ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o...

25
ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA PSICOTERAPIA DEL PAZIENTE CON DOPPIA DIAGNOSI S. Blanco Responsabile Del Servizio Psicosociale, Asl 7, Carbonia Docente Di Psicofisiologia Clinica, Istituto Di Psicologia Generale E Clinica Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Siena Riassunto La complessità del quadro clinico e la gravità dei pazienti con doppia diagnosi consiglia l’effettuazione di un’accurata diagnosi esplicativa al fine di identificare gli elementi predittivi di successo/insuccesso utili all’impostazione strategica dell’intervento psicoterapeutico. Componenti essenziali del trattamento sono l’atteggiamento emozionale del terapeuta, la gestione del paziente in doppio setting e l’integrazione della psicoterapia con gli altri interventi di tipo medico e sociale. È consigliabile che lo psicoterapeuta, al fine di evitare il burnout, si sottoponga ad una supervisione continua e possibilmente operi in doppio setting simultaneo con un altro clinico di orientamento te- orico analogo. L’integrazione, attraverso un addestramento comune (setting allargato), di tutti gli operatori rappresenta infine una componente necessaria al buon esito del trattamento. Le difficoltà legate alla gestione, in psicoterapia, dei pazienti con doppia diagnosi impongono un continuo dibat- tito teorico-clinico e sollecitano l’attenzione sullo studio di forme di assistenza nuove e integrate con gli altri interventi sia di tipo medico che di tipo psicosociale. Sul piano della formazione è ne- cessario uno sviluppo della capacità di discriminazione diagnostica dei disturbi da parte dei clinici coinvolti e una maggior abilità nel riconoscimento di sintomi e nella loro attribuzione alle diverse sindromi rilevate in contemporanea. La limitata e scarsa affidabilità delle tecniche, l’impraticabilità di molte delle soluzioni terapeutiche proposte e l’inefficienza delle strategie di intervento a disposi- zione sono, per lo più, causate dalla mancata integrazione in relazione ai due versanti (psicologico e psichiatrico) del problema e alle tecniche da impiegare a seguito dei differenti bisogni espressi dai pazienti (psicofarmacologici, psicosociali, ambientali, medico-legali, ecc.). Parole chiave Doppia Diagnosi, Icf, Identità Personale, Messa A Fuoco Dall’interno, Messa A Fuoco Dall’esterno, Campo-Dipendenza, Campo-Indipendenza, Disturbi Di Personalità, Burnout, Doppio Settino.

Transcript of ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o...

Page 1: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA PSICOTERAPIA DEL PAZIENTE CON DOPPIA DIAGNOSI

S. Blanco Responsabile Del Servizio Psicosociale, Asl 7, Carbonia Docente Di Psicofisiologia Clinica, Istituto Di Psicologia Generale E Clinica Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Siena

Riassunto La complessità del quadro clinico e la gravità dei pazienti con doppia diagnosi consiglia l’effettuazione di un’accurata diagnosi esplicativa al fine di identificare gli elementi predittivi di successo/insuccesso utili all’impostazione strategica dell’intervento psicoterapeutico. Componenti essenziali del trattamento sono l’atteggiamento emozionale del terapeuta, la gestione del paziente in doppio setting e l’integrazione della psicoterapia con gli altri interventi di tipo medico e sociale. È consigliabile che lo psicoterapeuta, al fine di evitare il burnout, si sottoponga ad una supervisione continua e possibilmente operi in doppio setting simultaneo con un altro clinico di orientamento te-orico analogo. L’integrazione, attraverso un addestramento comune (setting allargato), di tutti gli operatori rappresenta infine una componente necessaria al buon esito del trattamento. Le difficoltà legate alla gestione, in psicoterapia, dei pazienti con doppia diagnosi impongono un continuo dibat-tito teorico-clinico e sollecitano l’attenzione sullo studio di forme di assistenza nuove e integrate con gli altri interventi sia di tipo medico che di tipo psicosociale. Sul piano della formazione è ne-cessario uno sviluppo della capacità di discriminazione diagnostica dei disturbi da parte dei clinici coinvolti e una maggior abilità nel riconoscimento di sintomi e nella loro attribuzione alle diverse sindromi rilevate in contemporanea. La limitata e scarsa affidabilità delle tecniche, l’impraticabilità di molte delle soluzioni terapeutiche proposte e l’inefficienza delle strategie di intervento a disposi-zione sono, per lo più, causate dalla mancata integrazione in relazione ai due versanti (psicologico e psichiatrico) del problema e alle tecniche da impiegare a seguito dei differenti bisogni espressi dai pazienti (psicofarmacologici, psicosociali, ambientali, medico-legali, ecc.).

Parole chiave

Doppia Diagnosi, Icf, Identità Personale, Messa A Fuoco Dall’interno, Messa A Fuoco Dall’esterno, Campo-Dipendenza, Campo-Indipendenza, Disturbi Di Personalità, Burnout, Doppio Settino.

Page 2: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

INDICE

INDICE ................................................................................................................................................... 2 INTRODUZIONE ...................................................................................................................................... 3 PROBLEMI DIAGNOSTICI ........................................................................................................................ 4 L’ASSESSMENT PSICOSOCIALE E IL FUNZIONAMENTO GLOBALE DEL PAZIENTE .................................... 5 I MODELLI DI TRATTAMENTO NELLA DOPPIA DIAGNOSI ......................................................................... 8

IL TRATTAMENTO SEQUENZIALE ....................................................................................................... 8 IL TRATTAMENTO PARALLELO ........................................................................................................... 8 IL TRATTAMENTO INTEGRATO ........................................................................................................... 8

STILI DI COSTRUZIONE DELL’IDENTITÀ PERSONALE .............................................................................. 9 MESSA A FUOCO CENTRATA SULLA INTERIORITÀ O SULLA VARIABILITÀ DEL CONTESTO RELAZIONALE .................................................................................................................................. 10 STILE COGNITIVO E RELAZIONALE DIPENDENTE O MENO DAL CAMPO PERCETTIVO ......................... 11

L’ATTEGGIAMENTO DELLO PSICOTERAPEUTA ..................................................................................... 12 CONSIDERAZIONI STRATEGICHE .......................................................................................................... 13 ESEMPI DI INTERVENTO ....................................................................................................................... 16

DOPPIA DIAGNOSI E DISTURBI D’ANSIA ........................................................................................... 16 DOPPIA DIAGNOSI E DISTURBI DI PERSONALITÀ .............................................................................. 17

DOPPIA DIAGNOSI E DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITÀ ................................................... 18 DOPPIA DIAGNOSI E DISTURBO ANTISOCIALE DI PERSONALITÀ .................................................. 19

CONCLUSIONI ...................................................................................................................................... 20 BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................................................... 22

TABELLA 1 - L’USO, L’ABUSO, LA DIPENDENZA DA SOSTANZE E LA PSICOPATOLOGIA ................................. 4 TABELLA 2 - L’ASSESSMENT PSICOSOCIALE ............................................................................................. 5 TABELLA 3 - IL MODELLO MEDICO VERSUS QUELLO SOCIALE .................................................................... 7 TABELLA 4 - MODELLI DI TRATTAMENTO ................................................................................................. 9 TABELLA 5 - DIMENSIONE INWARD-OUTWARD ........................................................................................ 10 TABELLA 6 - DIMENSIONE FIELD DEPENDENT-INDIPENDENTE ................................................................ 11 TABELLA 7 - ALCUNI SINTOMI DEL “BURNOUT” .................................................................................... 12 TABELLA 8 - CONSIGLI PER PREVENIRE IL “BURNOUT” .......................................................................... 12 TABELLA 9 - CRITICITÀ NEL TRATTAMENTO DELLA DOPPIA DIAGNOSI ...................................................... 21

FIGURA 1 - STRUTTURA DELL'ICF .......................................................................................................... 6 FIGURA 2 - INTERAZIONI TRA LE COMPONENTI DELL'ICF ......................................................................... 7 FIGURA 3 - STILI DI COSTRUZIONE DELL’IDENTITÀ PERSONALE .............................................................. 11

Page 3: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

Introduzione

In ambito psicopatologico sono numerosi i pazienti che, con varia intensità e in combinazioni diver-se, mostrano sintomi psichiatrici, esperienze dissociative della coscienza, deficit gravi della regola-zione delle emozioni e dipendenza da una o più sostanze. I confini fra le diverse patologie spesso non appaiono netti e, talora, per differenziare alcune sindromi da altre simili, ma più organizzate e maggiormente corrispondenti alla descrizione dei disturbi dell'Asse I del DSM-IV, è necessario por-re diagnosi diverse e simultanee per lo stesso paziente.

Il problema della comorbilità si pone dunque spesso a chi voglia utilizzare le categorie diagnostiche del DSM-IV (Van Praag, 1996). Una prospettiva psicoterapeutica deve permettere di indagare quel-le dimensioni della vita mentale che, compromesse da specifiche noxae, giustificano la coesistenza nella stessa persona di disturbi che il DSM-IV classifica in categorie nosografiche distinte. Si pon-gono diversi e frequenti casi in cui il DSM-IV permette una doppia diagnosi con o senza dipenden-za da sostanze:

Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre sull'Asse I) oppure a Disturbi Borderline di Personalità sull'Asse II, ed è il caso considerato, forse, il più frequente nella clinica;

altri disturbi dell'Asse I (Disturbi d'Ansia e Distimici), associati a Disturbi Dissociativi, o Disturbi Borderline di Personalità;

Disturbi d'Ansia, Disturbi Distimici, Disturbi del Comportamento Alimentare associati ad altri disturbi di personalità dello spettro drammatico-impulsivo (dramatic cluster), a disturbi dello spettro bizzarro (odd cluster), o a disturbo di dimorfismo corporeo, che implichino al-terazioni della funzione integratrice della coscienza.

"Doppia diagnosi" è un termine generale comunemente usato per indicare la contemporanea pre-senza di due sindromi mediche indipendenti (ma spesso invariabilmente interattive). Più recente-mente l’introduzione del concetto di comorbilità (Brooner et al., 1997), anche nella sua accezione più restrittiva di doppia diagnosi (specificamente dedicata alla doppia diagnosi tra tossicodipenden-za e altri disturbi psichiatrici), ha arricchito il dibattito sul piano teorico e sollecitato l’attenzione dei clinici su tutta una serie di problematiche che fanno da paradigma operativo delle difficoltà connes-se alla gestione di questi pazienti. Tali questioni riguardano: la duplicazione o l’assenza di Servizi dedicati, la limitata capacità di discriminazione diagnostica dei disturbi da parte dei clinici coinvol-ti, la scarsa affidabilità nel riconoscimento di sintomi e nella loro attribuzione alle diverse sindromi rilevate in contemporanea, l’impraticabilità di molte delle soluzioni terapeutiche proposte e l’inefficienza delle strategie di intervento a disposizione che non sono integrate in relazione ai due versanti del problema e alle tecniche da impiegare a seguito dei differenti bisogni espressi dai pa-zienti (psicofarmacologici, psicosociali, ambientali, medico-legali, ecc.).

Il fenomeno della doppia diagnosi nelle sue molteplici manifestazioni rimane complesso: questo la-voro cercherà di orientare soprattutto in relazione ad alcuni aspetti riguardanti la psicoterapia. Al fi-ne di identificare elementi predittivi di successo/insuccesso utili all’impostazione strategica dell’intervento psicoterapeutico e in considerazione della complessità del quadro clinico e della gravità dei pazienti trattati, va posta particolare attenzione nell’esplorare aspetti quali:

la dipendenza, i sintomi e le sindromi psichiatriche attraverso una accurata diagnosi effettua-ta dal punto di vista sia descrittivo sia esplicativo;

il funzionamento globale del paziente attraverso uno scrupoloso assessment psicosociale;

le caratteristiche di personalità del paziente;

il tipo di trattamento scelto;

Page 4: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

la prevenzione del drop-out del paziente;

la profilassi del burnout dello psicoterapeuta.

Problemi Diagnostici

I disturbi correlati a sostanze (alcol, amfetamine, cannabis, cocaina, allucinogeni, inalanti, nicotina, oppiacei, fenciclidina, sedativi, ipnotici o ansiolitici, ecc.) si manifestano con vari sintomi (sia a li-vello neurologico sia sulle funzioni psico-comportamentali) di tipo acuto, subacuto o cronico. I principali effetti consistono in una attivazione o in una inibizione dello stato di vigilanza e di co-scienza e in alterazioni delle funzioni psichiche (senso-percezioni, memoria, ecc.).

La complessità del quadro clinico di questi pazienti impone di effettuare una accurata diagnosi, non solo descrittiva ma anche esplicativa, quale fondamentale ingrediente del processo terapeutico. Il terapeuta deve discriminare, per esempio, tra un episodio acuto di una sindrome psicopatologica e i sintomi psichiatrici legati all’uso di alcol e/o di altre sostanze. Essendo, infatti, molteplici le rela-zioni (fra uso di sostanze, sintomi psichiatrici e sindromi psicopatologiche) che complicano il pro-cesso diagnostico, durante l’assessment è necessario prendere in considerazione tutte le possibili in-terazioni (Tabella 1) (Meyer, 1986; Lehman et al., 1989; Landry et al., 1991;).

Tabella 1 - L’uso, l’abuso, la dipendenza da sostanze e la psicopatologia

L’uso di sostanze può: - causare sindromi e sintomi psichiatrici; - esacerbare un disturbo psichiatrico; - mascherare sindromi psichiatriche;

l’astinenza conseguente all’uso di sostanze può innescare sintomi psi-chiatrici e mimetizzare sindromi psicopatologiche;

i sintomi psichiatrici possono nascondere problemi legati all’uso di so-stanze;

i disturbi psichiatrici e l’uso di sostanze possono coesistere indipenden-temente.

L’abuso determina: deterioramento psicofisico e continui stati di angoscia; insuccessi e compromissione dell'adempimento dei normali ruoli scolasti-

ci, professionali, familiari e sociali; uso persistente in situazioni di pericolo dovute all'assunzione della so-

stanza e che comportano un rischio fisico; ricorrenti problemi interpersonali e legali collegati all'uso di una data so-

stanza; uso continuo nonostante i problemi interpersonali e legali; polarizzazione dell'interesse sull'assunzione della sostanza a discapito di

altre attività. La dipendenza causa:

processi patologici spesso progressivi e cronici; compulsione e preoccupazione su come procurarsi le sostanze; perdita di controllo sull’uso della sostanza; uso continuo malgrado conseguenze sfavorevoli; tendenza alle ricadute dopo un periodo di astinenza;

Page 5: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

incremento della tolleranza con conseguente astinenza: il soggetto va in crisi quando cessa l'effetto della sostanza, per cui, per evitare il malessere fisico e/o psichico che ne consegue, la deve nuovamente assumere per-dendo la capacità di controllarne l'uso e ricercandone ostinatamente il consumo ("craving"), nonostante lo scadimento fisico e prestazionale che ne consegue.

L’Assessment Psicosociale e il Funzionamento Globale del Paziente

Il completo assessment del funzionamento globale del paziente deve essere preferibilmente effettua-to da un clinico esperto e ben addestrato. Oltre all’esame dello stato mentale, della gravità dei pro-blemi psichiatrici e degli aspetti medici legati all’uso di sostanze, lo psicoterapeuta deve valutare il funzionamento del paziente nel suo ambiente sociale, in particolare deve investigare sugli aspetti che hanno a che fare con l’uso di sostanze e i sintomi psicopatologici (Tabella, 2). Per esempio, du-rante l’intervista è importante stabilire sia se il paziente ha vissuto o vive in un ambiente familiare violento e fisicamente pericoloso sia osservare il suo comportamento, in quanto rilevante elemento di valutazione. Il miglior predittore di una futura violenza è la violenza vissuta nel proprio ambiente familiare. È utile indagare sui livelli funzionali del paziente, sulle sue tendenze e su i suoi punti di forza: lo scopo è quello raccogliere il maggior numero di informazioni utili a predisporre un piano di trattamento efficace.

Un accurato assessment può essere ragionevolmente considerato una parte essenziale del processo terapeutico, in quanto può facilitare la relazione terapeutica e ridurre i meccanismi di autoinganno, di difesa e di resistenza al trattamento messi in atto dal paziente. Le sedute diagnostiche di asses-sment, quando ben condotte, possono essere reputate come un primo intervento, in quanto i confini fra assessment e psicoterapia, spesso, sono fluidi.

Rivestono importanza inoltre le informazioni raccolte da interviste fatte a familiari, amici e parenti. Una minuziosa indagine sulla rete relazionale del paziente con doppia diagnosi può essere un im-portante aspetto strategico: infatti l’analisi degli attuali sistemi di supporto (inclusi aspetti economi-ci, background culturale, amici e famiglia) è un utile ausilio per la progettazione dell’intervento.

Tabella 2 - L’Assessment Psicosociale

Esame psicologico: atteggiamenti tossi-

comanici; manifestazioni di

isolamento sociale; rifiuto della terapia

e tentativi di mani-polazione del tera-peuta;

reattività all’assessment

storia dell’uso della sostanza.

Esame dello stato mentale: capacità di adatta-

mento; reattività allo stress,

fattori situazionali; autostima, mecca-

nismi di autoingan-no, ecc..

Indagine sociale: informazioni colla-

terali da altri (fami-glia, amici, ecc.);

interazioni sociali e stile di vita;

storia familiare storia dell’attività

scolastica e lavora-tiva.

Sistemi di supporto: famiglia, amici, al-

tri; attuale terapia far-

macologica; istituzionalizzazio-

ne.

Page 6: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

Utili e diffusi strumenti standardizzati di valutazione clinico-diagnostica delle malattie sono il DSM-IV (1994) e l’ICD-10 (1992, 1994), mentre per quanto concerne gli aspetti funzionali, dispo-sizionali e psicosociali di un individuo è un completo e promettente strumento di indagine l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute pubblicato a cu-ra dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, 2001).

L’ICF permette di studiare il funzionamento umano nella sua globalità (non solo la patologia e la disabilità) ed è strutturato (Figura 1) in ampie componenti per la descrizione della salute e degli sta-ti ad essa correlati:

le funzioni e le strutture corpo-ree

verso le menomazioni;

l’attività verso le limitazioni;

la partecipazione verso l’handicap.

Il funzionamento e la disabilità sono visti come una complessa interazione fra le condizione della salute dell’individuo e i fattori contestuali dell’ambiente, come anche i fattori personali (Figura 2). Il quadro che viene fuori dalla combinazione di questi fattori e dimensioni è quello della “persona che vive nel proprio mondo”. La classificazione tratta queste dimensioni come interattive e dinami-che piuttosto che come lineari e statiche. È applicabile a tutti, qualunque siano le loro condizioni di salute: il linguaggio dell’ICF pone l’enfasi sul funzionamento e non sulla malattia. È un sistema di classificazione integrato non esclusivamente medico o sociale (Tabella 3); inclusivo del contesto e centrato non solo sull’individuo, consente una applicabilità transculturale; operazionale non solo te-orico, copre il ciclo di vita dell’individuo non solo l’età adulta.

Figura 1 - Struttura dell'ICF

Page 7: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

Tabella 3 - Il modello medico versus quello sociale

i problemi personali verso i problemi sociali le cure mediche verso l’integrazione sociale il trattamento individuale verso l’azione sociale l’aiuto professionale verso la responsabilità individuale e collettiva l’adattamento individuale verso le modificazioni sociali e dell’ambiente il comportamento verso l’atteggiamento l’assistenza verso i diritti umani

Figura 2 - Interazioni tra le componenti dell'ICF

Infine, l’ICF si va sempre più dimostrando un efficiente ed efficace strumento di assessment in quanto:

fornisce una base scientifica per la classificazione del funzionamento umano e dei fattori correlati alla salute;

stabilisce un linguaggio comune, utile a migliorare la comunicazione fra tutti gli operatori coinvolti nel processo di trattamento del paziente con doppia diagnosi;

consente il confronto dei dati fra:

- paesi e culture diverse;

- discipline mediche e assistenziali;

- servizi diversi;

consente il confronto nel tempo fra i dati raccolti;

stabilisce uno schema di codifica sistematico per i sistemi informativi sanitari e socio-sanitari;

è conforme agli standards ISO.

Page 8: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

I Modelli di Trattamento nella Doppia Diagnosi

Altra variabile di notevole influenza sull’esito del trattamento è il contesto globale all’interno del quale si colloca l’intervento psicoterapeutico. Sono stati numerosi i tentativi prospettati per adattare i protocolli psicoterapeutici e, più in generale, il trattamento dei pazienti con doppia diagnosi ai sin-goli quadri clinici a ai loro bisogni particolari (Lehman et al., 1989; Minkoff, 1989; Minkoff and Drake, 1991; Baker, 1991; Ries, 1993). Questi sforzi hanno espresso frequentemente le differenze teoriche e filosofiche dei clinici circa la natura delle varie patologie concomitanti, come pure le dif-ferenti opinioni sul modo migliore di trattarle; gli sforzi dei terapeuti impegnati nella cura di questi pazienti riflettono anche le limitazioni delle risorse disponibili e le diverse risposte al trattamento a causa dei differenti tipi e gravità dei disturbi. Il trattamento della doppia diagnosi è condotto da un gruppo o più gruppi multidisciplinari (psichiatri, psicologi, infermieri, operatori sociali, altri medici coinvolti nel trattamento, ecc.) afferenti di solito a servizi distinti.

Sono stati proposti tre tipi di trattamento (Tabella 4):

Il trattamento sequenziale È senza dubbio il modello più diffuso: il paziente viene trattato prima per un problema (o sindromi e sintomi psichiatrici o tossicodipendenza) successivamente per l’altro. Alcuni clinici ritengono che la dipendenza vada trattata sempre per prima e che il paziente deve essere astinente dalla sostanza prima di iniziare il trattamento dei disturbi psichiatrici e la psicoterapia. Altri sostengono che la psi-coterapia e il trattamento dei disturbi psichiatrici siano prioritari rispetto alla terapia della dipenden-za. Altri ancora affermano che dipende da quali sintomi, al momento dell’ingresso nel trattamento, sono più gravi (sintomi psichiatrici o dipendenza).

Il trattamento parallelo Questo approccio coinvolge il paziente nel simultaneo trattamento dei disturbi psichiatrici e della dipendenza. Sia il trattamento sequenziale sia quello parallelo utilizzano operatori di differenti ser-vizi e orientamento per cui il coordinamento fra i vari setting è variabile e, spesso, poco efficiente.

Il trattamento integrato L’approccio integrato alla doppia diagnosi è un modello che combina elementi di trattamento sia dei disturbi psichiatrici sia della dipendenza, all’interno di un unificato e globale programma di inter-vento. Idealmente, il trattamento integrato richiede che i clinici si riferiscano ad un paradigma teori-co condiviso e abbiano un addestramento comune e un approccio unificato alla gestione del caso, al fine di seguire e trattare il paziente attraverso le varie crisi (relative sia ai sintomi psicopatologici sia alla dipendenza).

Vi sono vantaggi e svantaggi nell’utilizzo di ognuno dei tre approcci. Le differenze fra le possibili combinazioni di differenti patologie e varie sostanze e il grado di deterioramento del paziente inci-dono sull’appropriatezza di un modello di trattamento rispetto ad un altro per un determinato indi-viduo. Per esempio, sia il trattamento sequenziale che quello parallelo sono adatti a quei pazienti che hanno un grave problema in un ambito patologico e un moderato problema nell’altro. Tuttavia, i pazienti con doppia diagnosi che vengono trattati in due sistemi di cura separati frequentemente ri-cevono messaggi terapeutici contraddittori da parte degli operatori.

Page 9: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

Tabella 4 - Modelli di trattamento

Sequenziale Parallelo Integrato Viene trattato un disturbo

alla volta; si continua il trattamento fi-

no a che il problema è sotto controllo;

si invia successivamente per il trattamento del disturbo concomitante.

Il paziente prende parte con-temporaneamente ai due trattamenti;

due gruppi di clinici con lo stesso paziente nello stesso tempo, ogni gruppo tratta uno dei due disturbi.

Il paziente è sottoposto a un singolo e unificato pro-gramma globale di tratta-mento per entrambe i di-sturbi (contemporaneamen-te);

il trattamento è condotto simultaneamente da un team di clinici con un addestra-mento comune;

Pro: - il trattamento parallelo è, in genere, più efficace del se-

quenziale essendo un approccio più olistico; contro:

- nel trattamento parallelo sono possibili contrasti, fra i gruppi, nella definizione degli obiettivi del trattamento e vi è, sovente, scarso scambio di informazioni fra i clinici coinvolti dei due trattamenti.

è l’approccio, idealmente, più efficace, ma il più com-plesso da implementare.

Stili di Costruzione dell’identità Personale

La capacità di autorganizzazione ed i processi di attaccamento sono strettamente connessi fra loro e sono alla base della costruzione dell’identità personale (attitudine verso se stessi) e dei ruoli rela-zionali ad essa collegati (attitudine verso gli altri). Pertanto, un accurato assessment deve consentire di delineare quei processi (dinamici nel tempo) che sono fondamentali nel regolare i vissuti emo-zionali e la demarcazione del senso di sé, articolandolo tra il bisogno di riferimento e di prossimità affettiva e la tendenza esploratoria. La reciprocità ideo-affettiva permette la lettura degli stati interni ed orienta la strutturazione degli assetti emozionali e delle modalità comportamentali; tali processi portano a definire, nel corso dello sviluppo, una specifica organizzazione cognitiva di significato personale che connoterà poi l'intero ciclo di vita soggettivo. Il confine tra sé e non sé, tra senso di unicità personale, ossia di demarcazione dagli altri ("demarking from"), e senso dell'alterità, o me-glio di appartenenza al contesto relazionale ("belonging to"), emerge con caratteristiche diverse da soggetto a soggetto, a dipendere dal dispiegarsi dei vari pattern di attaccamento.

Recenti studi sui processi di costruzione dell’identità personale (Lewis e Brooks Gunn, 1979; Lewis 1992, 1993, 1994) hanno condotto alla definizione di due tendenze di base nella messa a fuoco di sé e del mondo, tra le quali esiste comunque un continuum:

1) la messa a fuoco dall'interno ("inward"). L’individuo dirige la costruzione dell'identità sulla in-teriorità e sul mantenimento del senso di sé. L'orientamento "inward" comporta la tendenza a modificare l'ambiente esterno per renderlo consono alle attivazioni interne. In questi casi, con lo sviluppo di una precoce messa a fuoco delle emozioni basiche (paura, rabbia, tristezza, gioia), il soggetto percepisce come primario ciò che sente. La messa a fuoco di sé attraverso la propria in-teriorità è stata definita "medesimezza" ("sameness") (Guidano 1995, 1995a, 1995b, , 1996, 1998; Arciero 2002).

2) la messa a fuoco dall'esterno ("outward"). L’individuo polarizza la costruzione dell'identità sulla sintonizzazione con un riferimento esterno. L'orientamento "outward" è centrato, quindi, sull'al-

Page 10: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

terità e sulla variabilità del contesto relazionale e comporta la tendenza a modificare il mondo interno al fine di renderlo conforme con l'esterno. Prevalgono stati emozionali autocoscienti (per esempio: vergogna, colpa, orgoglio, imbarazzo) che orientano l'attenzione sulla corrispondenza con le figure esterne percepite come più significative; richiedendo capacità cognitive di tipo au-toriflessivo, queste tonalità emotive compaiono più tardi nello sviluppo (rispetto alle emozioni di base) e sono in genere più sfumate nelle loro espressioni comportamentali. La messa a fuoco di sé attraverso il contesto esterno è stata definita "ipseità" ("selfhood") (Guidano 1995, 1995a, 1995b, , 1996, 1998; Arciero 2002).

3)

Tabella 5 - Dimensione inward-outward

Messa a fuoco centrata sulla interiorità o sulla variabilità del contesto relazionale

Messa a fuoco dall’interno: - polarizzazione della costruzione dell’identità sulla interiorità; - sviluppo della tendenza a modificare l’ambiente esterno; - primato di “ciò che si sente”; - messa a fuoco precoce delle emozioni base (paura, rabbia, tristezza, gioia).

Messa a fuoco dall’esterno: - polarizzazione della costruzione dell’identità su riferimenti esterni; - sviluppo della tendenza a modificare il mondo interno per conformarlo

all’esterno; - primato del “conformismo”; - prevalgono gli stati emotivi autocoscienti (colpa, vergogna, ecc.).

Witkin e Goodenough (1977) e Witkin (1978), analizzando l'orientamento corporeo in relazione a-gli stimoli visivi, hanno segnalato l'importanza della "campo-dipendenza", cioè della tendenza o meno a ricercare nel campo percettivo esterno informazioni, segnali sociali, punti di vista, atteg-giamenti degli altri. Partendo da questi studi, più recentemente, altri autori (Guidano 1995, 1995a, 1995b, , 1996, 1998; Arciero 2002) hanno descritto due stili relazionali (che si strutturano a partire dalle modalità di attaccamento) legati all'attenzione data o meno ai segnali emotivamente significa-tivi che appartengono al contesto relazionale e che cambiano attimo dopo attimo: quello "campo di-pendente" ("field dependent") e quello "campo indipendente" ("field independent"):

1) lo stile relazionale "campo dipendente" si riscontra nei soggetti che privilegiano il campo per-cettivo esterno rispetto alle sensazioni corporee. Pertanto, si sviluppa gradualmente uno stile co-gnitivo e interpersonale che organizza la relazione con il mondo facendo prevalentemente affi-damento su riferimenti esterni (quali: caratteristiche interpersonali, ricerca di vicinanza emotiva e fisica, buona competenza relazionale). Si delinea nel corso della maturazione e, successiva-mente, nel ciclo di vita una notevole sensibilità ai segnali emotivi immediati del contesto inter-personale.

2) lo stile relazionale "campo indipendente" si osserva nei soggetti che utilizzano prevalentemente le sensazioni corporee rispetto al campo percettivo esterno. In questo caso si sviluppa uno stile cognitivo e relazionale più impersonale e distaccato, meno sensibile alle relazioni sociali (con il mantenimento di una certa distanza sia fisica che emotiva dagli altri) ed emerge la tendenza a fare affidamento prevalentemente su idee, princìpi, ipotesi e spiegazioni. Si delinea nel corso della maturazione una prevalenza della lettura cognitiva del contesto esterno, basata sulla sua struttura e configurazione.

Page 11: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

3)

Tabella 6 - Dimensione field dependent-indipendente

Stile cognitivo e relazionale dipendente o meno dal campo percettivo

Stile relazionale campo-dipendente: - privilegio del campo percettivo esterno rispetto alle proprie sensazioni corpo-

ree; - rapporto col mondo affidandosi a riferimenti esterni (caratteristiche interperso-

nali, ricerca di vicinanza emotiva e fisica); - notevole sensibilità ai segnali emotivi immediati del contesto interpersonale.

Stile relazionale campo-indipendente: - privilegio delle proprie sensazioni corporee rispetto al campo percettivo ester-

no; - stile relazionale e cognitivo impersonale e distaccato, meno sensibile alle rela-

zioni sociali, distanza emotiva e fisica; - tendenza a fare affidamento prevalentemente su idee, principi, ipotesi e spie-

gazioni.

Sulla base delle ricerche di Lewis (messa a fuoco centrata sulla interiorità o sulla variabilità del con-testo relazionale) e quelle di Witkin (sviluppo di uno stile cognitivo dipendente o meno dal campo percettivo esterno), sembra utile proporre una lettura della personalità dei pazienti con doppia dia-gnosi secondo due assi fondamentali (inward-outward, dipendente-indipendente) (Figura 3). Il fine è quello di progettare scelte terapeutiche tattico-strategiche ottimali e di migliorare la qualità della relazione terapeutica, identificando di volta in volta e paziente per paziente elementi facilitanti la gestione del trattamento.

Figura 3 - Stili di costruzione dell’identità personale

Page 12: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

L’Atteggiamento dello Psicoterapeuta

I pazienti con doppia diagnosi (in particolare quelli borderline e con altri disturbi di personalità del dramatic cluster o con disturbi dissociativi gravi o con comorbilità per diversi disturbi psichiatrici) mettono notoriamente a dura prova la capacità dello psicoterapeuta di regolare, monitorare e modu-lare la propria esperienza emozionale durante gli incontri. Rischio di burnout e allarmanti alterazio-ni dello stato di coscienza del terapeuta, durante il trattamento di pazienti con gravi sintomi disso-ciativi e di pazienti borderline, sono stati più volte segnalati da vari clinici (Bonucci, Meterangelis, 1993; Intrecciargli, 1993; Liotti, 1994; Liotti, Intrecciargli, 1998). Pazienti che minacciano il suici-dio, che compiono atti etero ed autolesivi e che dopo averlo idealizzato, inaspettatamente denigrano il clinico percependolo (improvvisamente e ingiustificatamente) inetto, minaccioso o pericoloso, sono ovviamente pazienti che molti psicoterapeuti, anche se esperti, possono avere timore di incon-trare nella propria vita professionale. La complessità e la gravità del quadro clinico presentato dai pazienti con doppia diagnosi, inoltre, mettono spesso il terapeuta di fronte a scelte cliniche difficili e rischiose, anche sul piano della responsabilità medico-legale.

Una situazione, fra le molte che ogni terapeuta che abbia trattato questi problematici pazienti ben conosce, basterà ad illustrare la necessità e il rischio delle scelte cliniche di fronte a cui il paziente con doppia diagnosi può porre il curante. Per esempio, è opportuno o meno disporre un ricovero in ospedale durante un episodio depressivo o delirante, tenendo presente che nei pazienti con disturbi di personalità tali episodi compaiono con modalità atipiche rispetto a quelle osservabili nei disturbi psicotici? L'episodio potrebbe risolversi in breve tempo e l'indicazione del ricovero potrebbe com-portare il rischio che il paziente, sentendosi costretto ad una scelta che non accetta, abbandoni poi il trattamento. D'altra parte, esiste il rischio opposto che, in assenza di ricovero e prima che l'episodio si risolva, il paziente giunga a gesti gravemente lesivi per la propria e l’altrui incolumità personale.

La crescita e l’addestramento dello staff clinico impegnato nel trattamento dei pazienti con doppia diagnosi deve includere la formazione di procedure e metodi di sostegno atti a prevenire il burnout (Cherniss, 1986, Maslach, 1992; Maslach e Jackson, 1993; Maslach e Leiter, 2000) e lo scoraggia-mento degli operatori coinvolti (Tabella 7).

Tabella 7 - Alcuni sintomi del “Burnout”

Immagini e/o pensieri intrusivi e ansiogeni “Intorpidimento” psicologico del terapeuta Affaticamento fisico ed emotivo Diminuzione di interesse per le attività professionali e per-

sonali Avversione per i propri pazienti Atteggiamento distaccato e apatico nei rapporti interper-

sonali Sentimento di frustrazione per mancata realizzazione delle

proprie aspettative

La prevenzione del burnout dei componenti lo staff clinico include tecniche di supporto di gruppo, richiede l’accettazione di progressi lenti nella terapia di questi pazienti e l’anticipazione di probabili ricadute. Infine, è indispensabile ritenere le recidive come delle opportunità per il trattamento e non come un suo fallimento (Tabella 8).

Tabella 8 - Consigli per prevenire il “burnout”

Page 13: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

Definire i limiti del ruolo dello psicoterapeuta Condividere i propri sentimenti con gli altri membri dello

staff Non isolarsi e chiudersi in se stessi Stabilire il grado di coinvolgimento ed essere consapevoli

delle manipolazioni del paziente Conoscere i sintomi del “burnout” Focalizzare sulla qualità del trattamento e non sui risultati

Pur considerando l’unicità e la singolarità di ogni caso clinico trattato, è consigliabile che lo psico-terapeuta, in generale eviti, al fine di aumentare le possibilità di successo terapeutico, di:

utilizzare modelli relazionali rigidi;

ingaggiare lotte personali col paziente, con conseguente “braccio di ferro”;

mettere in atto resistenze a possibili cambiamenti degli obiettivi terapeutici;

progettare il programma di trattamento centrato sulle proprie esigenze piuttosto che sui bi-sogni del paziente;

iniziare il trattamento in mancanza:

- di sistemi di valutazione;

- di standards relativi al trattamento della doppia diagnosi;

- di un appropriato addestramento al trattamento della doppia diagnosi;

privilegiare in modo a-strategico un aspetto rispetto all’altro (tossicodipendenza o disturbo psichiatrico).

Considerazioni Strategiche

La presenza di comorbilità per il disturbo di personalità è un dato ormai ampiamente confermato (a livello epidemiologico) nella costellazione dei pazienti che afferiscono ai servizi preposti al tratta-mento dei disturbi da uso di sostanze. Dalla seconda metà degli anni ottanta la disponibilità di stru-menti di rilevazione diagnostica strutturata, facilitando il riscontro dei criteri definiti nelle diverse edizioni del DSM, ha permesso la pubblicazione di moltissimi lavori replicabili che attestano come i disturbi di Asse II siano co-presenti (nelle condizioni cliniche caratterizzate da dipendenza per le più diverse sostanze) in quote percentuali che oscillano tra il 50 e il 100% dei casi e con una quota altrettanto significativa di comorbilità multipla anche per i disturbi di Asse I (soprattutto Disturbi dell’Umore nei soggetti che utilizzano oppiacei e cocaina). Nace (1990) segnala una prevalenza di disturbi di personalità in almeno il 50% dei pazienti dipendenti da sostanze. Nella popolazione degli alcoldipendenti in trattamento, numerosi ricercatori (Tyrer, Casey, e Ferguson, 1988; Dowson e Grounds, 1995) sostengono che hanno disturbi di personalità una percentuale tra il 69% e il 64% dei pazienti. I casi più gravi di dipendenza sono associati a disturbi di personalità piuttosto che a distur-bi mentali severi (Nace, 1990). Infatti i soggetti con tratti patologici del carattere:

sono più vulnerabili all’abuso di sostanze degli altri individui;

entrano a contatto con le sostanze più precocemente e fanno, più frequentemente, uso di più di una sostanza;

sono più vulnerabili alle ricadute;

Page 14: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

sperimentano maggior giovamento dagli effetti farmacologici indotti dalle sostanze.

L’astinenza nei pazienti con disturbi di personalità dipende dalla soglia di tolleranza alla frustrazio-ne, dalla pazienza, dal controllo dell’impulso e dall’abilità a regolare l’emotività e, nella maggior parte dei casi, i disordini di personalità precedono la dipendenza. Tuttavia, l’abuso di sostanze può provocare una sindrome diagnosticamente compatibile con i disturbi di personalità e rinforzare comportamenti regressivi.

Dal momento, perciò, che una parte cospicua di pazienti con doppia diagnosi mostra disturbi di per-sonalità, ci sembra opportuno accennare ad una recente prassi psicoterapeutica messa a punto per prevenire tanto l'interruzione prematura del trattamento quanto il rischio di atti suicidari o parasui-cidari nei pazienti borderline (Linehan et al., 1991; Linehan, 1993; Swenson, Sanderson, 1997; Bo-hus et al., 2000; Bateman, Fonagy, 1999, 2001). Al centro di queste procedure c'è l'uso di due set-ting simultanei:

uno dei due terapeuti può seguire individualmente il paziente mentre l'altro lo segue in un contesto di gruppo,

oppure uno lo segue individualmente e l'altro con una terapia della famiglia,

o ancora il clinico, che affianca lo psicoterapeuta individuale, è uno psichiatra esperto di psicoterapia la cui funzione è di seguire la terapia farmacologica (per alcuni pazienti con doppia diagnosi una terapia farmacologica va considerata indispensabile al fine di fronteg-giare episodi di depressione maggiore atipica, gravi disturbi nella regolazione dell'ansia, epi-sodi deliranti transitori o sintomi ossessivo-compulsivi, dipendenza da sostanze).

Esiste persino il tentativo di codificare una doppia psicoterapia individuale, fin dall'inizio della cura, come metodo di trattamento dei gravi disturbi di personalità e dissociativi (Wine, Carter, 2000). Per esempio, se il secondo setting è di gruppo, in quello individuale il terapeuta cerca tanto di mantene-re il paziente motivato alla prosecuzione del trattamento, quanto di affinarne la consapevolezza e la gestione degli stati emotivi (per esempio, i pazienti apprendono tecniche di autocontrollo e di ge-stione dell'ansia attraverso il rilassamento muscolare, il biofeedback, ecc.). Il terapeuta lavora colla-borativamente col paziente sulle singole emozioni che compaiono nel racconto che quest’ultimo fa di episodi della propria vita e su quelle che vengono direttamente esperite nella relazione terapeuti-ca. Nel lavoro di gruppo, condotto da un terapeuta diverso, il paziente è incoraggiato a:

riconoscere il significato delle emozioni in sé e negli altri;

modulare l'intensità (quando eccessiva) delle emozioni nei rapporti interpersonali;

sviluppare e migliorare le capacità di interazione sociale. I due terapeuti discutono continuamente fra loro sull’andamento della psicoterapia, tenendo il pa-ziente al corrente di questo costante scambio di opinioni. Quando una delle due relazioni terapeuti-che entra in stallo o attraversa una turbolenza emozionale particolarmente seria, l'altro terapeuta ha l'opportunità di commentare, nel colloquio col paziente, i motivi e le caratteristiche dell’ostacolo. Questa procedura psicoterapeutica sembra ridurre drasticamente la frequenza delle interruzioni premature del trattamento da parte dei pazienti borderline (dall'atteso 50% entro i primi sei mesi a meno del 20% entro due anni). Vi è per di più una radicale diminuzione nella frequenza e nella gra-vità dei comportamenti autolesivi (suicidari e parasuicidari) e migliori risultati terapeutici. Dal punto di vista di alcuni approcci (Linehan, 1993; Bateman, Fonagy, 1999, 2001), la terapia in-dividuale e di gruppo costituisce la condizione ottimale di trattamento in doppio setting. Il dialogo individuale permette l'attivazione del sistema di attaccamento che è il bersaglio elettivo della cura, ed è dunque irrinunciabile in tutti i metodi di terapia combinata dei disturbi da disorganizzazione. I dialoghi nel gruppo e la presenza del terapeuta di gruppo, oltre a consentire la modulazione dell'at-tivazione dell'attaccamento e lo sviluppo delle capacità metacognitive, permettono il vantaggio ag-giuntivo di una riflessione particolarmente ampia sul senso ed il valore delle esperienze emozionali

Page 15: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

in sé e negli altri. Dall'interazione in gruppo è possibile, ad ogni partecipante, trarre molte più in-formazioni che da qualsiasi altra condizione di esperienza circa i processi mentali che diverse per-sone utilizzano per riconoscere il senso delle proprie emozioni (o per fallire in tale compito), per re-golarle (o non riuscire a regolarle) e per dare significato alle proprie interazioni interpersonali. In gruppo è possibile sperimentare, in maniera protetta e talora guidata dal terapeuta, nuove e più co-struttive forme di dialogo interpersonale. Solo in gruppo, a volte, è possibile aiutare direttamente i pazienti che ne soffrono a superare quel "deficit del senso di appartenenza" che caratterizza alcuni disturbi gravi di personalità (Semerari, 1999). Inoltre, ogni metodo di terapia di gruppo può aggiun-gere a questa già notevole lista di fattori terapeutici quelli legati ai propri specifici tipi di intervento (interventi psicoeducativi, apprendimento attivo di nuove abilità sociali, addestramento a riconosce-re gli stati dell'Io in sé e negli altri, esperienza della mobilizzazione di emozioni permessa dalle di-namiche di gruppo, gruppo-analisi, possibilità offerte dallo psicodramma, ecc.). Essenziale, ripetia-molo, è che il terapeuta di gruppo lavori secondo un modello teorico comprensibile al terapeuta in-dividuale, e da questi condiviso almeno per quanto riguarda la formulazione momento per momento dei problemi del paziente.

I vantaggi del trattamento di gruppo non devono però far dimenticare che a volte appare opportuno unire alla terapia individuale una terapia familiare (per esempio, ciò può costituire la prima indica-zione qualora più di una persona, in una famiglia convivente, soffra di importanti disturbi psicopa-tologici). Neppure vanno trascurati i casi in cui la necessità di un trattamento farmacologico (non di rado coincidente col rifiuto della famiglia a partecipare alla terapia o con l'indisponibilità di tera-peuti di gruppo) rende opportuno pianificare il trattamento nel doppio setting di una psicoterapia in-dividuale e di una terapia farmacologica. Sia che un terapeuta familiare affianchi lo psicoterapeuta individuale, sia che uno psichiatra con funzioni di cura farmacologica si disponga a partecipare all'intervento combinato, è essenziale che l'uno o l'altro, oltre a conoscerne e condividerne il model-lo, condivida anche l'intento del terapeuta individuale. L'intento basilare del terapeuta individuale o almeno il filo conduttore del suo intervento deve essere finalizzato alla convalida dell'esperienza emozionale del paziente; ciò al di là dei linguaggi teorici e delle prassi cliniche con cui il fine dell'intervento viene dichiarato e perseguito. In riscontro a quanto detto, il terapeuta familiare do-vrebbe disporsi a riconoscere e convalidare le esperienze emotive di tutti i membri della famiglia, privilegiando questo intento rispetto a qualunque altro intervento. Allo stesso modo, lo psichiatra che somministra i farmaci dovrebbe proporli al paziente, esplicitamente, come modi provvisori per modulare un'esperienza emotiva che è dotata di senso e di valore, e che al momento diventa patolo-gica solo perché il paziente non è in grado di modularla.

La dimostrazione dell'efficacia del doppio setting simultaneo nella cura dei pazienti borderline è stata dimostrata da numerosi autori (Linehan, 1993; Swenson, Sanderson, 1997; Bohus et al., 2000; Bateman, Fonagy, 1999, 2001). I pazienti tendono a migliorare e a permanere in trattamento indi-pendentemente dai paradigmi teorici e di intervento utilizzati, purché vi sia consonanza nel modello adottato dai due terapeuti. L'effetto benefico del doppio setting sembra dovuto all'esistenza di un forte raccordo teorico e dialogico fra i due terapeuti. Quando questi ultimi sono di orientamento teo-rico differente, con conseguente limitazione della loro comunicazione e del loro accordo, la fre-quenza dei drop-out ridiventa quella, elevatissima, che caratterizza la risposta dei borderline a tutti i tipi tradizionali di terapie condotte in un solo setting (psicoterapia individuale, di gruppo, familiare, o di cura farmacologica). La buona qualità della comunicazione e della relazione fra i due terapeuti, permessa dalla condivisione del modello teorico, è dunque un ingrediente decisivo nell'ottenere quella migliore relazione terapeuta-paziente che porta alla riduzione dei drop-out e al miglioramen-to clinico del paziente.

Ciò che vale per i pazienti borderline, se può essere ricondotto alla disorganizzazione dell'attacca-mento, vale anche per altri pazienti in cui la disorganizzazione del senso di unicità personale e del confine tra sé e non sé (che con la disorganizzazione dell'attaccamento ha inizio) svolge un ruolo chiave nella genesi del disturbo. È possibile che la psicoterapia del paziente con doppia diagnosi

Page 16: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

comporti esperienze ripetute e logoranti di allarme, di confusione o di collera nel terapeuta; espe-rienze emotive che, se colte dal paziente, gli confermeranno inevitabilmente l'instabilità caotica e drammatica delle proprie relazioni interpersonali. Se però il clinico non tratta da solo un tale pazien-te, ma condivide la responsabilità del trattamento con un altro curante, la sua preoccupazione e la sua confusione si ridurranno. Di conseguenza, facendo il paziente l'esperienza di un terapeuta più emotivamente stabile e sicuro, verrà favorita nei colloqui terapeutici la comparsa di esperienze e-mozionali correttive.

Possiamo porre come regola generale: due terapeuti che vogliano utilizzare un modello comune come fondamento per il trattamento combinato ed integrato di pazienti con doppia diagnosi, devono anzitutto accordarsi sui modi con cui, restando ciascuno nel proprio ambito, potranno concordemen-te restituire al paziente analogo valore ed analogo significato della sua esperienza emozionale.

La presenza di due terapeuti, che condividono il modello teorico e di intervento, e che sono in con-tinua collaborazione fra loro, sembrerebbe anche la condizione ideale per il trattamento dei pazienti con doppia diagnosi e con disturbi di personalità. Il paziente si sente protetto, grazie alla presenza di un secondo terapeuta in un setting indipendente ma correlato, dall'eventualità immaginata o temuta di un fallimento della relazione col primo. L'attivazione meno intensa del sistema di attaccamento che ne consegue permette di ridurre la frequenza delle interruzioni premature del trattamento, facili-ta lo sviluppo delle capacità metacognitive e consente di commentare in maniera più adeguata, ora con l'uno ed ora con l'altro terapeuta, le emozioni provate all'interno della relazione terapeutica. Dall'esplorazione di emozioni che prima era impossibile conoscere adeguatamente (cioè nel loro si-gnificato relativo e contestuale), discende la possibilità di integrare, all'interno del dialogo terapeu-tico, rappresentazioni di sé-con-l'altro che fino a quel momento erano dissociate. La disorganizza-zione dei significati si trasforma così in conoscenza organizzata attraverso la costruzione di strutture di significato più duttili e legate al contesto.

La terapia dei pazienti con doppia diagnosi (in particolare con disturbi di personalità) può essere perseguita attraverso la co-terapia a partire da diverse prassi di intervento (psicoanalitiche, cogniti-viste, relazionali), purché vi sia accordo fra i due terapeuti e purché il filo conduttore dell'intervento sia il riconoscimento del senso e del valore dell'esperienza emozionale del paziente. La convalida del senso dell'esperienza emozionale e l'aiuto fornito affinché ogni emozione divenga sentimento (Damasio, 1994; 1999) devono essere preceduti da interventi miranti ad incrementare le capacità metacognitive del paziente circa la continuità-discontinuità della propria esperienza soggettiva.

Esempi di Intervento

In considerazione delle molteplici relazioni possibili fra uso di sostanze, sintomi psichiatrici e sin-dromi psicopatologiche, di seguito verranno descritti, come esempio e in modo sintetico, alcuni spunti strategici utilizzabili nel trattamento delle interazioni più frequentemente osservabili nella prassi clinica e derivati dall’analisi dei fattori predittivi di successo della psicoterapia.

Doppia diagnosi e disturbi d’ansia

La psicoterapia può essere rinviata a meno che l’ansia non interferisca col trattamento della dipen-denza, in quanto i sintomi ansiosi possono migliorare o scomparire con l’estinzione dei comporta-menti tossicomanici. Gli interventi finalizzati all’espressione delle emozioni dovrebbero essere po-sposti fino al raggiungimento dell’astinenza da parte del paziente. Possono essere usate tecniche an-ti-ansia e di autocontrollo (rilassamento, BFB, etc.) con o senza trattamento farmacologico. Anche cambiamenti nello stile di vita del paziente (alimentazione equilibrata, attività aerobica, evitamento della caffeina, eliminazione del tabacco, ecc.) possono contribuire a ridurre le quote d’ansia.

Page 17: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

Doppia diagnosi e Disturbi di Personalità

Quando la comorbilità riguarda l’uso di sostanze e i disturbi di personalità, i progressi nella terapia sono di solito lenti. Realista nelle aspettative, il terapeuta deve avere sempre ben chiaro che il pa-ziente può tentare di metterlo continuamente alla prova; perciò deve essere concreto, avere un at-teggiamento serio e ricordare che questi pazienti spesso manifestano quei comportamenti disadattivi che li hanno aiutati a sopravvivere nelle situazioni difficili (“comportamenti di sopravvivenza”). Il contratto terapeutico, scritto o verbale, ha un ruolo importante nel piano di trattamento: deve essere semplice, chiaro, diretto e limitato nel tempo. Per esempio, nel contratto il paziente può promettere di evitare determinati comportamenti etero ed autolesivi o ad alto rischio o di impegnarsi in modi di fare utili (avvisare qualcuno quando percepisce imminente il comportamento disadattivo).

È necessario prestare attenzione a diverse questioni particolari quali: comportamenti auto e/o etero aggressivi, possibili comportamenti suicidari, invischiamenti emotivi, rispetto dei ruoli, resistenza al cambiamento, sostituzione del sintomo, lamentale somatiche, astinenza subacuta.

Tutti i comportamenti suicidari, minacciati o messi in pratica, devono essere presi in considerazione seriamente ed immediatamente valutati per determinare il tipo di intervento necessario. Va fatta at-tenzione ai tentativi precedenti e alla loro gravità, alle strategie precedentemente utilizzate, e se il tentativo è fallito intenzionalmente o casualmente. Il terapeuta deve essere pronto a gestire i senti-menti positivi o negativi del paziente e la percezione che questi ha nei suoi confronti, nonché a go-vernare i propri problemi personali irrisolti per non distorcere il processo terapeutico. Quando espe-rienze personali passate si combinano con i sentimenti provati nel corso della psicoterapia, è estre-mamente importante commentare il problema con i pazienti. È utile porre dei limiti chiari nei ruoli e nei comportamenti; questi limiti sono norme etiche e pratiche che facilitano il clinico nell’essere te-rapeuticamente utile al paziente: terapeuta e paziente devono stabilire e rispettare un sistema di re-gole trasparenti.

Questi pazienti spesso assumono diversi ruoli, passando dall’uno all’altro, a dipendere dalle intera-zioni sociali e dalle situazioni. Alcuni di questi ruoli includono: la vittima, il persecutore, il salvato-re. Le costruzioni semantiche che possono derivare da una simile sequenza corrispondono alle tra-sformazioni di significato conseguenti al muoversi fra i tre poli rappresentativi del cosiddetto "tri-angolo drammatico". Il triangolo drammatico caratterizza tanto la struttura narrativa di molte fiabe, quanto il nucleo dei copioni del teatro classico e delle forme drammatiche di interazione interperso-nale tipiche di molti disturbi psicopatologici (Karpman, 1968). Nel triangolo drammatico, i prota-gonisti, interagendo fra loro sotto gli occhi degli spettatori, oscillano continuamente fra i ruoli del "salvatore", del "persecutore" e della "vittima", spesso scambiandoseli (o rivestendoli simultanea-mente, uno "in piena luce" e l'altro nascostamente). Nel corso dello sviluppo individuale, gli stereo-tipi rappresentativi del triangolo drammatico divengono simili a temi narrativi, intorno ai quali prendono forma le interpretazioni del significato di molti eventi interpersonali e le "narrazioni" di una memoria autobiografica (Kotre, 1995) inevitabilmente frammentata o dissociata. Se il paziente assume un ruolo specifico (la vittima) gli altri possono essere indotti ad assumere un ruolo comple-mentare (il salvatore o il persecutore). Il terapeuta deve essere di continuo consapevole dei ruoli che questi pazienti possono interpretare, evitando così di assumere egli stesso i ruoli complementari di-sfunzionali.

Il paziente esibisce spesso degli acting-out e sviluppa altri comportamenti disfunzionali come difese psicologiche e tecniche di sopravvivenza, avvalendosi di questi meccanismi nella terapia quando la percepisce come una minaccia. Affrontare questi problemi senza aver prima aiutato il paziente a sviluppare delle strategie alternative sicure intensifica il suo stato di tensione e di confusione. Il te-rapeuta deve capire ed utilizzare questi meccanismi come opportunità terapeutiche e non come una

Page 18: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

sfida al trattamento. L’abuso di alcol e della maggior parte delle droghe produce una acuta o una subacuta sindrome da astinenza. A dipendere dalla sostanza usata si possono osservare oscillazioni dell’umore, irritabilità, deterioramento delle funzioni cognitive, problemi alla memoria a breve e a lungo termine e un intenso desiderio (craving) di sostanze. Durante il periodo di astinenza, alcuni di questi pazienti sviluppano altri tipi di comportamenti compulsivi (disturbi alimentari, spese com-pulsive, gioco d’azzardo, iperattività sessuale).

Di seguito verranno descritti due disturbi per esemplificare, nello specifico, alcuni spunti di inter-vento: il Disturbo Borderline e il Disturbo Antisociale. Essi rappresentano due tra le sfide più fati-cose per i clinici che si occupano di doppia diagnosi.

Doppia diagnosi e Disturbo Borderline di Personalità

La fenomenologia del Disturbo Borderline di Personalità è caratterizzata:

da una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell'immagine di sé e dell'umore, con marcata impulsività;

da ricorrenti minacce e gesti autolesivi;

da ricorrenza di sforzi disperati per evitare un reale o immaginario abbandono e di rabbia immotivata;

da ideazione paranoide e/o sintomatologia dissociativa transitoria legate allo stress.

Le relazioni interpersonali sono intense ma precarie e questi individui spesso manifestano punte e-streme di iper-idealizzazione o di svalutazione, marcati viraggi da un umore normale a uno eccessi-vo, stati d’ansia elevati e impulsività.

Il senso di sé, dai contorni più o meno sfumati e indefiniti, varia marcatamente col mutare del con-testo da cui appare dipendente ed è comunque sempre precario. È tipica una marcata difficoltà a tol-lerare le disconferme anche quando sono minime (bassa soglia alle frustrazione), riguardano aspetti futili e voluttuari (come avere un po' di soldi) o sono solo minacciate. Questi pazienti (spesso con messa a fuoco dall'esterno e campo dipendenti) regolano il senso di sé in base alla capacità, conte-sto-dipendente, di sintonizzarsi volta per volta sulle aspettative delle figure di riferimento, centran-do il mantenimento della coerenza interna sull'atteggiamento e sul giudizio dell'altro.

L'assunzione di sostanze psicoattive ad azione depressogena sul sistema nervoso centrale (oppiacei come la morfina e l'eroina, ecc.) o l'abuso di alcol ricorrono frequentemente in risposta alla difficol-tà soggettiva di integrarsi in un mondo da cui non ci si sente accettati e di rispondere alle sfide esi-stenziali. L'assunzione di sostanze stupefacenti esprime spesso una identificazione per opposizione, in cui ci si riconosce in modalità alternative ai comuni schemi e alle regole sociali; inoltre, le modi-ficazioni operate dalle sostanze sul funzionamento cerebrale danno un precario e illusorio senso di poter affrontare la vita con un'arma in più. I rischi connessi con la tossicodipendenza convalidano la ricerca di un proprio valore nell'essere in grado di accettare questi rischi; ciò permette almeno una parziale percezione positiva di sé a chi sente di avere poca importanza per le figure affettivamente significative ed una scarsa considerazione da parte degli altri.

A causa dell’orientamento "outward" (centrato sull'alterità e sulla variabilità del contesto relaziona-le) e campo-dipendente di questi pazienti è consigliabile:

utilizzare un doppio setting simultaneo;

fare uso di mini-contratti terapeutici per incoraggiare il paziente a stare focalizzato sugli o-biettivi terapeutici stabiliti;

Page 19: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

analizzare immediatamente col paziente tutte le crisi esaminando tutta la settimana (conte-stualizzazione dell’evento), non solo un giorno particolare;

dichiarare gli obiettivi terapeutici seduta per seduta;

utilizzare una checklist (homework, punti di debolezza, discussioni con gli altri, problemi giudiziari, problemi scolastici o lavorativi, relazioni familiari e amicali, recidive, pensieri autolesionistici, incubi, flashbacks, situazioni dolorose e brutti ricordi);

incoraggiare il paziente a compilare un diario degli stati d’animo e delle fantasie fra le sedu-te per poi analizzarle e discuterle;

cominciare la psicoterapia solamente dopo il recupero delle fondamentali attività della vita quotidiana.

Doppia diagnosi e Disturbo Antisociale di Personalità

Il Disturbo Antisociale di Personalità richiede una storia cronica di comportamenti antisociali che cominciano prima dei 15 anni e che continuano, successivamente, da adulti. Si manifesta:

con una modalità pervasiva di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri;

con incapacità di conformarsi alle norme sociali:

con disonestà, irritabilità e aggressività;

con irresponsabilità abituale e con mancanza di rimorso;

con caratteristiche di comportamenti irresponsabili e antisociali (fallimenti scolastici, inade-guatezza nel lavoro, attività illegali, sventatezza, comportamenti impulsivi).

I sintomi possono includere disforia, incapacità a sopportare la noia, sensazione di essere vittima e scarsa capacità a realizzare rapporti intimi duraturi. Quando i processi alla base della costruzione dell’identità personale sono di tipo inward (messa a fuoco dall'interno) e campo indipendente, que-sti soggetti regolano il senso di sé in base alla capacità, contesto indipendente, di prevenire o gestire le situazioni di rifiuto e di abbandono, con mantenimento della coerenza interna centrato sulla ge-stione delle proprie tonalità emotive, tendendo a fidarsi quindi, in maniera preponderante, delle pro-prie cognizioni e delle proprie capacità di razionalizzare e spiegare gli eventi vissuti (capacità di au-tosufficienza in situazioni di inaiutabilità). I pericoli legati alla tossicodipendenza rappresentano una sfida interiore e rabbiosa al pervasivo senso di inutilità che li accompagna, e ciò consente per lo meno una parziale percezione positiva di sé a chi sente di avere uno scarso valore personale. Nel ca-so dell'assunzione di sostanze psicostimolanti, che inducono euforia, aumentato senso di energia psicofisica e diminuzione della fatica (cocaina e amfetaminosimili come l'ecstasy, ecc.), il soggetto cerca nella droga l'energia, la forza, la potenza, il coraggio, le capacità che ritiene di non avere. Per-tanto, le assume quando deve fornire prestazioni lavorative, sociali, sportive, sessuali o quando deve comunque compiere una "impresa" rispondente al bisogno di confermare un senso di sé costante-mente fragile, instabile e "non all'altezza" della situazione. I comportamenti antisociali, attraverso modalità diverse da caso a caso, rivelano la difficoltà, la precarietà e l'incapacità a gestire la propria rabbia o la propria disperazione. Come si è già accennato, la volontà autodistruttiva, a volte anche eterodistruttiva, porta non infrequentemente ad associare ad un disturbo antisociale una tossicofilia (alcolismo, tossicodipendenza).

I comportamenti disadattivi, anche nell'ambito di un decorso cronico, possono dare luogo a compor-tamenti a rischio eclatanti, violenti e improvvisi, a volte ostentati con aggressività e spavalderia, da parte di chi si percepisce "uno che non ha più niente da perdere".

Page 20: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

Nei casi di condotte antisociali con una lettura marcatamente esterna, i soggetti tendono a confer-mare l'identità confrontandosi e "sfidando" il mondo esterno quando non si sentono riconosciuti e apprezzati per quello che ritengono di valere, senza disporre di un sufficiente patrimonio di regole comportamentali interiorizzate. Si tratta di soggetti con un repertorio emozionale in cui prevalgono attivazioni autoriflessive di inferiorità e di vergogna, mentre manca il senso di colpa (se non nel suo aspetto di "pseudo colpa", quando si pensa di aver deluso qualcuno e si cerca di riallinearsi con il giudizio di questi). La carenza di riferimenti normativi interni è espressa dalla costante ricerca di un consenso di tipo conformistico e dalla notevole intolleranza ad ogni esperienza percepita come di-sconferma personale, mentre manca invece una lettura etica e normativa. In questi casi la storia di sviluppo mette in evidenza l'immaturità emozionale, centrata più su un generico confronto in rap-porto all'adeguamento alle aspettative e alle richieste delle figure prese come riferimento e sulla ri-cerca di conferme piuttosto che in grado di esprimere un'affettività dialettica e progettuale. Anche nel caso in cui vengono commessi reati gravi e violenti può mancare la colpa, in quanto il soggetto (che si sentiva "non considerato", "svalutato", "disprezzato" dalla vittima e dalla società) si sente uno che "è riuscito a fare qualcosa di importante" per cui "ora non si potrà più dire che non valgo niente o che non sono nessuno".

Particolare attenzione, anche con questi pazienti, va posta sulla pianificazione della psicoterapia nelle sue componenti del contesto, della relazione e degli obiettivi:

il contesto:

- utilizzare preferibilmente, quando possibile, un doppio setting simultaneo;

- la psicoterapia deve essere necessariamente coordinata con gli altri trattamenti;

- la comunicazione fra tutti gli attori del trattamento deve essere trasparente e sincera, mai confusa o conflittuale;

- i contratti col paziente, oltre che necessari, devono essere chiari e non generici;

la relazione:

- il terapeuta deve essere diretto, non offensivo o intrusivo;

- il terapeuta deve identificare, al più presto, i pensieri alla base dei comportamenti anti-sociali;

gli obiettivi:

- il paziente deve puntualmente effettuare la registrazione di tutte le violazioni delle rego-le;

- il terapeuta deve rendere il paziente responsabile del proprio comportamento;

- il terapeuta deve permettere al paziente di fare esperienza delle conseguenze del proprio comportamento;

- il terapeuta deve segnalare al paziente le conseguenze positive dei comportamenti ade-guati.

Conclusioni

Il trattamento della doppia diagnosi consiste in una complessa serie di interventi indirizzati sia alla dipendenza da sostanze, sia ai problemi di personalità, sia ai disordini psichiatrici dell’Asse I. La psicoterapia, non integrata con gli altri interventi, potrebbe non avere nessuna influenza diretta sulla dipendenza, come pure il trattamento tradizionale delle tossicodipendenze e dell’alcoldipendenza potrebbe non curare allo stesso tempo i problemi di personalità e i disturbi psichiatrici. Il trattamen-to della doppia diagnosi implica la disponibile, globale, integrata e coordinata focalizzazione su en-

Page 21: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

trambi i tipi di disturbi (problemi psicopatologici e tossicodipendenza) (Dual Diagnosis Subcom-mittee, 1995). Deve essere un trattamento simultaneo e flessibile che utilizza le conoscenze di base e le tecniche di intervento di entrambe gli ambiti (Tabella 9).

Tabella 9 - Criticità nel trattamento della doppia diagnosi risorse assistenziali disgregate con difficoltà

all’integrazione problemi interpersonali inespressi fra operatori differenze teoriche fra clinici scarso addestramento al trattamento integrato della Doppia

Diagnosi

La psicoterapia non può che porsi, quale processo di cambiamento e componente integrata, all’interno del trattamento globale. Al fine della continuità terapeutica con gli altri interventi speci-fici deve adattarsi alle problematiche della doppia diagnosi attraverso:

l’approccio al paziente in un doppio setting simultaneo;

l’incremento della comunicazione fra lo psicoterapeuta e gli altri operatori coinvolti (setting allargato);

il processo di monitoraggio e di revisione continua del trattamento;

la flessibilità terapeutica e, se necessaria, la modificazione del programma di trattamento;

il coinvolgimento dei pazienti, delle loro famiglie e di eventuali altre agenzie correlate.

In generale, è consigliabile per i disturbi di ansia, affettivi e psicotici differire la psicoterapia se i sintomi sono lievi e il funzionamento globale non è compromesso. Mentre è preferibile iniziare prontamente il trattamento psicoterapeutico se i sintomi sono persistenti, in aumento o producono deterioramento. Non bisogna fare, in ogni caso, affidamento su linee di condotta arbitrarie e scolle-gate dagli altri interventi (Nace, 1995).

Soprattutto i pazienti con doppia diagnosi per l’Asse II o in comorbilità multipla (Asse I e Asse II) e che rivelano nel contempo buoni/ottimi livelli di funzionamento richiedono infatti diversificate e più intensive opportunità terapeutiche che siano in grado di incidere ampiamente sulle relazioni in-terpersonali, sull’ambiente dove il paziente è collocato, sui bisogni riabilitativi in senso lato, sul contesto familiare, ecc.

Per i pazienti le cui problematiche psichiatriche rendano invece maggiore e più evidente la disfun-zionalità psicosociale si rende necessaria una maggiore quota di integrazione negli interventi erogati e risulta consigliabile una politica gestionale del servizio a tipo one-stop shop. Con tale termine si intende una strategia particolarmente attenta a evitare che il paziente possa “smarrirsi” tra le divi-sioni che inevitabilmente si creano all’interno di un sistema di servizi separato che non di rado ero-ga prestazioni complementari ma non coordinate o, addirittura, le nega a causa di pregiudiziali ideo-logiche che sostengono la priorità dei propri interventi rispetto a quelli altrui. Tale strategia, oltre a migliorare la compliance generale ai programmi, permette di ridurre l’accesso improprio al Pronto Soccorso, il numero eccessivo di ospedalizzazioni non necessarie, la ricaduta continua nell’uso di sostanze, la perdita di condizioni abitative dignitose (o addirittura la “barbonizzazione”), l’espulsività familiare e tanti altri problemi sociali generalmente legati al discontrollo dell’impulsività.

Le difficoltà legate alla gestione, in psicoterapia, dei pazienti in doppia diagnosi impongono un con-tinuo dibattito teorico-clinico e sollecitano l’attenzione sullo studio di forme di assistenza nuove e

Page 22: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

integrate con gli altri interventi sia di tipo medico che di tipo psicosociale. Sul piano della forma-zione è necessario uno sviluppo della capacità di discriminazione diagnostica dei disturbi da parte dei clinici coinvolti e una maggior abilità nel riconoscimento di sintomi e nella loro attribuzione alle diverse sindromi rilevate in contemporanea. La limitata e scarsa affidabilità delle tecniche, l’impraticabilità di molte delle soluzioni terapeutiche proposte e l’inefficienza delle strategie di in-tervento a disposizione sono, per lo più, causate dalla mancata integrazione in relazione ai due ver-santi del problema e alle tecniche da impiegare a seguito dei differenti bisogni espressi dai pazienti (psicofarmacologici, psicosociali, ambientali, medico-legali, etc.).

Lo psicoterapeuta deve essere consapevole del proprio stato di benessere e del proprio equilibrio, che possono essere compromessi dal lavoro con pazienti in doppia diagnosi. Poiché corre il rischio di essere trascinato dai pazienti nel gioco di ruoli disfunzionali, per prevenire ciò deve preoccuparsi di perseguire una continua supervisione, di elaborare sistemi di supporto, di partecipare a delle di-scussioni di gruppo con altri terapeuti e così via.

BIBLIOGRAFIA

American Psychiatric Association (1994), DSM-IV. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 4th ed. Washington: A.P.A.

Arciero G. (2002), Studi sull'Identità Personale, Boringhieri, Torino. Baker, F. (1991), Coordination of alcohol, drug abuse, and mental health services, Technical Assis-

tance Publication Series Number 4. Washington, D.C.: Office for Treatment Improvement, Alcohol, Drug Abuse, and Mental Health Administration.

Bateman, A.W., Fonagy, P. (1999), "Effectiveness of partial hospitalization in the treatment of bor-

derline personality disorder: A randomized control trial". In American Journal of Psychia-try, 156, pp. 1563-1569.

Bateman, A.W., Fonagy, P. (2001), "Treatment of borderline personality disorder with psychoana-

lytically oriented partial hospitalization: An 18-month follow-up". In American Journal of Psychiatry, 158, pp. 36-42.

Bohus, M., Haaf, B., Stiglmayr, C. Et Al. (2000), "Evaluation of inpatient dialectical-behavioural

therapy for borderline personality disorder: A prospettive study". In Behavior Research and Therapy, 38, pp. 875-887.

Bonucci, C., Meterangelis, G. (1993), "Sintomi dissociativi in un paziente con disturbo borderline

di personalità: Note teorico-cliniche nella prospettiva della psicologia del sé". In Liotti, G. (a cura di), Le discontinuità della coscienza. Franco Angeli, Milano, pp. 77-100.

Brooner RK et al. (1997), Psychiatric and substance use comorbidity among treatment-seeking

opioid abusers, Archives of General Psychiatry,54:71-80.

Page 23: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

Cherniss C. (1986); La sindrome del burnout. Lo stress lavorativo degli operatori dei servizi socio

sanitari. CST Centro Scientifico, Torino. Damasio, A. (1994), L'errore di Cartesio. Tr. it. Adelphi, Milano 1995. Damasio, A. (1999), Emozione e coscienza. Tr. it. Adelphi, Milano 2000. Dowson J. H., Grounds, A. T., (1995). Personality Disorders: Recognition and Clinical Manage-

ment. Cambridge: Cambridge University Press. Dual Diagnosis Subcommittee, (1995). Mental and Substance Use Disorders: The Treatment of

Dual Diagnosis. Washington, D.C.: Metropolitan Washington Council of Governments (COG).

Guidano V.F. (1995a), "Constructivistic psychotherapy: A theoretical framework", in Nei-meyer

R.A., Mahoney M.J. (Eds.), Constructivism in Psychotherapy, American Psychological Association, Washington.

Guidano V.F. (1995b), "Self-observation in constructivistic psychotherapy", in Neimeyer R.A.,

Mahoney M.J. (Eds.), Constructivism in Psychotherapy, American Psychological Associa-tion, Washington.

Guidano V.F. (1995c), "A constructivistic outline of human knowing processes", in Mahoney M.J.

(Ed.), Cognitive and Constructive Psychotherupies: Theory, Research and Practice, Sprin-ger, New York.

Guidano V.F. (1996), "Lo sviluppo del Sé", in Bara B.C. (Ed.), Manuale di Psicoterapia Cognitiva,

Bollati Boringhieri, Torino. Guidano V.F. (1998), "The dynamic of psychotic disturbance", in Guidano V.F., Reda M.A. (Eds.),

Proceedings of the VI International Congress on Constructivism in Psychotherapy, IPRA, Siena.

Intreccialagli, B. (1993), "II caso di Silvia: la terapia di un disturbo dissociativo in una dimensione

cognitivo-evolutiva". In Liotti, G. (a cura di), Le discontinuità della coscienza. Franco An-geli, Milano, pp.101-119.

Karpman, S.B. (1968), "Fairy tales and script drama analysis". In Transactional Analysis Bullettin, 1, pp. 39-43.

Kotre, J. (1995), White Gloves: How we Create Ourselves Tkrough Memory. The Free Press, New

York. Landry, M.J., Smith, D.E., and Steinberg, J.R. (1991), Anxiety, depression, and substance use dis-

orders: diagnosis, treatment, and prescribing practices, Journal of Psychoactive Drugs 23(4):397-416.

Page 24: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

Lehman, A.F., Myers, C.P., and Corty, E. (1989), Assessment and classification of patients with

psychiatric and substance abuse syndromes, Hospital and Community Psychiatry, 40(10):1019-1030.

Lewis M. (1992), Shame, the Exposed Self, Free Press, New York. Lewis M. (1993), "The emergence of human emotions", in Lewis M., Haviland J.M.H. (Eds.),

Handbook of Emotion, Guilford, New York. Lewis M. (1994), "Myself and me", in Taylor Parker S., Mitchell R.W., Boccia M.L. (Eds.), Self-

Awareness in Animals and Humans, Cambridge University Press, Cambridge, Mass. Lewis M., Brooks Gunn J. (1979), Social Cognition and the Acquisition of Self, Plenum Press, New

York. Linehan, M.M. (1993), Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline, tr., it.,

Raffaello Cortina, Milano, 2001. Linehan, M.M., Heard, H.L., Armstrong, H. Et Al. (1991), "Cognitive-behaviorai treatment of

chronically parasuicidal borderline patients". In Archives of Generai Psychiatry, 48, pp. 1060-1064.

Liotti, G. (1994), La dimensione interpersonale della coscienza. Carocci Editore, Roma. Liotti, G., Intreccialagli, B. (1998), "Metacognizione e sistemi motivazionali in psicoterapia: un ap-

proccio cognitivo-evoluzionista al trattamento dei pazienti difficili". In Perris, C., Mcgorry, P.D. (a cura di), Psicoterapia cognitiva dei disturbi psicotici e di personalità. Tr. it. Mas-son, Milano, 2000, pp. 333-349.

Maslach C, Jackson S. (1993), Maslach Burnout Inventory. Organizzazioni Speciali, Firenze. Maslach C. (1992), La sindrome del burnout. Il prezzo dell'aiuto agli altri. Cittadella Editrice. Maslach C., Leiter P. (2000), Burnout e organizzazione. Modificare i fattori strutturali della demo-

tivazione al lavoro. Feltrinelli, Milano. Meyer, R.E. (1986), How to understand the relationship between psychopathology and addictive

disorders: another example of the chicken and the egg., In: Meyer, R.E., ed. Psychopa-thology and Addictive Disorders, New York: Guilford Press.

Minkoff, K., An integrated treatment model for dual diagnosis of psychosis and addiction. Hospital

and Community, Psychiatry 40(10):1031-1036, 1989. Minkoff, K., and Drake, R.E., eds. (1991), Dual Diagnosis of Major Mental Illness and Substance

Disorder, San Francisco: Jossey-Bass, Inc.

Page 25: ELEMENTI PREDITTIVI DI SUCCESSO/INSUCCESSO NELLA ... · Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi Ossessivo Compulsivi sull'Asse I, asso-ciati a Disturbi Dissociativi (sempre

Nace, E. P., (1990). "Substance Abuse and Personality Disorder," Managing the Dually Diagnosed

Patient, Current Issues and Clinical Approaches, David F. O'Connell, editor. Binghamton, New York: The Haworth Press, Inc.

Nace, E. P., (1995). Achievement and Addiction A Guide to the Treatment of Professionals. New

York: Brunner/Mazel Publishers. Organizzazione Mondiale della Sanità (1992-1994), ICD-10. Classificazione Statistica Internazio-

nale delle Malattie e dei Problemi Sanitari Correlati, 10° rev., voll. 1-3, Ginevra. Organizzazione Mondiale della Sanità (2002), ICF Classificazione Internazionale del Funziona-

mento, della Disabilità e della Salute, Erickson, Trento. Ries, R.K. (1993), The dually diagnosed patient with psychotic symptoms, Journal of Addictive

Diseases 12(3):103-122. Semerari A., (a cura di) (1999), Psicoterapia cognitiva del paziente grave, Raffaello Cortina, Mila-

no. Swenson, C., Sanderson, C. (1997), "Verso un approccio integrato di due modelli di gestione dell'e-

sperienza emotiva del paziente borderline nel trattamento ospedaliero". Tr. it. in Barone, L., Maffei, C. (a cura di), Emozione e conoscenza nei disturbi di personalità. Franco Ange-li, Milano, pp. 209-228.

Tyrer P., Casey P, and Ferguson B., (1988), "Personality Disorder and Mental Illness," Personality

Disorders: Diagnosis, Management and Course. London:Wright, Butterworth Scientific. Van Praag, H.M. (1996), "La comorbilità (psico)analizzata". Tr. it. in Psicoterapia, 8, pp. 5-13,

1997. Wine, B., Carter, A.J. (2000), Parallel Individuai Therapy: A Treatment Model for the Seriously

Disturbed. Manoscritto non pubblicato. Witkin H.A. (1978), "Cognitive styles in personal and cultural adaptation", The 1977 Heinz Wern-

er Lectures, Clark University Press, Worcester, Mass. Witkin H.A., Goodenough D.R. (1977), "Field dependence and interpersonal behavior", Psycho-

logical Bulletin, 84, 661-689.