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ELABORATO FINALE Le influenze della pittura di Hieronymus Bosch in The Monk di Matthew Gregory Lewis

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ELABORATO FINALE

Le influenze della pittura di Hieronymus

Bosch

in The Monk di Matthew Gregory Lewis

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Estratto

Il presente elaborato si propone di analizzare la connessione tra il romanzo gotico inglese,

sviluppatosi a partire dalla seconda metà del XVIII secolo e la pittura; in tale contesto, verranno

trattate le analogie fra il romanzo The Monk scritto da Matthew Gregory Lewis (1775-1818) e

pubblicato nel 1796 e il pittore Hieronymus Bosch (1450-1516), evidenziando la tematica relativa

all’analisi psicologia dell’inconscio. Lewis fa emergere la degradazione psicologica ed etica del

protagonista, il monaco Ambrosio, il quale avviluppato tra la tentazione e i piaceri terreni, da

un’apparente posizione di santità si rivela dannato; egli infatti cede alla trappola del Male,

personificato da Matilda e commette omicidi. Allo stesso modo, trecento anni prima, il pittore

Bosch aveva dipinto l’abiezione morale dell’uomo, comprendendo anche la casta religiosa ed

aristocratica, preda e vittima di desideri lascivi.

Il primo capitolo presenta alcuni luoghi privilegiati del Revival Gotico che diventano

“setting” dei romanzi gotici: il giardino, il castello e il convento; essi si configurano come

microcosmi dove vige esclusivamente la legge dell’autorità dominante, che si presenta

incorruttibile, mentre nei meandri sotterranei dimostra la sua vera natura immorale.

Il secondo capitolo confronta cinque quadri di Bosch le cui peculiarità sembrano ripetersi in

alcuni passi e personaggi estratti dal romanzo di Lewis; le tavole sono: “I Sette Peccati Capitali”,

“Trittico delle delizie” e “Trittico del carro di fieno”, conservate al Museo del Prado di Madrid.

Esse esemplificano come l’uomo sia facilmente attratto da piaceri frivoli cadendo nel peccato al

pari di Ambrosio. Il “Trittico delle tentazioni di sant’Antonio”, esposto al Museo National de Arte

Antigua di Lisbona, si concentra sulla figura del santo come modello di integrità in quanto è riuscito

a vincere la tentazione ed è richiamato da Ambrosio nel momento in cui quest’ultimo cerca di

dominare il Male affrontandolo e non evitandolo. “La Nave dei Folli”, conservata al Museo del

Louvre di Parigi riguarda, in generale, la corruzione della casta religiosa.

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La conclusione ribadisce il collegamento tra letteratura ed arte nel genere gotico facendo

emergere gli aspetti più nascosti della natura umana a lungo repressi in nome del giusto vivere

civile.

IL REVIVAL GOTICO

Il Settecento è considerato il secolo della ragione, in quanto si propone di applicare

un’analisi razionale a tutti i possibili campi dell’esperienza umana. A partire dalla seconda metà del

secolo, in opposizione al principio razionalista, si comincia a valorizzare ciò che è irrazionale,

istintivo, emotivo e soggettivo; la ragione, perciò, non ha più il dominio assoluto. In modo

particolare in Inghilterra si diffonde un nuovo gusto definito anticlassico e culturalmente si assiste

al recupero del mondo medioevale e all’esaltazione del selvaggio: brughiere, boschi, castelli e

conventi diventano i luoghi privilegiati dagli scrittori e dai pittori. Oltre alle caratteristiche più

lugubri del paesaggio bisogna sottolineare l’emergere degli aspetti più tenebrosi della psiche

umana, che preannunciano la nascita della nuova sensibilità romantica e determinano un

allontanamento dalle rassicuranti certezze dell’Illuminismo.

La ricerca dell’orrido e di effetti terrorizzanti rappresentava anche il riflesso di un profondo

senso di timore ed incertezza dettato dalle modificazioni politiche e sociali apportate in particolare

dalla Rivoluzione Francese e dalla Rivoluzione Industriale. La Rivoluzione Francese rappresenta il

crollo definitivo dell’ordine sociale gerarchico radicato da secoli, niente è più sacro e stabile, ma

tutto può essere messo in discussione e rovesciato. A seguito della Rivoluzione Industriale

l’aristocrazia inglese viene privata delle sue proprietà fondiarie ed è costretta a cambiare ruolo; la

società non è più concepita con un modello a piramide, ma come un sistema in cui si affermano

concetti quali mobilità sociale e competizione. L’attività artigianale e l’esperienza manuale vengono

sostituite dal lavoro industriale che stabilisce tempi e movimenti; si assiste così all’invasione della

macchina e della fabbrica che sovrastano il paesaggio naturale come forze demoniache e distruttive.

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Nel contesto culturale, in questo periodo trova espressione il movimento definito «gothic

revival1» caratterizzato da «un interesse erudito per l’archeologia e un gusto sentimentale per la

decadenza2». Il primo ambito nel quale esso si afferma è l’architettura, nel quale vengono

privilegiate la progettazione e la costruzione di dimore e di chiese che rispecchiano i canoni

medioevali. La tendenza a continuare la tradizione dell’architettura gotica è legata anche all’attività

degli «antiquari», la cui Società, abolita sotto Giacomo I, viene rifondata nel 1707.

Il termine «gotico» nei primi decenni del Settecento riguarda « tutto ciò che non è

classico3»; si riferiva infatti allo stile romanico che si riteneva fosse stato introdotto dalla

popolazione barbara dei Goti durante il periodo delle invasioni. L’aggettivo « gotico » in

architettura è riferito sia alla pesantezza degli edifici, sia alla leggerezza e fantasia di ispirazione

araba e viene concepito come negazione delle regole di simmetria e di purezza di linee dell’arte

greca e come opposizione, nella quantità di elementi decorativi, all’ essenzialità strutturale della

concezione classica: «…la bellezza dell’architettura gotica […] consiste nell’audacia e

nell’irregolarità dei suoi elementi4».

Lo scrittore Horace Walpole in Anecdotes of Painting sottolinea il carattere emotivo nel

recupero del passato, basato sulle sensazioni e sui sentimenti «…è difficile che il superbio tempio

greco possa ispirare alla mente metà delle impressioni che vengono suscitate da una cattedrale del

miglior gusto gotico […] Bisogna avere gusto per essere sensibili alle bellezze dell’architettura

greca; bastano le passioni per essere sensibili a quella gotica5 ». Il campo d’indagine dell’artista in

generale, sia esso architetto, pittore o scrittore non è più quindi lo spettacolo esteriore e quotidiano,

ma un percorso interiore solo all’apparenza tranquillizzante e famigliare, che porta al regno

dell’oscuro, del disusato, del tenebroso e terrificante, della notte e del sogno.

1 K. Clark, The Gothic Revival, Harmondsworth, Penguin, 1962, citato in M. Billi, a cura di, Il gotico inglese: il

romanzo del terrore 1764-1820, Il Mulino, Bologna, 1986, p.9 2 K. Clark, The Gothic Revival, op. cit. , p. 133

3 M. Billi, a cura di, Il gotico inglese: il romanzo del terrore 1764-1820, op. cit., p. 133 4 Ibidem, p. 134 5H. Walpole, Anecdotes of Painting, Strawberry Hill press, Strawberry Hill, 1762, citato in M. Billi, a cura di, Il gotico

inglese: il romanzo del terrore 1764-1820, op. cit. , p.135

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Un altro ambito culturale nel quale emerge lo spirito gotico è la pittura, in particolare la

rappresentazione dei paesaggi. Lo studioso Kenneth Clark ha osservato che esiste un legame tra

l’ammirazione per i paesaggi, soprattutto italiani e spagnoli, per la sublime maestosità delle

montagne, per la varietà architettonica incontrata nel Grand Tour di molti viaggiatori inglesi, tra i

quali Thomas Gray e Horace Walpole, e una nuova concezione della natura, un nuovo gusto

estetico e quindi nuovi concetti di bellezza e arte. Tutto questo porta ad una diversa ideazione e

strutturazione delle dimore e dei rispettivi giardini. Se la natura è molteplice, l’arte che la imita deve

esprimere questo carattere di irregolarità e di mescolanza di elementi. Il gotico è legato ad una

concezione della natura particolarmente potente, o meglio, prepotente e terrorizzante; montagne,

foreste, rocce ed oceani comunicano il particolare sentimento del sublime.

Eˋ James Addison che descrive per primo i piaceri dell’immaginazione capaci di «conferire

incanto ad un mostro» e «suscitare un piacevole tipo di orrore nella mente6». Pleasures of

Imagination (1714), segna l’inizio del pittoresco come forma d’arte, che sottolinea l’importanza

della vista e viene definito dal teorico John Gilpin come il tipo di bellezza naturale che appare in un

dipinto. Il paesaggio è filtrato attraverso i quadri, particolarmente grazie alle opere di Claude

Lorrain e di Salvator Rosa. Tra gli oggetti d’arte, il gusto pittoresco si focalizza sugli eleganti resti

dell’architettura antica: la torre in rovina, l’arco gotico, i ruderi di castelli ed abbazie. Dalla visione

pittoresca ci si sposta verso l’irregolarità della natura, gli aspetti tenebrosi e orridi delle finte rovine

dei giardini che fanno presagire la presenza di luoghi oscuri all’interno dell’uomo, dove nascono i

sentimenti e le passioni, ciò che successivamente verrà chiamato inconscio.

Nella seconda metà del XVIII secolo il fenomeno architettonico delle « finte rovine » trova

espressione in campo letterario nella raccolta di poesie Night Thoughts (1742-1745) di Edward

Young, in The Grave (1743) di Robert Blair e soprattutto in Elegy Written in a Country Churchyard

(1751) di Thomas Gray, opere ambientate tra torri diroccate ed abbandonate che simboleggiano la

perdita di sicurezze secolari in ogni aspetto umano e la costante presenza della morte. L’elemento

6 J. Addison, Pleasures of Imagination, in Spectator, Oxford, Oxford University Press, 1960, citato in M. Billi, a cura

di, Il gotico inglese: il romanzo del terrore 1764-1820, op. cit., p.21

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che collega le rovine al gotico, sia in architettura sia in letteratura, è la dimensione del passato, le

età trascorse di cui non si hanno tracce, ma che vengono evocate nella loro grandezza tramite

imprese eroiche. Tuttavia, si tratta solo di un ricordo perché gli edifici intatti non esistono più.

Inoltre, nella poesia di Thomas Gray la rovina identificata come sepoltura segna l’ingresso in un

mondo tenebroso che sottolinea la fragilità del destino umano nei confronti della potenza della

natura in tutti i suoi elementi.

Un’altra espressione culturale che emerge in Inghilterra in questo periodo è il romanzo

gotico, anch’esso favorito da questa nuova sensibilità per il lato oscuro del subconscio. Si sosteneva

che la letteratura gotica derivasse soprattutto dall’emergere di esperienze personali represse

nell’universo negativo di ciascuno. Tali esperienze venivano richiamate alla memoria attraverso

personaggi che incarnavano desideri, paure, ansie sempre censurate in nome di un’esistenza

equilibrata basata su principi razionali illuministici. Tali espressioni perturbanti erano la reazione

direttamente opposta al rigore ed alla logica del ‘secolo dei Lumi’. Le principali scene si svolgono

all’interno di luoghi privilegiati come il giardino, il castello e il convento. In modo particolare

castello e convento diventano microcosmi dove vige esclusivamente la vincolante legge del principe

o dell’abate e dove vengono attuate atroci punizioni per coloro che osano trasgredirla. Lo scopo era

suscitare forti emozioni usando elementi quali paura, angoscia e turbamento che possano provocare

terrore, come emerge nel saggio di Edmund Burke “A Philosophical Enquiry into the Origin of

Our Ideas of Sublime and the Beautiful” (1756); in tale opera Burke si propone di trovare leggi

estetiche partendo dai sentimenti degli uomini, dalla loro insoddisfazione nei confronti dell’uso

esclusivo della ragione. Egli si propone di spiegare razionalmente i moti dell’animo oscuri e

misteriosi e il senso del sublime, il più forte sentimento dell’animo umano. Il sublime viene

raggiunto quando il terrore suscitato dal dolore e dal pericolo, o da oggetti paurosi, è rivissuto

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come «forma di diletto colmo di orrore7» ; è così che la ragione riflette il mondo tenebroso

dell’angoscia e del mistero.

Il primo romanzo gotico The Castle of Otranto (1764) di Horace Walpole, si concentra

principalmente sulla ricostruzione del periodo medioevale. La vicenda narrata è ambientata in un

castello e consiste nella restaurazione del legittimo erede del principato di Otranto attraverso

elementi sovrannaturali, in particolare, le apparizioni di spettri e le gigantesche dimensioni

dell’elmo e della spada dell’ultimo principe legittimo di Otranto, Alfonso. Tali caratteristiche, unite

alla grandiosità, di derivazione piranesiana, dell’architettura del castello stesso, suscitano nel lettore

un sentimento di “Terror”. Successivamente, il romanzo gotico si interiorizza ed esercita un effetto

di “Horror” sul lettore. M. G. Lewis in The Monk (1796) si focalizza sugli aspetti psicologici e

sull’inconscio del protagonista; l’atmosfera erotica e sadica che avvolge le tappe della degradazione

del Monaco permette anche di cogliere lo scetticismo del secolo verso l’autenticità della vocazione

religiosa delle vita dei conventi.8 Lewis dunque compie con sottigliezza un ritratto psicologico del

protagonista che dall’essere considerato quasi un santo, diviene preda e vittima della tentazione.

7E. Burke, Inchiesta sul Bello e il Sublime, Aesthetica edizioni, Palermo, 1985, citato in M. Billi, a cura di, Il gotico

inglese: il romanzo del terrore 1764-1820, op. cit, p. 23 8 P. Bellman Nerozzi, L’altra faccia del romanzo: creatività e destino dell’anti-realismo gotico, Cisalpino-Goliardica,

Milano, 1984, p.29

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DIPINTI DI BOSCH E LA TRASPOSIZIONE IN THE MONK

Il dipinto I SETTE PECCATI CAPITALI (1475 – 1480) conservato al Museo del Prado di Madrid è

tra le prime opere di Bosch.

Hieronymus Bosch, I Sette Peccati Capitali, 1475-1480(?), Olio su tavola, cm 120x150, Madrid, Museo del Prado

La tavola apparteneva al re di Spagna Filippo II che la volle appesa nella sua camera da letto

per favorire le sue meditazioni, in quanto essa rappresenta un’analisi del destino dell’umanità. Le

immagini dei peccati sono poste intorno ad un cerchio che raffigura l’occhio di Dio, nella cui

pupilla Cristo è raffigurato mentre emerge dal sepolcro e mostra le proprie ferite. Intorno alla

pupilla sono scritte le parole: «Cave cave deus videt» («Attenti, attenti, Dio vede»); ciò che Dio

vede è riflesso nel cerchio esterno dell’occhio e si tratta dei sette peccati capitali: Ira, Superbia,

Lussuria, Accidia, Gola, Avarizia, Invidia.

L’Ira mostra il litigio di due uomini davanti ad una locanda; la Superbia mostra una donna

vanitosa che ammira il suo nuovo copricapo senza notare che un diavolo con uno stravagante

berretto le sta reggendo lo specchio; la Lussuria presiede al tradimento di alcune coppie sotto una

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tenda; l’Accidia è personificata da un uomo sazio che sonnecchia davanti ad un camino e una donna

che si vede entrare nella stanza da sinistra con in mano un rosario e che lo richiama ai doveri morali

trascurati; la Gola ci fa vedere uomini che divorano avidamente tutto ciò che porta in tavola la

massaia; l’Avarizia è rappresentata da un giudice corrotto e l’Invidia da un pretendente respinto che

osserva geloso il rivale più fortunato.9

L’ordine circolare sta a significare la presenza costante del peccato. Coloro che hanno

abbandonato Dio devono temerne lo sguardo e ciò è confermato dalle scritte poste sui cartigli. Su

quello superiore si legge: «Sono un popolo insensato e in essi non c’è intelligenza. Se fossero saggi

capirebbero, rifletterebbero sulla loro fine» e su quello inferiore: «Io nasconderò loro il mio volto e

vedrò quale sarà la loro fine» (Deuter. 32, 28/29; 20). Tale fine è rappresentata agli angoli della

tavola nei quattro cerchi che raffigurano i Quattro Misteri Novissimi: in alto la Morte e il Giudizio

Finale e in basso l’Inferno e il Paradiso. L’idea dell’occhio divino che dal cielo sorveglia l’umanità

è tipica dell’uomo medioevale che doveva percepire questo controllo come un impedimento

benevolo alle proprie inclinazioni peccaminose. L’occhio divino di Bosch risponde a questo scopo;

dal momento che esso riflette i sette peccati capitali, ha anche la funzione di uno specchio che

mostra al peccatore la propria anima deformata dal peccato (infatti lo specchio era il tipico simbolo

collegato al peccato di orgoglio). Il peccatore vede però contemporaneamente nell’immagine di

Cristo che appare nella pupilla il rimedio per questa degenerazione.

E’ possibile perciò ritenere che questa tavola servisse alla meditazione e ad un esame di

coscienza a cui doveva dedicarsi ogni buon cristiano prima della confessione dei peccati.

9 W. Bosing , Hieronymus Bosch 1450 ca.-1516 tra cielo e inferno, Taschen, ln, 2010, p.26

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Un’opera che vuole rappresentare la corruzione della Chiesa è LA NAVE DEI FOLLI

Hieronymus Bosch, La Nave dei Folli, (1490-1550), Olio su tavola, cm 57,8x32,5, Parigi, Musée National du Louvre

La tavola è l’evidente parodia dell’immagine della nave della Chiesa con il suo equipaggio

di preti che trasporta, invano, il suo carico di anime cristiane verso il porto sicuro del cielo. Il

vessillo rosa porta, al posto del crocifisso, la mezzaluna turca, simbolo di vanità o del Diavolo e tra

i rami dell’albero si nasconde una civetta, simbolo di eresia. I monaci trascurano i loro doveri per

dedicarsi alle dissolutezze mondane: un monaco ed una suora cantano a squarciagola, un altro suona

il liuto e tutti si dedicano a giochi amorosi. Il riferimento al peccato della lussuria viene sottolineato

anche dal piatto con le ciliegie e l’orcio con il vino, mentre il peccato di gola è rappresentato dal

contadino che taglia un’oca arrosto.

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Accanto alla nave ci sono due nuotatori, uno dei quali tende una ciotola vuota per avere ancora

vino. L’albero maestro corrisponde all’albero della cuccagna delle feste paesane, durante le quali il

popolo e i chierici erano uniti nei festeggiamenti e nelle dissolutezze. Infine l’immoralità della

scena è accresciuta dalla figura del buffone con un berretto a forma di orecchie d’asino e il viso

sogghignante che beve avidamente seduto al posto di comando. Lussuria ed intemperanza erano

denunciati come vizi caratteristici degli ordini ecclesiastici nel XV secolo e Bosch ben sottolinea

l’immoralità di suore e monaci anche nel dipinto più tardo Il carro del fieno.

Ora è possibile fare un accostamento tra i peccati degli ecclesiastici dipinti da Bosch e il

protagonista Ambrosio in The Monk di Lewis. Il peccato di Orgoglio emerge in Ambrosio già dalla

sua descrizione fisica: gli occhi e lo sguardo, la fronte rilassata simbolo dell’assenza di

preoccupazioni, la voce e le parole che pronuncia nel suo sermone.

He was a man of noble port and commanding presence. His stature was lofty, and his features

uncommonly handsome. His nose was aquiline, his eyes large, black and sparkling, and his

dark brows almost joined together. His complexion was of a deep but clear brown; study and

watching had entirely deprived his cheek of colour. Tranquillity reigned upon his smooth

unwrinkled forehead; and content, espressed upon every feature, seemed to announce the man

equally unacquainted with cares and crimes. […]. Still there was a certain severity in his look

and manner that inspired universal awe, and few could sustain the glance of his eye, at once

fiery and penetrating. Such was Ambrosio, abbot of the Capuchins, and surnamed ‘The Man of

Holiness’10

.(p. 20)

Si può notare come gli aggettivi “noble port”, “commanding presence”, “lofty stature” e

“handsome” sottolineino un bell’aspetto che stride con le caratteristiche meno appariscenti

comunemente attribuite ad un religioso. Lo sguardo assume una notevole rilevanza: “his eyes

large, black and sparkling”, “his dark browns almost joined together”, “severity in his look”,

“universal awe”, “glance of his eye”, “fiery” e “penetrating” sono termini che spiegano il

potere ipnotico del personaggio, caratteristica tipica del villain.

10 Tutte le citazioni del romanzo saranno tratte da Lewis Matthew Gregory, The Monk [1796], Penguin Classics,

London, 1998 e il numero di pagina sarà indicato fra parentesi.

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Ambrosio sembra essere lo strumento della punizione divina; la sua voce provoca terrore ed

evoca nelle persone le punizioni per i loro peccati. L’effetto delle parole di Ambrosio su Antonia

viene descritto nei seguenti termini: “…the sound of his voice seemed to penetrate into her very

soul” (p.20) e più avanti: “In language nervous, clear, and simple, the monk expatiated on the

beauties of religion” (p.21).

Il personaggio di Don Christoval ascrive la severità di Ambrosio all’assenza di ogni peccato

nel suo animo, leggiamo infatti della sua: “unsullied conscience… Soul untainted with reproach”

(p.21). Egli era assolutamente intransigente con i fedeli e con i confratelli, tuttavia questo aspetto

denota l’assenza della virtù cristiana della ‘mercy’.

Too great severity is said to be Ambrosio’s only fault! Exempted himself from humain failings,

he is not sufficiently indulgent to those of others; and though strictly just and disinterested in his

decisions, his government of the monks has already shown some proofs of his inflexibility.

(p.23).

Il peccato di orgoglio compare anche nel successivo episodio che si riferisce al sogno del

personaggio Lorenzo all’interno della chiesa dei Cappuccini. In realtà si tratta di una premonizione;

egli sogna Antonia, dalla quale era rimasto molto colpito, nel giorno del suo matrimonio con

Ambrosio che, trasfigurato in mostro, cerca di trascinarla verso l’Inferno: “…his form was gigantic;

his complexion was swarthy, his eyes fierce and terrible; his mouth breathed out volumes of fire,

and on his forehead was written in legible characters – ‘Pride! Lust! Inhumanity!’” (p.28).

Ulteriore conferma dell’orgoglio di Ambrosio si ha nel secondo capitolo, dedicato al suo

rientro nel convento dopo il sermone. Quando è solo, egli dimostra la propria vanità, nascosta da

un’apparenza umile. Ambrosio è convinto di essere superiore e privo di peccati, per questo non li

perdona negli altri: “…he dismessed them with an air of conscious superiority, in which humility’s

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semblance combated with the reality of pride” (p.38). L’orgoglio è il peccato più grave perché

associato a Lucifero.

La natura orgogliosa di Ambrosio viene ripresa in una digressione successiva che spiega

l’evoluzione del suo carattere e la repressione dei suoi impulsi da parte dei monaci. A seguito

dell’abbandono da parte della famiglia, gli era stato imposto uno stile di vita ed un’educazione

religiosa: egli era diventato una sorta di progetto dei frati, che però non riescono a reprimere del

tutto la sua natura ribelle.

It was by no means his nature to be timid: but his education had impressed his mind with fear so

strongly, that apprehension was now become part of his character. […] he had a warrior’s heart

[…] his abilities were quick and shining, and his judgment vast, solid, and decisive.[…] The

abbot, a very monk, used all his endeavours to persuade the boy that happiness esisted not

without the walls of a convent. […] in order to break his natural spirit, the monks terrified his

young mind, by placing before him all the horrors with which superstition could furnish them

[…] He was suffered to be proud, vain, ambitious, and disdainful: he was jealous of his equals,

and despised all merit but his own: he was implacabile when offended, and cruel in his revenge

[…] his ambition was justified by his acknowledged merit, and his pride considered as no more

than proper confidence.[…] As yet his other passions lay dormant, but they only needed to be

once awakened, to display themselves with violence as great and irresistibile. (p.204-206)

Un altro importante peccato che emerge in Ambrosio è la Lussuria che lo porta a cedere alle

tentazioni di Matilda / Rosario e a corrompere l’innocente natura della sorella Antonia. Lewis

sottolinea il turbamento del monaco, la fusione di anxiety e delight11

che prova quando cede alla sua

seduttrice. Egli è vittima e carnefice e la sua voluttà passa attraverso il magico e il demoniaco fino

all’auto-distruzione. Presto la passione per Matilda non è più sufficiente e la sua lussuria si

amplifica quando la diabolica tentatrice lo alletta facendogli apparire la bellezza dell’innocente

Antonia nello specchio: “She put the mirror into his hand. Curiosity induced him to take it, and

love, to wish that Antonia might appear” (p.232).

Ambrosio è un’eroe confuso e dagli impulsi contradditori perché repressi e la soluzione a

tale complessità sembra essere sempre l’atto violento che tuttavia, come nel caso dello stupro di

11 G. Franci, La messa in scena del terrore. Il Romanzo Gotico inglese (Walpole, Beckford, Lewis), op. cit., p.138

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Antonia, gli comunicheranno un sentimento di disgust. Egli è un personaggio che non riesce ad

assimilare il cambiamento e ogni idea o evento inaspettati rappresentano fonte di ansia. In lui ci

sono vari momenti di turbamento: il novizio Rosario, in realtà una bellissima donna, lo disorienta

suscitando in lui ‘a thousand opposing sentiments’; al primo approccio con Matilda egli è

‘confused, embarrassed, and fascinated’; al primo sguardo di Antonia prova ‘a thousand new

emotions’; quando è incapace di sedurre Antonia con mezzi convenzionali è pervaso dalla vergogna

e ‘the most horrible confusion’; quando Matilda gli promette di aiutarlo utilizzando la magia nera

‘his hand trembles as she leads him toward the vaults’; infine, quando è sorpreso da Elvira, che in

realtà è sua madre, sul letto della sorella Antonia nel momento di climax negativo, è bloccato ‘by

terror, confusion, and disappointment’.12

L’episodio della prigionia di Ambrosio nelle celle dell’Inquisizione sembra richiamare il

dipinto di Bosch “I Sette Peccati Capitali”, nel particolare riferito alla Morte. Ambrosio aspetta la

propria condanna a morte e nella sua perversione emerge un lato più umano; egli ha paura della

sofferenza, della tortura, degli interrogatori e della morte stessa. La pagina finale che contempla la

punizione atroce del monaco, in sette giorni, è l’inverso della Creazione e si presenta come la

riscrittura della creazione del mondo13

.

Nel romanzo di Lewis è importante richiamare la dinamica degli spazi: l’asse verticale che

lega la cattedrale e il convento ai relativi sotterranei trova una corrispondenza con l’animo del

monaco. Le dimensioni alto / basso si associano alla menzogna pubblica di Ambrosio, che dalla

superiorità del pulpito recita il suo sermone come religioso puro e integerrimo, esempio di virtù,

mentre nel basso della sua cella mistifica la propria lussuria e le dà libero sfogo; i suoi peccati

raggiungeranno un climax nel sotterraneo, dove Ambrosio partecipa a riti satanici e viola e

assassina l’innocente Antonia. Quindi dall’alto della sua posizione all’inizio del romanzo, il monaco

precipita nell’abisso dove avviene anche la sua punizione, come una sorte di giustizia infernale.

12

Robert ierly, “Lewis’s The Monk: A Brutal Revolt against the Limits of Human Nature” (1973),in Victor Sage, The

Gothic Novel: A Casebook, London, Macmillan Education Ltd, 1990, p.141 13 G. Franci, La messa in scena del terrore.Il Romanzo Gotico inglese (Walpole, Beckford, Lewis), op. cit., p.120

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Nella rivelazione dell’inganno del Male ancora una volta vengono sottolineati i peccati di orgoglio,

vanità e lussuria di Ambrosio nei termini “pride”, “vanity”, “seduction”, “flattery” e “lust”.

And you it was who thought yourself proof against temptation, absolved from human frailties,

and free from error and vice! Is pride then a virtue? Is inhumanity no fault? Know, vain man!

that I long have marked you for my prey: I watched the movements of your heart; I saw that you

were virtuous from vanity, not principle, and I seized the fit moment of seduction.[…] Your

pride was gratified by her flattery; your lust only needed an opportunità to break forth; you ran

into the snare blindly[…] Scarcely could I propose crimes so quick as you performer them.[…]

Here is your bond signed with your blood. (p.375).

Inoltre l’architettura della cattedrale con la sua verticalità iperbolica e l’oscurità labirintica dei

sotterranei si può associare all’orgoglio smisurato di Ambrosio e alla tortuosità del suo animo, così

come l’esplorazione del sottosuolo del convento corrisponde a quella dei sentimenti proibiti che il

monaco persegue sempre deviando dalla chiarezza e dalla verità.

Anche per il convento di St. Claire è possibile riferirsi alla dinamica alto / basso. Il

convento è uno spazio di forze nascoste e represse, di delittuose menzogne, di riti macabri e crudeli,

e corrisponde non solo ad Ambrosio ma anche alla badessa, colpevole della condanna di Agnes, e al

tribunale dell’Inquisizione, che opera nei sotterranei con mezzi violenti e non leciti, risultando

un’istituzione propensa alla repressione piuttosto che al perdono e alla liberazione dal peccato.

La scissione tra alto e basso nel convento, tra ciò che è mostrato e ciò che veramente si agita

nei suoi sotterranei, corrisponde alla scissione nell’animo di Ambrosio e anche della badessa, tra il

ruolo che essi impersonano e la loro vera natura, in particolare gli strumenti di corruzione che la

badessa utilizza come pratiche repressive fino alla distruzione. In Ambrosio e nella badessa si

concretizza una sorta di sdoppiamento dell’animo .

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Nel quadro I sette Peccati Capitali e precisamente nel cerchio riferito all’Inferno, si possono

rintracciare due elementi accostabili al testo di Lewis.

Primo : le fiamme e il fumo che rievocano l’incendio del convento di St. Claire e il tumulto della

folla, del mobile vulgus14

che vuole uccidere la badessa. Come si legge nel romanzo, “The rioters

poured into the inteerior part of the building […]. The flames rising […]. The walls were soon

shaken […]. The convent was wrapped in flames, and the whole presented a scene of devastation

and terror” (p.307).

Secondo : il corpo di una donna semisdraiata con un rospo, simbolo del diavolo o del sortilegio,

posato sopra il suo ventre, ricorda Agnes nella prigione sotterranea del convento a seguito della

punizione inflittale dalla badessa.

14

R. Paulson , “Gothic Fiction and the French Revolution”, ELH, Vol. 48, N.3 (Autumn,1981), pp.532-554

Page 17: Elaborato finale estratto

Sometimes I felt the bloated toad, hideous and pampered with the poisonous vapours of the

dungeon, dragging his loathsome length along my bosom. Sometimes the quick cold lizard

roused me, leaving his slimy track upon my face, and entangling itself in the tresses of my wild

and matter hair. Often have I at waking found my fingers ringed with the long worms which

bred in the corrupted flesh of my infant. At such times I shrieked with terror and disgust; and,

while I shook off the reptile, tremule with all a woman’s weakness. (p.354).