EDITORIALE Millepaginediarcheologiasubacqueaenavale2001, edito nel 2003, IUO, Manfredonia 2007, e...

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L'ARCHEOLOGO GSUBACQJ;EO XVII, 2. Maggio - Agosto 20lh I nostri primi cinquanta numeri Mille pagine di archeologia subacquea e navale EDITORIALE 5 .~ .,." O." ,fascicoli, 17 anni di vita, 1.000 :' pagine di archeologia subac- _f '.rn/ quea e navale (il calcolo è fa- cile per un giornale costituito da 20 pagi- ne, limite che, però, in qualche occasione non abbiamo rispettato). Messi tutti insie- me costituiscono un bel volume con un dorso di circa 9 centimetri. È un bilancio confortante, e lo è ancor di più se conside- riamo che al giornale si è anche andata af- fiancando nel tempo una serie di mono- grafie, la Biblioteca de L'archeologo su- bacqueo, nell'ambito di una collana di Edipuglia diretta da chi scrive, Bibliothe- ca Archaeologica, con cinque volumi già pubblicati: gli Atti dei Convegni Naziona- li di Archeologia Subacquea W, Anzio 2006, edito nel 2007, Il", Castiglioncello 2001, edito nel 2003, IUO, Manfredonia 2007, e IV o , Genova 2010, di prossima uscita), le Lezioni Fabio Faccenna W: pri- mo-secondo ciclo - edito nel 2001- e no: terzo-quinto V ciclo - edito nel 2004) e il volume postumo di F. Faccenna, Il relitto di San Vito Lo Capo, edito nel 2006. Un bel traguardo, non c'è che dire, soprat- tutto in un paese che non brilla per conti- nuità e sistematicità, un po' in tutti i settori, compresa ovviamente l'archeologia subac- quea. Le iniziative avviate durano poco, spesso si smantellano anche le poche cose che funzionano, si inseguono le mode, si preferisce ripartire sempre da zero (e nem- meno "da tre", come diceva Massimo Troisi), si cambia continuamente e il più delle volte per non cambiare nulla. Lo spi- rito del Gattopardo, a 150 anni dall'Unità del nostro paese, è ancora ben vivo. Tra le iniziative editoriali italiane riguar- danti l'archeologia subacquea, la nostra è l'unica sopravvissuta. Un motivo di orgo- glio, ma anche di tristezza. Questo giornale non ha mai amato le celebrazioni e, meno che mai, le autocelebrazioni. Rispetteremo questa scelta anche in occasione di questo bilancio, o meglio di una riflessione critica e, perché no, anche autocritica, che ancora una volta spetta a chi scrive, in qualità di direttore responsabile. Se ne era già propo- sta una in occasione dei dieci anni del gior- nale (n. 30), che è stato utile riprendere per capire cosa fosse cambiato nei sette anni trascorsi da allora; le giornate estive hanno consentito anche di sfogliare nuovamente tutti i numeri, per ripercorrere un po' la no- stra storia. Anche nel numero del decennale avevo preso le mosse dall' editoriale del primo nu- mero, apparso nell' ormai lontano 1995, nel quale si indicavano alcune linee program- matiche del giornale e il ruolo e il signifi- cato che a questa iniziativa alcuni archeologi italiani (con me, Paolo Arata, Enrico Felici, Piero Gianfrotta e l'indirnen- ticato Fabio Faccenna) attribuivano, anche in relazione alie attività deli' Associazione Italiana degli Archeologi Subacquei (AIA- Sub), che, proprio in quegli anni, in un clima di grande entusiasmo nell' ambito dell'archeologia subacquea italiana, pren- deva le mosse. Non è inutile riproporle an- cora una volta. Noi tutti volevamo che L'archeologo subacqueo fosse uno stru- mento per proporre «... un' informazione ra- pida sulle attività di ricerca in corso, su pubblicazioni e convegni incentrati su te- matiche concernenti l'archeologia subac- quea, sulle occasioni di formazione, di dibattito e di approfondimento. Una sede autonoma e indipendente capace di garan- tire un confronto libero, franco, possibil- mente spogliato da ipocrisie e da logiche "accademiche", un dibattito anche aspro ma sempre civile e corretto. Una sede in cui affrontare i temi legati all'individuarione e alla valorizzazione della figura professio- nale del!' archeologo subacqueo e della sua deontologia, approfondire sia gli aspetti tecnici e metodologici della professione sia le problematiche storiche, promuovere il dibattito sulla politica nel campo dei beni culturali, con particolare riferimento a quelli sommersi». Questi primi 50 fascicoli (possiamo affer- marlo senza timore di apparire eccessivi) hanno ampiamente assolto a queste fun- zioni. In essi c'è sostanzialmente tutta la storia dell'archeologia subacquea e navale italiana e non solo, perché abbiamo sempre programmaticamente voluto avere lo sguardo attento verso tutte le esperienze a livello europeo e mondiale. Lo si coglie chiaramente se si ripercorrono le cronache di centinaia di convegni, semi- nari, incontri, conferenze e mostre tenuti in Italia e all'estero, con brevi notizie, e spesso con ampi resoconti proposti dai di- retti interessati. Può apparire un po' noioso proporre un lungo elenco, sia pur necessa- riamente incompleto, (ce ne scusiamo con i lettori), ma i dati che emergono dalla ras- segna sono significativi. Sono stati illu- strati, quasi sempre a cura dei diretti responsabili delle ricerche, i risultati di nu- merosissimi scavi di relitti (Ulu Burun, Ma- 'agan Michel, Arles 4, Grado, Brindisi, Crotone, Gela I, Giglio, Tantura, Capo Li- naro, Punta Iria, Terracina, Culip VI, Punta Ala, Bagaud 3, Port-Man l, Olbia, Pisa, Tektas Burnu, Saint-Malo, Grand Ribaud F, U Pezzu, Leporano, San Vito, Brunei, Escombreras, Cala Sant Vicenç, Gnalié.Al- benga B, Gela n, Mercure, navi vichinghe di Oslo, le navi del porto di Neapolis, l'Ar- cangelo Raffaele, Polluce-Elba, Arduz, Ustica, Iulia felix, Cala Rossa-Corsica, Vlaska Mala-Croazia, Saiun Malo-Francia, Kizilburun- Turchia, Po- Valona, Secca di Capo Bianco-Capo Rizzuto, San Nicolic- chio-Taranto, Arles-Rhòne, Capo Gelido- nya, Ladispoli, Mljet-Croazia, Isola Martana) e di ricerche su strutture som- merse e impianti portuali (Anzio, Cesarea Maritima, Marsiglia, Kyme Eolica, Nea Pa- phos, Ponza, Sidone, Tiro, Thasos, Ustica, Napoli, Egnazia, Manfredonia), siti som- mersi (Baia, Gaiola, Bacoli, Santa Severa, Miseno, Sicilia orientale), insediamenti la- custri (Bracciano, Frassino, Banyoles). Par- ticolare rilievo è stato, opportunamente, dato ad ampie ricerche territoriali e a pro- getti di carte archeologiche (Salento, La- guna di Venezia, Yemen, Lazio, Isole di Hyères, Pantelleria, Eolie, Libia, alto Adriatico, Istria, litorale barese, progetto Liburna in Albania, Isole Tremiti). Secondo lo spirito del giornale, pari attenzione è stata riservata alle attività sottomarine e a quelle, per la verità meno numerose, con- dotte in ambito lacustre, fluviale e in con- testi umidi. Ad una serie di 'speciali', quasi sempre presenti, è stata attribuito il com- pito di proporre i necessari approfondi- menti su ricerche e temi di ampia portata. Infine, anche scoperte sensazionali, come il satiro di Mazara o il bronzo di Lussino, hanno trovato la giusta ospitalità, pur vo- lendo sempre evitare il sensazionalismo di certa divulgazione. Non abbiamo trascurato anche aspetti solo

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L'ARCHEOLOGOGSUBACQJ;EO XVII, 2. Maggio - Agosto 20lh

Inostri primi cinquanta numeriMille pagine di archeologia subacquea e navale

EDITORIALE

5.~.,."O." ,fascicoli, 17 anni di vita, 1.000:' pagine di archeologia subac-

_f '.rn/ quea e navale (il calcolo è fa-cile per un giornale costituito da 20 pagi-ne, limite che, però, in qualche occasionenon abbiamo rispettato). Messi tutti insie-me costituiscono un bel volume con undorso di circa 9 centimetri. È un bilancioconfortante, e lo è ancor di più se conside-riamo che al giornale si è anche andata af-fiancando nel tempo una serie di mono-grafie, la Biblioteca de L'archeologo su-bacqueo, nell'ambito di una collana diEdipuglia diretta da chi scrive, Bibliothe-ca Archaeologica, con cinque volumi giàpubblicati: gli Atti dei Convegni Naziona-li di Archeologia Subacquea W, Anzio2006, edito nel 2007, Il", Castiglioncello2001, edito nel 2003, IUO, Manfredonia2007, e IVo

, Genova 2010, di prossimauscita), le Lezioni Fabio Faccenna W: pri-mo-secondo ciclo - edito nel 2001- e no:terzo-quinto V ciclo - edito nel 2004) e ilvolume postumo di F. Faccenna, Il relittodi San Vito Lo Capo, edito nel 2006.Un bel traguardo, non c'è che dire, soprat-tutto in un paese che non brilla per conti-nuità e sistematicità, un po' in tutti i settori,compresa ovviamente l'archeologia subac-quea. Le iniziative avviate durano poco,spesso si smantellano anche le poche coseche funzionano, si inseguono le mode, sipreferisce ripartire sempre da zero (e nem-meno "da tre", come diceva MassimoTroisi), si cambia continuamente e il piùdelle volte per non cambiare nulla. Lo spi-rito del Gattopardo, a 150 anni dall'Unitàdel nostro paese, è ancora ben vivo.Tra le iniziative editoriali italiane riguar-danti l'archeologia subacquea, la nostra èl'unica sopravvissuta. Un motivo di orgo-glio, ma anche di tristezza. Questo giornalenon ha mai amato le celebrazioni e, menoche mai, le autocelebrazioni. Rispetteremoquesta scelta anche in occasione di questobilancio, o meglio di una riflessione criticae, perché no, anche autocritica, che ancorauna volta spetta a chi scrive, in qualità didirettore responsabile. Se ne era già propo-sta una in occasione dei dieci anni del gior-nale (n. 30), che è stato utile riprendere percapire cosa fosse cambiato nei sette annitrascorsi da allora; le giornate estive hanno

consentito anche di sfogliare nuovamentetutti i numeri, per ripercorrere un po' la no-stra storia.Anche nel numero del decennale avevopreso le mosse dall' editoriale del primo nu-mero, apparso nell' ormai lontano 1995, nelquale si indicavano alcune linee program-matiche del giornale e il ruolo e il signifi-cato che a questa iniziativa alcuniarcheologi italiani (con me, Paolo Arata,Enrico Felici, Piero Gianfrotta e l'indirnen-ticato Fabio Faccenna) attribuivano, anchein relazione alie attività deli' AssociazioneItaliana degli Archeologi Subacquei (AIA-Sub), che, proprio in quegli anni, in unclima di grande entusiasmo nell' ambitodell'archeologia subacquea italiana, pren-deva le mosse. Non è inutile riproporle an-cora una volta. Noi tutti volevamo cheL'archeologo subacqueo fosse uno stru-mento per proporre «... un' informazione ra-pida sulle attività di ricerca in corso, supubblicazioni e convegni incentrati su te-matiche concernenti l'archeologia subac-quea, sulle occasioni di formazione, didibattito e di approfondimento. Una sedeautonoma e indipendente capace di garan-tire un confronto libero, franco, possibil-mente spogliato da ipocrisie e da logiche"accademiche", un dibattito anche asproma sempre civile e corretto. Una sede in cuiaffrontare i temi legati all'individuarione ealla valorizzazione della figura professio-nale del!' archeologo subacqueo e della suadeontologia, approfondire sia gli aspettitecnici e metodologici della professione siale problematiche storiche, promuovere ildibattito sulla politica nel campo dei beniculturali, con particolare riferimento aquelli sommersi».Questi primi 50 fascicoli (possiamo affer-marlo senza timore di apparire eccessivi)hanno ampiamente assolto a queste fun-zioni. In essi c'è sostanzialmente tutta lastoria dell'archeologia subacquea e navaleitaliana e non solo, perché abbiamo sempreprogrammaticamente voluto avere losguardo attento verso tutte le esperienze alivello europeo e mondiale.Lo si coglie chiaramente se si ripercorronole cronache di centinaia di convegni, semi-nari, incontri, conferenze e mostre tenuti inItalia e all'estero, con brevi notizie, espesso con ampi resoconti proposti dai di-

retti interessati. Può apparire un po' noiosoproporre un lungo elenco, sia pur necessa-riamente incompleto, (ce ne scusiamo coni lettori), ma i dati che emergono dalla ras-segna sono significativi. Sono stati illu-strati, quasi sempre a cura dei direttiresponsabili delle ricerche, i risultati di nu-merosissimi scavi di relitti (Ulu Burun, Ma-'agan Michel, Arles 4, Grado, Brindisi,Crotone, Gela I, Giglio, Tantura, Capo Li-naro, Punta Iria, Terracina, Culip VI, PuntaAla, Bagaud 3, Port-Man l, Olbia, Pisa,Tektas Burnu, Saint-Malo, Grand Ribaud F,U Pezzu, Leporano, San Vito, Brunei,Escombreras, Cala Sant Vicenç, Gnalié.Al-benga B, Gela n,Mercure, navi vichinghedi Oslo, le navi del porto di Neapolis, l'Ar-cangelo Raffaele, Polluce-Elba, Arduz,Ustica, Iulia felix, Cala Rossa-Corsica,Vlaska Mala-Croazia, Saiun Malo-Francia,Kizilburun- Turchia, Po- Valona, Secca diCapo Bianco-Capo Rizzuto, San Nicolic-chio-Taranto, Arles-Rhòne, Capo Gelido-nya, Ladispoli, Mljet-Croazia, IsolaMartana) e di ricerche su strutture som-merse e impianti portuali (Anzio, CesareaMaritima, Marsiglia, Kyme Eolica, Nea Pa-phos, Ponza, Sidone, Tiro, Thasos, Ustica,Napoli, Egnazia, Manfredonia), siti som-mersi (Baia, Gaiola, Bacoli, Santa Severa,Miseno, Sicilia orientale), insediamenti la-custri (Bracciano, Frassino, Banyoles). Par-ticolare rilievo è stato, opportunamente,dato ad ampie ricerche territoriali e a pro-getti di carte archeologiche (Salento, La-guna di Venezia, Yemen, Lazio, Isole diHyères, Pantelleria, Eolie, Libia, altoAdriatico, Istria, litorale barese, progettoLiburna in Albania, Isole Tremiti). Secondolo spirito del giornale, pari attenzione èstata riservata alle attività sottomarine e aquelle, per la verità meno numerose, con-dotte in ambito lacustre, fluviale e in con-testi umidi. Ad una serie di 'speciali', quasisempre presenti, è stata attribuito il com-pito di proporre i necessari approfondi-menti su ricerche e temi di ampia portata.Infine, anche scoperte sensazionali, comeil satiro di Mazara o il bronzo di Lussino,hanno trovato la giusta ospitalità, pur vo-lendo sempre evitare il sensazionalismo dicerta divulgazione.Non abbiamo trascurato anche aspetti solo

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indirettamente legati all'archeologia su-bacquea e navale, relativi in generale allaciviltà e alle culture del mare, dell'acqua edella navigazione, con il ricorso a docu-menti iconografici, storico-artistici, epigra-fici, numismatici, letterari o dando conto dinuovi studi e interpretazioni (ad es. il mo-saico di Populonia, l'efebo di Fano, i guer-rieri di Riace, le grandi navi ellenistiche, ifari, i rostri sulle monete romane, le raffi-gurazioni di navi sui vasi).Siamo molto orgogliosi di aver accolto al-cune interviste ad autorevoli studiosi delsettore (A. Raban, P. Pomey, J. Gawroski, J.Litwin, R. Steffy) e ricordi dedicati ad al-cuni dei fondatori e dei principali protago-nisti della disciplina (primo fra tutti NinoLamboglia, R. Steffy, A. Raban, il c.te J.-Y. Cousteau, e in questo numero HonorFrost), ma anche a persone che hanno invario modo contribuito allo sviluppo delladisciplina e ad amici recentemente scom-parsi (come B. E. Giuffré, F. Faccenna, M.Campolungo, E. Scognamiglio). Ampiospazio è stato riservato anche ai giovani egiovanissimi, sia con interventi diretti, siadando notizia di decine di tesi di laurea di-scusse in Italia su argomenti legati all'ar-cheologia subacquea e navale. Allo stessomodo, accanto alle novità, si è ritenuto didedicare alcuni servizi, magari cogliendo lospunto di una ricorrenza, anche a scavi sto-rici o a scoperte fondamentali, dalle navi diNemi ai Bronzi di Riace e a Porticello, daUlu Burun a Capo Gelidonya.Un' altra sezione di cui si può andare orgo-gliosi è quella relativa ai musei di archeo-logia subacquea e navale, nella qualeaccanto ai grandi musei specializzati (Bo-drum, Cartagena, Malta, Mainz, Adge, Fiu-micino, San Sebastian, La Maddalena,Lipari, Giza, Danzica, Roskilde, Pireo, Ve-nezia, Barcellona, Marsala, Lisbona, Stoc-colma, OsIo, Galata di Genova, BattagliaTerme, Camogli, Capodimonte-Bolsena)sono stati segnalati anche antiquaria (SantaSevera, Ponente Ligure, San Vito Lo Capo,Dock Romains a Marsiglia, Ecija, Antibes,Ventotene, Marina di Ravenna, Pirano,Peiiiscola, Maratea, Cesenatico, Viareggio,Giovinazzo, Capo Colonna, san Benedettodel Tronto) o, a volte, sezioni dedicate al-l'archeologia subacquea collocate all'in-terno di musei archeologici (Marsiglia,Sassnitz.Arles); si è avviato anche un cen-simento dei parchi archeologici subacquei(Baia, Gaiola, Ustica): si dispone così diuna sorta di guida alle esposizioni musealiitaliane e straniere, che contiamo di arric-chire ulteriormente nei prossimi anni.Nella sezione delle recensioni e segnala-zioni bibliografiche è stata raccolta buonaparte della produzione scientifica italiana estraniera dell'ultimo ventennio, con oltre

250 titoli: accanto a recensioni anche moltopositive non sono mancate sonore (e sem-pre documentate) stroncature. Non minoreattenzione abbiamo dedicato ad un altroambito importante dell' attuale comunica-zione in campo archeologico, Internet, conuna serie di servizi sull'archeologia subac-quea on-line.Il cuore del giornale è stato sempre rappre-sentato, però, dal dibattito 'politico cultu-rale' sulla situazione dell' archeologiasubacquea in Italia e all'estero, con edito-riali, documenti, lettere ai vari Ministri deiBeni Culturali succedutisi nel corso deglianni, analisi di testi legislativi, di risolu-zioni Unesco, ampi servizi sulla storia el'organizzazione della ricerca in altri paesi(Francia, Spagna, Grecia, Portogallo, Da-nimarca, Ungheria, Cuba, Australia) o suprestigiosi centri di ricerca internazionalicome l'INA, il DRASSM, il CASC, ecc.

La parola agli archeologi subacquei

La scommessa principale è stata rappre-sentata dal raccontare i fatti dell' archeolo-gia subacquea dando la parola ai direttiinteressati, senza deleghe ad altri. Un ten-tativo di alta divulgazione effettuato dagliarcheologi e non da giornalisti o comuni-catori. Un tentativo non facile e non sempreriuscito (bisogna ammetterlo): non tutti gliarcheologi ritengono utile, ed anzi necessa-rio, dare conto delle proprie attività anchead un pubblico un po' più ampio di quellodegli specialisti (ma non manca, purtroppo,chi non pubblica affatto i risultati delle ri-cerche anche in sedi scientifiche), pochisono coloro che sanno comunicare abban-donando il linguaggio alquanto esoterico dicerto specialismo. La lingua italiana, peral-tro, sta conoscendo un processo di banaliz-zazione e di imbarbarimento: ma questo èun problema ben più generale che fuorie-sce di molto dai limitatissimi confini diqueste pagine. Anche sotto questo profilosi registra da noi un certo ritardo rispetto adaltri ambiti, come quello anglosassone,dove la comunicazione e il rapporto attivocon la società sono molto curati e dove, nel-l'ambito delle discipline, il confronto delleidee, la critica, il dibattito franco sono lanorma. Lo spirito libero e critico, semprefinalizzato però a sottolineare l'alta speci-ficità della disciplina e della professione,ha sempre caratterizzato il giornale: nonsono mancati fraintendimenti (evidente-mente anche per colpa nostra), interpre-tando questo atteggiamento critico comeuna chiusura e una contrapposizione pre-concetta e non invece come la volontà didibattito e confronto, anche aspro se neces-sario, sugli aspetti scientifici, culturali emetodologici.

Una giovane di sessant'anni

L'archeologia subacquea come scienza hasuperato quasi sessant'anni e dovrebbe aversuperato da tempo la sua fase di innocenteadolescenza, affrontando con maturitàaspetti relativi al proprio statuto teorico,alle metodologie, alle tecniche e alle tec-nologie, alle figure professionali. In realtàsi registra ancora, in particolare in Italia, undeficit di riflessione teorica sulla disciplina,mentre continua a perpetuarsi, sia al-l'esterno sia, in certi casi, anche all'internodella disciplina, un'idea dilettantesca esportiva o esclusivamente 'tecnica' dell'ar-cheologo subacqueo. In questo contestoL'archeologo subacqueo ha sempre cercatodi rappresentare un luogo di approfondi-mento e di confronto. Non è stato e non èfacile. A volte sembra che gli archeologi su-bacquei, abituati come sono ad indossare lamaschera per operare sott'acqua e condi-zionati da un campo visivo necessaria-mente limitato, preferiscano conservare lamaschera anche fuori dall'acqua, non per-cependo orizzonti molto più ampi del mi-crocosmo disciplinare e non comprendendoche l'acqua è parte (importante, ma co-munque parte) di paesaggi più complessi.L'archeologia subacquea, pertanto, comemolte altre discipline specialistiche, correil rischio di un pericoloso isolamento auto-referenziale.Sotto questo profilo, l'elemento più inno-vativo di questi ultimi anni, secondo il pa-rere di chi scrive, consiste nel consideraresempre più l'archeologia subacquea, purcon la sua specificità, quale parte integrantedi progetti di 'archeologia globale dei pae-saggi' (urbani, rurali, costieri, subacquei).Si avverte fortemente, cioè, l'esigenza diprocedere ad una ricomposizione dell'arti-colato e segmentato insieme disciplinarearcheologico, privilegiando i due elementiche più di altri consentono un possibile pro-cesso di aggregazione e integrazione: laglobalità dell'approccio e dei sistemi difonti impiegati e il paesaggio. È questaun' archeologia subacquea sentita comeparte integrante dell'archeologia globale diun determinato contesto territoriale, non li-mitata solo all'analisi settoriale di singolecategorie (i relitti, gli impianti portuali, learchitetture, le produzioni, i commerci, imanufatti o gli ecofatti, ecc.) ma capace,muovendosi in un ottica ambientale, strati-grafica e contestuale, di indagare, con lefonti e gli strumenti necessari e/o di volta involta disponibili, le relazioni funzionaliche, nel corso del tempo e nello spazio, sisono venute creando, valorizzando la com-plessità di tutte le forme di contatto dialet-tico che gli individui e le società hannostabilito tra loro e con l'ambiente, in parti-

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colare con le acque. È questa una posizionemetodologica ancora condivisa da pochi,ma è importante sottolinearne qui l'impor-tanza.

L'archeologia subacquea va all'Univer-sità (e non sempre con profitto)

Ecco un altro elemento di notevole novitàdi quest'ultimo quindicennio: l'ingressodell'archeologia subacquea nell'Università,prima come disciplina, poi con veri e pro-pri corsi di studio di primo livello, in ar-cheologia subacquea e/o navale. Un fattoimportante per la formazione e per la ri-cerca, che, però, oggi lo possiamo affer-mare, ha anche creato una situazione digrande confusione ed eterogeneità, favoritadalla proliferazione dei corsi e delle disci-pline nell'ambito delle confuse riforme esuccessive degli ordinamenti dell 'ultimodecennio e dell'insensata proliferazione dicorsi dai nomi più fantasiosi e attraenti, de-stinati alla formazione di improbabili figureprofessionali nei settori più disparati. Si ètrattato, a mio parere, di una scelta profon-damente sbagliata sotto vari profili: a) sottoquello metodologico, perché anticipa allafase della primissima formazione, quandocioè sarebbe necessario garantire una solidapreparazione di base, una presunta compe-tenza che, al contrario, com'è ben noto, ri-chiede molti anni di studio e di pratica; b)sotto il profilo tecnico, perché questi corsinon hanno previsto un' adeguata (e a volteanche una minima) attività pratica sulcampo e non hanno richiesto nemmenocome pre-requisito la capacità di operaresott' acqua; c) sotto il profilo professionale,perché, mentre da anni ci battiamo per unriconoscimento della figura professionaledell' archeologo subacqueo, rilasciare di-plomi di laurea in archeologia subacquea enavale a dottori triennalisti significa di fattosminuire la figura professionale, non bendefinibile né come tecnico né come ar-cheologo. Non è sufficiente, per giustificarequeste scelte, ricorrere alla precisazioneche in realtà tali corsi si sono configuraticome normali corsi di archeologia, nel-l'ambito della classe dei beni culturali, conla semplice aggiunta di alcune disciplinepiù specifiche relative all'archeologia su-bacquea e navale, perché emerge ancor dipiù il carattere strumentale dell' operazione,da interpretare più come marketing univer-

L'ARCHEOLOGO~SUBACQI)EO

sitario per l'acquisizione di nuovi iscrittiche come esito di un progetto formativo eculturale. Non sono mancati, peraltro,anche corsi di laurea in archeologia subac-quea privi addirittura dello stesso insegna-mento di archeologia subacquea. La recentedisattivazione di questi corsi di studio invarie Università (spesso in sedi decentrate,istituite quasi sempre per compiacere unpolitico o un sindaco e per drenare risorse)dimostra il fallimento di tali esperienze. Miauguro che ci sia un impegno comune adevitare per il futuro iniziative formative diquesto tipo, garantendo, invece, la presenzadell'archeologia subacquea nella laurea diprimo livello all'interno di moduli di disci-pline archeologiche di tipo metodologico,e di veri e propri insegnamenti, ed, even-tualmente, anche specifici curricula di ar-cheologia subacquea solo nelle laureemagistrali, ma, preferibilmente, riservan-done l'approfondimento nelle Scuole diSpecializzazione e nelle Scuole di Dotto-rato di Ricerca, in specifiche SummerSchool, in Master (possibilmente di se-condo livello, come alcuni già attivi), pri-vilegiando il carattere interuniversitario einternazionale di queste iniziative di altaformazione.

Ed esce quasi completamente dalla tutela

Ben più problematica è la situazione nelcampo della tutela, anche per l'assenza an-cora di una specifica legge, del mancatoreale riconoscimento della figura profes-sionale dell'archeologo subacqueo, della li-mitatissima presenza nei ranghi delM.i.B.A.C. di archeologi e tecnici subac-quei, della mancanza di imbarcazioni e dimezzi specifici per la ricerca subacquea.L'unica novità è stata rappresentata dal pro-getto Archeomar, al quale sono state riser-vate significative risorse finanziarie,finalizzato al censimento e alla creazionedi un sistema informativo dei siti sommersidi quattro regioni meridionali (prima fase)ed ora di alcune regioni della costa tirre-nica. Senza alcuna volontà polemica, biso-gna prendere atto che l'esperimento delloS.T.A.S., peraltro ormai ridotto solo ad unasigla, è fallito: un'analisi, credo, condivisaanche dagli stessi colleghi che ne hannofatto parte. Ed anche l'esperienza della So-printendenza del Mare della Sicilia, purmolto innovativa e importante, dotata di

numeroso personale (soprattutto di tipo am-ministrativo) e di notevoli mezzi, si va sna-turando, come dimostra anche la mancanzadi un archeologo subacqueo alla sua guida.

Per i prossimi 50 numeri

Concludendo queste note, non è possibileignorare l'esistenza di alcune (notevoli) dif-ficoltà per il nostro giornale, la cui conti-nuità è dovuta solo alla perseveranza dialcuni. Abbiamo segnato, in alcuni mo-menti, notevoli ritardi nelle uscite, solo re-centemente recuperati con non poca fatica.È solo il caso di ricordare che tutti i colla-boratori del giornale svolgono la loro operain forma assolutamente volontaria e il vo-lontariato raramente dura per un periodocosì lungo, soprattutto se si considerano inumerosi impegni lavorativi, scientifici,professionali, istituzionali, familiari chegravano sempre più. Nel corso degli annicambiano le situazioni, alcuni modificanola propria condizione lavorativa, altri sonoesausti per l'interminabile precariato, altriancora vanno via dal nostro paese per svol-gere all'estero l'attività di archeologo su-bacqueo, altri ancora abbandonano ecambiano mestiere. Servirebbero nuoveenergie, nuovi collaboratori, nuove idee.Un altro problema (ben più grave) riguardala situazione della ricerca, sempre più tra-gica in Italia: si effettua sempre meno ri-cerca archeologica subacquea e questodeficit fa venire meno 'la materia prima',la notizia.Chiudo, senza retorica, con alcuni ringra-ziamenti. Un grazie va a chi ha maggior-mente dato un apporto significativo algiornale: nel corso degli anni, AlessandraBenini, Carlo Beltrame, Piero A. Gian-frotta, più recentemente Giacomo Disanta-rosa. Un grazie a Edipuglia che continua acredere in questa iniziativa editoriale e cul-turale, tanto faticosa e problematica da ge-stire, quanto priva di rientri economici. Ungrazie, infine, soprattutto ai nostri lettori, ainostri abbonati, e in particolare ai sosteni-tori, alcuni dei quali ormai storici.Insomma, dopo 50 fascicoli, risultano an-cora valide (e pertanto le ripropongo ancorauna volta) le parole conclusive di quelprimo editoriale del 1995: 'In conclusione,L'archeologo subacqueo si propone di es-sere essenzialmente un osservatorio sul-l'archeologia subacquea, un luogo diincontro e di dibattito. Se potrà contare sulcontributo dei suoi lettori, archeologi su-bacquei e (soprattutto) non, tenterà di vin-cere la sua non facile scommessa'.

G.V.