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es_foliandomilaboratorio di scrittura di flusso
a cura di Ambra Biscuso
Università Popolare A. Vallone
Galatina
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“l’ISOLA SCONOSCIUTA” è il titolo del laboratorio di Scrittura Creativa rivolto a chi ha
la passione che brucia, tenuto presso l’Università Popolare “A.Vallone” di Galatina e realizzato
dalla operatrice culturale Ambra Biscuso con la collaborazione delle docenti Rosanna Valletta e
Alessandra Mengoli e la partecipazione degli alunni dell’I.Tecnico Commerciale “ La Porta”,
del Liceo Scientifico “A.Vallone” e del Liceo Classico "Colonna”.
Il percorso formativo è nato dall’esigenza culturale e didattica di ricreare una “officina della
parola”, dove facendo leva sulle potenzialità inventive dei giovani,e, proponendo l’input per la
creazione di storie a partire dall’esistente (Es), si potessero stimolare la loro fantasia e curiosità,
avvicinandoli al piacere della scrittura. Le tecniche della scrittura creativa hanno consentito la
libera espressione tanto delle capacità fantastiche quanto dell’universo dei valori e dei problemi
tipici dell’età adolescenziale. Nello stesso tempo hanno abituato a progettare un testo e a porsi il
problema della sua efficacia sia in ordine della coerenza complessiva, sia in relazione alle
strategie e alla scelta linguistica con cui viene proposto il messaggio che si vuole giunga al
lettore. Partendo dal loro vissuto hanno raccontato e si sono raccontati attraverso interazioni
anche visive, olfattive, gustative, tattili sonore; si sono confrontati con situazioni innovative sul
piano delle tecniche e dei contenuti in un mondo in cui proprio tra i giovani si registra una
disaffezione alla scrittura in tutte le sue forme.E’ stato un percorso che pur presentando le dovute
difficoltà, ha permesso ai giovani di dar voce ai propri sentimenti e alla musicalità della loro
fresca età, all’espressione libera delle idee, tutti elementi pregnanti della formazione culturale ed
umana.
Grazie ragazzi… per me e per tutti siete stati un riferimento essenziale ed una conferma del
lavoro svolto.
Di sicuro senza la vostra attiva e sensibile presenza non avremmo potuto realizzare una
interessante esperienza di “cammino” inseme.
Rosa Anna Valletta
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Il laboratorio di scrittura creativa è stata una esperienza unica, un vero lavoro di educazione
emotiva.
Chi insegna ai nostri ragazzi a guardarsi dentro, a scoprire la forza che è nel loro cuore e a darne
espressione?
E’ proprio quello che Ambra Biscuso ha fatto in queste 15 ore.
Da docente mi sento di dire che non dobbiamo istruire i nostri alunni, ma educarli a prendersi
cura della loro crescita emotiva e la non cura delle emozioni è un grande rischio che un giovane
può correre nel villaggio globale.
Nei nostri incontri è stato creato un sistema generale di calma, di temporaneo abbandono delle
preoccupazioni del quotidiano e di relativo isolamento per riconoscere le emozioni, dare sfogo
alla fantasia e dare sostanza, con la parola, all’immaginazione.
La mente, durante gli esercizi, è stata libera di volare lontano, di spaziare esplorando mondi,
scenari, situazioni, ambienti: viaggiare nel mondo del fantastico, dove tutto è possibile, senza
alcuna vergogna, senza regole.
E' in questo modo sono nate le storie reali, bizzarre o fantastiche.
Inizialmente ho visto smarriti i miei alunni perché alla loro prima esperienza in tal senso, ma nel
percorso sono cambiati, hanno cominciato ad ascoltarsi, ad esprimere il loro io interiore, a
manifestare interesse, curiosità e a mettere tutto ciò per iscritto e, nei nostri colloqui, mi hanno
detto di aver appreso una regola importante: mai avere paura delle proprie idee, mai frenarle e
frenarsi, mai avere limitazioni, mai dirsi "no", "non so", "non va bene".
Le esperienze sempre “ci formano e ci trasformano”.
Alessandra Mengoli
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In questo breve percorso di laboratorio di scrittura siamo partiti dalla riflessione che l’esistenza
sia un viaggio, il viaggio alla ricerca di sé stessi.
Dipendiamo dagli eventi e veniamo “educati” al contenimento e questo è spesso autolimitante:
l’atto della scrittura dà la possibilità di effettuare un’elaborazione interiore tale da creare un ca-
nale di comunicazione per comprendere chi siamo e chi vorremmo essere, combattendo lo
smarrimento che spesso ci porta all'isolamento, all'emarginazione .
Durante il tragitto ci siamo fermati a ri_evocare, ad adattare i nostri ricordi, a chiederci chi sono
e chi vorrei essere ed infine attraverso la rimemor_azione arrivare più in là dell'autobiografia
andando oltre l'IO.
L’attività creativa ricopre particolare importanza sul piano simbolico in quanto espressione dei
conflitti inconsci e del modo in cui l’individuo riesce a dominarli.
La scrittura é il mezzo espressivo più potente è la presa di coscienza perché al contrario della
vita non ha inconsistenza. L’uso della parola rende possibile la creazione di un canale di
comunicazione per rappresentare se stesso e il mondo secondo le nostre SPECIFIC_AZIONI
per conoscere e trovare se stessi.
In questo percorso ho apprezzato la disponibilità di tutti i partecipanti al laboratorio e
soprattutto la 'semplicità' con cui si sono messi in gioco. Il mio intervento sui loro scritti è stato
solo di "pulitura", ho apprezzato lo sforzo di alcuni e l'impegno di altri, di alcuni ho gustato la
bellezza della scrittura, convinta che fra qualche anno li vedremo sulla tribuna d'onore della
narrativa, ho sorriso, mi sono emozionata, ho riflettuto, mi sono divertita ed ho pianto.
È in considerazione di tutto questo che è venuto fuori il titolo: 'es_foliandomi' che mi sembra
sintetizzi bene il nostro viaggio.
Nel corso degli incontri ho più volte ripetuto che siamo un libro spaginato ed a volte ci fer-
miamo a raccogliere la storia da noi scritta e mai letta. Con naturalezza hanno sfo(g)liato l'ES,
quella forza ignota e incontrollabile da cui 'veniamo vissuti', facendo emergere la parte più ar-
caica della loro mente: l'inconscio.
Spero che continuino a coltivare la scrittura perché è l'opportunità di vivere al meglio il presen-
te, è un utile strumento contro lo 'spaesamento' è il riflesso reale di ciò che siamo, è la nostra
voce che si alza.
Ambra Biscuso
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Le parole viaggiano fra le cose.Le cose viaggiano fra le parole.Il visibile viaggia nell'invisibile.Il senso viaggia nelle immagini.
Adonis
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Lorena - Federica Anchora
Molto spesso è difficile capire come siamo realmente, cosa pensiamo, cosa si nasconde sotto l'
apparenza, sotto quello che facciamo credere di noi alla gente. È sempre complicato far emergere
la persona che realmente c'è sotto le “vesti sociali”.
Prendiamo come esempio la mia amica Lorena è una tipetta un po’ particolare e solo chi la
conosce bene riesce a comprenderla, possiamo osare dire a “sopportarla”. Ha un carattere
irascibile e si innervosisce quando si imbatte nell'ingiustizia. Diventa intollerante con chi mostra
molte facce, tutte false, verso chi pensa di prenderla per i fondelli, ed è allora che per difendersi e
molto spesso per difendere i gli amici diventa aggressiva. Saranno sbagliati i modi ma è una
reazione per farsi valere. Spesso si mette contro le persone a muso duro per difendere un amico,
perché lei è cosi: da l'anima a chiunque senza valutare le conseguenze consapevole che un attimo
dopo “se la prenderà in quel posto”, ma lo fa e basta, nella speranza, forse, che prima o poi verrà
ripagata.
Lorena è l'ansia in persona. Per qualsiasi cosa si agita, il promo sintomo è mangiarsi quelle
piccole pellicine che si trovano sulle dita, poi le batte forte il cuore e soprattutto, mi racconta, "è
come se fossi al cinema, il mio cervello mi proietta nella mente tanti “films” da farmi agitare
ancora di più ". Ma la mia amica è anche una ragazza che sa ascoltare, che si spende per gli amici
e quando è tranquilla è anche molto dolce e soprattutto è una che si affeziona facilmente. Ama
follemente la pallavolo ma per motivi di salute ha dovuto abbandonarla: “Ero brava -dice- molto
brava e lasciarla è stato un colpo basso. Mi manca, dio come mi manca! Mi esaltavo soprattutto
quando facevo punto e tutti esultavano per me, mi sentivo importante!” e mentre parla vedo i suoi
magnifici occhi adombrarsi, poi continua: “per questo odio quando a scuola fanno i complimenti
a Gisella per quanto è brava nel suo sport” Sei invidiosa- le rispondo. Lei mi ribatte:"Dici? pensi
che sia invidiosa? beh si perché non ammetterlo??? O meglio non invidiosa ma più che altro
anch'io vorrei ritornare a praticare il mio adorato sport” So bene quanto le manchi, come si senta
tradita dalla vita per non poter vivere il suo sogno ma confido nella sua forza e spero che il suo
desiderio di viaggiare in tutto il mondo possa realizzarsi, per conto mio quello che auguro a
Lorena è di imparare a fregarsene di quello che le ruota intorno, che la smetta di preoccuparsi di
tutto e di tutti e di prendere la vita con meno agitazione e più tranquillità.
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Il poliziotto - Simone Baldari
Questa è la storia di un poliziotto, Flavio, che ha fatto della sua vita un esempio di rettitudine e
giustizia.
Da piccolo era un ragazzo solare, al momento giusto gli piaceva scherzare, aveva molti amici e
soprattutto molta pazienza anche verso quelle persone che ce la mettevano tutta per farlo irritare.
Un ragazzo normale, dunque, pieno di iniziative, il più delle volte adatte e idonee al contesto in
cui si trovava. A suo favore c'è da dire che si prendeva la responsabilità delle sue azioni e aveva
l'umiltà di ammettere i suoi sbagli.
Il suo sogno, fin da piccolo, era quello di diventare un carabiniere, un carabiniere di quelli che
sanno fare il proprio lavoro nella giusta maniera. Con il passare degli anni concretizzò il suo
desiderio e, siccome la vita ci voleva amici, quando un caso si presentava complicato da risolvere
era solito raccontarmi quello che riteneva essere il suo primo caso
Era un un giorno d’estate Flavio aveva 10 anni, giocava con i suoi amichetti, Federico e
Giuseppe, nel parco vicino casa quando un uomo alto, grosso e muscoloso gli si avvicinò
minaccioso.
Flavio capì le cattive intenzioni dell'uomo intuì che voleva rapirlo. Corse, corse a perdifiato e si
mise a gridare cercando aiuto, però nessuno gli rispose; e sebbene fosse riuscito a seminarlo,
continuò a scappare finché non cadde tra l'erba stremato.
Dopo aver ripreso respiro comprese di non essere più inseguito, allora si preoccupò dei suoi
amici e pensò che fossero in ansia per lui. Tornò indietro a cercarli e sentì le loro grida di aiuto e
una voce rozza intimagli di stare zitti. Gli venne l'idea pazzo di seguirli da lontano, senza farsi
scoprire così da poter salvare i suoi amichetti.
Li seguì fino ad una casa che Flavio conosceva molto bene: in quella la casa aveva trascorso i
peggiori anni della sua vita. In quella casa aveva visto i suoi genitori lasciarsi, aveva visto la
morte del suo fratellino, avvenuta per colpa del padre, quella casa era una parte della sua vita da
dimenticare. In un attimo nella sua testa prese corpo tutto il suo passato. Si scosse aveva la
certezza che doveva intervenire con rapidità: i suoi amici erano in pericolo. Il cuore batteva come
una gran cassa, ma impedì alla paura di paralizzarlo. Entrò senza fare rumore, in una stanza trovò
i suoi due amichetti, gli fece segno di seguirlo, loro tentennarono, avevano paura, lui insistette ed
allora lo seguirono. Flavio conosceva bene la casa, ne conosceva ogni angolo, anche il più
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segreto. Strisciarono lungo il corridoio quando sentirono il grido di un bambino, si fermarono
terrorizzati, poi Flavio si scosse e, dopo aver indicato agli amici la via d'uscita sicura, si diresse
verso la stanza da cui aveva sentito provenire il grido. Gli occhi gli si riempirono di pianto, era la
stanza in cui era morto il suo fratellino. L'uomo aveva un coltello in mano e sotto di lui un
bambino, di poco più di sei anni, lo guardava atterrito. Flavio fece rumore così che l'attenzione
dell'uomo si distogliesse dal piccolo. L'uomo malvagio si mise ad inseguire Flavio che,
conoscendo ogni anfratto di quella casa riuscì a nascondersi. I ragazzini afferrarono il piccolo e
fuggirono in silenzio fino alla strada dove chiesero aiuto. Gli automobilisti vedendo tre ragazzini
soli, di notte per strada si fermarono subito. Nel frattempo Flavio li aveva raggiunti. Vittorio,
questo era il nome dell'uomo malvagio, vistosi scoperto fuggì verso il bosco.
Era da poco passata la mezzanotte quando Flavio ed i suoi amici tornarono nelle loro case
accompagnati dei carabinieri. Trovò sua madre in lacrime e suo padre che sembrava di marmo.
Corsero ad abbracciarlo e Flavio si scusò raccontando ciò che era accaduto insistendo nel dire
che era TUTTO VERO.
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Pensiero - Simone Carratta
Ognuno di noi vive la vita che ha sempre immaginato e che sogna. il vero viaggio che compie
l’uomo è quello della vita. Da bambino ti si presentano diverse strade da seguire e, nella propria
immaturità, bisogna sceglierne una. La vita presenta molti ostacoli, ma continua e non s’arresta
mai. Nel percorso che è davanti ad ognuno di noi si assapora sia il dolce che l’amaro.
Bisogna scegliere la strada migliore, eliminando ogni forma di ostacolo che molte volte addolora
l’uomo.
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L'incubo - Alessandro Cudazzo
Scappavo, scappavo più velocemente che potevo, alla cieca, in alcuni momenti non sentivo più le
gambe ma importava poco, cercavo di fuggire da ciò che mi faceva paura; alzai lo sguardo e di
fronte a me vidi una porta e sussurrai: "potrebbe essere una via di fuga " .
Ignaro di ciò che ci fosse dentro l'aprì.
In quel momento non pensai se fosse la scelta migliore oppure no, ma non avevo altre alternative
per non essere divorato dall' Essere che si trovava a pochi passi da me.
Entrai e un bagliore di luce mi accecò, rivolsi il mio sguardo verso l'unica cosa che riuscivo a
vedere, che temevo di vedere, era lì, immobile, incapace di passare oltre, come se non potesse
varcare quella soglia.
Il mio sguardo si rivolse altrove e intravidi le nuvole e compresi di trovarmi nel bel mezzo del
cielo. Sembrava infinito e mi lasciai cadere, trasportato da quella luce di serenità, “sembra quasi
di volare” dissi.
Tutto ad un tratto sparì tutto, mi svegliai e realizzai che ero riuscito a scappare ancora una volta
indenne dalle mie paure.
Mi torna il panico solo al pensiero che quando chiuderò gli occhi, l'Essere sarà ancora lì, ad
aspettarmi.
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La signora Elena - Clarissa De Matteis
Da piccola immaginavo spesso di aprire una porta per ritrovarmi in un luogo molto luminoso
dove regnava la felicità, l’amore, la gentilezza, la serenità. Vedevo un grande giardino fiorito
occupato da bimbi che giocavano e si divertivano serenamente. Era rilassante stare lì. Quando
appariva una piccola porta, dietro la quale sapevo esserci cose e suoni sgradevoli, ecco che
scagliavo la mia perla luminosa e la stanza “nera” spariva d'incanto e mi ritrovavo nuovamente in
una situazione di benessere fisico e mentale. Ho sempre cercato libertà e serenità. Ho sempre
amato accostarmi a persone positive e libere con un carattere ostinato.
Da bambina, vicino casa mia, abitava una signora di nome Elena. Mi raccontava che all'età all'età
di ventitré anni aveva preso la sua prima decisione importante: avendo ereditato dalla nonna un
monolocale il suo intento era di ristrutturarlo nel migliore dei modi così da affittarlo, per avere
una certa indipendenza economica e non far gravare le spese universitarie sull'economia
familiare.
Ci volle del tempo ma il risultato finale fu come desiderava. Lo diede in locazione ad un prezzo
adeguato tanto da consentirle di finire con tranquillità gli studi di ingegneria e finalmente
laurearsi! Una volta laureata pensò di costruire un altro appartamento, da affittare anche questo. Il
suo obiettivo era di mettere su un'impresa di compra vendita e affitto di immobili, voleva fare di
questo la sua attività. L'idea non era condivisa dalla famiglia, la madre cercava di frenarla e più
volte si era trovata a dirle: "Elena, ma insomma è qualcosa molto grande e lontano dalle nostre
capacità economiche! Chissà a cosa andremo incontro!".
La gente parlava e parlava e più volte si era sentito nella piazza "E' solo la foga della laurea che
la sta portando a fare queste scelte e a mettere in ballo un pacco di soldi! Sicuramente non ce la
farà, e poi come farà a sostenerla la famiglia visto che non è in grado di aiutarla
economicamente." Elena non veniva toccata minimamente dal mormorio, anzi si sentiva spronata
a fare sempre più.
Gli anni passavano ed Elena riuscì ad aprire e a gestire l'impresa che tanto desiderava.
Oggi è sposata e vive dignitosamente con la sua famiglia
A me piaceva tanto stare con Elena, nonostante venisse considerata una gran “rompiballe”
soprattutto dai suoi dipendenti; ma lei se la rideva delle parole degli invidiosi convinta delle sue
scelte e della sua libertà.
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Anestesia - Alessandra De Paolis
Un lungo corridoio bianco. Stai calma tranquilla durerà poco. Non aver paura.
Ora conta a decrescere partendo da 100.
100. 99. 98. 97. 96. 95 94. 93. 92.92...
Mi trovo davanti ad una porta, grande, scura, massiccia. La spingo con sforzo perché fa
resistenza. Si apre lentamente e mi ritrovo nella la cucina di casa mia, con il grande tavolo al
centro della stanza, le sedie attorno, su un lato il lavello,il forno, i fornelli.
È giorno, c’è il sole che penetra dal grande finestrone che si apre sul lato opposto. Sotto al
finestrone scorgo una porticina, che non ricordo, è piccola, bassa e stretta, come quella di Alice
nel paese delle meraviglie, per affacciarmici son costretta ad accovacciarmi.
Apro e, piegata su me stessa, mi ritrovo sulla soglia di una stanza piccola, stretta, ma invasa dalla
luce, una luce accecante, bianchissima. Sono ferma sulla soglia quando sento un invito a
focalizzare il mio sguardo interiore sulla fonte del mio dolore, sul punto dal quale ha origine per
afferrarlo, gettarlo in quella stanza e chiudere la porticina.
Mi ritrovo in un un ampio palcoscenico, le luci sono spente, tutto è in penombra, sento lo
scricchiolio delle assi di legno sotto il peso del mio corpo; mi accascio su una sedia. Visualizzo il
disagio, la sofferenza, il dolore: interno, profondo; cerco di dargli forma, colore, consistenza. Una
massa informe come poltiglia nera simile a un pongo, dinamica, non statica, prende vita nel
centro del mio petto: si espande, si contrae, si auto plasma. Mi rilasso, lascio che il mio corpo
elimini le tensioni. Percepisco la fonte della mia energia, in cima alla mia testa una sfera irraggia
fasci di luce, come le sfere a specchio della discoteca.
Mi concentro sul mio dolore, su quella sostanza nera e viscida, lo espello; è di fronte a me, lo
vedo; le mie mani si muovono verso l’alto, afferro a piene mani la sfera e con tutta la forza la
scaglio contro quella macchia nell’aria. È la collisione, lo scontro, la macchia nera si disgregare
in tante gocce di varie dimensioni che galleggiano nell’aria, come l’olio nell’acqua. Mi dico: “Ha
vinto la sfera. Il dolore è andato in frantumi. forse”.
Svegliati, è tutto finito. Svegliati!
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Il giocatore - Franco Elia
Elia è nato a San Cesario di Lecce, ha 17. Ama lo sport in genere ma è un patito di calcio.
Gioca con la juniores del Gallipoli. Il campo di calcio riesce a trasmettergli una grande carica di
adrenalina e un forte senso di libertà’.
Elia caratterialmente è molto intraprendente simpatico e deciso.
Quando si prefigge un obbiettivo lo deve raggiungere a tutti i costi.
È ostinato, permaloso ed irascibile. A volte questo lato del suo carattere gli compromette i
rapporti con gli amici e soprattutto con i compagni di classe, tanto da risultare “un po' infame”
Vorrebbe essere meno irascibile e più solare e su questo sta lavorando da un po' di tempo. Sa chi
è e cosa vuole e, da grande, vorrebbe diventare un libero professionista e vivere agiatamente.
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La vita è bella - Leonardo Marti
Leo viene da Sternatia, un piccolo paese nel cuore della penisola salentina. Ha un'altezza media,
occhi castani, capelli castano-chiari ed è uno studente.
Come tutti i ragazzi della sua età, crede di avere un carattere complesso. È sempre allegro,
aperto, sincero, diretto tanto che chi lo circonda sa sempre cosa gli passa per la testa e si dilegua
quando diventa un “tantino" nervoso. Un ragazzo determinato, Leo, che prende quanto la vita gli
offre, un amicone. Ha sempre amici intorno e poi mette impegno in ogni attività che svolge sia
nello studio che nello sport .
Lo sport è il mezzo dove scarica le tensioni, in cui versa tutto il suo impegno e ne trae vigore e
divertimento . Ama andare in bicicletta, tra gli ulivi. Il suo obiettivo, almeno per ora, è sentire
sulla pelle e nella testa quella sensazione di libertà e benessere fisico e mentale che si può trovare
solo alla sua età . Ha il vezzo di sentirsi diverso dalla "NORMA". Insomma unico e straordinario!
Spesso nelle conversazioni con gli amici dice: “Mi piace essere come sono, non vorrei essere
diverso, tant'è che della mia vita decido io. Sono convinto che le uniche cose che si possono
avere alla nascita sono la famiglia e il luogo di residenza, che non gli scegli tu, di conseguenza il
benessere materiale, i soldi per adesso non mi importano, mi importa divertirmi e studiare. Sì, io
sono soddisfatto della mia vita e amo il SALENTO!”
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Mi presento - Francesco Mengoli
I rapporti con il nostro prossimo, soprattutto fra noi ragazzi, sono a volte più complicati di quanto
dovrebbero essere, ci si incontra e spesso non ci si presenta ma ci aspettiamo che gli altri dopo
una settimana abbiano capito tutto di noi e sappiano chi siamo.
Mi è accaduto di incontrare una ragazza, vicino alla fermata del bus, ci siamo intrattenuti parlare
del più e del meno. Poi ad un tratto mi ha chiesto:
− Francesco facciamo un gioco
− Che gioco - le rispondo
− Giochiamo a presentarci, mi piacerebbe conoscerti, dai parlami di te
Ci sono rimasto di sasso! Cosa dire, che fare?
− In che senso scusa, dovrei parlarti di me?
− Così, dimmi tutto quello che ti passa per la testa pensando a chi sei, a cosa desideri, chi vorresti
diventare!!!
Ho sorriso imbarazzato, poi mi sono lasciato andare e, credo, le parole sono venute fuori da
sole.
− Va bene, ci provo. Sono un ragazzo vivace, amichevole, come avrai capito mi piace ridere e
scherzare, mi impegno approfonditamente nello studio. Mi piace mantenere un buon rapporto con
tutti e provo fastidio nel litigare su questioni senza una base concreta.
Sono convinto che una convivenza pacifica, sia a scuola che fuori, sia l'atteggiamento migliore
per vivere serenamente. Non sopporto i falsi amici, chi sfrutta e vuole soltanto usufruire di
qualcuno per il proprio tornaconto.
Mi piace frequentare le persone che mi fanno stare bene e cerco di stare alla larga da chi mi è
“antipatico”, o di cui non condivido comportamenti e atteggiamenti, in definitiva preferisco non
relazionarmi con loro.
− Sei tosto però - rintuzza la mia interlocutrice sgranando i suoi profondi occhi verdi.
− Ok, ok. Comunque nemmeno io sono perfetto: sono consapevole di avere alcuni difettucci!
Cerco di migliorare, ma invano, ahimè. Sono facilmente irritabile, a volte mi arrabbio per un
nonnulla. Sono un pochino, ma proprio un pochino orgoglioso, e forse anche , a volte, invidioso!
− Invidioso? E lo dici?- che splendida risata si apre davanti ai miei occhi
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− Sì, inviioso ma nel senso che mi infastidisce che qualcuno primeggi in un campo o in qualcosa
in cui mi sono impegnato a fondo o a cui tengo. Ehm, alcuni amici e amiche a volte me lo fanno
notare.
− Mi piace la tua sincerità, Francesco- mi dice la mia compagna di gioco Signorina occhi verdi
muovendo il capo in cenno di assenso
− Non amo molto l’attività fisica, ad eccezione della piscina. Ho fatto nuoto, poi l’ho
abbandonato per altri sport: due anni di nuoto, uno di calcio e uno di palestra. Ora ho deciso di
riprovare e sono al secondo anno di nuoto, con la speranza di poter riprendere a fare gare. Da
piccolo ero decisamente bravo ma ora mah, vedremo! Rispetto a quando ero bambino, ho messo
su qualche chiletto ma sto cercando di rimediare. Come vedi i miei capelli sono castani. Li porto
corti, anche se sono solito non tagliarli per un lungo periodo, forse perché non sono troppo
incline ai cambiamenti.
− Interessante questa tua riflessione sui capelli!-
− Già- le sorrido un po' imbarazzato e continuo- Ho gli occhi marroni, naso normale, almeno
credo, e questa grande bocca. Ho un altezza nella norma e...insomma l'ho già detto, sono un po’
sovrappeso.
− Su questo basta che ti impegni e risolvi il problema
− Certo, infatti è proprio questo uno dei miei prossimi obiettivi: migliorare il mio aspetto fisico e
cambiare il mio stile di vita. Parlando del mio carattere, invece, fido nell'aiuto dei miei amici per
migliorare
− In che modo?
− Mi fido di loro. Possono darmi un loro parere sincero sul mio modo di fare
− Cosa vedi nel tuo futuro? Che obiettivi ti sei preposto?
− Il mio obiettivo principale è prendere una laurea, che per me rappresenta il culmine dei miei
studi, è il traguardo da raggiungere nel migliore dei modi.
− Bene. Mi ha fatto piacere parlare con te. Sei stato sincero, diretto e compendioso
− Grazie. Ma ora parlami di te
− Un'altra volta Francesco. Un'altra volta
Il suo autobus è arrivato.
Domani, mi grida mentre sale, domani stesso posto stessa ora
Io ci sarò.
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Bimba perfetta nel suo mondo incantato - Alisia Musca
Chiudo gli occhi,
mi trasporta la fantasia
del mio più profondo io
appare
in tutto il suo splendore
una piccola sfera circolare,
vestita di bianco,
pallido e soffice velo che illumina il cielo
la Luna.
Si dice che la luna riporti ogni sera sulla sua faccia visibile, il volto della persona amata,
uomo o donna vivente all'interno nel nostro rosso cuore pulsante.
E mi riempo di tristezza
tra poche ore sorgerà il sole
e aspetterò
la luna
che ritornerà a ricamare le gelide notti d'inverno.
per farmi sognare ancora una volta!
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Alice - Alisia Musca
Una notte, una ragazza di nome Alice, guardò fuori dalla finestra della sua camera e notò che la
Luna era più splendente del solito. Si lasciò trasportare dalla candida falce e cominciò a sognare ad
occhi aperti, con la speranza di trovarsi in una nuova realtà.
Solitamente si sogna quanto basta, lo stretto indispensabile per cercare di rivivere momenti felici e,
così, la ragazzina rivide il volto del padre partito in guerra pochi mesi prima.
A volte una persona si crea una nuova identità che funge da passaporto in un mondo migliore dove
regnano pace, serenità e tranquillità! Alice era riuscita a ricongiungersi mentalmente con il padre e,
addirittura, era stata capace di immaginare lei e l'uomo della sua vita mentre giocavano in riva al
mare con la sabbia, costruendo quella che, in futuro, sarebbe stata la loro dimora: un castello.
Nel cuore della notte, quando ci si addormenta cullati dal bianco candore della Luna, i pensieri vo-
lano nuovamente verso orizzonti sconosciuti, ma in verità questi sono soltanto ricordi e manifestaz-
ioni di momenti che hanno suscitato gioia. Quando il sogno di Alice procedeva verso la conclusione
sembrava ancora più vero. Tanto che la ragazzina non riusciva nemmeno a riaprire gli occhi. Dovet-
te prendere coraggio, uscire da quei mondi sconfinati e constatare se quello che la circondava appar-
teneva o meno alla sua fantasia.
Così Alice aprì gli occhi (ormai quasi colmi di lacrime) e incrociò le dita sperando che il suo adora-
to padre tornasse quanto prima dall'ostinato e freddo mondo della guerra!
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La spina - Gianluca Musca
Giangi ha quasi 18 anni, quando ne aveva undici si è trasferito da Roma in un paesino del basso
Salento, Seclì. Ha fatto dell'orgoglio la sua bandiera e ce la mette tutta a distinguersi dai suoi
coetanei.
Giangi cerca di migliorarsi in tutti i campi. Non ama il conformismo quindi cerca di distinguersi
dalla massa anonima e spiccare nel gruppo. È del parere che ognuno debba essere come è
facendo di se un modello positivo da far seguire agli altri senza scimmiottare modelli
prefabbricati.
È un ragazzo dei nostri tempi, un ragazzo di tutti i tempi dove forza e fragilità sono in lotta per
far emergere l'uomo.
Un giorno si ritrova in un gruppo dove il fine è trovare la scrittura di flusso. Sembrano tutti un po'
dispersi, un po' curiosi e l'imbarazzo si trasforma in risatine e colpetti tra compagni. Giangi con la
sua fisicità si fa notare subito. Quando viene chiesto di lasciarsi andare, di chiudere gli occhi e
lasciare che la mente formi delle immagini, di dare forma alle sensazioni, lui si concentra, si
contrae, si rilassa. Le immagini che si formano nella sua mente sono indicatrici della sua
interiorità. Racconta in seguito: “Ero calmo e tranquillo. Davanti a me c'era una grande porta
celeste chiaro, l'ho aperta e mi sono trovato in una stanza di relax. All’interno troneggiava una
grande vasca idromassaggio circondata da un soave profumo; da ogni bolla di schiuma usciva
l’amore, la felicità, la tranquillità e tutto ciò che di positivo c'è nel mondo. Ero immerso nella
pace quando vagando con lo sguardo ho visto una piccola porta e, spinto dalla curiosità, l'ho
aperta ed ecco che vedo nitida davanti a me una grande spina e so bene che è la forma che ho
dato alle mie paure, alle incertezze, a tutte le cose negative. Un attimo dopo sono circondato da
un' infinità di bolle che rappresentano tutte le cose positive, e con tutta l'energia che ho in corpo
le scaglio contro la spina che è sempre li, di fronte a me, come a sfidarmi, ma man mano che le
bolle la colpiscono la sua negatività svanisce. Una luce abbagliante mi ha attraversato e mi sono
sentito invadere da un senso di felicità e benessere. Mi sono sentito libero da tutte le paure, dalle
angosce e appagato del mio nuovo stato”
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Es_foliandomi
Intermezzo - Giuseppe Negro
C'era una volta un piccolo villaggio suggestivo e affollato con un odore insolito e inebriante. Era
ricco di fauna particolare e variopinta. La sua caratteristica era che le persone vivevano in due
gruppi separati. Un gruppo perseguiva la pace, la pazienza e l’amore, mentre l’altro l’avarizia, la
cattiveria e la malvagità.
Un giorno arrivò un cavaliere su un cavallo bianco che diede a tutti i cittadini una porzione
magica che rese tutti buoni e gentili. Il male venne per sempre scacciato.
Il cavaliere salutò tutti e se ne andò: il suo scopo era quello di portare l’armonia in tutti i paesi.
Intermezzo - Giuseppe Negro
Un giorno, un signore di nome Franco stava facendo una passeggiata lungo la riva del mare
insieme a Rudolf, un cagnolino molto piccolo di statura socievole e giocherellone, quando
improvvisamente videro tre cani randagi dall'aspetto affamato. Franco si spaventò e cercò di
scappare ma si rese conto che la velocità dei cani era superiore alla sua, decise quindi di
mantenere la calma. Il branco si avvicinava sempre di più e gli fu chiaro che erano intenzionati
ad aggredirlo.
Ma ecco che Rudolf si mette tra Franco e i cani randagi permettendo al suo padrone di scappare,
sapendo bene che ne avrebbe avuta la peggio. Franco corse a chiamare i soccorsi. Quando
arrivarono trovarono Rudolf piuttosto malconcio, fu portato in gran fretta dal veterinario che lo
operò d'urgenza. Intanto gli addetti avevano acchiappato i cani che furono ricoverati nel canile.
Fortunatamente l'intervento andò bene e quindi Rudolf, dopo pochissime settimane, ha iniziato di
nuovo a correre e giocare.
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Es_foliandomi
Alberto Pisanello - Respiro d'amore
tonale
Come in quella foto
il tenero verde del prato
e il soffice azzurro del cielo
sono eternamente inseparabili,
così il tuo candido respiro
che con magici colori
dipinge il nostro quadro
dà vita ad infinito amore.
sordina
E poi ti ritrovi senza niente in mano, senza i momenti magici che sono vita. Ti rimangono due o
tre foto. E le guardi continuamente cercando di riviverne gli attimi, le emozioni, le sensazioni.
Non ti ricapiterà mai più; gridi muto.
Nella realtà non esiste il verbo rivivere perché ogni momento è unico. Ti lamenti
E allora, che cosa vogliamo fare? Vogliamo piangerci addosso? Reagisci
Piangiamoci addosso! Ti lamenti
Ci vogliamo rassegnare? Reagisci
FORZA, rassegnamoci! Dai! Forza! Decidi
Tanto ormai non ho più niente da perdere. Ormai non c’è più.
È passato, non è presente
Proprio perché non c’è più bisogna apprezzarlo.Decidi
Non mi resta che fissare una foto, quella che è uscita meglio. La reggo con le mani leggere,
morbide, come un oggetto prezioso e fragile; non sono mai stato così delicato! Trattengo l'attimo
che è stato tutto per me.
Ormai tutto è passato.
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Es_foliandomi
Non esistono i sogni, esiste solo la realtà.
Il presente non esiste, perché non fai neanche in tempo a menzionarlo, che già è passato!
Guardala bene questa dannata foto, guardala con attenzione, la vedi? Lo vedi?mi vedo?
Guardo e scopro che nasconde alcuni aspetti che spesso tendo a mascherare, non voglio vderli.
Quello sguardo racchiude una voglia immensa di fermare il tempo.
Fermati Tempo! Dammi la possibilità di vivere, di rendermi conto di quello che sto vivendo,
fammi essere felice di quello che ho, non mettere la parola fine perché sto tanto bene, voglio
vivere non raccontare le mie emozioni. Come ora.
risonanza
“Non è tanto chi sei, quanto quello che fai è che ti qualifica!”. Una bella frase. Certo.
Sono un ragazzo qualsiasi e come un qualsiasi ragazzo con i miei stessi anni inizio ad avere già
qualche responsabilità, piccola, per carità, però è con le cose piccole che si impara.
Bene, io credo di essere un po’ diverso dagli altri, ma un assioma è che ognuno è diverso
dall'altro.
Già da un po’ di tempo ho iniziato ad assumermi delle responsabilità, non perchè mi siano state
imposte da qualcuno ma perchè ho ritenuto fosse arrivato il momento giusto per me di crescere,
anche se a volte è accaduto senza che lo desiderassi veramente. Le cose, a volte, accadono
involotariamente!
Nella mia seppur breve vita ho sperimentato che a sbagliare ci vuole davvero poco, poi è quasi
impossibile rimettere le cose apposto, specie quelle più importanti. Ora mi ritrovo a dover stare
molto attento a ciò che faccio.
Ho imparato a riflettere e valutare le conseguenze delle mie azioni, ora conto SEMPRE fino a
dieci, a volte anche qualche numero in più. Mi ripeto che ogni azione, ogni passo sarà per il mio
futuro, quindi non devo assolutamente sbagliare.
Spesso mi capita di essere giudicato per azioni e comportamenti che non sono miei, forse lo sono
stati in passato. So bene di aver commesso degli errori ma non voglio che mi si identifichi per ciò
che ero. Detesto il pregiudizio. La crescita di un individuo è anche prendere coscienza e mutare
quei lati del carattere che crediamo vadano modificati. Io oggi so chi sono. So cosa penso. Si è
vero, questo magari gli altri non lo sanno, però è importante che sia io ad averne coscienza
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Es_foliandomi
Oggi sono quello che sono solo grazie a me stesso, e ne sono contento! Questa non è
presunzione, è un dato di fatto. Se avessi seguito alla lettera quello che mi dicevano, o
imponevano di fare, sicuramente oggi sarei una persona diversa da ciò che sono.
Da anni perseguo un sogno, che non dirò per non farlo svanire e cerco di raggiungerlo e penso di
essere sulla buona strada . Sto costruendo il mio futuro Sono ottimista e sono contento!
Voglio diventare l' immagine dei miei pensieri, voglio essere le mie opinioni, tendo verso quello
che ritengo sia la perfezione. La mia perfezione
Lungo la mia strada mi sono imbattuto in occasioni inaspettate che hanno migliorano le mie
azioni, stanno fortificano le mie idee e mi svelano chi sono e chi sarò sebbene abbia fatto mio il
motto: 'non è tanto chi sei, quanto quello che fai che ti qualifica. Quindi sono e saranno le mie
azioni a dire chi sono e chi sarò.
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Es_foliandomi
Tre piccole pesti - Gabriele Romano
C’era una volta, in una piccola città sulle Alpi, un piccolo monastero antichissimo dove vivevano
dieci frati francescani. Avevano tutti la testa pelata e una barba bianchissima; tutti vestivano un
saio rappezzato e andavano spesso in fila, uno dietro l'altro, lungo gli immensi giardini che
circondavano il monastero.Vivevano una vita molto lenta e calma immersi nel silenzio, nella
meditazione e nel dialogo con Dio.
Un giorno, verso le 5 del mattino, usciti da quella fase di trans post sveglia, si avviarono verso la
cappella passando attraverso il giardino, come erano soliti fare quando i loro occhi si dilatarno
per la sorpresa: il giardino era sotto sopra: verdure buttate per aria, alberi da frutto squarciati,
galline libere che starnazzavano di qua e di là, i frutti buttati per terra, insomma un vero
DISASTRO!
Dopo aver assolto il dovere della Messa si misero subito e con lena all'opera di sistemazione.
Era pomeriggio inoltrato quando finirono di rimettere in sesto il giardino, l'orto e quei poveri
alberi, insomma rimediarono al meglio a quella “rovina”.
Una volta finito i frati più curiosi cercarono di investigare sulla faccenda cercando indizi utili per
scoprire cosa fosse accaduto.
L’indomani stanchi dalle fatiche del giorno precedente, i frati si alzarono in ritardo. In fretta si
diressero verso la cappella ma trovarono lo stesso disordine del giorno precedente.
Di certo, si dissero, la situazione era insostenibile!
Dopo aver nuovamente riordinato il giardino, indissero una riunione: decisero che la situazione
andava sorvegliata quindi durante la notte si sarebbero dato il turno a far da sentinella, al fine di
scovare chi fosse la causa di tutto ciò.
Il primo turno toccò a Fra Cappuccino, un frate molto sveglio, durante il suo turno non accadde
nulla; il secondo turno fu assegnato a Fra Unpomeaddormento che fu colto da un INCREDIBILE
sonno profondo, tanto da non lanciare nemmeno un piccolo gemito d’allarme, nel sonno riuscì a
mal pena ad accorgersi dei vandali!
Il terzo frate, alzatosi per il turno successivo, alla visione dell' inferno che si presentò davanti ai
suoi occhi, sebbene ancora assonnati, lanciò un urlo cosi forte che il suo eco risuonò tra le
montagne vicine svegliando interi paesi.
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Es_foliandomi
Il giorno dopo frate Mario, il Priore del Convento, decise di andare giù in paese a trarre maggiori
informazioni riguardo alla vicenda.
Venne a conoscenza che da qualche tempo si era trasferita in paese una nuova famiglia. Varie
voci circolavano al riguardo e non tutte positive. Decise, quindi, di fargli visita con la scusa della
benedizione della casa.
Fu accolto calorosamente da una giovane donna, che si presentò come Lucia, il frate notò che
nella casa sebbene ci fossero poche cose queste erano sparpagliate quasi fosse passato un
tornado.
Ben presto il buon frate Mario fu circondato da tre mostriciattoli, ne dedusse che fossero i figli di
Lucia.
Si intuiva subito che erano scatenati e irrequieti e capì dall'espressione dei loro occhi che
centravano qualcosa con le scorribande al convento.
Quella sera decise si sarebbe messo a guardia del giardino lui stesso, per tutta la notte.
Fortunatamente non dovette aspettare molto per vedere le piccole pesti lanciarsi nel convento e
metterlo a soqquadro; le colse, quindi, in flagrante ed intervenne subito; ma, ahimè, non avendo
più l’agilità di un tempo ed essendo portatore sano di una bella panciotta, non riuscì a acciuffarli.
I suoi dubbi erano stati confermati e sapeva bene dove trovarli.
L’indomani, dopo aver assolto i suoi compiti religiosi, corse in città per assicurarsi di trovare i
bambini ancora a casa.
Una volta giunto davanti alla porta della modesta abitazione lo attanagliò una certa insicurezza,
in fondo erano solo bambini, si diceva, ma ripensando agli ingenti danni causati al convento non
esitò oltre e bussò.
Fu accolto da una signora che non sembrava affatto la stessa del giorno prima, si disse che forse i
suoi occhi erano stanchi per le poche ore di sonno.
Salutò seccamente Lucia e la mise al corrente dell'accaduto quindi si diresse con passo sicuro
verso la stanza dove i ragazzi dormivano.
Dormivano profondamente gli angioletti, dormivano il sonno del giusto, pensò Frate Mario.
Decise di ritornare in cucina e aspettare che si svegliassero, intanto si ripeteva in mente quello
che gli avrebbe detto. Si guardò intorno e la miseria che si respirava in quella casa era visibile
anche ad un occhio distratto.
Alle 10,30 i ragazzini si presentarono in cucina per far colazione e si ritrovarono il Frate seduto
che fissò i suoi occhi chiari nei loro occhi. Cercarono di sfuggire allo sguardo accusatore,
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Es_foliandomi
guardarono la madre che gli restituì uno sguardo severo, diventarono rossi come un peperone. Un
forte imbarazzo si abbatté su doi loro.
Frate Mario al posto della colazione si prodigò di servirgli una bella ramanzina! Poi chiese la
ragione delle loro azioni e venne a conoscenza delle forti difficoltà economiche in cui versava la
famiglia e che quello era un modo per aiutare la madre a mettere un piatto in tavola. Lucia si
mise a piangere e Frate Mario, la cui bontà era riconosciuta da tutti in paese, sorrise e valutò
chiusa la questione, classificandola come una marachella e con un sorriso carezzò le teste dei tre
diavoletti. Dopo essersi fatto promettere che non lo avrebbero fatto mai più invitò la famiglia a
pranzo e cena al convento dove il cibo non mancava mai.
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Partitura - Federica Santoro
Prima particella
_Orgoglio Avventura Casa Amore_
Un giorno Orgoglio decise di cambiare aria. Era stufo di tutto e di tutti, così scappo via.
Nel corso del suo viaggio incontrò Avventura, intrigante, sempre in movimento e in cerca di
nuove emozioni. Insieme videro luoghi e posti bellissimi, visitarono paesi sperduti ma
affascinanti...Dopo giorni e giorni di viaggio decisero di fermarsi. In un villaggio trovarono Casa,
dolce e accogliente, fu molto cortese con loro e li invitò a fermarsi. Mentre Orgoglio riposava,
Avventura andò a dare un occhiata in giro. Notò in un prato qualcuno: era Amore, bello e
misterioso, che stava disteso a guardare il cielo. Un po' a disagio, gli si avvicinò e i due, in breve
tempo, cominciarono a raccontarsi le loro storie. Avventura lo trovava stranamente interessante e
continuò a passare i giorni con lui. Orgoglio, indispettito decise di ripartire ma Avventura rifiutò
di seguirlo. Così se ne andò via da solo, sconfitto dal rifiuto e non tornò più.Avventura aveva
trovato la sua nuova emozione: Amore.
Seconda particella
_La Paura_
Buio. Non riesco a percepire altro attorno a me, come se avesse una consistenza propria che mi
soffoca e opprime. Il respiro si fa corto, l'unica compagnia è il battito del mio cuore che vuole
scappare, lasciami sola in quell'agonia.
Mi guardo attorno, ma niente. Mi sembra di sentire un fiato sul mio corpo, una presenza strana
attorno a me. Eppure sono sola, completamente sola. Il cuore continua a martellarmi nel petto,
scandisce i secondi, i minuti, le ore. Vado avanti in cerca di qualcosa che possa aiutarmi ad uscire
da quell'inferno. Mi sembra di vedere qualcuno. Una forma ancora più buia del buio, vera e viva.
Ride. Mi reputa debole, minuscola, insulsa. Lo guardo in viso, senza riuscire a vederlo
chiaramente. Sola e al buio, ed è proprio Lui a ridere di me.
Chiudo gli occhi, le sensazioni arrivano diverse, più pesanti…è come se ci fosse una sorta di
pressione fuori e dentro di me. Anche le parole si trasformano, prima chiare e distinte, poi sempre
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più fioche fino a diventare una melodia indistinta. Delle immagini si disegnano nella mia mente,
colmandola di ricordi, sogni.
Sono davanti alle mie paure, che prendono forma, una forma fisica e distinta.
Mi trovo sola ad affrontarle. Cerco nel profondo dell’anima la forza per distruggere la paura…
trovo una luce, non ha una forma vera e propria, sembra quasi una sfera, che mi trasmette una
sensazione di benessere e pace. E’ l’arma contro la mia paura. La lancio con tutta la mia forza e
la mia paura si scompone in mille frammenti che si confondono e si perdono nel buio. Ora non
c'è più nulla davanti a me… sento solo il battito del mio cuore, ora tranquillo e sereno… non ho
più paura…
Terza particella
_Siamo in due?__dialogo tra il Rosso IO esteriore e il Blu IO interiore_
Blu- Ehi tu! Non è possibile! Sei ancora davanti allo specchio a sistemarti? Dici che non
t’importa di cosa pensa la gente di te ma non sembra cosi...
Rosso- Infatti! Non è cosi...Lo sai meglio di me! Ma è anche vero che mi piace essere sempre
apposto, carina e originale. Difendo la mia personalità in questo modo!
Blu- Dai, sei ridicola! Dovresti usare ogni giorno un colore diverso di abito per far capire alla
gente quello che sei e non credo che ti basterà un vestito al giorno!
Rosso- E' colpa tua lo sai, sei sempre in contrasto con me, io faccio bianco e tu pensi nero! Non
posso dimostrami sempre per quello che sono lo sai...devo essere dura per non essere schiacciata,
simpatica al punto giusto per non essere odiata..non posso fare sempre quello che mi dici tu!
Blu- Dovresti invece! DEVI essere naturale. Debole quando mi sento debole. Forte quando mi
sento forte. Anche per me non è facile. Vorrei gridare quando sono arrabbiata, invece devo stare
zitta per non farti sembrare un'isterica, vorrei piangere quando sono triste, ma per te mi trattengo
per non farti sembrare una sciocca...secondo te come mi sento?
Rosso- Ti capisco perfettamente. Anch’io mi vorrei lasciare andare, vorrei farti uscire fuori. Sono
composta, invece, troppo forse...rimango zitta quando vorrei rispondere a dovere. Mi capita di
sbagliare sai? Quando non riesco a sentirti, perché sono troppo arrabbiata, dico cose che non
dovrei dire e che nè tu nè io pensiamo veramente...
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Blu- Quando ti succede, però, a piangere siamo tutte e due. Quando il cuore batte un'unica
musica siamo in sintonia. Hai ragione in fondo, ti chiedo scusa, ma vorrei essere IO a mostrarmi
qualche volta, con tutta la mia sincerità, senza barriere e giudizi.
Rosso-A chi lo dici! Non siamo tanto diverse...infondo vorrei cambiare un po', ma senza il tuo
aiuto non posso farcela. Vorrei essere più forte, decisa, intraprendente...e anche più sciolta,
sentirmi ovunque a mio agio!
Blu-M’impegnerò, ma...è difficile, IO non posso portare una maschera, TU si...
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Presente Istante - Daniela Scrimieri
Donna Libertà, quella strana persona che non intende perdere l’autonomia conquistata se pur a
prezzo della solitudine, cammina spesso a braccetto con Il Signor vuoto che pesante come una
nave senza mare impedisce al Piccolo Desiderio, custodito in fondo al suo cuore, di intraprendere
la strada della sua realizzazione. Aspetta con pazienza che Il Tempo guarisca le sue ferite, che Il
Saggiomastro passato si faccia da parte per dare nuovamente la speranza a Messer Sogno, tenuto
quasi prigioniero nel castello di Donna Ignavia, di raggiungere la meta tanto agognata.
Tornare tra quelle rocce, tra i platani maestosi, le fragole selvatiche, il cielo stellato, tra un bacio
rubato e le lucciole irreali.
Come sono stati brevi quei giorni. Rinunciare a quella passione l’ha fatta morire dentro ma non
intende più lasciare che i suoi pensieri e il suo Piccolo desiderio rimangano imprigionati nella
nostalgia del passato.
Così ha pensato, di riunire tutti i personaggi in una valle abbandonata e farli parlare e ballare
intorno ad un albero senza chioma che le ricorda il suo Amore reciso e, in mezzo a quella
naturale vegetazione lontani dalla vita quotidiana, capire il filo che li tiene uniti, trovare quel
sollievo a cui tanto brama e la strada che liberi il suo cuore.
Affinché i suoi occhi possano cogliere ogni particolare anche quando il giorno consegna alla
notte il suo chiarore, sceglie un giorno di plenilunio e assicura ai suoi personaggi che sarebbe
stata lì con loro a vedere appassire l’ultimo giorno di quella stagione così lunga.
Nel giorno stabilito, arrivata prima degli altri, si arrampica su un albero vicino per ascoltare le
loro parole nascondendosi nel nido abbandonato di una cicogna. In quel posto così insolito si
mette ad aspettare. Si era quasi appisolata nell’attesa quando sente il Signor vuoto, arrivato per
primo, parlare agitando le braccia
-Non capisco dove possa esser finita, non posso camminare senza il suo braccetto e lei non può
rinunciare al mio vuoto perché io do la possibilità al Piccolo desiderio di tornare a bramare il suo
cuore.
- Ore, ore, ore! - risponde un eco lontano
Quella valle intorno senza nessuno comincia ad angosciarlo.
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Es_foliandomi
Lui, il principe del vuoto, ha paura.
Intanto l’eco raggiunge, con gran rumore il Tempo, che si precipita a rispondere urlando
– Sono io che do tempo alla mia signora, con pazienza , di guarire le ferite del passato, dalle
delusioni, se non sentisse il tuo gran vuoto, presto guarirebbe.
– Ebbe, ebbe, ebbe!–fece l’eco della valle!
Che strano eco si sente in quella valle, sembra di parte.
– Sono io il negativo e spingo verso l’ignoto sconosciuto – ribatte il vuoto
– Nel tempo la speranza è custodita – incalza l’altro.
– Ita, ita, ita! –risponde nuovamente l’eco!
– E’ la magica forza del negativo che emerge.
– Erge, erge, erge – l’eco non perde colpo.
La valle partecipa inerme a questo turbinio di voci, tenute a concerto, con alti e bassi, da una
leggera brezza. I suoni ora lievi ora forti rimbombano fino al nido, la dondolano come una ninna
nanna. Ma ecco che piano senza far rumore il Saggiomastro passato, non più tanto arzillo, arriva
a fatica sul suo bastone che solleva ogni tanto colpendo l’aria, impaziente di introdursi tra i suoni
dell’eco, ma dimentica nell’attesa le parole da dire.
– Oimè! Oimè! - dice quasi sottovoce - come farò a dare la parola a Messer Sogno se il vuoto e il
tempo non placano le loro pretese?
Allora Messer sogno senza ansia di parlare si cerca un giaciglio sull’albero senza chioma dove
arrivano meglio i suoni ammaliatori dell’eco. Ha promesso, in cambio della libertà, di riportare i
fatti a Donna Ignavia che, incapace di prendere posizioni, ha rinunciato ad andare nel luogo
dell’incontro.
– Qui sento benissimo, qui sono libero
– Ero, ero, ero! –Continua l’eco.
– Forza – grida il Passato al Piccolo desiderio – fatti avanti tu che non rinunci mai.
– Ai,ai,ai! – risponde ancora l’eco
Sulle onde di quell’eco, di quella forza, si dondola e sibila il Sogno
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-Se non avessimo un sogno, mantenuto vivo nell’animo, la vita sarebbe più dura. La speranza di
quel sogno diventa più certezza della vita
- Ita, ita, ita! –conclude l’eco!
Dov’è finita? Dov’è andata l’usurpatrice di quel nido? La nenia ha forse addormentato i suoi
sensi, placato il suo animo? E’ li inerme, serena, rinata, rispecchiata dalla luna e non rinuncia a
nessuno dei personaggi che hanno permesso questa metamorfosi. Lei ha bisogno di tutti, ora non
fanno male né paura. Ora il frastuono del loro vociare, con grande meraviglia, si trasforma
salendo, come d’incanto, in suoni d’arpa, canto d’usignolo, preghiera soave. Le dolci sensazioni
calmano il suo animo e allontanano il vuoto che lo riempiva. Nel groviglio dei suoi pensieri tutto
si scioglie, ritrova un senso e Il Piccolo desiderio trova il sentiero del ritorno.
Ringrazia il Saggiomastro passato per aver avuto il privilegio di quel vissuto e il Tempo per
averlo conservato. Il Sogno per il vigore mantenuto. In quella natura incontaminata si libera il
Sogno dalle sbarre della nostalgia, ritrova la sua anima, il sorriso senza amarezza, due ali che non
sapeva d’avere, trovate nella sua nuova dimora.
Guarda verso l’albero monco e vede che dalla fenditura del suo tronco, lì dove si è seduto il
sogno sta sbocciando la vita. Ora non le appare più passato sinistro né futuro artificio ma amore
da condividere.
Il bi-sogno diventa realtà, all’albero la sua nuova chioma, a lei l’eterno meraviglioso presente
istante.
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Consuetudinario - Giada Serra
Tremo.
Sussulto.
Come un fulmine che squarcia all'improvviso il cielo
e si tuffa nel mare.
Onde,
l' insieme dei cocci di uno specchio d'argento,
ognuno con la sua storia,
ognuno con dentro, impresso, un frammento di noi.
Un lembo del labbro inferiore, una pupilla, una narice.
Uno specchio macchiato dall'essere salsedine.
Come un presagio.
Quel guardarsi l'anima toccandosi in superficie.
Quel mettersi sulle punte per guardare attraverso una finestra troppo alta,
lo stupore del posare gli occhi oltre il davanzale,
dell'entrare in sé,
infrangere la lastra che ci riflette.
Gesti veloci, repentini.
Poi violenti, instancabili.
Sospiri,voglie, arrivi.
baciarsi con i polpastrelli,
avvertire la nostra pelle.
Le vene strozzate,
tutto per un infinito secondo diviene luce accecante.
La pancia si contrae, la durezza dell'attimo che prepara al piacere.
Una voglia di possedersi, di aversi.
Un'intima solitudine.
Un noi composto di IO.
Appanno i vetri della mia esistenza con i respiri del mio amore.
Pervasa dall'orgasmo vitale.
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Per-vasa, Per me.
Ed eccomi qui sulla terrazza dei miei incubi
a contare nella penombra le candele consumate delle mille aspirazioni.
Penso a quanto avrei da dire,
a quanto cuore da tirar fuori,
a quante virgole ho messo per non smettere.
Guardo le mie gambe incrociate,
i miei vestiti poco abbinati.
Sento il profumo dei ricci
che mi scendono sulle spalle.
Indico i lampi improvvisi delle scelte,
esclamo le mie stranezze,
rendo partecipi i miei timori.
Sento la gola esplodermi
tra tutto ciò che bisogna inghiottire
in modo forzato.
Provo pena per le giustificazioni,
ma tento sempre di trovarne di nuove.
Mi stendo e sento il rintocco dei secondi
scivolarmi sulla pelle.
Per un attimo spero che il tempo non possa scalfirmi,
mi sento intoccabile,
impossibile da sfiorare,
come se stessi guardando tutto da un fuori,
che nonostante tutto è un dentro.
Sputo sui blocchi mentali,
sulle assenze,
sugli origami di certezze scadute
come uno yogurt.
Tutto scorre,
nemmeno ci rendiamo conto del nostro coinvolgimento.
Le emozioni ci sembrano un caso.
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Pensiamo di dare un senso al tutto in una parola.
Parliamo di esperienze,
di destini,
galassie che si allineano,
occasioni.
Viviamo di astrattismi pretendendo una razionalizzazione.
Deresponsabilizzarci è il nostro scacco matto.
Siamo troppo impegnati, per occuparci anche di scegliere.
Di sigillare vecchie porte,
aprirne di nuove.
Dallo sgabello di legno
di un pub gracchiante,
un amico
alzando il gomito dirà: ''Beviamoci su’’.
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Senza certezza - Giada Serra
E’ notte. Guardo il cielo. La luna assomiglia ad un grande pallone d’argento, le stelle sono infiniti
giocatori dalle scarpe di brillanti che la rincorrono fino a raggiungere le mie pupille per far un gol
dai bagliori intensi.
I miei capelli si mischiano con l’erba bagnata, l’umidità mi fa aderire i vestiti alla pelle, la mia
gonna di lino bianco sembra quasi più pesante.
Canticchio un ritornello che mi ricorda la mia lontana giovinezza, quando ancora i miei seni
erano turgidi e le mie labbra assaporavano il sapore dei primi baci.
Il bello della gioventù è proprio questo: Sapere che la maggior parte delle cose che farai
lasceranno nei tuoi occhi quell’alone vivace dello stupore; di quando ti senti semplicemente
immortale, splendido anche con uno straccio addosso e ogni giornata assomiglia ad una nuova
avventura. Adesso ho acceso un piccolo fuoco. Lo guardo mentre sono distesa su questa terra che
profuma. Vedo la legna bruciare lentamente, sento lo scoppiettare dei tronchi ardenti, mi perdo
tra le lingue giallo-arancioni di questo falò solitario.
Mia madre mi diceva sempre di non sfidare mai il fuoco dicendo che era bello, una superstizione,
uno di quei detti popolari che la facevano sentire amaramente saggia per un secondo.
Eppure in questo istante l’unica cosa che riesco a pensare è proprio che il bollente spettacolo che
ho di fronte è magnifico. Nel calore ritrovo la mia pace, mi sento un po’ come quella cenere che
staccandosi dai rami brucianti, si adagia sul terreno.
‘Goodbye i’m going home’. Continuo a ripetermi questo motivetto nella testa, a labbra dischiuse
lo regalo al mondo. Anche se intorno a me non c’è nessuno, mi fa sentire tranquilla immaginare
di poterlo dedicare a qualcuno, di avere un posto dove rientrare a fine giornata.
Mi capita spesso di pensare alla mia vita. Immaginarla come un’entità distaccata, distante, da cui
per qualche minuto sgattaiolare via. Mi piace diventare la narratrice della mia storia, fingendo di
non averla vissuta. Come aprire un grosso libro scuro dalle pagine leggermente ingiallite e
incominciare a leggere ogni singolo evento che mi ha segnata.
Rido, pensando di essere una settantacinquenne senza meta, che rincorre ancora quel qualcosa
che le sfugge e le permette di sognare un nuovo luogo, un nuovo modo per ricominciare a
cercare. Non posseggo nulla di materiale, tranne questo zainetto color tabacco che accompagna
ormai da anni il mio vagare per il mondo, i miei passi, i miei respiri. Non ho una casa e questo
non significa che non l’abbia mai avuta. Conosco anch’io l’odore della biancheria appena lavata
e il bianco delle pareti su cui da bambina avevo quella voglia incontrollabile di scarabocchiare,
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ma che i miei genitori frenavano con uno schiaffetto sul dorso delle mani. Ecco, anch’io la mia
esistenza l’avevo sognata in maniera differente, con un certo rigore, un certo ordine e il gusto per
il giusto.
Un giorno però arrivò il terremoto, fece crollare ogni certezza.
Attualmente sono in Messico, ma domani sinceramente non so cosa ne sarà di me, non so dove le
mie gambe ed il mio spirito mi suggeriranno di arrivare. So solo che sto così bene che ormai la
natura è parte integrante di me, adoro viaggiare e scorgere volti diversi ogni mattina, che mi
sorridono o che mi guardano straniti perché ho un aspetto un po’ stravagante ed il viso scottato
dal sole. Alla mia morte almeno saprò che in ogni mia ruga c’è un pezzo del mio passaggio su
questo pianeta, e che se potessi rinascere non cambierei nulla della mia vita dai trentacinque anni
in su, ovvero da quando il mio peregrinare è cominciato.
Sin dai tempi delle elementari ero una studentessa modello, una delle più brave della classe, con
la passione per la lettura. Mio padre mi raccontava che sin dai primi mesi di vita riuscivo ad
addormentarmi solo con un piccoli libro tra le mani.
Frequentai il liceo classico, continuando così a coltivare la mia passione per le materie
umanistiche, all’università scelsi ‘beni culturali’. Lo studio della storia dell’arte mi aveva sempre
affascinata e diventare una guida turistica, era uno di quei sogni che avevo nel cassetto da tanto.
Mi laureai con ottimi voti e ottenni un posto di lavoro a Firenze, avrei illustrato e descritto nei
dettagli la maestosità delle tante opere d’arte che la città offriva.
Stare a contatto con le persone, trasmettere loro ciò che avevo appreso in tanti anni di studio era
la mia più grande soddisfazione.
Fu proprio durante una delle mie visite guidare che lo vidi.
Ero lì intenta a fornire qualsiasi tipo di informazione sul Battistero di S. Giovanni quando
incrociai il suo sguardo e ogni singolo vocabolo che avevo intenzione di far fuoriuscire dalla mia
bocca si volatilizzò scomparendo nel nulla. Di quell’istante ricordo il ronzio che avevo nelle
orecchie e l’imbarazzo che provai quando tornando alla realtà la ‘platea’ era stufa del mio
improvviso silenzio. Continuai a fatica nella spiegazione, avevo la sensazione di avere
costantemente i suoi occhi addosso. Una volta terminato il giro mi assalì la paura folle che non lo
avrei mai più visto.
Proprio mentre stavo per girare i tacchi, senza più speranza nemmeno di riuscire a cogliere il suo
nome, ecco che una mano mi sfiorò una spalla. Mi voltai e un calore fulmineo mi pervase le
guance.
Non avevo più la capacità di intendere e di volere,ero fuori di me, non avevo mai pensato, fino a
quel momento, all’esistenza del colpo di fulmine.
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es_foliandomi
-Complimenti- Disse.
-Oh grazie- Risposi mentre arrossivo.
-Ti va un caffè?-
Silenzio, esitazione.
-Certo, perché no!-
Sorrisi, sorridemmo.
Ci sedemmo in un bar molto carino in piazzetta. Tavolini rotondi, sedie dalle gambe sottili e
l’imbottitura verde. I minuti in sua presenza passavano in un batter d’occhio come tutte le cose
belle. Quando arrivò il cameriere, lui ordinò per entrambi. Una cioccolata per me, un caffè
corretto per lui. Nell’attesa che le nostre bevande arrivassero, i nostri occhi non smettevano di
rincorrersi. Le sue mani erano grandi e forti, ma ben curate. Aveva i denti bianchissimi e i capelli
chiari e ricci che gli scendevano in modo scomposto sulla fronte. Indossava dei jeans un po’
larghi sul sedere e una maglia leggera dai colori tenui. Era un bell’uomo! Mi chiedevo se anche
lui mi stesse descrivendo al ritmo dei suoi pensieri, se stesse facendo delle fantasie su di me, se si
soffermasse su un particolare del mio corpo che lo aveva colpito e soprattutto ero impaziente di
sapere se ci saremmo rincontrati.
Parlammo delle nostre passioni, di sport, della musica. Disse di amare la musica leggera, che era
innamorato delle parole e della poesia di ogni canzone, che cercava di cogliere un messaggio in
tutto ciò che gli si presentava davanti.
Ad un tratto mi chiese:’Tu credi nel destino?’
Fu come se avesse scoccato una freccia colpendomi sino in fondo.
Dopo un attimo di sbandamento risposi:’Oggi si .’
Rise silenziosamente, i suoi occhi brillarono illuminati dal sole, come se avesse sperato in una
mia simile risposta. Avevo cercato in tutti i modi di rendere implicita la mia emozione, ma di
fronte a lui ogni barriera cadeva. Mi sentivo nuda, trasparente.
Guardai l’orologio. Si stava facendo tardi. Capì che non potevo andarmene senza lasciargli nulla
di me. Presi la penna che avevo in borsa, scrissi il mio nome e il mio numero di telefono.
Mi alzai, mi sistemai i capelli come per ricomporre una parte della mia anima e lo salutai
frettolosamente. Non conoscevo nemmeno il suo nome, eppure senza saperlo mi ero già
innamorata. I giorni seguenti mi svegliavo con un peso in meno sullo stomaco. Mi sentivo fresca,
leggera, avevo più energia per affrontare meglio qualsiasi cosa. Lui non mi aveva lasciato tregua.
Il giorno stesso dopo il nostro incontro, prima che io potessi girare la chiave nella toppa di casa
mia, mi aveva già chiamata.
Scoppiai a ridere perché appena risposi sentì dall’altra parte della cornetta :
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-Comunque piacere io sono Lorenzo!-
La vita, il caso, mi aveva fatto un dono meraviglioso.
Il nostro rapporto andava a gonfie vele, la noia era un’isola sconosciuta e lontana. In poco tempo
avevamo acquisito una perfetta sintonia. Con lui potevo parlare e usare il mio corpo senza
vergogna, ogni volta che eravamo sul punto di salutarci sapevo già che mi sarebbe mancato.
Passavano i giorni, i mesi, gli anni tutto aveva preso un colore diverso da quando eravamo
insieme e io avevo sempre considerato la nostra storia come l’unione perfetta tra magia e realtà,
un incantesimo, una folle e continua scoperta. Una sera,dopo aver fatto l’amore, mi chiese di
sposarlo.
Erano passati cinque anni, da quel mattino di marzo in cui per la prima volta il destino aveva
stabilito di farci scontrare meravigliosamente.
La mia felicità quella notte venne fuori sotto forma di lacrime, lo abbracciai, inzuppai le sue
spalle possenti con la mia spontaneità. Ci baciammo a lungo.
Ovviamente il mio era un si.
Ricordo bene tutti i particolari. La chiesa di campagna, le calle bianche scelte per decorare
l’altare, i bicchieri di cristallo, l’argenteria in cui ci si poteva specchiare, i parenti commossi. E
poi ricordo il mio vestito. Bianco, immacolato, su cui erano ricamati dei piccoli fiori di pizzo. Il
bustino più rigido si apriva in una gonna di seta candida che mi piaceva muovere e accarezzare.
Mi sentivo una principessa. Le calze color panna, le scarpe con il tacco che ad ogni passo
emettevano quel rumore che mi piaceva tanto. Mi sembrava già di sentirlo, mentre l’organo
suonava e io sotto gli occhi di tutti attraversavo il tappeto rosso che mi avrebbe condotto verso di
lui, verso la mia promessa.
Durante tutti i preparativi alle nozze il mio cuore pulsava, mi sentivo diversa, forse un po’ più
donna. Prendevo sonno molto tardi, l’ansia a momenti mi sbaragliava, ma poi tornavo serena
perché sapevo che senza di lui non sarei stata nulla. Non dubitavo dei suoi sentimenti, non avevo
mai descritto la nostra storia come un’illusione. Mi fidavo.
Poi, il nostro giorno arrivò. Lo stomaco chiuso, le mani sudate, la sensibilità a mille. Tra i capelli
avevo delle roselline con il pistillo di brillanti e il mio volto truccato delicatamente prendeva più
luce, più grazia. Immaginavo già la mia emozione amalgamata con la sua, le pupille tremanti, i
nostri ‘si lo voglio’ che ci avrebbero aperto la porta verso un nuovo capitolo della nostra vita. I
chicchi di riso che alla fine delle cerimonia ci sarebbero piovuti addosso tra i flash e i sorrisi delle
persone care. Con tutte quelle immagini in testa varcai la soglia della chiesetta. Mio padre mi
teneva stretta sotto braccio, mi infondeva coraggio.
Una volta entrata fu come se mi avessero tagliato le gambe e mi avessero tirato i denti tutti
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insieme impedendomi di mordere i miei sogni, il mio presente.
Lui non c’era.
Al suo posto il prete con il breviario in mano mi attendeva a testa bassa.
Forse una pallottola nel petto mi avrebbe fatto meno male, mi avrebbe liberato in fretta dal
dolore. Io invece io ero in piedi, respiravo ancora, ma tutto ciò che avevo intorno era andato in
pezzi. Sentii le pareti delle mie interiora bruciare. Vomitai sullo stesso tappeto rosso che avrebbe
dovuto farmi da sentiero verso le mie certezze.
Scappai via. Con le scarpe in mano, mi strappai dal collo la collana di perle e con le unghie
dilaniai le calze di filanca.
Non so cosa feci dopo, né dove andai quel giorno, in preda allo sconforto e sconvolta com’ero.
Impedì a qualsiasi essere vivente presente sulla terra di seguirmi. Non volevo ascoltare nulla, non
c’erano giustificazioni, spiegazioni, consolazioni. Feci a pezzi il mio vestito, maledissi le rose
finte che avevo tra i capelli. Mi sentivo ridicola. Spoglia come un albero in autunno, inerme.
Avrei voluto essere polvere, il vento mi avrebbe portata lontano, non avrei provato nulla se non il
passivo trasporto tra una folata e l’altra.
A sera tornai a casa, nessuno ebbe la forza di aprire bocca. Presi il mio zaino, della biancheria
pulita, qualche maglietta di ricambio. Indossai i miei soliti jeans scoloriti all’altezza delle
ginocchia. Mentre tutti dormivano accesi la luce in tutte le stanze della casa. Come per dire addio
all’atmosfera familiare.
Così mentre gli zigomi erano rigati dal sale acido delle mie lacrime, andai.
Senza ritorno.
Senza partire. Perché chi parte sa già dove è diretto.
Io non sapevo più nulla.
Ero essenzialmente sola, camminavo e basta. L’unico vincolo era me stessa, i miei desideri.
Senza tetto, senza vita. Con la memoria fatta apposta per dimenticare.
E ora sono qui. Mi sento nuovamente uscita dalla placenta. Una persona unica, indistruttibile. Il
mio dolore mi ha cambiata, mi ha fatto apprezzare ogni nuova alba. E’ stato difficile riuscire a
seppellire il rancore, la delusione, l’amaro che avevo in bocca. Bisogna avere gambe robuste,
scarpe chiodate, fare del pericolo una sfida, della volontà un’arma.
Oggi, mentre la tranquillità mi sfiora le membra, penso che è proprio quando non hai più nulla
che scopri di avere tutto. Ogni tanto trattengo il fiato e mi piace avvertire nella mia voglia di
respirare nuovamente, la mia essenza.
Il mio esserci.
Siamo viaggiatori che bucano il tempo, lo squarciano.
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Morte apparente - Valentina Siciliano
Un senso di solitudine mi attanaglia la gola, mi sono risvegliata in una stanza buia e umida.
Ho un forte senso di disagio.
L'odore nauseante e penetrante dell'umidità mi dà la sensazione di qualcosa alla quale non si può
sfuggire.
Ho freddo, la testa mi fa male e sono nuda.
Non riesco a vedere nulla, non riesco a capire dove sono! Cerco tra i miei ricordi, ma niente!
Non ricordo nulla!
Provo ad alzarmi, ma sono come paralizzata, inchiodata al suolo!
Braccia e gambe sembrano non appartenermi…
Provo a chiedere aiuto, ma nessun suono esce dalla mia bocca, ci riprovo, ma nulla, un senso di
ansia e di paura mi assale.
Grido! Grido!
Ma ancora niente!
Inizio a piangere e a tremare…
Mi sento impotente…
Sento come se il mondo si sgretolasse sotto il mio peso…
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Haiku - Alberigo Skera
Il mondo è pieno di sorprese, ma spetta a noi decidere e cercare di fare della nostra vita un’opera
d’arte. Sono convito che sia la vita a farci conoscere noi stessi, con il nostro modo di viverla, di
vivere il dolore, la gioia, i suoi mutamenti perché penso che tutti i sentimenti siano vissuti da
ogni persona in un modo totalmente unico. E’ questa unicità del sentire interiore che ci porta a
conoscere veramente noi stessi.
La verità è che siamo tutti condizionati dalle aspettative altrui, indossiamo delle maschere che ci
rendono irriconoscibili anche a noi stessi.
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Siria - Iris Sponziello
Era sola, camminava sempre dritta a testa bassa.
Arrivò davanti ad una porta bianca, talmente piatta da far rabbrividire.
Cercò di aprirla, era chiusa, spinse ancora, insistette. Si innervosì perché sentiva come come se
dall'interno qualcosa le impedisse di aprire. Continuò a spingere con violenza, niente.
Sentì una voce nella sua testa che gridava con tono autoritario: "apri quella porta".
Lo desiderò così ardentemente che la porta si spalancò, senza un cigolio.
Varcò la soglia ed entrò in un corridoio scuro. Troppo buio per capire dove si trovasse.
Neon verdi si accendevano ad intermittenza dando un aspetto spettrale al luogo.
Ebbe paura.
La paura prese le fattezze di un fantasma vestito da pagliaccio che indossava la maschera
dell'ignoranza.
Siria odiava i pagliacci. Li odiava da sempre, per quel sorriso finto disegnato sul viso, dietro ad
una carriera da clown, si diceva, spesso ci sono molte lacrime.
Nella vita aveva sempre diffidato di chi sorrideva troppo, riteneva che i peggiori segreti si celano
dietro sorrisi esagerati.
Aveva paura, sì, ma fu la maschera dell'ignoranza che più la atterrì.
Ignoranza, vuoto, il nulla.
Aborriva ignorare, non sapere, dibattersi nel dubbio della non conoscenza, non capire cosa, chi.
Si disse che questi pensieri fossero i risultati di una scarsa autostima che la costringeva ad
interrogarsi sempre su tutto, ma solo per potersi difendere si disse.
A volte restava impietrita non sapendo come affrontare le situazioni, e questa era una di quelle
circostanze. Le venne in soccorso la voce che le gridò: “ prendi la sfera, prendi la sfera,
scagliagliela contro e corri via”. Siria afferrò la sfera luminosa datale in dono il giorno della sua
nascita e la scagliò contro il clown che si disciolse.
Corse via, senza fermarsi, i muscoli erano tesi nella corsa, dimenticò di respirare e sentì il petto
scoppiarle in gola. Si fermò, respirò a lungo, lentamente.
Scorse una stanza illuminata, si avvicinò, in realtà era uno specchio enorme che rifletteva solo un
piccolo spiraglio di luce. Si specchiò, passò lo sguardo dai piedi alle cosce, dai genitali al seno,
dal collo agli occhi. Si immerse nei suoi occhi, in quel marrone così chiaro da sembrare gli occhi
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Es_foliandomi
di un gatto. Entrò nel suo stesso corpo, nella sua anima, raggiunse il suo sé. Si toccarono. Era
spaventata ma allungò la mano per accarezzarle la spalla, al contrario di ciò che si aspettava era
solida, sembrava umana, come lei.
Si presentarono, si riconobbero e da subito si piacquero, si innamorarono e si lasciarono
trasportare da un amore istintivo, dolce, intenso, confuso e segreto.
Si presero per mano e si diressero verso una grande distesa d'erba. Il cielo limpido era di un
azzurro intenso. Il sole le baciava i capelli, l'odore della pioggia appena caduta sulla terra era
ancora forte. Siria e il suo Sé erano distesi sull'erba bagnata, le loro mani si cercarono e si
presero.
Si trovò a riflettere che era arrivato il momento in cui avrebbe dovuto amare se stessa.
Il solo pensiero fu come una folata di vento gelido, prepotente che la spinse fuori dal suo corpo
tornando ancora una volta allo specchio, era nuda e con una spiacevole sensazione di assoluta
solitudine, in lei emerse la convinzione che fosse inadatta alla vita.
Comprese che quello nello specchio, la persona incontrata che le dava pace e serenità era solo il
suo riflesso.
Siria ha visto così tanta gente andare via dalla sua vita che alla fine ha deciso di andare via anche
lei, da se stessa.
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Es_foliandomi
Il frutto - Alessia Tarantino
La vita è un frutto.
Siamo solo germogli alla nascita,
piccoli fiori nella nostra infanzia
poi nasce il frutto
piccolo e ancora incolore,
Poi la pubertà.
Il frutto
cresce e si colora, nell'adolescenza
Poi nel fior fiore degli anni il frutto
appare bello e carnoso,
ma non sempre il suo interno è dolce e maturo
dipende da che luce è esposto,
in quale parte dell'albero si trova
come i giovani
che appaiono responsabili e cresciuti fuori,
ma dentro sono ancora "acerbi",
Arancia acerba
non ancora pronta
e godono di questa immaturità.
Solo quando sono pronti,
potranno essere raccolti,
e solo in quel momento potranno confrontarsi con un mondo adulto
Marmellata dolce
E poi una porta si apre
E poi una porta si chiude.
Un pianoforte
bianco come la neve.
E le dita volano.
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Una storia qualunque - Alessia Tarantino
C'era una volta una ragazza di 18 anni, di nome Alessia, che viveva ad Aradeo, un paesino del
basso Salento.
Se fosse una pianta, Alessia avrebbe voluto essere un fiore dai colori vivaci: per trasmettere
allegria alla gente. Se fosse stato un animale, avrebbe voluto essere una farfalla, per essere
leggera e libera.
Alessia era una ragazza solare, allegra e disponibile verso tutti, sempre pronta ad aiutare chi si
trovava in difficoltà. Era molto brava a socializzare anche con perfetti sconosciuti.
Il suo maggior difetto era di essere molto impulsiva, di dire ciò che pensava senza valutarne le
conseguenze, insomma non aveva peli sulla lingua. Era anche convinta che doveva migliorare
proprio questa parte del suo carattere perché non sempre porta bene.
Essere crudamente onesti e sinceri, a volte non è opportuno!
Detestava le bugie, le prese in giro e il pettegolezzo.
Se in gioventù aveva pensato di trovare ideale il mondo infermieristico una brutta esperienza
personale le aveva fatto cambiare idea, comprese fin da subito di non avere abbastanza "stomaco"
per affrontare certe situazioni.
Capì allora quello che avrebbe fatto nella vita: intraprendere una carriera nel mondo
dell'economia.
Così fece e divenne una delle imprenditrici più apprezzate del Salento
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Chi sono e chi vorrei essere - Carla Tundo
Sono Carla, ho 17 anni, frequento l'Istituto Tecnico Commerciale di Galatina città che mi ha dato
la vita, provengo da una famiglia umile, sono alta 168 cm, ho gli occhi azzurri, la carnagione
chiara e i capelli biondi e ricci, anche se li faccio diventare lisci.
Caratterialmente sono timida ed introversa, soprattutto con la gente che non conosco, ma quando
acquisisco una certa confidenza divento amichevole.
Ho un grande difetto, sono lunatica e questo spesso compromette le mie relazioni, da un
momento all'altro passo dall'essere dolce e amichevole all'apparire acida e scontrosa.
Fra i tanti difetti ho quello dell'incostanza, che mi penalizza soprattutto nell'ambito scolastico
tanto che i miei voti sono altalenanti. Un altro aspetto che mi penalizza a scuola come alunna, e
purtroppo anche al di fuori delle mura scolastiche, è la mia scarsa determinazione, la mia totale
mancanza di competizione. Ho una grande capacità di accontentarmi di tutto e se non avessi mia
madre che mi stimola o mi minaccia mi adagerei e mi accontenterei dei miei scarsi risultati.
Ho anche qualche pregio però, sono accomodante, diplomatica, non mi impongo sugli altri, sono
tollerante e credo nella libertà di azione e di parola, certo finchè, come si suol dire, non mi
vengano messi i piedi in testa! Sono umile, non so bene se questo sia un pregio o un difetto,
preferisco vederlo come un pregio perché non tendo mai a vantarmi delle mie cose e di me stessa,
anche per quel senso di insicurezza che mi frena! Sono altruista e comprensiva.
Infine ho qualche aspetto "ibrido", ovvero che può essere letto come un pregio o come un difetto,
sono l'onestà e la sincerità unit e insieme ed ho un grande autocontrollo che, soprattutto
nell'ambiente extrafamiliare, mi permette di non incorrere in situazioni scomode.
Chi vorrei essere?
Beh risposta alquanto scontata, tutto il contrario di ciò che sono!
Vorrei chiamarmi Paola, essere nata a New York, aver frequentato qualche importante college,
essere più alta e in particolare avere delle gambe più lunghe, la carnagione mulatta e i capelli lisci
naturali. L'unica cosa del mio aspetto che terrei sono gli occhi, anche se preferirei non essere
miope. Vorrei essere molto più estroversa e intraprendente, vorrei essere perspicace intelligente e
furba, delle volte vorrei essere molto più menefreghista ed egoista.
Vorrei essere caparbia e determinata e non essere lunatica. Del mio carattere manterrei la
sincerità, la schiettezza e l'autocontrollo.
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Carla e Paola Smith - Carla Tundo
Harvard New York
E' una fredda sera di febbraio, fuori nevica e la giovane ed intraprendente Paola è alle prese con i
preparativi per una festa in maschera che si terrà in un famoso locale al centro di Manhattan.
Paola ha trascorso il pomeriggio a fare shopping con le sue amiche Gabriella e Serena.
Il tema della festa è santi & peccatori e Paola ha deciso di vestirsi da peccatrice. Alla festa ci
andrà con le sue amiche ed il suo ragazzo Marco, vestito anche lui da peccatore.
Sono le 20:00 Paola e le sue amiche sono alle prese con i preparativi per la festa, tra poco Marco
passerà a prenderle.
Carla nel frattempo è nella sua umile casa a Brooklyn. Si prepara per una serata tranquilla da
trascorrere con il suo boy friend Matteo a guardare un film seduti sul divano.
Sono le 20:00 quando Matteo la chiama per dirle che il programma è cambiato, che sarebbero
andati ad una festa in maschera a tema: .santi & peccatori. Carla dopo un iniziale tentennamento
decide di andare ed alle 20:30 è già in bagno a prepararsi. Alle 22:00 passa a prenderla Matteo
Sia Carla che Matteo sono vestiti da angeli.
Arrivano alla festa alle 23:00 insieme a Paola, Marco, Serena e Gabriella.
La festa è già iniziata, c'è gente che balla, gente seduta al bar, gente seduta nel privet. Paola e
Marco vanno subito in pista a ballare, mentre Carla, Matteo, Serena e Gabriella rimangono al bar.
I quattro ragazzi iniziano a socializzare e tra un drink e l'altro scoprono di avere in comune la
passione per la fotografia e per la musica.
Nel frattempo alla festa arriva Stella accompagnata da Genny, una sua amica.
Paola e Marco raggiungono le amiche al bar e anche loro stringono amicizia con Carla e Matteo,
scoprono di avere in comune la passione per lo stesso gruppo musicale quello dei Coldplay.
Fra Carla e Paola nasce fin da subito una grande sintonia.
Paola è una ragazza conosciuta e molte ragazze provavano invidia nei suoi confronti tra cui anche
Stella. In passato Stella e Paola erano grandi amiche. Il loro rapporto si era deteriorato nel tempo
per l'invidia di Stella che mal sopportava la popolarità di Paola
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Es_foliandomi
Stella incrocia lo sguardo di Paola e decide che è arrivato il momento di agire: era la serata giusta
per "rovinare" Paola mettendo in crisi la relazione con Marco.
Mai fidarsi di una donna invidiosa!
Esce e ritorna dopo mezz'ora con indosso la stessa maschera di Paola, si avvicina a Matteo, il boy
friend di Carla, e lo bacia, il bacio viene prontamente fotografato con il cellulare da Genny che
subito invia la foto a Carla.
Carla, sgomenta, si infuria e scappa via dalla festa inseguita da Matteo.
Interviene Marco a pacare gli animi. Carla gli mostra la foto ed anche lui ha una forte reazione. .
Paola un pò scossa e senza aver capito bene cosa stia succedendo va dalle amiche e spiega
l'accaduto. Gabriella e Serena capiscono subito che c'è lo zampino di Stella e si recano da lei per
chiederle spiegazioni. Stella, che intanto si è cambiata, naturalmente nega qualunque legame con
la vicenda e allora le due amiche decidono di chiedere informazioni a Genny che dopo aver
inizialmente difeso l'amica spiffera tutto l'accaduto.
La mattina seguente Serena e Gabriella fanno incontrare le due coppie in un bar e obbligano
Genny a spiegare come sia andata la questione. Le due coppie si ricongiungono e fra Carla e
Paola nasce una bella amicizia mentre Stella, viene esclusa da tutti e costretta a lasciare la città.
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Mani - Rosanna Valletta
Mani….Mani….
Mani dolce espressione di un volo di pensiero.
Mani adagiate sul grembo in riposo.
Mani ricchezza infinita.
Mani degne di Amore.
Mani dolci carezze.
Mani inerti, forti.
Mani..mani..mani.
Piccole mani curve ora sorde all’eco pulsante del pensiero. In te Maria Pia, dolce amica mia,
l’indomita forza del Creatore palpita per vincere l’inerzia e il vuoto delle pesanti ore. Il ritmo
fugace di voci infantili guidati dalle sue mani ritorna.
I giochi definiti con arguzia creativa le fanno compagnia, disturbati dalla frenetica cuoca, che nel
suo odierno nido le chiede: “cosa vuoi mangiare a pranzo?” .Ricade nel labirinto dei sogni, stelle
infinite di luce inebriante.
Folle giovinezza rapiscila, cullala sulle tue ali.
Il paese natio, il padre podestà terriero, la dolce voce materna, incanto di un Eden contaminato
dai paesani cattivi, una processione, uno scherno, un abuso di potere.
Cattiveria, vedova nera che infrangi e recidi il tenero stelo di un fiore al suo primo battito.
Il dolore ha un profumo pungente, nauseante, aspro, nero fitto, non ha forma precisa, è indefinito.
Spazia e si incunea in ogni minuscola fessura delle profondità e... e... si ferma nel pensiero.
Si adagia, è blindato, non va oltre.
Una sbarra di acciaio ne impedisce l’ingresso.
Si dimena, si accanisce, ma ne è respinto.
Vai via ….dal suo pensiero, tu non sei gradito, Lei non può afferrarti per chiuderti nelle sue mani,
perché tu le possiedi.
Solo nel dorato scrigno dei suoi pensieri lei vive dolcemente…..
Signora Maria Pia vuole del tè con i biscotti? No grazie.
E si culla al suono di parole, sillabe, nomi, Dio.
Mani pensanti dal soffio vitale producono giochi acrostici.
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Mani divorano e macchiano il bianco lenzuolo cartaceo.
Danzano nella sua mente i nomi che incontra.
Giovani, fanciulle, donne, uomini entrano nel suo cuore e si diverte a far gorgogliare dalle sillabe
rivoli di versi:
Daniela. Concetta. Alessandra. Lorenza. Giusi. Simone. Francesco. Mauro.
Pare che dica: “non ho nulla da donarti Caterina, però ti offro una fetta del mio pensiero, ascolta:
Con un bianco cappellino e vestitino, adornato di nastri e merletti Ti aggiravi nel fiorito giardino
Eri una maestrina per i tuoi fratellini Ritorni trasfigurata alla mente dei tuoi cari viventi. Intorno a
te pullula autonomia e vitalità ! Nessuno potrà aprire il sigillo della tua anima bella Assai ricca di
virtù sarai una stella!”
Compone versi semplici ed infantili con giochi acrostici.
Si diverte come un bimbo, scaccia la stanca tristezza e ricompensa i volti generosi e buoni che le
fanno compagnia.
Mani non parlano più, parla il suo cuore, fonte infinita di Bontà, celeste creatura.
Un saggezza divina esplode in lei e la incarna nei versi che cantano così: “Il silenzio. Ti ripago
con il silenzio cattiveria, ingiustizia umana. Nel perdonare le offese altrui io ritrovo la mia
condotta di vita; meschina, lo so, ma è come la bontà infinita senza armi a mani vuote. Il perdono
è una forza senza armi a mani vuote.”
Gioca e vive….ama e custodisce gelosamente il suo amico pensiero. Il profumo della sua infinita
dolcezza si respira nelle parole dei versi di “Favole di oggi” E poi…e poi…..protagoniste
riamiamo noi, contro il mostro che distrugge l’Amore. E poi… e poi... puoi essere Arianna se
vuoi per salvare l’uomo che muore. Nel labirinto dei sogni tuoi progetta un filo migliore se vuoi
popolare il mondo di eroi devi raccontare fiabe ai figli tuoi.”
Poso le mie mani sulle sue, le accarezzo, non si muovono irrigidite dal perfido dolore. Osservo i
suoi verdi occhi, opachi e stanchi per la pesante età. Entro in essi, un caldo desiderio mi divora :
scovare la forza del suo pensiero.
Ma cosa voglio ancora scoprire...Riabbasso gli occhi un po’ delusa, poi mi riprendo ed continuo
a leggere.: “e poi…e poi ..protagoniste rimaniamo noi”.
Grazie Maria Pia.
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Carissimi/e,
questo è il risultato del vostro impegno in questo nostro breve viaggio.
Ho inserito tutti i testi che mi sono pervenuti dando ad ognuno di voi la possibilità di
ri_leggersi.
Il mio intervento sui vostri scritti è stato solo di "pulitura" ho lasciato il vostro stile, il vostro
ritmo, la vostra voce.
Si è detto che in una narrazione si deve stare attenti alla veridicità non alla verità, non
esisterebbe altrimenti la letteratura del fantastico, alcuni di voi devono fare più attenzione
quando scrivono mantenendo 'le briglie' della scrittura perchè siete voi a farla galoppare e non
il contrario.
Come ho scritto all'inizio di questo 'raccoglitore di pensieri' mi avete fatta sorridere,
emozionare, riflettere, divertire e piangere ma soprattutto mi avete permesso di entrare in voi e
vi ringrazio.
Vorrei che continuaste ad alzare la VOSTRA voce e, se lo desiderate, io sarò ancora qui, ad
ascoltarvi.
Il vostro nocchiero Ambra
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1. *Anchora Federica2. *Baldari Simone3. *Carratta Simone4. *Cudazzo Alessandro5. *De Matteis Clarissa6. *De Paolis Alessandra7. *Franco Elia8. *Marti Leonardo9. *Mengoli Francesco10.*Musca Alisia11.*Musca Gianluca12.*Negro Giuseppe13.*Pisanello Alberto14.*Romano Gabriel15.*Santoro Federica16.*Scrimieri Daniela17.*Serra Giada18.*Skera Alberigo19.*Siciliano Valentina20.*Sponziello Iris21.*Tarantino Alessia22.*Tundo Carlo23.*Valletta Rosanna
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