Esteban n. 8

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8 Ogni numero di Esteban è stato dedicato a scrittori, giornalisti, blogger perseguitati ovunque nel mondo perchè tacessero. Questo numero avrebbe dovuto essere dedicato a Tal AlMallouhi giovane poetessa e blogger siriana e a Taghi Rahmani, giornalista iraniano entrambi arrestati recentemente. In questi giorni migliaia di voci in Liibia ed in altri paesi del mondo arabo sono state messe a tacere per sempre, tra loro chissà quante avrebbero potuto scrivere e raccontare la propria storia. Esteban non può non ricordarsi di loro e pregare per la loro gente IN QUESTO NUMERO: Esteban intervista Fabio Rubini Raffaele Nobile: Suoni e parole della tradizione inizia una serie di articoli sulla musica popolare nella provincia di Pavia Alexandru Macedonski Adriana Lisandru Calin Samarghitan tre poeti rumeni presentati e tradotti da Danut Gradinaru Daniela D'Errico poetessa di Galatina Gruppo H5N1 Francesco Corbetta e poi ...

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Rivista dell'Associazione Culturale "Il Villaggio di Esteban" di Mortara

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Ogni numero di Esteban è stato dedicato a scrittori,giornalisti, blogger perseguitati ovunque nel mondoperchè tacessero. Questo numero avrebbe dovutoessere dedicato a Tal Al­Mallouhi giovane poetessa eblogger siriana e a Taghi Rahmani, giornalistairaniano entrambi arrestati recentemente. In questigiorni migliaia di voci in Liibia ed in altri paesi delmondo arabo sono state messe a tacere per sempre,tra loro chissà quante avrebbero potuto scrivere eraccontare la propria storia. Esteban non può nonricordarsi di loro e pregare per la loro gente

IN QUESTO NUMERO:Esteban intervista FabioRubiniRaffaele Nobile:Suoni e parole dellatradizioneinizia una serie diarticoli sulla musicapopolare nella provinciadi PaviaAlexandru MacedonskiAdriana LisandruCalin Samarghitantre poeti rumenipresentati e tradotti daDanut GradinaruDaniela D'Erricopoetessa di GalatinaGruppo H5N1Francesco Corbettae poi ...

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Numero 8 ­ Marzo 2011 Hanno collaborato aquesto numero:

Adriano ArlenghiFranco Oisin Brasca

Domenico Della MonicaDaniela D'Errico

Guido GiacomoneDanut Gradinaru

Gruppo H5N1Lino Maia

Raffaele NobileMarisa Palombella

Giacomo UtzRingraziamo:Fabio Rubini

e Salvatore Poleo

Stampato presso ilCSV ­ CentroServizi per il

Volontariato diVigevano

nel mese di marzo2011

Le foto di questo numero:il Museo Domestico di Giacomo UtzQualche nunero fa Esteban aveva proposto ai lettori di illustrarela rivista con le foto dei piccoli musei personali che ognuno si è

organizzato in casa propria, per condividere con tutti gli spazianche piccoli di bellezza con cui ci circondiamo

Giacomo Utz ha voluto inviarci le foto della sua particolarissimacollezione di ceramiche

Esteban è la rivistadell'Associazione Culturale"Il Villaggio di Esteban"di [email protected]

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“L'uomo non capisce che lecittà che crea non diventanoparte integrante dellanatura... e che se vogliamodifendere la nostra culturada lupi, tormente ed erbacce,non possiamo permetterci dilasciare il fucile, la vanga ola ramazza. Basta unosbadiglio, bastano un paiod'anni di distrazione, eaddio: i lupi escono daiboschi, i cardi avanzano, lacittà sparisce sotto unacoltre di neve e di polvere...”(Vasilij Grossman, Vita edestino)

Esteban prosegue in questo numero il discorso iniziato inquello scorso (qualche mese fa, in effetti, come avrannonotato i pochi che attendono con ansia ogni tre mesi lesue uscite. Del resto, come dice il nome stesso, ilVillaggio di Esteban non è situato in un cantone svizzero,e i tempi di Esteban si avvicinano certo di più a standardcaraibici). Nel numero scorso, se qualcuno se ne fossegià dimenticato, Esteban ha voluto parlare del fare culturain piccoli centri, lontano dalle grandi metropoli, quelle chedovrebbero dettare i costumi culturali, e spessoindipendentemente da queste, trovando vie autonome eoriginali. Allora Esteban aveva voluto incontrare alcuneassociazioni, dalla Lombardia alla Liguria e aveva fattoraccontare a loro la propria storia. In questo numero,invece a parlare saranno le istituzioni, necessariocontraltare ed interlocutore di chi lavora e vive sulterritorio.Esteban ha voluto così incontrare prima di tuttol'assessore alla cultura del comune di Mortara, FabioRubini, che gli ha concesso una lunga intervista in cui si èparlato del ruolo di un assessorato alla cultura, di che ideadi cultura viene sostenuta, quali i criteri con cuil'Assessorato si muove e si pone di fronte alle esigenze ealle domande della città. E anche di progetti per il futuro.Con questo Esteban non intende chiudere il discorso;ternerà sull'argomento nei prossimi numeri, anche con leconsiderazioni che i lettori vorranno proporre.Intanto Esteban prende atto che l'offerta culturale aMortara, ed in generale in Lomellina, è sicuramentecresciuta, rispetto al passato anche recente, anche setanti anni di deserto hanno comunque lasciato un segno.Questa è sicuramente una cosa buona, anche se, spesso,quando si parla di cultura sembra che si intenda solo

fruizione di spettacoli, che finiscono oltretutto con ilrivolgersi sempre allo stesso pubblico, che noncomprende generalmente il pubblico più giovane. MentreEsteban fa notare che, ad esempio, cultura è ancheincontro, socializzazione, per dirla con una brutta parola,e l'idea di togliere non solo piante, ma anche panchine dauna piazza non sembra esattamente favorire il contatto, loscambio, l'interazione tra le persone, che poi sarebbe unodei motivi per cui in una città si mettono le piazze.Ma in questo numero Esteban vi porta anche in altriluoghi e vi fa conoscere nuovi amici. Vi accompagna allascoperta della musica e della cultura tradizionalepopolare, con il primo di una serie di articoli proposti daRaffaele Nobile, violinista e compositore, che da anni sioccupa di ricerca, riproposta ed elaborazione dellamusica etnica, in particolare dell'Oltrepo Pavese,attraverso spettacoli, concerti, iniziative editoriali e radiotelevisive.E poi vi farà incontrare tanti nuovi poeti. Dalla Romania,con tre poeti sconosciuti in Italia: un classicodell'ottocento e due giovani poeti contemporaneipresentati e tradotti dal nostro Danut Gradinaru, alSalento con la voce intrigante di Daniela D'Errico, chesperiamo vorrà venire a trovarci ancora su queste paginein futuro. E ancora da Pavia con il Gruppo H5N1.Buona lettura.Esteban vi ricorda che questo numero della rivista, cometutti quelli precedenti, si possono trovare anche on line,sul nostro sito (www.ilvillaggiodiesteban.net) oppurecercate “esteban” su issuu.com.

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Esteban ha incontratoFabio Rubini,assessorealla cultura delComunedi Mortara: una lungaintervista dove si parladi vita culturale aMortara, associazioni,progetti futuri e di comel'Assessoratoconcepisce il proprioruolo in tutto questo

Esteban: Mortara non rispondemolto alle sollecitazioni. Abbiamopreso atto di un cambiamento sianella qualità e quantità dellaproposta culturale che nellaintelligenza nel concedere strutturepubbliche alle associazioni. Ininverno, però, a Mortara non c'èmolta animazione culturale: qualcheconcerto all'Auditorium, qualchepresentazione di libri, e poco altronon crede si possa fare di più perconvincere i mortaresi ad usciredalle braccia accoglienti, maintriganti della TV?Rubini. in realtà la proposta ècontinua, forse quello che manca eche vorremmo cercare di realizzare,una volta che ci saremo allargaticon la nuova biblioteca più che altroè a livello di orari. Nel senso che inrealtà come Biblioteca , che poi è ilvero ufficio cultura del comune diMortara ormai tutto vieneorganizzato lì, viene organizzatoalmeno un incontro a settimana, trapresentazioni di libri, corsi vari;l'unico problema sono gli orari: perovvi motivi di servizio quasi tutti gliincontri sono pomeridiani (17,30 –18,00). Questo è uno degli obiettiviche abbiamo per la seconda metàdel 2011, quando avremo aperto la

nuova sede: vorremmo cercare direcuperare anche altre fasce diutenza in altri orari. Di fatto abbiamoverificato che gli incontri alle 17,30hanno un maggior riscontro che nonquelli ad orari serali, probabilmentesono più adatti per il pubblico dellabiblioteca.E: Il problema degli orari è unproblema più generale anche per laBiblioteca. Un soluzione potrebbevenire dall'utilizzo del volontariato,anche se è vero che è unasoluzione controversa, non semprepuò garantire la necessariacontinuità e comunque non puògestire tutto da solo. Oppure ancheil servizio civile potrebbe essere unarisorsa. Avete comunque pensatoad una soluzione di questo tipo?R: ci stiamo lavorando, non solo noi,in realtà. Un po' dappertutto si stacercando di capire come sfruttare ilvolontariato, che ha la bellezza el'entusiasmo di chi fa qualcosaperché ci crede (e in biblioteca c'ègià molta gente che fa volontariato)ma d'altra parte se uno ha uncontrattempo la prima cosa chelascia indietro è il servizio divolontariato. Ad esempio la mostradi Laura Fiume è stata interamentecoperta con volontari, ma questo a

comportato a volte di dover fare isalti mortali per sostituire chiall'ultimo momento non potevavenire. Abbiamo parlato di questacosa, quando sono stato a Londra,anche con Sergio Dogliani,inventore degli “Ideastore”. Anche lìstanno cercando il modo dicoinvolgere i volontari. Stiamovalutando anche l'utilizzo delservizio civile. Il fine è semprequello di poter tenere aperto anchein orari diversi. Si potrebbe studiareuna soluzione che preveda che laBiblioteca in sé come istituzioneabbia orari precisi, anche per motiviorganizzativi; tutto il resto delcentro, non dovrebbe avere orari,d'estate il giardino dovrebbe essereaperto dalla domenica alladomenica. E così il piano di sopracon la caffeteria, la terrazza, la salastudio. Teniamo anche presente chea Mortara viviamo una situazioneanomala: gli iscritti alla bibliotecarisultano circa 5000, quasi un terzodegli abitanti, in nettacontrotendenza con i dati generali.Le fasce più numerose sono iragazzi in età scolare ed ipensionati. Le persone chelavorano,anche per ovvi motivi sonoquelle meno coinvolte.

Esteban, le pagine 4 e 5

COLTIVARE

LA CITTÀ

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E: sempre a proposito della nuovabiblioteca pensavate di rimettere infunzione un comitato di gestione,come c'era tempo fa e che aveteeliminato, che univa rappresentantidelle istituzioni, rappresentantidell'utenza, era un istitutocollegiale che riuniva anche puntidi vista diversi?R: No. Il comitato è stata una delleprime cose che ho tolto, con millepolemiche, perchè secondo era unpo' un filtro. Noi abbiamo la fortunadi avere due personeestremamente aperte chelavorano in biblioteca. Comeassessore la mia filosofia è che,a meno che non venganoproposte cose contro ogni logica,una associazione che opera aMortara deve avere il patrocinioe l'appoggio del comune, anchese io non sono d'accordo conquello che viene proposto. Misono accorto che da quandoabbiamo tolto il comitato è statocome togliere un tappo, perchèall'interno si creanoinevitabilmente personalismi,conflitti, mentre tutte deve esserepiù fluido.E: cioè, con questaimpostazione, seun'associazione, un gruppo dilettori, ha un'idea, ne parla inbiblioteca, e la proposta vieneportata in assessorato?R: molte delle ultime iniziative,ad esempio i gruppi di lettura,molti corsi, nascono così, senzafiltri io quel comitato l'ho vissutoda membro e non funzionava. Inquesti anni tutto sommato questosistema ha funzionato, non c'èstata una associazione che si sialamentata di non aver trovatoascolto e collaborazione, comeinvece succedeva prima.Comunque una volta che verràaperta la nuova sede potremoanche valutare necessario averenuovamente un organismo diquesto tipo, non c'è una chiusuraassoluta. In questo momento ilgiudizio è negativo, ma se poivedremo che potrebbe funzionare,ci mancherebbe...E: la parola cultura è legata allaparola coltivazione: cultura come

quello che coltiva, fa crescere unacomunità.. In questa prospettiva,cosa significa occuparsi di culturain un piccolo comune?Quale ritienesia il ruolo di un assessorato allacultura?R: Per me il mio ruolo è, nel limitedelle risorse che mi vengono date,quello di ascoltare le esigenze chemi vengono dal territorio. Ci sonoiniziative che partono da me o chegestisce la biblioteca, ma ce nesono tantissime altre che partono

dagli utenti o dal cittadino normaleche viene qui e dice: perchè nonfacciamo questa cosa o quest'altra.La mostra su Coppi è nata inquesto modo ed ha avuto unsuccesso enorme. Un'altra cosache sono contento di aver fatto èstato l'aver collegato tutte lescuole. Quando sono arrivato quiavevamo rapporti con le scuoleelementari e le scuole medie chesono quelle di nostra competenza,però gli studenti delle altre scuole,Liceo, Pollini, Ragioneria per l'80% sono ragazzi di Mortara, nonpotevamo non avere rapporti conloro. Con l'Asilo Nido siamo stati iprimi in provincia ad aderire al

progetto “nati per leggere”. Adessoabbiamo un'offerta formativa eculturale che parte dagli 0 anni earriva alla V superiore. Abbiamovisto che tutti abbiamo pocherisorse per cui abbiamo messoinsieme le esigenze e le propostedi tutte le scuole e organizziamoincontri, anche due o tre all'anno.Quest'anno per esempio abbiamofatto incontri su Dantecoinvolgendo anche la SocietàDante Alighieri. La mia linea è di

ascoltare il più possibile lagente, del resto non è chenecessariamente la culturache piace a me debba esserela cultura di tutti. Un'altracosa sulla quale mi piacesoffermarmi, è che non esisteuna Cultura alta, la musicaclassica o che, e poi Cochi eRenato, come qualcosa diserie b. Non è vero,rappresentano uno spaccatodi società anche loro. Poisappiamo benissimo che unacosa fa il tutto esauritoun'altra meno. Per questovolutamente abbiamodifferenziato così tanto lastagione di “Mortara onstage”. Non possiamopensare di fare una stagioneper 200 persone, dobbiamofare una stagione per tutti,per questo si cerca didifferenziare il più possibile,con i mezzi a nostradisposizione, purtroppo nonabbiamo una fondazione alle

spalle come altri comuni piùgrandi...E: A Mortara c'è un gran quantità diassociazioni, culturali, divolontariato, che però sono tutteslegate tra di loro, ognuna ha ipropri riferimenti, fa le proprieiniziative; non c'è una gran vogliadi mettersi insieme, anche a livellodi cose pratiche, per affrontareproblemi comuni. Tanti anni fa siera tentato un coordinamento diassociazioni di volontariato, che intanti altri comuni funziona. Nonvarrebbe la pena di tentarequalcosa di simile anche aMortara, pur rispettandoovviamente la specificità di ogni

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associazione, la visione dellecose di ognuna, però tentando dirompere questo isolamento, di fardialogare tra di loro queste realtàche raccolgono tante personeche danno del tempo edesprimono una gran voglia difare?R: Si può far tutto. Sulleassociazioni di volontariato nonposso dire molto perchè non legestisco io. In merito a quelleculturali abbiamo cercato di fareun minimo di calendario, anchese non sempre si è riusciti.Sarebbe sicuramente bello. Tral'altro c'è da dire che a Mortara misembra che le associazioni sisiano risvegliate abbastanzabene. Tutte propongono almenouna iniziativa ogni anno. Avevamofatto un conto lo scorso anno edall'Auditorium ci sono stati almenouna quarantina di spettacoli,quasi uno a settimana, di variogenere. L'Auditorium lo stiamousando tantissimo e alleassociazioni poi lo diamopressoché gratuitamente,chiaramente se c'è un progettointeressante.E: un'altra cosa che abbiamonotato è una carenza nellevisibilità delle cose cheavvengono. Il comune di Mortaraha un sito web: perchè nonprovare attraverso questo amettere in rete tutto quello cheviene proposto, non solo quelloche parte dall'assessorato o dallabiblioteca, ma tutto quanto vieneproposto in città? Oppure creandouna mailing list, come ad esempiofanno alcune città del milanese, inmodo che tutte le personeinteressate, possano essereinformate delle varie proposte.R: Sul sito web in realtà ci stiamolavorando, stiamo cercando disviluppare questa cosa. Mailinglist ce ne sono due collegate allabiblioteca, che avvisano per tuttele iniziative patrocinate dalla

biblioteca o dal comune. Ora cen'è un'altra che ci collega a tuttigli utenti del sistema bibliotecariodell'università di Pavia.Chiaramente tutto questo si puòperfezionare.E: per cui, ad esempio per lenostre iniziative con il patrociniodel comune avremmo potutocomunicarlo in biblioteca el'informazione avrebbe giratosulle mailing list?R: esattoE: Sul territorio ormai bisognaprendere atto che interagisconoanche culture diverse, ci troviamodi fronte a bisogni culturali,magari non sempre evidenti ,provenienti da cittadini di altreculture e che devono avere lapossibilità di esprimersi. Cheruolo può avere un assessoratoalla cultura di fronte a questo?R: io penso che sia quello di fareiniziative in cui anche loropossano sentirsi partecipi dellacomunità. Io non dico adesempio: c'è la comunità rumenaallora organizziamo le seraterumene. Quelle le sannoorganizzare sicuramente meglioloro. Io devo fare iniziative perspiegare a loro dove sono, perfavorire l'integrazione. Il fatto dilavorare tanto per le scuole èanche per questo. Ad esempioquando sono arrivato per lescuole si comprava un certonumero di libri di favole e siregalavano ai bambini. Secondome erano soldi buttati via.Abbiamo pensato invece, discrivere un libretto con la storia diMortara e lo abbiamo regalato aibambini. Inizialmente è statacerto una spesa, ma secondo mequesto è un modo per integraregli stranieri, per permettergli dicapire di più dove vivono, qualisono i nostri usi e costumi.Secondo me il ruolo nostro deveessere questo. E' fondamentalepartire dai bambini, è qui dove

Abbiamo rivolto alcune domandeanche a Salvatore Poleo exassessore alla cultura del comune diVigevano

Assessorati alla cultura , bibliotechespesso, giustamente, fanno iniziative inproprio, diventano organizzatori dieventi, ma non sempre seguono unprincipio di sussidiarietà e cioè unapolitica di crescita, di coordinamento, divalorizzazione delle realtà associative delterritorio. Cosa ne pensa?Uno dei compiti dell'Assessoratodovrebbe essere proprio quello dicoordinare le varie iniziative i edindirizzarle in una precisa direzione ,senza forzature e sostenendo le ideevalide anche non legate al progetto ,evitando comunque di disperdere sforzi erisorse in mille rivoli è un cambiamentodi prospettiva che necessita di tempo inquanto non è sempre facile scardinareinveterate abitudini e piccoli potentati maritengo sia necessarioSul territorio ormai bisogna prendere attoche interagiscono anche culture diverse,ci troviamo di fronte a bisogni culturali,magari non sempre evidenti , provenientida cittadini di altre culture e che devonoavere la possibilità di esprimersi. Cheruolo può avere un assessorato allacultura di fronte a questo?“Se li conosci non li eviti" una deiprogetti che avrei voluto realizzare e chenon è stato possibile era quello direalizzare un festival di teatro e musica diAsia ed Africa la presenza di comunità diquei paesi va gestita anche attraverso laconoscenza dei mondi culturali nonattraverso una emarginazione aprescindere

Quali sono state le priorità e i criteri chehanno determinato la sua attività comeassessore?La mia attività è durata pochi mesi equindi si è trattato in gran parte di gestiredecisioni prese da altri, ma la mia prioritàè stata quella di impostare alcuni progettiche ritenevo "strategici" (la settimana delteatro amatoriale per esempio) anche sepoi la nuova amministrazione ha operatoscelte del tutto diverse.

Esteban, le pagine 6 e 7

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dobbiamo lavorare per l'integrazione,sulle generazioni precedenti è unlavoro più difficile e ci vuole la volontàda parte di entrambi.E: Cosa pensa dell'ipotesi di undistretto culturale Lomellino, con gli altricomuni e con tutte le altre realtàpubbliche e private, sia associative chesingoli presenti sul territorio; sia perottimizzare risorse che sappiamo sonoe saranno prevedibilmente scarse, maanche come possibilità concreta divalorizzazione di quanto nasce e vieneespresso sul territorio?R: Intanto è nato l'anno scorsol'ecomuseo, che di fatto, seppur inmodo ancora embrionale si rifà aquesto tipo di progetto. In questoecomuseo ci sono tutti i comuni dellaLomellina, vengono preparati degliitinerari comuni, come ad esempiol'itinerario degli affreschi. Bisogna poiallargare questo discorso, stiamoparlando anche con Vigevano per poterfare un discorso comune; questavalorizzazione del territorio, chedovrebbe avere secondo me comeprimo traguardo l'Expo 2015, avràsicuramente un significato maggiore senon limitata ai comuni della Lomellina.Mortara poi è in una situazioneparticolare: non è la grande città comepuò essere Vigevano, ma non èneanche il paese, siamo in questa viadi mezzo per cui a volte si fa fatica adialogare con i paesi intorno perchèchiaramente hanno delle esigenzecompletamente diverse. L'ecomuseo ègià una bozza in questa direzione, percercare di fare cose insieme, iniziativecomuni. Vigevano stessa riesce adintercettare un turismo limitato allamezza giornata. Se si riesce a faremassa critica, unire Vigevano, Mortaracol salame d'oca, i castelli dellaLomelllina e altro, è già una offerta piùcompleta, il turista può fermarsi anchepiù giorni.E: ad esempio anche il GAL, che orasta partendo potrebbe avere un ruoloimportante in questo sensoR: sicuramente sono andato all'ultimariunione ed effettivamente interessanteE: Una domanda tecnica: se unaassociazione ha un progetto, unaproposta culturale interessante, comefa a proporlo al Comune e ad esserefinanziata, magari anche solo quei due

o trecento euro che servono perpagare le spese? Qual'è il budget acui si può attingere?R: basta chiedere, si presenta unprogetto, non ci sono particolariobblighi formali. Poi la possibilità el'entità dei finanziamenti certamenteè molto variabile, dipende dallasituazione generale di bilancio.Comunque la disponibilità adascoltare e a venire incontro c'è,ovviamente se il progetto èinteressante e credibile..E: Dopo questi anni di assessore aMortara è cambiata e come la suaimmagine della città?R: Certamente è cambiata. Anch'iosono arrivato qui pensando: Mortaraè chiusa, non risponde a niente,non si può far niente... inveceMortara è sicuramente una cittàdifficile, qualunque cosa fai c'èsempre chi critica, però l'ho trovatasinceramente molto più aperta dicome pensassi. Mi arrabbiotantissimo quando sento politicilocali definire Mortara cittadina,paese, paesone, perché Mortara èuna città. Piccolina, però è unacittà, dobbiamo avere uno scattosuperiore. Guardiamo solo tutti gliartisti che ci sono in città e chevanno in giro per l'Italia ad esporree io qui non li avevo mai vistiesporre. Abbiamo un sacco dirisorse, il problema è che bisognaessere abbastanza aperti, ed iospero almeno in parte di esserlo, inmodo da potere ascoltare evalorizzare quello che c'è. Senzaproblemi di tessere di partito.Comunque quando alzi il tiroMortara risponde, ad esempio lamostra di Laura Fiume è stata unadi quelle più visitate. Oppure quellasu Coppi. Poi nell'ambito dellacultura ci sta tutto, anche la mostradi chi dipinge la domenica. Bastacertamente trovare la cornice e lospazio adatto per ogni cosa. Èimportante cercare anche quandofai le cose locali di realizzarle conun minimo di qualità.

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Definizione di cultura dalvocabolario:“Il complesso delle manifestazionidella vita materiale, sociale espirituale di un popolo, inrelazione alle varie fasi di unprocesso evolutivo o ai diversiperiodi storici o alle condizioniambientali = sintesi armonica dellecognizioni di una persona, con lasua sensibilità e le sueesperienza, dottrina e istruzione =è la risposta creativa alla sfida cheproviene dalla situazione eprovocazione dell'ambiente.”Dunque vediamo:uno arriva, teschio in mano e“essere o non essere, questo è ilproblema”.Ti sbatte sul piatto nientemenoche le problematiche filosofichedell'esistere... è cultura.Arriva al Milva e interpreta Brecht,Strehler... è cultura.Arriva una ballerina di flamencoche balla... è folclore, quindicultura.Formare un pullman per portare lagente in giro per mostre o teatri...bello! Ingaggiare una compagniache ci allieta una sera con unospettacolo teatrale ..entusiasmante! Far suonare ungruppo più o meno famoso inpiazza... divino! Ci reputiamofortunati a vivere in un mondo checi offre tante possibilità:televisione, cinema, teatro, mostree poi biblioteche, circoli culturalidove attori, studiosi, esperti di ... ci“illuminano” del loro sapere.La nostra epoca ci riempie diproposte culturali, ce n'è per tutti igusti: ma è sempre una propostaculturale quella che vienespacciata per tale?Parliamo di spettacoli teatrali o

televisivi, senza idee e scadenti alivello professionale uno hasuccesso a dire due scemenze inTV e mette su uno spettacolo inteatro per dire le stessescemenze; gli fanno fare films edice le stessa scemenze. La cosache lascia allibiti è che la gente fala fila nei teatri, nei cinema pervederli.La stessa fila che c'è al cinema,nei teatri c'è anche nei musei:basta il battage pubblicitario fattoin radio e TV perché si formino filemostruose fuori dal luogo: poterdire “c'ero anch'io” è molto in. Nonso se ci avete fatto caso ma siamodiventati tutti intenditori di tutto.Pensare che un'opera d'arte vaguardata da ogni parte, non un matante volte; non hai idea di quantecose scopri ogni volta che nonavevi visto prima. Invece la fila tisospinge, il cicerone ti sollecitasciorinando veloce tutta una seriedi notizie e ti dà il tempo massimodi fermata: sembra di essere allastazione in agosto, dove tuttispingono e guardano l'ora.Si sta massificando tutto anchel'evento culturale. Le propostevengono sfornate, pompate adarte e date in pasto al pubblico.Una proposta è valida solo è vistada tanti, altrimenti non vale niente.Vediamo programmi televisivivolgari e beceri prosperare perl'audience ed altri, intelligenti,sospesi per mancanza diaudience.Conclusione: audience= bello ­ noaudience = bruttoIo ho assistito a spettacoli teatralibrutti, con il pienone di pubblico,perché lavorava l'attore visto inTV, pubblico che alla fineomaggiava con lunghi applausi e

bis: è cultura tutto ciò? Sia chiaro,non si vuole dire che solo gliilluminati devono andare permostre o altro, si vuole solorilevare che non si fa culturamettendosi in fila per una mostrao uno spettacolo per dire “ioc'ero”; la cultura è qualcosa di più.Hai mai riletto un libro o rivisto unfilm.?Ci sono libri che mi sono rilettasette, otto volte e ad ogni riletturaho trovato cose che mi eranosfuggite rima. Un film, la primavolta lo vedi, la seconda sentimeglio la colonna sonora, la terza,pensando di conoscere tutto, ticoncentri su particolari che tierano sfuggiti ... e così via.Per concludere: a furia dipropinarci porcheria, ci siamoabituati alla porcheria, abbiamoabbassato il nostro gusto e nonriusciamo più ad individuare ilbello, l'intelligente, il culturalmentevalido.Sarebbe bello poter commentarecon altri tutto ciò, sviluppare lesensazioni, gli umori, gli statid'animo che per ognuno sonodiversi, rapportati al propriovissuto.Dovremmo essere più sensibilialle sollecitazioni che ci vengonodall'esterno, anche se non lecondividiamo, per discuterle evalutarle con altri, per allargare lenostre conoscenze, nonaccettando passivamente il lento,logorante credo televisivo, ma,come da vocabolario: “cercareuna risposta creativa alla sfidache proviene dalla situazione eprovocazione dell'ambiente”.

CONTRO IL LOGORIODELLA TV MODERNAdi Marisa Palombella

Esteban, le pagine 8 e 9

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Parallelamente alla vita e allosviluppo della grande musicacolta e della letteraturasi è formata in Europa fin dalMedioevo una culturaespressiva delle classi popolariche in una lunghissimastagione durata fino al secoloscorso ha prodotto cantimusiche rituali e di danzaballate epiche e narrative,poesie d’amore e quant’altro,un materiale interessante,artisticamente stimolante espesso improntato ad unintenso processo di scambiocon la cultura “dotta”. Questomateriale musicale esprimeun’altrettanto lunga stagione divita sociale, intensi e controversisentimenti, celebrazioni di eventifondamentali per la vita dellecomunità e molto altro, il tuttomanifestato con canti, musichestrumentali erappresentazioni di ritualitàcollettiva.Nella storia del mondo popolare econtadino la Lombardia cipresenta una miriadedi momenti musicali molto vari ediversificati facenti capo ad alcunifiloni espressivi vocali estrumentali che andremobrevemente ad esaminare e di cuiforniremo alcuni esempi in coda aquesta presentazione. Nellatradizione popolare lombardaconvivono quindi ballate narrativeantichissime comuni ad una vastaarea europea che affondano leradici fino alle storie dei ciclicarolingio e bretone con canti più“recenti” che parlano di vitacomunitaria, di amore, di faticadel lavoro. Le musiche, chespesso fanno riferimento a modulie strutture arcaiche e modali,esprimono un livelloartistico/strutturale moltointeressante e durante i secoliabituato a scambiare stilemiespressivi, melodie, parole con ilbagaglio musicale e culturalecolto cosicché assistiamo allapermanenza nel mondopopolare di soggetti narrativi,canti, strumenti e forme musicali

appartenuti alla “grande cultura”dei quali quest’ultimo si èappropriato in processo dirielaborazione creativa.L’importanza di questo bagaglioculturale sta a nostro avvisonell’autenticità del linguaggio edei sentimenti espressi chetestimoniano sempre unafotografia credibile della realtà incui sono nati e si sono sviluppati,arrivando a creare anche unalingua di comunicazionericonosciuta e utilizzata in vastearee geografiche. La musiche e itesti ricevono anche una gradualerielaborazione creativa nel tempoe nello spazio, e questo spiega lediverse versioni dei brani piùconosciuti, ma non viene tradital’integrità inizialeche rimane la testimonianza diun’opera che vive di vita propria enon è fatta per “piacere” aqualcuno o per inseguire mode otendenze del momento. Questo fasi che il nostro materiale nonabbia nulla a che vedere conprodotti successivi anchedialettali, artificialmenteconsiderati “popolari” ma contiguiper nascita e utilizzazione amodelli canzonettistici diconsumo.I testi di questo abbondanterepertorio come vedremo nonsono tutti in dialetto,anzi, la maggior parte utilizzalinguaggi diversi che vanno

dall’italiano aulico antico a formedi lingue d’uso miste a idiomidialettali comuni ad areegeografiche vaste che nonparlano lo stesso dialetto nellavita quotidiana. Il dialetto quindialtro non è che uno dei “vestiti”della cultura popolare che essautilizza per arricchire al massimole proprie qualità di espressionema non è di per sé la “cultura delpopolo”.È inoltre opportuno sottolineareun altro grande problemaconnesso alla ricercascientifica della tradizione, e cheentra anch’esso in gioco neldiscorso delle diversità nondipendenti soltanto dadifferenziazioni etniche ogeografiche: l’immagine attualedella tradizione musicale èl’ultimo tassello di un mosaicoche ha visto il succedersi ditrasformazioni socioeconomiche(ancora in atto) le quali hannoportato progressivamente allascomparsa della civiltà contadina,che rappresentava il maggioresupporto di tali manifestazioniespressive, smembrandone ­ conl’emigrazione verso la città dellapianura e del triangolo industriale­ quel tessuto sociale che era allostesso tempo ambito propositivoe giustificazionale di tutte lemanifestazioni. Il materialemusicale di cui parleremo,almeno nei suoi aspetti più

SUONI E PAROLE DELLA TRADIZIONEdi Raffaele Nobile Parte 1a

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significativi, non rappresentaquindi lo svolgersi dellatradizione o un suo integralecensimento (peraltroimpossibile) ma è latestimonianza attuale di unagrande tradizione orale presentenel passato e praticataintensamente nella regione,dalla quale gli informatori ­ checon spirito di collaborazione cihanno messo a disposizione leproprie conoscenze ­ sono statiprotagonisti o spettatori o eredidiretti.La musica strumentaleAnche in Lombardia ­ come delresto in tutta la cultura popolareeuropea ­ la musica strumentaleè in diretto riferimento alladanza, facendone elemento disupporto fino all’identificazionestessa con tale funzione.Questo tipo di produzionemusicale segue gli schemimetrici imposti dalle esigenzecoreutiche e rituali, che si sonospesso intersecate conl’evoluzione e le trasformazionistrutturali­musicali alla basedell’essenza stessa dei singolibrani. Abbiamo così formemusicali diverse che hannocome titolo i nomi stessi delledanze («monferrina», «giga»,«curenta», «perigurdino» ecc.),contenenti però linguaggistrutturali molto spesso differentiper ritmo, frammenti melodici,economiaintervallare, successione dimicrostrutture e regioniarmoniche. Alcune presentanouna struttura musicale di tipoarcaico, che si richiamadirettamente al mondo dellamodalità esistente e funzionantenella civiltà colta fin dai tempipiù antichi, dove i punti diriferimento e di attrazione del

successivo discorso tonale nonesistevano o eranodiversamente distribuiti.In altri casi, assistiamo a unacommistione tra un discorsoritmico­melodico arcaico e unastruttura più moderna, cheriporta a una distribuzione piùregolare delle successioni giàmenzionate. In altri casi ancora,ci troviamo di fronte a formemusicali entrate a far parte delbagaglio della tradizionepopolare in epocherelativamente recenti, come ilwalzer, la polka, la mazurka ­forme tardo­ottocentesche diimportazione mitteleuropea, chesi sono progressivamenteaffermate e radicate in un’areacontinentale molto ampia. È danotare che i balli appena citati,pur avendo le stessedenominazioni, non hanno moltoa che vedere con i walzer, lemazurke e simili che vengonotuttora eseguiti con successo dapiccole e grandi orchestre nelcircuito del «ballo liscio»: al di làdi una comune base ritmica ledifferenze soprattutto nellastruttura sono evidenti. È unprocesso di scambio checaratterizzerà molti successiviandamenti, come vedremomeglio nella canzone: da unlato, la tradizione assimila nuoveforme a contatto con le mode e itempi che cambiano; dall’altro, imusicisti popolari operano unnuovo lavoro creativo su tuttoquesto, producendo nuovemusiche sulle forme giàmenzionate, utilizzando glistilemi e i moduli espressivipropri di un certo ambiente.In certi brani, come le curente ealcune monferrine, è chiara laderivazione da ballicantati soprattutto del generedel curentun piemontese,

aspetto questo molto diffusonella tradizione di tutta l’Italia,ove i balli popolari venivanorivestiti di un testo letterario chevia via poteva essere modificatoa seconda delle funzioni che glivenivano assegnate di volta involta.Dal punto di vista dell’analisimusicale e storica, come già siè accennato, i balli più vecchi ­monferrine, gighe e altri ­affondano le radici in un mondomusicale colto che parte dalRinascimento, e fors’ancheprima, proseguendo per ilsecolo XVII e il Barocco fino allagrande dicotomia romantica tramusica colta e musica popolare,ove alcune forme e materialiappartenenti alla prima sonorimasti ad arricchire ilpatrimonio culturale delle classisubalterne. Ci riportano alleepoche in questione gli stessinomi delle danze, e anchemolte strutture musicali sonoassai simili se non identiche aforme e opere appartenenti allagrande letteratura colta antica ebarocca.(1 ­ continua sul prossimo numero)

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I borghi solitari dellaLomellina dell'800 con leloro dimore isolate sonol'ambientazione ideale perstorie che il tempo haarricchito di particolarimisteriosi. Il buio, appenaattenuato dalla luce di unabottega o di una taverna,nasconde infinitesuggestioni che rendonotenue e fluttuante ilrapporto tra realtà eapparenza.Creaturemisteriose si muovonocome sagome indistinte edanno inquietantiappuntamenti con la morte.E quando il verosimile facapolino nella sfera delsoprannaturale, lo investedi un inquietante realismo.

Desidero narrare una storia di quel genere nellasperanza di suscitare qualche emozione se la silegge seduti in poltrona accanto al fuocoscoppiettante di un caminetto in una fredda epungente sera d'inverno.C'era un uomo che abitava vicino alcimitero di Zinasco. La sua era una casain pietra al piano di sotto e di legno alpiano superiore. Le finestre della facciatadavano sulla strada, quelle del retro sulcimitero. Un tempo era di proprietà di unacoppia di anziani, soli. Il loro unico figlio siera trasferito da tempo a Novara doveaveva messo su famiglia. La moglie, ormaivicino agli ottanta, da qualche tempo nonriusciva più a sopportare la vista delcimitero, soprattutto di notte, dalla finestradella camera da letto. Diceva di vedere...ma lasciamo perdere quello che diceva.Sta di fatto che da un po' di tempo nondava tregua al marito. Il povero vecchio,messo alle strette, acconsentì a traslocarein una abitazione nel centro del paese.La vecchia casa venne affittata ad uncerto Ambrogio Polenta, un vedovo, che civiveva da solo. Era un uomo non piùgiovane, non frequentava nessuno e ingiro si diceva che era un avaraccio, eanche un po' “ strano”. Allora (erano itempi di re Carlo Alberto) c'era l'usanza diseppellire i morti di notte,alla luce dellefiaccole: e così gli abitanti di Zinasconotarono che ogni qualvolta passava unfunerale l'Ambrogio era sempre allafinestra, al pianterreno o di sopra.

Una notte si dovette seppellire unavecchia. Era sempre vissuta da sola,abbastanza agiata, non era amata dallagente. In paese si diceva che non fossecristiana e che nella notte di Ognissantinon si trovava in casa. Aveva sempre gliocchi rossi, febbricitanti e faceva pauraguardarla. I mendicanti non bussavanomai alla sua porta.Tuttavia, alla sua morte,aveva lasciato una borsa con del denaroper la chiesa.La notte del suo funerale fuuna notte tranquilla, limpida, il cielogremito di stelle. Ma ci fu qualche difficoltànel reperire i portatori, sia della salma chedelle fiaccole, nonostante avesse lasciatodei compensi piu' alti della norma percoloro che avrebbero eseguito il lavoro. Fusepolta avvolta in un panno di lana, senzabara.Nessuno era presente tranne le personeincaricate delle esequie...e Ambrogio,affacciato alla finestra. Un attimo primache la fossa venisse ricoperta, il parroco siabbassò e gettò qualcosa sul cadavere,qualcosa che tintinnava, e disse a bassavoce qualche parola che suonava come: “con te perisca anche il tuo denaro”. Subitodopo lasciò in tutta fretta il cimitero,seguito da tutti gli altri, lasciando solo unporta fiaccola ad illuminare il lavoro dicopertura del becchino e del suo aiutante.In verità non è che avessero fatto proprioun buon lavoro e il giorno dopo, domenica,la gente del paese se la prese colbecchino, lamentando che era la tombapiù malmessa del cimitero. E a dire il vero,quando questi tornò a controllarla, gliparve in condizioni ben peggiori di comel'aveva lasciata. Nel frattempo Ambrogioandava in giro con un'aria strana: un po'esultante, un po' inquieta. Trascorse più diuna sera alla locanda, cosa del tuttocontraria alle sue abitudini, e quando glicapitava di scambiare due paroleaccennava al fatto di essere venuto inpossesso di una piccola somma di denaro,senza spiegare come, e di essere allaricerca di una migliore sistemazione.“La cosa non mi stupisce affatto – disseuna sera Pietro il fabbro – a me nonandrebbe proprio di abitare nella casa diAmbrogio. Resterei sveglio tutta la nottead immaginare chissà quali cose “. L'ostegli chiese che razza di cose. “Ma che neso, magari qualcuno si intrufola dallafinestra, o qualcosa del genere ­ rispose ilfabbro­ magari la vecchia Carolina,seppellita proprio da poco”. “ Ma va la',

dovresti avereun po' di considerazione anche per gli altri– disse l'oste­ non e' bello nei confrontidell'Ambrogio, non ti pare ?”“ Ma io nonvolevo offendere l'Ambrogio.....dico soloche una casa del genere non faper me. E poi quelle torce, quando c'e'una sepoltura, e tutte quelle tombe, cosìsilenziose quando non c'e' piu' nessuno ingiro, e c'e' qualcuno che parla di piccoleluci vaganti nel cimitero... a proposito,Ambrogio, voi ne avete mai viste ?” “ No,io non ho mai visto luci “ ­ risposeAmbrogio in tono cupo, e ordino' un altrobicchiere di vino.Quella sera Ambrogio tornò a casa tardi.La notte, disteso nel suo letto al piano disopra, con il vento che si lamentavatutt'intorno, non riusciva a prenderesonno. Si alzò e andò dall'altra parte dellacamera dove c'era un armadietto a muro,ne tirò fuori qualcosa che tintinnava e lanascose in seno alla camicia da notte. Poiandò alla finestra e gettò un'occhiata alcimitero. Dopo alcuni istanti vide qualcosache spuntava dalla terra in un punto delcimitero che lui conosceva molto bene.Provò un brivido lungo la schiena, il suocorpo tremava. Terrorizzato, corse adinfilarsi sotto le coperte, dove rimaseimmobile. D'un tratto qualcosa urtòsommessamente contro l'intelaiatura dellafinestra. Riluttante, Ambrogio diede unosguardo atterrito in quella direzione: fra luie la luce della luna si era frapposta unasagoma nera dalla testa stranamentefasciata, la stessa sagoma che avevavisto elevarsi dal terriccio poco prima.Ora, sul pavimento, udiva il sinistrorisuonare di terra secca, e una bassa voce

stridula che diceva – Dov'è ? ­ mentre deipassi andavano sue giù per la camera,passi esitanti, di qualcuno che camminacon difficoltà. Gli occhi terrorizzati,Ambrogio seguiva la sagoma scrutarenegli angoli, chinarsi per guardare sotto lesedie....alla fine la udì armeggiare aglisportelli dell'armadietto a muro. Seguì poilo stridio di lunghe unghie sui ripiani vuoti .Poi la figura si girò bruscamente, rimaseun istante ferma accanto al letto, sollevòle braccia al rauco grido di ­ ce l'hai tu! ­ Ilgiorno dopo Ambrogio fu trovato,stecchito, nel suo letto, gli occhi sbarrati,la gola solcata da impronte.

RACCON

TO PER

UNA

SERA

D'INVER

NO

diDomenicoDellaMonica

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Ammazzarsi non è da tutti; buttarsi dal quinto piano, poi,è roba da Thelma e Louise, però quello era un film e ilsalto nel vuoto di Mario Monicelli no. Per l'ennesimavolta Monicelli ci ha fregati tutti. Aveva novantacinqueanni e nessunopoteva trattarlo davecchio; adesso cheè morto nessunopotrà dipingerlocome una vittimadella rea sorte chetutti ci accomuna.Ha fatto del suodestino quello chegli è parso giusto eci ha dato unatremendadimostrazione dicoraggio. Monicelliha diretto una lungaserie di film grandi e grandissimi, dal Marchese delGrillo ad Amici Miei, dall'Armata Brancaleone ai SolitiIgnoti, opere che dopo decenni il grande pubblicoancora conosce ed ama. Il suo film più sorprendente,invece, lo conoscono in pochi, ed è un peccato, perchèRenzo e Luciana ­ questo è il suo titolo ­ mette in risaltoun Monicelli che non è soltanto il grandissimo uomo dispettacolo che tutti sanno, ma anche uno straordinarioartista visuale, aspetto che forse non è mai statoapprezzato come meritava. Il film è poco noto perchè sene sta per così dire nascosto all'interno di un'operacollettiva celeberrima ma in effetti poco vista. Si tratta diBoccaccio 70, affidato dal produttore Carlo Ponti aquattro registi affermatissimi che realizzarono non ilsolito film ad episodi ma un megafilm tutto in technicolorcomposto di quattro mediometraggi di quasi un'oraciacuno. Apparso nel 1962, Boccaccio 70 fu unsuccessone, ma non appena il film uscì dalle sale perentrare nella storia del cinema, per Renzo e Luciana(l'episodio di Monicelli) cominciarono i guai. Il primo

guaio era che a Monicelli erano stati affiancatitre pezzi da novanta ­ Fellini, De Sica eVisconti ­ che meritatamente o menogodevano più di lui dei favori della critica,tant'è che dell'episodio diretto da Visconti siscrive ancora oggi che era un capolavoro,quando ­ a dirla tutta ­ era una pallaassolutamente indigeribile. Quello di De Sica,con la Sofia Loren che alla fiera di Lugofaceva da premio vivente per una lotteriaovviamente non autorizzata da alcunministero, era una commediola licenziosa chesi fa guardare ancora con piacere, mentrel'episodio di Fellini è rimasto nell'immaginariopopolare per il micidiale coretto Bevete PiùLatte che introduceva all'impari scontro traAnita Ekberg diavolessa gigante e il moralista

piccolo piccolo PeppinoDe Filippo chevanamente tentava diopporsi al mutamentodei costumi. A benvedere, era poco più cheuna barzelletta benraccontata, ma il temaallora molto sentito el'indiscutibile abilità di unFellini che finalmenteriusciva a non prendersitroppo sul serio fecero sìche il suo episodiomettesse in ombra glialtri tre, e a farne le

spese fu soprattutto quello di Monicelli chemalauguratamente aveva il pregio di unanarrazione molto sobria ed iniziò ad esseremesso tra parentesi anche fisicamente,giacchè il film nel suo complesso era davverotroppo lungo e la televisione sovente loripropose a pezzi, programmando questo oquell'episodio e sacrificando di preferenzaproprio il piccolo film di Monicelli. Come tutti ilavori migliori del regista, Renzo e Luciana èun'opera che si fa apprezzare a molti livelli,tutti ugualmente curatissimi. C'è, percominciare, un valido soggetto che parafrasamolto alla lontana i Promessi Sposi: nellaMilano del Boom, Renzo e Luciana sisposano ma non possono farlo sapere in giroper non essere licenziati dalla ditta in cuilavorano entrambi, lei come impiegata e luicome fattorino. Lo sviluppo narrativo (a cuicontribuirono anche Giovanni Arpino e Italo

UN CAPOLAVORODIMENTICATOmodesto ma sentito omaggio a Mario MonicelliLino Maia

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Calvino) fila via che è un piacere, senza intoppi etempi morti, tanto che il film (pregio rarissimo) parefin più breve di quel che sia effettivamente, e unacolonna sonora di tutto rispetto fa la sua parte conuno struggente tema principale di Piero Umiliani, inrealtà copiato molto abilmente da Earl Bostic. Ma ilfilm, come dicevo, è soprattutto una festa per gliocchi: la fotografia è di qualità altissima, i colorisono molto belli, e le ambientazioni ­ tutte reali enon ricostruite in studio ­ sono geniali, insolite efascinose ed esaltate da una macchina da presagovernata superbamente. L'elementoscenografico più sorprendente è però l'umanità cheaffolla tutta la pellicola, perchè siamo a Milano masembra di stare in Giappone, la gente brulica e lastoria dei due sposini è anche quella del loroaffrancarsi dalla miriade di persone che stanno loroaddosso, dappertutto: negli appartamenti, infabbrica, negli uffici, nelle sale da ballo, neicinema, in piscina... Tutto questo formicaio, però,non ha niente di angoscioso o di ossessionante,anzi: la città è bellissima e mette la voglia diprogredire e di impegnarsi per cambiare. l filmfinisce con i due che si danno il cambio nel letto: luiarriva dal turno di notte e lei si alza per andare aprendere l'autobus che la porta al lavoro. Peròfinalmente sono davvero marito e moglie ed hannoun appartamento tutto loro. E' in momenti comequesto che si riconosce la mano di un maestro;bastava un nonnulla e la faccenda potevaassumere toni retorici o patetici, oppure grotteschi.E invece, niente: il dialogo è minimalista (lui è un

bel ragazzo ma tutt'altro che passionale, lei è tantocarina ma da buona milanese pensa prima di tuttoalle economie) e se c'è dell'emotività sta tutta nellabellezza delle immagini, dei colori e della musica.Si capisce che i due sono convinti delle loro sceltee non viene suggerito o sollecitato alcun ulteriorecommento: questa è la loro vita, punto e basta.Immagino che se una persona che abbia meno diquarant'anni veda per la prima volta Renzo eLuciana possa avere l'impressione di trovarsidavanti ad una specie di film di fantascienzaambientato in un qualche curioso passatoparallelo, il che in un certo senso è vero, anche sela pellicola di Monicelli è di un realismo totale,tanto che fra i moltissimi film che hanno raccontatoil cosiddetto Miracolo Italiano è forse quello che sarendere con maggiore intensità e fedeltàl'atmosfera di quegli anni. Nel 1962 io ero unbambino abbastanza sveglio per rendermi contodell'enormità dei cambiamenti che erano avvenutinei pochi anni da che ero al mondo e cheovviamente ­ come tutti, del resto ­ trovavoassolutamente euforizzanti. Si viveva nel futuro, operlomeno così ci si sentiva. E quando rivedoRenzo e Luciana mi pare di respirare ancoraquell'aria che ci faceva schizzare un po' tutti.Come si sa, però, il futuro ­ quello vero ­ è statoqualcosa di completamente diverso, e molto menoesaltante. Per dire, è stato un po' come quandoCelentano da ragazzo del juke box che era si ètrasformato nella caricatura di Fernandel cheinterpretava Don Camillo.

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1414 Esteban, le pagine 14 e 15

Vi sarà senz’altro capitato, e probabilmente più di una volta, che nel consultareuna carta geografica il vostro sguardo sia caduto su di un nutrito gruppo dinomi accomunati da qualche buffa desinenza e concentrati fitti fitti in un’areamolto circoscritta, e probabilmente vi sarete detti che da quelle parti si deveparlare un dialetto ben strano. O forse avrete addirittura immaginato che queinomi debbano risalire ad epoche lontanissime e rappresentino la solatestimonianza rimastaci di un idioma dimenticato da millenni. Difficilmenteavrete pensato all’ipotesi più verosimile (che tra l’altro è anche la piùsimpatica) e cioè che lo scrivano del monastero o del vescovo che mille anni faera il proprietario terriero più importante di quella zona, dovendo trascrivere inuna lingua che assomigliasse il più possibile al latino i nomi di tutte quellelocalità preferisse storpiarli in quel dato modo anzichè in un altro (e in un casodel genere l’opinione di uno psicologo sarebbe senz’altro più illuminante diquella di un linguista). Il problema grosso della toponomastica (che è comunedel resto ad altre discipline per così dire accessorie, come la decifrazione dellatopografia o lo studio dei cognomi) sta nel fatto che in genere ci accostiamo adessa cercandovi delle risposte che ci siamo già dati, quando invece – come intutte le cose della vita – la realtà supera di gran lunga le nostre fantasie limitatee monocordi. In più, a complicare le cose ci si mettono certi autori privi discrupoli che si servono della toponomastica in maniera a dir poco disinvoltaper cercare di dimostrare le cose più inverosimili. Insomma, per ridicolo chepossa sembrare, se la si tratta senza le dovute cautele la toponomastica è unamateria abbastanza pericolosa, e purtroppo può far danni anche quando ametterci mano sono persone serie e in assoluta buona fede, perchè è fertileterreno di coltura e veicolo di trasmissione di un gran numero di luoghi comuniquantomeno fuorvianti. Il più diffuso, lo si è appena detto, è che i toponimi sisiano generalmente formati in epoche remotissime e che abbiano sempre unospiccato carattere etnico, ma le cose stanno diversamente. Quando suldeclinare dell’alto medioevo iniziò a prendere forma l’attuale organizzazionedel territorio, anche la toponomastica fu sostanzialmente rivoluzionata. In queisecoli non solo nacque un gran numero di nuovi toponimi legati al gradualeallargamento delle aree coltivate, ma anche quelli più antichi subirono soventesignificative metamorfosi. In questo processo il ruolo delle chiese e deimonasteri, in quanto grandi e grandissimi proprietari terrieri, fu determinante.Inventariati in un latino approssimativo che ogni soggetto in grado di scriverereinventava a suo piacimento, i toponimi assunsero forti caratterizzazioni localiche però in larga misura occultarono quelle preesistenti. Ben di rado untoponimo antico è stato adottato dalla parlata locale senza essere primapassato attraverso il filtro di una scritturazione più o meno fedele alla suafisionomia originaria, e questo appare abbastanza logico se solo si pensa allamaggiore longevità delle istituzioni che governavano e amministravano ilterritorio rispetto a quelle delle persone che lo popolavano. Detto in soldoni, agarantire la continuità del nome di un luogo non era tanto la memoria storicadei suoi abitanti (molto più labile di quel che si ama favoleggiare) quantopiuttosto il registro dei tributi, che lo tramandava nella forma stabilita da chicomandava, ed è innegabile che esista una sorta di araldica toponomatica,giacchè attraverso le differenti formattazioni scritturali ogni Autorità assegnavadi fatto una particolare coloritura ai nomi dei luoghi che le erano sottoposti.

di Guido Giacomone

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Il gruppoH5N1 nascedall’idea didue studentiuniversitari nelsettembre2005, didiffondere informaanonima lapoesia nelle

città e costituire cosi , uno stile ed unaforma di poesia, con la quale descriverele persone e i tempi della vita, adattandolialla diversità degli spazi cittadini.H5n1 hanno cominciato a Pavia, ma poi lepoesie del loro gruppo si sono diffuseovunque. Il web racconta dei lororitrovamenti a Milano, Piacenza, Brescia,Pisa, Bologna, Oslo, Dublino, Barcellonae Lisbona.Il loro nome? E’ la metafora di unapandemia di rime che si diffondeovunque, rime abbandonate nei cortilioppure nei luoghi abbandonati oppureincollate su muri ricchi di storia e diincontri.Un giornalista del Corriere della sera,Maurizio Cucchi, aveva parlato di loro, e diloro aveva detto:«Vogliono comunicare con la parola cherealmente parla, una parola che cerca unaverità nella forma della poesia.»Se gli chiedi di raccontarti perchè crearepoesia che parla dai muri della città tirispondono così: e forse questo è anche illoro manifesto artistico:“Certi muri sono poetici e degni di poesia.Alcuni, in particolare, non hanno bisognodi nessuna parola e sembrerebbero fareper conto proprio: quelli di mattoni rossi,per esempio, oppure quelli morbidi appenaintonacati che ti ci vorresti rotolare, quelliche hanno visto passare Napoleone e poitutti i muri di pietra e di marmo, e di edera.Può la parola distinguere una goccia di

pioggia da una lacrima, da uno schizzo disudore o di rugiada, o da un sempliceriflesso della luce che scherza con ilcristallino? Il chimico dovrebbe misurarnela componente salina, il filosofo laschiaccerebbe imponendole il pesodell’universo, il pittore forse preferirebbeingabbiarla in un puntino bianco, tornandoa dedicarsi alla sua eterna lotta con laluce. E il poeta? Comprendere la naturadella goccia senza distruggerla. O crearleuna nuova natura, instillargliela dinascosto. Tradurre la goccia in linguaggio.Questo è poesia. Non esistono versi facilio difficili perché più o meno comprensibili.La poesia è una lingua totalmente “altra”,aliena, che tutti possediamo, nascostanelle profondità del lobo limbico. È fatta dasuoni che scivolano nella cocleapizzicando le frequenze a cui vibrano lefibre di quelle profondità.”Ma noi del Villaggio volevamo saperne dipiù, per questo li abbiamo scovati nelleprofondità del Web e li abbiamo interrogati.Un giorno abbiamo visto a Pavia alcunevostre poesie appiccicate sui muri e,allora, abbiamo pensato che anche nellanostre piccole città di provincia, dove ilconsumo la fa da padrone e le proposteculturali sono sempre rare, sarebbe statobello fare qualcosa di analogo. Per darenuova vita e complicità alle strade, allepiazze. Ma come avete iniziato e come viè venuta questa idea?“Non si tratta di una idea nuova, non sitratta neppure di una idea. Continuiamo anon capire come le persone possanoarrivare a stupirsi: sui muri è possibiletrovare di tutto. Pubblicità, sesso, politica,religione, informazione. Non dovrebbeessere insolito incontrare ancheletteratura. Sono molti gli esempi delpassato in cui proprio la letteratura trovaposto sui muri. Piuttosto, diventa sempremeno tollerabile per noi l'essere

considerati quasi esclusivamente per ilgesto, per la trovata, per l'aspettoromantico/ribelle/anticonformistadell'appicicare poesie sui muri di notte,piuttosto che per i testi che scriviamo:questa intervista ne è l'ennesimadimostrazione.Qualcuno dice che non siete più attivi"sulla piazza" che il sistema vi ha "uccisi".Oppure in realtà esistente e lavorateancora e allora quale narrazione creativastate inseguendo?Nell'ultimo anno si sono sovrapposti, atutto il resto, il lavoro quotidiano inospedale e la ricerca scientifica, chelasciano meno spazio alle uscite notturne.Prosegue invece l'attività intellettuale diricerca (questa volta, umanistica) e studiosu cui si basano la produzione poetica e iprogetti del gruppo. Per cui, l'aspettoformativo (letture, viaggi, teatro, cinema,incontri,…) prosegue senza tentennamentie parte di questo daffare è rivolto allapoesia d'amuro. Prosegue anche lascrittura di testi. Riguardo all'appiccicare dinotte, abbiamo deciso in via definitiva dievitare di farlo a Pavia e stiamo cercandonuove città per un nuovo inizio.Ci raccontate, per il nostro giornalino, unastoria divertente che vi è accadutaspargendo poesie per il mondo, ovvero ciregalate un poesia vostra che parla dellavostra voglia di raccontare e raccontarsi?La notte, alle due, in periodo pre­elettorale, trovarsi a discutere di poesia epolitica con un poliziotto sospettoso eincazzato in Strada Nuova. Una poesia diun metro per uno aperta sul cofano dellavolante.Queste notti, queste notti insonniche non riusciranno più a esserecosì pienamente vive quando lunghiocchi aperti nella notte, e ressedi pensieri e prostate e funghivelenosi, e figli e messe

SPARGEREPOESIA

di Adriano Arlenghi

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Esteban, le pagine 16 e 17

TREPOETIRUMENI...

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Când toate trec şi­mbătrânescO! poezie, pe când toate în lume trec şi­mbătrânesc,Când nu mai sunt nici eu băiatul cu inimănevinovată,Când zilele copilăriei sunt o ghirlandă scuturată,În mine iar te regăsesc,O! Poezie.Te regăsesc şi tot aceeaşi: cu tinereţe coronată;Tot călătoare printre stele, sau din nălţimea înstelatăTot coborând şi printre oameni şi rencepând sărăscoleşti,O! Poezie,Tu singură nu­mbătrâneşti.

Quando tutto nel mondo passa ed invecchia.O! poesia, quando tutto nel mondo passaed invecchia,Quando non ci sono neanche io ragazzocon il cuore innocente,Quando i giorni dell'infanzia sono unaghirlanda spolverata,Dentro di me ti ritrovo ancora,O! Poesia.Ti ritrovo e sempre la stessa: con gioventùcoronata;Sempre viaggiatrice tra le stelle, onell'altezza stellataSempre a discendere tra gli uomini, aricominciare a mescolare,O! Poesia,Tu da sola non invecchi.

Alexandru Macedonski ( 1854­1920) è statoun poeta e romanziere,commediografo,direttore di club letterari e pubblicistarumeno. La sua poesia è eclettica ed haelementi di parnasianismo, simbolismo eromanticismo.

per noi che si muore, ci farannougualmente insonni, come si stesseaspettando qualcosa da un quotidiano capodanno.Queste notti, quelle notti di poesia d'amurocosì piene di umano e lanciate nel buioe sfrecciate per le strade piene di nessuno:tutte queste notti, come l'attuale di cui houn malinconico ricordo. Alle due e unodel quattordici maggio duemiladieciqualcosa è passato ed era così bello:quando la poesia si mette a far le vecidella vita e c'è tutto quanto serva: il castello,la regina, i versi, i fuochi d'artificioe gli artificieri, i pompieri, il monelloche spacca i vetri, e una interminabilelontanissima mattina.Che significato ha la poesia e la vostra poesiamurale in particolare nella società liquida di oggi,quella che sostiene il sociologo Baumann?E' una delle forme di lentissima ribellione. Nellasperanza che una poesia letta da qualcuno oggipossa contribuire (minimamente) a formare unaconsapevolezza maggiore domani. E che questocrearsi acquisisca carattere di fiumana, come dicevaPelizza da Volpedo: “La mia aspirazione all’equitàmi ha fatto ideare una massa di popolo, di lavoratoridella terra i quali intelligenti, forti, robusti uniti,s’avanzano come fiumana travolgente ogniostacolo…” Ricontestualizzando, proprio la nostrapoesia acquisisce caratteri di estrema equità.Inoltre, la battaglia nei confronti della società deiconsumi e della società dello spettacolo va fatta. E'una battaglia perduta, ma va fatta, a partire da ogniproprio singolo comportamento, che dovrebbeessere mai lasciato al caso o a un istintocomandato. Anche qui, di nuovo, la poesia assumeun significato di estrema, totale libertà sia neicontenuti sia nell'utilizzo multiforme del linguaggio.Che dire ancora? Buona fortuna H5n1,continueremo idealmente anche noi a spargere suimuri del nostre grigie città pensieri. Che la poesia, labellezza, la tenerezza, il sogno, l’attesa abbianolunga esistenza!

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Singura pielede atâtea ori ar fi trebuit să vorbimastăzi plutesc în tăcerea aceasta ca un galioncu echipajul decimat de holeră.nu vreau pânze noi nici o altă busolă mai degrabăaruncă­mă­n aersparge ferestreleam nevoie de tine ca de singura piele în care mai potsă­mi întorcdimineaţa spre nord.

Dispersiesuntem copiii nisipuluispuse ea într­o zidespletindu­şi cuvintele peste rănile luicurgeau fluturi scrumpăsări scrumaerul foşnea pârjolit era una din acele secundecând şarpele îşi înghite coadaîn somnapoi s­a prelins dintr­o tăcere în altaalcătuind cercuri largitot mai largi

Adriana Lisandru:nata il 5 settembre 1971. Debutto editoriale nel 2007 presso la Casa Editrice Arania Braşov con ilvolume "De­a Baba Oarba".Ha pubblicato poesie in diverse riviste: Agerro (Stoccarda), Singur(Târgovişte), Feed­Back( Iaşi),Astra (Braşov), Verso (Cluj­Napoca), Caiete Silvane (Zalău).Apparsa nelle antologie "Freamăt de Dor"(Casa Editrice: 3D, 2008) e Virtualia 2008 (Iaşi)Ha in preparazione un nuovo volume, "Scara de păpădie".

L'unica pellemolte volte avremmo dovuto parlareoggi galleggio su questo silenzio come ungaleonecon l'equipaggio decimato dal coleranon voglio nuove vele né un'altra bussolapiuttosto gettami nell'ariaspaccare le finestreho bisogno di te come l'unica pelle in cui riescoa ritornareil mattino verso nordDispersionesiamo bambini di sabbiadisse lei in un giornoscarmigliandosi le parole sulle feritescorrevano farfalle cenereuccelli cenerel'aria frusciava bruciata era uno di quei secondiquando il serpente si mangia la codanel sonnopoi ha gocciolato da un silenzio ad altroformando cerchi larghiancora più ampi

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Esteban, le pagine 18 e 19

CitadelaCu ţipăt de şoim vor trece unele zile,se vor adânci aleneîn păduri imerse de vareci,sub luciul apei mieriisurdestradele de umbrevor desena harta unei cetăţide necucerit.Porţile ei le vor păzi străjeriîn haine de lupi veghetoriai argintului lunii.Vom număra zile de sareşi vom număra căzuţii eroi din tranşeele harfei,de pe fronturile lepădate de glorii.Va rămâne un cântec neauzit,va rămâne un văl de purtatcând va fi iarnă în cer.

ÎmblânzireÎn partea stângămi­a răsărit un arbore,o fântână mi s­a săpatîn palmă,în ochi mi­a crescut o pasărece nu mai conteneşte din zbor,ce nu mai conteneştedin cântec.În gestul tăuera o toamnăce întârzíe în frunzecăderea ceruluidin copaci.Trupul zilei era îmblânzit,uitasem demult întrebareaal cărei răspunsîl mai caut.

OglindaTăcute ape îţi întindeau aşteptareacu aripi prelungi,desen spiralatpe o rază izbită de marmuri,ochii tăi ­ fântâni de gândurise dezbrăcau de pământdincolo de lucruri,labirint spre oceane de suflet,oglinda răbdării talestrăvezii.

La cittadellaCon il grido del falco passeranno alcunigiorni,sprofonderanno lentamentenelle foreste immerse di alghe,sotto la luminosità dell'acqua blusordele strade d'ombradisegneranno la mappa di una cittàinespugnabile.Le sue porte saranno protette daguardianiin abiti di lupi custodiall'argento della luna.Conteremo i giorni di salee conteremo gli eroi caduti in trincee diarpedai fronti negati di glorie.Rimarrà una canzone inaudita,rimarrà un velo da indossarequando ci sarà inverno nel cielo.AddomesticareNella parte sinistrami ha germogliato un albero,mi ha scavato un pozzoin palmo,negli occhi mi è cresciuto un uccelloche non cessa "al volo",che non cessadal canto.Nel tuo gestoc'era un autunnoche ritardava nelle fogliela caduta del cielodagli alberi.Il corpo del giorno era addomesticato,avevo dimenticato da tanto tempo ladomandala cui rispostacontinuo a cercare.Lo specchioSilenziose acque ti estendevano l'attesacon ali prolungate,disegno di spiralisu un raggio colpito di marmi,i tuoi occhi ­ fontane di pensierisi spogliavano di terraal di là delle cose,labirinto verso gli oceani dell'anima,lo specchio della tua pazienzatrasparente.

Calin Samarghitan,nato nel 1969 a Sibiuin Romania, laureain Teologia presso laFacoltà di Teologia aSibiu nel 1996, titolodi Dottore inTeologiaall'Università "BabeşBolyai" di Cluj­Napoca nel 2000.Laurea della Facoltadi Lettere a Sibiu nel2001. E' statoredattore capo dellarivista letterare“Gândirea” ( Ipensieri ) nel 1994­2004. Ha pubblicatooltre cinquantaarticoli e studi dispecialità inter etransdisciplinari,critica letteraria,critica della critica ecronaca del libronelle riviste egiornali di Sibiu. Dal2010 è redattore algiornale "Telegrafulromân" di Sibiu.Membro fondatoredel "Club Argotico" aSibiu, èorganizzatore delleserate poetiche "LeSerate Argotiche" apartire dal 2005.Tra i libri pubblicati:"Così com'è, non è"(poesie, 2002)"Fardad" (poesie,2009).Le sue parolevibrano in ogniverso. Sono dellescintille che siaccendono edilluminano la suapoesia.

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...EUNAPOETESSASALENTINA

Danie

laD'Er

rico8/6/1984 Piazza della Vittoria n. 1Quando riprendo a scrivere,vuol dire che non vivo?E su chi vomitarlaquest'angoscia(se non su un foglio bianco),visto che ormai il mio stomaconon vuol più sapernee, se gli infilo in frettadolci,panini e frutta,si incazza,si dilata,urla più dell'angosciae minaccia di scoppiare?Piacciono più le magreo quelle dimagrite?Le grasseo quelle da far ingrassare?Le oche le inchiodano nei piedie le ingozzzanoper ottenere un dolcissimofegato steatosicofrancamente perfettoper un patèsquisito e favoloso.6­7­84 Certe balenevogliono ridurle all'ossoper farne amuleti e “pettinesse”.Funzionasse davveroa dar fortunae a pettinare­spettinareanche i pensierisotto una chioma bruna.

TempiPassato prossimosferza.Sfumaimperfettonel ricordo.Ed incontrarsinon ha più presentenel nostro coniugarroseo e distratto.... anche il futuroè solo ragnatela.

Campagna salentinaGuarda:mi muovo benesulle ginocchia piegata­ quasi feto ­in perfetto slalomdove ogni portas'apresopra un ricordoe dietro un desiderio.24 maggio 1978 (a casa ...)Sento ...Tocco profumi che sono solo mieiGallopoli sempre lì:sugli scogli (la coda nell'acqua)ho atteso Ulisse senza cantare.Una fragola in bocca(dolcissima);poi un volto è entrato dal passato.Il cuore­ non volevo ­lo ha guardato...Presagio­sintomoIl trenta di gennaio ottantaquattroalle ore quattordici e quaranta,un orologio slavo(adolescenza­liceo di un caroamore)dopo un anno di vita sul miopolsobloccando le lancetteha chiesto: “Posso?Fermermi un momento ariposare?O dovrei sempre in questo modoandare?”E il polso, liberato, gli ha risposto:“Sgranato è l'ingranaggio?Finalmente!Non ti rimetto a posto neanche undente.Domani dormirai dentro uncassetto.Ormai hai finito di tenermistretto.”

Gallipoli n. 1Ondebaroccosuonisciegabbianiinfanzievite curve barbutedentro al vento.Nell'ora dolce(mare cielo rosso)innamorata abbraccioquanto posso.

Punti di domandaChe siano i sognipre­post­am­monitori?La sveglia­catapulta del mattino?Le attese e le prese della sera?Il poco sonno assai poco voluto?Smagnetizzato il nastro diVecchioni?I quid i plus?Gli aggiornottamenti?Il tempo pienodefinitoinfinitoindefinito(forse solo) finito?Qualcuno lo sa benequanto valela confusionee il vuoto mio mentale?O che si trattiin fondo, poi,solo di ...quello?!Allucinare(come donna)è bello.

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Daniela D'Errico è nata aGallippoli. Vive a Galatinadove esercita la professionedi medico. Ha vissuto diversianni a Pavia.Le poesie sono tratte dalvolume "Allucinare è bello".Da poco è uscito un nuovovolume di poesie: "Echi caldidi azzurro"

Ad Antonio (11 anni) figlio di emigrantiSe ti pensoriesco solo a piangere – incazzata! ­Invece, dovrei esserecome tuo padre a tremila chilometrisu di un impalcaturaintorno ad una casa tedesca.Forse, poteva esserci luia giocare, a sculacciarti,a evitarti quelle ruote sul corpo.Se Natale non viene ogni giornoè colpa di tutti;e quel giorno non era Natale.Se in bici pedali ad occhi chiusiforse, lo vedi, con le manigrandi, brune, incallite,piene di cioccolatasulla soglia di casa;ma non vedi il rossoal semaforo nuovo.Prima delle elezionila D.C. riempie Galatinadi asfalto, di luci, di semafori;di manifesti con le strisce nere.

Per te l'8­01­1998E ancora cerco versiper animare fogli.La vena è inaridita?!Forse la mia poesiavuole restare vitalasciandomidi stuccocon la matita in manonel tentativo vanodi rivoltare in versiil verde dei tuoi occhi.

Esteban, finito.

Domenica 12/12/2010:CAMMIN FACENDO

Camminare lungo le strade sterrate della Lomellina, ed èquello che fanno i lunatici, strani essere generatidalla'associazione culturale Il Villaggio di Esteban diMortara,ogni mese, è certo utile per scoprire la lentezza,le radici, le sfumature, la bellezza del silenzio, il respiro dichi ti sta accanto, i suoni della natura, i ritmi del temponaturale che non conosciamo più in questo mondo invasoda computer e luci sempre accese. Dominate dalle mercie dalla scarsità di altri beni, quelli relazionali ad esempio.Poi però viene dicembre, il freddo ci tiene in casa, con ilpiumone addosso e la stufa carica di legna scintillante.Dicembre tuttavia è per noi del villaggio anche il tempodell'evento dell'Avvento, iniziativa che ogni anno vuoleraccontare una associazione che in un mondo sempre piùdi esclusione e di competizione lavora per gli altri, magarigratis in un tempo in cui tutto ha un prezzo.Quest'anno èstata scelta la 3A (Associazione Amici Anziani)Così abbiamo inventato una serata per parlare del cammino, in questo caso di un cammino che sisvolge dentro la nostra anima più profonda, mettendoci dentro i nostri sogni, le nostre esperienze e laricerche di una narrazione diversa dell'esistente.Il “lomellino” Prof. Francesco Corbetta, già ordinario di Botanica all’Università dell’Aquila non potendopartecipare direttamente è intervenuto con uno scritto che vi proponiamo. Lo ringraziamo di cuore:Voglio partecipare alla iniziativa di dicembre della vostra associazione, ma causa problemi disalute, lo posso fare solo scrivendo.Un amico, vecchio come me e assai saggio, sostiene che nella orrenda vecchiaia, si soffretanto più laddove maggiormente si è goduto nella vita. Io nella vita ho apprezzato soprattuttodue cose: la buona tavola, e in questo campo, denti a parte, me la cavo ancora abbastanzabene, e il cammino.Quanti cammini ho fatto! Da bambini, qui a Mortara, il pomeriggio della domenica eradedicato, con un compagno di scuola e i rispettivi padri ad una lunga passeggiata dalla cittàa Sant’Albino e da li nelle ampie distese sabbiose, sino all’Asilo Vittoria e ancora fino al tiro asegno dove poi recuperavamo energia nel terrapieno, raccogliendo le pallottole chevendevamo poi allo “strasè”.Numerose poi e lunghe le passeggiate e le escursioni botaniche in vari luoghi del nostroPaese, spesso privi di strade, per cui le camminate risultavano particolarmente lunghe e,allora, si cercava di farle..in discesa.In quali luoghi? Infiniti i posti. A Capraia, ad esempio, o ancora sopra la città di Amalfi, nellostupendo vallone delle Ferriere alla ricerca della bellissima felce Woodwardia radicans.O ancora sempre a proposito di felci rare sulla vena del gesso romagnolo alla ricerca dellaCheilanthes persica. Non era del tutto sparita e io la ritrovai.Oppure nei dintorni dell’Aquila, alla ricerca dell’endemico Goniolimon italicum, con la gioiasuppletiva, magari ritornando in città di incontrare un plotone di alpini.Assai suggestivo invece il Golfo di Oristano con i suoi innumerevoli stagni costieri.Una volta nell’attraversare uno stagno, il Sale Porcus, completamente secco, percepiinettamente la sensazione del film Deserto Rosso di Antonioni.A Mistrao invece di acqua ce n’era ancora e in mezzo, intenti nel loro certosino lavoro difiltraggio delle acque “pascolavano” folti stormi di fenicotteri.Innumerevoli poi le puntate in Basilicata sul monte Volturino e nella terra di Calvello o nellecampagne aretine. O nell’aspro ambiente della valle di Benevento, nei dintorni di Pisticci e diFerrandina per studiare le piantine di Ligeum Spartum, una graminacea nordafricana che sispinge fin qui!La notte. La notte nella mia intensa attività onirica ho due temi ricorrenti: il primo è il ritornoall’insegnamento all’Aquila dove mi perdo nei lunghi corridoi del mio dipartimento.Il secondo è che cammino, e cammino speditamente lungo le strade d’Italia . Ma la realtà èben diversa!Francesco Corbetta