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LA VENTICINQUESIMA ORA - GIORNALINO A DISTRIBUZIONE GRATUITA DEL LICEO “A. CANOVA” - NUMERO II ANNO VII EDIZIONE SPECIALE FLUCTUAT NEC MERGITUR Tossed but not sunk

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LA VENTICINQUESIMA ORA - GIORNALINO A DISTRIBUZIONE GRATUITA DEL LICEO “A. CANOVA” - NUMERO II ANNO VII

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a cura di Lorena Patricia Hossu

LIBANO,BEIRUT, 12 novembre: 43 mor-ti, 329 feriti dopo l’attacco sciita di Hezbollah da parte di kamikaze

GIAPPONE,14 novembre, un forte sisma di magnitudo 7.0 ha colpito le coste Kagoshima, il quale ha provocato anche un piccolo tsunami

BIRMANIA,9 novembre, Aung San Suu Kyi, alla quale è stato conferito il premio Nobel per la pace, vince le elezioni. Queste inoltre sono le prime elezi-oni democratiche dal 1990.

VENEZUELA,12 novembre, la DEA (Drug Enforce-ment Administration) ha arrestato due nipoti della moglie del presiden-te per aver cercato di esportare quasi 100 kg cocaina negli USA; sembra che sia stato coinvolto anche Diosda-do Cabello, attuale presidente.

CINA,29 ottobre, addio alla politica del iglio unico, le famiglie potranno avere due o più igli

NIGERIA,YOLA, 17 novembre: Boko Haram, il gruppo estremista jihadista, ha piaz-zato una bomba che è esplosa in un mercato provocando la morte di 32 persone

ROMANIA, 4 novembre, più 15.000 persone sono scese in piazza a Bucarest per prote-stare contro il governo dopo l’incen-dio nella discoteca Colectiv, causato dai petardi che hanno colpito il sof-itto del locale costruito illegalmente con materiale iniammabile. Le vit-time sono una cinquantina. I cittadi-ni hanno chiesto all’attuale presidente Iohannis di costruire più ospedali e scuole, meno chiese. Ciò ha portato alle dimissioni del premier Ponta, ac-cusato di evasione iscale e corruzione.

EGITTO,- 31 ottobre, l’Airbus A321, diretto da Sharm El Sheik a San Pietroburgo, è precipitato nel Sinai, provocando la morte dei 224 passeggeri a bordo. La Russia ha dichiarato che l’aereo è stato abbattuto da una bomba.

- 17 novembre, i soldati egiziani han-no trovato e ucciso 24 militanti dell’Is in una grotta del Sinai centrale, vicino al luogo in cui era precipitato l’aereo russo

COLOMBIA,5 novembre, la Corte ha stabilito che le coppie gay potranno adottare igli come le coppie eterosessuali

SIRIARAQQA, 15 novembre, la capitale de facto dell’Is è stata bombardata dalla Francia e dalla Russia

FRANCIA,PARIGI, 13 novembre: ci sono stati 7 attacchi terroristici

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EDITORIALE

È diicile trovare le parole giuste di fronte alla morte, alla violenza orrida e disumana, alla paura, allo sgomento. Verrebbe voglia di lasciare la pagina vuota. Ofrire solo il silenzio, e non quello della pace e della rilessione: il silenzio bianco dell’annebbiamento, del deserto di punti di riferimento, del vuoto di idee e dell’assenza di strade che portino da qualche parte, qualsiasi parte. Bianco di rabbia, una rabbia cieca che fa scomparire i colori e i contorni.Tuttavia ognuno di noi è chiamato a recuperare la lucidità, a superare lo sgomento e cercare di trasfor-marlo in una rilessione costruttiva, ponendosi domande e cercando di trovare risposte.Ognuno di noi è chiamato a ricordare che certi episodi estremi non sono casi isolati, ma campanelli d’allarme che rilettono situazioni drammatiche esistenti in luoghi poco lontani da noi, divenuti teatri di violenza continui, dove scenari del genere prendono forma ogni giorno. E sono scenari che ci ri-guardano, perché la globalizzazione non può essere solo economica e mediatica, ma globalizzato deve diventare anche lo sforzo collettivo a ridurre i conlitti e le ingiustizie del pianeta.Ognuno di noi è chiamato a ricordare che la storia non è una serie di esperienze in successione divise in compartimenti stagni, ma che le conseguenze delle scelte del passato vivono nel presente, e la loro drammaticità ci chiama a risponderne oggi, subito, prima che danneggino anche il nostro futuro.E ognuno di noi deve capire che no, non abbiamo a che fare con nessuna guerra di religione, di ideo-logia, di civiltà, ma soltanto con qualcuno che cerca di innescarla. Che l’idea di Islam fondamentalista e intrinsecamente malvagio è una paura occidentale di cui l’Isis si è nutrito per acquisire potere e forza ai nostri occhi, da sfruttare per ribadire una superiorità che non esiste. Che non vi è nulla di spirituale nella violenza ine a sé stessa, che nessuna religione professa il disprezzo per la vita umana, e se in pas-sato questo è successo, è stata una terribile contraddizione che non deve ripetersi. Che uomini pronti a morire per la realizzazione di studiatissimi piani di terrore e potere non hanno e non possono avere nessun ine più alto della morte stessa, del disprezzo per tutto ciò che è vivo, per tutto ciò che è umano, per tutto ciò che è bello. E non si può provare nei loro confronti che un’ininita pena, per essere delle inermi marionette o dei crudeli pianiicatori di questo teatro dell’orrore, in cui ci chiamano a scegliere il ruolo da interpretare, e non è diicile capire quale sia il loro copione ideale: quello di uno scontro tra un Oriente Islamico come esiste solo nella loro mente, puro e incorrotto dalle contraddizioni del progresso, e un Occidente più contraddittorio che mai: cristiano e libertino, democratico e capitalista, irrimediabilmente corrotto dalla modernità. Uno scontro in cui il nostro personaggio matura la con-sapevolezza di quanto il contrasto sia inevitabile, e getta benzina sul fuoco del loro violento fondamen-talismo attraverso un altro tipo di fondamentalismo, che si chiama razzismo e xenofobia, e cioè paura del diverso.Risponderei così a questi registi dell’orrore, se avessi la certezza che mi possano leggere.“Buonasera, egregi signori della morte.Vi do una dritta: il vostro delirante progetto fa acqua da tutte le parti. Non cascheremo nel vostro piano, perché il nostro copione ideale avrà tutt’altra trama rispetto a quella che avete pensato. Non riuscirete mai, mai, a trascinarci nella vostra spirale d’odio, facendoci credere che tutto ciò che è diverso da noi incarni il vostro stesso, folle male. Non succederà, perché la nostra amata Europa sulla diversità ha fondato se stessa. Avete dimenticato, forse, che il motto dell’Unione Europea è questo? “Unità nella di-versità” ?Le nostre costituzioni, cari signori, proclamano il rispetto delle diferenze, siano esse di orien-tamento religioso, di culto, politico, ideologico. La coesistenza del diverso, senza che nessuna posizione per farsi valere debba sentire il bisogno di sfociare nel fondamentalismo, perché l’Europa di estremismi ne ha conosciuti, e li serba nella memoria come i capitoli più tragici e dolorosi della sua storia.

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Quindi no, non rinunceremo a questo mosaico di culture che sono le nostre città. Non cercheremo di rifugiarci in una utopica e sterile comfort-zone, chiudendo frontiere, esasperando controlli e selezioni, ponendo veti, censure, coprifuoco. Non staremo zitti di fronte al vostro orrore, riempiremo le piazze e la carta stampata di voci, idee, discussioni, e non ci chiuderemo nelle nostre case: continueremo a uscire la sera e ad andare ai concerti, perché nessuno, qui, smetterà di fare musica. E continueremo a trovarci per un cafè nei bar con fuori i tavolini e ad andare allo stadio a vedere le partite, perché nessuno, qui, smetterà di giocare a calcio.

E potremmo usare un altro motto per farci forza, oltre a quello dell’Unione Europea. Per esempio una frase dal Corano, il libro sacro che voi dite di seguire e onorare, quando invece il 13 novembre a Parigi lo avete calpestato e ci avete sputato sopra 129 volte, e lo fate ogni giorno, ogni volta che in Siria muore un giovane uomo o donna della resistenza curda.Una frase di cui non potete comprendere il signiicato, che dice che “non sono certo uguali la cattiva azione e quella buona. Respingi quella con qualcosa che sia migliore” (Sura 41, 34). Capito? Dice di ri-spondere al male con il bene. Un bene che voi non conoscete, ma i nostri fratelli musulmani sì, e ci aiute-ranno a ricordare questo insegnamento, e con il loro aiuto lo faremo nostro, perché noi e loro stiamo tutti scavando la stessa trincea, quella “scavata dai buoni, per stornare il contagio orrendo dei mali.” (Esiodo) I vostri orrendi mali. E non combatteremo per la religione, ma per la civiltà, che non ha religione e non ha bandiera, e non ha nemmeno armi, eccetto l’istruzione, la cultura, e la legge. “

Beatrice Criveller

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Liberté, Égalité, FraternitéTre parole che formano il motto nazionale della Repubblica francese. Tre parole che, insieme e ciascu-na per essa, ne rappresentano il principio costituente e sono divenute simbolo di rilevanza universale e caposaldo imprescindibile della cultura occidentale. Nate in favore della lotta contro il dispotismo per l’afermazione dell’uguaglianza e della sovranità popolare, perfezionate durante la Rivoluzione del 1789, le tre parole vennero meglio deinite all’in-terno della “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” dello stesso anno: la prima consiste nel “potere di fare ciò che non nuoce ai diritti altrui”; la seconda nella sostanziale uniformità di fronte alla legge e nel pagamento proporzionato rispetto alle proprie disponibilità inanziare; la terza è basata sull’imperativo “non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi”. Se si esclude eccezionalmente il secondo principio, appare estremamente evidente come i recenti attacchi terroristici a Parigi siano la più gratuita e grave negazione di tutto questo: i sette attentati, le sparatorie, le esplosioni dei kamikaze allo stadio e l’uccisione degli ostaggi al Bataclan hanno scatenato paura e orrore e generato un regime di violenza e terrore di cui non ha risentito la sola Francia, ma l’intera società e civiltà europea. Di fronte a questa terribile ofesa, il Presidente Hollande ha risposto dichiarando lo stato di emergenza, per poi procedere alla più rapida chiusura delle frontiere e mobilitazione di tutte le autorità di polizia per il controllo blindato di strade e quartieri : tuttavia, queste procedure, senza dubbio necessarie, hanno rappresentato una prima sen-sibile negazione della libertà di circolazione dei cittadini, tanto francesi quanto europei: i primi perché costretti alla reclusione forzata nei propri domicili, divenuti gli unici nidi sicuri nella spirale degli arrondissements parigini; i secondi perché privati di un diritto uicialmente stabilito dal Trattato di Schengen nel 1993 . Ma sono stati soprattutto i luoghi degli attacchi, volutamente concentrati nella zona della redazione di Charlie Hebdo (dove un precedente attentato aveva rappresentato la più alta negazione di un’altra forma di libertà, quella d’espressione) ad aver inevitabilmente portato tutti a provare un forte senso di mancanza di sicurezza e protezione: come è possibile concepire ancora con uguale serenità e spensie-ratezza la vita, se sono proprio i luoghi di svago più comuni e innocui ad essere colpiti? Questo ed altri interrogativi afollano ora più che mai la mente di tutti noi, profondamente scossi da vicende che si preigurano vere e proprie negazioni della dignità umana. Ma non dobbiamo lasciare che la rabbia e il desiderio di vendetta maturati sull’onda del momento ci annebbino e condizionino completamente la mente, in virtù, se non altro, di quell’ultima libertà che ancora ci rimane e che, più di tutte, dobbiamo essere in grado di tutelare e rispettare: quella di pensiero. Infatti - così come afermato anche dal Presidente della Commissione UE J.-C. Juncker durante una rassegna stampa tenutasi al G20 di Antalya - ora più che mai è sciocco ed arbitrario confondere i terroristi con i profughi ed i rifugiati che fuggono in Europa dalle guerre in Siria ed Iraq in cerca di salvezza; non è su di loro che bisogna accanirsi, né tanto meno riversare pregiudizi infamanti ed infondati, ma è necessario valutare criticamente la situazione e raggiungere una cooperazione tra gli stati per garantire uno scambio di informazioni sulle transazioni sospette di migranti attraverso le frontiere per risolvere in modo rapido e costruttivo questo problema. E anche a noi, seppur nel nostro piccolo, non spetta altro che comportarci di conseguenza, rispettando il prossimo (sia esso straniero o italiano) e aiutando con le nostre azioni e preghiere chi ora si trova in diicoltà, proprio in nome di quella meravigliosa “Fraternité” che ci lega e rende tutti umani.

Alice Barbisan

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C’è chi spara, c’è chi spera“La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo si ricorda di accendere la luce”, così diceva un grand’uomo che tutti i giovani di oggi dovrebbero conoscere.E questa luce si trova anche nelle piccole cose, così dice una canzone dello zecchino d’oro che siete autorizzati a non conoscere.E’ per questo che noi due, ogni sera, prima di andare a dormire, scriviamo in un biglietto una frase, una parola, un disegno che ci ricordi una cosa bella successa durante la giornata.A volte, però, è davvero diicile trovare qualcosa di positivo. E il 13 novembre è stata una di quelle volte.Quando il mondo piange la morte di 129 persone in una strage di due ore, come si può trovare l’ottimi-smo per scrivere un “bigliettino felice”?Non è semplice, ma il mondo ci è riuscito.Lo dimostrano i monumenti che da un paese all’altro si illuminano dei colori della bandiera francese, dal World Trade Center di New York al Partenone di Atene.Anche il mondo dello sport ha voluto rendere omaggio alle vittime francesi osservano un minuto di silenzio in ogni partita, nei campi da gioco accesi di luci tricolori.Mentre il resto del mondo si illumina per lei, la capitale francese spegne invece le luci della Tour Eifel in segno di lutto.Non sono solo i cittadini degli altri paesi, però, a dimostrare solidarietà nei confronti della Francia, postando foto accompagnate dall’hashtag #prayforParis e #prayfortheworld (per ricordare che avveni-menti del genere non sono inusuali in alcune parti del mondo). Anche gli stessi parigini hanno agito concretamente per aiutarsi tra loro, già dall’inizio degli attentati: alcuni di loro si sono resi disponibili ad ospitare persone che non potevano momentaneamente tornare a casa, accogliendoli con l’hashtag #porteouverte; i tassisti, inoltre, hanno deciso di trasportare i clienti gratuitamente lontano dai luoghi degli attentati poiché alcune linee della metropolitana erano state chiuse.Fin dal primo momento, quindi, la Francia ha cercato di rialzarsi; mentre gli attentati erano ancora in corso, i tifosi che uscivano dallo stadio dove avrebbero dovuto assistere all’amichevole Francia-Germa-nia hanno cantato l’inno nazionale. Non solo le parole della Marsigliese, in realtà, hanno consolato il paese per la sua perdita; Davide Martello, lo stesso pianista che aveva suonato fuori dalla redazione di Charlie Hebdo il 7 gennaio, si è presentato a Parigi con il suo strumento per riempire la via di fronte al Bataclan con le note di “Imagine” di John Lennon. Anche il gruppo irlandese U2 ha deciso di andare a depositare dei mazzi di iori davanti al teatro ri-nunciando a continuare il suo tour, mentre cantanti come Madonna e Florence Welch hanno ricordato la strage durante i loro concerti.Per sottolineare inine che non tutti i musulmani sono terroristi, alcuni di loro si sono mostrati vicini alla capitale lanciando e sostenendo la campagna #notinmyname per dichiararsi in disaccordo con gli atti dell’ISIS. E’ diventato inoltre celebre l’episodio di Safer, cameriere musulmano, che ha protetto due donne dagli attentati ospitandole nella cantina del suo ristorante, così come il racconto difuso su Twit-ter da un ragazzo francese che ha avuto un toccante dialogo con un tassista musulmano.Ecco quindi il biglietto felice per il mondo del 13/11/2015: tutti questi piccoli gesti di solidarietà, che tanto piccoli non sono, se riescono a riaccendere una speranza che non è disposta a soccombere sotto gli spari e le minacce, se riescono a trovare la felicità anche nei momenti più tenebrosi, riaccendono le luci della Francia.

NiccolòAcram Cappelletto e Cristiana Mazzetto

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Intervista a HelaCome tutti sappiamo, il mondo in questo periodo è straziato dalla morte di tanti innocenti per mano di fanatici islamisti, che commettono attacchi terroristici tutti i giorni; il più noto è quello avvenuto a Parigi la notte tra il 13 e il 14 novembre scorsi. Avendo la fortuna di annoverare una compagna di reli-gione musulmana in classe, Hela Nassiri, ho deciso di intervistarla per cercare di capire il suo modo di vivere la religione e le sue opinioni sugli estremisti e gli attacchi.

• COME VIVI LA TUA RELIGIONE?

Per quanto mi riguarda, io non porto il velo, come predica l’Islam. Ritengo di non essere ancora pronta (e forse non lo sarò mai) per questa scelta, ma credo che, se vivessi in Marocco, lo indosserei, perché la mentalità è diversa da quella occidentale e le tradizioni sono molto importanti; non prego, e, anche se la mia famiglia tollera poco questo mio comportamento, non mi obbligano a farlo. Sono indipendente da questo punto di vista.

• COSA PENSI DEGLI ATTACCHI TERRORISTICI AVVENUTI NEL MONDO, IN PARTICOLA-RE A PARIGI, E DELL’ISIS IN GENERALE?

Credo che quello non sia Islam. L’Islam non è basato sulla violenza e rispetta le altre religioni, predican-do la pace. Non dobbiamo puntare il dito contro tutti i musulmani, ma contro questi fondamentalisti. Mi dispiace vedere che le persone si siano concentrate solo sui fatti di Parigi non prendendo in conside-razione quello che succede in Siria da molto più tempo. È vero che Parigi è più vicina a noi sulla carta, che si è quindi colpiti maggiormente e che il pericolo sembra più concreto, ma la preghiera e il minuto di silenzio devono essere rivolti a tutte le vittime degli attacchi terroristici. Dopo quello che è successo con la Shoah, gli uomini vogliono ancora causare morte e distruzione per cause religiose? Possibile che nel 2015 siamo ancora così ignoranti?

• COME COMBATTERESTI L’ISIS?

Sicuramente non con la sua stessa arma…non sono d’accordo con i bombardamenti da parte della Fran-cia. In questo modo si stanno uccidendo anche civili innocenti. Penso che la violenza non si combatta con la violenza, poiché in questo modo le cose degenerano senza concludersi mai, arrivando al caos completo. Non intendo nemmeno dire, comunque, che non bisogna difendersi. In verità non so come combatterei l’Isis…so solo che non lo ripagherei con la stessa moneta.

• COS’È PER TE LA SPERANZA?

La speranza siamo noi ragazzi.

Flavia Falcone

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Un altro paio di occhiScrivere questo articolo un po’ mi imbarazza, un po’ mi rattrista e un po’ anche mi terrorizza.Allo stesso tempo però sono pronta a condividere con te qualcosa che potrà esserti prezioso quando, e se, sarai curioso di leggere articoli, ascoltare telegiornali, guardare video... da un altro paio di occhi.Conosco Fatima da tanti anni, per molto tempo ci siamo allenate insieme e abbiamo condiviso i discorsi più vari, ma le ho sempre fatto domande sulla sua religione, a cui è profondamente legata, e con mia grande fortuna lei non ha mai avuto problemi a rispondermi, per quanto tecniche o personali quelle domande fossero.Fatima qualche anno fa si è trasferita in Francia, ha ricominciato da capo con la sua famiglia: lingua, amici, scuola, palestra...La prima persona a cui ho pensato la mattina di sabato 14 Novembre è stata lei; non ho avuto paura per la sua salute (non abita a Parigi), ma mi sono chiesta: cosa ne sarà ora della sua vita? Vive in una società che sarà in grado di non commettere mai il grandissimo errore di considerarla uguale a quegli uomini che, professandosi musulmani, stanno invece devastando i suoi diritti e la sua fede?Ancora una volta, le ho posto alcune domande.

Qual è il tuo rapporto con la religione?

“Sono musulmana praticante, questo vuol dire che seguo (o almeno ci provo) i pilastri dell’Islam. Sono tutte mie decisioni, come quella di indossare il velo. Tengo alla mia fede e la sento sempre molto presente nella mia vita.”Ho visto Fatima nel periodo in cui ha iniziato ad indossare il velo: le diicoltà ad abituarsi ci sono state, ma sono sempre rimasta impressionata dalla sua forza di volontà. Probabilmente da parte mia veniva considerato solo l’aspetto supericiale della cosa: il non poter mostrare i capelli, il fastidio di doversi co-prire sempre la testa, a prescindere da temperatura, situazione... Non ho mai rilettuto profondamente su quale grandissima importanza dovesse avere, per una ragazza di più o meno quindici anni, il suo Dio.

Credi che in generale tu abbia la possibilità di vivere al meglio la tua fede?

“Dipende dal paese; dal mio punto di vista in Italia era molto meglio, poi io non voglio giudicare, ma lì potevo indossare il velo senza nessun problema, mentre in Francia a scuola non è accettato nessun segno che possa identiicarti come cristiano piuttosto che musulmano ecc. È anche vero, però, che dal punto di vista delle strutture in Francia ci sono più moschee e quindi mi è più facile andarci. In generale, sì, tra pro e contro di ogni paese riesco a portare avanti la mia fede.”

Come hai reagito, personalmente, alle notizie di Parigi?

“Allora... Era venerdì sera, stavo per andare a letto quando ho visto una foto pubblicata da un mio amico che abita a Parigi, in cui aveva appunto scritto degli attentati. Non sapevo se crederci, quindi ho acceso la televisione e ho guardato i video e le dirette della catastrofe; non ho dormito, seguivo ogni movimento dei terroristi e della polizia; per tutto il ine settimana non ho neanche mangiato, perché saperli qui, di nuovo nel mio paese, mi ha davvero sconvolta. Avevo paura a mettere piede fuori di casa. Il ritorno a scuola, come ti ho detto prima, mi ha un po’ aiutata, poiché condividendo i pareri con i miei compagni e gli insegnanti ho capito che la Francia non si abbatte, né si arrende agli stereotipi e, nel caso qualcuno rischiasse di farlo, sono proprio gli stessi francesi a fargli aprire gli occhi. Mi sono sentita rassicurata ed è stato importante, per me. Ritengo i francesi molto solidali e intelligenti: non si sono abbattuti, ma hanno fatto tutto ciò che potevano, nel loro quotidiano.”

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Sempre in seguito ai fatti di Parigi, pensi ci saranno o ci siano già stati dei cambiamenti rispetto a voi musulmani? (Nei rapporti, a scuola, in altre situazioni...)

“Io te lo dico serenamente, a scuola non c’è nessun problema: appena siamo tornati il lunedì abbiamo avuto modo di parlarne e sono molto contenta che i miei coetanei siano molto informati a riguardo... non puntano tutti il dito contro i musulmani. Per le strade invece è più frequente che ci siano persone che ti guardano male come se fossi un colpevole, oppure come se potessi avere una bomba sotto al cappotto. In un certo senso posso anche capire la loro paura... Ma è vero anche che i razzisti ci sono. Ad esempio sabato mattina appena uscita dall’autobus un signore si è messo davanti a me a parlare a vanvera e a fare brutti commenti, ma ho lasciato stare. In generale credo che la situazione dopo questi attentati sia mi-gliore rispetto a quella dopo l’attentato a Charlie Hebdo, quando io avevo anche paura ad uscire da sola.”

Cosa ti piacerebbe che tutti sapessero o capissero riguardo alla vostra religione?

“Che bella questa domanda! Sarò sintetica. Vorrei che tutti riconoscessero la diferenza tra musulmani e islamisti: i musulmani non hanno nulla a che fare con tutto ciò. Già alla base questi islamisti-jihadisti (jihadista vuol dire “guerriero”) non c’entrano con l’Islam, perché se davvero seguissero il Corano le loro azioni non dovrebbero essere di certo quelle che sono: infatti nel Corano è afermato che uccidere anche una sola persona innocente è come uccidere tutta l’umanità, e il suicidio è completamente illecito, imper-donabile! Gli islamisti sono persone povere, indottrinate al massimo ino a compiere azioni assurde. Stia-mo attenti, non facciamoci ingannare, non facciamoci indottrinare anche noi permettendogli di separare le culture, di creare divisione.”

Caterina Dozzo

Un grido nell’immenso

Richiama l’attenzione,

Nel buio nero e intenso

Risuona un’esplosione.

Profumo dell’incenso

Tra volti senza nome,

Parole che io penso,

Pensieri senza un come.

Non esiste questo silenzio.

Non esiste questa canzone.

Lo sparo nella notte

Che spegne le altre stelle,

Tra anime corrotte,

Tra anime gemelle,

Speranze ormai distrutte

Impresse sulla pelle,

Non segui le tue rotte,

Nessuno segue quelle.

Non sopporto un vuoto silenzio.

Non sopporto un canto ribelle.

Un astro prende vita,

Un pianto prende forma,

Lungo la via ininita,Un’eco che ritorna,

Fiducia già tradita,

Città, sembra che dorma,

Nel fango un eremita

Non lascia la sua orma.

Io non riesco a stare in silenzio.

Io non riesco a restare ferma.

Io non riesco a stare in silenzio

Quando grida il mondo che ho accanto,

Quando il fumo si fa più denso

Non lo vedi perché ci sei dentro,

Non c’è fuga, non c’è via di scampo,

Non c’è rima che tenga al confronto,

Non c’è fuoco che asciughi quel pianto

Di chi si lascia sparire in silenzio.

Cristiana Mazzetto

RUBRICHE

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Il terrorista, lui guarda

La bomba esploderà nel bar alle tredici e

venti.

Adesso sono appena le tredici e sedici.

Alcuni faranno in tempo a entrare, alcuni a

uscire.

Il terrorista ha già attraversato la strada.

Questa distanza lo protegge da ogni male,

e poi la vista è come al cinema:

Una donna con il giaccone giallo, lei entra.

Un uomo con gli occhiali scuri, lui esce.

Ragazzi in jeans, loro parlano.

Le tredici e diciassette e quattro secondi.

Quello più basso è fortunato e sale sulla ve-

spa,

quello più alto invece entra.

Le tredici e diciassette e quaranta secondi.

La ragazza, lei cammina con un nastro verde

nei capelli.

Ma quell’autobus improvviso la nasconde.

Le tredici e diciotto.

La ragazza non c’è più.

Se è stata così stupida da entrare, oppure no,

si vedrà quando la porteranno fuori.

Le tredici e diciannove.

Più nessuno che entri, pare.

Invece esce un grassone calvo.

Sembra che si frughi nelle tasche e

alle tredici e venti meno dieci secondi

rientra a cercare quei suoi miseri guanti.

Sono le tredici e venti.

Il tempo, come scorre lentamente.

Deve essere ora.

No, non ancora.

Sì, ora.

La bomba, lei esplode.

Wisława Szymborska

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ATTUALITÀ

Le colpe dell’Occidente

Se state leggendo queste righe avete anche letto il titolo, ebbene sì, l’Occidente ha le sue colpe.Per quanto ci piaccia ergerci a esempio di civiltà in contrapposizione alla barbarie, noi stessi abbiamo contribuito alla creazione del nostro nemico, e dico noi perché se siamo tutti uniti nella solidarietà con la Francia, allora tutti noi saremo uniti anche nel prenderci le responsabilità.Sarebbe ora troppo lungo lanciarmi nell’esposizione dell’origine dell’oppressione del Medio Oriente a par-tire dal colonialismo e passando per le guerre in Iraq, ma non posso ignorare questi fattori, non si elimi-nano secoli di colonialismo, non si eliminano le cicatrici che le Guerre del Vietnam e del Golfo hanno lasciato, dobbiamo tenerne conto, ricordarci delle ferite inferte perché hanno plasmato una generazione dopo l’altra e sono il substrato dell’odio anti-occidentale.Per entrare più nel nocciolo della questione possiamo parlare però della Primavera Araba del 2011.La ricordate? I cortei repressi nel sangue, i bombardamenti NATO, il volto tumefatto di Gheddai...ah, già eccolo qui. Tornando un po’ più indietro, vi ricordate Gheddai che stringe la mano a Berlusconi nella “giornata dell’amicizia libica- italiana”? O Gheddai con Sarkozy?Era proprio lì che volevo arrivare.Questi oppressivi regimi che abbiamo guardato con approvazione cadere, in realtà li abbiamo sostenuti e supportati per anni. Abbiamo per anni sorriso e annuito alle loro violazioni dei diritti umani e a ciò che facevano, fornendo armi, stringendo accordi, perché ci faceva comodo che mantenessero la stabilità, sep-pur con la forza.Uno stato che dobbiamo in particolare tenere a mente è la Siria che al tempo era governata dal pugno di ferro di Assad, sostenuto dalla Russia.Ora, quando poi questi regimi sono caduti, cosa c’è stato? Caos.In questo clima di incertezza politica ecco che emerge dalle ombre lo Stato Islamico (Is) una branchia di Al-Quaeda nata, guarda caso, durante la guerra in Iraq.L’Is era nato come ripudio totale della presenza straniera, con il sogno della creazione di un unico grande Califato fondamentalista e governato dalla Shari’a, la legge islamica.Durante il conlitto iracheno erano quasi stati eliminati, ma ecco che con la caduta dei regimi trovano terreno fertile.Se infatti noi non siamo riusciti a prendere una posizione e sostenere le forze progressiste e moderate, non si può dire che lo stesso fecero gli estremisti islamici, che al contrario trovarono inanziamenti e si riorga-nizzarono. E così fu proclamato l’Islamic State of Iraq and Sham (levante) meglio noto come Isis.L’Isis si rivelò subito molto convincente, l’idea di uno stato libero dalle manipolazioni straniere attirò molti e fra essi anche giovani nati e cresciuti in altri paesi che lo videro come un alternativa al mondo del peccato rappresentato dall’Occidente e ai tradizionali stati islamici.Ma noi dobbiamo renderci conto che i nostri errori, alcuni più vecchi e altri più nuovi, hanno creato le condizioni favorevoli per lo sviluppo di quest’organizzazione.L’Isis è lo specchio rotto di una società oppressa e logorata dai nostri giochi politici.Questo è successo anche per la nostra incapacità di confrontarci alla pari con la cultura araba, rinuncian-do al nostro piedistallo e nostra presunzione.Dopo secoli di aggressioni e sfruttamento stiamo raccogliendo quello che abbiamo seminato, non stupia-moci della follia, l’abbiamo in parte creata noi.

Alexia Cautis

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ATTUALITÀ

L’umanità, contro l’umanità, nonostante l’umanità.

Are you a man of peace or a man of holy war?

Estremisti, vorrei essere come voi. Vorrei, davvero, essere come voi. Vorrei avere la certezza che ci sia un Dio che mi accoglierà a braccia aperte quando morirò, anche se morirò spegnendo altre vite innocenti. Vorrei avere la certezza che andrà tutto bene, vorrei avere la garanzia che se odierò chi non ha le mie stesse idee, se violenterò, stuprerò, decapiterò, sparerò, questo Dio sarà al mio ianco, questo Dio non mi abbandonerà mai. Vorrei sapere per certo che la mia vita ha uno scopo, che combatterò per la giusta causa anche quando le mie vittime piangeranno in ginocchio, quando mi imploreranno per la loro vita, quando i colpi delle armi da fuoco copriranno le risate, la musica, quando rimarrà solo silenzio attorno a me. Vorrei essere come voi, perchè sarebbe più facile. Ma io non sono come voi. Non riesco a pensare con la testa degli altri, a credere a tutto quello che mi si dice, non riesco a non pensare a chi ho davanti, che sia cristiano, ebreo, musulmano, ateo o agnostico, come ad un semplice eppure complicato essere umano, con le sue debolezze, probabilmente simili alle mie. E non riesco a non prendere in considerazione le idee degli altri, a non farle mie se le trovo giuste, a non essere libera di scegliere. Perchè non ci riesco? Perchè sono Europea. Perchè sono piena di contraddizio-ni, perchè sono ipocrita, perchè sono probabilmente ipercritica e troppo razionale, un po’ come l’Occi-dente di cui faccio parte e di cui mi lamento tanto. Ho scritto estremisti e non jihadisti, perchè in questi giorni ho sentito troppe volte questo nome e in altre occasioni ho sentito invece il silenzio di un mondo preso solo da se stesso. Vorrei ricordare perciò le vittime di tutti i barbari soldati non solo del Corano, ma anche della Bibbia. Le tre grandi religioni monoteiste hanno da sempre avuto un’inclinazione maggiore agli estremismi di quelle politeiste, le quali, incoraggiando un patrimonio comune di divinità, in realtà promuovevano la convivenza paciica di numerose culture e fedi diferenti. Il Dio monoteista è invece il solo, l’unico, un Dio esclusivo e geloso, per citare proprio le scritture, a nome del quale è stata usata ogni forma di repressione possibile. Certo, le cause reali di queste guerre sono sempre state economiche e politiche, eppure chi ha combattuto veramente in queste organizzazioni, chi ha perso la vita sul campo, è stato convinto dai dogmi, dalle certezze a cui hanno spianato la strada l’igno-ranza dilagante nei paesi più poveri e l’odio creato dall’intolleranza del nemico stesso, tramite un ininito circolo vizioso. Il Cristianesimo per interi secoli ha portato avanti una politica inalizzata al controllo completo della per-sona, delle sue idee, dei suoi sentimenti, un antico 1984 prima Medievale, poi Controriformista, in cui Il ‘Grande Fratello’ aveva il nome di Dio. Da questi tempi esplicitamente bui si è passati ad attentati sottovalutati dalla stampa, che hanno come ispirazione, soprattutto negli Stati Uniti, una dottrina protestante detta ‘Christian Identity’, basata sul potere bianco, in associazione con la destra ultraconservatrice. Ricordo infatti che Il Ku Klux Clan ha ancora numerosi adepti, che il 94% del terrorismo negli USA non è di matrice islamica, che il più gran-de genocidio della storia contemporanea, si contano 800000 morti, è avvenuto in Rwanda nel 1994, per mano di una minoranza cristiana, con la cooperazione diretta di numerose chiese locali, che nel 2011 Anders Behring Breivik ha aperto il fuoco su 77 persone in Norvegia, per motivi anti - multiculturalisti. Perchè quando sentiamo tutto questo, non crediamo sia una minaccia, non crediamo che leda la nostra identità davanti agli altri popoli? Perchè non crediamo che ci possano essere punti di vista diversi, secon-do i quali i ruoli potrebbero invertirsi? Basta leggere i fondamenti della costituzione francese, la più laica del mondo, per capire che non serve pregare per Parigi, né per nessun altra di queste stragi: bisogna solo recuperare la nostra volontà di essere umani, prima di essere fedeli.

Arianna Crosera

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ATTUALITÀ

“Perdonali Oriana perché non sanno quello che dicono”

Erano già apparsi quasi un anno fa con l’attentato a “Charlie Hebdo” e ora, alla luce degli ultimi attacchi di Parigi, i “tuttologi da tastiera” sono tornati alla carica. Figlio dell’era dei social network, questo nuo-vo fenomeno coinvolge moltissime persone che si sentono in dovere di esprimere i loro (discutibili) pareri con post a volte chilometrici. Fortunatamente all’epoca del primo grande attentato all’Occidente (9/11) i mezzi di comunicazione non erano ancora così sviluppati da permettere a frotte di improvvi-sati esperti di politica internazionale di riversare le loro teorie in rete. Questa volta, però, ci è andata peggio. Neanche il tempo di realizzare che cosa sia efettivamente successo e ritrovo la bacheca di Facebook intasata da una miriade di post. C’è chi inneggia all’odio e vorrebbe espellere tutti i musul-mani dall’Europa; chi muove la solita critica trita e ritrita all’Occidente (in particolare agli Stati Uniti, anche se questa volta non c’entrano, ma a quanto pare l’essere anti-americani va di moda) come se si meritasse di essere stato colpito; chi teorizza i complotti più astrusi tirando in ballo addirittura il Papa. Tutto questo accade a pochissime ore dagli attacchi, come se fosse più importante far valere la propria opinione piuttosto che mostrare cordoglio per le vittime. In particolare, il “trending topic” dei giorni immediatamente successivi agli attentati è stato quello delle scuse e del risarcimento postumo nei confronti di Oriana Fallaci: «Scusaci, Oriana, avevi ragione», «La Fallaci aveva previsto tutto!», «Ah! Povera Oriana, non ti hanno dato ascolto» e molto altro ancora: una vera e propria giungla di post che citano il nome della grande scrittrice iorentina. Per chi non lo sapesse, il testo “profetico” citato da molti è il celeberrimo “La Rabbia e l’Orgoglio”, articolo uscito il 18 settembre 2001 sul “Corriere della Sera” alla luce degli attacchi al World Trade Center. Quella che la Fallaci muove è una feroce critica nei confronti di tutto (e mi raccomando tenete bene a mente l’aggettivo “tutto”) l’Islam, derivante, soprat-tutto, dalle sue esperienze come reporter, che la porta ad afermare «Non capite, non volete capire, che è in atto una Crociata alla Rovescia. Una guerra di religione che essi chiamano Jihad, Guerra Santa. Non capite, non volete capire, che per loro l’Occidente è un mondo da conquistare castigare piegare all’Islam». Chiude l’articolo, invece, una feroce invettiva contro l’Italia (che la Fallaci amava a tal punto da chiamare “mamma” e da riiutare la cittadinanza americana), un’Italia debole e rammollita che lei non considera la “sua” Italia ma «un avamposto comodo strategicamente perché ofriamo buonismo e collaborazionismo, coglioneria e viltà». Ora, già da questi pochi passi si può capire come le posizioni prese dalla scrittrice siano molto forti e decise, motivo per cui, nonostante il libro sia andato subito a ruba, la Fallaci venne pesantemente criticata, bollata come una specie di pazza e, dopo l’exploit inizia-le, inì in una sorta di dimenticatoio. Questo ino ad oggi, essendo inevitabile che un tale scritto torni in auge dopo i fatti che hanno sconvolto Parigi. Il punto di questo articolo non è tanto chiedersi se la Fallaci abbia ragione o torto, ma sottolineare un fenomeno che – nell’epoca in cui i social network la fanno da padroni – va sempre più difondendosi ovvero la disinformazione e il “parlare per sentito dire”. Sono molto restio, infatti, a credere che tutti quelli che hanno scritto «Scusaci, Oriana» abbiano efettivamente letto il testo posto sotto i rilettori. In primo luogo mi sembra strano che una scrittrice tanto demonizzata torni alla ribalta con così tanta facilità, anche se efettivamente fatti di questo tipo portano ad assumere posizioni radicali. Ed eccoci, quindi, al secondo punto: ammesso che tali eventi suscitino un’immediata rabbia, la posizione fallaciana è talmente dura che non credo sia così imme-diata un’adesione alle sue idee, soprattutto, nel momento in cui la tendenza generale sembra andare in direzione opposta rispetto al famoso articolo, respingendo cioè l’equazione “tutti i musulmani sono terroristi”.

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E, infatti, quello che ho visto sui social non ha fatto che confermare questa teoria, poiché le stesse per-sone che il 14 novembre u.s. si sono scusate con Oriana, il 15 non hanno esitato a deprecare l’equazione sopracitata. Dimostrando così o di essere degli ipocriti o di non aver capito nulla di quello che c’è scritto nell’articolo o, più semplicemente, di non avere la minima idea di che cosa sia “La Rabbia e l’Orgoglio” e di parlare senza cognizione di causa, seguendo quelli che sono gli argomenti più alla moda. Quindi, onde evitare di fare la stessa igura di un noto politico che, dimostrando una lampante ignoranza, elogia la Fal-laci senza evidentemente sapere che per lei «le camicie verdi del mi-son-lumbard» non avevano nemme-no il diritto di chiamarsi italiani, consiglio, innanzitutto, di leggere “La Rabbia e l’Orgoglio”, almeno per avere un’opinione autonoma (e non inluenzata da vari difensori e detrattori) su un testo che, nel bene o nel male, è sempre attuale se si parla di terrorismo islamico. In secondo luogo invito a rilettere, a pensare e ad informarsi bene prima di sfoderare opinioni sui social network, così da non rischiare di infangare e di oscurare il sacro cordoglio per una strage “che mai nessun giorno toglierà alla memoria del tempo”.

Nulla dies umquam memori vos eximet aevo. (Verg. Aen. IX 447)Davide Sutto

Chi se ne ricorderà?L’uomo sembra voler dimenticare.

E ricordare ciò che preferisce.TUNISIA, 18 marzo, 24 morti al museo del Bar-do; 26 giugno, 37 morti in un resort turistico. KUWAIT, SOMALIA, SIRIA, 26 giugno, 74 mor-ti in totale per azioni terroristiche. TURCHIA, 10 ottobre, 97 morti durante un corteo per la pace ad Ankara. EGITTO, 31 Ottobre, 224 vittime all’inter-no del velivolo russo precipitato poco dopo essere partito da Sharm El Sheik. LIBANO, 13 novembre, 41 feriti alla periferia di Beirut per l’azione suicida di almeno 2 kamikaze.Sono solo pochi degli attentati di quest’anno ma chi se ne ricorderà? Tra cinquant’anni nei libri di storia si parlerà dell’11 settembre a New York, del 13 no-vembre a Parigi probabilmente, ma qualcuno par-lerà del 18 marzo in Tunisia? Qualcuno ricorderà il Kuwait, la Somalia, la Siria? Ditemi se qualcuno parlerà del 10 ottobre turco, del 13 novembre in Libano? Chi ha deciso che queste vittime avranno una memoria, mentre quelle no? Cos’hanno queste che le altre non hanno? Perché nessuno ha mai po-stato una foto con l’hashtag “PrayforBeirut”, perché nessuno ha mai postato una foto con la bandiera turca, somala, siriana? Perché nessun monumento o ediicio nel mondo si è colorato dei colori egizia-ni, russi, del Kuwait? Non capisco perché la gen-te pianga e preghi per Parigi, e non per il mondo, perché per gli attentati a Parigi tutti i giornali han-no la stessa prima pagina per una settimana, e per ogni altro attentato è riservata una mezza pagina? Già nessuno parla più dell’immigrazione, se non per accusarla come causa degli attentati.

I mass media certo ci fanno arrivare quello che vogliono; sono altri a decidere cosa farà notizia in quel momento, per chi piangeremo, per chi preghe-remo, chi cominceremo a temere. I social network ci spingono a fare tutti la stessa cosa, pensarla tutti allo stesso modo, o al contrario formare divisioni estreme di opinioni. Se non hai la foto proilo con la bandiera della Francia sei un terrorista anche tu; se non posti nulla con l’hashtag “PrayforParis” sei un insensibile; se non scrivi lunghe rilessioni di sfogo contro il terrorismo sei un supericiale; se non cri-tichi l’Occidente per il suo operato sei un bambino illuso. Ho visto davvero poche persone che hanno avuto il coraggio di pregare per gli esseri umani, per la pace, per l’amore e la collaborazione tra i popo-li. Con tutto questo non voglio criticare le reazio-ni agli attentati di Parigi che se pure talvolta poco genuine hanno comunicato la propria vicinanza ad un popolo ferito come quello francese, ma piuttosto evidenziare come tutte queste si siano scatenate e abbiano invaso i social per un solo attentato men-tre per decine di altri nessuno abbia dato segno di averne sentito nemmeno parlare. Questo articolo vuole essere uno spunto per una rilessione sugli eventi di tutto il mondo, vuole convincere che die-tro un hashtag dovrebbe esserci davvero una pre-ghiera, qualunque sia il dio al quale essa è dedicata, oppure semplicemente all’universo stesso, ainché si trovi il modo di costruire un mondo in cui non si debbano più scrivere articoli su attentati, vittime e altre simili crudeltà.

Marco Frassetto

Page 9: EDIZIONE SPECIALE Tossed but not sunk...14 novembre, un forte sisma di magnitudo 7.0 ha colpito le coste Kagoshima, il quale ha provocato anche un piccolo tsunami BIRMANIA, 9 novembre,

Caterina BaldassoAlice BarbisanFederica Baron CardinNiccolo’ BonatoNicole BonessoClara BortolettoChiara BuosiNiccolo’acram CappellettoAlexia CautisAlessandrina CecanMarco Cecchinato Beatrice CrivellerArianna CroseraValentina Dalla VillaGiacomo De ColleCaterina DozzoFlavia FalconeGiorgia Fanton

Eva FedatoMarco FrassettoElena ForteLucrezia GazzolaGiulia GiacominFrancesca GiustinianiLorena Patricia HossuKejt KoliMartina LovatAlice MamprinGiovanni ManaoChiara MarcassaArianna MartinCristiana MazzettoGiulia MencarelliCarla Ogoumah OlagotGiulia PalajaLinda Peteno’

Tatiana PierfedericiGiovanni RisatoMathilde RomeoFrancesca RossoMatteo RubbiniCaterina SammarchiGiulia SantiFederica ScapinGiulia SchirripaPietro StefaniDavide SuttoChiara TortatoGiada TubianaFrancesca VaragoSara VerdierGiorgia ZanattaDaniela Zotea

LA REDAZIONE:

Impaginatrice: Lorena Patricia Hossu

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