Civiltà Laica 24

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PERIODICO DI CULTURA NEO-ILLUMINISTA NUMERO 24 NOVEMBRE 2015 (ANNO IX N.2) www.civiltalaica.it QUALCOSA è cambiato?

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QUALCOSA è cambiato?Nessuno tema per il temine che hoappiccicato a PAPA nel titolo. È cosasemplice. Nella tecnica pubblicitariail rebranding è un processo attoa dare ad un prodotto o ad una organizzazioneuna nuova immagine,al fine di renderla più attrattiva edi successo. È fatto comune che laqualità intrinseca rimanga poi lastessa di prima.

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PERIODICO DI CULTURA NEO-ILLUMINISTA

NUMERO 24 NOVEMBRE 2015 (ANNO IX N.2)

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QUALCOSAè cambiato?

2 Civiltà Laica Numero 24

PROPETARIO ED EDITOREAssociazione Culturale Civiltà Laica,

Via Carrara, 2 - 05100 Ternie-mail: [email protected]

DIRETTORE RESPONSABILESergio Moscatelli

COMITATO DI REDAZIONEAlessandro Petrucci, Alessandro Chiomet-ti, Marcello Ricci, Valentina Della Bella,

Federico Piccirillo, Eraldo Giulianelli

Stampato per l’Ass. Cult. Civiltà Laica dal-la Tipografia Visconti - Terni

Autorizzazione del Tribunale di Terni n. 03/07 dell/8 Marzo 2007

GRAFICAKatapulta Design di Agnieszka Goclowska

http://katapultadesign.eu

IMMAGINE IN COPERTINAKatapulta Design

PAPA FRANCESCO I t r a l ’ e l e f a n t e e i l g a t t o p a r d o

Alessandro Chiometti

Le due frasi, in evidente antitesi fra di loro, sono pronunciate da due perso-naggi molto attivi nel mondo cattolico locale. Chi pensa che sia facile defini-re i cattolici dovrebbe partire da qui e trovare cosa unisce due visioni così enormemente contrapposte.Non c’è bisogno di tirare in ballo l’O-pus Dei o la Teologia della Liberazione per evidenziare quanto siano profon-de le divisioni in seno al cattolicesimo, recentemente se n’è accorta anche l’Uccr (Unione Cristiani Cattolici Ra-zionali) che fra le varie realtà cattoli-che si litiga troppo. Come si pone Papa Francesco I di fron-te a una Chiesa che necessita di cam-biamenti radicali per restare al passo con i tempi ma che una parte consi-stente dei suoi fedeli non vuole che cambi nulla della sua dottrina? La risposta a questa domanda non è facile perché Bergoglio ci ha abitua-to a scatti avanti mediatici alternati dall’assoluto immobilismo sul lato pratico (trasparenza dello Ior a parte, ma li è stato costretto). La frase più famosa dell’attuale papa è probabilmente “chi sono per giudica-re un gay?” che decontestualizzata ed estrapolata dal discorso a cui apparte-neva ha in un sol colpo azzerato tutte le diffidenze anticlericali del giornale più venduto d’Italia e convertito all’a-teismo devoto l’ottuagenario Scalfari delle cui sviolinate al pontefice non ne possiamo davvero più.Ma in questi due anni in realtà abbia-mo assistito ad un progressivo imbar-barimento del mondo cattolico contro gli omosessuali. Gli attacchi vergogno-si al ddl Cirinnà, che voleva cancellare parte delle discriminazioni (ricono-sciute anche in sede europea) al qua-le gli omosessuali sono sottoposti nel

nostro paese, effettuati in piazza con le “sentinelle in piedi” e il secondo family day supportato da gente come Adinolfi che di famiglie ne ha due, e in parlamento con le lobby trasversali cattoliche che da trent’anni affossano quasi tutte le leggi per l’estensione dei diritti civili, non ha consciuto tregua. La guerra mass mediatica che han-no costruito inventandosi un nemico inesistente, la teoria del gender che, come sanno tutti coloro che si infor-mano prima di aprire bocca e dargli fiato, non esiste ma terrorizza i ben-pensanti grazie alla disinformazione organizzata che racconta di alunni costretti a masturbarsi a due anni di età o anche prima, non solo non ha ricevuto stop dalle gerarchie vatica-ne, ma ha trovato in Papa Francesco I uno sponsor di eccellenza quando il 15 Aprile 2015 questo ha dichiarato “La teoria del gender espressione di fru-strazione e rassegnazione che mira a can-cellare la differenza sessuale”.Ma chi è Bergoglio per giudicare un gay, per l’appunto? E chi sono i catto-lici per deformare impunemente anni di studi di genere (quelli si che esisto-no) in una ridicola teoria del gender che non applicherebbero neanche i frequentatori del Muccassassina di Roma? Chi sono queste fantomatiche associazioni cattoliche o sedicenti tali che non hanno neanche un referente per paura che diventi legge l’aggra-vante di omofobia sui reati di diffama-zione e aggressione? Chi sono queste persone che negano l’esistenza dei casi di omofobia nel nostro paese e non cambiano idea neanche di fronte alle foto dei lividi delle vittime di ag-gressione? Chi è questa gente che pen-sa di poter giustificare i propri pregiu-dizi medievali sfruttando i bambini e

“Noi siamo cattolici, non escludiamo mai! accogliamo, assorbiamo e ci adat-tiamo!”“Io sono cattolico e pretendo che la mia Chiesa resti ferma lì dov’è da duemila anni, sotto la croce di Cristo a fianco di Maria”

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millantando di dover difendere i loro diritti? Chi è questa gente convinta che costringere un bambino ad an-dare in orfanotrofio piuttosto che con il compagno o la compagna del genitore omosessuale significa di-fendere i suoi diritti? Sono cattolici. O per lo meno si definiscono tali.Frei Betto, cattolico anche lui, diceva pochi giorni dopo l’elezione di Papa Francesco I in un incontro pubblico che la teologia morale cattolica è oggi impresentabile. Occorre quanto prima che la Chiesa smetta di parla-re di sessualità solo a fini riproduttivi, smetta di continuare a parlare dell’omosessualità come una devian-za o una malattia, smetta di impor-re il celibato ai preti e che smetta di escludere le donne dagli incarichi sacerdotali. “Estamos en el límite de la resistencia de estas cuestiones” ha sen-tenziato in uno spagnolo che non ne-cessitava traduzione.Frei Betto viene dal Brasile, un pae-se dove la Chiesa Cattolica è passata dal rappresentare oltre il 95 percen-to della popolazione a rappresen-tarne meno del 65 percento in circa trent’anni. Forse è per questo che ha le idee così chiare su cosa deve fare quell’istituzione per sopravvivere al secolarismo. Poi c’è chi pensa che la Chiesa sia fer-ma da duemila anni a fianco di Maria sotto la croce negando duemila anni di storia, negando la natura stes-sa del cattolicesimo, negando tutto quello che è stato da Paolo di Tarso in poi. Papa Francesco I ha poco tempo, deve scegliere se far alzare in piedi la struttura elefantiaca della Chiesa e lentamente (com’è inevitabile per una struttura millenaria) iniziare un cammino che la liberi da fardelli goffi, imbarazzanti ed impresentabi-li; oppure continuare a fare dichia-razioni di facciata estemporanee in modo che l’enfasi dei mass media continui a dipingere una Chiesa che non esiste, con le foglie di fico dei sa-cerdoti di base a coprire i lussi mille-nari dei potenti reazionari.Questi due anni, di certo sono stati spesi in quest’ultima direzione.

PAPAREBRANDINGAlessandro Petrucci

Nessuno tema per il temine che ho appiccicato a PAPA nel titolo. È cosa semplice. Nella tecnica pubblicita-ria il rebranding è un processo atto a dare ad un prodotto o ad una or-ganizzazione una nuova immagine, al fine di renderla più attrattiva e di successo. È fatto comune che la qualità intrinseca rimanga poi la stessa di prima.Il coltissimo ma grigio e ormai ina-datto ai tempi Papa Ratzinger ebbe il coraggio e il buon senso di dimet-tersi (non accadeva dal 1415). Fu eletto al Soglio di Pietro Jorge Ma-rio Bergoglio, Papa Francesco I, già sconfitto da Ratzinger nel conclave del 2005. Forse i tempi non erano maturi. La banca Lehman Brothers doveva saltare in aria, con le conse-guenze che sappiamo, solo ne 2008. Che c’entra? Più avanti. È poi di grande importanza mo-strare quale fosse lo stato delle fedi a ridosso dell’elezione di Jorge Ma-rio. Un’analisi fondata su ricerche serissime. Dati alla mano, le varie confessioni si dovrebbero estingue-re in nazioni come Australia, Re-pubblica Ceca, Finlandia, Paesi Bassi e Svizzera. Dalla secolarizzazione non si salva nemmeno la cattolicis-sima Irlanda. E l’Italia, il paese in cui l’influenza vaticana è maggiore? Beh, la sua immagine sta passando da quella di Paese cattolico a ‘Paese genericamente cristiano’. Eccoci dunque alla sera del 13 mar-zo 2013: Jorge Mario, appena eletto, si affaccia al balcone in Piazza San Pietro e, stracciando una ponde-rosa tradizione, si rivolge ai fedeli con uno schietto: “Fratelli e sorelle, buonasera!”. L’immagine fa imme-diatamente il giro del mondo e pro-duce commozione indicibile. Poi, snobbata la limousine papale, salta sull’autobus insieme agli altri car-dinali. Lo stupore mediatico cresce. E anche l’entusiasmo, soprattutto in tanti, i quali, senza magari aver

perso la fede, avevano perso fidu-cia nei rappresentanti della Chie-sa e nelle sue ripetitive gerarchie. Bergoglio conosce bene la logica dell’epoca mediatica. Cosa deside-ra l’impaurita e disorientata gente di oggi? Qualcuno di vasta noto-rietà e potenzialità che li rassicuri, dichiarando di appoggiare le loro più urgenti richieste, dalla giustizia sociale, alla pace nel mondo, alla di-fesa dell’ambiente naturale. In se-guito lo vedremo esibirsi in mirati espedienti mediatici atti a fornire di sé una immagine amicale, sem-plice, generosa, di ‘Papa della porta accanto’, per così dire. Come mo-strarsi in TV mentre mangia in una mensa della Caritas in amabile com-pagnia, tanto da far perdere di vista il fatto che quegli altri sono costret-ti a mangiare lì tutti i giorni, se vo-gliono sopravvivere, poi lo vediamo mentre si paga il conto di un alber-go, e poi lo si vede salire su un ae-reo portandosi a mano una borsa(*). “Non sono un privilegiato, sono uno di voi”, sembra vederlo dire. In que-sto però, ricordiamolo, battuto sul tempo da quei non pochi onorevoli ai quali ormai piace recarsi in par-lamento in bicicletta, e cosette si-mili. E quelle sue affermazioni! Per motivi di spazio ne cito una sola, ma forse la più importante: “Io sogno una Chiesa povera, per i poveri”. Ora, per capire cosa intenda con ‘Chiesa povera’ bisognerebbe im-mergersi nel vago e ambiguo modo di esprimersi, tipico dei chierici. Se è una povertà materiale, quella che intende realizzare, coerentemente, del resto, col nome che si è scelto, i problemi paiono insormontabili, perché è tecnicamente un’impresa al limite del’impossibile disfarsi in tempi ragionevoli di 700 mila immo-bili (115 mila dei quali in Italia) per un valore di

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F R A T E L L O S O L E , S O R E L L A L U N A . . . . E LA NOSTRA MADRE TERRA?

Era stata annunciata.Gli ambientalisti, ma non solo, l’a-spettavano da mesi. E dopo questa grande attesa me-diatica, è arrivata finalmente l’En-ciclica “Laudato SI’” del Papa, che richiama nel titolo il Cantico delle Creature di San Francesco, e con la quale la questione ambientale ha definitivamente varcato la soglia del Vaticano.E’ stata anche definita, giustamente, l’Enciclica “ecologica”, non a caso. Il termine “Ecologia”, con il quale si indica lo studio dell’ambiente na-turale e delle relazioni degli organi-smi fra loro e con il loro ambiente, deriva dai termini greci oikos che significa “casa”, “posto per vivere”, “ambiente nei pressi dell’uomo” e logos, cioè “discorso”,“studio” (Ernst Haeckel, 1869). E Papa Fran-cesco nella sua Enciclica usa proprio il termine di “casa comune” per in-dicare il Pianeta Terra.Ma dopo una tale grande attesa, la pubblicazione dell’Enciclica non ha suscitato l’impatto mediati-co che ci si aspettava, almeno in Italia. I giornali e i mass media italiani infatti ne hanno parlato in realtà in modo molto limita-to. Forse perché rappresenta per certi versi un’Enciclica “scomo-da”, che

parla di “ecologia integrale” e di “decrescita”, e che tratta in 192 pa-gine della connessione fra le grandi questioni globali a partire dal cam-biamento climatico e la perdita di biodiversità, passando dalla finanza allo sfruttamento delle risorse, dal predominio delle multinazionali all’accesso all’acqua, affermando che la crisi ecologica non si risolve senza affrontare il degrado sociale.Leggendola, insomma, anche un lai-co sensibile ai grandi temi ambien-tali può ritrovarsi piacevolmente sorpreso nel trovare parole che an-noverano tra i peccati dell’uomo la distruzione della diversità biologi-ca, la compromissione dell’integri-tà della terra, il contributo al cam-biamento climatico, la distruzione delle foreste naturali e delle zone

umide, l’inquinamento delle acque, del suolo, e dell’aria. E ancora, pa-role che affermano che è necessario investire molto di più nella ricerca e porre l’attenzione al funzionamen-to degli ecosistemi e alle specie in via di estinzione.

Non dimentichiamo però che il Papa è gesuita, e questa enci-

clica va letta anche in cerca di vaporose, sottilissime,

ambiguità.Una evidente criticità del messaggio papale è connessa con il pas-saggio dell’Enciclica che riguarda la cre-scita demografica ritenuta “ piena-mente compatibile con uno sviluppo integrale e solida-le”.Come ignorare che il tasso di cresci-

ta della popolazione umana è aumentato

così significativamente a partire dalla Rivoluzione

Industriale raggiungendo in

“Cambiamento” è la parola chiave nell’Enciclica sull’ambiente di Papa Francesco per la salvaguardia del nostro Pianeta, ma rimangono delle “sottili ambiguità”.

Valentina Della Bella

Occorre ricordare che gli ecosistemi intervengono nel se-questro dell’anidride carbonica, nella purificazione dell’acqua, nel contrasto di malattie e infestazio-ni, nella composizione del suolo, nella decomposizione dei rifiuti e in moltissimi altri servizi che di-mentichiamo o ignoriamo(Sez. 140 ).

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due secoli quella che viene definita una vera esplosione demografica? Le risorse naturali sono divenute inadeguate per tutti gli uomini sul-la terra con le notevoli conseguenze ecologiche e sociali che conosciamo.Si trova un’ulteriore sottile ambi-guità anche nel passaggio dell’enci-clica in cui si afferma che la difesa della natura non è compatibile con la giustificazione dell’aborto.Ma ce n’è un’altra ancora, molto meno sottile, di ambiguità. Se l’in-dustria fossile è ritenuta dal Papa la principale responsabile dei cam-binamenti climatici, manca ancora alla Chiesa un tassello fondamentale per un vero e radicale cambiamento in campo ambientale: disinvestire il suo immenso patrimonio dai fondi petroliferi. Perché se è peccato con-tribuire al cambiamento climatico, lo è senz’altro investire su di essi.Comunque, in attesa di più seri prov-

vedimenti da parte della Banca del Vaticano, se cattolici, e non, seguis-sero l’Enciclica non sarebbe male, anzi, si trarrebbe qualche beneficio per le attuali e future generazione e per il nostro amato pianeta Terra. Molto recentemente anche Oba-ma, che si è espresso positivamente sull’Enciclica nonostante gliU.S.A., insieme alla Cina, siano tra le più grandi potenze economiche del Pianeta per le quali si apre una sfida, in un suo videomessaggio ha parlato del cambiamento climatico come un problema non delle generazioni fu-ture ma come un dato di fatto certo. Vedremo cosa scaturirà dall’incon-tro tra Obama e Bergoglio previsto per settembre in vista del Convegno Mondiale sul Cima in programma per dicembre a Parigi (COP 21). Ci si auspica in questo caso un maggiore impatto pubblico.E i nostri politici? Sembrano non in-

teressarsi a questa tematica globale. Sembrano comportarsi come le cica-le della favola di Esopo che d’estate cantano mentre le formiche lavora-no per prendere in anticipo i dovuti provvedimenti al fine di fronteggia-re l’arrivo del rigido inverno.

Che gli esseri umani distrug-gano la diversità biologica [...]; che gli esseri umani compromettano l’integrità della terra e contribui-scano al cambiamento climatico, spogliando la terra delle sue fore-ste naturali o distruggendo le sue zone umide, che gli esseri umani inquinino le acque, il suolo, l’aria: tutti questi sono peccati.(Sez. 8 – Enciclica “Laudato Si’”)

duemila mi-liardi di euro, di una riserva aurea di oltre 7 miliardi, ed

azioni per 100 milioni di euro. Sì, que-sto è l’ammontare dei beni ecclesia-stici. E poi l’idea di una Chiesa mate-rialmente povera impatterebbe con quella che è – ancora oggi – la dottri-na sociale della Chiesa, che può essere riassunta in un celebre modo di dire partenopeo: “Se nu’ ce sta ‘o signo-re, a ‘o puritto chi l’aiuta?”. Ma tanto Jorge sa bene che può rifugiarsi nel vago. Nessuno gli chiederà ragione. In fondo: è il Papa, o no?!Ma chi è Bergoglio, gesuita argenti-no? Come argentino, è sopravvissuto indenne ad una delle più sanguinarie dittature fasciste della storia, che im-perversò in quel paese dal ’76 all’ ’83. Anzi, anche se oggi si tenta di negarlo, ne fu quasi certamente complice. Con una manovra di raffinata doppiezza, riuscì a mettere nelle mani del regime due sacerdoti, tra i principali espo-nenti della Teologia della Liberazione, Orlando Yorio e Francisco Jalics, da lui definiti: “pericolosi sovversivi”. I due

furono arrestati e torturati. Le testi-monianze del teologo Ruben Dri e del giornalista Horacio Verbitsky sono chiare e lasciano pochi dubbi. Dri usa l’espressione “malignità perversa” (In web: ‘il lato oscuro di Papa Bergoglio – movimento anti NWO). Ma torniamo al piano di rinnova-mento del marchio che Francesco sta tentando, e sveliamone il fine vero. Ebbene, qui viene alla luce tutta l’im-portanza del suo essere gesuita. Il primo Papa gesuita della storia! Non per caso. Troppo ci sarebbe da dire su storia e funzione di quest’ordine, a dir poco famigerato, ma per quel che qui ci riguarda, si può dire che la sua ragion d’essere è quella di operare al fine della distruzione dello Stato come oggi viene concepito, per sostituirlo con un ordinamento di tipo – altro parolone – ‘sinarchico’. Ma anche qui, è semplice: ‘sinarchia’: ‘Ipoteti-co governo occulto che decide le sorti politiche ed economiche di un Paese o del mondo intero’ (Dizionario Zinga-relli). Orbene, è proprio un processo del genere quello che investe il mon-do ai giorni nostri; se non generato, certamente accelerato dalla crisi den-

tro cui ancora ci troviamo (ecco il ri-aggancio col 2008), e la cui peculiarità è che esso prevede un sempre più fit-to intreccio tra economia e religione. “La separazione tra Stato e Chiesa ot-tocentesca, per Cavour “libera Chiesa in libero Stato”, era avvertita come il miglior modo di proteggere la pecu-liare identità di enti profondamente diversi. Nel declino odierno dello Sta-to nazionale e delle organizzazioni re-ligiose tradizionali, la proposta di una “libera fede in libero mercato” va in direzione opposta” (Marco Ventura, ‘La santa alleanza tra business e fede” La Lettura 020815).Conclusione. Se Bergoglio – e chi di lui meglio!.. Uno specialista! – riu-scirà nell’intento, l’organizzazione ecclesiastica rivestirà ancora una po-sizione di preminenza nel mondo co-me(io preferisco aggiungere “forse”) lo conosceremo. Sinarchico. Tutto il resto potrà essere sacrificato.

Nota (*) La ormai celebre borsa nera della quale, come ha argutamente osservato un lettore de L’Espresso, all’arrivo non c’è più traccia.

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Un papa rivoluzionario?Federico Piccirillo

L’operazione di marketing che da più di due anni la Chiesa sta mettendo in atto, per recuperare consensi, e che ha come protagonista papa Francesco, non poteva esimersi dall’andare a pe-scare anche nelle frange della sinistra. Ebbene ci è riuscita, visto che molti considerano l’ultima enciclica papale, Laudato sì, una “rivoluzione”.Possiamo dire, scimmiottando anche leader storici della sinistra ora “in pensione” come Fausto Bertinotti, che Jorge Mario Bergoglio è ormai “l’oriz-zonte del socialismo e dell’anticapita-lismo”?Analizziamo la questione sotto alcuni aspetti.In primo luogo, l’enciclica del papa, in tema di dottrina sociale, non fa che riproporre le tesi esposte da papa Le-one XIII nella Rerum novarum, più di un secolo fa. La prospettiva è sempre quella secondo cui la proprietà pri-vata è un diritto inalienabile, ma allo stesso tempo il suo uso e il suo sco-po devono sempre essere destinati al benessere collettivo, e sopratutto dei meno abbienti e dei più disperati. So-stenere questo significa ammettere la legittimità di un sistema fondato sul-la proprietà e, di conseguenza, sulla competizione e la concorrenza. Il papa fa anche un appello alla cooperazione ed alla solidarietà. Viene da chieder-si come sia possibile che detentori di proprietà possano pensare di spin-gere le loro attività verso la coopera-zione quando per rimanere in piedi è necessario che scavalchino il proprio concorrente. La dottrina della Chie-sa è una forma di economia sociale di mercato, che ceca di rattoppare le storture del sistema capitalistico, sen-za metterlo in discussione alla radice. In termini più semplici, papa France-sco, usando uno stile comunicativo più toccante rispetto a quello dei pre-decessori, continua ad affermare che è valido un sistema in cui può essere curata in molti modi (carità, assisten-zialismo) la piaga sociale della po-vertà, ma che, allo stesso tempo, non smette di generarla. D’altro canto se si afferma la legittimità di un istituzione

giuridica come la proprietà privata, condizione essenziale per il consegui-mento del profitto individuale, come ci insegna Marx, è difficile aspettarsi che il proprietario accetti di non gua-dagnarci sopra almeno in buona parte, e di farne un uso sociale e collettivo. Con questo non voglio dire che l’eco-nomia sociale di mercato, in un mo-mento come questo non debba essere considerata una meta da raggiungere, dico solo che questa è sempre stata la posizione della Chiesa, e che quindi non vedo elementi innovativi. Vera-mente rivoluzionario sarebbe stato il mettere in discussione alla radice il concetto di proprietà privata, parlan-do di “proprietà condivisa”, mettendo in risalto l’importanza di sperimen-tare nuove forme di organizzazione aziendale come l’amministrazione fi-duciaria o le cooperative autogestite dai lavoratori, il che eliminerebbe la mentalità concorrenziale e competi-tiva, poco compatibile con l’agognata solidarietà di cui parla il pontefice, e incoraggiando il mutualismo, basato sul principio dell’uguaglianza sociale, ma anche della parità di responsabi-lità di gestione. Il tutto rifiutando allo stesso tempo sia l’attuale sistema ca-pitalistico, sia un ritorno, che sarebbe devastante, al comunismo statalistico, i cui effetti sono noti a tutti. Tutto ciò non è utopia impossibile, basti pensare all’esperienza meravigliosa realizzata da Adriano Olivetti con la sua azienda, e con il suo “Movimento di Comunità”. In secondo luogo, vorrei soffermar-mi sulla denuncia che il papa fa della società dei consumi di massa, della megamacchina del potere mediatico e della strategia del bisogno indotto che essa applica, riecheggiando echi pasoliniani. Bergoglio attacca il pri-mato della finanza e dell’economia sul potere politico, che dovrebbe essere il luogo dove vengono prese le deci-sioni miranti al benessere collettivo, e non dei poteri forti. Inoltre, il pon-tefice propone di adottare un nuovo stile di vita improntato sui principi della “decrescita felice” , più sobrio, che rifugga gli sprechi, e che badi non

tanto all’”avere”, quanto all’”essere”, volendo parafrasare Erich Fromm. Non contesto nulla. Dico soltanto che si tratta di pura retorica. Oltre che con le parole, la società si trasforma con i fatti e con l’esempio. Qualche gesto di umiltà di facciata, come quello di portare al collo un crocifisso di ferro e non di oro, poco contribuiscono a cambiare la realtà quando in seno alla Chiesa rimangono ancora esponenti gerarchici che vivono nel lusso, senza contare il fatto che a parole viene pre-dicata la povertà, mentre nei fatti la Chiesa ancora si rifiuta di voler pagare l’ICI sui suoi beni ed uffici, e continua a pretendere che sia lo Stato a pagare gli insegnati di religione nelle scuole pubbliche, nominati però dalla Chiesa stessa. Non si esita mai a rimuovere un prete, perché magari ha benedetto l’a-more di due gay; perché con la stessa tenacia non si inizia a rimuovere chi, nella Chiesa, non mette in pratica i va-lori della semplicità , della solidarietà e della condivisione, tanto sbandierati in quest’enciclica?In terzo ed ultimo luogo, il papa indi-rizza un appello ai governi nazionale affinché attuino riforme sociali. Tut-to questo viene fatto partendo dalla premessa che bisogna favorire il bene comune perché Dio ha creato il mondo per tutti. Le argomentazioni del pon-tefice vengono presentate, facendo sempre riferimento a passi biblici in cui viene ribadito che il ricco e il po-vero hanno uguale dignità poiché en-trambi creature di Dio, o che l’ingiu-stizia commessa dal forte sul debole è da combattere, in quanto sovverte l’ordine delle cose voluto ancora una volta da Dio. In merito a ciò, voglio ribadire che i governi nazionali devono agire sem-pre in base ad un’etica che risulti vali-da etsi Deum non daretur, volendo citare Ugo Grozio, ovvero un’etica valida a prescindere dall’esistenza di Dio. Sulla base di tutto ciò, concludo rite-nendo di gran lunga iperbolico defi-nire quest’enciclica una rivoluzione, e papa Bergoglio il nuovo alfiere del socialismo e dell’anticapitalismo.

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Abbiamo un papa gesuita. “Bella sco-perta - direte voi - e allora?” Allora, cari miscredenti, sappiate che nei giorni scorsi è stata presentata al Santo Padre una proposta elaborata da una apposita commissione di car-dinali e teologi che dovrebbe risol-vere il problema, divenuto scottante ed attualissimo, relativo alla sommi-nistrazione del “sacramento della co-munione” ai cattolici risposati. Forse la cosa non fa né caldo né freddo alle persone indifferenti ed insensibili ai problemi della dottrina e della fede, come si dice di voi atei, ma a me la cosa dà da pensare , e parecchio. Non per motivi di afflato religioso, inten-diamoci, ma perché mi pongo, ide-

almente, nella veste del Santo Padre in quanto gesuita e pertanto men-talmente predisposto alla disamina scrupolosa dei vari “casi” di colpa, ai vari “distinguo”, alle sottigliezze te-ologiche che un gesuita allenato non può non utilizzare immediatamente e, direi, inconsciamente, quando gli viene sottoposto un quesito di natu-ra spirituale. La “casistica”, come voi atei ben sapete, è l’arte elaborata e perfezionata dai gesuiti relativamen-te alla scrupolosa e metodica analisi dei “casi” di peccato, veniale o mor-tale, nei quali un credente può venirsi a trovare, tanto è vero che “casuisti” venivano chiamati proprio i gesuiti in quanto specialisti in questa tecnica

teologica. Tanto per fare un esempio: quando papa Alessandro VII ( 1655- 1667 ) sottopose un preciso quesito all’ordine dei Gesuiti ovvero quale fosse il grado di peccato del fedele che baciasse una donna con lui non cano-nicamente sposata , si sentì risponde-re che si commette peccato veniale se il bacio è dato di sfuggita, lievemen-te, su una guancia o altra superficie esposta ( mano o avambraccio), ma se il bacio è dato in bocca allora... allora bisogna distinguere: se avviene sen-za che la lingua tocchi l’altrui lingua siamo ancora nel campo del veniale ma se il contatto avvie-

I l p r o b l e m a d e l g i o r n o :

la “Comunione“ ai risposatiEraldo Giulianelli

Marcello Ricci

Lascio solo per un attimo le mie convinzioni anticle-ricali perché preso da una forma di “buonismo”, che mi costringe a mettere l’accento su alcune cose buone fatte da papa Francesco. Che sia chiaro che in materia dottrinale non ha cambiato nulla della posizione della

Chiesa: divorzio, aborto, testamen-to biologico, coppie di fatto,

omofobia, fecondazione assistita ecc. Tuttavia

ci sono alcuni punti su cui è stato veloce, come solo nello stato vaticano in quanto monarchia assoluta era possibile fare, e sono l’ergastolo e la tortura. Ebbene

papa Francesco con un tratto di penna li

ha aboliti entrambi. Per

quanto riguarda l’ergastolo dobbiamo dire che lo stato vaticano con questa decisione supera perfino il nostro codice penale, che ancora prevede l’ergastolo ostativo, quello cioè da cui non si esce mai, portandosi all’avan-guardia in questo campo anche rispetto alle democrazie moderne. Quindi il Vaticano in quanto stato, avendo già da tempo abolito anche la pena di morte, si è mostrato più democratico di alcune stati occidentali che vanta-no una democrazia più avanzata. Per quanto riguarda la tortura papa Francesco l’ha abolita nel proprio stato, cosa che noi in Italia non siamo ancora riusciti a fare a causa dell’opposizione delle destre. Se si pensa alla sto-ria della Chiesa nei secoli, quando la tortura, l’ergasto-lo e la pena di morte erano all’ordine del giorno come strumenti di salvezza per le anime, la posizione attuale la possiamo definire progressista. Papa Francesco ha anche ribadito la posizione della Chiesa sul proble-ma della immigrazione, scontrandosi con le destre salviniane, razziste e xenofobe e anche questo sa di progressismo.

Ergastolo e pena di morted u e c a m b i a m e n t i s i m b o l i c i m a s i g n i f i c a t i v i

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ne e si incontrano canini e incisivi ...allora il peccato diventa mor-tale, e mortalissimo diviene se la lingua arriva al livello dei molari. Non ci credete? Vi sottopongo po-

che righe tratte dalla “ Theologia Moralis” del santo e dot-tore della Chiesa Alfonso de’ Liguori che, pur non essendo dell’ordine dei gesuiti, aveva di costoro perfezionato la metodica:“ Ci sono parti del corpo, seno, braccia, cosce, che sono molto più ignobili nella donna che nell’uomo. Le parti del corpo “ ignobili” vale a dire le parti sessuali e quelle im-mediatamente vicine ( partes inhonestae, turpes, obsce-nae) delle donne non possono essere guardate o toccate senza commettere peccato mortale: baci e toccamenti, anche lievi, sia delle loro parti nobili che delle meno nobi-li sono peccato mortale qualora si verifichino per piacere sessuale, così il lieve tocco della mano di una donna può essere peccato mortale se accade per fini impuri”.Torniamo dunque alla proposta elaborata dalla commis-sione di cui sopra: ebbene i dotti cardinali e teologi han-no proposto che ai coniugi “risposati” il sacramento della comunione possa essere concesso ma soltanto dopo un percorso penitenziale di un anno con l’assistenza di un sacerdote appositamente addestrato e, badate bene, sol-tanto una volta all’anno, esattamente a Pasqua.Io immagino così l’incontro con il papa gesuita.- Santo Padre , la commissione propone alla Santità Vo-stra che la santa comunione possa essere somministrata ai “ risposati” una volta all’anno, in occasione della resur-rezione del Signore, a Pasqua. - E’ una proposta giusta e condivisibile ma...generica, mi pare.- ????- Voglio dire, bisogna esaminare caso per caso, occorre distinguere. Se il “risposato” si unisce con una donna, mettiamo, che è alla sua prima esperienza matrimonia-

le, ebbene costei non può avere la stessa pena del marito. Concorre, è vero, alla colpa di costui ma essendo la prima sua esperienza , la pena per lei va dimezzata, quindi a lei la comunione sarà concessa ogni sei mesi. Se poi il “rispo-sato” si unisce con una vedova , allora per costei , colpe-vole di una prima unione carnale, la comunione sarà con-cessa ogni otto mesi, da calcolare sul calendario liturgico.- E se anche il coniuge è “risposato”? - Allora entrambi saranno comunicati una volta all’anno ma, per poter meglio distribuire la grazia sacramentale alla famiglia neo-formata, il marito sarà comunicato a Pa-squa e la moglie a Natale.- Allora siamo a posto? - Ahimé, no. Dobbiamo considerare la presenza della pro-le! Se il primo matrimonio ha dato figli ad uno dei neo-co-niugi, costui resterà senza comunione per un anno e mez-zo mentre l’altro neo-coniuge aspetterà solo un anno. Se poi entrambi avessero avuto figli dal primo matrimonio l’attesa sarà di un anno e tre quarti per ciascuno comin-ciando a contare l’anno liturgico dal mese del secondo matrimonio. Per fare un esempio: se il nuovo sposalizio avviene a Settembre 2015 , la prima ostia sarà distribuita a entrambi all’Avvento del 2016, con lo sconto di tre mesi ma se dovessero ri-sposarsi a Dicembre 2015 riceveranno il santissimo sacramento a Pasqua 2017.- E se avessero avuto figli anche dal secondo matrimonio?- In questo caso aggiungeranno un periodo di astinenza di tre mesi del calendario lunare da cui saranno però ecce-zionalmente dispensati nel caso di una eclissi anche par-ziale di luna.- Certo, se il Signore non avesse istituito quel sacramento la sera dell’ultima cena ci saremmo risparmiati tutti que-sti laboriosi e complicati calcoli...

- Dobbiamo essere generosi con Lui. Non per niente il prossimo Giubileo si chiamerà “Della Misericordia”! Lo perdoneremo!

Abbiamo aspettato a far uscire questo numero di Civiltà Laica. Abbiamo aspet-tato per valutare quello che sarebbe successo con il viaggio americano di Papa Francesco I e con il Sinodo sulla famiglia che è durato fino alla fine di Ottobre.In entrambi i casi possiamo dire che le aspettative di chi attendeva(e senz’al-tro continuerà ad attendere) rivoluzio-ni e innovamenti dottrinali da questo Papa sono state ampiamente deluse.Nel viaggio americano non solo questo Papa non ha detto nulla di “nuovo” o di “rivoluzionario” (se non per i ridicoli negazionisti dei mutamenti climati-

ci) ma ha rivendicato il diritto alla sedicente obiezione di coscienza quando le leggi non collimano con la teologia cattolica e tanto per far

capire che “non c’è chiesa per gli omo-sessuali” ha incontrato in udienza pri-vata (regalandole finanche un rosario) Kim Davies, la pasionaria che negava le licenze di matrimonio agli omosessua-li negli Usa anche al costo di andare in carcere per inadempienza del proprio dovere (era una funzionaria pubblica). Evidentemente il fatto che la stessa è stata sposata quattro volte ed ha divor-ziato almeno tre volte passa in secondo piano rispetto a cotanta dimostrazione di integralismo religioso.Abbiamo infine aspettato il Sinodo sulla famiglia che a sentir qualcuno doveva produrre cambiamenti epocali. Di epo-

cali come al solito ci sono stati solo i ve-leni e i colpi bassi che si tirano a vicen-da le opposte fazioni della Chiesa (con l’ultima notizia, che dicono essere falsa, sul tumore benigno del Papa che la dice lunga di quanto siano chete le acque nell’ambiente vaticano); ma di novità dottrinali neanche l’ombra.Speriamo davvero che, di fronte all’evi-denza, i nuovi atei devoti (modello Scal-fari 2.0 per capirsi) riacquistino il senno e smettano di produrre chilometri di articoli ad ogni banalità pronunciata da Francesco I. È sempre più evidente che questo Papa è solo una colossale operazione di mar-keting. Peraltro neanche ben riuscita stando alle ultime notizie sulla conti-nua secolarizzazione del paese.

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