Era 2000 - Aprile 2011

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Free Press - Anno XV - Num. 150 aprile 2011 made in Italy Picasso Mirò Dalì i “Giovani e arrabbiati” in mostra a Firenze GenovARTE2011 STEPHANIE SAYMOUR nel suo salotto letterario di Perugia Franca Valeri: Venezia... itinerando le mostre: Potager Royal e Artieri Domani "bugiarda no, reticente" SLOW FOOD BOLOGNA Vinitaly, i dati welcome spring!

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Era 2000 mensile di cultura e turismo - Aprile 2011 - www.era2000online.it

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Picasso Mirò Dalìi “Giovani e arrabbiati” in mostra a Firenze

GenovARTE2011

STEPHANIE SAYMOURnel suo salotto letterario di Perugia

Franca Valeri:

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le mostre: Potager Royal e Artieri Domani

"bugiarda no, reticente"

SLOW FOOD BOLOGNA

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1 hotel, 2 anime

Gli opposti che attraggono

Catania

Via del Bosco, 62 - tel. +39 095 7335100 - fax: +39 095 7335103www.hotelvilladelbosco.it - www.hotelvdbnext.it - [email protected] - [email protected]

ERA2000

promuove il “Made in Italy”

www.era2000online.it

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1 hotel, 2 anime

Gli opposti che attraggono

Catania

Via del Bosco, 62 - tel. +39 095 7335100 - fax: +39 095 7335103www.hotelvilladelbosco.it - www.hotelvdbnext.it - [email protected] - [email protected]

ERA2000

promuove il “Made in Italy”

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Il Direttore,Stefania Legumi

***Con la banda porpora “dimore di charme” ERA2000 Cultura&Turismo intende segnalarVi la presen-za di specifici redazionali pubblicitari realizzati per esaltare la singolare qualità di quelle strutture ricettive territoria-li di cui ha avuto esperienza diretta! ERA2000 promuove per Voi le migliore rappresentanze del savoir faire italiano!

«Sempre caro mi fu quest'ermo colle,e questa siepe, che da tanta partedell'ultimo orizzonte il guardo esclude.Ma sedendo e mirando, interminatispazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quïeteio nel pensier mi fingo, ove per pocoil cor non si spaura. E come il ventoodo stormir tra queste piante, io quelloinfinito silenzio a questa vocevo comparando: e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei. Così tra questaimmensità s'annega il pensier mio:e il naufragar m'è dolce in questo mare»

(Giacomo Leopardi)

Con queste stupende parole Giacomo Leopardi celebrava la bellezza della sua terra e del suo angolo di infinito. Così l'arri-vo della primavera rende ancora più meravigliose le dolci col-line umbre che mi circondano e mi soffermo a pensare quanto la nostra natura sia impagabile. Felice di poter anch'io cele-brare con Era2000 la nostra splendida Italia. Anche questo mese abbiamo voluto sottolineare le realtà più importanti del Made in Italy, soffermandoci sui prodotti tipici, e sugli artisti e talenti italiani. Abbiamo dato luce agli itinerari turistici per pemettere a chi ancora non li conosce di percorrere luoghi ricchi di cultura e di bellezze naturali. E come sempre, con passione e orgoglio, abbiamo sottolineato l'importanza della cultura che è patrimonio di grandi popoli e prepara l'uomo a compiere imponenti imprese e raggiungere notevoli traguardi.

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Direttore Editoriale Antonio Guerrieri

Direttore Responsabile Stefania Legumi

CaporedattoreCaterina Guerrieri Hanno Collaborato:Sara Paradisi, Renato Rovetta, Cassandra Nail, Maria Scoscia, Cinzia Mortolini, Rossana Furfaro,Franco Baccarini, Agata Preziosa, Francesco Fiumarella, Maria Stella OddiMichele De Luca, Umberto Zonin, Armando Zonin, Luciana Iannaco, Luisa De Salvo, Silvia Antonini Progetto Grafico/Impaginazione Caterina Guerrieri

Direzione e Amministrazione Via Hanoi, 2 06083 • Bastia Umbra (PG)Tel. 075 8005389Fax.075 [email protected]

Marketing e PubblicitàAltea NatalinoAprea Carmela

Editore E.G.I. s.r.l. Reg. Tribunale di Perugia N. 24 del 18/07/1996 Stampa Properzio srl diBastia Umbra (PG)

Le opinioni espresse impegnano solo la responsabilità dei singoli autori. Tutto il materiale inviato, anche se non pubblicato, non sarà restituito e resterà di proprietà dell’editore.

S O M M A R I ON A Z I O N A L E

Stephanie Seymour pag. 08

Alessandro Costantini pag. 14

Franca Valeri pag. 18

Giordano Bruno pag. 20

Monnalisa sepolta pag. 24

Genovarte 2011 pag. 25

Talenti Emergenti pag. 27

Glue... cinema pag. 28

Elogio del dubbio pag. 29

Giovani e arrabbiati pag. 30

Arcimboldo pag. 31

Lorenzo Lotto pag. 34

Piero Leonardi pag. 38

Fosco Giulianelli pag. 39

LeitMotiv pag. 40

Euroflora 2011 pag. 41

Memorie dalla Cambogia pag. 42

Artigianato e Palazzo pag. 45

Artieri Domani pag. 46

Slow Food Bologna pag.48

Potager Royal pag. 49

Mortadella Bologna igp pag. 50

Vinitaly pag. 51

Soldoro pag. 52

Bonton educational AIS pag. 53

Agricola Romanelli pag.56

Degustando il Canada? pag.58

Vermiglio di Rosciate pag.59

Venezia... itinerando pag.61

Onorio Bravi in mostra pag.60

Num.150 Anno XV aprile 2011

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Una suggestiva ed aristocratica dimora dove riposare e vivere bene,

godendo il lusso della discrezione

Gubbio (PG) in Via Galeotti, 19 Tel: 075 9220157 Fax: 075 9220159 [email protected]

AGubbio una dimora d'altri tempi alberga in piazza della Signo-ria. Nel centro storico del “libero comune” prende forma la magnifi-cenza del Relais Ducale; struttura-to in un edificio del'300, offre una splendida vista sulla vallata, servizi e comfort di alto livello quali came-re arredate con cura, un giardino, un ottimo snack bar, 3 sale riunio-ni dotate delle ultime novità tecno-logiche, un internet point ADSL e una deliziosa terrazza panoramica. Tra i palazzi gotici senza tempo e le strette vie medievali si respira un'at-mosfera magica e sognante. Le suites e le camere del Relais sono arreda-te con gusto e rispettano i parame-tri storici e architettonici dell'epo-ca. Le volte maestose accolgono con dolcezza l'ospite che coglie fin dalla prima occhiata la bellezza dell'arre-do. Per un soggiorno di charme e re-lax. Per chi ama le dimore d'epoca accoglienti e lussuose. Per un tuffo nel morbido sapore del passato che risveglia l'animo e riscalda il cuore.

Il fascino del tempoRelais Ducale

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Una suggestiva ed aristocratica dimora dove riposare e vivere bene,

godendo il lusso della discrezione

Gubbio (PG) in Via Galeotti, 19 Tel: 075 9220157 Fax: 075 9220159 [email protected]

di Stefania Legumi

AGubbio una dimora d'altri tempi alberga in piazza della Signo-ria. Nel centro storico del “libero comune” prende forma la magnifi-cenza del Relais Ducale; struttura-to in un edificio del'300, offre una splendida vista sulla vallata, servizi e comfort di alto livello quali came-re arredate con cura, un giardino, un ottimo snack bar, 3 sale riunio-ni dotate delle ultime novità tecno-logiche, un internet point ADSL e una deliziosa terrazza panoramica. Tra i palazzi gotici senza tempo e le strette vie medievali si respira un'at-mosfera magica e sognante. Le suites e le camere del Relais sono arreda-te con gusto e rispettano i parame-tri storici e architettonici dell'epo-ca. Le volte maestose accolgono con dolcezza l'ospite che coglie fin dalla prima occhiata la bellezza dell'arre-do. Per un soggiorno di charme e re-lax. Per chi ama le dimore d'epoca accoglienti e lussuose. Per un tuffo nel morbido sapore del passato che risveglia l'animo e riscalda il cuore.

Il fascino del tempoRelais Ducale

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Lo scorso 15 marzo mi trovavo nel salotto lettera-rio di Stephanie Seymour a Perugia sorseggiando un ottimo bicchiere di vino. Mi circondavano le

opere d'arte ironiche e originali di Stephanie che raccon-tano la sua idea di donna e il suo modo davvero unico di leggere la vita e svelare la sua anima. Intorno a me artisti, poeti, musicisti e amici che amabilmente discutevano di cultura. Un vero e proprio salotto letterario che ripropone come un tempo un simposio tra sostenitori della sapienza che si ritrovano a trattare di lettere e poesia. La padrona di casa, ottimo anfitrione, ci rivela la sua forte volontà di svi-luppare questi incontri per amore della cultura ma anche

Come nasce la tua passione per l'arte ? Fin da giovanissima ho sempre sentito la necessita di esprimermi con qualsiasi mezzo dall’arte alla musica alla scrittu-ra, al teatro. Crescendo questa passio-ne è sempre diventata più forte. Ho la necessità di comunicare chi sono io e come vedo il mondo. Amare la vita e comunicare è per me naturale, la pas-sione è diventata sempre più una neces-sità di vita.

Che tipo di ispirazioni guidano il tuo estro creativo? Ho vissuto i primi anni di vita a Los Angeles, città libera men-talmente, aperta, pazzesca. Ho sempre amato questa libertà, il clima caldo spingeva anche l'arte ad essere più ap-passionata, aperta, fuori dagli schemi. I media per me sono stati sempre senza limiti, e cresciuta in mezzo a tante per-sone creative in California, ero stimola-ta ad essere me stessa, senza mai essere giudicata fuori dalle righe ma una delle

Il mondo di StephanieL'artista poliedrica Stephanie Seymour

promuove la cultura

di Stefania Legumi

Intervistando Stephanie

per far sollevare il nostro spirito dalla routine quotidiana. Osservando Stephanie parlare ci si rende subito conto della sua unicità, che emerge anche dalle sue innumerevoli pro-duzioni artistiche. Fotografa, pittrice, creatrice di scarpe-scultura, le strabilianti Delishoes, illustratice e scrittrice. Tutto questo si nasconde in una splendida signora ama-bile, appassionata e imprevedibile che da sempre si dedica all'arte e alla cultura. Attenta al differente, al diverso, sof-ferma il suo sguardo nell'irregolare che trasmette energia e fa pensare. Utilizza l'ironia come arma trascinandola nelle sue opere e trasportandola nella sua vita per rendere ogni cosa più soffice e raffinata.

Foto di Cesare Cenci

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tante persone creative. Artisti come Ge-orgio O’Keefe, Andy Warhol, Elizabeth Peyton, mi hanno ispirato, anche se non ho mai provato a dipingere o creare come altri. Conservare la mia originalità è sem-pre stato l'obiettivo primario. Ho scelto di vivere in Europa, però, perchè amo molto la bellezza storica, artistica e cul-turale: i palazzi, il panorama, la ricchezza culturale, e soprattutto tutto ciò che è naturale. Cerco da sempre la genuinità sia nelle cose che nelle persone, e spesso la mia arte prende in giro ciò che non è naturale, che comunque, mi attrae, mi incuriosisce. La bellezza mi ispira, come un bosco colorato che diventa cornice per un vestito che creo con la carta, ed il tutto diventa alla fine, un quadro, in forma fotografica. Il viso affascinante di una persone mi può spingere a fotogra-farla in un setting che si abbina bene ad essa. I miei dipinti e fotografie diventa-no sfondo per un collage che confonde lo spettatore che non capisce bene cosa sta guardando, foto o dipinto. Amo sor-prendere, provocare. E più di tutto, amo l’ironia, i doppi sensi visivi e verbali.

Tu che ora sei appassionata della foto-grafia dici che una volta la odiavi….

Da giovane, fotografare per me significa-va “copiare” dal vero, una cosa che non mi è mai piaciuto, volendo essere sem-pre originale nelle mie opere. Dopo un soggiorno in Cina nel 2007, dopo aver fotografato le persone e ricevuto sorri-so dopo sorriso senza poter comunicare verbalmente, ho scoperto una grande passione per la fotografia: sia del ritratto che mi appassiona (la mia sfida è spesso di poter fotografare le persone che dico-no che non vengono bene in foto) e di creare delle fotografie artistiche, spesso utilizzando le mie opere. Ho avuto diver-se mostre fotografiche negli ultimi anni, anche abbinate ai miei dipinti. Giorni fà ho saputo che una mia fotografia è sta-ta selezionata per una mostra, autunno 2011, presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino) durante il VI Concorso Letterario Nazionale Lingua Madre.

Inventore, pittore, designer, fotografa, vignettista, scrittrice,quale è la defini-zione che ti appartiene di più? Forse creativo ma forse anche pittrice: amo variare, esprimermi con libertà. Come amo conoscere persone di tutto il mon-do, così è la mia passione per l’arte – non

mi soffermo su un’unica tecnica, TUT-TO è arte, non faccio limiti, mi esprimo con spontaneità. E’ bellissimo risolvere il problema di inventare una scatola o bor-sa originale, oppure creare uno slogan e marchio per un evento, o titolo e alle-stimento per una mostra. Non riesco a concepire di avere un unico e solo mezzo per esprimermi, per sentire libera. E an-cora, ho un animo ribelle, lo sono sem-pre stata. E’ piacevole toccare e lavorare con la carta, vedere il potere che hanno certi colori uno vicino all’altro, ed è bella anche la solitudine quando scatto delle fotografie. Amo avere una sfida per risol-vere problemi di design anche tecniche, perché amo l’inventare, sia dal disegno di un oggetto da regalare, ad uno slogan pubblicitario; da una borsa ad un tema per un evento. Non riesco a pensare a seguire un unico mezzo per esprimermi, cambiare costantemente, sentirmi libera nella mia creatività. E poi, sono ribelle, lo sono sempre stata. Amo trovare so-luzioni creativi per problemi “difficili” – sperimentare con materiali, inventare oggetti d’arte che muovono. Ma amo anche scrivere…di esperienze vissute in viaggio, oppure di piccoli problemi di ogni giorno, sempre con ironia però, e

www.stephanieseymour.it

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Nel caso in cui il giorno del compleanno coincida con la chiusura dei luoghi, l’ingresso omaggio sarà valido per il giorno successivo a quello di chiusura. Le categorie già destinatarie di agevolazioni riceveranno un ingresso omaggio per un accompagnatore che non goda degli stessi benefici.

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Nel caso in cui il giorno del compleanno coincida con la chiusura dei luoghi, l’ingresso omaggio sarà valido per il giorno successivo a quello di chiusura. Le categorie già destinatarie di agevolazioni riceveranno un ingresso omaggio per un accompagnatore che non goda degli stessi benefici.

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spesso illustrato con le mie vignette.

Come affronti da Americana la vita in Umbria, ti senti accettata?Quando pensi fuori dagli schemi, devi trovare altri che vedono la vita e il mon-do un po’ come te, solo così puoi sentir-ti accettata completamente. Ma se non sono come te, magari sono affascinati da un modo di vivere, vedere, esprimersi completamente diverso…e fanno bene! Perché gli artisti hanno molto da dire, e qualche volta, vedono soluzioni nuove, che non hanno a che fare con l’arte, pro-prio perché sono creativi. Credo davvero che gli artisti, messi insieme potrebbero risolvere tanti problemi del mondo. Pro-prio perché sono creativi.Ho amici che mi capiscono veramente, ma non tutti. Forse accetto più facilmen-te il vivere in una piccola realtà perché c’è quel lato di me che ama aiutare gli altri a scoprire cose diverse: alle persone timide, mi piace aiutarle ad essere più aperte, alle persone che vogliono fare qualcosa ma ne hanno paura, provo ad aiutarle a capire quanto è facile provare. Sono dell’idea che le cose che vogliamo dobbiamo provare a conquistarle. Non trovo la necessità di avere paura di perso-ne o cose, la paura non porta a niente, e le persone sono più o meno tutti uguali dentro di loro.

La tua sfida più grande, artisticamente parlando, quale è stata? La vita d’arti-sta è difficile, piena di sfide, un’artista, se non avesse sfide costanti si occupe-rebbe solo della sua arte senza nessuna difficoltà, ma non è proprio così. Invece, le sfide esistono e bisogna anche saperle affrontare, delle volte in modo creativo. Negli ultimi anni ho scoperto il potere che hanno le vignette. Tramite queste vi-gnette sono riuscita delle volte ad avvici-narmi a persone che all’inizio sembrano avversari ed alla fine, riesco a farle ridere, sorridere. Tramite qualche vignetta sono riuscita ad ottenere risposte, avere quello che cercavano altri ma non riuscivano ad avere, e avere il rispetto di certe perso-ne che all’inizio non mi ascoltavano. E’ incredibile! La gente vuole sorridere, ed a qualcuno viene fuori anche ridendo di se stessi. In una vignetta ho disegnato il protagonista (una persona vera) comple-tamente diverso in ogni scena, perché non conoscevo il suo aspetto; mi sono di-

vertita tanto a disegnare dieci personaggi diversi, proprio per avvicinarmi a questa persona, ed alla mia sorpresa, dopo che gli ho mandato la vignetta mi ha risposto per la prima volta, anzi, ringraziandomi per la mia arguzia! Credo che l’umori-smo ha una fortissima capacità qualcuno ha perso la capacità di ridere a causa di circostanze della vita. A me piace aiutare la gente ad alleggerirsi, a sorridere. Spes-so è una grandissima sfida, ma quando si eliminano le barriere, e finalmente le persone si fanno conoscere per quello che sono, comprese le loro debolezze, per me è un’enorme soddisfazione. Una sfida grande spesso è far capire alla gente che il sorriso ha un’enorme potere. Mi dicono da sempre che sono coraggiosa. Non temo di affrontare anche le persone “difficili” pensando che anche loro sono persone con anima, anche se delle volte difficili da comprendere. Amo far sorri-dere la gente con la mia arte: se l’arte non ti fa stare bene, per quale ragione uno lo vorrebbe davanti agli occhi ogni mattino quando si sveglia? Le sfide, mi piacciono, ma spesso essere sensibile davanti all’arte ed il mondo, è difficile far capire a chi ha la testa troppo quadrato, chi non riesce a lasciarsi andare…. Vedo che ho molto da dire in riguardo alla parola “sfida”! La vita da artista è un’enorme sfida di per sé. Devi lavorare da solo, organizzare la pro-prio vita privata mentre vai avanti con l’arte, trovare sempre delle idee nuove (per me, la parte più affascinante), pro-muovere quello che fai. La sfida spesso è trovare chi ti dà supporto, incoraggia-mento, aiuto quando necessità. Se non lo ricevi, vai avanti lo stesso perché credi (lo devi) in te stesso. La strada non è non è facile. E’ proprio una sfida, continua, sempre.

Le tue Delishoes , un marchio brevet-tato e un successo enorme per queste “scarpe deliziose”, come è nata l'idea della collezione di scarpe? A vent'anni circa ho vinto un concorso dove si dove-va disegnare scarpe, in un grande nego-zio a Los Angeles. Ho sempre mille idee in testa, perciò disegnare una collezione di scarpe per me era puro divertimento. Le Delishoes sono state create proprio su vere scarpe, così uno stilista molto cono-sciuto a New York mi ha commissionato ad utilizzare le sue bellissime scarpe per creare un’altra collezione da esporre nelle

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vetrine delle sue boutique a New Yorke a Chicago. Le scarpe, in generale, sono sempre state presenti in molte mie opere (come le Cactus Ladies) ma come base, potrei inventare ventisei scatole, macchi-nette, forchette, ognuno diversa; quan-do un artista disegna, le idee ci sono, la base non importa. E’ possibile disegnare qualsiasi oggetto, basta che uno abbia le idee, le soluzioni vengono fuori.

Tra le altre tue “opere d'arte” crei an-che splendidi libri per bambini, quale sarà il tuo prossimo obiettivo edito-riale? E’ vero, ho creato dei libri scritti e illustrati da me. Uno di questi l'ho ven-duto ad un editore giapponese, poi ho fatto un libricino sponsorizzato da Mu-lino Bianco. Ho tante idee di libri che vorrei produrre: un libro delle mie De-lishoes, racconti della mia vita in Italia , illustrato con le mie vignette, un libro scritto in rima, in due lingue (ho anche un blog scritto in Italiano e Inglese, See More Worlds (http://stephanieseymour-delishoes.blogspot.com/)Amo abbinare la parola con il disegno, mi piace molto l’illustrazione, ma sem-pre mi esprimo meglio me stessa quando c’è un tocco di ironia…L'umorismo e la creatività sono ingre-dienti essenziali nella tua arte ma an-

che nella tua vita, questo è il segreto del tuo successo? Se uno ama l’umori-smo, vive meglio. Senz’altro aiuta anche gli altri a vivere con più leggerezza. Sono stata parecchio seguita dalla stampa, e hanno fatto anche diverse riprese televi-sive delle mie mostre. L'Umbria ancora, a mio avviso, non è pronta a capire l’i-ronia, perciò spero di potare sempre più spesso le mie opere fuori, in altre regioni o altri paesi dove sono capite meglio.

Umbria, New York, Toscana, Chicago, la tua arte valica i confini degli Stati ma è davvero così facile vivere d'arte oggi? Non è facile vivere d’arte oggi! Co-munque, “fare arte” nel mondo di oggi ti aiuta a vivere. Fare arte aiuta a soprav-vivere in un mondo così difficile; è dav-vero un’enorme aiuto poter esprimersi, sperimentare, comunicare. Non posso immaginare una vita senza la possibilità di creare.

Dal mese di febbraio hai cominciato a fare delle serate letterarie nella tua casa, hai inaugurato la nascita di un nuovo circolo culturale, che ti aspetti da questo progetto? Adoro stare insieme a gente interessante, amo mettere insieme persone differenti tra loro e passare delle ore in modo piacevole e divertente, ho

cominciato queste serate per stare bene, per allontanarsi dai soliti problemi, con-vivendo dei momenti di cultura -- una volta ascoltando un pianista, un’altra sera a fare improvvisazioni teatrali, un’altra volta con amici di madre lingue inglese. Non so proprio che cosa possa succedere, ma nel frattempo vedo tantissima gente e ci sto bene. Senz’altro da cosa nasce cosa, ma soprattutto mi piace circondarmi con gente che ama la cultura, che è creativa, e che apprezza l'arte e la cultura. Questo mi arricchisce la vita.

La cosa più bella che potrebbe regalar-mi questa esperienza ? Ci devo riflettere un attimo...potrei essere commissionata a scrivere un libro di idee di “Come stare insieme in modo originale, non la solita cena, ma in modo divertente, interessan-te”. Ho mille idee per feste, eventi, in-contri completamente diverse da come la gente si incontra, la solita cena con discorsi banali o noiosi. Invece, con uno spunto diverso, la gente potrebbe vera-mente rilassarsi, o divertirsi con qualche idea completamente nuova. Da sempre organizzo feste, cene, ma ora con un tocco più culturale, è ancora più bello, anche per me.

www.stephanieseymour.it

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ALESSANDRO COSTANTINIAlessandro Costantini nasce a Roma nel 1965.

Inizia a suonare il pianoforte all'età di 4 anni e manifesta immediatamente un talento non co-

mune per la musica, che viene subito assecondato dalla sua famiglia. Studia al Conservatorio di Perugia dove si diploma in pianoforte nel 1987. Viene premiato in con-corsi di interpretazione classica pianistica nazionali e in-ternazionali come il “Premio Friederic Chopin” di Roma, primo premio assoluto al “Città di Locorotondo”, “Città di Genova”, “Città di Velletri” e il “Premio internazionale di Sigonella”. Contemporaneamente studia all’Ars Aca-demy di Roma con il noto Maestro Fausto Di Cesare, e composizione con il Maestro Valentino Di Bella. Nel 2003, con il suo progetto Akkallàramah, è finalista del concorso “DEMO” indetto da Rai Radio1, condotto da Michael Pergolani e Renato Marengo, e su più di 7.000 partecipanti, con l’unico brano interamente musicale del-la rassegna (Dakiwuta), si piazza al 47° posto. Nel 2004 il suo brano “Il Dizionario” fa parte della colonna sonora del film “Volevo solo dormirle addosso” (Warner Chappel Music Italiana) per la regia di Eugenio Cappuccio, che partecipa al Festival del Cinema di Venezia, e che vince il premio FEDIC. Sue composizioni sono state utilizzate

dal noto critico cinematografico Mario Sesti, come colon-na sonora dei contenuti extra dei films “Provincia Mecca-nia” di Stefano Mordini, con Stefano Accorsi, e “Se devo essere sincera” di Davide Ferrario, con Luciana Littizzetto e Neri Marcorè. E’ autore delle musiche del documenta-rio “Battiti, il respiro del Vesuvio”, per la regia di Maria Totaro, che vince il premio “Napoli Filmfestival” come miglior documentario nel 2005. E' di recente pubblica-zione il suo ultimo lavoro “LINPHA”, edito dalla Warner Chappel Musica Italiana e distribuito in tutto il mondo dalla Halidon. Linpha è un lavoro di pianoforte solo, dove l'autore firma la quasi totalità dei brani, ad eccezio-ne di due brani firmati da Fiorenzo Carpi, autore della celebre colonna sonora dello sceneggiato tv “Le avventure di Pinocchio” di Luigi Comencini (1972). Il cd è stato presentato al MIDEM di Cannes 2011, la fiera mondiale delle etichette discografiche. Costantini è stato il primo, e sinora l'unico al mondo, ad incidere le celebri musiche del famoso sceneggiato. I suoi video relativi ai due brani, sono risultati i più visti su YouTube, con più di 100.000 visualizzazioni complessive in un anno. Un vero record per un video autoprodotto e non ufficiale.

Stefania Legumi intervista Alessandro Costantini

Ho avuto il piacere di ascoltare il suo ultimo lavoro “Linpha” e mi ha decisamente sorpreso. E' riuscito a creare un' opera innovativa che regala a chi ascolta

nuova linfa vitale, ti avvolge e coinvolge, ti conduce nell'intima anima dell'autore che con grazia e sensibili-tà accoglie e disvela con semplicità il suo mondo. Facile

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e gradevole, per tutti, le sue note placano gli spiriti agitati e innalzano quelli imperfetti. Da ascoltare e ri-ascoltare.

Fin da piccolo si dedica alla musica, dopo tanti anni che tipo di rapporto ha con essa? Ho scoperto da qualche anno che la musica per me è una “terapia” vera e propria. Avevo interrotto per circa 12 anni lo studio e il rapporto con essa per motivi personali. Sono stato davvero male, finchè non ho capito che il malessere che sentivo era dato da quell'assenza che si era fatta insop-portabile. Posso tranquillamente affermare che la musi-ca per me è assolutamente vitale, e come tutti i rapporti vitali sono composti da amore e odio, ma sicuramente più amore.

Quali sono stati i suoi maestri e punti di riferimen-to? Ho iniziato a credere di poter fare il compositore verso i 15 anni, ascoltando i Preludi per pianoforte di Debussy. Ho l'inimitabile incisione di Arturo Benedet-ti Michelangeli, che ascoltavo per giorni interi. Ecco, quella forma armonica e strutturale così libera mi ha aperto la mente. Ho capito che si poteva scrivere della musica libera dagli schemi rigidi dei classici, che pur apprezzo moltissimo, ma che fosse più rappresentativa del mio essere musicista un po'......ribelle.

Nelle sue composizioni è molto libero, senza legami commerciali o di piaggeria, è per questo che sono così godibili e piacevoli? Quando scrivo musica non penso mai a quello che potrebbe piacere o no. Ho senz'altro rispetto per l'eventuale ascoltatore, e mani-festo questo mio rispetto con quella che credo sia “one-stà intellettuale” da parte mia mentre scrivo. Non mi nascondo. Non faccio finta. Faccio quello che amo e sono sempre esposto. In parole povere non sono ruffia-no. Forse è questa la risposta. Poi ognuno ha i suoi gusti musicali, e sono ben consapevole che non a tutti può piacere la mia musica.

Il suo imprinting classico non lo ha trasformato nel perfetto e troppo ingessato pianista di Conservato-rio, quale è il suo segreto? Se di segreto si può parlare, credo che sia il fatto di essere stato permeato da tutte le espressioni musicali. Sin da piccolissimo ho ascoltato veramente di tutto. Mi piace la techno così come la musica etnica. I cantautori italiani come il rock duro o progressivo. A me basta che sia musica onesta e vera, che non sia il prodotto confezionato da produttori che pensano soltanto ai numeri e a classificare tutto. Credo che da quello che scrivo si percepisca tutto questo.

Quali difficoltà ha incontrato nel fare il mestiere

di musicista? Ne ho incontrate tantissime. Questo è stato il motivo principale per il quale decisi di lasciare la musica nel 1996. A partire da quelle economiche. Quando non insegnavo e non collaboravo con gli allievi del conservatorio, per sbarcare il lunario d'estate facevo il “busker”, il musicista di strada esattamente. Quelli che per la maggior parte delle persone sono considerati mendicanti, per intenderci. A volte attaccavo il mio pia-no digitale alla corrente di un bar e mi mettevo a suo-nare in mezzo alla strada. Era un bel lavoro, conoscevo tantissime persone e a volte guadagnavo bene. Ma non ero ben visto dalle “istituzioni” che mi creavano qual-che problemino. Una volta, un vigile urbano sulla costa marchigiana, mi fece una multa di 2 milioni di lire per “esercizio di mestiere ambulante senza permesso”. Poi, proponendo musica mia, non trovavo molti spazi per potermi esibire dal vivo. I luoghi dove potevo suonare erano principalmente pub. E in un pub era dura suona-re quel tipo di musica. A quei tempi non esistevano gli studi di registrazione digitali casalinghi che ci sono ora, e per registrare un demo bisognava spendere parecchio in studio, pagare i musicisti, spostarsi per le prove. Era diventato un mestiere veramente troppo difficile.

Quali sono i suoi prossimi obiettivi? Promuovere il mio lavoro dal vivo e dargli visibilità. La cosa che pre-ferisco di questo mestiere è il concerto. Voglio andare all'estero. Al momento mi interessa molto la Francia e la Germania.

Il gotha italiano della musica come promuove nel giusto modo i suoi artisti? Il gotha italiano della mu-sica è molto condizionato dalle direttive imposte dal governo e dal taglio dissennato dei fondi. Credo che sia dura fare una giusta promozione artistica se non si hanno i soldi per farlo. Le case discografiche non az-zardano nessuna operazione se non sono già sicure del successo, e quindi producono soltanto copie dell'origi-nale famoso. Non investono sull'artista sconosciuto. Se non ci fossero i cosiddetti mecenati dell'arte, credo che la promozione del nuovo artista sarebbe ridotta a zero.Quale musica consiglia di ascoltare a un giovane per formarsi culturalmente? La musica è tutta buona e fa sempre bene a mio avviso. Ma se parliamo di forma-zione culturale, sono convinto che la musica classica sia qualcosa di più elevato. Educare i bambini a questo ascolto è sicuramente pedagogico. Ma ripeto, ognuno ha la sua musica a lui più congeniale, e di musica ce n'è per tutti i gusti, l'importante è che si ascolti.

Tra una buona cena, una bella donna e un buon con-certo cosa lascia cadere dalla torre? Sicuramente una buona cena!

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“Ho parlato abbastanza, considerando

che parlo da sola»

di Maria Stella Oddi

Il 17 marzo Franca Valeri assieme a Pino Strabioli ha presentato ad Ancona il suo ultimo libro “Bugiarda no, reticente”.

Grande successo di pubblico al Ridotto del Te-atro delle Muse dove la meravigliosa e sempre energica artista ha accolto amici, fans e colleghi attori. Strabioli ha raccontato al pubblico pre-sente l'opera di Franca che in circa 100 pagine racconta la sua vita, con ironia e semplicità, re-galando a chi lo leggerà i suoi più cari ricordi, i genitori, gli amici, il trasferimento da Milano a Roma, i suoi primi passi nel mondo dello spet-tacolo e gli amori.L’incontro con Franca Valeri, è patrocinato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Ancona con la collaborazione della Libreria Feltrinelli ed è curato da Gabriella Pa-pini e Lucio Benenati. Uno spaccato di storia anche del nostro paese nella storia personale di un incredibile personaggio che ha ricevuto dal Presidente della Repubblica lo scorso 8 marzo il titolo di Cavaliere di Gran Croce per i suoi me-riti artistici e culturali. Da leggere subito, Bu-giarda no, reticente. Edito da Giulio Einaudi.

«Mi ribello all'affermazione corrente

che sia un dono di natura. La comicità è un lavoro di

cervello».

«Francamente trovare idee per la mia vita mi sembrerebbe troppo, avendola anche vissuta». Più che un'autobiografia, Bugiarda no, reticente è un vitale, indisciplinato, liberissimo confidarsi di Franca Valeri come fa la notte con se stessa, o con i suoi cani. I ricordi di un'esistenza febbri-le si fanno strada a modo loro sgomitando nel buio. E Franca Valeri è lì, pronta a infilzarli uno ad uno con l'ironia puntuta e l'intelligenza sin-tetica e spiazzante, per trasformarli in racconto. Quando si ha da restituire una vita e non una

FRANCA VALERI: BUGIARDA NO,

RETICENTE

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scansione ordinata di fatti, le priorità di un'intera esisten-za si possono anche riassumere in poche splendide righe, se si possiede l'etica disciplinare della sintesi: «A vent'anni era affondare il fascismo, a trenta avere in pugno il teatro, a quaranta tutto, a cinquanta occhiali e quasi tutto, e... eccomi». Fra una virgola e l'altra, e disseminati in queste pagine, ci sono naturalmente i fatti, gli affetti, gli eventi:

Franca Valeri nasce a Milano il 31 luglio 1920 da una famiglia borghe-se con padre di origine ebraica e madre cattolica. A carriera già avviata, verrà poi scoperta nell'albero genealogico della famiglia la presenza di una attrice vissuta nel XVIII secolo di nome Fanny Norsa. Franca Va-leri inizia recitando delle caricature per parenti ed amici, già prima della guerra, durante l'adolescenza. Il nome d'arte Franca Valeri viene scelto solo più tardi, nei primi anni cinquanta, su suggerimento dell'a-mica Silvana Ottieri, che in quel periodo stava leggendo un libro del poeta Paul Valéry, e su spinta del padre ingegnere che non era convinto della carriera d'attrice della figlia. Approda in teatro quasi per caso, dopo aver rivelato le sue doti satiriche nei salotti mondani e intellet-tuali milanesi, dove dà vita a personaggi ispirati al costume contem-poraneo, fatto di frivolezze e ipocrisie, fedeli specchi di un ambiente borghese. Cresce nella trasmissione radiofonica "Il rosso e il nero", dalla quale tra l'altro nasce una generazione di attori della cosiddetta "commedia all'italiana". È qui che Franca Valeri per la prima volta fa conoscere al grande pubblico il personaggio della "Signorina Cesira", che passando successivamente dalla radio alla televisione, diventa la "Signorina Snob", nevrotica signora milanese, ritratto delle ipocrisie della borghesia contemporanea. Più tardi fa la sua comparsa la "Si-gnora Cecioni" (nel programma "La regina ed io", 1960), popolana romana perennemente al telefono con "mammà" e caratterizzata da bigodini giganti: il personaggio riscuote un successo enorme. Il suo esordio teatrale risale al 1951, quando il "Teatro dei Gobbi" (da lei fondato con Alberto Bonucci e Vittorio Caprioli, diventato poi suo marito), recita negli spettacoli "Carnet de notes n.1" e "Carnet de no-tes n.2", che proponevano senza ausilio di scene e costumi, una serie di sketch satirici sulla società contemporanea. Nello stesso anno recita nel suo primo film "Luci del varietà", di Alberto Lattuada e Federico Fellini (al suo esordio come regista); a questo seguono molte altre pelli-

cole e una lunga serie di commedie, spesso al fianco di Alberto Sordi o di Totò. Le ultime apparizioni cinematografiche di Franca Valeri sono da posizionare tra gli anni settanta e gli anni ottanta, quando figura in alcune pellicole minori che fanno parte degli ultimi fuochi della commedia all'italiana. Oltre che attrice famosa è autrice di commedie di successo, come Lina e il cavaliere, Meno storie, Tosca e altre due (portata anche sul grande schermo nel 2003) e Le Catacombe, ma si è cimentata anche come regista di melodrammi. Franca Valeri è colonna portante anche del varietà televisivo dagli anni sessanta, spesso diretta da Antonello Falqui in trasmissioni come Le divine (1959), Studio Uno (1966) e Sabato sera (1967). Durante gli anni settanta parteci-pa alla fertile stagione degli sceneggiati televisivi della RAI. Nel 1995 è stata co-protagonista con Gino Bramieri della sit-com di Canale 5 "Norma e Felice" e, un anno più tardi con la fiction "Caro maestro". Nel 2000 è stata protagonista accanto a Nino Manfredi di "Linda, il brigadiere e...", fiction di successo di Raiuno, e del film tv "Come quando fuori piove", diretto da Mario Monicelli. Nel 2001 è tra i protagonisti di "Compagni di scuola" (RaiDue). La Valeri è anche scrittrice: il suo primo libro “Il diario della signorina snob”, pubblicato nel 1951 dalla Mondatori, fortemente sostenuto dal suo amico Indro Montanelli, è frutto della celebrità ottenuta dal personaggio della "si-gnorina snob" alla radio, alla fine degli anni Quaranta. Nel 2005 ha pubblicato “Animali e altri attori”. Nel dicembre 2010 Franca Valeri pubblica il libro autobiografico “Bugiarda no, reticente”, un racconto di un centinaio di pagine nel quale traccia i principali avvenimenti del-la sua esistenza, che l'hanno portata a intraprendere la carriera artistica come autodidatta. L’8 marzo 2011 il Presidente della Repubblica Gior-gio Napolitano l’ha insignita dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce per la maestria e l’intelligente ironia che hanno caratterizzato la sua lunga carriera teatrale, cinematografica e televisiva.

i genitori, gli amici, la scuola, le leggi razziali, la guerra, il trasferimento da Milano a Roma; gli episodi più im-portanti della lunga carriera, dagli inizi in Francia, con il Teatro dei Gobbi, all'ultima commedia appena scritta. La nascita dei personaggi più celebri, dalla Signorina Snob alla signora Cecioni. E gli amori, anche: due uomini da raccontare senza imbarazzi come grandi traditori. E, net-tissimo, il ritratto di una generazione di donne libere e anticonformiste, uscite dalla guerra ventenni con una sto-ria tutta da inventare. Ma quello che conta, e che resta, è il sorriso storto con cui Franca Valeri commenta e valuta ogni episodio, è la qualità dello sguardo, la grana della voce che trasfigura tutto, l'incontro con Charlie Chaplin dietro le quinte di un teatro come la descrizione di un vestito di georgette. Capita, leggendo questo libro, di tor-nare indietro. Si sorvola su una frase e mentre si legge quella successiva si è colpiti da una freccia sulla nuca. È una sensazione bellissima seguire un'intelligenza che va dove vuole, capace di sorridere sui grandi e sui piccoli eventi senza compiacimenti e senza retorica, offrendo ai nostri tempi ridondanti una irripetibile lezione di stile.

LA BIOGRAFIA

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GIORDANO BRUNO E LA CULTURA ROSACROCIANA

IN ITALIA E IN EUROPA

Alla fine del 2010 è stato dato alle stampe dalla casa ed. Di Renzo la Summa terminorum metaphysicorum, uno dei te-sti latini più importanti, dettato da Giordano Bruno al suo allievo Raphael Egli. Il traduttore e curatore , Guido Del Giudice, introduce il testo di Bruno con un saggio: “Bru-no in Svizzera, tra alchimisti e rosacroce”. E’ proprio questo scritto a riaprire un dibattito sui rapporti tra Bruno e gli illuminati, attraverso la ricostruzione degli spostamenti del filosofo tra la Svizzera e la Germania e i contatti che riuscì ad intessere con esponenti della Confraternita che “proba-bilmente” si stava già formando in Germania. La tavola ro-tonda che si è tenuta a Perugia il 12 marzo, ha cercato, anche confrontandosi con i testi appena citati che hanno elaborato una riflessione profonda delle opere di Giordano Bruno, e

con le pubblicazioni rosacrociane, di attraversare dubbi, aggiungere conoscenze. La speculazione filosofica si è aperta, necessariamente, alla riflessione sulle drammatiche situazioni storiche che insanguinarono l’Europa del ‘500, le guerre di religione del tempo di Bruno e la guerra dei trent’anni (1618-1648) del tempo dei Rosacroce, ma ha cercato anche di entrare nel profondo della filosofia del grande Nolano per meglio comprendere, forse, il nostro tempo di conflitti, molti dei quali ancora religiosi, e la battaglia delle idee per cui il filosofo sacrificò la sua vita.

Presentazione della Tavola Rotonda

Nel 1972 Frances A.Yates nel suo testo “L’illu-minismo dei Rosa-Croce”, uno stile di pensiero nell’Europa del Seicento, aprì una stagione di studi sul movimento rosacrociano o meglio sui Fratelli della Rosa Croce. La studiosa inglese, nonostan-te lasciasse aperta la ricerca ad altre fonti, per lei in quel momento indisponibili, espresse spesso alcune riserve sulle “pessime associazioni di idee” che seguono, in maniera acritica, l’uso del termi-ne “rosacrociano”, un modo di pensare, secondo la Yates , nato dall’incontro tra il Rinascimento e la prima fase, nel ‘600, della rivoluzione scientifi-ca. Il movimento, attraverso i suoi ispiratori, come John Dee in Inghilterra e i suoi sostenitori come Naudé in Francia, ebbe un grande successo in Ger-mania dove il manifesto della Fama, presentava i Rosa Croce come una confraternita di illuminati.

E’ proprio questo termine che dà luogo ai possibili collega-menti, operati tra l’altro proprio dal francese Naudè, con gli ispiratori del movimento, tra cui Giordano Bruno. In effetti potrebbe essere proprio la tradizione ermetica rinascimentale

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a cui appartenevano non solo filo-sofi ma anche matematici, lette-rati, musicisti, a rendere possibile lo sviluppo della cultura rosacro-ciana. Questo il pensiero di Fran-ces A. Yates che nel 1964 pubbli-cò un’importante monografia su Giordano Bruno e la tradizione er-metica. Si trattava, però, di un’in-terpretazione che, risolvendo il pensiero di Bruno nell’ermetismo- il complesso di testi e di posizioni, attribuiti all’antichissima sapienza di Ermete Trismegisto, scritti tra il I° e II° secolo d.C-, non valutava la

lunga e complessa riflessione di Bruno intorno alla magia e soprattutto sul rappor-to che la lega alla “nova filosofia” e alla concezione di Vita-materia infinita da cui essa teoricamente è fondata. Alla luce della riforma della “magia” e delle cosiddette opere “magiche” pubblicate nel 1891, segnalate già da Abraham Noroff nel 1868, è possibile cogliere il valore che il Nolano attribuisce alla politica e alla religione.Per comprendere in maniera più profonda il progetto di una riforma del sapere e le radici teoriche dell’interesse bruniano per la prassi magica come si evolve dal Sigillus sigillorum (1583) alle ultime opere, bisognerà considerarne alcune che scrisse durante il suo soggiorno ad Helmestedt. Per conoscere l’originalità del pensiero di Bruno occorrerà attendere il 2000, anno in cui uscirà la nuova edi-zione delle opere magiche (con la traduzione italiana a fronte) curate da S.Bassi, E.Scapparone e N.Tirinnanzi per Adelphi. Nel 2010 viene dato alle stampe dalla casa ed. Di Renzo la Summa terminorum metaphysicorum, uno dei testi latini più

importanti, dettato dal No-lano al suo allievo Raphael Egli. Il traduttore e curato-re G.Del Giudice, introdu-ce il testo di Bruno con un saggio “Bruno in Svizzera, tra alchimisti e rosacroce”. E’ proprio questo scritto a riaprire un dibattito sui rapporti tra Bruno e gli il-luminati, attraverso la rico-struzione degli spostamenti del filosofo tra la Svizzera e

la Germania e i contatti che riuscì ad intessere con esponenti della Confraternita che “probabilmente” era già attiva in Germania. La tavola rotonda che si è tenuta a Perugia il 12 marzo al Tempio Maggiore del Collegio dei Maestri Venerabili dell'Umbria, Grande Oriente d?Italia- Palazzo Giustiniani - Corso Cavour, 97 - Perugiaorganizzato da - Antico e Primitivo Rito di Misraim e Memphis - Accademia dei Filaleti di Pe-rugia, di Ancona e di Roma-Associazione culturale Giordano Bruno filosofo del divenire, ha cercato, an-che confrontandosi con i testi appena citati che han-

no elaborato una riflessione profonda delle opere di Giordano Bruno, e con le pubblicazioni rosacrociane, di attraversare dubbi, aggiungere conoscenze. La speculazione filosofica si è aperta, necessariamente, alla riflessione sulle drammati-che situazioni storiche che insanguinarono l’Europa del ‘500, le guerre di religione del tempo di Bruno e la guerra dei trent’anni (1618-1648) del tempo dei Rosacroce. Si è cercato nel profondo della filosofia del grande Nolano per meglio comprendere, forse, il nostro tempo di conflitti, molti dei quali ancora religiosi, e la battaglia delle idee per cui il filosofo sacrificò la sua vita.

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C’è una donna di nome Lisa, vissuta nella Firenze rinascimentale, che a distanza di secoli tiene ancora alta l’attenzione su di sé. Lisa Gherardini, moglie del mercante fiorentino Francesco del Giocondo (per questo detta anche “la Gioconda”), sarebbe la protagonista del dipinto a olio su tavola di pioppo (77x53 cm, databile 1503-1514 circa, conservato al Museo del Louvre a Parigi) secondo una ormai accreditata versione di Giorgio

Vasari. Il Vasari, contemporaneo della donna e autore tra l’altro di un famoso trattato sulle biografie dei grandi artisti italiani, afferma che il quadro fu commissionato proprio dal marito di lei al grande Leonardo Da Vinci. Il condizionale è d’obbligo perché alcuni studiosi nutrono ancora delle riserve sull’identità della modella ritratta. Anche per dissolvere questi dubbi il 27 aprile si procederà al primo atto di un progetto più ampio che ha l’ambizione di riportare alla luce i resti della nobildonna per farne oggetto di un attento studio. Attraverso lo strumento avanzato del georadar, che consente di individuare eventuali reperti sotto la pavimentazione, si setaccerà il sottosuolo dell’ex convento di Sant’Orsola a Firenze dove si ritiene riposino le spoglie di Monna Lisa. Mille metri quadrati circa sotto esame, 12.000 euro il costo sostenuto dalla Provincia di Firenze (proprietaria dell’edificio) per realizzare l’iniziativa coordinata da un team di esperti riuniti nel Comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici culturali e ambientali di Roma, il cui presidente è lo storico dell’arte Silvano Vinceti, già cacciatore delle ossa del Caravaggio. Grazie alle ricerche condotte dallo studioso Giuseppe Pallanti presso l’Archivio di Stato di Firenze sappiamo che Lisa Gherardini ha passato gli ultimi due anni di vita tra le mura del convento di Sant’Orsola (dove la figlia divenuta Suor Ludovica, se ne prese cura fino alla morte sopraggiunta il 15 luglio 1542) e qui fu seppellita. Sempre dalle ricerche del Pallanti apprendiamo che la tomba di Francesco del Giocondo si trova nella chiesa fiorentina della Santissima Annunziata, dove vennero sepolti in seguito anche i figli Bartolomeo e Piero. Il suo contributo però si ferma qui. Giuseppe Pallanti, biografo di Lisa Gherardini, ha commentato: ‘’Non partecipo alla ricerca in S.Orsola che tuttavia mi sembra legittima, nonché molto complessa. Aspettiamo i risultati di queste verifiche’’. Il professore Francesco Mallegni, paleopatologo dell’Università di Pisa, a cui già si devono le identificazioni delle ossa di Giotto e del conte Ugolino, ha affermato che “verrà ricercato lo scheletro di una donna di 63 anni con particolari caratteristiche storico-documentarie e qualora fosse ritrovato sarà restaurato, consolidato e sottoposto a vari test tra i quali la comparazione del Dna con le spoglie dei figli per stabilirne la familiarità. Successivamente si ipotizza anche la ricostruzione fisiognomica del volto in modo da confrontare la vera Monna Lisa con il quadro di Leonardo”. Ma c’è chi ritiene inutile la ricerca. Da Liverpool il giornalista inglese Chris Johnson afferma che i resti, qualora vi fossero stati, sarebbero andati perduti in seguito ai lavori che hanno interessato l’edificio negli anni ‘80 allo scopo di ospitare una caserma militare con un connesso posteggio sotterraneo proprio in corrispondenza di un chiostro. I detriti sono stati portati in una discarica, probabilmente quella di Case Passerini, e attualmente non rimarrebbero che le mura esterne e qualche arco del XIV secolo. Le diverse destinazioni d’uso dell’ex convento lasciano poco spazio all’ottimismo: fin dal ‘300 fu un luogo religioso e tale rimase fino al 1810 quando venne trasformato in una manifattura per tabacchi.

...alla ricerca della Monnalisa

sepoltadi Rossana Furfaro

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Negli anni ’40 e ’50 del ‘900 ospitò sfollati di guerra e aule universitarie fino a raggiungere l’attuale stato di abbandono. Ma Vinceti replica prontamente che ogni avvenimento intervenuto nella storia della costruzione ha lasciato intatto il sottosuolo, dove si troverebbero anfratti, nascondigli, sepolcreti che il georadar potrebbe facilmente individuare. I discendenti non sono esattamente entusiasti dell’iniziativa. Sul sito adnkronos.it viene riportata la dichiarazione di una di loro, Natalia Strozzi Guicciradini, datata 5 aprile: “Lasciate in pace Monna Lisa, la sua storia, il suo passato. Lasciate alla Gioconda quel mistero che l’ha resa famosa in tutto il mondo”. E poi aggiunge: “Da anni la mia famiglia sapeva che i resti di Monna Lisa potevano essere nell’ex convento di Sant’Orsola a Firenze, ne parlavamo spesso con mia nonna. Un racconto affascinante per noi bambine, come del resto tutta la storia della nostra famiglia”. Scavare nel passato di quell’edificio, rintracciare le ossa di ignari soggetti che dovrebbero riposare in pace, porterà davvero ad una svolta

definitiva nell’identificazione della misteriosa modella di Leonardo? La caccia ai resti è aperta e senza dubbio il fascino emanato dal quadro più ammirato del Louvre non smetterà di ammaliare le generazioni future qualora venissero alla luce elementi nuovi. Nel bene e nel male si continuerà a parlare di lei, del suo sottile sorriso, dei suoi occhi che nasconderebbero simboli misteriosi a detta di Luigi Borgia, membro del Comitato. Difatti Leonardo vi lavorò anni e anni ritornando più volte con nuove pennellate quasi a ricercare la perfezione, inducendo a pensare che ogni ritocco equivale ad un nuovo messaggio del genio- artista. Dal canto suo Monna Lisa o chiunque ella sia continuerà a seguire con lo sguardo ogni ammiratore dietro il vetro a cui l’hanno costretta per proteggerla da ladri, vandali e flash invadenti. Con quella tranquillità nel volto così disteso da provocare invidia e al tempo stesso mistero, con le braccia adagiate sul grembo e le mani sciolte come a godersi uno spettacolo, in attesa paziente che qualcuno faccia luce sulla sua storia.

Presto ”La Suprema” si presterà nuovamente da scenario alla biennale d’arte contemporanea Ge-novArte 2011; capitale europea della cultura nel

2004, Genova ha saputo affermarsi come uno tra i più ricchi centri artistici, storici, scientifici, industriali e tu-ristici del Bel Paese... sviluppando negli anni un sempre più vivido fermento per la valorizzazione e la celebrazio-ne delle prestigiose risorse del proprio patrimonio. Vicoli caratteristici, il Porto Antico, il Polo Museale di Via Ga-ribaldi ed alcuni tra i palazzi storici più belli d’Europa, molti dei quali sono stati dichiarati patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO; si tratta di una città che, oltre a vantare il prestigio di opere architettoniche moder-ne d’avanguardia firmate Renzo Piano, è la preziosa te-stimonianza tanto dell’epoca medievale quanto di quella barocca e risorgimentale. Genova racconta di una “storia dell’arte” in continuo divenire... ed è proprio in virtù di questo che il centro per la diffusione e la promozione del-le arti Satura Art Gallery di Genova - con il patrocinio di strutture pubbliche e private - sostiene questa bien-nale, per promuovere l’interesse comune per l’arte, crea-re contatti e sinergie interessanti, offrire un’opportunità di scambio interculturale e, se vogliamo, di educazione al linguaggio alternativo; GenovArte offre un motivo di confronto tra artisti e cifre stilistiche ed un’occasione in

più per esporre all’analisi critica e all’indagine popolare gli approcci sperimentali della produzione artistica con-temporanea.

REGOLAMENTO Con il Patrocinio di Regione Liguria, Provincia e Comune di Genova, Mu-nicipio 1 Centro Est, SATURA art gallery, con sede in Genova, indice la IV Biennale d’Arte Contemporanea GenovARTE 2011.

GenovARTE 2011di Caterina Guerrieri

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Art. 1 Destinatari del concorso Il concorso è rivolto ad artisti di tutte le nazionalità operanti in Italia, nelle discipline di: pittura, scultura, fotografia.

Art. 2 Tecniche, formato e tema Ciascun artista può partecipare con una sola opera, in piena libertà stilistica e tecnica (tempera, olio, inchiostro, acrilico, vinile, acquerello, grafite, collage, fotografia, etc.) e su qualsiasi supporto (tela, carta, legno, ferro, plastica, etc.) Le dimensioni sono libere purché dentro le misure massime di cm. 200hX150. Le sculture non dovranno superare cm. 50X50X120h e 40 Kg di peso. Il tema è libero.

Art. 3 Come partecipare E’ necessario inviare una fotografia a colori di dimen-sioni non inferiori a cm. 12X18 e non superiori a cm. 24X30 o tramite CD. La fotografia potrà essere inviata anche per posta elettronica in formato jpeg (almeno 300 dpi).

Il modulo di partecipazione, la fotografia, la ricevuta dell’avvenuto paga-mento ed eventuale materiale documentario/biografico dovrà pervenire en-tro il 30 aprile 2011 a: SATURA art gallery, piazza Stella 5/1 16123 Ge-nova o all’indirizzo di posta elettronica [email protected] Dal momento che la selezione avverrà sulla base delle fotografie ricevute, si consiglia l’invio di fotografie professionali. Le fotografie e tutto il materiale documentativo non sarà restituito. Per consentire un coordinamento organizzativo adeguato s’invita ad inviare nel più breve tempo possibile il modulo di partecipazione. Il modulo di partecipazione è scaricabile dal sito: www.satura.it o www.facebook.com/satura.genova oppure può essere richiesto presso la segreteria del premio.

Art. 4 Prima selezione La selezione di tutte le fotografie ricevute avviene attra-verso il vaglio della Giuria del concorso, il cui giudizio è insindacabile ed i cui nomi saranno resi noti il giorno dell’inaugurazione. Le opere così selezionate parteciperanno alla IV Biennale d’Arte Contemporanea GenovARTE 2011 ospitata negli splendidi locali di Palazzo Stella. Alla rassegna parteciperanno, inoltre, artisti invitati direttamente dal comitato organizzatore, per i quali non è prevista alcuna selezione. La rassegna s’inaugurerà sabato 18 giugno 2011 e rimarrà aperta fino al 02 luglio 2011. Data la natura spiccatamente culturale del Concorso, è richiesto un contributo di € 20,00 per spese di segreteria ed or-ganizzative, che dovrà avvenire unitamente alla spedizione del materiale. Il ver-samento potrà essere effettuato con bonifico bancario intestato a: Associazione Culturale Satura, Banca Intesa, Piazza Leonardo da Vinci 9/R Genova (C/C numero 59630260158 codice ABI 3069 codice CAB 1495 IBAN IT37 G030 6901 4950 5963 0260 158) o tramite vaglia postale intestato a: Associazione Culturale Satura, piazza Stella 5/1 16123 Genova, oppure assegno circolare non trasferibile inviato all’indirizzo dell’Associazione.

Art. 5 Presentazione delle opere Agli artisti selezionati sarà richiesta l’opera originale. L’opera dovrà essere senza vetro, senza cornice e provvista di un’uni-ca attaccaglia (le opere fotografiche potranno essere presentate con vetro). Le opere dovranno giungere presso SATURA art gallery, (piazza Stella 5/1 16123 Genova) entro la data che sarà successivamente comunicata agli artisti selezio-nati. Le opere inviate per corrispondenza saranno accettate solo con spese e rischio a carico del partecipante, sia per l’andata sia per il ritorno (restituzione).

Art. 6 Premi Sarà individuato tra i partecipanti un primo premio assoluto nelle diverse sezioni: pittura, scultura, fotografia, cui sarà offerto una mostra personale nel corso del 2012, un servizio ad hoc di tre pagine, con intervista e pubblicazione delle opere, sulla rivista SATURA arte letteratura spettacolo.Al secondo e al terzo classificato saranno dedicati, nel corso del 2012, una mostra collettiva presso la sede dell’Associazione e un servizio di due pagine, con intervista e pubblicazione delle opere, sulla rivista SATURA arte letteratura spettacolo. La rivista SATURA arte letteratura spettacolo dedicherà ampie ru-

briche dedicate al premio.

Il montepremi complessivo sarà arricchito da premi istituzionali che saran-no resi noti il giorno della premiazione. Il Comitato Organizzatore si riser-va di individuare, tra i partecipanti, artisti emergenti, cui proporre possibilità espositive personalizzate. Le esposizioni sopra indicate sono comprensive di allestimento, vernice e comunicati stampa che verranno realizzati a cura della segreteria organizzativa del premio. Le spese di trasporto (andata e ritorno) e le eventuali assicurazioni delle opere saranno a carico e cura degli Artisti. Le opere rimarranno di proprietà degli Artisti.

Art. 7 Catalogo Tutti gli artisti che supereranno la prima selezione (Art. 4) saranno ammessi alla IV Biennale d’Arte Contemporanea GenoARTE 2011, dovranno versare un contributo di € 60,00 a parziale copertura delle spese per il catalogo della mostra e per quelle organizzative, con le medesime modalità elencate all’art.4. Una copia del catalogo sarà data gratuitamente a ogni artista partecipante che potrà essere ritirata durante i giorni dell’esposizione; l’even-tuale spesa di spedizione postale del catalogo nei giorni successivi alla chiusura della rassegna sarà a carico dell’artista.

Art. 8 Premiazione La premiazione dei vincitori avverrà alle ore 17.O0 del 18 giugno 2011 in concomitanza con l’inaugurazione della rassegna, alla presenza delle Autorità e di personalità di spicco del mondo artistico e culturale.

Art. 9 Restituzione delle opere ammesse Le opere ammesse alla mostra po-tranno essere ritirate personalmente dall’artista, o da un suo incaricato munito di delega, a partire dal 2 al 9 luglio 2011 durante l’orario di apertura della se-greteria. Gli artisti che faranno pervenire le loro opere tramite corriere espresso, dovranno richiederne la restituzione incaricando un loro corriere di fiducia ed a proprie spese. Le opere dovranno essere inviate in un’ apposita cassa con viti riutilizzabile per il ritorno. Le opere non ritirate entro i termini stabiliti saranno considerate lascito degli artisti all’Associazione Culturale Satura.

Art. 10 Liberatoria Gli organizzatori, pur avendo la massima cura delle opere ricevute, non si assumono alcuna responsabilità per eventuali danni di traspor-to, manomissioni, incendio, furto o altre cause durante il periodo della mani-festazione, del magazzinaggio, dell’esposizione e della giacenza. Agli artisti è demandata la facoltà di stipulare eventuali assicurazioni contro tutti i danni che le opere potrebbero subire.

Art. 11 Accettazione delle condizioni Gli artisti sono garanti dell’originalità dell’opera che presentano e partecipando alla IV Biennale d’Arte Contempora-nea GenovARTE 2011 accettano implicitamente tutte le norme contenute nel presente regolamento, nessuna esclusa.

Art. 12 Immagine delle opere Il Premio sarà largamente pubblicizzato sia in ambito locale sia nazionale e, a tal fine, lo sfruttamento delle immagini delle opere esposte resterà ad esclusivo vantaggio degli organizzatori.

Art. 13 Privacy Le informazioni custodite nel nostro archivio verranno utiliz-zate per la partecipazione al concorso e per l’invio del materiale informativo. È prevista la possibilità di richiederne la rettifica o cancellazione, come previsto dalla legge 675/96 sulla tutela dei dati personali.

Organizzazione Generale: SATURA art gallery associazione culturale – centro per la promozione e divulgazione delle artiRiferimenti telefonici: 010.246.82.84 – 010.66.29.17 cell.338.291.62.43

E-mail: [email protected] http://www.satura.it

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Era2000 27P.zza Costituzione, 10 Cagliari

Tel: 070 658206

Al Centro di Cultura contemporanea Strozzina, Fondazione palazzo Strozzi di Firenze fino a mag-gio la mostra poliedrica e caleidoscopica di giovani

talenti italiani. La particolarità dell'evento riguarda una visione dell'arte a 360 gradi. Pittura,disegno, scultura, vi-deo, installazione, fotografia saranno presenti in differen-ti forme e comunicazioni per rappresentare al meglio la ricerca di 16 talenti italiani.Gli artisti in mostra saranno

Giorgio Andreotta Calò, Meris Angioletti, Riccardo Be-nassi, Rossana Buremi, Ludovica Carbotta, Alessandro Ceresoli, Loredana Di Lillo, Patrizio Di Massimo, Va-lentino Diego, Luca Francesconi, Invernomuto, Mar-gherita Moscardini, Giovanni Ozzola, Luigi Presicce, Antonio Rovaldi, Alberto Tadiello. Insieme alla mostra un premio per aiutare nel loro percorso artistico non sempre facile i giovani emergenti.Il vincitore riceverà il finanziamento della Fondazione Palazzo Strozzi per una monografia dedicata al suo lavoro, pubblicata da Sil-vana editoriale. “Il CCCS - sottolinea Franziska Nori, direttore della Strozzina - coerentemente con la sua po-litica, vuole essere un punto di riferimento per lo stato dell’arte italiano e internazionale, non solo organizzan-do mostre ed eventi, quanto promuovendo il lavoro di giovani artisti. In quest’ottica s’inserisce il premio bien-nale Talenti Emergenti che vogliamo riproporre dopo il successo della prima edizione. In un panorama artistico così ricco di riconoscimenti, Talenti emergenti si distin-gue per la sua formula innovativa che garantisce serietà e qualità della scelta, attraverso una doppia selezione fatta, in prima battuta, da una giuria italiana, e in segui-to da una internazionale, coinvolgendo personalità di primo piano del panorama artistico europeo e mondia-le. La novità di quest’anno risiede nella possibilità che verrà data al premiato di poter pubblicare una propria monografia, che permetterà al pubblico e alla critica di conoscere e apprezzare la sua ricerca”. Il vincitore del premio Talenti Emergenti è Luigi Presicce, è stato giu-dicato da professionisti internazionali come Achim Bor-chardt-Hume (Whitechapel Gallery, Londra), Barbara Gordon (Hirshhorn Museum, Smithsonian Institution, Washington D.C.) e Adam Szymczyk (direttore della Kunsthalle Basel).Tutti gli artisti presenti nel percorso espositivo sono stati scelti dopo un accurata selezione da importanti curatori italiani: Luca Massimo Barbe-ro (MACRO, Roma), Chiara Bertola (HangarBicocca, Milano), Andrea Bruciati (GC.AC, Monfalcone) e Gia-cinto Di-PietrantonioGAMeC,Bergamo).

Info: Orari: martedì – domenica 10.00 - 20.00, giovedì 10.00 - 23.00. Lunedì chiuso. Speciale biglietto congiunto con la mostra Picasso,

Mirò, Dalì - Giovani e arrabbiati. La nascita della modernità: 10 euro website: www.strozzina.org www.palazzostrozzi.org

di Umberto Zonin

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il Glue, l’Alternative Concept Space di Firenze presenta:

IN UN MONDO MIGLIORE… - nuova rassegna cinematografica -

D opo il ciclo “interattivo” eccoci di nuo-vo a proporre una serie di film “a tema” con un pizzico di ottimismo… Quello che

è successo al Glue in questa prima stagione è una pic-cola magia ed è per questo che si è pensato ad un ci-clo che parlasse di un atteggiamento che ci ha portati fino a questo punto… l’ottimismo! Non aspettatevi film

spensierati e divertenti (o perlomeno non solo spensie-rati e divertenti). Aspettatevi degli ottimi film che, ol-tre a portare un messaggio “positivo” (più o meno tra le righe), vi “aiutino” ad essere ottimisti, almeno verso il mondo del Cinema che, nonostante la chiusura delle sale fiorentine, continua a regalarci belle sorprese… Vi aspettiamo al Glue sperando in un mondo migliore…

Giovedì 14 aprile 2011Mr. Nobody di Jaco Van Dormael (versione in inglese con sottotitoli in spagnolo)Uno dei film che i distributori italiani hanno deciso di non farci ve-dere… Un bambino è in piedi sulla banchina della stazione. Il treno sta per partire. Sarebbe meglio che andasse con la madre o che rima-nesse con il padre? Una decisione che racchiude uno spettro infinito di possibilità. Finché non sceglie, tutto è possibile, ogni vita merita di essere vissuta… Giovedì 21 aprile 2011 The Social Network di David Fincher

Dalla mente, ormai, maniacale di David Fincher la storia della nascita dell’ormai “indispensabile” Facebook…

Giovedì 28 aprile 2011 Una lunga domenica di passioni di Jean-Pierre Jeunet Un’originalissima favola romantica ambientata ai tempi della Prima guerra mondiale dal “visionario” Jean-Pierre Jeunet Un piccolo gio-iello ingiustamente poco conosciuto.

Giovedì 05 maggio 2011 Animal Kingdom di David Michod Il film con la storia meno ottimista della rassegna. Un opera prima potente e già matura. Dall’Australia uno dei più bei film della scorsa stagione vincitore del Sundance Film Festival nella categoria World Cinema Dramatic.

Giovedì 12 maggio 2011 Departures di Yojiro TakitaVincitore dell’Oscar come Miglior Film Straniero nel 2010. Una sor-presa che arriva dal Giappone. Un film minimalista che racchiude in sé una dolcezza ottimistica…

Giovedì 19 maggio 2011 American Life di Sam MendesDal regista premio Oscar Sam Mendes un film (che rischiava di rima-nere invisibile) delicato e divertente scritto dalla coppia Dave Eggers e Vendela Vida.

Giovedì 26 maggio 2011 In un mondo migliore di Susanne BierA chiusura del ciclo il film da cui prende spunto l’intera rassegna. L’ennesima grande prova dell’ormai riconosciuta Susanne Bier pre-miata con l’Oscar 2011 per il Miglior Film Straniero.

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Dal prossimo 10 aprile fino al 31 dicembre del 2012, la Punta della Dogana a Venezia ospiterà la mostra curata da Caroline Burgeois per la Fon-

dazione François Pinault “Elogio del dubbio”. Punta della Dogana, come saprete, è uno splendido edifico seicentesco a pianta triangolare tra il Ca-nal Grande ed il Canale della Giudecca... ed è collegato a Palazzo Grassi, sede di mo-stre d’arte di particolare inte-resse nonchè palazzo tra i più prestigiosi di Venezia; l’opera di recupero commissionata dal magnate François Pinault nel 2009 ha reso anche Punta della Dogana uno splendido centro d’arte contempora-nea. Le opere dell’ “Elogio del dubbio”, tra capolavori storici e produzioni di più attuale realizzazione, saranno sessanta e circa 20 gli artisti coinvolti. Il percorso indaga il sentimento dell’inquietu-dine, l’identità individuale nella crisi delle certezze non-chè l’intensità del legame che intercorre tra l’opera d’arte e l’intimità del suo stesso au-tore... sul cui stato d’animo, appunto, va a strutturarsi la poetica del dubbio . Più della metà della ricca selezione di opere esposte in occasione di questa mostra, non sono mai state mostrate nelle precedenti esposizioni della Fon-

Venezia, Punta della Dogana: “Elogio del dubbio”

dazione Pinault; inoltre vi saranno alcune opere assoluta-mente inedite, appositamente realizzate “site specific” per l’occasione da due giovani artiste contemporanee: l’etiope Julie Mehretu e la francese Tatiana Trouvè. Tra gli altri

artisti coinvolti ci sono sia nomi noti alla critica che già godono di grande approva-zione... che talenti per lo più emergenti, ancora sconosciu-ti al grande pubblico: Mau-rizio Cattelan, Jeff Koons e Jeff Bauman, anche Adel Abdessemed, Marcel Brood-thaers, Dan Flavin, Subodh Gupta, David Hammons, Roni Horn, Thomas House-ago, Donald Judd, Edward Kienholz, Paul McCarthy, Sigmar Polke, Thomas Shut-te, Elaine Sturtevant, Chen Zen... ed altri ancora. Pur conservando identità distinte e programmazioni di diverso tipo, la sinergia tra Palazzo Grassi e Punta della Dogana rappresenta un grande mo-tore culturale per Venezia... un’interessantissima intera-

zione complementare tra una realtà destinata, per lo più, ad esposizioni temporanee ed un’altra che si presta invece alle permanenti della collezione François Pinault. Per in-formazioni o prenotazioni chiamate l’199139139 o visita-te il sito www.palazzograssi.it

di Caterina Guerrieri

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Fino al 17 luglio Palazzo Strozzi ospiterà la mo-stra Picasso, Miró e Dalí. Giovani e arrabbia-ti: la nascita della modernità. La mostra par-

te da una idea contemporanea della comunicazione differente dalla maggior parte delle esposizioni in cui sono stati protagonisti i tre artisti. L'obbiettivo è soprattutto quello di far conoscere al visitatore in maniera approfondita il periodo dei primi del no-vecento dove iniziavano a muoversi artisticamente Miró, Dalí e Picasso. Si inizia infatti con un film che racconta i vari incontri e approcci dei tre fa-mosi Spagnoli. Tutti e tre condividono un interesse comune, l'anarchia verso le istituzioni, le classi più abbienti, tutti e tre rivoluzionari che a loro modo sconvolsero l'arte e la cultura dell'epoca. Nel per-corso espositivo è possibile ammirare 60 opere di Picasso, Dalí e Miró, cento schizzi picassiani pro-venienti da collezioni private e dai più famosi musei spagnoli. Organizzata dall'Ente cassa di Risparmio di Firenze e dalla Fondazione Palazzo Strozzi con la collaborazione della Soprintendenza del Polo mu-seale fiorentino. Curata da Eugenio Carmona, pro-fessore di Storia dell'arte all'università di Malaga e Christoph Vitali,direttore dello Shirn Kunsthalle di Francoforte, della Fondation Bayeler di Basilea e della Kunst-und Ausstellungshalle der Bundesrepu-blik Deutschaland di Bonn. Il visitatore attraversa la mostra tra spazi chiamati “pensieri”da fil rouge tra le varie opere il famoso “Cahier n.7”, si percor-rono 5 sezioni che comprendono quasi 30 anni nei quali si sottolineano i vari incontri tra i tre artisti. Il primo incontro, la visita di Dalí a Picasso a Parigi nel 1926, ed ancora l'incrocio tra Miró e Picasso nel 1917, si conclude con l'arrivo del giovane Pi-casso a Parigi nel 1900. Al termine del percorso tre opere fondamentali dei splendidi maestri spagnoli che sconvolsero la visone della storia dell'arte : il capolavoro cubista di Picasso Donna che piange del 1937, la Composizione geometrica di Miró del 1933, l'Arlecchino di Dalí del 1926.

“Giovani e arrabbiati, la nascita della modernità”Picasso, Miró, Dalí

in corso a Firenze

di Cassandra Nail

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Vista come una singolare anticipazione di certi aspetti del surrealismo, la sua opera ha trovato nel Nove-cento – a distanza quindi di ben quattro secoli – ha

incontrato una particolare fortuna. Parliamo di Arcimboldo (al secolo Giuseppe Arcimboldi (Milano, 1527 – 1593), ar-tista ormai da tutti conosciuto e celebrato per la sua pittu-ra illusionistica, insieme fantastica e minuziosa, legata sia al manierismo sia all’allegorismo tardocinquecentesco; caratte-ristici i suoi ritratti caricaturali e allegorici realizzati con l’ac-costamento di fiori, frutta, ortag-gi e animali, che rivelano un suo stretto rapporto con il manierismo nordico. Artista profano e bizzarro, Arcimboldo deve la sua “fortuna” all’ambiente delle corti europee, in particolare quella di Rodolfo II di Boemia, che a quello lombardo, anche se a Milano è radicata la sua formazione, all’inizio come colla-boratore del padre Biagio, maestro di vetrate del Duomo e, nell’am-bito lombardo, realizzò nel 1558 i cartoni per una serie di arazzi per il Duomo di Como e collaborò poi con Giuseppe Meda nella deco-razione del transetto meridionale del Duomo di Monza. Celebrato come emblema dell’artista di cor-te, la figura di Arcimboldo viene di nuovo riproposta al centro di un grande evento espositivo nel capo-luogo lombardo, teso a mettere nuovamente a fuoco la sua opera in relazione con la realtà artistica della Milano del suo tempo per evidenziare e far comprendere come le invenzioni fantastiche da lui realizzate a Vienna e a Praga possano es-sere spiegate solo alla luce della tradizione lombarda che, a partire da Leonardo aveva incominciato ad interessarsi alla rappresentazione degli aspetti fisiognomico-caricaturali e a volgersi con nuova attenzione all’universo variegato della na-tura. Un’indagine che, com’è noto, culminerà alla fine del secolo e gli inizi del successivo con Caravaggio e con la na-scita del genere della “natura morta”. Va anche ricordato che, come Leonardo, Arcimboldo fu anche ideatore di costumi e di scenografie per le feste di corte, a testimonianza del genio inventivo ed innovativo dell’arte lombarda del Cinquecento, al cui tessuto artistico l’opera di Arcimboldo appare stretta-mente connessa, benché svolta per lunghi anni lontano dalla città natale. Tra il genio toscano, creatore della “Gioconda”, e i “cesti di frutta” di Michelangelo Merisi, questo protago-

nista del Cinquecento milanese viene idealmente collocato nella mostra “Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio”, curata da Sylvia Ferino-Pagden ed allestita nelle sale di Palazzo Reale (superbo il catalogo realizzato da Skira). La curatrice dirige la Pinacoteca del Kunshistorisches Museum di Vienna, cui si deve il prestito del nucleo più corposo di opere che vengono esposte in un’articolazione in nove sezioni che introduce e coinvolge il visitatore nella Mi-lano cinquecentesca, in un percorso affascinante tra disegni,

pittura e preziosi oggetti usciti dalle officine artigianali milanesi, all’epoca rinomatissime per la qualità e l’eccel-lenza dei propri manufatti artistici, inteso a restituire Arcimboldo al suo contesto d’origine. Si parte dall’ana-lisi dei poli principali attorno ai quali ruota la cultura artistica milanese del Cinquecento: da un lato il genio leo-nardesco, dall’altro le grandi officine artistiche milanesi, con una scelta di disegni grotteschi di Leonardo ac-compagnati da disegni e dipinti di seguaci come Girolamo Della Porta, Bernardino Luini, Francesco Melzi, Giovanni Paolo Lomazzo e Giovanni Ambrogio Figino, che attestano l’in-fluenza di Leonardo nello studio della fisionomia caricata e della figura, della natura, della flora e della fauna; per passare poi al a stupendi cammei, vasi, scudi, preziose armi e armature, tessu-

ti raffinati, libri, medaglie, sculture, stampe, tutte opere di artisti e artigiani milanesi. Si entra poi nel vivo della mostra con la sezione “Arcimboldo a Milano”, che presenta le opere giovanili dell’artista e dei suoi maestri, a confronto con esem-pi rappresentativi dell’illustrazione naturalistica in Italia. Seguono le intricate composizione di fiori, frutti e animali che celano un complesso significato allegorico, cui maggior-mente è ricondotta l’originalità fantasiosa e per certi versi stravagante di Arcimboldo, il quale svolse inoltre un’intensa attività di inventore, animatore e regista di feste e tornei, ed inventore di prodigiose attrezzature e strabilianti mascherate. L’ottava sezione si concentra sul ritorno di Arcimboldo a Mi-lano dopo i successi all’estero e si apre con un “Autoritratto” del maestro del 1587 in cui si raffigura come “testa cartacea”, quasi a volersi “eternare”, più che come pittore, in veste di letterato e poeta. Chiude la mostra la strepitosa serie delle “teste reversibili” e delle nature morte, con alcuni capolavori assoluti della pittura italiana ed europea del secolo XVI.

Arcimboldo, artista milaneseIL GRANDE PITTORE “TORNA” NELLA SUA CITTÀ IN UNA BELLA MOSTRA AL PALAZZO REALE

di Michele De Luca

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L’ antico monastero di Santa Caterina si trasforma in resort a 5 stelle e in splen-dida SPA museo. Ai piedi del Monte Subasio nella città mistica per eccellen-za, il resort con le sue 18 suite domina la vallata umbra dall'alto della affasci-nante cittadina di Assisi. Già nota per aver dato i natali a San Francesco, nel 1275 ospita il convento delle benedet-tine, che a distanza di anni, dopo aver subito un accurato restauro, diventa Il NUN Relais & Spa Museum. Rispetta-ti i canoni architettonici dell'epoca nel-le suite si colgono gli inserti tecnologici tra affreschi, nicchie e volte a botte. Leit motiv della struttura unica nel suo ge-nere è il colore candido che avvolge nel design ogni forma dell'antico monaste-ro. Il centro benessere del Nun si sposa magnificamente con le testimonianza archeologiche di un anfiteatro romano. Dalla piscina si può ammirare un'anti-ca scala in calcare rosa, sulla quale sorge un podio rettangolare porta di accesso di un tempio dedicato alle acque, opera di antiche maestranze romane del I se-colo D.C. Inoltre all'interno del percor-so termale si incontrano due cisterne romane con volta a botte che ospitano sala massaggi e hammam del centro be-nessere. Per dedicare spazio anche ai sa-pori il ristorante NUN capitanato dallo chef Mirko Nocchetti regala piatti pre-libati e accattivanti legati alla tradizione del territorio umbro. Il Nun vi aspetta per ritemprare l'anima e il corpo in un ambiente elegante e accogliente.

NUNAssisi Relais & SPA Museum

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“Gli occhi dell’Annunciata di Recanati, si pensa di poter dire siano i più commoventi del-

la pittura. Spalancati, con le pupil-le grandi come laghi cupi nel buio; laghi del cuore, dove un’anima s’af-faccia e spaura, timida di confessarsi, torbida quasi per troppa innocenza. Capolavoro della trepidazione, della tristezza: i sentimenti inevitabili del Lotto”. Sono parole di Francesco Arcangeli, che meglio non potrebbe-ro introdurci nel vivo della vicenda artistica di Lorenzo Lotto (Venezia 1480 – Loreto 1556), in cui si pone tra l’altro, come culmine della sua potenza pittorica, un’opera che uno dei più grandi protagonisti del nostro Cinquecento realizzò nel 1508 (“Po-littico di Recanati”) nella città che sa-rebbe poi diventata famosa in tutto il mondo per aver partorito il genio as-soluto della poesia lirica italiana, cioè Giacomo Leopardi. Nella sua città natale il giovane artista si scontra ben presto con un ambiente dominato da Tiziano, troppo lontano dal suo modo di concepire l’arte. Scontro che pagò con una sorta di “ostraci-smo” che lo emarginò da importanti committenze ( basti pensare che in vent’anni riceverà la richiesta di tre soli dipinti) nonché dalla considera-zione dovutagli dalla critica d’arte più prestigiosa ed influente, che lo terrà nel dimenticatoio addirittura fino al XX secolo. Solo nel1895, infatti, grazie a Bernard Berenson (il quale scrisse: “Per capire bene il Cinque-cento, conoscere Lotto è importante quanto conoscere Tiziano”), i critici e gli storici dell’arte hanno osato ri-scoprire un maestro che, nel passato,

La grande mostra alle Scuderie del Quirinale a Roma

è stato considerato un esempio nega-tivo, da additare per mostrare come non bisognava dipingere; grazie allo studioso americano, tra i più grandi amanti ed esperti dell’arte italiana si è potuto assistere al grande recupero del Lotto, da considerare sicuramen-te come una delle maggiori conqui-ste del Novecento: le composizioni religiose e, soprattutto, i ritratti sono oggi considerati dagli studiosi e dal pubblico tra i dipinti più emozio-nanti del XVI secolo. Più che delle tendenze pittoriche venete a lui con-temporanee va detto che Lotto risen-te dell’inquieto influsso di Albrecht Durer e di quelle voci pur presenti in area veneta ma estranee alla predomi-nanza creativa e stilistica segnata da Giorgione e dal grande Cadorino a cui si era adeguata la maggioranza di artisti locali; fin dall’inizio della sua carriera Lotto manifesta una sorta di insofferenza per questo “andazzo” e per l’atteggiamento riverenziale verso costoro manifestando una personali-tà artistica spiccatamante autonoma. Non si hanno notizie precise circa la sua formazione, che dovette comun-que avvenire nella Città Lagunare e a Treviso, dove il pittore eseguì le sue prime opere documentate, fra cui il ritratto del “Vescovo Bernardo de’ Rossi” (1505), già indicativo del suo originale orientamento che da subito trascura le novità tonali della pittura veneziana per ricollegarsi piuttosto alla tradizione figurativa, anch’essa veneziana, che da Giovanni Bellini risale ad Alvise Vivarini e ad Anto-nello: tale tradizione offre al giovane Lorenzo spunti linguistici antitetici rispetto alla pittura senza disegno del

LOTTO, INQUIETO E “CONTRO CORRENTE”

di Michele De Luca

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Giorgione, e più consoni ad espri-mere la caratteristica inclinazione del pittore all’indagine penetrante della realtà. Già nei primi lavori, infatti, i suoi colori concorrono ad una defini-zione plastica della forma, ritagliata nei suoi contorni da un segno niti-do ed incisivo; anche la trasparenza della luce, lontana dalle vibrazioni atmosferiche dei dipinti dell’autore della “Tempesta” , viene sfidata per una cruda descrizione di ogni aspet-to della vita reale, con il risultato – come nel ritratto citato – di rendere nella lucida e tesa immagine fisica la verità psicologica del personaggio, contro ogni forma di idealizzazione classicheggiante. Costretto a svolgere il proprio lavoro lontano da Venezia, Lotto ottenne la commissione di un grande polittico per la chiesa di San Domenico a Recanati, in cui egli giunge ad una compiuta sintesi delle diverse componenti del proprio ori-ginale linguaggio; pur ritrovandovi, infatti, l’ambientazione architettoni-ca dei dipinti di Giovanni Bellini, è l’influsso di Durer a prevalere, por-tando il pittore a sovvertire l’ordine armonico delle composizioni tipi-

camente belliniane e ad introdurre accenti dinamici ed emozionali che sottraggono il quadro religioso a quella tradizionale e rassicurante cal-ma contemplativa. Nel 1509 Lotto si recò a Roma, attirato dai grandi avve-nimenti artistici del momento; il suo soggiorno nella Città Eterna fu ricco di esperienze, ma di esse purtroppo non rimangono tracce se non in do-cumenti che testimoniano della sua collaborazione con l’Urbinate nelle stanze vaticane. Circostanze scono-sciute lo riconducono nelle Marche, dove porta a conclusione, nel 1512, una pala per la chiesa di San Floria-no a Jesi rappresentante la “Depo-sizione”; molto importante perché appartiene ad un momento di vivace sperimentazione che approda – sulla base anche delle esperienze matu-rate a Roma – ad un più libero ed armonico ritmo compositivo basato su un’articolazione più duttile delle forme, mentre anche il colore sembra come ammorbidirsi grazie alla lezio-ne raffaellesca. Ciononostante, alla base dell’ispirazione dell’artista re-sta, ed affascina, una interpretazione emozionata e patetica, generata dal

suo forte sentimento religioso (passò gli ultimi anni della sua vita, in po-vertà, come “oblato” nella Santa Casa di Loreto). La vita di Lorenzo Lotto è stata spesso segnata da un’inquie-tudine dovuta all’incapacità di cedere a compromessi in campo artistico o anche spirituale. Non cercò mai il facile successo e perciò si trovò ripe-tutamente in difficoltà economiche. Piuttosto che tradire i propri ideali preferì una vita raminga in cerca di committenti che potessero capirlo ed apprezzarlo. Una grande mostra alle Scuderie del Quirinale a Roma (otti-mo catalogo edito da Silvana), curata da Giovanni Carlo Federico Villa, attraversa tutta la produzione artisti-ca di questo straordinario e solitario maestro del Rinascimento italiano che si autoproclamava “solo, senza fedel governo e molto inquieto nella mente”. In tutto ben cinquantasette opere fondamentali per comprende-re pienamente il percorso artistico e biografico di Lorenzo Lotto ed esal-tarne la visione e la poetica. Da non perdere, assolutamente.

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GRATO VIAGGI E VACANZEAgenzia di Foligno (Pg) - Via Garibaldi 32 - Tel: 0742.35.15.15

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VILLAGGI ITALIANI NEL MONDO

CARAIBIAnguilla, Cuba, Santo Domingo

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Piero LeonardiStili di Vista e la loro relazione con la pittura

La Calligrafia Fotografica® identifica il proprio Stile di Vista®: può essere, questo nuovo approccio, lo spunto per una possibile risoluzione del

contrastato rapporto tra Pittura e Fotografia?

L'approccio innovativo che Piero Leonardi illustrerà nel corso della sua Conferenza, e che lo condurrà alla rifles-sione sul rapporto dicotomico tra Pittura e Fotografia, poggia sui concetti di Calligrafia Fotografica® e Stile di Vista®, individuati, elaborati e argomentati da Leonar-di stesso che sintetizza così i concetti fondanti della sua ricerca: il mio dialogo con la Fotografia si caratterizza attraverso un continuo percorso di indagine quasi episte-mologica: sono certo occorra acquisire la consapevolezza di una propria Calligrafia Fotografica per rappresentare il nostro modo di vedere il mondo: è questo nuovo ap-proccio alla Fotografia, che passa attraverso la scoperta del proprio Stile di Vista, ad aver segnato le tappe nello sviluppo della mia ricerca.

Piero Leonardi ci spiega:“Seguo ed inseguo L'Anima delle Cose allo scopo di sve-lare legami impercettibili tra il mondo e chi lo osserva, nel tentativo artistico, e prima ancora filosofico, di cat-turare aspetti che vanno oltre al comune vedere. Come

Il fotografo romano Piero Leonardi parlerà del suo approccio concettuale verso la Fotografia nella Conferenza che terrà Sabato 9 Aprile 2011 alle ore 16,30 presso l'Auditorium Il Sole 24h a Milano. Introdurrà il tema il filosofo

Franco Campegiani. L'incontro è una delle tappe di riflessione e confronto di AAM.

Fotografo, prima dello scatto, proietto nell'immagine la mia visione, per vestirla di sensazioni e stato d'animo: il mio Stile di Vista. La Fotografia, dunque, per me non è mai una foto-copia della realtà, ma la sua trasfigurazione attraverso il media della mia percezione.” Il pensiero di Leonardi sembra quindi ricondurre al bisogno-finalità dell'Arte di sublimare l'accessibilità.

I panorami surreali di Leonardi rivelano, una nuova per-cezione del paesaggio apuano, incline all'individuazione dei valori pittorici della pietra penetrata da simboliche pennellate di matrice geologica. Con queste parole la fo-tografia di Piero Leonardi è stata apprezzata dal critico d'arte Sabrina Falzone.

www.pieroleonardi.com Ufficio Stampa

Sabrina Falzone: [email protected]

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Lei spiega che negli oggetti parte della nostra anima vie-ne trasportata in essi, quale è il segreto per fermarla e tra-sportarla in una fotografia? Per “fermarla” è certamente la sensibilità che abbiamo nell’osservare, ma soprattutto la sensibilità che abbiamo nel comprendere non tanto ciò che vediamo ma come lo vediamo. Konrad Fiedler teorizzava alla fine dell’800 che l’arte è un mezzo di co-noscenza ed espressione di un mondo mediato dalla vista, non una semplice fotografia della realtà ma espres-sione di forme, la cosiddetta “pura visibilità”, secondo Benedetto Croce. Siamo tutti in grado di ….“puramen-te di vedere”, la differenza sta nel capire, noi stessi, come lo facciamo. Il resto è tecnica fotografica.Quali sono le differenze più importanti tra fotografia in-terpretativa e fotografia documentativa?La fotografia documentativa è una foto-copia della real-tà, la fotografia interpretativa è l’immagine della realtà interpretata dal fotografo, c’è poi quella che io chiamo “fotografia percettiva”, con la quale cerco di fotografare non la materia, piuttosto il messaggio che ricevo da que-sta. Il messaggio non è altro che il transfer emozionale tra me e l’oggetto-soggetto. Nella fotografia documen-tativa non faccio altro che trasportare l’immagine, ad esempio di un fiore, da una realtà tridimensionale ad una a due dimensioni, se invece voglio mostrare la mia interpretazione del fiore, parto dal concetto che intorno ad esso ho uno spazio a disposizione, scelgo l’angolazio-ne che mi è più congeniale, scelgo l’illuminazione che preferisco e fotografo il mio fiore. In tutti e due i casi ho la foto di un fiore. Nella fotografia percettiva l’oggetto della mia foto è il messaggio tra me e il fiore ed il risulta-to non è necessariamente il fiore, può essere altro se quel fiore per me è altro, se vedo altro. Nel 2006 nasce il programma didattico “Calligrafia fo-tografica”, ce ne vuole parlare brevemente?Così come nella scrittura, solo dopo aver conosciuto e sviluppato una graduale capacità e competenza per com-porre un testo, comincia ad emergere la calligrafia, quale "segno" inconfondibile ed univoco della propria scrittu-ra, anche nella Fotografia può essere tracciato un simile percorso. Al contrario di altri corsi, dove il livello del programma si basa sulle conoscenze tecniche dei par-tecipanti, il format di “Calligrafia Fotografica”, pur af-frontando e premettendo in maniera esaustiva l’aspetto tecnico, comunque approcciato in modo ‘creativo’, ana-lizza e propone un aspetto filosofico indispensabile per raggiungere la conoscenza e quindi la competenza della propria chiave di lettura del mondo, il proprio “Lin-guaggio del Vedere”: la propria "Calligrafia Fotografica".

Stefania Legumi intervista Piero Leonardi

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Come si è avvicinato alla fotografia e quali sono i suoi maestri? Nel 1979, passeggiando per una via di Roma vidi in una vetrina una Nikon FM, non sapevo nulla di foto-grafia, quell’”oggetto” mi affascinò per la forma, per tutti i numerini colorati che c’erano sull’obiettivo, lo acquistai più come oggetto che come macchina fotografica, poi usandolo mi resi conto che la fotografia era un hobby co-stoso, così decisi che o smettevo o trasformavo l’hobby in una professione. Tra i miei maestri c’è sicuramente Tazio Secchiaroli, che frequentavo spesso, mi aiutò nella scelta delle foto della mia prima mostra: la ricostruzione dell’Ir-pinia ad un anno dal tragico terremoto; da lui ho appreso un aspetto filosofico della fotografia che mi era sconosciu-to e che ha influenzato l’approccio della mia ricerca. Tra gli autori che apprezzo ci sono sia pittori come An-selm Kiefer, Sam Francis, Jackson Pollok, che fotografi come Aron Siskind, Franco Fontana, Mario Giacomel-li… sarebbe lungo però citarli tutti.Quanto tempo occorre per sviluppare il personale lin-guaggio del vedere ? Non si può dire: ci sono persone predisposte a sognare ed altre che fanno più fatica.Ai miei corsi si iscrivono persone che fotografano con il telefonino, fotoamatori e professionisti. La tecnica foto-grafica è fatta di numeri, si impara, ciò che invece abbia-mo tutti è proprio la capacità di percepire, dobbiamo solo

prendere coscienza di questa capacità. Da lì alla consape-volezza del nostro “Stile di Vista” il passo è breve.Che tipo di rapporto c'è , secondo lei, tra pittura, foto-grafia e filosofia? Credo che la filosofia sia uno stile di pensiero trasversale a tutte le attività dell’uomo, quindi anche alla fotografia e alla pittura. Tutti possono sperimentare la calligrafia fotografica?Tutti abbiamo capacità di instaurare un feeling con gli oggetti. Qualsiasi cosa ci appartiene porta con sé un po’ di noi, scegliamo il cover per il telefonino, i nostri abiti, attacchiamo ciondoli nella nostra auto, sono tutti gesti che ci aiutano a sentirli nostri. Queste operazioni traspor-tano in essi un po’ della nostra anima. In questo modo riconosciamo loro una personalità. Esserne consapevoli è il primo passo verso una lettura di quest’anima. C’è poi chi la rappresenta con una poesia, chi con un quadro, io lo faccio con la fotografia e credo possano farlo tutti. La fotografia è comunicazione. Quanto questo linguag-gio ha influenzato la nostra società? Qualsiasi immagine è comunicazione e l’uomo ha da sempre usato le immagini per rappresentare il suo rapporto con il mondo, dai graf-fiti nelle caverne, alla fotografia. Più viviamo circondati da immagini, più queste condizionano la nostra vita e le nostre scelte, perciò esserne consapevoli è già un antidoto.

Fosco Giulianelli, fotografo di origini umbre, nei giorni della Milano Fashion Week 2011 è stato protagonista quale coau-tore e conduttore di un documentario-reality sulla vita delle

modelle a Milano prodotto dalla Fremantle Media per la televisione finlandese. Sotto i riflettori delle telecamere, nel lavoro di condu-zione, è stato affiancato dalla bellissima modella finlandese Saimi Hoyer. Il programma televisivo ha visto la prestigiosa partecipazio-ne di Leonardo Vecchiarelli, Renzo Rosso, Giovanni Gastel, Elio Fiorucci, Franca Sozzani, Diego Dolcini, Lapo Elkan ed Alessia Giacobino. Fosco, nato a Perugia, 17 anni fa si è trasferito a Stoc-colma, dove ora vive con la moglie svedese e 4 splendidi bambini, rimanendo tuttavia sempre legato alla sua terra natia. Oltre a svolge-re l'attività di fotografo, è un volto per spot pubblicitari nelle televi-sioni scandinave, uno showman del piccolo schermo ed un seguito cool hunter con il suo blog The Fashionist ( www.thefashionist.se ). Per la sua propensione a scoprire novità nel mondo della moda, oltre che per l'innata disinvoltura dietro le telecamere Fosco è stato l'anima del programma, muovendosi con naturalezza e professiona-lità tra i grandi nomi presenti alla settimana di moda milanese. Tra gli stilisti coinvolti nel programma citiamo Juan e Fabio del brand rivelazione Leitmotiv, che Giulianelli stima tra le realtà giovanili di maggior livello. Linee, forme e giochi cromatici della loro collezione sono stati un irresistibile stimolo per l'arte fotografica di Fosco. Le creazioni ricche di stampe vive, quasi in movimento, dedicate ai

di Stefania Legumi

viaggiatori della mente, indossate da Alessia di Paolo, dalla model-la e conduttrice televisiva finlandese, Saimi Hoyer e dalla scrittri-ce perugina Marta Cassieri, sono state immortalate dagli scatti di Fosco durante tutta la Milano Fashion Week. Leitmotiv trova la sua origine nel vincente sodalizio di Juan Caro e Fabio Sasso. Juan, colombiano di nascita, si trasferisce in Europa specializzandosi in arte visuale; Fabio, cresciuto artisticamente al Dams di Bologna, si forma come sarto; dal loro incontro sboccia una nuova forma di co-municazione che stupisce e sollecita la mente dei fruitori delle loro creazioni. La gamma completa dei colori, dal verde delle piante, all’azzurro dei ruscelli, alle tonalità dei fiori, è il motivo dominante della stagione F-W 2011-12, con uno spiccato richiamo alle storie fiabesche e surreali.( www.leit-motiv.com ). Fosco Giulianelli con il suo lavoro è grande motivo di vanto per l'Umbria. Nella foto Juan Caro e Fabio Sasso, Leitmotiv, con la scrittrice perugina Marta Cassieri.

C'è dell'Umbria nella televisione finlandese

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Il successo dei Leitmotiv, al secolo Juan Caro e Fabio Sasso, dimostra almeno tre cose, che dovrebbero essere di buon auspicio per

i giovani designer che vogliono tentare la strada della moda. Primo: si può emergere anche sen-za vivere e lavorare nell'epicentro del Made in Italy, Milano. Fabio e Juan vivono (felicemente) a Bologna, e non hanno nessuna intenzione di lasciare portici e tagliatelle. Secondo: non sono le scorciatoie, le amicizie e gli "agganci" l'uni-ca strada per farsi notare e conoscere. I due ra-gazzi mantengono, nonostante i tanti successi che hanno maturato nel giro di una manciata di anni, uno spirito incredibilmente naif, quasi stralunato. Eppure la stampa specializzata più attenta li segue, li pubblica e non risparmia complimenti nei loro confronti. Terzo: le com-mistioni culturali non possono che generare frutti interessanti. Colombiano l'uno, italia-nissimo l'altro, percorsi formativi decisamente diversi alle spalle, Fabio e Juan sono la dimo-strazione che il mix and match (non solo come trend!) è sempre una forza, mai una debolezza. A Roma i Leitmotiv sfilano, per la prima volta nella loro storia, da soli in pedana. Emoziona-ti? Molto. Ma la collezione riscuote applausi a scena aperta, e tutti i timori del pre-show svani-scono nel backstage, dove amici e giornalisti si accalcano per complimentarsi. «La città è stata l'ispirazione per questa collezione, una città in-tesa come luogo nel quale si incontrano passa-to e futuro» racconta Juan, «ma non ci sono le nevrosi della vita urbana contemporanea. Qui ci sono solo positività e colore». La collezione ha un grosso pregio: quello di essere portabi-lissima e - di conseguenza, vendibilissima. Ma i Leitmotiv la vorrebbero vedere indossata da una donna «colta, eclettica, raffinata, come Ch-loe Sevigny». Immancabili le stampe, da sempre "leitmotiv" delle collezioni dei Leitmotiv: «na-sco da studi artistici» continua Juan, «l'amore per le stampe è nel mio dna: l'immagine dise-gnata e dipinta è sempre stata una parte molto importante del mio essere». La passerella di Lei-tmotiv ad AltaRoma è un viaggio, un' avven-tura, un cammino misterioso che Fabio Sasso e Juan Caro ci invitano a compiere insieme a loro. Un viaggio tra passato e futuro, tra storia e modernità lungo il quale i mosaici brillano con

Leitmotiv www.leit-motiv.com

milioni di pixel, mentre i bassorilievi diventa-no software sofisticati in grado di convertire la biosfera in cyber-natura. La gorgiera appog-giata su un lineare abito dalla stampa mosaico pixellata sintetizza il mood di una collezione multidimensionale e atemporale a cavallo tra passato e futuro. Cappotto aureo aperto e mani nelle tasche della gonna per metter in evidenza il dettaglio prezioso ed inaspettato della fodera in seta printed multicolor. Gold connection a tutto tondo. La ricerca materica sul tessuto approda sulla pelle dei guanti. Per un total look dal tocco aureo. L’effetto stampa mosaico destrutturato e multicolor abban-dona le fodere e trionfa sull’abito a strascico che verticalizza la silhouette femminile. Sfila-ta d'eccezione oggi con quei due geniacci dei Leitmotiv che hanno portato ad AltaRoma la loro moda fantasiosa e colorata. Come hanno spiegato alla stampa, "la fiaba è un racconto di meraviglie. In essa l'elemento fantastico ha la prevalenza sul reale, pur essendo vissuto come ordinario e naturale. Nella fiaba uomini, animali, esseri fantastici e strani condividono tutti il medesimo universo, vivono nello stesso mondo, nella medesima dimensione. La no-stra "Light-Motiv" è una fiaba moderna, un territorio onirico intessuto di colte rivisitazio-ni del passato, di febbrile fantasia e sospeso in una dimensione temporale immobile ed acronica, in cui formule quali "c'era una vol-ta" e "vissero tutti felici e contenti" sono or-mai inattuali". Ed è questo viaggio misterioso che Fabio Sasso e Juan Caro, le due anime del brand Leitmotiv, oggi ci hanno invitato a compiere insieme a loro con silhouette, forme e colori metropolitani, dalle forme avvolgenti e fluide, ma anche corpose e tridimensionali. Leitmotiv seducono con la loro verve ed ener-gia che piace e coinvolge a livello profondo. C'è molta poesia underground nelle loro crea-zioni al contempo eleganti, sensuali, giocose e vivaci. Anche le stoffe assecondano le esigenze della donna dinamica e contemporanea che nel suo guardaroba quotidiano alterna volut-tuose sete, morbidi velour e innovativi tessuti tecnici. Semplicemente uniche le borse in jac-quard ricoperto di poliuretano e le collane con i microchip racchiusi nelle gocce di cristallo.

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Conto alla rovescia per Euroflora 2011, in pro-gramma in Fiera a Genova dal 21 aprile al 1° maggio prossimi. L’edizione di quest’anno, la

decima nella storia della manifestazione che ha cadenza quinquennale, è stata presentata oggi a Milano, al 31° piano del Grattacielo Pirelli, da Paolo Lombardi e Rober-to Urbani, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Fiera di Genova SpA, con gli interventi del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, del presidente della Regione Liguria Claudio Burlando e della sindaco di Genova Marta Vincenzi. Piante, fiori, colori ed essenze in arrivo da ogni angolo d’Italia e da cinque diversi continenti trasformeranno il quartiere fieristico in un grande giardino affacciato sul mare, capa-ce di stupire, di sensibilizzare e di appassionare visitatori provenienti da tutto il mondo. Euroflora 2011 attraverso percorsi altamente spettacolari offrirà stimolanti spunti di conoscenza e metterà in luce le eccellenze produttive del settore presentando novità in anteprima a fianco di esem-plari di valore assoluto. Più di 800 le aziende florovivai-stiche presenti nelle collettive o singolarmente, cinque-cento i concorsi estetici e tecnici che ne valorizzeranno le capacità e l’impegno professionale, con un montepre-mi di quattrocentoventimila Euro. Oltre al Palasport, da sempre cuore scenografico dell’evento, al padiglione C, e ai grandi spazi all’aperto, per la prima volta anche il nuovo padiglione Blu progettato da Jean Nouvel e inau-gurato nel 2009 – contribuirà, con i suoi ventimila metri

euro flora2011Dal 21 aprile al 1° maggio sboccia EUROFLORA 2011.

A Genova percorsi spettacolari tra fiori e piante da cinque continenti.

quadrati affacciati sul mare, all’impatto di colori, riflessi e fragranze naturali. Euroflora è la manifestazione floro-vivaistica internazionale più prestigiosa del Mediterraneo, la più importante al coperto e presenta tutte le specificità del settore: dalla ricerca all’ibridazione, dal fiore reciso alle fronde, dalle piante in vaso all’arboricoltura, dal giardi-naggio al paesaggismo. E’ riconosciuta dall’AIPH – As-sociation Internationale des Producteurs Horticoles, e fa parte di AIF – Association of International Floralies. Per questa edizione Euroflora ha ottenuto l’adesione del Presidente della Repubblica. Euroflora fornirà anche l’oc-casione per fare il punto sulla situazione del settore floro-vivaistico, che in Italia, seppure in un contesto ancora de-bole, ha saputo cogliere nel 2010 gli stimoli provenienti dalla domanda internazionale, giocando con successo la carta dell’export (+9% rispetto al 2009). Qualche ulte-riore difficoltà è emersa invece sul mercato interno, per un settore che, secondo l’Ismea, sta ancora accusando i condizionamenti determinati da un inasprimento dei co-sti di produzione.

www.euroflora2011.it

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La Cambogia e il suo popolo rappresenta-no uno dei più grandi esempi di forza di volontà e forza dello spirito di sopravviven-za, contro tutto, contro le condizioni av-verse, contro il destino, contro il terrore e l’orrore di una delle dittature più spietate e violente che la storia ricordi. Lasciati gli splendori della piana di Angkor, dopo un viaggio della speranza di sei ore, mi sono vista l’accesso interdetto alla zona del Phra Wiehar, situata a nord, al confine con la Thailandia, per via di scaramucce tra i due eserciti Thai e Khmer, quindi per la sicu-rezza ho dovuto fare dietro front e rimedia-re verso la zona di Kokher. L’Area nord occidentale del paese è piuttosto remota ed è nota essere una delle zone più minate al mondo. Qui i cartelli rossi col teschio bian-co con sotto scritto MINE sono dissemi-nati un po’ ovunque nelle campagne su paletti di cemento o nelle foreste inchioda-ti ai tronchi degli alberi. Spesso qualche vacca salta per aria e i contadini che accor-rono per recuperare le sue carni fanno la stessa fine. Le mine spesso e volentieri sono state disseminate a grappoli e dove ce n’è una ce ne sono altre due o tre, vicine vici-ne, pronte a detonare in gruppo per sortire effetti migliori. Spesso succede che piccole mine superficiali inneschino detonazioni a catena di mine più grandi sepolte più pro-fondamente nel sottosuolo. A Kokher ho visto parecchi cartelli rossi e sono passata a visitare un campo di sminamento. Ogni area bonificata è catalogata e viene segnala-ta con un enorme cartello blu della CMAC Cambodian Mine Action Center che ri-porta i metri quadrati in cui è stata fatta la bonifica, le mine per metroquadro rinvenu-

te e le mine totali raccolte. Dove ci sono i cartelli della CMAC è sicuro. Altrimenti è severamente proibito allontanarsi dai sen-tieri tracciati. Non si può neanche andare dietro le frasche per i bisognini. Meglio far-si vedere con le mutande calate piuttosto che vestiti ma al proprio funerale. La CMAC è una delle maggiori organizzazioni che con sovvenzioni e donazioni internazio-nali si occupa delle bonifiche dei territori minati in tutta la Cambogia: http://maic.jmu.edu/journal/5.1/Focus/CMAC-Mouly/cmacmouly.htm Un caro amico di Phrom, il mio inseparabile driver, faceva lo sminatore in un campo di sminamento proprio vicino a Kokher. Avevano finito la bonifica di una vasta area. Il camioncino era sullo sterrato e tutti stavano caricando le mine recuperate e disinnescate. La strada era “pulita”. La Cambogia è un paese dove piove un sacco. Sono più i mesi di pioggia che quelli secchi. Il terreno è inzuppato in profondità e spesso e volentieri la pioggia fa riaffiorare ciò che non dovrebbe. Il suo pie-de di fianco alla ruota e l’amico di Phrom è saltato per aria. Ha perso entrambe le gam-be ed è morto dopo poco tempo. Al tempo della guerra del Vietnam gli Stati Uniti han-no seminato tonnellate di mine con i loro ruggenti B52. I cambogiani avevano fatto il grande errore di ospitare nei propri territori di confine i vietcong. Gli USA negli anni settanta coi loro B52 hanno bombardato la Cambogia facendo 250.000 vittime. Que-sti fatti sono stati purtroppo determinanti per il cupo futuro che ebbe di lì a poco il paese che un tempo aveva dato luce ai fasti dell’impero Khmer, innescando la miccia della rabbia popolare contro il governo a

Memorie dalla Cambogia

di Silvia Antonini

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favore dei Khmer Rossi, creduti allora essere difensori dei popoli. La sera nello sperduto villaggio ai piedi della collina del Phra Wie-har ceniamo in un punto di ristoro locale a due passi dalla casa della famiglia khmer che ci ospita. Phrom e io ordiniamo due piattoni di noodles saltati con pollo e verdu-re e ci mettiamo in un tavolino a parte, lon-tano dalla luce dei neon che sono infestati da insetti di ogni tipo. Finalmente c’è una bella brezza fresca. E’ una manna visto il clima afoso e umido che c’è da queste parti. Phrom divora i suoi noodles e mentre man-gia avidamente inizia a raccontare in modo animato il suo vissuto durante gli anni bui di Pol Pot. Tra gli undici e i quindici anni Phrom ha vissuto in un campo per bambini maschi dell’Angkar. Già...solo bambini ma-schi. Perché poi c’erano i campi delle bam-bine femmine, quelli degli adulti maschi e quelli delle adulte femmine, quelli dei vec-chi anche loro divisi per sesso. Mamme se-parate dai figli, mogli separate dai mariti, nonni separati dai nipoti. La famiglia, come noi siamo abituati a pensarla, non esisteva più, la famiglia era l’Angkar, ed era nel cam-po dove appunto l’Angkar stesso forniva alloggio, cibo e tutto ciò che era strettamen-te necessario ai suoi abitanti secondo i suoi canoni. Sottolineo “strettamente”. Tutte le persone avevano una divisa nera, i colori erano superflui e non erano permessi. La sveglia alle 6 con una campana appesa a un albero portava tutti nei campi. Donne, uo-mini, vecchi e bambini, tutti dovevano la-vorare ed essere operosi per l’Angkar. Chi non poteva lavorare era inutile, un peso. Non era concesso non essere produttivi. La-vorare è un dovere di tutti per il benessere di tutti, tutti dovevano essere impegnati nella coltivazione dei campi. Non era ammesso non lavorare. Il pasti erano cucinati dall’An-gkar e consistevano in tre cucchiai di riso al giorno accompagnati da un brodo. Il resto era superfluo. Non era permesso cucinarsi il cibo da se, il popolo non aveva questo com-pito. Doveva essere umile e dignitoso e ac-cettare come più che sufficiente quello che l’Angkar offriva. Chi veniva sorpreso a cuci-nare o a procurarsi del cibo era in evidente disaccordo col sistema e quindi andava rie-ducato. I bambini avevano il compito di assicurarsi che tutti seguissero le regole e dovevano riferire alle autorità eventuali in-frazioni commesse dalle persone. Phrom si occupava di raccogliere il fertilizzante per i campi e di far si che rendesse il più possibile. Le persone, erano obbligate a lasciare sulla

porta dei propri alloggi, delle camerate, le pentole con gli escrementi che venivano ri-tirate ogni mattina. Sì le pentole. Perché non potendole utilizzare per cucinare l’An-gkar aveva disposto che la gente le utilizzas-se per raccogliere gli escrementi “domestici” perché tutto doveva avere un’utilità per esi-stere. Phrom, al suono della campana, face-va il suo giro di raccolta, poi recuperato tutto, mescolava i rifiuti umani con il leta-me vero e proprio e si assicurava che il ferti-lizzante fosse dosato nel modo migliore, perché l’Angkar per i campi voleva il meglio e disponeva che i suoi compagni lavoratori addetti ai fertilizzanti tastassero con mano e gusto il prodotto del lavoro che avrebbe fat-to crescere raccolti rigogliosi. Tutti i giorni Phrom, finiti i lavori di produzione del fer-tilizzante, vomitava di nascosto. Una sera arrivò da lui un bimbo più piccolo con un serpente in mano. la fame dev’essere una gran brutta cosa. Un bimbo guardiano ov-viamente se ne accorse. Fu così che il bim-betto del serpente, spaventato, disse che Phrom lo aveva mandato a caccia di serpen-ti, disse che Phrom era il suo comandante. Phrom fu arrestato. Lasciato qualche giorno in una cella angusta e buia senza cibo e poi interrogato sulla sua disobbedienza. Lui negò ogni responsabilità in merito. La sua unica colpa era stata dar retta a un bimbo più piccolo di lui e affamato. Lo portarono fuori, davanti a tutti i compagni del campo. Venne legato su una grossa asse di legno e gli dissero che se non avesse confessato lo avrebbero torturato. Io ascoltavo Phrom nelle sue descrizioni così precise e vivide che sembrava gli fossero successe il pomeriggio appena passato. Gli spaghetti oramai erano freddi. Lui negò ancora una volta. Allora i gerarchi cosparsero il suo corpo di chilli tri-tato, glielo misero nel naso, nelle parti inti-me, ovunque. Lui resistette ancora. Allora gli tapparono il naso e gli cacciarono giù a forza quasi due chili di chilli. Fu allora, sen-tendosi morire, che dichiarò il falso, che si dichiarò colpevole di aver chiesto al bimbo di procurare del cibo per entrambi, che di-chiarò di essere pentito e di aver sempre creduto nei precetti dell’Angkar. Così da-vanti a tutti fu slegato, fatto alzare a forza e legato nuovamente con le braccia al tronco di un albero, affinché meditasse sul suo comportamento deviato. Lo legarono tal-mente stretto che pian piano gli si fermò la circolazione delle braccia e poi, con tutto il peperoncino ingerito, presto svenne, sem-brando quasi morto. Il bimbo che lo aveva

accusato pensò che fosse morto a causa sua e non resse il colpo. Confessò le sue respon-sabilità e Phrom allora venne slegato e libe-rato. Ci impiegò molti giorni per riprender-si, mi disse mostrandomi i segni delle corde che porta tutt’ora sui bicipiti. Del bimbo non seppe più nulla. Era stato rieducato, aveva fatto la fine che avrebbe fatto lui stes-so, se la verità non fosse saltata fuori. L’ulti-mo boccone di spaghetti mi va giù un po’ a forza. Ordiniamo il tea. Phrom ha perso sei fratelli. Non sa più che fine abbiano fatto. Rieducati, dispersi, uccisi, eliminati. Non voleva più fare il raccoglitore di fertilizzante. Così si è inventato di essere un provetto massaggiatore. E’ stata la sua salvezza. Il ge-rarca del suo campo lo prese in simpatia, anche per la forza con cui si era ripreso dalle torture. Una volta all’anno, in occasione dell’anniversario della liberazione dai colo-nizzatori francesi l’Angkar permetteva alle famiglie di riunirsi. Un giorno solo all’anno. Ma non sempre era possibile. A volte le fa-miglie erano troppo distanti per riuscire in un solo giorno a raggiungersi. Quando il padre di Phrom era in fin di vita, lui non ha fatto in tempo a vederlo per l’ultima volta, neanche il fatto di essere apprezzato dal ge-rarca del suo campo aveva potuto essergli d’aiuto. Suo padre morì di stenti ucciso dal-la malaria in un campo di lavoro e Phrom non lo vide mai più. Di sua madre seppe che, essendo troppo vecchia e priva di forze, quindi inutile, venne lasciata spegnersi sen-za cibo ne acqua presso il suo campo di la-voro con altre donne anziane e, quando fu-rono quasi tutte morte in fin di vita, vennero gettate nella foresta in pasto ai cani.Phrom mi racconta tutto questo con con-citazione, con gli occhi vitrei, sgranati, an-cora scosso, dopo tutto questo tempo, dalla crudeltà infinita di quegli anni. La nostra serata continua fino a notte fonda con al-tri agghiaccianti aneddoti. Quando rientro alla casa khmer penso che ho avuto davve-ro una gran fortuna a incontrare un uomo come lui. Phrom è la storia del suo paese in persona, un esempio più unico che raro di forza, determinazione, un uomo che è so-pravvissuto, che è rinato, che ha perso tutto ma si è reinventato. Phrom e la Cambogia sono una cosa sola. I suoi occhi sono gli oc-chi della Cambogia, il suo corpo è la sua terra, il suo vissuto, è quello di altri milioni di persone che hanno visto sotto i loro oc-chi sparire altri tre milioni di connazionali nel nulla.

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La XVII edizione di AR-TIGIANATO E PA-LAZZO - atteso ap-

puntamento fiorentino con i protagonisti della manualità e degli antichi mestieri - si terrà nel seicentesco Giardino Cor-sini e nelle sue Limonaie da venerdì 13 a domenica 15 maggio 2011. La mostra, nata nel 1995 da un’idea di Neri Torrigiani e promossa dalla principessa Giorgiana Corsini, è unica nel suo genere. Essa in-fatti seleziona rigidamente e riu-nisce per tre giorni oltre ottanta maestri artigiani provenienti da tutta Italia e dall'estero che, ri-costruendo un angolo delle loro botteghe, eseguono dimostra-zioni pratiche su come realizza-no i loro manufatti. Ogni anno il pubblico fiorentino può così scoprire ed interessarsi a deci-ne di lavorazioni “nuove” e or-dinare oggetti su misura unici, innovativi e personalizzati sulle proprie esigenze. Il pubblico ad esempio potrà ammirare la lavo-razione del vetro, l'intaglio del legno, del ferro e del cuoio; la realizzazione di tessuti stampati, di scarpe su misure, di penne re-alizzate in profumati legni eso-tici, di gioielli di foggia antica e moderna. Queste ed altre mera-viglie si potranno ammirare dal vivo in questa rara occasione per

Ministero per i Beni e le Attività CulturaliMinistero Sviluppo Economico

Ministero della Gioventù Regione Toscana, Provincia di Firenze, Comune di Firenze

Ente Cassa di Risparmio di FirenzeAssociazione Giardino Corsini

ARTIGIANATO E PALAZZO XVII edizioneMAGGIO 2011: PER TRE GIORNI FIRENZE TORNA CAPITALE DELL’ARTIGIANATOUNA NUOVA SELEZIONE DI OLTRE OTTANTA MAESTRI DI BOTTEGA PROVENIENTI DA TUTTA ITALIA E DALL'ESTERO

avvicinarsi ai segreti delle lavo-razioni artigianali e alla prezio-sità del fatto a mano. Per capire e conoscere ancora di più que-sto mondo ARTIGIANATO E PALAZZO ha prodotto - in collaborazione con la Fonda-zione per l’Artigianato Artistico di Firenze - la mostra di foto-grafie di Juri Ciani “Mani che raccontano”: 15 ritratti di al-cuni protagonisti della più alta manualità immortalati mentre lavorano nelle loro botteghe, luoghi magici e pieni di fascino dove si tramandano i segreti che hanno reso Firenze una Capita-le, famosa e unica nel mondo. Per i visitatori più attenti sono previste delle VISITE GUIDA-TE GRATUITE con gli storici dell’arte dell’Associazione Città Nascosta al Giardino Corsini, considerato uno dei più in-teressanti esempi di giardino all’italiana della Toscana, opera seicentesca di Gherardo Silvani. Vari punti di sosta e ristoro sa-ranno a disposizione dei visita-tori e il ristorante “Sotto i tigli” offrirà nel corso della giornata prelibatezze toscane rigorosa-mente di produzione casalin-ga. Da questo anno sarà possi-bile acquistare in prevendita sul sito www.boxol.it il biglietto di ingresso allo speciale prezzo di 6 euro.

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Sembrerebbe fu proprio a Tori-no che, in occasione del cente-nario dell’Esposizione Interna-

zionale di Arte Decorativa Moderna del 1902, si prese coscienza delle re-ali potenzialità dell’artigianato come modello produttivo; l’intelligenza delle mani si afferma come avanguar-dia, come garanzia occupazionale per le nuove generazioni... nonchè come nuovo orizzonte di crescita economica sospinta dall’esigenza di un la-voro alternativo, fatto ad arte. “Il Futuro nelle mani. Artieri Domani”, l’origina-le mostra laboratorio allestita alle Officine Grandi Riparazioni di Torino nell’ambito del ricco calendario Esperienza Italia 150, è un’iniziativa che, in tutta ri-sposta all’aggressività delle economie massificate, esorta a riflettere sull’al-to valore qualitativo, estetico e cul-turale del lavoro fatto ad arte... con le mani. Un vetrina spalancata sulle eccellenze dell’artigianato italiano... fortemente legato alle tradizioni cer-to, ma anche animatamente proietta-to verso il futuro e l’internazionalità.

ARTIERI DOMANIUn percorso emozionante tra quella materia che, nell’intelligenza delle mani, ha trovato il suo senso... un panorama delle conquiste dell’arti-gianato ad oggi. La mostra si articola in tre sezioni espositive. La Galleria delle Botteghe è la sezione che ospita l’eccellenza dell’artigianato italiano

moderno, in rappresentanza della nostra cultura materiale e del pro-getto, delle nostre risorse territoriali e della forza innovativa delle diverse aree del paese; una mostra mercato di arti e mestieri... dove osservare e comprare articoli di qualità garan-tita anche unici, prestigiosamente lavorati... anche secondo le specifi-che dell’acquirente magari. Il Tunnel del Treno Fantasma propone un al-

lestimento multimediale piuttosto suggestivo, che va ad esaltare quello che è l’artigianato sofisticato rappre-sentato dalle tecnologie digitali. Le Nuove Officine infine presentano progetti e manufatti di noti artigiani di fama mondiale esponendone le avanguardie nel campo della tecno-

logia meccanica, dei mo-tori, degli effetti speciali, di artefatti tradizionali e sperimentazioni musica-li. Di grande contribu-to per l’iniziativa sarà la presenza del carrozziere meccanico italo svizzero Franco Sbarro - che ha saputo conquistare l’at-tenzione dei grandi pro-duttori di automobili con prototipi di auto e moto dalle soluzioni geniali e dalle forme uniche, quasi

futuristiche - e quella dell’italo ame-ricano Giancarlo de Astis - speciali-sta nella creazione futurista di arredi ottenuti impiegando nell’assemblag-gio componenti di aeroplani - . “Il Futuro nelle mani. Artieri Domani” si protrarrà fino a novembre 2011. Per informazioni o prenotazioni chiamate pure lo 011.4992333 o vi-sitate il sito web www.officinegran-diriparazioni.it

di Caterina Guerrieri

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Ne avrete già sentito parlare nell’ambito di “top events” come Il Salone Internazionale del Gusto di Torino , la biennale dei formaggi di qualità che si tiene a Cuneo Cheese, Terra

Madre e ancora Slow Fish di Genova... Slow Food è un’associazio-ne attiva a livello internazionale per la promozione della cultura del cibo.. del cibo come identità ed educazione, come rispetto dell’eco-sistema e delle tradizioni, come piacere dotto e responsabile, come diritto di tutti i popoli. Una filosofia spessa quella dell’Associazione Slow Food che - senza fini di lucro - sostie-ne sinergie internazionali per la realizzazione di piccole economie locali nei paesi in via di sviluppo (“Mille Orti in Africa” ad esempio); difende l’ambiente e sostiene la biodiversità delle colture affinchè venga tutelata la prezio-sa varietà di prodotti tipici di tutto il mondo; promuove iniziative che coinvolgono agricol-tori, ristoratori e consumatori nell’esaltazione di prodotti ed elaborazioni di qualità, nella va-lorizzazione - attraverso specifici presidi (ga-ranzie di qualità)che coinvolgono oltre 1300 piccoli produttori - di produzioni, distribu-zioni e consumi buoni, puliti e giusti. Tuttavia Slow Food è anche un insieme di realtà locali che, dislocate tanto in Italia quanto all’estero, operano nel medesimo interesse. Indagando un pochino, ci siamo resi conto che Slow Food Bologna ad esempio è una delle Condotte più attive in assoluto in Italia... soprattutto per la consistenza degli eventi programmati. Per quanto riguarda l’anno in corso, gli appuntamenti hanno avuto inizio a febbraio e termineranno a maggio. Si tratta di un vivido e degno omaggio al nostro ineguagliato Made in Italy... a quell’italianità tipica che è sinonimo mondiale di un savoir faire inevitabilmente oggetto di continue contraffazioni. E Bo-logna, per iniziativa di Slow Food... invita, soci e non, ad approfondire la cultura enogastronomica tipica attraverso degustazioni, laboratori, mercati a kilometri zero, cene con prodotti presidiati Slow Food, valo-rizzazione delle piccole produzioni di filiera corta, orti urbani, lezioni di cucina e di storia delle pietanze, master in olivicoltura ed enologia ed altro ancora. Un’occasione da non perdere... in virtù di quel piace-re di cui abbiamo si diritto, ma verso il quale abbiamo anche dei seri

doveri di tutela... per il nostro personale benessere e per quello della terra che abbiamo sotto i piedi. Tra gli eventi Slow Food Bologna che voglio segnalarvi c’è anzitutto “Il Mercato della Terra”... ogni sabato mattina dalle 9 alle 14 infatti, nel cortile del Cinema Lumière di Bolo-gna in via Gardino, verranno allestiti stand per oltre 20 agricoltori che venderanno prodotti stagionali nostrali di qualità, a kilometri zero.

Questo mercato fa parte di una rete internazionale di mercati, gli “Earth Markets”, che oltre ad essere centri spesa, vogliono rappresentare un’occasione di incontro culturale, di confronto e di educazio-ne al gusto. Un interessantissimo master al Centro Natura di via degli Albari invece, vi condurrà attra-verso un percorso di addestramento all’identifica-zione delle caratteristiche organolettiche dell’olio extravergine d’oliva e al riconoscimento della sua qualità; un docente, Cristiano de Riccardis, illu-strerà ai presenti le tecniche di coltivazione e di produzione dell’olio, la classificazione merceologi-ca, le proprietà nutrizionali, gli impieghi e gli ac-costamenti in cucina. “L’appetito vien leggendo” è invece uno dei numerosi piacevoli eventi conviviali in programma; si svolgerà dalle 20.30 del 14 aprile presso l’Alce Nero Caffè Bio di via Petroni e con una quota di massimo 28 euro per i non soci, avre-te modo di partecipare ad una “tavola di primave-ra in cerca d’autore” dove il menù verrà creato in

base alle sublimazioni di quegli autori che, in onore del cibo, hanno speso ed impresso parole memorabili... parole che verranno lette per i commensali durante la cena, nel tentativo che questi ne individuino la penna. Nell’invitarvi a consultare bene il calendario con tutte le pro-poste di Slow Food Bologna, vi ricordo che - nonostante gran parte degli eventi siano destinati indistintamente a soci e non, con quote di partecipazione comprese tra i 20 ed i 40 euro - ci sono anche appun-tamenti esclusivi riservati ai soli tesserati. Nel caso in cui facciate parte dei tanti appassionati dell’ambito e vogliate ricevere maggiori infor-mazioni circa l’attività della Condotta Slow Food Bologna, o deside-riate prenotare alcuni eventi, tesserarvi o anche solo collaborare come volontari, visitate pure il sito www.slowfoodbologna.it o contattate i seguenti referenti: Roberto Ferranti Tel. 051522516; Artemio Assiri Tel. 051227129; Laura De Merciari Cell. 335 7977983.

BOLOGNA

di Caterina Guerrieri

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Dal prossimo 16 aprile a Torino, nell’ambito della pro-grammazione Esperienza Italia 150, aprirà il Potager Royal dei Giardini della Reggia Venaria. Circondati da

boschi del Parco La Mandria e dalla catena montuosa delle Alpi, gli 80 ettari dei Giardini della Reggia sono di una vastità e di una magnificenza che non ha precedenti fra i giardini storici italiani. La grande opera di restauro iniziata nel 2000 e conclusasi nel 2008 ne ha permesso il recupero degli originari segni storici non-chè la loro perfetta coniugazione con prestigiose opere contem-poranee. Il Potager è un’area di 10 ettari a sud dei Giardini della Reggia, destinata alla produzione agricola dall’800 circa. Un’at-tenta lettura delle testimonianze storiche in fase di restauro, ha permesso di desti-nare l’area alle me-desime coltivazioni di un tempo. In questi 10 ettari si alternano prati, or-taggi e cereali tipici del territorio a col-ture estensive, oltre 1700 alberi da frut-to di diversa specie autoctona (pesco, susino, albicocco, pero, melo), gio-chi d’acqua, spazi coperti e gallerie verdi. L’orto ed il frutteto sono stati realizzati secondo i principi dell’agroe-cologia e, per que-sto, l’area rappresenta un modello unico nel suo genere, con sco-pi ricreativi, estetici, educativi, storici e gastronomici. L’apertura al pubblico del Potager infatti, offre ai propri visitatori percorsi di visita botanici, culturali e gastronomici... nonchè laboratori di educazione sensoriale, orticoltura, tecniche di cucina e degusta-zione dei prodotti dell’orto e dei piatti delle cucine regionali ita-liane. Nel biglietto d’ingresso è compresa la libera fruizione di 5 aree attrezzate: L’Orto Giardino, attrazione tra le più significative dei Giardini della Reggia, è un percorso di conoscenza delle ca-ratteristiche delle piante del Potager dal punto di vista botanico, scintifico e gastronomico; L’Apiario è un percorso soprattutto educativo sul mondo delle api, del loro ruolo nel panorama agri-colo e della loro incredibile organizzazione sociale; il Semenzaio è un percorso che, illustrando la natura del seme, affronta il tema della trasmissione della vita e dell’importanza della biodiversità, insegnando ai presenti come realizzare un semenzaio proprio e

produrre piantine proprie; il Compostaggio è un percorso che insegna cos’è e come si prepara quel “compost” che è preziosa so-stanza organica per il nutrimento del terreno; il Noccioleto infine è una passeggiata tra le piante di nocciole che illustra le proprietà del frutto ed il suo potenziale impiego. Un viaggio conoscitivo che dalle tecniche di coltivazione, alle proprietà dell’alimento, alla scelta sensoriale dello stesso, al suo assaggio... fino alle tec-niche di trasformazione che si sviluppano in cucina. Si tratta di vera e propria educazione alimentare e del gusto... che guarda al cibo come nutrimento, ma anche come cultura, piacere e convi-vialità. Potager Royal organizza 4 ulteriori incontri... “Educazio-ne Sensoriale” è una guida all’analisi sensoriale degli alimenti e

delle loro qualità organolettiche; “Orticoltura Eco-logica” è invece un incontro volto all’insegnamen-to delle pratiche di realizzazione e mantenimento di un orto senza l’impiego di so-stanze chimiche; “Spesa Quotidia-na” promuove la consapevolezza nell’acquisto de-gli alimenti quo-tidiani, fornendo gli strumenti per la scelta e degu-stando alcune va-

rietà di frutta e ortaggi; “Tecniche di Cucina” infine è un corso dedicato alle migliori tecniche di trasformazione degli alimenti dagli antipasti alle zuppe, dai contorni alle confetture. Questi 4 appuntamenti non sono compresi nel biglietto d’ingresso, han-no un costo che varia dai 25 ai 40 euro e sono aperti ad un mas-simo di 20/30 partecipanti per sessione. L’apertura del Potage Royal è un appuntamento da annoverare senz’altro nel vostro itinerario torinese... tanto per la suggestione evocata dai Giardini della Reggia - con le sue grotte seicentesche, il Tempio di Diana, la Fontana dell’Ercole, la Peschiera Grande, il Gran Parterre, il Giardino delle Rose - ... tanto per la bellezza delle scenografiche composizioni floreali ed orticole e per l’incanto del contatto con la magnificenza di questo vastissimo teatro naturale. Per qual-siasi informazione su date, costi, prenotazioni ecc. chiamate lo 011.4992333, scrivete a [email protected] o visitate il sito www.lavenariareale.it

POTAGER ROYALTORINO ED IL SUO STRAORDINARIO

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Vittima illegittima del pregiudizio, il consumo della morta-della è sempre stato considerato dannoso per la salute. Vo-lendo spezzare una lancia in favore di questo gustosissimo

salume, fregiato - nel caso della straordinaria Mortadella Bologna - del riconoscimento IGP europeo, abbiamo svolto una piccola ricerca sul valore nutrizionale di questo alimento. Sembrerebbe in-fatti che 100 grammi di mortadella abbiano, di fatto, meno calo-rie della stessa quantità di pasta o di un formaggio spalmabile per esempio: 317 kcal. E’ vero, tra gli ingredienti della mortadella c’è il grasso... e da questo non si sfugge. Tuttavia si tratta per lo più di grassi monoinsaturi e polinsaturi, assolutamente buoni per il no-stro organismo. L’evoluzione delle tecniche di allevamento inoltre si sono adeguate a quelle che sono le esigenze dell’uomo di oggi e, va-riando l’alimentazione dei suini con una dieta vegetariana arricchita di vitamine, hanno ottenuto carni più magre a ridotto contenuto di colesterolo. In proporzione infatti, 100 grammi di mortadella con-tengono una quantità di colesterolo pari a quella contenuta in al-trettanto pollo o per esempio in altrettanta spigola: 70 milligrammi. A renderla ancora più appetibile la nostra cara mortadella, l’assenza di polifosfati ed il corretto apporto di proteine nobili e di minerali importanti come il ferro e lo zinco. La denominazione della Mor-tadella Bologna ha delle radici storiche che risalgono al 1600, secolo in cui nel capoluogo emiliano viene ufficialmente stabilito una sorta di disciplinare della produzione dell’insaccato; da allora la ricetta viene trasmessa di generazione in generazione e, lasciando tracce del suo consumo e della sua diffusione anche tra le testimonianze storico letterarie, si afferma come uno tra gli alimenti più tipici del-la tradizione italiana... fino a conquistare l’attuale riconoscimento europeo IGP Indicazione Geografica Protetta. Ma cosa significa esattamente? Per tutelare la tipicità di alcuni tra i migliori prodotti della nostra tradizione, l’Unione Europea ha voluto coniare dei di-stintivi che permettessero al consumatore di identificare tra i tanti, i prodotti DOP e quelli IGP a garanzia della qualità che la presenza di certi requisiti può assicurare. Quello distinto dal marchio DOP

speciale: MORTADELLA BOLOGNA IGP

(denominazione di origine protetta) è un prodotto le cui caratte-ristiche qualitativamente superiori in toto - dalla materia prima impiegata al risultato finale - si devono alla sua origine, ai fattori na-turali ed umani del territorio di provenienza, area delimitata in cui questo viene elaborato e trasformato. Quello distinto dal marchio IGP invece (indicazione geografica protetta) è sempre un alimen-to di grande qualità prodotto, elaborato e trasformato in un’area delimitata... ma non è necessario che tutte le caratteristiche dello stesso (materie prime ad esempio) siano legate in modo esclusivo al territorio di origine del prodotto. Questa la sostanziale differenza. Ogni prodotto distinto da marchio disciplinare, ha una o più zone di produzione... e nel caso della Mortadella Bologna IGP i territori autorizzati sono l’Emilia Romagna naturalmente, il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, la Toscana, le Marche, il Lazio e la provincia di Trento. Il marchio disciplinare IGP della Mortadella Bologna descrive le caratteristiche organolettiche, chimiche e fisiche del sa-lume, nonchè la sua tradizionale ricetta di preparazione; questo per

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garantire al consumatore caratteristiche conformi ai principi stabi-liti ed approvati dalla Commissione Europea. A tutela della Morta-della Bologna IGP nel 2001 è stato costituito persino un vero e pro-prio consorzio: il Consorzio Mortadella Bologna. Questa realtà, in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali - oltre a promuovere questo straordinario prodotto tipico della no-stra tradizione attraverso una costante attività di valorizzazione delle sue caratteristiche, dell’alto valore nutrizionale, dell’inconfondibile ed ineguagliato gusto e della qualità garantita - svolge, attraverso l’Istituto Nord Est Qualità (INEQ), indispensabili funzioni di con-trollo sul rispetto del disciplinare di produzione (tecniche, ricetta, origine, materie prime e tutto ciò per cui è IGP) attraverso ispezio-ni aziendali durante il processo produttivo e verifiche sul prodotto finito. Le attività consortili inoltre hanno l’obiettivo di contrastare tutte quelle imitazioni e contraffazioni che, naturalmente, attenta-no impietosamente al made in Italy, conducendo in sofferenza le filiere dei prodotti tipici nazionali. La Mortadella Bologna IGP è un insaccato cotto di puro suino dalla forma tendenzialmente ovale, dal colore rosa, il profumo intenso e leggermente speziato... che al taglio si presenta quasi vellutata. Il sapore è pieno ed equilibrato... soprattutto per merito del pregiato grasso di gola di suino impiega-to nella preparazione, ingrediente che conferisce al preparato una maggiore dolcezza. Le quadrettature bianche di tessuto adiposo de-vono essere ben aderenti all’impasto e non devono superare il 15% della massa totale di ogni fetta. Il suo processo produttivo è unico al mondo. Vengono impiegati esclusivamente i tagli nobili del suino: spalla, prosciutto fresco, magro di gola e trippini. La carne inizial-mente viene triturata ed omogeneizzata fino all’ottenimento di un

composto cremoso. A parte, vengono lavorati i lardelli, il pregiato grasso di gola di suino: tagliato a cubetti, viene riscaldato, lavato, asciugato e tritato insieme al composto di carne con l’aggiunta di sale e grani di pepe. Il composto viene poi insaccato in budelli di diverso calibro (da 500g a 100kg), sottoposti a cottura in forno ad aria secca e successivamente raffreddata. Durante l’impasto è possi-bile aggiungere pistacchi, ulteriore zucchero o altre parti ancora di suino. A celebrare annualmente dal 2007 la regina bolognese degli insaccati è il Festival Internazionale della Mortadella di Zola Pre-dosa che si svolge nelle piazze di Bologna e provincia: Mortadella Please. Una rassegna dedicata a questo tipico prodotto della cultura gastronomica italiana che a Zola Predosa vanta la sua capitale mon-diale... con due aziende leader assolute della sua produzione: Alcisa e Felsineo. Mortadella Please si svolge a ottobre ed è un’iniziativa nata per esaltare la mortadella insieme con tutte le eccellenze gastro-nomiche del territorio, sapientemente proposto anche dal punto di vista naturale, storico, architettonico e tradizionale. In virtù di un Made in Italy che va assolutamente celebrato e saputo riconoscere e saputo “vendere” come il meglio della nostra tradizione e del nostro savoi faire, ecco un altro evento che sa mietere consensi di sempre maggiore consistenza tra i suoi visitatori. Ma voi, come la preferite... affettata sottilmente a macchina su una bella fetta di pane fresco e fragrante, tagliata in più consistenti sfiziosissimi cubetti o, maga-ri, chessò, bella calda di brace con una bella fetta di torta? avete l’acquolina in bocca forse?? fatevi un giro alla prossima edizione di Mortadella Please... ma nel frattempo anche uno dal salumiere di fiducia... e, mi raccomando, chiedete Mortadella Bologna IGP!

www.mortadellabologna.com

Con un export 2010 di 3,9 miliardi di euro, oltre 20 milioni di et-tolitri e più di 2,5 miliardi di bottiglie tricolori stappate nel mondo, il vino italiano si conferma prima voce dell’export agroalimentare nazionale spingendo il settore oltre la crisi globale dell’ultimo anno. Un vero e proprio boom che registra una performance positiva an-che in termini di valore: +11,7% sul 2009. È questo lo scenario del mercato che preannuncia la 45^ edizione di Vinitaly (Veronafiere, 7-11 aprile; www.vinitaly.com), il Salone internazionale del vino e dei distillati che, con i suoi 4.000 espositori provenienti da tutto il mondo, richiama in media ogni anno oltre 150 mila visitatori spe-cializzati, di cui più di un terzo da 114 Paesi. In mostra a Vinitaly tutto l’universo enologico, in rappresentanza di un settore che vale complessivamente per il nostro Paese 13,5 miliardi di euro di fattu-rato (2010), a cui si aggiungono ulteriori 2 miliardi di indotto, e che occupa 1,2 milioni di addetti nelle 770 mila aziende sparse su tutto il territorio nazionale. A trainare l’export è il mercato americano, dove l’Italia è il primo esportatore di vino sia in termini di valore che di quantità: circa il 33% del vino consumato negli Usa, per un

IL VINO ITALIANO SI CONFERMA PRIMA VOCE DELLA BILANCIA AGROALIMENTARE NAZIONALE

valore di circa 827,3 milioni di euro, è made in Italy. Buoni risul-tati anche in Russia (+59,6% l'export nel 2010) dove il valore delle nostre esportazioni ha superato i 100 milioni di euro, in Canada e in Svizzera (rispettivamente +28,6% e +12,5%), anche se la Ger-mania rimane il nostro primo importatore con quasi 850,6 milioni di euro. La promozione e la valorizzazione del ‘sistema Italia’ nel mondo è tra i punti cardine della manifestazione che, con il Vinitaly in the World, porta il meglio dell’enologia nazionale nei principali Paesi esteri, soprattutto extra Ue, che condensano il 23% dell’espor-tazioni nazionali. Tra i mercati emergenti, soprattutto quello cinese che ha registrato un +109% lo scorso anno, con un raddoppio del valore del vino italiano, facendo diventare la città di Hong Kong il centro per la distribuzione e il commercio del vino in Asia. Proprio a questo importante hub del mercato asiatico, Vinitaly dedica uno dei suoi focus internazionali in calendario durante la rassegna.

Elaborazioni Servizio Stampa Veronafiere Tel.: + 39.045.829.82.42 – 82.85 – 83.14 E-mail: [email protected] - www.vinitaly.com

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SONO ITALIANI GLI OLI D’OLIVA EXTRAVERGINE MIGLIORI DEL MONDO

Nell’unico concorso di livello internazionale per l’olio di qualità, organizzato da Vero-nafiere con un importante panel d’assaggio,

composto da professionisti italiani ed esteri altamen-te qualificati, su 218 oli da 5 Nazioni trionfano gli italiani in tutte e tre le categorie fruttato intenso, me-dio e delicato. Nell’anno del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, l’olio extravergine d’oliva italiano risulta il migliore del mondo al termine della settimana di degustazioni della 9^ edizione di Sol d’Oro, l’unico concorso di livello inter-nazionale per l’olio di qualità, organizzato da Veronafiere. Cinque giorni di valutazioni che hanno impegnato il Panel della giuria - guidato dal dott. Marino Giorgetti (responsabile tecnico del concorso dalla prima edizione, docente di analisi sensoriale e responsabile promozione oli e prodotti tipici della Regione Abruzzo) e composto da tredici esperti italiani, greci, sloveni, cileni e spagnoli -, nell’assaggio professionale di 218 campioni finalisti provenienti da tutte le regioni produttri-ci italiane e da Spagna, Portogallo, Cile, Slovenia e Croazia. «Stiamo registrando a ogni edizione un costante aumento dei campioni in concorso e a partire da quest’anno gli oli vincito-ri di medaglia possono fregiarsi, con finalità promozionale e di marketing, di un’etichetta di riconoscimento di Sol d’Oro – sottolinea Claudio Valente, vice presidente vicario di Ve-ronafiere -. Il concorso si configura come il più importante riconoscimento mondiale per l’olio di qualità e rappresenta anche l’evento propedeutico a Sol, il salone internazionale in programma con Vinitaly, Agrifood Club ed Enolitech dal 7 all’11 aprile prossimi». Tre i premi per ogni categoria: Sol d’Oro, Sol d’Argento e Sol di Bronzo, rispettivamente, al 1°,

2° e 3° classificato. Ai primi venti campioni di ciascuna cate-goria che abbiano comunque ottenuto una valutazione supe-riore o uguale a 70/90, è stato rilasciato un diploma di Gran Menzione (l’elenco completo è sul sito www.sol-verona.it). Tutte le 9 medaglie totali assegnate sono state vinte da azien-de italiane: un successo che conferma la qualità del prodotto made in Italy. Di seguito, la classifica dei vincitori:

Categoria: Oli con fruttato leggero. Sol d’Oro all’ Azienda Agricola Luigi Guadalupi di Brindisi, Puglia;Sol d’Argento all’Azienda Agricola Tenuta Piscoianni di Son-nino (Latina), Lazio;Sol di Bronzo all’Azienda Agricola Alfredo Cetrone di Son-nino (Latina), Lazio.

Categoria: Oli con fruttato medio.Sol d’Oro all’ Azienda Agricola Laura De Perri, di Canino (Viterbo), Lazio;Sol d’Argento all’Azienda Agricola Paola Orsini di Priverno (Latina), Lazio;Sol di Bronzo all’Azienda Agrobiologica Rosso di Ragusa, Sicilia.

Categoria: Oli con fruttato intenso.Sol d’Oro all’Azienda Agricola Villa Zottopera di Ragusa, Sicilia;Sol d’Argento all’Az. Agr. Pasquale Librandi di Vaccarizzo Albanese (Cosenza), Calabria;Sol di Bronzo all’Azienda Agricola De Carlo di Bitritto (Bari), Puglia.

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Il Corso si articola in tre incontri itineranti dedicati ad argo-menti fra loro in stretta connessione:

L'Arte del Ricevere: una tavola perfetta.Il Galateo del ricevimento.

Come servire il Vino.Il merletto in tavola.

Un Menu speciale per una Cena da sogno.

Gli argomenti trattati riguardano le seguenti tematiche: il galateo in tavola, nella sua accezione più moderna, l'arte e il design nell'arredo della tavola, come servire

il vino. Parleremo del Galateo come codice non scritto e realtà viva ed in evoluzione, come tutti gli aspetti del costume. L'ap-parecchiatura, l'uso delle posate, il corredo, l'accoglienza degli ospiti, il corretto comportamento a tavola. L'arredo della tavola sarà invece visto a partire dalla storia, dall'arte, dalla cultura e dal design: saranno mostrati degli allestimenti che partono da spunti eleganti e colti, con gli oggetti che rendono più bella la tavola e l'illustrazione delle idee e dei principi ai quali è possi-bile ispirarsi. Protagonisti lo Stile e il Vino: come servirlo, con cosa accompagnarlo, il giusto calice, la temperatura di sevizio ideale....e altro ancora. Tre incontri di stile ed eleganza...non solo al femminile ma rivolti anche a curiosi appassionati a que-sto mondo “in rosa”. Il Corso dell’Arte del Ricevere e come servire il vino sarà presieduto da un Esperto del Servizio del Vi-no-Master di Servizio e da un Esperto-Storico del Cerimoniale, che ci sveleranno come conferire bellezza a gesti del quotidiano: il preparare la tavola, l'ora del tè e l'after dinner, il sottolineare con oggetti di pregio momenti particolari della vita, di godere di un lusso che non è ostentazione ma capacità di circondarsi di cose belle nella vita di tutti i giorni, di recuperare aspetti della

Associazione Italiana Sommeliers

EDUCATIONAL DI BON TON: L'ARTE DELLA TAVOLA E DEL GALATEO

Primo Incontro: Perugia Hotel Brufani Palace - martedì 29 marzo 2011 - ore 20:30/23:00. Secondo Incontro: Assisi Ristorante “La Locanda del Cardinale”

- giovedì 28 aprile 2011 - ore 20:30/23:00. Terzo Incontro: Foligno Arnaldo Caprai Gruppo Tessile - sabato 7 maggio 2011 - ore17:00/19:30 e Montefalco: una “Cena da Sogno” Hotel Villa Pambuffetti - sabato 7 maggio 2011 - ore 20:00

Le Tre Delegazioni al Femminile di AIS Umbria: Delegazione di Assisi - Delegazione di Montefalco/Spoleto

- Delegazione di Perugia presentano 3 incontri speciali:

migliore tradizione italiana per una più alta qualità della vita. Iniziativa aperta a soci AIS e non soci. Il costo del Corso è di € 100,00 a partecipante e comprende: - le due lezioni serali del 29 marzo a Perugia e del 28 aprile ad Assisi, - la visita presso Arnaldo Caprai Gruppo Tessile di sabato pomeriggio e - la Cena presso l'Hotel Ristorante Villa Pambuffetti a Montefalco di sabato sera. Per gli amici o accom-pagnatori dei Soci AIS che volessero partecipare solo alla cena da sogno del sabato, presso Villa Pambuffetti, il costo è di € 40,00 a persona.Dove si tengono gli incontri:- Perugia - Hotel Brufani Palace: Piazza Italia, 12 – 06100 (PG)- Assisi - Ristorante “La Locanda del Cardinale”: Piazza del Ve-scovado, 8 – 06081 (PG)- Montefalco – Hotel Villa Pambuffetti: Viale della Vittoria, 20 – 06036 (PG)

Per informazioni e prenotazioni contattare:Delegata di Assisi: Cristina Mantilacci, cell. 339.2545369,

e-mail [email protected] di Montefalco/Spoleto: Alessandra Angelucci, tel. 0742.379417,

e-mail [email protected] di Perugia: Lucia Cruccolini, cell. 328.4165636,

e-mail [email protected]

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Roseto Degli AbruzziLungomare Trento, 49 - Roseto Degli Abruzzi (TE) - Tel. (+39)085.8996278

e-mail: [email protected] www.residencemarechiaro.it

Con i suoi vini di prima qualità, sale in classifica tra i prodotti um-bri superando cantine già affermate. Ma l’agricola Romanelli si distingue anche per la sua sensibilità alla natura con un progetto innovativo che vanta pochi altri nel mondo, visibile gratuitamente: posizionerà nelle sue vigne cam live per riprendere specie anima-li come gheppio, allocco e rondine. Fresco, diretto, armonico e in totale equilibratura. È questo il giudizio lasciato dalla rivista britan-nica “Decanter”, una delle più prestigiose riviste del mondo, del Sa-grantino prodotto dall’agricola Romanelli di Montefalco nel suo re-cente articolo dedicato all’Umbria. Un’analisi in chiave di rapporto qualità/prezzo dei prodotti dell’Umbria attraverso la selezione con-dotta da un esperto del vino che ha segnalato le migliori etichette “degne di attenzione”. Tra le aziende indicate c'è Romanelli, che da sempre ha investito nella qualità dei prodotti, nella professionalità e nella natura. La prestigiosa rivista Decanter di Londra ha iniziato sette anni fa a pubblicare interessanti e autorevoli valutazioni di vini con le sue stelle date alle migliori cantine, “una specie di “cartina di tornasole” che indica se si è sulla strada giusta. E i vini l’Umbria – come cita l’articolo - stanno lentamente emergendo, con il Sa-grantino di Montefalco che apre la strada grazie al suo profilo tipi-camente italiano: ricco, con aromi di uva nera matura, ma, quando non gestita con attenzione, pungente acidità e tannini feroci. Tra i recenti arrivi in questa produzione c’è Devis Romanelli, una tenuta - continua l’autore dell’articolo – da tenere sott’occhio: un giovane di talento, già innovativo produttore di armonici vini, che gli hanno permesso di brillare con le sue cinque stelle Decanter superando in classifica aziende come Caprai e Lungarotti. “Ha un grande va-lore per noi aver ricevuto questo riconoscimento - sottolinea con orgoglio Devis Romanelli, giovane titolare - anche come biglietto d’ingresso per il mercato inglese e internazionale e per i ristoran-ti migliori, il mondo del vino sa benissimo quanto sia importante e referenziale la rivista Decanter. Questi risultati e i giudizi della stampa specializzata ci aiuteranno a consolidare le nostre quote di mercato, mentre premiano le strategie attivate in questi anni. Credo molto nelle potenzialità del nostro vino e da subito abbiamo voluto creare e sperimentare, cercando di fondere metodo scientifico ed innovazione con la tradizione delle nostre origini. Un impegno co-stante teso a ricercare vini più attraenti, vibranti, con una soavità di

aromi e volume, dove dentro si respiri la terra dell’Umbria”. Vino e natura: i due elementi si fondono per garantire eccellenza all’agri-cola Romanelli, che da tre generazioni trasmette l’arte di produrre vino nel cuore verde dell’Umbria, con rispetto per il sostentamento dell’ambiente scommettendo sul concetto di ecosostenibilità. È in questa ottica che la sezione Romanelli Natura con grande sforzo posizionerà nelle sue vigne nidi con cam live per riprendere in di-retta specie animali come gheppio, allocco, cinciarella e rondine. Un originale progetto per osservare più da vicino questi volatili, ma senza alterare né disturbare in alcun modo gli equilibri dell’ecosiste-ma. L’eccezionalità è che chiunque può visionarli gratuitamente in tempo reale accedendo semplicemente al portale natura.romanelli.se Questo progetto è stato integrato con un originale percorso gui-dato che permette di immergersi nella natura passeggiando tra ulivi, noci, vigne e boschi osservando e curiosando tra le diverse specie animali che popolano il nostro territorio, le loro abitudini ed il loro perfetto ciclo riproduttivo. Il progetto è aperto in modo particolare anche agli studenti del territorio per un approfondimento diretto con e dentro l’ambiente. Per maggiori informazioni: turismo.roma-nelli.se Il gheppio è uno dei rapaci più diffusi nell'Europa centrale che si caratterizza per il suo tipico volo oscillante a "Spirito Santo", durante il quale si mantiene totalmente fermo in aria, con piccoli battiti delle ali e tenendo la coda aperta a ventaglio, sfruttando il vento per mantenersi stabile e osservare il suolo in cerca di prede. L'allocco, dal capo grosso e tondeggiante, è una specie colpita dalla lotta ai nocivi e in diminuzione per il fenomeno del disboscamen-to e dell'allargamento delle città. Può essere tenuto in domesticità tanto da essere allevato per l'utilizzo in falconeria. La cinciarella, riconoscibile dal piumaggio molto vivace e dalle sue acrobazie tra i rami, è un animale estremamente combattivo se disturbato, tale da renderlo l'incubo degli inanellatori. La rondine è il piccolo e agi-le uccello migratore che più di tutti si avvicina agli insediamenti umani, annidando di regola sotto i cornicioni dei tetti. Si nutre di mosche e zanzare ed è proprio a causa della sua utilità per l'uomo durante l'estate che la sua scomparsa sta preoccupando. Info: Ufficio stampa Agricola Romanelli Montefalco, Stangoni Sara

L’umbra agricola Romanelli al top della rivista inglese “Decanter”, una delle più prestigiose del mondo, nel rapporto qualità-prezzo

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Roseto Degli AbruzziLungomare Trento, 49 - Roseto Degli Abruzzi (TE) - Tel. (+39)085.8996278

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DEGUSTANDO... IL CANADA?

di Renato Rovetta

Oggi in una veste internazionale saremo in Canada, per cono-scere e apprezzare l’ospitalità, i

ristoranti, le degustazioni e le Cantine, gli Chef, ed i Sommeliers che mi hanno aiutato durante tutta la settimana cana-dese. Arrivato a Montreal, sono stato ac-colto con il calore di chi conosce l’ospi-talità e ne ha fatto un prestigio personale. Sto parlando di Louis-Martin Boudrias,

proprietario del ristorante Spago, in un paese fuori città chiamato Sant’Adele. Ovviamente noi abbiamo subito chie-sto della Cantina e Louis non si è fatto pregare, una cantina ben curata, dove primeggiano vini francesi e italiani, i di-stillati, e la sorpresa di scoprire un pas-sito ottenuto con il Cidre des Pommes Gele’, la loro eccellenza, ma di questo ne parleremo più tardi. Vi ho accennato dell’ospitalità, e allora ecco che louis ci viene incontro con una bottiglia di Ri-passo, e che ripasso, quello di Tommasi del 2008. Poi dopo una notte di riposo di nuovo sulle tracce di Vini e Cantine. Ci avevano parlato di un Bistrò molto particolare, dove la gente si ferma per la tipicità del posto, per la cucina, ma soprattutto per l’esclusiva Cantina di Messieur Champlain. Effettivamente sembrava di essere all’interno della can-tina di Ali Babà, pensate 18 mila botti-glie divise per annate, categorie, paesi, e quando dico annate intendo dal 1927 in poi, grandi Chateau, Champagne, Bor-deaux e Bourgogne ma anche i Sassicaia, il Chianti, l’Amarone, ed il barolo. Devo naturalmente ringraziare Christian, il sommelier del “Bistro a Champlain” che appena arrivati ci ha accolto con una cordialità disarmante, gentilissimo e so-prattutto con una coppetta di Roederer

Estate, buono e degno rappresentante di ciò che poi avremmo visto in cantina. E tutti gli altri collaboratori, da Sean, Da-nielle, Donald, e poi Madame Pierette, Francoise e lo chef Olivier Ebrahimi, e naturalmente Messieur Champlain, che pur essendo in vacanza in Florida, non ha mancato di chiamarmi e ringraziar-mi per la visita; e allora Merci e chape-au Messieur Champlain e a tutta la fa-miglia. Questa in Canada naturalmente è stata un’esperienza vissuta all’insegna della professione del Sommelier, dove spero di aver degnamente rappresentato i nostri vini, i nostri territori, e di aver fatto conoscere Unione Sommeliers di Assogusto, l’Aspi e l’ASI Internazionale. Un’altra persona speciale che voglio rin-graziare per la professionalità e la cultura del vino e del buon bere è sicuramente Suzanne Brazeau, che spero di rivedere presto e di poter contraccambiare con degustazioni importanti, durante il suo soggiorno. A proposito devo anche dirvi che gli amici canadesi sono stati piace-volmente coinvolti dal nostro Moscato di Scanzo Doge della Brugherata e dal Satèn oltre al Franciacorta Brut Docg dell’Azienda le Cantorie. Ci siamo fat-ti onore e nelle prossime occasioni non mancherò di presentare altre aziende del nostro grande territorio.

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Vermiglio di Rosciate

Oggi vi presento il Vermiglio di Rosciate, o meglio vi presento l’anteprima di un vino che vedrà la sua pre-sentazione al Vinitaly 2011 senza le pretese e le aspet-

tative di un vino fuori dal comune, ma che sicuramente vuole essere rappresentativo del nostro territorio. Descrivere un vino è impegnativo, e quella di oggi non sarà semplicemente una descrizione legata alle sue caratteristiche, cercheremo il terri-torio, il Terroir, e questo vino che lo vuole rappresentare. Già conosciamo Scanzorosciate, appena fuori Bergamo per via del suo Scanzo Docg, oggi voglio parlarvi di Rosciate, quella parte cioè di paese legata ad un personaggio romano già amico di Ci-cerone, Quintus Roscius, da qui Rosciate dove nell’ ottocento venne edificata una chiesa. Dietro Rosciate le colline, i dossi quasi tutti vitati, e le vie che portano in vigna, piccole e strette, lo spazio per un trattore. Qui alcuni Vigneron in questi ulti-mi anni hanno pensato di sottolineare l’aspetto territoriale con un vino che ci rappresentasse ovunque vinificando il Moscato di Scanzo a secco, con la compagnia di Merlot e Cabernet in diverse percentuali. E’ di questi giorni la presentazione a gior-nalisti, ristoratori, sommeliers e produttori, di questo progetto vinoso, il Vermiglio di Rosciate. Lo definisco progetto, anzi un bel progetto dove alcuni produttori della Valcalepio e altri del Moscato di Scanzo si sono uniti per creare un vino rappresen-tativo del territorio, che sia insomma, il vino di Bergamo, e questo doveva essere lo spirito dell’invito, trovarci intorno ad un tavolo per esprimere le considerazioni di questa couvè che vuole utilizzare il moscato di scanzo come vitigno di Bergamo.I campioni per la degustazione sono stati presentati partendo dal Vermiglio di Rosciate “base”, dove i colori erano tenui,

mentre al naso i profumi erano ben presenti, ma la persistenza era corta, vero anche che i campioni erano ad una temperatu-ra inferiore a quella che vorremmo per una degustazione, ma proprio mentre ci chiedevamo il perché di questo vino, l’eno-logo Giuseppe Bassi, ci ha spiegato che proprio sul “base” si sta lavorando per ottenere una persistenza più accentuata ed un bouquet caratteristico ma non prevalente, cercando di dare un tocco più intrigante al colore. Vorremmo un vino con le ca-ratteristiche piacevoli che abbiamo trovato nella degustazione del primo campione del Vermiglio di Rosciate , sicuramente meno incisive del secondo e terzo, dove traspariva al naso il profumo caratteristico del Moscato di Scanzo ma poi in bocca lasciava poca fantasia. Ora credo sia importante lasciar lavo-rare i cantinieri, e il tempo dell’affinamento ci riserverà belle sorprese. In questi giorni di Unità d’Italia sarebbe bello parlare di un vino che leghi tutti i viticultori della provincia di ber-gamo. Come è stato detto, il Vermiglio di Rosciate non vuole sostituire nessun’altra tipologia di vino della nostra splendida Valcalepio, ma ci piace pensare di poter trovare in giro per il mondo un vino che sia il Vino di Bergamo. E il piacere diventa entusiasmo nel pensare al Vermiglio di Rosciate che parli la lingua dei vitigni più autoctoni di Bergamo, come il Franconia, il Moscato di scanzo e perché no della Schiava, re e regine della viticultura bergamasca di tempi ormai lontani. Avremo modo sicuramente di riparlare del Vermiglio di Rosciate, e magari di fare con voi amici lettori una degustazione proprio a Vinitaly, quindi nell’attesa, io vi ringrazio per esservi fermati qualche minuto in mia compagnia, e come sempre… In alto i Calici

Calle dei Fabbri 4680Tel: 041.2963111

San Marco

di Renato Rovetta

www.sommelierfriend.it

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“I dipinti di Onorio Bravi ci of-frono una via di salvezza. Opere di ritmo e di colore. Paesaggi e

figure dove tutto si rende necessario, dove tutto è sviluppo compiuto, at-mosfera di rappresentazione plastica, stato d’animo di uno stato di cose, dove tutto diventa naturale predomi-nio del fatto in sé. Ecco allora che la realtà onirica si fonde nell’emo-zione come unica nuda verità di vita. I fiori, le ombre di stilizzati uomini cristallizzati nella terra o nel cielo”. Con queste suggestive ed illuminanti parole Marisa Zattini ci fa entrare nel cuore dell’arte di Onorio Bravi (Por-tico di Romagna, 1955) e ci introdu-ce nel percorso della mostra dei suoi lavori allestita nelle sale di Palazzo Albertini a Forlì in piazza Aurelio Saffi. La mostra, intitolata “Momen-ti contingenti” e curata dalla stessa Zattini, si avvale di un consistente catalogo pubblicato dalla casa editri-ce “Il Vicolo” di Cesena, cui si deve anche la pubblicazione del raffinato periodico “Graphie”. Viene proposto un corposo numero di opere, selezio-nate dal recente lavoro dell’artista, composto da oltre cento lavori, fra tecniche miste su tavola, xilografie, incisioni e graffiti, a dimostrazione di come la pittura di Onori si inseri-sca pienamente in quel “solco” strug-gente di una riconosciuta tradizione del Novecento romagnolo: pennella-te materiche dai toni caldi, vocazione altamente poetica e onirica, paesag-gi surreali che creano una sorta di “spaesamento” nel soffermarsi dello sguardo sulla loro intrigante superfi-cie in cui si riflette una originale e fantasiosa “tavolozza”. Come leggia-

I SOGNI DI ONORIO BRAVIIn mostra al Palazzo Albertini di Forlì i lavori

dell’artista romagnolo

mo nel testo introduttivo della cu-ratrice, “Onorio Bravi non racconta ma è parte viva e partecipe dell’indi-viduazione autentica della sua pittu-ra. Così tutto è vento, stasi, silenzio e colore: paesaggio e visione, riverbe-ro e sogno. Il mare diventa «un gran pozzo d’acqua» dalle sembianze uma-ne e i pini che si stagliano netti nel cielo plumbeo «scricchiolando come alberi di nave» entrano e si fissano nella nostra memoria”. Bravi ci rac-conta, cioè, di una ineluttabile soli-tudine, di un segreto cammino dove le stilizzate sagome di uomini-ombra si intrecciano nell’aria dei giochi oni-rici. Enigmi, assorbimenti: è come se ci attendesse una rivelazione. Un universo in bilico tra vita sognata e vita vissuta, intessuta di sogni che però altro non sono riflessi inconsci di pulsioni reali e pressanti, che pare ricreato nel misticismo di un tra-monto carico di valenze simboliche, avvolto nel fruscio di silenziosi ter-reni fioriti, nei pleniluni dorati delle danze notturne, nei profili misurati e incantevoli di nude figure femminili che magicamente trascolorano negli sfondi pastosi e surreali. I quadri di Onori, carichi di forza rivelatrice di un mondo inconscio, intimamente appartenente all’universo dei lin-guaggi e dei segni che corrodono il suo “sentire”, ma che una volta ma-terializzati e e resi visibili nella pittu-ra diventano a loro volta “luogo” di suggestivi percorsi per l’osservatore, che sente in qualche modo stimolato ed “evocato” il suo stesso, misterioso ed insondato mondo di sensazioni e di interne “visioni.

di Michele De Luca

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VENEZIA, per scoprirla in modo diverso...

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Garantire un prodotto ottimale ed un servizio di assistenza continuativo ed affidabile: è questo l’obiettivo di MB TEC. Il migliora-

mento costante delle prestazioni è la nostra ambizione.

MB TEC è in grado così di affiancare il cliente in ogni fase di lavorazione,dalla progettazione alla realizzazione finale.

L’impiegno dei migliori materiali, il know how acquisiti in anni di esprerienza, la tecnologia più avanzata e la rinnovata passione

fanno di MB TEC un punto di riferimento sicuro su cui contare.

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26 aprile, 31 maggio, 28 giugno, 26 luglio, 30 agosto, 27 settembre, 25 ottobre, 29 novembre, 27 dicembre.

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MARTEDÌ: