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STOP ALLO SPRECO ALIMENTARE Una baaglia su cui Coop è impegnata da anni. Il governo pensa ad una legge, ma per il 42% il problema dipende da quel che succede in casa edizione coop sicilia settembre 2015

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stopallo sprecoalIMeNtare

Una battaglia su cui Coop è impegnata da anni. Il governo pensa ad una legge, ma per il 42% il problema dipende da quel che succede in casa

edizione coop sicilia settembre 2015

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sommario

Periodico della Cooperazione di Consumatori 40127 Bologna, Viale Aldo Moro, 16 Tel. 051.6316911 | Telefax 051.6316908 [email protected]

Reg.Trib.: Bologna 2/9/1997 n.6708 Copia singola euro 0,48 Abbonamento (sei numeri) euro 2,80

Direttore responsabile Dario Guidi

Progetto graficoFerro comunicazione & design

Impaginazione e grafica Ilde Ianigro

Stampa Chinchio Industrie Grafiche s.r.l.www.chinchio.it

Coop Editrice Consumatori 40127 Bologna, Viale Aldo Moro,16 Tel. 051.6316911 | Telefax 051.6316908C. F., P. IVA e Iscrizione al Registro delle Imprese di Bologna n. 03722150376 | Iscrizione all’albo delle Cooperative a mutualità prevalente n. A108296

Chiuso in tipografia il 25/08/2015

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Coop Sicilia, impegno contro le mafieCon “Libero cinema in Libera Terra”, la cooperativa combatte controla criminalità organizzata anche attraverso l’arte e la cultura

4 Lettere a Coopinforma

8 Caro socio venga a farci visita

9 La solidarietà va a scuola

10 Il pane nero di Castelvetrano

12 Stop allo spreco

di dario guidi

22 Spuntini di qualità

24 Vienna, una capitale piena d’arte e musei

di giuseppe orToLano

26 Mostre e libri

di giorgio oLdrini

Stop allo spreco alimentarein arrivo un provvedimento del governo. Coop è impegnata in questa battaglia già dal 2003. Ma per il 42% del cibo viene buttato in casa

Un mondo di cooperazionenel mondo esistono 2 milioni e mezzo di cooperative che hanno un miliardo di aderenti. una realtà straordinaria fatta di imprese piccole e grandi

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L’indirizzo per scrivere a questa rubrica è:redazione Consumatori, Viale aldo Moro, 16, 40127 Bologna fax 051 6316908, oppure, [email protected]

RISponde ChIaRa faenzaresponsabile sostenibilità e innovazione e valori di Coop italia:

La campagna “#FilieraSporca. Gli invisibili dell’arancia e lo sfruttamento in agricoltura nell’anno di Expo”, è un importante lavoro d’indagine e denuncia realizzato da un gruppo di associazioni (Terra! Onlus, Associazione antimafie daSud e Terrelibere.org.), per contrastare un fenomeno che in Italia si ripropone da anni, specie nelle regioni meridionali. Proprio in questo che è l’anno dell’Expo questa iniziativa vuole sensibilizzare imprese e istituzioni ribadendo con fermezza che non si può "nutrire il pianeta" sfruttando tanti esseri umani che la-vorano nei campi. Il lavoro di indagine svolto, che si è concretizzato in un vero e proprio rapporto (disponibili integralmente all'indirizzo www.filierasporca.org), risale l'intera filiera – dal campo allo scaffale, passando per le agenzie di intermediazione, le multinazionali, la grande distribuzione – per individuare quelli che sono stati definiti come i veri “invisibili” dello sfruttamento del lavoro in agricoltura, analizzando e individuando i diversi punti critici. Questo anche grazie a interviste in campo e confrontandosi con gli operatori del settore e ricostruendo un modello produttivo gestito dai grandi commercianti locali nel quale si innestano gli interessi di caporali e criminalità organizzata. L’indagine è concentrata sulla raccolta di arance in Si-cilia e Calabria, che è stata considerata, per la sua com-plessità, una filiera simbolica delle produzioni italiane.Nella presentazione del rapporto, nel giugno scorso a Roma, presso la Camera dei Deputati, i promotori hanno presentato alcune proposte concrete che vanno nella direzione di garantire maggiori informazioni al

Coop, fatti concreti contro la #fiIieraSporca

consumatore attraverso norme per l’etichettatura tra-sparente, con l’obbligo di tracciabilità dei fornitori, rendendo pubblico l’elenco degli stessi. Questo perché informazioni chiare permettano a tutti di scegliere pro-dotti “slavery free”. Le associazioni promotrici di questa iniziativa, durante la presentazione a Roma hanno espresso apprezza-mento per la disponibilità e la collaborazione di Coop nella realizzazione del rapporto (solo due aziende hanno risposto alle domande loro poste e Coop è l’u-nica della grande distribuzione ad averlo fatto); a pagina 35 del rapporto è infatti scritto che “Coop è l’operatore più attento alla questione della responsabilità sociale” citando la gestione Coop relativamente alle tematiche sociali.Coop infatti effettua un monitoraggio costante sulle filiere dell’ortofrutta e applica, sin dal 1998, per la for-nitura dei prodotti col proprio marchio il sistema di certificazione internazionale SA8000 (standard etico), integrandolo con focus specifici relativi alla sicurezza sul luogo di lavoro. Vengono effettuate verifiche su tutti i passaggi della filiera e in questi anni sono state fatte ol-tre 1.200 ispezioni, comprensive di interviste anonime ai lavoratori (in particolare per verificare il rispetto degli orari di lavoro e dei salari), inoltre vengono raccolte in-formazioni dagli stakeholder locali (sindacato, associa-zioni, ong..), il tutto tramite operatori esterni qualificati. In caso di settori critici, quali quello degli agrumi in Si-cilia e Calabria o del pomodoro da trasformazione, vi è una particolare attenzione in termini di controlli con relativo coinvolgimento delle aziende agricole; negli ul-timi 5 anni infatti Coop ha espulso 7 aziende agricole che avevano presentato non conformità gravi.

Alcuni amici mi hanno parlato del rapporto “Filiera sporca” sullo sfruttamento dei lavoratori che raccolgono le arance. Coop cosa fa per contrastare questi fenomeni?Renata SoneRI - pesCara

perché è presente in alcune diete e perché è considerato una buona fonte di proteine. Un recente convegno Expo lo ha rivalutato come una fonte alimentare ricca di pro-

Il lupino è un legume poco presente nelle tavole degli italiani, anche se l’analisi nutrizionale rivela le sue ottime proprietà, benefiche per la salute. La gente lo conosce

Le proprietà del lupinoI miei amici vegetariani utilizzano il lupino come cereale anche in preparazioni alimen-tari. Volevo saperne qualcosa di più...angeLa baRUCCI - noVi Ligure

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prietà nutraceutica e adatto ai celiaci essendo privo di glutine. Le proteine alimentari sono in grado di ridurre i livelli del “colesterolo cattivo” nel sangue. Diverse ricerche hanno provato ulteriori benefici ga-rantiti da una dieta ricca di lupini: si va dal favorire una riduzione della pressione sanguigna al miglioramento del transito intestinale, fino alla protezione dei vasi dalla formazione delle placche aterosclerotiche. Il seme di lu-pino è composto principalmente da acqua e proteine. Su cento grammi di prodotto umido, 16,4 sono proteine, i carboidrati (7,2 g), le fibre (4,8 g) e una piccola quota di grassi vegetali (2,4 g): queste ultime assenti dalla soia. Il consumo di trenta grammi di prodotto al giorno assicura il raggiungimento del 25% della dose giornaliera racco-mandata per la quota di proteine. C’è di più. I lupini sono una valida alternativa anche per i diabetici grazie al ridotto contenuto di zuccheri e il basso indice glicemico. Oltre ai macronutrienti, i lupini assicu-rano un adeguato apporto di vitamine (folati, niacina, B6 e beta carotene) e sali minerali (potassio, calcio e fo-sforo). In Italia si coltiva il lupino bianco per uso alimen-tare umano. In Italia si trova quasi sempre cotto – il seme

secco non è commestibile anche per l’elevato contenuto di alcaloidi – e conservato in salamoia.

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Dalle bombolette vanno eliminati tappi e nebulizza-tori in plastica che vanno smaltiti a parte. Si possono riciclare con i materiali in alluminio solo se, sulla con-fezione, non recano alcun simbolo di pericolo. Se l'eti-chetta riporta l'indicazione di materiale infiammabile e pericoloso, la bomboletta va conferita negli appositi contenitori o nelle isole ecologiche che accolgono i ri-fiuti classificati come Rup (rifiuti urbani pericolosi). In alcuni comuni le bombolette si possono smaltire in-sieme a plastica e metallo: in questo caso non diventa più necessario privarle di tappi e nebulizzatori.

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Coop Siciliatra arte e memoria impegno contro le mafie

Ricordare le vittime della mafia e tutto ciò che la criminalità organizzata comporta non equiva-le a un semplice esercizio di memoria, ma è un “atto dovuto” di responsabilità sociale che rispecchia gli ideali in cui Coop crede da sempre. Ne è convinta Coop Sicilia che fa del rispetto del-la legalità e del contrasto all‘oppressione mafiosa un impegno costante nella sua attività di tutti i giorni, confermata anche attraverso iniziative che mirano a scolpire le coscienze per creare una società migliore domani. Lo si può fare attraverso dibattiti e incontri, oppure attraverso le immagini, l’arte e le parole di un opu-scolo come è accaduto con “Libero cinema in Li-bera terra”, il festival del cinema itinerante contro le mafie che lo scorso luglio ha fatto tappa al Parco commerciale Le Zagare di San Giovanni La Punta. La rassegna, nata nel 2006 dalla collaborazione tra Libera, realtà fondata da don Luigi Ciotti, e Cine-movel, fondazione che vanta la presidenza onoraria di Ettore Scola, ha proposto la proiezione gratuita

La cooperativa fa del rispetto della legalità e del contrastoalla criminalità organizzata un impegno costante nella sua attività quotidiana. Anche attraverso iniziative - come "Libero Cinema" - che hanno l'obiettivo di alimentare la memoria e porre le basi per un futuro migliore

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di due film (“Noi e la Giulia” e “Anime nere”) che raccontano la lotta per la legalità e contro il crimine organizzato, temi tanto cari agli organizzatori. Per rafforzare il messaggio è stato anche presentato l’o-puscolo su 23 vittime innocenti di mafia a Catania e provincia realizzato dal presidio Libera "Giuseppe Fava" dei Paesi etnei che descrive l’atrocità delle lo-giche criminali di cui hanno fatto le spese un giorna-lista, un avvocato, uomini dello Stato, imprenditori che non si volevano piegare ai ricatti, persino dei ra-gazzini. Gente impegnata contro la mafia ma anche gente che si è trovata per caso ad attraversare le rotte della mafia. “La presenza di Libero Cinema nel Parco Commer-ciale Le Zagare – evidenzia giovanni pagano, di-rettore ASCC politiche sociali di Coop Sicilia – ci ha onorato e ci ha consentito di presentare ai nostri soci una iniziativa articolata che ha fotografato l’im-pegno di Coop per la legalità e contro l’oppressio-ne mafiosa. Fornitori e produttori cui chiediamo durc e certificazioni antimafia, controlli sulle filie-re, verifica del rispetto dei diritti dei lavoratori nel-le aziende che realizzano prodotti a marchio Coop rappresentano la nostra quotidianità e durante la manifestazione sono stati valorizzati il forte legame con Libera e con il progetto Libera Terra, la novità dell’inserimento negli scaffali Ipercoop di prodotti interamente certificati pizzo free dalla Federazione Antiracket e da Libero Futuro e l’attenzione alla co-struzione di un mondo più giusto grazie ai valori del commercio equo e solidale ed ai progetti delle tante ONG, il Cope in questo caso, protagoniste di uno straordinario lavoro di impegno su scala globale”. ●

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Venga a farci visita

la stessa quantità di gelato delle vaschette da mezzo chilo.Attualmente le linee di prodotto sono tre:n I gelati (Nocciola dei Nebrodi, Cannolo Sicilia-no, Cioccolato con gocce di cioccolato di Modica, Mandorla di Sicilia e Pistacchio di Sicilia);n I sorbetti (Limone di Sicilia, Fragola di Sicilia)n Le granite siciliane (menta e limone)

L’azienda ha sede a Palermo nei pressi del Parco Udi-tore, ha un management giovane e motivato e nasce da un’idea della famiglia Vesco, attiva da generazioni in Sicilia nell’enogastronomia. I soci che desiderano essere invitati alle prossime visite possono farne ri-chiesta scrivendo a [email protected]

Venerdì 24 luglio una trentina di soci paler-mitani di tutte le età (non potevano certo mancare i bambini…) ha visitato gli stabilimenti della GEST srl, proprietaria del marchio Monsù: una “start-up” nata nel 2013 che produce vero gelato siciliano uti-lizzando le ricette della tradizione con le migliori ma-terie prime provenienti dalle piccole produzioni re-gionali, usando ingredienti semplici e naturali.Il nome deriva dall’antico appellativo usato in Sici-lia per designare i cuochi francesi di servizio nelle famiglie aristocratiche durante il Regno dei Borbo-ni, la parola “monsieur” veniva storpiata dall’uso in Monsù.L’intento dell’azienda è quello di creare valore ag-giunto nel canale del gelato attraverso la Sicilianità, la naturalità e un packaging accattivante e innovativo.Il gelato Monsù è frutto di un processo produtti-vo sviluppato in una logica artigianale, che utilizza esclusivamente ingredienti naturali senza uso di co-loranti, conservanti, aromi, oli vegetali o grassi idro-genati, e senza basi e semilavorati di alcun tipo. La percentuale di aria contenuta nel prodotto è inferiore a quella dei comuni gelati industriali, per questo mo-tivo i vasetti apparentemente “piccoli” contengono

dI Renato MICeLI

Con questo numero inauguriamo una nuova rubrica, aperta ai contributi dai nostri soci che partecipano alle visite organizzate da Coop Sicilia presso i fornitori siciliani per conoscere la lavorazione, le caratteristiche e il lavoro di ricerca che c’è dietro i prodotti che troviamo a scaffale. Questa prima puntataè dedicata a Monsu Palermo, il vero gelato siciliano

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9settembre 2015 coop informa

La solidarietàprende carta e penna(e non solo)Ritorna il 12 e 13 settembre, presso tutti gli Ipercoop della Sicilia, “Una mano per la Scuola". Grazie alla solidarietà dei consumatori siciliani, nelle scorse edizioni sono stati raccolti migliaia di quaderni, penne, matite, pastelli, set di cancelleria,block-notes, album da disegno, zainetti...

Ritorna il 12 e 13 settembre, ancora una volta presso tutti gli Ipercoop della Sicilia, “Una mano per la Scuola”, iniziativa promossa dai soci siciliani in collaborazione con numero-se organizzazioni di volontariato del territorio. All’ingresso di ogni punto vendita, i volontari distribuiranno le borse che ciascuno potrà ri-empire come vorrà e potrà con materiale sco-lastico e di cancelleria, per sostenere il diritto allo studio dei bambini meno fortunati. “Malgrado la situazione economica difficile che vivono molte famiglie, abbiamo riscontrato negli anni grande generosità da parte dei soci – afferma agostino d’amato, componente del Consiglio direttivo ASCC – il tema della scuo-la tocca da vicino la sensibilità di tutti ed anche un piccolo gesto aiuta un bimbo a studiare”.Grazie alla solidarietà dei consumatori sicilia-ni, nelle scorse edizioni sono stati raccolti mi-gliaia di quaderni, penne, matite, pastelli, set di cancelleria, block-notes, album da disegno, zai-netti etc. I risultati della raccolta 2015 saranno pubbli-cati sul prossimo numero di Coop Informa. ●

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Più che un mestiere è uno stile di vita; e più che una tradizione, La bottega del pane di Riz-zo porta avanti la missione di custodire e trasmette-re l’arte del Pane nero di Castelvetrano. A raccon-tarci del prodotto, già da anni presidio Slow Food, è tommaso Rizzo, responsabile del presidio, non-ché de La bottega del Pane di Castelvetrano. Qui, già all’età di otto anni, Rizzo aiutava il padre con gli impasti senza sapere che sarebbe diventato custode di questi ingredienti: di un lievito madre speciale, nonché di un pane che lui stesso definisce “sacro e meritevole di rispetto”. Il panificatore “trasforma in alimento il frutto del duro lavoro nei campi”. Una filosofia che la famiglia Rizzo ha saputo tradurre in impegno concreto, mantenendo in vita gli stessi gu-sti di un tempo con estrema cura per le materie pri-me e i tempi di lievitazione.

Le nobili originidel pane nerodi CastelvetranoA raccontarci di questo prodotto, che necessita di cura, rispetto e ingredienti speciali, è il titolare del panificio in provincia di Trapani che porta avantila tradizione di questo cibo antico, "sacro e meritevole di rispetto"

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“Il nostro lievito madre ha una particolare acidità e un’elevata concentrazione di aminoacidi liberi che gli conferiscono aroma e digeribilità.” Lo stesso va-le per la farina: “È ottenuta da una miscela di gra-ni siciliani macinati in molini a pietra naturale. Tra questi spicca la rara varietà locale "tumminia", dalle cariossidi scure e cristalline, ricche del tipico sapore sfumato di dolce e dei mille aromi delle terre sicilia-ne”. Con la sua crosta color caffè e la sua compattez-za, il pane nero di Castelvetrano si differenzia inol-tre per la lunga conservabilità. E poi c’è la cottura che avviene nei tradizionali forni di pietra natura-le alimentati con fronde di ulivo provenienti dalla potatura della cultivar locale Nocellara del Belice”. E per gustarlo al meglio? Non c’è una regola: “Ha un carattere talmente intenso che anche con un fi-lo d’olio, oppure accompagnato a formaggio duro o pomodori come un tempo, risulta buonissimo” as-sicura Rizzo, certo del gusto irresistibile di questo prodotto dall’anima antica e lo spirito intatto.

11settembre 2015

La forma è quella di una pagnotta rotonda, che in si-ciliano si chiama vastedda, la crosta è dura e color caffè (cosparsa di semi di sesamo), la pasta è morbi-da e giallo grano. Celebre in tutta la Sicilia, il pane di Castelvetrano è diventato negli anni sempre più ra-ro e ha rischiato addirittura di scomparire per la sua particolarità di essere cotto esclusivamente nei forni a legna e di essere prodotto con grani siciliani maci-nati a pietra.Il suo colore deriva dalla materia prima. Si impasta miscelando due farine, quella di grano duro sicilia-no e quella ricavata da un’antica varietà di frumen-to locale, la timilìa (o tumminia), entrambi integra-li e moliti con macine a pietra naturali. Ed è proprio grazie alla rarissima timilìa che il pane di Castelve-trano diventa nero e straordinariamente dolce e gu-stoso, con profumi intensi e un particolare aroma di tostato. Gli altri ingredienti sono acqua, sale e lievito naturale (lu criscenti, la madre). Prima della cottura l’impasto deve lievitare a lungo.Ogni fornaio ha un vecchio magazzino ben areato dove far seccare la potatura degli olivi. Le fronde ser-vono per alimentare i forni di pietra. Il fuoco – vivace e brillante – arroventa le pareti e la temperatura, nel punto più alto, raggiunge i 300°C. A fiamme spente si ripulisce accuratamente il forno con una scopa di palma nana (curina) dal manico molto lungo e si in-forna il pane, che cuoce lentamente e senza fuoco di-retto via via che la temperatura decresce. Quando il forno si è raffreddato, il pane è cotto.Fresco, ha note tostate nettissime al naso, quasi di malto e di mandorla tostata, che si uniscono al leg-gero sentore aromatico del legno di olivo al cui fuoco viene cotto.La tradizione vuole che il pane nero di Castelvetra-no appena sfornato e ancora caldo sia diviso in due e “cunzato” con olio extravergine (meglio se della locale Nocellara del Belìce), sale, origano, pomodo-ro a fette, formaggio tipico della zona (primosale o Vastedda), acciughe o sarde diliscate e basilico. Una colazione o un pasto straordinario. www.territori.coop.it

La pagnottache cuoce a fuoco spento

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Le nobili originidel pane nerodi Castelvetrano

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che mai decisivi per combattere lo spreco alimentare, primo fra tut-ti quello dell’educazione dei più giovani con specifici progetti rivol-ti alle scuole nell’ambito delle sue attività di educazione al consumo. Ma se su tutto quanto fa Coop vi riferiamo più ampiamente nella scheda qui a fianco, nel parlare di lotta allo spreco ci sono diverse cose da sapere e spiegare, per co-noscere il problema, aumentare la sensibilità delle famiglie e, soprat-tutto per capire come aggredirlo efficacemente. Le cifre dello spre-co sono mostruose, enormi, ed hanno una dimensione mondia-le. Nel nostro pianeta si parla di 1,3 miliardi di tonnellate di cibo buttato. La parte più consistente (secondo i dati Fao) si perde nel-la fase di produzione agricola (510 milioni di tonnellate pari al 32%), un altro 22% (355 milioni) si spre-ca nelle fasi successive alla raccol-ta e nello stoccaggio, un 11% (180

milioni) va perso durante la lavo-razione industriale, un 22% (345 milioni) è lo spreco domestico più un 13% durante la distribuzione e nella ristorazione.Il totale rappresenta circa un terzo della produzione mondiale di cibo e quando si è di fronte a un’umani-tà nella quale circa 850 milioni di persone soffrono la fame, combat-tere questo fenomeno è un impe-rativo etico prim’ancora che politi-co ed economico.Ovviamente la composizione della torta dello spreco cambia se guardiamo ai paesi sviluppati o a quelli più poveri.In Europa ad esempio, fatto 100 lo spreco alimentare, secondo uno studio della Commissione Euro-pea, il 39% di questo avviene nella fase di coltivazione e produzione, un 14% nella ristorazione, solo un 5% nella vendita (dato che com-prende la grande distribuzione). Ma la fetta più grande, e cioè il

cibo, stopallo sprecoun impegno che riguarda tutti

Dopo la legge approvata in Francia anche in Italia si annunciano interventi per contrastare un fenomeno che, a livello mondiale, ha dimensioni enormi. Ma in Europa il 42% dello spreco avviene in casa e un altro 39% durante la produzione, solo il 5% nella fase di distribuzione e vendita. Fondamentale è l'educazione

Da papa Francesco al pre-sidente della Repubblica Matta-rella, dalla legge che il parlamento francese ha approvato alle analo-ghe intenzioni per l’Italia annun-ciate dal ministro dell’agricoltura Martina. Fatto sta che la lotta allo spreco di cibo sembra davvero di-ventata una priorità. Se così fosse sarebbe proprio una bella notizia, oltre che per l’equilibrio del no-stro pianeta e per chi beneficerà di questo cibo recuperato, anche per chi, come Coop, contro lo spreco lavora da diversi anni (dal 2003 esattamente) ed ha messo a pun-to un sistema che coinvolge tutte le cooperative e consente di recu-perare e destinare a un uso sociale circa 4.000 tonnellate di alimen-ti che raggiungono e aiutano 150 mila persone. E oltre al riutilizzo degli alimen-ti invenduti, Coop si è da tempo posta l’obiettivo di operare anche su altri fronti di intervento, più

dI daRIo gUIdI

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13coop informasettembre 2015

“buon fine”, “brutti ma buoni”, “Spreco utile”. I no-mi sono diversi ma l’attività è sempre la stessa. parlia-mo di quanto le cooperative di consumatori fanno con-tro lo spreco alimentare, già dal 2003, con progetti che coinvolgono tutte le cooperative e che si sono sviluppati e affinati nel corso degli anni. parliamo di prodotti vici-ni alla scadenza o con le confezioni danneggiate che co-munque, pur essendo perfettamente commestibili, or-mai non possono più essere messi in vendita. per questo, con la collaborazione preziosa degli stessi soci Coop e dei dipendenti, si sono stabiliti rapporti con realtà del terri-torio circostante, definendo accordi e modalità di conse-gna, a chi ha bisogno. I dati relativi al 2014 dicono che il volume di merce che si è riusciti a destinare a enti, asso-ciazioni, gruppi di volontariato (i partner coinvolti sono stati 900) è risultato pari a circa 4.000 tonnellate, per un valore di 22 milioni di euro. Le persone assistite, cioè che hanno ricevuto un pasto o del cibo da parte di Coop sono state 150 mila. “Queste attività di cessione gratuita di merci a fini di so-lidarietà – spiega Carmela favarulo, del settore poli-tiche sociali di ancc-Coop, l’associazione nazionale del-le cooperative di consumatori – si sono strutturate nel corso degli anni e ci consentono di dare risposte effi-cienti e concrete a decine di migliaia di persone in dif-ficoltà, attraverso le tante realtà che abbiamo coinvol-to, proprio perché Coop è presente sui territori e nelle città. noi riusciamo in molti casi a fornire gli elementi per un pasto completo, in quanto possiamo recuperare

e donare anche i prodotti freschi, che rappresentano il 70% del volume di questa nostra attività, e non solo quelli confezionati”. “C’è anche da dire – prosegue favarulo – che tutte le co-operative in questi anni, partendo proprio dall’ascolto delle esigenze dei nostri soci e dalle difficoltà che a cau-sa della crisi molte famiglie hanno vissuto, hanno cerca-to di aumentare le offerte di questo tipo di prodotti, già all’interno dei punti vendita, con sconti particolari. Que-sto ci ha consentito di ridurre lo spreco e di offrire conve-nienza in più alle famiglie che lo chiedevano”. Ma ci sono altri aspetti importanti su cui Coop sta lavo-rando. Una realtà come Coop adriatica sta sostenendo la sperimentazione di una piattaforma (www.scambia-cibo.it) che, proprio in un'ottica di contrasto agli sprechi domestici, favorisce tra soci e famiglie la possibilità di scambiarsi i prodotti inutilizzati o vicini alla scadenza che uno ha nel proprio frigo o dispensa. dunque si cer-ca di agire proprio su quel capitolo che in europa rappre-senta da solo il 42% del problema.Un altro fronte su cui si opera già è poi quello della pre-venzione, ovvero dell’educazione al consumo consape-vole rivolta ai più giovani (parliamo di un’attività che nel 2013 ha coinvolto circa 270 mila studenti di quasi 12 mila classi in scuole di tutta Italia). ebbene tra i contenu-ti e le animazioni proposte ai ragazzi il tema dello spreco è ben presente (al punto che è stata prodotta una mappa che evidenzia le relazioni tra consumo, impatti ambien-tali e comportamenti individuali).

Sono 4 mila le tonnellate di prodotti donati in un annoe 150 mila le persone assistite. In più c'è l'educazione al consumo

Coop dal 2003 in prima linea

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42%, riguarda quel che si spreca nell’uso domestico, cioè dentro casa, per le cattive abitudini con cui fac-ciamo la spesa, riempiamo il frigo e cuciniamo.Queste cifre ci dicono alcune cose importanti, visto che nel parlare dei provvedimenti legislativi (vedi il caso Francia) si è posto l’accento sulle sanzioni verso i supermercati oltre i 400 metri di superficie che non attiveranno pratiche di recupero. Imporre compor-tamenti può anche essere utile, ma deve essere ben chiaro che ci si sta occupando di un aspetto che in Europa vale appena il 5% del problema, mentre tra produzione agricola e fase domestica valgono, mes-se insieme, l’80%.Ovviamente il capitolo legato a interventi sulla pro-duzione agricola è assai complesso, perché legato alle tecnologie di raccolta, alle modalità di trasporto, ai si-stemi e alle strutture di stoccaggio e, inevitabilmente al problema dei costi che le imprese agricole dovreb-bero sostenere per migliorare il rendimento di queste fasi. E questo ha un’incidenza decisamente superio-re nei paesi più arretrati rispetto all’Europa o al nord America. Poi ci sono gli altri capitoli a cominciare da quello sullo spreco domestico. Un capitolo che chiama in causa tutti noi che, per quanto bravi e attenti siamo, possiamo sicuramente migliorare nel gestire i nostri comportamenti e le nostre scelte d’acquisto.In Europa il livello medio di spreco procapite è di 180 chilogrammi all’anno (includendo tutte le fasi). Ma è una media compresa tra i 579 chili, record di spreco dell’Olanda e i 44 della Grecia. Tra i più spre-coni, dopo l’Olanda, troviamo il Belgio 339 kg, la Gran Bretagna 238 kg, la Svezia 227, l’Austria 225, la Finlandia 193. Sotto alla media europea stanno la Spagna a 176, l’Italia a 149, la Francia a 144, la Ger-mania a126 la Danimarca a 118 e via sino alla citata Grecia.Ma anche se siamo sotto alla media, con i nostri 149 chili di cibo buttato in un anno abbiamo ampio mar-gine per migliorarci. Secondo gli studi del profes-sor andrea Segrè dell’Università di Bologna (con l’Osservatorio Waste Watchers), pioniere della bat-taglia su questi temi, lo spreco di cibo domestico è di 49 chilogrammi a testa e riguarda il 35% dei prodotti freschi (latte, uova e carne), il 19% del pane, il 16% delle verdure e il 10% degli affettati.Va detto che secondo uno studio di Swg e Coldi-retti (del 2011) in questi anni di crisi i compor-tamenti virtuosi degli italiani sono cresciuti e lo spreco si sarebbe ridotto di un 57%. È chiaro che in tutti i casi si tratta di stime che, pur fornendo tendenze sicuramente plausibili, vanno utilizzate con una qualche cautela.

Ma, chilo più chilo meno, resta il fatto che nei nostri comportamenti ci sono sicuramente alcune regole utili che sarebbe bene tener presenti: come acquista-re senza eccedere nelle quantità, prepararsi con cura un elenco di ciò che serve, guardare le date di scaden-za, conservare con cura e secondo le indicazioni ciò che si acquista. E magari fare un piccolo sforzo in più per finir di consumare qualcosa che si è cominciato. Cosa che, specie con i più giovani, funziona se si sa già cosa significa spreco alimentare. E qui ritorniamo al tema dell’educazione, che deve essere sicuramente la base di ogni intervento. Ri-spettare il cibo, attribuirgli il giusto valore, in un sen-so culturale ancor prima che economico, come giu-stamente ha sottolineato il fondatore di Slow Food, Carlo petrini, è un aspetto chiave, se si vuole vince-re la battaglia. In questo senso ci sta anche l’idea del reato di spreco alimentare come nuova fattispecie da introdurre nei nostri codici.Anche se è bene precisare che, Coop come ogni al-tro soggetto che da anni promuove attività concrete contro gli sprechi, spesso si trova a confrontarsi con normative igienico sanitarie complesse, che magari non sono omogenee tra le diverse Regioni e che non rendono possibile fare in una città ciò che è autoriz-zato in un'altra. Poi c’è il tema dei destinatari delle

Le quote dello spreco di cibo (in Europa)

39%produzione 42%

uso domestico

14%ristorazione

5%vendita

all'ingrosso/dettaglio

Spreco del cibo procapite in Europaolanda............... 579 kg

Gran Bretagna... 258 kg

Media UE.......... 180 kg

Italia.................. 149 kg

Germania.......... 126 kg

Grecia................. 44 kg

Fonte: Commissione Europea

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42%uso domestico

ConsigLi uTiLi in CasaOcchio alle date di scadenzaUn altro tassello per combattere gli sprechi alimentari in casa nostra è quello di prestare attenzione e di farlo in modo corretto, alle date di scadenza dei prodotti. nei mesi scorsi destò scalpore la notizia che la grecia avesse autorizzato la vendita a prezzi scontati di prodotti alimentari non deperibili, anche dopo il termine minimo di conservazione indicato sull’etichetta. Molti, leggendo questa notizia, avevano confuso quel che è il termine minimo di conservazione (tmc) che non è un limite invalicabile con la scadenza vera e propria. Il tmc a differenza di quel che pensano in molti non è una data di scadenza ed i prodotti sono commestibili e sicuri anche dopo la data riportata sull’etichetta, quello che accade è un progressivo peggioramento delle caratteristiche organolettiche e nutrizionali.parliamo di prodotti quali confetture, oli, sottoli e sottaceti, ma anche pasta, riso, conserve di pomodoro, caffè e biscotti. Su questi prodotti che normalmente hanno un tempo minimo di conservazione che va dai 3 ai 24 mesi, la vita del prodotto viene stabilita dalla singola azienda produttrice, sulla base del proprio processo

produttivo, confezionamento, qualità delle materie prime ecc.. La data per questi alimenti ha un valore solamente orientativo e il consumo posticipato di qualche settimana o qualche mese a seconda del prodotto non determina problemi per la salute. Questo vale ovviamente per i prodotti cosiddetti industriali, con alle spalle un processo produttivo standardizzato e controllato. Maggior attenzione invece alla data di scadenza, presente nei prodotti freschi da conservare in frigorifero come latte, formaggi freschi, insalata in busta, pasta fresca, questa invece va di norma assolutamente rispettata. anche se uno yogurt o le uova possono essere consumati qualche giorno dopo la scadenza, purché sia stata rispettata la catena del freddo.esistono poi prodotti che non riportano alcuna indicazione quali ad esempio il sale, lo zucchero, i liquori, l’aceto. prodotti che hanno come unica avvertenza generale quella di tenerli in luogo fresco, asciutto e al riparo dalla luce.tutto questo aiuta a ridurre gli sprechi e ad evitare che alimenti ancora consumabili finiscano nel pattume.

• Preparare sempre la lista della spesa

• Comprare solo quanto necessario

• Cercare di pianificare i pasti della settimana

• Imparare a cucinare usando avanzi e scarti

• Controllare le date di scadenza dei prodotti

• Conservare i prodotti in modo corretto

• Disporre correttamente i prodotti in frigo e controllare che la temperatura sia adeguata (4/5 gradi)

• Mantenere la dispensa pulita per prevenire la presenza di insetti

• Al ristorante chiedere di poter portare a casa gli avanzi

LE REGOLE CONTROLO SPRECO DOMESTICO

donazioni che sono quelle che giuridicamente si de-finiscono Onlus (Organizzazioni non lucrative di uti-lità sociale); ma può capitare, specie nei piccoli centri, di aver a che fare con gruppi, parrocchie o altro che non hanno questo requisito. Insomma, senza entra-re in dettagli troppo tecnici, forse prima dell’idea di punire chi spreca, c’è da mettere in condizione tutti i soggetti interessati a questi temi di operare al me-glio e, semmai, di premiare e incentivare. E sembra proprio questa l'intenzione del governo italiano il cui ministro dell'agricoltura Maurizio Martina ha detto: "Siamo pronti a semplificare le leggi per ren-dere le donazioni più convenienti per chi produce e distribuisce", confermando l'intenzione del governo di presentare al più presto un provvedimento in ma-teria. “Con quello che come Coop facciamo da anni – spiega il presidente di Ancc-Coop, Stefano bassi – è come se, con la pratica virtuosa e volontaria, aves-simo preceduto la legislazione che, dopo la Francia, anche il governo italiano ha annunciato di voler intro-durre. Ci piace però, e speriamo le norme andranno in questo senso, insistere più sul versante dell’incen-tivo che una buona legislazione sul tema potrebbe of-frire alle imprese, spronandole magari anche econo-micamente, piuttosto che sull’aspetto repressivo”. ●

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IMbaLLaGGI DEL fuTuROE la vita dei prodottisi allungaUn altro fronte della lotta agli sprechi passa dalle confezioni e dagli imballaggi dei prodotti stessi. nel corso degli anni i materiali innovativi, le tecnologie e la gestione della catena del freddo (pensiamo ai surgelati), hanno consentito di prolungare la vita commerciale dei prodotti, mantenendone inalterate le proprietà e le caratteristiche. ora però sono già in avvicinamento nuovi materiali, che consentirebbero ulteriori progressi. parliamo di quelli che gli addetti ai lavori chiamano “imballaggi intelligenti”, ovvero polimeri capaci di rilasciare progressivamente sostanze che favoriscono la conservazione. ovviamente anche Coop, pur con la prudenza e il rigore che caratterizzano le sue scelte, sempre tese a dare al consumatore le massime garanzie, sta seguendo con grande attenzione questa evoluzione per utilizzarla anche sui propri prodotti a marchio.

La corretta conservazione dei cibi, sia nella dispensa che nel frigorifero è un altro tassello impor-tante della nostra battaglia per ridurre gli sprechi.

Conservazione in dispensaCominciamo dalla dispensa. I prodotti non deperibili a breve termine, come la pasta, il riso, la farina, i legu-mi secchi, ecc., possono essere conservati, racchiusi in confezioni o contenitori, a temperatura ambiente in dispensa o nei ripiani chiusi della cucina, e hanno una notevole stabilità, a patto che vengano mantenute le idonee condizioni di aerazione, pulizia e scarsa umi-dità. In ogni caso il loro basso contenuto di acqua fa sì che la moltiplicazione dei batteri sia ostacolata.Per questo motivo è opportuno chiudere in maniera appropriata o in apposito recipiente le confezioni di pasta, riso o farina aperte e riposte in dispensa.Per loro natura gli oli non presentano problemi mi-crobiologici; tuttavia, se messi a contatto con l'ossige-no, tendono a irrancidire. È bene quindi conservarli in recipienti chiusi, lontani dalla luce e da fonti di calore. Anche per gli alimenti in scatola è consigliabile usa-re alcune accortezze: oltre a controllare la data di sca-denza e le raccomandazioni per la conservazione è bene pulire la parte superiore della scatola metallica in modo da evitare, al momento dell'apertura, con-taminazioni degli alimenti in essa contenuti; infine, una volta aperta la scatola, nel caso che parte del prodotto non fosse consumato, è bene trasferirlo in un contenitore per alimenti onde evitare il contatto con metallo e aria, e riporlo in frigorifero.Se all’apertura della confezione (barattolo, scatola) il prodotto presenta muffe, fuoriuscita di gas, bollici-ne, odore o consistenza non proprie dell’alimento, va scartato senza consumarlo e senza assaggiarlo.Da non consumare anche le confezioni chiuse con capsule di sicurezza (con tappo a vite o linguetta da tirare), che premendo al centro non devono fare clik-clak, segno che non c'è più il sotto vuoto.Per tutti gli alimenti conservati a livello domestico,

Conservare beneper non sprecareLa sfida parte nella nostra dispensa

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Sempre più spesso i consumatori richiedono precisazioni, ai cosid-detti nutrizionisti, sui grassi alimentari e sulla loro vera o presunta peri-colosità cardiovascolare. Le domande sul ruolo metabolico dei grassi, condi-zionato dalla diversa struttura chimica, sono opportune per una sana alimentazione ma le risposte, per una serie di fattori tecnici, complicati anche da questioni di competizione industriale e quindi di chiarezza comunicativa, restano insoddisfacenti e filtrano al pubblico, magari via Internet, in modo da facilitare degli equivoci piuttosto che dei chiarimenti.Premetto, inoltre, che la moderna dietetica ci ha insegnato a non considerare solo gli aspetti qualitativi e nutrizionali dei singoli alimenti ma ancor più gli aspetti quantitativi e la frequenza di assunzione.Non è accettabile che per anni i media abbiano parlato solo di grassi ani-mali a rischio (penalizzando esageratamente latte e derivati: dal burro ai for-maggi) e di grassi vegetali da considerare, invece, innocui e raccoman-dabili, anche quando non si trattava di leader come l’olio extra-vergine di oliva.Ho scritto più volte che non tutto ciò che è “naturale” (termine davvero equivo-co) fa bene e sostengo che la tecnologia alimentare, se impiegata corretta-mente, può migliorare il cosiddetto naturale (ad esempio l’allontanamento del lattosio o del glutine per gli intolleranti o i cibi light o viceversa l’integrazione di iodio, calcio, ferro o di quant’altro scarseggi nella dieta). Tuttavia, ritengo che non si possano accomunare nella etichetta “grassi vegetali” dei prodotti sostanzialmente diversi nella struttura chimica, presumendone il coinvolgi-mento nel complesso fenomeno aterosclerotico senza adeguate e specifiche risultanze sperimentali, all’atto pratico quasi irrealizzabili.La mancata educazione nutrizionale scolastica ha sviluppato soltanto una miope lipofobia (quasi che i grassi non fossero altrettanto essenziali delle pro-teine o dei carboidrati) e ancor più un terrore del colesterolo ali-mentare che invece può far parte di qualsiasi dieta equilibrata –come han-no sempre precisato le Società scientifiche competenti- nel limite giornaliero di 300 mg. Oggi, il dibattito di moda tra i media riguarda soprattutto l’olio di palma o meglio l’acido palmitico che è presente in alcuni dolciumi nella stessa percentuale (più o meno del 10%) in cui si trova nel latte di donna! Sem-bra strano che si possa sospettare di un componente che contribuisce alla sopravvivenza e all’accrescimento dei neonati! Detto questo penso che certi catastrofisti, prima di condannare o di esaltare i singoli cibi, dovrebbero veri-ficare l’autorevolezza delle fonti consultate, tenendo conto che un uso limitato o saltuario è ben altra cosa che la messa al bando del grasso, degli zuccheri o di quant’altro può non piacere alla concorrenza nazionale e internazionale. Al riguardo, vorremmo attenderci dall’EXPO 2015 delle Linee Guida autorevoli e non solo degli scambi commerciali. ●

Grassi vegetalialcuni equivoci da chiarire

di Eugenio del Tomapresidente onorario dell’associazioneitaliana di dietetica e nutrizione clinica

alfabeto alimentare

non solo per quelli presenti nella dispensa, vale la regola generale di riporre quelli acquistati più di re-cente dietro a quelli già presenti.

Conservazione in frigoPer la conservazione di molti ali-menti, il frigorifero è il luogo più adatto, purché sia mantenuto co-stantemente pulito, sia periodica-mente sbrinato, la temperatura sia tenuta intorno a 4/5° C e fun-zioni in modo corretto. Gli alimenti è bene siano racchiu-si in contenitori o confezioni sepa-rate. Il frigorifero non deve essere riempito eccessivamente, onde consentire la giusta circolazione dell’aria e del freddo e, per lo stesso motivo, i cibi non vanno appoggia-ti alle pareti. Rispettare la durata di conservazione indicata dal fabbri-cante nel caso delle confezioni in-tegre. Limitare invece a qualche giorno quella dei prodotti sfusi o provenienti da confezioni aperte.È indispensabile osservare una corretta disposizione dei pro-dotti per garantire una corretta conservazione. Così, è opportuno mantenere nell’apposito contenitore in basso (temperatura più alta) frutta e ver-dura, sia per meglio salvaguardare le caratteristiche organolettiche e nutrizionali di questi prodotti, sia perché in genere sono gli alimenti meno puliti fra quelli che vengono riposti in frigo. Subito al di sopra del contenito-re per frutta e verdura c'è la zona del frigorifero con la temperatura più bassa: qui si possono riporre la carne, il pesce e i formaggi, ac-curatamente protetti da involucri o contenitori. Nei ripiani più alti è preferibile conservare prodotti co-me le creme, il latte e la panna. Le uova vanno lasciate nella lo-ro confezione d’acquisto, affinché non entrino in contatto con altri alimenti e si possa sempre leggere la data entro cui è preferibile con-sumarle.

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Nel mondo esistono 2 milioni e mezzo di cooperative che hanno 1 miliardo di aderenti. Una realtà straordinaria presente nei cinque continenti, fatta di grandi e piccole imprese, ma che rivendica spazio nell'economia mondiale. Pauline Green, presidente dell'Alleanza internazionale: "Siamo impegnati per chiedere che il nostro ruolo sia riconosciuto dal G20!"

"We noT Me"Coop, una risposta ai bisogniIn queste pagine vi proponiamo una sintesi di alcune delle riflessioni che sono state al centro di un convegno promosso, all’interno di expo, da ancc-Coop (in collaborazione con scuola Coop), dal titolo “We not me”, nel tentativo di approfondire, in una dimensione ampia, come sia possibile far crescere una forma di economia partecipata come la cooperazione. aprendo i lavori, il vice presidente di ancc, Massimo bongiovanni, ha sottolineato come “la cooperazione sia una risposta non solo ai bisogni primari, ma anche un modello economico che, da protagonista, può assolvere ad una duplice finalità, sociale e imprenditoriale, incidendo significativamente nei processi economici”. “In Italia, in questi anni – ha proseguito bongiovanni - Coop, grazie al proprio peso, è riuscita a determinare standard di mercato sulla qualità e sulla sostenibilità delle produzioni e dei prodotti, incidendo su intere filiere produttive”. proprio partendo da questi risultati “sarebbe un errore assecondare una visione che assegna alla cooperazione un ruolo marginale o di solo insediamento in settori a bassa intensità di capitale e di innovazione o in ambiti interstiziali dell’economia, come se i grandi giochi debbano essere solo appannaggio di grandi compagnie, pubbliche o private che siano”.

Su una popolazione mondiale attualmente stimabile in 7 miliardi e 350 milioni di persone, ben 1 miliardo sono cooperatori, cioè più o meno 1 per-sona su sette, sul nostro pianeta è socio di una coo-perativa. In India parliamo di 239 milioni di persone, di 180 milioni in Cina, di 125 negli Stati Uniti. O del Giappone dove la sola Coop di consumatori ha 26 milioni di soci, della Germania che ne ha 20 milioni o dell’Inghilterra che ne ha 13 come l’Italia. Coloro che invece lavorano per una cooperativa so-no circa 250 milioni di persone, pari al 9% degli oc-cupati di tutto il globo. Nel mondo ci sono circa 2 milioni e 500 mila imprese cooperative. Cioè 1 ogni 3.000 abitanti, sparse nei 5 continenti, in paesi pove-ri come in quelli più ricchi, e presenti nei più diversi settori produttivi e dei servizi.

"Chiediamo più spazio al g20"Di fronte a queste cifre, racconta-te da pauline green, presidente dell’Alleanza internazionale delle cooperative (www.ica.coop), va-le la pena fermarsi un attimo a ri-flettere e ragionare. Perché se tutti

dI daRIo gUIdI

un mondodi cooperazione

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i giorni (e più che mai in questi lunghi anni di crisi economica mondiale) siamo martellati dal solo lin-guaggio delle società per azioni, delle imprese di ca-pitali, delle quotazioni in Borsa, è del tutto evidente che si rischia di dimenticare che c’è, già oggi, un enor-me pezzo di economia che, dentro al mercato globa-le, si muove provando a seguire altre logiche. “Pur nella pluralità di forme ed espressioni che la coope-razione ha oggi – spiega Pauline Green – è evidente che siamo un mondo che mette al centro della pro-pria attività le persone, con i loro bisogni e da lì par-te per costruire risposte. E lo fa in piccole comunità locali, ma anche su scala molto più ampia, attraverso aziende di grandi dimensioni. Per questo l’obiettivo politico che come Ica ci siamo dati è di promuovere un’attività e una mobilitazione che porti il G20, cioè il gruppo dei paesi economicamente più importan-ti, a riconoscere questa presenza, a valorizzarla e aiutarla”. Partendo anche dal riconoscere come, du-rante questa lunga e difficile crisi, la cooperazione sia stata un elemento di tenuta, che ha consentito di di-fendere il lavoro e il reddito delle famiglie.

"Cosa facciamo in Italia"“Quando parliamo di noi anche in Italia – spiega il presidente nazio-nale di Legacoop, Mauro Luset-ti – siamo troppo spesso abituati a farlo attraverso i numeri, dicendo che la cooperazione rappresenta l’8% del Pil, che abbiamo 12 milio-ni di soci. Quasi fosse una prova muscolare. Abbiamo invece bisogno di dire, molto di più, come usiamo la nostra forza, come incidiamo sulla vita delle perso-ne. Il primo aspetto è la creazione di lavoro, di occu-pazione. Una crescita che per noi è continuata anche dopo l’arrivo della crisi. Nel 2006, ultimo anno pri-ma dell’esplosione della crisi, i dipendenti di coope-rative aderenti a Legacoop erano 429 mila, nel 2013

il numero di lavoratori era salito a 497 mila unità. In più in Italia, ogni anno nascono circa 7.000 nuove cooperative, alcune delle quali sono imprese fallite che rinascono grazie al fatto che gli operai decido-no di rilevarle costituendo una cooperativa. Ma co-operazione in Italia significa anche tutte quelle real-tà che cercano di costruire buona economia dai beni sequestrati e confiscati alla mafia. Sono cooperative di giovani, sempre più numerose. Infine, cooperazio-ne significa anche Coop e Conad che rappresentano il 30% della distribuzione italiana, e che si stanno im-pegnando sul tema delle liberalizzazioni, dai farmaci alla benzina, garantendo benefici e risparmi a milioni di famiglie. Sono solo alcuni spunti ma credo aiutino a capire, in termini qualitativi, cosa siamo”.Il punto, non solo guardando all’Italia ma in una di-mensione mondiale, è se, dopo quanto si è visto in questi lunghi anni di crisi, non ci sia bisogno di usare paradigmi diversi rispetto a quello imperante del li-berismo, della speculazione finanziaria, di un merca-to tutto imperniato sul profitto. Come se, quando la parentesi della crisi sarà chiusa, tutto sarà destinato a ripartire esattamente come prima.

Una economia pluralistaNo, non è così, non sarà così. C’è bisogno di plura-lismo nei modelli d’impresa, ma soprattutto c’è bi-sogno di più solidarietà e di forme di relazione che partano dalle persone. “L’idea che molti continuano a sostenere, e cioè che facendo diventare i ricchi più ricchi, comunque qualcosa gocciolerà sotto e dun-que qualche beneficio ci sarà, è sbagliata e non regge – spiega Leonardo becchetti, docente di economia politica all’Università di Tor Ver-gata – L’idea di un homo oeco-nomicus che è felice solo se gua-dagna di più non spiega la realtà, non spiega, ad esempio, la grande realtà di chi fa volontariato. Per

2 milioni e mezzo di cooperative nel mondo

1 miliardoi soci delle cooperative cioè 1 persona su 7

250 milioniI lavoratori di queste cooperative

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Dal Perù all'Indiae New YorkSi potrebbe parlare di una cooperazione dai mille volti. e anche al convegno milanese la cooperazione ha mostrato alcuni di questi suoi mille volti. Come la cooperativa norandino che in perù unisce oltre 7.500 piccoli produttori di caffè, cacao e zucchero che operano sulle terre una volta destinate alla coltivazione della coca. grazie al fair trade, il commercio equo e solidale e alla decisiva partnership con Coop, i contadini della norandino, sono riusciti a consolidare la loro esperienza e a sfuggire alla dittatura di chi specula sul prezzo di questi prodotti. Una speculazione che finisce con lo scaricarsi sui produttori che sono l’ultimo anello della catena. Una storia di emancipazione e riscatto è anche quella di Sewa federation che, in India, rappresenta 106 cooperative che danno lavoro a oltre 100mila donne, offrendo aiuto e competenze per ottenere piccoli capitali per avviare attività, attrezzature e strumenti tecnologici, ma anche servizi. Insomma l’obiettivo è renderle autosufficienti in una realtà dove le donne sono spesso emarginate. Ma cooperazione è anche la park Slope di new York. Qui nel quartiere di brooklyn, dal 1973, è attivo un punto di vendita cooperativo in cui possono comprare solo volontari che nel contempo prestano anche ore di lavoro gratuito per far funzionare il negozio. Così, nello stesso luogo, a volte si va a fare la spesa, a volte si va a fare i cassieri e a volte a esporre la merce sugli scaffali. dunque, quella dei 16 mila membri, è un’autogestione accompagnata da un intenso lavoro di incontri aperti a tutti i soci per affrontare e coordinare le attività.

questo serve una forte bio-diversità nell’organizza-zione dell’economia, devono crescere le imprese che non massimizzano i profitti. Io da sempre sostengo che i cittadini votano col loro portafoglio, nel senso che facendo la spesa possono incidere e premiare chi si comporta in modo diverso. Una recente indagine Nielsen, dice una cosa molto significativa e che cioè più del 40% dei cittadini al mondo è disposta a pa-gare di più per avere beni e prodotti sostenibili ed eticamente responsabili. Questa può essere una leva di cambiamento molto importante, capace di incide-re su intere filiere”.

Coop di grandi dimensioniPur riconoscendo alla cooperazione un punto di par-tenza positivo, cioè l’attenzione alle persone e ai lo-ro bisogni, molti spesso, anche in Italia, esprimono perplessità quando la cooperazione diventa impresa di grandi dimensioni. Questo è compatibile con i va-lori e la distintività originaria? Qui può essere utile

allargare lo sguardo e vedere come tra le prime 30 grandi cooperative al mondo non ce ne sia neppure una italiana. In testa troviamo tre colossi del mon-do assicurativo giapponese (Zenkyoren con un fat-turato da 77 miliardi di dollari, Nippon Life con 66 miliardi, e Meiji Yasuda Group con 62 miliardi), poi la statunitense State Farm Group (52 miliardi sem-pre in campo assicurativo), poi c’è la francese Leclerc nel campo della distribuzione (57 miliardi). E scor-rendo la classifica spuntano imprese della Germania, della Sud Corea, degli Usa, della Svizzera, dell’Inghil-terra, della Nuova Zelanda, dell’Olanda, del Canada. E si scopre come sigle, magari note, sono coopera-tive, pensiamo a banche come la francese Credite Agricole o l’olandese Rabobank. “Dunque la situazione italiana – spiega ancora il presidente di Legacoop, Lusetti – va inquadrata in questo contesto. C’è nel mondo una cooperazione che è cresciuta e che è stata capace di vincere le pro-prie sfide. In più, sul tema dimensioni, voglio anche

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aNChE SREbRENICa RIPaRTE Da uNa COOPa vent’anni dalla strage di Srebrenica (del luglio 1995), nella quale 8.000 musulmani vennero massacrati dalle milizie serbo-bosniache, c’è una bella storia di cooperazione che indica anche la strada per ricostruire una pacifica convivenza tra etnie diverse anche là dove si sono vissute tragedie immani. parliamo, come ha raccontato Marco angelillo sul mensile Vita (www.vita.it), di quanto avviene alla cooperativa Insieme, nata nel 2003 con l’aiuto italiano, e passata da 10 a 500 soci. Lo stabilimento di trasformazione dà lavoro a 28 persone, vedove e reduci del genocidio. produce lamponi, more e ribes: 130mila vasetti di confetture, 180mila bottiglie di succhi di frutta e 350 tonnellate di prodotto congelato l’anno. La cooperativa ha realizzato un vivaio e possiede alcuni frutteti sperimentali con una capacità annuale di 150mila piante. donne ortodosse e musulmane, fra bratunac e Srebrenica, hanno deciso di coltivare, insieme, la terra e il futuro nella valle della drina. I frutti congelati vengono esportati in molti paesi europei, le marmellate e i succhi solo in Italia. tra chili distribuisce in Italia ci sono Coop Lombardia, Coop Consumatori nordest e Coop adriatica.

ricordare che per far nascere nuova cooperazione servono risorse che possono venire solo se si han-no le spalle robuste. E dunque le grandi cooperative sono fondamentali per sostenere l’intero sistema e aiutare i piccoli a nascere e crescere. Sul piano dei valori, dell’etica e del rispetto dei principi, il tema di-mensioni non credo incida. La dimensione azienda-le pone questi temi in termini diversi, ma siamo pieni di esempi di buone pratiche in grandi cooperative e ad esempi meno brillanti in piccole realtà”.

nuova cooperazioneUn ragionamento che condivide in pieno anche un economista come Leonardo Becchetti: “Io sono sta-to contrario alla riforma, recentemente varata del go-verno, sulle Banche popolari italiane che ha imposto, a quelle superiori agli 8 miliardi di raccolta, di aboli-re il voto capitario e diventare di fatto delle norma-li società per azioni. Non c’era alcun motivo o evi-denza che imponesse di fare ciò. Un colosso come la

canadese banque du Jardin, parliamo di una realtà cooperativa da 220 miliardi di fatturato, ha dimostra-to di avere le migliori pratiche in assoluto di tutela del risparmio e come standard etici. Dunque? In più la grande cooperazione serve a far crescere nuova co-operazione. In questo mercato più si cresce e più si possono fare le cose che vorremmo”. Per questo ser-ve più cooperazione, dove la cooperazione è un arci-pelago di forme e dimensioni diverse, che deve resta-re in costante dialogo con i soci, con le persone, con i territori, che deve aggiornare costantemente la sua governance, essere trasparente, ma che è fondamen-tale per avere un mercato economico più equilibrato e solidale. ●

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lievito o glutine, è una realtà che non riguarda solo chi è affetto da uno specifico problema (come può essere per i celiaci), ma che coinvolge tante persone che vogliono solo migliorare il proprio benessere e pongono grande attenzione alla propria salute. Per questo, partendo da due linee di prodotti a mar-chio Coop, particolarmente vicine a questi aspetti (bene.sì e il Club 4-10 rivolto ai bambini) vi pro-poniamo alcuni suggerimenti che, partendo dalla

colazione del mattino, per arrivare ad alcune me-rendine, tengono in-sieme queste esigenze di salubrità, semplicità e “velocità”.Per la colazione (ma non solo per quella), la linea Benesì propone,

come alternative al latte (e quindi al lattosio), bevande a base di riso o di soia (anche in versioni arricchite di calcio e vi-tamine B2, B12 e D) che stanno

riscuotendo grande successo. Ci

Coop, con le linee Bene.sì e Club 4-10, propone soluzioni per chi, a scuola o in ufficio, vuole farsi uno snack senza rinunciare a prodotti che mettono al primo posto il benessere e la salute: dalle bevande e gli yogurt a base di soia ai crackers e ai frollini senza lievito. Per finire con un nuovo trancino al cioccolato

Spuntinidi qualità

Con l’apertura delle scuole e il ritorno al la-voro anche degli ultimi vacanzieri, settembre è il me-se che segna la ripresa dei “normali” ritmi di vita fa-migliare, parliamo di orari, di tempi e di spostamenti. Ed è ormai noto che, per molti, questi tempi incido-no anche sulla qualità dell’alimentazione. Spesso c’è poco tempo, si va di fretta. Così in casa non si dedi-ca l’attenzione che meriterebbe alla colazione (ba-se fondamentale di una corretta alimentazione per tutto il resto della giornata), oppure quando si esce, si trova solo lo spazio per uno snack veloce, per non parlare della merenda da fare a scuola.Ebbene, per ognuna di queste situazioni, è un erro-re non dedicare la dovuta considerazione (e se serve anche un po’ di tempo in più) a quel che si mangia. Sempre più spesso, anche in prodotti apparente-mente semplici e veloci, si possono trovare qualità e caratteristiche nutrizionali cui un al-to numero di consumatori pone, giustamente, sempre maggiore at-tenzione. Il boom dei prodotti, sia funzionali, cioè particolarmente ric-chi di alcune sostanze (come le fibre), o dei cosiddetti free from, cioè privi di lattosio,

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sono gli yogurt, a base di soia 100% italiana No Ogm (indicati per chi è intollerante al lattosio ma an-che per i vegetariani) nei nuovi gusti ciliegia, albicoc-ca, che si aggiungono alle varianti frutta e cereali, frut-ti di bosco e naturale. E per i più golosi, sempre senza latte, la linea Bene.sì Coop propone i dessert a ba-se di crema di soia, disponibili nei gusti vaniglia o cioccolato.Da sgranocchiare, magari mentre si sta in ufficio o a

scuola, vi proponiamo in-vece due soluzioni. La soluzione sala-ta sono i crackers senza lievito e particolarmente ric-chi di fibre perché

realizzati con farina di mais e d’orzo. L’alternativa dolce sono i biscotti frollini, anche questi sen-za lievito e (come i crackers) proposti in porzioni di facile uso, anche mentre si è in giro.Pensati per i bambini, invece, i prodotti della li-nea Club 4-10 privi di grassi tropicali (come l’olio di palma), sono privi di grassi idrogena-ti, con un ridotto contenuto di grassi o zuccheri

iL saLe iodaTo “proTeTTo” fa bENE aLLa SaLuTESempre a proposito di benessere e salute vale la pena ricordare che il sale iodato "protetto" bene.sì Coop è ottenuto con una tecnologia innovativa che consente allo iodio, notoriamente volatile e poco resistente al calore, di fissarsi negli alimenti. In questo modo lo iodio si mantiene costante nel tempo anche dopo la cottura dei cibi, garantendone l'assimilazione. è importante sapere che l'assunzione di iodio apporta diversi benefici per tutti, contribuendo al buon funzionamento della tiroide e al normale metabolismo energetico. Lo iodio contenuto naturalmente negli

alimenti non è però sufficiente a soddisfare il nostro fabbisogno giornaliero. ecco perché, allo scopo di aumentarne l'assunzione, è bene utilizzare sale iodato "protetto". è consigliato l'impiego del prodotto per integrare regimi alimentari carenti di iodio in sostituzione del comune sale alimentare e comunque è fondamentale seguire una dieta varia ed equilibrata e uno stile di vita sano.Il sale iodato protetto bene.sì Coop è sale marino 100% italiano, disponibile in formato da 500g fino o grosso e in formato da 220g fino con spargitore. Il prodotto è dotato di logo ministeriale in conformità alla legge 55/2005

per la tutela della salute.

(mediamente il 30% rispetto alla media di ana-loghi prodotti sul mercato), hanno un apporto calorico ridotto, utilizzano solo aromi naturali e integrano nutrienti come le fibre. Insomma una linea pensata per prevenire e combattere il pro-blema dell’obesità e del sovrappeso, che è sempre più presente anche nel nostro paese.Ebbene proprio il Club 4-10 propone una novità appena arrivata sugli scaffali, con un trancino al cioccolato (venduto in confezioni da 10 pezzi) che ha il 40% dei grassi in meno ri-spetto alle meren-dine più vendute. Si tratta di soffice pan di spagna con pezzi di cioccolato fondente e crema al cioccolato. E per chiudere, comodissimi da consumare anche a scuola e sul lavoro, ci sono i succhi di frutta della linea Club 4-10 Coop in brick da 200 ml. Questi succhi hanno tutti un’altissima percentua-le di frutta (dal 95 al 97%) e i gusti più apprezzati sono quelli alla pera e alla pesca (con frutta tutta italiana), e fragola e banana. E allora un buon rientro a tutti!!!

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di Giuseppe Ortolano

La celebrazione dei 150 anni della sua strada più importante è l'occasione per partire alla scoperta di una città straordinariamente ricca di storia e cultura

Vienna, una capitalepiena d'arte e musei

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storia ebraica del viale. Al Wien Museum si illustra la progettazione della Ringstrasse, mentre il Belvedere dedica una rassegna ai carismatici pittori della Ringstrasse che hanno lasciato un'impronta indelebile sulla loro epoca: da Hans Makart a Gustav Klimt. L’Architekturzentrum Wien dedica una mostra a Max Fabiani, autore dell’Urania ed alcuni centri culturali come il Kunsthistorisches Museum, il Museo di Storia naturale, il MuseumsQuartier ed il Museo di Sigmund Freud propongono visite guidate dedicate al tema. Ma Vienna non si esaurisce con l'imponenza degli edifici posti lungo la Ringstrasse. Assolutamente da non perdere la Kunstkammer, la Camera dell’Arte e delle Curiosità del

Inizio di autunno a Vienna per non perdersi le celebrazioni dei 150 anni della Ringstrasse, il maggior progetto urbanistico mai realizzato nel corso della storia della città. Lungo i 5,3 km di questa strada sorsero tra il 1860 e il 1890 quegli edifici (dall'Opera di Stato all'attuale Museo di Belle Arti, dal Municipio alla Borsa) che segnarono il passaggio da feudale città di residenza della monarchia austroungarica a metropoli europea. Tante le mostre aperte per l'occasione. Il palazzo della Secessione, una delle opere più significative dello stile liberty viennese, propone fino all’11 ottobre, “Troppo moderno per la prima fila”, esposizione che racconta la sua edificazione. Il Museo ebraico di Vienna si concentra, fino al 4 ottobre, sulla

Kunsthistorisches Museum che raccoglie 2200 oggetti eccezionali, rari, bizzarri e straordinari, spesso commissionati o acquistati da membri della casata imperiale o dall’imperatore in persona. Nelle altre sale del Kunsthistorisches Museum si ammirano, invece, capolavori di Dürer, Rembrandt, Bellini, Giorgione, Tiziano, Raffaello, Caravaggio e la maggiore collezione al mondo di pittura fiamminga. L’Albertina propone una delle più importanti collezioni grafiche al mondo e, dal 25 settembre, espone 120 tra le più significative opere di Edvard Munch, tra cui anche “L’urlo”. Nelle sale del Leopold Museum si ammirano la più estesa collezione di opere di Egon Schiele e centinaia di capolavori

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Info utili

Scoprite che questa è anche una città del buon vino

Prima di partire per Vienna vale la pena consultare il sito dell'Ente per il Turismo (www.vienna.info) ricco di notizie e informazioni utili anche per trovare un albergo, un ristorante dove mangiare o un locale alla moda. La vita del turista è resa ancora più facile dalla Vienna Card (www.wienkarte.at) che, per 18,90 euro a persona, offre l'uso gratuito di metropolitana, autobus e tram per 48 ore, oltre a sconti in 210 tra musei, teatri, sale concerti, ristoranti, caffè e negozi. Dal 25 settembre al 4 ottobre la capitale austriaca ospita la Vienna Design Week con centinaia di iniziative per vivere design e moda in un’ottica nuova. Le agenzie Robintur (www.robintur.it) organizzano, nei mesi di settembre e ottobre, tour in bus a Vienna e Monaco al costo di 590 euro a persona, con trattamento di mezza pensione in albergo 4 stelle.

Vienna è anche una delle metropoli più verdi al mondo. Con più del 50% della superficie cittadina occupata da parchi, giardini, campi coltivati, prati, boschi e addirittura un parco nazionale, la capitale austriaca ha un'anima green capace di incantare i visitatori. Tra i luoghi più interessanti i giardini della Reggia di Schönbrunn, dichiarati Patrimonio dell’Umanità UNESCO; il parco barocco in stile francese al cui interno si trova il più antico giardino alpino europeo, ed i giardini del Burggarten, dove si ammirano una visitatissima statua di Mozart e una grande serra delle palme, che ospita la Casa delle Farfalle. Nella zona occidentale della città si incontra il Bosco Viennese, un insolito parco della biosfera urbano che rappresenta il polmone verde della città. Ad est si trova, infine, parte del Parco nazionale Donau-Auen, dove vivono oltre 800 specie vegetali, tra cui rare varietà di orchidee, 100 di uccelli nidificanti, nonché 30 diversi tipi di pesci.

Pochi lo sanno ma Vienna vanta 700 ettari di terreni coltivati a vite – per il 10% bio – all'interno del territorio urbano, caratteristica assolutamente fuori dal comune per una metropoli europea. Il weekend del 26 e 27 settembre si celebra la Giornata viennese della passeggiata enologica con escursioni tra i vigneti e soste nelle osterie e nelle cantine. Anche in altri periodi dell'anno si possono degustare i vini viennesi nei

tradizionali “Heurige”, osterie – spesso con giardino – riconoscibili dalla scritta “Ausg’steckt” e dalla frasca di pino appesa all’entrata che indica che il locale è aperto. I due simboli garantiscono la vendita di vini di produzione esclusivamente propria, prodotti con le uve viennesi. La fondazione Slow Food per la biodiversità ha inserito il vino Gemischter Satz nell’elenco dei Presidi dell'Arca del Gusto.

Scoperte nel verde

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d’arte moderna austriaca. Sono più di cento i musei viennesi che è possibile visitare, in molti dei quali è anche piacevole mangiare, sia a pranzo che all'ora di cena. E il 3 ottobre, in occasione della Lunga Notte dei Musei, sarà possibile visitarli tutti utilizzando un solo biglietto, valido dalle 18 all’una di notte, che comprende anche l’utilizzo gratuito dei bus navetta e dei mezzi di trasporto pubblico. Vienna è famosa anche per i dolci da

assaggiare negli oltre 150 caffè tradizionali della città. Tra i più interessanti del centro storico il leggendario Caffè Central, la Pasticceria di corte regia-imperiale Demel, il Cafè Imperial e il Café Museum, che fu frequentato da clienti come Gustav Klimt, Egon Schiele, Oskar Kokoschka ed Elias Canetti. Prima di lasciare la capitale austriaca, specie se si viaggia con bambini o ragazzi, vale la pena raggiungere il Prater con le sue

250 attrazioni, dalla ruota panoramica alle giostre per i più piccoli, dalle montagne russe ai simulatori di volo. Nel recente museo delle cere Madame Tussauds, nella piazza della ruota panoramica, si ammirano 71 statue di cera. Tra queste l'imperatore Francesco Giuseppe e la sua Sissi, Wolfgang Amadeus Mozart, Gustav Klimt, Albert Einstein, Johnny Depp, Nicole Kidman, Angelina Jolie, Michael Jackson, Mahatma Gandhi e Nelson Mandela.

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mostre e libriSguardi d'Europa su Pompei

Non c’è solo la Pompei che cade a pezzi o quella annegata nei rifiuti, di cui ci parlano spesso le cronache. C’è invece anche un impegno serio di rilanciare il sito

campano. Il Museo archeologico nazionale di Napoli e l’Anfiteatro degli scavi ospitano una straordinaria mostra che ci parla di come l’Europa ha guardato alla scoperta della città sepolta e di come tanti artisti diversi si sono ispirati per le loro opere a Pompei. Si possono così ammirare i lavori di Picasso e di Normand, di De Chirico e di Le Corbusier, di Canova, di Piranesi e di tanti altri che nel corso di due secoli, dalla scoperta del 1748 ai bombardamenti aerei del 1943, hanno tratto ispirazione da Pompei. Le loro opere sono esposte in questa mostra in continuo dialogo con emozionanti reperti riemersi da sotto ceneri e lapilli, alcuni dei quali provenienti dal British Museum di Londra, oltre a quelli visibili in loco. Sono in esposizione anche alcuni dei calchi che a metà del XIX secolo Giuseppe Fiorelli realizzò con le impronte lasciate dai corpi umani nella lava della eruzione.

Pompei e l’Europa, 1748-1943Napoli, Museo archeologico, Anfiteatro degli scaviFIno al 2 novembre 2015Ingresso: 13 euro - Info: Tel. 06-39967050, [email protected]

Al Mart un secolo d'arteIl Mart di Rovereto mette in mostra se stesso, ovvero una parte dei dipinti o fotografie che costituiscono la collezione del Museo, ricca di circa 20 mila opere. L’esposizione si divide

in due parti. La prima mette in mostra opere realizzate tra il 1900 e il 1950 e ha come tema la #modernaclassicità. Sono artisti ed opere che si contrappongono a quella visione scomposta del mondo che ha portato alla Guerra mondiale. Si possono ammirare per la prima volta due opere recentemente acquisite dal Mart, la “Ragazza a Pavarolo” di Felice Casorati e la “Signora in rosso” di Manlio Rho. Ma sono esposti anche dipinti di Mario Sironi, Carrà, Martini, Campigli. Nella seconda sala invece si possono ammirare opere realizzate tra il 1950 e il 2014 e il tema è #canonecontemporaneo. Attraverso i lavori di Alighiero Boetti, Piero Manzoni, Pistoletto, Barbara Kruger, Cindy Sherman e altri si possono vedere i filoni delle principali ricerche artistiche che hanno rivoluzionato il modo di fare arte. Una sezione poi è dedicata ai fotografi, in particolare con la ricca esposizione di una serie del 1996 di Gabriele Basilico.

#Collezionemart Mart di Rovereto Fino all’8 novembreIngresso: 13 euro Info: Tel: 046431813, [email protected]

Un vicolo di Shanhgaimetafora della Cina che cambia

Sono tante le storie che si raccontano nel Vicolo della Polvere Rossa di Shanghai. E attraverso tante vicende personali e politiche Qiu Xiaolong ci fa conoscere le radici della Cina che investe capitali impressionanti in ogni parte del mondo,

o che rischia il tracollo ecologico. La sera gli abitanti del Vicolo escono di casa con le loro sedie, bevendo te o semplicemente acqua e raccontano le loro storie. Ci sono i due innamorati che scrivono sulla lavagna con i gessetti gli avvenimenti del giorno. E che sono stati divisi dalla scelta rivoluzionaria di lei di andare a lavorare in campagna, come chiedeva il Presidente Mao. Ma ecco la storia del libraio che la Rivoluzione culturale ha ingiustamente perseguitato. In fondo, per lui, un colpo di fortuna. Come quello che trasforma una cuoca in una ricca immobiliarista. Tra discorsi di Mao e speranze di costruire una Cina nuova, tra persecuzioni feroci e immotivate la vita degli abitanti del vicolo è la metafora di un Paese che cambia. Ma sul Vicolo incombe la minaccia di essere raso al suolo per lasciare posto a grattacieli degni della nuova Shanghai. Riusciranno quei tenaci raccontatori di storie a fermare la Storia?

Qiu Xiaolong Nuove storie del Vicolo della Polvere RossaMarsilio Editore - 232 pagine, 17,50 euro

Dalla Nigeria agli Usain un mondo capovolto

Decidere di andarsene dal proprio Paese, la Nigeria, per emigrare negli Stati Uniti non è facile, anche se si parte da una condizione in qualche modo privilegiata. Ifemelu lo fa, sapendo che troverà negli States la zia Uju ad accoglierla. Del

resto lei è una donna di cultura universitaria, dunque in qualche modo favorita. Ma lo scontro con la nuova realtà è più duro di quanto non avesse pensato. Il suo mondo, lì è capovolto, quello che per lei è normale, negli Usa invece è inaccettabile e viceversa. In più Ifemelu è nera. Anzi, scopre proprio nel nuovo Paese di essere nera, dunque diversa. Persino nelle scelte minime, come quelle dei capelli: le treccine che secondo Ifemelu sono belle, lì sono considerate poco professionali. E le differenze razziali contano ancora. Ifemelu però non è una che si piange addosso e fa la vittima. Al contrario, è una lottatrice e dà vita così ad un suo blog che presto diventa popolarissimo e che le apre nuovi cammini professionali e anche personali. Ma al fondo le resta un rimpianto e la nostalgia per il suo Paese africano, per i suoi amici e i suoi amori. Ma sa che se dovesse tornare sarebbe bollata spregiativamente come la “Americanah”.

Chimanda Ngozi AdichieAmericanah Einaudi Editore - 460 pagine, 21 euro

a cura di Giorgio Oldrini

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