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perUnaltracittà, laboratorio politicoLA CITTÀ INVISIBILE #30 del 18 novembre 2015

PRIMO PIANO

Basta guerre, basta morti.Le vostre guerre non le vogliamodi Assemblea Fiorentina controil vertice NATO di Firenze

Scuola: la repressione ai tempidel PD di Redazione della Cittàinvisibile

La cultura non è merce!di Coordinamento No Buona Scuola- Firenze

Nuovo aeroporto di Firenze?Gravissimo se la politica ignorai pareri tecnici di perUnaltracittà,laboratorio politico

Liberarsi dal turismo o dalcapitalismo? di Gianni del Panta,attivista, studioso di Scienzepolitiche.

Ataf e il gioco delle tre cartedi Cobas Ataf Lavoro privato,Confederazione Cobas Ataf

Colletta di idee per Alberetae Anconella: una propostadi Paolo Degli Antoni, dottoreforestale

Mondeggi Bene Comune non èun'azienda di Mondeggi BeneComune, Fattoria senza padroni

8° Convegno Nazionaledi Medicina Democratica peril diritto alla salute di Gian LucaGaretti, Medicina DemocraticaFirenze, sezione Pietro Mirabelli

Tav condannata dal Tribunaledei Popoli: violati i dirittifondamentali di ContrOsservatorioValsusa

L'autostrada tirrenica: sceltadi retroguardia di RossanoPazzagli, docente di Storiamoderna, fa parte della Societàdei Territorialisti

Post-Expo: chi paga l'inconsultatrasformazione d'uso dell'area?di Sergio Brenna, docente diUrbanistica presso il Politecnicodi Milano.

Morti sul lavoro: quest'annogià 1.200 di Carlo Soricelli,Osservatorio Indipendente diBologna morti sul lavoro

10 cose da sapere sulla retee la controinformazione diGilberto Pierazzuoli, scrittoree attivista in PerUnaltracittà

RUBRICHE

Nuove destre a cura di GiorgiaBulli Eredità politica e familiare:il “Front National” francesedi G.B.

Cultura si, cultura no a curadi Franca Falletti Musei:supermanager superpagatima non autosufficienti di F.F.

Kill Billy a cura di GilbertoPierazzuoli Città neocapitaliste.Dal welfare state al real estatedi Ilaria Agostini

Ricette e altre storie a curadi Barbara Zattoni e GabrielePalloni La carne fritta di B.Z.

LA CITTÀ INVISIBILEVoci oltre il pensiero unico

Direttore editoriale Ornella De ZordoDirettore responsabile Francesca Conti

La Città invisibile è un periodico on line in cui si dà direttamente spazioalle voci di chi, ancora troppo poco visibile, sta dentro le lotte o esercitaun pensiero critico delle politiche liberiste; che sollecita contributi di chifa crescere analisi e esperienze di lotta; che fa emergere collegamentie relazioni tra i molti presìdi di resistenza sociale; che vuole contribuirealla diffusione di strumenti analitici e critici, presupposto indispensabileper animare reazioni culturali e conflittualità sociali.Perché il futuro è oltre il pensiero unico.Anche a Firenze e in Toscana.

Testata in attesa di registrazione: www.cittainvisibile.info

EDITORIALE SOMMARIO

Cari amici e care amiche,apriamo il #30 della rivista con alcune riflessionisugli attentati di Parigi dell'Assembleafiorentina contro il vertice Nato, di cuifacciamo parte. Ci sembra importante, dopo avercondannato quanto accaduto nel venerdì nero diParigi, ricordare che questa ultima strage arrivadopo una serie di altre stragi che hanno mietutocentinaia di vittime innocenti in paesi più lontanie che sono tutte estensioni terribili della guerrache insanguina la Siria e il Medio Oriente daquattro anni. E' all'origine che vanno eliminate lecause di queste morti. Non basta il cordoglio, estride la solidarietà che viene oggi espressa dachi quelle guerre ha contribuito a fomentare.Proprio su questa ipocrisia vogliamo darvi unasemplice informazione che purtroppo poco è gi-rata. Matthew Levitt, direttore del Programma suantiterrorismo e intelligence del WashingtonInstitute for Near Policy, stima che nel 2013 e2014 Isis abbia ottenuto oltre 40 milioni di dollariin finanziamenti provenienti dai Paese del GolfoPersico, in particolare Arabia Saudita, Qatar eKuwait. David Cohen, vice segretario USA alTesoro, ha aggiunto che «il Kuwait è l’epicentrodel finanziamento dei gruppi terroristi inSiria». A fine novembre il ministro Pinotti e ilpresidente di Finmeccanica Moretti firmerannoun contratto storico con il Kuwait. Si tratta dellafornitura militare più imponente nella storiadell'industria italiana: 8 miliardi di euro per 28caccia Eurofighter Typhoon. Il memorandumd’intesa è stato sottoscritto a settembrenell’ambito dell’incontro tra Matteo Renzi e ilprimo ministro kuwaitiano Sheikh Jaber AlMubarak Al Hamad Al Sabah.Troverete poi una molteplicità di argomentitrattati e una novità: venerdì presenteremo, comesupplemento della rivista, un dossier sul nuovoaeroporto di Firenze con una selezione sceltadegli articoli usciti sulla Città invisibile. Undossier utile ad orientarci sui costi ambientali(oltre che economici) della nuova infrastrutturache si vorrebbe realizzare nella Piana e sulleirregolarità dell'iter di un progetto che AeroportiToscani e Regione pare vogliano portare in fondomalgrado ogni ragionevolezza.Vi invitiamo a partecipare alla serata del 20novembre al Parterre in Piazza della Libertà incui tutto questo sarà approfondito con l'iniziativa"Il cielo sopra Firenze. Trafficato e fuori legge"[https://www.facebook.com/events/783275411818801/]Buona lettura e, come sempre, diffondete secondividete.

La redazione

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1 perUnaltracittà, laboratorio politicoLA CITTÀ INVISIBILE #30 del 18 novembre 2015

PRIMO PIANO

Basta guerre, basta morti. Levostre guerre non le vogliamodi Assemblea Fiorentina contro il vertice NATO di Firenze

Quanto successo in Francia, dove una serie diattentati ha mietuto oltre 100 vittime, è di unagravità estrema; dopo lo sconcerto e la condannadi quanto accade occorre però ricordare che lastrage di Parigi arriva dopo una serie di altrestragi in paesi che sentiamo lontani dall'Europa,ma che invece ne sono alle porte, sono dentro ilMediterraneo: pensiamo agli ultimi attacchisuicidi in Iraq, in Libano, in Turchia contro glioppositori, in Afghanistan, in Yemen,l'abbattimento di un aereo russo, tutte estensioniterribili della guerra che insanguina la Siria e ilMedio Oriente da quattro anni.Quello che sta accadendo a Parigi - e che potrebbeaccadere anche in altri paesi - indignaparticolarmente i media perché risulta colpito unpaese europeo, mentre dimentichiamo leresponsabilità degli stessi paesi occidentali chehanno coccolato, finanziato, addestrato, armatoquei ragni velenosi che oggi mordono  cittadiniinermi.È bene ricordare proprio in questo drammaticomomento che il terrorismo dell'ISIS non nasce dalnulla, ma gli USA e UE stessi ed i loro alleati sono ipromotori dell'ISIS e della guerra che stainsanguinando il Medio Oriente: paesi comel'Arabia Saudita, vari Emirati del Golfo Persico, lastessa Turchia,  protagonista di bombardamentiefferati contro la guerriglia curda, i cui milizianihanno combattuto tra i primi e stanno resistendotutt'ora strenuamente all'avanzata del mostroreazionario dell'Isis, hanno responsabilitàenormi: addirittura il nostro Presidente delConsiglio Matteo Renzi è stato recentemente adomaggiarli, abbagliato solo dalle riservefinanziarie di quelle bellicose petromonarchie.Queste sono guerre create, volute e portate avantidai nostri stessi governanti, ma i morti sono i

nostri, persone comuni, ragazzi, lavoratori fuoriper il venerdì sera. Non sono le nostre guerre enoi non vogliamo esserne arruolati, rifiutiamo dasubito la logica del combattere tutti insiemequesti nemici, ieri Al Qaeda, oggi ISIS, domanichissà. Rifiutiamo che le nostre città siano teatrodi guerra. Non accettiamo che venga fatto unaccostamento strumentale fra terroristi eprofughi, le prime vittime di queste guerre.E allora è ancora più importante oggi dire cheFirenze non può ospitare il vertice NATO del25/26 novembre, un vero e proprio vertice diGUERRA, con la nostra città militarizzata,praticamente al fronte. Il dolore per le troppevittime civili è difficile da placare, ma solol'abbandono di folli politiche di guerra può daregiustizia a queste morti.NO alla guerra, basta morti. Rifiutiamo ilvertice NATO a Firenze. Il 25 novembre alle ore17.30 MANIFESTAZIONE in Piazza Unità.

Scuola:la repressione ai tempi del PDdi Redazione della Città invisibile

Il mondo della scuola è in agitazione, studenti einsegnanti scendono in piazza oggi 13 novembrecontro la "buona scuola" renziana che di buonoha giusto il nome, stretta come è frasubordinazione della didattica a logiche aziendali(per essere più vicini al mondo del lavoro. Quale?quello del jobs act?) e autoritarismo di ritorno,che ridimensiona la partecipazione e istituisce ilpreside manager autorità suprema.Ma anche contro l'applicazione del nuovo ISEEper borse di studio e residenze universitarie, conconseguente improvviso allontanamento daglialloggi di molti universitari fuori sede, che, comedicono loro, erano diventati ricchi e non se neerano accorti.E fioccano occupazioni e manifestazionispontanee. Come reagisce il governo Renzi, el'onnipresente PD fiorentino e toscano? Unaassemblea di universitari l'altro pomeriggio hadeciso di chiedere direttamente al partito il

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perchè di una misura che li colpiva cosìduramente, sono andati alla sede, hanno suonato,ha aperto il segretario metropolitanoIncatasciato, che dopo aver balbettato qualchetimido "non ci sono i soldi", quando gli è statofatto presente che per le grandi opere, adesempio, si trovano sempre, non ha trovato altroargomento che chiamare la digos.Stesso argomento della preside del liceo artisticodi porte romana, la mattina stessa dell'oc-cupazione, e ora il questore "valuta unosgombero".Alle richieste di discussione, alle critiche, alleproposte, si risponde con una repressione semprepiù frequente, veloce e brutale, volano manganellie denunce. D'altra parte Berlusconi se l'è lasciatoscappare: Renzi porterà un po' di decisioneall'interno del centrodestra.Solidali con gli studenti in lotta, oltre ai link alleprime testimonianze dalle vertenze studentesche,pubblichiamo il documento della mobilitazionedel 13 novembre

Occupato il Liceo Artistico, ex Istituto d’Arte diPorta Romana. Digos, preside e professoriminacciano denunce http://bit.ly/1HVglK9

Gli studenti contro il nuovo ISEE irrompono nellasede del PD. Tensione con la poliziahttp://bit.ly/1PxBuBS

Gli studenti contro il nuovo ISEE si riprendono lecase http://bit.ly/1WX9iNj

La cultura non è merce!di Coordinamento No Buona Scuola - Firenze

Il termine “cultura” deriva dal verbo latinocolere, “coltivare”: questa è infatti FRUTTO dimillenni di storia durante i quali saperi, opinioni,sperimentazioni, tradizioni ed innovazioni si sonouniti, arricchendo l’umanità di nuove conoscenze.Tali conoscenze hanno apportato nel corso dellastoria un miglioramento continuo dellecondizioni di vita: è solo grazie alla cultura se oggiabbiamo medici, architetti, filosofi, artisti, ecc.Queste figure sono senza dubbio una potenziale

risorsa per tutti. Proprio come una pianta, lacultura, se innaffiata e curata, regala fruttieccezionali.Tuttavia questa ricchezza di inestimabile valore,sempre più spesso, viene ridotta al rango dimerce.E così solo chi può permettersela, chi puòcomprarsela, chi se la “merita”, ha accesso,tramite l’istruzione, alla cultura. Si arrivaall’assurdo risultato che per fare il medico,l’architetto (ma anche solo per interpretare larealtà, per non farsi fregare, per conoscere ilproprio passato e quindi il proprio presente) oqualunque altro lavoro indispensabile all’interasocietà, oltre che a dedicare anni della propriavita allo studio, si deve anche pagare. Nonabbiamo forse bisogno di queste figure? Non sonouna ricchezza? Vorrebbero farci credere che lacultura non sia una risorsa al servizio dellasocietà ma una merce ad uso e consumo degliinteressi individuali.Ma se si vuole vendere la cultura come merce,questa deve essere accattivante, deve convincerele persone ad investirci il proprio denaro, devepoter essere scambiata con altre cose: un posto dilavoro, ad esempio.E così il concetto di “conoscenze” viene sostituitoda quello di “competenze”. Non importa sapere ,importa saper fare. “Meglio così!” Direte voi.. Maandando un attimo più a fondo, risulta evidenteche fare una cosa senza capirla ci priva dellacapacità di stimarne l’importanza. (Non solo: nonsi può fare una cosa senza capirla. Anchel’esperienza pratica, per essere assorbita, messa afrutto e di volta in volta superata, ha bisogno diun momento di rielaborazione critica che i ritmifrenetici imposti dall’azienda – e dal modelloaziendalistico che si vorrebbe applicareall’istruzione pubblica – non consentono)E perché allora ci fanno fare ciò? Perché se da unlato c’è bisogno di lavorare per vivere, dall’altrochi controlla i mezzi di produzione vuolelavoratori che non si facciano domande e che nonprendano coscienza del proprio ruolo nellasocietà. Se ciò avvenisse, infatti, i lavoratoripotrebbero avanzare rivendicazioni rendendosiconto che la società sta in piedi grazie al frutto delloro lavoro.

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Vengono così eliminati tutti quei percorsi distudio “non produttivi”, tutti gli spazi diapprofondimento e di discussione. Si riduce lostudio ad un mero sapere sterile e nozionistico. Ipadroni “investono fondi nella cultura” proprioper ottenere questo!Non a caso l’ultimo passo è l’inserimento dellostudente nel mondo del lavoro tramite tirocini estages non retribuiti: lavorare gratis si trasformamagicamente in un ottimo metodo per imparare.Gli studenti pagano per lavorare gratis mentre chili sfrutta fa profitto! Soprattutto, la riformadecuplica letteralmente le ore di stages. Fra treanni saranno 150 mln, cioè vuol dire che leaziende invece di assumere 100.000 lavoratori,potranno avvalersi di 100.000 stagisti obbligatidalle scuole a lavorare GRATIS.Tutto questo è il risultato delle riforme che sisono susseguite negli ultimi anni per mano deigoverni di centro destra e centro sinistra, leultime delle quali sono proprio la Buona Scuola ela Buona Università del governo Renzi. La cultura,da potenziale ricchezza per tutti, è diventata unamerce che paghiamo noi ma che porta vantaggioad altri (i padroni, ovviamente).Di fronte a questa follia c’è chi però ha scelto diresistere: scendiamo in piazza il 13 Novembrecontro l’asservimento della cultura al profitto,contro la Buona Scuola e la Buona Università, perun’istruzione critica, gratuita e di massa!Ma quale Buona scuola! La legge 107 è un attaccodiretto all’istruzione pubblica e alla classelavoratrice.Ci ritroviamo venerdì 13 novembre alle ore10:00 in piazza San Marco (Evento FB:https://www.facebook.com/)

Nuovo aeroporto di Firenze?Gravissimo se la politica ignorai pareri tecnici.di perUnaltracittà, laboratorio politico

L'ultima tegola sull'ampliamento dell'aeroporto diFirenze presieduto da Marco Carrai arriva dalla

Regione Toscana che all'interno della procedura diValutazione di Impatto Ambientale ha bocciato ilmaster plan della nuova pista voluta dai poteri fortifiorentini. Di seguito l'analisi del laboratorioperUnaltracittà che sul tema, il 20 novembre prossimo,ha organizzato una serata informativa intitolata "Ilcielo sopra Firenze. Trafficato e fuori legge".

L'aeroporto Amerigo Vespucci di Firenze èpraticamente dentro la città, fra l'autostrada, ilpolo universitario e il quartiere di Novoli. Unaposizione in cui un aeroporto non dovrebbe stare.Per chi non lo sapesse il vicino aeroportointercontinentale Galileo Galilei di Pisa ha unaccesso diretto della ferrovia e potrebbe esserecollegato con la stazione centrale di Firenze in 30-40 minuti.Ma si sa, quando si sente profumo di "grandeopera" i grandi interessi si mettono in moto. Cosìla Regione Toscana vende le proprie quote dellasocietà di gestione dell'aeroporto, che finiscenelle mani del magnate argentino ErnestoEurnekian, coinvolto tra l'altro nel processo perbancarotta fraudolenta della compagnia Volare, simette alla presidenza della nuova società ToscanaAeroporti Marco Carrai, fedelissimo a Renzi, e sidà il via all'ampliamento dell'aeroporto conannessi e connessi milionari.Che ci sia intorno un pezzo di città, che siaprevista la costruzione proprio lì vicino uninceneritore, che si stravolga l'equilibrioidrogeologico di una Piana che solo un secolarelavoro di bonifica e regimazione idraulica hasottratto all'impaludamento, poco importa: ildado è tratto, l'opera (grande, naturalmente) s'hada fare.O meglio, tutti quei fattori, e molti altri, in realtàimporterebbero, perché un aeroporto, lo vuole lalegge, è opera da sottoporre a Valutazione diImpatto Ambientale. Ed è notizia di queste oreche, proprio all'interno della procedura di V.I.A.gli organi tecnici della Regione Toscana hannopreso posizione sulla nuova pista dell'aeroporto edetto due cose:1) il materiale predisposto da ENAC in quantoproponente non è sufficiente, o sufficientementechiaro ed esaustivo, per poter procedere allacompiuta valutazione degli effetti ambientali

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4 perUnaltracittà, laboratorio politicoLA CITTÀ INVISIBILE #30 del 18 novembre 2015

dell'opera: "il livello di definizione progettualedella documentazione complessivamentedepositata dal proponente, anche a seguito delleintegrazioni progettuali trasmesse, non permettedi esprimere un parere compiuto relativamente atutte le componenti ambientali interessate".2) oltre alle mancanze, ci sono tali e tanti livelli di"criticità e di incompatibilità" che non è statopossibile esprimere un parere positivo, seppurcon prescrizioni.Tutto questo equivale ad una bocciatura senzapossibilità di appello del progetto, che poiprogetto non è: in contrasto con la normativa cherichiede un progetto definitivo, è stato infattipresentato un "master plan", un progetto dimassima.Che succede ora? Il compito di esprimere il parereconclusivo sulla compatibilità ambientale dell'o-pera spetta al Ministero dell'Ambiente tramite ilNucleo V.I.A. nazionale, ma la Regione Toscana hail compito di fornire gli esiti della propriavalutazione in tale sede. Quindi la Giuntapresieduta da Enrico Rossi dovrà esprimersi abreve.Parrebbe ovvio che la delibera di una Giuntaregionale non possa che fare proprio il pareredelle sue strutture tecniche. Ma il PresidenteRossi sembra abbia già scelto una strada perdribblare la bocciatura: parla di una valutazionepiù complessiva, di tener conto di altre condizionial contorno, di altri interventi contermini. Si dà ilcaso però che uno degli interventi contermini siaproprio l'inceneritore, opera che difficilmentepotrà avere un effetto di mitigazione neiconfronti dell'aeroporto.La Giunta, e il Consiglio, si sono inoltre giàespressi sulla sistemazione complessiva dell'area,con la variante al PIT, in sede propria, cioè dipianificazione territoriale di area vasta.Ma la Valutazione di Impatto Ambientale di unaspecifica opera è altra cosa: viene effettuataappunto nello specifico, sul progetto definitivo,entrando nel merito tecnico scientifico deglieffetti ambientali di quella soluzione progettuale,e sono in ballo dati, numeri, quantità, elementichimici e fisici, non infiorettamenti dialettici o beidiscorsi sulla sostenibilità o quant'altro.Anche se per la retorica dei dominanti ormai

tutto diventa sostenibile, anche l'opera piùinvasiva, sarebbe l'ora di cominciare a chiamarele cose con il loro nome e finirla con gli ossimoritipo i missili intelligenti o la guerra umanitaria eprendere quindi atto che il progetto di espansionedell'aeroporto non è ambientalmente compati-bile.Lo dicono i tecnici regionali, sarebbe il caso di nonsacrificare per calcoli politici anche la loroprofessionalità.

Liberarsi dal turismoo dal capitalismo?di Gianni del Panta

attivista, studioso di Scienze politiche.

Il capitale, lo sappiamo, sposta merci e persone suscala globale. Le prime hanno sapori e formediverse: dal kiwi neozelandese al mandarinoargentino, dall'ultimo modello del tanto amatoiPhone prodotto in Cina nelle fabbriche-galeredella Foxconn alla Fiat 500L assemblata nellostabilimento serbo di Kragujevac dove si lavoraper 300 euro al mese.Le seconde, al contrario, salgono agli onori - si faper dire - delle cronache per le tragedie umane dicui il Mediterraneo è triste testimone oppure perla sempreverde tematica "criminalità e sicurezza"legata allo straniero. Tutto procede insomma inquesto campo secondo tradizione cattolica: pietàe stigmatizzazione infatti, si avvicendano e sisaldano insieme continuamente.Meno - molto meno però - si parla dei brevi evolontari spostamenti delle persone che rientranosotto la generica dizione di turismo. In genere,rispetto a questo fenomeno troviamo dueposizioni. Da un lato, c'è chi sottolinea lanecessità di difendere e potenziare questo settore.Indovinarne il motivo non è poi tanto difficile: perquanto la produzione di valore avvengasolamente nei settori direttamente produttiviquesta può essere, e nei fatti lo è, spazialmenteredistribuita.In parole povere, essere i profumatamente pagati

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5 perUnaltracittà, laboratorio politicoLA CITTÀ INVISIBILE #30 del 18 novembre 2015

organizzatori del prossimo matrimonio indiano aFirenze sembra essere - al netto dell'iper-autosfruttamento al quale probabilmente visottoporrete - comunque un ottimo affare. Sonoquasi certo infatti che nessuno vi rinfaccerà maidi essere i parziali accaparratori - indirettamente,si intende - del plusvalore estratto ai lavoratoriche faticano e sudano per il rampante figlio deltycoon di turno. Al contrario, privatizzeretemomentaneamente pezzi di città con il plausodegli espropriati - certi che i pochi soldi ricavatisaranno di beneficio per la comunità tutta (sic!) -ed assumerete per qualche giorno giovanivolenterosi pagandoli una miseria con iringraziamenti degli sfruttati e di chi standoseneseduto sul proprio divano esclamerà trionfanteche "gli indiani hanno portato lavoro in città".Generalizzando oltre il banale esempio delmatrimonio suddetto, una schiera infinita dipersone nella nostra città vampireggia sulla parteviva del proletariato mondiale: albergatori, guideturistiche, tassisti, venditori di souvenir ecianfrusaglie, ristoratori, squallidi ambulanti,baldanzosi bottegai, e finti raffinati commessi diboutique alla moda...solo per citare alcuni esempidi una lista lunghissima. Evidenziare l'esistenza disfruttati e sfruttatori in questo intricatocalderone, tratteggiare la presenza di classi dovel'economia mainstream vede macro-settorisarebbe compito delle forze di sinistra, ma questa,come direbbe qualcuno, è un'altra storia.Al polo opposto troviamo invece coloro chesottolineano tutte le criticità di un eccessivoflusso turistico, evidenziandone soprattutto iguasti per il tessuto urbano e sociale. Questivanno dal costante abbandono del centro storicoda parte della popolazione autoctona alla suatrasformazione in un'immensa vetrina linda epulita, dalla chiusura di storiche attività ebotteghe alla moltiplicazione di esercizicommerciali che si rivolgono esplicitamente ainon-residenti. Ricordando una scena di Midnightin Paris, fumanti bar ritrovo di stravagantiintellettuali lasciano tristemente il posto adanonime lavanderie a gettoni.In apparenza, non sembra difficile simpatizzarecon chi difende queste posizioni. Per quantoinfatti possiate sentirvi gli ultimi indiani della

riserva, non entrare a prendere un caffè in un all-white bar con alti sgabelli e maggiorazione persorseggiare la miscela al tavolo, oppurefantasticare mentre si passeggia - parafrasandouna nota opera di Rousseau - piuttosto cheperdersi nella ripetitività delle scintillanti vetrinesono forme altre e più alte - per quanto banali - direstare umani e vivi.Ciò detto, non si può non riscontrare una grossacontraddizione nei sostenitori di questa secondavulgata.Prendendosela con l'epifenomeno - il turismo -mancano di coglierne le cause ultime: la costantenecessità del capitale di valorizzarsi. Questa hadeterminato l'affermazione di un apparatoideologico molto esteso che ci fa avvertire comecon l'incessante spostarsi, l'entrare nei musei perquanto nessuno o quasi sia interessato a quelloche c'è dentro, il trascorrere interi pomeriggi inanonimi centri commerciali a fare compere,l'accaparramento selvaggio di souvenir di dubbiogusto che finiranno a prendere polvere in qualchescatolone in garage.Alcune criticità sono certamente legate allaspecifica forma di turismo che si è andataaffermando, quella che per intenderci possiamodefinire "mordi e fuggi". Tuttavia, la soluzioneultima non risiede nel sostituire il Gelato Festivalcon qualcosa di meno imbarazzante - cosa checomunque rimane auspicabile.La verità è che visitare una città, correndo da unaparte all'altra dell'urbe, stipando la propriaagenda con tutto quello che è imperdibile -garantito, c'è scritto anche sulla guida - è di per séun non-senso. Le città non vanno visitate, mavissute. Ci si deve risiedere, non ci si deve passare.Ma questo, oltre a denaro, richiede tempo.Proprio quella risorsa sulla quale l'esigenza e ladisciplina della produzione capitalisticaimpongono un ferreo controllo.E quindi non ci resta che partire spesso, starepoco, essere turisti fintamente felici nelle cittàvetrine che disprezziamo. Altrimenti, possiamoiniziare a pensare come sbarazzarsi di questosistema sociale di produzione. Ma come giàricordato precedentemente, questa è un'altrastoria.E allora - anche per non lasciare con il solito

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6 perUnaltracittà, laboratorio politicoLA CITTÀ INVISIBILE #30 del 18 novembre 2015

finale roboante, ma che può sembrare pocopratico ai molti - mi permetterei di chiudere conun consiglio. Come mi ha svelato un mio caroamico c'è un solo modo per gustarsi una cittàquando si ha poco tempo: restare comodamenteseduti ad un tavolino di un bar intenti adassaporare odori e sapori di chi la città la vive,osservando così la fretta altrui. Anche solo percontrasto - mi garantisce l'amico, ma dato chenon ho ancora provato non posso fare lo stessocon voi - sembrerà di gustarsi appieno la propriagirata fuori porta.

Ataf e il gioco delle tre cartedi Cobas Ataf Lavoro privato

Confederazione Cobas Ataf

In un momento di crisi in cui si registrano solotagli al Trasporto Pubblico Locale, ci "suonastrano" sentir parlare di disponibilità economicaper 600 mila euro da parte del Comune di Firenzee della città Metropolitana per "migliorare ilservizio" di trasporto collettivo, giunto ormai alivelli di disorganizzazione mai visti prima eindegni per una città ammirata e visitata damilioni di persone. Sappiamo benissimo che laPolitica, quando vuole, è capace di trovare risorsema siamo purtroppo altrettanto abituati a vedersoldi pubblici spesi a favore di interessi privati alpunto che dubitando è facile azzeccarci.Nell'incontro del 5 novembre u.s. in Prefetturaalla presenza del vice prefetto, dell'assessore allamobilità, del dirigente della città metropolitana edi tutti i sindacati Ataf, è emerso un quadroalquanto anomalo nel vedere un rappresentantedell'amministrazione comunale insistere per faraccettare ai sindacati un accordo per potermettere a disposizione la cospicua cifra di600.000.È vero che spesso i sindacati confondono letrattative come un gioco al rialzo, ma stavoltaaccettare questo accordo poteva configurarsicome complicità nei confronti di chi destina soldipubblici, ovvero denari di tutti i cittadini, percoprire delle mancanze a cui il gestore privato

avrebbe dovuto invece sopperire a proprie spese.Un accordo che, oltretutto, avrebbe "salvato lafaccia" agli Enti Locali (mettendo i soldi) e allaDirigenza Ataf (facendo assunzioni), pur nellaconsapevolezza che il servizio sarebbe rimastougualmente carente e scaricando le responsabilitàsui soliti autisti.Da quando Ataf è stata privatizzata (dicembre2012) il personale addetto alla guida è calato dacirca 1100 a circa 750 autisti pur continuando asvolgere lo stesso numero di chilometri diesercizio. Certo, ci tirano per il collo lavorando 39ore piene senza nessun sconto pur essendo unlavoro usurante e lavoriamo ore che nemmeno civengono pagate quando smontiamo in ritardo, mariuscire a coprire il servizio programmato conquesto organico è impossibile.Da un calcolo approssimativo, con i parametrilavorativi attuali, per svolgere il servizio previstooccorrerebbero almeno 65 autisti in più.  65autisti mai assunti che ogni giorno mancano con iloro autobus sulle linee urbane: un bus sulla linea12, due bus sul 14, un altro qui, altri due là ecc.eccSi fa presto in questo modo a risanare i bilanci.Noi Cobas lo abbiamo sempre detto che non si puòe non si deve trarre profitto da un bene comunema qui stanno andando oltre, perché in aggiuntaal profitto,  "ingenuamente" mettono adisposizione risorse che non andranno adaggiungersi al normale servizio programmato giàpagato dall'ente pubblico, ma andranno arimpinguare l'incompleto organico a cui avrebbedovuto provvedere il gestore privato con i suoisoldi. Facile quindi fare l'imprenditore privatocon i soldi pubblici travestiti da "nuovi serviziaggiuntivi". Tanto, pensano, chi se ne accorge.

Colletta di idee per Alberetae Anconella: una propostadi Paolo Degli Antoni

dottore forestale

Il primo agosto 2015 una tromba d'aria danneggiagravemente il parco dell'Anconella, costringendo

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alla sua chiusura per un lungo periodo per lamessa in sicurezza. Due terzi delle alberaturerisultano perdute, rendendosi necessaria laricostruzione radicale del parco, uno dei maggioridi Firenze.L'Ordine degli Architetti di Firenze, insieme allaFondazione Architetti Firenze, lancia una"Colletta di idee per Albereta e Anconella",contributo professionale da regalare al Comune,in collaborazione con l'Ordine dei DottoriAgronomi e Forestali.Il Quartiere 3 avvia un percorso di ascolto dellerichieste e dei suggerimenti dei cittadini con unquestionario intitolato "Come vorresti l'Alberetae Anconella del futuro?". Ecco dunque di seguito ilmio contributo a entrambe le iniziative.La perdita di due terzi dei soggetti arborei aseguito della tromba d'aria del primo agostoscorso costituisce paradossalmente un'occasionerara di ripensamento complessivo del parco,nell'ottica indicata dal Piano paesaggisticoregionale. Si potrebbero dunque abbandonare lapretesa ornamentale, l'ambizione collezionisticabotanica e l'estetica astratta che caratterizzavanoil verde pubblico degli anni '70, per introdurrecriteri di significazione naturalistica, anche inriferimento al dirimpettaio parco del Mensola.Il Piano paesaggistico regionale -integrazione alPIT- nella "Carta dei caratteri del paesaggio"individua tracce della trama dei seminativi dipianura e nella "Carta della rete ecologica"include il parco e l'albereta dell' Anconella in uncorridoio ecologico fluviale da riqualificare nelpiù ampio contesto di un'area critica per processidi artificializzazione, posta alla periferia est diFirenze, estesa su entrambe le sponde dell'Arno,per la quale si rappresenta l'esigenza diricostruire una direttrice di connettivitàecologica trasversale.La valorizzazione del luogo non può che partiredal riconoscimento del gradiente ambientale dalfiume alla città, in accordo col quale le nuovepiantagioni potrebbero mutuare la propriacomposizione specifica dagli habitat naturali. Conriferimento al "Manuale Italiano diinterpretazione degli habitat della Direttiva92/43/CEE", nella striscia più prossima al fiume siconfermerà l'albereta a gattice, arricchita con

qualche pioppo nero e salice bianco; a maggioredistanza al fiume risultano appropriate specielegnose tipiche dell'habitat comunitario "91F0Foreste miste riparie di grandi fiumi", comefarnia, frassino ossifillo e ontano nero,accompagnati da olmi di cloni resistenti allagrafiosi e arbusti quali sanguinella, pallon dimaggio e sambuco.In prossimità del laghetto le attuali alte erbeesotiche vanno sostituite con canne nostrali. Nellearee a maggior quota si possono piantare speciedei boschi asciutti, come il leccio, l'acerocampestre e l'orniello. Un parco così composto,oltre alla diretta funzione di ricostituzione dellabiodiversità locale, svolgerebbe anche funzionididattico-educative, con l'inserimento di cartelliper percorsi autoguidati e con l'organizzazione divisite guidate, il tutto finalizzato a proporre unavisione biocentrica degli spazi verdi, ancheurbani.Le singole piante di pino domestico superstitiserviranno per ancora qualche decennio comememoria storica del diffuso impiego di questaspecie in Toscana tra il XVIII e il XX secolo. Daanticipazioni a mezzo stampa (La Nazione30/10/15) si apprende come in realtà gli aspettivegetazionali siano stati già decisi; l'assessoreBettini dichiara: "Saranno piantati alberi dialmeno tre o quattro metri, perché così è piùfacile che attecchiscano.Per quanto riguarda la ripiantumazione stiamolavorando con gli uffici e l'ordine degli agronomi,e ringraziamo Legacoop per l'impegno di adottarenuove alberature. Inoltre l'ordine degli architettici donerà il masterplan della nuova progettazionedel parco". La giornalista Laura Tabegna riferiscetrattarsi di ciliegi, meli e peri ornamentali, enuove piante di frassini, carpini (temo fastigiati),olmi e tigli, "alberature belle esteticamente eresistenti".Peccato che le rosacee da fiore non siano poi cosìresistenti, anzi facilmente si ammalano giovani,costringendo alla precoce sostituzione. Ancorauna volta il BELLO coincide con l'accattivante,non ottemperando al criterio di significazioneindicato invece dal Piano paesaggistico regionaleche recita: "L'atto della contemplazione delpaesaggio non può perciò essere assimilato ad un

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puro fatto ottico; si configura invece come unprocesso più complesso, legato sia alla visione, siaalla significazione".E quale maggiore significazione si può conferire aun parco ripario se non la biodiversità mutuatadagli habitat naturali? Ancora una volta lamitigazione degli eccessi climatici e la capacitàdepurativa dell'aria, funzioni svolte in massimamisura proprio dai grandi alberi dalla forestariparia, non vengono nemmeno nominati.

Mondeggi Bene Comunenon è un'aziendadi Mondeggi Bene Comune, Fattoria senza padroni

Dopo giorni di discussioni, ecco finalmente ilcomunicato di risposta agli attacchi che abbiamosubito. Ci teniamo a dirvi che grazie a questastoria tante persone hanno conosciuto questarealtà e vogliono aiutarci.Riguardo ad alcune interpretazioni mistificantirecentemente circolate, è bene stabilire cheMondeggi Bene Comune – Fattoria senza padroni(MBC) non è un’azienda, neppure in sensoinformale; cioè non persegue un utile privato,tantomeno giovandosi dell’indebito sfruttamentodi risorse pubbliche. Neppure è un’associazionecostituitasi allo scopo di arraffare quel che èpossibile dal patrimonio di risorse di un territoriopoco sorvegliato, nascondendosi dietrol’agitazione di confusi ideali comunitari.Com’è peraltro sempre stato dichiarato, ilprogetto MBC è nato per impedire la svendita diun bene comune e per recuperarne lacompletezza della funzione paesistica, come lachiamano gli architetti dell’Università che cihanno accompagnato in questa esperienza. Per unverso si trattava di sottrarre il territorioall’abbandono e al degrado nei quali lo avevalasciato l’amministrazione pubblica; per l’altro dinon sprecarne ulteriormente le potenzialitàculturali, sociali ed economiche mettendole adisposizione della comunità.Che dopo sedici mesi questo programma sia inavanzato corso di realizzazione, lo si può

verificare semplicemente salendo a Mondeggi. Lasua fioritura colturale, l’arricchimento della suabiodiversità (frutteto con 400 piante, api, capre,orti, seminativi, ecc.), il suo riassetto, la suaripulitura, il ripristinato rapporto del territoriocon la comunità locale e con quella sua parte(decine di gruppi familiari e non) che se ne staoccupando direttamente da circa un annoprendendosi cura di una cospicua porzione dioliveta e coltivando orti sociali, sono fattiampiamente accertabili da chiunque abbia anchesolo un vago ricordo di ciò che era diventata latenuta. Meno verificabile, ma non per questomeno reale, è la qualità dell’intervento operatoche ha ignorato ogni tipo di trattamento chimicoconsentendo a una terra resa spoglia dallaprecedente gestione di riattivare il proprio circolovitale. L’iniziativa ha investito anche il terrenoculturale e sociale, con la scuola contadina e icorsi di informazione sulle medicine olistiche(entrambi tenuti gratuitamente da esperti eprofessionisti), eventi estivi cinematografici eteatrali, convegni e incontri con varie personalitàdi assoluto rilievo nazionale ed internazionale chehanno voluto manifestare in tal modo la loroadesione alla nostra iniziativa. E altro si potrebbeancora elencare.Se qualcuno pensa che l’ottenimento di talirisultati – che, sia chiaro, non sono gonfiati mareali – non abbia comportato e comporti tuttorapesanti sacrifici tanto economici che personalisoprattutto per coloro che da oltre un anno sistanno impegnando direttamente nel recupero enella valorizzazione dell’area, o non ha riflettutominimamente sull’argomento o vuole sostenereun gioco politico piuttosto sporco per denigrareuna delle pochissime, vere opposizioni allacessione di Mondeggi, con il cui ricavato leistituzioni contano di coprire le magagne e idebiti provocati dalla propria gestione. Pereliminare ogni dubbio, è bene ribadire che atutt’oggi MBC non solo non garantisce reddito, madeve ancora completare la restituzione deifinanziamenti che i suoi attivisti e sostenitorihanno devoluto a copertura dei costi delle operedi ripristino, manutenzione, coltivazione e perl’acquisto dell’attrezzatura indispensabile(trattore compreso).

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Qualcuno ci accusa di evadere le obbligazioninecessarie per accedere al mercato. Forse è vero.Ma a quale mercato ci si riferisce? A quellodominato dalla Grande Distribuzione che imponeprescrizioni, adempimenti e normative in gradodi essere sostenute (e pagate) solo dagli agentieconomici più strutturati che di norma sonoanche quelli più rapaci e inquinanti? A quello cheè libero soltanto nominalmente e che in realtàviene determinato dagli operatori economici piùpotenti e influenti in evidente alleanza con ognilivello della classe politica? Quello stesso mercatodal quale, appunto per tali motivi, è stata espulsagran parte delle attività di piccola scala, con leconseguenze economiche, sociali e di scarsissimagenuinità del prodotto, che da qualche decenniosono sotto gli occhi di tutti? Quello che non offrepiù lavoro se non precario, sottopagato e privo didiritti, proprio perché nelle mani di potentati ilcui unico scopo è il massimo profitto a qualsiasicosto?MBC non distribuisce profitti perché non liprevede. MBC coltiva biologico e non utilizzainquinanti chimici perché non li prevede. MBCnon reclama recinzioni o chiusure che neproteggano gli interessi perché non le prevede.MBC non sfrutta manodopera migrante o interna,né direttamente né indirettamente, perché non loprevede. In conclusione, MBC si occupa di un benecomune, della sua salvaguardia e della suaapertura alle esigenze dell’intera comunitàterritoriale, anche di quella sua parte che, senzamolto senso del ridicolo, sembra sentirsiminacciata più dalla nostra attività che dalladittatura della Grande Distribuzione.E, a proposito di senso del ridicolo, dov’erano isolerti politici che oggi invocano legalità, quandoi consigli di amministrazione controllati dai loropartiti distruggevano Mondeggi con strategieaziendali dissennate; dov’erano quando lacollettività è stata chiamata a farsi caricodell’enorme debito che ne è derivato? Loro, cosìsensibili alla legalità, credono davvero che perl’ennesima volta si sia assistito solo a un episodiodi cattiva imprenditorialità e che convenienzepersonali e pratiche legate al voto di scambiodebbano essere considerate senz’altro estraneealla vicenda?

Domande retoriche. Se il problema fosseeffettivamente il rispetto della legalità, i nostricritici si sarebbero mobilitati da tempo contro lamala-gestione della cosa pubblica in generale e diMondeggi in particolare; così come avrebberoreclamato il rispetto delle norme costituzionali,ad esempio laddove (art. 41) affermano chel’iniziativa economica “non può svolgersi incontrasto con l’utilità sociale o in modo da recaredanno alla sicurezza, alla libertà, alla dignitàumana”. Diciamo chiaramente ciò che pensachiunque: nella concezione istituzionale lalegalità è un concetto elastico, la cui applicazionetroppo spesso pare adattarsi agli interessieconomico-politici dominanti. Non è una granscoperta, ma rende a dir poco indisponente ilcontinuo richiamo all’osservanza delle regole daparte di istituzioni che infrangono costantementequelle che esse stesse stabiliscono, tanto datrascinarci al primo posto nella classifica stilatadagli organismi internazionali sui Paesi piùcorrotti d’Europa.Ognuno si tenga le idee che vuole ma, per favore,che ci siano risparmiate ipocrite lezioni dipseudo-legalità o correttezza economica da partedi chi, in materia, non può vantare alcunaautorevolezza etica o morale.Un’ultima precisazione. Quando era solo unComitato, quindi ben prima dell’inizio dellacustodia popolare, MBC ha cercato per un invernointero un accordo con i dirigenti politici diComune e Provincia per concordare unaconcessione di Mondeggi in applicazione delprincipio di sussidiarietà anch’esso stabilito dallaCostituzione (art. 118). La controparte è statamolto sfuggente smentendo ogni volta le suestesse proposte e le aperture fatte intravederenell’incontro precedente, conducendo un giocoestenuante e privo di certezze, ben noto a chi haavuto a che fare con gli amministratori pubblici.Ancora pochi mesi fa ci è stata rinnovata lavecchia promessa di costituire un tavolo nel qualei vari soggetti interessati potessero confrontarsi econcordare un piano di rinascita di Mondeggi.Siamo ancora in attesa di notizie. Nel frattemporiaffermiamo la nostra disponibilità a dibattere diquesti temi nelle sedi istituzionali e in quellepubbliche. Così come ribadiamo l’invito a venire a

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Mondeggi sia per verificare di persona se quantoandiamo dicendo corrisponde o meno alla realtà,sia per partecipare su base individuale e paritariaalla gestione e alla realizzazione del Progetto cheriguarda il loro Bene Comune.

8° Convegno Nazionaledi Medicina Democraticaper il diritto alla salutedi Gian Luca Garetti

Medicina Democratica Firenze, sezione Pietro Mirabelli

Una convergenza di tanti saperi elaborati neiterritori per costruire insieme un agire pratico, dareinvestire nella difesa del pubblico interesse edel bene comune, fondato su una convergenza dietica individuale e di etica pubblica. Per il dirittoad un ambiente sano, alla salute, al lavoro, allacasa, all'istruzione, per gli individui e le comunitàdelle generazioni presenti e future, a partire dachi si trova emarginato, in condizioni di bisogno.Una conoscenza condivisa e diffusa, lo studio e laricerca di soluzioni alternative, rispettosedell'ambiente e della salute, per la crescita di unascienza popolare, in grado di fornire alle realtàlocali strumenti efficaci di contrasto allo statopresente delle cose ed al paradigma della'crescita' e del liberismo.Questo è l'indirizzo sociale e politico dell'ottavoConvegno Nazionale di Medicina Democratica,organizzato insieme al Dipartimento di Statisticadell'Università di Firenze, che si terrà a Firenze,dal 19 al 21 novembre. Info su http://medicinade-mocratica.org.Tanti gli argomenti che verranno trattatidall'epidemiologia, all'epigenetica, alla difesa delSistema Sanitario Nazionale, alla Valutazione diImpatto Sanitario (VIS) cui è dedicata una borsa distudio in ricordo di Michelangiolo Bolognini, alladeriva privatistica della sanità pubblica. Si parleràdi disabilità e di progetti abitativi come 'CasaGabriella', degli esposti all'amianto, del lavoroche fa ammalare (prevenzione, mobbing,infortuni), della organizzazione patologica del

lavoro, del superamento della contraddizionesalute e lavoro, della condizione delle donne, dimalasanità, di salute mentale, di ecoreati, digeotermia, di non autosufficienza, dei movimentidal basso in questa fase politica, di rifiuti zero, di'mamme no inceneritore', dei grandi processi incui Medicina Democratica è impegnata comeparte civile contro la Thyssen Krupp, Eternit,Clinica Santa Rita di Milano e del processorelativo alla strage di Viareggio.Giovedì 19 un film inedito al Cinema Alfieri,intitolato 'I Vajont' parlerà dei grandi disastriambientali italiani, seguirà una tavola rotonda.Un'altra tavola rotonda, venerdì 20 alle 21, saràdedicata all'agricoltura biologica-biodinamica,alla lotta contro i pesticidi di sintesi, alla difesadella biodiversità. Il filo conduttore di tutte letematiche sarà la Prevenzione Primaria, cioè ildiritto alla salute e la conseguente riduzione degliimpatti ambientali, vedi la lotta contro le grandiopere inutili come la TAV, gli inceneritori, lecentrali a biomasse, contro la legge' SbloccaItalia', le emissioni climalteranti, le trivellazioni, icampi elettromagnetici.

Tav condannata dal Tribunaledei Popoli: violati i dirittifondamentalidi Controsservatorio Valsusa

Al termine di una sessione di quattro giorniaperta al pubblico, il Tribunale Permanente deiPopoli domenica 8 novembre ha pronunciato unasentenza storica di condanna del metodo seguitoper la definizione del Tav in Val Susa e dell'interosistema che presiede, in Italia e in Europa, allegrandi opere (leggi la sentenza).Con esplicito riferimento ai principi richiamatidalla Convenzione di Aarhus la sentenza affermache i casi esposti nella sessione del TPP (Val diSusa, Notre Dame des Landes, Rosia Montana,Paesi Baschi di Francia e di Spagna, Stoccarda,Venezia, Firenze, Basilicata e regioni d'Italiainteressate ai progetti di trivellazione, Messina e

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Niscemi, e tutti gli altri progetti presi inconsiderazione) "documentano un modellogeneralizzato di non conformità operativa aquesti principi, da parte di un gran numero digoverni e di enti pubblici oltre che deicommittenti esecutori di grandi opere".La sentenza, accogliendo totalmente l'impiantoaccusatorio, afferma in maniera esplicita che inVal Susa sono stati violati i diritti fondamentalidei cittadini all'informazione e allapartecipazione, sono state disattese numeroseconvenzioni internazionali, c'è stataun'impropria criminalizzazione del movimento diopposizione e una inammissibile militarizzazionedel territorio.Il Tribunale ha riconosciuto la responsabilità alriguardo, oltre che dei promotori e delle impresecoinvolte, dei Governi italiani degli ultimi duedecenni e delle articolazioni dell'Unione europeache ne hanno accolto acriticamente le indicazionisenza effettuare i controlli e gli accertamentirichiesti dal movimento di opposizione. IlTribunale ha quindi concluso con specificheraccomandazioni chiedendo, tra l'altro, ai governiitaliano e francese di aprire "consultazioni seriedelle popolazioni interessate, e in particolaredegli abitanti della Val di Susa, per garantire lorola possibilità di esprimersi sulla pertinenza e laopportunità del progetto e far valere i loro dirittialla salute, all'ambiente e alla protezione dei lorocontesti di vita" estendendo l'esame a tutte lesoluzioni praticabili "senza scartare l'opzionezero" e "sospendendo, in attesa dei risultati diquesta consultazione popolare, seria e completa,la realizzazione dell'opera".Il Tribunale chiede altresì di "sospendere laoccupazione militare della zona" Nella sentenzaletta da Philippe Texier (Magistrato onorariodella Corte suprema di Cassazione francese) nonmanca un riferimento al fatto che "Nella lorovisita alla zona, i membri di una delegazione delTPP sono stati trattati come potenzialidelinquenti".La Valsusa ha accolto con entusiasmo unasentenza che riconosce pienamente le sue ragioni.La lotta del movimento Notav per la difesa delterritorio, della salute e della democrazia nonfinisce certo oggi ma il punto fermo segnato dalla

sentenza non potrà essere ignorato.Valorizzare il significato di un pronunciamentodel Tribunale Permanente dei Popoli che nonguarda soltanto alla Valsusa è un impegno pertutti coloro che hanno a cuore la difesa delproprio territorio e i diritti di intere comunità.Sul sito del Controsservatorio Valsusa leregistrazioni audio/video della giornataconclusiva con la lettura della sentenza, delleraccomandazioni finali e i messaggi di duemembri della giuria che hanno portato in Val diSusa l'eco delle lotte per i diritti in Cile e inColombia. Nei prossimi giorni saranno disponibilitutte le testimonianze ascoltate.

L'autostrada tirrenica:scelta di retroguardiadi Rossano Pazzagli

docente di Storia moderna, fa parte della Società dei

Territorialisti

Sui giornali dell'ultimo mese, con riferimento alprogetto dell'autostrada tirrenica, ConfindustriaToscana ha scritto che «il futuro viaggia sempresu strada» e il presidente della Regione ToscanaEnrico Rossi ha risposto subito che anche lui laTirrenica la vorrebbe e che senza l'autostrada laMaremma verrebbe condannata alla marginalità(si veda, ad esempio, "Il Tirreno" del 10 ottobre).Non è vero.Sono analisi basate su una visione stantia delrapporto tra infrastrutture e territorio e sullariproposizione di una concezione affaristica ospeculativa dello sviluppo.L'autostrada avrebbe forse avuto un senso fino a30 anni fa, ma il futuro sarà basato sullo sviluppodi sistemi di mobilità ecologici e più adatti aicaratteri della penisola italiana: per questosarebbe oggi molto più moderno e lungimiranteinvestire sulla rete ferroviaria e sul trasportomarittimo. Un paese lungo e stretto, circondatodal mare, ad insediamento diffuso edorograficamente accidentato non può permettersidi infittire la rete autostradale, che spesso ferisce

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i territori, attraversandoli senza lasciare niente;dovrebbe occuparsi di più dei suoi porti,dell'intermodalità, di manutenzione della reteferroviaria e stradale esistente, compresa quellaminore, del raccordo tra grandi vie dicomunicazione e sistemi locali.Riproporre l'autostrada che i territori hanno giàbocciato, non solo attraverso i comitati deicittadini ma anche tramite la maggior parte delleistituzioni locali, sarebbe una scelta miope e diretroguardia, pesante per le popolazioni locali,che dovrebbero sopportare lunghi anni di disagi,e per gli utenti, che si troverebbero a pagareprofumatamente un'opera imposta dall'alto. Sonofiniti i tempi in cui un'autostrada potevasignificare sviluppo dei territori attraversati.Oggi essa certificherebbe piuttosto il loro declinoe un pericoloso cambiamento d'identità. Disviluppo sostenibile si potrebbe invece parlareprendendo in esame l'intera problematica delcorridoio tirrenico, che non è solo autostrada, maanche ferrovia e navigazione.Ma purtroppo anche le scelte del governonazionale vanno in senso opposto, costringendoad esempio Trenitalia ad una logica commercialeche lascia in secondo piano il diritto delle personealla mobilità e dall'altra opera a favore deltrasporto privato su gomma, indubbiamente piùcostoso per i cittadini e più dannoso perl'ambiente.Non è neanche vero, come diconostrumentalmente i sostenitori dell'autostrada,che da Rosignano a Civitavecchia non c'è niente etutto si interrompe: c'è una superstrada a quattrocorsie, tranne che per una ventina di chilometridove le corsie sono due, inserita nell'itinerarioeuropeo E80. La logica vorrebbe che il necessarioammodernamento di questa infrastrutturariguardasse prima di tutto quei venti chilometri,trasformandoli in strada a quattro corsie, oltreall'eliminazione degli incroci a raso a sud diGrosseto. Senza spese enormi avremmo unainfrastruttura stradale moderna e adeguata altraffico. Andrebbe tenuta meglio, questo sì,anziché abbandonarla all'incuria con conseguentepericolo di gravi incidenti. La mobilità è un dirittofondamentale, che richiede uguaglianza e pariopportunità di accesso, mentre l'alta velocità e le

nuove costose autostrade sono opere socialmenteinique, a vantaggio di pochi. Tutto in tempi dicrisi, in nome della velocità e di una malintesamodernizzazione. Ma è una modernità stolta, chedimentica i territori e i cittadini.

Post-Expo: chi paga l'inconsultatrasformazione d'uso dell'area?di Sergio Brenna

docente di Urbanistica presso il Politecnico di Milano.

I costi dell'errata localizzazione dell'evento Expo,al netto del suo sbandierato successo di pubblico,non saranno così facilmente cancellabili dalla"città normale, con case e negozi" auspicata contanta insistenza da Gregotti in svariati interventisui principali quotidiani, ma quasi impossibile darealizzarsi in quel contesto localizzativo, se non ascapito della qualità della vita dei suoi abitanti.Meglio, o molto meno peggio, pensare dimantenervi funzioni strategiche di livellometropolitano-regionale. A qualcuno potrà nonpiacere, ma è il costo ineliminabile dell'eredità deldopo Expo e dell'inconsulta trasformazione d'usodi quell'area interclusa.Come uscirne? Non subendo il ricatto di chi diceormai la frittata è fatta e qualcuno la devemangiare! Se qualcuno deve risponderne èFondazione Fiera che è ente di nomina pubblica,anche se di diritto privato (un po' come lefondazioni bancarie altro ben noto bubbonecorruttivo), e che deve essere richiamata allapropria responsabilità verso la città rinunciandoall'enorme aspettativa immobiliaristica chepensava di aver incamerato.La quota edificatoria virtuale sostenibile (nonoltre 0,20 mq/mq) dovrebbe essere "perequata"sul vasto plateau di aree pubbliche dismesse adimensione metropolitana (a partire dagli ex scaliFS e dalle caserme in dismissione, ma anche daquelle ex industriali sulla direttrice da Rho a SestoSan Giovanni). Sull'area dell'ex Expo potrebberocosì essere fatte convergere le risorse per renderepermanenti le funzioni di indirizzo pubblico delle

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politiche agroalimentari ed altre attività diinteresse pubblico, un nuovo polo delle facoltàscientifiche dell'Università Statale, altre attivitàdi innovazione e ricerca, facendone il nuovoCentro Direzionale metropolitano, e non confunzioni residenziali, qui particolarmenteinadatte.Invece, in quell'urbanistica à la carte che è lasommatoria di PII e Accordi di Programmapraticata dal machiavellismo perverso delladirigenza dell'urbanistica milanese passataindenne sotto Amministrazioni comunali dicentro-destra prima e di centro-sinistra poi, nonsi allarga l'orizzonte al quadro complessivo dellacittà (che è quello che dovrebbe "governare" ilPiano di Governo del Territorio-PGT) e sicontinua, invece, senza alcuna visione generale diquali altre aree potrebbero essere coinvolte inuna logica di perequazione (tanto sbandierata daurbanisti e amministratori di tendenza, ma quasimai realmente praticata) soprattutto nellalocalizzazione dei grandi servizi territoriali.

Morti sul lavoro:quest'anno già 1.200di Carlo Soricelli

Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro

Il primo grafico mostra l'andamento delle mortidel 2014 e 2015 al 26 ottobre di quest'anno.Occorre ricordare che anche quest'anno se siaggiungono i morti sulle strade e in itinere sisuperano già i 1200 morti complessivi (sti-maminima).Ricordiamo anche che l'INAIL monitora solo ipropri assicurati ed è per questo che noi che limonitoriamo tutti registriamo rilevazioni dif-ferenti.Il secondo grafico mostra il numero complessivo ein percentuale dei morti sui luoghi di lavoro degliultra sessantenni e l'aumento con l'entrata invigore della Legge Fornero.

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10 cose da sapere sulla retee la controinformazionedi Gilberto Pierazzuoli

scrittore e attivista in PerUnaltracittà

1) Irretiti. Lo sguardo che orientiamo sulla reteporta principalmente a cercare le conferme anotizie e pregiudizi e la risposta è sempre positivama non per la vastità della rete, ma per ireindirizzamenti che portano proprio là in quellaspecie di ghetto dove si presuppone che queipregiudizi siano confermati. La rete non ha unaramificazione omogenea e simmetrica. È fatta dicondensazioni, di cluster autoreferenziali. Perspiegare o giustificare il fatto che quello che vedinelle notizie di Facebook non è riferito a tutti gliamici che hai nel social network, ma soltanto aquelli con i quali interagisci di più, MarkZuckerberg fondatore di Facebook dice: "Unoscoiattolo che muore davanti a casa vostra puòessere più interessante per voi delle persone chemuoiono in Africa" (D. Kirkpatrick,  p. 264)facendo passare per un pregio quello chedovrebbe essere un difetto, una autoreferenzialitàche non dovrebbe essere una virtù. Il navigatoredella rete in realtà è preso nella rete. Il 4dicembre 2009 Google annunciava uncambiamento: ricerche personalizzate per tutti.Da allora anche i risultati delle interrogazioni almotore di ricerca sono diversi da utente a utente.Il pensiero critico sarà così condiviso con chi è giàpropenso ad accoglierlo e più difficilmente potràuscire fuori da quella cerchia.

2) La rete e gli approfondimenti La rete haimposto un livello di attenzione vicino a quelloche potremmo chiamare multitasking creandoperò delle difficoltà a comprendere testi lunghi enarrazioni complesse. «Viene dunque meno lapercezione del senso di un discorso e l'esigenzastessa che un senso vi sia» (Fabris, p.22). Ilpensiero connesso alla rete dispone cioè di menostrumenti critici. Il tempo del libro è lineare,quello della rete è, appunto, reticolare.Sicuramente i nativi digitali tendono a leggerearticoli brevi e di comprensione immediata,mentre provano difficolta con saggi ampi e con

strutture articolate del discorso. La navigazionein rete più che avere una rotta è fatta di salti: èuno zampettamento. Google fonda i suoi profittisulla pubblicità, per la precisione esso privilegiala pubblicità più cliccata, mettendola più in risaltoe guadagnando poi in proporzione ai click stessi.Ogni click sul web segna un'interruzione dellaconcentrazione ed è nell'interesse di Google chenoi facciamo molti click. «L'ultima cosa chel'azienda vuole incoraggiare è la lettura fatta concalma o il pensiero lento e concentrato [adesempio quello critico e fuori del coro]. Google è,in senso piuttosto letterale, nel business delladistrazione» (Carr p. 189).

3) Fiducia nella rete. La fiducia si baserebbe sullapresunzione di verità di ciò che viene detto daciascun interlocutore, il quale dovrebbe esserelibero di esprimersi nei limiti soltanto di una"etichetta" da dover tenere, che poi di fatto va acoincidere con una forma di regolamentazione diquelle presunte libertà di espressione. Uno deicriteri che viene invocato e che giustificherebbela sorveglianza (condizione principale ispirantel'etichetta), sono i motivi di sicurezza e lasorveglianza si esplicita attraverso uncondizionamento su questa apparente libertà.Fiducia e autorità si fondano sul rispetto. Rispettoproviene da "respicere" con re che sta per dinuovo o addietro, che accenna ripetizione oindugio e "spicere" guardare (www.etimo.it).«Letteralmente, rispettare significa distogliere losguardo. È un riguardo» (Han p. 11). Il rispettopresuppone dunque uno sguardo distaccato,presuppone una distanza. Oggi invece questadistanza non si pone più, le cose si mostranosenza questo tipo di filtro, sono spettacolari.Spectare - da cui spettacolo - è uno sguardodiretto, quasi impudico, senza riguardo, senzarispetto. «Una società senza rispetto, senzapathos della distanza sfocia in una società delsensazionalismo» (Idem).

4) Privacy 1. Spazio pubblico e spazio privato sidovrebbero tenere separati. Bisogna che ci siadistanza tra i due spazi, bisogna che la sferapubblica distolga lo sguardo dal privato. Oggiquesta distanza è assente. L'intimità è messa in

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mostra. La comunicazione digitale e la reteriducono le distanze, riducono il rispetto, ilriguardo. Quelle forme di attenzione e di cautelache caratterizzano quelle forme e quegli aspettiassimilabili al sacro, alla cautela che occorre perla manipolazione delle cose sacre. Religione, inun'altra probabile etimologia, verrebbe da re-ligio, rileggo, nel senso che adopero un'ulteriorecautela non solo per la manipolazione, ma ancheper l'interpretazione, per la semplice lettura.Queste mancanze, questa mancanza di distanza,provoca un'ostentazione dell'intimità e della sferaprivata.

5) Privacy 2. Contro l'apparente democrazia che ilweb potrebbe veicolare gioca però la tracciabilitàtotale che la rete e alcune sue applicazioniparticolari permettono, realizzando così ilpanopticon perfetto che oltre a sorvegliarepermette il controllo. La rete contribuisce così alpassaggio da una società del tipo disciplinare auna del tipo governamentale o di controllo.Tramite la rete ogni gusto, affezione, idea ecomportamento sono tracciati. Ogni singolarità èinserita nella sua nicchia di mercato. La reterestituisce e rinfocola ogni aspettativa e proponee ripropone oggetti di consumo adatti e puntuali.La tracciabilità che la rete permette, produce ilpassaggio dalla fase del consumo indotto a quelladel consumo personalizzato. Più che produrrebisogni astratti si può proporre di soddisfarebisogni personali che hanno l'apparenza di esserepiù concreti.

6) L'anonimato. L'anonimato esclude il rispetto, ilrispetto esige qualcuno, esige un nome, non èapplicabile alla comunicazione anonima. Laresponsabilità e la fiducia abitano egualmente ilnome. «Separando il messaggio dal messaggero, lanotizia dal trasmittente, il medium digitale azzerail nome» (Han, p.13). La comunicazione digitalediviene esente da responsabilità, non puòveicolare ed essere supportata dalla fiducia.L'autorità e le verità non possono essere veicolatein nessuna forma oggettiva di fede. Tutto questo èpossibile a partire dalla condizione di anonimatoche la rete permette e sulla quale essa è costruita.La scrittura in rete, nelle chat, nella messaggistica

istantanea (sms, whatsapp, messenger e simili) èrapida, spesso sgrammaticata, non permetteriflessioni ponderate, "non fa sbollire gli spiriti".L'eccitazione alimenta gli interventi ed è meglioveicolata dal medium digitale.

7) Simmetria della rete. Il medium digitale, e larete in particolare, ha un carattere simmetricoche altri media non hanno. L'utente nella rete nonconsuma soltanto in modo passivo l'informazione,ma la può produrre attivamente. Questo èappunto uno dei caratteri di democrazia che larete permette e veicola sino a quando saràgarantita quella che viene chiamata la "netneutrality". Questa simmetria, questabidirezionalità scombussola la distribuzione deirapporti di forza. Il potere si esplica in un'unicadirezione, quella dall'alto verso il basso. In questola rete ha delle potenzialità rivoluzionarie chealtri medium non hanno. La simmetria è ancorapiù accentuata in quello che viene chiamato ilweb due nel quale, tramite per esempio icommenti, c'è interazione tra lo scrivente e illettore. Ma ci sono anche opinionisti mercenari,pagati cioè per difendere una posizioneall'interno di ogni sito nel quale si affronti quellaproblematica al quale il mercenario è abbonato.Questa è una strategia che non tutti si possonopermettere. Di nuovo il potere ha più strumentiper difendere le proprie idee ma anche le suesemplici scelte.

8) Net Neutrality. Una rete neutrale è in grado,rispetto ai singoli pacchetti di cui si componel'informazione, di non dare loro prioritàdifferenziate. L'unità di informazione una voltaimmessa in rete è semplicemente un valoreindifferenziato che si muove con la stessa velocitàe priorità di ogni altro. Dal punto di vista inparticolare di Internet mobile nella qualel'accesso si paga in funzione della quantità di datiricevuti, alcuni servizi come ad esempio la visionedi un film in streaming, consumerebbero l'interopacchetto mensile. Per questo si è creataun'apertura nella definizione di net neutrality perla quale si ha la possibilità di non conteggiarenella bolletta dell'utente il collegamento adeterminate applicazioni (zero rating). Questa

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apertura potrebbe diventare una fallapermettendo un accesso privilegiato (gratuito) acerti siti e non ad altri.  C'è poi il fatto che aiprovider potrà essere concessa la facoltà digestire a loro discrezione il traffico su internet edi rallentarlo per sventare una non megliodefinita "minaccia di congestione", minaccia lacui valutazione è totalmente a discrezione delprovider stesso.

9) Tono e Volume. All'interno di un forum (unnewsgroup, un blog, una chat) la discussione puòessere animata da alcuni interventi provocatoriinseriti allo scopo. C'è tutta un'articolazione e undosaggio, un vocabolario e una sintassi. Se laprovocazione è particolarmente violenta ilsoggetto è il troll, flaming è l'atto di inviarequesto tipo di messaggio detto appunto flame. Lascrittura in rete, nelle chat, nella messaggisticaistantanea (sms, whatsapp, messenger e simili) èrapida, spesso sgrammaticata, non permetteriflessioni ponderate, "non fa sbollire gli spiriti".L'eccitazione alimenta gli interventi ed è meglioveicolata dal medium digitale.

10) Noise. Il potere in termini mediatici si esplicanel favorire il consenso. Il consenso prevedesilenzio. Il controllo, il reindirizzamento delsenso, provocano accondiscendenza. Il rumore èallora indice di rivolta. Il rumore rappresentaquindi il valore dell'entropia dellacomunicazione, il massimo dell'azione. La quiete eil silenzio, l'inazione sono invece gli esiti delpotere. Il silenzio indica la sovranità acquisita, mail massimo del rumore determina quello stato dieccezione che determina un cambio dellasovranità stessa. L'indignazione è generatrice dirumore. Il rumore prodotto dall'indignazione èindistinto, ha qualcosa di amorfo, che stenta aprendere forma. Per questo l'indignazione montae si smonta in termini quantitativi con lasemplicità che non riesce a caratterizzare nessunaltra espressione.  Il rispetto e il riguardocontengono il concetto di rallentamentocontrario alla velocità con la quale monta e sismonta l'indignazione. La condensazione deltempo, l'esplicarsi dell'evento in terminiistantanei, sono dell'ordine della sensazione che

non si lascia integrare in uno stabile nessodiscorsivo. «La società dell'indignazione è unasocietà sensazionalistica» (Han p. 18).L'indignazione è uno stato affettivo per questoriguarda più le singolarità che le masse, perquesto non riesce a trovare aggregazioni stabili.

Testi di riferimento: Byung-Chul Han, Nello sciame,Visioni del digitale, Nottetempo, Roma 2015. AdrianoFabris, Il tempo esploso, Filosofia e comunicazionenell'epoca di twitter, Edb, Bologna 2015. Nicholas Carr,Internet ci rende stupidi? Come la Rete sta cambiandoil nostro cervello, Raffaello Cortina, Milano 2011. DavidKirkpatrick, Facebook. La storia. Mark Zuckerberg e lasfida di una generazione, Hoepli, Milano 2011 EliPariser, Il Filtro - quello che internet ci nasconde, ilSaggiatore Milano 2012

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RUBRICHE

Nuove destrea cura di Giorgia Bulli

docente di “Analisi del linguaggio politico” all'Univ. di Firenze

Eredità politica e familiare:il “Front National” francesedi G.B.

La storia del Front National è indissolubilmentelegata ad un cognome: Le Pen. Jean-Marie Le Penè stato tra i fondatori del partito nel 1972, suopresidente ininterrottamente fino al momento delpassaggio della presidenza alla figlia Marine, nel2011.Alla successione al vertice ha corrisposto unastrategia che in francese è chiamata dédiabolisa-tion (destigmatizzazione o norma-lizzazione). Siintende con questa espressione il tentativo cheMarine Le Pen ha messo in atto, fin dalla suaelezione, di slegare il partito dall’immagine diestrema destra che ha caratterizzati il FrontNational nei lunghi trent’anni di reggenza delpadre e di presentarlo come una formazionepopolare pronta a dare accoglienza ad elettori didiverso orientamento ideologico, spesso portatoridi un atteggiamento di protesta nei confronti deipartiti tradizionali.In effetti, il Front National fu creato all’iniziodegli anni Settanta come un rassemblement dellecomponenti sparse dell’ampio panoramadell’estrema destra francese alla fine degli anni’60, con Jean-Marie Le Pen, combattentevolontario in Indocina e nella campagna diAlgeria, chiamato a tenere insieme gruppi cheandavano da Ordre Nouveau a movimentinazionalisti non direttamente legati all’ideologiafascista. Non è un caso che, dopo l’espulsione diJean-Marie Le Pen, decisa dalla figlia Marine nelmese di agosto del 2015 proprio per avvallare la“normalizzazione” del Front National, il vecchioleader abbia fondato nel mese di Settembre dellostesso anno un nuovo movimento dal nome

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“Rassemblement Bleu-blanc-rouge” al fine di“rimettere il partito sui binari degli anniprecedenti”.La reazione di Marine Le Pen all’annuncio dellanascita del movimento non è stata più negativadella distanza con cui la figlia “traditrice” haaccolto la maggior parte delle esternazioni delpadre nel ruolo di presidente onorario del Fn,affidatogli nel 2011 al momento del cambio dellaleadership. E di dichiarazioni clamorose, in gradodi attrarre sia elettori di nicchia della destraestrema sia l’interesse di una stampa attirata daitoni politicamente inaccettabili ma moltoredditizi in termini di audience, Jean-Marie LePen può dirsi un esperto. Il vecchio leader del Fn ènoto per ver definito le camere a gas come un“dettaglio della secondo guerra mondiale” (1987),o per aver rinvenuto nel virus Ebola il rimedio alproblema delle migrazioni (2014) «MonsignorEbola può risolvere questo in tre mesi».Eppure, nonostante lo shock nella sfera pubblicaprovocato da queste dichiarazioni, Jean-Marie LePen è riuscito nel corso degli anni a raccoglierenon solo il voto della destra estrema, ma anche acompiere un passaggio comune a diversi altripartiti della destra radicale in direzione di unpopulismo di destra in grado di attrarre elettoridisillusi dalla politica tradizionale. La chiave divolta di questa strategia è stata la piattaformaxenofoba e anti-immigrazione che ha fatto delpartito l’esempio per molte altre formazionieuropee. Questa, unita a una serie di proposteanti-establishment nazionaliste, tradizionaliste econtrarie al pensiero unico del neo-liberismo, hapermesso al partito di guadagnare consensi ancheall’interno dell’elettorato operaio già a partiredalla metà degli anni Novanta.Una traiettoria non molto diversa è stata seguitada altri partiti in Europa che, provenienti da unmilieu di destra radicale, hanno accoltoattraverso una retorica populista i malumori e leinsoddisfazioni di un elettorato sempre piùmarcatamente antipartitico e sensibile alleagende anti-immigrazione, law and order e diritorno ai valori tradizionali di collettivitàomogenee , come nel caso della Fpö in Austria edel Vlaams Blok in Belgio.Con il passaggio al secondo turno delle elezioni

presidenziali del 2002, Jean-Marie Le Pen haottenuto il suo massimo risultato politico (16,9%dei voti, contro il 19,9% di Chirac e il 16,2 diJospin), superato solo da quello della figlia nel2012 con il 17,9% dei voti.Nonostante i successi elettorali alle elezionipresidenziali, però, il Fn, a causa dellepenalizzazioni del sistema elettorale edell’adozione da parte delle forze politichetradizionali di un cordone sanitario intorno al Fnche impedisce al partito di Le Pen la costituzionedi coalizioni anche con formazioni della destramoderata, non ha una rappresentanza altrettantoampia in Parlamento.La strategia politica di Marine Le Pen puntaquindi alla presentazione del Front National comeun partito aperto a tutti gli elettori. Le paroled’ordine rimangono legate al vecchio passato: ilnazionalismo legato al principio della preferenzanazionale, per cui i benefici dello stato socialespettano in primo luogo ai cittadini dellaRépublique; la lotta all’immigrazione; la legge el’ordine, e uno stato forte che lotti per ilriacquisto delle sovranità della Francia anche neiconfronti dell’Unione europea.La diabolizzazione da cui il partito si vuoleliberare è quella non solo degli altri partiti, maanche dei mezzi di comunicazione di massa neiconfronti del Fn e della relativa percezione delpartito agli occhi di un elettorato in crisi dirappresentanza politica e vessato dalla crisieconomico-finanziaria che fa emergere i limitidell’azione di governo dei partiti tradizionali.Marine Le Pen ha finora quindi avuto gioco facilenel mettere al centro della sua condanna ilfallimento dei modelli di integrazione, utilizzandol’argomento della laicità dello stato per poteragitare un’islamofobia che chiama in causaargomenti culturali e non etnici, che evitino diricucire addosso al partito l’etichetta di estremadestra.Contemporaneamente, questa strategiacomunicativa e politica promuove temi inusitatiai tempi della presidenza del padre. Marine LePen è avvocato, donna, divorziata, con due figli darelazioni diverse e quindi lontanadall’immaginario femminile della destra radicale.La difesa in termini anti-islamici delle minoranze

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omosessuali nelle banlieues è quindi unostratagemma discorsivo accettabile. A posizioniche mostrano una parziale apertura, però, comela dichiarazione di non di non modificare la leggesull’aborto, corrispondono i proclami sullatolleranza zero; l’eliminazione dello ius soli, cosìcome della possibilità di regolarizzazione degliimmigrati clandestini; l’applicazione del citatoprincipio della preferenza nazionale, la lottacontro il multiculturalismo.Queste tematiche sono contenute all’interno di unnuovo modello di democrazia che, in un’otticaprettamente populista, rimetta il popolo – quellonazionale- al centro delle scelte pubbliche,restituisca dignità alla Francia e ai francesi intermini economici e nazionali attraverso misuredi protezionismo e il ritorno al franco, egarantisca sicurezza e benessere ai cittadinifrancesi. La distinzione tra il bene e il male, altrotipico refrain del populismo lepenista, introdottodal padre e portato alla massima espressione dallafiglia, è ben rintracciabile nelle dichiarazioneufficiali di Marine le Pen all’indomani degliattacchi terroristici di Parigi: “La France doitenfin déterminer quels sont ses alliés et quelssont ses ennemis”.La decisione di Marine Le Pen, in perfetto stilerepubblicano, di interrompere la campagnaelettorale alla vigilia delle elezioni regionali chedavano prima degli attacchi il Fn in ascesa neisondaggi, è ancora una volta paradigmatica di unastrategia comunicativa e politica che intenderimarcare la fedeltà ai principi della République,ma allo stesso tempo è ben attenta a noncavalcare l’onda dell’islamofobia con toniscomposti per non creare inquietudine in unelettorato emotivamente già molto provato, con ilrischio di perderne una parte in favore di unrassemblement repubblicano che si raccolgaattorno ai partiti tradizionali.

Cultura si, cultura noa cura di Franca Falletti

storica dell'arte

Musei: supermanagersuperpagati ma nonautosufficientidi F.F.

Negli ultimi giorni il Ministero è tornato adedicarsi ai 20 grandi musei affidati ai così dettimanager e, essendosi accorto che con le struttureattualmente esistenti (e con cui noi sempreabbiamo dovuto portare avanti il nostrofaticosissimo lavoro) nemmeno i supermanagersarebbero riusciti a fare quello che ci si aspettavada loro, ha predisposto sulla carta una nuovafaraonica e sconclusionata previsione di organicoche, ovviamente, non era possibile coprire néspostando il personale esistente da altri uffici eneppure con nuove veloci assunzioni.Non ci vuole molta fantasia, e già lo si sapeva, aimmaginare come sarebbero andate le cose: per i20 supermusei sono stati creati in fretta e furia 10gruppi di assistenza e consulenza a distanza sututte le materie relative alla gestione di un museo,formati (per ora) da personale in parte delMinistero e in parte della società ARCUS.Conclusione: abbiamo dei supermenager che cicostano assai più dei vecchi direttori e che da solinon sono in grado di fare il loro mestiere, perchénon sufficientemente addentro al sistema Italia,dal punto di vista giuridico, comunicativo, dellerelazioni con il personale.In buona sostanza questa riforma sta smontandopezzo per pezzo tutto l'apparato pubblico relativoai Beni culturali del nostro paese, che andavacertamente riformato ma non azzerato.I criteri con cui il nostro Ministero mostra dimuoversi sono i seguenti: ignoranza dellesituazioni specifiche con conseguente spreco ditempo e denaro, capillare sostituzione delpubblico con il privato o con un pubblicostrettamente legato ai voleri del Ministro stesso,dalle cui dirette mani riceve l'incarico come ilVassallo dal suo Signore, libertà da ogni vincolonormativo di cui sia possibile liberarsi e dal

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dovere di risponderne ai cittadini. Il tutto con laconseguenza di far sentire i cittadini sempremeno protetti da regole certe e giustificate inmaniera trasparente, fondamento primo di unostato democratico, mentre si moltiplica il sistemadi elargire bonus e creare eventi per tutti.Se questo è il nuovo che ci promette il nostroattuale Governo, dobbiamo sapere di cosa sitratta: panem et circenses. Nel frattempo ladistruzione (chiamata riforma) della rete musealenazionale è continuata anche per altre vie. Questavolta è toccato ai musei raccolti nei Poli MusealiRegionali, cioè tutti i musei statali del territorio,ad esclusione dei 20 per cui il Ministero haespletato un bando internazionale (a FirenzeUffizi, Accademia e Bargello).Per scegliere i direttori di questi musei, che ilnostro Ministero ritiene di minore importanza efra cui si può ricordare in Toscana la PinacotecaNazionale di Siena, il museo di San Matteo a Pisa,il museo Archeologico di Firenze e di Arezzo e ilmuseo di San Marco a Firenze, è stato fatto unbando interno all'Amministrazione stessa (il cosìdetto "interpello"), che avrebbe potuto essereespletato direttamente dal Soprintendente delPolo Museale Regionale. Il Ministero ha inveceavocato a sé il compito applicando, a quantosembra, il principio della "rotazione", ovveroassumendo come titolo preferenziale non avermai fatto il direttore di museo o averlo fatto assailimitatamente; si è arrivati, col seguire questocriterio in modo rigido e senza avere il polso dellereali specifiche situazioni, a nominare funzionarivicinissimi alla pensione o in un caso addiritturaandati già, nel frattempo, in pensione.Sono stati fatti accorpamenti privi di alcun nessologico né sotto il profilo scientifico né sotto quellologistico e tali da rendere difficilissimo il lavorodel direttore preposto (le Ville Napoleonichedell'isola d'Elba con la villa Medicea di Poggio aCaiano) ed è stato buttato fuori a sei mesi dalpensionamento uno fra i funzionari piùcompetenti, attivi e generosi che questo Ministeroabbia mai avuto in sorte (la dottoressa MagnoliaScudieri), atto che ha suscitato l'incredulaindignazione non solo di tutti gli amici e icolleghi, ma anche di quelle Istituzioni ed EntiItaliani e stranieri che in tanti anni ne avevano

seguito, condiviso e apprezzato l'attività.Minando così la nostra credibilità culturaleall'estero.

Kill Billya cura di Gilberto Pierazzuoli

scrittore, attivo in PerUnaltracittà

Città neocapitaliste.Dal welfare state al real estatedi Ilaria Agostini, urbanista, attiva in perUnaltracittà

Liquidate le archistar, obiettivo polemico diContro l'architettura (2008), Franco La Ceclacambia ora di scala. Nel mirino, la gestioneurbana neoliberista e il pensiero razional-economicistico ad essa sotteso. In Control'urbanistica l'antropologo palermitano indaga,dissezionandolo, il settore della disciplina che -costola dell'economia finanziaria - riveste unruolo ancillare nei confronti dei «profeti dellaglobalizzazione».Un'urbanistica che, smesse le vesti progressiste,dissacra e mercifica la città assimilandola a merofenomeno economico improntato a fast policies,competitività, bigness; che procede dal welfarestate al real estate; che ignora i corpi e le pratichedi riappropriazione e addomesticamento deglispazi; che si fonda su un'idea di città«assolutamente anti-sociale».Disciplina «contraria alla dimensionedell'abitare», in mano ad esperti dal «colpo digenio riformatore» che risolverebbe i problemiurbani globali; «professione debilitante» (avrebbedetto Illich) il cui linguaggio «per iniziati»degrada il cittadino-abitante a utente diinfrastrutture e nega alla civitas «ogniconnotazione di vitalità autonoma», ogni virtùautopoietica.Nell'età neocapitalista, l'urbanistica (non tutta,assicura La Cecla) impiega i propri talenti nellaprevisione dei "trend", si riduce a tutordell'economia immobiliare, diventa «"mezzopolitico" capace di mediare tra le forze delcapitale territoriale», è funzionale a trasformare

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città e territorio in entità da giocare in borsa."Contrattata", in deroga, extrapianificatoria, latecnica del planner alligna tra la debolezzapolitico-amministrativa e la miopia dellaspeculazione finanziaria. Determina i disastri chePaolo Berdini denuncia da anni. "Creative" e"smart cities" sono le invenzioni «più brillanti epiù povere di contenuto» dell'urbanistica«ossessionata dal marketing».Nelle prime, il "brand" ridicolizzal'autorappresentazione urbana: il logo diventasimbolo vuoto, utile alla competizione globale dicittà che mirano a inserirsi in classifiche diattrattività internazionale; città nelle quali igrattacieli diventano marchio, eludendo «lefaccende serie di invivibilità delle città, diesaurimento delle risorse, di surriscaldamento delpianeta». Torri e grandi eventi - scriveva l'autorenel 2008 - sono «un vorace aspirapolvere» messoin campo per trasformare «in pura immagine iservizi che mancano, la residenza pubblica chenon viene costruita».Le smart cities - città "furbette" più cheintelligenti - materializzano «l'idea keynesianadell'autocontrollo del capitalismo e del grandemercato». Città informatizzate nelle quali «glialgoritmi promettono la soluzione appropriata eneutrale per ogni problema». La loro gestione èdemandata a macchine intelligenti. «Le smartcities richiedono uno stuolo di esperti a cuiaffidarsi per traffico, criminalità, ambiente,partecipazione. Ci può entrare di tutto,l'importante è essere convinti che le città sononuovamente machines à habiter».Ma qualunque sia l'aggettivazione, l'idea di cittàoggi imperante è Megalopoli: mostro dalle virtùautoregolative al pari di quel Mercato che le èmodello. Le statistiche parlano di un mondourbano, processo inarrestabile finché «aicontadini del mondo verrà impedito di viveresulla propria terra».La «città mondo», premiata dagli organismiinternazionali, diventa uno degli indici disviluppo delle nazioni benché essa concentri lapovertà mondiale e sia rifugio, in slums senzafine, per profughi derubati dal landgrabbing, cuil'agroindustria nega il naturale diritto allacampagna. L'impossibile fertilità di una

conurbazione senza terra, ossimoro insito nelladefinizione di urban prosperity che l'Onu ha fattopropria, è risibile al pari di quella di resilient cityinverantesi nei "grattacieli verdi" coperti da unacoltre vegetale che anticipa la reimmissionepostuma del cemento armato nei cicli naturali.Spazi disincarnati, impermeabili all'evidenza dicorpi «tornati alla ribalta» (dalle primavere arabeagli accadimenti stambulioti) con il potere«fortissimo che essi hanno: il potere di chi sa"stare"».Corpi che, asserisce l'autore di Mente locale(1993), entrano in «risonanza» con i luoghi, in ungioco imitativo, gestuale e prossemico, chediventa arte dell'"essere di un posto". Eserciziocui La Cecla si dedica in pagine monografichededicate a "città viste", dalla prosa sapida eimmediata, che accompagnano il lettore inambienti dove i sensi sono sollecitati e tenuti inallarme. Traversata antropologica nel corpo dellecittà del mondo, dalla quale la disciplinaurbanistica può uscire arricchita.Franco La Cecla, Contro l'urbanistica. La culturadelle città, Einaudi, Torino 2015. pp. 158 Euro12.00.

Ricette e altre storiea cura di Barbara Zattoni e Gabriele Palloni

Chef attivi in PerUnaltracittà

La carne frittadi B.Z.

La parola ciccia mi da una certa soddisfazione giànel pronunciarla, non solo perché "ciccia" si diceda piccoli, è che mi riempie naturalmente labocca; se poi immagino il primo morso, croccante,caldo e rotondo (come tutte le cose grasse) miviene una immediata "acquolina" in bocca erivedo anche lo sportello del forno che custodivala mia fetta di ciccia fritta fredda, quando stavoancora con i miei genitori e tornavo tardi. Allora,visto che il clima ce lo consente, ho pensato di

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22 perUnaltracittà, laboratorio politicoLA CITTÀ INVISIBILE #30 del 18 novembre 2015

festeggiare l'autunno, con il suo ingresso, nellemie proposte.Fatto a dovere è un signor mangiare che varia aseconda degli ingredienti di recupero cheintendete utilizzare. La versione canonica e ricca,che segue, servirà per avere un orientamento.- Fette di carne: un tot a testa- latte- farina bianca- burro- ceddar o stelvio o fontina non stagionata- fette di prosciutto crudo (1 per fetta di carne)- sale- uovo- pan grattato- olio di arachidiIo uso la noce di vitella, è vero che comprandolaintera ho più gioco nello scegliere il punto dadove ricavare delle belle braciole che batto con ilbatticarne per allargarle e renderle più sottili. Perchi si serve dal macellaio, lo chiederete, per chiusa la grande distribuzione, basterà cercare sulbanco un pezzo uniforme e abbastanza largo didiametro.Mettiamo sul fuoco una tegame per preparare unpo' di besciamella, cominciando a far sciogliere afuoco moderato 50 gr di burro, aggiungiamo uncucchiaio di farina bianca fino ad ottenere unapappetta, e girando con la frusta, unire a filo 300gr di latte. Il risultato è una crema consistente,che va salata e impreziosita da una grattata dinoce moscata. Fatela abbastanza densa emettetela a freddare.Ora stendete la besciamella sopra ogni fetta dicarne battuta, farcite con una fetta di prosciutto eil formaggio tagliato a cubetti e richiudetela apanino. La besciamella oltre a dare morbidezza,sigillerà i bordi della carne. Passate nell'uovosbattuto e nel pan grattato. Non resta che mettersu la padella di ferro con olio per friggere...Tenendo conto che siamo al tempo dei carciofi,metterne qualche fettina avanzata ( di quellisaltati in padella con olio, aglio e prezzemolo),insieme al resto della farcitura è cosa assaigoduriosa.A voi giocare con ripieni e accostamenti.Ricordatevi di friggere nella padella di ferro e perimmersione, meno olio non vuol dire "meno

male", anzi si rischia di farne assorbire di più aglialimenti che, non nuotandoci dentro, nonriescono a fare crosta, scudo e protezione.Badate che non arrivi mai al punto di fumo (180°)ed è facile riconoscere l'odore e il colore dell'oliobruciato. Per verdure, pesci, e dolci lievitati,rimanete fra 130°/140°, mentre potete andare sui160° per la frittura con le colle o impanature. Senon avete un termometro da cucina, poteteregolarvi come le nonne: per la prima mettete unafettina di pane che prenderà un colore doratovelocemente: per la seconda, versate uncucchiaino di pastella che prenderà presto coloree consistenza. Di carne fritta se ne mangia inabbondanza quindi non lesinate sulle quantità inquanto quella che avanza si puo rifarerisaltandola in padella con un po' di salsa dipomodoro. Se poi l'avanzo era di braciolinaripiena e fritta, la goduria sarà ancora più grande.

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