Elaborato Pedago Mod 3 1

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SIMONETTA LEONARDI IULINE A.A. 2007/2008 ANALISI DI UN CASO Dalla lettura del libro “Il coraggio di educare” emerge un quadro in cui si pone l’accento sulla difficoltà di educare le nuove generazioni in virtù di condizioni ormai riscontrate quali il variato ruolo dell’istituto familiare che da predominante nell’educazione è divenuto a seguito dei rapidi cambiamenti socio-culturali uno dei soggetti partecipanti al processo. Anche il contesto sociale in cui la famiglia si colloca è caratterizzato da forti cambiamenti, primo tra tutti l’affermarsi di un fenomeno che viene definito “relativismo”, in cui manca un pensiero forte condiviso a favore di tante correnti di pensiero estemporanee e transitorie. Quindi da un lato una famiglia che non ha il coraggio di educare perché educare non è facile, è un processo lungo, coerente, che necessita del possesso di competenze

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elaborato per l'esame di pedagogia

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SIMONETTA LEONARDIIULINE

A. A. 2007/2008

ANALISI DI UN CASO

Dalla lettura del libro “Il coraggio di educare” emerge un quadro in cui si pone l’accento sulla difficoltà di educare le nuove generazioni in virtù di condizioni ormai riscontrate quali il variato ruolo dell’istituto familiare che da predominante nell’educazione è divenuto a seguito dei rapidi cambiamenti socio-culturali uno dei soggetti partecipanti al processo. Anche il contesto sociale in cui la famiglia si colloca è caratterizzato da forti cambiamenti, primo tra tutti l’affermarsi di un fenomeno che viene definito “relativismo”, in cui manca un pensiero forte condiviso a favore di tante correnti di pensiero estemporanee e transitorie.

Quindi da un lato una famiglia che non ha il coraggio di educare perché educare non è facile, è un processo lungo, coerente, che necessita del possesso di competenze personali e interpersonali, di testimonianza di modelli validi, di autorevolezza, di capacità profetiche e progettuali, di papà salmone e di soufflè ben cucinati.Dall’altro lato una società in un turbinoso movimento che non riesce a sostituire modelli comportamentali sociali,culturali, religiosi dichiarati obsoleti con altri più moderni altrettanto validi.In mezzo la scuola che ha il compito di formare l’uomo e il cittadino, come recitavano i programmi ministeriali dell’85 ormai in disuso.

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SOCIETA’SOCIETA’

FAMIGLIAFAMIGLIA

SCUOLASCUOLA

La scuola non può agire da sola; studiando il processo educativo in questo corso abbiamo imparato che le varie parti del sistema devono interagire coerentemente, la loro somma non corrisponde alla loro totalità, troppo spesso quando la scuola evidenzia dei problemi,la famiglia assume un atteggiamento da “sindacalista” dei propri figli, fino a negare l’evidenza dei fatti e a rimbalzare la responsabilitàalle insegnanti accusate di non saper fare il loro lavoro e di non capire i loro alunni.Questo fenomeno crea in noi docenti un effetto “paralizzante” poiché diventa sempre più difficile assolvere al nostro ruolo di educatori senza la condivisione di analisi e di strategie educative con i genitori che vedono i loro figli perfetti dalla nascita, che non necessitano più di essere educati ma solo valorizzati.Il risultato è che la trasmissione di valori, anche quelli più condivisi è diventata una operazione non riconosciuta più come fondante ma opzionale. Il vuoto lasciato è troppo spesso colmato da disvalori veicolati dai media o da tendenze di moda o da modelli riconducibili al branco, modelli pericolosi talvolta devianti.Questi disvalori non vengono percepiti come tali, poiché nel loro processo di assimilazione si “trasfigurano” fino ad essere riconosciuti come valori.Porto a sostegno di questa tesi un fatto che alcuni anni fa mi ha molto indignata.Una nota marca di jeans la Levi’s ha promosso una campagna pubblicitaria su TV e stampa in cui lo slogan recitava “BASTARDO DENTRO”. Lo slogan era associato all’immagine di un ragazzo dall’aspetto non salutare,viso pallido parzialmente coperto da capelli arruffati, espressione strafottente, schiena incurvata, mani in tasca, jeans

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scesi con il cavallo al ginocchio, insomma un’immagine borderline. Mi ricordo che questa pubblicità ha avuto una presa molto forte nei giovani che presto hanno cominciato ad usare questa espressione dispregiativa con una valenza positiva. Improvvisamente essere bastardi non era più un insulto ma un vanto, la cosa più preoccupante non è relativa al campo semantico ma ai comportamenti devianti a cui l’espressione alludeva, il diventare qualcuno, l’avere una visibilità anche a prezzo di comportamenti non rispettosi. Nel tentativo non riuscito di supportare con l’immagine in questione il mio commento ho fatto una ricerca su Google e ho scoperto che questa espressione è ancora molto gettonata tanto che ho visionato più di dieci pagine di elenchi di siti e blog nominati in questo modo e un’ innumerevole serie di foto persino di neonati così commentate e per finire una buona dose di video demenziali.

Potrei continuare con una lunga serie di situazioni analoghe, una per tutte, la recente campagna pubblicitaria dei prodotti dei noti stilisti a marchio Dolce e Gabbana. Nelle immagini pubblicitarie compaiono equivoche scene collettive in cui si evocano

situazioni delinquenziali e persino un ipotetico stupro di gruppo ai danno di una donna

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Osservando queste due disgustose immagini, ancora più disgustose se penso che sono state create per promuovere la vendita di beni di lusso,mi viene in mente ciò che afferma il prof. Charmet descrivendo il bambino a cui sono ispirate le “Nuove Indicazioni Nazionali” per la scuola primaria. Egli sostiene che il nuovo modello di bambino non è più il bambino con il complesso di Edipo perché nella famiglia moderna con i ruoli padre-madre completamente confusi, egli non sa più con chi identificarsi.Come nella teoria di Watzlavick, il nuovo bambino emergente è il bambino Narciso che per esistere ha bisogno di specchiarsi precocemente nel gruppo dei pari, a seconda dei messaggi di conferma o disconferma che riceve crea la sua identità la percezione di se stesso, perciò pur di ricevere segnali di accettazione e di gradimento è disposto a fare qualsiasi cosa, anche picchiare un compagno disabile, tanto per ritornare alla nostra situazione di partenza.Questa analisi è calzante con le due immagini sopra proposte le quali presentano proprio la situazione in cui il protagonista depravato è osservato da compagni compiacenti che lo rispecchiano. Se per esistere, per riconoscermi come persona, non vengo più sostenuto e guidato da una famiglia, una scuola, una società formata per farlo, il rischio che corro è che posso farlo magari attraverso percorsi perversi.Il compito della scuola in questi scenari che si vengono delineando è di fondamentale importanza, in primo luogo perché l’azione educativa della scuola non ha carattere di estemporaneità ma è un

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processo strutturato, condiviso, progettato, profetico. Affinché abbia esito positivo questo progetto deve essere però sostenuto e condiviso da tutte le agenzie e gli istituti che gravitano intorno all’individuo da formare.

Fortunatamente, anche se la dimensione dei fenomeni di disagio giovanile e di carenza educativa sono estesi, l’equifinalità dei sistemi ci dice che anche a parità di condizioni le risultanti di un processo possono essere diverse, e quindi solo una minima parte dei giovani giunge a gesti tanto sconsiderati e drammatici, che però, con la loro drammaticità, ci rivelano che per formare un individuo libero, autonomo, responsabile, che non cada nelle scorciatoie e nei tranelli della vita, che riconosca il bene e il male per sé e per gli altri abbiamo bisogno sia come genitori che come educatori di quel coraggio di educare e di testimoniare da cui eravamo partiti. Dobbiamo puntare ad educare una persona che sia veramente “socio” anche se non vive nelle società illetterate, che si faccia prossimo, che accetti l’imperfezione e l’errore per sé e per gli altri in una prospettiva di una società veramente umana.

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L’educazione è il processo-prodotto della COMUNICAZIONE che si avvale di regole per attuarsi che vanno tenute in alta considerazione dall’educatore (5 assiomi di

Watzlawick). Metacomunicazione, momento riflessivo per risolvere i problemi della

comunicazione.La relazione comunicativa è un SISTEMA APERTO con tre proprietà

TOTALITA EQUIFINALITA’ RETROATTIVITA’ Interdipendenza capacità di giungere a diversi feed-back Risultati dallo stesso punto di partenza

La SINCERITA’ modalità di comportamento della speranza e dell’autonomia, superamento dello script che in AT rappresenta il copione,un individuo libero,autonomo,responsabile è anche sincero. La sincerità è un processo-prodotto, metacomunicazione continua e perenne,rispetto del sé e dell’altro

La SOLITUDINE vivere in intimità con se stessi sapersi fare compagnia. Berne suddivide il tempo della vita in 6 momenti,solitudine, passatempi,riti,giochi,lavoro,intimità. Solitudine come risultato di un dialogo interiore,