ERB Dispensa MOD 4-1 Dislipidemie

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Copyright © 2010 Tecniche Nuove SpA 1 Piante medicinali con funzionalità respiratoria, digestiva ed epatica - Antiossidanti Dispensa corso di aggiornamento professionale Modulo didattico 4 Piante medicinali e derivati vegetali utili nell’ipercolesterolemia e nell’ipetrigliceridemia Dottor Guido Flamini, Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Sede di Chimica Bioorganica e Biofarmacia, Università degli Studi di Pisa 1. Introduzione Le iperlipidemie (o dislipidemie) sono delle condizioni cliniche caratterizzate da un aumento dei grassi (o lipidi) circolanti nel sangue. Molti studi epidemiologici hanno evidenziato come questa condizione rappresenti un fattore di rischio per la malattia coronarica, ossia aumenti la probabilità che un soggetto possa essere colpito da infarto miocardico, particolarmente negli individui di sesso maschile. Inoltre le iperlipidemie sono alla base di numerosi altri problemi di salute cui l’individuo può andare incontro. Negli ultimi 40 anni, la ricerca ha dimostrato in maniera inequivocabile l’incidenza delle dislipidemie su vari tipi di malattie, mortalità e costi sanitari. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) ha stimato che la dislipidemia è associata a più della metà dei casi di cardiopatie ischemiche e a più di 4 milioni di decessi all’anno. In Italia si ritiene che questa situazione riguardi non meno del 15-20% della popolazione. I lipidi sono uno dei gruppi di metaboliti primari (insieme a proteine, carboidrati e acidi nucleici) indispensabili per il nostro organismo. Rappresentano il modo in cui l’organismo immagazzina l’energia di cui potrebbe aver bisogno in futuro. Inoltre sono anche una fonte di energia diretta che viene “bruciata” durante il lavoro muscolare aerobico. Entrano infine a far parte della struttura delle membrane cellulari e possono essere precursori di altre molecole fisiologicamente importanti. Normalmente, nelle iperlipidemie, con lipidi si intendono colesterolo e trigliceridi. Il primo è uno steroide che l’uomo ottiene sia dall’alimentazione che per biosintesi endogena da parte del fegato, del surrene e delle gonadi. Queste ultime lo impiegano per la sintesi degli ormoni sessuali maschili e femminili. I trigliceridi sono esteri della glicerina con tre molecole di acidi grassi. La prima deriva dal metabolismo glucidico, mentre i secondi vengono quasi esclusivamente introdotti con la dieta. Si può pertanto dedurre che, mentre i livelli ematici di trigliceridi dipendono in larga parte dal tipo di alimentazione, quelli di colesterolo dipendono anche da caratteristiche genetico-metaboliche dell’individuo. Essendo però queste sostanze insolubili nell’ambiente polare del sangue, colesterolo e trigliceridi vengono trasportati nel circolo ematico legati ad apposite proteine, dette lipoproteine. Queste si differenziano a seconda della loro densità in varie categorie, delle quali

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Modulo didattico 4 Piante medicinali e derivati vegetali utili nell’ipercolesterolemia e nell’ipetrigliceridemia

Dottor Guido Flamini, Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Sede di Chimica Bioorganica e Biofarmacia, Università degli Studi di Pisa

1. Introduzione

Le iperlipidemie (o dislipidemie) sono delle condizioni cliniche caratterizzate da un aumento dei grassi (o lipidi) circolanti nel sangue.

Molti studi epidemiologici hanno evidenziato come questa condizione rappresenti un fattore di rischio per la malattia coronarica, ossia aumenti la probabilità che un soggetto possa essere colpito da infarto miocardico, particolarmente negli individui di sesso maschile. Inoltre le iperlipidemie sono alla base di numerosi altri problemi di salute cui l’individuo può andare incontro. Negli ultimi 40 anni, la ricerca ha dimostrato in maniera inequivocabile l’incidenza delle dislipidemie su vari tipi di malattie, mortalità e costi sanitari. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) ha stimato che la dislipidemia è associata a più della metà dei casi di cardiopatie ischemiche e a più di 4 milioni di decessi all’anno. In Italia si ritiene che questa situazione riguardi non meno del 15-20% della popolazione.

I lipidi sono uno dei gruppi di metaboliti primari (insieme a proteine, carboidrati e acidi nucleici) indispensabili per il nostro organismo. Rappresentano il modo in cui l’organismo immagazzina l’energia di cui potrebbe aver bisogno in futuro. Inoltre sono anche una fonte di energia diretta che viene “bruciata” durante il lavoro muscolare aerobico. Entrano infine a far parte della struttura delle membrane cellulari e possono essere precursori di altre molecole fisiologicamente importanti.

Normalmente, nelle iperlipidemie, con lipidi si intendono colesterolo e trigliceridi.

Il primo è uno steroide che l’uomo ottiene sia dall’alimentazione che per biosintesi endogena da parte del fegato, del surrene e delle gonadi. Queste ultime lo impiegano per la sintesi degli ormoni sessuali maschili e femminili. I trigliceridi sono esteri della glicerina con tre molecole di acidi grassi. La prima deriva dal metabolismo glucidico, mentre i secondi vengono quasi esclusivamente introdotti con la dieta.

Si può pertanto dedurre che, mentre i livelli ematici di trigliceridi dipendono in larga parte dal tipo di alimentazione, quelli di colesterolo dipendono anche da caratteristiche genetico-metaboliche dell’individuo.

Essendo però queste sostanze insolubili nell’ambiente polare del sangue, colesterolo e trigliceridi vengono trasportati nel circolo ematico legati ad apposite proteine, dette lipoproteine. Queste si differenziano a seconda della loro densità in varie categorie, delle quali

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citiamo solo le HDL (High Density Lipoproteins) e le LDL (Low Density Lipoproteins), rispettivamente lipoproteine ad alta e bassa densità.

Abbiamo detto che la condizione iperlipidemica rappresenta un fattore di rischio per la malattia coronarica ma, fortunatamente, è un fattore di rischio modificabile, vale a dire è un fattore di rischio controllabile con modifiche dello stile di vita e/o con un corretto approccio farmacologico.

La classificazione delle iperlipidemie ha subìto delle variazioni nel tempo. Nella prima metà del '900 veniva ritenuta importante la sola concentrazione ematica del colesterolo. In seguito venne introdotto anche il dosaggio dei trigliceridi e, ancora successivamente, il dosaggio delle diverse lipoproteine. Per questi motivi la prima classificazione delle dislipidemie era distinta in tre grandi gruppi:

1. le ipercolesterolemie;

2. le ipertrigliceridemie;

3. le iperlipidemie combinate (cioè entrambe le due prime forme che occorrono contemporaneamente).

Con l'avvento delle tecniche analitiche elettroforetiche che hanno permesso di dosare le diverse lipoproteine, si riuscì a distinguere le forme endogene da quelle esogene. Pertanto la classificazione fu spostata dai lipidi come tali alle lipoproteine che legano tali lipidi. Si parla infatti spesso, più correttamente, di iperlipidoproteinemie riferendosi alle dislipidemie. L'O.M.S. distingue sei diversi profili lipidici plasmatici fenotipici (oltre a una classificazione genotipica, che riguarda cioè le cause genetiche alla base delle iperlipidemie primitive). Infatti, questi sei gruppi servono unicamente a tipizzare le diverse forme di alterazione lipidica, senza andare in alcun modo a individuarne le cause, la patogenesi o le caratteristiche cliniche. Infatti, ciascun profilo fenotipico può essere dovuto a un'alterazione primitiva del metabolismo lipidico (forme primitive) o a un'alterazione del metabolismo causata da altri fattori (forme secondarie). I sei diversi profili sono determinati dal tipo di lipoproteine aumentate; abbiamo così che il:

gruppo I si ha nel caso di aumento dei chilomicroni;

gruppo IIA in caso di aumento delle LDL;

gruppo IIB considera le LDL e le VLDL;

gruppo III le beta-VLDL;

gruppo IV tiene conto delle

VLDL;

V dei chilomicroni e delle

VLDL.

Questo significa che nel gruppo I si hanno livelli ematici di colesterolo normali o leggermente aumentati e di trigliceridi abbastanza elevati, nel gruppo IIA sono i trigliceridi a essere normali mentre il colesterolo è elevato, nel gruppo IIB sia trigliceridi che colesterolo risultano elevati, così come pure nel gruppo III. Nel gruppo IV i trigliceridi raggiungono valori piuttosto elevati, mentre il colesterolo può essere normale, infine nel gruppo V di nuovo entrambi i valori sono alterati, soprattutto quelli dei trigliceridi. Dal punto di vista pratico, l'ipercolesterolemia corrisponde al gruppo IIA, l'ipertrigliceridemia al gruppo IV e l'iperlipidemia combinata al gruppo IIB.

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Ovviamente gli schemi non sono così rigidi, in quanto un'alterazione in una classe di lipoproteine influenza molto anche le altri classi, essendo queste strettamente correlate fra di loro nel metabolismo lipoproteico globale.

Come precedentemente accennato, colesterolo e trigliceridi non rappresentano di per sé un fattore negativo per la salute, anzi sono indispensabili per il corretto funzionamento dell’organismo. I pericoli diventano invece evidenti quando la loro concentrazione supera determinati valori soglia. In questo caso, infatti, l’eccesso di grassi può portare a un loro accumulo nel fegato e nei vasi sanguigni, particolarmente sulla parete delle arterie (aterosclerosi). Le placche aterosclerotiche irrigidiscono la parete arteriosa e ne ostruiscono sempre di più il lume. Se il fenomeno interessa le coronarie si può avere un infarto cardiaco, se a essere ostruite sono le arterie che portano il sangue al cervello si può avere un ictus cerebrale. Le diverse lipoproteine non hanno tutte le stesse funzioni. Infatti, le LDL si occupano di portare verso la periferia il colesterolo, mentre le HDL raccolgono il colesterolo in eccesso e lo riportano verso il fegato, da cui i rispettivi termini “colesterolo cattivo” e ”colesterolo buono” per le due diverse forme. Da qui si deduce anche che non è tanto il valore del colesterolo totale a essere importante per una valutazione reale del rischio, quanto i rispettivi valori LDL e HDL (e quindi il loro rapporto). È stato valutato come fattore di rischio aumentato un valore del colesterolo totale superiore a 200 mg/dl, un valore del colesterolo LDL superiore a 160 mg/dl ed uno inferiore a 40 mg/dl per quello HDL. Il valore desiderabile del rapporto fra colesterolo LDL e quello HDL dovrebbe essere inferiore a 3.3. Per i trigliceridi la soglia è stata fissata a 200 mg/dl. In caso di ipertensione, diabete o soggetto fumatore, questi valori si abbassano ulteriormente. Essendo la dislipidemia una condizione che può rimanere a lungo asintomatica, è importante sottolineare l’importanza della prevenzione con un controllo periodico dei valori ematici di trigliceridi e colesterolo.

Nei casi più lievi, quelli in cui i valori non sono troppo superiori a quelli raccomandati, soprattutto se la causa non è dovuta a difetti genetici, il primo approccio potrebbe essere soprattutto sullo stile di vita, con accorgimenti dietetici volti a ridurre l’eventuale eccesso ponderale, una riduzione dell’introduzione di grassi saturi o insaturi trans (derivanti in genere da alcuni cibi lavorati), alimenti ricchi di colesterolo e accompagnati da un aumento dell’attività fisica dell’individuo. In caso di altre patologie concomitanti quali diabete, alcolismo, cirrosi, problemi renali, ipotiroidismo, il controllo di queste malattie permetterebbe un miglioramento della dislipidemia.

Se il problema è più grave, o la risposta agli accorgimenti sopra citati è insufficiente, allora l’approccio farmacologico si rende indispensabile. Oltre ai tradizionali farmaci impiegati nella terapia (es. statine e fibrati), alcune piante e principi attivi da esse ottenute possono trovare un’utile applicazione.

Queste possono servire a integrare la dieta con alimenti ricchi di fibre (es. verdure, legumi e cereali integrali) oppure che apportino mucillagini quali Plantago psillium, Cyamopsis tetragonolobus (guar), lecitine (soprattutto soia), pectine (mele, agrumi).

Rimanendo ancora in ambito alimentare, è stato osservato che i fitosteroli sono in grado di abbassare la concentrazione ematica di colesterolo, per cui stiamo assistendo alla comparsa sul mercato di molti cibi ricchi in (o addizionati di) queste sostanze. In una meta-analisi di 18 prove cliniche di fitosteroli inglobati in una crema alimentare appositamente formulata, è stata osservata la riduzione dell’8-15% del colesterolo LDL, pari a una riduzione del 25% del fattore

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di rischio (Moreau at al., 2002). Si è osservato però che ad essere più attivi dei fitosteroli naturali, sono i fitostanoli idrogenati (Becker at al., 1993; Gylling at al., 1994; Miettinen at al., 1994). Nella maggior parte dei trials clinici le dosi impiegate erano di 0.8-3 g/dì, anche se sono stati notati effetti positivi pure a dosi minori. Sono anche stati valutati gli effetti del consumo di cibi addizionati di fitosteroli, sia nel caso di cibi tradizionali che di cibi a ridotto contenuto di grassi, come pure di cibi che solitamente non contengono questi prodotti, come ad esempio le carni. I risultati sono incoraggianti, in quanto non sono stati osservati apprezzabili effetti collaterali a fronte di una riduzione della colesterolemia. Tuttavia mancano ancora dati di sicurezza nel caso di assunzioni croniche (Onge at al., 2003). La loro efficacia pare sia dovuta al fatto che, al contrario del colesterolo, i fitosteroli non vengono assorbiti a livello intestinale per cui, vista la forte somiglianza strutturale, si trovano a competere con quest’ultimo per i siti di assorbimento, di fatto bloccandoli.

2. Piante medicinali

Molte sono le droghe vegetali impiegate tradizionalmente in questa condizione, ma solo alcune di esse sono state testate in studi clinici. Tra queste la più studiata è Allium sativum, l’aglio. È una monocotiledone perenne della famiglia delle Liliaceae di 30-80 cm di altezza, con caule cavo da cui si dipartono 6-12 foglie parallelinervie e al cui apice porta un’ombrella sferica di fiori bianco-rossastri con perigonio di 6 pezzi. La droga è il bulbo, formato da una decina di bulbilli rivestiti da brattee involucrali bianco-rossicce. I principi attivi sono una miscela di composti solforati, che conferiscono il tipico odore, derivanti da un precursore inodore, l’alliina. Uno studio ha evidenziato che, oltre a ridurre i livelli di colesterolo e trigliceridi ematici, può inibire lo sviluppo di processi aterosclerotici (Orekov at al., 1997), soprattutto quelli dovuti all’avanzare dell’età (Koscielny at al., 1999) Altro effetto desiderabile è la diminuzione del rapporto colesterolo LDL/HDL. La commissione E tedesca lo raccomanda nelle iperlipidemie. È stato notato in una metanalisi di studi clinici che il trattamento con aglio riduce il colesterolo totale in misura maggiore del placebo, ma gli autori concludono che, poiché l’effetto è modesto, l’impiego dell’aglio nell’ipercolesterolemia, specialmente in caso di livelli molto alti, è discutibile (Stevinson at al., 2000). In ogni caso, l’azione dell’aglio sembra dovuta alla sua capacità di inibire alcuni enzimi chiave coinvolti nella biosintesi del colesterolo e degli acidi grassi, in particolare la 3-idrossimetilglutaril CoA reduttasi (HMG-CoA) per il primo e il malico-sintasi e acido grasso-sintasi per i secondi. In generale, a parte reazioni allergiche individuali, gli effetti indesiderati sono abbastanza modesti, in alcuni casi può provocare problemi gastrointestinali e modificare la flora saprofita intestinale, oltre alla ben nota azione sull’alito. A causa dei suoi effetti sulla coagulazione va usato con cautela nei soggetti in terapia anticoagulante o antiaggregante piastrinica. Può essere usata la droga fresca come tale (secondo la Commissione E circa 4 g/die), comunque in commercio se ne trovano svariate formulazioni.

Cynara scolymus Un’Asteracea tradizionalmente impiegata nelle dislipidemie è il carciofo, Cynara scolymus, pianta erbacea perenne, con grandi foglie lobate e grossi capolini di soli fiori tubulosi blu-violetti inseriti su un ricettacolo carnoso e circondati da brattee carnose che possono terminare in una spina. Mentre l’infiorescenza immatura costituisce la parte edibile, la droga è costituita

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dalle foglie. I principali principi attivi sembrano essere dei derivati caffeoilchinici, fra cui la cinarina. I meccanismi d’azione ipocolesterolemizzante proposti per i preparati a base di carciofo sono molteplici, fra cui ancora l’inibizione dell’enzima HMG-CoA reduttasi e un’aumentata escrezione del colesterolo secondaria alla sua azione colagoga. La reale efficacia è tuttavia ancora controversa. In un recentissimo studio (Kucukgergin at al., 2010) aprono a un possibile impiego ipolipidemizzante, sia nei confronti del colesterolo che dei trigliceridi, grazie a un possibile effetto antiossidante dei suoi costituenti. In commercio si trovano numerosi preparati a base di carciofo, e fra questi sono da preferire quelli standardizzati aventi elevati valori di acidi caffeoilchinici (la F.U. X prevede un titolo fra il 13% e il 18% espresso come acido clorogenico). Un altro fattore da tenere in considerazione è che non è chiaro se la cinarina sia un costituente presente nella pianta del carciofo o se invece si formi durante il processo di estrazione. In quest’ultimo caso sarebbe ovviamente importante l’aspetto preparativo del fitoterapico. È stato infatti osservato che l’estrazione acquosa incrementa i livelli di cinarina in seguito alla sua formazione per intra-esterificazione dell’acido 1,3-dicaffeoilchinico. Al contrario, l’estrazione con alcool non permette la sua formazione. Importante è anche la temperatura di estrazione: 2 ore con acqua a 60°C non portano a formazione significativa di cinarina, al contrario della stessa estrazione a 100°C (Fritsche at al., 2002). In uno studio clinico controllato effettuato in Germania su 143 pazienti dislipidemici, la somministrazione orale di 1800 mg di un estratto secco di carciofo titolato al 15% in acido clorogenico, sono state osservate delle riduzioni significative dei valori ematici di colesterolo nei pazienti trattati con il fitoterapico rispetto a quelli che avevano ricevuto il placebo (Englisch at al., 2000). Risultati analoghi si avevano dalla metanalisi condotta da Pittler at al. (2002). In tutti gli studi effettuati, a parte il sapore amaro piuttosto sgradevole, non venivano riportati effetti indesiderati degni di nota. L’unica avvertenza è la cautela nel caso di soggetti portatori di calcoli biliari a causa dell’effetto coleretico/colagogo della droga.

Trigonella foenum graecum Molto promettente sembrerebbe essere il fieno greco, Trigonella foenum graecum (Fabaceae). È questa un’erba annuale alta circa mezzo metro, con foglie trifogliate lungamente picciolate e fiori gialli. I semi, che ne costituiscono la droga, sono di odore sgradevole, appiattiti, racchiusi in un legume. Sono ricchi in proteine, mucillagini e saponine. Proprio queste due ultime classi di composti sembrano le responsabili dell’attività ipolipidemica. In seguito a trattamento a caldo con acqua, le mucillagini vengono facilmente estratte e, dopo somministrazione orale, potrebbero formare una specie di barriera che va a rivestire il tratto intestinale, limitando meccanicamente l’assorbimento dei nutrienti, colesterolo e grassi compresi. Le saponine rinforzerebbero l’efficacia della droga aumentando l’escrezione degli acidi biliari, andando così a intaccare le riserve epatiche di colesterolo (da cui gli acidi biliari vengono sintetizzati). In cinque studi clinici, anche se condotti con metodi non completamente soddisfacenti, sono state osservate riduzioni del colesterolo ematico del 15-40% sui 140 pazienti coinvolti. Al contrario, l’uso di parti diverse dalla droga quali le foglie, non ha dato risultati apprezzabili. In generale non sono stati notati effetti collaterali gravi, solo problemi gastrointestinali che non hanno richiesto la sospensione del trattamento. In alcuni soggetti si è assistito a una riduzione del potassio ematico (Thompson Coon at al., 2003). Tuttavia, le mucillagini potrebbero alterare l’assorbimento di altri farmaci, che pertanto andrebbero assunti a distanza di alcune ore. A causa di effetti sulla glicemia, sarebbe opportuno che i diabetici non utilizzassero i preparati a base di fieno greco. Per l’effetto sul potassio occorre prestare attenzione in caso di assunzione di diuretici e di mineralcorticoidi. In commercio è possibile reperire l’estratto secco e altre preparazioni pronte per l’assunzione.

Commiphora mukul Un’altra specie studiata nelle iperlipidemie è Commiphora mukul (Burseraceae), da cui si ricava un’oleoresina nota col nome di gomma guggul. È un piccolo albero spinoso originario dell’India con foglie composte, piccoli fiori rossastri e drupe rosse. L’oleoresina si ricava da incisioni

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effettuate sulla corteccia. Attraverso vari passaggi questa viene frazionata fino a ottenere il guggulipide, una miscela di varie sostanze, principalmente di natura steroidea. Fino al 2003 sono stati riportati studi, anche se non impeccabili dal punto di vista clinico, che ne indicavano l’efficacia nel ridurre i trigliceridi, il colesterolo totale e quello LDL e nell’innalzare quello HDL. Nel 2003 fu invece pubblicato un lavoro che contraddiceva questi risultati, riportando addirittura un effetto contrario (Szapary at al., 2003). Per questo motivo, allo stato attuale delle ricerche, non ci sono sufficienti evidenze scientifiche per l’utilizzo del guggul in ambito fitoterapico. A ciò va aggiunto il fatto che sono stati evidenziati notevoli effetti indesiderati, che vanno da problemi gastrici o allergici ad altri molto più seri, quali quelli sul SNC, endocrini, ematici e genito-urinari (Ulbricht at al., 2005).

Riso rosso fermentato Un prodotto particolarmente interessante è il cosiddetto riso rosso fermentato. Questo viene preparato facendo crescere sul riso cotto (Oryza sativa, Poaceae) un fungo (Monascus purpureus). Questo fungo è impiegato tradizionalmente in Cina per produrre il vino di riso. Il riso rosso fermentato contiene una classe di sostanze dette monacoline. Una di queste, la monacolina K, ha struttura perfettamente identica a quella della lovastatina, una statina impiegata per il controllo della colesterolemia. Pertanto l’azione farmacologica si ha a livello dell’inibizione dell’enzima HMG-CoA reduttasi, e pertanto è particolarmente efficace nei casi in cui si abbia iperproduzione di colesterolo endogeno. L’efficacia del riso rosso fermentato è però superiore a quella teorica che ci potremmo aspettare da un contenuto analogo di statina, per cui è ipotizzabile la presenza di altre sostanze attive o che, quanto meno, potenziano l’azione della monacolina. Anche alcuni test clinici, come prevedibile, hanno dimostrato l’efficacia di questo prodotto sulla colesterolemia: su quasi 700 pazienti è stata osservata una riduzione statisticamente significativa, variabile dal 16 al 31% rispetto al placebo (Thompson Coon et al., 2003). Altri studi clinici, condotti sia su estratti di riso rosso da solo o in associazione con altre sostanze, hanno confermato l’efficacia di queste preparazioni (Stefanutti et al., 2009; Sumioka et al., 2006; Wang et al., 1997; Cicero et al., 2005) Nell’uso occorre però tenere conto di vari fattori, primo fra i quali, vista l’effettiva presenza di una statina nel riso rosso, quello di non associare tale prodotto a una eventuale concomitante terapia con statine per evitare sovradosaggi. Inoltre, vista l’interferenza fra lovastatina e warfarin, è bene evitare il riso rosso fermentato in pazienti in trattamento con anticoagulanti cumarinici orali. Fra le complicanze dell’uso degli inibitori dell’HMG-CoA reduttasi si ha la rabdomiolisi. È stato descritto l’insorgere di questo problema anche in un paziente trapiantato di rene che assumeva riso rosso e che si è supposto sia stato causato dall’interazione delle monacoline con il farmaco antirigetto ciclosporina (Prasad at al., 2002). Comunque, l’insorgenza dello stesso problema anche in soggetti non trapiantati, lascia presupporre anche un meccanismo diverso (Smith at al., 2003; Mueller, 2006).

Omega-3 Altri principi attivi utili per contrastare le iperlipidemie sono i cosiddetti acidi “omega-3”, ovvero degli acidi grassi poli-insaturi essenziali (necessari cioè all’organismo, ma che questo non sa sintetizzare e che pertanto deve assumere con la dieta). Il loro nome deriva dal fatto che tutti hanno nella posizione 3 (rispetto al metile terminale della catena, cioè in posizione omega) un doppio legame. Gli omega-3 più importanti sono l’acido eicosapentaenoico (EPA), che ha nella sua molecola a 20 atomi di carbonio 5 doppi legami tutti con stereochimica cis, e l’acido docosaesaenoico (DHA), un acido con 22 atomi di carbonio e 6 doppi legami cis. Essendo liquidi e trovandosi in abbondanza nel pesce, soprattutto in quello azzurro (tonno, sardine, sgombri, ecc.) sono anche conosciuti come olio di pesce. L’uso ha evidenziato un effetto positivo sulle

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concentrazioni ematiche di colesterolo e, soprattutto, di trigliceridi. Buoni risultati si sono ottenuti anche in associazione con statine (Bays at al., 2010). Sfortunatamente, nelle piante questi acidi grassi non sono molto rappresentati, si trovano in genere gli omologhi inferiori, molto meno attivi, quali l’acido alfa-linolenico (ALA), un acido grasso omega-3 a 18 atomi di carbonio con tre doppi legami cis. Infatti, le piante sono molto più ricche in acidi grassi omega-6, che però hanno altri effetti sulla salute. L’ALA potrebbe essere convertito nei più efficaci EPA e DHA, ma purtroppo nell’uomo è stato osservato che questa conversione è molto scarsa (Calder at al., 2009). In ogni caso, anche se con effetti più modesti rispetto all’olio di pesce, anche il consumo di oli vegetali contenenti acidi grassi poli-insaturi della serie 3 (es. olio di lino e di noci) ha mostrato effetti benefici su questo tipo di condizione (Pan at al., 2009; Zibaeenezhad at al., 2003).

Flavonoidi degli agrumi Anche i flavonoidi degli agrumi hanno mostrato di avere possibilità di impiego nelle iperlipidemie. In uno studio clinico un elevato consumo di succo di arancia (Citrus aurantium, Rutaceae), non inferiore a 750 ml al giorno, ha ridotto il rapporto fra colesterolo LDL e HDL, in quanto ha innalzato il livelli di colesterolo “buono”. È importante sottolineare che l’assunzione deve raggiungere questi livelli minimi in quanto a 250 e 500 ml/dì i risultati non erano significativi (Korowska at al., 2000). Un risultato analogo si è avuto con il succo di pompelmo rosso (Citrus paradisi), ma questa volta l’azione era più rivolta alla diminuzione della concentrazione ematica di trigliceridi (Gorinstein at al., 2006). Visti però i ben noti effetti inibenti del succo di pompelmo su alcuni isoenzimi del complesso citocromo P450 responsabili del metabolismo di molti farmaci (Dahan at al., 2004), è bene valutare attentamente l’assunzione del succo in concomitanza con terapie farmacologiche per altre patologie o anche per questa stessa condizione: le statine infatti rientrano fra i farmaci metabolizzati da questi isoenzimi, per cui ne aumenta l’emivita e si ha un possibile rischio di iperdosaggio e/o accumulo (Ando at al., 2005). Si potrebbe eventualmente valutare una riduzione del dosaggio della statina in associazione con il succo di pompelmo. Fra i flavonoidi degli agrumi, uno dei più comuni, la naringenina, ha mostrato proprietà ipolipidemiche negli animali da esperimento (Mulvihill at al., 2010).

Acido nicotinico Un’altra sostanza naturale utile nelle dislipidemie è l’acido nicotinico, conosciuto anche come niacina o vitamina B3 (a volte viene anche detta vitamina PP, da pellagra-preventing). Si trova anche in forma ammidica (nicotinammide). Le principali fonti sono la pula (involucro) dei cereali, il lievito di birra, le verdure a foglia, molti legumi e i pomodori. Nei vegetali si trova più frequentemente sotto forma di ammide, mentre negli alimenti di origine animale come acido. È una vitamina idrosolubile e, come le altre del complesso B, ha fra le varie funzioni quella di aiutare l’organismo nel metabolismo dei grassi. In forma non ammidica, è usato sin dagli anni ’50 per abbassare i livelli ematici del colesterolo “cattivo” (LDL) e dei trigliceridi. In uno studio clinico si è osservata la riduzione del 24% del colesterolo totale, del 34% di quello LDL e del 45% dei trigliceridi (Garg at al., 1990).

Curcuma (C. longa, C. domestica, C. xanthorrhizae) Da varie specie di Curcuma (C. longa, C. domestica, C. xanthorrhizae), si ottengono estratti ricchi in composti polifenolici denominati curcuminoidi, dei quali la curcumina è il principale e il più promettente. Questi composti sono studiati prevalentemente per le loro caratteristiche antiossidanti e i conseguenti effetti benefici su svariate patologie. Questi effetti sembrerebbero rivelarsi utili anche nel caso delle iperlipidemie. È stato infatti osservato che gli estratti di curcuma inibiscono l’ossidazione delle LDL e hanno effetti

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ipocolesterolemici sui conigli (Tortosa at al., 1999). Anche la stessa curcumina ha effetto ipolipidemico sul ratto (Babu at al., 1997; Arafa, 2005). Sull’uomo è stato condotto uno studio clinico, anche se su un numero limitato di soggetti, che sembrerebbe confermare la possibilità di utilizzo della curcumina nella patologia, anche se è stata osservata una curiosa dipendenza dalla dose impiegata: per bassi dosaggi di curcumina si ottenevano riduzioni della lipidemia che diventavano però sempre minori con l’aumentare della dose. Nel caso dei trigliceridi, addirittura, alle dosi più alte si aveva un incremento dei livelli, anche se non in maniera statisticamente significativa rispetto al placebo (Alwi at al., 2008). Pertanto, allo stato attuale delle conoscenze, sarebbe forse utile attendere nuovi studi clinici che confermino la supposta utilità della curcuma in questo ambito.

Dioscorea Si tratta di un genere di piante erbacee perenni appartenente alla famiglia delle Dioscoreaceae, diffuso prevalentemente ai tropici e dotate di grossi tuberi ricchi in amido, conosciuti come ignami, consumati dalle popolazioni locali. Il genere è noto soprattutto per l’elevata concentrazione di saponine steroidiche, fra cui la più rappresentata è la diosgenina, che costituiscono un ottimo materiale di partenza per la semisintesi di steroidi. Recentemente è stato notato che il rizoma polverizzato riduceva lo stress ossidativo e l’aterosclerosi nei conigli iperlipidemici in quanto capace di abbassare i livelli ematici di colesterolo e trigliceridi (Chang at al., 2005). Le proprietà benefiche sono state attribuite alle sapogenine e, in particolare, alla diosgenina. Infatti, si è visto che la somministrazione di queste sostanze agli animali da esperimento permetteva una maggiore escrezione fecale dei lipidi (Jeon at al., 2006) e una riduzione dell’assorbimento intestinale del colesterolo oltre che a una ridistribuzione delle lipoproteine con incremento delle HDL e riduzione delle LDL (Cayen at al., 1979). Il fatto che la diosgenina sia la più attiva fra le sapogenine di Dioscorea è stato dimostrato confrontando l’effetto ipolipidemico del composto puro rispetto all’estratto totale delle sapogenine (Ma at al., 2002). Purtroppo mancano studi clinici sull’uomo che possano confermare la possibilità di utilizzazione della Dioscorea come droga ipolipidemica.

Melatonina Una sostanza su cui è stata posta l’attenzione, comunemente venduta in erboristeria come integratore alimentare, è la melatonina. È un ormone prodotto dalla ghiandola pineale con un ritmo circadiano e che ha quale scopo fisiologico principale quello di regolare il ciclo sonno-veglia. Fino a non molto tempo fa si pensava fosse distribuita nel solo regno animale, ma in seguito è stata identificata anche in un certo numero di piante, anche alimentari, quali sedano, ciliegie, frutti di finocchio e semi di girasole (Hattori at al., 1995; Reiter e Tan, 2002). È stato notato che in seguito al consumo di piante contenenti melatonina, i livelli di questa sostanza aumentano nel sangue, per cui risulta facilmente biodisponibile. Sono stati notati dei legami molto stretti fra melatonina e sistema cardiovascolare: esistono dei recettori melatoninergici che hanno azione sia vasodilatatrice che vasocostrittrice, inoltre si è notato che i soggetti con problemi coronarici hanno livelli più bassi di questo ormone. Infine, è stato osservato che le persone con elevati valori di colesterolo LDL presentano basse concentrazioni di melatonina. Alcuni studi hanno permesso di chiarire che la melatonina riduce del 38% la formazione di colesterolo e del 42% l’accumulo di quello LDL (Sewerynek, 2002). Uno studio clinico ha però evidenziato una risposta non molto uniforme da parte dei pazienti (Rindone e Achacoso, 1997). Se ulteriori studi permetteranno di chiarire meglio questa situazione, la melatonina potrebbe rappresentare un’ottima molecola, soprattutto in virtù della sua bassissima tossicità.

Antiossidanti È utile evidenziare una categoria di sostanze che svolgono un’importante e sempre più promettente funzione nella prevenzione e nel miglioramento delle condizioni di salute: gli antiossidanti. Queste sostanze sono molto studiate in questi anni, in quanto sembrano essere

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particolarmente efficaci nelle malattie degenerative che, con l’aumento dell’aspettativa di vita, stanno diventando un problema sempre più sentito. Con il termine antiossidante si definisce una molecola in grado di rallentare o prevenire l’ossidazione di altre molecole, e quindi anche di substrati biologici presenti nei vari distretti dell’organismo, prevenendo così molte malattie. A questo proposito in letteratura sono rintracciabili molte reviews riguardanti le svariate applicazioni, fra cui cancro, Alzheimer, invecchiamento, infiammazioni, diabete, Parkinson e aterosclerosi (Moon e Shibamoto, 2009). Poiché l’ossidazione delle LDL è uno dei passaggi necessari per la formazione delle placche aterosclerotiche, l’introduzione di antiossidanti può prevenire e, in parte, far regredire il rischio associato di danni cardiovascolari. Fra gli antiossidanti naturali più comuni troviamo molte vitamine quali la A, C ed E, i carotenoidi, i composti polifenolici come i flavonoidi, l’acido caffeico e i suoi derivati. Questi composti sono abbastanza ubiquitari nel mondo vegetale, anche se alcune piante ne contengono quantitativi maggiori (es. piante aromatiche usate come spezie, verdure a foglia larga, foglie e frutti colorati). In questo modo si chiude il cerchio e si torna al concetto espresso nell’introduzione secondo il quale, soprattutto nell’ambito della prevenzione e del trattamento delle dislipidemie moderate, gli accorgimenti dietetici sono il primo passo da mettere in atto. Solo in seguito si può pensare di passare a un’integrazione con droghe vegetali più mirate e, in casi più gravi, ad una terapia farmacologica secondo la medicina “ufficiale”, integrata o meno da terapie naturali, a discrezione del medico, che comunque dovrebbe essere sempre informato di eventuali autoprescrizioni di fitoterapici da parte del paziente.

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3. Allium sativum L. Famiglia: Liliaceae

Nome comune: aglio

Parte utilizzata: bulbo

Costituenti principali: miscela di composti solforati derivanti dal precursore alliina.

Proprietà Inibizione degli enzimi 3-idrossimetilglutaril CoA reduttasi, HMG-CoA (colesterolo) e della malico-sintasi e acido grasso-sintasi (trigliceridi). Studi clinici

1. Orekov AN, Grunwald J, 1997, Nutrition 13, 565-663; 2. Koscielny J, Klussendorf D, Latza R, Schmitt R, Radtke H, Siegel G, Kiesewetter H,

1999, Atherosclerosis 144, 237-249. Indicazioni principali Ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia. Dosaggio e preparazioni

Droga fresca, 4 grammi al giorno (secondo Commissione E tedesca) oppure Aglio secco in polvere (600-1000 mg/giorno)

Precauzioni all’uso Evitare l’uso in soggetti allergici. La somministrazione cronica nel ratto provoca inibizione della spermatogenesi. Gravidanza e allattamento Preferibile evitare dosaggi elevati. Controindicazioni Concomitante terapia anticoagulante o antipiastrinica, epatopatie. Reazioni avverse Alcuni casi di dermatiti da contatto e fenomeni asmatici; possibili fenomeni crociati con pollini allergenici; possibilità di alterazione della flora batterica intestinale; odore sgradevole di alito e sudore.

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4. Oryza sativa e Monascus purpureus Famiglia: Poaceae + Elaphomycetaceae

Nome comune: riso rosso fermentato

Parte utilizzata: cariossidi bollite e fatte fermentare in presenza del fungo

Costituenti principali: Monacolina K

Proprietà Potente antiipercolesterolemico (struttura analoga alle statine) Studi clinici 1. Thompson Coon J, Ernst E, 2003, J. Fam. Pract. 52, 468-478; 2. Stefanutti C, Mazza F, Vivenzio A, Di Giacomo S, Perrone G, Serra M, Bucci A, 2009,

Lipids 44, 1141-1148; 3. Sumioka I, Hayama M, Shimokawa Y, Shiraishi S, Tokunaga A, 2006, Hiroshima J. Med.

Sci. 55, 59-64; 4. Wang J, Lu Z, Chi J, Wang W, Su M, Kou W, Yu P, Yu L, Chen L, Zhu JS, Chang J, 1997,

Curr. Ther. Res. 58, 964-978; 5. Cicero AF, Brancaleoni M, Laghi L, Donati F, Mino M, 2005, Complement. Ther. Med.

13, 273-278 Indicazioni principali Ipercolesterolemia, particolarmente il tipo dovuta a fattori endogeni. Dosaggio e preparazioni Variabile, è necessario stabilire il titolo in monacoline. In commercio esistono preparazioni

titolate allo 0.4% di monacolina K. Precauzioni all’uso Può potenziare l’effetto delle statine di sintesi se assunto contemporaneamente; teoricamente le stesse indicate per la lovastatina (es. problemi renali, malattie epatiche, debolezza muscolare, ipotensione). Gravidanza e allattamento Uso sconsigliato. Controindicazioni Oltre all’uso durante terapie con statine, è bene evitare anche la contemporaneità con barbiturici, carbamazepina, fenitoina e altri farmaci induttori dell’isoenzima CYP3A4, erba di San Giovanni (iperico) compresa. Inoltre anticoagulanti cumarinici e ciclosporina. Reazioni avverse Rabdomiolisi, bruciore gastrico, vertigini.

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411-414. Foto tratte da:“Dizionario di fitoterapia e piante medicinali” di E. Campanini, Tecniche Nuove