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III Modulo: Aspetti fiscali III Modulo: Aspetti fiscali degli enti non commerciali degli enti non commerciali Il terzo settore tra normativa e prassi: aspetti civilistici, fiscali e contabili Avv. Antonio Fiorentino Martino 3 ottobre 2013

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Enti religiosi aspetti giuridici e fiscali

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III Modulo: Aspetti fiscali III Modulo: Aspetti fiscali degli enti non commercialidegli enti non commerciali

Il terzo settore tra normativa e prassi: aspetti civilistici, fiscali e contabili

Avv. Antonio Fiorentino Martino3 ottobre 2013

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Censimento Istat 2011

� Più di 300.000 associazioni

� Circa 900.000 persone coinvolte, di cui� 681.000 circa addetti� 280.000 circa esterni� 5.544 lavoratori temporanei

� 4.750.000 circa volontari

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Cass., sent. n. 21406/2012

� Ufficio delle Entrate di Sondrio, due avvisi di accertamento con recupero Iva e Ires di Circolo Arci relativi alla “attività commerciale”di bar all’interno di una struttura associativa;

� Ricostruzione induttiva dei redditi non dichiarati;� CTP di Sondrio respinge i ricorsi;� CTR accoglie l’appello� Cassazione: dà ragione all’Ufficio� Importanza del concetto di “oggetto principale”

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L’attenzione dell’Amministrazione finanziaria

� Circolare 31 luglio 2013, n. 25/E� Circolare 31 maggio 2012, n. 18/E� D.L. “semplificazioni”, n. 16/2012: modifiche all’art. 52

del D.P.R. n. 633/1972, non è più necessaria l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria per l’accesso;

� Abolizione Agenzia per le ONLUS, art. 8, comma 23 del D.L. n. 16/2012

� Ragioni della crescente attenzione degli Uffici� dal 1 gennaio al 31 ottobre 2011 - secondo i dati diffusi

dall'Agenzia delle Entrate - gli accertamenti portati avanti dalla Finanza nei confronti delle “false ONLUS”hanno permesso di recuperare poco più di 65 milioni di euro in 1800 interventi.

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Enti non commerciali tra disciplina

civilistica e fiscale

� Il regime del cd. terzo settore non è un regime organico ed unitario.

� Si atteggia in termini differenti, a seconda della prospettiva civilistica o fiscale

� Nella prospettiva civilistica, i fini dell’ente assumono rilevanza (in particolare, l’assenza di lucro soggettivo, come previsto per gli enti di cui al Libro Primo, Titolo Secondo del c.c., ossia associazioni, fondazioni e comitati).

� Vi è invece indifferenza per il tipo di attività esercitata.

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Disciplina fiscale

� Ai fini fiscali accade l’inverso

� è rilevante l’attività esercitata dall’ente e, segnatamente, l’oggetto della medesima (se commerciale o non commerciale);

� di contro, in linea di principio, è indifferente il fine perseguito

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Regime fiscale

degli Enti non commerciali

� La mancanza del fine di lucro soggettivo non determina, di per sé, un regime differenziato.

� L’assenza del fine di lucro non è infatti ritenuta espressiva di una minore capacità contributiva

� Ai fini fiscali la qualificazione come ente non commerciale assume rilevanza ai fini di:� Imposte sui redditi� Imposta sul valore aggiunto� Irap � IMU

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Gli enti non profit

� L’attuale disciplina tributaria degli enti non commerciali è il risultato del “riordino normativo” attuato con il D.Lgs. 460/97 (frutto della delega conferita al governo dall’art. 3 della legge 663/97 nel contesto della più ampia riforma del sistema fiscale allora realizzata)

� Criteri direttivi contenuti nella delega :� delineare una definizione di ente non commerciale basata su elementi di

natura obiettiva connessi con l’attività dagli stessi effettivamente esercitata

� prevedere una esclusione generalizzata dall’imposizione di alcuni tipi di “proventi” conseguiti da parte di tali enti garantendo altresì regimi di imposizione semplificata

� sancire una specifica disciplina per gli enti c.d. associativi per i quali sono previste esclusioni dall’imposizione anche per quanto attiene talune cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate secondo specifiche modalità

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L’evoluzione legislativa

� Legge delega n. 80/2003 e prime bozze del “nuovo”TUIR

� Persone fisiche ed enti non commerciali soggetti passivi Imposte sul Reddito;

� Società di capitali ed enti commerciali soggetti passivi IRES

� Nel TUIR in vigore dal 1° gennaio 2004:� gli enti non commerciali sono stati “parcheggiati”

(temporaneamente ?) all’interno della disciplina IRES sia pur con talune “attenzioni” (vd. disciplina transitoria dividendi)

� MA nella logica della Riforma l’IRES è un’imposta dichiaratamente destinata a colpire la redditività degli enti-impresa

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Situazione attuale

� Gli enti non commerciali sono soggetti IRES� Regole determinazione imponibile inalterate� Aliquota proporzionale 27,5 % (salvo agevolazioni specifiche)� Regime transitorio dividendi: imponibili per il 5 % e, se corrisposti

nel primo periodo d’imposta che inizia a decorrere dall’1/1/2004, soggetti a ritenuta 12,5% (oggi 20%)� Art. 4 lett. q) D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 (attuazione L. 80/2003): “fino a

quando, ai sensi dell‘articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 7 aprile 2003, n. 80, non verrà attuata l'inclusione, tra i soggetti passivi dell'imposta sul reddito, degli enti non commerciali di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del citato testo unico delle imposte sui redditi, così come modificato dal presente decreto legislativo, gli utili percepiti, anche nell'esercizio di impresa, dagli enti stessi non concorrono alla formazione del reddito imponibile, in quanto esclusi, nella misura del 95 per cento del loro ammontare; sull'ammontare imponibile degli utili, in qualunque forma corrisposti nel primo periodo d'imposta che inizia a decorrere dal 1° gennaio 2004, le società e gli enti indicati nel comma 1 dell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 operano, con obbligo di rivalsa, una ritenuta del 12,50 per cento a titolo di acconto”.

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Situazione attuale (2)

� Di fatto gli enti non commerciali sono sottoposti ad una disciplina propria e distinta rispetto a quella che il legislatore riserva agli enti commerciali (società ed enti equiparati)

� Il legislatore tributario guarda “con un occhio di riguardo”gli enti non commerciali ai quali viene, infatti, riservato un trattamento “di favore” rispetto agli enti commerciali

� Questo avviene non solo nell’imposizione sui redditi ma, più in generale, nell’ambito dell’intera disciplina fiscale (ici, iva, imposte indirette, etc.)

� Grande importanza della corretta individuazione della natura commerciale o meno di un ente

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Gli Enti non commerciali nell’Ires

� Ai sensi dell’art. 73 del Tuir, accanto alla fondamentale distinzione tra soggetti residenti e non residenti, assume valore centrale la distinzione tra società ed enti commerciali (art. 73, lett. a e b) ed enti non commerciali (art. 73, lett. c)

� La distinzione opera in ragione di due parametri:� la forma (nel caso delle società di capitali);� l’oggetto (esclusivo o principale) dell’attività dell’ente (per i

soggetti diversi dalle società).

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Conseguenze� Si segnalano:

� modalità differenti di determinazione della base imponibile; � previsione di obblighi formali e strumentali differenti.

� Per le società commerciali e gli Enti commerciali:� Il reddito prodotto è sempre e solo reddito di impresa (art. 81

Tuir);� Sono prescritti gli obblighi formali e strumentali

dell’imprenditore (artt. 13 e 14 e ss. D.P.R. n. 600/73);� È contemplato l’assoggettamento alle procedure di accertamento

previste per i soggetti imprenditori (art. 39 D.P.R. n. 600/73)

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Conseguenze (2)

� Per gli Enti non commerciali:� Ai sensi del comma 2 dell’art. 143, Tuir, il reddito

complessivo degli enti non commerciali èdeterminato secondo le disposizioni dell’articolo 8.

� Per gli enti non commerciali, al pari delle persone fisiche, il reddito complessivo non è quindi determinato in modo unitario, configurandosi come la sommatoria di diversi tipi di redditi, determinati secondo le regole categoriali.

� Diversamente dalle società ed enti equiparati, quindi, torna ad assumere rilevanza il cespite

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Art. 73 TUIR� Sono soggetti all'imposta sul reddito delle società:

� a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato;

� b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

� c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commercialenonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato;

� d) le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.

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Definizione tributaria di ente non commerciale

� Art. 73 TUIR: gli enti non commerciali sono rappresentati dagli enti pubblici e privati diversi dalle società che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivitàcommerciali

� l’ente per qualificarsi come non commerciale deve avere per oggetto esclusivo o principaleun’attività non commerciale

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Questioni da risolvere

� Stabilire quale sia l’oggetto esclusivo o principale dell’ente al quale ci troviamo di fronte (problema n. 1)

� Verificare il carattere commerciale o meno di tale oggetto (problema n. 2)

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L’oggetto esclusivo o principale � Art. 73 TUIR, commi 4 e 5

� L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente èdeterminato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto.

� In mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente residente èdeterminato in base all'attività effettivamente esercitatanel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.

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L’oggetto esclusivo o principale (2)

� L’individuazione dell’oggetto principale e’ quindi logicamente successiva a quella della determinazione dello scopo dell’ente

� Una volta dedotto lo scopo si dovranno individuare la (o le) attivitàche l’ente pone in essere per il suo conseguimento e quindi verificarne la commercialità o meno

� Se l’ente svolge più attività di cui alcune di natura commerciale ed altre di natura non commerciale per la sua qualificazione occorre riferirsi all’attività che per l’ente risulta essenziale per il raggiungimento dei propri scopi

� La qualificazione dell’ente come non commerciale dal punto di vista normativo viene completamente sganciata dall’esistenza o meno dello scopo di lucro ed è, piuttosto, collegata alla natura (commerciale o meno) dell’attività essenziale per il conseguimento dell’oggetto esclusivo o principale dell’ente

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L’oggetto esclusivo o principale (3)

� Cass. n. 22598 del 25/9/2006: non è l’assenza dello scopo di lucro a qualificare come non commerciale l’ente. Il sistema normativo privilegia la necessità di un’analisi concreta delle singole attività svolte dagli enti non commerciali escludendo che la natura non commerciale del soggetto possa determinare per questo solo fatto la natura non commerciale della specifica attività

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La commercialità

� una volta individuata l’attività essenziale per il perseguimento degli scopi dell’ente bisogna verificare se essa ha o meno carattere commerciale

� condurre tale indagine significa, di fatto, individuare la nozione fiscale di esercizio di impresa commerciale

� il riferimento è dunque all’articolo 55 del TUIR

� la nozione tributaria di impresa commerciale è piùampia di quella civilistica non essendo richiesto per le attività dell’art. 2195 c.c.

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Art. 2195 c.c.

1) un'attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;

2) un'attività intermediaria nella circolazione dei beni;

3) un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;

4) un'attività bancaria o assicurativa;5) altre attività ausiliarie delle precedenti.

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Art. 2195 c.c.

� La nozione tributaria di impresa commerciale e’certamente più ampia di quella civilistica, non essendo richiesto per le attività dell’art. 2195 c.c. il requisito dell’autonoma “organizzazione in forma di impresa”dell’art. 2082 c.c.

� questo però non significa che ogni attività riconducibile all’art. 2195 c.c. sia per ciò stesso un’attività commerciale abituale

� occorre, insomma, l’ulteriore requisito della economicità

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La commercialità (2)

� Per la giurisprudenza, spesso, la semplice presenza del corrispettivo è sintomo della commercialità dell’attività

� MA non esiste equipollenza tra corrispettività ed economicità

� Economicità: attitudine del modulo gestorioall’autofinanziamento, cioè a garantire una remunerazione stabile e duratura dell’impresa come soggetto operante sul mercato

� Attività economica: quella che ha la capacità di sostenersi remunerando i fattori produttivi così da porsi come soggetto in grado di restare in modo efficiente sul mercato e non quella che si limita ad erogare ricchezza

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La commercialità (3)

� In definitiva, la commercialità dell’attività presuppone l’economicitàe quindi l’attitudine del modulo gestorio all’autofinanziamento, cioè alla remunerazione dei fattori produttivi

� Il problema è quello di concretizzare la nozione di economicità: se costantemente i ricavi di un’attività superano i costi siamo sempre di fronte ad un’attività commerciale?

� Ogni manifestazione del volontariato è in utile ma ciò dipende dal fatto che non ci sono costi (tutti operano gratuitamente per la manifestazione)

� Per verificare se l’attività economica è in grado di autofinaziarsi si devono valutare tutti i costi, non solo quelli effettivi ma anche quelli occorrenti

� Non è impresa quella che sopravvive perché qualcuno sopperisce alla sua incapacità di remunerare i fattori produttivi

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La commercialità: in sintesi

� La nozione di commercialità è legata alla economicità, non alla corrispettività

� Nell’economicità rileva il modulo gestorio come attitudine all’autofinanziamento che include tutti i costi necessari

� Rilevanza dell’apporto gratuito di forze lavoro e mezzi

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Enti non commerciali e abuso del diritto

� Cass. 26996/2007

� S.r.l. e Società polisportiva

� Contratto di comodato

� E’ abuso del diritto

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Forma e sostanza: art. 149 TUIR

� Quando attività di fatto in contrasto con le previsioni statutarie: possibile modifica di fatto dell’oggetto oppure vizi di efficacia (simulazione).

� Esigenza fiscale di indici certi: art. 149 Tuir. (norma richiamata anche ai fini Iva): indipendentemente dalle previsioni statutarie, perdita della qualifica ente non commerciale quando esercizio prevalente per un intero periodo di imposta dell’attività commerciale.

� A tal fine, si tiene conto anche dei seguenti parametri:� prevalenza delle Immobilizzazioni� prevalenza dei Ricavi� prevalenza dei Redditi� prevalenza delle Componenti Negative

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Forma e sostanza: art. 149 TUIR

� Conseguenza della perdita della qualifica:

� rideterminazione del reddito nei periodi di imposta interessati come reddito di impresa

� Iscrizione nell’inventario di tutti i beni del patrimonio dell’ente

� sanzioni

� No applicazione per enti ecclesiastici che sono persone giuridiche e per associazioni sportive dilettantistiche.

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Il rapporto con l’art. 149 TUIR� al criterio qualitativo stabilito ex art. 73 sembrerebbe allora contrapporsi un

criterio quantitativo visto che non si fa più riferimento all’attivitàprincipale, bensì a quella prevalente che viene poi dal medesimo 149 collegata ad elementi di natura strettamente comparativo-quantitativa

� tale disposizione non rileva sul piano della individuazione dell’oggetto principale dell’ente, ma pone un’ulteriore condizione al fine di determinare la qualificazione dell’ente stesso stabilendo che questo non solo non deve svolgere in via principale attività commerciali ma anche che le attivitàcommerciali eventualmente svolte non devono assumere rilievo quantitativo tale da farle ritenere prevalenti

� prevede la perdita della qualifica di ente non commerciale se anche per un solo periodo d’imposta l’attività prevalente e’ commerciale

� se perdita della qualifica allora l’ente diventa in via retroattiva ente commerciale e tutti i redditi vengono determinati secondo i criteri propri del reddito d’impresa (ciò significa che tutti i proventi diventano proventi d’impresa e tutti i costi confluiscono nei criteri di determinazione del reddito d’impresa)

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Le imposte sui redditi

�Art. 73 TUIR;

�Artt. 143 – 150 TUIR

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La determinazione del reddito negli enti

non commerciali

� Per la determinazione del reddito degli enti non commerciali assumono rilievo le diverse categorie di reddito

� Ai sensi dell’art. 144 del Tuir, i redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo degli enti non commerciali sono determinati separatamente per ciascuna categoria, in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano.

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La determinazione del reddito negli enti

non commerciali

� L’art. 143 (comma 1) precisa che il reddito complessivo degli enti non commerciali è formato da:� redditi fondiari; � di capitale;� di impresa;� diversi

� Sono compresi i redditi ovunque prodotti (principio di tassazione del reddito mondiale).

� Non rileva la destinazione assegnata al reddito (irrilevanza del fine)

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Le prestazioni di servizi

� Non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 c.c. rese:� In assenza di specifica organizzazione� In conformità alle finalità istituzionali dell’ente;� Dietro corrispettivi non eccedenti i costi di diretta

imputazione.� Ex: associazione con scopi ricreativi che organizza festa e

fa pagare ai partecipanti quota esclusivamente comprensiva del costo dell’affitto delle sale, del cibo e delle altre spese direttamente imputabili all’organizzazione dell’evento, e lo faccia senza specifica organizzazione

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Art. 143, comma 3, lett. a)

� Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 73 i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubblicheeffettuate 1) occasionalmente, anche 2) mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, 3) in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;

� “Occasionalità”: condizioni e limiti con Decreto Min. Finanze MA non ancora emanato;

� Art. 8 D.Lgs. 460/97: in caso di raccolta fondi occasionale, apposito e separato rendiconto entro 4 mesi dalla chiusura dell’esercizio;

� Circ. 59/E 2007: esigenza di assicurare la destinazione della raccolta fondi al progetto o alle attività per cui la raccolta è stata organizzata

� Raccolta fondi è anche esclusa dal campo si applicazione dell’IVA

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Art. 143, comma 3, lett. b)

� Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 73 i contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche ai predetti enti per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento […] di attività aventi finalitàsociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi.

� Condizioni in Circ. 124/E del 1998: � Finalità sociali devono essere quelle tipiche e non invece

marginali;� Non vi è distinzione tra contributi a fondo perduto e

contributi con natura di corrispettivi

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La contabilità separata

� Art. 144 TUIR: Per l'attività commercialeesercitata gli enti non commerciali hanno l'obbligo di tenere la contabilità separata.

� Comma 6: Gli enti soggetti alle disposizioni in materia di contabilità pubblica sono esonerati dall'obbligo di tenere la contabilitàseparata qualora siano osservate le modalitàpreviste per la contabilità pubblica obbligatoria tenuta a norma di legge dagli stessi enti.

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La deduzione delle spese

� Spese direttamente riferibili all’attivitàd’impresa (se esistente): deducibili dal reddito d’impresa;

� Spese relative a beni e servizi adibiti promiscuamente all’esercizio di attivitàcommerciali e non: deducibilità in via forfettaria (art. 144, comma 4);

� Formula: ricavi e proventi che formano il reddito d’impresa/Totale ricavi e proventi;

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 39

La deduzione delle spese (2)

� Esempio: ricavi commerciali 800 Euro; Tot. Ricavi 1.200 Euro; costi promiscui 350 Euro

� 800/1.200 = 0,38 X 350 = 133,33 Euro� Parte restante è attribuita alla sfera istituzionale� Ex: strutture utilizzate promiscuamente, personale che

lavora per l’ente nel suo complesso, etc.� Immobile utilizzato promiscuamente: deducibile

(sempre nella stessa misura) il canone di locazione (o la rendita catastale nel caso di proprietà dell’ente)

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Redditi di capitale

� In virtù dell’art. 2, comma 1, lett. c), e dell’art. 11, comma 1, D.Lgs. 1° aprile 1996, n. 239, gli enti non commerciali sono soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi (12,5 %) ovvero a ritenuta a titolo d’imposta (27 %) per gli interessi, i premi e gli altri frutti delle obbligazioni e dei titoli.

� Dal 1° gennaio 2012, la ritenuta è del 20%

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Redditi di impresa

� La natura non commerciale di un soggetto non implica, di per sé, la natura non commerciale della specifica attività svolta (Cass. n. 22598 del 20 ottobre 2006).

� Gli enti non commerciali possono quindi svolgere anche un’attività di impresa e, così, produrre reddito d’impresa. Non però in maniera prevalente.

� Limitatamente alle attività commerciali esercitate, ai sensi dell’art. 20 del D.P.R. n. 600/73, tornano applicabili gli articoli del medesimo D.P.R. dedicati alle scritture contabili obbligatorie delle imprese commerciali

� Per l’attività commerciale esercitata gli enti non commerciali hanno l’obbligo di tenere la contabilitàseparata

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Regime forfetario per gli enti non

commerciali, art. 145 TUIR

� Per effetto dell’art. 145 TUIR, gli enti non commerciali ammessi alla contabilità semplificata ai sensi dell’articolo 18 del D.P.R. n. 600/73, possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d’impresa

� Ciò può quindi accadere solo per gli enti che abbiano ricavi entro Euro 309.874,14 (se prestazioni di servizi) o Euro 516.456,90 (se altre attività)

� A questo fine è prevista l’applicazione, all’ammontare dei ricavi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali, di coefficienti di redditività (diversi a seconda che si tratti di prestazione di servizi o altre attività) secondo classi di appartenenza (per volume di ricavi).

� Va poi aggiunto l’ammontare delle plusvalenze, delle sopravvenienze attive, dei dividendi e dei proventi patrimoniali

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Coefficienti del regime forfettario

� a) attività di prestazioni di servizi:� 1) fino a lire 30.000.000 [euro 15.493,70]coefficiente 15 per cento;� 2) da lire 30.000.001 [euro 15.493,71] a lire 309.874,14 [euro

185.924,48], coefficiente 25 per cento;

� b) altre attività:� 1) fino a lire 50.000.000 [euro 25.822,84], coefficiente 10 per

cento;� 2) da lire 50.000.001 [euro 25.822,8] a lire 1.000.000.000 [euro

516.456,90], coefficiente 15 per cento.

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Regime forfetario per gli enti non

commerciali

� Se sia prestazione di servizi che altre attività, allora attività prevalente

� Il regime è opzionale� L’opzione è esercitata nella dichiarazione annuale dei

redditi e si estende di anno in anno, sempre che siano rispettati i limiti

� Valida fino alla revoca, e comunque massimo per un triennio

� Anche comportamento concludente: se si compila il quadro relativo alla determinazione del reddito di impresa in contabilità semplificata

� Il regime non si estende comunque all’IVA, che continua a seguire le proprie regole

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Differenze con il regime delle persone

fisiche

� A. L’aliquota. � Per gli enti non commerciali l’aliquota è quella

proporzionale del 27,5% prevista per l’Ires e non quelle progressive Irpef

� B. I dividendi� Ai sensi dell’art. 4, lett. q) del D.Lgs. 12 dicembre 2003, n.

344, gli utili percepiti, anche nell’esercizio di impresa, dagli enti n.c. sono esclusi dalla formazione del reddito per il 95% del loro ammontare. Sull’ammontare imponibile degli utili, in qualunque forma corrisposti, le societàoperano, con obbligo di rivalsa, una ritenuta del 12,50 per cento a titolo di acconto (adesso, ritenuta del 20%).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 46

Differenze con il regime delle persone

fisiche

� L’esenzione sui dividendi è nella misura quasi integrale prevista per i soggetti Ires. Questo però vale solo per i dividendi e non pure per le plusvalenze da cessione di partecipazione, rispetto alle quali torna applicabile la misura prevista nei redditi diversi.

� Si tratta di un regime pensato come transitorio (fino a quando non verrà attuata l’inclusione degli enti non commerciali tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito), che, tuttavia, ha oramai (fin decorrenza della delega) assunto portata definitiva.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 47

Agevolazione art. 6 D.P.R. 601/73

� Con riferimento all’Imposta sui redditi, va menzionata la particolare agevolazione di cui all’art. 6 del D.P.R. n. 601/73

� L’imposta è ridotta della metà per:� enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti

ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza;� istituti di istruzione e istituti di studio, corpi scientifici, accademie ed

altri;� enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di

istruzione;� Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e loro

consorzi.� Oltre all’attività si richiede, quale ulteriore condizione di accesso

all’agevolazione:� che il soggetto abbia la personalità giuridica;� che si tratti di un ente non commerciale (Cass. 2573/1990; Cass.

2705/1995).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 48

Le disposizioni specifiche per gli Enti

Associativi

� Enti disciplinati dal codice civile, Libro I, Titolo II, Capi I, II e III

� Art. 148 TUIR: “Non è considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalitàistituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo”

� Agevolazione per tutti gli enti associativi: non commercialitàdella loro attività svolta a fini istituzionali nei confronti di associati o partecipanti, a patto che la stessa sia gratuita o remunerata dalla sola quota associativa generica

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 49

Le disposizioni specifiche per gli Enti

Associativi (2)

� Comma 2: “Si considerano tuttavia effettuate nell'esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell'articolo 143, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto”.

� “Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità”.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 50

Ulteriori agevolazioni

� Comma 3:� associazioni politiche, � sindacali� di categoria, � religiose, � assistenziali, � culturali, � sportive dilettantistiche, � di promozione sociale e � di formazione extra-scolastica della persona

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 51

Ulteriori agevolazioni (2)

� “non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati”

� Quindi, in questi casi esclusione della commercialità di talune prestazioni svolte anche dietro pagamento di corrispettivo specifico;

� Non sufficiente l’autoqualificazione dell’ente;� Corte Cost. n. 467/1992: valutazione della reale natura dell’ente e

dell’attività in concreto esercitata, alla stregua di obiettivi criteri desumibili dall’insieme delle normative di coordinamento

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 52

Ulteriori agevolazioni (3)� L’agevolazione non si applica:

� per le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita,

� per le somministrazioni di pasti,

� per le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore,

� per le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e

� per le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali

� per le prestazioni effettuate nell'esercizio delle seguenti attività:

� a) gestione di spacci aziendali e di mense;

� b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;

� c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;

� d) pubblicità commerciale;

� e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 53

Ulteriori agevolazioni (4)

� Per le associazioni di promozione sociale le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreché le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.

� Per le organizzazioni sindacali e di categoria non si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali le cessioni delle pubblicazioni, anche in deroga al limite di cui al comma 3, riguardanti i contratti collettivi di lavoro, nonché l'assistenza prestata prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi contratti e di legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di corrispettivi che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta imputazione.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 54

Condizioni di fruizione del regime di cui

all’art. 148

� Per poter fruire del regime di esenzione dell’art. 148, occorre che gli atti costitutivi o statuti dell’associazione, redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, contengano precise indicazioni, a garanzia dell’assenza di lucro soggettivo e della democraticità interna.

� In particolare, si richiede:1. il divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o

avanzi di gestione;2. l’obbligo di redigere e di approvare annualmente un

rendiconto economico e finanziario, secondo le disposizioni statutarie;

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 55

Condizioni di fruizione del regime di cui

all’art. 148 (2)

3. una disciplina uniforme del rapporto associativo ispirato alla democraticità della partecipazione (non si applica alle associazioni religiose riconosciute), ed inoltre escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione;

4. l’intrasmissibilità della quota o contributo associativo, ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte;

5. l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento, ad altra associazione con finalità analoghe;

6. l’eleggibilità libera degli organi amministrativi, il principio del voto singolo e la sovranità dell’assemblea dei soci, associati o partecipanti nonché i criteri di loro ammissione ed esclusione (non si applica alle associazioni religiose riconosciute).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 56

Le disposizioni specifiche per gli Enti

Associativi

Caso

� Un circolo di attività ricreative prevede il pagamento di una quota annuale di 20 euro.

� Se l’associato usufruisce dei concerti organizzati nel circolo solo in ragione della quota, la prestazione non ècommerciale.

� Viceversa, se per alcuni concerti è dovuto il pagamento di una somma ulteriore di 5 euro ad entrata, si realizzeràreddito d’impresa ovvero diverso, a seconda del carattere abituale o occasionale delle operazioni.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 57

Enti non commerciali ed Iva

� Ai fini Iva è previsto che per gli enti che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivitàcommerciali o agricole, si considerano effettuate nell’esercizio di impresa soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività commerciali o agricole.

� Sono commerciali le cessioni di beni e le prestazioni di serviziai soci, associati o partecipanti a fronte di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari correlati alle maggiori o diverse prestazioni cui danno diritto.

� Restano però escluse le prestazioni effettuate, in conformitàalle finalità istituzionali, da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra scolastica della persona.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 58

Enti non commerciali ed Iva (2)

� Per poter fruire di questo trattamento occorre, però, che le associazioni prevedano nei rispettivi statuti o atti costitutivi le medesime condizioni prescritte dall’art. 148 del Tuir.

� Infine, anche ai fini Iva torna applicabile il regime sulla perdita della qualifica di ente non commerciale, di cui all’art. 149 del Tuir.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 59

Casi risolti dalla Cassazione

� Cass., sent. 18560/2005: la gestione di un bar all’interno dei locali di un circolo culturale è un “mezzo per consentire la migliore permanenza dei soci nei locali del circolo”, quindi non assoggettabilità a Iva

� Cass., sent. 18706/2005: l’attività di ristoro è conforme ai fini istituzionali di un circolo culturale

CONTRARIE

� Cass., sent. n. 25463/2008: “l’attività di bar con somministrazione di bevande verso pagamento di corrispettivi specifici svolta da un circolo sportivo, culturale o ricreativo, anche se effettuata ai propri associati, non rientra in alcun modo tra le finalità istituzionali del circolo stesso e deve ritenersi, ai fini del trattamento tributario, attività di natura commerciale;

� Nello stesso senso, anche Cass., sent. n. 6340/2002 e n. 19843/2005

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 60

Modello EAS

� Ai sensi dell’art. 30 (Controlli sui circoli privati) del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (conv. L. 28 gennaio 2009, n. 2), i corrispettivi, le quote e i contributi di cui all’art. 148 del Tuir, e all’articolo 4 del D.P.R. n. 633/72 non sono imponibili a condizione che: � gli enti associativi siano in possesso dei requisiti previsti dalla

normativa tributaria; � trasmettano per via telematica all’Agenzia delle entrate i dati e

le notizie rilevanti ai fini fiscali mediante un apposito modello (cd. Modello EAS, cfr. Provv. 2 settembre 2009 e Provvedimento 14 settembre 2009).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 61

Modello EAS (2)

� La comunicazione di dati e notizie mediante il modello Eas costituisce un “onere” che grava, in via generale, su tutti gli enti privati non commerciali di tipo associativo, che si avvalgono del regime tributario agevolato, di cui all’art. 148 del Tuir e del co. 4, secondo periodo, dell’art. 4, D.P.R. n. 633/1972, “… compresi quelli che si limitano a riscuotere quote associative e contributi …”

� L’art. 30 ha finalità fiscali e risponde ad esigenze di monitoraggio e controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, per garantire che i regimi tributari agevolati siano utilizzati per incentivare il libero associazionismo e che non costituiscano, invece, un mero strumento di elusione (o evasione) fiscale.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 62

Modello EAS (3)

� Il Modello Eas è un questionario articolato in 38 punti(righi), dove si richiedono informazioni su aspetti qualificanti della struttura e funzionamento dell’ente, quali le modalità di finanziamento delle attività, il titolo d’uso degli immobili, gli estremi dell’atto costitutivo e/o dello statuto sociale, la presenza di dipendenti ecc. (sul punto cfr. Circ. 29 ottobre 2009, n. 45/E e Circ. 9 aprile 2009 n. 12/E).

� Il modello Eas va presentato entro 60 giorni dalla costituzione dell’associazione.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 63

Modello EAS (4)

Page 64: ENC_3_10_ottobre_2013

Avv. Antonio Fiorentino Martino 64

Soggetti esclusi dall’obbligo

� Per quanto concerne l’ambito soggettivo, sussistono due tipologie di enti esclusi dall’obbligo:

� Enti esclusi per espressa indicazione positiva;

� Enti esclusi per assenza dei presupposti

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 65

Enti esclusi per espressa indicazione positiva

� Per espressa previsione normativa, sono esclusi dall’obbligo di comunicare dati e notizie: � le associazioni pro-loco, che hanno optato per il regime

forfetario previsto dalla legge n. 398/1991;� le associazioni e società sportive dilettantistiche, iscritte nel

registro del CONI, che non svolgono alcuna attività di tipo commerciale (e, pertanto, non applicano alcun regime tributario agevolato);

� le associazioni e organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali, di cui all’art. 6, L. n. 266/1991 che svolgono attività commerciali rientranti in quelle marginali, di cui al D.M. 25 maggio 1995 e che assumono la qualifica di ONLUS di diritto, ai sensi del comma 8, dell’art. 10, D.Lgs. n. 460/1997.

Page 66: ENC_3_10_ottobre_2013

Avv. Antonio Fiorentino Martino 66

Enti esclusi per assenza dei presupposti

� Per assenza dei presupposti, restano esclusi dall’obbligo di presentare il modello: � gli enti che non hanno natura associativa (come le

fondazioni) e che non beneficiano delle disposizioni tributarie agevolate, di cui agli articoli 148 del T.U.I.R. e 4, D.P.R. n. 633/1972;

� gli enti di diritto pubblico; � gli enti che applicano una disciplina fiscale specifica e che

non si avvalgono delle agevolazioni richiamate dagli artt. 148 del T.U.I.R. e 4 del D.P.R. n. 633/1972 (come i fondi pensione);

� gli enti associativi commerciali, in quanto mai destinatari di alcuna disciplina tributaria agevolativa.

Page 67: ENC_3_10_ottobre_2013

Avv. Antonio Fiorentino Martino 67

Modello EAS e ONLUS� Le Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) non sono

obbligate alla presentazione del modello EAS (Circ. n. 45/E del 29 ottobre 2009), in quanto: � sono destinatarie di una specifica disciplina con condizioni, presupposti ed

agevolazioni peculiari;� sono iscritte nella specifica anagrafe.

� Sono poi escluse le ONLUS di diritto (co. 8, dell’art. 10, D.Lgs. n. 460/1997), quali le organizzazioni non governative (ONG) riconosciute, di cui alla legge 26/02/1987 n. 49 e le cooperative sociali, di cui alla legge 8 novembre 1991 n. 381, nonché le organizzazioni di volontariato, che non svolgono attività commerciali al di fuori di quelle marginali, di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266.

� Sono invece obbligate alla presentazione del modello EAS, ancorché inversione semplificata (compilando solo taluni punti), le cd. ONLUS parziali, di cui co. 9, dell’art. 10, D.Lgs. n. 460/1997 (enti ecclesiastici e associazioni di promozione sociale), sempre che siano qualificabili come enti associativi e fruiscano delle agevolazioni tributarie di cui agli artt. 148 del T.U.I.R. e 4 del D.P.R. n. 633/1972.

Page 68: ENC_3_10_ottobre_2013

Avv. Antonio Fiorentino Martino 68

Enti non commerciali e IRAP

� L’imponibile Irap (D.lgs. n. 447/97) è rappresentato dal valore della produzione netta.

� Tale valore è determinato in modo differente, in ragione dei soggetti e delle attività svolte.

� I metodi di determinazione sono essenzialmente due:� Il metodo analitico (art. 5), per i soggetti che svolgono attività

commerciali; � Il metodo retributivo, per i soggetti che svolgono attività non

commerciali (art. 10).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 69

Enti non commerciali e IRAP (2)

� Nel metodo analitico, il valore aggiunto imponibile Irap è determinato dalla differenza tra i proventi e oneri della produzione, con l’esclusione di alcune voci (costi del personale e del capitale). Criteri ulteriori sono previsti in ragione del tipo di attività (banche, assicurazioni, imprese commerciali, ecc.).

� Con il metodo retributivo, l’imponibile Irap èindividuato nella somma delle retribuzioni per prestazioni di lavoro (dipendente ed assimilato).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 70

Enti non commerciali e IRAP (3)

� Il metodo retributivo si applica a: � enti pubblici;� enti privati non commerciali.

� Per gli enti non commerciali l’aliquota è del 3,9%; � Per gli enti pubblici è dell’8,50% relativamente al valore

prodotto nell’esercizio di attività non commerciali e del 3,9 per quello di eventuali attività commerciali esercitate.

� Inoltre, mentre negli enti non commerciali il metodo retributivo è applicato per competenza, negli enti pubblici è applicato per cassa.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 71

Enti non commerciali e IRAP (4)

� In generale, ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, il valore della produzione netta per gli enti privati non commerciali, che svolgono esclusivamente attività non commerciali è determinata in un importo pari all’ammontare di: � retribuzioni spettanti al personale dipendente; � redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (art. 50 del Tuir);� compensi erogati per collaborazione coordinata e continuativa (art. 50,

comma 1, lettera c-bis), Tuir);� compensi per attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente

(art. 67, comma 1, lettera l), Tuir). � Restano escluse dalla base imponibile:

� le remunerazioni dei sacerdoti e gli assegni ad esse equiparati, di cui all’articolo 50, comma 1, lettera d), Tuir;

� le somme di cui alla lettera c) dell’art. 50 del Tuir esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche relative a borse di studio o assegni.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 72

Enti non commerciali e IRAP (5)

� Se gli enti privati non commerciali esercitano anche attività commerciali, occorre distinguere: � relativamente alle attività commerciali, la base imponibile è

determinata con il metodo analitico, ossia secondo i criteri di determinazione del valore della produzione netta delle società di capitali e degli enti commerciali (ex art. 5);

� per le altre attività, la base imponibile è determinata con il metodo retributivo.

� Le attività commerciali sono quelle considerate tali ai fini delle imposte sui redditi

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 73

ONG e aspetti fiscali:art. 28 L. n. 49/1987

� 1. Le organizzazioni non governative, che operano nel campo della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, possono ottenere il riconoscimento di idoneità ai fini di cui all'articolo 29 con decreto dal Ministro degli affari esteri, sentito il parere della Commissione per le organizzazioni non governative, di cui all'articolo 8, comma10. Tale Commissione esprime pareri obbligatori anche sulle revoche di idoneità, sulle qualificazioni professionali o di mestiere e sulle modalità di selezione, formazione e perfezionamento tecnico-professionale di volontari e degli altri cooperanti impiegati dalle organizzazioni non governative.

� 2. L'idoneità può essere richiesta per la realizzazione di programmi a breve e medio periodo nei Paesi in via di sviluppo; per la selezione, formazione e impiego dei volontari in servizio civile; per attività di formazione in loco di cittadini dei Paesi in via di sviluppo. Le organizzazioni idonee per una delle suddette attività possono inoltre richiedere l'idoneità per attività di informazione e di educazione allo sviluppo.

� 3. Sono fatte salve le idoneità formalmente concesse dal Ministro degli affari esteri prima dell'entrata in vigore della presente legge.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 74

� 4. Il riconoscimento di idoneità alle organizzazioni non governative può essere dato per uno o più settori di intervento sopra indicati, a condizione che le medesime:

a) risultino costituite ai sensi della legislazione nazionale di uno Stato membro dell'Unione europea o di altro Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo;

b) abbiano come fine istituzionale quello di svolgere attività di cooperazione allo sviluppo, in favore delle popolazioni del terzo mondo;

c) non perseguano finalità di lucro e prevedano l'obbligo di destinare ogni provento, anche derivante da attività commerciali accessorie o da altre forme di autofinanziamento, per i fini istituzionali di cui sopra;

d) non abbiano rapporti di dipendenza da enti con finalità di lucro, né siano collegate in alcun modo agli interessi di enti pubblici o privati, italiani o stranieri aventi scopo di lucro;

e) diano adeguate garanzie in ordine alla realizzazione delle attività previste, disponendo anche delle strutture e del personale qualificato necessari;

f) documentino esperienza operativa e capacità organizzativa di almeno tre anni, in rapporto ai Paesi in via di sviluppo, nel settore o nei settori per cui si richiede il riconoscimento di idoneità;

g) accettino controlli periodici all'uopo stabiliti dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo anche ai fini del mantenimento della qualifica;

h) presentino i bilanci analitici relativi all'ultimo triennio e documentino la tenuta della contabilità; i) si obblighino alla presentazione di una relazione annuale sullo stato di avanzamento dei programmi in

corso.

ONG e aspetti fiscali:art. 28 L. n. 49/1987

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 75

ONG: art. 14, comma 3 della L. n. 49/1987

� La norma prevede il non assoggettamento all’IVA di talune operazioni effettuate nei confronti di organizzazioni non governative riconosciute idonee.

� D.M. n. 379/1988, attuativo, chiarisce che rientrano nell’ambito dell’art. 14 citato le sole cessioni di beni e relative prestazioni accessorie effettuate a favore delle ONG per le quali valgano le seguenti condizioni:� i beni acquistati devono essere trasportati, anche tramite vettori o spedizionieri

incaricati, con destinazione verso l’estero;� la destinazione verso l’estero dei beni forniti deve risultare da apposita dichiarazione

da parte della ONG formulata al fornitore;� la fattura emessa dal fornitore dei beni deve contenere anche gli estremi del

provvedimento di riconoscimento della ONG ai sensi dell’art. 28 della legge n. 49/1987;

� per le importazioni di beni destinabili all’estero, da parte di ONG, la non imponibilitàad IVA è subordinata ad una dichiarazione da rendere presso gli uffici dell’Agenzia delle Dogane in merito alla destinazione estera dei beni importati;

� la prova dell’avvenuta esportazione dei beni acquistati o importati è fornita tramite documentazione doganale che la ONG deve avere cura di dotarsi e conservare.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 76

ONG: art. 29, comma 4 della L. n. 49/1987

� Le attività di cooperazione svolte dalle ONG riconosciute idonee sono da considerarsi, ai fini fiscali, attività di natura non commerciale;

� “attività tipiche di cooperazione” :� realizzazione di programmi a breve e medio periodo nei

Paesi in via di sviluppo;� selezione, formazione e impiego di volontari in servizio

civile;� attività di formazione in loco di cittadini dei Paesi in via di

sviluppo;� attività di informazione e di educazione allo sviluppo.

Page 77: ENC_3_10_ottobre_2013

Avv. Antonio Fiorentino Martino 77

ONG: art. 54, comma 8-bis del TUIR

� Criterio di determinazione del reddito dei volontari e dei cooperanti;

� considerando che talora alcuni Paesi in cui le ONG realizzano i propri progetti non hanno stipulato convenzioni contro le doppie imposizioni, introduce un regime convenzionale secondo il quale la base imponibile di tali redditi è determinato sulla base di compensi convenzionali fissati con decreto del Ministero degli Affari Esteri;

� l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 15/E del 1° febbraio 2002 ha chiarito che il meccanismo forfetario di determinazione dell’imponibile è applicabile sia a redditi riferiti a rapporti di cooperazione inquadrabili nell’ambito del lavoro dipendente, sia del lavoro autonomo, ferme restando l’applicazione degli adempimenti procedurali propri del tipo di reddito da erogare a carico del sostituto d’imposta.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 78

ONG: regime fiscale delle liberalità

� Art. 10, comma 1, lett. g):� Deducibilità dal reddito complessivo dichiarato dalle

persone fisiche di erogazioni per importi non superiori al 2% del reddito;

� art. 100, comma 2, lett. a):� Deducibilità dal reddito complessivo dichiarato dalle

società di erogazioni per importi non superiori al 2% del reddito

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 79

ONG: attività accessorie

� Art. 28, comma 4, lett. c): la ONG può trarre proventi da attività accessorie eventualmente esercitate

� Purché esse siano dal punto quantitativo non prevalenti

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 80

Organizzazioni di Volontariato

� L. n. 266/1991: per attività di volontariato si intende l’attività prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte senza fini di lucro, anche indiretto, ed esclusivamente per fini di solidarietà;

� L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario.

� Al volontario possono essere rimborsatedall’organizzazione di appartenenza soltanto le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata entro limiti preventivamente stabiliti dalle stesse organizzazioni.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 81

OdV: le condizioni di cui all’art. 3 della L. n. 266/1991

� 1. È considerato organizzazione di volontariato ogni organismo liberamente costituito al fine di svolgere l'attività di cui all'articolo 2, che si avvalga in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti.

� 2. Le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma giuridica che ritengono più adeguata al perseguimento dei loro fini, salvo il limite di compatibilità con lo scopo solidaristico.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 82

OdV: le condizioni di cui all’art. 3 della L. n. 266/1991 (2)

� 3. Negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono essere espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, la democraticitàdella struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi, i loro obblighi e diritti. Devono essere altresì stabiliti l'obbligo di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti.

� 4. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratoridipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure occorrenti a qualificare o specializzare l'attività da esse svolta.

� 5. Le organizzazioni svolgono le attività di volontariato mediante strutture proprie o, nelle forme e nei modi previsti dalla legge, nell'ambito di strutture pubbliche o con queste convenzionate.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 83

OdV: i registri ex art. 6 L. n. 266/1991

� 1. Le regioni e le province autonome disciplinano l'istituzione e la tenuta dei registri generali delle organizzazioni di volontariato.

� 2. L'iscrizione ai registri è condizione necessaria per accedere ai contributi pubblici nonché per stipulare le convenzioni e per beneficiare delle agevolazioni fiscali, secondo le disposizioni di cui, rispettivamente, agli articoli 7 e 8.

� 3. Hanno diritto ad essere iscritte nei registri le organizzazioni di volontariato che abbiano i requisiti di cui all'articolo 3 e che alleghino alla richiesta copia dell'atto costitutivo e dello statuto o degli accordi degli aderenti.

� 4. Le regioni e le province autonome determinano i criteri per la revisione periodica dei registri, al fine di verificare il permanere dei requisiti e l'effettivo svolgimento dell'attività di volontariato da parte delle organizzazioni iscritte. Le regioni e le province autonome dispongono la cancellazione dal registro con provvedimento motivato.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 84

OdV: agevolazioni fiscali ex art. 8 L. 266/1991

� 1. Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, e quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti dall'imposta di bollo e dall'imposta di registro;

� Secondo l’Amministrazione finanziaria, ris. 6 giugno 1994, n. 166, l’iscrizione nei registri regionali e l’esercizio oggettivo dell’attività di volontariato sono condizioni sufficienti per l’esenzione dall’imposta di bollo e dall’imposta di registro sugli atti di acquisto di beni immobili da parte di associazioni di volontariato che li destinano all’esercizio delle attività connesse.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 85

OdV: agevolazioni fiscali ex art. 8 L. 266/1991

� 2. Le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato dicui all'articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni, né prestazioni di servizi ai fini dell'imposta sul valore aggiunto; le donazioni e le attribuzioni di eredità o di legato sono esenti da ogni imposta a carico delle organizzazioni che perseguono esclusivamente i fini suindicati.

� (…)� 4. I proventi derivanti da attività commerciali e produttive

marginali non costituiscono redditi imponibili ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell'imposta locale sui redditi (ILOR), qualora sia documentato il loro totale impiego per i fini istituzionali dell'organizzazione di volontariato. I criteri relativi al concetto di marginalità di cui al periodo precedente, sono fissati dal Ministro delle finanze con proprio decreto, di concerto con il Ministro per gli affari sociali.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 86

OdV: il D.M. 25 maggio 1995

� Detta criteri per l'individuazione delle attività commerciali e produttive marginali svolte dalle organizzazioni di volontariato:

� a) “le attività di vendita occasionali o iniziative occasionali di solidarietà svolte nel corso di celebrazioni o ricorrenze o in concomitanza a campagne di sensibilizzazione pubblica verso i fini istituzionali dell’organizzazione di volontariato;

� b) attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;

� c) la cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari sempreché la vendita dei prodotti sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;

� d) le attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale;

� e) le attività di prestazione di servizi rese in conformità alle finalità istituzionali, non riconducibili nell’ambito applicativo dell’art. 111 comma 3 del T.U. delle imposte sui redditi, approvato con DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (attuale art. 148, n.d.A), verso pagamento di corrispettivi specifici che non eccedano del 50% i costi di diretta imputazione.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 87

OdV: il D.M. 25 maggio 1995 (2)

� Le attività devono essere svolte:� 1) in funzione della realizzazione del fine istituzionale

dell’organizzazione di volontariato iscritta nei registri di cui all’art. 6 della legge n. 266 del 1991.

� 2) senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato, quali l’uso di pubblicità dei prodotti, di insegne elettriche, di locali attrezzati secondo gli usi dei corrispondenti esercizi commerciali, di marchi di distinzione dell’impresa. Non rientrano, comunque, tra i proventi delle attività commerciali e produttive marginali quelli derivanti da convenzioni.

� Quindi, in questi casi non occorre presentare il Modello Unico ENC

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 88

OdV e attività marginaliai fini Iva

� Ai fini Iva, le attività marginali sono esclusedall’imposta

� Non devono quindi essere documentate con scontrini o ricevute;

� Non comportano obbligo di dichiarazione� Tuttavia, gli acquisti soggetti a Iva non possono

essere detratti

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 89

IL REGIME ONLUS

� Il regime fiscale Onlus nasce come regime speciale soggettivamente delimitato, ossia riferito a particolari soggetti individuati dall’art.10, comma 1, d.lgs. n.460/97;

� Non occorrono i requisiti dell’art. 73, comma 1, lett. c) TUIR (no indagine su oggetto esclusivo o principale dell’ente, e quindi sulla commercialità dell’attività)

� Non si applica l’art. 149 TUIR sulle condizioni per la perdita della qualifica

� Si tratta di “un’autonoma e distinta categoria di enti, rilevante solo ai fini fiscali” (Circ. n.168/E del 26 giugno 1998)

� Prescinde dalla previa qualificazione come ente non commerciale

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 90

I soggetti

� I tratti caratterizzanti tale figura sono, in negativo, integrati dall’espressa esclusione di taluni soggetti (art.10, comma 10):� società commerciali, diverse da quelle cooperative;� enti pubblici;� fondazioni bancarie;� partiti e movimenti politici;� organizzazioni sindacali;� associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria.

� Per tutti questi, l’esclusione è ope legis, indipendente cioèda ogni valutazione, altrimenti prescritta, circa i fini perseguiti ed il settore di intervento.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 91

I soggetti (2)

� In via interpretativa, erano stati esclusi gli enti non residenti (cfr. Cir. n.168/E del 26 giugno 1998).

� Questa posizione è stata però corretta, nel senso che oggi non esiste una preclusione a priori per gli enti residenti all’estero: se ricorrono tutti i requisiti prescritti, anche questi sono quindi ammessi a beneficiare del regime agevolativo (Circ. n. 24/E del 26 giugno 2006).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 92

I soggetti (3)

� In positivo, con la previsione espressa di una serie di figure soggettive, civilisticamente tipizzate, quali le: � associazioni;

� comitati

� fondazioni;

� società cooperative.

� È però prevista una formula ampia di chiusura, tale da rendere l’elencazione meramente esemplificativa.

� Sono, infatti, Onlus anche “altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica”.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 93

I soggetti (4)

� L’elenco evidenzia la trasversalità della figura Onlus rispetto ai modelli civilistici.

� Accanto a figure tipicamente connotate da finalità“solidaristiche” (come le fondazioni), abbiamo soggetti che, di contro, non presentano tale profilo (come le cooperative, connotate dal fine “mutualistico” che, seppur non lucrativo, rimane un fine “egoistico”).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 94

Le ONLUS di diritto

� Le ONLUS di diritto:� Non devono adeguare i propri statuti alle clausole

dell’art. 10 del D.lgs. n. 460/97;� Non devono usare la dicitura ONLUS;� Non devono effettuare la comunicazione all’anagrafe

unica (Circ. n. 168/E del 26 giugno 1998 e Circ. n. 22/E del 22 gennaio 1999).

� Sono:� Enti di volontariato di cui alla L. 266/1991;� ONG di cui alla L 49/1997;� Cooperative Sociali e Consorzi formati al 100% da

cooperative sociali

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 95

Le ONLUS parziali

� Si tratta di enti considerati ONLUS limitatamente all’esercizio delle attività elencate (enti ecclesiastici delle confessioni religiose; le associazioni di promozione sociale)

� A condizione che, per tali attività, siano tenute separatamente le scritture contabili di cui all’art. 20-bis del D.P.R. n. 600/73.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 96

Le condizioni per accedere al regime 1. Svolgimento dell’attività in settori tassativamente individuati 2. Esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale3. Divieto di svolgere attività diverse4. Divieto di distribuire utili ed avanzi di gestione 5. Obbligo di destinazione degli utili e degli avanzi di gestione6. Obbligo di devolvere il patrimonio residuo ad altre ONLUS7. Obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale8. Democraticità e trasparenza nell’assetto interno organizzativo9. Impiego della denominazione ONLUS

Tutti i predetti elementi debbono essere indicati espressamente negli statuti o atti costitutivi, redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 97

Svolgimento dell’attività in settori

tassativamente individuati

La prima condizione concerne lo svolgimento di attività in uno o più dei seguenti settori:� assistenza sociale e socio-sanitaria;� assistenza sanitaria;� beneficenza; � istruzione;� formazione;� sport dilettantistico;� tutela, promozione e valorizzazione delle cose

d’interesse artistico e storico di cui alla legge 1°giugno 1939, n. 1089, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409;

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 98

Svolgimento dell’attività in settori

tassativamente individuati (2)

� tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;

� promozione della cultura e dell’arte;� tutela dei diritti civili;� ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta

direttamente da fondazioni o da esse affidata ad università, enti di ricerca ed altre fondazioni, che la svolgono direttamente, inambiti e con modalità definite con apposito regolamento (cfr. D.P.R. 20 marzo 2003, n. 135, con cui è stata operata la definizione degli ambiti e delle modalità di svolgimento dell'attività di ricerca scientifica, di particolare interesse sociale, da parte di fondazioni senza fini di lucro).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 99

Esclusivo perseguimento di finalità di

solidarietà sociale

� Si richiede l’esclusivo svolgimento di finalità di solidarietà sociale.

� La legge precisa quando tale condizione può dirsi realizzata, distinguendo tra:� attività a finalità di solidarietà sociale immanente (o

oggettivata)� le altre (non immanente).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 100

Esclusivo perseguimento di finalità di

solidarietà sociale (2)

Sono così individuate attività connotate oggettivamente dalla finalitàdi solidarietà sociale (la legge parla di “comunque inerenti a finalitàdi solidarietà sociale”), a prescindere dai soggetti beneficiari(art.10, comma 4).

Tali sono le attività di :� assistenza sociale e socio-sanitaria;� beneficenza;� tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse

artistico e storico ex L. n. 1089/1939;� tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente (esclusa

l’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi);

� ricerca scientifica di particolare interesse sociale; � promozione della cultura e dell’arte per le quali sono

riconosciuti apporti economici da parte dell’amministrazione centrale dello Stato.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 101

Esempio: attività di beneficenza

� L’attività di beneficenza può essere svolta anche in via mediata, con erogazioni gratuite in denaro a favore di enti senza scopo di lucro per la realizzazione diretta di progetti di utilità sociale.

� Occorre la tracciabilità della donazione, con strumenti bancari o postali che evidenzino la causa del versamento (Circ. n. 12/E del 9 aprile 2009 ).

� Si richiede, inoltre, un programma non generico, bensìun progetto già definito nell’ambito del settore di attività dell’ente destinatario prima dell’effettuazione dell’erogazione.

� L’utilità sociale del progetto comporta che esso si connoti per la realizzazione di attività solidaristiche (Cfr. anche Ris. n. 192/E del 27 luglio 2009).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 102

Esclusivo perseguimento di finalità di

solidarietà sociale (3)

� Vi sono poi attività (art.10, commi 2 e 3) che si connotano per il perseguimento di finalità di solidarietàsociale solo se ed in quanto destinate a (le cessioni di beni e le prestazioni di servizi sono rivolte a) soggetti disagiati ossia a:� persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche,

psichiche, economiche, sociali o familiari;� Con Circ. n. 168/E del 26 giugno 1998 è stato precisato che la

condizione di svantaggio intende cogliere persone che versano incondizioni di obiettivo disagio, come nel caso di disabili fisici o psichici, tossicodipendenti, alcolisti, indigenti, anziani non autosufficienti ecc.

� componenti collettività estere, limitatamente agli aiuti umanitari (profughi);

� a soci, associati o partecipanti ma solo se si trovano in condizioni di svantaggio.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 103

Esclusivo perseguimento di finalità di

solidarietà sociale (4)

� Le attività in oggetto sono quelle di:� assistenza sanitaria;� istruzione;� formazione;� sport dilettantistico;� promozione della cultura e dell’arte e della tutela dei diritti

civili.

� Esempio: Le associazioni dei consumatori in quanto operano indistintamente per la tutela dei diritti di tutti i consumatori, non sono riconoscibili come ONLUS (Ris. n. 81/E del 17 giugno 2005)

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 104

Esclusivo perseguimento di finalità di

solidarietà sociale: caso

� L’Agenzia delle Entrate aveva disposto la cancellazione dall’Anagrafe di una Fondazione, in ragione del fatto che l’attività svolta era risultata svolta a favore di soggetti anziani non in condizioni di assoluto e grave disagio economico.

� Difatti:� gli ospiti delle strutture erano tenuti a pagare una cospicua retta per il loro

mantenimento, senza alcun ausilio pubblico;� gli utili realizzati non venivano utilizzati per abbattere il costo delle rette;� la fondazione aveva partecipato alla costituzione di una società commerciale

(s.r.l.). � Per l’A.F. ai fini della qualifica di “persone svantaggiate” è rilevante in

ogni caso anche la condizione economica del soggetto (Circ. n. 48/E del 18 novembre 2004 e Ris. n. 75/E del 21 maggio 2001).

� La Cassazione (Cass. n. 24883 del 9 ottobre 2008) ha però affermato che, ai sensi della disciplina Onlus, s’intendono perseguite finalità di solidarietàsociale quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi sono dirette ad arrecare benefici a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari. La situazione di svantaggio economico del beneficiario, quindi, è soltanto una tra quelle previste dal legislatore in via alternativa. Non l’unica.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 105

Divieto di svolgere attività diverse

� Alle ONLUS è fatto divieto di svolgere attività diverse da quelle espressamente elencate

� Tale divieto non opera per le cd. ONLUS parziali

� Al divieto fanno eccezione le attività direttamente connesse, che integrano la fonte per il reperimento dei fondi necessari a finanziare le attività istituzionali dell’organizzazione.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 106

Divieto di svolgere attività diverse: le

attività connesse

S’individuano due tipologie di attività connesse:� attività analoghe

sono quelle analoghe alle attività istituzionali: nei settori in cui vi èl’obbligo di fornire beni e servizi solo a soggetti svantaggiati, si considerano connesse le attività nei confronti di soggetti non svantaggiati

� attività accessorie per natura.Si tratta delle attività funzionali a quelle istituzionali in via strutturale (ad esempio la vendita di magliette pubblicitarie, deplians, o altri oggetti di modico valore in occasione di campagne di sensibilizzazione).

Le attività connesse non devono essere prevalenti rispetto a quelle istituzionali

I proventi delle attività connesse non debbono superare il 66% delle spese complessive della ONLUS in ciascun esercizio e nell’ambito di ciascuno dei settori elencati.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 107

Le attività connesse: esempio

� Spese per attività istituzionale: Euro 4.000� Spese per attività connesse: Euro 1.500

� Totale spese ONLUS: Euro 5.500

� Euro 5.500 x 66% = Euro 3.630

� I proventi per le attività connesse non possono superare il 66% di Euro 5.500, ovvero Euro 3.630

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 108

Le attività connesse: caso

� Ris. 123/E del 22/9/2004

� Fondazione Onlus, finalità di ricerca scientifica sulle malattie ematologiche.

� Tra le attività, alcune in convenzioni con case farmaceutiche, svolgendo dietro corrispettivo attività di ricerca.

� Per AE si tratta di attività istituzionali se proprietaria dei risultati rimane la fondazione, altrimenti di attivitàconnesse.

� Come tali con il limite della prevalenza e del 66%.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 109

Divieto di svolgere attività diverse:

detenzione di partecipazioni

� La detenzione di partecipazioni in società di capitali è consentita alle ONLUS, a condizione che il possesso di titoli o quote di partecipazione in soggetti societari si sostanzi (in ragione dell’entitàdella partecipazione e del ruolo effettivamente svolto nella partecipata) in una gestione statico-conservativa del patrimonio.

� Se la ONLUS, mediante la partecipazione, assume funzioni di coordinamento e direzione della società partecipata, esercitando un’influenza dominante ed incidendo sulle scelte operative degli organi della società stessa, si configura lo svolgimento di una attività commerciale non consentita alle ONLUS.

� È preclusa alle ONLUS, pena la perdita della qualifica, la possibilitàdi detenere partecipazioni in società che consentano un’attività di gestione della partecipata.

� Non assume rilevanza il fatto che l’oggetto della società partecipata sia lo svolgimento di attività analoghe a quelle istituzionali dell’ONLUS

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 110

Divieto di svolgere attività diverse:

detenzione di partecipazioni (2)

� Anche prassi e giurisprudenza

� La partecipazione ad una Onlus da parte di societàcommerciali ed enti pubblici e, più in generale, di soggetti esclusi dalla qualifica di Onlus, non è preclusa, a condizione che gli enti pubblici e/o le societàcommerciali non esercitino un’influenza dominante nelle determinazioni della Onlus (Circ. n. 59/E del 31 ottobre 2007; Ris. n. 164/E del 28 dicembre 2004; CTR di Milano n. 13/19/07 del 24 gennaio 2007).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 111

Divieto di distribuire utili ed avanzi di

gestione

� Il divieto in oggetto è esteso anche alle distribuzioni indirette � Al riguardo, sono dettate espresse indicazioni in merito a quando si

considerata operata una distribuzione indiretta di utili o di avanzi.� Ai sensi del comma 6 dell’art. 10, in specifico, si considera in ogni caso

distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione:� le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a condizioni più

favorevoli a soci, associati o partecipanti ed ad altri “soggetti sensibili”;� l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni

economiche, siano superiori al loro valore normale;� la corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di controllo di

emolumenti individuali annui superiori al compenso massimo previsto per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni;

� la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di 4 punti al tasso ufficiale di sconto;

� la corresponsione ai lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20 per cento rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 112

Divieto di distribuire utili ed avanzi di

gestione (2)

� Si tratta di norma anti-elusiva di tipo sostanziale, � Se ne può chiedere la disapplicazione, ai sensi

dell’art. 37-bis, comma 8, del D.P.R. n. 600/73, con apposita istanza alla Direzione regionale competente (Ris. n. 294/E del 10 settembre 2002), ogni qual volta possa essere dimostrato che l’operazione attuata non concretizza, in realtà, un comportamento elusivo, ma risulta conforme ad interessi coerenti e non altrimenti perseguibili dalle Onlus

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 113

Obbligo di destinazione degli utili e degli

avanzi di gestione

� Vi è l’obbligo di destinare gli utili e gli avanzi di gestione alla realizzazione delle attivitàistituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse.

� Non è compatibile con la qualifica di ONLUS la detenzione di partecipazioni in società di persone, in quanto ciò implica l’assunzione di responsabilità patrimoniale illimitata, incompatibile con l’obbligo di destinazione del patrimonio imposto dall’art. 10 del D.Lgs. n. 460 del 1997 (Ris. n. 83/E del 30 giugno 2005).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 114

Obbligo di devolvere il patrimonio residuo ad altre ONLUS

� In caso di scioglimento per qualunque causa, deve essere previsto che il patrimonio sia devoluto ad altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale o a fini di pubblica utilità.

� È richiesto il parere vincolante sulla devoluzione del patrimonio da parte dell’Agenzia per le Onlus (art. 3, lettera k), del D.P.C.M. 21 marzo 2001, n. 329, Regolamento recante norme per l’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale).

� La perdita di qualifica equivale, ai fini della destinazione delpatrimonio, allo scioglimento dell’ente (Circ. n. 168/E del 26 giugno 1998). Ciò per evitare che il patrimonio, costituito anche in forza di un regime fiscale privilegiato, possa essere destinato a finalità estranee a quelle di utilità sociale.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 115

Obbligo di devolvere il patrimonio residuo ad altre ONLUS (2)

� Nell’ipotesi in cui un ente, pur perdendo la qualifica di Onlus, non intenda sciogliersi, ma voglia continuare ad operare come ente privo della medesima qualifica, va devoluto solo l’incremento patrimoniale realizzato nei periodi d’imposta in cui l’ente ha fruito della qualifica di Onlus

� Viene fatto salvo il patrimonio acquisito precedentemente all’iscrizione nell’anagrafe delle Onlus (Circ. n. 59/E del 31 ottobre 2007).

� A questi fini va allegata la documentazione rappresentativa della situazione patrimoniale dell’ente, redatta ai sensi dell’art. 20-bis, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 600/1973, alla data in cui l’ente ha acquisito la qualifica di Onlus ed a quella in cui tale qualifica è venuta meno.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 116

Altri obblighi

� Obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale� Democraticità e trasparenza nell’assetto interno organizzativo

� Deve essere assicurata una regolamentazione uniforme del rapporto e delle modalità associative, tale da garantire l’effettività del rapporto medesimo.

� Non può essere prevista la temporaneità della partecipazione alla vita associativa.

� Va assicurato il diritto di voto a tutti i partecipanti maggiorenni per l’approvazione e la modificazione dello statuto e dei regolamenti,nonché per la nomina degli organi direttivi.

� Tale previsione non si applica alle fondazioni né agli enti riconosciuti dalle confessioni religiose

� Impiego della denominazione ONLUS � In qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, va

impiegata la locuzione «organizzazione non lucrativa di utilità sociale»o l’acronimo «ONLUS».

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 117

Il regime fiscale ONLUS

� Il particolare regime fiscale delle Onlus si articola in una serie di disposizioni, che, pur genericamente ispirate ad una logica agevolativa, risultano profondamente differenti per ratio e portata applicativa.

� Vengono coinvolte, in particolare: � Le Imposte sui redditi;� L’Iva;� L’Imposta di registro;� L’Imposta sulle successioni e donazioni;� L’Imposta di Bollo;� L’Imposta sugli spettacoli;� Le Tasse sulle concessioni governative;� I Tributi locali.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 118

Condizioni di acceso al regime fiscale

Per beneficiare del regime fiscale ONLUS, oltre alle condizioni fissate dall’art. 10 del D.Lgs. n. 460/97, sono prescritti ulteriori requisiti.

� la tenuta delle scritture contabili, secondo tempi e modalità peculiari alle ONLUS;

� l’iscrizione all’apposita anagrafe.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 119

Scritture contabili e art. 20-bis� A pena di decadenza dei benefici fiscali, le organizzazioni non lucrative di utilità

sociale (ONLUS) diverse dalle società cooperative debbono tenere le scritture contabili in conformità a quanto prescritto dall’art. 20-bis del D.P.R. n. 600/73

� Art. 20-bis� 1. Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) diverse dalle società

cooperative, a pena di decadenza di benefici fiscali per esse previsti, devono:� a) in relazione all'attività complessivamente svolta, redigere scritture contabili

cronologiche e sistematiche atte ad esprimere con compiutezza ed analiticità le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione, e rappresentare adeguatamente in apposito documento, da redigere entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale, la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della organizzazione, distinguendo le attività direttamente connesse da quelle istituzionali, con obbligo di conservare le stesse scritture e la relativa documentazione per un periodo non inferiore a quello indicato dall'articolo 22;

� b) in relazione alle attività direttamente connesse tenere le scritture contabili previste dalle disposizioni di cui agli articoli 14, 15, 16 e 18; nell'ipotesi in cui l'ammontare annuale dei ricavi non sia superiore a lire 30 milioni, relativamente alle attività di prestazione di servizi, ovvero a lire 50 milioni negli altri casi, gli adempimenti contabili possono essere assolti secondo le disposizioni di cui al comma 166 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 120

Scritture contabili e art. 20-bis (2)� 2. Gli obblighi di cui al comma 1, lettera a), si considerano assolti qualora la

contabilità consti del libro giornale e del libro degli inventari, tenuti in conformitàalle disposizioni di cui agli articoli 2216 e 2217 del codice civile.

� 3. I soggetti richiamati al comma 1 che nell'esercizio delle attività istituzionali e connesse non abbiano conseguito in un anno proventi di ammontare superiore a lire 100 milioni, modificato annualmente secondo le modalità previste dall'articolo 1, comma 3, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, possono tenere per l'anno successivo, in luogo delle scritture contabili previste al primo comma, lettera a), il rendiconto delle entrate e delle spese complessive, nei termini e nei modi di cui all'articolo 20.

� 4. In luogo delle scritture contabili previste al comma 1, lettera a), le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri istituiti dalle regioni e dalle provincie autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, possono tenere il rendiconto nei termini e nei modi di cui all'articolo 20.

� 5. Qualora i proventi superino per due anni consecutivi l'ammontare di due miliardi di lire, modificato annualmente secondo le modalità previste dall'articolo 1, comma 3, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, il bilancio deve recare una relazione di controllo sottoscritta da uno o più revisori iscritti nel registro dei revisori contabili.

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Iscrizione anagrafe ONLUS

� Per beneficiare delle agevolazioni ONLUS è condizione necessaria la comunicazione all’Anagrafe unica delle Onlus (art. 11, comma 2, D.Lgs. n. 460/97).

� Tale comunicazione va resa entro trenta giorni dall’inizio dell’attività alla Direzione regionale delle entrate del Ministero delle finanze, nel cui ambito territoriale si trova ildomicilio fiscale dell’ente. Va impiegato un apposito modello, approvato con decreto del Ministro delle finanze (D.M. 19 gennaio 1998, dove oltre al modello sono indicate le condizioni e modalità di presentazione).

� Il modulo deve essere corredato da una dichiarazione sostitutiva con cui il rappresentante legale della ONLUS attesta le attività dell’ente ed il possesso dei requisiti prescritti

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 122

Iscrizione anagrafe ONLUS (2)

� La comunicazione è funzionale al controllo formalepreventivo su:� la regolare compilazione del modello di comunicazione;� La sussistenza dei requisiti formali ex art. 10 D.lgs. n. 460/97.

� L’esito del controllo, condotto dalla Direzione regionale, è essenziale per l’iscrizione nell’anagrafe.

� Decorsi 40 giorni, la Direzione notifica all’ente l’esito del controllo e l’avvenuta iscrizione ovvero il diniego.

� Opera del caso il silenzio assenso

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 123

Cancellazione dall’anagrafe ONLUS

� Successivamente all’iscrizione può intervenire la cancellazione dall’anagrafe ONLUS, qualora venga accertata la mancanza o il venir meno dei requisiti richiesti (art. 5 del D.M. n. 266 del 18 luglio 2003).

� La cancellazione è disposta con provvedimento motivato della Direzione regionale, notificato all’ente nonché agli uffici periferici interessati per gli accertamenti conseguenti.

� È (era) previsto il parere preventivo dell’Agenzia per le ONLUS

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Giurisdizione in materia di controversie

sull’anagrafe ONLUS

� In merito alla giurisdizione in tema di non iscrizione o cancellazione dall’anagrafe Onlus, la giurisprudenza di merito, in assenza di pronunce della Cassazione, era oscillante.

� Da una parte si affermava la giurisdizione del giudice amministrativo: TAR Emilia Romagna, sez. Parma, 22/3/2004; TAR Emilia Romagna, sez. Parma, 13/12/2005, nn. 577 e 552; TAR Lazio, 16/11/2004, n. 13087.

� Dall’altra, quella del giudice tributario: TAR Sicilia Palermo, 9/7/2007, n. 1772; TAR Marche 14/4/2004, n. 169; CTP Ancona, 27/9/2004, n. 106; CTR Lombardia, 28/2/2007, n. 13.

� Da ultimo, con sentenza del 27 gennaio 2010, n. 1625, la Cassazione ha riconosciuto la giurisdizione delle Commissioni tributarie, rilevando che:� l’iscrizione all’Anagrafe costituisce un diritto per il richiedente. Va

perciò escluso che si configuri la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di interessi legittimi;

� la ONLUS non costituisce un tipo particolare di compagine sociale: la ragione dell’istituzione dell’Anagrafe e la ratio dell’intera disciplina sono prettamente fiscali.

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ONLUS e Imposte sui Redditi

� Ai sensi dell’art.26, d.lgs. n.460/97, alle Onlus si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative agli enti non commerciali.

� Il reddito delle ONLUS va quindi determinato a norma dell’art.143 del Tuir, ossia calcolando distintamente i singoli redditi (fondiari, di capitale e diversi) e non unitariamente quale reddito d’impresa, come per gli enti commerciali

� L’assimilazione agli enti non commerciali, comporta, inoltre, l’applicazione dell’art.143, co. 3, del Tuir

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ONLUS e Imposte sui Redditi (2)

� Non concorrono alla formazione del reddito:� i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche

effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;

� i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche per lo svolgimento, a date condizioni, di attività aventi finalità sociale.

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ONLUS e Imposte sui Redditi (3)

L’esclusione delle iniziative di raccolta fondi dall’imposizione è subordinata a precise condizioni: � deve trattarsi di iniziative occasionali;� la raccolta di fondi deve avvenire in

concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;

� i beni ceduti per la raccolta di fondi devono essere di modico valore

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ONLUS e Imposte sui Redditi (4)

All’art. 20 del D.P.R. n. 600/73 è prescritta una rigorosa rendicontazione delle attività di raccolta dei fondi, da cui deve emergere, in modo chiaro e trasparente, le entrate e le spese afferenti ciascuna delle manifestazioni (celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione)

All’Agenzia per le Onlus spetta(va) la vigilanza sull’attività di raccolta di fondi e di sollecitazione della fede pubblica, allo scopo di assicurare la tutela da abusi e le pari opportunità di accesso ai mezzi di finanziamento

Per evitare abusi, è stato precisato, in sede interpretativa (Circ. n. 59/E del 31 ottobre 2007), che i fondi raccolti debbono essere destinati per la maggior parte del loro ammontare a finanziare i progetti e l’attività per cui la raccolta fondi è stata attivata.

I fondi raccolti, in sostanza, non devono essere utilizzati dall’ente per autofinanziarsi a scapito delle finalità solidaristiche che il legislatore fiscale ha inteso incentivare

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Il regime di esenzione ex art. 150 Tuir

� Ai sensi dell’art. art. 150, d.p.r. n. 917/86 non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento delle finalità di solidarietà sociale

� La formulazione della previsione non è felicissima. Si potrebbe affermare che, ferma tale qualificazione negativa, resta in discussione l’eventuale riconducibilità dei proventi ritratti ai fini delle altre tipologie reddituali.

� Ad avviso dell’Amministrazione (Circ. n.168/E del 26 giugno 1998), l’effetto della previsione è però quello di comportare l’assoluta irrilevanza di tali attività ai fini delle imposte sui redditi.

� Ai sensi del comma 2 dell’art. 150, i proventi derivanti dall’esercizio delle attività connesse non concorrono a formare il reddito imponibile.

� Tali attività mantengono la loro qualificazione come commerciali; restano pertanto fermi gli adempimenti contabili del caso prescritti.

� I proventi ritratti, tuttavia, non costituiscono componenti di reddito.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 130

Altre regole per le imposte sui redditi

� Il trattamento fiscale ONLUS ai fini del reddito opera con esclusivo riferimento al reddito d’impresa. I redditi fondiari, quelli di capitale ed i redditi diversi restano soggetti a tassazione (Circ. 168/E del 1998)

� Particolari regole in tema di redditi di capitale (art. 16D.Lgs. n. 460/97) � Sui contributi corrisposti alle ONLUS da regioni, province,

comuni ed altri enti pubblici non si applica la ritenuta del 4% stabilita dall’art.28, comma 2, d.p.r. n. 600/73

� Sui redditi di capitale corrisposti alle ONLUS, le ritenute alla fonte sono effettuate a titolo di imposta

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Previsioni destinate a chi eroga beni,

denaro o servizi alle Onlus

� Sono state previste diverse previsioni volte ad incentivare donazioni in denaro o natura alle Onlus.

� Si possono così sintetizzare:� Art. 15, comma 1.1. (con L. n. 96/2012)� Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 24 per cento, per l'anno 2013,

e al 26 per cento, a decorrere dall'anno 2014, per le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 2.065 euro annui, a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nei Paesi non appartenenti all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). La detrazione è consentita a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e secondo ulteriori modalità idonee a consentire all'Amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabilite con decreto del Ministrodell'economia e delle finanze da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 132

Previsioni destinate a chi eroga beni,

denaro o servizi alle Onlus

� deducibilità dal reddito d’impresa delle erogazioni liberali in denaro in misura non superiore a 2.065,83 euro o al 2% del reddito d’impresa dichiarato (art. 100, comma 2, let. h)

� erogazioni liberali in natura (es. spese relative all’impiego di lavoratori dipendenti assunti a tempo indeterminato ex art. 100,let. i), Tuir: “le spese relative all'impiego di lavoratori dipendenti, assunti a tempo indeterminato, utilizzati per prestazioni di servizi erogate a favore di ONLUS, nel limite delcinque per mille dell'ammontare complessivo delle spese per prestazioni di lavoro dipendente, così come risultano dalla dichiarazione dei redditi”.

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ONLUS e IVA

� Diversamente da quanto previsto per le imposte sui redditi, qui non viene operata una riqualificazione fiscale dell’attività

� Rimangono validi i presupposti ordinari � Le previsioni introdotte per le ONLUS modificano solo

taluni profili specifici di disciplina, peraltro prevedendo in massima parte l’applicazione del regime di esenzione che, notoriamente, non è agevolativo

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ONLUS e IVA (2)In particolare è previsto che:

� non costituiscono prestazioni di servizi, e come tali restano irrilevanti ai fini dell’applicazione del regime Iva, le prestazioni pubblicitarie volte alla promozione delle attività istituzionali delle Onlus (art. 3, co. 3, D.P.R. n. 633/72);

� sono considerate esenti tutta una serie di cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate a favore delle Onlus (in particolare, le cessioni gratuite di beni merce per le quali l’imprenditore ha effettuato la detrazione all’atto dell’acquisto; cfr. art. 10 n. 12, D.P.R. n. 633/72);

� l’esenzione per tutta una serie di cessioni di beni e prestazioni di servizieffettuate dalle Onlus (es. trasporto di malati; prestazioni di ricovero e cura; prestazioni educative ecc.; art. 10 nn. 15 e 20, D.P.R. n. 633/72);

� esonero da certificazione, mediante scontrino o ricevuta, delle operazioni riconducibili alle attività istituzionali. Resta fermo, del caso, l’obbligo di emissione della fattura, così come, gli obblighi di registrazione, liquidazione, dichiarazione.

Va da ultimo considerato che l’art.10, comma 8. del d.lgs. n. 460/97, fa salve le previsioni di maggior favore previste per le ONLUS di diritto.

Tali previsioni contemplano, in generale, l’esclusione dall’Iva di tutta una serie di cessioni di beni e/o prestazioni di servizi tipicamente integranti l’attività istituzionale di tali enti

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ONLUS e Imposta di Registro� Sono previste misure agevolative, sebbene limitate a talune tipologie di beni� All’art.1 della Tariffa, parte prima, del D.P.R. n. 131/86, è prevista l’applicazione

dell’imposta in misura fissa per i trasferimenti a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e degli atti traslativi o costitutivi di un diritto reale immobiliare di godimento

� Le condizioni sono:� obbligo della Onlus di dichiarare, all’atto di acquisto, la volontà di utilizzare

direttamente l’immobile per lo svolgimento della propria attività;� utilizzazione del bene entro due anni dalla data di acquisto

� In caso di dichiarazione mendace o di mancato utilizzo, è prevista non solo l’applicazione dell’imposta in misura ordinaria, ma altresì una sanzione pari al 30% dell’imposta dovuta

� È stabilita la misura fissa per gli atti costitutivi e le modifiche statutarie delle Onlus.

� Tale agevolazione spetta peraltro prima della comunicazione prescritta dall’art.11, d.lgs. n. 460/97 (cfr. Cir. n.168/E del 26 giugno 1998), salva la verifica della tempestività della successiva dichiarazione:

� ATTENZIONE: TALE AGEVOLAZIONE VIENE MENO A PARTIRE DAL 1°GENNAIO 2014, IMPOSTA DI REGSITRO PARI AL 9%!

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ONLUS, Imposta di Successione e Donazione e Imposta di bollo

� Ai fini dell’Imposta sulle successioni e donazioni èstabilito all’art. 3 del D.Lgs. n 346/90 che non sono soggetti ad imposta i trasferimenti a favore (tra l’altro)di ONLUS.

� È disposta l’esenzione totale dall’Imposta di bollo sugli atti, documenti, istanze, contratti estratti, certificazioni, dichiarazioni ed attestazioni, poste in essere o richiesti da Onlus

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 137

ONLUS e Imposta sugli spettacoli

� Esenzione dall’imposta per le attività spettacolistichesvolte dalle Onlus, ove ricorrano precise condizioni:� siano svolte occasionalmente (si demanda al Ministero la

fissazione delle condizioni per cui si considera una manifestazione come svolta occasionalmente);

� siano svolte in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze, campagne di sensibilizzazione;

� comunicazione, prima dell’inizio della manifestazione, all’ufficio accertatore territorialmente competente (SIAE).

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Avv. Antonio Fiorentino Martino 138

Tasse e concessioni governative e Tributi Locali

� Esenzione totale da tasse e concessioni governative degli atti e provvedimenti concernenti le Onlus

� Per i tributi locali, l’art.21, d.lgs. n. 460/97, èprevista la possibilità per province, comuni e regioni, di deliberare nei confronti delle Onlus la riduzione o l’esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti.

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Modello EAS e ONLUS� Le Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) non sono

obbligate alla presentazione del modello EAS (Circ. n. 45/E del 29 ottobre 2009), in quanto: � sono destinatarie di una specifica disciplina con condizioni, presupposti ed

agevolazioni peculiari;� sono iscritte nella specifica anagrafe.

� Sono poi escluse le ONLUS di diritto (co. 8, dell’art. 10, D.Lgs. n. 460/1997), quali le organizzazioni non governative (ONG) riconosciute, di cui alla legge 26/02/1987 n. 49 e le cooperative sociali, di cui alla legge 8 novembre 1991 n. 381, nonché le organizzazioni di volontariato, che non svolgono attività commerciali al di fuori di quelle marginali, di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266.

� Sono invece obbligate alla presentazione del modello EAS, ancorché inversione semplificata (compilando solo taluni punti), le cd. ONLUS parziali, di cui co. 9, dell’art. 10, D.Lgs. n. 460/1997 (enti ecclesiastici e associazioni di promozione sociale), sempre che siano qualificabili come enti associativi e fruiscano delle agevolazioni tributarie di cui agli artt. 148 del T.U.I.R. e 4 del D.P.R. n. 633/1972.