale essendo zero. Seguendo Borges, la Poesia dovrebbe essere priva di

qualunque significato ma essere “bella”. È la “bellezza” del Linguaggio

Fondamentale che fa della Poesia la migliore più significativa parte della prima

conquista intellettuale della nostra Sfera Esistenziale nell’Immanente.

La Logica è totalmente isolata dal resto dal momento che ha a che fare

con assiomi e regole e la sua esistenza necessita solo della condizione di “non-

auto-contraddizione”. La Logica è la più pura e rigorosa forma di pensiero che è

inventata totalmente dal nostro intelletto senza alcun riferimento alle connessioni

mostrate nella parte superiore di Fig. 12.

La Scienza studia l’Universo usando i tre livelli e obbedendo alla

condizione che tutte le misure devono essere riproducibili. Le conquiste della

Scienza Fondamentale danno all’uomo una grande dignità intellettuale e

devono generare nell’umanità una presa di coscienza tale da far sì che

Motivazione, Creatività, Innovazione, Leadership, Leadership Innovativa siano

tutte indirizzate, nel campo della Scienza Applicata, al bene e mai al male.

È tempo che la nostra Società acquisisca la consapevolezza che le tre più

grandi conquiste della Ragione devono diventare i tre pilastri della nostra

Cultura.

155

V.7 Episodi vissuti in prima persona. La cultura del nostro tempo è ferma

al Linguaggio: né Logica né Scienza fanno parte del bagaglio

culturale dell’uomo moderno ma oroscopi e magie

DA SCRIVERE

156

V.8 La memoria storica del Secondo Millennio. Cultura e potere

DA SCRIVERE

157

V.9 L’organizzazione di una società civile e il principio democratico

DA SCRIVERE

158

V.10 Un giorno tutti gli uomini saranno scienziati (LIBRO: Tra Scienza e

Fede)

Delle tre conquiste della Ragione nell’Immanente, solo la prima– il

Linguaggio – è alla portata di tutti.

Non c’è motivo che la Scienza continui a essere esclusa

dall’insegnamento nel periodo giusto in cui il nostro cervello si apre allo studio

della Logica che regge il mondo.

Quando questo avverrà, tutti, uomini e donne, saranno in grado di capire e

sentire i valori della Scienza.

La cultura cosiddetta moderna sarebbe corretto chiamarla contemporanea.

Essa, infatti, moderna non è, in quanto interamente basata sul Linguaggio. Né la

Logica né la Scienza sono entrate a far parte del patrimonio culturale dell’uomo

cosiddetto moderno.

Secondo gli specialisti, un tempo – nessuno sa dire con esattezza quando,

potrebbe essere centomila o un milione di anni fa – questa forma di materia

vivente detta uomo si esprimeva gesticolando.

Prendiamo per vera questa ipotesi. L’uomo non sapeva parlare. Il Creatore

però lo aveva dotato di un cervello in grado di potere inventare il Linguaggio. E

gli aveva fatto il dono della Ragione. Senza la Ragione non sarebbe stato

possibile inventare il Linguaggio. Questo però avrebbe dovuto essere il primo

passo verso la scoperta della Logica Matematica prima e della Scienza poi. Oggi

tutti gli uomini sanno parlare.

Pochi conoscono la Logica Rigorosa. E ancor meno sono coloro che

sanno cos’è la Scienza. Eppure l’uomo ha scoperto che l’uso del Linguaggio

portava a contraddizioni logiche ben tremila anni fa.

L’atto di nascita della Logica è il famoso paradosso del bugiardo che

doveva portare al paradosso di Jules-Antoine Richard, a quello di Bertrand

Russell e infine alla grande scoperta di Kurt Gödel. Tremila anni di Logica, di

cui la cultura dominante ignora l’esistenza.

159

Con la Scienza, che tra tutte le logiche rigorose possibili è quella seguita

dal Creatore per fare il mondo così com’è, le cose non sono andate meglio. La

cultura dominante, come abbiamo visto, della Scienza ignora i valori e ne ha

deformato il vero significato.

Eppure il Linguaggio doveva essere – nell’Immanente – il primo passo

verso il grande traguardo della Cultura Scientifica.

Un giorno tutti gli uomini saranno scienziati. Non in quanto tutti faranno

esperimenti alle frontiere delle nostre conoscenze bensì in quanto tutti saranno

in grado di leggere e di capire i lavori scientifici, così come oggi leggono e

capiscono un giornale o un romanzo.

Non c’è alcun meccanismo che proibisca all’intelletto umano di capire un

discorso rigoroso di Scienza. È solo un problema di educazione alla Scienza.

Il nostro cervello si apre al Linguaggio nelle prime fasi della sua

esistenza. È così che i bambini imparano a parlare la lingua che essi ascoltano.

Un bimbo di genitori italiani, se educato in una famiglia cinese, parlerà cinese. Il

Linguaggio non è geneticamente ereditato. È il nostro cervello che è già

predisposto a imparare una lingua: qualunque essa sia.

La seconda fase, nello sviluppo del nostro cervello, riguarda il bisogno di

apprendere qualcosa che abbia legami e strutture logiche. La forma più

elementare di Logica corrisponde a dire: patti chiari, amicizia lunga. Partire da

assiomi e sviluppare tutte le possibili conseguenze di quegli assiomi, seguendo

regole precise, è la prima tappa verso il grande traguardo della logica formale.

La terza fase, nello sviluppo del cervello umano, è quando esso si apre

alla Scienza. Mi diceva Jean Piaget, studioso tra i più qualificati di questi

problemi, che i ragazzi apprendono prima il concetto del rapporto tra due

quantità fonda- mentali che i concetti relativi alle stesse quantità. Esempio: i

bambini capiscono prima cos’è la velocità. E poi cosa significa il concetto di

Spazio e di Tempo (la velocità, lo ricordiamo, è il rapporto tra Spazio e Tempo).

160

Cosa spinge il nostro cervello ad aprirsi prima al Linguaggio, poi alla

Logica, quindi alla Scienza, nessuno lo sa. Né è chiara la suddivisione temporale

tra queste tre fasi.

Su un punto si è tutti d’accordo. Il Linguaggio precede le altre due fasi. È

però probabile che l’apertura alla Logica e quella alla Scienza avvengano quasi

contemporaneamente.

L’età di apertura varia da soggetto a soggetto. Essa può iniziare anche

all’età di tre, quattro anni. Ciò non vuol dire che in alcuni casi l’apertura non

possa avvenire verso i dieci, dodici anni.

Se durante la fase di apertura non ci sono stimoli, il processo rallenta.

Anche di molto. E non è un fenomeno legato alle difficoltà insite nella Logica e

nella Scienza.

Avviene anche con il Linguaggio. C’è un fatto clamoroso. A New York

una ragazza, segregata da snaturati genitori fuori dal mondo, non sapeva parlare

all’età di otto anni. Scoperta per puro caso in quelle disumane condizioni, venne

rieducata ma ci sono voluti anni per riuscire a farla parlare normalmente.

Il tempo necessario per imparare un Linguaggio è di qualche anno al

momento giusto, cioè, quando il cervello si apre. Ci vuole un tempo molto

maggiore quando il cervello, non sottoposto a stimoli, si è richiuso.

Con la Scienza e con la Logica il discorso è analogo.

Superati i vent’anni il nostro cervello si richiude, sia alla Logica sia alla

Scienza. Se è rimasto privo di stimoli in Logica e in Scienza, difficilmente

ritornerà a interessarsi a queste due grandi conquiste intellettuali. Ecco perché,

esattamente come si fa con il Linguaggio, che si insegna subito, con la Logica e

con la Scienza dovremmo fare lo stesso. Iniziare già alle Scuole Elementari

l’insegnamento di queste straordinarie conquiste dell’intelletto umano.

Logica e Scienza dovrebbero far parte del patrimonio culturale di tutti.

La Scuola invece educa quasi esclusivamente al Linguaggio. E in tutto ciò

che è stimolo intellettuale – stampa, radio, TV, libri – predomina il Linguaggio.

161

Se Linguaggio, Logica e Scienza venissero insegnati con pari impegno,

tutti gli uomini, nel giro di una sola generazione, sarebbero in grado di

distinguere tra queste tre conquiste dell’umano intelletto. Essi saprebbero cosa

vuol dire raccontare una favola, elaborare una teoria matematica e scoprire una

verità scientifica.

Allora sì che potremmo dire di vivere l’èra della Scienza. In questa èra

non ci sarebbe più posto per le mistificazioni culturali e tutti sarebbero in grado

di capire che credere in Cristo non è in conflitto con la Scienza. La Scienza

potrebbe entrare nelle Chiese ed essere insegnata dagli Altari. Tutti sarebbero in

grado di capire che i miracoli appartengono solo alla Fede. Atei – in buona fede

– e credenti debbono essere d’accordo su un punto: Cristo è il simbolo della

difesa dei valori della vita e della dignità umana. Che sia figlio di Dio è un

problema di natura non scientifica. Ma certamente non in conflitto né con la

Logica del Creato né con la Logica Matematica.

L’uomo che crede deve sapere che Gesù Cristo non ha nulla che possa

essere considerato in conflitto con la Scienza per un motivo estremamente

semplice e su cui abbiamo tanto insistito. La sfera della nostra esistenza

trascendentale non è in conflitto né con la Logica Rigorosa né con la Scienza,

essendo queste attività il risultato dell’uso della Ragione nell’Immanente.

Credere in Dio è un problema che riguarda la sfera trascendentale della

nostra esistenza e non può quindi subire limitazione alcuna dalle attività rigorose

operanti nella sfera immanentistica della nostra esistenza.

Sono queste le basi culturali su cui costruire la Grande Alleanza tra

Scienza e Fede, in quanto Fede e Ragione non sono in antitesi, essendo il

Linguaggio, la Logica e la Scienza le tre grandi conquiste della Ragione

nell’Immanente mentre la Fede è la massima conquista della Ragione nel

Trascendente, senza dimenticare che sono entrambe doni di Dio.

La Grande Alleanza stava molto a cuore a Giovanni Paolo II. Un

esempio di attività legate alla Grande Alleanza fra Giovanni Paolo II e la

162

Scienza fu la prima conferenza europea di Scienza e Fede (6 aprile 1982)

tenutasi a Bologna nella Basilica di San Petronio sul tema “La dignità dell’uomo

e i valori della Scienza nel Magistero di Giovanni Paolo II” (vedasi

Capitolo II.13).

A questa conferenza ha fatto seguito il 18 aprile dello stesso anno la prima

visita pastorale a Bologna e in Emilia Romagna di Giovanni Paolo II, il Papa

che ha totalmente riabilitato l’opera di Galilei riportando a casa i tesori (scoperte

scientifiche) che appartengono alla nostra cultura. Cultura che per quattro secoli

aveva abbandonato il padre della Scienza permettendo ad altri di appropriarsi

delle sue scoperte e invenzioni (come abbiamo visto nel Capitolo III.2).

V.11 Conclusioni (LIBRO: Tra Scienza e Fede)

La cultura dominante ha fatto credere a tutti che le bombe nucleari e

l’industrializzazione selvaggia siano conseguenze ineluttabili del progresso

scientifico. Il grande pubblico ne deduce che sarebbe meglio smetterla con la

Scienza.

Noi scienziati sappiamo bene come stanno le cose: le bombe nucleari e

l’industrializzazione selvaggia nascono dall’imperversare della violenza politica.

Il padre della bomba che distrusse Hiroshima e Nagasaki è Hitler. Fu lui a volere

il primo progetto per trasformare in ordigno di guerra una grande scoperta

scientifica: la fissione nucleare. E fu Stalin a partire per primo con il progetto

delle tremenda bomba a fusione nucleare: la terribile Bomba H. Ancora una

volta, un’altra grande scoperta scientifica – la fusione nucleare – trasformata in

ordigno di guerra. L’industrializzazione selvaggia ha portato alle sessantatre

Emergenze Planetarie, il cui motore è la sete di potere economico, politico e

sociale. Il capitalismo che dimentica i valori della vita e della dignità umana è

un insulto alla Scienza e ai suoi valori.

La Scienza non fa bombe né produce Emergenze Planetarie. La Scienza fa

esperimenti per capire la Logica seguita da Colui che ha fatto il mondo. È

163

sempre stata la violenza politica – aiutata dalla cultura dominante – a decidere le

priorità per le applicazioni tecnologiche delle grandi scoperte scientifiche.

L’uomo del nostro tempo dovrebbe riflettere per distinguere nettamente

tra Scienza e Tecnica. La Scienza permette all’uomo di sentirsi veramente fatto

a immagine e somiglianza del Creatore. La Tecnica va invece posta sotto il

controllo etico-morale affinché siano per sempre cancellati gli studi tecnologici

che negano la vita e che offendono la dignità umana.

La riflessione per noi scienziati riguarda un nuovo senso di responsabilità.

La Scienza non ha mai avuto alcun potere di natura politica. Il primo fisico che

immaginò l’unificazione dei fenomeni fondamentali (Matvej Petrovic̆ Brons̆ tein)

fu condannato a morte da Stalin in quanto non aveva voluto piegarsi alla sua

ideologia. Il padre della fisica quantistica, Max Planck, ebbe ucciso il figlio dai

nazisti come ritorsione perché non aveva voluto collaborare al progetto per la

prima bomba nucleare della storia. Il padre della superfluidità, Pëtr Kapitza,

visse sul lastrico con la famiglia per avere rifiutato di dirigere il progetto

sovietico per la prima bomba a fusione nucleare.

Sono solo tre esempi per ricordare che la Scienza ha pagato grossi tributi

di sangue per opporsi alla violenza politica. Le applicazioni tecnologiche delle

scoperte scientifiche sono sfuggite – sempre e totalmente – al controllo della

Scienza. Ebbene la comunità scientifica internazionale dovrebbe avere il

coraggio di dire basta. Il primo segno di una ferma volontà in questa direzione è

venuto col Manifesto di Erice. Dalle parole bisogna adesso passare ai fatti

respingendo responsabilità che mai sono state nostre: ecco la raccomandazione

di Giovanni Paolo II che ci ha portato al Volontariato Scientifico (come

vedremo nel Capitolo IV).

Noi scienziati non abbiamo mai avuto né abbiamo alcun potere

decisionale sulle scelte tecnologiche. Il nostro potere è

solo quello di sapere formulare progetti per capire la Logica del Creato.

C’è bisogno di una Grande Alleanza tra Scienza e Fede affinché possa nascere

164

una nuova èra fondata sui valori della nostra esistenza. Valori sui quali ci ha

illuminato l’Apostolato di Giovanni Paolo II.

Per intervenire nelle scelte politiche è necessario dare più forza alla Scienza e

alla sua grande alleata: la Fede. Tocca però a noi scienziati la responsabilità di

denunciare le applicazioni delle scoperte scientifiche che sono in antitesi con i

valori della nostra esistenza.

La Scienza ha una sola colpa: quella di avere fatto tanta Scienza ma

pochissima cultura. Se la Scienza avesse fatto cultura, le ideologie portatrici di

odio sarebbero finite nel ghetto delle irrazionali follie, nemiche dell’uomo e

della Scienza. È tempo che la Scienza entri a far parte del patrimonio culturale

dell’uomo cosiddetto moderno. Affinché ciò avvenga è necessario che il Libro,

aperto da Galileo Galilei quattrocento anni fa, sia accessibile a tutti. Spetta a noi

scienziati, in prima persona, fare in modo che tutti sappiano leggerlo. Quel Libro

ci fa capire che la Ragione e l’Amore sono le strutture portanti dell’Universo:

dal cuore del protone ai confini del Cosmo.

Non lasciamo più ad altri la libertà di parlare in nome della Scienza e di

stravolgere le sue conquiste e i suoi valori.

La Scienza ha quindi la sua parte di responsabilità se siamo arrivati a un

mondo in cui, come già detto più volte, per ciascun abitante, inclusi vecchi,

donne e bambini, ci sono, pronte ad esplodere, tonnellate di tritolo equivalente

in potenza esplosiva. E mancano invece gli appena trecento chili di viveri pro

capite all’anno che basterebbero affinché venisse, per sempre, cancellata quella

tragedia che colpisce diecine di milioni di nostri fratelli e sorelle: la morte per

fame.

Chi osservasse da una lontana Galassia questa nostra minuscola navicella

spaziale e ciò che in essa accade, dovrebbe concludere che in quell’angolo

dell’Universo abbondano gli esplosivi e scarseggiano i viveri e che la Terra

evidentemente deve produrre tritolo equivalente e armi, non grano né riso né

viveri di altro tipo.

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Siamo alla soglia dell’autodistruzione. E, come se non bastasse, si

continuano a inventare e costruire armi sempre più potenti, strumenti portatori di

apocalittiche stragi. La corsa agli armamenti ha come spinta irresistibile l’odio e

la irrazionale volontà di volere distruggere, annientare il nemico: costi quel che

costi.

Viviamo un’èra nella quale la potenza distruttiva nelle mani dell’uomo

potrebbe cancellare qualunque segno di vita su questo piccolo e indifeso satellite

del Sole. Come se non bastasse, la potenza dei supercomputer è tale da potere

mettere sotto controllo un numero di persone superiore a quello di tutti gli

abitanti della Terra. È necessario che la Ragione e l’Amore abbiano il

sopravvento sulla follia e l’odio che imperversano nel mondo.

Fede e Ragione non sono in antitesi. L’atto di Fede porta ad amare il

prossimo come se stessi. La Scienza insegna ad amare, non a distruggere la

Natura. Né a privare l’uomo delle sue libertà.

Chi fa bombe non può dirsi scienziato, in quanto fare Scienza vuol dire

studiare la Logica della Natura, rispettandola, non sconvolgendola.

La Scienza è fonte di valori universali e immutabili. Valori che sono in

comunione, non in contrasto, con quelli che l’uomo apprende dalla Verità

Rivelata.

Fede e Ragione sono i due pilastri sui quali costruire un mondo in cui tutti

gli uomini possano veramente sentirsi fratelli, qualunque sia il colore della loro

pelle e la geografia dei luoghi in cui sono nati.

NOTA: Da infilare in questo capitolo:

Mai il titolo di questo libro potrebbe essere più appropriato: la Matematica non è

un’opinione. Vediamo perché.

capitolo 7 l’anno 2000 non è a cavallo tra due secoli e due millenni

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