ENESAG RESEARCH · tivazione della pianta del caf-fè e per il suo commercio, soprattutto in...

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La rivista degli specialisti della Gastronomia, Ristorazione e Alimentazione ENESAG RESEARCH Studi e approfondimenti sull’evoluzione del mondo del food e non solo... Numero 21, Marzo 2020

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La rivista degli specialisti della Gastronomia, Ristorazione e Alimentazione

ENESAG RESEARCH

Studi e approfondimenti sull’evoluzione del mondo del food e non solo...

Numero 21, Marzo 2020

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ENESAG RESEARCH INFORMA

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VIAGGIO NEL MONDO DEL CAFFE’ Prima parte: “Dalle leggende ai giorni nostri”

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COMUNICARE IL CIBO

Educazione alimentare dei bambini

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INCONTRO CON LA DR.SSA DEBORA RASIO

Mantenere le funzioni cerebrali con la corretta alimentazione

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IL PANE

Un tesoro da difendere

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SOMMARIO Le Rubriche

FOTO DI

Accademia Italiana

Gastronomia e Gastrosofia

ENESAG R ESEARCH FORMA e INFORMA

LE PILLOLE DEL PRESIDENTE: La professione del Consulente in Alimentazione e Gastronomia Una professione appagante e remunerativa è un immaginario fondamentale per chiunque lavori, a

qualsiasi livello. Se stai cercando di migliorare le performance quotidiane o di intraprendere un’attivi-tà che ti impegni oltre l’ordinario, questo settore ti offre le basi per prendere le giuste decisioni nel campo del food. La conoscenza di un’associazione come la nostra ti offre spunti per capire i nuovi asset professionali e stabilire i tuoi progetti a medio e lungo termine, ma anche per apprendere le

condizioni e le regole per un’identità professionale, cercando di annullare i momenti di crisi, acqui-sendo un equilibrio tecnico ed emotivo.

Ogni essere umano ha il potere di creare le condizioni adatte per trarne il giusto profitto e decidere

con sicurezza il proprio percorso, ma questo, in genere, accade solo dopo aver consolidato il proprio

background formativo.

Puoi interpretare questa rivista come un manuale dove procurarti le solite formule da applicare alla

tua esperienza, oppure come un prontuario per il mondo del food in modo da consentirti di acquisire

la materia in modo concettuale.

Qualsiasi approccio avrai con ENESAG credo che in questo momento ti starai chiedendo “Perchè leggo questa rivista?” Il motivo per cui la devi leggere lo capirai da solo, dopo pochi articoli. Posso solo dirti che questo è frutto di tanti percorsi professionali, fatto di successi e talvolta fallimenti, di

ricerca, studio e intuizioni, dai quali abbiamo estratto, oltre alle conoscenze tecnico-scientifiche della

materia, anche le capacità personali e decisionali per un solido orientamento.

Matteo Robustella

IVANO ZINELLI

PHOTOGRAPHER

Un artista,

grande professionista, che

grazie al nostro

lavoro, la nostra

Passione,

IL FOOD,

ho avuto la fortuna di

incontrare per una

nuova collaborazione

Una persona veramente piacevole da incontrare,

ma quello che trasmettono le sue immagini

sono vere emozioni. Non vi è mai successo

di guardare un’immagine e non poter più fare a meno

di desiderare quello che è stato fermato in quello scatto?

Bene, a me è successo nel suo studio. Una sola cosa mi ha lasciato

un po’ amareggiato: mi ha fatto venire una voglia matta

di quel latte fantastico che usciva dal bicchiere e poi...

non ne aveva da offrirmi.

FOTO DI IVANO ZINELLI PHOTOGRAPHER Pagina 3 Numero 21, Marzo 2020

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le sue capre e i suoi cammelli si mantenevano “vivaci” ed energici anche di notte dopo aver masticato certe bacche rosse, preparò con queste, precedentemente abbrustolite e pestate, un infuso nell'in-tento di restare sveglio più a lungo per poter pregare di più. Un'altra leggenda ha co-me protagonista Maometto, il quale, assorto nella sua medi-tazione, stava per addormen-

tarsi quando l'Arcangelo Ga-briele gli offrì una pozione nera “come la Sacra Pietra della Mecca” (comunemente chiamata qava), creata da Al-lah, che lo rianimò. Addirittura si racconta che Allah stesso bevve caffè il giorno della creazione, the il giorno dopo per conciliare il riposo, e infine vino nel gior-no del peccato originale; in effetti si presume sia questo uno dei motivi per cui la reli-gione islamica vieta gli alcoo-lici e fu proprio in Arabia che, per necessità, si apprez-zò più precocemente il caffè, che si poteva contrapporre a quelle bevande proibite e chiamato pertanto “il vino d'Arabia”. Esiste anche una leggenda che racconta di un incendio di piante selvatiche di caffè in Abissinia, che diffuse nell'aria il suo profumo aromatico per chilometri e chilometri. In ogni caso, fino al XIX

Inizia questo mese sulla nostra rivista un appunta-mento a tappe per cono-scere meglio il CAFFE’, bevanda tipica del nostro Paese, molto apprezzata e consumata in moltissime varianti. Ne approfitteremo per sco-prire tutte le sue caratteri-stiche, dalle sue origini alla coltivazione, alla lavorazio-ne e, perché no, per cono-scere qualche particolare curiosità. La storia del caffè risale a moltissimo tempo fa, tanto che ne possiamo ritrovare accenni negli scritti omerici, così come anche nel Corano. Esistono in effetti molte leg-gende sull'origine del caffè. La più conosciuta è sicura-mente quella proveniente dal Monastero Chehodet nello Yemen, secondo la quale uno dei monaci, avendo saputo da un pastore di nome Kaldi che

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VIAGGIO NEL MONDO DEL CAFFE’ Prima parte: “Dalle leggende ai giorni nostri “

Inizia questo mese sulla nostra rivista un appuntamento a tappe per conoscere meglio il CAFFE’

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ancora oggi da alcuni popoli africani, o durante le batta-glie. Si pensava infatti che tale cibo, grazie alla presenza di caffeina (non ancora cono-sciuta) rendesse più corag-giosi ed aggressivi. Solo intorno all'anno 1000 si iniziò a farne bollire i semi in acqua, ottenendo così una bevanda non alcoolica e quindi non proibita dalla reli-gione, o altri infusi simili. Certo queste bevande non hanno nulla a che vedere con l'odierno caffè, soprattutto con il tipico espresso italiano; potrebbero però lontanamen-te somigliare ad un caffè fil-tro… La vera conquista si ebbe però nel XIV secolo, periodo in cui gli olandesi iniziarono nelle colonie di Ceylon e Giava i vari processi di tostatura e macinazione, che portarono all'ottenimen-to di una polvere da infuso con cui preparare una bevan-da sempre più simile a quella dei giorni nostri. Nello stesso periodo anche altri paesi europei iniziano a sfruttare le colonie per la col-tivazione della pianta del caf-fè e per il suo commercio, soprattutto in Africa. E' in questo periodo che ven-gono aperti i primi “bar-caffetterie”, come le famose qahveh khaneh di Costantino-poli dove, nel frattempo si era diffuso l'islamismo e con esso anche il caffè. Queste erano leggendari loca-li che offrivano penombre suggestive alternate a lumi di

candela, alcune molto son-tuose, dove i Turchi si rilassa-vano sorseggiando questa scura e calda bevanda che corroborava corpo e spirito. Durante il periodo delle colo-nizzazioni al caffè non anco-ra tostato e macinato venne dato l'appellativo di “Oro Verde”, in quanto considera-to molto prezioso come mer-ce di scambio e ciò scatenava anche numerosi conflitti per il suo possedimento e mono-polio. Nonostante la gelosia degli Arabi nei confronti del “loro” prodotto, era un'uto-pia pensare che gli occidenta-li non venissero prima o poi a contatto con il caffè; a nul-la, infatti, servì agli Arabi importare sacchi di caffè già tostato per evitare che germi-nasse in altri Paesi. Così come accadeva ai pelle-grini che si recavano alla Mecca o a Medina, anche gli Europei si fecero ammaliare dai profumi delle spezie orientali e dagli incensi e così

secolo non era certo quale fosse il luogo d'origine del caffè e, oltre all'Etiopia, si ipotizzavano proprio la Per-sia e lo Yemen. Ora sappiamo che ne dobbia-mo l'origine all'altipiano di Kaffa, in Abissinia, regione montuosa etiopica ricca di boschi e foreste. Per quanto riguarda il nome, invece, non si deve pensare che questo derivi dalla regione d'origine; l'etimologia della parola, in-fatti, ci riconduce al rito del “C'era una volta... il qahwae”, parola che in origine, nel lin-guaggio arabo classico, indi-cava una bevanda che veniva consumata in quanto provo-cava effetti stimolanti ed ec-citanti, tanto da essere usata anche come medicinale. Il significato poi col tempo si restrinse, trasformandosi nel termine turco “kahvè”, cioè caffè nel vero senso della parola, denominazione che riporta anche al nome scienti-fico esatto del genere cui ap-partiene la pianta del caffè, ovvero “Coffea”. Nell'antichità il caffè però non era considerato una be-vanda; gli arabi infatti consu-mavano tutto il frutto, simile ad una ciliegia, e solo col pas-sare del tempo impararono ad estrarne i semi, ad impa-starli con burro, sale ed altri grassi animali che li rendesse-ro conservabili più a lungo, ed a utilizzarli come sostenta-mento ed alimento placatore di fame durante i viaggi nel deserto, usanza mantenuta

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VIAGGIO NEL MONDO DEL CAFFE’ Prima parte: “Dalle leggende ai giorni nostri “

Solo intorno all'anno 1000 si

iniziò a farne bollire i semi in

acqua

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Fu un personaggio in partico-lare, un certo Kolschitzky, polacco vissuto per anni in Turchia, a farsi consegnare i sacchi e ad aprire subito una bottega, “Il Fiasco Blu”, dove serviva ai viennesi una bevan-da nera ed amara, che all'ini-zio non venne granché ap-prezzata. Ma egli non si perse d'animo e mescolò il caffè con miele e latte, ottenendo una bevanda molto simile al cappuccino di oggi, chiamata melange, che riscosse un suc-cesso immediato in tutta Eu-ropa. In Italia furono i Vene-ziani, quindi, i primi che im-pararono a gustare la bevan-da. All'inizio, comunque, il costo del caffè era molo alto e solo i ricchi potevano per-mettersi il lusso di acquistar-lo, perché esso era venduto addirittura in farmacia; dopo l'apertura della prima bottega del caffè, molte altre ne ven-nero aperte a Venezia, tanto che il proprietario della prima caffetteria fu costretto, per battere la concorrenza, a pubblicare un libretto che esaltava le virtù salutari del prodotto. In breve tempo il caffè divenne un prodotto di alto gradimento, spesso se-gno di amicizia e di amore: nella città di Venezia, agli inizi del Settecento, corteg-giatori ed innamorati presero l'abitudine di inviare alle pre-dilette del cuore vassoi ricol-mi di cioccolata (conosciuta anch'essa da poco) e caffè quale espressione di affetto. Anche in Italia, come in altri

paesi, l'introduzione del caffè si scontrò con il parere di alcuni esponenti della Chiesa, tanto che alcuni fanatici cri-stiani incitarono Papa Cle-mente VIII ad interdire la “bevanda del diavolo” ai fe-deli, a causa della sua popola-rità tra i musulmani del Me-dio Oriente. Ma il Papa, assaggiatane una tazza, non fu contrario al suo uso anzi, si narra che rispose “Questa bevanda del diavolo è così buona che... dovremmo cercare di ingannarlo e battezzarlo”. Gra-zie quindi alla benedizione papale, il caffè moltiplicò così il suo successo. Apprezzato da molti uomini di cultura del Settecento che gli diedero l'appellativo di “bevanda intellettuale”, susci-tò interesse non solo per la sua caratteristica di infuso ristoratore, ma anche per le sue qualità curative: in un volantino fatto stampare a Milano nel 1801 si documen-tava infatti l'alto prestigio che alcuni medici gli attribuivano come toccasana per la salute. Anche in Italia quindi apriro-no molti locali dove la gente, soprattutto dell'alta borghe-sia, si fermava per riposare e ristorarsi sorseggiando questa bevanda ed in un certo modo questi locali divennero punto di incontro, di discussione, di scambio di idee politiche e culturali, tanto che divennero presto famosi. Ricordiamo ad esempio il CAFFE' FLORIAN a Vene-zia, il CAFFE' MICHELAN-

assaggiarono anche il caffè, non volendone più fare a meno.

Iniziò così un contrabbando di semi e piantine nei Paesi occidentali che successiva-mente diede inizio ad un vero e proprio commercio. Il caffè fu quindi introdotto in Europa solo nel XVII se-colo, principalmente attraver-so i porti italiani di Genova, Livorno, Trieste e Venezia, dove nel 1640 venne aperta la prima “Bottega del Caffè”, grazie ai fiorenti scambi eco-nomici in tutto il continente, ma anche grazie alle guerre. Nel 1683 infatti, dopo due mesi di assedio, Vienna viene liberata dall'invasione islami-ca grazie alla sconfitta del Gran Visir Kara Mustapha che, ritirandosi in fretta e furia, abbandonò sul campo di battaglia numerosi sacchi colmi di semi di caffè, pron-tamente raccolti dagli austria-ci.

Kara Mustapha

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VIAGGIO NEL MONDO DEL CAFFE’ Prima parte: “Dalle leggende ai giorni nostri”

parve sulla tavola del Re Lui-gi XIV, il Re Sole, le botte-ghe ottennero maggiore for-tuna, così come anche la ot-tenne tra i membri della corte. I caffè sorsero principalmen-te all'ombra del celebre teatro della Comedie Francaise ed il primo aperto, il famoso “Cafè Procope”, fu il prototipo dei futuri caffè teatrali europei. Qui vi si incontravano filoso-fi, artisti, sociologi, politici, letterati: Diderot, Fontanelle, Voltaire e molti altri lo fre-quentarono tanto da farlo diventare il simbolo di un prestigioso centro politico-letterario. In Inghilterra il caffè ebbe gran popolarità solamente per una cinquantina d'anni, poi venne sostituito dal con-sumo del the. Nel frattempo però, dopo appena 25 anni dall'apertura del primo caffè, Londra ne contava già 300 e, per attirare più clientela, nel primo locale pubblico venne anche diffuso

un piccolo singolare opusco-letto sul caffè, oggi conserva-to al British Museum. La fortuna del caffè in Inghil-terra fu dovuta principalmen-te al fatto che questa bevanda fu molto utile ed utilizzata per combattere la piaga dell'alcoolismo, molto diffuso nella società inglese del XVII secolo. Infatti la propaganda contro l'alcool condotta dai medici del tempo evidenziò i malan-ni che l'abuso di questa so-stanza comportava in quanti l'assumevano, favorendo così l'avvicinamento e l'affermarsi del caffè, il cui consumo pla-cò notevolmente il vizio dell'ubriachezza. Nonostante ciò il caffè in questa nazione ebbe qualche periodo di incertezza. Da una parte, infatti, le don-ne si sentivano trascurate dai mariti, sempre impegnati ad incontrarsi nei caffè, di popo-larità via via più crescente, tanto da diffondere una peti-

GELO a Firenze, il CAFFE' PEDROCCHI a Padova, il CAFFE' GRECO a Roma ed i CAFFE' SAN CARLO e AL BICERIN a Torino, co-nosciuti e frequentati ancora ai giorni nostri. In Francia il caffè fu intro-dotto grazie ad alcuni mer-canti marsigliesi, infatti pro-prio a Marsiglia venne aperta la prima bottega pubblica sul modello di quelle di Costanti-nopoli. Essendo situata nel quartiere frequentato dai più facoltosi mercanti e navigan-ti, divenne ben presto punto d'incontro non solo per bere una tazza di caffè fumante, ma anche per giocare, fumare ed organizzare viaggi d'affari. Così come Marsiglia, anche Tolosa, Lione, Bordeaux e Parigi aprirono altre case del caffè; l'unico aspetto che non incontrò subito il favore del pubblico fu il sapore amaro della bevanda, in quanto an-che lo zucchero era molto costoso e poco diffuso. Quando però il caffè com-

La fortuna del caffè in Inghilterra

fu dovuta principalmente al

fatto che questa bevanda fu molto utile ed utilizzata per combattere la

piaga dell'alcoolismo

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VIAGGIO NEL MONDO DEL CAFFE’ Prima parte: “Dalle leggende ai giorni nostri “

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XVII secolo la Compagnia olandese delle Indie Orientali iniziò a coltivare caffè a Gia-va, utilizzando semi prove-nienti dal porto di Mocha, nello Yemen. Da Giava poi alcune piantine vennero trasferite al giardino botanico di Amsterdam, da dove poi, nel 1713, una pian-ta raggiunse la Francia e se ne iniziò la coltivazione nelle serre di Versailles. Proprio dalla Francia, nel 1723 un ufficiale della marina francese in servizio in Marti-nica, Gabriel Mathieu De Clieu, salpò per i Caraibi con due piantine di Coffea arabi-ca, di cui una sola sopravvisse al viaggio. Dalla Martinica, nei decenni seguenti, le piante si diffusero rapidamente in tutto il Cen-troamerica: Santo Domingo, Guadalupa, Giamaica, Cuba, Porto Rico; nello stesso pe-riodo gli olandesi portarono il caffè in un'altra colonia, la Guiana Olandese, e da qui entrò nella Guiana Francese. Nel 1727 un portoghese di nome Francisco De Melo Palheta sottrasse alcune pian-tine nella colonia francese e le trapiantò in Brasile, luogo ove esistevano tutte le condi-zioni climatiche più favore-voli alla sua coltivazione, co-me umidità e temperatura, come pure nei Paesi limitrofi quali Colombia, Messico e Venezuela. Importante è sottolineare che l'industria del caffè nelle co-lonie era strettamente legata e

dipendeva esclusivamente dalla pratica della schiavitù, abolita poi, seppur solo for-malmente, nel 1888. Le coltivazioni Brasiliane si estesero a tal punto da supe-rare e spesso sostituire le col-tivazioni di canna da zucche-ro, raggiungendo in pochi decenni altissime percentuali di produzione ed arrivando nel 1928 ai 4/5 di tutta la produzione mondiale. Dall'i-nizio degli anni '30 e per circa 15 anni si dovettero distrug-gere milioni di sacchi di caffè, poiché l'immagazzinamento in condizioni idonee richie-deva oneri non indifferenti; furono proprio questi gli anni in cui i paesi africani produt-tori di caffè poterono immet-tere sul mercato anche il loro prodotto a prezzi decisamen-te concorrenziali, in quanto non avendo produzione in esubero non erano richiesti costi di immagazzinamento. Ad oggi però Brasile e Co-lombia restano comunque i principali produttori ed esportatori; il caffè infatti costituisce il prodotto basila-re delle economie di questi Paesi, assorbendo la più gran-de forza occupazionale e rea-lizzando la voce più consi-stente in entrata dei loro bi-lanci nazionali. Testo tratto dalla tesi di Laurea della

Dr.ssa Fabiana Carella dal

titolo “Il caffè: dalla torrefazione al consu-matore finale. Indagine per la valutazione

delle caratteristiche aromatiche e sperimen-

tazione delle tecniche di degustazione”.

zione contro la bevanda; dall'altra, addirittura il Re Carlo II emise un provvedi-mento atto ad ordinare la chiusura repentina di molti locali, per paura che fossero teatro di incontri per organiz-zare manifestazioni sediziose; questo provvedimento susci-tò però un diffuso malcon-tento popolare, tanto che il Re dovette revocarlo dopo solo una settimana. Questi due episodi non solo

registrarono la sconfitta degli oppositori del caffè, ma so-prattutto l'affermazione della libertà individuale, la quale diede un nuovo impulso alla popolarità della bevanda e all'intrattenimento nei nume-rosi caffè. Nel Settecento, quindi, prati-camente ogni città europea possedeva almeno un caffè e così questo iniziò ad essere coltivato in larga scala nelle colonie britanniche ed in quelle olandesi dell'Indonesia. Già negli ultimi anni del

Ad oggi però Brasile e Colombia restano comunque i principali produttori ed esportatori

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anche a livello culturale, so-prattutto in una società il cui patrimonio gastronomico è stato riconosciuto patrimonio immateriale dall’Unesco. Sarebbe frustrante pensare ad una futura Italia in una scena del quotidiano, in cui ogni singolo individuo mangia un panino in metro o per la stra-da, come accade per esempio a Londra, quando solo un secolo prima l’intera famiglia si riuniva mangiando, cantan-do e raccontando storie tutti quanti insieme. Non è forse un caso quindi che da qualche anno a questa parte il MIUR abbia accredi-tato e riconosciuto fondazio-ni, quali la FEI (Food Educa-tion Italy), o che siano in cre-scita sempre più portali vir-tuali che propongono svariati materiali, da filastrocche a giochi pratici, dei quali i geni-tori possono usufruire come mezzi di educazione. Per quanto, in vista dell’EX-PO 2015, il MIUR abbia in

un certo qual modo cercato di rivedere le modalità di ap-proccio in materia, le temati-che indicate lasciano tuttavia un po’ a desiderare. Si parla infatti di sicurezza (il cibo non deve nuocere alla salute di chi lo consuma), caratteri-stiche sensoriali (il cibo deve soddisfare precisi requisiti di aspetto, forma, colore, odore, sapore, consistenza, ecc.), valore nutritivo (il cibo deve contenere sostanze utili all’organismo) e gratificazio-ne (il cibo deve soddisfare le necessità di gratificazione psicologica e sociale del con-sumatore). Rispetto agli anni precedenti, quando le indica-zioni ministeriali sono state poco comprese e la tendenza era erroneamente quella di avvicinare i bambini alla scienza della nutrizione par-lando per esempio di calorie, queste sono certamente te-matiche rivoluzionarie ma non ancora del tutto adegua-te. Bisogna infatti rendersi conto del mondo in cui ci si va a relazionare. Si può sicuramente giocare con un bambino insegnando-gli cosa è sano e cosa no (“questo ingrediente ti fa ve-nire la bua”) oppure cucinan-do insieme indicando il cor-retto metodo di cottura, se-guendo così le direttive del MIUR. Si potrebbe però inoltre rac-contare una bella favoletta storica di una famiglia tipica del mezzogiorno che mangia sempre insieme, al fine di

“L’uomo è ciò che mangia”, è necessario quindi, sin dalla nascita, educare il bambino a relazionarsi con il mondo alimentare. Fondamentale è il ruolo geni-toriale, in quanto il cibo non solo ha un valore nutritivo, ma anche affettivo e sociale. Non a caso, infatti, la parola “compagno”, deriva dal lati-no cumpanis, letteralmente ‘con pane’. I genitori hanno il ruolo cruciale di insegnare al bambino questi valori rappre-sentati dal cibo. Purtroppo nella società moderna, sia per impegni lavorativi, sia per la non appropriata educazione o la non curanza degli stessi genitori, molti bambini con-sumano i loro pasti separata-mente o davanti alla televisio-ne, privando così il cibo della sua funzione conviviale e di legame. Se gran parte della giovane società fosse educata al cibo come solo fattore nu-tritivo, questo rappresente-rebbe una gravissima perdita

Si può sicuramente giocare con un bambino insegnandogli cosa è sano e cosa no

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COMUNICARE IL CIBO

Educazione alimentare dei bambini

di servire la tavolata, inse-gnandoci quindi quello che è il privilegio di servire i propri compagni. Ma non era solo la conviviali-tà alla base di questo metodo. Seppur i ricordi per me più belli legati alla scuola elemen-tare siano associati a questi momenti di svago, che mi hanno insegnato a vedere il pasto come un momento di condivisione, il tema del pranzo mi ricorda anche sfu-mature meno felici. La regola era: “Di tutto, un poco”. Dovevamo assaggiare tutto. Dai minestroni alle zucchine, dalle paste meno invitanti ai budini. Se non assaggiavo il temuto ingre-diente, il resto della classe aspettava per proseguire con le portate fino a che, a fatica, non lo assaporavo. Più tem-po passavo a farmi coraggio nell’impresa, meno era il tem-po disponibile per andare a giocare in giardino prima di riprendere con le lezioni. Questa regola valeva per tut-ti. Conveniva sicuramente essere di buona forchetta, perché il menù era diverso ogni giorno per un mese. Quest’ampia varietà e l’obbli-go di assaggiare tutto, hanno rappresentato un’importante fase nella mia educazione alimentare. “Aiutami a fare da solo” è il motto che si può leggere en-trando in una di queste scuo-le. Il concetto è quello di far sperimentare al bambino qualsiasi cosa approcciandola

nel modo in cui egli ritiene sia migliore. Sperimentare tutto per poter decidere cosa sia più adatto a se stessi. Istruire il bambino ad aver consapevolezza di sé, della propria natura. Lasciare la libertà al bambino di scegliere la propria strada, seguendo delle linee guida, in qualsiasi campo: dallo studio della storia, al relazionarsi con gli altri, all’educazione alimenta-re. Fargli sperimentare ogni tipo di cibo per renderlo con-sapevole dei propri gusti, senza farsi intimidire dalle apparenze. Questo metodo rispecchia quindi molte di quelle che sono le indicazioni che la letteratura fornisce per edu-care al cibo i bambini. Come educare

Vari studi hanno dimostrato come l’approccio sbagliato al cibo in fase infantile possa rappresentare la genesi di disturbi alimentari in fase evolutiva. La letteratura indica infatti di

istruire il bambino alle nostre antiche tradizioni gastrono-miche che ci rendono tanto orgogliosi. O anche proporre classi di degustazione per stimolare il suo gusto ed istruirlo alla qualità, evitando prodotti industriali. Il problema di fondo, però, è a monte: per un’educazione ben riuscita è necessaria l’e-ducazione stessa dei genitori. Sarebbe opportuno comuni-care con questo mondo più frequentemente. Garantire una linea guida educativa da poter seguire, stimolare i ge-nitori stessi. Accompagnarli nella crescita del loro figlio anche attraverso una collabo-razione scolastica, le cui linee educative siano affini. Educazione nelle scuole

Metodo Montessori

Non tutte le scuole primarie prevedono il tempo pieno, e di conseguenza la possibilità di far pranzare il proprio bambino con i suoi compa-gni. Un caso interessante è quello del Metodo Montesso-ri. Nelle scuole che seguono questo percorso, infatti, il pranzo è vissuto come un momento di convivialità. All’epoca in cui frequentavo le scuole elementari, i tavoli venivano cambiati a rotazio-ne, in modo tale che ogni settimana ognuno di noi mangiasse con compagni diversi. Inoltre ogni settima-na cambiavano anche i re-sponsabili, che si occupavano

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COMUNICARE IL CIBO

Educazione alimentare dei bambini

Vari studi hanno dimostrato come l’approccio sbagliato al cibo in fase infantile possa rappresentare la genesi di disturbi alimentari in fase evolutiva.

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nuto lontano dai propri gusti o poco gradevole alla vista. In questi casi è consigliabile presentare al bimbo la pietan-za nella sua reale forma, ta-gliarla e poi farne assaggiare anche solo un boccone. E’ meglio presentare al bimbo il cibo uguale a quello degli adulti e sminuzzarlo in segui-to, lasciandogli intendere che non sta mangiando nulla di diverso dai genitori. Viene suggerito anche di lavorare sulla comparazione; di far assaggiare la stessa pietanza di qualità diverse per renderlo consapevole di cosa mangia e far sì che apprenda il concet-to di qualità. E’ importante anche insegna-re il concetto di riciclo degli avanzi, educando il bambino a non sprecare. Dimostrargli che con gli avanzi di pasta del giorno prima si può fare un tortino ripassandola in padel-la con la mozzarella. E a que-sto proposito invitare il bam-bino a cucinare insieme. Sempre più spesso scuole di cucina emergenti propongo corsi da poter fare insieme e lo stesso Eataly propone di tanto in tanto eventi simili. Altro punto fondamentale è quello di fare la spesa con il bambino, per educarlo al va-lore del cibo, scegliendolo con cura, contenendosi sulla quantità e mostrando quanto costa ciò che si mangia. E farlo sempre a stomaco pie-no, in modo da non cedere alle tentazioni del junk food. Riguardo a questo si racco-

manda di non farne abusare il bambino, ma neanche di ban-dirlo completamente. L’educazione alimentare in-fantile è, in ultima analisi, una delle tematiche più critiche della moderna società. I bam-bini, come del resto gli adulti, vengono costantemente bombardati dai mass media, che li invitano a mangiare cibi industriali ipercalorici. Visto l’incremento di patolo-gie, quali in primis l’obesità, ma anche anoressia e bulimia, è fondamentale, quindi, oltre alla necessaria attività fisica, una corretta educazione, al fine di ridurre il più possibile questo andamento. Dott.ssa Giulia Frank

Bibliografia

Revelli Sorini A., Cutini S. – Co-municazione Gastronomica e Nutrizionale – Dalla Comunica-zione all’Autocomunicazione di massa

Sitografia

www.taccuinistorici.it

www.fondazionemontessori.it

www.istruzione.it

www.foodedu.it

comunicare con i bambini evitando di insegnare loro concetti quali grasso=malato o magro=bello, evitando così di innescare un meccanismo psicologico ossessivo nei confronti del cibo. E’ neces-sario anche evitare che il bambino sfrutti il mangiare come elemento di ricatto. Allo stesso tempo bisogna insegnare al bambino, oltre alla necessità e alla bellezza del mangiare, il valore di con-vivialità. Non solo per ragioni sociali, ma soprattutto per

creare ulteriori possibilità di rendere più forte il legame figlio-genitore, fattore, della cui mancanza, potrebbe ri-sentirne in fase di crescita. A questo proposito la letteratu-ra consiglia sin dai primi mesi di rendere il bambino parteci-pe ai pasti avvicinando il seg-giolone al tavolo. Si dà molta rilevanza anche all'assaggio e alla presentazio-ne. Capita spesso che i bam-bini rifiutino a prescindere un determinato alimento, magari tutto sminuzzato, perché rite-

E’ importante anche insegnare il concetto di riciclo degli avanzi, educando il bambino a non sprecare

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Educazione alimentare dei bambini

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valutazione in tal senso a una sua innegabile primaria fun-zione di motore energetico di tutte le nostre funzioni vitali. In particolare, presupposto essenziale dell’alimentazione è il suo essere forma specia-lizzata di trasferimento di energia e in questa definizio-ne si condensa quello che è stato il filo conduttore delle argomentazioni affrontate durante l’intera giornata. Si può affermare che l’obiet-tivo generale è quello di valu-tare scientificamente e con il contributo della ricerca le modalità di generazione, con-servazione e rigenerazione della funzionalità cellulare in relazione a quello che di fat-to, rispetto alle caratteristiche dell’ambiente e all’evoluzione dei modelli di consumo, co-stituisce un nuovo contesto di vita, con nuovi ritmi e abi-tudini quotidiane. L’essere umano è sempre stato assoggettato a eventi stressanti, ma la condizione caratterizzante attuale a cui è

costretto il nostro organismo è quella di una inarrestabile attivazione; lo stress a cui ormai siamo sottoposti è quotidiano e rappresenta per-tanto un rilevante motivo di dispersione energetica. A questi cambiamenti reagi-sce il nostro organismo e, soprattutto, i nostri batteri che, 150 volte più diversifica-ti di noi dal punto di vista genetico, ci superano di una volta e mezza e si nutrono di noi. La vita ha preso origine proprio dai batteri e di essi conserviamo i modelli di pro-grammazione; ci possiamo definire super batteri organiz-zati, evoluti proprio grazie all’azione dei batteri benefici rispetto a quella degli stessi dannosi. Attraverso la comu-nicazione del nervo vago, sappiamo che la salute dell’intestino è collegata con quella del cervello e che nel primo si concentrano i pro-dotti di derivazione del meta-bolismo batterico; se vi è una variazione di sollecitazioni e condizioni ambientali si veri-fica un riadattamento al livel-lo del microbiota, con conse-guenti modifiche strutturali cerebrali. Si innesca in tal modo un meccanismo circo-lare, di cui è difficile determi-nare la vera sequenza causa effetto; se si è sottoposti a uno stress si ha una reazione del microbiota e, in presenza di un microbiota negativo, si ha un impatto sul cervello; non è però noto quale sia il primo fattore scatenante.

Organizzato da “Rinascere”, associazione di promozione sociale di Modena, si è tenuto sabato 01 febbraio l’incontro intitolato “Nutrizione per la mente”, presentato dalla Dott.ssa Debora Rasio, medi-co nutrizionista, oncologo e ricercatore. Il titolo potrebbe trovare una corrispondenza del tutto equivalente e significativa in “Energia per la mente”, in quanto si è da subito voluto evidenziare e sottolineare l’importanza della compo-nente attivatrice energetica che sottende un equilibrato funzionamento di tutto il nostro organismo, essendo in primis coinvolto il cervello, quale utilizzatore principale, per il 20 % dell’energia totale necessaria al nostro corpo. A fronte dell’attenzione che, dal punto di vista dietetico, negli anni recenti è stata attri-buita sempre più alla quanti-tà/qualità del cibo in valore assoluto, non bisogna dimen-ticare di relativizzare ogni

Attraverso la comunicazione del nervo vago, sappiamo che la salute dell’intestino è collegata con quella del cervello

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INCONTRO CON LA Dr.ssa DEBORA RASIO

Mantenere le funzione cerebrali con la corretta alimentazione

smo. In particolare, essi sono in grado di recuperare, utiliz-zare e rendere disponibile l’energia proveniente dalla nostra alimentazione. Non approfondendo in que-sta sede la loro struttura nel dettaglio, si può però eviden-ziare che la membrana inter-na mitocondriale, dotata di una permeabilità molto selet-tiva, che permette il passag-gio delle sole piccole moleco-le da metabolizzare, possiede quelle particolari proteine enzimatiche, in grado di av-viare le reazioni chimiche necessarie a demolire le mo-lecole costituenti il nostro cibo ingerito. In questo processo il meta-bolismo di carboidrati e lipidi si compie con relativa ossida-zione, attraverso il ciclo di Krebs, e, di seguito, le protei-ne della catena di trasporto degli elettroni intervengono in modo sequenziale, per produrre speciali molecole di adenosintrifosfato, ATP, cru-

ciali in quanto caratterizzate da alta energia concentrata e subito disponibile. Un’altra peculiarità dei mito-condri è poi quella di essere l’unica componente cellulare, oltre al nucleo, a racchiudere materiale genetico; nello spe-cifico questo DNA reca il codice genetico necessario per la sintesi delle specifiche proteine operanti all’interno del mitocondrio stesso. Si tratta in tal senso di un DNA diverso da quello del nucleo e più suscettibile a traumi e squilibri. Nel momento in cui si ha una disfunzione energetica mito-condriale, circola meno ATP e le cellule, i neuroni in pri-mis, non dispongono del suf-ficiente glucosio necessario a svolgere i loro compiti, fino al punto di incorrere in inevi-tabile morte cellulare e quindi in loro riduzione in termini numerici. Il cervello costituisce di fatto l’organo che, nella sua mag-

Dopo aver riconosciuto nell’intestino il “secondo cer-vello”, si può allora parlare di un “terzo cervello” identifica-to proprio nel microbiota. Certamente i batteri sono determinanti in modo positi-vo per lo sviluppo cerebrale, attraverso il loro dialogo con-tinuo a livello intestinale, con le relative cellule, i neuroni. Al contrario, a fronte di eventi negativi, essi coloniz-zano le cellule immunitarie cerebrali, la cosiddetta micro-glia, e bloccano il corretto utilizzo dell’energia a disposi-zione, in quanto ne usufrui-scono per primi, non renden-dola più disponibile; in tal caso si viene così a determi-nare una condizione di deficit energetico cellulare. Per comprendere meglio que-sta constatazione della ricerca scientifica, è necessario infatti mettere in campo i protago-nisti della nostra “sostenibilità” energetica, in termini di una modalità di produzione di energia “rinnovabile ed efficiente”: si devono infatti conoscere e comprendere nella loro strut-tura e funzione i cosiddetti mitocondri. Si tratta di organuli cellulari, per lo più a forma di baston-cello o granulari o filamento-si, che possono essere definiti senza alcun dubbio le nostre “centraline energetiche”, al livello di ogni nostra singola cellula, essendo in grado di rendere possibili le nostre principali attività dell’organi-

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Nel momento in cui si ha una

disfunzione energetica

mitocondriale, circola meno

ATP

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trum Disorder),una grave carenza di alcuni specifici ceppi batterici coinvolti e necessari allo sviluppo cere-brale; così come si sono iden-tificati come determinanti l’insorgenza della patologia dell’Alzheimer alcuni batteri della bocca. L’estrazione di energia dagli alimenti di per sè costituisce origine di stress ossidativo; si tratta di riconoscere priorità all’obiettivo di ridurre que-st’ultimo al minimo. Se è vero che è necessario porre attenzione alla qualità e quantità della nostra alimen-tazione, è altrettanto vero che questo aspetto risulta comun-que secondario al fatto che ci sono alcuni presupposti da considerare, legati proprio all’efficienza energetica cellu-lare, l’unica a poter limitare lo stress ossidativo. Una condizione di neuropla-sticità è allora imprescindibile da determinate condizioni di stile di vita, anche basilari. Innanzitutto va valutato un adeguato riposo notturno, rispetto al quale non è un caso che bisogna aver goduto di una adeguata luce del gior-no che possa regolare la suc-cessiva produzione di mela-tonina; quindi, è necessaria una sufficiente esposizione alla luce solare, che rende il sistema immunitario più effi-ciente, nonché un conse-guente rispetto dei ritmi cir-cadiani, che regolano l’attività delle nostre cellule nelle no-stre funzioni vitali, tra cui

anche il nutrimento. Infine non è da sottovalutare un’e-quilibrata gestione delle emo-zioni, in quanto è vero che la “configurazione” acquisita del nostro pensiero influenza l’approccio alla vita, ma alla base di questo aspetto entra-no in gioco anche compo-nenti organiche. Al termine di questa giornata si può affermare, dunque, che le parole della Dott.ssa sono arrivate con una com-petente, ma, nel contempo, assimilabile “energia” ai par-tecipanti, coinvolgendoli e facendo sicuramente matura-re in loro la consapevolezza di una preziosa vitalità con-naturata alla nostra esistenza e spesso data per scontata. L’attenzione ad alcuni aspetti del nostro organismo, in una più articolata prospettiva, può farci individuare le mo-dalità per vivere secondo una nostra personale “sostenibilità”, che possa tradursi in un miglioramento della complessiva performan-ce energetica cellulare. Relazione della

Dr.ssa Laura Lo Presti

Un particolare

ringraziamento a

giore complessità, rivela la più alta sensibilità a tali varia-zioni energetiche. Una correlata condizione di stress ossidativo e infiamma-zione implica, pertanto, mo-dificazioni strutturali, con l’incapacità dei neurotrasmet-titori, i messaggeri chimici endogeni con cui i neuroni, attraverso la trasmissione sinaptica, comunicano tra loro e con il resto del corpo, di legarsi ai loro recettori. Si riduce di fatto quel proces-so cruciale di neuroplasticità, di riadattamento strutturale propria dei circuiti nervosi che, specificatamente attiva nella prime fasi di vita, si esercita con modalità diffe-renti anche in età adulta. Da qui l’importanza dei vari temi che sono stati approfon-diti con riferimento alle mo-derne malattie croniche dege-nerative, che altro non sareb-bero che conseguenza di de-ficit energetici mitocondriali, dove la colonizzazione di batteri e virus risulta il fattore responsabile. La ricerca ha individuato ad esempio nell’origine dell’auti-smo, (ADS, Autism Spec-

Una condizione di neuroplasticità è allora imprescindibile da determinate condizioni di stile di vita, anche basilari.

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https://www.leapidipapa.com/

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sigaretta, malattia diabetica, familiarità, obesità, colestero-lemia. Il colesterolo è un grasso, prodotto dall’organi-smo e in minima parte intro-dotto con la dieta, fondamen-tale per assolvere diverse fun-zioni dell’organismo. Gioca un ruolo importante nella vita quotidiana dell’uomo. Sane abitudini dietetiche pos-sono aiutare a ridurre l’iper-colesterolemia. Come seguire una dieta salutare e bilanciata, svolgere attività fisica quoti-dianamente, mantenere un giusto peso. La dieta dovreb-be essere povera di grassi saturi e colesterolo. I prodotti commercializzati quali sosti-tutivi di pasti possono aiutare nel breve termine a ridurre il peso corporeo, ma non pos-sono sostituire un program-ma dietetico idoneo a rag-giungere e mantenere nel tempo il peso ideale. Si consi-glia il consumo di cereali in-tegrali, legumi almeno 3-4 volte alla settimana, pesce soprattutto azzurro, carne bianca, formaggi magri e in particolare frutta e verdura di stagione. Il consumo di ce-reali (specialmente se integra-li) assicura l’apporto di car-boidrati complessi, vitamine, minerali e fibra. I carboidrati possono essere classificati in carboidrati “ad alto” e “basso” indice glicemico (IG). L’IG è la capacità dei carboidrati di aumentare la glicemia, e permette di classi-ficare gli alimenti in base alla risposta glicemica indotta

post-prandiale (più basso è l’indice, minore è la glicemia indotta). È stato dimostrato che preferire carboidrati a basso indice glicemico può rappresentare una strategia utile per la prevenzione e per il trattamento dei disordini metabolici glucidici (come il diabete). Inoltre, le fibre so-lubili (beta -glucani e pecti-ne), se associate ad una dieta povera in acidi grassi saturi e colesterolo, contribuiscono a ridurre il tasso ematico di colesterolo totale e LDL. Le fibre, inoltre, favoriscono il senso di sazietà riducendo lo svuotamento gastrico e facili-tano il controllo dell’apporto calorico e del peso corporeo. Cereali, frutta, verdure, legu-mi e frutta a guscio sono otti-me fonti di fibra. L’apporto raccomandato è di > 30 grammi al giorno di fibra alimentare totale. Il pesce azzurro viene consigliato per la grande quantità di acidi grassi polinsaturi, i cosidetti “grassi buoni”, che favorisco-no l’aumento del colesterolo

Il Nashi è una pianta di origi-ne orientale appartenente alla famiglia delle Rosacee. Le varietà del Nashi sono molte-plici essendo una pianta nata già da tanti anni. Queste spe-cie vengono divise in colore ovvero giallo verde oppure dorato-bronzato. Tra le di-verse varietà ce ne sono due facili da trovare nei vivai e con buone proprietà che so-no: Nijisseik (a frutto giallo) e Hosui (a frutto bronzato). Le malattie cardiovascolari (MCV) costituiscono la prima causa di mortalità e morbilità dell'adulto. Le strategie pre-ventive attuate per la popola-zione adulta hanno portato ad una riduzione della morta-lità per MCV in molti paesi; l'infarto miocardico tuttavia continua a rappresentare la prima causa di morte per uomini e donne dopo i 40. Numerosi sono i fattori di rischio per le malattie cardio-vascolari; alcuni di questi so-no ad esempio alcol, fumo di

Il colesterolo è un grasso, prodotto dall’organismo e in minima parte introdotto con la dieta

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PERA NASHI Il frutto amico del colesterolo

quindi riducendo il consumo di grassi saturi si ottiene con-temporaneamente un ridotto apporto di colesterolo. Fon-damentale per la frutta e la verdura seguire la stagionalità e prodotti a km 0 per fornirci giuste vitamine, minerali e fibre. Hanno uno scarso con-tenuto calorico e di compo-nenti ad azione protettiva (prevalentemente di tipo an-tiossidante) e di fibra. Frutta e verdura vanno incluse tutti i giorni, almeno 4 porzioni al giorno. La dieta deve essere ricca di potassio, magnesio e calcio ed il loro aumento do-vrebbe essere raggiunto con-sumando alimenti che ne siano ricchi piuttosto che assumendo integratori ali-mentari. Le donne, soprattut-to in menopausa, possono richiedere una supplementa-zione di calcio per raggiunge-re gli apporti utili alla preven-zione o al trattamento dell’o-steoporosi. Un frutto conte-nente maggiori concentrazio-ni di potassio, calcio, magne-sio è la Pera Nashi. Essa sug-gerisce che il consumo di almeno due frutti al giorno può favorire un miglioramen-to sulle patologie cardiova-scolari, in particolare sui livel-li di colesterolo ematico. Il credito di questi benefici fi-siologici della Pera Nashi sono da attribuire ai principi attivi in essa contenuti: fito-chimici (come composti fe-nolici, flavonoidi, tocoferoli, acido ascorbico, carotenoidi,e triterpenoidi) contenuti nella

buccia. Molti di questi fito-chimici esercitano effetti pre-ventivi contro il cancro, il diabete e le malattie cardiova-scolari nell'uomo. A cura della dr.ssa Lemasson Paola e Pazzini Giulia

Bibliografia

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della muffa blu dei frutti di pera

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HDL (colesterolo buono); tra questa tipologia di pesci tro-viamo: sarde, sardine, sgom-beri, pesce serra, alici, riccio-la. Importante svolgere attivi-tà fisica almeno 3 volte alla settimana per consentire una buona funzionalità cardiaca. Gli acidi grassi saturi sono il fattore dietetico critico per i livelli ematici di colesterolo LDL. Per questo motivo bi-sognerebbe limitare il consu-mo di alimenti che ne sono ricchi: latte intero, carni gras-se, oli tropicali (olio di cocco, ecc). Inoltre, bisognerebbe ridurre al minimo il consumo di acidi grassi trans, coloro

che aumentano i livelli di colesterolo LDL e riducono quelli del colesterolo HDL. Le indicazioni dietetiche se-gnalano la necessità di ridurre il più possibile le fonti di aci-di grassi trans come per esempio margarine, strutto, carni rosse. Tuttavia, anche limitare il consumo di ali-menti ricchi di colesterolo dietetico che aumenta i livelli di colesterolemia anche se in modo meno significativo rispetto agli acidi grassi saturi. Normalmente gli alimenti ricchi di acidi grassi saturi, lo sono anche di colesterolo,

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Le indicazioni dietetiche segnalano

la necessità di ridurre il più

possibile le fonti di acidi grassi trans come per esempio

margarine, strutto, carni rosse.

PERA NASHI Il frutto amico del colesterolo

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e quindi considerata poco digeribile. Il pane come noi oggi lo co-nosciamo ha origine dagli antichi Egizi, che già all’epo-ca erano in grado di produrre un alimento lievitato dopo aver capito che bastava ag-giungere all’impasto un po’di pasta acidula del giorno pre-cedente. Più tardi il procedi-mento viene tramandato agli Ebrei, che producevano solo dei panini rotondi di tre cen-timetri, a differenza degli Egizi che lo preparavano addirittura in quindici forme diverse. Il pane era un simbo-lo religioso per tutti i popoli, compresi i Greci che lo asso-ciavano anche alla fecondità della terra. Nell’antica Roma il pane vie-ne consumato quotidiana-mente verso la fine del perio-do della Repubblica e la sua cottura viene introdotta in-torno al 168 a.C.. All’epoca dell’Impero Romano il pane

era un diritto che doveva essere assicurato a tutti ma rappresentava anche un mo-do per distinguere due classi sociali: quella povera in cui abbondava il pane nero, me-no lavorato, detto “panis cibarius” o “plebeius” ricco di crusca e quindi scuro e di basso costo, e la classe ricca, in cui veniva mangiato so-prattutto quello bianco, pro-dotto con farina raffinata, detto “panis siliginaeus” fatto con la sola “siligo”, per i be-nestanti appunto. Nel Medioevo le nuove tec-niche di lavorazione vengono perse quasi del tutto; la pro-duzione del pane continua tuttavia ad esistere presso i monasteri. Il simbolo che contraddistingue le classi so-ciali diventa ancora più forte nel Rinascimento: si afferma-no il pane del papa, il pane del cavaliere, del re e dello scudiero e quindi anche nuo-vi tipi di pane con nuovi in-gredienti come olio, olive, burro, uvetta, anice. Inoltre c’è la scoperta del lievito di birra per rendere il pane più morbido e velocizzarne la produzione. Il pane poi non veniva sem-pre prodotto interamente dal fornaio; era diffusa infatti anche l’abitudine secondo cui la massaia preparava l’impa-sto il giorno prima e pagando una piccola somma di dena-ro, lo andava a cuocere al forno. Tornando alla nostra epoca, questa tradizione ormai non

Il pane, un tempo alla base dell’alimentazione quotidiana, oggi viene molto spesso scansato e additato come calorico e considerato un alimento assolutamente da evitare se si vuole dimagrire. Mai pensiero fu più sbagliato! Prima di tutto ricordiamo le sue origini. Il pane nell’antichità permet-teva di distinguere i popoli barbari che erano soliti con-sumare una poltiglia a base di cereali selvatici dai civilizzati che sapevano coltivare il gra-no e lavorarlo. È infatti tra Paleolitico e Neolitico che l’uomo inizia a coltiva-re cereali (grano, segale, farro). Il primo passaggio fonda-mentale che ci avvicina al prodotto che oggi noi consu-miamo potrebbe essere quel-lo di aver dimenticato un contenitore con acqua e chic-chi di grano macinati, vicino al fuoco, poltiglia che inizial-mente veniva mangiata cruda

Il pane nell’antichità permetteva di distinguere i popoli barbari

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IL PANE

Un tesoro da difendere

tamente. E poi ricordiamo anche che il nostro fabbiso-gno giornaliero di carboidrati è del 55-60% di cui solo il 12% può provenire da glucidi semplici (ad esempio frutta). Come tralasciare la famosa piramide alimentare alla base della dieta mediterranea, con-siderata tra le più salutari, in cui troviamo tra gli alimenti da consumare con più fre-quenza i cereali? L’Organiz-zazione Mondiale della Sanità poi raccomanda il consumo di 250 grammi di pane al giorno (circa 10 fette) da non accompagnare a burro, creme al cioccolato e affettati che apportano soprattutto grassi. Il dottor Paolo Paganelli, biologo nutrizionista, ci ram-menta inoltre l’importanza della farina integrale, ricca di sali minerali e fibre. Quindi se si ha la possibilità è oppor-tuno scegliere sempre pro-dotti meno raffinati, per ab-bassare così l’indice glicemico ovvero la glicemia nel sangue. Tra i pani meno consigliati, sicuramente c’è il pancarrè, ricco di conservanti, sodio e zuccheri, tra i più salutari si trovano quelli con farina in-tegrale 100% (attenzione alle etichette, no a farina 00 + crusca) e quelli a lievitazione naturale che hanno una shelf life più lunga, assumono un sapore meno industriale e più caratteristico e sono più dige-ribili. Oggi infatti abbiamo l’imbarazzo della scelta, i tipi di pane in commercio non si contano più. Troviamo il

pane con quinoa e semi di chia, ricco di amminoacidi essenziali e ferro e senza glu-tine; troviamo il pane di sega-le a basso contenuto calorico e per questo consigliato nelle diete, adatto per i diabetici e addirittura il pane salus, anti-colesterolo, con un’elevata quantità di proteine, adatto agli sportivi. Non additiamo il pane come un alimento che fa ingrassare, da evitare nel modo più asso-luto, piuttosto mangiamolo consapevolmente, nelle giu-ste dosi, con i giusti accom-pagnamenti. Reintegriamolo nella nostra quotidianità e ogni tanto concediamoci il piacere di consumarlo in ac-compagnamento a qualche alimento più ricco e saporito. Dott.ssa Serena Grandi

https://www.taccuinigastrosofic

i.it/ita/news/contemporanea/p

anini-e-cibo-di-strada/Storia-

del-pane-e-della-

panificazione.html

http://www.treccani.it/enciclop

edia/pane_%28Enciclopedia-

dei-ragazzi%29/

https://www.youtube.com/watc

h?v=oJhI187cbe8

esiste più; il pane è molto più lontano dal prodotto “naturale” di una volta, fatto di acqua e farina e impastato dalle mani del fornaio. Subi-sce lavorazioni industriali e aggiunte di diversi ingredienti tra cui i conservanti. Inoltre, sotto forma di panino, è il simbolo dello street food e purtroppo anche del junk food. Viene utilizzato sempre più spesso per un pasto velo-ce, fuori casa, per quando non si ha tempo, mangiato distrattamente solo per riem-pire lo stomaco. Si perde perciò il gusto di mangiare e assaporare la sua croccantezza, la salinità e anche la morbidezza. Il pane è alla base della nostra cultu-ra: tantissime ricette italiane infatti ne prevedono l’uso: da Nord a Sud abbiamo zuppe a base di crostini e legumi, la panzanella toscana preparata con pomodori e pane raffer-mo, la ribollita toscana, la torta di pane, i canederli tren-tini con lo speck, il celebre panino siciliano al sesamo con la milza, la pizza con la mortadella. Poi c’è il grandissimo proble-ma della dieta e delle convin-zioni sbagliate. Tra le frasi più frequenti: “Voglio dima-grire, perciò ho eliminato pane e pasta”; classico esem-pio di diete “fai-da-te” falli-mentari. È vero: il pane è ricco di zuccheri, ma stiamo parlando dell’amido che è uno zucchero complesso e che quindi viene digerito len-

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Non additiamo il pane come un

alimento che fa ingrassare

IL PANE

Un tesoro da difendere

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Dr.ssa e Pastry Chef Giulia Frank, risponde per Tecniche di Pasticceria

(dalle quelle più classiche a quelle più di avanguardia), al fine di migliorare i Dessert sotto l’aspetto nutrizionale e sensoriale.

[email protected]

Dr.ssa Roberta Sabellico, risponde per Nutrizione clinica e dietetica. Intolleranze ( lattosio, nichel, glutine, ecc), celiachia, sindrome metabolica, sindro-me del colon irritabile, IBD ( morbo di Crohn, rettolite ulcerosa), tiroidite d’Hashimoto, gastrite, colesterolemia, diabete, dislipidemie. Dietetica per perdita di peso e mantenimento. [email protected]

Dir. Francesco Cappa, risponde per Food & Beverage Management e organizzazione generale. Comunicazione Ristorativa, organizzazione Team Building

e Motivazione Aziendale. Consulenze per Start Up e Formazione del Personale

[email protected]

LA RUBRICA PER IL LETTORE Risponde l’esperto...

L'alimentazione in specifici momenti della vita, la sicurezza alimentare, la nutrigenetica, la gestione dei nostri locali, l’igiene alimentare.... sono solo alcuni degli argomenti su cui i nostri esperti ENESAG saranno sempre pronti a rispondervi. Proprio per questo, abbiamo deciso di avviare la rubrica "RISPONDE L'ESPERTO", dove ogni mese pubblicheremo alcune vostre domande per dare un servizio di consulenza al lettore, sempre

gratuito, attuale e specifico!

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Dott. Di Marcantonio Ettore, risponde per Igiene e Sicurezza Alimentare, pratiche sanitarie,

Autocontrollo e HACCP [email protected]

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Dr.ssa Sara Papaccio, risponde per Educazione Alimentare in particolari situazioni fisiologiche

e in diverse fasi della vita, rieducazione alimentare post-chirurgia bariatrica cottura alimenti, metodi da preferire e da evitare.

[email protected]

Rosario Fallo Food&Beverage Manager, risponde per Consulenza Aziendale per la ristorazione,

consulenza sulle campagne marketing sia web che tradizionali, gestione e realizzo Toto web e pagine social.

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Dott.ssa Erika Arena, risponde per Educazione Alimentare nei diversi ambiti e fasi della vita (bambini, ado-lescenti, gravidanza, età adulta, età senile e sport) [email protected]

Dr.ssa Fabiana Carella, risponde per Etichettatura Alimentare e Regolamento (UE) n. 1169/2011

Controllo Qualità Igiene e Merceologia degli Alimenti

Consulenze Nutrizionali ed Educazione Alimentare Nutrizione Culinaria

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Dottoressa Angela Dicorato, risponde per etichettatura e confezionamento del settore agroalimentare

e nutrizione Mail: [email protected]

Facebook: @ilcibochenutrelasalute

Pagina 24 ENESAG RESEARCH

Dott. Matteo Robustella, risponde per le professioni non ordinistiche Legge 4/2013 normativa ad hoc, le professioni tradizionali e innovative nel food, a quali professioni è applicabile la normativa, dovere di formazione e obbligo di iscrizione [email protected]

Dr.ssa Sabina Piccolo, risponde per Educazione Alimentare

nelle diverse fasi della vita e consigli su piani nutrizionali.

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Prof. Giuseppe Salvatore Paladino, risponde per Docenze e Food Gastronomy Guidance Counsellor,

per la creazione di nuovi prodotti alimentari e agli appassionati di peperoncini. Consulenze per strutture enogastronomiche per il miglioramento dei processi produttivi , per la creazione di

nuovi format di servizio, creazione eventi e comunicazione. [email protected]/www.giuseppesalvatorepaladino.com

Dr.ssa Laura Lo Presti, risponde per integratori e super alimenti

Percezione gustativa Consumo consapevole

[email protected]

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Responsabile Dipartimento Editoria - Francesco Cappa

Numero 21, Marzo 2020

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