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Nuovo punto di riferimento per i nostri associati, questa rivista mette assieme ogni mese le nostre diverse attività, esperienze e crea nuovi spunti per tutti coloro che abbiano voglia di crescere ed aggiornarsi, senza perdersi le ultime Studi e approfondimenti sull’evoluzione del mondo del food e non solo... La rivista degli specialisti della Gastronomia, Ristorazione e Alimentazione ENESAG RESEARCH Numero 14, Luglio/Agosto 2019

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Nuovo punto di riferimento per i nostri associati, questa

rivista mette assieme ogni mese le nostre diverse attività,

esperienze e crea nuovi spunti per tutti coloro che abbiano

voglia di crescere ed aggiornarsi, senza perdersi le ultime

Studi e approfondimenti sull’evoluzione del mondo del food e non solo...

La rivista degli specialisti

della Gastronomia, Ristorazione e Alimentazione

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SOMMARIO Le Rubriche

Pagina 3

ENESAG R ESEARCH FORMA e INFORMA

Pagina 4

DIETA CHETOGENICA:ISTRUZIONI PER L’USO

Pagina 12

CONSIGLI PRATICI PER L’ALIMENTAZIONE

DELLA DONNA GRAVIDA E CHE ALLATTA

Pagina 15

TUTTO SUL FAVISMO

Pagina 18

FOCUS live, Genova 2018

Pagina 24

IL CAPPERO DI SALINA, SUPERFOOD DI CASA NOSTRA

Pagina 2 ENESAG RESEARCH

Accademia Italiana

Gastronomia e Gastrosofia

ENESAG R ESEARCH FORMA e INFORMA

Pagina 3 Numero 14, Luglio/Agosto 2019

Dopo Mollo Academy di Rosario Fallo in collaborazione con Piero Mollo & C.

(Zanussi sede di Alba), con il primo corso: “L‟Educazione alimentare inco-mincia in cucina”,

cosa potrebbe essere più importante dell‟acqua nella nostra vita?

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di peso contestualmente all‟assunzione di cibi sapidi e ad alta densità calorica. Per quanto allettanti siamo i mec-canismi che la dieta chetoge-nica promuove, esulano dai meccanismi nutritivi dei tra-dizionali regimi alimentari, innescando un peculiare stato metabolico, “chetosi”, di cui ignoriamo gli effetti a lungo

termine sulla salute umana, perché non documentati nella letteratura scientifica. Quindi sarebbe opportuno chiarire il razionale e gli effetti, non solo positivi, della dieta che-togenica, cosa che mi propor-rò di fare in questo articolo. La Nascita della dieta

chetogenica

La dieta chetogenica nasce

negli anni venti del secolo scorso, quando si è cercato di far persistere a lungo i bene-fici del digiuno sulle crisi epi-lettiche dei bambini farmaco-resistenti. Fin dai tempi di Ippocrate, infatti, era risapu-to il ruolo curativo del digiu-no prolungato nei pazienti epilettici. A cavallo del XX secolo im-portanti acquisizioni biochi-miche portarono a scoprire che durante il digiuno l‟orga-nismo, per sostituire il gluco-sio come substrato energeti-co per il cervello, produce a partire dai grassi i cosiddetti “corpi chetonici”. Nel 1921 il dottor Russel Wilder ipotizzò che la produzione di un‟ade-guata aliquota di corpi cheto-nici potesse essere ottenuta semplicemente creando uno squilibrio alimentare a favore dei grassi a discapito dei car-boidrati. Nella dieta chetoge-nica classica, i grassi si assu-mono in rapporto 4:1 o 3:1 rispetto agli altri due macro-nutrienti, carboidrati e protei-ne (quindi, 75 - 80 % dei nu-trienti saranno assunti da grassi) cercando di tenere il quantitativo totale di carboi-drati sotto i 20 g complessivi. Più di recente si è aggiunta la dieta chetogenica a bassissi-mo contenuto di carboidrati, VLCKD, specificatamente prevista per grandi obesi con implicazioni cardiovascolari, che prevede l‟apporto di 400-800 Kcal/die. Lo stato meta-bolico sperimentato da per-sone che seguono la dieta

La dieta chetogenica attual-mente sta conoscendo un crescente interesse e un diffu-so impiego, essenzialmente per due linee di ragioni. La prima sicuramente trova fon-damento nell‟enfasi per la sperimentazione di nuovi modelli dietetici, fenomeno al quale da molti anni siamo purtroppo abituati, caratteriz-

zato da una fase di importan-te adesione collettiva, che quasi sempre ripiega verso una fase di disimpegno, pro-prio in virtù delle dilatate aspettative iniziali, spesso esasperate da una cattiva e fuorviante informazione. La seconda ragione si fonda sul-la sua promessa, peraltro in molti casi mantenuta, di una consistente e rapida perdita

La dieta chetogenica attualmente sta conoscendo un crescente interesse

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bile fare un esempio tipo di questo genere di dieta, perché va disegnata intorno al singo-lo paziente, ma si può sicura-mente affermare che la pira-mide alimentare al quale sia-mo abituati non si applica nella dieta chetogenica. Gli alimenti maggiormente con-sumati sono quelli più ricchi di grassi, come panna, burro, maionese, oli e grassi vegetali (oliva, cocco, avocado); subi-to dopo in ordine di quantità di assunzione ci sono i lattici-ni e i formaggi delattosati o naturalmente privi di carboi-drati perché lungamente sta-gionati (stagionatura superio-re ai 24 mesi), insieme a salu-mi, insaccati, carne, pesce, uova, e frutta a guscio; poi c‟è la verdura ; in quantità anche di ½ Kg al giorno, e gli ortaggi non amidacei, in mi-sura minore la frutta secca e i semi, ricchi di micronutrienti; in cima alla piramide ci sono piccole quantità di frutti di bosco. Il consumo di dolci, pasta, riso, pizza, pane e pata-te è proibito. Si tratta di una dieta volutamente sbilanciata, per cui è molto importante controllare l‟apporto di liqui-di e micronutrienti. Viene prescritto di bere almeno 2 litri di acqua al giorno per smaltire con le urine i corpi chetonici ai quali si accompa-gnano i sali minerali, per cui vanno necessariamente rein-tegrati. La dieta chetogenica va sempre effettuata sotto controllo di uno specialista e prescritta per una chiara indi-

cazione clinica, essendo a tutti gli effetti una terapia più che un semplice stile di vita.

La fisiologia della chetosi

Dopo alcuni giorni di digiuno o di una dieta drasticamente ridotta in carboidrati (apporto inferiore a 20 g al giorno), le riserve di glucosio del corpo diventano insuffi-cienti per la produzione di ossalacetato necessario per la normale ossidazione dei gras-si nel ciclo di Krebs e per la fornitura di glucosio al siste-ma nervoso centrale (SNC). Per quanto riguarda il primo problema essendo l‟ossalace-tato, in condizioni di normale apporto di carboidrati, deri-vato dal glucosio, in condi-zioni di digiuno o simil digiu-no viene prodotto attraverso la carbossilazione ATP di-pendente dell‟acido piruvico ad opera dell‟enzima piruvato carbossilasi. Per quanto ri-guarda il secondo problema, il SNC non può utilizzare gli acidi grassi come fonte di energia (perché non attraver-sano la barriera emato-encefalica), pertanto il gluco-sio è normalmente l'unico combustibile per il cervello umano. Dopo 3-4 giorni di digiuno o di una dieta a basso contenuto di carboidrati, il SNC necessita di una fonte di energia alternativa e nella fattispecie derivata dalla so-vrapproduzione di acetil-CoA che porta alla produzio-ne dei cosiddetti corpi cheto-nici (KB): acetoacetato

chetogenica viene spesso confrontato con la condizio-ne di digiuno. Le principali somiglianze nel metabolismo indotto dalla dieta chetogeni-ca e il digiuno sono l‟assenza o pochissima assunzione di carboidrati esogeni e il pas-saggio dall‟uso del glucosio verso gli acidi grassi e chetoni come fonte energetica. In condizioni di digiuno, le fonti endogene (proteine muscola-ri, glicogeno, riserve di gras-so) sono utilizzate come combustile. In caso di dieta chetogenica alle succitate fonti energetiche si aggiungo-no quelle esogene quando il dispendio energetico supera il suo apporto. La perdita di massa magra tipica della perdita di peso, in certe diete chetogeniche che prevedono una sufficiente fornitura di proteine, può essere evitata preservando la massa magra anche in condi-zioni ipoenergetiche. In altri termini, l‟apporto proteico non verrebbe utilizzato a fini energetici ma per preservare la massa magra (il sottocute, che rende cadente la pelle di chi digiuna, e in parte il mu-scolo) che nel digiuno si per-de rapidamente. Non è possi-

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Dopo alcuni giorni di digiuno o

di una dieta drasticamente

ridotta in carboidrati

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SNC quando raggiungono una concentrazione di circa 4 mmol / L. I corpi chetonici sono quindi utilizzati dai tessuti come fonte di energia attraverso un percorso che implica innanzi-tutto che il BHB venga con-vertito in 2 molecole di acetil -CoA direttamente spendibili nel ciclo di Krebs, in modo tale che la respirazione ossi-dativa possa continuare all‟in-terno dei mitocondri anche in assenza di glucosio esogeno. Va sottolineato che la glice-

mia, anche se ridotta, rimane entro i livelli fisiologici. Infat-ti il glucosio è formato da due fonti: gli aminoacidi glu-cogenici e dal glicerolo libera-to dalla lisi dei trigliceridi. L'importanza della seconda fonte aumenta progressiva-mente durante la condizione di chetosi. Nei primi giorni di una dieta chetogenica la prin-cipale fonte di glucosio deri-

va dalla neoglucogenesi (sintesi endogena di glucosio) da aminoacidi (AA), ma con il passare dei giorni, il contri-buto di AA diminuisce men-tre aumenta la quantità di glucosio derivata dal glicerolo fattosi maggiormente dispo-nibile. Durante la chetosi fisiologica, la chetonemia (concentrazione ematica di corpi chetonici) raggiunge i livelli massimi di 7/8 mmol / L senza alterazioni del pH, mentre nella chetoacidosi diabetica non controllata può

superare 20 mmol / L con un concomitante abbassamento del pH del sangue, condizio-ne questa di estrema gravi-tà. I livelli ematici di corpi chetonici nelle persone sane non superano gli 8 mmol / L proprio perché il sistema ner-voso centrale (CNS) li utiliz-za efficientemente come fon-te di energia alternativa al glucosio.

(AcAc), acido β-idrossibutirrico (BHB) e ace-tone. Questo processo è chia-mato chetogenesi e si verifica principalmente nella matrice mitocondriale nel fegato. È importante sottolineare che il fegato produce corpi chetoni-ci, ma non è in grado di uti-lizzarli. Anche se il principale corpo chetonico prodotto nel fegato è acetoacetato, il che-tone circolante primario è il β-idrossibutirrato. La presenza di corpi chetonici nel sangue e la loro eliminazione attra-verso le urine causa chetone-mia e chetonuria. L‟acetone (prodotto dalla decarbossila-zione spontanea di acetoace-tato), essendo un composto molto volatile, viene elimina-to principalmente attraverso la respirazione nei polmoni (da cui l'odore caratteristico del respiro, il classico "respiro fruttato") e, anche se non ha funzioni metaboliche, la sua presenza può essere utile dal punto di vista dia-gnostico clinico. Quindi è da considerare che un "alito fruttato" indica una condizio-ne di chetosi che potrebbe essere fisiologica (digiuno, dieta a basso contenuto di carboidrati, post esercizio) non necessariamente indice di una condizione patologica. In condizioni normali la con-centrazione di corpi chetonici è molto bassa (<0,3 mmol / L) rispetto al glucosio (circa 4 mmoli) e i corpi chetonici iniziano ad essere utilizzati come fonte di energia dal

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I corpi chetonici sono quindi utilizzati dai tessuti come fonte di energia

carboidrati è limitata al 5-10% dell'apporto calorico e i livelli di fame sono simili a quelli di una dieta a basso contenuto di grassi, pur es-sendo l‟apporto totale infe-riore di 1000 kcal/die. Utilizzando, un questio-nario validato per la valuta-zione della fame e del conte-nimento cognitivo è stato rilevato che la fame è stata ridotta del 50% quando mi-surata dopo 1 settimana di dieta chetogenica. Inoltre, un altro studio che esaminava una dieta di carboidrati da 20 g/die ha rilevato che la lepti-na sierica a digiuno era ridot-ta del 50% e il neuropeptide Y sierico a digiuno (ormone stimolatore dell‟appetito con spiccato effetto oressizzante)

era ridotto del 15%. Può an-che darsi che il semplice ab-bassamento delle concentra-zioni di insulina sierica, che si osserva nella chetogenica, possa portare ad una riduzio-ne dell'appetito. A sostegno di questa idea, diversi studi hanno trovato che l'insulina aumenta l'assunzione di cibo e che gli alimenti con le ri-sposte più alte di insulina sono meno sazianti. I mecca-nismi ipotizzati degli effetti di perdita di peso di KD (elencati in ordine di eviden-za disponibile) sono: (1) Riduzione dell'appetito a causa dell'elevato effetto sa-ziante delle proteine, degli effetti sugli ormoni dell'appe-tito e di una possibile azione diretta soppressiva dell'appe-

La dieta chetogenica fun-ziona?

Non vi è dubbio che vi siano forti prove a sostegno del fatto le diete chetogeniche nella terapia di perdita di pe-so siano efficaci, tuttavia i meccanismi alla base degli effetti delle KD sulla perdita di peso sono ancora oggetto di dibattito. Alcuni autori sostengono che i risultati ot-tenuti con le diete chetogeni-che potrebbero essere attri-buiti a una riduzione dell'ap-petito a causa di un maggiore effetto saziante delle proteine o ad alcuni effetti sugli ormo-ni di controllo dell'appetito. Infatti in molti studi è stata osservata una riduzione spontanea dell'apporto calori-co quando l'assunzione di

perplessità che vengono spesso sollevate dai colleghi quando discutono di KD...

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è di particolare importanza per gli individui obe-si. Esistono tuttavia diverse linee di evidenza che indica-no gli effetti benefici delle KD su questi fattori di ri-schio cardiovascolare. La maggior parte degli studi re-centi sembra dimostrare am-piamente che la riduzione dei carboidrati può effettivamen-te portare a significativi bene-fici nella riduzione totale del colesterolo, nell'aumento delle HDL e nella riduzione dei trigliceridi nel sangue. È stato inoltre osservato un aumento delle dimensioni e del volume delle particelle di LDL-C cosa che è considera-ta in grado di ridurre il ri-schio di malattie cardiovasco-lari, poiché le particelle di LDL più piccole hanno una maggiore aterogenicità. C'è una razionale biochimica die-

tro gli effetti delle KD sulla sintesi del colesterolo endo-geno. Un‟ enzima chiave nel-la biosintesi del colesterolo è HMGCoA reduttasi (l'obiettivo per le statine) viene attivato dall'insulina, il che significa che un aumento del glucosio nel sangue e di conseguenza dei livelli di in-sulina porterà ad una maggio-re sintesi del colesterolo en-dogeno. Pertanto una ridu-zione dei carboidrati della dieta insieme ad un corretto apporto di colesterolo porte-rà ad una inibizione della biosintesi del colesterolo. Effetti terapeutici

Come già anticipato sopra, la dieta chetogenica benché sia associata comunamente alla perdita di peso, in realtà la sua nascita è legata ai suoi effetti neuroprotettivi a causa di diversi meccanismi che riesce ad ingenerare. Per co-minciare l‟utilizzo di corpi chetonici da parte del SNC produce molta più energia e un minor grado di stress ossi-dativo, che permette al cer-vello e ai muscoli di lavorare con maggiore efficacia. Que-sto effetto energetico dei corpi chetonici è molto im-portante in quasi tutte le pa-tologie neurologiche, infatti l‟alterazione dell‟omeostasi energetica e l‟incapacità di rimediare all‟aumentato stress ossidativo, sono la base ezio-patogenetica di tutte le malat-tie neurologiche in cui la die-ta chetogenica agisce. Inoltre i corpi chetonici esercitano

La resistenza all'insulina è ridotta con una dieta chetogenica

tito dei corpi chetonici; (2) Riduzione della lipogenesi e aumento della lipolisi; (3) Maggiore efficienza meta-bolica nel consumo di grassi evidenziata dalla riduzione del quoziente respiratorio a riposo; (4) Aumento dei costi meta-bolici della gluconeogenesi e dell'effetto termico delle pro-teine. Le perplessità che vengono spesso sollevate dai colleghi quando discutono di KD riguardano la concentrazione di lipidi nel sangue. È opinio-ne comune che una dieta a basso contenuto di carboi-drati e alto contenuto di pro-teine e grassi sia potenzial-mente malsana poiché po-trebbe causare un aumento del colesterolo LDL e dei trigliceridi e questo problema

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Potenziali Effetti collaterali

Tra le recenti indicazioni te-rapeutiche della dieta cheto-genica ci sono condizioni di insulino-resistenza e diabete mellito 2. In uno studio sul metabolismo (Boden G. 2005) è stato esaminato l’ef-fetto di una dieta chetogenica somministrata ad libitum in soggetti obesi con diabete di tipo 2. Dieci soggetti sono stati monitorati, mentre man-giavano la loro dieta abituale per 7 giorni seguita da una chetogenica a bassissimo contenuto calorico per 14 giorni. L'assunzione di car-boidrati è stata ridotta a ≈21 g / die, ma i pazienti poteva-no mangiare quante più pro-teine e grassi volevano e tutte le volte che volevano. La dieta finale consumata è stata pesata ed è stata osservata una riduzione spontanea dell'apporto calorico di 947 kcal/die, che ha comportato una perdita di peso media di 2 kg su 14 d. Durante il pe-riodo di dieta a basso conte-nuto di carboidrati, la glice-mia a digiuno media, l'emo-globina glicata, la concentra-zione di glucosio e insulina a 24 ore sono diminuite signifi-cativamente. Questa riduzio-ne delle concentrazioni di glucosio ha richiesto una di-minuzione dei farmaci per il diabete in 5 dei 10 pazienti. La resistenza all'insulina è ridotta con una dieta cheto-genica, probabilmente a cau-sa della concomitante ridu-zione di glucosio nella dieta che impedisce il verificarsi di

iperinsulinemia. Una conside-razione della fisiologia della dieta a basso contenuto di carboidrati porta a una pro-spettiva diversa di trattamen-to dell'insulino-resistenza. Cioè, piuttosto che trattare l'insulino-resistenza aumentando lo smaltimento del glucosio attraverso un aumento della dose di insulina o del suo effetto, si potrebbe ridurre la disponibilità di glucosio ai tessuti insulino-resistenti at-traverso la riduzione dell'as-sunzione di carboidrati o del loro assorbimento. Le ridu-zioni dei carboidrati alimen-tari dovrebbero essere utiliz-zate come strategia per tratta-re la resistenza all'insulina. Potenziali Effetti collaterali Come per tutte le terapie, anche in questo caso ci sono delle contrindicazioni: diabe-te I, gravidanza, allattamento, e reazioni avverse come ipo-glicemia, stitichezza, aumento dell‟acido urico circolante, calcolosi renali. Nella versio-ne dimagrante possono com-parire improvvisi attacchi di fame, perdita di capelli, calco-losi biliare, irregolarità me-struale. La tentazione dei pazienti al “fai da te “porta a far emergere numerose com-plicanze, spesso legate a squi-libri idro-elettrolitici, apporti calorici incongrui, mancato controllo degli esami emato-chimici. Teoricamente se una dieta chetogenica viene inter-rotta bruscamente con un‟ab-

un‟azione antiinfiammatoria all‟interno del sistema nervo-so, fondamentale per contra-stare patologie neurodegene-rative come Alzheimer e Par-kinson, e non, come emicra-nia e epilessia. Tra le indica-zioni più promettenti per la dieta chetogenica c‟è sicura-mente il trattamento dell‟emi-crania a causa delle sue impli-cazioni sul metabolismo energetico. Infatti è risaputo che i soggetti emicranici sono generalmente portatori di un deficit energetico neuronale, legato probabilmente ad una disfunzione del primo com-plesso della catena respirato-ria mitocondriale, proprio quella che viene by-passata grazie alla dieta chetogenica. Inoltre, l‟emicrania può bene-ficiare dell‟effetto antinfiam-matorio esercitato dai corpi chetonici, in quanto l‟infiam-mazione sterile (fenomeno infiammatorio peri vascolare intracranico innescato da uno stimolo neuronale specifico, anziché dalla presenza di mi-crorganismi patogeni) è alla base della genesi della sinto-matologia dolorosa dell‟emi-crania. Nella maggioranza dei pazienti emicranici, inoltre, sono state riscontrate delle alterazioni a carico del meta-bolismo del glucosio e dell‟insulina. Il bassissimo apporto di glucosio correlato alla dieta potrebbe determi-nare la mancata espressione di tali anomalie e quindi por-tare ad un potenziale benefi-cio sul mal di testa.

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una dieta ad alto contenuto proteico, per il consumo molto spesso ad libitum che essa promuove di grassi a proteine. Tuttavia, è opinione diffusa che una dieta a basso conte-nuto di carboidrati e ad alto contenuto di proteine e grassi non sia sicura, poiché può causare un aumento del cole-sterolo LDL, dei trigliceridi, della pressione glomerulare e dell'iperfiltrazione. I possibili effetti avversi sul rene rap-presentano un'ulteriore valu-tazione della sicurezza di KD. Infatti, alti livelli di escrezione di azoto durante il metabolismo proteico hanno causato un aumento della pressione glomerulare e dell'i-perfiltrazione. Dopo sei mesi di KD, spesso i valori di crea-tinina, acidità urinaria, di cal-ciuria aumentavano, mentre l'escrezione urinaria di citrato diminuiva e l'escrezione di acido urico rimaneva norma-le. Questa condizione in con-comitanza con una bassa as-sunzione di liquidi, aumenta il rischio di formazione di calcoli di calcio. Le KD sono state precedentemente studia-te in merito al loro impatto sul contenuto di minerale osseo, osteopenia e osteopo-rosi. Dato il ruolo della diafonia tra tessuto adiposo e osso, si deve anche valutare l'effetto di KD sul metabolismo os-seo. È stata osservata una riduzione dei livelli sierici di 25- (OH) 2-Vitamina D3 (25

(OH) D3) e della concentra-zione di calcio in soggetti epilettici trattati con diete chetogeniche. Questi potenziali rischi pur mostrando un certo grado di plausibilità dovranno essere accertati da ulteriori e appro-fonditi studi a lungo termine che ad oggi mancano.

Conclusioni La dieta chetogenica indub-biamente rappresenta un‟in-teressante alternativa terapeu-tica per un gran numero di patologie che riconoscono in un‟alterazione del metaboli-smo energetico la loro ezio-patogenesi, ma ad oggi man-cano prove certe sui suoi effetti a lungo termine. Si tratta di una vera e propria terapia che forza l‟organismo in uno stato metabolico pe-culiare, che non potremmo sicuramente assimilare ad una condizione di benessere psi-co-fisico ma piuttosto a una condizione di allerta nella quale si costringe la nostra macchina metabolica. Una dieta così squilibrata a favore dei grassi e proteine, per quanto possa in molti casi migliorare i profili lipidici, espone ad una grande assun-zione di grassi saturi ed a una carenza micronutrienti e di elementi protettivi e benefici per la nostra salute. Il pieno benessere psico-fisico è sem-pre frutto di una ottimale funzionalità assicurata dalla disponibilità di tutti gli ele-menti nutritivi e mai da stati

buffata di dolci, potrebbe portare ad una “sindrome da rialimentazione”, condizione fatale, se non adeguatamente e tempestivamente trattata. Per quanto concerne la perdi-ta di peso ci sono molti studi che dimostrano che una dieta chetogenica, almeno a breve termine, provoca una mag-giore perdita di peso rispetto alle diete a basso contenuto di grassi (Bueno, 2013), da una prospettiva a lungo ter-mine il successo di un ap-proccio nutrizionale è defini-to dalla quantità di peso riac-quistata. Da questo punto di vista, sono disponibili meno dati, in particolare per quanto riguarda il cosiddetto weight cycling o yo-yo effect. Alcuni avversari e dubbiosi della dieta chetogenica suggerisco-no che qualsiasi effetto bene-fico sia solo transitorio e molti studi da 6 a 12 mesi dimostrano scarso manteni-mento del peso corporeo perso. Va peraltro sottolinea-to che la dieta chetogenica non va sospesa bruscamente ma è necessaria una transizio-ne a regimi dietetici a conte-nuto di carboidrati via via crescenti e che subito dopo la reintroduzione, il glucosio viene rapidamente shiftato verso la ricomposizione delle riserve caloriche depauperate, pur comunque continuando ad osservarsi un‟aumentata risposta all‟insulina nei sog-getti insulino-resistenti. La dieta chetogenica trova spesso sovrapposizione con

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Si tratta di una vera e propria terapia

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strategia per la perdita di pe-so a lungo termine e comple-tamente priva di effetti colla-terali.

Dr.ssa Angela Dicorato

Biologa Nutrizionista

Dr.ssa in Scienze dell’Ali-mentazione e Nutrizione Umana e in Scienze e Tec-nologie Alimentari

[email protected]

@ilcibochenutrelasalute

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passato proiettata verso il futuro.

Pianeta Cefalee - Settembre 2017

carenziali. La dieta chetogeni-ca per queste ragioni si trova in netta contrapposizione con la dieta mediterranea che, ad ora, risulta l‟unica dieta che a lungo termine dimostra effetti antitumorali, protettivi per un ampio spettro di pato-logie e non da ultimo sulla longevità. In condizioni clini-che rilevanti, come i pazienti fortemente obesi con compli-canze cardiovascolari, per i quali l‟applicazione della chi-rurgia bariatrica necessita di una preventiva e importante perdita di peso, per soggetti epilettici e farmaco-resistenti, per quelli emicranici la dieta chetogenica troverebbe il suo fondamento. La dieta cheto-genica in questi casi può esplicare i suoi maggiori ef-fetti benefici per un periodo di trattamento breve, da 4 settimane a 3 mesi, quello ad oggi considerato sicuro e privo di importanti contradi-zioni. In altre condizioni fi-siologiche appare, a mio avvi-so, assolutamente contrindi-cato e ingiustificato l‟utilizzo di un regime dietetico così estremo. Di sicuro il cambia-mento dello stile di vita lento e graduale, che preveda un abbandono modulato e con-sapevole delle abitudini ali-mentari, e non, scorrette, unito a un‟attenta istruzione del paziente, laddove questo venga reso edotto e accom-pagnato nella sperimentazio-ne di un nuovo e più autenti-co stato di benessere psico- fisico, è ad oggi la migliore

Di sicuro il cambiamento

dello stile di vita lento e graduale

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sull'attività fisica, ma anche sessuale. Prendendo in esame l'alimen-tazione pratica di una mam-ma sin dal principio, le prin-cipali regole alimentari riguar-dano sicuramente la scelta degli alimenti per i quali si deve prestare ancora più at-tenzione in termini di qualità e quantità; è importante il consumo di almeno 5 pasti al giorno, suddivisi tra colazio-ne, spuntino a metà mattina, pranzo, merenda del pome-riggio e cena, sia per la neces-saria energia continua del feto, sia per ridurre le nausee tipiche del primo trimestre della gravidanza (evitare asso-lutamente digiuni). E‟ necessario un apporto maggiore di acqua, sopratutto durante la stagione estiva per soddisfare sia i fab-bisogni embrionali, sia del liquido amniotico che della

mamma stessa (almeno 2 litri al giorno ). Ribadendo l'importanza di una corretta alimentazione anche per rieducarsi da adulti alla sana alimentazione, ci si può avvicinare in questi pe-riodi a proprie preparazioni culinarie, così da evitare il più possibile anche cibi confezio-nati ed industriali. I principali accorgimenti ali-mentari durante la gravidanze e l'allattamento, riguardano alcune assunzioni: - caffè', the e cola (per il loro alto contenuto in caffeina e teina), poiché un loro eccesso può provocare un'improvvisa contrazione muscolare dell'u-tero (con minaccia di parto prematuro); sconsigliate se le quantità di caffeina superano l‟equivalente di 3 caffè - poco sale, ma iodato - preferire i carboidrati com-plessi come cereali, pasta, pane e patate e limitare il consumo di bibite zucchera-te, succhi di frutta e snack (ricchi di zuccheri semplici); - consumare non più di 2 uova a settimana, ben cotte - prediligere come condimen-to, l'olio extravergine d'oliva Sono invece fortemente sconsigliati nel loro consu-mo: - vino, birra, liquori, aperitivi, superalcolici ed alcolici in genere, causa di malforma-zioni congenite e di basso peso alla nascita, poiché tali sostanze si accumulano nel

Il ginecologo alla prima visita potrà dare senz'altro tutte le risposte

Accorgimenti alimentari Un amore incondizionato proprio sin dal principio, è quello di una mamma per la sua creatura, forse già nel visualizzare le due linee sul test di gravidanza. Sin dal primo istante una donna si pone tante domande poiché si sente inevitabilmente re-sponsabile del figlio che por-ta in grembo. Spesso le prime paranoie riguardano proprio ciò che si è fatto in quel pri-mo mese di gravidanza, quel-lo inaspettatamente già passa-to purtroppo senza alcun accorgimento. Il ginecologo alla prima visita potrà dare senz'altro tutte le risposte ai grandi dubbi ri-guardanti gli accorgimenti più importanti in gravidanza, l'anamnesi personale, le anali-si da eseguire, consigli sull'ali-mentazione da seguire,

CONSIGLI PRATICI PER L’ALIMENTAZIONE DELLA DONNA GRAVIDA E CHE ALLATTA – Accorgimenti alimentari

– Prevenzione di infezioni dannose

– 7 Consigli pratici per ridurre il pericolo di infezioni

Pagina 12 ENESAG RESEARCH

verranno prescritte

regolarmente analisi del

sangue

minato dalle feci di gatto in-fetto. La donna in gravidanza dovrà quindi far attenzione a consumare la carne solo con una buona cottura, evitando carni crude, poco cotte ed affettati come il salame o la bresaola; si potrà mangiare prosciutto cotto, mortadella, affettati di pollo o tacchino e prosciutto crudo solo se stagionato da oltre 12 mesi. E' preferibile inoltre consu-mare verdure cotte e frutta sbucciata o comunque lavarle accuratamente se consumate fresche, avendo cura di utilizzare un disinfettante come amuchina o bicarbona-to, per privarli di eventuali residui del terreno; quindi poi sciacquarle, asciugarle e con-sumarle. E' importante inoltre lavare le proprie mani dopo aver toccato possibili alimenti contaminati, ma anche la ter-ra ed i gatti. La toxoplasmosi risulta esse-re contratta dalla metà della popolazione almeno una vol-ta nella vita e quindi ne risul-ta immune; i casi di tale infe-zione in gravidanza si aggira-no intorno all'1%. LISTERIOSI → tale infezio-ne può verificarsi nella tra-smissione al feto nel 3° trimestre di gravidanza cau-sando aborti; viene trasmessa all'uomo venendo in contatto con animali infetti o con l‟in-gestione di alimenti infetti (carne, pesce e latticini) o contaminati da animali infetti

(acqua e vegetali crudi). E' necessario in gravidanza pertanto, consumare latte e prodotti derivati pastorizzati, evitare formaggi a crosta molle come brie o taleggio, o erborinati come gorgonzola, nonché lavare accuratamente gli alimenti come prima de-scritto, cuocerli adeguata-mente e conservarli evitando possibili contaminazioni cro-ciate. A differenza dei toxo-plasmi, i patogeni della liste-riosi non muoiono durante il congelamento, ma solo con cotture ad alte temperature. L'infezione da listeria è co-

SN del feto. Inoltre studi dimostrano che l‟assunzione quotidiana di alcolici aumenta il rischio di aborto e compli-cazioni durante il travaglio così come la possibilità di sviluppare nel bambino la sindrome alcolica fetale (FASA), malformazioni cardiache e difficoltà nell‟ap-prendimento. In pratica, è bene assumere massimo 2 bicchieri di vino/birra a settimana, preferibil-mente vicino ai pasti, cercan-do di evitarlo il più possibile nel I trimestre. Prevenzione di infezioni dannose Alcune infezioni dannose per il bambino inoltre, possono essere prevenute con una corretta igiene alimentare, prestando attenzione al con-sumo di alcuni cibi ed ese-guendo piccoli accorgimenti: TOXOPLASMOSI → ver-ranno prescritte regolarmente analisi del sangue (Toxo-test) per monitorare l'immunità o l'eventuale presenza di tale infezione poiché può esser trasmessa dalla donna al feto e causare malformazioni a carico del sistema nervoso centrale, dell‟occhio, dell‟o-recchio, del fegato, della mil-za e del sangue del bambino. Il contagio può avvenire ci-bandosi delle carni di animali infetti, oppure venendo a contatto con materiale conta-

CONSIGLI PRATICI PER L’ALIMENTAZIONE DELLA DONNA GRAVIDA E CHE ALLATTA

– Accorgimenti alimentari

– Prevenzione di infezioni dannose

– 7 Consigli pratici per ridurre il pericolo di infezioni

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evitare quindi anche latte crudo e relativi derivati

CONSIGLI PRATICI PER L’ALIMENTAZIONE DELLA DONNA GRAVIDA E CHE ALLATTA – Accorgimenti alimentari

– Prevenzione di infezioni dannose

– 7 Consigli pratici per ridurre il pericolo di infezioni

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taminazioni crociate tra cibi cotti e crudi. 7 Consigli pratici per ridur-re il pericolo di infezioni Le infezioni da poco descrit-te, ma non solo, possono quindi essere prevenute con questi pratici consigli: 1. Consumare alimenti di origine animale solo suffi-cientemente cotti e mai crudi (carne, pesce, frutti di mare,

uova, ecc...) • evitare quindi anche latte crudo e relativi derivati (eccetto i formaggi a pasta dura ed extra dura), formag-gio a pasta molle o semidura prodotto con latte pastorizza-to, feta, formaggio erborinato come ad esempio il gorgon-zola • evitare carne cruda (carpaccio, bistecca a cottura media o al sangue, salsicce crude, salame e prosciutto crudo) • evitare pesce crudo (sushi) e frutti di mare crudi • evitare pesce affumicato,

come salmone o trota • evitare alimenti contenenti uova crude (es. tiramisù) 2. Leggere le etichette e quin-di le istruzioni di conserva-zione e la data di scadenza 3. Conservare i prodotti fre-schi in frigorifero alla giusta temperatura 4. Lavare accuratamente ver-dura, insalata, erbe e frutta 5. Separare gli alimenti crudi da quelli sporchi di terra 6. Utilizzare utensili da cuci-na differenziati per i vari cibi e pulire accuratamente tutto ciò che viene in contatto con tali alimenti (taglieri, coltelli, superfici di lavoro, ecc...) 7. Lavare spesso le mani, so-prattutto prima di mangiare, ma anche dopo il contatto con alimenti crudi o animali

Dott.ssa Erika Arena

Risponde per: EDUCA-ZIONE ALIMENTARE nei diversi ambiti e fasi della vita (gravidanza, al-lattamento, età pediatrica, adolescenti, età adulta ed età senile; sport e fitness) – [email protected]

Leggi anche: Alimentazio-ne in Gravidanza -> https://www.enesagresearch.it/2018/12/03/alimentazione-in-gravidanza/

munque di tipo batterico e pertanto non esiste alcun tipo di immunità contro infezioni batteriche, anche nel caso possa già esser stata contratta. SALMONELLOSI → ani-mali, loro derivati (carne, uova o latte) ed acque conta-minate possono essere veico-lo di tale patologia che può compromettere lo sviluppo fetale o nei casi più gravi na-scita prematura o addirittura

morte intrauterina. In genere le accortezze nei consumi per evitare questa trasmissione, riguardano il consumo di prodotti a base di uova crude (salse, maione-se, crema, zabaione, tiramisù, etc.) o non conservate suffi-cientemente al fresco. Sono infatti le uova, e poi la carne di pollo (congelata), le fonti più diffuse di salmonella. Per prevenirla, quindi oltre ad evitare consumi di questi ali-menti crudi o poco cotti, è bene assicurarsi cotture oltre i 70° (il microonde non è sufficiente) ed evitare le con-

Sembra che l’usanza di

consumare questi legumi, risalga

addirittura all’epoca

dell’antica Roma

me a uova, miele e pepe, pri-ma di mescolarle a erbe e salse. Il tabù delle fave, diffuso soprattutto tra i pitagorici, potrebbe essere stato scate-nato proprio dalla loro tossi-cità che poi si scoprirà nel 1894 essere denominata favi-smo. Tanto che, secondo la leggenda, Pitagora in fuga da alcuni nemici, ha preferito farsi uccidere da questi piut-tosto che mettersi in salvo attraverso un campo di fave. Mentre in Italia oggi è comu-ne la credenza secondo cui se si trova un baccello conte-nente sette semi, si avrà un periodo di grande fortuna. Leggende a parte, il motivo che spinge i supermercati a specificare la presenza delle fave è proprio il favismo, ovvero il deficit di glucosio-6

-fosfato deidrogenasi (G6PDH), l’enzima fonda-mentale per la produzione e l‟azione di alcune sostanze con un ruolo antiossidante nei confronti dei globuli ros-si. I soggetti carenti, vanno in-contro a crisi emolitiche (improvvisa distruzione dei globuli rossi e comparsa di anemia emolitica con ittero) di varia entità nel caso di in-gestione di fave, alcune dro-ghe vegetali o alcuni farmaci. La carenza viene trasmessa da uno o entrambi i genitori ed è dovuta ad un difetto del cromosoma sessuale X. Le donne sono colpite raramen-te o in forma lieve, infatti sono portatrici sane, poiché possiedono due cromosomi X, mentre gli uomini solo uno e per questo sono i sog-

“Attenzione! In questo punto vendita vengono commercia-lizzate fave fresche”. In certi periodi dell‟anno en-triamo in un supermercato e la scritta che ci accoglie è questa. E qualcuno si chiede: “Perché preannunciare la vendita di un normalissimo vegetale?” Perché proprio comune non lo è. La fava (Vicia faba) è una leguminosa coltivata in Euro-pa fin dall‟antichità, abbon-dante in proteine, così ricca che fino allo scorso secolo veniva utilizzata come base proteica specialmente al Sud Italia. Oggi il suo consumo si è no-tevolmente ridotto anche se la granella immatura viene ancora consumata fresca o conservata inscatolata o sur-gelata. È celebre l‟abbina-mento tipico della cucina romana: fave, pecorino e miele, piatto gourmet, ma anche popolare, molto ap-prezzato durante le scampa-gnate. Sembra che l‟usanza di con-sumare questi legumi, risalga addirittura all‟epoca dell‟anti-ca Roma, dopo le cerimonie funebri nei Lemuralia, in cui si commemoravano gli ante-nati di famiglia, come riporta Omero. Anche Plinio parla di un piatto a base di fave molto simile all‟odierno Macco di fave, mentre il grande Apicio consiglia di consumarle insie-

TUTTO SUL FAVISMO: dalla leggenda alla realtà

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato la malattia secondo la gravità

TUTTO SUL FAVISMO: dalla leggenda alla realtà

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del bacino mediterraneo ( soprattutto in Grecia e in Italia). I bambini sembrano essere maggiormente soggetti a crisi faviche rispetto agli adulti, probabilmente per la maggio-re esposizione correlata alla minore superficie corporea, mentre le fave fresche e me-no mature (a causa dell‟alta concentrazione di glucosidi) sembrano essere più danno-se. Nel 1979, uno studio condot-to in Sicilia su 270 soggetti con deficit di G6PDH ha messo in evidenza come nella grande maggioranza dei casi l‟ingestione di fave sia corre-lata allo scatenamento di crisi emolitiche, che solo occasio-nalmente sono state messe in relazione con l‟esposizione a pollini di fave. Evidenza confermata dallo studio del 2009 che ha consi-derato i fattori scatenanti le crisi emolitiche in 258 sog-getti in età pediatrica ed ha evidenziato un solo caso pos-sibilmente correlato all‟espo-sizione a pollini di fave. Secondo l‟Associazione Ita-liana Favismo, la malattia si manifesta in modo improvvi-so, 12-48 ore dopo l'assun-zione di fave fresche: il sog-getto affetto in modo grave diventa di colorito giallo in-tenso e circa la metà dei glo-buli rossi viene distrutta, la cute e le mucose diventano intensamente pallide, le urine più colorate e compaiono i

segni di un collasso cardiocir-colatorio. È un vero peccato non assag-giare i prelibati piatti della tradizione a base della Vicia faba e perdere quelle impor-tanti proprietà nutrizionali che la caratterizzano, come le fibre e le proteine, ma in par-ticolare la Levodopa, un am-minoacido che aiuta a miglio-rare la concentrazione di do-pamina nel cervello, utile anche nel trattamento del morbo di Parkinson, oltre che le vitamine e i sali mine-rali, perciò tutta la fortunata popolazione non affetta da favismo, non può lasciarsela scappare! Fonti:

http://www.salute.gov.it/imgs/

C_17_pubblicazioni_1906_allegat

o.pdf

https://www.g6pd.org/it/G6PD

Deficiency-it.aspx

https://www.inran.it/favismo/1

4639/

Treben M.- La Salute dalla Far-

macia del Signore, Consigli ed

esperienze con le erbe medicinali

(Ennsthaler Editore- 2000)

Harrison – Principi Di Medicina

Interna Vol. 1 (17 Ed. McGraw

Hill - 2009)

G.Castoldi, V.Liso - Core curri-

culum Ematologia (McGraw-

Hill Education - 2014)

Dr.ssa Serena Grandi

getti più colpiti. L‟Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato la malattia secondo la gravità: Classe I: deficit grave con attività enzimatica <10%, Classe II: deficit grave con attività enzimatica >10%, Classe III: deficit lieve con attività enzimatica tra il 10 e il 60%,

Classe IV e V: nessun deficit. La classe I rappresenta la forma più grave, mentre le classi II e III si manifestano con crisi emolitiche intermit-tenti e autolimitanti (scompaiono dopo pochi giorni da sole) in seguito ad esposizione a sostanze ossi-danti. La carenza di questo enzima è frequente in Africa (nei bantu raggiunge una frequen-za del 20% circa), nelle popo-lazioni dell'Asia meridionale e

…………..

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GFH - Amaranto è un'azienda produttrice di pasta, di prodotti alimentari bio-logici senza glutine e di prodotti per vegani di Salsomaggiore Terme. É specializzata nella produzione di pasta fresca ripiena come i tortelli, i ravioli cacio e pepe, i cappelletti di Parma e di pasta artigianale secca realizzata con la tecnica di trafilatura al bronzo che permette di non compromettere le caratteristiche organo-lettiche delle materie prime. Vengono prodotte tagliatelle, riccioli, gnocchi di patate con materie prime fresche e con zero allergeni, zero lattosio e senza uova né glutine. Amaranto è specializzata anche nella produzione di dolci di pasticceria, pizze precotte, preparati e mix per uso casalingo sempre senza lattosio, senza allergeni e senza uso di soia e derivati. A tal fine vengono utilizzati cereali e pseudo-cereali di prima qualità come grano saraceno, quinoa e amaranto, spezie naturali come la curcuma, la canapa e lo zenze-ro e verdure a chilometro zero come barbabietole e spinaci. Vengono inoltre realizzati sughi di pomodoro senza conservanti e con tempi di cottura brevi. Amaranto Pasta Senza Glutine Salsomaggiore Terme

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In occasione del Focus Live 2019, tenutosi a Genova l’1 e il 2 giugno

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degli alimenti; può infatti identificarsi con l‟attenzio-ne rispetto ai prodotti da posizionare nel nostro car-rello della spesa. “Pensare al cibo” costitui-sce poi di fatto occasione di aggregazione sociale, opportunità di incontro e condivisione e si traduce nel consumo di pasti fuori casa o nella conviviale pre-parazione casalinga. Può inoltre comprendere il ti-more di quanto mangiare rispetto a quello che si vuole definire “lo spettro della bilancia” o, con di-versi approcci, anche estre-mi, conseguenti al dilagare di una vera e propria enfasi salutistica, coincidere con

l‟ansia di inglobare nel no-stro corpo solo ciò che si ritiene possa essere più che vantaggioso per il nostro benessere o, diversamente ancora, costituire momen-to di piacere, in modo più o meno allineato ad un potenziale equilibrio pura-mente nutrizionale e a una più o meno autentica con-sapevolezza di consumo. Si sono pertanto prese a riferimento quelle che so-no le associazioni più im-mediate con tale espressio-ne, associazioni che ruota-no intorno ad una prospet-tiva essenzialmente perso-nale. In un contesto sociale di mobilità, velocità, uni-formità, sempre più infatti si fa cogente l‟esigenza e, nel contempo, il timore di relazionarsi, riversandosi tale tensione nel rischio di una conseguente frammen-tazione dell‟individuo. Un aspetto cruciale, asso-ciato alle recenti specifiche prese di posizione nell‟am-bito delle tendenze di con-sumo alimentari, è spesso infatti dato da un‟autorefe-renzialità delle scelte, dei rapporti, degli stessi senti-menti. Si può però andare oltre, puntando l‟interesse più specificatamente sul verbo pensare come atto dello

In occasione del Focus Live 2019, tenutosi a Ge-nova l‟1 e il 2 giugno, si è parlato e “pensato” anche al cibo. “Pensare al cibo” è un‟e-spressione che può essere oggetto di varie traduzioni. Rispetto ad un contesto sociale moderno in cui per lo più si dà per scontata la disponibilità di risorse e la certezza di avere quotidia-namente il piatto pieno, “pensare al cibo” può sem-plicemente fare riferimento all‟idea di cosa mettere in tavola, spesso preoccupa-zione di ogni figura che, nell‟ambito della famiglia o di collettività più ampie, si occupa della preparazione

GENOVA

GIUGNO 2018

“Pensare al cibo”, nel senso

più profondo del termine

Si tratta pertanto di qual-cosa che può avere a che fare con una sensibilità assimilata, che spazia dall‟attenzione per il valore della risorsa in sè, in quan-to materia prima presente

in natura, ma non necessa-riamente accessibile a tutti, all‟informazione su cosa questa può apportare al nostro organismo, ai fatto-ri più irrazionali che ci ren-dono propensi ad essa, alla possibilità di avvalersi di strumenti a nostra disposi-zione, come il gusto, in una dimensione di appren-dimento più ricco ed esau-stivo, affinchè la metabo-lizzazione dell‟atto alimen-tare possa assumere anche connotazione di un vissuto

accentratore di comunica-zione. Parlare di alimentazione può essere tanto quotidia-namente scontato, quanto sorgente di stupore di fronte ai risultati della ri-

cerca, alle reazioni del no-stro corpo, alle riflessioni che, in ambito anche più collettivo, possono orien-tarci in precise direzioni e di cui gli uomini possono, volontariamente avvalersi, a differenza degli altri esse-ri viventi. L‟uomo può di fatto sce-gliere e, per quanto incida-no anche complessi fattori chimicamente ed emotiva-mente incontrollabili, può decidere di scoprirli, di averne attenzione, consa-

svolgimento di un eserci-zio intellettivo, che con-templa risvolti più ampi, di predisposizione all‟oggetto a cui si rivolge e, quindi, di correlati aspetti. “Pensare al cibo”, nel sen-

so più profondo del termi-ne, ha a che fare con il me-ditare, ponderare, sentire il cibo, come elemento verso il quale avviare un chiaro richiamo cognitivo, ossia con l‟elaborare un insieme di processi implicati nella conoscenza, quali immagi-nazione, percezione, me-moria, esperienza, sensi, emozioni che possono gui-dare in maniera più consa-pevole all‟azione, al com-portamento, sia rispetto a se stessi che agli altri.

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Tre si possono definire gli scopi scientifici

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spesso sfuggono all'occhio umano, aiutando a identifi-care processi e valutarne l'andamento, dall‟altro lato, andando a creare possibili variazioni di alcuni delicati equilibri. Tre si possono definire gli scopi scientifici: la com-prensione rispetto alle po-tenziali idee sul verificarsi di un fenomeno, in termi-ni di cause e relazioni con altri aspetti dell‟ambiente naturale; la spiegazione che approfondisce il perché un fenomeno si svolge in un determinato modo; la pre-dizione che, ancora più dettagliatamente, descrive cosa accadrà nel futuro

rispetto ad un processo per il quale sono soddisfatte precise condizioni. Per definire totalmente fruibili i vantaggi di un contributo scientifico, in modo da rendere quest‟ul-timo veramente funzionale al nostro mondo, uno stru-mento che aiuti a com-prendere i processi in cui siamo coinvolti per viverli nel migliore dei modi, è necessario non ritenere di poter escludere la compo-nente umana. Vale, come spesso si è obiettato, che nessuna tec-nologia può sostituire: l‟empatia, le emozioni, le relazioni umane, l‟ispira-zione. La ricchezza di una condi-zione esaustiva di benesse-re contempla la possibilità per l‟essere umano di di-stricarsi nella gestione di proprie immense capacità che possono tradursi in altrettanto potenti risultati condizionanti la propria esistenza. I risvolti di un insieme di potenziali contraddizioni si hanno in più ambiti. L‟ esempio in campo alimen-tare è eclatante, in quanto il valore esistenziale del cibo, si è detto, va sicura-mente al di là della risorsa primaria in esso concretiz-

pevolezza, cura. Nel contesto dell‟evento di Focus Live 2019 è stato possibile confrontarsi con tutta una serie di interventi in grado di ricordarci il nostro rapporto con il pia-neta, con le nostre risorse, con quella che è stata e che sarà l‟evoluzione della stu-di, nonché delle dinamiche relazionali strettamente connesse. Se dovessimo individuare una linea comune, elemen-to caratterizzante alla base dei vari dibattiti è stato certamente il rapporto am-bivalente dell‟uomo nei confronti della scienza, da un lato, fornendo quest‟ul-tima modelli e dettagli che

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“cous cous di pane condito con il pesto leggero di sedano e malva”

di Simone Salvini;

zioni sociali, economiche , lavorative. Ecco perché, nell‟ambito della programmazione di un evento dedicato alla scienza, inevitabile è ogni rimando ad una valutazio-ne sul modo di intendere il rapporto con l‟ambiente, in relazione a tutte le dinami-che produttive. Uno specifico intervento a ciò dedicato è stato intito-lato “A tavola con gusto solidale”, con la partecipa-zione di medici, ricercatori, chef. Si è intrecciato un punto di vista più teorico, di riela-

borazione di tematiche e relativi impatti, con quelli che sono stati tre esempi pratici ai fornelli, esempi di menù realizzabili entro una spesa massima di 1 euro; in particolare, questi i piatti che sono stati preparati, spiegati e direttamente consumati e commentati dagli altri ospiti protagoni-sti del dibattito: “cous cous di pane condito con il pesto leggero di sedano e mal-va” di Simone Salvini; “uovo e ritunnu” di Matteo Monti; “insalata sporca di terra”, “patata e buccia in cacio e pepe”, “zuppa di fragole pane

zata. Ben difficilmente si potrà ipotizzare la realizzazione di una effettiva assimilazio-ne di molecole, di principi nutritivi, per quanto facen-ti parte di una dieta di la-boratorio idealmente per-fetta. Questo aspetto evi-denzia come fornire calorie non sia sufficiente a sfama-re l„individualità dell‟essere umano che anche nei biso-gni primari necessita di un filtro cognitivo. Qualsiasi possa essere il contributo scientifico più aggiornato, ciò che rende l‟uomo evo-luto è la possibilità di avere consapevolezza, consape-volezze delle sue scelte, della sua fisiologia , in quanto organismo dotato di capacità che vanno ben oltre le funzionalità dei singoli organi. La sua esi-genza di nutrimento è di fatto un‟esigenza multidi-mensionale. La consapevolezza si ri-specchia sia nell‟ottica indi-viduale che collettiva, su più fronti, tra cui quello della sostenibilità. L‟impatto della scelta rela-tiva alla sfera alimentare avviene sulla salute del soggetto che di fatto la compie, ma ricade inevita-bilmente sull‟organizzazio-ne di strutture e organizza-

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Margherita Guidetti, dell‟Università di Modena e Reggio Emilia, ha posto l‟attenzione sulla psicologia sociale, applicata all‟ali-mentazione, soprattutto a come la complessa scelta alimentare comprenda una dimensione biologica-culturale, che definisce co-sa è o no edibile, e una in-dividuale-sociale, che con-centra la valenza comuni-cativa, espressione di una nostra identità e valori.

Enzo Spisni, dell‟Universi-tà di Bologna, ha argomen-tato su quanto il tema della sostenibilità sia legato al comportamento delle per-sone , in quanto consum-attori, rispetto al condizio-namento delle decisioni assunte per orientare i pro-cessi tecnologici e quindi l‟intera filiera industriale. Infine Carla Lertola, medi-co specializzato in Scienze dell‟Alimentazione, ha rap-presentato una presenza

e latte”di Rino Duca. Ognuna di queste prepara-zioni ha concentrato il massimo impegno in un utilizzo mirato degli ingre-dienti, in uno studio delle compatibilità di gusto e in un‟attenzione nutrizionale, comprendendo anche va-rianti vegetariane. Come si è detto, è stato il tutto anticipato da consi-derazioni, riflessioni di stu-diosi e medici.

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Carla Lertola, medico specializzato in Scienze dell’Alimentazione

Non necessariamente

le persone più povere mangiano

solo poco

Ecco perché Robin Foood fonda la sua missione sulla distribuzione intelligente di cibo. Cosa distingue un atto di generosità autenti-co? Il fatto di fornire non solo qualcosa di materiale, atto che peraltro viene tal-volta compiuto in modo del tutto egoriferito, per gratificare più se stessi che gli altri, ma ciò che si tra-smette con quel gesto, la possibilità anche solo con una presenza attiva, uno sguardo, una parola, di condividere, di fortificare un messaggio che arrivi alla dimensione cognitiva. Sostenibilità e solidarietà si legano all‟empatia; quando si condivide il cibo si può pensare alla propria “gola” o, in modo più vitale, ci si può emozionare nella con-divisione di un‟esperienza comunicativa, tanto quoti-diana e più comune, quan-to misteriosa, affascinante e coincidente con ciò che mantiene la nostra vita e il suo mistero. Diventa allora spontaneo in questo senso contem-plare la sostenibilità a livel-lo di micro comunità, con piccole azioni che possano favorire l‟informazione, lo scambio reciproco animato da curiosità e non dall‟an-sia di strappare consigli ad

uso e consumo individuale. Un‟associazione strutturata in tal senso dimostra che è possibile pensare agli altri attraverso gesti costruttivi, la diffusione di un nutri-mento complessivo, in ter-mini di informazioni ela-borate, comprese, motiva-te, del relativo apprendi-mento e del positivo effet-to esponenziale. Sostenibilità e culturalizza-zione, amorevolezza e consapevolezza vanno di pari passo, in direzione di una riaffermazione di ca-ratteristiche fondamentali dell‟uomo, individuabili in un‟innata capacità di im-maginazione e rielabora-zione creativa-emotiva e in una conseguente facoltà di integrazione della stessa su diversi piani della realtà. Promuovere nel corso del tempo il raggiungimento di una condizione di benesse-re, ossia, di soddisfazione di bisogni, primari e non, nell‟ambito di uno stile di vita che possa essere soste-nibile e, in quanto tale so-brio e salutare, è possibile! Laura Lo Presti, Dott.ssa specialista in Scienza dell’Alimentazione e Ga-stronomia.

rilevante anche in quanto promotrice e fondatrice di Robin Foood, associazione no profit nata a luglio 2015.

Tale iniziativa, particolar-mente significativa proprio a coronamento di quanto accennato precedentemen-te, può costituire un inno-vativo e proattivo approc-cio alla sostenibilità. Il suo valore aggiunto, in-fatti, si identifica nel fatto di trattarsi di un‟associazio-ne nata con lo scopo di “coprire il bisogno nutri-zionale dei più poveri, ma insegnando loro anche a mangiare in maniera cor-retta”; ciò non sulla base di avulsi precetti, ma attraver-so riferimenti che possano essere assimilati anche dal-la mente. Non necessariamente le persone più povere man-giano solo poco, spesso adottano loro stessi stili di vita non sostenibili, attra-verso una gestione inop-portuna anche di quelle poche risorse disponibili. Fare la spesa in modo ina-deguato ha degli impatti economici, coì come abbi-nare in modo inopportuno i principi nutritivi. Un consumo sostenibile ha a che fare con la culturaliz-zazione.

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Non si scartano nemmeno radici e foglie

IL CAPPERO DI SALINA, SUPERFOOD

DI CASA NOSTRA

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si trasformano nel bellissimo fiore simile ad una piccola orchidea, ma si consumano anche i frutti, noti come cu-cunci, solitamente come ape-ritivo. Non si scartano nem-meno radici e foglie: le prime sono utilizzate in erboristeria per la preparazione di decotti diuretici e stimolanti del mi-crocircolo, mentre le foglie

possono rientrare nella com-posizione di fresche ed aro-matiche insalate previa veloce bollitura. Il cappero è coltiva-to fin dall'antichità ed è diffu-

so in tutto il bacino del Medi-terraneo. È spontaneo solo su substrati calcarei: nel suo ambiente naturale cresce sulle rupi calcaree, nelle falesie, su vecchie mura, formando spesso cespi con rami rica-denti lunghi anche diversi metri. La pianta si diffonde grazie al vento o a piccoli animali come le lucertole che,

nutrendosi dei cucunci pieni di semi, li rigurgitano o li trasportano lontano con le feci, infilandosi in piccoli anfratti e contribuendo così

Molto conosciuto come in-grediente in cucina quanto poco dal punto di vista nutri-zionale, il cappero, nella sua varietà più conosciuta di Cap-paris spinosa, è un arbusto tipi-co della flora mediterranea, difficilmente supera il mezzo metro di altezza, ha tronco legnoso con rami striscianti a terra, foglie ovali verde scuro,

fiori inconfondibili di colore bianco e rosa. Di questa pianta si consuma tutto, in realtà: i capperi sono i boccioli che, se non raccolti,

La quercetina ha proprietà

antiossidanti,

come succede per le olive, i capperi appena raccolti non sono commestibili in quanto molto amari e sgradevoli, per cui vengono messi sotto sale il quale, estraendone l‟acqua, forma una salamoia che li porta a maturazione. Il cappero contiene alcuni flavonoidi, sostanze bioattive ad azione antiossidante natu-rale [1], tra i quali i più im-portanti a livello di quantità contenuta sono la quercetina (ne contiene di più, in rap-porto al peso, di ogni altra pianta), la rutina e il kaempfe-rol, un flavonoide che è stato chimicamente isolato anche nei broccoli, nel tè verde, nell‟uva e nei cavoli.

La quercetina ha proprietà antiossidanti, pertanto rende il cappero un alimento utile a “depurare” l‟organismo dai radicali liberi, ma non solo: è anche un potente antinfiam-matorio naturale [2] che, in-sieme al kaempferol, proteg-ge le articolazioni, sviluppa i meccanismi di protezione contro artriti e artrosi ed è in grado di stimolare le cellule deputate alla produzione di cartilagine. L‟azione antinfiammatoria viene svolta anche nei con-fronti della bocca in quanto masticare i capperi contrasta il mal di denti, come diceva già il medico del 70 d.C. Dio-scoride nel suo trattato “De Materia Medica”.

alla diffusione del cappero. Curioso è un metodo utiliz-zato dai panteschi per incen-tivarne la coltivazione, che consiste nello “sparare” i semi di cappero con una cer-bottana tra le fessure di un muro o tra le tegole di un tetto ben esposto. Per quanto riguarda l‟uso dei capperi in cucina, ma soprat-tutto le loro molte proprietà, già nel 1600 Domenico Ro-moli detto Panunto, nel suo famoso trattato culinario “La Singolar Dottrina”, afferma che «…quei che ne mange-ranno non hauran dolore di milza, nè di fegato… son contrari alla melanconia, proucano l‟ourina…» e infine aggiungeva che «i capperi fan vivace il coito». La convinzione di queste virtù afrodisiache dei capperi è una credenza diffusa nell‟antichità, e addirittura il primo accenno a questo vie-ne fatto nella Bibbia nell‟Ec-clesiaste 12, 5 che infatti cita «Ricordati del tuo creatore... quando si avrà paura delle alture e degli spauracchi della strada; quando fiorirà il man-dorlo e la locusta si trascinerà a stento e il cappero non avrà più effetto, ...» Ma vediamo nello specifico tutte queste qualità nutrizio-nali, che renderanno il cappe-ro un ingrediente che non potrà più mancare nelle no-stre cucine. Innanzitutto dob-biamo ricordare che, un po‟

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Questo particolare mix di flavonoidi che il cappero contiene ha una potente azione stimolante del sistema immunitario

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rendo l‟attivazione dell‟ormo-ne tiroideo [3][4]. Questo particolare mix di flavonoidi che il cappero contiene ha una potente azio-ne stimolante del sistema immunitario, tant‟è che il consumo di capperi pare “mitigare” l‟azione di allerge-ni di varia natura, come polli-ni, polvere o agenti chimici, così come evidenziato da un recente studio dell‟Università di Catania e Messina. Inoltre lo stesso mix, unita-mente alle vitamine ed agli isotiocianati presenti nei cap-peri, sembra possa inibire l‟autossidazione dei lipidi durante la digestione di carne rossa cotta. Un modo interes-sante di ridurre i rischi dovuti al consumo di carne rossa potrebbe proprio essere quel-la di consumarla con capperi

o con-

dimenti a base di capperi, per una quantità totale di circa 8-10 grammi [5].

È stata riscontrata anche una spiccata azione antitumorale [6], legata al contenuto di isotiocianati dei capperi: que-ste sostanze, che donano a questo frutto la tipica nota senapata, sono le stesse so-stanze che conferiscono alla famiglia dei cavoli il classico odore sulfureo. Gli isotiocianati però vengo-no attivati solo se l‟alimento che li contiene viene tritura-to, grattugiato, masticato molto bene o sottoposto a breve cottura: in pratica se prendessimo un cappero e lo inghiottissimo crudo senza masticarlo non ne avremmo alcun beneficio! L‟azione dei capperi risulta poi essere anche un valido stimolante della digestione e dell‟appetito, motivo per cui sono spesso utilizzati i cu-cunci come apertura del pa-sto. L‟inserimento regolare dei capperi nell‟alimentazione quotidiana apporta anche numerosi benefici alla pelle, grazie al contenuto in vitami-na E e carotenoidi che la pro-teggono dai raggi UV ed esplicano i loro effetti contro i melanomi [7][8]. Questa azione era già nota nell‟antichità tant‟è che, così come si usava fare il bagno nel latte di asina per avere una pelle bellissima, protetta

La rutina invece, pur essendo la sostanza che rende il cap-pero appena raccolto così amaro e sgradevole, ha un‟a-zione decisamente benefica sul sistema cardiovascolare in quanto rende più scorrevole la microcircolazione, proteg-gendo le pareti dei piccoli vasi sanguigni e contribuendo a ridurre il tasso di colestero-lo cattivo nel sangue. Analoghe le proprietà del kaempferolo, un altro com-posto attivamente studiato per le sue attività protettive, anti-ossidanti, antinfiamma-torie. Il kaempferolo parrebbe ad-dirittura essere in grado di aumentare il consumo ener-getico cellulare, intervenendo sui meccanismi di trascrizio-ne di diversi geni coinvolti in processi termogenici e favo-

I capperi sono ingredienti

d’eccellenza di numerosi piatti

tipici della gastronomia

italiana

piatto di carne poco saporito o a un cocktail di frutti di mare ormai un po' passato di moda, proprio come un nuo-vo accessorio rilancia un vec-chio vestito nascosto nell‟ar-madio. Cedono al cibo la loro nota fresca, il sapore intenso e particolare, un‟esplosione di liquido salmastro perfetto con il pesce. I capperi prima di finire ad insaporire numerosi piatti tipici della cucina italiana, vengono essiccati al sole e poi messi con altri ingredien-ti, tramandati gelosamente di padre in figlio, in una sala-moia dentro barili di legno per circa una settimana per accentuarne la caratteristica senapata. Per una corretta conservazio-ne, il cappero deve essere lasciato al naturale, sotto sale marino, evitando l‟impiego di contenitori in plastica. I capperi sotto sale conserva-no di più il proprio sapore, così interessante, rispetto a quelli sottaceto; lasciateli a bagno per 15 minuti prima di sciacquarli ed usarli, e il loro carattere erbaceo-senapato ne sarà rivitalizzato. Alcuni cuochi li fanno mari-nare in vino bianco ed erbe, prima di usarli in insalate o salse. A differenza di altre varietà, i capperi di Salina si caratterizzano per compat-tezza, profumo e uniformità. È la compattezza però ad

essere particolarmente im-portante, perché un bocciolo compatto è garanzia di durata nel tempo (si conserva fino a due-tre anni). Utilizzati nella cucina siciliana in diverse preparazioni, per “dare mordente” e carattere al piatto, i capperi si sposano ottimamente a un semplice sugo di pomodoro e basilico, alla classica caponata, ai piatti di pesce. I capperi sono ingredienti d‟eccellenza di numerosi piat-ti tipici della gastronomia italiana, proprio in abbina-mento a pasta, carne e pesce. Protagonista indiscusso nella pizza napoletana e in quella alla siciliana, il cappero è fon-damentale anche nella prepa-razione degli spaghetti alla puttanesca, della salsa verde e del pesto di capperi insieme a pomodori, origano, acciughe ed olive nere. Gli Isolani sono soliti prepa-rare una particolare frittura di

e nutrita, così si faceva il ba-gno in acqua con estratti di cappero. A livello nutrizionale e di contenuto di nutrienti, il cap-pero è talmente poco consi-derato che nel data base del CREA (Centro Ricerche per gli Alimenti e la Nutrizione – ex INRAN), il quale fornisce i valori nutrizionali dei princi-pali alimenti, non viene con-templato. Bisogna affidarsi al data base USDA per trovare le sue ca-ratteristiche nutrizionali, pe-raltro veramente molto inte-ressanti. Il cappero infatti presenta solo 23 kcal per 100 g di pro-dotto, in quanto ricchissimo di acqua; questo valore lo rende adatto anche alle diete ipocaloriche e, nonostante ciò che si possa pensare, an-che agli ipertesi. Non dobbiamo infatti farci spaventare dal fatto che soli-tamente il cappero è conser-vato sotto sale: basterà ri-sciacquarlo molto molto bene sotto l‟acqua corrente ed uti-lizzarlo per aromatizzare ogni piatto, beneficiando dei suoi innumerevoli effetti. Inoltre, se viene essiccato a bassissima temperatura in forno e poi triturato, può essere addirittura utilizzato AL POSTO del sale, creando ulteriore beneficio. Dal punto di vista puramente culinario i capperi sono in grado di dare vitalità a un

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E a Salina c’è un cappereto, di cui il capostipite è l’ultracentenario Geronimo Foto di Alessandro Rosati

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carni fredde, selvaggina, patè e pesce. Il gusto è un poco più delicato ma sempre forte e deciso e in più possiamo sempre “risparmiarne” uno per recuperare i semi e creare una nuova piantagione. Una piccola chicca: attenzio-ne che i boccioli di nasturzi, calendule e ginestre possono

essere commercializzati come capperi, pur essendo meno

pregiati, decisamente più eco-nomici e in genere molto più grandi. Affidatevi a coltiva-tori locali... il prodotto sarà magari un po‟ più costoso, ma vedrete che il sapore e le qualità saranno impareggiabili. E a Salina c‟è un cappereto, di cui il capostipite è l‟ultra-centenario Geronimo, in cui l‟esperto Alessandro Rosati coltiva con amore questi ar-busti, deliziandoli con la mu-sica filodiffusa del Maestro Giuseppe Verdi. Grazie a lui il cappero è di-ventato per la prima volta il vero protagonista di una ker-messe culinaria e non solo, durata per ben 8 serate in cui altrettanti bravissimi chef si sono sfidati nell‟ideazione di un piatto innovativo, mai presentato prima in alcuno scritto gastronomico, in cui il cappero fosse l‟ingrediente caratterizzante. Otto autorevoli cene svoltesi a Parma e provincia da mar-zo a giugno di quest‟anno, nel cuore della Food Valley, con due “escursioni” in quel di Reggio Emilia e Mantova, in cui ho avuto l‟onore di presenziare insieme ad altri bravissimi esperti in diverse discipline, tutte legate dal fil rouge del cappero e delle sue caratteristiche storiche, cultu-rali, botaniche, alchemiche e, perché no, a volte anche go-liardiche. Dr.ssa Fabiana Carella Culinary nutritionist

capperi e patate, gustose e fresche insalate, ma anche delle salse con nepitella, man-dorle e pecorino, per condire la pasta. Anche i cucunci si trovano in commercio in salamoia o sottaceto; popola-rissimi in Spagna, sono sem-pre presenti nelle tapas, si consumano come le olive e

possono essere utilizzati co-me i capperi, abbinandoli a

Nella foto Franco Maria

Ricci, grande

appassionato di capperi ne riceve

uno in dono

caper (Capparis spinosa L.) fruit aqueous extract and the isolation of main phytochemicals. Zhou H1, Jian R, Kang J, Huang X, Li Y, Zhuang C, Yang F, Zhang L, Fan X, Wu T, Wu X. [3] A review on the dietary flavo-noid kaempferol. Calderón-Montaño JM1, Burgos-Morón E, Pérez-Guerrero C, López-Lázaro M [4] The Small Polyphenolic Mo-lecule Kaempferol Increases Cellu-lar Energy Expenditure and Thy-

roid Hormone Activation. Wag-ner S. da-Silva1, John W. Harney1, Brian W. Kim1, Jing Li1, Suzy D.C. Bianco1, Alessandra Crescenzi2, Mar-celo A. Christoffolete1, Ste-phen A. Huang2 and Anto-nio C. Bianco1 [5] Bioactive Components of Ca-per (Capparis spinosa L.) from Sicily and Antioxidant Effects in a Red Meat

Simulated Gastric Digestion. L. TESORIERE, D. BUTERA, C. GENTILE, AND M. A. LIVREA*, Dipartimento Farmacochimico Tossicologi-co e Biologico, Università di Palermo [6] N-butanol extract of Capparis spinosa L. induces apoptosis pri-marily through a mitochondrial pathway involving mPTP open, cytochrome C release and caspase activation. Ji YB1, Yu L.

[7] In vitro antioxidant and in vivo photoprotective effects of a lyophilized extract of Capparis spinosa L buds. Bonina F1, Puglia C, Ventura D, Aquino R, Tortora S, Sacchi A, Saija A, Tomaino A, Pellegrino ML, de Capra-riis P.

[8] Effect of Tunisian Capparis spinosa L. extract on melanogene-sis in B16 murine melanoma cells. Matsuyama K1, Villareal MO, El Omri A, Han J, Kchouk ME, Isoda H.

Si ringrazia di cuore Alessan-dro Rosati per l‟invito a par-tecipare in qualità di esperta in Nutrizione Culinaria alle serate della manifestazione “Chef del Cappero Rosati 2019”. BIBLIOGRAFIA [1] The caper (Capparis L.): ethnopharmacology, phytochemical and pharmacological properties. Tlili N1, Elfalleh W, Saadaoui E, Khaldi A, Triki S, Nasri N. [2] Anti-inflammatory effects of

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I capperi Rosati

in Salina

Mail: [email protected] Tel. 349 32 68 545

Facebook: Capperi Rosati Salina

Dr.ssa e Pastry Chef Giulia Frank, risponde per Tecniche di Pasticceria

(dalle quelle più classiche a quelle più di avanguardia), al fine di migliorare i Dessert sotto l‟aspetto nutrizionale e sensoriale.

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Dr.ssa Roberta Sabellico, risponde per Nutrizione clinica e dietetica. Intolleranze ( lattosio, nichel, glutine, ecc), celiachia, sindrome metabolica, sindro-me del colon irritabile, IBD ( morbo di Crohn, rettolite ulcerosa), tiroidite d‟Hashimoto, gastrite, colesterolemia, diabete, dislipidemie. Dietetica per perdita di peso e mantenimento. [email protected]

Alessandra Piazza, risponde per

Dieta Mediterranea e relative linee guida. Acquisti consapevoli: cosa sono le etichette alimentari e come leggerle. Interpretare I valori nutri-

zionali degli alimenti. Alimentazione sana con e senza glutine. Consulenze personalizzate, corsi di cucina salutare.

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Dir. Francesco Cappa, risponde per Food & Beverage Management e organizzazione generale. Comunicazione Ristorativa, organizzazione Team Building

e Motivazione Aziendale. Consulenze per Start Up e Formazione del Personale

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LA RUBRICA PER IL LETTORE Risponde l’esperto...

L'alimentazione in specifici momenti della vita, la sicurezza alimentare, la nutrigenetica, la gestione dei nostri locali, l’igiene alimentare.... sono solo alcuni degli argomenti su cui i nostri esperti ENESAG saranno sempre pronti a rispondervi. Proprio per questo, abbiamo deciso di avviare la rubrica "RISPONDE L'ESPERTO", dove ogni mese pubblicheremo alcune vostre domande per dare un servizio di consulenza al lettore, sempre

gratuito, attuale e specifico!

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Dr.ssa Sara Papaccio, risponde per Educazione Alimentare in particolari situazioni fisiologiche

e in diverse fasi della vita, rieducazione alimentare post-chirurgia bariatrica cottura alimenti, metodi da preferire e da evitare.

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Rosario Fallo Food&Beverage Manager, risponde per Consulenza Aziendale per la ristorazione,

consulenza sulle campagne marketing sia web che tradizionali, gestione e realizzo Toto web e pagine social.

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Dott.ssa Erika Arena, risponde per Educazione Alimentare nei diversi ambiti e fasi della vita (bambini, ado-lescenti, gravidanza, età adulta, età senile e sport) [email protected]

Dr.ssa Fabiana Carella, risponde per Etichettatura Alimentare e Regolamento (UE) n. 1169/2011

Controllo Qualità Igiene e Merceologia degli Alimenti

Consulenze Nutrizionali ed Educazione Alimentare Nutrizione Culinaria

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Dottoressa Angela Dicorato, risponde per

etichettatura e confezionamento del settore agroalimentare e nutrizione

Mail: [email protected] Facebook: @ilcibochenutrelasalute

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Dott. Di Marcantonio Ettore, risponde per Igiene e Sicurezza Alimentare, pratiche sanitarie,

Autocontrollo e HACCP [email protected]

Dott. Matteo Robustella, risponde per le professioni non ordinistiche Legge 4/2013 normativa ad hoc, le professioni tradizionali e innovative nel food, a quali professioni è applicabile la normativa, dovere di formazione e obbligo di iscrizione [email protected]

Dr.ssa Sabina Piccolo, risponde per Educazione Alimentare

nelle diverse fasi della vita e consigli su piani nutrizionali.

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Prof. Giuseppe Salvatore Paladino, risponde per Docenze e Food Gastronomy Guidance Counsellor,

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Dr.ssa Laura Lo Presti, risponde per integratori e super alimenti

Percezione gustativa Consumo consapevole

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Responsabile Dipartimento Editoria - Francesco Cappa

Numero 14, Luglio - Agosto 2019 www.enesag.it

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