Esperienza operaia; e psicologia dellavoro Esperienza ... · continuamente, il modello di analisi e...

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Esperienza operaia; e psicologia dellavoro A conclusione di un lungo lavoro comune tra tecnici della salute e operai iniziato died anni fa sui temi dell'ambiente di lavoro, e nata, dal confronto diretto tra esperti di psicologia del lavoro e delegati-operai (come esperti di strategie atte a modificare l'organizzazione del lavoro) nell'ambito delle 150 ore conquistate dai metalmeccanici, questa ricerca, svoltasi come seminario di psicologia presso la Facolta di Magistero dell'Universita di Torino. Da essa scaturisce una nuova dimensione dell'organizzazione informale di fabbrica e una nuova ipotesi che puo servire di base ad una diversa psicologia del lavoro e per nuovi e piu avanzati terreni di scontro per una diversa organizzazione del lavoro; e scaturisce altresi un'immagine dell'operaio non piu soltanto sotfoposto allo sfruttamento e all'alienazione rna capace, nella fabbrica, di fare esperienze, capace di esprimere giudizi di valore, capace di strutturare risposte organizzate che hanno valore culturale, capace di produrre una strategia atta a risolvere la propria condizione di operaio. Un modello positivo di operaio in quanto produttore « attuale », non futuro, che mancava nella cultura dominante e che supera gli stretti orizzonti della coscienza dello sfruttamento per allargarsi a quelli della coscienza dell'egemonia. Un modo piu ampio di porre il rapporto tra l'uomo comune e lo scienziato, tra la pratica e la teoria, tra la scienza e l'esperienza. Un modo piu ampio di affrontare il problema di « come produrre » e di capitalizzare l'esperienza operaia di lotta contro la nocivita del lavoro. Questa nuova ipotesi pone all'organizzazione sindacale l'esigenza di recuperate in termini culturali, organizzativi e di strategia generale, la ricchissima esperienza operaia sull'organizzazione del lavoro. Prezzo L. 1.000 (945) EDITRICE SINDACALE ITALIANA 1 Oddone - .£.. Ile - G. Drlan1e Esperienza opera1a e psicologia dellavoro

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Esperienza operaia; e psicologia dellavoro

A conclusione di un lungo lavoro comune tra tecnici della salute e operai iniziato died anni fa sui temi dell'ambiente di lavoro, e nata, dal confronto diretto tra esperti di psicologia del lavoro e delegati-operai (come esperti di strategie atte a modificare l'organizzazione del lavoro) nell'ambito delle 150 ore conquistate dai metalmeccanici, questa ricerca, svoltasi come seminario di psicologia presso la Facolta di Magistero dell'Universita di Torino. Da essa scaturisce una nuova dimensione dell'organizzazione informale di fabbrica e una nuova ipotesi che puo servire di base ad una diversa psicologia del lavoro e per nuovi e piu avanzati terreni di scontro per una diversa organizzazione del lavoro; e scaturisce altresi un'immagine dell'operaio non piu soltanto sotfoposto allo sfruttamento e all'alienazione rna capace, nella fabbrica, di fare esperienze, capace di esprimere giudizi di valore, capace di strutturare risposte organizzate che hanno valore culturale, capace di produrre una strategia atta a risolvere la propria condizione di operaio. Un modello positivo di operaio in quanto produttore « attuale », non futuro, che mancava nella cultura dominante e che supera gli stretti orizzonti della coscienza dello sfruttamento per allargarsi a quelli della coscienza dell'egemonia. Un modo piu ampio di porre il rapporto tra l'uomo comune e lo scienziato, tra la pratica e la teoria, tra la scienza e l'esperienza. Un modo piu ampio di affrontare il problema di « come produrre » e di capitalizzare l'esperienza operaia di lotta contro la nocivita del lavoro. Questa nuova ipotesi pone all'organizzazione sindacale l'esigenza di recuperate in termini culturali, organizzativi e di strategia generale, la ricchissima esperienza operaia sull'organizzazione del lavoro.

Prezzo L. 1.000 (945)

• EDITRICE SINDACALE ITALIANA

1• Oddone - .£.. Ile - G. Drlan1e

• • Esperienza opera1a e psicologia dellavoro

Editrice Sindacale ltaliana Roma, Corso d'Italia, · 25 0 1974, Copyright by

Tip. Salemi, Roma - ottobre 1974

1. Oddone - A.. Re - G. Drlan1e

Esperlenza operata e psl~olo;;la dellavoro

8 Editrice Sindacale ltaliana

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PREMESSE

La psicologia dellavoro e una delle discipline il cui svi­luppo e stato piu ,rigidamente condizionato dalla Iotta di dasse e dalla natura di classe dello sviluppo scientifico. Quindi la storia della psicologia del lavoro ~ strettamente legata alia storia dei modi di produzione ed alle risposte che a questi modi di produzione ha dato il movimento operaio.

Per questa ragione diventa estremamente riduttivo in­tendere la storia della psicologia del lavoro come una succes­sione di modelli teorici non omogenei, a cui il tecnico fa ri­ferimento nelle studio del lavoro esecutivo e del rapporto uomo-ambiente di fabbrica.

Se intendiamo invece la psicologia del lavoro come l'in­sieme di tutta l'elaborazione relativa all'ambiente di fabbri­ca, prodotta dagli uomini che in questo ambiente svolgono funzioni differenziate come tecnici, come organizzatori o co­me esecutori del lavoro, in una storia della psicologia del lavoro tre aspetti vanno considerati essenziali, in quanto de­finiscono altrettante modalita di approccio e strategie di so­luzione al problema del rapporto uomo-ambiente di lavoro.

In primo luogo l'aspetto tradizionalmente scientifico, che compare nelle riviste specializzate e nei trattati di psicologia industriale; l'altro aspetto, piu importante, che e quello dei criteri psicologici che informano l'organizzazione dellavoro; un altro ancora, estraneo alia psicologia del lavoro tradizio­nale, per cui la psicologia del lavoro si caratterizza come psi­cologia dei lavoratori, quindi comprensiva della esperi~a .

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operaia e della elaborazione di questa esperienza, che possia­mo definire esperienza informale.

Lo studio scientifico del lavoro industriale inizia con una definizione estremamente riduttiva del campo di ricerca, limitato al rapporto uomo-macchina in senso stretto.

L'esperienza che permette una soluzione soddisfacente di questo rapporto e quella considerata come rilevante, rna nello stesso tempo irrilevante come fenomeno autonomo, da­to che si ignora, nel modello teorico, l'esperienza informale.

C..on queste limitazioni, la storia della psicobgia della­voro come ergonomia si ridurrebbe ad una attivita tecnica di scarso interesse scientifico, se non si creassero nel corso del­la ricerca i presupposti per dei momenti di ridefinizione del­l'immagine dell'uomo che lavora, presente nel modello teori­co, tali da modificare i piani di controllo e di impiego della componente umana nel sistema uomo-macchina.

In una prima fase la psicologia del lavoro, condividen­do l'immagine dell'uomo come equivalente delle « braccia » (e la definizione della manodopera nell'Inghilterra di un se­colo fa) che sta alia base dell'organizzazione del lavoro in cui e chiamata a intervenire, si sviluppa sostanzialmente come fisiologia applicata.

Le ricerche svolte in questa prospettiva forniscono una prima classificazione dei compiti e delle operazioni rispetto al costo energetico, utilizzano esperimenti di laboratorio per una definizione dei valori limite di tollerabilita e di nocivita, portano alia complicazione di manuali che presentano in for­ma sistematica i risultati e sintetizzano i criteri antropometri­ci, ambientali e spazio-temporali da rispettare nella progetta­zione di un posto di lavoro funzionale aile esigenze e alle ca­ratteristiche fisiologiche dell'operatore, definite secondo cri­teri statist1d.

Precise ragioni belliche determinano un improvviso mu­tamento di indirizzo negli studi ergonomici, in coerenza con lo sviluppo di una tecnologia nella quale il posto dell'uomo e caratterizzato da due elementi decisivi.

In primo luogo la necessita di ottenere la massima fida­bilita del sistema uomo-macchina, o meglio dei sistemi uomi-

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ni-macchine, garantendo in particolare la fidabilita dell'uo­mo per gli enormi costi dei sistemi stessi.

II Secondo elemento e rappresentato dal fatto che in questi sistemi uomini-macchine-ambiente di tipo bellico, l'in­tegrazione dell'uomo nel sistema e garantita dalla volonta de­gli uomini stessi e implicita nella logica di progettazione, che condiziona la realizzazione del prog~tto ai risultati della spe­rimentazione effettuata con l'operatore.

Accanto a questa ristretta visione del sistema uomo­macchina o uomo-macchina-ambiente che dalla fisiologia ap­plicata si sviluppa secondo un suo filo conduttore sino al si­stema uomo-automa e che non va piu in la di una concezio­ne fisiologica, neurofisiologica o neuro-cibernetica del lavo~ voratore, si sviluppa in modo autonomo una psicologia del lavoro che incomincia a riconoscere all'uomo che lavora una qualita sociale, di « essere » motivato anche da qualcosa di diverso dall'incentivo salariale e dalla paura della disoccupa­zione e quindi della fame.

Si scopre con Mayo che nella fabbrica i lavoratori si ag­gregano secondo delle affinita legate ad attivita umane diver­se da quelle lavorative, che i gruppi che ne derivano hanno i loro leaders} che gli uomini lavorano e producono piu in fun­zione della « soddisfazione » che non in funzione del gua-dagno.

La scoperta della organizzazione informale presente nel-la fabbrica accanto a quella produttiva (formale), la scoperta che e questa organizzazione informale a produrre giudizi di valore su tutte le decisioni della organizzazione del lavoro apre la strada ad una ricerca della psicologia del lavoro che tende continuamente a fare in modo che l'organizzazione in­formate possa essere diretta, recuperata dalla direzione del­l'azienda. L'esempio piu noto di questa politica e quello -del­le human relations.

Con le ricerche di Mayo e dei suoi continuatori (Herz-berg e Maslow fra gli altri), l'organizzazione dellavoro non cambia: l'uomo, considerato come un essere che ha bisogni sociali di aggregarsi e di esprimere dei giudizi di valore sulla fabbrica, resta comunque un gorilla ammaestrato per il qua-

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le 1' « ufficio tempi e metodi » deve predeterminare i movi­menti e i tempi.

E' solo in questi ultimi dieci anni che si e andato po­nendo il problema di una possibile organizzazione del· lavo­ro diversa, sotto lo stimolo delle risposte ineguali della clas­se operaia come serie di individui ( assenze, turnover, sabo­taggio) e delle risposte organizzate del movimento operaio ( controllo della corrispondenza tra organico e produzione, ri­gidita dell'uso della manodopera, proposte di parziali modifi­che dell'organizzazione del lavoro e richiesta di una diversa organizzazione del lavoro ).

Questa domanda ha prodotto una psicologia del lavoro che tende a recuperate e gli aspetti dell' ergonomia e gli aspet­ti derivati dall'approccio di Mayo e ancora il prodotto delle lotte di classe per la modifica dell'organizzazione del lavoro a livello della coscienza operaia.

A questa punta e necessaria ricordare il secondo aspetto della psicologia del lavoro, di cui parlavamo all'inizio, cioe quello piu importante: i criteri psicologici che informano l'organizzazione dellavoro.

E' indubbio che ancora oggi questi criteri sono quelli di Taylor: l'uomo che lavora non deve pensare rna eseguire, all'esperto dei tempi e dei metodi che puo utilizzare, bene o male non importa, tutte le conoscenze della psicologia del lavoro specie per l'aspetto ergonomico, spetta il compito di indicate i gesti da compiere e il tempo necessaria per com­pierli.

Ma e certo anche che l'uso dei criteri di Taylor, quindi la rigidita dell'organizzazione formale, determina per l'uomo che dovrebbe eseguir,e senza pensare uno stato di necessita, la cui soluzione passa attraverso il massimo sviluppo della esperienza informale.

La stessa organizzazione tayloristica sollecita infatti, in prima luogo, la scoperta e la trasmissione di « astuzie » che, utilizzando una diversa gestualita, riducono il tempo di lavo­ro e negano la presunzione degli esperti di saper organiztare la sequenza gestuale.

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Un effetto secondario determinato da un lato da questa prima modalita di fare esperienza, dall'altro dall'organizza­zione tayloristica in cui questa esperienza si forma, e la ne­cessita di elaborate una strategia per difendere, nel rappor­to con la gerarchia aziendale, il tempo conquistato ed evitare la sottrazione dellSt correzione gestuale, che comporterebbe il ripristino della condizione precedente, in termini di tempo e di fatica.

Questa strategia operaia, in quanto passa dalla ricerca di un «one best way» personale all'interno del modello me­clio imposto dall'organizzazione produttiva, alia comunicazio­ne e alla trasmissione ai compagni di lavoro delle modifiche individuali, a delle proposte collettive di riorganizzazione del lavoro, presuppone la validazione di un'immagine della realta di fabbrica e del rapporto uomini-fabbrica che non coincide affatto con quella propria della organizzazione formale.

Per la psicologia del lavoro, riconoscere l'esistenza di questa immagine, intesa come rappresentazione organizzata dell'ambiente di lavoro, la sua storia e la storia delle strate­gie che ne derivano, significa in primo luogo rinunciare al ten­tativo di spiegare dall'esterno il comportamento dell'uomo nella fabbrica, come risultato di una motivazione economica o come espressione di bisogni genericamente umani.

Per chi svolge in questa ambiente Ia funzione di tecnico, di medico o di psicologo del lavoro, significa soprattutto re­cuperate una possibilita di verificare, quindi di arricchire continuamente, il modello di analisi e il piano di intervento di cui dispone.

Data che, nella psicologia dellavoro tradizionale, l'espe­rienza del tecnico si costruisce essenzialmente sull'appropria­zione dell'esperienza informale, la possibilita che il tecnico ha di fare esperienza e definita dalle forme e dal livello che il modello teorico gli permette di riconoscere all'interno del momenta esecutivo. II tecnico taylorista studia il comporta­mento operaio, quindi « impara », in termini di gestualita, il tecnico delle human relations in termini di motivazioni.

Molto diversa e la collocazione e la funzione del tecnico che riconosce nel lavoro esecutivo un continuo processo di

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apprendimento attraverso l'esperienza, la trasmissione e la riflessione collettiva su questa esperienza.

La « soddisfazione » non nasce allora dalla soluzione del rapporto con la macchina o con i compagni di lavoro, in ter­mini di gestualita e di human relations, rna dalla coerenza tra la realta di fabbrica (l'immagine della realta di fabbrica) e l'immagine globale della propria esistenza che gli uomini si sono formati. ·

II confronto e la contraddizione di queste immagini de­terminano la necessita, non sempre la credibilita, di un piano per dportare il lavoro al suo significato psicologico, quindi creano la condizione per un processo di apprendimento attra­verso una strategia che modifichi l'ambiente di lavoro.

Si tratta di un processo continuo, perche nessuna stra­tegia rappresenta la soluzione definitiva al problema dell'adat­tamento, attualmente possibile solo come elaborazione di una strategia per produrre strategic adeguate ai cambiamenti.

Una storia dell'esperienza operaia in questa sensa, co­me storia di soluzioni, non esiste ancora nella psicologia del lavoro. II rifiuto di riconoscere l'esperienza informale ha ra­gioni culturali e di interesse di classe, non ha una giustifi­cazione scientifica.

AI contrario e senza dubbio piu corretta, da un punta di vista scientifico la ipotesi contraria, secondo cui l'appren­dimento, la coscienza dell'apprendimento in questa processo collettivo di ergonomia concreta, come coscienza della intel­ligenza collettiva e di una possibilita egemonica, rappresen­tano gli elementi centrali per una prospettiva di sviluppo del­la psicologia del lavoro.

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I- UN CAMBIAMENTO DI PARADIGMA NELLA MEDICINA E NELLA PSICOLOGIA

DEL LAVORO?

It processo di formazione della strategia sull' ambiente di lavoro

Intorno agli anni '60 in ltalia, paese nel quale il taylo­rismo si afferma in modo completo e generalizzato solo nel '45 e dopo, incominciano a delinearsi non solo delle rispo­ste organizzate, come gia si sono avute in Italia e negli altri paesi negli anni precedenti, all'organizzazione dellavoro tay­loristica, rna si tenta anche, da parte del movimento sinda­cale, d'individuare gli aspetti teorici fondamentali in queste risposte. Inizia una ricerca, dapprima incerta e poi via via piu precisa e definita, intorno ai modelli interpreta.tivi delfa real­ta di fabbrica che si formano negli operai di fronte alle cre­scenti difficolta dovute all'intensificazione dei ritmi ed alia persistenza di una situazione di estrema nocivita all'interno della fabbrica.

In altre parole il grosso problema della nocivita dell'am­biente di lavoro viene affrontato in termini nuovi.

Per definire concretamente il nuovo approccio a1 proble­ma della nocivita dell'ambiente di lavoro ci serviremo soprat­tutto dell'esperienza torinese che ci sembra rappresentativa come tentativo di creazione di una nuova « cultura » in sen­so gramsciano.

Nel riassumere questa esperienza utilizzeremo il lavoro di uno di noi 1

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« Il processo di formazione della linea sull' ambiente di lavoro si puo considerare caratterizzato da tre fasi: una prima fase che potremmo definire "illuministica", nella quale si da importanza preminente alta socializzazione delle scoperte scientifiche tradizionali,- una seconda fase nella quale si sea­pre e si privilegia la scientificita della classe operaia sui pro­blemi della salute nei luoghi di lavoro, fase nella quale la li­nea sindacale sull' ambiente di lavoro si definisce come un sz­stema complesso di interventi (derivati dalla socializzazione delle scoperte scientifiche tradizionali e di quelle della classe operaia), qualificati dalla "non delega" dalla "validazione consensuale" e dagli strumenti di conoscenza della realta,- una terza fase nella quale questa linea sull' ambiente di lavoro esce dalla fabbrica come modello per informare la linea sanitaria.

Nella prima fase l'elemento-guida e rappresentato dalla fiducia che Ia socializiazione delle scoperte, cioe l'informazio­ne sui possibili effetti di certe sostanze o situazioni produttive, sia un elemento determinante nel decidere il sindacato, la clas­se operaia, a rimuovere tutte le cause della nocivita ambien­tale da lavoro. Si raccolgono dati sulla nocivita da amianto e sulla nocivita da silice, si convincono alcuni medici e psicolo­gi a raccogliere dati, a tenere lezioni sulla nocivita ambien­tale da lavoro a sindacalisti ed a gruppi operai che sponta­neamente denunciano le situazioni di nocivita della proprta fabbrica; si inizia un process a di "sensibilizzazione' sui pro­blemi degli ambienti di lavoro. Il presupposto e che la clas­se operaia e il sindacato non sono sensibili ai problemi della salute ( e questa sembra confermato dai contratti, da tutto il !oro modo di operare), e pertanto spetta ai tecnici illuminati svolgere questa funzione di sensibilizzazione ...

Il rapporto fra "socializzatori" e "socializzati" resta di tipo tradizionale; pertanto, nel momenta in cui il problema arriva alta fase della decisione, il sindacato e il gruppo operaio cercano di "delegare" il medico buono e di farlo incontrare con il medico cattivo, cioe il medico di /abbrica, per risolvere la questione ...

Questa e il caso dell'esperienza Farmitalia. Nel 1961 alla Camera del lavoro di Torino si era creata una situazione

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particolare per la recente immissione, nell' attivita camerate, di elementi almena fino ad alfora estranei all' organizzazione .. cioe di tecnici: assistenti sociali, studenti e medici. Per la pri­ma volta, almeno in termini concreti, in rapporto a quella che puo essere la nostra esperienza, un'indagine fatta dal sin­dacato chimici, scaturita dalla denuncia operaia di una situa­zione di nocivita ambientale insostenibile, trovava partecipi, nella fabbrica e nel sindacato, un certo numero di tecnici i quali davano alia ricerca un significato diverso da quello tra­dizionale. Incominciava un processo in cui si cercava di iden­tificare le cause dei disturbi lamentati dagli operai; si cerca­va di ricostruire, secondo un certo metoda, tutte le caratteri­stiche del reparto: il numero degli operai, i loro orari, i loro disturbi e malattie, la cubatura dell' ambiente, le qualifiche, le sostanze usate, i prodotti di degradazione del processo pro­duttivo, i mezzi di protezione, la funzione reale del medico di fabbrica e i criteri in base ai quali operava ...

Ma era stato commesso un errore di fonda, da cui era dipeso in buona parte l' esito non positivo della lott'a. Si era partiti sz dalle denunce operaie, dall'osservazione dei gruppi operai avendo come elemento di riferimento delle situazioni reali, ma si era cercato lo sbocco al di fuori della realta ope­raia della fabbrica:

1) tentando di ritrovare nella letteratura medica e so­prattuto di delegare agli specialisti, in particolare ai medici, la spiegazione dei disturbi lamentati dagli operai;

2) passando da quella che era la politica di fatto del sindacato - cioe la monetizzazione del danno alla salute -ad una posizione estrema che si esprime nello slogan "la sa­lute non si vende", il cui valore e assolutamente indiscuti­bile, ma senza dargli un significato concreto, in una situazio­ne nella quale la spinta alta denuncia della condizione lavora­tiva si accompagnava all'esigenza di un aumento salariale, il quale faceva scattare inevitabilmente una soluzione che pas­sava "sopra la testa" dei lavoratori. Gli obiettivi erano trop­po ambiziosi percbe erano soltanto delle enunciazioni; non si era ancora costruita una linea, e neanche si erano chiaritt

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i termini della partecipazione operaia alle soluzioni dei pro­blemi della nocivita ...

Questa prima esperienza lasciava l'impressione che i no­di del problema fossero: le forme di partecipazione della clas­se operaia, il ruolo del medico nella fabbrica, e gli indici del­la nocivita ambientale del lavoro. Pero la strada lungo la quale si muoveva restava ancora solo quella dell'utilizzazione della cultura e della letteratura scientifica, per socializzare le funzioni valide, rigettando quelle considerate non valide ...

Le discussioni al sindacato portarono infine a una rifles­sione sul significato della denuncia della nocivita ambientale, da parte della classe operaia. In un prima tempo era stata considerata come un momenta estremamente positivo, in quanta esprimeva la sensibilizzazione della classe operaia ( o meglio di quel gruppo operaio di un reparto o di una fabbri­ca) rispetto ai problemi della salute nella fabbrica. In un se­condo tempo fu considerata invece come un momenta steri­le, in quanta non poneva delle soluzioni precise, ma riaffidava la soluzione dei problemi al padrone e ai tecnici del padro­ne, all'organizzazione capitalistica dello Stato.

Considerata invece da un altro angola visuale, la denun­cia apparve come la risultante di un processo, piuttosto com­plesso dal punto di vista scientifico, che conteneva gia le pre­messe di conoscenza indispensabili per costruire un sistema efficiente. Infatti la denuncia era il frutto di un'esperienza in genere relativ'a a un periodo di tempo molto lungo. Questa esperienza si matura in un gruppo che vive quotidianamen­te questa stessa esperienza e che registra gli effetti dell' am­biente a carico dei componenti del gruppo. Questa esperien­za, quindi, serve a far nascere il gruppo come entita sogget­tiva ed e una forma grossolana ma estremamente valida di epidemiologia, la quale considera il fenomeno malattia non sulla base di un singolo caso, ma sulla base di un insieme di casi. Infatti nella fase della "osservazione spontanean, il grup­po operaio esprime la nocivita della propria situazione non soltanto facendo riferimento ai disturbi dei singoli compo­nenti, che compaiono con una frequenza, valutata empirica­mettt'e, maggiore di quella casuale in confronto con gruppi

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che vivono in condizioni diverse; ma indica, nel numero di infortuni e nella percentuale di assenti dal lavoro, uno degli indici della nocivita dell' ambiente di lavoro. La "osservazione spontanea" presenta un altro carattere interessante: non con­sidera diversamente gli effetti dannosi sulla mente e quelli sull'organo, non distingue fra gli elementi tradizionali e gli elementi nuovi della nocivita. Nell'osservazione spontanea c'e una considerazione globale delle conseguenze somatopsichiche in rap porto all' ambiente, vis to come l' insieme delle condizio­ni di lavoro.

Sulla base di questa scoperta collettiva, passammo allora alla seconda fase, cioe a quella in cui, partendo dalla osserva­zione spontanea del gruppo, si e cercato di affrontare i proble­mi della nocivita in termini di soluzioni che il gruppo stesso era capace di costruirsi. Queste soluzioni del gruppo dovevano avere come base la socializzazione delle scoperte: in primo luogo l'osservazione spontanea, in secondo luogo le scoperte scienti/iche (socializzate) e in terzo luogo l'utilizzazione della osservazione spontanea di altri gruppi che vivono in una con­dizione di lavoro diversa.

Per rendere possibile questa trasmissione di esperienze, all'inizio difficile anche tra reparti di una stessa fabbrica ma interessati a processi produttivi diversi, si rese necessaria un modello comune di analisi che permettesse di analizzare sia gli ambienti di lavoro nei quali prevalevano i disturbi psichici, sia gli ambienti nei quali prevalevano le malattie professio­nali tradizionali. Questa andava avanti di pari passo con la consapevolezza che la socializzazione delle scoperte era anche un grosso p1·oblema di linguaggio, e che !'errata valutazione di una mancanza di _sensibilita della classe operaia rispetto ai problemi della salute, era in parte legata a questa fatto.

Esistevano elementi di notevole importanza da indagare: il primo era quello del linguaggio medico o psicologico, in particolare. L' as sol uta ignoranza della fisiopatologia e della psicologia, cost come si e andata costruendo in termini clas­sisti cioe in termini di esclusione, da una parte tagliava fuori la classe operaia dalla possibilita di usare la letteratura (in particolare tutta quella ricchissima di dati sugli effetti nocivi

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degli ambienti di lavoro sulla salute) ... Quindi, sia l'edificio culturale della medicina del lavoro, sia quello della psicolo­gia industrir;le, legata a tutto cio che gli psicologi di fabbrica hanna bisogl,Zo di conoscere per portare avanti l'utilizzazione del fattore umano, erano esclusi dalla portata della classe operaia. D' altra parte questa divario di linguaggio metteva il medico o lo psisocologo in condizioni di non potere utilizza· re, anche volendolo, tutto il patrimonio di esperienza di lot· te e di sofferenze legate all' ambiente di lavoro, perche espres­se in un "gergo" operaio, intraducibile per il medico e lo psicologo.

La necessita di un modello di analisi comune alta classe operaia, la necessita di un linguaggio comunicante tra tecnici e operai, la necessita di operare insieme per affrontare delle situazioni concrete, porto alta decisione di tentare di costrui­re un linguaggio, nella sua accezione piu vasta, comune a ope­rai in produzione, sindacalisti, medici e psicologi; valido cioe come linguaggio "universale" relativo all'ambiente di lavoro. Il processo di costruzione di questa linguaggio, che andava avanti di pari pas so con l' elaborazione di una linea che sca­turiva dalla esperienza, aveva ancora un grosso ostacolo: non era chiaro a chi doveva essere adeguato il modello; il con­cetto di classe operaia e troppo generico, mal identificabile come interlocutore. In altre parole, il modello di linguaggio, in senso lata, doveva essere un modello adeguato al sindaca­lista (il quale, come il medico, puo avere di fronte una infi­nita di situazioni diverse), oppure alta Commissione interna, al gruppo di reparto?

La scelta derivo ovviamente dalla valutazione centrale che era venuta avanti,.,relativa alla "osservazione spontanea". L' osservazione spontanea sulla nocivita di una determinata situazione lavorativa e legata all' esperienza e alta crescita del gruppo omogeneo rispetto alia nocivita. E se ci fu all'inizio - e c' e ancora, per certi aspetti - una certa confusione sul concetto di gruppo operaio omogeneo, che implica immedia­tamente una confusione sul concetto di ambiente di lavoro, e perche alta definizione di questo concetto partecipa ancora in modo insufficiente la classe operaia, non sul piano di una

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definizione astratta ma sul piano di una identificazione con l'elemento centrale di riferimento, non solo per la latta con~ tro la nocivita ma per la sua lotta di classe in generate.

La terza fase, nella costruzione di una linea autonoma sull'ambiente di lavoro, e rappresentata dal collegamento tra la fabbrica e il resto della societa. L' ambiente di lavoro e a mio giudizio quell'insieme di condizioni che caratterizzano il sistema produttivo attuale; il gruppo operaio omogeneo sea­pre i rapporti tra questa insieme e i propri disturbi secondo un criteria scientifico, perche epidemiologico e perche am­bientale. Esportando all' esterno questo modello, si ripropone l'epidemiologia e la ricerca delle cause delle malattie nell'am­biente di vita ( ambiente di lavoro piu il res to dell' ambiente sociale). Solo se questi sono gli elementi di riferimento, la ri­forina sanitaria puo i.zvere dei contenuti nuovi. Non solo. Se il gruppo avra imparato ad usare la "non delega" all'interno dei luoghi di produzione, la usera o insegnera ad usarla an­che fuori della fabbrica; e se il consenso del gruppo sara di­ventato lo strumento per convalidar.e la tollerabilita all'inter­no della fabbrica, non vedo perche non possa diventarlo atz­che all'esterno, per un gruppo piu vasto. Gli strumenti di co­noscenza nella fabbrica, cioe la registrazione permanente dei dati che caratterizzano l' ambiente e dei dati relativi alta salu­te del gruppo (considerata non solo come somma dei singo­li componenti) e ovvio che saranno propagandati, e cost pure sara rivendicato per i propri figli, per tutti, il libretto di ri­schio e il libretto sanitaria.».

La formazione di un linguaggio comune

L'esigenza di tentare la creazione di un nuovo linguaggio sull'ambiente di lavoro fu risolta nel 1969 con la dispensa « L'ambiente di lavoro » della F.L.M. (Federazione lavorato­ri metalmeccanici). La dispensa e nata come un modello in­terpretativo che utilizza delle categorie gia presenti alia men­te degli operai (ma disaggregate) e come primo tentativo di

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creazione di un linguaggio « universale » (o meglio l'essen­ziale di un linguaggio « universale ») sull'ambiente di lavoro.

Fine di questo linguaggio e di rendere possibile la cornu·· nicazione delle scoperte scientifiche da parte dei tecnici nei confronti della classe operaia e delle scoperte scientifiche dei gruppi omogenei tra di loro e i tecnici. Dalla proposta di lin­guaggio della dispensa sull'ambiente di lavoro e derivato, in questi ultimi quattro anni, un linguaggio comune alia classe operaia ~ agli operatori sindacali perche, la dispensa e stata usata, come modello di analisi dell'ambiente, in corsi sinda­cali che hanno interessato decine di migliaia di persone.

La dispensa sull'ambiente di lavoro e caratterizzata dal­la presenza di diversi modelli parziali di analisi, il cui intrec­cio determina la globalita del modello interpretative. Schema­ticamente questi modelli parziali sono:

1) un modello di analisi dell'ambiente che si rifa alie im­magini comuni a tutti gli uomini. Se consideriamo i fattori nocivi ali'interno della fabbrica, esistono dei fattori che l'ope­raio (come ognuno di noi) puo riconoscere rifacendosi al mo·· dello di abitazione, doe: rumore, temperatura, illuminazione, umidita, ecc., questi elementi vengono raggruppati nel primo gruppo; il secondo gruppo di fattori comprende i fattori che sono presenti alia mente, quando pensiamo ad una fabbrica, quindi: polvere, fumi, gas, radiazioni, ecc.; il terzo gruppo e costituito da un unico fattore: la fatica fisica, l'attivita mu­scolare; il quarto gruppo comprende tutti i fattori stancanti diversi dalla fatica fisica ( termine derivato dallinguaggio sin­dacale; fatica industriale nel linguaggio della psicologia del lavoro) che sono poi quelli piu caratterizzanti dell'attuale or­ganizzazione del lavoro.

2) un modello storico relativo alia variazione di inten­sita degli elementi nocivi presenti nella fabbrica, che permet­te la comparazione tra le nocivita tradizionali (primi tre grup­pi di fattori) e queUe attuali (quarto gruppo di fattori). Que­sta comparazione storica permette di registrare un primo suc­cesso della classe operaia che obbliga la parte padronale a risanare gli ambienti di lavoro in modo da ridurre la nocivi-

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ta dovuta ai primi tre gruppi di fattori. Questo primo suc~es­so permette di aprire il discorso sull'organizzazione dellavo· ro, tema inesistente, fino a tre anni fa, nell'ambito delle lotte sindacali.

3) un modello d'analisi che permette di Iegare il model­lo comune con quello scientifico, doe quali sono i danni alia salute piu frequenti dovuti ai quattro gruppi di fattori. Quali sono gli effetti nocivi: infortuni, malattie aspecifiche, ma­lattie professionali, imputabili ai singoli fattori: luce, rumore, temperatura, umidita, ventilazione, gas-polveri, vibrazioni, ra­diazioni ionizzanti, lavoro fisico, ritmi eccessivi, monotonia, ripetitivita, ansia, responsabilita, posizioni disagevoli.

Inoltre questo modello parziale fornisce una serie di cri~ teri (nati in buona parte dall'esperienza operaia) per conte­stare sui piano della scientificita i criteri secondo i quali sono stabiliti i M.A.C. (massimi accettabili di concentrazione) di una data sostanza. Questi M.A.C. sono il risultato di espe­rienze internazionali e si basano sulla presunta esistenza di un « uomo medio » che lavora in un ambiente « medio »; ta­li valori non possono percio tenere in alcuna considerazione la illimitata gamma di variazioni ambientali e soprattutto il giudizio degli operai interessati.

4) un modello dinamico per controllare la nocivita; bi­sogna conoscere: quali fattori nocivi sono presenti? In che

· quantita? E con quali effetti? Per poter svolgere l'indagine sulla nocivita manca il soggetto e percio:

5) modello: il gruppo operaio omogeneo, doe il grup­po di lavoratori che vivono una esperienza di gruppo facda­facda, sottoposti alia medesima nodvita ambientale, e che in anni di lavoro hanno compiuto una (sia pur grossolana) analisi epidemiologica sull'ambiente (posseggono la storia epi­demiologica del gruppo, doe gli effetti causati negli anni dal­la nodvita).

Hanno cos!, attraverso la sodalizzazione delle singole os­servazioni spontanee, validato consensualmente dai giudizi sulla nodvita presente nell'ambiente di lavoro.

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,;;r'

Dal gruppo operaio omogeneo e dalle sue sovra-aggrega­zioni, · gruppo di reparto, di fabbrica, ecc. sono partite delle proposte in due direzioni:

a) una proposta di nuovi strumenti conoscitivi: registri dei dati ambientali, registri dei dati biostatistici, libretto di ri­schio, libretto sanitaria, i quali non costituiscono solamente una memoria per i lavoratori di una data fabbrica o per i tecni­ci della salute, rna arricchiscono la medicina del lavoro tra­dizionale (e non) imponendo il riconoscimento di una realta ( quella degli uomini concreti storicamente determinati) igno­rata, almeno ufficialmente, dalla medicina dellavoro ufficiale.

b) una proposta che assegna ai gruppi dei lavoratori un ruolo attivo nella trasformazione della fabbrica, cioe dell'at­tuale organizzazione dellavoro, in quanto viene riconosciuto che solo partendo dall'esperienza operaia e dai modelli deri­vati e possibile modificare, e non solo di nome, l'attuale mo­do di organizzare gli uomini che lavorano.

Il significato di un cambiamento di prospettiva

Si puo parlare di una « rivoluzione scientifica » che in­veste la medicina e psicologia dellavoro? Secondo l'imposta­zione del Kuhn noi pensiamo si possa parlare di « rivoluzio­ne scientifica » all'interno della psicologia e medicina della­voro per due motivi. In primo luogo perche un elemento prescientifico entra con prepotenza nella fabbrica e vuole una risposta che il paradigma della medicina e psicologia del la­voro non e in grado di dare.

Questo elemento prescientifico e caratterizzato essen­zialmente dalle richieste di eliminare di fatto, dall'ambiente di lavoro, tutti gli elementi dannosi alia salute dell'uomo, in­tesa come completo stato di benessere psicofisico. Questa do­manda di salute e intimamente legata ad una profonda diffi­denza nei confronti dei medici di fabbrica e degli psicologi di fabbrica, inoltre pone in discussione la capacita della medici­na dellavoro e della psicologia dellavoro, non solo di appor-

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tare delle modifiche significative, rna anche di proporre delle soluzioni dal punto di vista teorico.

Sulla inadeguatezza delle tradizionali soluzioni tecniche cosl si esprimeva, al Convegno Gramsci del '73, F. Novara 2

:

« Chi esce dalla clinica e dal laboratorio deve imparare - in fabbrica - a leggere una realta per la quale puo essere inadeguato il corredo di categorie della tradizionale formazio­ne scientifica. Nel suo incontro diretto con i gruppi di operai (indispensabile poiche la situazione reale di gruppo e la fonte degli atteggiamenti e dei comportamenti) e con i singoli, im­para che comprendere scientificamente significa tradurre nel linguaggio proprio dei concetti scientifici il testo fornito dal­l'esperienza originaria delle persone colte direttamente, non attraverso i limiti e i diaframmi di categorie che fanno passa­re - anche in questo caso - dall' analisi alta astrazione smar­rendo le persone concrete. Si tratta di comunicare con un mo­do di essere, non di porre un oggetto; si deve comprendere il rapporto esperienza interna-comportamento (rapporto "di cui la · scienza naturale non sa nulla") senza escludere nessu­no dei due; comprendere il senso per i so[!.getti - e quindi l'organizzazione intrinseca nel vissuto - di cio che e sotto­posto alle spiegazioni causali bio-neuro-psicologiche, cioe di condizionamenti e di meccanismi che hanno significato in funzione delle persone e del modo in cui sono da esse speri­mentati ».

Da questa domanda di salute nasce una modellizzazione in termini di Immagini e di Piani che recupera i lavori sulla gerarchizzazione nell'apprendimento 3

, li recupera in modo implicito, cioe si ricollega a quei primi studi sulla modalita di apprendimento, cioe sulla capacita di fare esperienza, su­perandoli largamente in quanto non solo si individua questa capacita di fare esperienza, rna si precisano i soggetti delia esperienza, gli elementi dell'esperienza, le modalita di espe­rienza. Si precisano in questo ·processo di modellizzazione, gia alcuni elementi del rapporto fra esperienza e scienza limitata­mente alia medicina e alia psicologia del lavoro.

II secondo elemento, seguerido i concetti del Kuhn, chc puo dare a questo cambiamento il significate di una rivolu-

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zione scientifica e la proposta di un nuovo paradigma. II nuo­vo paradigma deriva dal cambiamento non solo dell'oggetto, rna del soggetto stesso della psicologia dellavoro.

Dall'osservazione esterna, che lo psicologo dellavoro fa dell'oggetto, doe l'uomo che lavora, mentre compie dei mo­vimenti predeterminati secondo una rigida gestualita e secon­do tempi fissati dalle norme dell'MTM o TMC che rendono questi esecutori uguali a se stessi in tutte le parti del mon­do, ovunque si produca secondo criteri tayloristici, si passa, o meglio si propone di passare, ad un'osservazione fatta dal­l'interno.

Questo « interno » viene individuate nel gruppo operaio omogeneo, in quanto esposto aile stesse condizioni di nocivita.

Dal procedimento analitico a un approccio globale

Parlare soltanto di un passaggio da una osservazione esterna ad una osservazione fatta dall'interno none sufficien­te per comunicare il profondo cambiamento che si ha quando, dall'approccio scientifico tradizionale, si passa, secondo Ia proposta sindacale, all'approccio nuovo che deriva dall'espe­rienza operaia. Cercheremo di caratterizzare Ia vecchia situa­zione e la nuova situazione.

Nella vecchia situazione, quella scientifica tradizionale, l'oggetto dell'osservazione e rappresentato dall'ambiente fisi­co e dagli uomini che in questo ambiente (reparto, officina, fabbrica) si trovano ad operate.

L'osservazione e finalizzata in ogni caso a una misura­zione oggettiva che passa attraverso un procedimento analiti­co e l'uso di strumenti che interessano da una parte il fisico e if chimico, dall'altra il medico e lo psicologo. L'approccio tra­dizionale compotta infatti un processo di scomposizione e quindi di misurazione dell'ambiente (in senso stretto) nei singoli elementi (microclima, polveri, gas, fumi); dell'uomo, considerate da un punto di vista fisico, in dati antropometri­ci, elementi obbiettivi, analisi di singole sostanze nei liqui­di organici, al limite prove funzionali specifiche.

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Dal punto di vista psicologico, i criteri di misura sono gli stessi: dal profilo attitudinale al carico percettivo, al si­'stema uomo-macchina, si tratta sempre di misurare oggetti­vamente degli dementi singoli, individuati attraverso un pro­cedimento analitico.

L'ambiente globale viene scomposto in elementi fisici, biologici e psicologici che a loro volta vengono sottoposti ad una nuova disaggregazione per arrivare alia misurazione di microelementi ambientali ( che comprendono l'uomo) i qua­li, partitamente, vengono confrontati con dei valori standard considerati accettabili.

In sostanza si misura, rna non si valuta; Ia valutazione e un processo che avviene in una seconda fase, nella quale si confrontano i valori ottenuti dalle misurazioni con delle tabelle standard. Da questo confronto deriva rigidamente una valutazione di rischio, o di non rischio, di cui non si pre­vede un processo di verifica.

Questo processo e in sostanza assolutamente analogo al procedimento usa to dall' « ufficio tempi e metodi » per quan­

·. to riguarda l'organizzazione del lavoro, sia per le modalita di scomposizione e di misurazione impiegate, che per Ia cor­relazione dei dati elementari con dei valori standard e per la presunzione che esista, e sia definibile dal tecnico, un unico valore scientificamente corretto.

Non- si tenta, d'altra parte sarebbe impossibile farlo, di ricomporre l'insieme, cioe l'~omo e l'ambiente, e tanto meno si tiene canto della soggettivita, doe del modo nel quale gli uomini vivono l'insieme delle condizioni di lavoro in cui so­no immersi.

II nuovo modello, quello che deriva dall'esperienza ope­raia, e invece essenzialmente caratterizzato dalla globalita dell'approccio e dal segno del giudizio di valore.

La sequenza del madelia tradizionale e scomporre per misurare, valutare i singoli microelementi e da queste micro­valutazioni derivare una valutazione globale, escludendo com­pletamente l'uomo come soggetto di valutazione.

II nuovo modello comporta in prima luogo una valuta­zione globale di accettabilita e di non accettabilita da cui de-

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riva solo in un secondo tempo l'individuazione di elementi considerati particolarmente nocivi o dannosi o fastidiosi, da rimuovere.

L'obiettivo dell'intervento tradizionale e la conoscenza ( estremamente parziale e rigidamente oggettiva anche per gli aspetti psicologici); l'obiettivo del nuovo approccio e la tra­sformazione a favore dell'uomo (questa presuppone ancora la conoscenza, rna una conoscenza pili valida, coerente aile esigenze dell'uomo che lavora). In conclusione la nuova mo­dellizzazione nega l'uomo media non solo dal punta di vista della capacita lavorativa, rna anche dal punta di vista della tollerabilita aile situazioni di nocivita, siano esse dovute a tossici, siano esse dovute a fatica eccessiva, fisica o mentale.

La nuova modellizzazione propane di sostituire l'obiet­tivo dell'intervento medico-psicologico e propane coerente­mente di sostituire alia misura la valutazione, e agli strumen­ti meccanici il giudizip di una nuova entita, il gruppo operaio omogeneo, come portatore di un'esperienza validata consen­sualm'ente, sia dal punta di vista sincronico che dal punta di vista diacronico. II modello di gruppo operaio omogeneo na­sce quindi come strumento vivo di una valutazione che ha come obiettivo il cambiamento del reparto, dell'officina, della fabbrica, lungo la linea di una eliminazione di tutti gli ele­menti nocivi alia salute dell'uomo.

All'inizio pero il gruppo operaio e ancora visto in modo oggettivo: una prima definizione com porta 1' esigenza di in­dividuate il gruppo operaio omogeneo nel gruppo di operai che, vivendo faccia a faccia, e esposto alle stesse conClizioni di nocivita.

Questa approccio prevalentemente oggettivo si puo spie­gare col fatto che il modello di gruppo operaio omogeneo · na­sce come esigenza medica, non psicologica, e anche quando si considerano gli aspetti psicologici dell'ambiente si fa rife­rimento alia possibilita che questi elementi producano ma­lattie.

E' ancora un approccio ambiguo che ricupera sl tutti gli aspetti della scientificita operaia, rna li ricupera soltanto ai fini della difesa della salute. Questa approccio medico, pur

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interessando anche gli aspetti psichiatrici, non pone ancora con chiarezza il gruppo come soggetto attivo capace di affton­tare le radici del taylorismo e di superare l'immagine del go­rilla ammaestrato.

II gorilla, che si pub ammaestrare e incentivare, che de­ve anche essere motivato dal punto di vista delle possibili soddisfazioni, risulta anche capace di fare esperienza relati­vamente alia pericolosita dell'ambiente in cui vive, rna sem­bra conservare la sua qualita di gorilla. Infatti il nuovo pa­radigma fa fatica ad affermarsi, perche lo stereotipo dell'ope­raio capace solo di eseguire senza pensare comporta l'inter­pretazione dell'esperienza operaia mediante un modello simi­le a quello utilizzato per l'apprendimento animale.

Nel prima come nel secondo caso, infatti, l'apprendi­mento rispetto aile condizioni ambientali viene definito es­senzialmente come un tentativo di schemi di comportamento senso-motorio che vengono eliminati o rafforzati in base al successo, rna sempre senza prendere coscienza della possibi­lita di niodificare le concrete condizioni ambientali {nel caso specifico dell'operaio, l'organizzazione del lavoro).

Non si attribuisce all'operaio, a causa di questa stereo­tipo, una coscienza nel senso dell'« essere presente », rna i1 semplice significato di una reazione che porta al condiziona­mento.

Il passaggio ad una nuova modellizzazione

Noi pensiamo che questa immagine dell'operaio rappre­senti in realta qualcosa di pili di uno stereotipo, sia doe l'uni­co modo corrente di considerate l'operaio. In altre parole l'immagine dell'operaio, non solo nell'ambito della medicina del lavoro, rna talora anche nell'ambito degli ambienti sin­dacali, corrisponde all'immagine di un soggetto (sottoposto o no a sfruttamento, alienato o no, a seconda del modello politico) inca pace, nella fabbrica, di fare. esperienza, inca pace di esprimere dei giudizi di valore, incapace di strutturare del­le risposte organizzate che abbiano un valore culturale, inca-

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pace di produrre una strategia atta a risolvere la propria con-dizione di operaio. '

Lo stereotipo del gorilla ammaestrato e un modello che puo solo o riprodurre se stesso oppure produrre un'immagi­ne che potremmo dire « speculate », quella del gorilla da re­dimere e da liberate.

Mancando nella cultura dominante, comprendendo- in questo anche il modello marxiano, un modello positivo del­l'operaio in quanto produttore « attuale >~, non futuro, capa­ce non solo di riflettere sulla propria condizione di sfruttato e di alienato, rna capace anche di produrre delle risposte a livello di coscienza individuate o di gruppo faccia a faccia, stenta ad affermarsi un nuovo modo di considerate la psi­cologia dei lavoratori.

Infatti, come abbiamo prima sottolineato, il modello di gruppo operaio omogeneo si e formato sulla base dell'esigen­za di individuate uno strumento di valutazione della nocivita. Ha rappresentato il superamento della dimensione individua­le, cioe della soggettivita in senso stretto individuando nella validazione consensuale (complessa dinamica di modelli indi­viduali, derivati o no dall'esperienza diretta) il processo psi­cologico fondamentale, rna ha prodotto una situazione con­traddittoria. La contraddizione deriva dalla incoerenza fra il nuovo modello proposto e i vecchi modelli culturali presenti nella mente degli stessi sindacalisti e degli stessi operai (non­che dei medici e degli psicologi del lavoro ).

I vecchi modelli hanno infa,tti alcune caratteristiche qualificanti: pongono il primato della medicina del lavoro come scienza rispetto alia psicologia del lavoro, il primato dell'oggettivita nei confronti della soggettivita, il primato del­l'analisi rispetto alia sintesi e infine il primato del giudizio del tecnico, portatore dei modelli culturali di ordine generale, rispetto al giudizio degli operai « ignoranti » (relativamente a quei modelli scientifici) anche se ricchi di esperienza.

Solo nella misura in cui l'esperienza del gruppo si affer­ma per il suo portato culturale e scientifico, imponendosi per il suo significate di verifica incomincia a delinearsi Ia con-

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traddizione fra vecchi e nuovi modelli e incomincia a defi · nirsi meglio il nuovo modello.

II concetto della scientificita della medicina e della psi­cologia del lavoro viene messo in crisi proprio perche la ve­rifica, attraverso l'esperienza degli operai, ne mette in evi­denza il carattere sovrastrutturale, soggettivo e inadeguato. Non si tratta di una critica a livello teorico, derivata come

· quella marxiana da modelli culturali generali, si tratta di una messa in crisi a partire dall'ultimo anello del processo che porta dalla produzione scientifica teorica all'applicazione in precise e ben definite situazioni di repar~o e di squadra.

In un primo momento si tratta quindi di individuare una nuova entita, il gruppo operaio omogeneo, come stru­mento vivo di verifica di tutte queUe categorie di compati­bilita o incompatibilita dei singoli elementi delle situazioni ambientali, rispetto all'uomo, dal punto di vista bio-psico­logico. E' uno strumento vivo, rna imprigionato dalle carat­teristiche del vecchio modello che sono l'oggettivita, l'ana­lisi, l'incontestabilita del giudizio tecnico-scientifico.

Solo nella misura in cui il gruppo operaio diventa co­sciente di se ( e/ o si rende necessaria la coscienza dell'« es­sere presente » nel modello del gruppo operaio omogeneo) si chiariscono alcuni aspetti essenziali della nuova modelliz­zazione.

II primo aspetto e rappresentato dalla scientificita del giudizio del gruppo e dalla definizione dei caratteri di questa scientificita. La validazione consensuale e vista in un prinio tempo come un processo attraverso il quale gli elementi di un'esperienza grossolana, intesa come reazione alle situazio­ni di nocivita, vengono confrontati per individuare un tmcleo comune che porta ad un semplice giudizio di accettabilita o non accettabilita. In un secondo momento viene ticonside­rata anche dal punto di vista diacronico e come nuova model-lizzazione. · ·

Si mette infatti in evidenza che il gruppo e portatore non solo dell'esperienza « grezza » dei singoli componenti, rna dei giudizi di coloro che hanno lasciato il gruppo, acqui­siti attraverso la trasmissione dei dati dell'esperienza e dei

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giudizi di valore che ne sono derivati. Ci si rende canto che i modelli culturali scientifici esercitano una lora influenza, sia sui modo di fare esperienza, sia sulla formulazione dei giu­dizi di accettabilita. Si scopre doe che la validazione consen· suale nel gruppo e un processo che ha una sua continuita sto­rica ed un collegamento col con testa socioculturale ( dentro e fuori la fabbrica).

Da questa processo storico e da questa legame col con­testa socioculturale generale deriva un modo peculiare del gruppo di collegare i dist~rbi e le malattie del gruppo all'am­biente. Deriva doe un approccio epidemiologico ed ecologico il cui fine e la prevenzione. Viene in tal modo caratterizzato ulteriormente il paradigma che si impone alia scienza ufficia­le strutturando finalmente ( o almena indicando le linee di strutturazione) di una ricerca scientifica che, riconoscendo al­cuni elementi di sovrastrutturalita, soggettivita e inadegua­tezza, tende a superarli.

II nuovo modello che deriva dal gruppo operaio omoge­neo verifica le proprie possibilita egemoniche diventando og­getto di dibattito nella Societa Italiana di Medicina del La­voro e obiettivo delle contrattazioni sindacali che tendono ap­punto alia ristrutturazione della ricerca scientifica nel campo della medicina e della psicologia dellavoro.

La conquista dei registri dei dati ambientali e biostatisti­ci (e dei libretti sanitari e di rischio) rappresenta l'avvio al pas­saggio da una conoscenza scientifica limitata a poche ricer­che ad una ricerca basata sulla registrazione della quasi tota­lita dei dati (tendenza al superamento della soggettivita); da una ricerca fortemente condizionata. non solo dai modelli scientifici imperanti, rna dal diretto intervento padronale ad una ricerca nella quale i gruppi operai si orooongono come protagonisti ( tendenza al superamento dell'inadeguatezza); da una ricerca, esdusivamente caratterizzata dai modelli cultu­rali coerenti al sistema, ad una ricerca capace di produrre una fluova modellizzazione caine frutto di una dialettica tra model­Ii scientifici generali "e, modelli emoirici ( tendenza al supera-mento del carattere sovrastrutturale ). "

n passaggio decisivo nella nuova modellizzazione si ha

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al momenta in cui diventa cosciente alia presenza degli ope­rai, almena alia coscienza di alcuni gruppi, il processo di mo­dellizzazione e, di conseguenza, il valore di questa processo. Infatti neUe lotte sindacali della fine degli anni sessanta i nuovi strumenti di potere della classe operaia all'interno del­la fabbrica tendono ad adeguarsi al modello del gruppo ope­raio omogeneo: il delegato si afferma come delegato di grup­po operaio omogeneo e la fabbrica, come entita psicosociolo­gica, si definisce come Consiglio di fabbrica, cioe come con­siglio dei rappresentanti dei gruppi operai omogenei.

A ulteriore conferma del nuovo tipo di coscienza della modellizzazione, a cui ha data origine il modello del gruppo operaio omogeneo, ci pare importante sottolineare che: 1) il delegato e espressione unicamente della validazione con­sensuale del gruppo in quanta e eletto su scheda bianca; 2) la gestione di tutte le conquiste contrattuali e affidata al gruppo operaio omogeneo e al suo delegato; 3) il problema centrale della democrazia in fabbrica viene dibattuto in ter· mini di rapporti tra delegato e gruppo operaio omogeneo co­me portatore-produttore di tutti i valori della nuova cultura operaia, legata all'esperienza diretta.

II nuovo processo di modellizzazione della· formazione di valori culturali e strategici del movimento sindacale ita­liano si lega cosl al modello del gruppo operaio omogeneo.

Puo essere interessante sottolineare che questa model lizzazione appare ad alcuni anche come una modellizzazione che va al di la dei caratteri dell'elemento sovrastrutturale. Citiamo da Trentin ':

« ... entro certi limiti, la sal vaguardia di un' autonomia conflittuale del gruppo ( e quindi dell' organizzazione di clas­se in generate) come momento necessaria di un ripensamen­to collettivo del modo di produrre resta, a mio avviso, un pro­blema vitale; anche per una strategia di transizione al socia­lismo e in tutto il corso della costruzione di questa societa.

C'e da domandarsi infatti se anche in una societa socia­lista i rapporti dialettici che intercorrono tra la pianificazio­ne centrale, il governo dei produttori nella fabbrica, l7 •n­nomia del gruppo e persino i momenti piu cornMI1ti

contestazione operaia (che inevitabilmente reinsorgeranno e che dovranno anzi essere evocati, conosciuti, anche per es­sere sconfitti e superati) non sup pone un' articolazione della democrazia che abbia dei momenti di conflitto come condi­zione per arrivare al momenta di sintesi. Momenti di con/lit­to e di sintesi tra Consiglio operaio (gestore, in questo caso, della fabbrica) e gruppo omogeneo; momenta 4i conflitto e di mediazione politica tra Consiglio operaio e pianificazione centrale; momenta di conflitto tra un sindacato ( che non ve­do scomparire, ma semmai riassumere una dimensione, s_e si vuole, piu corporativa a quel punto) e gli interessi generali che dovrebb,ero essere rappresentati dal Consiglio operaio, nella fabbrica e dagli enti di pianificazione centrali, nel pae­se; momenta di confronto politico e di conflitto fra una pia­nificazione centrale, un governo dei produttori nella fabbrica e una cultura contestativa, capace di rimettere in questione le vecchie eredita, e anche qui, attraverso forme inevitabil­mente conflittuali, raggitmgere una sua propria autentica li­berta e capacita creativa ».

Nuovo rapporto tra medicina e psicologia del lavoro

Questo superamento della modellizzazione del gruppo operaio omogeneo in termini medici a noi interessa soprat­tutto per i riflessi che non puo non avere sulla psicologia del lavoro '·

« ... se la medicina e la psicologia del lavoro devono es­sere partecipate, rese "concrete", vengono a cambiare i rap­porti tra medicina e psicologia dei lavoratori. La priorita at­tuale della medicina sulla psicologia deve diventare priorita della psicologia dei lavoratori sulla medicina dei lavoratori.

Se le scienze accettano di studiare il lavoro come qual­cosa di astratto che ha come oggetto un'orda di esseri primi­tivi per i quali si deve so/tanto definire un rischio di malattia da lavoro, va da se che i rischi del corpo sono quelli che piu ci interessano (fra l'altro perche relativamente piu oggetti­vabili). Lo studio psicologico diventa un lusso inutile, e an-

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che e soprattutto una fonte di contraddizione perche l'inda-. gine psicologica porta sempre a galla delle realta che rappre­

sentano dei momenti di contraddizione tra l'ipotesi che sta alla base dell' organizzazione tayloristica del lavoro e la real­ta dell'operaio attuale. Anche l'ergonomia (adattamento del lavoro all'uomo) nella sua accezione piu avanzata di ingegne­ria urbana o psicologica, prescinde di fatto dalla considerazio­ne che l'operaio ha una sua storia personate e di classe, lo stu­dia ancora come si studia un animate superiore in laborato-rio, un essere primitivo che non ha nessun ruolo nel deter­minare l'organizzazione dellavoro; e tantomeno la storia. Nel momenta stesso in cui la psicologia dei lavoratori accetta il ruolo della classe o peraia nella s,toria e in particolare nella definizione dei modi di produrre, diventa fondamentale, co­me oggetto della sua ricerca, la definizione dei modelli cul­turali che si determinano a livello della classe operaia in ge­nerate e dei gruppi operai come aggregati minimi della clas­se operaia ...

La psicologia dei lavoratori, a questa scopo, diventa prioritaria rispetto alta medicina dei lavoratori. Questa non vuol significare una subordinazionne del medico Jel lavo­ro alto psicologo del lavoro, vuol solo dire che il medico del lavoro deve privilegiare i modelli culturali, relativi ai di­sturbi e alle malattie psicofisiche, che la dinamica nel gruppo operaio e tra i gruppi operai determina a contatto con la real­ta produttiva.

Quali ipotesi possiamo gia fare (in parte utilizzabili per un programma di ricerca) relativamente alta .dinamica del gruppo operaio ( omogeneo, del Consiglio dei delegati, del gruppo degli attivisti di lega, ecc.)? Questi modelli, che influi­scono sulla capacita di osservazione del gruppo, sulla sua ca­pacita di elaborazione di queste osservazioni, sulla capacita di in.tervento per modificare la condizione di lavoro ( e quin­di l' organizzazione della produzione e relativi effetti sulla sa­lute) sono certamente in funzione di molti fattori. Cerchia­mo di definire quelli piu importanti. Direi due essenzialmen­te, da considerare e separatamente e nella lora interazione.

Uno (o meglio un gruppo di fattori) e di tipo interpre-

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tativo ed e in funzione del grado di politicizzazione, . di sin­dacalizzazione ( e solo in parte del grado di scolarita) dei com­ponenti del gruppo. Un Secondo e di tipo operativo ed e in funzione: 1) della convinzione di avere un ruolo come grup­po oltreche come classe nel determinare i modi di produrre; 2) della possibilita reate di intervenire per produrre cambia­menti. La possibilita concreta, quotidiana, di intervenire per produrre cambiamenti e determinante anche ai fini dell' ac­crescimento della capacita di interpretare e di osservare la realta dell' organizzazione del lavoro.

E' ovvio che si tratta di un processo circolare in cui e difficile stabilire qual e il prima e quale il dopo. Mi interessa sottolineare la grande importanza che e legata alla possibili­ta di intervenire direttamente perche questa e una caratteri­stica recente della condizione del gruppo nell'insieme piu va­sto della classe operaia italiana. Deriva da una strategia poli­tico-sindacale di Iotta articolata, aziendale (complementare al­Ia Iotta generate della organizzazione sindacale e di settore) e dalla gestione contrattuale decentrata di gruppo, di delega­to, di Consiglio di delegati. Voglio dire che la sola Iotta di settore o generate contrattuale, la sola gestione sindacale n esterna}J dei contratti producevano poca esperienza a livel­lo di gruppo.

Il superamento della sola contrattazione nazionale (non in termini alternativi ma in termini di arricchimento e di de­centramento dell' azione sindacale) rende ora possibile un au­men to notevole del tasso di sviluppo delle esperienze dei gruppi operai.

Si puo dire che le scelte in tale senso operate sul piano politico-sindacale hanno determinato la nascita del delegato con le sue connotazioni attuali in concomitanza con le pro­paste del modello operaio omogeneo (derivate dai problemi della nocivita ambientale). Mi pare anche che la psicol<;gia, aderente ad una certa concezione del ruolo della classe ope­raia e dei gruppi operai (omogenei ed altri), debba studiare secondo quali modalita il gruppo operaio valida attraverso il consenso i suoi giudizi di valore su tutti gli elementi della organizzazione produttiva ( dalla nocivita alta tollerabilita dei

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ritmi alle qualifiche, sino alle nuove proposte padronali). Uno studio non fine a se stesso ma volto al potenziamento delle capacita di elaborazione e di intervento del gruppo e anche

.. alta caratterizzazione di una scienza medico-psicologica nuo-va. Il gruppo operaio omogeneo (il Consiglio dei delegati, il gruppo degli attivisti di !ega, tutta l' organizzazione sindacale . e quella politic a) si determinano ( e so no determinati), rispet­to ai modelli culturali, attraverso dei processi le cui leggi noi

solo in termini generali. La ricerca scientifica su questi leggi non puo essere solo psicologica (e tanto meno me­dica) anzi la psicologia e la medicina hanno solo un ruolo subalterno in questa ricerca, ma hanna comunque un ruolo che non puo e non deve essere liquidato in nome di una fun­

<,zione esclusiva dell'economia politica. D' altra parte so no da ri/iutarsi i modelli interpretativi

di tipo psicanalitico, comportamentistico, gestaltico ed altri, almena immediatamente e limitatamente ad una ricerca scien­tifica psicologica sulla dinamica di gruppo e tra i gruppi che affrontano la grossa questione di un modo diverso di pro­durre.

L'unica proposta possibile e quella di una ricerca di psi­cologia concreta che partendo dall'esperienza del gruppo ope­raio, dalla sua osservazione, dalla sua elaborazione, dalla sua validazione attraverso il consenso, utilizzando strumenti cri­teri e metodi riconosciuti validi dal gruppo, ponga al centro della sua ricerca le modalita di t;alidazione consensuale rela­tive ai giudizi su tutti gli aspetti della condizione operaia e sulle possibili forme di modificazione del modo di produrre.

Una psicologia e una medicina dei lavoratori, che na­sce in questa modo e in questo modo si sviluppa, dovrebbe almena garantire una coerenza tra modello scientifico e mo­dello del sensa comune e del huon sensa e quindi la possibi­

', lita di superare il divario tra sviluppo scientifico ed uso della scienza per l'uomo, relativamente al problema della organiz­zazione del lavoro ».

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II - RIFLESSIONI SU UNA ESPERIENZA UNIVERSITARIA

'n corso di psicologia del lavoro per studenti

Rispetto al grosso problema della esperienza operaia e della psicologia dellavoro puo avere un certo interesse riesa­minare un corso universitario di psicologia dellavoro. II pe­

di tempo cui ci riferiamo comprende due anni accade-1972-73, 1973-74.

Perche puo interessare l'analisi di un'esperienza uni­\7ersitaria relativamente al tema che ci interessa?

In primo luogo per l'uso che e stato fatto in questo cor­so di una dispensa sindacale cui abbiamo gia fatto riferimen­to: « L'ambiente di lavoro », pubblicata dalla Federazione dei lavoratori metalmeccanici (F.L.M. ). Inoltre per il clima presente in questa Universita, creato dalle lotte studentesche

··· del '68-'69 e dall'ingresso di una notevole percentuale di la­voratori studenti. ·

Considereremo insieme questi due elementi che sono sta­ti fonte di utili osservazioni, a parer nostro, sui modelli cul­turali dominanti relativi all'esperienza operaia. Durante le lezioni, negli esami individuali e nei lavori di gruppo si e osservato un comportamento stereotipato della maggioranza degli studenti nei confronti della valutazione del significato dell'esperienza operaia.

Questo stereotipo pare essenzialmente caratterizzato dal fatto che gli studenti, nella maggioranza, trovano difficolta a identificarsi con gli operai, nel senso che considerano la

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esperieru:a operaia come qualcosa di assolutamente estraneo alia loro esperienza.

II modello di gruppo operaio omogeneo viene spesso in-terpretato come gruppo operaio « compatto », « unito »; il concetto di « non delega » viene spesso interpretato in que­sti termini: « L'operaio o il gruppo operaio omogeneo "de- . ve" comportarsi in modo da non delegare nessun tecnico al­Ia soluzione dei problemi della nocivita »; il processo di va­lidazione consensuale delle condizioni di accettabilita del­l'ambiente risulta generalmente ostico, la scientificita del­l'approccio del gruppo operaio omogeneo risulta come una ripetizione formale, imposta, a cui non corrisponde una rea­le convinzione e· gli operai sono generalmente considerati se­condo una caratterizzazione che li divide in buoni ( quelli che banno preso cosdenza dello sfruttamento ). e in cattivi ( quelli che ancora non hanno preso coscienza).

Questi atteggi:unenti sono presenti nella maggioranza d.!ali stwlenti~ nonostante che le loue studentesche del '68-'69 abbiano lasciato una profonda tra~cia nel senso che 1.lU

buona parte de&li studenti ha un modello dirotomico della societa, di tipo genericamente marxiano (una minoranza e for­temente impegnata su posizioni di estrema sinistra) e nona­stante la ptesem;a di una forte percentuale di lavoratori stu­denti, in buona parte iscritta aUe Qt'ganizHaioni sindacali.

A questo corrisponde coerentemente una data conside­tiW.<>J!I.e nei conf.ronti della dispcmsa siOOacale, usata come te­ste universitario (fra gli altri). Questo testo e considerato una « stranezza », una « bizzarria » del docente o un elemento sindacale estraa.eo ai testi tradizic;mali usuali. Tutti questi at­teggiamenti sembrano a ooi: coll:egati alia persistenza di · un maacate riconoscimento dell'apprendimento operaio nella

fabbrica. Si ritrovano ewe nel modelkt interpretativo della rc:al-

ta di fabbrica, i:ntesa come situazione produttiva in cui e pos· sibile fare esperienza, gli stessi elementi caratterizzanti della J:Mdicdna e della. psicologia dellavoro.

Al modello di o~raio a cui tocca di eseguire senza penr sare, perche gli mancano le captcita e le aspirazioni, modello

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nella mente degli studenti non politicizzati, corti· IIJIUnue, nella mente degli studenti politicizzati ( e magari an­

impegnati nella Iotta politica), un modello di operaio alie· ·nella fabbrica dali'organizzazione tayloristica dd lavoro,

, succube, al di fuori della fabbrica, dei mass-media. I modelli politici, ovviamente quelli di sinistra, anche loro diversificazioni, attribuiscono alia classe operaia U1'l

ruolo nella storia, rna non attribuiscono alia classe operaia una capacita di fare esperienza a livello individuale o di piC· colo gruppo, nella fabbrica.

lmplicitamente, disconoscendo agli operai la capacita di fare esperienza, si considera necessaria una sensibili~azio­ne della classe operaia percM prenda coscienza della sua con­dizione di sfruttamento e del suo ruolo storico. Da questo modello deriva il fatto che l'operaio « deve)) comportarsi nei modi indicati dalla dispensa, ne deriva la distinzione de­gli operai in buoni e cattivi, ne deriva una incomprensione del processo di validazione consensuale e della scientifidta di questo processo che presuppongono la capadta di fare espe• rienza ( e inoltre la coscienza di fare esperienza).

Le connotazioni del modello interpretativo della realta di fabbrica e del rapporto fra l'operaio e questa realta sono fortemente caratterizzate dai modelli culturali imperanti.

L'immagine dell'uomo che impronta l'organizzl'lzione tayloristica, impronta in modo assolutamente caratterizzante il modello operaio delle scienze umane e della cultura in ge­nerale. Questa caratterizzazione e tale da non essere modifi­cata neppure dalla conoscenza diretta degli operai ( altamen· te probabile in una citta industrializzata come Torino), addi­rittura puo impedire agli operai di essere coscienti di questa esperienza.

Questa situazione paradossale dell'operaio che, pur fa­cendo esperienza, non e cosciente di fare esperienza, presen­te soprattutto nei l~voratori-studenti, e legata alia connota· zione stessa di scientificita che la scuola (l'Universita in par· ticolare) determina.

La produzione della scienza sembra relegata allaborato­rio, sembra riservata ad uomini ecceziOl'l.ali, gli scienziati.

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Da questo deriva un atteggiamento acritico nei confronti dei modelli tecnico-scientifici ( anche nei casi in cui risulta evi­defl.te e verificata una loro « non validita » ). II processo di apprendimento sembra essere composto di due processi pa­ralleli, non comunicanti: l'esperienza di tutti i giorni, che sembra avere soltanto un valore pratico, e la trasmissione da parte degli scienziati, intesi soprattutto come specialisti, del prodotto dei loro esperimenti. Questo spiega la scarsa convin­zione di una buona parte degli studenti e dei lavoratori stu­denti nell'attribuire all'esperienza operaia un qualsiasi va­lore scientifico.

Non e generalmente presente nel modello di scienza il concetto di storicita, ne l'elemento, fondamentale per il pro­blema che stiamo affrontando, della discontinuita dello svi­luppo scientifico, messa cosl chiaramente in evidenza dal Kuhn.

In conclusione il processo di presa di coscienza della incompatibilita tra l'immagine dell'uomo che caratterizza l'or­ganizzazione tayloristica e l'uomo reale non presuppone ne­cessariamente la presa di coscienza della necessita di cambia­re questa immagine.

Un seminario di psicologia del lavoro per operai

Ci pare importante riferire alcuni risultati di una espe­rienza, per noi assolutamente nuova, relativa ad un seminario di psicologia dellavoro, frequentato esclusivamente da dele­gati-operai (20 persone), attualmente ancora in corso.

I risultati del seminario saranno in parte riconsiderati piu avanti e compiutamente elaborati in una prossima pub­blicazione. Si tratta di un seminario monografico nell'ambito delle « 150 ore», doe il diritto conquistato dai metalmecca­nici e dai tessili di '!ltilizzare per tre anni 50 ore all'anno pa­gate dal datore di lavoro, piu 50 ore a spese del lavoratore, a fini di studio.

II nostro seminario non ha alcun valore ai fini del con­seguimento di un titolo scolatico, ha quindi per i partecipan-

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ti un significato politico-culturale. Riportiamo lo schema di programma del seminario:

« Il seminario si propone un esame delle esperienze ope­raie suWambiente di lavoro (dalla nocivita tradizionale- 1° 2° 3° gruppo di fattori - alta nocivita da fattori stancanti di­versi dalla fatica fisica - 4° gruppo di fattori nocivi) e sulla organizzazione del lavoro come determinante delle caratteri­stiche dell' ambiente di lavoro stesso.

Interessera in particolare, nell'esame delle suddette espe­rienze, riconsiderare (concretamente e teoricamente) i mo­delli inter.pretativi della psicologia del lavoro tradizionale e quelli derivanti dalla classe operaia, al fine di individuare le reali possibilita di una psicologia del lavoro basata su un di­verso rapporto tra esperienza operaia e produzione di modelli scientifici. In altre parole si tratta di consider are quali possa­no e debbano essere le basi teo ric he e la metodologia ( anche nei suoi aspetti operativi) di una diversa psicologia dei la­voratori.

Alcuni temi vengono proposti (la scelta definitiva dei temi e da discutere insieme alle organizzazioni sindacali, ai Consigli di fabbrica, ai delegati):

- adattamento dellavoro all'uomo; - validazione consensuale delle condizioni di lavoro

come strumento definitivo di un reate adattamente del lavo­ro all'uomo;

- rapporto tra modelli di adattamento del lavoro al­l'uomo della psicologia tradizionale e modelli della classe operaia;

-. ~- ~--,

-_ organizzazione del lavoro (come adattamento del la­voro all'uomo): ipotesi di trasformazione.

I temi proposti saranno definiti piu dettagliatamente sulla base della discussione con gli interessati al corso.

Nel seminario si considera essenziale un nuovo rappor­to tra docenti e operai partecipanti, che deve verificare ( o costituire almeno una patziale verifica attraverso una prima esperienza) il rapporto tra cultura operaia e produzione scien­ti/ica. A tale scopo si dovra tenere conto anche delle espe­rienze dei corsi sindacali.

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Le relazioni ai seminari saranno tenute da 6sp.eni (do­centi - operai - sindacalisti) cotisiderati esperti sulla base di reali esperienze sull' ambiente di lavoro. Nei limiti del possi­bile questi esperti dovranno essere presenti a tutte le discus­sioni del seminario.

Si prevedono 25 incontri di 4 ore ( relazioni - discussio­ni plenarie- discussioni a piccoli gruppi, ecc.), se possibile al­ternativamente in una sede universitaria e in una lega sin-

Ja~ale. Il numero dei partecipanti ad un seminario non deve

esse,tJ supe,iore a 15 ».

II progetto del seminario pQo ess~re rias~1,1nto nella £ra­se:: ~onf;ronto tra rpodelli interpretativi della fabbrica, propd dellli psj~Qlogia dellavoro trlldi;1:ionale, ~ modelli dedvilti dal­ll1 ~~}l4!tienaa oper~J.ia, allQ scppo di ~fftontare in ttJtti i suoi asp¢tti l'ad.att~unento dellavpro all'tJomQ.

Un confronto non fatto dall'esterno, da un osservatore che, il'ldividu11ti i moclelli, proc~cm alia loro giustapposizio­pe, rna clai pQrtatori stessi di que~ti rnodelli: psicologi ( e:sper· ti di psicologia del lavoro) e operai ( esperti di strategie atte a modificare l'organizzaziooe del lavoro ).

La condizione fondamen~al6, non facile da soddisfare, posta dal programma prima esposto, era rappresent•ttt dalla capacita di creare le condizioni per le ouali fosse J"()ssibile un cen{fonto tra i medelli tradizionali dell!!l pskologia del lavo­ro e i medelli caratteriz~anti della psieolegia del lavor!ltori, senza subire !'influenza notevole di disturbo rappresentata dalle connota!lioni dei modelli eulturali imperanti.

La situazione si delineo sin dall'inizio come caratterizza~ ta da due elementi: l'aspettativa e il piano dei delegati-<lPerai e il pro~etto dei doeenti, rispetto al corse. n fatto che n con· £ronto dei modelli sia avvenuto attraverso la diseussione tra uemini reali ha prodotto inizialmente delle !!tosse diffieolta. anche se in seguito si e rivelato l'elemento fondamentale del seminario.

Da una parte, Pasnettativa dei delev.ati-ooerai. nonostan-te che il piano del seminario proposto clai docenti fosse stato

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discusso, era caratterizzata dal ricupero di modelli scolastici presenti alia loro mente.

Questi modelli comportavano inevitabilmente il ruolo del docente, doe di quello che sa, ed il ruolo del discente, cioe di quello che deve apprendere. Oltre a queste, emersero all'inizio altre difficolta relative ai caratteri della modellizza­zione operaia.

Nel loro modello non era presente la storia della scien­za: le scoperte venivano vissute come correzione di errori, come si ci fosse l'idea implicita di una verita scientifica asso­luta e di un metoda scientifico che dovessero procedere sen­za errori. IIloro modello interpretative della fabbrica era sen­za storia perch~ le Immagini e i Piani relativi alia organizza­zione del lavoro sembravano essere sempre esistiti oppure nati improvvisamente nel 1968-69.

II lora modello si caratterizzava essenzialmente in ter· mini politici e sindacali ( eludendo la storia individuate), doe le categorie erano prevalentemente pelitiche e sindacali e il gruppo era vissuto come « base » e non come portatore di modelli culturali.

II loro modello era « globale » e. mal sopportava di es­sere considerato solo come psicologico, o comunque di esse­re analizzato come un modello composto da modelli diversi (individuate, etnico, culturale, politico, sindacale; ecc.).

· II Ioro modello era emotivamente rigido rispetto all'in­tervento scientifico vissuto come qualcosa di estraneo, in un rapporto ambivalente che rifiutava di fatto ogni contatto scientifico come rischio di « delega »; non esisteva quindi inizialmente nessuna possibilita prevista di uscire dalla con­traddizione. La diversa eta, motivi di ordine politico, sinda­cale, culturale, di esperienza sull'ambiente e sull'organiz­zazione del lavoro rendevan'o diversi i componenti del grup­po che tuttavia tendevano a negare queste differenze, con­siderate piu come elementi di divisione che come elementi di confronto di modelli diversi.

Non consideravano 1' « intelligenza collettiva » come qualcosa di diverso dalla intelligenza individuate; non ernn" convinti che, dalla combinazione di modelli diversi (perche

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desunti da esperienze diverse), potesse derivare un modeilo complesso, collettivo, adattabile alle diverse situazioni. Non era loro chiaro che !'interesse degli psicologi del corso (co­me l'atteggiamento operaio nella fabbrica) e legato essenzial­mente al modo (negativo o positivo) di porsi dell'operaio di fronte all'organizzazione del lavoro e che questo modo e il risultato dell'esperienza validata attraverso il consenso.

La conduzione del seminario metteva in crisi il modello di rapporto tra i delegati-operai e la fabbrica perche introdu­ceva dei criteri a loro estranei ( criteri non politici ne sinda­cali). Non riuscivano a identificarsi nel ruolo di produttori di modelli scientifici in quanto non li sapevano chiaramente identificare ( e non sapevano che non erano solo loro a non saperlo).

In conclusione erano ( e sono) porta tori di modelli inter­pretativi della realta di fabbrica ( caratterizzati da strategie di comportamento che tendono a trasformare l'organizzazione del lavoro) rna non erano coscienti dell'importanza di questi modelli come portato culturale e scientifico.

Dalla parte degli psicologi, Ia difficolta era rappresen­tata essenzialmente dalla mancata individuazione di una tec­nica capace di evidenziare i modelli e le loro caratteristiche. Si tento dapprima di ricuperare il processo di esperienza e modellizzazione dei singoli delegati attraverso il racconto del­la storia personale lavorativa, ponendo Ia questione in questi termini: in che modo vedeva, immaginava, conosceva per sen­tito dire il lavoro, Ia fabbrica prima di iniziare Ia propria at­tivita lavorativa, e come questa immagine della fabbrica si era modificata attraverso il tempo, in base a quali esperien­ze, e quali modifiche c'erano state nel proprio piano di com­portamento, inteso come strategia di intervento.

Le storie lavorative individuali, cosl raccolte, risultaro­no insufficienti rispetto all'obiettivo del seminario. m'~ nE"tmi­sero di individuate una sequenza comune nell'apprendimen­to e nella definizione di strategie del comportamento; per­misero anche di definite in base a quali elementi queste stra­tegie andavano definite. La sequenza comune puo essere cos1 riassunta. · ., --=~ -

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L'immagine della fabbrica e all'inizio, generalmente ca­ratterizzata dalla percezione del posto di lavoro come fonte di soddisfazioni dei bisogni elementari.

L'attivita lavorativa reale determina l'arricchimento di questa immagine che e diverso da soggetto a soggetto, e a se­conda dell'attivita lavorativa, rna ha comportato, nella gene­ralita dei casi da noi considerati, la coscienza di un contrasto tra la realta di fabbrica e nuovi bisogni emergenti. Questi nuovi bisogni non sono solo quelli rappresentati dalla scala. di Maslow.

Infatti i bisogni non sono innati (a parte quelli elemen­tari) rna si definiscono sulla base di elementi culturali, inti­mamente connessi con la situazione sociale, con la condizio­ne di classe.

Nel caso degli operai la condizione di classe e caratte­rizzata dal fatto che nella fabbrica l'operaio scopre la con­traddizione fra Ia propria realta di essere sociale e l'immagi­ne del gorilla in cui e « costretto » dall'organizzazione tay­loristica. ' ·--,9

Questa scoperta si accompagna alia consapevolezza che Ia contraddizione e presente anche in tutti gli altri operai e in tutti gli altri « esecutori ». Consapevolezza che comporta una scala di bisogni che, pur tendendo alia autorealizzazione, e legata alia presa di coscienza della necessitA di realizzare rapporti con gli altri operai-esecutori per soddisfare nuovi bisogni.

La necessita di rapporti con gli altri operai-esecutori nella fabbrica e fuori della fabbrica ( organizzazioni operaie) rende insufficienti le strategie individuali e porta all'indivi­duazione anche di strategie, di piccolo e di grande gruppo, che soddisfano i nuovi bisogni.

Queste strategie di comportamento ci sembrano essere l'elemento caratterizzante dell'esperienza operaia, ih quanto sono nello stesso tempo prodotto e causa di nuove esperien­ze e sono appunto il contributo essenziale che deve determi· nare secondo noi, un cambiamento di paradigma nella psico­logia del Iavoro.

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Rispetto alia definizione di queste strategie, la tecnica della storia dei modelli interpretativi della fabbrica, raccontata dai singoli delegati ed elaborata attraverso il confronto, non e stata sufficiente.

Dopo vari tentativi, abbiamo sperimentato la tecnica della simulazione uomo-uomo, in termini di istruzioni per i1 sosia. A ogni delegato e stato chiesto di rispondere alla se­guente domanda: « Se ti dovessi far sostituire da un sosia in fabbrica, in modo che non fosse possibile accorgersi della sostituzione, quali istruzioni gli daresti per il suo comporta­mento, rispetto alia mansione, rispetto ai compagni di lavo­ro (gruppo), rispetto alia gerarchia aziendale e rispetto alia organizzazione sindacale ( ed altre eventuali organizzazioni dei lavoratori)?

Vogliamo sottolineare solo alcuni elementi, ricavati con questa tecnica, relativi ai caratteri dell'esperienza operaia. che ci sembrano degni di nota.

L'esperienza operaia come oggetto della psicologia del lavoro rappresenta un fatto nuovo, almeno nei modelli do­minanti.

Nei seminari in generale, e soprattutto raccolta in ter­mini di simulazione uomo•uomo, questa esperienza, forte­mente favorita dalle condizioni che si sono venute w::ando in I talia negli ultimi anni nella fabbrica, ci e apparsa come un' insieme estremamente complesso, anccira completamente d'l studiare.

Le attuali organizzazioni dei lavoratori, cosl come l'at­tuale psicologia del lavoro di fabbrica e le attuali strutture universitarie {intenderido tutte queste strutture come siste­mi informativi) non paiono in ~trado di raccogliere, se non in modo sporadico, fortemente limitarite, questo insieme chc abbiamo definito estremamente complesso.

D'altra parte e ancora da studiare in modo rigoroo;;o l'im­portanza di una serie di modefli culturali generali, tradizio­nali e no, che hanno influenzato e influenzano le modalita cH formazione dell'esperienza ooeraia e delle strategie indiviclmtli e sovraindividuali che ne derivano. '

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Noi abbiamo sin qui cercato di fare una prima indagine per stabilire dei legami fra la proposta nata circa died anni fa, di un nuovo modello interpretative della realta di fabbrica dal punto di vista della nocivita, e la formazione di nuovi mo­delli che interessano in modo particolare la psicologia del lavoro.

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III - ELEMENT! DI UNA STORIA DELLA PSICOLOGIA DEL LAVORO

L'uomo neuro-fisiologico: dalle « braccia » all'uomo automa

Prima della seconda guerra mondiale e delle ricerche sui lavoro bellico, la storia dell'ergonomia, se intendiamo per ergonomia un modello interpretative scientifico, autonomo ri­spetto aile altre scienze che studiano illavoro umano, rimane in sostanza una storia di precursori. Se invece consideriamo l'ergonomia essenzialmente come un modello d'uso presente agli uomini che hanna il compito di progettare e organizzare il lavoro, il teritativo di integrare l'aspetto umano nel siste­ma industriale si presenta come una storia molto meno re­cente e uniforme, che si sviluppa dalla considerazione del­l'esecutore in termini di « braccia » al confronto funzionale tra l'uomo e il calcolatore.

Per cogliere i momenti essenziali di una storia dell'ergo­nomia in questa prospettiva, e necessaria individuate quali modelli psico1ogici entrano in gioco nell'organizzare il la­voro. A questa scopo useremo dei criteri che si ricollegano ad una particolare espressione della divisione del lavoro: la divisione fra uomini che eseguono e uomini che preparano illavoro e le istruzioni, per eseguire in modo « corretto ».

Definiremo i modelli psicologici che sono a monte dei modi di produzione rispetto, in prima luogo, all'immagine dell'uomo che lavora, esplicita o implicita, proposta come ri­ferimento per l'adattamento dellavoro; in secondo luogo, si trattera di vedere se esiste, nei modelli ergonomici conside-

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rati, una definizione precisa delle modalita di esecuzione; in terzo luogo, quale posto viene dato alla formazione formale, doe alla preparazione e alla trasmissione di istruzioni per chi esegue illavoro; infine, quale posto viene dato all'esperien­za e alla formazione informale ( assumendo come dementi di riferimento il rapporto con la mansione, con i compagni di lavoro, con la gerarchia aziendale, con l'organizzazione sin­dacale).

Nell'Inghilterra di un secolo fa, l'organizzazione del la­voro e caratterizzata, rispetto agli dementi che ci interessano, nd seguente modo.

Se si puo parlare di adattamento dellavoro all'uomo, si tratta comunque di un adattamento non intenzionale, rna im­plicito nello sviluppo tecnologico. In primo luogo infatti, da­to che il lavoro industriale nasce dalla meccanizzazione del lavoro artigianale, e presumibile che macchinari e attrezzatu­re conservino, almeno in parte, le caratteristiche ergonomi­che raggiunte nel periodo precedente.

L'altra condizione che sembra garantire un minimo di adattamento, sempre rispetto a un'ergonomia di primo livel­lo, e il fatto chela proposta di nuove attrezzature nasce dagli stessi esecutori, quindi da un'esperienza di tipo operativo e non ancora, come avverra piu tardi, da un grupvo di tecnki esterno alia produzione.

Nel modello interpretativo che caratterizza in questo pe­riodo il mondo economico, illavo:ro e presente solo nei ter­mini propri della fisica, come quantita di energia meccanica. L'uomo che esegue illavoro viene quindi considerato soltan­to cda un punw di vista fisiologico, come equivalente delle « braccia » ( e 1~ definizione della manodopera nell'Inghilter­ra del XIX secolo): uomo, donna, bambino si differenziano esclusivamente per la capacita o l'impossibilita fisiologica di compiere determinatiJavori, impossibilita compefisata dal mi­nor costo della manodopera fetnminil'e e infantile·.

Dato che la pr0duzione e considerata (e retribuita) in funzione del 'tempo di lavoro, non della gestualita, che rl­mane libera, none previst{;l una formazione formale. Le istru­zioni, se esistono; riguardano piu il comportamento sui postG

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di lav.oro,. come continuita di presenza e di attivita, che le modalita di esecuzione.

Un'attivita di formazione sarebbe del resto poco coeren­te con la logica produttiva, dato che la sostituibilita delle « bracda » che eseguono il lavoro rappresenta in questo mo­mento il meccanismo fondamentale di sfruttamento e di con­trollo. Facendo l'ipotesi che tanto piu riduttiva e l'immagine dell'uomo che sta a monte dell'organizzazione dellavoro, tsa~ to maggiore e lo spazio di espressione informale che questo uomo deve conquistarsi, si ha probabilmente in questo perio­do il massimo sviluppo dell'esperienza iaformale, strettamen.­te individuale.

La possibilita di un adattamento del lavoro, tuttavia, non va oltre la soluzione del rapporto con la macchina me .. diante la scoperta ( e la trasmissione) di astuzie di tipo gestua­le, dato che il rapporto con i compagni di lavoro non si e an­cora strutturato in un'organizzazione formale in grado di con­trapporre alla gerarchia aziendale una strategia collettiva di risposta.

Nel periodo caratterizzato dallo « scientific manage­ment»> limitatamente alla prima meta del secolo, per la pri­ma volta il taylorismo si pone il problema di definite quali criteri tecnici e psicologici debbano informare l'organizzazio­ne del lavoro industriale.

II presupposto fondamentale e che tutta l'organizzazione del lavoro a monte dell' esecuzione non solo possa, mar debba essere organizzata da esperti, senza la partecipazione a tutti i livelli, a pai'tire dallivello. esecutivo, in funzione di un uo­ma media che non esiste. Illavoro viene scomposto in ope­razioni dementari dai tecnici, che decidono quail sono i mo­vim.enti necessari,. quali quelli improduttivi, e come va orga­nizzata la sequenza gestuale per eseguire il lavoro nel minor tempo possibile.

Un secondo presupposto e la neutialicl di questi studi rispetto sia al momento· esecutivo Clhe presumono di org,aniz­zat:e, sia allivello direzionale; questa neutralita e sottolinea­ta dalla creazione; all'intemo della fabbrica, · di. ser.vi,zi tecnid

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autonomi, almeno dal punto di vista dell'organizzazione for­male.

Se consideriamo 1' ergonomia come adattamento del la­voro all'uomo, all'approccio tayloristico sembra assolutamen­te estraneo un possibile significato ergonomico. Non sorpren-

- de tuttavia, in un manuale per lo studio dei movimenti e dei tempi, 'una premessa in cui l'autore si preoccupa di dare que­sta avvertenza 6 : « Lo studio dei movimenti e dei tempi e solo una parte dell'Industrial Engineering ... non vogliamo tentare di espanderlo fino a racchiudervi tutta !'Industrial Engineering, anche se in questi ultimi anni c'e stata una ten­denza in questa direzione ».

Risulta invece meno prevedibile trovare conferma a que­sta interpretazione negli stessi testi di ergonomia che, come nel caso dello Chapanis, fanno risalire ai Gilbreth, « il primo vero esempio » di studio ergonomico e arrivano a concludere che 7 : « Poiche si sono occupati della riprogettazione dei com­piti, delle macchine o delle condizioni di lavoro, i tecnici dei tempi e dei movimenti possono essere considerati come i pre­cursori degli attuali esperti in ergonomia ».

Abbiamo del resto gia sottolineata la corrispondenza tra il metodo di analisi dei movimenti e dei tempi, che del taylo­rismo rappresenta l'applicazione pratica piu caratterizzante, e il procedimento analitico delle scienze che si occupano dell'am­biente e dell'esecuzione dellavoro, dal punto di vista della no-dvit~ fisica e psichica. .

L'immagine dell'uomo proposta dal taylorismo e gia im­plicita nella definizione dellavoro esecutivo come attivita mu­scolare, di per se incapace anche di una semplice logica gestua­le. In questo senso l'immagine del « gorilla » e appena piu ricca .J:<fi quanto non ci suggerisca la bruta rna significativa definizione di « braccia », con cui venivano indicati gli ope­rai nel periodo precedente (riassumiamo sotto il nome di Taylor tutti gli studi sui movimenti e sui tempi).

Taylor non ha fatto che « appiccicare » a queste braccia una« testa» (un apparato sensoriale), capace di ricevere del­le istruzioni e di tradurle in operazioni standard. L'innova­zione reale consiste piuttosto nell'introduzione del tecnico,

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in qualche modo collegato, rna esterno al lavoro esecutivo, data la sua funzione di selezionare nell'esecuzione spontanea i movimenti piu economici, di unificarli secondo schemi astrat­ti, teorici, di registrare per iscritto le operazioni e le istruzioni per compiere illavoro, in modo da garantirne la riproducibi­lita tecnica e gestuale.

In questa attivita, l'osservazione gioca un ruolo tutto particolare: dato che si tratta di definire, non tanto come le « braccia ». si muovono, ma come « devono » muoversi, i da­ti dell'osservazione non rappresentano un momento di veri­fica, ma un materiale grezzo da utilizzare. Questo impedisce al taylorismo di chiedersi quale significato possa avere, per il tecnico che si occupa dell'organizzazione dellavoro, l'impos­sibilita di trovare due operai che svolgano nello stesso modo la stessa mansione, o l'alternarsi del ritmo e delle sequenze nel corso della giornata.

Questi dati invece dimostrano soltanto, nel modello in­terpretativo tayloristico, che il momento operativo e di per se prescientifico e che non esiste un esecutore capace di va­lutare il significato dei propri movimenti all'interno della se­quenza gestuale richiesta dal lavoro, quindi capace di otti­mizzare autonomamente la propria prestazione.

Da questo deriva, secondo Taylor 8, la necessita di: « Selezionare l'operl\io piu adatto per ogni particolare man­sione e poi addestrarlo e allenarlo, in luogo della vecchia consuetudine di permettere all'operaio di scegliere il proprio compito e di impararlo come poteva ».

Data la distinzione tra quelli che eseguono e quelli che preparano le istruzioni per chi esegue, infatti, la formazione assolve a una funzione precisa: la trasmissione ai nuovi ope­rai dei movimenti piu economici, ordinati secondo la sequen­za ottimale, 1per ottenere un'esecuzione corretta nel ";tempo, standard.

Piu che di formazione, si tratta in realta di un processo di condizionamento (come dimostra la definizione tayloristica del « gorilla ammaestrato ») in cui, attraverso Ia ripetizione meccanica dei singoli movimenti, al di la di ogni conoscenza funzionale, si tende a ottenere l'automatismo, che rappresen-

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t~ il grado di appr~nc:lAAn~nto Qttimale~ pet un. uomo a GUi non si chie~e che di « ese~re sen~ pens~Ue ».

Un elemento indicativo, ma soltanto implicito, del roolo ri<:onosduto all'espe~:ienz.a informal~ nel t.ay~i&.tn9, ¢ da~a ~gli a}lepatori e dai cronometristi. SaJ:-*b~ int~ress~te. 1.W>

studio su un certo numero di cronometd_sd e di allen~tp.ri P~f dcavare quanto della loro capacita professionale e legato alla prepa.r~i.one te.Qr~~a e quaato in.vece all'esperienza in­formale-.

Inizia i.nfatti, con il lavoro di Taylor e dei Gilbreth) 41 elabor~ione di u,n~ stra.tegia di apprendimeoJo attrave,tso la espe,.rie~a in£o.t'x:oole (non va d,i.Qlenticato che Taylor entra in fabbr~~!l come oper~w, non come tecnico), la cui sequenza si d~fW~e.. come: osservazione, in condizioni partkolari, prl­vilegiate (operaio proveHo - aHet~-.atore) del prodottQ dcll'~­sperienza informale - appropriazione dclle s.oluzioni gestua­li piu ~onomidle> isolate nell'insieme dei movimenti « spon­tanei » - .registrazione della sequenza gestuale depurata. da. ogni ridondanza. (di movimenti e di tempi)- misur~one del t~mpo di cottimo, mediante la somma dei tempi elemen~ ri - tendenza a rea1izzare un'organizzazione de} laVQ.ro rigid~, come tempi e come gest;uaHta, per garantire da un lato l'app.J.i.. cazione del « metodo m,igliore e unico », dall't\l.tro I'indivi­du~ione immediat-a di ogni eventuale miglioramento.

All'inizio, ~ modello d'uso padronale, soQ.o presenti du,e sole categorie- rispetto al comportamento in fabbrica:: o. la ricerca, da parte dell'operaio, di un rapporto « buono » (cioe la. collaborazione). con illavoro e l'organizzazione gerar­chica, o la scelta di 1.:1n rapf>Orto <+ cattivo » ( cioe seal'Samef.l· te p,rQ<iuttivo, di antagonisnno):.

11 taylorismo- non modHica i rifedmenti n,& le ~tegerio1 ~ si caratterizza in quanto pone la catego~ia « bu:On rappor­to » come obiettivo, in luogo di pura classificazione1 ~~ mo~ mc:o.to- in cui a.un)$i!nta insieme il bisogno di operai « buoni » e il num~ro di operai « cat~ivi », in grado. di opporre rispo­ste- individu,ali e Gi classe.

n taylorismo rappresenta la ris.posta piu organica a que­sta contraddizione, ma apre a sua volta una contraddnione

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piu ·grave, che i testi di psicologia dellavoto non 'rirxtrtano se non in termini assolutatnente neutrali e geherici.

Cosl infatti, secohdo lo Schein, l'ipotesi della sola ~ tivazione economica individuale ha la « caratteristica di ·vetfi. ficarsi da sola», mentre, secondo il Me Gregor, e <<una pre­dizione che si avvera di per se ».

Cosl ancora il Brown 9: « ... il comportamento di cui il

dirig'ente si lamenta e in funzione della situazione di fabbrica da lui creata, piuttosto che essere il risultato di caratteristiche psicblogiche irtdividuali ».

Molto diverse, invece, le critiche (anche se parziali) fat­te da Musatti, che hanno il merito di smantellare su basi psi­cologiche (in senso neurofisiologico) l'elemento centrale del taylorismo, il tempo minimo. Musatti 10 sostiene infatti che le condusioni di Taylor rispetto ai tempi elementari di lavoro « ... sono erronee e non tengono con to dei caratteri concreti dellavoro umano. II lavoro umano, come del resto ogni ma­nifestazione biologica, e per sua natura soggetto ad oscillazio­ni, per cui i tempi di esecuzione di un'operazione, ripetuta piu volte, presentano variazioni piu o meno ampie ». Per questo motivo, secondo Musatti, il tempo minimo non ha si­gnificato, ma e sempre « un tempo incidentale, dovuto alia casuale prevalenza di molti fattori di accelerazione sopra i fattori ritardatori. Piu significati'\TO sarebbe inve(:e un valore centrale, e doe, il tempo medio o il tempo mediano ... costi­tuente il tempo piu probabile e doe piu frequente, ossia il tempo normale ».

Ne deriva una critica (anch'essa solo parziale) al concet­to di uomo medio ed ai criteri adottati per la fottnazione dei tempi e per la misurazione degli effetti stancanti, che non 'ga­rantiscono affatto il costo unitado psicofisico dellavoro ).

Questa ,del Musatti non e piu una critica neutra, per­th~ pone tn discuss~one in base a elementi precisi, e non solo sui piano ideologico, il tabu della organizzazione tayloristica. Non a caso resta non pubblicata per vent'anni (dal 1943 al 1963 ), in quanto proprieta riservata del committehte e viene in seguito scarsamente 0 affatto tohsidetata dalla psicologi:t industriale.

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\~

Fino alia seconda guerra mondiale, non si puo parlare di ergonomia come scienza autonoma rispetto alla psicologia dellavoro. E' soltanto dopo Mayo che nascono due prospet-1\ive distinte nella studio del rapporto uomo-lavoro: da un la­ta l'ergonomia, come studio dell'« uomo neurofisiologico », dall'altro lo studio dell'« uomo motivato ».

II solo fatto di caratterizzare il problema in termini di. fatica fisica o di insoddisfazione presuppone l'esistenza di mo­delli interpretativi non omogenei, che giustificano differenti modalita di intervento, pur nel comune obiettivo di realizza­re un adattamento del lavoro all'uomo ( di realizzare, in altri termini, que! « rapporto buono » che non si era ottenuto con n· taylorismo ).

L'immagine dell'uomo presente all'ergonomia e, essen­zialmente, quella che si ricava dal Murrell 11 : « ... con lo svi­luppo sempre maggiore di processi semiautomatici o automa­tici nell'industria, l'importanza si sposta dall'impiego di uo­mini che « facevano » a uomini che « controllano ».

Le funzioni di quest'uomo sono definite sulla base dei capitoli fondamentali della psicologia: percezione, identifica­zione, elaborazione; si considera anche, rna raramente, la ca­pacita di gerarchizzazione come strutturazione di piani.

Dall'immagine neurofisiologica derivata dal modello tayloristico si passa all'immagine del sistema uomo-automa, quindi allo studio dell'aspetto cognitivo che viene analizzato, mediando i criteri dall'informatica, in termini di sistema di comun~cazione.

Le modalita di esecuzione, dal rapporto uomo-macchina al sistema uomo-macchina-ambiente, che rappresenta il punta massimo di elaborazione, rimangono comunque queUe del­l'M.T.M.: « Le tecniche che sono attualmente impiegate per raggiungere le condizioni di massima efficienza nel lavoro o per decidere quanta rendimento ci si · puo aspettare da un individuo durante la giornata lavorativa sono cambiate fon­damentalmente di bert poco negli ultimi cinquant'anni; lo. studio del movimento e tutt'ora la pietra angolare della stu­dio sui metodi di lavoro, e lo studio dei tempi cronometrati e

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le valutazioni soggettive di « velocita e sforzo » sono le basi per la misurazione del lavoro » 12

Cosl anche la formazione formale, sviluppata molto piu nei manuali per lo studio dell'M.T .M. che nei testi di ergono­mia, utilizza tutti i mezzi piu moderni, fino a dare una simu­lazion~ della sequenza richiesta in tempo reale, rna rimam! ancorata ai criteri tayloristici di trasmissione di istruzioni, di scomposizione e ripetizione dei movimertti elementari.

Dall'immagine delle « braccia » all'uomo-automa, dal­l'operaio della fine del secondo scorso alia missilistica, alia astronautica, per l'ergonomia valgono quindi gli stessi criteri di organizzazione dellavoro. E' illimite di un'elaborazione in cui il problema globale dell'organizzazione dellavoro non c'e mai (come non esiste nell'approccio motivazionale); in cui i gradi di liberta, nella trasformazione del sistema, sono sem­pre uguali a zero per l'uomo e sono sempre un attribuito del tecnico; in cui, infine, il sistema stesso resta funzione di un elemento extrascientifico, il profitto. Questa e certamente dovuto, da un lato, al carattere sovrastrutturale particolar­mente rigido, come e ovvio, della psicologia dellavoro.

Ma e certo anche che il modello interpretativo del ri­cercatore determina di per se un'autocensura molto piu rigi­da di ogni limitazione esterna, condizionando le modalita e la capacita di apprendimento e di recupero dell'esperienza in­formate.

In che misura il modello di apprendimento dell'ergono­mo. assicura oggi una reale possibilita di conoscenza della fab­brica e del rapporto uomini-fabbrica? Si tratta di un proble­ma fondamentale, nel momenta in cui obiettivo dell'ergono­mia diventa l'elaborazione di tecniche statistiche e orobabi­listiche capaci di fornire una proiezione di « modelli anali­'tici » dell'operatore, da utilizzare ai fini della previsione del comportamento umano in un completo sistema di controllo.

Nel prima modello intepretativo proposto dall'ergono­mia, doe nella schema S - R, risulta massima la possibilita di previsione, rna anche l'inadeguatezza della schema di inter­pretazione del comportamento.

Attraverso una serie di passaggi intermedi si arriva al

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ri.conoscimento che: « Ogni correlazione S- R (segnale-rispo­sta) deve essere mediata da una rappresentazione organizzata dell'ambiente, un sistema di concetti e relazioni entro cui lo organismo e « coUocato » e non puo esdudere la presenza di un Piano inteso come « ogni proceso gerarchico che si svi­luppa nell'organismo per controllare l'ordine in cui una se­quenza di operazioni deve essere eseguita » 13

Questa concetto di «Piano» propone all'ergonomia un modello interpretativo originale e delle prospettive di ricer­ca assolutamente nuove, in quanto mette in discussione i gradi di validita del modello ergonomico attuale nel suo complesso e offre per la prima volta la possibilita di recuperate l'espe­rienza informale non in termini comportamentistici, rna come elaborazione e validazione, da parte della classe operaia, di « Piani » relativi all'ambiente di lavoro, quindi anche di « Pia­ni » ergonomici concreti e di strategie di apprendimento.

Gia nel 1960 Miller, Galanter e Pribram 14 sottolineano che: «Quando le persone hanno il tempo di sviluppare da sole delle attivita, trovano poi degli elementi interposti che producono l'abilita. Una volta sviluppata la strategia diven­timo possibili modi d'azione alternativi ... Nelle situazioni piu ,naturali lo sviluppo di abilita implica la costruzione d~ una gerarchia di unita comportamentali, ognuna guidata da un proprio piano. Questo fatto viene riconosciuto di rado: nell'analisi dei tempi e metodi, il che rende abbastanza per­plessi, dato che il carattere gerarchico dell'abilita era gia sta­to messo esplicitamente in evidenza da Bryan e Harter alme­no nell897, quando dimostrarono i livelli successivi dell'abili­ta in gioco nella telegrafia ... e da Book nel 1908 per lo stu­dio delle persone che imparavano a scrivere a macchina ».

La consapevolezza di questo esiste anche in ergonomi come Welford: «La particolare origine dell'Ingegneria Uma­na e dell'ergonomia ha costretto per molto tempo il campo di indagine ad uno "spazio tecnologico" rigidamente defini­to, facendo ritenere "lanoso" e non meritevole di una seria attenzione scientifica lo studio dell'ambiente interumano e sociale » 15•

Questa consapevolezza ha pero lo stesso significate della

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consapevolezza che l'ipotesi dello « scientific management~> e un'ipotesi che verifica se stessa. Infatti il problema centra­le e che le origini e lo sviluppo dell'Human Engineering, del­l'Engineering Psychology e dell'ergonomia sono strettamente legate allo studio di un sistema uomo-macchina, uomo-mac­china-ambiente in cui l'operatore e consapevolmente coerente con gli obiettivi del sistema.

Si tratta infatti di studi di astronautica, missilistica, im­pianti bellici, ecc., che presuppongono questa consapevolez­za e questa coerenza. Ma la dove il fattore fondamentale e, come 'abbiamo detto, un elemento extrascientifico, il profitto, la consapevolezza di segno opposto significa incoerenza con gli obiettivi del sistema e quindi toglie evidentemente ogni significato (almeno nel senso della fidatezza) agli stessi studi ergonomici.

Le applicazioni dei risultati in campo industriale, infat­ti, non hanno tenuto conto dell'evoluzione storica del conflit­to tra organizzazione del lavoro tayloristica e classe operaia, soprattutto per quei paesi nei quali la classe operaia non puo piu essere considerata una serie di individui, rna e un insie­me, in altre parole un collettivo articolato in modo comples­so, capace di risposte estremamente elaborate ed a diversi livelli.

L'uomo motivato: dal gruppo informale all'isola di montaggio

II primo psicologo del lavoro che ha riconosciuto la di­mensione sociale e psicologica del lavoratore ( e quindi, se­condo il nostro punto di vista, ha fatto della psicologia del lavoro) e stato Elton Mayo.

Mayo scopre (scoperta fatta gia da lurigo tempo da ope­rai e sindacalisti) che, accanto all'organizzazione formale e cioe l'insieme degli elementi che permettono la produzione di merci ( edifici, macchine, materie prime, lavoratori, pira­mide gerarchica aziendale piu il metodo tayloristico che sta·

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bilisce i modi e i tempi di esecuzione di un dato lavoro), esi­ste un'altra organizzazione, quella informale o effettiva. ,

Mayo verifica che i lavoratori si organizzano ( e pero as­sente, nella sua opera, ogni accenno all'organizzazione sinda­cale) informalmente, perche l'organizzazione formale (basata sulle concezioni del lavoro e degli operai di Taylor) rispon­de solo in minima parte alle loro esigenze; e percio evidente che l'uomo non e solo « incentivato » al lavoro rna anche « motivato ».

Inoltre Mayo individua nel gruppo informale (faccia a faccia): a) la forma di aggregazione elementare dei lavorato­ri; b) la fonte delle condotte individuali nei confronti: del lavoro, della sua intensita, della gerarchia aziendale, della sod­disfazione peJ;sonale, ecc.

Stuart Chase 16, riferendosi alle ricerche di Mayo, affer­ma: «Una fabbrica compie due funzioni principali: quella economica di produrre merci e quelia sociale di creare e di­stribuire soddisfazione umana alle persone che lavorano sot­to il suo tetto. Prima che l'esperimento di Hawthorne dimo­strasse che queste due funzioni sono inseparabili, gli esperti dell'efficienza avevano dedicato molto tempo alia funzione produttiva rna pochissimo alia funzione sociale. Se l'organiz­zazione umana di una fabbrica non e equilibrata, nessun si­stema di efficienza riuscira mai a far migliorare la produ-zione ».

Qual e l'immagine del lavoratore che si ricava dalie ri-cerche che E. Mayo e i suoi collaboratori compirono, a parti­te dall'inizio degli anni '20, presso le officine di Hawthorne della Western Electric Co.? La ricerca prende le mosse dalla richiesta, della direzione aziendale, di conoscere i motivi del­la crescente insoddisfazione degli operai nei confronti · della azienda che aveva determinato, come risultati tangibili, un calo della produzione ed un aumento del turnover.

II gruppo dei ricercatori adotta, inizialmente, il modello interpretativo di Tavlor e percio dirige la ricerca sull'analisi dei fattori fisici dell'ambiente di lavoro (temperatura, umi­dita, ventilazione e illuminazione); la constatazione, dopo al­cuni anni di ricerca, che non esiste una correlazione positiva

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tra elementi ambientali e produttivita mette in discussione le ipotesi stesse della ricerca.

Procedendo per tentativi ed errori, Mayo individua nel cosiddetto « fattore umano » e doe nella dinamica tra gli uo­mini che lavorano nell'officina presa in esame, l'elemento de­terminante.

Puo sembrare paradossale, se non consideriamo i model­li scientifici che stanno alia base di ogni scelta di strumenti di conoscenza, che uno psicologo, quale era Mayo, non abbia considerato immediatamente i motivi del comportamento dei lavoratori se non nei termini estremamente riduttivi del tay­lorismo.

Si accennava precedentemente all'importanza dei mo­delli nella ricerca scientifica; quali erano presumibilmente quelli di Mayo ( deducibili dalle sue ipotesi e dalle soluzioni prospettate)? Principalmente che il lavoratore, pur. essendo un essere sociale e vivendo una situazione sociale in fabbrica arrestasse, sui lavoro, il processo di scoperta di nuov~ solu­zioni (cultura) ai problemi che l'ambiente gli prospettava giorno per giorno.

Questo modello portava a privilegiare le risposte mar­ginali rispetto al problema dell'organizzazione dellavoro, in· terpretandole come una generica espressione · di disagio. Mayo in altre parole lascia ai cancelli della fabbrica il mode1-lo intepretativo che possiede, come psicologo, cosl come la organizzazione tayloristica supponeva che gli uomini potesse­ro lasciare fuori della fabbrica Ia capacita di fare esperienza e di derivate da questa modelli interpretativi autonomi.

Mayo non trae appieno le conclusioni della scoperta del gruppo informale in quanto lo limita ad una entita sociologica e psicologica. (con le limitazioni che abbiamo vis to in prece­denza) ·non cogliendo il f.atto che il gruppo informale :tap­presenta anche un'organizzazione informale di produzione non solo di merci rna anche di strumenti culturali.

Questa affermazione si puo verificare neUe soluzioni operative che Mayo propone. all'industria, derivandole dalle conclusioni delle sue ricerche. Schematicamente esse sono: l'uomo e motivato da bisogni di natura sociale; il significa-

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to dal lavoro e da ricercare nei rapporti sociali che si forma­no sullavoro; e maggiore !'influenza del gruppo che non gli intentivi ed i controlli della direzione; le risposte operaie nei confronti della direzione sono in rapporto alia soddisfazione che illavoratore ricava dal suo lavoro. Ne deriva l'immagine di un lavoratore motivato rna incapace di risolvere positiva~ mente il problema di soddisfare i propri bisogni.

II tecnico (psicologo, sociologo, ecc.), secondo Mayo ha percio il ruolo di « mediatore » tra organizzazione informale e organizzazione formale. La sua funzione consiste nel far pas­sare come problemi dell'azienda i problemi dei lavoratori, a patto pero che sia il tecnico a preparare le « istruzioni » ·per la loro soluzione.

Che cosa deriva, in seguito, dall'imponente edificio di studi e sperimentazioni sui campo, costruito da E. Mayo e . dai suoi collaboratori? Essenzialmente due strategie di inter­vento padronale.

La prima, quella delle « human relations », e la tradl,l­zione del piano padronale di coprire tutti gli spazi lasciati vuoti dall'organizzazione formale, si realizza 1n fabbrica con il progetto della « stalla modello » e fuori della fabbrica con la politica « sociale » delle grandi industrie. I lavoratori pon­gono il problema della casa, dell'assistenza sanitaria, della vecchaia, dello svago, dello sport, ecc. l'azienda prepara per­do case per i lavoratori, mutue aziendali, colonie per i figli dei lavoratori, pensionati, centri ricreativi, centri culturali, centri con attrezzatura sportive, ecc.

Inoltre all'interno della fabbrica si creano dei centri con psicologi ed assistenti sociali che hanno il compito di inter­venire sui casi singoli; tutto e p.rogrammato, nulla e lasciato all'improvvisazione, talora anche il problema religioso e risol­to con il servizio dei cappellani di fabbrica.

La seconda strategia di intervento orooone essenzialmen­te quattro soluzioni all'interno della fabbrica relativ~mente alia organizzazione del lavoro 17

: 1° job-enlargement, 2° job­rotation, 3° job-enrichment, 4° work-structuring ..

Job enlargement: e la 'semplice addizione di operaziorli

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simili a queUe gia svolte nella mansione interessata (es. allun­gamento del tempo di fasi di montaggio ); i vantaggi dovreb­bero essere rappresentati da: addestramento relativamente breve, rimedio all'assenteismo e al turnover, possibilita di lavorare con personale generico; gli svantaggi: larga quantita di lavoro in avanzamento, basso grado di flessibilita, perdite dovute a insufficiente coordinamento, prestazione svuotata di intelligenza, difetti di bilanciamento.

Job-rotation: e l'ampliamento realizzato consentendo agli operai di ruotare nelle varie operazioni, imparando cosl compiti diversi; questa modalita di lavoro dovrebbe realiz­zare vantaggi sia per l'operaio e sia per l'azienda. L'operaio puo acquisire abilita in attivita diverse e farsi una idea mi­gliore del lavoro 'del suo gruppo e dell'officina; per l'azien­da la rotazione puo significare maggiore flessibilita e la pos­sibilita di una maggiore selezione del personate.

Gli svantaggi sarebbero: maggior tempo di addestra­mento, difficolta per alcuni soggetti di adeguarsi al ritmo di lavoro del gruppo ed inoltre per alcuni preferenza verso un lavoro che richieda minor concentrazione e maggiore li­berta individuale ( questi ultimi soggetti sono, nella maggio­ranza, ragazze giovani).

Job-enrichment: consiste nell'incorporare nel lavoro, a seconda dei casi, elementi di Sl.lpervisione e di controllo o di attrezzatura, riparazione e manutenzione; questa soluzione comporta una riorganizzazione delle mansioni nella fabbrica che ha come risultato positivo una maggiore efficienza nella produzione rna puo anche innescare dei conflitti tra i vari servizi e i servizi ausiliari.

Work-structuring: dovrebbe essere (diciamo dovrebbe in quanto su questo come su altri termini l'ambiguita e tota­le) la ristrutturazione, basata sui gruppo di lavoro, che puo assumere !solo la forma di somma degli aspetti precedente­mente descritti o l'organizzazione del lavoro ad « isole ».

I quattro modelli padronali, precedentemente descrit­ti, risultano privi di reali contentlti di cambiament-o dell,or-

6.1_

ganizzazione del lavoro in quanto i primi tre non fanno che ribadire il taylorismo e l'M.T.M. in particolare e il quarto ( « isole ») rappresenta nei fatti un tentative di recupero del modo artigianale di produrre.

Alia base delle due strategie di intervento rimane co­munque la presunzione del tecnico di essere in grado di in­dividuate le motivazioni allavoro e di organizzare, all'interno della fabbrica, i servizi e il lavoro stesso in funzione di una loro soddisfazione.

Viene prodotta a questo scopo tutta una serie di ricer­che sugli aspetti motivazionali. Questi lavori si dividono a !oro volta rispetto al modello di uomo-lavoratore che assu­mono.

Vi e un primo filone di studi sulle motivazioni legate all'interesse economico individuale. Queste ricerche vanno dallo studio sui valore simbolico del denaro ai fattori relativi alia sua forza incentivante. In questo filone ci sono le ricer­che di William F. Whythe sui sistemi di retribuzione ad in­centive; il modello di uomo e queilo economico che si rifa al Taylor.

II secondo filone e quello delle motivazioni legate alle relazioni sociali, che assume il modello proposto da Elton Mayo e che comprende gli studi di Abraham Zaleznik sulle condizioni di formazione dei gruppi e sulla loro dinamica in­terna. In questa prospettiva rientrano alcuni studi sull'orien­tamento dei capi e l'efficienza deilo stile di comando, sui ruolo del leader all'fnterno del gruppo, ecc.

II terzo aspetto comprende gli studi sulle motivazioni legate all'« autorealizzazione » e al « significate » del lavoro, in particolare le ricerche di Chris Argyris sulla struttura del­l'organizzazione, sui livelli di adattamento e sulla necessita di elementi integrativi alia struttura pitamidale; quelle di Douglas McGregor sui « prindpi di integrazione » riguardan­ti la condotta, la liberta e la flessibilita; quelle di David McLelland centrate sull~importanza dei modelli educativi nel­la genesi della motivazione ad autorealizzarsi; quelle di Fre­derik Herzberg, che distingue tra fattori « igienici o di man-

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tenimento » (ambiente) e « motivanti » (contenuto del la­voro).

Sarebbe troppo lungo elencare anche solo i principali autori (Davis e Jaques tra gli altri) che sviluppano, secondo prospettive diverse, questo tipo di studi, isolatamente o al­l'interno di centri organizzati di ricerca (e il caso del Tavi­stock Institute).

Analizzeremo invece in particolare il contribute di Abra­ham Maslow 18

, confrontando la scala dei bisogni da lui elabo­rata con la storia individuale di un operaio metalmeccanico participante a1 nostro corso di psicologia del lavoro. II con­fronto ha interesse in quanto permette di verificare ( e il ter­mine verifica non ha il significate di rendere rappresentativa di tutti gli operai la storia di un solo operaio) come l'esperien­za, possibile oggi ad unlavoratore, ripercorra puntualmente la storia della psicologia del lavoro e dei problemi che essa ha affrontato.

Tutto do in quanto la psicologia dellavoro ha derivato modelli interpretativi e soluzioni da una matrice pre-scienti­fica (i rapporti di produzione della societa), questa matrice e stata, eq e, la base sulla quale gli operai hanno fatto e fan­no esperienza.

Questa matrice ha un divenire storico, rappresentato dalle diverse forme che hanno avuto i rapporti di produzione nella societa capitalistica; queste tappe sono riscontrabili an­che nella storia che riporteremo in quanto vi e il passaggio dall'economia agricola a quella industriale, con l'intervento di una situazione semi-artigianale che ha segnato appunto il passaggio dal modo di produrre agricoJo a quello industriale.

· Le stesse immagini della psicologia del lavoro: « brae­cia », «gorilla ammaestrato », « gorilla motivato », « nuovi metodi di produrre », si ritrovano nella storia di questo operaio.

La differenza fra storia individuale e scala di Maslow nasce dalle soluzioni e dalle motivazioni che la psicologia del lavoro fornisce ( analizzando la storia individuale e sociale del lavoratore) ai bisogni che l'operaio successivamente si trova a dover appagare. Maslow risolve dai problemi di sus-

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sis,tenz.a a quelli di « autorealizz.azione » (implicanti una di­mensione sociale) in termini di soluzione individuale, men­tre per l'operaio (e vedremo le fasi) dai bisogni alimentari a quelli complessi la soluzione si pone in termini collettivi cosi come la spinta motivante.

Esaminiamo ora i livelli della scala di Maslow e le fasi della storia dell'operaio metalmeccanico.

1 °) Livello per Maslow: bisogni fisiologici (nutrimento, riparo dalle avversita climatiche, sonno, ecc.).

1·) Fa:se della storia lavorativa dell'operaio metalmec­canico: abbandono della attivita di bracciante agricola> im­migrazione senza la famiglia, dalla Sicilia alia grande citta del Nord, lavoro in una piccola officina artigianale.

Le necessita ecooomiche sono impellenti, la fabbrica, in questa fase, e una entita indistinta lontana culturalmente; e chiara pero l'immagine della fabbrica come cio che poo risol­vere il problema del cibo e della casa.

11 piano conseguente e: procurarsi il piu presto possi­bile, e nella maggiore quantita possibile, il denaro occorren­te alia soluzione delle necessita individuali e familiari.

La fabbrica e una « macchia grigia » priva di altri con­notati quali: tipo di lavoro alia macchina, fatica, nocivita, compagni di lavoro, gerarchia aziendale, sindacato; tutto cio ncm entra nel campo percettivo, gli risulta percio inc9Ulpren­sibHe lo sciopero o il rifiuto di lavoro straordinario, di con­seguenza non comprende perche i compagni di lavoro lo em mann « crumiro ».

2°} Livello per la scala di Maslow: bisogni di sieurezza ( continuita del livello delle risorse, dei sistemi di assicura­zione contro le malattie e gli infortuni e di previdenza so­dale).

2") Fase della storia dell'operaio. Ingresso nella grande fabbrica « Mi pareva, rispetto al­

Ia piccola officina, di entrare all'universita ». L'immagine della fabbrica e soprattutto quella della

grande industria; e piu precisa.

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In questa fase la grande industria vuol dire: lavoro e salario assicurati tutto l'anno, mutua per se e per i propri figli, previdenza sociale, pensione. Questa Immagine si con­trappone a quella del lavoro precario nella piccola fabbrica e soprattutto a quella del lavoro bracciantile.

Da questa Immagine deriva un Piano nuovo, non vi e possibilita di ritorno ne all'agricoltura ne alia piccola offici­na a conduzione paternalistica, la soluzione dei vecchi e dei nuovi bisogni e nella grande industria. Questa consapevolez­za modifica il Piano precedente e ne prepara uno nuovo, la stessa Immagine della fabbrica cambia e si de£inisce non so­lo pili in base a motivazioni di ordine elementare.

Inizia a questo punto la forbice tra Ia scala di Maslow e queUe che sono state le motivazioni dell'qperaio metalmecca­nico; infatti Maslow pone al

3°) Livello i bisogni associativi (es~e accettati dagli altri, bisogno di scambiare amicizia e affetto, di appartenere a gruppi coi quali si condivide l'esistenza); nella

3•) Fase della storia dell'operaio, egli scopre ch~ esisto­no dei ~mpagni di lavoro e che essi hanno i suoi stessi pro· blemi.

In questa fase vi e uno scambio tra il semplice bisogno associativo e Ia consapevolezza che la soluzione dei bisogni individuali passa necessariamente attraverso il gruppo. L'Im­magine della fabbrica comprende ora il complesso intreccio delle soluzioni possibili tentate dai vari operai per risolvere personalmente i bisogni individuali e un Piano, ancora indi­stinto, abbozzato nella discussione con i compagni di lavoro, neUe parole d'ordine degli scioperi. L'Immagine derivata, an­cora generica, e quella della solidarieta tra compagni di una stessa linea di uno stesso reparto.

Gia in questa fase, come si accennava all'inizio, vi e una diversificazione tra i bisogni « individuali » e quella che e la storia individuale e collettiva dell'operaio. Le spinte motiva­zionali non provengono solamente dalla :necessita di soddi­sfare il bisogno individuale di un livello superiore, ma pro­vengono dalla nuova entita sociologica e psicologica della

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quale l'operaio e entrato a far parte per risolvere i bisogni di livello inferiore. In altre parole e la stessa situazione di solidarieta che diventa motivante al cambiamento degli obiet­tivi individuali.

Da questo punto di vista viene messa in discussione la conclusione che Maslow trae dalla sua scala dei bisogni e cioe che un bisogno non appare come motivante se non sono stati soddisfatti i bisogni del livello inferiore. Infatti il partecipa­re allo sciopero, come segno concreto di solidarieta e appar­tenenza a un gruppo, allontana la soluzione dei bisogni im­mediati di livello inferiore per tendere collettivamente alia soluzione di livello superiore.

Dove il divario tra le due sequenze e piu marcato e al-l'ultimo livello della scala di Maslow:

4°) Livello: bisogno di autorealizzazione e cioe « un uo­mo deve essere cio che e capace di diventare ».

4") Fase della storia dell'operaio meltameccanico. L'espe· rienza di soluzioni nei rapporti con la mansione, con i com­pagni di lavoro, con la gerarchia aziendale e l'organizzazione sindacale hanno modificato le Immagini e i Piani precedenti sulla fabbrica.

L'Immagine della fabbrica e quella di un sistema com- . plesso dal quale si ricevono e si danno delle informazioni. La linea di montaggio e una sequenza di strume_nti (martelli, av­vitatrici, mascheroni, ecc.), gruppi di uomini che svolgono mansioni concatenate, ritmi, organico, rapporti con altre la­vorazioni, rapporti con i vari gradi della gerarchia aziendale, luogo di discussione politica e sindacale.

Nella fabbrica l'operaio scopre la possibilita di appren­dimento sia in termini individuali sia in termini di gruppo (intelligenza collettiva); verifica che il gruppo di lavoro puo essere il soggetto del processo di cambiamento dell'organiz­zazione dellavoro.

Ne deriva un Piano complesso la cui realizzazione non puo passare se non attraverso elaborazioni collettive; i Piani sono inoltre differenziati in quanto vanno dalle strategie nei confronti della mansione (attuate, per esempio, con la ricom-

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posizione, nel gruppo di lavoro, di mansioni di montaggio e di collaudo, di modificazione di attrezzatura a monte del tratto­linea della propria squadra) ai rapporti con i compagni nella posizione di delegato e percio il problema della « non dele­ga » e della partecipazione.

Sono presenti alia sua mente anche Piani nei confronti delle forme di latta e rapporti con l'azienda, Piani nei con­fronti dell'organizzazione sindacale neUe sue varie articola­lazioni (Consigli di fabbrica, Comitati, cottimo, ambiente, lega, Federazione unitaria, ecc.).

La soluzione dei problemi individuali e collettivi si po­ne percio in termini completamente diversi rispetto al tradi­zionale approccio della psicologia del lavoro, in quanto sul­l' esperienza viene costruendosi la coscienza che la soluzione passa attraverso la egemonia della classe operaia.

Dal gruppo informale all'isola di montaggio: quaranta anni di storia caratterizzata dalla crescita dell'esperienza ope­raia. In questa attica si considera importante il cambiamento di organizzazione dellavoro avvenuto in una linea di montag­gio, oggettivamente uguale a se stessa rispetto al 1968, nella quale pero i gruppi e i delegati hanno maturato una grossa esperienza informale, nella capacita di contestare la gerarchia aziendale, sia rispetto all'M.T.M., sia attraverso alia crescita del gruppo operaio omogeneo, sia attraverso ad un reale rap­porto di partecipazione tra gruppo e delegato, sia attraverso alia reale capacita dei gruppi di realizzare appieno su quella linea la strategia generale del sindacato.

Meno importante consideriamo il cambiamento rappre­sentato in un'altra situazione della sostituzione delle isole di montaggio, se contemporaneamente non sono maturati i gruppi (nei termini sopra indicati).

E' ovvio che laddove alia linea di montaggio si e sosti­tuita l'isola di montaggio (come risultato della latta) e con­temporaneamente e maturata l'esperienza informale nei grup­pi e anche cresciuta maggiormente la possibilita di apprendi­mento nella contestazione dell'organizzazione dellavoro tay­loristica.

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L'uomo operaio: dalle « astuzie >> alla strategia per una nuova organiuazione del lavoro

Che cosa significa per noi parlare di astuzie operaie e della sequenza che, partendo dalle astuzie, arriva alia elabora­zione di una strategia per una nuova organizzazione del la­voro?

Significa rispondere ad una serie di domande: - se l'immagine dell'uomo sottesa allo « scientific ma­

nagement» sia valida o no; - se la psicologia debba o no considerate l'uomo-ope­

raio come soggetto attivo della ricerca. Significa inoltre rispondere alia domanda se l'esperien-

za operaia esista oggi o no. II primo quesito, lo ripetiamo, e se l'operaio puo fare

esperienza in una organizzazione tayloristica la quale presup­pone essenzialmente che egli esegua senza pensare.

Per comodita di analisi possiamo distinguere due atti­vita lavorative limite: quella degli operai alla catena di mon­taggio e quella degli operai aggiustatori attrezzisti; la prima puo essere considerata come la piu conseguente realizzazione del taylorismo, la seconda come la meno conseguente, in quanto lasda ampi margini ad un apprendimento professio­nale che, in quanto e frutto anche di istruzioni dovute agli operai provetti, rappresenta sicuramente un accumulo di « e­sperienza ». Possiamo quindi affermare, senza tema di smen­tita, che per i lavori operai che comportano una professiona­lita esiste una esperienza ed un apprendimento.

Esaminando ora se do e vero anche per gli operai della catena di montaggio. Che cosa significa, per gli operai della linea di montaggio, fare esperienza in « linguaggio » psico-

logico? II primo passo e quello di acquisire un'abilita nell'ese-

cuzione di una data operazione che puo esere comunicata in termini di isttuzioni definibili come un Piano, una traccia simbolica che riflette la strategia usata dall'istruttore, memo­rizzabile rapidamente, rna che, di per se, non e sufficiente a garantire l'esecuzione del compito.

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Sorge a questo punto il problema piu complesso, cioe come apprendere per eseguire; per risolverlo, e necessaria che vi sia un'azione coordinata tra istruttore ed allievo. In­fatti, se per l'istruttore e facile descrivere, in termini gene­rali, la strategia messa in atto, gli risulta peraltro molto di£. ficile esplicitare nel dettaglio le sequenze che l'allievo deve mettere in atto per eseguire l'operazione. Analogamente, al­l'allievo riesce difficile la coordinazione in un'unita motoria ampia delle singole sequenze apprese. All'allievo manca doe un meccanismo a feed back capace di superare il divario tra esecuzione intenzionale ed esecuzione reale, che guidi senza fatica i suoi movimenti.

Chi apprende ha percio bisogno, per poter eseguire un Piano con un'unita motoria scorrevole e controllata, di sco­prire una serie di piccoli atti intercalati che l'istruttore, nel­la descrizione originale del Piano non gli ha fornito, in quan­ta neUe istruzioni generali non sono comprese le attivita dei singoli gruppi muscolari. Essi sono, per l'istruttore, piu che espliciti e comunicabili, impliciti e tadti.

Schematizzando, Ia situazione e caratterizzata dal fatto che l'istruttore per comunicare il Piano, proceda dal livello strategico verso quello tattico, mentre avviene l'inverso da parte di chi apprende.

In questa situazione diventa piu produttivo che l'istrut­tore, qualora riscontri da parte dell'allievo l'invenzione di un movimento intercalate, non lo ostacoli e permetta l'esecuzio­ne sulla base di questa peculiare coordinazione muscolare.

Quella che abbiamo descritto e l'analisi della comuni­cazione di un'abilita ( quella di pilotare un aereo) da un istrut­tore di volo ad un allievo pilota (Miller e coli.) 19

• Da un tipo di macchina (l'aereo o qualsiasi altra macchina), che rappresen­ta Ia variabile indipendente nel sistema dato, la formazione del­l'uomo, che rappresenta la variabile dipendente da adatta­re, consiste nella trasmissione dell'esperienza di chi ha gia acquisito la capacita di uso e di controllo della macchina.

Quello che Miller e collaboratori non mettono in evi­denza e in che modo si forma l'esperienza che l'istruttore trasmette. Questo si spiega col fatto che il pilota e consape-

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volmente coerente con il sistema di cui fa parte e quindi la progettazione dell'ingegnere aeronautico,, la esperienza del pi­lota-collaudatore, l'esperienza del pilota fanno parte di un sistema che si autoregola, che fa globalmente esperienza. Que­sta si valida consensualmente attraverso gli uomini stessi che insieme alle macchine lo compongono.

Nella. linea di mont'aggio questa coerenza del sistema non esiste. I progettisti e colore che preparano le istruzioni sono un insieme, gli esecutori sono un altro insieme; tra i due insiemi non c'e coerenza, i due insiemi non hanno espe· rienza allo stesso modo perche l'esperienza dei secondi e su­bordinata sia sui piano neurofisiologico sia sul piano delle motivazioni. Per i primi, progettisti ed istruttori, l'esperien­za e parziale, mutilata, si fa sulle macchine: l'uomo, gli uo­mini, sono non una realta ma una astrazione, un « uomo me-­dia », definite dal punto di vista di una generica « soddisfa: zione » od « affezione » allavoro.

Possiamo fare l'ipotesi che di questi due insieme che fa esperienza solo sulla macchina sia appunto l'insieme costitui­to da progettista, responsabile della produzione, analista, cro­nometrista, doe l'insieme della staff degli « istruttori ».

L'insieme degli « esecutori » in un'organizzazione tay­loristica, nella quale gli esecutori non riescono ad elaborare delle strategie che abbiano successo, non fa esperienza.

E' presumibile, ed e dimostrato, che il sistema taylori­stico determina una situazione nella quale il singolo operaio puo elaborare uno schema sensomotorio, una tattica (le astu­zie) che gli permettono di guadagnare del tempo al di fuori delle norme.

II sistema e costruito in modo tale che la verifica dei tempi, attravetso il cronometrista, recupera prima o dopa, a vantaggio del sistema stesso, il nuovo schema sensomotorio, applicandolo a tutto il gruppo e realizzando cosl un taglio dei tempi che va a svantaggio del gruppo stesso.

E' presumibile die questa sequenza si sia ripetuta dap­pertutto, dall'applicazione del taylorismo in poi, sino al me­mento in cui si sono create delle condizioni diverse che han-

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no permesso al gruppo di trovare una soluzione al problema di conquistarsi non solo il tempo attraverso la gestualita, ma anche un modo per non riperderlo.

II processo di ricerca di una soluzione ad un problema comporta sempre o la scoperta della soluzione o l'arresto del­la ricerca 20•

« ... nelle case di tutti i giorni noi tiriamo avanti facen­do tutte le case solite ed abituali ... Poi le circostanze congiu­rano contra di noi e dove dovevano riuscire ci troviamo pre­da dell'insuccesso - dove non possiamo ritirarci dal campo, o abbassare gli standard che ci siamo imposti, o chiedere aiu­to, o andare in collera. Allora possiamo cominciare a sospet­tare che ci troviamo di fronte a un problema. Ma all'inizio non e chiaro di quale problema si tratti, 0 che test potrebbe essere soddisfatto da qualche soluzione. In questa stadia pro­cede un importante tipo di pensiero ... Si cerca in giro, inda­gando su delle congetture, ... ma non essendo mai esattamen­te certi di cosa stiamo cercando. Stiamo tentando di costruire un'Immagine migliore della situazione. Mentre al soggetto di un'esperimento psicologico il problema viene spiegato ed egli puo essere ragionevolmente fiducioso dell' esistenza di una so­luzione, la persona media non e certa che si tratti realmente di un problema, o, se lo e, che si possa trovare un test sempli­ce per la sua soluzione, o, se il test esiste, che ci sia qualche soluzione che lo soddisfa ... Nel periodo in cui stiamo andan­do a tentoni, cercando di chiarire l'Immagine per pater sco­prire un test che definisca il problema, usiamo ancora dei mezzi euristici, ma frequentemente li usiamo senza nessun feed back, senza nessuna assicurazione che ci stanno portando piu vicini alta definizione o alta soluzione del problema ... Sa­rebbe assolutamente erroneo credere che tutti i problemi ven­gano dati in forma ben definita e che il pensiero consista semplicemente nella ricerca in un insieme di un'alternativa che funzioni. In effetti, ... molte persone rappresentano i loro,i problemi in termini di chiarificazione dell'Immaf!,ine, piutto­sto che di formazione di un Piano per scoprire la soluzione. Essi ritengono che una volta che l'Immagine sia corretta, il Piano ne seguira direttamente. La risposta a quest'argomen-

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ta:t.ione e che, disgra:t.iatamente, avvierze che e fdlsa. In essa c' e pero abbastan:t.a verita da farci arrestare un momenta.

Peril pensiero, c'e un'alternativa al paradigma della ri­cerca? Natura/mente ce ne sono diverse. Per esempio, invece di discutere ogni problema come ricerca di un oggetto, o di un concetto, o di un Piano, possiamo esattamente allo stesso modo discuterli come un tentativo di predire cosa sta per succedere ...

Il paradigma della previsione per pensiero e soluzione di problemi, tende a dirigere la nostra attenzione. piu all'Im­mizgine che al Piano, dato che il test della previsione ci con­ferma o infirma l'Immagine che ha sostenuto la previsione· stessa. Galanter e Gerstenhaber osservano che "il pensiero immaginativo e ne piu ne meno la costruzione di un' immagi­ne o modello dell' ambiente, portando il modello ad essere piu veloce di questo, e predicendo che l' ambiente si compor­tera come il modello".

... Le descrizioni della soluzione dei problemi e del pen­siero che pongono l'accento sull'Immagine, di frequente cor­rlspondtmo meglio alle nostre intuizioni personali su cio che sta avvenendo - la parte immaginativa del processo e mol­to piu accessibile alia nostra consapevolezza di quella che tratta della formazione dei Piani. Una persona comune non si accosta quasi mai sistematicamente ed esaustivamente ad un problema, a mimo che non sia stato specificamente istruito a /arlo. Per lui e molto piu naturale visualiuare cosa c'e e co­sa desidererebbe che ci /osse, e concentrarsi su questo diva­rio, piuttosto che visualizzare lo smisurato insieme di possi­bilita alternative tra cui deve cercare. In altre parole, gli a­spetti fenomenologici della soluzione dei problemi sono con­nessi piu di frequente ad Immagini alternative piuttosto che 11 Piani alternativi.

Vediamo COSt che ci sono almena due modi di rappre­sentare l' elabora:t.ione delle informazioni che si ha durante il pensiero e la soluzione dei problemi. Secondo il paradigma della previsione, nella soluzione dei problemi la principale fonte di difficolta deriva dall'inadeguatez:t.a dell'Immagine della situazione del problema. E' necessaria raccogliere piu

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informazioni, tentare varie organizzazioni, distruggere le vec­chie Immagini per poterle sostituire con nuove, trasferire Im­magini dalle situazioni piu familiari.

... Tutte queste osservazioni possono trovare un parallelo nel paradigma della ricerca. Nella soluzione di problemi, la principale fonte di difficolta deriva allora dal fatto che l'insie­me delle alternative puo essere enormemente grande, forse in­finito, e che le soluzioni accettabili possono essere sparse ac­cidentalmente in modo da essere difficile da trovare. Sono po­che le situazioni in cui siamo completamente liberi di parti­re esaminando esaustivamente e sistematicamente tutte le varie permutazioni possibili degli elementi atomici. Se e co­stoso applicare un test, vorremo trovare una soluzione chc~ comporti il minimo di applicazioni possibile. Per di piu, e raro che le ipotesi alternative vengano "date", nel sensa che ci occorra semplicemente indicare quella che vogliamo - di solito devono essere generate secondo certe regale. Lo stesso processo di generare delle soluzioni potenziali puo implicare notevoli costi e spese di tempo ...

Di queste descrizioni ne sara piu utile a volte l'una, a volte l' altra, a seconda di dove sia il nocciolo della difficolta nella costruzione di un'Immagine e nell'elaborazione di un Piano migliote ... ».

Abbiamo riferito da Miller e collaboratori i modi, noti agli specialisti, che l'uomo ha di fronte per risolvere i pro­blemi, posto che sia gia conscio dell'esistenza di questi stessi problemi.

Possiamo quindi dire che l'operaio si trova in una si­tuazione nella quale, secondo il modello tayloristico, non gli si pone nessun problema: deve eseguire senza pensare. Nel caso che pensi, cosa che non crediamo di aver dimostrato noi attraverso quello che abbiamo scritto, rna che ci pare ov­via, gli capitera di trovarsi di fronte ad una situazione che Secondo noi e cos} caratterizzata.

A grandi linee il suo pensiero si applichera in primo luo­go alia individuazione dei problemi, all'interno dei quali do­vra fare una ricerca per individuate quelli piu importanti, do-

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vra poi trovare. le soluzioni piu adeguate a questi problemi emergenti.

Noi possiamo tentare una storia a ritroso, partendo da quelli che sono i problemi che la classe operaia ha individua­to oggi, in Italia, e da queUe che sono le strategie di compor­tamento coerentemente adottate.

Abbiamo detto una storia a ritroso perche ci interessa anche valutare per differenza, rispetto ad altri due periodi storici caratterizzati da un diversa organizzazione del lavoro, quello che oggi c'e di nuovo, rispetto a questi due periodi.

Incominceremo quindi a definite quelli che sono gli ele­menti caratterizzanti del modello interpretativo operaio at­tuale perche ci sembra ovvio che l'operaio faccia esperienza, oggi, in rapporto a questo modello interpretativo. Come mo­dello interpretativo generale della societa e presente il model­lo marxiano della societa divisa in due classi.

Questo modello possiede attualmente una connotazione particolare, che e quella egemonica, in base alia quale l'ope­raio e « cosciente » di appartenere ad una classe che, oltre ad avere un ruolo storico rivoluzionario, ha anche un ruolo di egemonia culturale. Questo modello generale comporta sui piano operativo attuale, per la classe operaia, una strategia di intervento che va dalle riforme alia modifica dell'organizza­zione del lavoro.

All'interno di questo modello generale esistono dei mo­delli politici e di partito da cui derivano delle dassificazioni all'interno degli stessi operai ( esiste ancora in parte una mo­dellizzazione in termini di appartenenza a sindacati diversi).

Questi modelli generali non sono modelli astratti, rigi­di, rna vengono oggi continuamente verificati ( ovviamente in modo diverso a seconda delle situazioni o degli individui) sulla base dei comportamenti concreti dei singoli individui o dei gruppi, nella societa come all'interno della fabbrica.

Questa verifica avviene attraverso la valutazione della ca­pacita dei singoli e dei gruppi di proporre delle strategie ( e di realizzare degli interventi coerenti a queste strategic) p­spetto ai problemi individuati come tali.

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Questi problemi oggi so no quelli tradizionali: orario ( e £erie), salario, servizi, e carico di lavoro.

Altri problemi disomogenei rispetto a quelli tradizionali sono presenti alia mente degli operai: il potere contrattuale reale della fabbrica, la democrazia anche all'interno del sin­dacato oltre che nella fabbrica e nella societa, il decentramen­to nella gestione del potere contrattuale, i criteri di questa stessa gestione, i rapporti con la scienza ufficiale e coi suoi rappresentanti. ·

Anche dal punto di vista percettivo il carico del lavora­tore e enprmemente aumentato in quanto non comprende piu soltanto la bolla di lavorazione e le norme di lavorazione, rna il rapporto fra lavoratori presenti e produzione richiesta, la velocita delle linee, l'indice di saturazione, l'introduzione di innovazioni .tecniche, gli arresti tecnici in rapporto alia pro­duzione, il bilanciamento della linea, la presenza di fattori nocivi, i criteri di individuazione e di controllo di questi fat­tori, le novita nell'organizzazione gerarchica.

L'elenco dei problemi e diventato un lunghissimo elen­co a cui e necessaria far corrispondere un elenco, altrettanto lungo, di strategie per risolverli e di criteri validi per la ve­rifica di queste strategie.

Le astuzie, intese come procedimento euristico non si­stematico per migliorare una sequenza gestuale al fine di con­quistarsi un tempo di riposo non previsto dalle norme, sono solo il momento iniziale di un procedimento euristico molto piu complesso che tende ad affrontare il problema centrale, quello dell'organizzazione del lavoro nel suo complesso.

Fra i tanti elementi che ci paiono degni di nota, in que­sta strategia complessa, che e, nello stesso tempo, effetto e causa dell'esperienza operaia, vogliamo evidenziarne alcuni.

Si tende alia modificazione dell'organizzazione del la­voro affrontandola da molti punti di vista ( dal pun to di vista dell'ambiente che essa determina, dal punto di vista delle qualifiche, del cottimo, degli effetti stancanti); rna esiste una convergenza di tutti questi punti di attacco che tende ad af­frontare il nucleo centrale, doe la determinazione dei tempi e dei metodi.

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Si sono create delle condizioni molto migliori perche sia possibile un'esperienza globale delle strategie da parte dei piccoli gruppi (gruppo operaio omogeneo) in quanto la ge­stione del contratto tende ad essere prevalentemente affida­ta al delegato (e al gruppo omogeneo che rappresenta).

I rapporti fra l'operaio e gli altri operai, fra l'operaio e l'organizzazione sindacale, fra l'operaio e l'organizzazione for­male della fabbrica, tendono ad essere rapporti fra pari.

Abbiamo detto « tendono » nel senso che e presente l'esi­genza di superare il divario tra « istruttori » ed « esecuto­ri » e di trasformare questa esigenza in forme organizzative coerenti. I rapporti fra gruppo operaio omogeneo e delegato si informano alia massima partedpazione, il Consiglio di fab­brica vuole essere collettivamente responsabile della gestione contrattuale aziendale, la direzione sindacale e sempre piu impegnata alia massima partedpazione, i rapporti con la ge­rarchia aziendale sono sempre piu definiti attraverso una maggior predsazione dei diritti dei lavoratori.

Dalla complessita dei problemi e dal loro modo di de­terminarsi storicamente e derivata un' estrema frammentarie­ta delle strategie. Infatti le condizioni per Ia presa di cosden­za dei problemi, per Ia conquista della gestione delle situa­zioni favorevoli alia loro soluzione, si sono create in pochis­simo tempo (doe negli ultimi quattro anni) e si trovano in diverse fasi di maturazione nelle diverse regioni.

Inoltre si e avuto l'improvviso, netto decentramento del­la gestione degli accordi dal sindacato al gruppo e al suo de­legato. Manca un sistema informativo, capace di controllare queste strategie di piccolo gruppo, realizzato attraverso la co­noscenza di queste strategie, al confronto fra queste strategie ( tenuto con to anche della diversita delle situazioni da ~i de­rivano) e il « ritorno » di modelli strategici piu generali 'ai piccoli gruppi.

La strategia generale del movimento ha prodotto le con­dizioni, in termini di modellizzazione e in termini di obietti­vi, per Ia definizione di tattiche diverse a livello dei piccoli gruppi e per Ia creazione di un'esperienza che contiene ele-

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menti importanti di correzione della strategia generale ed ele­menti per una nuova strategia.

II movimento none perc in grado ancora, come sistema informativo, di utilizzare tutto quello che le nuove condizioni hanno reso possibile.

Si puc fare l'ipotesi, sulla scorta almeno degli elementi che abbiano a disposizione, che Ia « quantita » di esperienza operaia, se cosl possiamo dire, e Ia qualita siano direttamente proporzionali allo stato di necessita e inversamente propor­zionali alia ricchezza di contenuto dellavoro, intesa in senso tradizionale.

Infatti ci e sembrato di cogliere negli operai alia linea di montaggio o che lavorano comunque in una situazione piu tipica del taylorismo, doe con massima predetermiriazione dei tempi e della gestualita, un massimo di elaborazione di strate­gie di apprendimento rispetto ai problemi derivanti dal rap­porto con i compagni, con l'organizzazione aziendale e con la organizzazione sindacale.

AI contrario abbiamo ravvisato negli operai altamente specializzati, soprattutto impiegati, in particolare analisti e programmatori, un minimo relativo di elaborazione. Questo dato, non sicuro, viene da noi riferito come probabile, comun­que da verificare, perche ci sembra che contrasti con il tra­dizionale concetto di esperienza, legata alia professionalita.

Ci sembra chiaro infatti che se noi parliamo di esperien­za operaia non in termini tradizionali (doe in termini di abi­liti nell'eseguire un lavoro complesso) ma in rapporto alia capacita di legarsi col proprio gruppo di lavoro e coi modelli generali della strategia operaia per modificare l'organizzazio­ne del lavoro, la situazione piu stimolante per la produzione dj ~trategia ISia proprio caratterizzata dai lavori piu poveri di significato, in cui la condizione di esecutore e piu netta.

Abbiamo detto prima che poteva essere interessante tentare un abbozzo di storia a ritroso, relativa all'esperienza operaia nella fabbrica.

I tre periodi che vogliamo considerate schematicamente sono: la situazione attuale in Italia, la situazione caratteriz­zante del mondo industriale nella prima meta del secolo e la

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situazione nella fabbrica capitalistica iniziale. La condizione attuale, i problemi e le strategie ad essa connesse, li abbiamo prima sinteticamente tratteggiati.

Le condizioni di fabbrica nel capitalismo nascente as­somigliano all'inferno dantesco: salari da fame, nessun limi­te di eta, di sesso, di orario, di tossicita; !'eta media, intorno ai 40-50 anni in generale, e nettamente piu bassa fra gli operai.

I problemi emergenti non possono essere altri che quel­li della riduzione dell'orario nella giornata, nella settimana e nell'anno, la definizione di limiti rispetto all'eta di lavoro, rispetto al sesso e la ricerca del superamento dei salari da fame.

Le strategie quindi sono delle strategie coerenti a que­sta condizione, o in termini di accettazione della « rabble hy­pothesis » o in termini di « proletari di tutto il mondo uni­tevi ».

Nei primi cinquanta anni del secolo il taylorismo deter­mina, direttamente e come forma di risposta, una tendenza alia « stalla modello », nella quale i problemi emergenti per Ia classe operaia all'interno della fabbrica sono rappresentati dalla ricerca di ulteriori diritti sindacali e politici estranei al­l'organizzazione dellavoro.

La coscienza di classe, come cosdenza di appartenenza ad una classe che ha un ruolo storico, produce essenzialmen­te il madelia politico del rivoluzionario. I compagni di lavo­ro e l'organizzazione sindacale vengono visti secondo queste categorie politiche.

I problemi emergenti sono ancora l'orario e il salario; a qm!sti si aggiungono le £erie, i servizi e il carico di lavoro, quest'ultimo inteso come l'aspetto di un supersfruttamento che si risolve soltanto con la modifica:z;ione del « rapporto di forze » marxiano.

II problema dell'organizzazione del lavoro non e anco­ra presente alia coscienza degli operai come problema genera­le e neanche nei suoi diversi aspetti oggi noti.

In questa petiodo il tipo di gestione del rapporto clas­se operaia-padroni, delegato ampiamente aile organizzazioni

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sindacali esterne alia fabbrica, se permette il formarsi di una esperienza operaia nella fabbrica, non ne rende possibile Ia trasformazione in strategie che abbiano interesse, come co­scienza psicologica, per la psicologia dellavoro.

Data questa sviluppo storico quale sensa puo ancora avere come madelia l'uomo-motivato e il sistema uomo-auto­ma considerati astrattamente, al di fuori del contesto stori­co, individuale e sociale, che caratterizza l'uomo-operaio?

Mediando da Piaget la distinzione delle scienze umane in nomotetiche e storiche possiamo dire che la psicologia del lavoro appartiene ad ambedue le categorie. L'ergonomia, co­me scienza che studia le leggi che regolano un sistema uo­mini-macchine-ambiente in un ambiente data, puo avere un grande significato nella determinazione di una nuova organiz­zazione dellavoro, rna solo a patto di riconoscere la storicita del processo di trasformazione dei modi di produzione ed il ruolo dell'uomo-operaio in questa trasformazione.

Certamente se l'ergonomia, volta allo studio dei siste­mi uomini-macchine-ambiente di lavoro, non sa considerate questi sistemi come sottosistemi di un sistema piu grande, la societa che, storicamente determinata dagli uomini, determi­na a sua volta il ruolo degli uomini nei sottosistemi produtti­vi, la fidatezza dell'ergonomia stessa risultera malta scarsa (come si sta dimostrando). Ad esempio una grande fabbrica organizzata sulla base di una psicologia del lavoro che igno­ra le strategie di latta sindacali, rna si interessa solo delle « insoddisfazioni » individuali, sara facilmente vulnerabile perche, simile ad una unica linea produttiva ininterrotta, potra essere bloccata dalla fermata di 20-30 operai. D'altra parte non e certo come tecnico esterno che si possono studiare le strategie di trasformazione legate alia crescita dell'apprendi­mento operaio di questi ultimi anni. Quale e il contenuto della « scatola nera » rappresentato dall'uomo-operaio? E' certo difficile saperlo, anzi impossibile, come dice il Misiti 21

,

definire i contenuti deducendoli dalle correlazioni tra segna­li che « entrano » e risposte che « escono ».

Eppure e indispensabile conoscere i1 contenuto di que­sta, anzi di queste « scatole nere » che sono gli uomini-ope-

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rai, anche se questo risulta un lavoro impossibile, se conside­rato rispetto alia totalita degli operai. Useremo ancora il me­todo campionario o il metodo esemplificativo a seconda delle esigenze. Conveniaroo comunque con Miller e collaboratori 22

( che si definiscono argutamente dei comportamentisti sogget­tivi) che se « ... e essenziale che la scienza abbia a disposi­zione delle descrizioni accurate... la vita e piu di una cos a, una sostanza, un soggetto che esiste ( e noi aggiungiamo la sto­ria e ancora qualcosa di piu, e di piu complesso) ... la descrzzio­ne e l' approccio tradizionale, la ripetizione e stat a l' approccio tradizionale dell' artista ... ha vissuto ai confini tecnologici della scienza ... ma ora sta emergendo come un' alternativa scientifi­ca con proprio diritto ... lo sviluppo delle mod erne macchine calcolatrici ha dato gli strumenti necessari a ripetere, a szmu­lare, su larga scala i processi che si vogliono studiare ».

Continuando ancora: « ... i metodi euristici possono es­sere incorporati nelle macchine ma ( secondo un critico im­mdginario) non si potranno mai avere delle prove comporta­mentali per verificare queste idee,. se la gente e tanto com­plicata, e se cose tanto complicate non si possono studiare sperimentalmente, allora la psicologia scientifica deve essere impossibile. L' approccio piu prezioso sembra quello del "pen­sare ad altq, voce" ...

Questo metodo present a molti inconvenienti . .. ma se usato scrupolosamente e con intelligenza puo fornire un'enor­me quantita di informazioni particolareggiate sui processi di pensiero. It problema non e tanto raccogliere dati quanto sa­pere cosa /arne ».

Questo e appunto il nostro problema per quanto si ri­ferisce al materiale raccolto, dalle « scatole nere » degli ope­rai-delegati, col metodo delle istruzioni al sosia di cui abbia­mo brevemente parlato nel secondo capitolo. Perche non com­binare il metodo della raccolta del materiale attraverso a quan­to suggerisce·H soggetto, con il metodo della ripetizione, o si­mulazione, volta a ripetere il piano di comportamento, come studio dei Piani che derivano dalla esperienza in fabbrica? Sulla base della nostra esperienza noi pensiamo che il meto­do della simulazione uomo-uomo possa avere una notevole

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utilita per la psicologia dellavoro a patto che lo psicologo del lavoro voglia confrontarsi come « scatola nera » con Ie sca­tole « nere » degli operai; osando confrontare i suoi model­li d'uso, i suoi piani di comportamento, espressi con la stes­sa tecnica delle istruzioni al sosia (psicologo di fabbrica) con i modelli d'uso, i piani di comportamento degli operai otte­nuti con lo stesso metodo.

AI di la degli inevitabili errori di tutti i metodi, com­patibilmente col rigore e con la scrupolosita di chi ne fa uso, il metoda della simulazione uomo-uomo rappresenta, o me­glio puo rappresentare, la presa di coscienza (per chi prepa­ra le istruzioni per il sosia) delle proprie strategie di compor­tamento; puo rendere piu chiaro · il rispecchiamento della realta oggettiva e la coerenza fra questo e la realta stessa; in altre parole puo permettere, accanto alia presa di coscienza della realta gia presente nel soggetto, anche la presa di co­scienza del modello di questa realta e del modello di inter­vento sulla realta stessa. Questo puo essere utile all'uomo­operaio come all'uomo-psicologo dellavoro perche: « ... l'uo­mo e diventato incommensurabilmente piu ricco nelle sue possibilita di agire sul mondo da quando si e trovato in gra­do non soltanto di percepire, pensare e sentire, ma anche di essere cosciente che e un essere che percepisce, sente, pensa » 23

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IV - ESPERIENZA OPERAIA COSCIENZA E PSICOLOGIA DEL LAVORO

II problema che volevamo affrontare era quello de « L'esperienza operaia e la psicologia dellavoro ». Potremmo meglio specificarlo usando questa espressione: « L'esperien­za degli operai con cui siamo venuti a contatto e la psicologia dellavoro che conosciamo, considerati secondo i nostri mo­delli interpretativi rispetto e agli operai e alia psicologia del lavoro ». Dovremmo ancora aggiungere { e forse non baste­reb be ancora per indicare i limiti della generalizzabilita delle nostre conclusioni) che il nostro obiettivo era ed e quello di arricchire la psicologia dellavoro di tutto quello che autono­mamente gli operai sono stati ( e sono) in grado di produrre e che questo obiettivo e secondario ad una· considerazione d.iversa che abbiamo {diversa rispetto a quella dominante) del rapporto tra l'uomo comune e lo scienziato, tra la pratica e la teoria, tra la scienza e l'esperienza.

Come il Koyre 24 si chiede perche la scienza greca non ha prodotto la tecnologia pur avendone i mezzi ( concettuali e no) e. non ha neanche inventato ne il timone ne la bardatu­ra a spalla dei cavalli, cosl noi ci chiediamo perche la psico­logia del lavoro non ha inventato una organizzazione del la­voro a misura dell'uomo, visto e considerato che proprio l'uo­mo, il suo comportamento e quello che sta dietro al suo com­portamento ·sono l'oggetto della psicologia e fra l'altro uo­mini-psicologi ne sono i soggetti. II Koyre risponde all'inter­rogativo che si pone con due spiegazioni: una di ordine so­dale (relativa doe alia struttura della societa), l'esistenza del-

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la schiavitu che rende superflua o almeno non crea la neces­sita di una tecnologia; una di ordine psicosociologico doe la esistenza di una frattura tra « tecne » ed « episteme », doe tra attivita pratica ed attivita speculativa.

A noi pare che questa frattura tra attivita pratica ed at­tivita speculativa persista ancora oggi. Non piu valida, forse, se riferita allo sviluppo delle scienze in generale ( diciamo for­se perche lo e, probabilmente, rispetto all'uso delle scoperte sdentifiche ed e difficile, se non impossibile, distinguere tra sviluppo delle sdenze ed uso delle scoperte sdentifiche) que­sta affermazione e ancora certamente valida se riferita aile scienze umane ed in particolare alia psicologia del lavoro.

II taylorismo, doe la divisione tra uomini che eseguono ed uomini che preparano le istruzioni per chi esegue, carat­teri2za tutta l'organizzazione del lavoro industriale. Sarebbe interessante considerate Pinsieme della societa per vedere in quale misura questa divisione tra « esecutori ed i:struttori ~ non. interessa anche il resto della attivita lavorativa, com pre­sa quella tecnica, le professioni liberali, ecc.

Da questa analisi potrebbe risultare una societa di « i­struttori » a diversi livelli, con un livello pili alto, gli scien· ziati, al d:isotto dei quali si avrebbe una stratificazione di « istruttori », ogni livello preparando delle istruzioni per lo strato inferiore, sino al livello dei puri esecutori (gU opetai ndla fabbrica, i cittadini nel quartiere, i soldati nelle caser-me, gli alunni nelle scuole, ecc.). ·

Questa analisi interesserebbe una psico.logia del lavoro che non considerasse solo il lavoro degli operai, ma tutti i lavoratori, doe tutte le attivita umane. Questo fatto, che l:t psicologia del lavoro consideri essenzialmente il lavoro degli esecutori, e gia una riconferma della frattura tra attivita pra· tica ed attivita speculativa, e si ticollega al fatto che l 'appren· dimento in semso lato, come sviluppo della personaltia, e og­getto della psicologia solo in riferimento allo sviluppo biolo. gico, e snu.nita alia psicologia dell'eta evolutiva.

L'apprendimento nell'eta adulta setnbra essere appail­naggio dei soli ricettatori e scienziati ( comptendendo in que­sta Megoria tutti. coloro che svolgono attivita creative, ori-

M

ginali, almeno nel senso di produrre cultura, o comunque ri· sposte decisive della determinazione dei cambiamenti nella societa, per meglio intenderci dallo scienziato tradizionale, al manager, all'artista, al politico). -

L'attivita di questi uomini none oggetto comunque del­la psicologia dellavoro, cosl come l'attivita degli altri uomini sembra essere caratterizzata dalla cessazione dell'apprendi­mento col completamento dello sviluppo biologico, sempre secondo i modelli imperanti della nostra psicologia.

Cosl come nel mondo greco l'attivita dell'artigiano (co­me qualunque attivita pratica) non produce scienza, cosl og­gi l'attivita degli esecutori non produce scienza. Non piu, come nel mondo greco, l'attivita pratica non e oggetto della ricerca sdentifica in quanto tale, anzi per la psicologia del lavoro l'oggetto essenziale e appunto l'attivita pratica per ec­cellenza, quella esecutiva. E l'uomo che esegue, il soggetto di questa attivita, che viene considerate come oggetto e ri­fiutato come soggetto non solo della ricerca, ma anche come soggetto di una esperienza autonoma che porta ad un appren­dimento.

Abbiamo gia detto come l'apprendimento sia, nell' ambito della psicologia, considerate un processo che esclude tutti gli esecutori ·in ~senso lato. Nella psicologia del lavoro si nega addirittura che esista un processo di apprendimento autono­mo sui lavoro e quei pochi che riconoscono questo appren­dimento, lo relegano nell'ambito della mansione ed al di fuo­ri della coscienza (gli operai apprenderebbero senza esserne coscienti). '

Nel capitolo precedente noi abbiamo cercato di dimo­strare, perche ne siamo profondamente convinti, e speriamo di esserci riusciti, che l'esperienza operaia esiste non solo rela­tivamente alia mansione e nonostante i caratteri dell'organiz­zazione tayloristica, rna che questa esperienza si e strutturata in questi ultimi anni, interessando soprattutto i rapporti con i compagni di lavoro, la gerarchia aziendale, l'organizzazione sindacale ( e l' organizzazione sodale) in una strategia com pies­sa che non interessa solo la sodologia rna anche la psicologia.

Quali rapporti si possono stabilire tra l'esperienza come

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apprendimento di strategie di comportamento e Ia coscienza tome regolatrice del comportamento?

Noi concordiamo con le posizioni della scuola sovietica, riportate dal Bassin 25

, sui fatto che la coscienza non e un epi­fenomeno, ma rappresenta un'attivita psichica. · «La coscienza e anzitutto presa di coscienza della realta oggettiva da parte del soggetto come "conoscenza di qualche cos a" del modo ''come l' oggetto si oppone al soggetto cono­scente". La coscienza e una forma speciale superiore di 'atti­vita psichica che si manifesta nell'uomo solo quando e nella misura in cui l'uomo si separi dal mondo oggettlvo circostante.

Il fatto stesso della presa di coscienza degli oggetti del mondo esterno come oggetti connessi con l' attivita soggetti­va gia rivela la presenza di un atteggiamento determinato del soggetto conoscente verso tali oggetti e, quindi, l'indissolubi­le legame esistente fra la "presa di coscienza" e l' "atteggia­mento" del soggetto.

Se la coscienza e presa di coscienza della ·realtli oggetti­va tale da esprimere un atteggiamento determinato verso que­sta realtli, diventa percio stesso chiara la funzione determi­nante della coscienza, poiche l' atteggiamento verso il mondo puo· rivelarsi soltanto nell' attivitli che trasforma questo mondo.

La coscienza e quindi, da una parte, rispecchiamento del­l' essere sociale, dall' altra parte, e indissolubilmente connessa con l' essere sociale, perc he as solve la funzione regolatrice del­l'attivita umana. It rispecchiamento del mondo esterno cbe ha il carattere di una presa di coscienza degli oggetti e la tra­s/ormazione del mondo esterno, che in virtu della presa di co­scienza ha il carattere dell' azione e dell' attivitli ( e non della semplice reazione) sono le funzioni specifiche dell'uomo in quanto prodotto del processo storico mondiale, "la caratteri­stica dell'originale modo di essere proprio dell'uomo ».

Si puo accettare di considerate la coscienza come un epi­fenomeno solo se noi consideriamo l'uomo neurofisiologico, non l'uomo operaio come essere globale; se cioe accettiamo di considerate nel sistema uomo-macchina-ambiente solo il rap­porto uomo-mansione, ignorando i rapporti con gli altri uo-

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mini (del gruppo operaio, della gerarchia aziendale e della or­ganizzazione sindacale); limitando quindi l'esperienza, l'ap­prendimento operaio alia sola acquisizione di abilita motorie. Questa potrebbe spiegare e anche giustificare il fatto che nel­la psicologia del lavoro, adottando questa attica ristretta, si riconosca all'operaio un apprendimento che ha un carattere di scarsa coscienza.

Rispetto all'uomo-operaio, inteso come essere « globa­le » ... 26 « ... la presa di coscienza da parte del soggetto del mondo esterno come "oggetto che si oppone al soggetto co­noscente" e legata al passaggio a forme determinate di gene­ralizzazione e alta fissazione di tali generalizzazioni dellin­guaggio. Ma cio significa che essa e possibile soltanto attra­verso l'impiego di prodotti del processo storico-sociale quali sono i concetti e le parole .

. . . Quando ci si servt per la prima volta del concetto di presenza della realta come caratteristica della presa di co• scienza, probabilmente fu soltanto la tradizione nell'uso del­le parole a impedire di mettere in risalto lo stretto rapporto tra questo concetto e quello di "modellizzazione", largamen­te entrato nell'uso in psicologia in periodo piu tardo ».

Passando da un approccio astratto, ad un approccio con­creto, si puo pensare che il processo di presa di coscienza con­sista in un processo dialettico, in una dinamica di modelliz­zazione dal sociale all'individuale, e dall'individuale al soda· le, che trova nella realta storica (individuate e sociale) gli elementi concreti di riferimento. La coscieriza di classe e quindi, come la coscienza psicologica del singolo operaio, un dato storicamente determ1nato.

Possiamo anzi dire che essa {Ia coscieriza di classe) come modello generale nasce con Marx e si sostanzia di elementi caratterizzanti attraverso la storia, Ia coscienza di appartenen­za ad una classe sfruttata, diventa coscienza di solidarieta di classe, sino a diventare coscienza di classe egemonica, anche sui piano culturale. .

La coscienza di classe, in quanta 27 « ... coscienia sociale influisce su quella individuate .. . ma il grado di tale influen­za puo essere diverso nei vari casi e gia solo per questa mo-

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tivo possono variare secondo una gamma molto ampia le di­vergenze tra la coscienza individuale e quella sociale ».

In conclusione il rapporto tra l'esperienza operaia e la psicologia del lavoro tradizionale (in quanto rapporto tra modelli interpretativi rispetto ai problemi dell'uomo nella fab­brica) rappresenta il nodo per un cambiamento di paradigma che deve portare ad una diversa psicologia dellavoro.

Per gli operai l'esperienza e globale (potenzialmente o at­tualmente) rispetto all'intero sistema uomini-macchine-am­biente (di lavoro e sociale).

Questa potenzialita diventa attualita in funzione della modellizzazione ( e della dialettica della modellizzazione) in ter­mini di presa di coscienza della problematica che l'organizza­zione del lavoro pone all'uomo-operaio e aile possibilita che l'uomo-operaio si conquista (come individuo e soprattutto co­me gruppo) di modificarla.

La presa di coscienza (anche per l'organizzazoine della­voro) comporta 28 « il rispecchiamento che accompagna la "presentazione" della realta da parte del soggetto, ci imbat­tiamo in un particolare "raddoppiamento" del quadro del mondo. Contenuto di tale rispecchiamento diventa non sol­tanto la realta oggettiva in quanto tale, ma anche la perce­zione dell' atteggiamento verso questa realta.

Percezione che si contrappone come dato soggettivo piu o meno chiaramente cosciente, a quegli elementi del mondo esterno che provocano direttamente la percezione.

La percezione di questo rapporto conduce alta formazio­ne di un'entita analoga (o Immagine) della realta oggettiva, che pero il soggetto non identifica con quest'ultima e che si presenta alla coscienza come una sorta di modello del mondo degli oggetti.

L'utilizzazione di questo modello nel processo di rego­lazione del comportamento permette di ottenere ... innume­revoli vantaggi ... dovuti alta definizione di un modello del­le future reazioni che precede la azione » (Piano).

Noi pensiamo che la Immagine della fabbrica ed il Piano per Ia fabbrica presenti come modellizzazione nella mente de­gli operai debbano essere conosciuti e che Ia loro conoscenza,

la conoscenza delle modalita della loro formazione e della lo­ro verifica e delle tecniche per individuarli rappresentino la psicologia del lavoro « globale » che ci interessa.

II problema del rapporto tra esperienza operaia relativa alia fabbrica, coscienza (psicologicamente intesa) e psicologia del lavoro si inscrive in un rapporto piu ampio tra esperien­za operaia, coscienza sociale (di classe in particolare) e scienza.

Ci pare interessante fare riferimento a quanto dice Bat­t~cchi 29 relativamente ai nessi tra ideologia e scienza. « Nes­suno e disposto a sostenere piu, ormai, che la scienza sia ideo­logicamente neutrale. Ma see stato risolto, credo correttamen­te, un problema (la scienza ha una funzione ideologica) non e affatto chiarito come la scienza eserciti questa funzione ... Esse (le teorie scientifiche) sono costituite da un insieme di proposizioni che hanno un significato letterale ed un signi­ficato simbolico. E' il significato simbolico che realizza la funzione ideologica, rna il significato simbolico ( e quindi la funzione ideologica) non e univocamente determinato dal si­gnificato letterale, bensi congiuntamente dal significato let­terale e dal contesto-politico, economico, culturale e storico in cui una teoria e proposta e si afferma ... ( quindi) il conte­sto interpretativo di una teoria scientifica comprende anche le teorie alternative; proporre nuove teorie significa, forse, cambiare il contesto e contribuire ad una nuova interpreta­zione ».

A noi pare, in tal senso, che si debba individuate la fun­zione ideologica della psicologia del lavoro in un significato simbolico determinato congiuntamente dal significato lette­rale della terminologia « psicologia del lavoro », e dal con­testo politico, economico, culturale e storico, in una congiun­zione che obbliga il significato nel significante.

Noi abbiamo cercato di identificare gli elementi carat­terizzanti, qualificanti, del contesto politico-economico, cultu­rale e storico, relativamente alia psicologia del lavoro, nella esperienza operaia, relativamente alia organizzazione del la­voro e nella coscienza di classe, nella forma di egemonia. I processi di modellizzazione rispetto a questi due elementi ci paiono rappresentare l'oggetto fondamentale della ricerca del!a psicologia del lavoro come scienza.

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12 K. F. H. MURRELL: op. cit., pag. 21.

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10 G. A. MILLER, E. GALANTER, K. H. PRIBRAM: op. cit., pag. 100.

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2o G. A. MILLER, E. GALANTER, K. H. PRIBRAM: op. cit. pagg. 196-201.

21 R. MISITI: « Sviluppo di sistemi uomo-macchina », G. Giappichelli, Torino, 1973.

22 G. A. MILLER, E. GALANTER, K. H. PRIBRAM: op. cit., pag. 242. 23 I. VALENSIN: cit. da F. V. BASSIN in: « Jl problema dell'inconscio », Editori Riuniti, Roma, 1972, pag. 226.

24 A. KoYRE: « Dal mondo del pressapoco all'Universo della precisio-lle >>, Einaudi, Torino, 1971.

25 F. V. BASSIN: « Il problema dell'inconscio », Editori Riuniti, Roma, 1972, pag. 115.

26 A. N. LEONTJEV: cit. da F. V. BASSIN op. cit., pag. 139.

21 F. V. BAsSIN: op. cit., pag. 116.

2s F. V. BASSIN: op. cit., pag. 117.

29 M. W. BATTACCHI: <4( Scienza e ideologia », in Psicologia contem­poranea, Vol. I, n. 1, 1974.

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Premesse .

I - UN CAMBIAMENTO DI PARADIG­MA NELLA MEDICINA E NELLA PSICOLOGIA DEL LAVORO?

Il processo di formazione della strate­gia sull' ambiente di lavoro .

La formazione di un linguaggio comune

Il significato di un cambiamento di prospettiva

Dal procedimento analitico a un ap­proccio globale

Il passaggio ad una nuova modelliz­zazione

Nuovo rapporto tra medicina e psico­logia del lavoro

II - RIFLESSIONI SU UNA ESPERIEN­ZA UNIVERSITARIA .

Un corso di psicologia del lavoro per studenti

Un seminario di psicologia del lavoro per operai

III - ELEMENT! DI UNA STORIA DEL­LA PSICOLOGIA DEL LAVORO

L'uomo neuro-fisiologico: dalle « brae­cia » all'uomo automa

INDICE

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- L'uomo motivato: dal gruppo infor-male all'isola di montaggio » 57

- L'uomo operaio: dalle « astu:r.ie » alta strategia per una nuova organiz:r.azione del lavoro » 68

IV- ESPERIENZA OPERAIA COSCIEN-ZA E PSICOLOGIA DEL LAVORO » 83

Bibliografia » 91