Elementi di Economia Politica- Cap7
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Monopolio e concorrenza monopolistica.
Passiamo ora ad analizzare l’equili brio di monopolio, ovvero quel mercato in cui opera una
sola impresa. I motivi per cui può determinarsi una situazione di monopolio sono diversi, a seconda
del tipo di barriere all’entrata che si vengono a determinare.
- Possesso esclusivo di inputs fondamentali per la produzione. Ad esempio il proprietario di una
zona che contiene una sorgente di acqua minerale sarà l’unico a poter vendere quell’acqua.
Analogamente, chi detiene il brevetto di una particolare invenzione può sfruttarlo per produrre un
bene non imitabile: l’esempio classico è quello delle macchine fotografiche a sviluppo istantaneo
della Polaroid. I brevetti sono una fonte importante di posizioni monopolistiche, su cui dunque
torneremo nel seguito;
- Licenze governative. Il governo può ritenere opportuno produrre determinati beni direttamente, o
affidare la produzione a imprese private in regime di monopolio tramite licenze.
- Economie di scala. Si hanno economie di scala quando all’aumentare della dimensione di impresa
il costo medio di produzione si riduce, come vedremo più approfonditamente in un capitolo
successivo. In tali situazioni l’ impresa più grande opera a costi unitari minori, quindi il mercato
tende ad essere servito da un’ unica impresa molto grande, in condizioni di monopolio. Il
monopolio originato da economie di scala viene anche detto monopolio naturale.
In tutte queste situazioni è impossibile per altre imprese entrare sul mercato: quindi l’ impresa
monopolista potrà vendere a tutti i consumatori. Di conseguenza, la curva di domanda dell’ impresa
monopolista coincide con la curva di domanda di mercato.
Quale sarà la produzione ottima del monopolista? Come abbiamo visto, il profitto sarà
massimo quando il ricavo marginale delle vendite eguaglia il costo marginale di produzione. Mentre
le curve dei costi dell’ impresa monopolista saranno del tutto analoghe, nel breve periodo, alle curve
dei costi delle imprese concorrenziali, il ricavo marginale in monopolio non coincide con il prezzo.
Infatti, supponiamo che l’ impresa monopolista venda ad un prezzo pari a 0B in figura 7.1. A
tale prezzo corrisponde una domanda pari a 0A, e quindi un ricavo totale pari all’area del rettangolo
0ACB. Se l’ impresa vuole aumentare le vendite di una unità, e passare dunque dal vendere 0A ad
0D, il mercato sarà disposto ad assorbire questo aumento delle vendite solo se il prezzo si riduce da
0B ad 0E. Il ricavo marginale, dunque, sarà sempre inferiore al prezzo. In particolare, quando le
vendite aumentano fino ad 0D il ricavo sarà pari all’area del rettangolo 0DFE. Il ricavo marginale,
ricordiamo, è dato dalla variazione nei ricavi connessa alla vendita di una unità aggiuntiva di bene.
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Quindi il ricavo marginale può essere misurato nel grafico dalla differenza tra il ricavo dopo
l’aumento delle vendite, ODFE, e il ricavo precedente, OACB. Esaminando la figura, possiamo
vedere che il ricavo aumenta dell’area del rettangolo ADFG, che fornisce l’aumento nei ricavi
legato all’aumento delle quantità vendute al nuovo prezzo, e si riduce dell’area del rettangolo
EGCB, che dà la riduzione nei ricavi sulle quantità vendute in precedenza, dovute alla riduzione del
prezzo. In altri termini, quando la quantità aumenta (∆∆Q = AD) il prezzo si riduce (∆∆P = BE) a
partire da una quantità iniziale Q = 0A = GE = BC, e da un prezzo iniziale P = 0E = AG = FD. Il
ricavo marginale (RM ), abbiamo detto, è la differenza tra le aree dei due rettangoli che abbiamo
individuato, cioè
RM = ADFG - EGCB = (AD· FD) - (EG· BE) = [∆Q· (P-∆P)] - (Q· ∆P)
RM = ∆Q· P - ∆Q· ∆P - Q· ∆P
Il secondo termine a destra del segno di eguale è molto piccolo rispetto agli altri, e può essere
trascurato1. Poniamo in evidenza P· ∆∆Q, moltiplicando e dividendo per P· ∆∆Q dove necessario. Si
ottiene:
Ma la frazione in parentesi è l’ inversa dell’elasticità di domanda η, per cui
1 Si veda la nota 1 a pagina 30.
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Quindi, per variazioni unitarie della quantità prodotta (∆Q=1), il ricavo marginale è dato da
RM = P· (1 - 1/η)
Quanto maggiore l’elasticità di domanda, tanto minore sarà la distanza tra prezzo e ricavo
marginale del monopolista2. Notiamo anche che quando la domanda è inelastica (η<1) il ricavo
marginale diviene negativo, e quindi l’ impresa monopolista non avrà convenienza a produrre. In
termini grafici, dunque, la curva del ricavo marginale del monopolista sarà sempre al di sotto della
curva di domanda (per ogni quantità prodotta, infatti, il prezzo deve risultare superiore al ricavo
marginale), e per una curva di domanda lineare il ricavo marginale sarà una retta decrescente, come
quella in figura 7.2, che incontra l’asse delle ascisse per quella quantità cui corrisponde una
elasticità di domanda unitaria3.
In figura 7.2 abbiamo riportato le consuete curve del costo marginale e del costo medio. Come
si è detto, il profitto dell’ impresa sarà massimo quando il ricavo marginale coincide con il costo
marginale, come nel punto A in figura. La produzione ottimale è dunque pari a Q*, e il mercato è
disposto ad assorbire questa quantità ad un prezzo pari a P*, dato dalla curva di domanda.
2 Se l’elasticità di domanda è infinita, come per l’ impresa in concorrenza perfetta, ricavo marginale e prezzo coincidono. 3 E’ facile mostrare che per curve di domanda lineari le curve del ricavo marginale avranno pendenza doppia rispetto alla curva di domanda.
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Per calcolare il profitto del monopolista è necessario verificare quale sia il costo medio di
produzione in corrispondenza di Q*. In figura il costo medio sarà pari a 0D, per cui il profitto per
unità di prodotto sarà dato dalla differenza tra il prezzo di vendita P* e il costo medio, e quindi dal
segmento DP* = BC. Il profitto totale sarà pari all’area del rettangolo DCBP*.
E’ possibile effettuare un confronto tra i risultati di equili brio in monopolio rispetto a quelli
ottenibili i n concorrenza perfetta. Immaginiamo che il bene venduto da un monopolista al prezzo
P*, prodotto in quantità Q*, sia prodotto invece da moltissime imprese in concorrenza perfetta, con
curve dei costi marginali che, sommate tra loro, coincidano con la curva del costo marginale del
monopolista.
In questa situazione ipotetica, come sappiamo, la curva di offerta di mercato si ricava dalle
curve del costo marginale, e l’equili brio si stabili rà nel punto C, per una quantità prodotta pari a Qc,
venduta ad un prezzo di mercato pari a Pc.
L’equili brio in monopolio, era invece determinato dall’ incontro tra ricavo marginale e costo
marginale nel punto A, in corrispondenza di una quantità prodotta pari a Q* ed un prezzo di
mercato P*. Un' impresa monopolista tende a produrre quantità inferiori rispetto a mercati
concorrenziali, e a far prevalere prezzi più elevati. Ma oltre questo risultato possiamo dimostrare
anche che il monopolio produce una riduzione nel benessere collettivo. Infatti, lo scambio di
mercato in concorrenza perfetta produce un surplus per il consumatore pari all’area del triangolo
CDPc in figura. In monopolio, invece, il surplus del consumatore si è ridotto all’area del triangolo
BDP*. Una parte del surplus del consumatore in concorrenza perfetta viene acquisita dal
monopolista sotto forma di profitti: questa parte è data dall’area del rettangolo EBP*Pc, che fa
parte del surplus del consumatore in concorrenza perfetta, ma fa parte del profitto d’ impresa in
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monopolio. Il triangolo ECB, invece, fa parte del surplus del consumatore in concorrenza perfetta
ma in monopolio non rimane al consumatore, né viene acquisito dall’ impresa: l’area di questo
triangolo rappresenta dunque una perdita netta per la società nel suo complesso derivante dall’
esistenza del monopolio.
La perdita di benessere dovuta al monopolio è uno dei motivi per cui la maggior parte dei
paesi sviluppati ha introdotto una legislazione che limita o vieta la formazione di monopoli. Una
eccezione è costituita dalla tutela dei brevetti che, come abbiamo visto, è una possibile fonte di
potere monopolistico. In questo caso il ragionamento del legislatore può essere così semplificato: il
processo di creazione di nuove tecnologie, nuovi prodotti ecc. può essere lungo e costoso. Se non
esistesse una tutela delle nuove scoperte, un inventore non realizzerebbe alcun profitto dalla ricerca
e dall ' innovazione, in quanto chiunque potrebbe imitare la sua invenzione e riprodurla. La
possibili tà di poter vendere un bene coperto da brevetto per un certo periodo, e realizzare quindi un
extra-profitto monopolista, consente alle imprese di ripagare i costi legati al processo di ricerca e
sviluppo legati all’ innovazione. Quindi la maggior parte dei Paesi tutela il processo innovativo
tramite i brevetti, che hanno comunque una durata limitata, legata teoricamente al periodo di tempo
necessario alle imprese per coprire i costi della ricerca.
Un’ impresa che operi in condizioni di monopolio è in grado di aumentare ulteriormente i suoi
profitti, appropriandosi di una parte ulteriore del surplus del consumatore, se è in grado di effettuare
una discriminazione di prezzo. L’aumento massimo del profitto si ha quando l’ impresa può
discriminare perfettamente i consumatori, ad esempio con un meccanismo di asta in cui la prima
unità del bene viene venduta al prezzo massimo (OD in figura 7.3), la seconda unità viene venduta
ad un prezzo solo leggermente inferiore, e così via. Quando l’ impresa ha venduto Q* unità di bene,
sull’ultima unità venduta avrà realizzato il prezzo P* . Se l’ impresa può realizzare questa
discriminazione tra i consumatori - nota come discriminazione di prezzo del primo tipo - il suo
profitto sarà maggiore, rispetto al caso di non discriminazione del prezzo, dell’area del triangolo
DBP* , e l' impresa si sarà appropriata per intero del surplus del consumatore.
La discriminazione di prezzo del secondo tipo si ha quando è possibile dividere i consumatori
in due categorie, con preferenze diverse rispetto al bene venduto. Un esempio è quello del traffico
telefonico di famiglie ed imprese, in cui è presumibile che le imprese ricavino un beneficio
maggiore dall’utili zzo del telefono rispetto alle famiglie, e siano quindi disposte a pagare un prezzo
più elevato, ed è semplice per la società che vende il servizio sapere se i consumatori appartengono
all’una o all’ altra categoria. In tal caso l’ impresa potrebbe vendere lo stesso bene a prezzi
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differenti, ad esempio potrebbe vendere le prima Qc unità del bene alle imprese ad un prezzo Pc, e
le quantità ulteriori fino a Qb alle famiglie ad un prezzo Pb. In tal modo, rispetto alla situazione di
assenza di discriminazione di prezzo, i profitti saranno più elevati dell’area data dal rettangolo
PcCDPb4.
Torneremo a parlare di imprese monopoliste più avanti, quando affronteremo le scelte
connesse alla dimensione di impresa, o scelte “di lungo periodo” . Vediamo invece ora qual è il
comportamento ottimale nel breve periodo di una impresa che opera in concorrenza
monopolistica. Come si è detto, la concorrenza monopolistica è quella forma di mercato in cui
esistono numerose imprese che producono beni simili ma non identici. Un mercato di concorrenza
monopolistica può essere generato dalla differenziazione del prodotto, ad esempio imprese che
producono beni identici possono adottare una strategia di vendita che rende il proprio diverso
rispetto agli altri agli occhi dei consumatori. Tale strategia può essere realizzata da campagne
pubblicitarie, dal confezionamento del prodotto, dalle modalità della sua distribuzione, dall’
aggiunta al prodotto di servizi aggiuntivi, e così via. Fintanto che l’ impresa riesce a differenziare il
proprio prodotto da quello dei concorrenti si troverà ad operare a tutti gli effetti come un
monopolista. La quantità ottima di produzione nel breve periodo sarà dunque data dall’ incontro tra
la curva dei costi marginali e la curva, decrescente, dei ricavi marginali, come già visto in figura 7.2
per il monopolio. Una importante differenza rispetto al monopolio è data dalla diversa elasticità di
4 La discriminazione di prezzo del terzo tipo si ha quando l’ impresa può vendere lo stesso bene su mercati separati. Per un’analisi di questo caso si vedano gli esercizi a questo capitolo e la relative soluzioni.
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domanda. Mentre il monopolista vende un bene che non ha sostituti diretti, l’ impresa in concorrenza
monopolistica opera in un mercato con numerosi beni simili : di conseguenza l’elasticità di domanda
per quest’ultima impresa sarà sempre più elevata rispetto a quella che avrebbe in monopolio.
Inoltre, nei mercati di concorrenza monopolistica non vi sono barriere all’ entrata come nel
monopolio: l’ ingresso e l’uscita delle imprese dal mercato, che studieremo più avanti nel testo,
differenzia ulteriormente la concorrenza monopolistica dal monopolio puro.
Un’altra forma interessante di concorrenza monopolistica è data dalle dimensioni spaziali del
mercato, e dai costi che il consumatore deve sostenere per spostarsi da un mercato ad un altro.
Pensiamo ad esempio ad un negozio di vendita al dettaglio di formaggi. Quest’ impresa sa che i
consumatori che abitano nelle vicinanze devono sostenere un costo per spostarsi presso altri
fornitori: è quindi in grado di far pagare ai propri clienti un prezzo più alto di quanto potrebbe
raggiungere in concorrenza perfetta. Finchè il prezzo più elevato che il consumatore paga al proprio
fornitore non supera il costo di cercare altri fornitori, l’ impresa può guadagnare un extra-profitto.
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Esercizi
1. Determinate graficamente la quantità ottima di produzione di un'impresa monopolista, e il corrispondente profitto medio.