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1 Tecnica dei Trasporti 30/4/2010 ELEMENTI DI TEORIA DEL DEFLUSSO STRADALE Il controllo della circolazione stradale, con riferimento alla variabilità delle condizioni nelle quali la circolazione essa avviene, si pone, nell’ampio tema della "gestione del traffico", come uno dei più diffusi campi di studio della tecnica dei trasporti. A tale scopo è di primaria importanza la conoscenza dei vari fattori da cui tale circolazione dipende e che risultano influenzati dalla diversità dei mezzi, dalle condizioni della strada e dalle reazioni degli utenti. I principali obiettivi di una corretta gestione del traffico riguardano: 1) l’accessibilità per persone e merci a tutto il territorio; 2) il miglioramento delle condizioni di deflusso, soprattutto nelle aree urbane; 3) la riduzione degli incidenti stradali; 4) il miglioramento delle condizioni ambientali. La giusta risposta al problema della gestione del traffico non nasce dal raggiungimento di uno solo di questi obiettivi, bensì dall’equilibrio tra le differenti finalità. Caratteristiche della marcia su strada La marcia di un veicolo stradale è definita come “a vista” in contrapposizione alla marcia dei veicoli di tipo ferroviario che è del tipo strumentale. Infatti i treni, le metropolitane, e altri sistemi di trasporto di massa in sede propria possiedono una speciale strumentazione a bordo e a terra che rende possibile una marcia guidata o da terra automaticamente o per mezzo di segnali a terra e che vengono visti o ricevuti dal guidatore il quale si regola in base ad essi. Nella marcia dei veicoli su strada ordinaria invece (e fra questi poniamo anche i tram ed i filobus) il guidatore deve regolarsi di volta in volta ad iniziare le frenate, i rallentamenti, le accelerazioni, ecc. Escludendo poi i veicoli vincolati ad una sede, quindi ad un percorso preordinato, come i tram ed entro certi limiti anche i filobus, il guidatore dovrà intervenire anche nella scelta del percorso, intendendosi sia che scelga la posizione in seno ad una strada o addirittura che possa, volendo, cambiare anche la strada. Si esclusa, inoltre la possibilità, per studiare una situazione ancora più generica, che i veicoli facciano parte di una circolazione preordinata e supponiamo quindi che il deflusso non debba sottostare a nessun orario. Quindi il guidatore su strada dovrà regolarsi a vista (da qui la definizione) per attuare quelle manovre di avviamento, accelerazione e decelerazione, rallentamento, arresti, sterzatura, ecc. necessarie alla sicurezza ed alla regolarità di marcia del proprio mezzo. L’insieme dei veicoli che si muove in una strada può pensarsi come un insieme di entità diverse, aventi caratteristiche, desideri, modi di fare, ecc.. gli uni diversi dagli altri, sia per la diversità dei tipi di veicoli, ma anche per la diversa guida caratteristica di ogni guidatore, per i diversi itinerari desiderati, ecc. Possiamo quindi immaginare il volume di traffico come una popolazione dal comportamento del tutto diverso fra elemento ed elemento, ignoto ed imprevedibile per lo più nei singoli elementi, noto forse soltanto probabilisticamente nella massa, ove si siano fatte in precedenza opportune indagini statistiche. Nel seno stesso del volume del traffico stradale la marcia dei singoli veicoli dipende dalla condizione generale del volume di traffico, a causa delle azioni reciproche che i veicoli tra loro mutuamente esercitano. In tal modo si possono ravvisare, soggettivamente, due condizioni di marcia a

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Tecnica dei Trasporti

30/4/2010 ELEMENTI DI TEORIA DEL DEFLUSSO STRADALE

Il controllo della circolazione stradale, con riferimento alla variabilità delle condizioni nelle quali la circolazione essa avviene, si pone, nell’ampio tema della "gestione del traffico", come uno dei più diffusi campi di studio della tecnica dei trasporti. A tale scopo è di primaria importanza la conoscenza dei vari fattori da cui tale circolazione dipende e che risultano influenzati dalla diversità dei mezzi, dalle condizioni della strada e dalle reazioni degli utenti. I principali obiettivi di una corretta gestione del traffico riguardano:

1) l’accessibilità per persone e merci a tutto il territorio; 2) il miglioramento delle condizioni di deflusso, soprattutto nelle aree urbane; 3) la riduzione degli incidenti stradali; 4) il miglioramento delle condizioni ambientali.

La giusta risposta al problema della gestione del traffico non nasce dal raggiungimento di uno solo di questi obiettivi, bensì dall’equilibrio tra le differenti finalità.

Caratteristiche della marcia su strada La marcia di un veicolo stradale è definita come “a vista” in contrapposizione alla marcia dei veicoli di tipo ferroviario che è del tipo strumentale. Infatti i treni, le metropolitane, e altri sistemi di trasporto di massa in sede propria possiedono una speciale strumentazione a bordo e a terra che rende possibile una marcia guidata o da terra automaticamente o per mezzo di segnali a terra e che vengono visti o ricevuti dal guidatore il quale si regola in base ad essi. Nella marcia dei veicoli su strada ordinaria invece (e fra questi poniamo anche i tram ed i filobus) il guidatore deve regolarsi di volta in volta ad iniziare le frenate, i rallentamenti, le accelerazioni, ecc. Escludendo poi i veicoli vincolati ad una sede, quindi ad un percorso preordinato, come i tram ed entro certi limiti anche i filobus, il guidatore dovrà intervenire anche nella scelta del percorso, intendendosi sia che scelga la posizione in seno ad una strada o addirittura che possa, volendo, cambiare anche la strada. Si esclusa, inoltre la possibilità, per studiare una situazione ancora più generica, che i veicoli facciano parte di una circolazione preordinata e supponiamo quindi che il deflusso non debba sottostare a nessun orario. Quindi il guidatore su strada dovrà regolarsi a vista (da qui la definizione) per attuare quelle manovre di avviamento, accelerazione e decelerazione, rallentamento, arresti, sterzatura, ecc. necessarie alla sicurezza ed alla regolarità di marcia del proprio mezzo. L’insieme dei veicoli che si muove in una strada può pensarsi come un insieme di entità diverse, aventi caratteristiche, desideri, modi di fare, ecc.. gli uni diversi dagli altri, sia per la diversità dei tipi di veicoli, ma anche per la diversa guida caratteristica di ogni guidatore, per i diversi itinerari desiderati, ecc. Possiamo quindi immaginare il volume di traffico come una popolazione dal comportamento del tutto diverso fra elemento ed elemento, ignoto ed imprevedibile per lo più nei singoli elementi, noto forse soltanto probabilisticamente nella massa, ove si siano fatte in precedenza opportune indagini statistiche. Nel seno stesso del volume del traffico stradale la marcia dei singoli veicoli dipende dalla condizione generale del volume di traffico, a causa delle azioni reciproche che i veicoli tra loro mutuamente esercitano. In tal modo si possono ravvisare, soggettivamente, due condizioni di marcia a

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seconda dell’entità degli effetti delle mutue azioni fra veicoli, sui singoli veicoli: marcia libera e marcia condizionata. Tecnicamente si avrebbe marcia libera qualora un veicolo fosse libero di compiere tutte le manovre, limitatamente al rispetto della sede stradale; quindi sempre teoricamente, perché sia soddisfatta questa condizione bisogna che il veicolo sia completamente solo; in pratica sarà sufficiente che il veicolo possa mantenere la propria velocità desiderata senza che venga intralciato dagli altri. L’altra condizione di marcia è quella condizionata che si realizza quando veicoli con velocità desiderate diverse, si intralciano reciprocamente provocando, necessariamente, una limitazione di velocità ai veicoli più veloci (evidentemente non è possibile il contrario). A rigore quindi la marcia sarebbe sempre condizionata, appena due veicoli si susseguono a distanza minore di quella di manovra (frenatura, deviazione, cambio di corsia, ecc.). Tuttavia, avendo sempre presente quanto ora precisato, può essere comodo in generale dividere le condizioni di marcia nei due tipi suddetti, con l’intesa di chiamare marcia libera quella in cui sono possibili dei sorpassi, marcia condizionata quella in cui non lo sono. La marcia condizionata è caratterizzata dal fatto che per una qualsiasi causa di disturbo può interrompersi, realizzando cosi quella condizione critica chiamata congestione (q=0; v=0; k>0). La conoscenza delle condizioni di marcia, necessaria per lo studio della capacità di una strada, è basata su due elementi: conoscenza pratica del deflusso ottenibile attraverso esperienze e rappresentazione teorica del deflusso mediante modelli. Per quanto riguarda l’aspetto teorico del deflusso, verranno presi in considerazione soltanto alcuni aspetti semplici riguardanti direttamente il problema del deflusso. La conoscenza dei modelli teorici risulta di estrema utilità per comprendere i fenomeni che stanno alla base del deflusso, per venire alla conoscenza di quei fatti che permettono di affrontare con un minimo di conoscenza i problemi legati alla capacità delle strade ed a quelli connessi con l’assegnazione ed il modal split. Specialmente per quanto riguarda la capacità e l’assegnazione è necessario avere una certa conoscenza dei fattori legati alla teoria del deflusso.

Definizioni La grandezza caratteristica per una valutazione quantitativa sull’andamento della circolazione e per la progettazione e gestione dei servizi di trasporto è il flusso di traffico. Definiamo: • il flusso f: il numero di veicoli che passano in una data sezione in un intervallo di tempo

(tipicamente 1h) [veic/tempo]; • la capacità qmax : il flusso massimo di una data sezione; • la velocità v: la distanza percorsa da un veicolo nell’unità di tempo; [spazio/tempo]; • la velocità di flusso libero vf : la velocità massima raggiunta quando il flusso è prossimo a zero; • la velocità ottima v0 : la velocità del flusso di traffico sotto condizioni di flusso massimo; • la densità di traffico d: il numero di veicoli presenti in un arco L di una infrastruttura di lunghezza

unitaria in un dato istante di tempo t* [veic/spazio]; • la densità di congestione dj : avviene sotto condizioni estreme di congestione quando la velocità

ed il flusso sono prossimi a zero; • la densità ottima d0 : si verifica sotto condizioni di flusso massimo. I valori di capacità e densità ottima non possono essere definiti in modo univoco, poiché la congestione può prodursi, con probabilità più o meno grande, in corrispondenza di un intervallo discreto di portate.

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Si suole, inoltre, definire velocità possibile la massima velocità commerciale che un conducente può mantenere con sicurezza su una strada, in corrispondenza di una certa portata oraria, intendendo per velocità commerciale la distanza totale percorsa, divisa per il tempo totale impiegato, compresi tutti i ritardi imposti dalla circolazione. Il limite superiore della velocità possibile è evidentemente la velocità di progetto della strada. Per poter scegliere l’ampiezza del periodo di rilevo di un flusso di traffico occorre osservare che deve essere sufficientemente ristretto per garantire che in esso il flusso veicolare sia abbastanza stazionario, cioè che il numero dei veicoli che transitano durante i piccoli intervalli nei quali può essere diviso questo periodo di tempo, non sia molto variabile; d’altra parte però deve essere anche abbastanza ampio perché si possa rappresentare la variabilità del flusso nel tempo con un numero non molto grande e non eccessivamente disperso di valori1. Si è ritenuto che l’ora sia il periodo di tempo che soddisfa questa esigenza e pertanto ci si riferirà alla portata oraria.

FIGURA 1 SEZIONE DI RILEVAMENTO DI UN FLUSSO DI TRAFFICO In relazione a cause esterne al flusso che possono influire sulla circolazione veicolare si distingue: • Deflusso ininterrotto: quando i veicoli che percorrono un tratto di strada non subiscono disturbo

per cause esterne alla corrente di traffico. • Deflusso interrotto: quando i veicoli invece subiscono disturbo per cause esterne alla corrente di

traffico.

I parametri e la relazione fondamentale del deflusso Lo studio teorico del deflusso stradale presenta notevoli difficoltà, per la composizione eterogenea del parco veicolare, per il carattere della marcia a vista, per la presenza di elementi estranei al deflusso (pedoni, veicoli in sosta, dispositivi di segnalamento come semafori, ecc.), che rendono discontinuo il fenomeno. Nello studio del deflusso su strada, i tre parametri caratteristici principali sono: il flusso di traffico o portata f, la concentrazione o densità d, la velocità media del deflusso v.

1 Se per esempio si vuole rappresentare la variabilità della portata durante un anno e ci si riferisce alla portata oraria, si debbono confrontare 24 x 365 = 8.760 valori; se invece si considera la portata relativa a 15 min, si ha un numero quattro volte più grande di valori i quali, per ragioni che vedremo più avanti, sono anche molto più dispersi.

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FIGURA 2 RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEI FLUSSI DI TRAFFICO

FIGURA 3 MISURA DI DENSITÀ DI TRAFFICO

Curve caratteristiche di def lusso I tre parametri di flusso, velocità e densità sono legati tra loro dalla seguente relazione

f = v * d per la costruzione dei diagrammi che legano le tre grandezze a due a due, si pongono le seguenti ipotesi:

• per densità uguale a zero (nessun veicolo lungo l’arco) il flusso è nullo (d=0 implica f=0); • un incremento della densità d implica un incremento del flusso f; • per valori di densità massimi, il flusso deve essere nullo;

Di conseguenza quando la densità aumenta il flusso inizialmente cresce fino ad un massimo (qm). Ulteriori aumenti di densità produrranno una riduzione del flusso, che eventualmente diventerà zero quando d = dj. Per velocità media del deflusso si intende la media delle velocità possedute dai veicoli che nell’unità di tempo transitano attraverso una sezione, oppure media delle velocità possedute dai veicoli che in un

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certo istante si trovano in un tratto di strada di lunghezza unitaria (vedremo più avanti quale velocità media dovremo considerare). Si noti che la (1) è dimensionalmente corretta in quanto:

1−== Ttempo

olinumeroveicq

1−== Lspazio

olinumeroveick

1−== LTtempospaziov

per cui: qTLTLkv ==×= −−− 111

La (1) è valida deterministicamente in condizioni di veicoli che si muovono incolonnati, senza sorpassi: in tale caso tutti i veicoli possiedono la medesima velocità che è anche la velocità media del deflusso veicolare. Viceversa per una situazione di marcia in cui sono possibili i sorpassi la (1) non è più valida deterministicamente, ma può essere utilizzata con significato statistico. Di seguito sono riportate le curve della funzione (1), che legano a due a due le grandezze caratteristiche del deflusso.

FIGURA 4 DIAGRAMMA FLUSSO-DENSITÀ

FIGURA 5 DIAGRAMMA VELOCITÀ - DENSITÀ

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FIGURA 6 DIAGRAMMA VELOCITÀ - FLUSSO

FIGURA 7 - CURVE CARATTERISTICHE DEL DEFLUSSO Nella curva (q, v), al calare di v dal limite v0, il volume q aumenta (perché cresce contemporaneamente k), fino ad valore massimo qmax=C, poi cala q fino a 0. Per quanto riguarda (k,v) si vede che la velocità media del deflusso diminuisce sempre al crescere di k. La causa di questa diminuzione va ricercata nella sempre maggiore difficoltà di manovra dei veicoli più veloci la cui marcia viene condizionata da quelli più lenti quanto più cresce k. La velocità, nel diagramma (q, k) espressa dal rapporto q/k, è rappresentata dalla tgβ. In particolare v0=tgα è la velocità di flusso libero.

Modell i di deflusso I modelli matematici che legano le tre grandezze flusso, velocità e densità possono classificarsi in:

• modelli stazionari qualora sia verificate le ipotesi che il numero di veicoli contenuti nel tronco non dipende dal tempo, il numero dei veicoli che nell’ intervallo di tempo attraversano una qualunque sezione del tronco non dipende dalla sezione considerata.

• Modelli non stazionari se le grandezze del deflusso possono variare,oltre che rispetto allo spazio, anche rispetto al tempo, quindi q(y,t)=K(y,t)v(y,t)

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Stazionari Non stazionari Greenshields Drew Greenberg (per infrastrutture con valori di densità medio-alte) Underwood Drake (per infrastrutture con valori di densità madio-basse)

Lighthill Whitham Paine Ross

Tra i modelli di deflusso stazionari (le cui grandezze fondamentali non dipendono punto per punto ne dal tempo e ne dallo spazio proposti in letteratura, il modello di Greenshields si contraddistingue per la sua semplicità. Questo modello si basa sull’ipotesi di assumere lineare la relazione tra velocità e densità come segue:

kkvvv o

o *−= (2)

indicando con vo la velocità di flusso libero cioè la velocità massima raggiunta quando il flusso è prossimo a zero e con k* densità di congestione cioè quel valore di densità sotto condizioni estreme di congestione quando la velocità ed il flusso sono prossimi a zero. Inoltre, combinando l’equazione (1) con l’equazione (2) si ottiene:

2

* kkvkvq o

o −= (3)

Infine, ricordando dall’equazione (1) che: k = q/v, si ottiene:

q

kvvvv o

o *2 −=

(4) Ovviamente queste tre relazioni sono sovrabbondanti, basta solo l’equazione di stato (1) ed una sola delle tre equazioni (2, 3 e 4). Le equazioni 3 e 4 ci permettono di determinare la densità e la velocità in condizioni di flusso massimo. Facendo la derivata dell’equazione (3) rispetto a k ed uguagliando a zero si ottiene:

202

*

*

kkkvkv

dkdq

co

o =⇒=−=

In modo simile dall’equazione (4) dq/dv = 0 si ottiene:

2o

cvv =

Questo significa che per il modello di Greenshields la velocità in condizioni di flusso massimo (capacità della sezione stradale) è la metà della velocità di flusso libero. Poiché il flusso è il prodotto della velocità per la densità, il flusso massimo (capacità) può essere espresso:

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4

*o

ccmvkvkq ==

Tutte le relazioni (2, 3 e 4) danno luogo ad una variazione del tipo indicate nel diagramma di Figura 7, in cui esse sono state correlate due a due. Nella fig. 7 sono riportati alcuni esempi di relazioni q, k, v ricavati sperimentalmente. La forma delle curve di fig. 7 dipende dalle condizioni medie, prevalenti e occasionali, della strada e del traffico, dalla composizione del deflusso e da molti altri fattori.

FIGURA 8 - RELAZIONI SPERIMENTALI FRA I PARAMETRI DEL DEFLUSSO: PORTATA-DENSITÀ; B) VELOCITÀ-DENSITÀ; C) VELOCITÀ-PORTATA (FONTE: HCM) Il modello di Greenshields è un modello macroscopico. Altri tipi di modelli sono stati sviluppati per descrivere come un veicolo seguirebbe un altro veicolo. Questi modelli sono detti modelli “car following” o modelli di flusso microscopico (poiché simulano il comportamento individuale del singolo veicolo e non il flusso aggregato).

Il livel lo di servizio Per gli scopi della progettazione stradale è in genere necessario definire le condizioni di esercizio in modo che esse possano essere poste a confronto con il costo di costruzione e si possa quindi

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scegliere la soluzione più conveniente. In questo caso si assume di solito come rappresentativo delle condizioni di esercizio il costo del trasporto assegnando opportunamente un costo a tutti gli oneri connessi col traffico. Quando invece ci si limita alla semplice descrizione delle condizioni in cui può svolgersi il traffico su una strada, oppure quando nella progettazione stradale si fissano a priori le condizioni di esercizio della strada rinunziando a confrontarle con il costo di costruzione, riesce particolarmente efficace un metodo creato negli Stati Uniti, il quale definisce le condizioni operative in funzione di due sole variabili, la velocità possibile e il rapporto Q/C tra la portata oraria e la capacità della strada. Si è ritenuto infatti che la velocità possibile, oltre a essere uno degli elementi caratterizzanti le condizioni di esercizio da un’idea abbastanza chiara del tempo di percorrenza, mentre il rapporto Q/C è un indicatore della libertà di guida, del confort, della sicurezza e quindi della economia del trasporto. L’intero campo delle condizioni operative illustrate per ciascun tipo di strada dai diagrammi di flusso è stato diviso in 6 intervalli, detti livelli di servizio, i cui confini sono stati definiti, per le diverse strade, in funzione della velocità possibile e del rapporto Q/C. Il livello di servizio (LdS) di una infrastruttura può essere definito come il grado con il quale il traffico presente sulla strada vincola il conducente durante la marcia. L'Highway Capacity Manual riconosce 6 livelli di servizio in relazione alla densità di traffico xD, connotati con le prime sei lettere dell'alfabeto (da A ad E, Figura 9).

FIGURA 9 LIVELLI DI SERVIZIO Ad essi si aggiunge un settimo livello F, nel quale la congestione azzera il passaggio dei veicoli (Tabella 1). In particolare si distingue:

• livello di servizio A: è una condizione di deflusso libero in cui non sono presenti interazioni tra i veicoli della corrente di traffico e le uniche restrizioni derivano dalle caratteristiche del veicolo e della strada. Questa condizione di deflusso è caratteristica di una corrente di traffico in cui i veicoli sono molto pochi tali da non ostacolarsi a vicenda. La velocità con cui l’utente può percorrere la strada in queste condizioni prende il nome di velocità libera di deflusso;

• livello di servizio B: la velocità di deflusso diminuisce a causa dell’interazione con altri veicoli

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ed i volumi di traffico si avvicinano ai valori massimi per corsia; • livello di servizio C: opera in regime di limite di capacità per corsia di marcia; • livello di servizio D: tipico dell’insorgere di fenomeni di congestione, con riduzione delle

velocità; inoltre le condizioni di deflusso sono condizionate anche da piccole disturbi nella circolazione come variazioni di velocità o frequenti cambi corsia;

• livello di servizio E: tipica della marcia stop-and-go con frequenti alternanze tra accelerazioni e decelerazioni;

• livello di servizio F: traffico totalmente paralizzato con velocità di deflusso prossima allo zero. TABELLA 1 - LIVELLI DI SERVIZIO: CONDIZIONI OPERATIVE

Livello Condizioni operative

A Condizioni di flusso libero, con bassi volumi di traffico ed elevate velocità. Sono praticamente nulle le restrizioni alla libertà di manovra dei conducenti; le velocità sono limitate solo dalle caratteristiche geometriche della strada o dai limiti imposti dall’Amministrazione.

B Zona di flusso stabile, in cui le velocità possibili cominciano a essere limitate in qualche modo dalle condizioni della circolazione; comunque i conducenti hanno sempre una ragionevole libertà di scelta sia della velocità sia della corsia di marcia.

C Zona del flusso stabile, ma le velocità e la libertà di manovra sono un pò più condizionate dalle più alte portate. La maggior parte dei conducenti vede limitata la propria libertà di scegliere la velocità, di cambiare corsia o di sorpassare; tuttavia si ottiene ancora una velocità possibile relativamente soddisfacente.

D

Si avvicina al flusso instabile; vengono mantenute velocità possibili accettabili anche se notevolmente influenzate dai cambiamenti delle condizioni della circolazione. Oscillazioni della portata e restrizioni temporanee del flusso possono causare notevoli riduzioni della velocità possibile. I conducenti hanno limitata libertà di manovra con scarso confort di marcia; queste condizioni sono tuttavia tollerabili per breve periodo di tempo.

E È rappresentativo della situazione che si crea quando le portate orarie si avvicinano o raggiungono la capacità della strada; in queste condizioni le velocità possibili sono quasi sempre comprese intorno ai 50 km/h. Il flusso è instabile e possono esservi temporanei arresti nella marcia dei veicoli.

F Caratterizza la fase di congestione. Come si è visto il flusso è instabile con frequenti arresti; le velocità sono basse e possono addirittura annullarsi. Si hanno densità molto forti mentre le portate diventano nulle. Queste condizioni generalmente si verificano quando code di veicoli si formano a causa di un ostacolo a valle.

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Tecnica dei Trasporti

30/4/2010 MONITORAGGIO FLUSSI DI TRAFFICO

Acquisizione di dati di traff ico lungo le reti stradali Presupposto indispensabile per l’analisi, la progettazione e la gestione di una qualsiasi tipologia di intervento sul sistema stradale, è la costituzione di un’adeguata catena informativa sullo stato di funzionamento del sistema stesso, a cui generalmente si fa riferimento col nome di sistema di monitoraggio del traffico. Questo quindi comprende l’insieme delle strumentazioni, delle funzioni e delle tecniche per il rilevamento, la trasmissione e la elaborazione dei dati di traffico necessari per il perseguimento degli obiettivi preposti. La complessità di un tale sistema è sostanzialmente funzione di tali obiettivi, quindi, della complessità del problema che si vuole affrontare. Elementi in tal senso significativi e che costituiscono anche criteri di classificazione dei sistemi stessi, sono: il numero e la tipologia di variabili da monitorare, l’architettura funzionale del sistema, la modalità di funzionamento, l’estensione temporale del monitoraggio, i metodi e le tecnologie adottate e, non da ultime, l’estensione e la struttura topologica dell’ambito spaziale oggetto del monitoraggio. Ciascuno di tali elementi, insieme ai vincoli sul costo del sistema di monitoraggio, costituisce condizionamento o vincolo per gli altri, motivo per cui la progettazione e realizzazione di un sistema di monitoraggio non può prescindere dalla conoscenza e dall’analisi approfondite di tutti i diversi elementi e delle loro interazioni. Il primo anello della catena informativa che compone un sistema di monitoraggio del traffico è costituito dalle tecniche e tecnologie per il rilievo delle caratteristiche del deflusso. Tralasciando per ovvi motivi i sistemi di rilevamento manuale, nei paragrafi seguenti sono descritte le principali tecnologie e le relative tecniche per il rilevamento automatico delle caratteristiche del deflusso. Tali tecniche si distinguono generalmente in tecniche che fanno uso di dispositivi fissi (siano essi di tipo intrusivo o non intrusivo nella sede stradale) dette anche infrastructure-based, e tecniche che utilizzano dispositivi mobili come i veicoli sonda, anche note come tecniche non-infrastructure-based. Le prime sono tecniche di rilevamento puntuale: i rilevatori (spire ad induzione, tubi pneumatici, videocamere, etc.) sono posizionati in punti fissi della rete e rilevano le caratteristiche del deflusso in tali punti. Le seconde si basano invece su tecnologie di rilevamento mobili: i rilevatori sono installati su veicoli sonda che percorrono la rete stradale sistematicamente (se si tratta di veicoli pilotati dal centro di controllo) o casualmente (se si tratta di auto private su cui è installato un rilevatore), trasmettendo con cadenza predefinita ad un centro di controllo ed elaborazione dati le informazioni sul deflusso relative alla posizione in cui si trovano. Esistono sostanziali differenze tra le due tecniche; esse non riguardano solo gli aspetti tecnologici del rilevamento e della trasmissione delle informazioni, ma si riflettono direttamente sulla metodologia di stima delle variabili del deflusso stesso. Di seguito è riportata una descrizione dei dispositivi fissi e mobili ad oggi disponibili per il monitoraggio del traffico sulle reti stradali (per la descrizione dei sistemi fissi, in particolare, si è fatto particolare riferimento, fra gli altri, alle “Linee guida per la progettazione dei sistemi di monitoraggio del traffico”, del Ministero dei Lavori Pubblici).

I dispositivi fissi

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Le più diffuse tecnologie di rilevamento di tale categoria possono essere distinte in rapporto al tipo di rilevatore adoperato che può essere posto nella pavimentazione (intrusivo), oppure entro o in prossimità della carreggiata (non intrusivo), come di seguito descritto.

1.1.1. Il rilevamento con tubi pneumatici La tecnica di rilevamento con tubi pneumatici rappresenta il più antico sistema automatico di misura delle portate stradali. Essa fa ricorso ad un sensore costituito da un tubo pneumatico posizionato sulla carreggiata e collegato ad un apparecchio contatore disposto al margine della strada. Il tubo pneumatico è costituito da un tubo di gomma pieno d’aria, disponibile, a seconda delle applicazioni, in varie lunghezze e con diametri interni da ¼” a ½” (considerato lo spessore, il suo diametro esterno è dell’ordine dei 12 mm); esso è steso sulla pavimentazione stradale in modo ortogonale alla direzione dei flussi di traffico ed è tenuto in posizione da appositi ganci fissati sulla superficie bituminosa. Quando le ruote di un veicolo schiacciano il tubo pneumatico, al suo interno si genera un’onda di pressione che si propaga verso le estremità e, giunta in corrispondenza dell’apparecchio di misura, aziona un interruttore a membrana (“air switch”) inserito in un circuito elettrico alimentato a batteria, generando un impulso nel contatore. L’apparecchio rilevatore effettua il conteggio dei veicoli facendo corrispondere ad ogni coppia di azionamenti dell’interruttore a membrana (ovvero al passaggio consecutivo di due assi sul tubo) un’unità di vettura equivalente; i conteggi sono pertanto espressi in unità di vetture equivalenti (u.v.e.) I vantaggi del rilevamento con tubi pneumatici risiedono nella facilità di installazione e rimozione dei sensori, nel costo contenuto e nella possibilità di garantire un funzionamento con batterie di autonomia di alcuni giorni. Gli svantaggi di tale tecnica sono però diversi:

• l’imprecisione di conteggio nel caso di flussi elevati (errori superiori al 20 %); • l’impossibilità di ricavare i dati del transito dei veicoli multiassiali (infatti un camion con sei assi

viene rilevato come tre u.v.e.); • l’incapacità, quando il tubo è fissato su una strada a più corsie, di selezionare gli impulsi d’aria

e ripartirli per corsia di appartenenza (tale problema potrebbe comunque essere superato con l’utilizzo di una logica elettronica in grado di effettuare la discriminazione);

• il rischio di rottura meccanica del tubo ad opera soprattutto dei mezzi pesanti; • il pericolo di stacco del tubo dalla pavimentazione stradale, il che, oltre a costituire un

elemento di fragilità del sistema, potrebbe trasformare il tubo stesso in una specie di frusta con conseguenti rischi per eventuali pedoni e per motociclisti.

1.1.2. Il rilevamento con cavi triboelettrici La tecnica di rilevamento con cavi triboelettrici è molto simile a quella che fa ricorso a tubi pneumatici. Tale sistema presuppone l’impiego di un cavo triboelettrico disposto nella pavimentazione stradale (in direzione ortogonale ai flussi di traffico) e collegato ad un rilevatore posizionato al margine della strada. Il cavo triboelettrico è costituito da un conduttore centrale (in fili di acciaio) circondato da materiale dielettrico, da un anello esterno di fili di acciaio intrecciati liberamente attorno al dielettrico e da un robusto rivestimento di plastica esterno. Il cavo ha un diametro dell’ordine di 4 mm e quindi infe-riore rispetto a quello del tubo pneumatico. I sensori triboelettrici possono essere utilizzati per rilevamenti sia temporanei che fissi. Nel primo caso, il cavo viene fissato alla superficie stradale usando un appropriato adesivo ovvero dei ganci, per cui l’installazione risulta rapida ed economica. Nel secondo caso, al fine di assicurare al cavo una maggiore protezione, è conveniente effettuare un taglio nella pavimentazione bituminosa e adagiarvi il sensore in modo leggermente sporgente rispetto alla superficie stradale. Il principio di funzionamento dei sensori triboelettrici si basa sull’effetto triboelettrico, ovvero l’elettrizzazione per strofinio di un materiale dielettrico. In pratica, quando le ruote di un veicolo passano sul cavo, i fili di acciaio dell’anello esterno del cavo sfregano la superficie del materiale dielettrico, elettrizzandolo, e provocando così un accumulo di carica elettrica; ciò comporta l’invio di un

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segnale elettrico e quindi la registrazione del passaggio dell’asse del veicolo. Pertanto, similmente ai tubi pneumatici, i cavi triboelettrici effettuano il conteggio dei veicoli in transito a partire dal rilevamento degli assi dei veicoli stessi. Rispetto però ai tubi pneumatici, i sensori tribo-elettrici sono da preferire poiché risultano più robusti e resistenti, meno visibili e comunque non molto più costosi.

1.1.3. Il rilevamento con spire induttive Il sistema di rilevamento dei dati del traffico con spire ad induzione magnetica è una delle tecniche di misura più ampiamente utilizzate. Tale sistema risulta costituito da una o più spire induttive posizionate in corrispondenza della carreggiata e collegate ad un apparecchio rilevatore posizionato ai margini della carreggiata. Una spira induttiva è un avvolgimento di filo elettrico costituita normalmente da uno o due giri di filo disposti secondo una forma quadrata o rettangolare (con lati di 2-3 m); il filo utilizzato è quello usuale degli impianti elettrici, con sezione di almeno 2,5 mm2 per ragioni di resistenza meccanica. Le spire possono essere installate sopra la pavimentazione stradale per rilevamenti temporanei, oppure anne-gate nel manto stradale, con la funzione di rilevatori permanenti. Nel primo caso, il filo è fissato alla pavimentazione stradale con appositi ganci e coperto con strisce di tela catramata al fine di impedirne il tranciamento al passaggio dei veicoli. Nel secondo caso, il filo è alloggiato all’interno di solchi (con profondità massima di 20 cm) praticati nella pavimentazione bituminosa per mezzo di una fresa. Le spire interrate sono sicuramente più protette rispetto a quelle appoggiate sulla superficie stradale, ma ciò non esclude che siano soggette a tensioni e torsioni, dal momento che il letto stradale tende a muoversi al passaggio dei veicoli pesanti e ai cambiamenti di temperatura. In ogni caso, una corretta installazione garantisce alle spire annegate una elevata durata. Una singola spira installata su una corsia stradale consente la misura della portata veicolare sulla base del seguente principio di funzionamento. La corrente elettrica fornita da un generatore a batteria (di cui è dotato l’apparecchio di misura) attraversa il filo costituente la spira, generando un campo magnetico. Quando la massa metallica di un autoveicolo transita sulla spira si verifica una variazione di questo campo magnetico riducendo l’intensità della corrente circolante nella spira. Questa variazione produce un segnale elettrico (che dura per tutto il tempo di permanenza del veicolo nella zona di rilevazione) consentendo così la segnalazione della presenza del veicolo e quindi il conteggio. L’apparecchio registratore è dotato di un timer interno per cui il conteggio può essere tradotto in portate veicolari su prefissati intervalli di tempo. È opportuno precisare che il tempo di occupazione da parte di un veicolo della zona di rilevazione dipende dalla lunghezza del veicolo stesso, nonché dal suo tempo di passaggio. Con una sola spira (Single-Loop) si misurano la portata veicolare, e la densità, con due spire induttive disposte su una stessa corsia (Double-Loop) è possibile risalire alla velocità istantanea dei veicoli in transito. Collegando ad un unico apparecchio rilevatore due spire di dimensioni note (con lato ls) e poste ad una distanza mutua prefissata d (circa 1m) la velocità istantanea del generico veicolo può essere valutata come:

ii

si tt

dlv12 −

+=

dove t1i e t2i sono gli istanti d’ingresso sulla prima e sulla seconda spira. I vantaggi della tecnica di rilevamento con spire induttive risiedono nella facilità di installazione dei sensori e nel costo contenuto di installazione. Questa tecnica di misura può comportare, tuttavia, una certa distorsione dei dati; infatti le spire conteggiano accuratamente i veicoli viaggianti a velocità medio/alte, ma generano errori considerevoli nei casi di basse velocità o di veicoli in fase di arresto. Inoltre per installarle occorre interdire il traffico ed utilizzare squadre e mezzi specializzati in lavori stradali. Accade spesso poi che interventi e scavi successivi o la semplice dilatazione del bitume dovuta alle variazioni di temperatura che esso sopporta durante il ciclo stagionale o, ancora, il

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passaggio di mezzi pesanti, causino la rottura del sensore richiedendo costosi interventi di manutenzione. Tale sensore inoltre, una volta installato, non è movibile. Pertanto, nonostante la sua grande diffusione e il suo alto rapporto efficienza/costo iniziale, in molti paesi si sta cercando una tecnologia alternativa, vista la sua facilità di rottura ed i relativi alti costi manutentivi.

FIGURA 10 - POSA IN OPERA DI SPIRE INDUTTIVE, A DESTRA IN CONFIGURAZIONE DOUBLE-LOOP.

FIGURA 11 - DISTORSIONE DEL CAMPO MAGNETICO TERRESTRE AL PASSAGGIO DI UN VEICOLO

1.1.6. Il rilevamento con sensori a microonde In alternativa ai tradizionali sensori installati sulla pavimentazione bituminosa, il rilevamento del passaggio e della velocità dei veicoli attraversanti una sezione stradale può essere effettuato mediante l’impiego di moderne tecnologie fuori terra, come i sensori a microonde o “microwave radar”. Tali sensori possono essere di due tipi.

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La prima tipologia è rappresentata dal “Doppler microwave radar”, ovvero dal radar ad effetto Doppler. Il dispositivo è costituito essenzialmente da un’antenna direzionale che emette, in un fascio assai ristretto, onde elettromagnetiche con frequenza costante dell’ordine dei 10 GHz (microonde); l’antenna ha anche una funzione ricevente e viene installata fuori dalla sede viaria, fissandola o ad un palo posto a bordo strada, ad un portale già esistente oppure al di sotto di un cavalcavia sovrastante la strada stessa. Il principio di funzionamento del sensore si basa sull’effetto Doppler-Fizeau, consistente nella modificazione della frequenza di un’onda elettromagnetica in presenza di moto relativo tra sorgente e ricettore. In dettaglio, quando l’onda (di frequenza f) emessa dall’antenna (sorgente fissa) incontra un veicolo in transito, quest’ultimo, a causa dell’effetto Doppler, riceve un’onda di frequenza variata (f’); una frazione di quest’onda viene riflessa dal ricettore e, sempre per il principio Doppler, viene rilevata dall’antenna con frequenza nuovamente variata (f’’): in tal caso, infatti, il veicolo si comporta da sorgente mobile di onde di frequenza f’ mentre l’antenna funge da ricettore fisso. La frequenza f’’ dell’onda riflessa ricevuta dall’antenna risulta differente da quella dell’onda emessa (f) e il rilevamento da parte del sensore di tale variazione di frequenza denota il passaggio del veicolo. La differenza tra la frequenza emessa e la frequenza riflessa risulta proporzionale alla velocità istantanea v del veicolo rilevato In virtù della proporzionalità tra la “frequenza Doppler-Fizeau” e la velocità del veicolo, il sensore a microonde è in grado di effettuare non soltanto il conteggio dei veicoli che attraversano il suo campo di rilevamento, ma anche la misura diretta della loro velocità istantanea La seconda tipologia di sensori a microonde è rappresentata dal “true-presence microwave radar”. La differenza sostanziale rispetto al primo tipo di radar a microonde risiede essenzialmente nella frequen-za dell’onda elettromagnetica emessa; mentre il “Doppler microwave radar” emette un’onda con frequenza costante, il “true-presence microwave radar” emette invece un’onda continua a frequenza modulata, la cui frequenza cioè varia continuamente nel tempo. Oltre al conteggio dei veicoli attraversanti il suo campo di azione ed alla misura diretta delle loro velocità, tale tipo di sensore consente di rilevare anche i veicoli fermi, per cui se collegato ad una centrale di controllo remota permette di segnalare in tempo reale eventuali incidenti o, comunque, condizioni di deflusso anomale. Entrambe le tipologie di radar a microonde presentano il vantaggio di non essere influenzate dalle condizioni atmosferiche, evitando problemi di degrado delle prestazioni a causa del maltempo o della nebbia. Tuttavia tali sensori risultano più costosi rispetto ai tradizionali rilevatori installati sulla superficie stradale, anche se nel lungo termine possono dimostrarsi più economici grazie al modesto onere di manutenzione.

1.1.10. Il rilevamento con immagini video Le tradizionali tecnologie di rilevamento automatico del traffico veicolare sinora analizzate offrono l’indubbio vantaggio di consentire misure prolungate nel tempo e con un buon livello di affidabilità, ma presentano gli inconvenienti di essere adatte al rilievo di pochi specifici parametri del deflusso (per lo più portata e velocità) e di avere un dominio spaziale di analisi piuttosto ridotto (rappresentato dalle sole sezioni stradali in cui sono posizionati i sensori di rilevamento). Le esigenze di superare i limiti suddetti hanno indirizzato, ormai da diversi anni, la ricerca verso lo studio e la sperimentazione di sistemi innovativi di rilevamento, basati su strumenti e tecnologie avanzate in grado, altresì, di accrescere i livelli di precisione ed affidabilità. Attualmente, gli sforzi più importanti della sperimentazione nel campo dei rilevatori di traffico sono rivolti all’affinamento dei si-stemi di monitoraggio video utilizzanti come sensori le telecamere. Il notevole interesse applicativo verso la tecnica di video-sorveglianza del traffico stradale è strettamente legato agli enormi vantaggi che essa può offrire rispetto ai sistemi di rilevamento tradi-

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zionali; tale tecnica, infatti, consente: • di fornire una grande quantità di informazioni, rendendo possibile il rilevamento non soltanto

dei classici parametri del deflusso veicolare (quali portata, velocità e densità) ma anche di dati di traffico impossibili o difficoltosi da acquisire con i metodi tradizionali (quali tipologia dei veicoli in transito, tasso di occupazione di un tronco stradale, presenza e lunghezza di coda, manovre di svolta, cambi di corsia, arresto dei veicoli, ecc.);

• di avere un dominio spaziale di analisi più esteso, il che rende possibile non soltanto rilevamenti puntuali su sezioni di infrastruttura, ma anche il monitoraggio di un tratto del ramo stradale di interesse (comunque limitato ad una lunghezza di circa 150 metri);

• di migliorare la qualità delle informazioni, potendo garantire, in condizioni ordinarie, percentuali di errore più contenute;

• di effettuare applicazioni multiple, che vanno (almeno in teoria) dal monitoraggio dei flussi di traffico alla sorveglianza dello stato e delle condizioni dell’infrastruttura viaria osservata4.

In linea generale, un sistema di monitoraggio video si basa sull’impiego di telecamere, le quali consentono di rilevare con continuità le scene di traffico che si svolgono su un tronco stradale. Le te-lecamere offrono dunque una rappresentazione spazio-temporale del deflusso veicolare che non ha eguali in termini di informazione potenziale. Tuttavia, la determinazione dei parametri del traffico a partire dalle immagini filmate risulta niente affatto semplice e immediata. Per ottenere le informazioni di interesse occorre infatti un’attenta analisi ed elaborazione delle immagini provenienti dalle telecamere; in altre parole, è necessario un “trattamento” del filmato attraverso delle metodologie rigorose che consentano sia di interpretare il contenuto di ciascuna immagine (analisi spaziale) sia di correlare sequenzialmente i contenuti delle immagini stesse (analisi temporale). Il trattamento delle scene di traffico riprese può essere svolto automaticamente, attraverso l’impiego di hardware e software specializzati capaci di svolgere con rapidità un gran numero di operazioni e di gestire una gran mole di dati. Il processo automatizzato di trattamento delle immagini filmate è indicato in letteratura con la sigla T.A.I. (Trattamento Automatico di Immagini) e, nonostante i notevolissimi progressi degli ultimi decenni, costituisce ancora oggetto di ricerche tese a migliorare la precisione ed affidabilità delle misure ottenibili. Un sistema di rilevamento video basato sul trattamento automatico delle immagini di traffico risulta strutturato in maniera più complessa, avvalendosi di una serie di strumenti operativi, quali:

• una o più telecamere che ricevono le immagini di traffico, convertendole in segnale elettrico; • un videoregistratore (da impiegare solo nel caso di trattamento automatico a posteriori) che

registra su cassette le scene di traffico filmate; • un convertitore analogico-digitale che trasforma il segnale elettrico uscente dalla telecamera

(o dal videoregistratore) in forma digitale; • un elaboratore, munito di software specializzato, che provvede alla manipolazione delle

immagini digitali fornite dal convertitore ed alla conseguente valutazione delle variabili di traffico di interesse.

FIGURA 12 – MONITORAGGIO BASATO SU IMMAGINI VIDEO

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Il sistema è semplificato nel numero di componenti utilizzate nel caso in cui si utilizzino telecamere digitali. Il trattamento automatico delle immagini prevede l’uso di un (personal) computer che, dotato di un software, interviene sulle immagini digitalizzate (provenienti dalla telecamera o dal videoregistratore) conducendo un insieme di operazioni specifiche (matematiche, morfologico-matematiche, statistiche e di altro genere) volte all’ottenimento dei parametri significativi del traffico veicolare. Gli sviluppi dei sistemi di TAI sono stati lenti in ragione delle enormi difficoltà incontrate nel corso degli anni dalla ricerca scientifica del settore: limiti di potenza di calcolo degli elaboratori, costi eccessivi, entrambi indotti dalla notevole mole di dati in input. I primi sistemi che sono stati concepiti hanno aggirato le difficoltà computazionali ed economiche riducendo il volume delle informazioni da trattare; ciò è stato perseguito sia processando un numero ridotto di immagini (per esempio un’immagine su 4, su 8, o addirittura su 24) sia limitando l’ampiezza del dominio spaziale di analisi (cioè processando non l’immagine intera ma una sua piccola finestra, del tutto assimilabile ad un rilevatore puntuale posto sull’immagine del tronco stradale monitorato). Successivamente, i continui progressi tecnologici compiuti nel campo dell’elettronica hanno reso possibile il ricorso a (personal) computer capaci di maggiori prestazioni, con la conseguente estensio-ne delle procedure di trattamento a domini spazio-temporali più ampi. Attualmente studi sono ancora in corso presso molti centri di ricerca del settore. In rapporto all’estensione del dominio spaziale di riferimento, è possibile classificare i sistemi di TAI esistenti in commercio in due grandi categorie:

• sistemi di trattamento di zone limitate dell’immagine; • sistemi di trattamento dell’intera immagine utile.

I sistemi della prima categoria, i cosiddetti “tripwire sistems”, rilevano i veicoli analizzando i pixel contenuti in piccole finestre o linee selezionate nell’immagine. La filosofia di questo approccio trae spunto dai sensori a spira induttiva e viene ripreso il concetto di area sensibile localizzata al centro della corsia stradale; tale applicazione viene chiamata pertanto Loop emulation o VIL (Virtual Inductive Loop)

FIGURA 13 - IMMAGINI E SPIRE VIRTUALI SU PIÙ CORSIE (FONTE: TRAFICON)

I sistemi di loop emulation fanno uso di una immagine di riferimento (comunemente detta di background o sfondo) con cui viene poi confrontata l’immagine contenuta nella finestra predefinita del frame. L'immagine di riferimento però non può essere sempre la stessa ma deve aggiornarsi a seconda delle condizioni climatiche (la variazione della luminosità e della visibilità dovuta a eventi atmosferici).

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Questo aggiornamento deve essere fatto quando nella finestra non sono presenti veicoli, e per risolvere questo problema sono stati sviluppati degli algoritmi che capiscono come e quando aggiornare l'immagine di background. Ogni telecamera può monitorare più corsie essendo così in grado di sostituire più spire induttive. La telecamera, tramite opportuni algoritmi può interfacciarsi direttamente alle connessioni preesistenti eventualmente predisposte per le spire induttive. I sistemi tripwire sono, dunque, più adatti a raccogliere dati lungo arterie stradali ove è dato per normale un flusso unidirezionale, il numero degli accessi laterali e delle intersezioni è ridotto e la situazione di congestione è un evento raro. Essi consentono di effettuare il conteggio dei veicoli, di misurarne la velocità media su tratti di qualche decina di metri e di effettuarne una classificazione sommaria, sulla base della loro lunghezza, tra poche misure di riferimento. Trovano facilmente applicazione in autostrade e superstrade. Questi sistemi richiedono un semplice set-up con pochi parametri da impostare, sono poco sensibili nei confronti delle oscillazioni delle telecamere, implicano un basso carico computazionale grazie al limitato numero di pixel in esame. Sono tuttavia vulnerabili nei confronti di riflessi ed ombre, necessitano di complessi algoritmi per l'esercizio notturno e di accuratezza nella scelta delle dimensioni dei traguardi sensibili, al fine di evitare errate associazioni tra fari e numero di veicoli transitati. I sistemi della seconda categoria, detti anche “tracking systems” trattano la totalità dell’immagine o, quantomeno, la parte dell’immagine relativa al solo tronco stradale visualizzato. Questi sistemi sono in grado di rilevare tutti i veicoli che si trovano su un’immagine e di seguirli nelle immagini successive, riuscendo così a garantire una quantità di informazioni superiore a quella fornita dai classici sensori puntuali. Poiché con tale applicazione si vogliono misurare anche parametri di più alto livello semantico come il riconoscimento degli stati del traffico (congestione, blocco dovuto a incidente o rallentamenti a causa di condizioni meteo critiche etc.) o le traiettorie dei singoli veicoli, il problema fondamentale consiste nello sviluppo di un algoritmo veloce ed affidabile per la individuazione e l’inseguimento (tracking).

FIGURA 14 - STIMA DEL MOTO DEI VEICOLI MEDIANTE RIPRESE

Le performance dei sistemi di TAI attualmente presenti sul mercato sono variabili e dipendono da numerosi fattori (condizioni di installazione delle telecamere, condizioni meteorologiche e di luminosità, tipologia di trattamento adoperata). In linea generale si può comunque affermare che tali sistemi garantiscono delle misure di elevata precisione ed affidabilità, tendenti a confermare le indicazioni

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fornite dai diversi produttori: • precisione di conteggio variabile tra il 90% ed il 100%; • tasso di errore sulla misura della velocità compreso fra il 3% ed il 10%; • tasso di errore sulla misura del tasso di occupazione di circa il 10%; • tasso di errore dell’ordine del 10% sul rilevamento della lunghezza di coda agli incroci o ai

caselli di pagamento del pedaggio; • precisione di circa il 97% nella classificazione dei veicoli sulla base delle loro caratteristiche

geometriche visibili (lunghezza e larghezza). E’ opportuno segnalare che l’applicazione di detti sistemi è notevolmente onerosa e non esclude eventuali difficoltà operative, legate essenzialmente:

• alle condizioni meteorologiche (pioggia, neve, vento, nebbia), le quali possono alterare la leggibilità delle immagini;

• alle condizioni ambientali (variabilità della luminosità nell’arco della giornata, presenza di ombre, effetti di abbagliamento dovuti al sole sotto certe inclinazioni);

• agli effetti di mascheramento dovuti alla vegetazione, ai veicoli di grande sagoma, ecc.; • agli effetti distorcenti derivanti dalla visione prospettica delle immagini.