Escatologia - Lezione 28^ Capitolo XI Lescatologia.

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Escatologia - Lezione Escatologia - Lezione 28^ 28^ Capitolo XI L’escatologia

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Escatologia - Lezione 28^Escatologia - Lezione 28^

Capitolo XI

L’escatologia

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1^ questione: l’oggetto della speranza cristiana

La

risurrezione dell’uomo

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Due premesse: Immortalità dell’anima o resurrezione dell’uomo?

a) Prospettiva dell’integrazione delle due visionia) Prospettiva dell’integrazione delle due visioni:visione greca: immortalità dell’anima, perché

corpo/anima sono due sostanze estranee fra loro (solo la separazione consente all’anima di essere immortale)

visione biblica: alla fine dei tempi anche i corpi risorgono per condividere la sorte dell’anima: riprovazione o beatitudine

Due visioni poi integrate: mezza risposta ciascu-na al destino dell’uomo (c’è immortalità e per tutta la persona)

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b) Prospettiva della non giustapposizione b) Prospettiva della non giustapposizione (tesi di Ratzinger):

- Sono due diverse visioni d’insieme, non addizionabili

- Concludono con due concezioni di Dio-uomo-futuro che sono completamente differenti

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Il croyable disponible Il credibile disponibile del nostro tempoFattori culturali facilitatori della tesi dogmatica = risurrezione della CARNEriscoperta della indivisibilità dell’uomopercezione positiva della strutturazione

corporea: modalità “obbligatoria” per realizzare l’unico essere dell’uomo

desiderio di una “vita-al-di-là-della morte” che “può venir concepita soltanto come un diverso modo di esistere di tutto l’uomo. Questo non è altro che il contenuto di una Risurrezione dai morti” (W. Pannenberg)

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Qui la coerenza: il messaggio biblico non an-nuncia l’immortalità dell’anima separata dal corpo, ma la risurrezione dell’uomo intero

difficoltà:come immaginare la risurrezione del corpo:

corpi spirituali/gloriosi/celesti esenti dall’obbligo della nutrizione

della locazione spazialeuno stadio completamente mutato della materia

(obiezione: non si tratta di un’astrazione mitologica?)

Contraddizione nell’antropologia culturale:* “non abbiamo un corpo – siamo un corpo” * e allergia nei confronti del messaggio cristiano

circa il corpo (questioni della bioetica)

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Giudaismo coevo a Gesù:Resurrezione = idea diffusa ma discussa

Mc 12,18-27 disputa con i sadducei (Mt 22,23-33)

Gesù parte dalla convinzione diffusa che, alla fine del tempo, i morti risorgeranno e questa sorte riguarda sia i peccatori che i giusti

i sadducei (conservatori) rifiutano la R. per il presupposto = R. è semplicemente una continuazione della vita di questa terra

Gesù lo corregge: «Quando risorgeranno dai morti, non si ammoglieranno né si mariteranno, ma saranno come angeli in cielo» (Mc 12,25)

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Resurrezione nella discontinuità = non è una mera prosecuzione dell’esistenza terrena

cioè una nuova perfezione corporale ma sem-pre dentro lo stesso continuum spazio-temporale della precedente

MA Resurrezione = implica una trasformazionediscontinuità non rappresentabile cosa può essere un corpo risuscitato al di là

del tempo e dello spazio? (NT = corpo glorioso – corpo spirituale – corpo incorruttibile)

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Spiegazione di Gesù ai Sadducei

“come angeli” non significa essere senza corpo, ma partecipi alla vita divina, superando le funzioni biologiche della procreazione tipicamente terrestre

trasformazione che si basa sulla potenza/ rivelazione di Dio come il Dio dei vivi:

è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe i patriarchi allora non appartengono più al regno

dei morti (sheol), ma vivono

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Gesù: Io sono la risurrezione e la vita

(Gv 11,25)

Gesù (umano-divino)

è l’uomo che forma una cosa sola col Padrel’uomo grazie al quale la natura umana è

entrata nell’eternità di DioCristo è anche allocuzione di Dio a noi: è il

Verbo dialogante con Dio (il Padre) che vive eternamente e che gli comunica la vita

Il Verbo è diretto agli uomini: “chi crede nel Figlio ha la vita eterna” (Gv 3,15)

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Gesù: IO SONO la risurrezione e la vita Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?» (Gv 11,23-26)

il risorgere non è un evento lontano, relegato alla fine dei tempi

grazie alla fede in Cristo si realizza già adesso (risurrezione come “dialogo divino-umano” con Cristo, che è la presenza umanizzata di Dio)

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Fase apostolica: S. Paolo

1Ts 4,13-18:

• un ritorno immediato del Signore?

• alcuni cristiani, però, sono già morti, senza aver fatto esperienza della parusia: sono esclusi dalla speranza?

• Paolo risponde: i defunti non sono in posizione di svantaggio rispetto a noi.

• Quando il Signore verrà, infatti, «prima risusciteranno i morti in Cristo» e poi, tutti insieme, risuscitati e viventi si andrà incontro al Signore

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La risurrezione dei credenti trova il suo fondamento nel destino di Gesù. Egli pure arrivò alla gloria attraverso la morte e la risurrezione:

«Noi crediamo che Gesù è morto e poi è risuscitato. Allo stesso modo crediamo che Dio riporterà alla vita, insieme con Gesù quelli che

sono morti credendo in lui» (1Cor 15,3)

• A Corinto: confessano la risurrezione di Gesù ma non la risurrezione dei morti

concentrazione della salvezza sul presente e così interiorizzata da escludere la salvezza del corpo

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Reazione di Paolo ne vede una minaccia ai fondamenti della

fede e della salvezza di Cristo (incarnatoria - escatologica)

“Ma ora Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti” (1Cor 15,20)

Cristo è risorto non per sé solo, ma come primizia

la risurrezione gloriosa dei credenti sarà un “prolungamento”/partecipazione della risurrezione di Cristo.

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1Cor 15,42-44: come sarà il corpo dei risorti?

Come sarà la nostra risurrezione?

Con quale corpo si risusciterà? Esiste davvero un corpo nato dalla

risurrezione o è un linguaggio cifrato per dire la immortalità della persona?

La questione esorbita dai confini della immaginazione umana e del mondo a noi accessibile

Spiegazione ardita di Paolo con immagini (il “seme”) in parte estranee alla nostra cultura, ma il senso sostanziale rimane

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• Paolo parte dal realismo della risurrezione della carne:

“né la carne, né il sangue possono ereditare il regno di Dio, né la corruzione

può ereditare la incorruttibilità” (v. 50)

C’è un deciso contrappunto di fronte a un realismo meramente intra-mondano, di tipo quasi fisico

per mettere in luce un realismo cristiano, che va oltre la fisica, un realismo nello Spirito.

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I presupposti dell’antropologia paolina:Soma = “corpo” ma anche “soggetto”Soma-soggetto indica simultaneamente: 1) sarx = “corpo” in senso storico-terreno (fisico-

chimico)2) pneuma = “spirito” oppure l’io stesso che ora

si presenta in un corpo fisio-chimicamente percettibile ma che può apparire in modo definitivo sotto l’aspetto di una realtà ultra-fisica

In Paolo l’opposizione vera è tra il “corpo che vive secondo la carne” e il “corpo vivente nello stile dello Spirito”

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In definitiva:per Paolo la risurrezione degli esseri corporei

non è la risurrezione dei corpi, ma quella delle persone

non la ricostituzione dei corpi di carne (strutture biologiche) che è impossibile: il corruttibile non può diventare incorruttibile

ma nella diversità specifica caratterizzata dalla vita della risurrezione come si è presentata esemplarmente nel Signore risorto

l’atteggiamento aperto della chiesa nei con-fronti della cremazione mostra che la R. non è la conservazione di un cadavere (anche se è forma più brutale di distruzione del corpo)

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«Si semina nella corruzione, si risorge nell’incorruttibilità, si semina nello

squallore, si risorge nello splendore; si semina nell’infermità, si risorge nella

potenza; si semina un corpo naturale, risorge un corpo spirituale»

(1Cor 15,42-44)

ricorso alla metafora del seme: continuità/discontinuità (seme-pianta)

risusciteremo con questo stesso corpo mortale e corruttibile, trasformato in immortale e incorruttibile.

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Conclusioni bibliche

La R. è immortalità della persona:

salvezza dell’unico e indiviso soggetto umano: “questa” ipostasi continua a sussistere sebbene trasfigurata

per il mondo greco l’essere umano “tipico” è il prodotto di una disintegrazione

e come tale non sopravvive per colpa della sua eterogenea costituzione (anima e corpo “seguono” due diverse vie)

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La R. è immortalità dialogica: risurrezione significa “richiamo alla vita” (il verbo eghéiro)

l’immortalità non è il fluire di una ovvia facoltà del non-poter-morire (il potere autonomo di una parte dell’uomo di per sé indistruttibile), ma dalla libera volontà di Dio che ama la sua creatura e non vuole che “sparisca” (cf Gb 19,25; Sal 73,23; 2Mac 7,9)

l’immortalità biblica non proviene dal potere del soggetto ma dal suo essere incluso nel dialogo col suo Creatore

Ecco perché non si parla di immortalità

ma di risurrezione, cioè richiamo alla vita

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J. Ratzinger:

“L’essere uniti a Cristo, reso possibile dalla fede, è già una iniziale vita di risurrezione che ha ormai vinto la morte (Fil 1,23; 2Cor 5,8; 1Tss 5,10)”

Il dialogo con Dio instaurato dalla fede è già “vita eterna” irriducibile alla morte

L’idea di fondo non è quella della restituzione dei corpi alle anime dopo un lungo intervallo di tempo

ma che il soggetto-uomo rivivrà in quanto amato dal Dio col quale è in dialogo e che non permetterà che egli “scompaia”

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Dunque:

l’idea biblica è quella di una

immortalità accordata

per via di risurrezione:

È un

- Concetto integralmente umano di immortalità

- Concetto dialogico (umano-divino) di immortalità

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Obiezione

dal confronto tra il concetto filosofico e biblico di immortalità

Immortalità

biblica =

risurrezione

dialogica: “chiamata al risveglio” da

parte di Cristo

immortalità soprannaturale: obiezioni: solo per le persone pie?

miracolistica?

Immortalità

filosofica =

sopravvivenza

è possedere un’anima

non materiale immortale

immortalità naturale: per ogni singolo uomo in

quanto tale

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• Risposta di J. Ratzinger: “avere un’anima spirituale significa essere un

interlocutore nel dialogo con Dio: una creatura chiamata da Dio ad un perenne

dialogo con Lui”

Per la Bibbia: • “anima” designa l’uomo storico (non in senso

dualistico greco)• l’essenziale immortalità dell’uomo si fonda sulla

sua creaturalità: l’uomo creato in Cristo è pola-rizzato costitutivamente su Dio (= la protolo-gia è già cristologica)

• questo è il destino di tutti gli uomini, non solo di chi è “esplicitamente” in dialogo con Cristo

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La R. è attesa per gli “ultimi giorni”Visione greca: l’anima è un assoluto in sé

estranea al corpo e perciò senza storia (non è bisognosa di altri esseri)

Per la visione biblica “unitaria” la vita relazionale/comunitaria è costitutiva: se l’uomo deve sopravvivere la dimensione sociale della sua natura non può venire esclusa

Credo la comunione dei santi = superata l’idea (scolastica) di “anima separata”

È l’uomo (“soggetto intero”) che continuerà a vivere nelle sue relazioni (non un’anima isolata)

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L’elemento comunitario è parte della defini-zione di “uomo” (persona) dunque rientra nel futuro

L’avvenire del singolo individuo umano perverrà allo stadio unico perfetto unicamente quando anche il futuro della umanità risulterà adempiuto

Nell’ultimo giorno riceverà il tocco perfettivo anche il destino del singolo uomo, perché si è adempiuto ormai il destino dell’umanità

La meta non è una beatitudine privata, ma la realizzazione del tutto (“ricapitolazione di tutte le cose in Cristo” – “Dio tutto in tutti”: 1Cor 15,28)

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Perciò

“Risurrezione”:

alla fine della storia e nella comunione di tutti gli altri esseri umani

è il “carattere profondamente unitario della immortalità umana” (J. Ratzinger)

Cristo risorto è risorgente nel suo Corpo ecclesiale (qui lo stato intermedio?)

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La fede ecclesiale nella risurrezione

• Difficoltà antiche: lo scacco di san Paolo davanti all’Areòpago di Atene (At 17,32)

• Epoca patristica (almeno 10 monografie per correggere le eresie intraecclesiali)

Agostino: «in nessun’altra cosa la fede cristiana incontra tante contraddizioni quanto a proposito della risurrezione della carne»

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Argomento principaIe dei Padri:

Dall’incarnazione alla risurrezione della carne

• l’incarnazione di Gesù è ordinata alla risurrezione di ogni carne:

“Se la carne non doveva essere salvata, il Verbo di Dio non si sarebbe fatto carne. Che motivo avrebbe avuto di guarire le membra di

carne e di ristabilirle nella loro forma originaria, se ciò che egli guariva non doveva essere

salvato? (Ireneo)

• dall’incarnazione alla risurrezione funziona tutta l’economia della chiesa e dei sacramenti, una sorta di ‘corpo a corpo’ tra il Cristo e noi.

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“Questa carne che Dio ha messo insieme con le sue mani ad immagine di Dio, che egli animò con il suo soffio a somiglianza della sua potenza di vita, che

egli ha stabilito perché abitasse in tutta la sua opera, ne gioisse e la dominasse, che ha rivestito dei suoi

misteri e dei suoi insegnamenti,… questa carne non risorgerebbe, dopo essere stata tante volte cosa

di Dio? Via via, il pensiero che Dio possa abbandona re ad una distruzione eterna l’opera delle sue mani; l’oggetto delle cure della sua intelligenza,

l’involucro del suo soffio, la regina della sua creazione, l’erede della sua liberalità, il sacerdote della sua religione, il soldato che gli rende testi-

monianza, la sorella del suo Cristo. Noi sappiamo che Dio è buono. Dal suo Cristo veniamo a sapere

che egli il solo ad essere molto buono. È lui che ordina l’amore del prossimo sulle orme del suo, lui

stesso fa, quindi, quanto comanda: ama la carne che è il suo prossimo per molti motivi” (TertullianoTertulliano)

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Nei primi secoli l’annuncio della speranza cristiana nella risurrezione passa attraverso la liturgia

• il battesimo come attualizzazione della Risurrezione del Signore in attesa di partecipare della sua condizione: il battesimo è “piccola resurrezione”

• l’eucaristia come farmaco di immortalità (Ignazio A.)• Ireneo, (contro gnosi): “se il pane e il calice divengono

Eucaristia come possono dire che la carne non è capace di ricevere la vita eterna?”

• L’Eucaristia è per Ireneo principio di immortalità che coincide con la Risurrezione.

• La liturgia alimenta la speranza cristiana:Dio, mediante i sacramenti, struttura le persone,

disponendole alla vittoria sulla morte, grazie allo Spirito che agisce nei sacramenti.

Il soggetto che origina la Risurrezione è lo Spirito

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Le dichiarazioni del magistero:

• La R. è dottrina costante della Chiesa: dal Simbolo apostolico alla professione di fede di Paolo VI

• Precisazioni:

la risurrezione è un evento escatologico: avrà luogo «l’ultimo giorno», «alla venuta di Cristo», «il giorno del giudizio», «alla fine del mondo»;

la risurrezione è un evento universale: risusciteranno «tutti gli uomini» o «tutti i morti»; l’universalità così affermata ha la sua ragion d’essere nel dato del NT: una risurrezione dei giusti e dei peccatori (Gv 5,29; cfr. Mt 25,46)

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Il concetto di risurrezione include l’identità corporea:

i morti risorgono «con i propri corpi»; «in questa carne nella quale ora viviamo»; «con i propri corpi, quelli che ora possie-dono»; è una risurrezione «di questa carne e non di un’altra».

senso di questa insistenza nell’identità del corpo (o della carne) è illustrato in un testo del concilio XI di Toledo: «Crediamo che risusciteremo non in una carne aerea o di qualsiasi altro tipo, come alcuni delirano, ma in questa, nella quale

viviamo, sussistiamo e operiamo».

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NB nei documenti magisteriali che parlano di “risurrezione della carne”

Carne

equivale a

“mondo degli uomini”

(cf il senso biblico di: “ogni carne vedrà la salvezza di Dio”)

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Modi e tempi della risurrezione

• sviluppi teologico-dogmatici della speranza della risurrezione:

come e quando

• cioè ipotesi di determinazione:

1) dell’identità dell’uomo risorto

2) e della temporalità della risurrezione

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Identità del corpo risuscitato

• l’identità tra corpo terrestre e corpo glorioso dell’uomo

• Passi del NT = 1Cor 15,53:

«Questo corpo corruttibile deve rivestire l’incorruttibilità e questo corpo mortale

deve rivestire l’immortalità»

• Magistero: Lateranense IV (1215):

«Qui omnes cum suis propriis resurgent corporibus, quae nunc gestant»

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Come spiegare l’identità tra corpo terrestre e corpo glorioso?

Da scartare l’identità materiale tra corpo glorioso e corpo

terrestre (il “mio” composto biologico)• Il corpo glorioso non va concepito come una

ricostruzione delle strutture biologiche e degli elementi che lo composero nella vita terrestre

• in un organismo che muta continuamente è difficile accertare quali siano di fatto le «nostre» molecole, che devono essere fissate per tutta l’eternità (corpo di un bimbo - vecchio)

• E i casi estremi (Atenagora di Atene: i pesci che mangiano i naufraghi; e i portatori di handicap fisici o amputazioni)?

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Da scartare

l’ipotesi sostenuta già nel Medioevo (Durando di San Porziano, 1334) dell’identità formale tra il corpo terrestre e il corpo di risurrezione

l’identità sarebbe salvaguardata dall’anima e non dalla materia mutevole

ripresa da L. Billot = sostiene che l’anima è il principio dell’identità e della stabilità del corpo, nonostante il mutamento che si verifica nella sua materia organica, nella sua crescita e nella sua corruzione

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Critiche:

• teoria imparentata con quella della trasmigrazione delle anime (?!)

• la tradizione ecclesiastica,dottrinale e liturgica ritiene che il corpo risuscitato comprenda «le reliquie» del corpo terrestre

Il culto delle reliquie, infatti, sembra attribuito non solo in rapporto a una corporeità che in passato fu tempio dello Spirito Santo,ma anche in riferimento al futuro, come reliquie, cioè, del futuro corpo di risurrezione

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Posizione correttanon identità materiale o identità formale, ma

identità personale.

Ciò pone l’accento

• sulla dimensione di concretezza e di storicità dell’uomo

• che si è realizzato nella sua vita determinata spazialmente e temporalmente

è lo stesso soggetto-uomo storico (= soma), individualizzato e realizzato nel suo contesto sociale, che è il soggetto della risurrezione

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L’immagine biblica «uscire dalla tomba» vuol dire che saremo proprio noi, noi medesimi e tuttavia diversi

come Gesù che, dopo la risurrezione, era lo stesso e tuttavia diverso, tanto che nelle apparizioni agli apostoli, essi, pur sapendo che egli era il Signore, al primo momento non lo riconoscevano

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simbolicità

Corporeità (più che “carne”)

socialità

«Il volto della persona umana contiene

stenograficamente la sua biografia»

(Theodor Bovet)

1Corinzi 13,8 La carità non avrà mai fine

Mt 25: nudo, affamato, assetato…

l’uomo intero:

con tutta la storia della sua esistenza, con tutti i suoi rapporti con gli altri, ha un futuro

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• Non la semplice restaurazione delle strutture terrestri della corporeità.

Il corpo della risurrezione implica un adempimento della presente corporeità

in negativo attraverso il superamento dei suoi limiti attuali: la sua soggezione alla corruzione e la sua impenetrabilità, per cui resiste alla direzione dello Spirito e diviene così “fardello dell’anima” (Sap 9,15)

in positivo attraverso la realizzazione dei suoi aspetti positivi, quali: la presenza al cosmo sensibile, la comunicabilità e l’unità con gli altri uomini

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Risurrezione corporea significa:

• non è solo l’io nudo dell’uomo (ammesso che possa esserci qualcosa di simile) ad essere salvato attraverso la morte

• nel qual caso ogni storia terrena verrebbe definitivamente abbandonata e tutti i rapporti con gli altri uomini risulterebbero privi di importanza

risurrezione corporea significa che anche la storia di un’esistenza e di tutti i suoi rapporti è destinata a entrare nel compimento e a far parte, definitivamente, dell’uomo risuscitato

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Corporeità non partendo da un’interpretazione del ‘corpo’ inteso come semplice realtà fisica:

«Dio non ama soltanto le molecole che si trovano nel corpo al momento della morte. Egli ama un

corpo segnato da tutta la fatica, ma anche dall’instancabile nostalgia di un pellegrinaggio; un corpo che nel corso di questo pellegrinaggio ha lasciato molte tracce in un mondo, che grazie a

queste tracce è diventato più umano. Risurrezione del corpo significa che nulla di tutto questo è andato perduto davanti a Dio, poiché

egli ama l’uomo. Dio ha raccolto tutte le lacrime e nessun sorriso gli è sfuggito. Risurrezione del

corpo significa che l’uomo ritrova presso Dio non solo il suo ultimo istante, ma tutta la sua storia»

(Wilhelm Breuning)

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Ciò che rimane è il nucleo essenziale dell’uomo: la persona. Il condensato di spiritualità

corporea e di corporeità spiritualizzata maturato in questa esistenza terrena continuerà a sopravvivere, seppure in maniera diversa dall’attuale. Ciò rimane imperituro perché

custodito nella memoria di Dio

(J. Ratzinger)

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Conferme biblicheConferme bibliche: il corpo del Crocifisso-RisortoLo riconoscono nella continuità (è il Signore) “Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi

verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro!” (Gv 20,16)

“mostrò loro le mani e il costato” (Gv 20,19) …a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e

guarda le mie mani; stendi la tua mano (Gv 20,27)

Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore (Gv 21,12)

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Ma i testi affermano anche la discontinuità

la forma d’essere e il modo di comunicazione coi suoi (= corporeità del Risorto) sono cambiati e il riconoscimento non è immediato:

“Quando già era l’alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù” (Gv

21,4)

es. il corpo del Risorto trascende le leggi dello spazio e del tempo

“…mentre erano chiuse le porte del luogo…, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro”

(Gv 20,19)

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Il tempo della risurrezione

il problema dello stato intermedio delle anime tra la morte del singolo uomo e il momento finale (l’escatologia intermedia)

Escatologia individuale

Escatologia collettiva

Risurrezione della

carne e giudizio

finale

Giudizio particolare e retribuzione (dell’anima?!)

…………

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Dogma evoluto nel confronto coi teologi orientali la disputa tra Giorgio Bardanes (per la Chiesa greca) e fra’ Bartolomeo (francescano che era “legato” di

Gregorio IX per l’unione con i greci)

Bardanes (in nome della Chiesa greca) si oppone “al fuoco” del purgatorio

contro i latini = solo al giudizio universale è pronunciata la sentenza definitiva per ciascuno

“Le anime dei defunti (per i greci) non gioiscono della beatitudine celeste,né subiscono i

patimenti dell’inferno, né il fuoco del purgatorio, prima del giorno del giudizio o

prima che sia emessa la sentenza definitiva del giudice sovrano”

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Fra’ Bartolomeo (per la Chiesa latina) sosteneva:

il giudizio delle anime ha luogo subito dopo la morte

il fuoco del purgatorio purifica quelle che devono ancora purificarsi dai peccati

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Altro tentativo di unione col concilio di Lione (1274):

si afferma: • coloro che muoiono nella carità, ma non hanno

ancora pienamente soddisfatto per i peccati commessi e per le loro omissioni sono purificati

• le anime pienamente purificate e quelle che non hanno commesso peccato attuale dopo il battesimo «sono immediatamente ricevute in cielo»

• per le anime di coloro che muoiono «con il solo peccato originale», la professione si esprime con il rigore delle formule agostiniane

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la formula di fede afferma

• l’immediata retribuzione piena dopo la morte che implica «il giudizio particolare»

• e non intende sminuire il giudizio finale universale, al quale tutti gli uomini con i loro corpi dovranno comparire per rendere conto delle proprie azioni (Rm 14,10-12; 2Cor 5,10).

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Qui sono le basi della ripartizione dell’escatologia in due fasi:

1) una individuale intermedia, che si realizza immediatamente dopo la morte, per cui l’uomo è giudicato (giudizio particolare) e ammesso alla beatitudine o alla dannazione

2) l’altra collettiva finale, che si compie con la risurrezione corporea alla fine della storia e con il giudizio universale.

Le due fasi sono concepite «cronologicamente» distinte; la prima è manifestamente un’escato-logia che ha l’anima separata come «soggetto»

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Momento “dogmatico” di riferimento per l’escatologia individuale

è la costituzione apostolica Benedictus Deus del 29 gennaio 1336 di Benedetto XII

la retribuzione avviene subito dopo la morte La definizione riguarda il “subito dopo la

morte” non c’è tra la morte, la visio beatifica o la

perdizione nessun “lasso di tempo”

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Concetti centrali della Benedictus Deusdopo l’ascensione di Cristo, tutte le anime dei morti

(dei giusti) subito hanno o la visione di Dio o la dannazione, ancora prima della risurrezione dei corpi e del giudizio finale

la visione di Dio è beatitudine/vita/riposo eterno, non c’è nulla di sostanziale da attendere

queste anime non possono più compiere atti di fede/speranza

questa visione non verrà meno per far posto ad una visione superiore alla fine dei tempi

chi muore in uno stato di separazione totale (peccato mortale) subito dopo la morte è destinato all’inferno

alla fine dei tempi tutti compariranno davanti al Cristo-Giudice con il loro corpo

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• Quale è il senso di tutto ciò?si trattava di vedere se l’evento cristologico della

risurrezione dev’essere ritenuto determinante agli effetti del destino ultimo dell’umanità

ragionamento: Cristo nella discesa agli inferi (sheol – soggiorno

dei dormienti nella morte che attendono…) ha recuperato alla beatitudine tutti i giusti dell’AT (“da Abele il giusto in poi”)

Questo può essere usato come paradigma della situazione finale oppure non più?

Se si, dalla Pasqua-Ascensione in poi, il destino dell’umanità dopo la morte è cambiato in senso salvifico: non c’è più da attendere poiché da ora si può “morire nel Signore” ed “essere con Cristo per sempre”.

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Asserzione centrale della Benedictus Deus: non c’è dunque più un tempo di attesa non c’è dunque più un tempo di attesa

per la pienezza della beatitudine dopo la per la pienezza della beatitudine dopo la morte!morte!

Sembra che la definizione si serva dello stato intermedio come strumentario terminologico per definire la visione beatifica/dannazione subito dopo la morte.

• Tuttavia la costituzione presenta due limiti: la comprensione della risurrezione come

neutra: non è più partecipazione e configurazione alla risurrezione di Cristo, ma è una risurrezione in attesa del giudizio

si perde la dimensione comunitaria dell’eschaton, rimane l’escatologia individuale.

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Rilettura moderna dello stato intermedio teologi protestanti posizione estrema: propone di sopprimere la

fase dell’escatologia intermedia, riducendo l’escatologia all’unica fase della risurrezione finale

Ragioni:- l’uomo muore totalmente: non c’è sussistenza

dell’anima; perciò non ha senso parlare di escatologia intermedia; la risurrezione è come una nuova integrale creazione dell’uomo

- lo sdoppiamento dell’escatologia sarebbe più un problema greco (1= la sola anima; 2 = tutto l’uomo e l’universo) che biblico.

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• posizione moderata

(esponenti: O. Cullmann e H. Menoud)

- c’è uno stadio intermedio, ma non di giudizio o retribuzione

- l’intervallo che va dalla morte alla risurrezione generale sarebbe come un assopimento dell’uomo (una dormitio) in attesa della risurrezione dei corpi

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teologi cattolici Due correnti:1) l’idea dell’anima separata dopo la morte andrebbe

superata in una prospettiva di «immediata risurrezione»:

• K. Rahner = l’uomo, subito dopo la morte, non evade in una condizione di «io isolato dal mondo», ma accede a una presenza «pancosmica», che è già in qualche modo un inizio di nuova corporeità.

• L. Boros = parla di «immediata risurrezione» dopo la morte

l’uomo si adempie nella sua personale integrità in attesa di un complemento che avrà luogo nel momento in cui sarà trasformato integralmente il mondo.

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2) teologi cattolici (ispirati anche da K. Barth) come G. Biffi, P. Benoit, L. Boff, G. Greshake-G. Lohfink

la fine del singolo coincide con il giudizio finale universale

trascendendo la durata cronologica del tempo, alla morte l’uomo si trova nel nunc aeterniiatis in coincidenza con la risurrezione finale

L’escatologia intermedia esprimerebbe la dimensione personale reale dell’unica escatologia collettiva

superata l’idea di una distinzione cronologica delle due fasi dell’escatologia (individuale e collettiva)

non è più necessario parlare di «anima separata», poiché l’uomo, dopo la morte, non avrebbe più bisogno di attendere una futura risurrezione

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Queste prospettive cattoliche cercano di rispettare i dati dogmatici dell’esistenza di un giudizio e d’una retribuzione immediata

presentano però delle difficoltà riguardo:

alla dottrina della purificazione dei suffragi dell’assunzione di Maria.

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2^ questione

Il giudizio

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“Verrà nella gloria”

• Il ritorno di Gesù alla fine dei tempi è annunciato spesso nel Nuovo Testamento.

• è chiamato parusiaparusia, da un termine greco che significa presenza o arrivo.

un terreno delicato: si tratta dell’avvenire e di un intervento divino nel nostro mondo

ricorso alle immagini bibliche, con tratti molto antropomorfici

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Il discorso ‘escatologico’ di Gesù

(sinottici; es. Mt 24,4-44)

• scenario apocalittico:annuncia una lunga fase di disordini sociali e

religiosi (falsi profeti, falsi messia, tribolazioni e prove, perturbazioni cosmiche)

prima dell’apparizione del ‘Figlio dell’uomo’ (titolo escatologico – legato al giudizio), cioè del Cristo

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Come va decodificato questo messaggio? (sembra) che al mondo accadrà quello che è

accaduto a Gesù: la risurrezione generale e la venuta del Figlio dell’uomo saranno precedute da una agonia dolorosa, analoga alla passione di Gesù

come Gesù ha fatto l’esperienza del parossismo nella lotta contro il male al momento della sua fine

qualche cosa di analogo si riprodurrà alla dimensione della sua chiesa e del mondo

• Anche in Paolo lo scenario del ritorno del ‘Figlio dell’uomo’ prevede un tempo di prova (1 Ts 5,3), che sfocerà nella vittoria definitiva sui nemici (1Cor 15,26)

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RischiRischi

interpretazione frettolosa dei segni del nostro tempo

e pronostico cronologico fatto alla luce di queste descrizioni (cfr il cambiamento di millennio)

• Gesù stesso ricorda ai suoi discepoli:

‘Voi non conoscete né il giorno né l’ora’ (Mt 25,13)

e dichiara anche di ignorare lui stesso il tempo della fine (Mt 24,36).

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Verrà a giudicare Il ritorno del Cristo è salvifico

1) passaggio definitivo dell’umanità nel mondo di Dio

2) e compimento ultimo della salvezza portata dalla prima venuta di Gesù

Questa salvezza passa per un giudizio che dà un valore “drammatico” alla fine dei tempi

La posta in gioco inerente a ciascuna esistenza umana (l’investimento della propria libertà) si concentra su questo giorno ultimo

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AT = l’annuncio del ‘Giorno del Signore’

un intervento terribile di Dio nei grandi avvenimenti della storia di Israele

descritto con immagini apocalitticheciò che si verifica ora nella storia concreta di

Israele (ad es. l’esilio, la siccità, i nemici)orienta verso l’attesa di ciò che si verificherà

nell’ultimo giorno per Israele come anche per le nazioni

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NT = con la venuta di Gesù esso è diventato il «Giorno del nostro Signore Gesù Cristo» (1Cor 1,8).

conserva in parte l’aspetto di “giorno dell’ira” (Rom 2,5)

ma è innanzitutto un giorno di salvezza: se è l’apparire della signoria di Dio è ammissibile che essa non si “imponga” in un ambito della umanità (la fetta dei reprobi?)

È salvezza che dà luogo ad un giudizio, perché Dio darà a suo Figlio “il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo” (Gv 5,27)

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Il NT presenta il giudizio di Gesù in vari modi: un giudizio dinanzi a un tribunale (Mt 5,25-26;

Lc 18,1-8) una resa dei conti (Mt 18,23-35; 25,14-30; Lc

16,1-8) la paga degli operai (Mt 20,1-16) la separazione delle pecore dai capri (Mt 25,32-

3 3) o dei pesci buoni da quelli cattivi (Mt 13,47-50).

il Kyrios scopre il velo della storia e ne rive-la l’ordito salvifico, gettando luce sulla verità di ogni azione umana e di ogni situazione storica

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Il giudizio è già presente (escatologia di Gv) due diverse concezioni escatologiche (non

facilmente armonizzabili) In primo piano sta l’escatologia presente: la salvezza e il giudizio si verificano

nell’incontro con Gesù: - “Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo

ma gli uomini hanno preferito le tenebre” (Gv 3,19)

- “chi crede ha la vita eterna, non viene giudicato, è già passato dalla morte alla vita” (5,24)

- “chi non crede è già giudicato” (3,18), su di lui rimane l’ira di Dio (3,36)

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Qui si fonda il fatto che la vita cristiana implica un’attività di “giudizio” della coscienza umana, individuata a più livelli:

Il giudizio di conversione radicale = il battesimo della fede

possibilità di una ulteriore conversione postbattesimale = il giudizio di riconciliazione

cui si aggiunge la possibilità di completare la purificazione post-mortem

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altre affermazioni trasferiscono la salvezza o la perdizione definitiva all’ultimo giorno e testimoniano la risurrezione dei morti:

E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno (Gv 6,39-40)

Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo giudica, la parola che ho annunziato lo giudicherà nell’ultimo giorno (Gv 12,48)

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La predicazione apostolica ha ripreso l’annuncio del giorno del giudizio:

«Cristo verrà a giudicare i vivi e i morti» (2Tm 4,1)

un giudizio che sarà di condanna per gli empi e gli increduli e di salvezza per i giusti:

Dio «ha stabilito un giorno nel quale giudicherà il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, accreditandolo di fronte a tutti, col risuscitarlo da morte» (At 17,31)

Il giorno del Signore Gesù sarà il giorno del-l’ira e della rivelazione dell’efficace giustizia di Dio (cf Rm 2,5).

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Ermeneutica teologica

Speranza nella prospettiva del giudizio finale sulla storia dell’intera umanità

Speranza nella prospettiva del giudizio particolare alla morte del singolo

L’evento del giudizio sfugge alla nostra speculazione, possiamo averne una conoscenza provvisoria

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Morte Giudizio Stato definitivo: beatitudine - dannazione

Escatologia individuale

Escatologia collettiva

Giudizio finaledella storia e

risurrezione della

carne

Giudizio particolare e retribuzione personale

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Speranza nella prospettiva del giudizio finale sulla storia dell’intera umanità

nessuno, all’infuori di Cristo, sarà incaricato di celebrare l’ultimo giudizio

Significa che:

la storia del mondo sarà decisa in ultima analisi nel senso di Gesù. Il futuro sarà di quel mondo che egli ha annunciato e messo in atto (Regno di Dio – basileiabasileia: signoria di Dio)

Cristo è il criterio decisivo di giudizio, che è determinante per dire quali stili-comportamenti conducono a una vita riuscita o fallimentare

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Giustizia o/e amore misericordioso?

Giudizio finale significa che l’ingiustizia del mondo non potrà avere l’ultima parola, nemmeno nel senso che essa venga neutralizzata o spenta da un universale atto di clemente grazia

c’è invece un’ultima istanza d’appello, che tutela i diritti della giustizia per poter così realizzare in pieno l’amore

un amore che distruggesse la giustizia, infatti, creerebbe un’ingiustizia, col risultato di essere poi solo una caricatura dell’amore

il vero amore è un eccesso di giustizia, una sovrab-bondanza che trabocca straripando oltre la giustizia, ma mai una distruzione della giustizia, che rimane l’impalcatura portante dell’amore.

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L’immagine del Giudizio finale è in primo luogo non un’immagine terrificante, ma un’immagine

di speranza; per noi forse addirittura l'immagine decisiva della speranza. Dio è giustizia e crea giustizia. È questa la nostra consolazione e la

nostra speranza. Ma nella sua giustizia è insieme anche grazia. Ambedue – giustizia e grazia – devono essere viste nel loro giusto

collegamento interiore. La grazia non esclude la giustizia. Non cambia il torto in diritto.

Non è una spugna che cancella tutto così che quanto s’è fatto sulla terra finisca per avere

sempre lo stesso valore. Benedetto XVI - Spe salvi

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Speranza per chi?Speranza per chi? significa una speranza storica per coloro che in

questo mondo non sono stati privilegiati, per le vittime dell’ingiustizia di ogni genere

il fatto che l’assassino non possa trionfare per sempre sulla sua vittima, che la verità sia desti-nata a venire alla luce, che la menzogna e la corruzione siano smascherate, che le strut-ture oppressive alla fine siano denunciate e distrutte, che il diritto sia destinato a vincere sull’ingiustizia, tutto questo apre indubbiamente una speranza per coloro che oggi sono diseredati e calunniati

= il male è penultimo

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Speranza perché?Speranza perché?

La fede nel giudizio finale mostra da che parte deve stare il cristiano in questo mondo

Il Giudizio di Dio è speranza sia perché è giustizia, sia perché è grazia. Se fosse soltanto

grazia che rende irrilevante tutto ciò che è terreno, Dio resterebbe a noi debitore della risposta alla domanda circa la giustizia –

domanda per noi decisiva davanti alla storia e a Dio stesso. Se fosse pura giustizia, potrebbe

essere alla fine per tutti noi solo motivo di paura.

Benedetto XVI - Spe salvi

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NB: guardarsi dal cadere nell’estremo opposto:

• deformazione circa l’idea del giudizio che ha portato alla distruzione dell’autentica fede nella redenzione e delle promesse fatte dalla grazia.

• Es: il profondo e stridente contrasto che esiste fra il ‘Maranatha’ e il ‘Dies irae’.

Il cristianesimo primitivo, con la sua invocazione «Vieni, Signore nostro»! ha sempre interpretato il ritorno di Gesù come un evento colmo di speranza e di gioia, anelando ad esso come al momento della grande realizzazione.

Page 87: Escatologia - Lezione 28^ Capitolo XI Lescatologia.

• per il cristiano del medioevo il momento del giudizio assumeva l’aspetto del terrificante ‘giorno dell’ira’ (Dies iraeDies irae)

Il ritorno di Cristo è unicamente la scadenza inesorabile del giudizio, il giorno del grande rendiconto, che incombe su ciascuno come una paurosa minaccia

il cristianesimo appare praticamente ridotto a puro e semplice moralismo, privato di contenuto salvifico

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Anche gli Edifici sacri cristiani

sul lato orientale il Signore che ritorna come Re – l’immagine della speranza per il futuro

sul lato occidentale il Giudizio finale come immagine della responsabilità attuale per la nostra vita quotidiana.

Negli artisti medievali ha prevalso l’aspetto minaccioso e lugubre del Giudizio.

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Speranza nella prospettiva del giudizio particolare alla morte del singolo

nel ‘giudizio particolare’ si tratta non di ingiu-stizie causate da altri, ma di ingiustizie e deficienze e menzogne scoperte in se stessi

si può pensare a esso diversamente che con timore e tremore?

è possibile che anche il ‘giudizio particolare’ abbia un contenuto di speranza?

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vedi la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro (Lc 16,19-31):

Gesù non parla del destino definitivo dopo il Giudizio universale

ma dice che i morti non restano in una forma di aspettativa indeterminata:

hanno già accesso al loro futuro nella forma della beatitudine o della dan-

nazione o della purificazione che rende l’ani-ma (= l’io umano) matura per la comunione con Dio.

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C’è nell’evento della morte un elemento di giu-dizio, che è collegato all’incontro stesso immediato con Gesù Cristo

Con la morte diventa definitiva quella deci-sione fondamentale dell’uomo che domina la sua storia e con cui dispone di sé

La persona con questa sua storia di libertà incontra quel futuro assoluto, orizzonte di senso di tutta la sua esistenza, che è Dio in Cristo

È un incontro decisivo (che decide): l’uomo si svela, acquista la sua verità e la sua definitività

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Benché il giudizio riguardi il mondo intero e la sua storia, nessuno scomparirà tra la massa

Ciascuno incontrerà personalmentepersonalmente il il giudicegiudice:

la sua vita irripetibile, personale, sfilerà davanti ai suoi occhi

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In questa prospettiva emergono anche nuovi problemi:

• Ad es. quale speranza c’è per una vita infranta prematuramente, per quei bambini che

in conseguenza di un ambiente disumanonon sono mai riusciti a sviluppare le proprie

potenzialitànon sono mai stati in grado di compiere un atto

di amore? avranno poco futuro perché hanno “vissuto

poco”?

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Tentativo di risposta:1) ‘compimento’ significa più di semplice

‘raccolta’, conservazione e usufrutto della esistenza passata

2) significa dare pienezza a ciò che forse ha avuto un avvio molto modesto

3) Risurrezione è il permanere di una storia e di un’esistenza irripetibili. Il che non vuol dire però registrazione e fissazione della misura raggiunta o non raggiunta, ma compimento, appunto, di quanto era stato iniziato

4) in questo contesto diventa importante l’idea di una purificazione post-mortem.

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Caratteristiche del giudizio particolare:

a) Speranza nel giudice e non nonostante il giudizio

• l’annuncio del giudizio come automaticamente abbinato al messaggio della grazia l’affermazione che il giudicatore è Gesu stesso

«Fratelli, dobbiamo pensare a Gesu Cristo come si pensa a Dio, guardando a lui come il giudice dei

vivi e dei morti. Non possiamo farci un’idea ristretta della nostra redenzione, perché

pensando in modo gretto di lui penseremmo con mente angusta anche della nostra speranza»

(Clemente, II lettera ai Corinti)

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Colui che giudica non é semplicemente un Dio, l’Infinito, l’Ignoto, l’Eterno

• Il Padre ha trasferito l’ufficio di giudice a Cristo: uno che, essendo uomo (Gesù), é anche nostro fratello

«Dio non mandò il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17; 14,27)

il giudice è il medesimo che “passò beneficando e risanando tutti quelli che erano il potere del diavolo” (At 10,38)

Page 97: Escatologia - Lezione 28^ Capitolo XI Lescatologia.

A giudicarci non sarà un estraneo, ma Colui che già conosciamo tramite la fede

il giudice non ci si farà incontro come una persona ignota e forestiera, bensì come uno dei nostri, come uno che conosce ed ha sofferto intimamente la natura umana

Infatti non abbiamo un sommo sacerdote

che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa,

a somiglianza di noi, escluso il peccato

(Ebrei 4,15)

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Vedi ad es. la grandiosa visione di Cristo con cui inizia la misteriosa rivelazione (Apoc 1,9-19)

• il veggente cade a terra come morto davanti a questo Essere insignito d’incommensurabile potenza

• ma il Signore stende la sua mano su di lui e gli dice, come quel giorno in cui gli apostoli stavano attraversando il lago di Genezaret sotto raffiche di vento e in piena burrasca: «Non temere, sono io» (Ap 1,17)

• Il Signore onnipotente è quello stesso Gesù, al quale il veggente s’era un giorno aggregato come compagno di viaggio nella fede

Page 99: Escatologia - Lezione 28^ Capitolo XI Lescatologia.

b) il giudizio come “autogiudizio”

• ‘giudizio’ non va inteso soltanto come un’azione giudicante di Dio o di Gesù Cristo che viene a me dall’esterno (un verdetto a suo piacimento)

• piuttosto è un venire alla luce delle mie deci-sioni personali: nell’incontro col Signore mi risulta chiaro che cosa sono diventato grazie alle decisioni prese durante la mia vita (adesione – rifiuto - alternanza)

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si può parlare del giudizio anche in termini di autogiudizio: mi sono già autogiudicato con la mia condotta e al momento dell’incontro con la ‘Verità’ in persona, la verità della mia vita viene finalmente alla luce

nessuna condanna e punizione mi raggiunge dall’esterno; sono io a vedere con chiarezza le conseguenze dolorose della colpa, gli aspetti di corruzione da me stesso causati alla mia persona

autogiudizio non significa che siamo noi il criterio ultimo (Cf Mt 25): criterio è il soccorso dato o omesso ai fratelli, unito a una motivazione religiosa (lo avete fatto a me)

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Difficoltà: Dio = un notaio o un restauratore?

La predestinazione positiva è solo un desiderio di Dio e il suo impegno in favore dell’uomo, che esprime precedentemente alla morte

- così si esalta la responsabilità dell’uomo

- ma si rende Dio un notaio di ciò che l’uomo (pur in dialogo con la grazia) ha già deciso

Oppure la predestinazione positiva è un fattore decisivo che supera tutte le limitazioni umane e anche dentro la morte Dio salva tutti:

- ma così cadiamo nell’apocatastasi (il riportare allo stato di prima)

- l’uomo gioca dei giochi in precedenza decisi

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c) il giudizio come purificazione

Anche la “giustizia” di Dio si manifesta anzitutto come giustificazione, come “fare giusto” il peccatore e donargli la salvezza

Il giudizio non mira alla condanna, ma alla liberazione dalle scorie:

le immagini del fuoco della fornace ardente e della lisciva nella vasca di lavaggio:

“Purificherà i figli di Levi; li colerà come l’oro e come l’argento” (Mal 3,3)

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nell’incontro con il Giudice-Verità vengono svelate le deformazioni e

falsificazioni del proprio io (con un’esperienza che non può non essere dolorosa)

ma l’ora della verità contiene anche qualcosa di liberante: ogni maschera con la quale nascon-do la mia odiosità e malizia, non costituisce forse una forma di alienazione?

con l’idea di un giudizio siffatto si collega la speranza di poter diventare pienamente me stesso, di essere liberato non solo dalla costri-zione di nascondermi, ma pure dalla colpa che mi disumanizza

Qui il rapporto giudizio-purgatorio

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d) il giudizio come buon raccolto• all’ora della verità appartiene anche la cono-

scenza di tutto il bene che ognuno ha fatto e che è diventato parte dell’esistenza

• ora ognuno è in grado di vedere la felicità di altre persone, alla quale egli ha contribuito

• può vedere il senso dei suoi sforzi per amare, che forse prima gli sembravano oscurati da delusioni, scacchi, fallimenti

• può vedere il buon raccolto in cui forse, a suo tempo, non osò neanche sperare

• può rileggere il suo rapporto terreno con Dio e vederlo come più intimo e avanzato rispetto a come lo ha giudicato carente e insoddisfacente.