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1 Manfredonia, 31/10/2018 Pedagogia del gioco: l’importanza del gioco nel processo di apprendimento e come momento di educazione. Quando si avvicina il momento di decidere a quale scuola iscrivere i propri figli, i genitori si pongono, giustamente, l’interrogativo su come debbano procedere nella scelta. Un interrogativo a cui non è facile trovare una risposta poiché è abbastanza raro trovare scuole dotate di strumenti informativi realmente efficaci. Quando un genitore chiede un consiglio su quali criteri adottare per tale scelta, alcuni studiosi rispondono: Cercate di individuare la scuola in cui i bambini vanno volentieri ogni giorno e dove il gioco, inteso nel suo senso più ampio e profondo, occupa un posto di rilievo nella vita della scuola”. Questa indicazione sembra valida sia che si tratti della scuola dell’infanzia, sia che si tratti di scuola primaria (elementare) e, per certi versi, anche per la scuola media. Di fronte ai questi suggerimenti, molti genitori rimangono sorpresi. Molti di loro hanno l’idea di una scuola, specie quella primaria, in cui i bambini siano costantemente impegnati nello studio e nelle esercitazioni, attività che ritengono giustamente faticose e da svolgere restando seduti al banco per molte ore. Una scuola, quindi, in netto contrasto con il gioco considerato da molti, erroneamente, marginale, solo come uno svago, come fuga dalla fatica del lavoro. Ma, è importante capire che a questa reazione è sottesa un’idea soltanto adulta di gioco, molto lontana dalla realtà dei bambini, lontana da un’idea di scuola a misura di bambino. L’importanza del gioco Il gioco è lo strumento principe attraverso il quale il bambino esprime la propria identità e sviluppa le proprie conoscenze. Molti studiosi hanno dimostrato come il gioco libero e socializzato abbia un’importante e fondamentale funzione nello sviluppo delle capacità cognitive, creative e relazionali. Il gioco per i bambini è un’attività molto seria e può essere paragonato all’attività di un adulto appassionato per quel che sta facendo, un’attività in cui ha la sensazione di poter esprimere la propria personalità. In altri termini il bambino che gioca può essere paragonato all’adulto che fa il proprio lavoro con passione e che proprio per questo si reca con piacere sul luogo della propria attività lavorativa. Partendo da questo parallelismo, la scuola migliore per i bambini, non solo quella dell’infanzia, ma anche la primaria, è quella che si dimostra capace di motivare e di fare appassionare i bambini alla vita scolastica. Per farlo, o almeno per avere la speranza di riuscirci, deve sapere utilizzare e valorizzare al massimo la dimensione operativa e ludica, deve saper accogliere lo sviluppo infantile in tutti i suoi aspetti (olistico), motorio, percettivo, emotivo, cognitivo, comunicativo, sociale, linguistico e morale. In altre parole, deve essere una scuola realmente accogliente, capace di mettere al centro della propria attenzione il bambino intero. Naturalmente, tutto questo diventa vuota affermazione di principio se non si colloca in una realtà scolastica capace ogni giorno di mantenere viva la stretta relazione fra gli apprendimenti e la vita dei bambini, non solo quella futura che vedono solo gli adulti, ma, soprattutto, quella presente, percepita dai bambini. È necessario, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA Istituto Comprensivo “San Giovanni Bosco” 71043 M A N F R E D O N I A F G Via Cavolecchia, 4 – CF: 92055050717 – CM: FGIC872002 Codice Univoco ufficio (CUU): UF6AFD - Codice iPA: istsc_fgic86700e Tel.: 0884585923 Fax: 0884516827 Sito Web: www.icsangiovannibosco.gov.it PEO: [email protected] – PEC: [email protected]

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Manfredonia, 31/10/2018

Pedagogia del gioco: l’importanza del gioco nel processo di

apprendimento e come momento di educazione.

Quando si avvicina il momento di decidere a quale scuola iscrivere i propri figli, i genitori si pongono,

giustamente, l’interrogativo su come debbano procedere nella scelta. Un interrogativo a cui non è facile

trovare una risposta poiché è abbastanza raro trovare scuole dotate di strumenti informativi realmente

efficaci.

Quando un genitore chiede un consiglio su quali criteri adottare per tale scelta, alcuni studiosi rispondono:

“Cercate di individuare la scuola in cui i bambini vanno volentieri ogni giorno e dove il gioco, inteso nel suo

senso più ampio e profondo, occupa un posto di rilievo nella vita della scuola”. Questa indicazione sembra

valida sia che si tratti della scuola dell’infanzia, sia che si tratti di scuola primaria (elementare) e, per certi

versi, anche per la scuola media. Di fronte ai questi suggerimenti, molti genitori rimangono sorpresi. Molti di

loro hanno l’idea di una scuola, specie quella primaria, in cui i bambini siano costantemente impegnati nello

studio e nelle esercitazioni, attività che ritengono giustamente faticose e da svolgere restando seduti al banco

per molte ore.

Una scuola, quindi, in netto contrasto con il gioco considerato da molti, erroneamente, marginale, solo come

uno svago, come fuga dalla fatica del lavoro. Ma, è importante capire che a questa reazione è sottesa un’idea

soltanto adulta di gioco, molto lontana dalla realtà dei bambini, lontana da un’idea di scuola a misura di

bambino.

L’importanza del gioco

Il gioco è lo strumento principe attraverso il quale il bambino esprime la propria identità e sviluppa le

proprie conoscenze. Molti studiosi hanno dimostrato come il gioco libero e socializzato abbia un’importante

e fondamentale funzione nello sviluppo delle capacità cognitive, creative e relazionali. Il gioco per i bambini

è un’attività molto seria e può essere paragonato all’attività di un adulto appassionato per quel che sta

facendo, un’attività in cui ha la sensazione di poter esprimere la propria personalità. In altri termini il

bambino che gioca può essere paragonato all’adulto che fa il proprio lavoro con passione e che proprio per

questo si reca con piacere sul luogo della propria attività lavorativa.

Partendo da questo parallelismo, la scuola migliore per i bambini, non solo quella dell’infanzia, ma anche la

primaria, è quella che si dimostra capace di motivare e di fare appassionare i bambini alla vita scolastica.

Per farlo, o almeno per avere la speranza di riuscirci, deve sapere utilizzare e valorizzare al massimo la

dimensione operativa e ludica, deve saper accogliere lo sviluppo infantile in tutti i suoi aspetti (olistico),

motorio, percettivo, emotivo, cognitivo, comunicativo, sociale, linguistico e morale. In altre parole, deve

essere una scuola realmente accogliente, capace di mettere al centro della propria attenzione il bambino

intero.

Naturalmente, tutto questo diventa vuota affermazione di principio se non si colloca in una realtà scolastica

capace ogni giorno di mantenere viva la stretta relazione fra gli apprendimenti e la vita dei bambini, non solo

quella futura che vedono solo gli adulti, ma, soprattutto, quella presente, percepita dai bambini. È necessario,

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIV ERSITÀ E DELLA RICERCA

Istituto Comprensivo “San Giovanni Bo sco” 71043 M A N F R E D O N I A – F G

Via Cavolecchia, 4 – CF: 92055050717 – CM: FGIC872002

Codice Univoco ufficio (CUU): UF6AFD - Codice iPA: istsc_fgic86700e

Tel.: 0884585923 Fax: 0884516827

Sito Web: www.icsangiovannibosco.gov.it

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quindi, che nelle scelte didattiche sia immediatamente chiaro l’intreccio fra gli apprendimenti e la vita

concreta, tra le motivazioni e gli interessi del bambino. Un intreccio realmente possibile se il bambino ha

l’opportunità di vivere a scuola una vita sociale ricca di stimoli, esperienze e occasioni per mettersi alla

prova e per assumere responsabilità verso se stesso e verso gli altri che solo una scuola intesa come comunità

operante e cooperante può realmente offrire, attraverso un approccio di educazione attiva e cooperativa,

sviluppando una “didattica operativa” capace di realizzare una scuola che mette davvero il bambino al

centro in tutte le sue dimensioni (emotiva, cognitiva, sociale, affettiva, relazionale).

Solitamente si è portati a credere che il gioco sia solo un passatempo, un momento di svago adatto soprattutto alla fase della giovinezza. Diversi contributi pedagogici, invece, sottolineano il gioco come luogo

e momento privilegiato dell'educazione, momento di crescita e socializzazione nel bambino nell'età

evolutiva.

Per secoli il gioco è stato visto come un’attività solamente “constatata” e, per lo più, disistimata quanto al suo significato e al suo valore. Le categorie molto approssimative e superficiali di questa visione della

manifestazione ludica erano la spensieratezza e l’attività per l’attività.

Il gioco era soltanto associato al divertimento, alla ricreazione, il suo carattere definalizzato, il suo fuoco

centrale costituito dall’attività in se stessa e non dagli esiti e dai prodotti; era il tempo concesso prima di

dedicarsi a cose più serie o una pausa dopo prolungati impegni di studio, relegato ai margini della giornata

scolastica e confinato nella sfera del tempo libero. Spesso ha assunto la funzione di premio, di ricompensa e di rinforzo di condotte positive, mentre il suo valore intrinseco è stato negato e il suo significato autentico

disconosciuto. L’aspetto educativo, in definitiva, totalmente trascurato.

Si può dire con Bettelheim che l’importanza del gioco nell’educazione e nella socializzazione è stata, per

molto tempo, contemporaneamente riconosciuta in teoria e negata nella pratica.

In realtà il gioco, in tutte le sue forme simboliche, drammatiche, individuali, costruttive, scientifiche, assume

una valenza educativa determinante nel processo di evoluzione dall’infanzia all’età adulta; tali sono le sue

virtù formative, terapeutiche, equilibratrici che negli ultimi anni la letteratura pedagogica ha profuso

tonnellate di inchiostro per “inghirlandarle”; il tema del gioco è stato studiato con prospettive diverse da filosofi, psicologi, sociologi, antropologi ma soprattutto da pedagogisti, i quali ultimi hanno cercato di

cogliere la molteplicità dei suoi aspetti e delle sue caratteristiche.

Quella mentalità comune che vedeva l’esperienza ludica soltanto come sinonimo di ristoro, ricreazione è

stata abbandonata, mentre si è cercato di mettere in luce la sua ricchezza fenomenica e la sua molteplicità di

espressioni e di articolazioni.

Il gioco è educante per sua natura e per suo statuto; è, infatti, attraverso di esso che il soggetto impara a

conoscere il mondo, a sperimentare il valore delle regole, la reciprocità, l’alterità, a stare con gli altri, a

gestire le proprie emozioni, a scoprire nuovi percorsi di autonomia e a sperimentare per tentativi ed errori le convinzioni sulle cose e sugli altri.

La pedagogia ludica appoggia le sue radici sul significato del gioco come forma di educazione del corpo e

della mente.

Il gioco a scuola e nelle strutture formative è uno strumento di grande importanza, poiché favorisce nel

bambino non solo lo sviluppo motorio, ma anche quello dal punto di vista relazionale. Il gioco didattico e la

didattica ludica vengono introdotti nella scuola dell'infanzia proprio per la dimensione olistica e globale del

gioco che stimola l'apprendimento. Gioco e apprendimento sono due concetti fortemente intrecciati e

collegati tra loro: il gioco, infatti, è fonte inesauribile di apprendimento

Il gioco stimola nello sviluppo del bambino le capacità strategiche, il problem solving e le capacità

relazionali e cooperative. Anche nel regno degli animali il gioco dei cuccioli è una palestra per la vita.

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Nell'ottica didattica e pedagogica il gioco ha come fine primario l'apprendimento, e, quindi, la pedagogia ha nel gioco una fiducia profonda per le sue caratteristiche di incremento dello sviluppo del bambino e la scuola

propone di entrare in un atteggiamento ludico che permette di realizzare l'aspetto pedagogico del gioco,

strumento di sviluppo affettivo, cognitivo e sociale/relazionale.

I sei punti fondamentali della “didattica operativa” o ludica

1. Individualizzazione: punto di partenza è il bambino concreto, con il suo mondo interiore, i suoi

sentimenti, le sue conoscenze, con il suo equilibrio bio-psichico, i suoi interessi, la sua unicità.

2. Socializzazione: ogni individuo è per definizione un essere sociale; l’educazione stessa è un

processo di socializzazione in cui si comunicano all’individuo dei valori sociali con lo scopo di farne

un membro attivo, consapevole e responsabile della società. La classe e la scuola sono la palestra per

allenare le capacità sociali dei bambini.

3. Operatività: un contesto sociale per essere educativo deve essere strutturato sulla base dei valori

che si vogliono trasmettere. Non si conquista un valore se non attuandolo, esercitandolo, rendendolo

operativo.

4. Motivazione: la didattica di una scuola accogliente deve avere per movente le esigenze del bambino,

soddisfare i suoi bisogni e i suoi interessi e creare in lui una forte motivazione. Il bambino deve

tendere consapevolmente al raggiungimento di un fine intenzionale e possibile, esercitare un’attività

che lo porti gradualmente a conquistare valori e competenze (siano essi pratico-strumentali, di

comportamento, culturali, morali).

5. Concretezza: nelle attività proposte dobbiamo preoccuparci di partire dal concreto, non un concreto

generico, ma un concreto vero, quello che si esprime e si realizza nella concretezza della vita

dell’individuo.

6. Organicità: il coordinamento delle attività che vi si svolgono è la condizione basilare perché la

scuola possa porsi come comunità accogliente, educante. Esso riguarda, necessariamente, tutte le

attività e tutti gli aspetti della vita della classe: lavoro da compiere, attribuzione di compiti, impegni

e relative scadenze, siano essi di singoli, gruppi o dell’intera comunità.

L’educazione nuova e la pedagogia dell’attivismo

La pedagogia tradizionale aveva costantemente posto al centro dell’evento educativo il programma

di studio, il maestro, la disciplina e il metodo. L’educazione nuova si incentra sul fanciullo.

peculiare caratteristica dell’educazione nuova è un più stretto rapporto tra scuola e vita.

L’importanza dell’esperienza: il bambino impara attraverso la personale esperienza,

ossia l’attività, il gioco, la manipolazione. Il bambino non è più visto un vaso da

riempire, ma una spugna che si imbeve di ciò che gli interessa.

“scuola su misura” i contenuti scolastici, i ritmi di apprendimento erano predisposti in

modo da soddisfare le esigenze delle diversità personali. La scuola è tenuta a svolgere il

proprio compito, ponendosi al servizio dell’alunno e del suo sviluppo più che rispettare

un programma precostituito.

Il gioco è centrale per la comprensione del mondo e la progettualità dell’azione, non può

essere sottovalutata la sua privazione. Lo spazio del gioco deve essere considerato un

diritto per ognuno per la sua effettiva capacità formativa

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Il gioco come comunicazione: il gioco è sempre un atto comunicativo e presuppone

sempre la presenza di un altro. Anche quando l’altro non c’è, il gioco lo inventa facendo

sì che il gioco stesso diventi l’altro. Questa condivisione implica almeno due persone,

quindi, una relazione, reciprocità, scambio, comunicazione.

Il gioco è regola.

Il gioco viene considerato come un bisogno esistenziale dell’uomo il quale forma

attraverso di esso la propria personalità.

Il gioco permette di sviluppare lo spirito di cooperazione, di socializzazione e di

autocontrollo. Il rispetto delle regole è fondamentale per poter il segno di coesione e di

collaborazione.

Il gioco è educazione: per il ragazzo il gioco è vita: come vive il gioco così si atteggia di

fronte alla vita (occorre allora insegnargli a giocare bene);

Il gioco non è un “riempitivo” della giornata. Va ben preparato e organizzato. Davanti

alla serietà dell’organizzazione il ragazzo prenderà con impegno e partecipazione

l’attività; il ragazzo/bambino che non gioca avrà certamente più difficoltà nella vita e

meno mezzi per superarle.

Il gioco stimola le varie intelligenze del bambino

Il gioco è un approccio all'apprendimento, è fondamentale per l'apprendimento, è fonte

inesauribile di apprendimento.

Pertanto, occorre ripensare la scuola, la didattica, l’idea di insegnamento, di apprendimento, di

valutazione, per promuovere la realizzazione di “Ambienti di apprendimento innovativi e

motivanti”, ossia ambienti e spazi di apprendimento attrezzati con risorse tecnologiche innovative,

capaci di integrare nella didattica l’utilizzo delle tecnologie per motivare la persona in

apprendimento.

Le pratiche didattiche innovative mettono al centro gli studenti con il loro impegno attivo,

promuovono l’apprendimento cooperativo, attivo, costruttivo ben organizzato, con docenti capaci di

sintonizzarsi sulle motivazioni degli studenti.

IL DIRIGENTE SCOLASTICO

Filippo Quitadamo