essere il pensiero, non è soltanto qualcosa di essenzialmente · Perché il pensare risulta...

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7-1-2015 /…/ viene contrapposto all’essere il pensiero, non è soltanto qualcosa di essenzialmente diverso dal divenire e dall’apparenza ma anche la direzione dell’opposizione è essenzialmente diversa. Il pensiero si colloca in guisa tale di fronte all’essere che questo gli risulta pro-posto e pertanto gli si oppone come un oggetto (Gegenstand)(sta dicendo che rispetto all’essere il pensiero è un oggetto semplicemente) Ogni comprensione in quanto costituisce un modo fondamentale di apertura si muove necessariamente in un determinato campo di osservazione (questa cosa ad esempio l’orologio) ci rimane preclusa in ciò che essa è qualora non si sappia previamente che cosa sia il tempo, il tener conto del tempo, la misura del tempo (sta dicendo che per sapere un qualche cosa devo già sapere molte altre cose) il campo di osservazione di ciò che osserviamo deve risultare già in precedenza aperto, noi lo designiamo come campo preliminare di osservazione (quando lui parla di “esserci” parla di questo, cioè che l’uomo è quello che è in relazione a tutto ciò sa, che ha imparato, che desidera, che detesta, tutto ciò che lo riguarda compreso tutto ciò che ha acquisito è all’interno di questo orizzonte che può comprendere che cos’è questo aggeggio qua perché sa un sacco di cose) noi lo designiamo come campo di osservazione, come prospettiva, si chiarisce così che non solo l’essere non è compreso in modo indeterminato ma altresì che la comprensione determinata dell’essere si muove già essa stessa in un campo di osservazione previamente determinata, la cosa vale per l’essere (anche quando parliamo di essere siamo già inseriti all’interno di un mondo senza il quale non ci sarebbe mai venuto in mente di chiederci che cosa sia l’essere) Il pensiero reca qualcosa davanti a noi, ce lo rap-presenta, questo “rap-presentare” deriva pur sempre da noi, è un libero disporre ma non arbitrariamente bensì è in un certo modo obbligato che noi rappresentando pensiamo il rappresentato, lo ponderiamo smembrandolo, scomponendolo e poi ricomponendolo, inoltre pensando non ci limitiamo semplicemente a rappresentarci ossia a porci davanti noi, da noi stessi, qualcosa, a smembrarlo perché resti smembrato ma riflettendoci sopra noi seguiamo il rappresentato, non lo accettiamo semplicemente come ci capita ma ci volgiamo a scoprire, per così dire, quello che c’è dentro, là giunti ci rendiamo conto della cosa, ce ne facciamo un concetto, cerchiamo il generale (sta dicendo che cosa accade quando uno incomincia a riflettere su qualche cosa. lo smembra, dice lui, lo suddivide per analizzarlo) Fra i caratteri indicati di ciò che si suole chiamare “pensare” ne rileveremo anzitutto tre: 1) la rappresentazione che proviene da noi, considerata come un comportamento dotato di libertà propria (cioè il modo in cui mi rappresento la cosa) 2) la rappresentazione concepita come ricongiungimento che si opera attraverso uno smembramento (prima lo colgo a modo mio, dopo di che lo faccio a pezzetti per vedere di che cos’è fatto, come facevo io da piccolo con le robe, che le smontavo poi non sapevo più rimontarle e poi cogliere rappresentativamente il generale, cioè lo colgo intanto poi lo smembro e poi lo rimetto insieme) 3) cogliere rappresentativamente il generale. A seconda della cerchia in cui si svolge questo

Transcript of essere il pensiero, non è soltanto qualcosa di essenzialmente · Perché il pensare risulta...

7-1-2015

// viene contrapposto allessere il pensiero, non soltanto qualcosa di essenzialmente

diverso dal divenire e dallapparenza ma anche la direzione dellopposizione

essenzialmente diversa. Il pensiero si colloca in guisa tale di fronte allessere che questo

gli risulta pro-posto e pertanto gli si oppone come un oggetto (Gegenstand)(sta dicendo

che rispetto allessere il pensiero un oggetto semplicemente) Ogni comprensione in

quanto costituisce un modo fondamentale di apertura si muove necessariamente in un

determinato campo di osservazione (questa cosa ad esempio lorologio) ci rimane

preclusa in ci che essa qualora non si sappia previamente che cosa sia il tempo, il

tener conto del tempo, la misura del tempo (sta dicendo che per sapere un qualche

cosa devo gi sapere molte altre cose) il campo di osservazione di ci che osserviamo

deve risultare gi in precedenza aperto, noi lo designiamo come campo preliminare di

osservazione (quando lui parla di esserci parla di questo, cio che luomo quello

che in relazione a tutto ci sa, che ha imparato, che desidera, che detesta, tutto

ci che lo riguarda compreso tutto ci che ha acquisito allinterno di questo

orizzonte che pu comprendere che cos questo aggeggio qua perch sa un sacco

di cose) noi lo designiamo come campo di osservazione, come prospettiva, si chiarisce

cos che non solo lessere non compreso in modo indeterminato ma altres che la

comprensione determinata dellessere si muove gi essa stessa in un campo di

osservazione previamente determinata, la cosa vale per lessere (anche quando

parliamo di essere siamo gi inseriti allinterno di un mondo senza il quale non ci

sarebbe mai venuto in mente di chiederci che cosa sia lessere) Il pensiero reca

qualcosa davanti a noi, ce lo rap-presenta, questo rap-presentare deriva pur sempre

da noi, un libero disporre ma non arbitrariamente bens in un certo modo obbligato

che noi rappresentando pensiamo il rappresentato, lo ponderiamo smembrandolo,

scomponendolo e poi ricomponendolo, inoltre pensando non ci limitiamo

semplicemente a rappresentarci ossia a porci davanti noi, da noi stessi, qualcosa, a

smembrarlo perch resti smembrato ma riflettendoci sopra noi seguiamo il

rappresentato, non lo accettiamo semplicemente come ci capita ma ci volgiamo a

scoprire, per cos dire, quello che c dentro, l giunti ci rendiamo conto della cosa, ce ne

facciamo un concetto, cerchiamo il generale (sta dicendo che cosa accade quando uno

incomincia a riflettere su qualche cosa. lo smembra, dice lui, lo suddivide per

analizzarlo) Fra i caratteri indicati di ci che si suole chiamare pensare ne

rileveremo anzitutto tre: 1) la rappresentazione che proviene da noi, considerata come

un comportamento dotato di libert propria (cio il modo in cui mi rappresento la

cosa) 2) la rappresentazione concepita come ricongiungimento che si opera attraverso

uno smembramento (prima lo colgo a modo mio, dopo di che lo faccio a pezzetti per

vedere di che cos fatto, come facevo io da piccolo con le robe, che le smontavo

poi non sapevo pi rimontarle e poi cogliere rappresentativamente il generale, cio

lo colgo intanto poi lo smembro e poi lo rimetto insieme) 3) cogliere

rappresentativamente il generale. A seconda della cerchia in cui si svolge questo

rappresentare, a seconda del grado di libert, a seconda della perspicacia e sicurezza

dellanalisi, a seconda della portata del cogliere il pensiero, pu risultare superficiale

oppure profondo, vuoto o pieno di contenuto eccetera, da tutto ci non possiamo ancora

per altro inferire per quale ragione proprio il pensiero debba pervenire a quella

accennata posizione fondamentale nei confronti dellessere, il pensiero una delle

nostre facolt accanto al desiderare, al volere, al sentire, noi siamo in rapporto con

lessente per mezzo di tutte le nostre facolt e modi di comportamento e non solo per via

del pensiero (il tatto per esempio) ma la distinzione di essere e pensare designa

qualcosa di pi essenziale del semplice rapporto allessente, questa distinzione si

origina da una primitiva intrinseca appartenenza allessere stesso di ci che viene

distinto e separato (ci che io comincio a comprendere, a cogliere prima ancora di

smembrarlo e di raggrupparlo qualche cosa che deve essere, questo essente ha

alle spalle, come abbiamo visto la volta scorsa, lessere, per cui occorre

primariamente che ci sia lessere perch io possa comprendere qualcosa) la formula

essere e pensare designa una distinzione che per cos dire richiesta dallessere stesso:

una siffatta intrinseca appartenenza del pensiero allessere non si desume certamente

dalle caratteristiche del pensiero fin qui prodotte, perch? Perch noi non ci siamo

ancora fatta una sufficiente idea del pensiero, ma da dove possiamo ricavarla?

Chiederci questo fare come se non esistesse da secoli una logica, essa la scienza del

pensare, la dottrina delle regole del pensare le forme del pensato, essa inoltre,

nellambito della filosofia, la scienza e la disciplina in cui punti di vista o indirizzi che

esprimono una concezione del mondo hanno poco o nessun peso (cio dice la logica di

per s non ha molto a che fare con i giudizi di valore, con il bello, il brutto

eccetera) inoltre la logica considerata una scienza sicura e degna di ogni fiducia, da

sempre essa insegna la stessa cosa / poi dice/ che la logica ci libera da ogni

preoccupazione di indagini complicate sullessenza del pensare (sembra quasi qui

porla come una sorta di algoritmo, uno lo segue e va avanti tranquillo) vorremmo

non di meno avanzare ancora una domanda che significa logica?, il termine

unabbreviazione per pistmh logic (cio scienza del lgos, abbiamo visto

pistmh la scienza e lgos designa qui la proposizione) la logica dovrebbe

tuttavia essere la dottrina del pensare, perch mai allora essa scienza della

proposizione? Perch il pensare risulta determinato a partire dalla proposizione?

Perch? cosa che non si comprende affatto da s, abbiamo prima spiegato il pensare

senza rifarci alla proposizione, al discorso, la riflessione sullessenza del pensare per

conseguenza qualcosa del tutto particolare se essa si compie come riflessione sul lgos e

finisce per diventare una logica, la logica e il logico non possono affatto essere

considerati cos come sono, assolutamente come se fossero senzaltro i modi di una

determinazione del pensare. // non che si voglia rinnegare il logico, nel senso del

correttamente pensato (questo ci che si intende generalmente con logica cio

pensare correttamente) al contrario proprio per servire il pensiero che cerchiamo di

raggiungere ci da cui si determina lessenza del pensare ossia l e la , lessere come non latenza, quello che proprio attraverso la logica andato perduto, da

quando dunque esiste la logica che ancor oggi governa il nostro pensiero, il nostro dire,

e che dallorigine interviene essenzialmente a determinare la concezione grammaticale

della lingua, e per conseguenza la posizione fondamentale dellOccidente riguardo al

linguaggio? (da quando dunque esiste questa cosa? quando che ha inizio la

formazione della logica?) dal momento in cui la filosofia greca perviene alla sua fine e

si trasforma in un affare di scuola, di organizzazione, di tecnica, questo incomincia

con lh, lessere dellessente appare come idea e come tale diventa oggetto

dell episteme (quindi questo che ha fatto il pensiero occidentale ad un certo

punto ha posto lessere dellessente come idea e questa idea lha posta come

loggetto, loggetto dellepisteme, quindi come ente) La logica ha bisogno essa stessa

che si spieghi la sua origine e si giustifichi la legittimit della sua pretesa a costituire

linterpretazione determinante del pensiero, (sta cercando cio lessenza, il

fondamento della logica. Questo potrebbe essere un problema per esempio se si

considera laspetto particolare su cui lavora Severino della logica e cio il principio

di non contraddizione, unobiezione che potrebbe fare Severino rispetto, come

abbiamo visto peraltro, allidea di trovare il fondamento della logica e quindi del

principio di contraddizione (ukasiewicz) e che per fare questa operazione

necessario previamente il principio di non contraddizione) necessario considerare

i seguenti quesiti: 1) perch poteva e doveva sorgere nellambito della scuola platonica

una cosa come la logica? 2) perch siffatta teoria del pensiero si presentata come

dottrina del lgos, nel senso della proposizione? 3) su che cosa si fonda dopo di allora

la potenza ogni ora crescente del logico, potenza che trova la sua espressione conclusiva

nella seguente frase di Hegel il logico la forma assoluta della verit, anzi di pi, la

pura verit stessa (Enciclopedia) in forza di questa preminenza del logico che

Hegel chiama a ragione veduta logica quella disciplina altrimenti comunemente

denominata metafisica. La sua scienza della logica non ha niente a che fare con

un trattato di logica del tipo consueto. // Dopo aver cos caratterizzato la distinzione di

essere e pensare (e cio la distinzione che ha fatto quella della logica, diceva

prima che appare come idea quindi come oggetto eccetera) Come si presenta la

originaria unit di essere e pensare come la stessa di e lgos? (cio dellessere e della proposizione? Cio questa unit come si presenta? Poi, come si produce la

originaria contrapposizione di lgos e di prima? La domanda lunit, poi la contrapposizione) 3) come si giunge allemergere e al presentarsi del lgos? Come il

lgos (il logico) diventa lessenza del pensare? Come giunge questo lgos, quale

ragione e intelletto a esercitare il suo predominio sullessere fin dai primordi della

filosofia greca? (per Heidegger questo predominio del lgos sulla e nella filosofia

compare gi, gi presente in Platone e in Aristotele) Allora cominceremo con

lassodare che se vero che la contrapposizione di essere e pensare una

contrapposizione intrinseca e necessaria, essa deve risultare fondata in un originario

appartenersi di ci che risulta in seguito diviso (cio originariamente queste due cose

si appartengono dopo di che avviene una divisione, per originariamente sono la

stessa cosa) la nostra domanda sullorigine di questa divisione verte quindi e in pari

tempo, e prima di tutto, sullappartenenza essenziale del pensiero allessere.

Storicamente il problema si presenta cos: che ne di questa appartenenza nel momento

decisivo in cui ha inizio la filosofia occidentale? Come inteso allinizio di essa il

pensare? (si sta chiedendo che cosera il pensiero per gli antichi, sta cercando

quella parola originaria, come faceva nelle pagine precedenti) Il fatto che la

dottrina greca del pensare finisca per diventare dottrina del lgos lgos pu

fornirci unindicazione, di fatto ci imbattiamo in unoriginaria appartenenza di essere

e lgos occorre solo liberarci dallidea che lgos e lgeih significhino in origine e propriamente qualcosa come pensiero intelletto e ragione (perch secondo lui

non cos, per lantico lgos lgeih non significano pensiero e intelletto o

ragione) finch resteremo di questa opinione e ci serviremo inoltre come criterio per

linterpretazione di lgos della concezione che ha di esso la logica successiva, non

faremo nel nostro tentativo di riaccedere allinizio della filosofia greca, che incorrere in

assurdit. Inoltre con questa concezione non potremmo mai intendere: 1) per quale

motivo il lgos ha potuto in linea generale venir separato dallessere dellessente? 2)

perch il lgos cos inteso ha dovuto determinare in seguito lessenza del pensare e

portarla a contrapporsi allessere? (come potuto accadere?) Veniamo subito

allargomento decisivo e domandiamoci: che cosa significano lgos lgeih, se non

significano pensare? lgos significa la parola, il discorso e lgeih il parlare. Il dia-

logo il discorso che si scambia e il monologo il discorso di uno solo Ma lgos in

origine non significa discorso dire, come stato tradotto e viene tradotto sempre,

quanto al suo significato la parola non ha alcun immediato rapporto con il linguaggio,

lgos lgeih in latino legere corrisponde come parola al nostro cogliere,

cogliere delle spighe, della legna, delluva o anche scernere. La lettura di un libro solo

un caso particolare del cogliere nel senso proprio del legere del leggere, solo un

aspetto particolare, questa parola significa porre una cosa vicino allaltra, metterle

insieme, in breve raccogliere, con ci le cose vengono contemporaneamente distinte

luna dallaltra, mentre si raccolgono queste cose, (per raccoglierle devo distinguerle,

sono varie cose e le raccolgono, il legere latino, lgos greco, per Heidegger fa

questo) questo luso che i matematici greci fanno della parola, una raccolta, una

collezione di monete non costituisce un semplice ammasso di monete alla rinfusa,

nellespressione analogia troviamo addirittura entrambi i significati giustapposti,

quello originario di rapporto, relazione e quello di lingua, discorso ma come nel termine

corrispondenza noi non pensiamo ormai pi al rispondere (cor rispondere) cos

inversamente i greci dal canto loro nel pronunciare la parola lgos non pensavano

ancora o almeno non necessariamente al discorso e al dire, (cio pensavano al

raccogliere delle cose, coglierle insieme) Quale esempio della significazione

originaria di lgeih nel senso di raccogliere (Odissea): Anfimedonte, per quale

distretta siete stati quaggi nel buio della terra sprofondati, tutti voi eccellentissimi e

coetanei, talch ben difficilmente, altrimenti, chi li ricercasse per tutta una citt ne

potrebbe di cos nobili raccogliere. (Aristotele, dice, non ci interessa). Non andremo

per ora in cerca di come la nostra parola dal suo significato originario, che non ha

niente a che fare inizialmente con lingua parola discorso pervenga a significare

dire e discorso, ci contenteremo soltanto a ricordare che il termine lgos anche

quando da lungo tempo gi significava discorso o proposizione ha mantenuto il suo

significato originario inteso a designare il rapporto di una cosa con laltra. (: discorso proposizione?) (qui ci sarebbe una questione da porre che riguarda

letimo e luso che si fa generalmente delletimo delle parole, lui dice che questo

termine lgos ha mantenuto il suo significato originario, sottointeso nella

traduzione che se ne fa oggi, come ha fatto? cio sarebbe come dire che c un

qualche cosa dentro la parola che si mantiene identica a s per tre mila anni e

nonostante tutto intorno a s vari, muti continuamente, quella cosa rimane la

stessa. questa lidea di Heidegger e non solo sua e che tanto ha interessato molti

alletimo, come se trovasse o fosse possibile trovare qualche cosa di originario che

rimasto intatto fino ad oggi, che se mi consentite una follia, sarebbe come

immaginare che qualche cosa nella parola rimanga esattamente quello che

nonostante la parola cambi, come fa quella cosa a rimanere la stessa? E come

faccio a sapere che la stessa?) Riflettendo sul significato fondamentale del lgos

come raccolta, raccogliere non si fatta ancora molta strada nel chiarire fino a che

punto per i greci essere e lgos siano la stessa cosa, originariamente uniti tanto da

potere e dovere necessariamente per determinate ragioni dividersi (adesso ci dice

perch per i greci lgos e sono praticamente la stessa cosa) Il riferirsi al significato fondamentale di lgos (cio come raccolta, addirittura come rapporto

di una cosa con unaltra) non pu dare unindicazione a patto di intendere

previamente ci che significhi lessere per i greci la . Da parte nostra non soltanto ci siamo sforzati di intendere in generale lessere secondo la concezione greca

ma ponendo poco sopra in risalto lessere di contro al divenire e allapparenza, abbiamo

fatto in modo che il significato dellessere risultasse circoscritto con sempre maggiore

chiarezza, a patto di tenere costantemente presente il gi detto possiamo dire lessere in

quanto lo schiudentesi imporsi. In contrapposizione al divenire esso si mostra come costanza, come costante presenza, questa si manifesta in contrapposizione alla

mera apparenza come apparire come la presenza manifesta. (ora ha fatto un breve

riassunto, dice: come si pone lessere dischiudentesi permanente in relazione al

divenire? Perch il divenire si manifesta come ci che permane rispetto a ci che

diviene, ci che permane lessere. La stessa cosa rispetto allapparire,

allapparenza, lessere si mostra come la presenza manifesta in ci che

apparenza) Che cosa ha a che fare il (raccolta) con lessere cos inteso? (Come ci che permane e ci che si manifesta in ci che permane) Per fornire la prova

dellintima connessione di lgos e di agli albori della filosofia occidentale incominceremo con uninterpretazione di Eraclito (fa una disquisizione su come

stato frainteso Eraclito, questo dice dipeso dal cristianesimo poi aggiunge che

ancora Hegel si trova in questa linea) La dottrina del di Eraclito intesa come preannuncio del di cui si tratta nel Nuovo Testamento il prologo dellEvangelo di Giovanni. Il Cristo. Siccome gi Eraclito parla gi del i greci

sarebbero giunti (per il cristianesimo) addirittura alla soglia della verit assoluta

ossia della verit rivelata dal cristianesimo (per questo qui ci interessa poco). In

base a tale concezione della filosofia comunemente diffusa sotto diverse forme (filosofia

cristiana) i greci sarebbero i classici della filosofia per essere stati dei teologi cristiani

in embrione (qui ci sta dicendo come potuto accadere che la filosofia greca sia

stata tradotta e trasformata nel modo in cui si presenta oggi: stata opera del

cristianesimo) allora cita due frammenti di Eraclito: 1) ora mentre il lgos permane costantemente tale, gli uomini si comportano come degli insipienti (Eraclito

quello del tutto scorre) cos prima di aver inteso come dopo di aver

udito. Tutto infatti diviene essente cat tn lgon tnde, a misura e secondo questo

lgos; (cio tutto diviene a misura di questo ) nondimeno essi (gli uomini) assomigliano a quelli che, privi daudacia, non hanno mai fatto esperienza di nulla

bench si affannino tanto in parole ed opere, come quelle che io compio allorch

analizzo ogni cosa cat , secondo lessere (Eraclito analizza ogni cosa secondo lessere, non secondo il divenire, secondo lessere cat ) e spiego come essa (ogni cosa) si comporti. Ma agli altri uomini (alla generalit: o pollo

letteralmente i molti generalmente tradotto con la plebe) rimane nascosto ci

che essi propriamente fanno quando sono svegli, come quello che han fatto nel sonno

ridiviene in seguito per essi nascosto.

2) Per questo necessario seguire questo, ossia attenersi a ci che costituisce

nellessente linsieme ma mentre il lgos presente come questo insieme nellessente la

massa vive come se ognuno avesse lintendimento (il senso) suo proprio. (Il lgos

presente come un insieme nellessente e il ci che raccoglie nellessente e raccogliendo lo rende possibile, lo rende coglibile, conoscibile) Che cosa dobbiamo

desumere da questi due frammenti? Del abbiamo detto: 1) che esso ha come propria prerogativa la stabilit, la permanenza. 2) che esso si presenta nellessente

come linsieme, linsieme dellessente, il raccogliente. 3) che tutto ci che avviene ossia

sopravviene nellessere sussiste in conformit di questo stabile insieme. Questo ci che

si impone (das Waltende). Quanto viene detto qui del lgos corrisponde perfettamente al vero significato della parola tedesca Sammlung la quale designa: 1)

latto del raccogliere 2) linsieme raccolto. Cos qui lgos significa: linsieme raccolto,

raccogliente, il raccogliente originario (dellente, lente sarebbe fatto di questo

raccogliente originario) non vale qui n significato, n parola, n dottrina ancor meno significato di una dottrina ma come linsieme raccolto originariamente

raccogliente e che costantemente in s si impone (cio questo insieme raccolto

originariamente, originariamente nel domandare. Tenete conto per Heidegger

luomo autentico quello che si trova sempre nellapertura del domandare, questo

va tenuto sempre presente, o sfuggono un po di cose) (questo raccogliente in

teoria il linguaggio?) ( un raccogliere originario raccogliente cio nel suo cogliersi, non un raccogliente che stato messo l, un raccogliente nellatto del

raccogliersi. Questa particolarit sempre presente in Heidegger cio di un

qualche cosa che viene considerato nel momento in cui questo qualcosa sta

agendo, non come lagito o ci che agir, ma ci che sta agendo adesso) Certamente

nel frammento (1) il contesto sembra propendere verso una interpretazione del lgos

nel senso della parola, del discorso e persino reclamarla come la sola possibile, infatti si

tratta delludire degli uomini. Esiste un frammento in cui questa connessione fra

e udire, espressa in maniera immediata poich avete udito non me ma il lgos, saggio dire conformemente: lUno il tutto (questo un altro frammento, il

frammento 50 di Eraclito. S occorre dire che Heidegger mette in atto queste

torsioni e contorsioni linguistiche allo scopo di mostrare ci che lui vuole mostrare,

e cio che la parola greca originaria quella che contiene lessere autentico e che

pertanto luomo autentico che si pone nellapertura del domandare e quindi

consente allessere di aprire il suo orizzonte e quindi allente di sopraggiungere.

Questo essere autentico quello che mantiene la tradizione del rapportarsi

originario alla parola, al , quindi alla , quindi allessere e cio luomo tedesco per eccellenza. Perch questo il senso, come dicevo forse laltra volta

dellavvicinarsi, anzi delladerire nei primi tempi di Heidegger al nazismo, lidea

che il nazismo avrebbe potuto riproporre luomo autentico anzich luomo della

chiacchiera, luomo del sentito dire, luomo che si accontenta di quello che altri

sanno e lo fa suo e lo ripropone allinfinito ma che non si trova pi nella domanda

autentica, e cio la domanda che continua a domandare e quindi a rilanciare

lapertura dellessere. Questo per dire per quale motivo Heidegger fa questi

contorcimenti linguistici, etimologici, filologici, lui non era un filologo tra laltro,

conosceva molto bene il greco e la filologia ovviamente ma tutte queste

contorsioni hanno questo obiettivo: mostrare, se non proprio dimostrare, che

lautentico, loriginario sta nella parola greca e soltanto luomo che ripercorre e sa

soprattutto ripercorrere questa strada per ritornare alla tradizione greca luomo

autentico, quello degno di dominare il mondo. Questo non lo dice, questa stata

levoluzione e soprattutto il modo in cui stato utilizzato Heidegger dal pensiero

nazista, Heidegger, ma anche Nietzsche, badate bene, stato utilizzato anche lui,

Heidegger, Nietzsche e poi Wagner ma queste sono altre storie.) (se non ci fosse

stata quella parola tedesca) (Sammlung raccogliere per questo sto parlando

di contorcimenti linguistici, di torsioni e contorsioni legittime fino ad un certo

punto, anche perch qui d sempre come acquisito che per esempio la parola

tedesca Sammlung significhi quella cosa l, sia quella cosa l, sia latto del

raccogliere, sia linsieme raccolto, sia questo. E se noi volessimo addirittura

giungere a considerare che luomo autentico colui, come dicevo prima, che si

mantiene sempre nella costante apertura della domanda e non abdica mai a questo

domandare originario nel senso che sempre allorigine del suo essere, del suo

dire, del suo fare questo domandare continuo, beh questo lo psicanalista, per

anche luomo autentico e anche il nazista. Se volessimo fare torsioni e contorsioni

ne potremmo fare quante ne vogliamo. Dai frammenti di Eraclito: Gli uomini

stanno di fronte al come coloro che il non comprendono. Eraclito usa spesso questa parola axhetoi per dire che non comprendono, essa la negazione di

sunhmi che significa portarsi lun laltro. axhetoi sono gli uomini che non si

portano luno con laltro, che cosa? (che cosa? si chiede, che cosa non si portano lun

laltro? Il , ci che costantemente insieme, linsieme raccolto. Cio gli uomini che chiama sprovveduti sono quelli che non si trasmettono il cio questa cosa che continuamente si raccoglie, questo raccogliente) Gli uomini

rimangono coloro che non lo mettono insieme non lo com-prendono non lo

compongono in unit abbiano o non abbiano essi di gi udito. (sta dicendo che

luomo autentico quello che comprende cio mette insieme, compie questo

raccoglimento, il raccogliere, ma il raccogliere che cosa? raccogliere ogni cosa cat

secondo lessere, questo il raccogliere raccogliente, raccogliere secondo lessere cio raccogliere secondo ci che permane in questo raccogliente

raccogliersi) Gli uomini non pervengono al nemmeno se lo tentano con le parole (pea). Si fa indubbiamente menzione di parole e discorso ma proprio in quanto

differenti dal e addirittura a lui opposti. Eraclito vuol dire: gli uomini indubbiamente odono e odono delle parole ma in questo udire essi non sanno ascoltare

ossia (sembra che stia parlando dellanalista) seguire ci che non udibile come

parola, ci che non costituisce un particolare ma il (cio questo tutto raccoglientesi che permane) (vedete come gi incomincia ad alludere alla

questione dellinterpretazione, linterpretazione sta nellascoltare ci che la parola

non dice, portare alla luce ci che nascosto, portare alla non latenza (). Questo per Heidegger linterpretare ma poi anche per, lermeneutica daltra

parte si fa nascere con lui, tutto il pensiero ermeneutico, anche se si considera un

primo grande ermeneuta, come tutti sapete, Schleiermacher) Se interpretiamo bene

il frammento 50 (cio lo interpretiamo come pare a lui) esso dice: voi non dovete

rimanere attaccati alle parole ma apprendere il e proprio perch lgos e lgeih significano discorso e dire e non di meno tutto ci non costituisce lessenza del , che viene qui contrapposto a pea, (discorso), corrispondentemente al semplice udire, orecchiare si contrappone lautentico essere ascoltante, lessere

ascoltante colui che appunto riesce a cogliere nel non ci che con stato inteso dopo il discorso, la proposizione eccetera ma come loriginario raccogliere di ci

che appare nel momento in cui lessere compare allorizzonte (compare lessere e

quindi se c lessere solo allora pu apparire lente e ci che permane, ci che

permane in questo apparire il che uno dei modi, lui non lo ammetterebbe mai, ma una delle figure dellessere come la , come l eccetera, sono tutte figure, mettetelo fra virgolette perch Heidegger non lo dice mai, ma per

dare unidea molto spiccia figure dellessere, il modo in cui lessere appare,

mettiamola cos forse pi corretto). Il semplice udire, si disperde e si dissipa in ci

che comunemente si opina e si dice, nel sentito dire, nella , nellapparenza, lautentico ascoltare non ha nulla a che fare con lorecchio e con la bocca ma vuol dire

prestare obbedienza a ci che il : linsieme raccolto dello stesso essente. (come dire in altri termini che lessente in quanto si mostra come qualche cosa di

raccolto, non sono cose messe l alla rinfusa, sono quelle cose che appaiono mentre

si raccolgono, ascoltare ci che la parola non dice intendere, cogliere ci che

appare dalla non latenza come qualcosa di raccolto, in un certo modo, secondo il

modo dellessere e cio ci che appare di autentico in ci che si dice) noi non

possiamo udire autenticamente se non siamo gi disposti allobbedienza (e cio luomo

nel suo domandare apre allessere e obbedisce allessere cio a ci che di autentico

appare) Chi non disposto allobbedienza destinato fin dallinizio a rimanere lungi

dal , escluso da lui sia che egli abbia precedentemente udito con lorecchio o meno, coloro che odono soltanto orecchiano dappertutto e riportano in giro quanto hanno

sentito, sono e rimangono degli incomprensivi. // (ancora sulla non comprensione)

Lgos (pag. 139) il raccoglimento stabile, insieme raccolto e che si mantiene in se

stesso dellessente (cio ci sta dicendo di cosa fatto lessente) vale a dire lessere

(che cosa si mantiene costante nellente che qualcosa che muta, che cosa si

mantiene e permane? Lessere. Questo insieme dunque raccolto che si mantiene

nellente e che lo rende tale lessere, solo che in questo caso lessere ) Per

questo nel frammento (1) cat th lgoh ha lo stesso significato di cat . e lgos sono la stessa cosa (cio secondo il o secondo la , sempre la stessa cosa dice lui, cio secondo lessere, che si manifesti come o che si manifesti come . e lgos sono la stessa cosa, lo dice qui) caratterizza lessere da un punto di vista nuovo e pure antico ci che essente, ci che

sta in s ben eretto e caratterizzato, in s e da s raccolto e si mantiene in tale

raccoglimento (questo laspetto specifico del ) Lh, lessente nella sua propria essenza xuhh presenza raccolta (lessente una presenza raccolta, non

significa il generale ma ci che raccoglie in s tutte le cose mantenendole insieme,

parla ancora di porre insieme) Lunit originariamente unificante di ci che diverge

(tutti questi elementi che il raccoglie insieme sono diciamola cos potenzialmente divergenti ma il che li mantiene raccolti insieme ed ci che consente la comprensione) (qui parla delletica, dellestetica, perch il ha valore? perch un raccoglimento originario non un ammasso confuso, una

mescolanza di tutto con tutto il medesimo valore, lui dice che per questo che gli

competono rango e sovranit. Poi qui esagera) Proprio perch lessere , armonia, , , fanesai, dunque proprio perch lessere queste cose che non si mostra a discrezione, il vero non per tutti ma solo per i forti, questa intrinseca

superiorit e celatezza dellessere viene espressa da quella singolare massima che

proprio perch cos poco greca in apparenza, esprime lessenza dellesperienza greca

dellessere dellessente. Frammento (124): Come spazzatura alla rinfusa ammucchiata

il mondo pi bello. // Si soliti compendiare la filosofia di Eraclito nel detto

questa espressione qualora provenga veramente da Eraclito non significa che tutto

cangiamento puro e semplice, che si disperde e scorre senza posa, pura instabilit ma

vuol dire (qui linterpretazione di Heidegger del panta rei) la totalit dellessente

viene nel suo essere continuamente rigettata da un contrario allaltro, lessere

linsieme raccolto di questa instabilit antagonistica. (Tutti questi elementi che si

contrappongono vengono raccolti in un tutto, in un tutto raccolto, lessere

linsieme raccolto di questa instabilit antagonistica, questa instabilit di cose che

vanno in conflitto fra loro) (come fa ad essere cos sicuro di cogliere

lautentico?) (perch lui coglie nellaccezione greca dellessere ci che di

autentico c stato nel primo sorgere del pensiero che ha gi posto la questione

perch se ne accorto, in questo senso originale viene dallorigine e poi stato

disperso dalla filosofia, in buona parte come diceva prima a causa

dellintromissione della religione nella filosofia, che ha visto addirittura nel il Cristo, per loriginario ci che sta nella parola del greco antico, per questo

che sta facendo tutte queste storie con le parole greche) Una volta afferrata la

concezione fondamentale del cio dellessere come raccoglimento e come insieme raccolto, occorre considerare e tenere per fermo quanto segue: il raccoglimento non un

semplice mettere insieme, un ammucchiare, esso mantiene in una coappartenenza

reciproca ci che tenderebbe a separarsi e a contrapporsi (cio di tutti questi elementi

di cui fatto lente, elementi che si contrappongono il li mantiene insieme, in una relazione fra loro) Non lo lascia mai cadere nella mera dispersione e

dissipazione. In quanto ritenzione il ha il carattere dellimporsi predominante della (e naturalmente lessere mantiene, mantenendo sotto forma di questi elementi contrapposti uniti, mantiene anche una continua tensione e

domandare rilanciare questa tensione in definitiva) pag. 145: Dov che il viene menzionato da Parmenide? E soprattutto dov che si parla delloggetto della

nostra attuale ricerca, cio del contrapporsi di essere e ? Se in Parmenide si trova qualcosa a questo proposito sembra essere proprio il contrario di una contrapposizione,

il frammento (5) ci trasmette una frase di cui esistono in Parmenide due versioni t

gr aut hoeh sth te ca enai grosso modo e secondo la maniera di ogni tempo

invalsa di tradurre ci vorrebbe significare ora il pensare e lessere sono la stessa cosa

hoeh il pensare e enai lessere). Ora il fraintendimento non greco di questa

celebre frase non inferiore alla falsificazione subita dalla dottrina del di Eraclito, si intende noein come pensare e il pensare come attivit del soggetto, il

pensiero del soggetto determina ci che lessere (questo nella filosofia

tradizionalmente) lessere non altro se non ci che pensato dal pensiero, ora

siccome il pensare rimane unattivit soggettiva e pensare ed essere devono, secondo

Parmenide, risultare la medesima cosa, tutto diventa soggettivo, non vi un essente in

s, ora stando a quanto si insegna una tale dottrina si trova in Kant e nellidealismo

tedesco, Parmenide in fondo non avrebbe fatto che anticipare tale dottrina, pertanto egli

viene lodato per questa impresa progressista soprattutto nei confronti di Aristotele che

fu pensatore greco pi tardo. // Ma che cosa significano to auto cio lo stesso, che

significa hoeh, che significa enai? (sta dicendo che significa pensiero, essere,

in Parmenide?) Perch in hoeh nominato al secondo posto resta tuttavia oscuro

per lo meno qualora non si voglia tradurre senzaltro il verbo con pensare nel senso

della logica come attivit analizzante dellenunciazione, hoeh significa prendere,

nos significa apprensione cio in due sensi strettamente connessi: prendere

significa anzi tutto accogliere (prima parlava del cogliere adesso dellaccogliere e

cio:) lasciare pervenire a s ci che per cos dire si mostra, ci che appare, accogliere

lasciare venire a s ci che appare. Apprendere significa inoltre sentire, esaminare un

teste, assumere una testimonianza accertare cos un fatto, stabilire di che si tratti e in

che consiste. Quindi si tratta di un lasciar pervenire a s consistente non in una

semplice accettazione ma in una presa di posizione nei confronti di ci che si mostra.

(questa la posizione proprio tipica di Heidegger cio prendere posizione nei

confronti di ci che si mostra, luomo autentico uno che prende posizione cio sa

di essere nel mondo si rende conto che essere nel mondo procede dal domandare,

pone in essere la domanda, ponendo la domanda in atto apre allessere, ma non

passivo rispetto a tutto questo, l uomo di Heidegger non passivo rispetto al

mondo, sempre un essere in atto, un esserci (Dasein) un essere qui adesso e

assumere la responsabilit di questo esserci, questo essere qui adesso con tutto

ci che questo comporta e quindi questa apprensione, questo accogliere ci che

appare, dice che ci che mi appare non viene recepito dalluomo autentico

passivamente, come uno spettatore, come un osservatore ma in questo

accogliere c tutto Heidegger e cio c il porsi come agente, cio come colui che

agisce questo accogliere, non lo subisce lo agisce. Poi considera il t at cio lo

stesso. Ci fermiamo qui. (Pag. 147) piacevole la lettura di Heidegger, mostra

molti aspetti, mostra come sia possibile torcendo e ritorcendo le parole a proprio

volere fare tutto quello che si vuole. Lui pensava che per non stesse compiendo

questa operazione di torsione delle parole ma immaginava di andare a cogliere

lessenza originale, originaria anzi la pi originaria, la parola autentica perch l

in ci che gli umani hanno pensato originariamente prima di essere traviati dalla

filosofia, l c lautentico, l c il vero aprirsi allessere. (Torce le parole come se

allorigine ci fosse la verit) (In un certo senso, il nascondimento). Il lavoro che ha fatto Heidegger stato quello di porsi nei confronti dellessere in

maniera particolare, cio per lui lessere il problema, ha problematizzato lessere,

in tutta la filosofia greca e a seguire fino a, beh si salva Nietzsche in parte, lessere

sempre stato pensato come la cosa stessa, che quindi quella che ed

immutabile, quindi se anche luomo lessere anche luomo quello che , e questo

andava a urtare il pensiero nel quale Heidegger si formato e cio un pensiero dei

primi del 900 delle avanguardie artistiche e le prime manifestazioni di opposizione

nei confronti del positivismo, che aveva portato allindustrializzazione a una

grandissima fiducia nella tecnica e nellindustria che invece si era rivelata, dopo la

prima guerra mondiale, non cos vicina allesigenza delluomo. Allora tutto questo,

ma non solo, ha portato Heidegger a considerare lessere in un altro modo e si

domandato se lessere non la cosa, non quella roba l, allora che cos? e ha

incominciato a rispondersi perch intanto ci sia lessere occorre che ci sia luomo,

perch con luomo che si pone la domanda intorno allessere da qui

lesistenzialismo, cio dallesistenza che si parte, dallesistenza luomo, a

questo punto ha incominciato a dirsi che luomo che si pone come colui che si

pone la domanda fondamentale, la famosa domanda fondamentale, e allora ci che

luomo domanda , s, intorno allessere ma non tiene conto del fatto che questo

essere di cui luomo sta domandando in qualche modo gi presente nel suo

domandare. Questa la tesi di Heidegger, e cio si tratta per Heidegger, rispetto

allessere, non pi della cosa ma del mondo in cui luomo e la cosa si

corrispondono, perch quando luomo si rapporta alla cosa si rapporta sempre per

un motivo: vuole modificarla, vuole fare varie storie quindi questa cosa. Questo

essere non pi la cosa in s, tale e quale, ma viene modificata continuamente

dalluomo stesso, ecco perch lessere per Heidegger non pi una cosa ferma e

stabile ma lesserci cio lessere me in questo momento particolare, specifico,

con tutto ci che io sono, perch non sono soltanto quella cosa l fatto di una testa,

due braccia eccetera, sono tutto ci di cui sono fatto ma sono anche quelle cose che

altri prima di me hanno fatto, io sono tutte queste cose. La portata del suo

pensiero stato quello di ricondurre lessere alluomo, fare un umanismo, e cio ha

posto luomo, lesserci delluomo al centro dellindagine, non pi come

losservatore, l c luomo e l c la cosa e lessere appartiene a quella cosa l, no,

lessere qui, qui dove sono io. La filosofia di Heidegger ha segnato una svolta

indubbiamente, senzaltro ha costituito una grossa frattura, certo non stato

lunico esistenzialista, ci sono stati Jasper, e Sarte, e Kierkegaard prima di loro.

Per per quanto riguarda linterpretazione, cio lermeneutica, ha dato un avvio

decisivo perch posta la questione in questi termini allora non c pi la cosa,

ma ci sono io che mi rapporto alla cosa, con tutto il mio bagaglio culturale, questa

la tesi di Heidegger e dellermeneutica di conseguenza, e cio di tutto ci che

stato elaborato come interpretazione. Heidegger ha segnato fortemente la teoria

dellinterpretazione, era gi stata posta da Nietzsche ovviamente, ricordate? Non

esistono fatti ma solo interpretazioni dice Nietzsche, Heidegger lo ha teorizzato.

14-1-2015

La tecnica, cos come la pone Heidegger, ci che d agli umani lidea di avere il

potere, di avere il controllo su tutto e questo uno dei motivi per cui la tecnica ha

cos tanto successo: perch supporta una fantasia di onnipotenza, come se

attraverso la tecnica fosse possibile controllare ogni cosa. una posizione

gnostica, vi ricordate il famoso motto degli gnostici Eritis sicut dei. Heidegger

originariamente si volge ai presocratici, anche se poi verso la fine si accorge che

anche i presocratici erano gi metafisici, ma lidea che i presocratici si trovassero

ancora in una fase aurorale del pensiero, quindi non ancora volto alla

costruzione e al perseguimento della tecnica come strumento per il controllo del

mondo. Per controllare qualcosa occorre che questo qualcosa sia oggettivato, sia

quello che , da qui lesigenza della metafisica che fa proprio questo, dice che

ciascuna cosa quella che , e quindi non la lascia esistere per s, cos come,

secondo sempre Heidegger, accadeva presso i presocratici rispetto allidea della

, cio la come s, lessere delle cose certo, ma come un essere che lasciato essere e cio non oggettivato, non posto come un qualche cosa da

controllare, da gestire, da manipolare, questo ancora per Heidegger per i

presocratici non cera, ed questo che a lui interessa ed per questo che si

interessato molto a Hlderlin. Hlderlin, o almeno cos apparso ad Heidegger, ha

la posizione dei presocratici rispetto al lasciar essere lessere per dirla cos, senza

quindi piegarlo necessariamente a una oggettivit manipolante. Questo potrebbe

essere riassunto in due parole, e cio il passaggio operato dalla storia del pensiero

stato quello di passare dalla poesia alla tecnica, poesia nel senso heideggeriano

del termine come poesis, come produzione, come il produrre, il lasciar produrre

e lasciare anche venire in luce le cose, senza costringerle nella oggettivazione

quindi ci che ha operato la metafisica, quindi tutto il pensiero occidentale,

questo passaggio dalla poesis alla . Lopera di Heidegger ha puntato su questo. Questo lo dicevo per motivare il fatto che ci occuperemo della tecnica

perch appare, la tecnica, come il pi formidabile supporto della fantasia di

potenza, della fantasia di controllo, di dominio, tecnica che ovviamente non si

riferisce oggi allinformatica o alle cose pi recenti, era gi presente nei

presocratici. Era presente cos come presente oggi, come il tentativo, pi o meno

riuscito, di manipolazione dellente, e quindi necessariamente di oggettivazione

dellessere, cio trasformando lessere in ente. Questa una accusa che Heidegger

rivolge al pensiero, ma vede in questo anche la possibilit di andare oltre la

metafisica e cio di giungere a una posizione, come la chiama lui, trans

metafisica e cio la tecnica, con il suo nichilismo, perch fondata sulla

deiezione, questo il termine che usa lui, la deiezione dellessere cio loblio, la

dimenticanza dellessere, in questo senso la tecnica nichilista, per portando alle

estreme conseguenze questa posizione operata dalla tecnica, dovrebbe giungersi,

sempre secondo Heidegger, a quel punto in cui la tecnica mostra la sua incapacit

di governare, nel senso di controllare, di gestire lente e allora a questo punto,

mostrando il fallimento della tecnica dovrebbe accadere, a parere di Heidegger,

ma su questo abbastanza vago, dovrebbe accadere quello che lui auspica e cio

un approccio autentico allessere: lasciar essere lessere usiamo questi termini,

cosa che secondo lui non pi avvenuto anzi, come dicevo prima, nellultimo

Heidegger lidea che non sia mai avvenuto, tant che giunge a un certo punto a

dire che solo un dio ci pu salvare. Ecco questo il motivo per cui ci

interesseremo alla questione della tecnica, per vedere se ci sono elementi che

possono tornarci utili sia concettualmente, sia, per, anche retoricamente, per

articolare la questione del potere, di come funziona il potere. Certo n Heidegger

n meno che mai i presocratici erano in condizioni di intendere da dove viene

questa esigenza di controllo, di potere su tutto, e cio che cosa ha fatto s che a un

certo punto gli umani si siano inventati la metafisica, e cio quel pensiero che

oggettiva lessere trasformandolo in ente al fine di controllarlo, di gestirlo, di

manipolarlo, per averne il potere appunto, e ovviamente come sappiamo ente

qualunque cosa, anche una relazione amorosa un ente. La volta scorsa Heidegger

stava considerando quella famosa frase di Parmenide t gar at hoeh stih te

ca ehai prendendo i vari pezzi della frase. Si chiede che cosa significano queste

parole: at hoeh ehai, lo stesso il pensiero lessere, cercando in

queste parole qualche cosa di pi che a suo parere sfuggito a tutta la ricerca

filosofica che lo ha preceduto. Parla qui del hoeh nominato al secondo posto:

resta tuttavia oscuro hoeh (pensare) per lo meno qualora non si voglia tradurre

senzaltro il verbo con pensare nel senso della logica cio come attivit analizzante

dellenunciazione. Hoeh significa apprendere, apprensione e ci in due

sensi strettamente connessi, apprendere vuol dire anzi tutto accogliere, lasciar

pervenire a s ci che, per cos dire, si mostra, ci che appare (lessere ci che appare

e qui si tratta nel pensiero cio nel hoeh, di accogliere questo apparire, che non

un analizzare, di sezionare, ma di accogliere innanzi tutto) apprendere significa

inoltre sentire, esaminare un teste, assumere una testimonianza, accertare un fatto,

stabilire di che si tratta e in che consiste, lapprensione in questo duplice senso

esprime un lasciar pervenire a s consistente non in una duplice accettazione ma in

una presa di posizione nei confronti di ci che si mostra, (questa duplice possibilit di

tradurre questo termine non significa soltanto avere di fronte due possibilit ma

significa prendere una decisione e cio trovarsi nellagire questo accoglimento, per

Heidegger abbiamo detto, ma lo ripetiamo si tratta sempre di un essere

progettato in qualche cosa, cosa che comporta un agire, comporta un assumersi

una responsabilit, il fatto di indicare luomo come lesserci, comporta che

questo uomo non mai spettatore passivo di quello che accade sempre qualcuno

che agisce, agisce in prima persona e si assume la responsabilit di quello che fa,

questo per Heidegger luomo autentico, non quello che vive perch ha sentito

dire, perch si fa cos, si fa cos, no, quello che accoglie ci che appare e

soprattutto lo lascia apparire senza, potremmo dirla, Heidegger non lo dice, ma

potremmo dirlo senza necessariamente oggettivare cio senza necessariamente

compiere un operazione metafisica, torno a dirvi Heidegger questo non lo dice lo

sto dicendo io): Nel hoeh espresso questo ricevere ci che appare portandolo a

fissarsi in posizione (vedete che tornano vari elementi: il permanere, lassumere

una posizione, prendere posizione) siamo giunti cos al chiarimento di ci che ci

eravamo in primo luogo domandati che significa t at? (lo stesso) Quando una

cosa uguale a unaltra noi la consideriamo come costituente a unit, come una sola e

medesima cosa con laltra, come concepire lunit quando si tratta dellunit dello

stesso? (cio lo stesso come unit) non possiamo stabilirlo a nostro piacere, almeno

in questo caso in cui il discorso dellessere, dobbiamo cercare di comprendere lunit

nel senso che Parmenide intende con la parola (uno), sappiamo che lunit non mai qui vuota uniformit, identit come pura indifferenza, lunit costituita dalla

coappartenenza reciproca di antagonisti, loriginariamente uno. Perch Parmenide

dice te ca? perch essere e pensare sono nel loro contrapporsi uniti ossia sono la

stessa cosa in quanto coappartenentesi. (stavamo riflettendo sulla contrapposizione

tra essere e pensare, non so se ve lo ricordate, che sono lo stesso, appunto:)

Partiamo dallessere cos come da pi punti di vista ci si chiarito quale , essere significa: mantenersi in luce, apparire, venire nella non latenza (non-latenza,

a- che la verit appunto, il venire alla luce) laddove qualcosa di simile si verifica ossia laddove lessere si impone, ivi si impone e si produce, in pari tempo come

a lui inerente, lapprensione, larrestare accogliente dello stabile in s che si mostra (ve

lo rileggo perch un po complessa dunque: dove qualcosa si verifica, cio nella

non latenza, nella, si verifica che lessere si impone e si produce in pari tempo come a lui inerente lapprensione, cio non c lessere e poi lapprensione di

qualche cosa, cio prima c qualche cosa poi c luomo che apprende. Tenete

sempre conto che quando parla di apprensione, accoglimento si riferisce

alluomo che lunico ente sul pianeta in grado di porsi la domanda intorno

allessere, cosa per Heidegger non irrilevante, per cui non dice che c lessere e poi

luomo da unaltra parte e luomo considera lessere, se cos facesse, lo

considererebbe come un ente, (metafisicamente), dice che si coappartengono, non

c luno senza laltro, non c lessere senza luomo che lo accoglie, che lo lascia

accogliere, qui dire, come dice lui delle volte lo lascia venire in luce sembrerebbe

che c un qualche cosa che lo precede ma questo lasciare venire in luce non c

prima della domanda che luomo si pone intorno allessere) Lessere si impone ma

poich esso si impone e quanto si impone e appare, si produce necessariamente con

questa apparizione anche lapprensione (si producono insieme non c luna senza

laltra, non c prima una e poi laltra) Ora affinch luomo risulti interessato al

prodursi di questa apparizione e di questa apprensione (sarebbe luomo autentico)

occorre che luomo stesso effettivamente sia, cio che appartenga allessere. Lessenza e

la modalit dellesser uomo possono dunque determinarsi solo in base allessenza

dellessere (sta dicendo che non c nessuna possibilit di intendere lessere senza

che ci sia luomo che domanda intorno allessere e in questo domandare lascia che

lessere sia) Se tuttavia allessere come compete lapparire bisogna che luomo come essente appartenga a questo apparire (cio appaia insieme) daltra parte siccome

lesser uomo costituisce manifestamente un essere particolare sui generis infatti

lunico che si fa sullessere, risulta dalla singolarit del suo appartenere allessere

inteso come apparire imponentesi (cio la sua singolarit di appartenere allessere,

ma come? Come un apparire imponentesi, appare e si impone, si impone nel senso,

non che si impone con veemenza, poi anche, lo dir, ma si impone nel senso che da

quel momento c, esiste) Ora per il fatto che un tale apparire compete lapprensione,

lapprendere recettivo di ci che si mostra da ritenere che proprio in base a questo si

determini lessenza dellessere uomo. Nellinterpretare la frase di Parmenide non

bisogna dunque includervi o inserirvi una certa rappresentazione delluomo pi tardiva

o addirittura odierna, al contrario la frase stessa che ci deve in primo luogo istruire

sul come secondo essa, vale a dire secondo lessenza dellessere, si determini anche

lessenza delluomo, chi sia luomo stando a quanto ce ne dice Eraclito risulta deixe

(cio luomo si mostra) si mostra soltanto nel nel separarsi degli dei e degli

uomini, nel prodursi della rottura dellessere stesso (sempre quindi in una

contrapposizione perch ricordate che lui distingue tra lessere parmenideo e

lessere di Eraclito. Per Parmenide lessere limmobile, ci che sta, ci che

necessariamente e di l non muove, non muta, non varia, fermo immobile ma,

dice Heidegger, anche per Eraclito la stessa cosa, solo che la considera non nel

senso dello stare ma nel senso del movimento dellapparire, questo apparire che

prodotto dal cio dal contrasto tra varie cose. Entrambe le posizione dice

Heidegger sono la stessa posizione e cio di qualche cosa che quello che e che

permane, solo che Parmenide considera in quanto sta, in quanto immobilit,

Eraclito in quanto apparire della cosa stessa, movimento determinato dal

) Chi sia luomo non per la filosofia cosa scritta in cielo, bisogna invece tener

conto di quanto segue: 1) la determinazione dellessenza delluomo non costituisce mai

una risposta bens essenzialmente una domanda (cio sta dicendo che qualunque

risposta si dia alla domanda che cos luomo? questa risposta non sar

nientaltro che unaltra domanda) 2) la posizione di questa domanda e la sua

risoluzione sono storiche non in modo generico ma in guisa tale da costituire

lessenza stessa della storia (e cio questa domanda presa allinterno di una

storicit, non sorge dal nulla, sorge dal pensare, da tutto ci che luomo ha

pensato) 3) La domanda sulluomo deve sempre venire posta in rapporto essenziale con

la domanda sullessere, la domanda concernente luomo non costituisce mai una

domanda di carattere antropologico ma storico e metafisico (cio non mai incentrata

su un discorso, sulluomo in quanto tale ma sempre sullessere) Non dobbiamo

dunque far intendere quello che significano nella frase di Parmenide nos e hoeh

sulla base di un concetto delluomo introdotto da noi, bisogna invece che impariamo a

renderci conto che lessere delluomo si determina unicamente in base al verificarsi

della connessione essenziale dellessere e dellapprendere (se c lessere, dice

Heidegger, c lapprendere ma lapprendere solo luomo che lo fa, lessere non

pu prendere nulla, quindi perch ci sia essere occorre che ci sia apprendere e

viceversa, perch ci sia apprendere occorre che ci sia essere, cio ci sia luomo)

Lapprensione e quanto di essa detto nella frase di Parmenide non costituisce una

facolt, (questa apprensione non una facolt di un uomo gi altrimenti

determinato) lapprensione un accadere nel quale soltanto accadendo luomo entra

come essente nella storia, appare, ossia letteralmente perviene lui stesso allessere (cio

lapprensione non una facolt di tizio o caio, potremmo dire che lapprensione ,

lui dice s un accadere, in quanto qualche cosa accade, ma cosa accade? Accade

tutto ci che pu accadere quando qualcuno fa qualche cosa, progetta, pensa

qualche cosa, ha unidea in testa, questo un accadere, e soltanto in questo

accadere luomo entra come essente nella storia cio soltanto quando qualche cosa

si produce: ecco la poesis, si genera, si genera perch luomo si sta progettando

quindi preso nella, oggi diremmo poesia ma dire poesia ha unaltra accezione

oggi di quella che era la poesis per i greci, in cui cera anche la poesia, poesia cos

come la intendiamo noi, per questo accadere per Heidegger un termine

importante perch gli serve per mostrare che luomo non oggettivato, non ha

delle facolt propriamente, ma anche luomo si trova ad accadere cos come

lessere appare a un certo punto e le cose appaiono, anche luomo accade senza che

questa sia una sua facolt. Infatti lui fa una critica poi anche del soggetto, della

soggettivit che chiama, coniando un nuovo termine la soggettit, infatti dice)

Lapprensione non un modo di comportamento che luomo possegga come una

propriet ma al contrario lapprensione levento che possiede luomo (quindi

levento che possiede luomo, ci che accade lo possiede perch in questo

accadere che luomo si manifesta, in questa accadere che viene accolto ovviamente

c un agire in tutto ci) Ci che in quella espressione si attua, (a proposito di

noein e apprensione) nientemeno che il consapevole manifestarsi delluomo in

quanto storico custode dellessere. (in questa frase c tutto il pensiero di Heidegger

propriamente, cio il consapevole manifestarsi delluomo in quanto storico custode

dellessere, luomo che si manifesta, si manifesta esattamente cos come si

manifesta lessere, cio appare nel momento in cui si lascia apparire qualche cosa,

cio ci si dispone a questa apertura e luomo anche questo perch non diverso,

anche luomo appartiene allessere come abbiamo visto prima, non una cosa

separata) Chi sia luomo non possiamo venire a saperlo da una definizione erudita ma

solo in quanto luomo viene nella contrapposizione allessente tentando di recarlo al suo

essere, in quanto cio gli conferisce limite e forma ossia in quanto progetta del nuovo

non ancora presente cio poeta originariamente, poeticamente fonda (quindi possiamo

sapere chi luomo soltanto in relazione al progetto che luomo ha, e luomo un

progetto che sempre gettato, sempre buttato in avanti, in questo progettare

continuo che la poesis di fatto, poeta originariamente, poeticamente fonda

cio poeta originariamente luomo in quanto produce originariamente cio

mettendosi nella posizione di questo pensiero aurorale che era il pensiero dei

presocratici, quel pensiero che come dicevo prima, lascia lessere senza vincolarlo

alla metafisica, cio senza oggettivarlo, senza trasformarlo in oggetto, in ente)

Nostro scopo di cercare di comprendere la separazione di essere e pensare nella sua

origine, questa formula designa la fondamentale attitudine dello spirito occidentale

(cerca di vedere come potuto accadere che essere e pensare si siano divisi, quando

essere e pensare sono lo stesso) in base ad essa lessere si determina nella prospettiva

del pensare e della ragione e ci anche quando lo spirito occidentale cerca di sottrarsi al

dominio della ragione con volere l irrazionale cercando lalogico (non logico).

Perseguendo la distinzione di essere e pensare ci imbattiamo nellespressione di

Parmenide t gar at hoeh stih te ca ehai stando alla traduzione e alla

concezione ordinaria questo vorrebbe dire pensare ed essere sono la stessa cosa (una

della frasi pi celebri di Parmenide) possiamo chiamare questa espressione il

principio guida della filosofia occidentale a patto soltanto di aggiungere la seguente

considerazione: se lespressione di Parmenide t gar at hoeh stih te ca ehai

diventata il principio direttivo della filosofia occidentale ci stato solo in quanto essa

non stata pi compresa, non avendo pi potuto la sua originaria verit essere

ritenuta, la perdita della verit di questa proposizione si verific subito dopo

Parmenide presso i greci stessi, verit originarie di tale portata non possono essere

mantenute che a patto di essere costantemente sviluppate in modo ancora pi

originario, giammai con la loro semplice applicazione con lappellarsi semplicemente

ad esse, loriginario rimane tale se, cio solo se, ha la costante possibilit di essere ci

che , vale a dire origine. (Qui torna lidea antica, autentica di lasciare essere

lessere, senza costringerlo allinterno di unoggettivazione) Vale a dire origine

nel senso di uno scaturire fuori dalla latenza dellessere, noi tentiamo ora di

riconquistare la verit originaria del detto di Parmenide. Un primo accenno alla

diversit dellinterpretazione labbiamo fornito con la nostra produzione, lespressione

non dice pensare e essere sono la stessa cosa bens apprensione ed essere stanno in

un rapporto di coappartenenza reciproca (questo il modo in cui Heidegger ha

tradotto la frase celebre di Parmenide t gar at hoeh stih te ca ehai ve la

rileggo apprensione ed essere stanno in un rapporto di coappartenenza reciproca, ma

cosa significa ci?) La frase viene a parlare in un certo senso delluomo (s perch

ovvio che se si parla del pensare, si parla delluomo, visto che abbiamo stabilito

che lunico ente che ha questa caratteristica) ed pertanto pressoch inevitabile che

si incominci con lintrodurvi la rappresentazione abituale delluomo tanto che in tal

modo si giunge a far intendere quella che, secondo lesperienza greca, lessenza

delluomo, sia che questo fraintendimento avvenga nel senso del concetto cristiano, sia

di quello moderno delluomo o nel senso di una scialba e vuota mescolanza dei due. Ma

questo fraintendimento nel senso di una rappresentazione non greca delluomo ancora

il male minore, ci che risulta veramente fatale il fatto che si smarrisce assolutamente

e di primo acchito la verit della proposizione, poich senzaltro in essa che si compie

la decisiva determinazione dellesser uomo, noi dobbiamo dunque nellinterpretarla

scartare non soltanto questa o quella rappresentazione inadeguata delluomo ma

addirittura qualunque rappresentazione, dobbiamo cercare di intendere solo ci che in

essa viene detto. (a un certo punto introduce la questione dellinquietante)

Luomo t deintanon ci che vi di pi inquietante fra tutto linquietante,

deintanon viene dalla parola greca deinn e la traduzione che ne abbiamo data

esige una spiegazione. Questa pu essere data proprio solo in base a una visione

preliminare, la parola deinn ambigua, da un lato il deinn designa il terribile, lo

spaventoso ma ci che appare tale non nei confronti di una meschina pusillanimit e

ancor meno in quel senso frivolo e vuoto in cui si usa da noi la parola quando si dice

terribilmente gentile. Non in questo senso, il deinn il terribile, nel senso

dellimporsi predominante, che provoca ugualmente il timor panico, la vera angoscia,

cos come il timore discreto meditato raccolto. La violenza, la prepotenza rappresentano

il carattere costitutivo essenziale dellimporsi stesso (abbiamo visto che ci che si

impone lapparire, la la indicava come il dischiudentesi imporsi, quindi parla di violenza in questo imporsi della cosa) nel suo irrompere questo pu rimanere

in s la sua forza prepotente con ci esso non diventa inoffensivo tuttaltro ma ancor

pi terribile, per altro verso deinn significa il violento nel senso di colui che esercita

la violenza non solo ne dispone ma che violento in quanto che luso della violenza il

carattere fondamentale non solo del suo agire ma del suo stesso essere. (Lessente nella

sua totalit in quanto si impone il predominante, nel primo senso quello che

provoca timore eccetera, ora luomo in un primo senso deinn in quanto

appartenendo per essenza allessere, risulta esposto a questo predominante,

predominante dellessere, della in particolare. Luomo in pari tempo deinn perch colui che esercita la violenza, non solo la subisce la violenza

della cosa che l e che si impone apparendo, ma lui stesso che violento) Egli

raccoglie limporsi e lo reca in unapertura (questa per Heidegger la violenza.

Raccoglie questo raccoglimento, vi ricordate? anche un raccogliere il lgos cio

quando interviene il lgos c un raccogliere qualche cosa e lo esercita. Accoglie

limporsi della e la espone alla poesia, alla produzione, perch questo gesto sempre un gesto comunque attivo, per Heidegger, mai passivo, non c un subire

un qualche cosa) Dunque perch traduciamo deinn con inquietante? proprio

perch il deinn risulta riferito nella sua massima intensit e ambivalenza allessere

delluomo che lessenza di tale essere deve essere considerata senzaltro nel suo aspetto

decisivo. Ma la caratterizzazione del violento come linquietante non per caso una

determinazione derivata (dato che prende in considerazione il modo come il

violento agisce su di noi) mentre si tratterebbe precisamente di intendere il deinn

come in se stesso. Noi concepiamo linquietante come quello che estromette dalla

tranquillit (questa la cosa importante) ovvero sia dal nostro elemento,

dallabituale, dal familiare, dalla sicurezza inconcussa. Ci che insolito dunque, non

familiare non ci permette di rimanere nel nostro elemento ed in ci che consiste il pre-

dominante. (Il pre-dominante qualche cosa che si impone, imponendosi non

lascia stare tranquilli) non lascia le cose come stanno. Ma luomo quanto vi di pi

inquietante non soltanto perch svolge la sua essenza in mezzo allinquietante cos

inteso ma lo perch fuoriesce, sfugge da quei limiti che gli sono anzi tutto per lo pi

familiari in quanto, come colui che esercita la violenza, trasgredisce i limiti del

familiare e ci proprio in direzione dellinquietante inteso come il predominante (in ci

dunque consiste il predominante, ci che non ci permette di rimanere nel nostro

elemento quieto eccetera ma luomo quanto vi di pi inquietante, non soltanto

perch svolge la sua essenza in mezzo allinquietante cos inteso, cio inquietante

non soltanto perch abita il permanere violento di una cosa ma lo perch

fuoriesce, sfugge quei limiti che gli sono anzi tutto e per lo pi familiari in quanto

come colui che esercita la violenza trasgredisce i limiti del familiare e ci proprio in

direzione dellinquietante inteso come il predominante. E cio ogni volta che si

progetta, ogni volta che decide, che fa qualche cosa, che vuole muovere un

aggeggio da qui a l, compie, compie un atto di violenza. Su questo poi Severino ha

ripreso delle cose e forse ne parleremo. Quindi luomo autentico preso in una

trasgressione continua, perch lui tutte queste cose, in Heidegger luomo,

lessere, lesserci, il progetto, tutte queste cose sono come facce di una stessa

questione, questo il capovolgimento, lo stravolgimento che operato Heidegger

rispetto alla filosofia che lo ha preceduto. La filosofia contemporanea, da Cartesio

fino a Husserl c sempre luomo da una parte e lessere da unaltra, Heidegger

toglie di mezzo tutto ci, sovverte questa posizione per cui non c pi lessere da

una parte e luomo dallaltra, luomo che deve considerare lessere anzi, questo

sempre ci che lui ha considerato come una posizione metafisica perch

considerandolo cos lo oggettivizza e lo trasforma in ente quindi parla dellente e

non dellessere, lessere ci che lo coinvolge, lo travolge continuamente) (in

Heidegger sempre lo stesso straniante di Freud?) (la parola sempre la stessa:

un opposizione, il non Un-heimliche familiare, il domestico, il tranquillo, il

noto, il sereno. Se proseguiamo Heidegger un esercizio di pensiero, dopo

approcceremo la questione della tecnica, sempre di Heidegger, cercando di

intendere ci che a noi principalmente interessa e cio come la tecnica costituisca

insieme con la metafisica, che ne il suo presupposto e la sua origine, come sia

fatto, nella tecnica, il modo di operare della fantasia di potenza. Che cosa intende

Heidegger quando parla di tecnica? La per Heidegger loperato delluomo. Vi ricordate la distinzione tra e . ci che appare avendo in s, mantenendo in s la causa della propria origine e la propria

finalit, la invece il manufatto, ci che opera delluomo e quindi non ha in s la propria causa. Riporta lesempio che fa Aristotele nella Fisica, dice che c

lalbero e c il letto, entrambi sono di legno, ma lalbero produce un altro albero, il

letto non produce un altro letto: lalbero la , il letto la . Adesso cos pi chiaro forse. Quindi lagire delluomo che manipola lente, perch pu fare

questo? Perch ha dimenticato lessere, perch sembra, anche se non lo dice,

almeno non mi pare in modo esplicito, che originariamente nei presocratici e forse

anche prima non cera lesigenza di volgere lessere in ente, e cio di farne un

oggetto da manipolare e quindi in teoria lasciando stare lessere non ci sarebbe

stata la fantasia di potere, per questa unelucubrazione mia del momento,

diciamo che si pu trarre in qualche modo da ci che lui dice, perch se la tecnica

il prodotto della metafisica e ha come movimento necessario loggettivazione

dellessere, allora se questa oggettivazione non c ma lessere pu apparire come ,

adesso usiamo termini un po banali, allora non c pi la manipolazione, non c

pi il controllo, cio nulla di tutto ci risulta necessario perch lascia stare lessere.

Lo lascio apparire dunque, lo accolgo e mi trovo preso in questo essere

continuamente (per noi, il gioco linguistico che abbiamo costruito quello del

linguaggio ovviamente, noi affermiamo che gli umani non possono sottrarsi a

questa fantasia di potere, perch data dalle affermazioni e dal lavoro del

linguaggio mentre costruisce) Heidegger non aveva conoscenze sufficienti per

intendere il funzionamento del linguaggio, per lui il linguaggio per un verso la

dimora dellessere, perch senza luomo che parla non c niente, ma anche un

ostacolo. Sembra che abbia interrotto la stesura di Sein und Zeit (Essere e Tempo),

che prevedeva un seguito, a causa del fatto che si scontrato con il linguaggio,

cio si trovato di fronte a un linguaggio insufficiente a dire quello che voleva

dire. Questo si dice sia avvenuto e la domanda da dove viene una fantasia di

potenza? non pu essere intesa se non si intende il funzionamento del linguaggio

ovviamente, a noi interessa intendere come, infatti lho detto prima, sia

concettualmente, cio attraverso unanalisi precisa dellintervento della tecnica nel

pensiero e sia anche per una portata retorica, mostrare per quale motivo la tecnica

oggi cos potente, cos efficace, lo sempre stata ma oggi forse di pi, forse, non

affatto sicuro. Il motivo per cui ciascuno vuole avere sempre lultimo ritrovato

della tecnica, il motivo per cui ha fiducia che la tecnica possa risolvere ogni cosa.

La tecnica pu fare molto certo ma, come diceva sempre Heidegger, la scienza

non pensa cio non si occupa propriamente di che cosa sta facendo, fa delle cose,

esegue delle procedure ma non sa propriamente che cosa sta facendo, in questo

senso non pensa non in senso negativo, ma nel senso che la scienza non si pone

questo obiettivo, fa altro, non pensa se stessa, cio la scienza non dice che cosa se

stessa: la matematica non dice che cos la matematica, la matematica dice come

si compiono certe operazioni ma non dice che cos matematica. Si potrebbe

anche dice che la matematica lesecuzione di operazioni secondi certi algoritmi,

ma non risponde propriamente alla domanda di Heidegger.

21-1-2014

Ricordate che lultima volta eravamo rimasti sulla questione dellinterpretazione.

Si chiede Heidegger: Quale interpretazione la vera? Quella che non fa che desumere

la sua prospettiva da ci che risaputo, ovvio, abituale o quella che mette radicalmente

in discussione la prospettiva abituale, in quanto potrebbe essere, e di fatto cos, che

tale prospettiva non conduca affatto verso quello che si tratta di scorgere?

Indubbiamente rinunciare a ci che abituale per ritornare verso uninterpretazione

problematizzante costituisce un salto, per saltare occorre prendere il giusto slancio,

questo slancio che decide di tutto in quanto significa che noi stessi riproponiamo

realmente le domande, e solo in esse ci costruiamo le prospettive. Questo daltra parte

non un procedere arbitrario e ancor meno attenendosi a un sistema assunto a norma

ma soltanto per entro e in base alla necessit storica, alla necessit dellesserci storico

(sta dicendo che questo domandare non pu porsi se non allinterno di un

orizzonte storico cio delluomo in quanto esserci, cio in quanto allinterno di un

progetto che soprattutto storico, un progetto che non viene dal nulla, un

progetto che sempre comunque prodotto dalla sua storia, dalla sua esistenza)

lgeih e noen raccoglimento e apprensione costituiscono una necessit e un

far violenza contro il predominante (il predominante vi ricordate era il permanere

della ) ma in pari tempo anche sempre a suo favore, cos quanti esercitano violenza dovranno provare pur sempre un moto di spavento di fronte a questo uso della

violenza non potendo tuttavia indietreggiare, in questo vuoto di spavento pur nella

volont di dominare deve per un attimo brillare la possibilit che il dominio sul

predominante si conquisti nel modo pi sicuro e pi pieno quando si conservi

semplicemente allessere ossia allo schiudentesi imporsi che si fa presente in s come

logos, come insieme raccolto dei contrari la sua latenza inibendogli cos in un certo ogni

possibilit di apparire (sta dicendo molto semplicemente che la metafisica che

deve dominare le cose, per questo che ha la necessit di stabilire e di determinare

la realt, di bloccare loggetto, di renderlo analizzabile, quindi il dominio sul

predominante () lobiettivo della metafisica propriamente) Allazione violenta del pi inquietante compete questa audacia quella di rifiutare allapparire del

predominante ogni apertura per giungere cos a padroneggiarlo (sta parlando della

metafisica) innalzandosi fino ad esso per il fatto di precludere alla sua onnipotenza il

luogo dellapparire ( la metafisica che impedisce allessere di manifestarsi,

allessere di apparire, di venire alla luce) se non che rifiutare una tale apertura

allessere non significa per lesserci che questo: rinunciare alla propria essenza (cio

rinunciando allapertura, rinunciando allessere da parte della metafisica si

rinuncia allesserci, dice Heidegger, cio alla vita autentica in definitiva) Questo

richiede di uscire dallessere oppure di non entrare mai nellessere // Non aver mai

assunto lesserci me fsai vien detto delluomo come di colui che in questa essenza

assimilato alla come raccoglitore di questa (luomo assimilato alla vuol dire che lui stesso che immagina di diventare lessere) Questa fsai sono usati per significare lessere delluomo mentre lgos impiegato nel senso di

Eraclito come lordine predominante dellessente nella sua totalit (vi ricordate che

Eraclito aveva detto, almeno questa era linterpretazione di Heidegger, che il logos

quellordinare dellessere, ci che pone ordine) Questa parola del poeta esprime

lintimo rapporto dellesserci allessere e alla sua apertura menzionando quello che

rappresenta la maggiore distanza dallessere (il non esserci ci che pi distante

dallessere il non essere ovviamente) qui si mostra la pi inquietante possibilit

dellesserci quella di infrangere il predominio dellessere esercitando la suprema

violenza contro se stesso (questa la possibilit dellessere, il non essere come

possibilit dellessere ed la cosa che per Heidegger risulta la pi inquietante)

Questa possibilit non costituisce per lesserci una vuota scappatoia, egli stesso

(lesserci) questa possibilit per il fatto stesso di essere giacch in quanto esserci

necessario che in ogni far violenza egli si infranga sullessere. // La pi alta vittoria

sullessere rappresentata dal non esserci (potete intendere qui il non esserci come

la metafisica) Lesserci la necessit costante della disfatta, della sempre nuova

insorgenza dellatto di violenza contro lessere e cio in modo che lonnipotenza

dellessere costringe letteralmente lesserci ad essere il luogo del suo apparire e come tale

lo domina circondandolo e pervadendolo e lo mantiene nellessere, (dice che la pi alta

vittoria sullessere rappresentata dal non esserci, il modo pi potente per

sconfiggere lessere, il non esserci semplicemente, quindi lesserci la necessit

costante della disfatta e della sempre nuova insorgenza dellatto di violenza contro

lessere, perch lesserci contiene questa possibilit di non essere) A dire una

separazione di lgos e ma non si tratta ancora di una secessione del logos,

questo significa che il lgos non si pone ancora di fronte allessere dellessente e non

appare ancora di fronte a lui in modo da attribuirsi in quanto ragione una

giurisdizione sullessere ed assumere su di s e regolare la determinazione dellessere

dellessente, (questa separazione tra lgos e di cui parla dice che ancora non un allontanamento, una eliminazione del logos, cio non si pone ancora di fronte

allessere, non si contrappone ancora allessere questo avviene con la metafisica

originariamente no, vi ricordate che logos era uno dei modi di indicare lessere)

A ci il logos (infatti qui lo scrive non pi in greco ma in caratteri latini per

indicare questa differenza cio quando intende logos come ragione quindi non

pi come era inteso, sempre secondo Heidegger, dai presocratici e cio come uno

dei modi dellessere) a ci il logos arriva solo allorch enuncia la sua originaria

essenza in quanto lessere come viene coperto e travisato (appunto) ne consegue un mutamento dellesserci delluomo, la lenta conclusione di questa storia in cui da

lungo tempo viviamo costituita dal predominio del pensiero concepito come ratio

(logos appunto) e sia nel senso che di intelletto che di ragione sullessere dellessente

(quindi comincia a parlare della vittoria del logos inteso come ratio sullessere,

quindi della metafisica sulla potremmo dire) a questo punto che incomincia lalternativa fra razionalismo e irrazionalismo (cio a seguito di questo) alternativa

che si presenta ancora oggi sotto tutti i travestimenti possibili e sotto le pi contrastanti

denominazioni, lirrazionalismo solo la debolezza divenuta palese e il fallimento

finale del razionalismo e per ci esso stesso una forma di razionalismo.

Lirrazionalismo rappresenta una scappatoia dal razionalismo ma tale da non

condurci in territorio libero bens da irretirci ancor pi nel razionalismo

(razionalismo qui sempre inteso in accezione di logos latino quindi come ratio

appunto) mentre cos dissimulato esso risulta maggiormente pericoloso potendo

seguitare cos il suo gioco indisturbato (lui sta affrontando adesso questa questione

come avvenuto ci che avvenuto? e cio che gli umani a un certo punto dopo

i greci, dopo lautentico modo di porsi dei greci, questo lgos che originariamente

per i greci autenticamente era lessere non era distinto dallessere, dopo

diventato la ratio latina, si chiede come potuta accadere questa cosa) Vediamo

ora come si giunge a questa secessione, a questa priorit del logos (di nuovo scritto in

latino) nei confronti dellessere? Come avviene la determinazione decisiva, la

separazione di essere e pensare? (vi ricordate? la famosa frase di Parmenide essere e

pensare sono lo stesso) Si tratta anche qui di una storia che possiamo disegnare a

grandi linee incominciando dalla fine chiediamo come si presenta il rapporto fra

e lgos (scritto in greco) al termine della filosofia greca in Platone e

Aristotele ? come viene intesa la , qual la forma e il ruolo che il lgos ha assunto? Come si giunge a questa fine? In che consiste il motivo vero e proprio della

trasformazione avvenuta? (questo importante perch da questa secessione del

logos dalla diventando il logos dei latini, della ratio, questo ha coinciso con labbandono dellessere e cio nel passaggio dallautentico allinautentico,

alluomo, come dice Heidegger in Essere e Tempo, alluomo della chiacchiera,

dice:) Primo punto: Allessere finisce da ultimo per imporsi la denominazione

predominate e basilare di a ( a questo secondo lui lelemento

intermedio quello che ha consentito il passaggio fra la come essere e il logos come ratio) da allora fino a oggi linterpretazione dellessere come a domina

lintero corso del pensiero Occidentale attraverso tutti i suoi sviluppi questa origine

spiega anche il fatto in quello che costituisce la grande definitiva conclusione della

prima fase del pensiero Occidentale il sistema di Hegel, la realt del reale, lessere in

senso assoluto concepito come a e viene cos espressamente designato. Ma cosa

significa che in Platone la viene interpretata come a? (perch per Heidegger la colpa tra virgolette di Platone, stato lui ad avviare tutta questa

catastrofe) di fatto innegabile che linterpretazione dell essere come a risulta

dallesperienza fondamentale dellessere come (cio viene da l) essa per cos dire una conseguenza necessaria della concezione dellessenza dellessere come

apparire schiudentesi (cio dice che questo passaggio dallessere in quanto alla viene proprio dal fatto che lessere un apparire schiudentesi che la

forma autentica della manifestazione dellessere) infatti non vi pi nulla che

rappresenti un allontanamento oppure una defezione dal principio (certamente no)

ma se ci che una conseguenza essenziale viene elevato al rango stesso dellessenza

collocandosi al suo posto che cosa succede? (sta dicendo che sembra una conseguenza

questa del passaggio dellessere come allidea di Platone, dice allora il declino e questo produce necessariamente, a sua volta, specifiche conseguenze)

cos avvenuto, il fatto decisivo rimane non gi che la sia stata caratterizzata come idea ma che lidea si ponga come interpretazione unica e determinante dellessere.

Possiamo facilmente apprezzare la distanza che intercorre tra le due interpretazioni

valutando la diversa prospettiva in cui si muovono anche queste due determinazioni

essenziali dellessere la e la. La lo schiudentesi imporsi, lo star l in s ( stabilit, Parmenide lo poneva in questo modo) a levidenza concepita

come darsi alla vista, (badate bene qui a in accezione greca, non come ci che

poi ne seguito anche se mantiene in parte il concetto greco e cio come il

manifestarsi, levidenza) una determinazione dello stabile in quanto e soltanto in

quanto sta di fronte a un vedere (lidea per il greco levidenza) ma la come schiudentesi imporsi gi anche indubbiamente un apparire, solo che lapparire

ambiguo, apparire vuol dire anzitutto il raccoglientesi portarsi in posizione

dellinsieme raccolto e cos stare (qui ci ha messo dentro tutto: il raccoglientesi, ci

che raccoglie il logos, si mette in posizione, nella sua posizione, questo lo stare,

lo stare della ) ma apparire significa allora anche nello stare gi presentare una faccia, una superficie, una evidenza che si offre alla vista. Ma il frammento di

Parmenide non dice forse gi che lessere e lapprensione sono reciprocamente connessi

e quindi anche laspetto veduto il vedere? certo che al vedere compete un veduto,

ma da ci non consegue che lesser visto come tale debba e possa determinare da solo la

presenza del veduto (non ha mica tutti i torti, non cos automatico che lessere

visto in quanto tale possa determinare da solo la presenza del veduto, io posso

vedere ci che non c) il frammento di Parmenide non dice affatto che lessere debba

venire inteso solo in base allapprensione ossia come qualcosa di semplicemente appreso

ma invece che lapprensione esiste per lessere (sta dicendo che si sta attuando un

passaggio tale per cui si giunge a immaginare che lessere incomincia ad essere

inteso solo in base allapprensione, a ci che mi si evidenzia, questo il passaggio

chiave, mentre invece per Heidegger, secondo lui per il pensiero autentico

lapprensione esiste per lessere, mentre nella metafisica lessere esiste perch lo

prendo, lo apprendo, capite che esattamente il contrario: Parmenide non dice

affatto che lessere debba venire inteso solo in base allapprensione, come dire che

non dipende dallapprensione, ossia come qualcosa di semplicemente appreso,

lessere, ma invece sempre Parmenide dice che lapprensione che esiste perch c

lessere) Lapprensione deve aprire lessente in modo da riportarlo al suo essere (questo

ci che dovrebbe fare lapprensione e cio apre lessente in modo da riportarlo al

suo essere, assumendolo nel che? nel che cosa? del suo presentarsi e cio in

questo caso mantiene la domanda fondamentale. Mentre la metafisica considera

loggetto, e in base a questa evidenza desume lessere, invece dice Heidegger che

esattamente il contrario. Se qualcosa si evidenzia perch c lessere nella quale

apertura possibile la presenza dellente) Daltra parte linterpretazione dellessere

come idea fa s che non soltanto una conseguenza essenziale risulti falsata in quanto

presa per lessenza stessa ma che ci che risulta in tal modo falsificato venga a sua

volta frainteso e tutto ci si verifica pur sempre nel corso dellesperienza e della

concezione greca dellessere (quindi non un cosa recente sta dicendo Heidegger,

infatti appunto Platone, Aristotele eccetera) La in quanto evidenza viene a

costituire il che cosa dellessente, la quiddit, (la quidditas il che cosa, lente) in

base a questo significato lessenza ossia il suo concetto risulta del pari ambiguo infatti

un essente sussiste, si impone, chiama e compie quanto gli compete compreso

precisamente il conflitto. Un essente sussiste come questo e quello, ossia risulta

determinato come un quid (gi, ma lessere no, lessere non un quid) come risulta

nel passaggio dalla alla il t stih? il che cosa? e come lti stih, il che se ne distingue contrapponendoglisi (cio si sta chiedendo come ha fatto lessere, la

a diventare un qualche cosa cio un ente, che esattamente ) non qui il caso di approfondire laccenno che gi stato fatto allorigine essenziale della

distinzione di essentia ed existentia // Dal momento comunque che lessenza

dellessere posta nella quiddit (lidea, ci che si evidenzia, la mia apprensione

delloggetto) questultima in quanto costituisce lessere vero e proprio dellessente

diventa anche quanto vi di pi essente nellessente (il passaggio ormai compiuto,

dice Heidegger, come idea, come evidenza, come apprensione, ci che si apprende diventa lui stesso essere immaginariamente ma non lo e si scambia a

questo punto lessere con lente) questa idea a sua volta lessente per leccellenza

ntowj n, lessere come idea ora promosso al rango di essente per eccellenza e

lessente stesso che era dianzi predominante decade al livello di ci che per Platone

chiama m n (lente) ci che propriamente non dovrebbe essere e di fatto anche

propriamente non in quanto deforma sempre lidea, la pura evidenza con il

realizzarla, con lincarnarla nella materia (questa tra virgolette la follia di

Platone e di tutt