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INTERVENTI SU EDIFICI ESISTENTI

RESPONSABILITÀ DEI PROGETTISTI - DIAGNOSTICA -

TECNICHE DI PROGETTAZIONE

Marco Boscolo Bielo

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Quando si vuol dimostrare una tesi generale, conviene darne la regola

particolare di un caso; ma se invece si vuol dimostrare una tesi

particolare, converrà incominciare dalla regola [generale].

Blaise Pascal

Si ringraziano:L’Ing. Vincenzo Giannetto, l’Ing. Massimo Pasquali, l’Ing. Antonio Gennari el’Ing. Diego Galbusera di Indagini Strutturali srl di Roma per la redazione delCapitolo 6 e per la disponibilità e l’interesse dimostrati per questa

pubblicazione;L’Arch. Roberto Amabilia per avermi fornito alcune immagini di fabbricatidanneggiati dal terremoto che ha colpito la zone di L’Aquila nel 2008;L’Ing. Luigi Nulli per Sismicad 11.

Le sigle NTC e DM si riferiscono al D.M. 14.01.08 mentre CNTC e C alla Circolare 617/09.

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INTRODUZIONE

Interventi su edifici esistenti non è sinonimo di consolidamento di edifici esistenti, ma significa soprattutto quali misure adottare e come procedere

quando si interviene nel costruito. Dunque gli interventi sugli edifici esistenti comprendono quelli di consolidamento, ma si estendono in modo molto più significativo e frequente. Si pensi ad esempio agli ampliamenti, alle sopraelevazioni, alla rimodellazione dell’assetto distributivo di pianta, alla realizzazione di nuove aperture sui muri, alla sostituzione di solai, di coperture o di singoli elementi di queste, alle esecuzioni di brecce sullemurature per far posto agli impianti che indeboliscono singole parti del

fabbricato magari compromettendone il comportamento strutturale, e via dicendo.

Qualche collega afferma che per gli edifici esistenti «non vale la norma».

Ciò potrebbe essere anche vero, ma il problema è che molti dànno alla parola«norma» il significato di «normativa», deducendone l’arbitrario sillogismo

di «non applicabilità delle norme». Ora, un conto è dire che sugli edifici esistenti molti algoritmi di calcolo, che invece valgono per le progettazioni strutturali ex novo, non sono applicabili, un altro è invece affermare chele norme non sono applicabili. La «leggerezza» con cui viene preso in

considerazione il tema degli interventi sugli edifici esistenti è spessotestimoniata da eventi catastrofici che in molti casi sono costati, purtroppo,il prezzo di vite umane. La questione è tra le più delicate: mentre in una

costruzione di nuova realizzazione, bene o male (ma si spera «bene»),

qualcuno è «costretto» a fare i calcoli, e dunque un certo grado di cognizione dello status del fabbricato ne viene fuori, spesso, invece, per gli edifici esistenti,non si sa alcunchè della costruzione. Lo strutturista viene chiamato in causa,

con il budget più basso fra tutte le voci previste, quando già «tutti» hanno deciso «cosa fare»: buttiamo giù questo muro, facciamo spazio qua, apriamouna finestra, mettiamo questi impianti qui, e via così. Per non parlare dei

casi in cui i piani attuativi consentono ampliamenti che si traducono in sopraelevazioni di costruzioni per le quali nulla di tutto questo era stato previsto all’origine della loro concezione.

Infine non va trascurato il fatto che le norme tecniche, col passare deltempo, si adeguono alle nuove conoscenze, dando un’ampia panoramica di

valutazione critica, a volte poco recepita dai tecnici. In questa prospettiva solo recentemente le norme hanno iniziato a

focalizzare in modo più organico il problema degli interventi sugli edifici esistenti e, ad oggi, per gli edifici civili ordinari, il riferimento è dato dal DM 14.01.08 Norme Tecniche per le Costruzioni. In esse sono individuatele procedure formali e sostanziali che il progettista deve adottare per intervenire

sul costruito.

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In occasione della formazione dell’atto amministrativo di autorizzazione all’esecuzione dei lavori, sia esso S.C.I.A, D.I.A, P.d.C.(1) o equipollenti, moltiComuni richiedono al tecnico progettista una dichiarazione nel quale egli

attesta che l’intervento è conforme al DM 14.01.08. Da ciò ne derivanotutte le responsabilità connaturate.(2) Ho riscontrato che molti progettisti

pensano che dette responsabilità non esistano se l’intervento non è soggetto all’art. 65 del DPR 380/01, ovvero all’obbligo di denuncia ex Genio Civile.(3)

Va detto che quantunque non vi sia l’obbligo della suindicata denuncia, si deve comunque provvedere alla valutazione della sicurezza dell’intervento. D’altro canto, la norma è troppo recente perché ci sia un ausilio interpretativoin base anche alla lettura di provvedimenti giudiziari.

L’obiettivo di questo volume è quello di sensibilizzare il progettista alle problematiche suesposte. In qualche caso ho dato delle interpretazioni laddoveil DM non chiarisce alcuni aspetti, ma si tratta di punti di vista da prendere

come tali.(4) Il volume affronta sostanzialmente aspetti concatenati:

l’inquadramento giuridico degli interventi secondo le NTC; i modelli relativi al comportamento dei materiali con alcuni confronti rispetto alle vecchienormative; la valutazione del comportamento dell’ «edilizia storica»; il tema

della diagnosi strutturale e una panoramica delle modalità di intervento specifiche per migliorare il comportamento di fabbricati obsoleti.

Un ringraziamento particolare va all’Ing. Vincenzo Giannetto ed ai suoi collaboratori per la stesura del Capitolo 6. A tutti gli altri auguro buonalettura.

Marco Boscolo Bielo

(1) S.C.I.A. = segnalazione certificata di inizio attività; D.I.A. = denuncia di inizio attività;P.d.C. = permesso di costruire.

(2) A parere dello scrivente questa dichiarazione è del tutto superflua in quanto la responsabilitàdel progettista esiste comunque.

(3) Che oggi viene depositata presso lo Sportello Unico del Comune.(4) A chiarezza del lettore, le opinioni dell’Autore si distinguono dagli enunciati di norma per

il diverso carattere di stampa e il richiamo specifico alle medesime.

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Capitolo 1

VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

1.1 LE COSTRUZIONI ESISTENTI

Cosa si intenda per costruzione esistente è facilmente immaginabile ma formal-mente la definizione che ne dà il DM 14.01.08, al paragrafo 8.1, è la seguente:

È definita costruzione esistente quella che abbia, alla data della redazione della valutazione disicurezza e/o del progetto di intervento, la struttura completamente realizzata.

Ciò non pone tanto l’attenzione sulla cosiddetta edilizia storica, per la qualeresta implicitamente inteso, anche a livello intuitivo, che rientri nella categoriadegli «edifici esistenti», bensì sul concetto di struttura completamente ultimata. Inprimo luogo deve dunque escludersi tutto ciò che, di un fabbricato, non è «strut-

tura», ad esempio: intonaci, tramezzature interne, massetti, pavimentazioni,impianti ecc. Ai fini dell’applicazione delle procedure indicate nel DM 14.01.08 èindifferente che queste opere siano presenti o meno.

Nel caso di costruzioni soggette ad obbligo di denuncia del progetto strutturale(calcestruzzo armato normale, precompresso e acciaio) vi è un esplicito documentoche attesta la data dell’ultimazione della struttura, ovvero la «Relazione a struttureultimate» prevista dal comma 6 dell’art. 65 del DPR 380/01. (1)

(1) Art. 65 DPR 380/01 - Denuncia dei lavori di realizzazione e relazione a struttura ultimata di opere di conglomeratocementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica

1. Le opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, prima delloro inizio, devono essere denunciate dal costruttore allo sportello unico, che provvede a trasmettere tale denunciaal competente ufficio tecnico regionale.

2. Nella denuncia devono essere indicati i nomi ed i recapiti del committente, del progettista delle strutture,del direttore dei lavori e del costruttore.

3. Alla denuncia devono essere allegati:a) il progetto dell’opera in triplice copia, firmato dal progettista, dal quale risultino in modo chiaro ed

esauriente le calcolazioni eseguite, l’ubicazione, il tipo, le dimensioni delle strutture, e quanto altro occorre perdefinire l’opera sia nei riguardi dell’esecuzione sia nei riguardi della conoscenza delle condizioni di sollecitazione;

b) una relazione illustrativa in triplice copia firmata dal progettista e dal direttore dei lavori, dalla qualerisultino le caratteristiche, le qualità e le dosature dei materiali che verranno impiegati nella costruzione.

4. Lo sportello unico restituisce al costruttore, all’atto stesso della presentazione, una copia del progetto edella relazione con l’attestazione dell’avvenuto deposito.

5. Anche le varianti che nel corso dei lavori si intendano introdurre alle opere di cui al comma 1, previstenel progetto originario, devono essere denunciate, prima di dare inizio alla loro esecuzione, allo sportello uniconella forma e con gli allegati previsti nel presente articolo.

6. A strutture ultimate, entro il termine di sessanta giorni, il direttore dei lavori deposita presso lo sportellounico una relazione, redatta in triplice copia, sull’adempimento degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3, esponendo:

a) i certificati delle prove sui materiali impiegati emessi da laboratori di cui all’articolo 59;b) per le opere in conglomerato armato precompresso, ogni indicazione inerente alla tesatura dei cavi ed

ai sistemi di messa in coazione;c) l’esito delle eventuali prove di carico, allegando le copie dei relativi verbali firmate per copia conforme.

7. Lo sportello unico restituisce al direttore dei lavori, all’atto stesso della presentazione, una copia dellarelazione di cui al comma 6 con l’attestazione dell’avvenuto deposito, e provvede a trasmettere una copia di talerelazione al competente ufficio tecnico regionale.

8. Il direttore dei lavori consegna al collaudatore la relazione, unitamente alla restante documentazione di cui

al comma 6.

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Per le altre tipologie (ad esempio muratura, legno e comunque non rientranti nelcomma 1 dell’art. 64 del citato DPR 380/01) la datazione certa del completamentodella struttura attraverso una documentazione depositata potrebbe non esserci.

La Circolare 617/09 ha dato questi ulteriori chiarimenti parziali(2):

Qualora la costruzione non sia totalmente completata, occorre identificare le situazioni in cui lastruttura può considerarsi completamente realizzata. In questa fattispecie, per costruzione di c.a. e diacciaio con struttura completamente realizzata si intende quella per cui, alla data della redazione dellavalutazione di sicurezza e/o del progetto di intervento, sia stata redatta la relazione a struttura ultimataai sensi dell’art. 65 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380. Per edifici in muratura con struttura completamenterealizzata si intende quella per cui, alla data della redazione della valutazione di sicurezza e/o delprogetto di intervento, sia stato redatto il certificato di collaudo statico ai sensi del Cap.4 del D.M.20 novembre 1987 o ai sensi delle NTC.(3)

Il DM 20.11.87 «Norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudodegli edifici in muratura e per il loro consolidamento», è applicabile, come sievince dal titolo, alle opere in muratura portante, restando esclusa la tipologiadel legno. La parte relativa al collaudo statico a cui si riferiscono le NTC è laseguente:

Capitolo 4 DM 20.11.87: Collaudo Statico degli Edifici in Muratura

Il collaudo statico degli edifici in muratura dovrà comprendere i seguenti accertamenti:a) ispezione generale dell’opera nel suo complesso con particolare riguardo a quelle parti di

strutture più significative da confrontare con i disegni esecutivi progettuali;b) esame dei certificati di prove sui materiali, quando prescritte;c) esame delle risultanze delle eventuali prove di carico fatte eseguire dal direttore dei lavori;d) controllo che l’impostazione generale della progettazione strutturale sia coerente con le

presenti norme.

Inoltre, potranno discrezionalmente essere richiesti i seguenti ulteriori controlli:• prove di carico, eventualmente integrative di quelle già effettuate a cura del direttore dei lavori;• saggi diretti sulle murature o sui singoli elementi resistenti• controlli non distruttivi sulla struttura.

Potranno altresì essere richieste documentazioni integrative di progetto atte a definire compiuta-mente lo schema strutturale assunto o a meglio specificare dati incerti o non quantificati assunti abase della progettazione dell’edificio.

Il collaudo statico delle opere in muratura è un documento che dovrebbe esserea corredo di edifici esistenti in muratura ordinaria, in quanto espressamente previsto

fin dal 1987 dal suindicato decreto ministeriale, indipendentemente che la zonafosse sismica o meno.

(2) CNTC § C 8.1.(3)

Cfr. anche Appendice A.

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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Per quanto concerne altre tipologie strutturali, ad esempio opere realizzate instruttura lignea, si può aggiungere che, in ogni caso, essendo indispensabile l’utilizzodi un apparato fondale in calcestruzzo armato, almeno questa parte dell’operarientrerebbe nel novero di quelle elencate al comma 1 dell’art. 64 del DPR 380/01.Si potrà dunque risalire alla denuncia di deposito e verosimilmente anche al cer-tificato di collaudo, all’interno del quale potrà eventualmente essere reperita l’in-

dicazione di fine lavori delle strutture portanti sovrastanti. In mancanza d’altro,dal punto di vista formale, si potrà fare riferimento alla documentazione di finelavori prevista nell’iter amministrativo afferente al titolo edilizio.(4)

Assodato quale sia il criterio per individuare formalmente l’eventuale data diultimazione della parte strutturale si segnala che con Circolare del Ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti del 5 agosto 2009, è stato posto anche uno «spar-tiacque» fra l’applicazione cogente dei nuovi criteri di calcolo introdotti dal DM14.01.08 (metodo semiprobabilistico agli stati limite con applicazione degli spettridi risposta in termini di accelerazione in relazione all’accelerazione sismica attesanel sito di progetto), e l’applicazione del criterio di verifica alle tensioni ammissibilie della classificazione sismica in zone, prevista dal DM 09.01.96.

In particolare la Circolare ha disposto che:

Per quanto riguarda le costruzioni di natura privatistica, è esplicita la volontà del legislatore diprevedere l’applicazione obbligatoria della nuova normativa tecnica per le costruzioni, di cui al citatoDecreto Ministeriale 14 gennaio 2008, alle costruzioni iniziate dopo il 30 giugno 2009. Ciò evidentementesulla base di una riconosciuta esigenza di rendere immediatamente operative le nuove norme, piùpenetranti rispetto alla sicurezza strutturale, in un ambito, quale quello del comparto costruttivo pri-vatistico, che ha evidenziato maggiori criticità riguardo a controlli e verifiche sia sulla progettazioneche in corso di esecuzione.

È da ritenere, peraltro, anche alla luce di consolidato indirizzo interpretativo del Consiglio Superioredei Lavori Pubblici, che, anche per i lavori iniziati prima di tale data, ove in corso d’opera il privatoavesse la necessità di presentare una variante, dovranno essere integralmente applicate le predette nuovenorme tecniche (Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008), allorquando la variante stessa modifichi in manierasostanziale l’organismo architettonico ovvero il comportamento statico globale della costruzione, conse-guentemente configurandosi una nuova e diversa progettazione strutturale rispetto a quella originaria.

1.2 L’APPROCCIO PRESTAZIONALE

La Circolare 617/09, all’inizio del Capitolo C.8, espone gli indirizzi fondamentaliapplicabili nella progettazione strutturale degli edifici esistenti:

Il problema della sicurezza delle costruzioni esistenti è di fondamentale importanza in Italia, da

un lato per l’elevata vulnerabilità, soprattutto rispetto alle azioni sismiche, dall’altro per il valore sto-rico-architettonico-artistico-ambientale di gran parte del patrimonio edilizio esistente. A ciò si aggiungela notevole varietà di tipologie e sub-tipologie strutturali, quali, ad esempio nell’ambito delle strutturemurarie, quelle che scaturiscono dalle diversificazioni delle caratteristiche dell’apparecchio murarioe degli orizzontamenti, e dalla presenza di catene, tiranti ed altri dispositivi di collegamento.

Ne deriva una particolare complessità delle problematiche coinvolte ed una difficile stan-dardizzazione dei metodi di verifica e di progetto e dell’uso delle numerose tecnologie di interventotradizionali e moderne oggi disponibili. Per questo, più che nelle altre parti delle NTC, è statoseguito un approccio prestazionale, con l’adozione di poche regole di carattere generale ed alcuneindicazioni importanti per la correttezza delle diverse fasi di analisi, progettazione, esecuzione.

(4) Sia esso Permesso di Costruire, SCIA, DIA, ecc.

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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Le costruzioni «esistenti» cui si applicano le norme contenute nel Capitolo (5) in questionesono quelle la cui struttura sia completamente realizzata alla data della redazione della valutazionedi sicurezza e/o del progetto di intervento.

Vengono introdotti, fra gli altri, i concetti di livello di conoscenza (relativo a geometria,dettagli costruttivi e materiali) e fattore di confidenza (che modificano i parametri di capacitàin ragione del livello di conoscenza).

Si definiscono le situazioni nelle quali è necessario effettuare la valutazione della sicurezza,che, per le costruzioni esistenti, potrà essere eseguita con riferimento ai soli Stati Limite Ultimi.In particolare si prevede che la valutazione della sicurezza dovrà effettuarsi ogni qual volta sieseguano interventi strutturali e dovrà determinare il livello di sicurezza della costruzione primae dopo l’intervento. Il Progettista dovrà esplicitare, in un’apposita relazione, i livelli di sicurezzagià presenti e quelli raggiunti con l’intervento, nonché le eventuali conseguenti limitazioni daimporre nell’uso della costruzione.

Sono individuate tre categorie di intervento: adeguamento, miglioramento e riparazione; stabilendoaltresì le condizioni per le quali si rende necessario l’intervento di adeguamento e l’obbligatorietàdel collaudo statico, sia per gli interventi di adeguamento che per quelli di miglioramento.

Vengono definiti alcuni passaggi fondamentali delle procedure per la valutazione della sicurezzae la redazione dei progetti, individuati nell’analisi storico-critica, nel rilievo geometrico-strutturale,nella caratterizzazione meccanica dei materiali, nella definizione dei livelli di conoscenza e deiconseguenti fattori di confidenza, nella definizione delle azioni e nella relativa analisi strutturale.

Si definiscono poi i criteri di utilizzazione dei materiali, tradizionali e non, per la riparazioneed il rafforzamento delle strutture.

Un’attenzione particolare è dedicata agli specifici aspetti della valutazione e progettazione inpresenza di azioni sismiche, evidenziando le peculiarità delle costruzioni in muratura rispetto aquelle delle costruzioni in c.a. e in acciaio e a quelle miste.

Per quanto riguarda le costruzioni esistenti in muratura, si distingue fra meccanismi di collassolocali e meccanismi d’insieme, stabilendo che la sicurezza della costruzione deve essere valutatanei confronti di entrambi. Per le tipologie in aggregato, particolarmente frequenti nei centri storici,sono definiti i criteri per l’individuazione delle unità strutturali analizzabili separatamente e per laloro analisi strutturale, tenuto conto della complessità del comportamento, delle inevitabili interazionicon unità strutturali adiacenti e delle possibili semplificazioni apportabili al calcolo.

Per quanto riguarda le costruzioni esistenti in c.a. e in acciaio, è evidenziato come in essepossa essere attivata la capacità di elementi con meccanismi resistenti sia «duttili» che «fragili»;a tale riguardo, l’analisi sismica globale deve utilizzare, per quanto possibile, metodi di analisiche consentano di valutare in maniera appropriata sia la resistenza che la duttilità disponibile,tenendo conto della possibilità di sviluppo di entrambi i tipi di meccanismo e adottando parametridi capacità dei materiali diversificati a seconda del tipo di meccanismo.

Vengono, inoltre, definiti alcuni fondamentali criteri di intervento, comuni a tutte le tipologie,quali la regolarità ed uniformità di applicazione degli interventi, la delicatezza ed importanza dellafase esecutiva e le priorità da assegnare agli interventi, conseguentemente agli esiti della valutazione,

per contrastare innanzitutto lo sviluppo di meccanismi locali e/o di meccanismi fragili. Vengonopoi individuati gli interventi specifici per le tipologie strutturali precedentemente individuate.

Infine vengono definiti i passi principali di un progetto di adeguamento o miglioramentosismico, che, partendo dalla verifica della struttura prima dell’intervento, con identificazione dellecarenze strutturali e del livello di azione sismica per la quale viene raggiunto lo Stato limiteultimo (e Stato limite di esercizio, se richiesto), procede con la scelta dell’intervento e delletecniche da adottare, con il dimensionamento preliminare, l’analisi strutturale e la verifica finalecon la determinazione del nuovo livello di azione sismica per la quale viene raggiunto lo Statolimite ultimo (e Stato limite di esercizio, se richiesto).

(5) Sarebbe il Capitolo 8 delle NTC. Nella Circ. 617/09 i capitoli e i paragrafi seguono la

stessa numerazione del DM con anteposta la lettera C.

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

Gli elementi fondamentali sono così riassumibili:a) approccio prestazionale;b) criterio di calcolo fondato sul Metodo Semiprobabilistico agli Stati Limite;c) valutazione della situazione post e ante intervento.

Sui punti b) e c) si avrà modo di entrare nel dettaglio nel prosieguo della presente

opera. In questa fase interessa porre qualche osservazione in merito al punto a). Allaclassica impostazione dell’ approccio prescrittivo previsto dalla normativa tecnica italianaper le costruzioni, tradotto in una applicazione pedissequa dei contenuti, si contrappone,ora, il cosiddetto approccio prestazionale. Quest’ultimo dovrebbe consentire una più ampialibertà al progettista nella scelta dei criteri di calcolo da adottare. Tuttavia le alternativenon sono molte, prova ne sia il paragrafo 12 delle NTC. In sostanza questa libertàresta confinata entro limiti ben definiti, come si vedrà nel paragrafo successivo.

1.3 I RIFERIMENTI DI NORMA

Le norme di riferimento, cui può far uso il progettista, sono esplicitamenterichiamate nel paragrafo 12 delle NTC:

Per quanto non diversamente specificato nella presente norma, si intendono coerenti coni principi alla base della stessa, le indicazioni riportate nei seguenti documenti:

• Eurocodici strutturali pubblicati dal CEN, con le precisazioni riportate nelle AppendiciNazionali [NAD N. d. A.] o, in mancanza di esse, nella forma internazionale EN;

• Norme UNI EN armonizzate i cui riferimenti siano pubblicati su Gazzetta Ufficiale del-l’Unione Europea;

• Norme per prove, materiali e prodotti pubblicate da UNI.Inoltre, in mancanza di specifiche indicazioni, a integrazione delle presenti norme e per

quanto con esse non in contrasto, possono essere utilizzati i documenti di seguito indicati checostituiscono riferimenti di comprovata validità:

• Istruzioni del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici;• Linee Guida del Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici;• Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale

e successive modificazioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, come licenziate dalConsiglio Superiore dei Lavori Pubblici e ss. mm. ii.;

• Istruzioni e documenti tecnici del Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.).Possono essere utilizzati anche altri codici internazionali, purché sia dimostrato che garan-

tiscano livelli di sicurezza non inferiori a quelli delle presenti Norme tecniche.

Senza dubbio gli Eurocodici sono la principale normativa di riferimento com-

plementare al DM 14.01.08, se non altro per il fatto che l’intero corpo delle NTCderiva da questi. Allo stato attuale l’elenco è il seguente:

• UNI EN 1991: Eurocodice 1 (EC1) - Basi di calcolo ed azioni sulle strutture• UNI EN 1992: Eurocodice 2 (EC2) - Progettazione delle strutture di

calcestruzzo• UNI EN 1993: Eurocodice 3 (EC3) - Progettazione delle strutture di

acciaio• UNI EN 1994: Eurocodice 4 (EC4) - Progettazione delle strutture composte

acciaio/calcestruzzo• UNI EN 1995: Eurocodice 5 (EC5) - Progettazione di strutture di legno• UNI EN 1996: Eurocodice 6 (EC6) - Progettazione delle strutture di

muratura

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• UNI EN 1997: Eurocodice 7 (EC7) - Progettazione geotecnica• UNI EN 1998: Eurocodice 8 (EC8) - Indicazioni progettuali per la

resistenza sismica delle strutture• UNI EN 1999: Eurocodice 9 (EC9) - Progettazione delle strutture di

alluminio

Come si vede non esiste un Eurocodice vero e proprio relativo alle modalitàdi intervento sulle costruzioni esistenti, mentre, alcune norme nazionali a cui sipuò fare utile riferimento, sono le seguenti:

• Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 Febbraio 2011:Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimentoalle Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al DM 14.01.08.

• Circolare del Ministero per i Beni e le Attività Culturali N° 26 del2 dicembre 2010.

• Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 ottobre 2007:Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri per la valutazione e la riduzionedel rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecnicheper le costruzioni.

• Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri N° 3274 del 20marzo 2003: Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismicadel territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica.

• Criteri di calcolo per la progettazione degli interventi del terremotoin Umbria e Marche del 1997. A cura del Servizio Sismico Nazionale, 1998.

• Circolare Ministero Lavori Pubblici N° 21745 del 30 Luglio 1981: Istru-zioni relative alla normativa tecnica per la riparazione ed il rafforzamento degliedifici in muratura danneggiati dal sisma.

1.4 VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

La valutazione della sicurezza nelle costruzioni costituisce il complesso di pro-cedure fissate dalle NTC che fondamentalmente prescrivono:

a) quali siano le azioni da applicare alle costruzioni;b) quali siano le caratteristiche dei materiali costruttivi;c) quali siano gli algoritmi e i metodi di calcolo applicabili.

In relazione alle procedure e agli algoritmi di calcolo, in generale le NTC nonfanno nessuna distinzione sul fatto che la costruzione sia esistente o di progetto,tuttavia, la norma nel capitolo specifico sulle disposizioni afferenti gli edifici esi-stenti, il capitolo 8, indica in quali casi si possano fare delle eccezioni e/o usarealgoritmi alternativi a quelli validi per le nuove costruzioni. Inoltre, giustamente

viene sottolineato che:

Nelle costruzioni esistenti le situazioni concretamente riscontrabili sono le più diverse ed è quindiimpossibile prevedere regole specifiche per tutti i casi. Di conseguenza, il modello per la valutazione dellasicurezza dovrà essere definito e giustificato dal Progettista, caso per caso, in relazione al comportamentostrutturale attendibile della costruzione, tenendo conto delle indicazioni generali di seguito esposte.(6)

Ai fini di una corretta individuazione del sistema strutturale esistente e del suo stato di sollecitazioneè importante ricostruire il processo di realizzazione e le successive modificazioni subite nel tempodal manufatto, nonché gli eventi che lo hanno interessato.(7)

(6) NTC § 8.5(7)

NTC § 8.5.1.

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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Nella definizione dei modelli strutturali si dovrà, dunque, tenere conto delfatto che:

• geometria e dettagli costruttivi sono già esistenti e la loro conoscenzadipende dalla documentazione disponibile e dal livello di approfondimento di inda-gini conoscitive;

• la conoscenza delle proprietà meccaniche dei materiali non risente delle

incertezze legate alla produzione e posa in opera ma solo della omogeneità deimateriali stessi all’interno della costruzione, del livello di approfondimento delleindagini conoscitive e dell’affidabilità delle stesse;

• i carichi permanenti sono definiti (pesi propri degli elementi strutturali,permanenti portati e accidentali) e, ancora una volta, la loro conoscenza dipendedal livello di approfondimento delle indagini sulla costruzione.

La completezza e l’affidabilità delle informazione disponibili comporta l’usodi adeguati «fattori di confidenza» (FC). Questi, in pratica, sono ulteriori coefficientidi sicurezza che modificano i parametri meccanici e le sollecitazioni in funzionedel livello di conoscenza.

Altri aspetti fondamentali sono i seguenti:• le costruzioni esistenti riflettono lo stato delle conoscenze al tempo della

loro realizzazione;• possono essere insiti, e non palesi, difetti di impostazione e di realizza-

zione;• possono essere soggette ad azioni, anche eccezionali, i cui effetti non sono

completamente manifesti;• possono presentare degrado e/o modificazioni significative rispetto alla

situazione originaria.

Fra le numerose novità introdotte dalla nuova normativa tecnica contenutanel DM 14.01.08, come già anticipato in precedenza, vi è quella relativa all’obbligodi utilizzo del Metodo di calcolo agli Stati Limite.(8) In quest’ottica il § 8.3 delleNTC definisce quanto segue:

La valutazione della sicurezza e la progettazione degli interventi sulle costruzioni esistenti potrannoessere eseguiti con riferimento ai soli SLU; nel caso in cui si effettui la verifica anche nei confronti degliSLE i relativi livelli di prestazione possono essere stabiliti dal Progettista di concerto con il Committente.

1.5 LO STATO LIMITE ULTIMO (SLU)

Nel paragrafo precedente si è visto che, per le costruzioni esistenti, le NTC

dispongono che la valutazione della sicurezza può essere effettuata con riferimentoad una sola condizione di riferimento: lo Stato Limite Ultimo (SLU). La definizionedi questo stato è contenuta nei §§ 2.1 e 2.2 delle DM 14.01.08:

• (§ 2.1 NTC) sicurezza nei confronti di stati limite ultimi (SLU): capacità di evitare crolli,perdite di equilibrio e dissesti gravi, totali o parziali, che possano compromettere l’incolumità dellepersone ovvero comportare la perdita di beni, ovvero provocare gravi danni ambientali e sociali, ovveromettere fuori servizio l’opera.

(8) Per una trattazione più approfondita del tema si veda anche: Marco Boscolo Bielo - ProgettazioneStrutturale. Significato e prassi della nuova normativa antisismica. Guida pratica all’applicazione del

DM 14.01.2008 e della Circ. C.S.LL.PP 617/2009, Legislazione Tecnica, Roma 2010.

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

• (§ 2.2 NTC) I principali Stati Limite Ultimi, sono elencati nel seguito:a) perdita di equilibrio della struttura o di una sua parte;b) spostamenti o deformazioni eccessive;c) raggiungimento della massima capacità di resistenza di parti di strutture, collegamenti,

fondazioni;d) raggiungimento della massima capacità di resistenza della struttura nel suo insieme;e) raggiungimento di meccanismi di collasso nei terreni;f) rottura di membrature e collegamenti per fatica;g) rottura di membrature e collegamenti per altri effetti dipendenti dal tempo;h) instabilità di parti della struttura o del suo insieme;

Altri stati limite ultimi sono considerati in relazione alle specificità delle singole opere; in presenzadi azioni sismiche, gli Stati Limite Ultimi sono quelli precisati nel § 3.2 [delle NTC - NdA].

• (§ 3.2 NTC) Stato Limite Ultimo di salvaguardia della Vita (SLV): a seguito del terremotola costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e significatividanni dei componenti strutturali cui si associa una perdita significativa di rigidezza nei confronti delleazioni orizzontali; la costruzione conserva invece una parte della resistenza e rigidezza per azioni verticalie un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali.

• (§ 3.2 NTC) Stato Limite Ultimo di prevenzione del Collasso (SLC): a seguito del terremotola costruzione subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e dannimolto gravi dei componenti strutturali; la costruzione conserva ancora un margine di sicurezza perazioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni orizzontali.

In generale la distinzione fra uno stato limite ultimo e uno stato limite di eserciziosta nel fatto che quest’ultimo ha carattere reversibile, mentre il primo no. Anche dalpunto di vista numerico, gli effetti delle azioni, generano condizioni di carico diversefra i diversi stati. La combinazione di carico relativa allo SLU è la seguente:

γG1⋅G1 + γG2⋅G2 + γP⋅P + γQ1⋅Qk1 + γQ2⋅Ψ02⋅Qk2 + γQ3⋅Ψ03⋅Qk3 + … (1.1)(NTC 2.5.1)

dove:G1 = carico dovuto ai pesi propri degli elementi strutturali;γG1 = coefficiente parziale di sicurezza per i pesi strutturali pari a 1,3, se a

sfavore; pari a 1 se a favore;G2 = carico dovuto ai permanenti portati;γG2 = coefficiente parziale di sicurezza per i carichi permanenti portati pari

a 1,3 nel caso in cui essi siano compiutamente definiti (ovvero determinati inmodo accurato; pari a 1,5 nel caso la loro determinazione avvenga in modo for-fettario; nel caso in cui i carichi permanenti portati siano favorevoli va assuntopari a 0, ovvero detti carichi vanno trascurati.

P = effetto di eventuale precompressione negli elementi strutturali oggetto di verifica (generalmente non presente e dunque uguale a 0);

γP = coefficiente parziale di sicurezza per la precompressione che può assumersipari a 1;

Qk1 = azione variabile di carico (vento, neve, ecc) assunta come fondamentale(o dominante);

γQi = coefficiente di combinazione delle azioni variabili assunto pari a 1,5 sesfavorevole, pari a 0 se favorevole.

Qk2, Qk3 ecc = azione variabile di carico assunta come secondaria ma agenticontemporaneamente alla dominante;

Ψ0i = coefficiente di partecipazione delle azioni secondarie, desunto dalla Tabella

1.2 (§ 1.10) in funzione della destinazione d’uso della costruzione.

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1.6 LO STATO LIMITE DI ESERCIZIO (SLE)

A differenza dello stato limite ultimo, lo stato limite di esercizio può averecarattere reversibile, ovvero, in generale, cessate le cause che lo hanno generato,possono cessarne anche gli effetti. Si pensi ad esempio all’abbassamento di unatrave appoggiata soggetta ad un carico accidentale dovuto alla neve. Dopo lo scio-

glimento della medesima, le condizioni elastiche della membratura dovrebberogarantire il ripristino della condizione «indeformata» restando, al più, solo l’effettodella condizione del carico permanente.

I principali Stati Limite di Esercizio sono elencati nel seguito:a) danneggiamenti locali (ad es. eccessiva fessurazione del calcestruzzo) che

possano ridurre la durabilità della struttura, la sua efficienza o il suo aspetto;b) spostamenti e deformazioni che possano limitare l’uso della costruzione,

la sua efficienza e il suo aspetto;c) spostamenti e deformazioni che possano compromettere l’efficienza e

l’aspetto di elementi non strutturali, impianti, macchinari;d) vibrazioni che possano compromettere l’uso della costruzione;e) danni per fatica che possano compromettere la durabilità;f) corrosione e/o eccessivo degrado dei materiali in funzione dell’ambiente

di esposizione.In presenza di azioni sismiche, gli Stati Limite di Esercizio sono ulteriormente

suddivisi in:

(§ 3.2 NTC) Stato Limite di Operatività (SLO): a seguito del terremoto la costruzione nel suocomplesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti allasua funzione, non deve subire danni ed interruzioni d’uso significativi.

(§ 3.2 NTC) Stato Limite di Danno (SLD): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso,includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione,subisce danni tali da non mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente lacapacità di resistenza e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali ed orizzontali, mantenendosiimmediatamente utilizzabile pur nell’interruzione d’uso di parte delle apparecchiature.

1.7 LA «VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA» COME PROCEDIMENTO«QUANTITATIVO»

La connotazione quantitativa e non meramente qualitativa del processo di valu-tazione della sicurezza è stato ben evidenziata nel § C.8.3 della Circ. 617/09. Siè voluto porre l’accento sul fatto che il progettista deve(9) quantificare in una rela-zione(10) i livelli di sicurezza «pre» e «post» intervento. Nelle parole della Circo-

lare:

Per valutazione della sicurezza si intende un procedimento quantitativo volto a:• stabilire se una struttura esistente è in grado o meno di resistere alle combinazioni delle

azioni di progetto contenute nelle NTC, oppure• a determinare l’entità massima delle azioni, considerate nelle combinazioni di progetto previste,

che la struttura è capace di sostenere con i margini di sicurezza richiesti dalle NTC, definiti dai coefficientiparziali di sicurezza sulle azioni e sui materiali.

(9) E si sottolinea la cogenza del termine «deve».(10) «Il Progettista dovrà esplicitare, in un’apposita relazione, i livelli di sicurezza attuali o raggiunti con l’intervento

e le eventuali conseguenti limitazioni da imporre nell’uso della costruzione.» (NTC § 8.3).

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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Le NTC forniscono gli strumenti per la valutazione di specifiche costruzioni ed i risultati nonsono estendibili a costruzioni diverse, pur appartenenti alla stessa tipologia. Nell’effettuare la valutazionesarà opportuno tener conto delle informazioni, ove disponibili, derivanti dall’esame del comportamentodi costruzioni simili sottoposte ad azioni di tipo simile a quelle di verifica. Ciò vale particolarmentequando si effettuano verifiche di sicurezza rispetto alle azioni sismiche.

I requisiti di sicurezza definiti nel Cap. 8 [delle NTC - NdA] fanno riferimento allo stato di dan-neggiamento della struttura, mediante gli stati limite definiti al § 2.2 delle NTC, per le combinazionidi carico non sismiche (Stati limite ultimi e Stati limite di esercizio) e al § 3.2.1 delle NTC, per lecombinazioni di carico che includono il sisma (Stato limite di collasso, Stato limite di salvaguardiadella vita e Stato limite di esercizio, a sua volta distinto in Stato limite di danno e Stato limite dioperatività).

La presente Circolare fornisce criteri per la verifica di detti Stati limite.Lo stato limite di collasso viene considerato solo per le costruzioni di calcestruzzo armato o di

acciaio. La verifica nei confronti di tale Stato limite può essere eseguita in alternativa a quella diStato limite di salvaguardia della vita.

La valutazione della sicurezza per le costruzioni esistenti può essere eseguitaconsiderando la sola condizione allo SLU (SLC o SLV). Per le condizioni di esercizioSLE la verifica non è obbligatoria. In effetti è probabile che una costruzione esi-stente, specie se appartenente all’edilizia storica, si trovi in condizioni da nonpoter rispettare limitazioni che riguardano, ad esempio, i limiti di freccia per isolai, prescritti per le nuove costruzioni. Si pensi al caso di travature in legno difabbricati aventi qualche secolo. Per questi motivi le NTC stabiliscono che i livellidi prestazione in condizioni di esercizio debbano essere concertati, eventualmente,fra progettista e committenza. In sostanza la norma accetta di derogare a verificheche implichino conseguenze non disastrose, quali lo stato limite di danno (SLD)o di operatività (SLO) in condizioni sismiche.

1.8 L’OBBLIGATORIETÀ DELLA «VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA»

Posto che, la valutazione della sicurezza è un procedimento quantitativo, ladomanda che ci si pone è: «quando le costruzioni esistenti devono essere sottopostea valutazione della sicurezza?». La risposta è contenuta nel § 8.3 delle NTC:

Le costruzioni esistenti devono essere sottoposte a valutazione della sicurezza quando ricorraanche una delle seguenti situazioni:

a) riduzione evidente della capacità resistente e/o deformativa della struttura o di alcunesue parti dovuta ad azioni ambientali (sisma, vento, neve e temperatura), significativo degradoe decadimento delle caratteristiche meccaniche dei materiali, azioni eccezionali (urti, incendi,

esplosioni), situazioni di funzionamento ed uso anomalo, deformazioni significative imposte dacedimenti del terreno di fondazione;

b) provati gravi errori di progetto o di costruzione;c) cambio della destinazione d’uso della costruzione o di parti di essa, con variazione

significativa dei carichi variabili e/o della classe d’uso della costruzione;d) interventi non dichiaratamente strutturali, qualora essi interagiscano, anche solo in

parte, con elementi aventi funzione strutturale e, in modo consistente, ne riducano la capacitào ne modifichino la rigidezza.

Qualora le circostanze di cui ai punti precedenti riguardino porzioni limitate della costruzione,la valutazione della sicurezza potrà essere limitata agli elementi interessati e a quelli con essiinteragenti, tenendo presente la loro funzione nel complesso strutturale.

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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La valutazione della sicurezza deve permettere di stabilire se:1) l’uso della costruzione possa continuare senza interventi;2) l’uso debba essere modificato (declassamento, cambio di destinazione e/o imposizione

di limitazioni e/o cautele nell’uso);3) sia necessario procedere ad aumentare o ripristinare la capacità portante.

La valutazione della sicurezza dovrà effettuarsi ogni qual volta si eseguano gli interventi

strutturali di cui al punto 8.4(11)

, e dovrà determinare il livello di sicurezza prima e dopo l’in-tervento.Il Progettista dovrà esplicitare, in un’apposita relazione, i livelli di sicurezza attuali o raggiunti

con l’intervento e le eventuali conseguenti limitazioni da imporre nell’uso della costruzione.

La Circolare 617/09 al § C.8.3 ha dato queste ulteriori indicazioni:

Le NTC individuano due grandi categorie di situazioni nelle quali è obbligatorio effettuarela verifica di sicurezza, essendo entrambe le categorie comunque riconducibili ad un significativopeggioramento delle condizioni di sicurezza, iniziali o di progetto, secondo la normativa dell’epocadella costruzione:

a) variazioni, improvvise o lente, indipendenti dalla volontà dell’uomo (ad esempio:danni dovuti al terremoto, a carichi verticali eccessivi, a urti, etc., danni dovuti a cedimentifondali, degrado delle malte nella muratura, corrosione delle armature nel c.a., etc., errori pro-gettuali o esecutivi, incluse le situazioni in cui i materiali o la geometria dell’opera non corri-spondano ai dati progettuali);

b) variazioni dovute all’intervento dell’uomo, che incide direttamente e volontariamentesulla struttura (v. § 8.4 delle NTC) oppure sulle azioni (ad esempio: aumento dei carichi verticalidovuto a cambiamento di destinazione d’uso), o che incide indirettamente sul comportamentodella struttura (ad esempio gli interventi non dichiaratamente strutturali, - cfr. anche § 8.2 delleNTC).

Le modalità di verifica dipendono dal modo in cui tali variazioni si riflettono sul comportamentodella struttura:

1) variazioni relative a porzioni limitate della struttura, che influiscono solo sul compor-tamento locale di uno o più elementi strutturali o di porzioni limitate della struttura (v. anche§ 8.4 delle NTC);

2) variazioni che implicano sostanziali differenze di comportamento globale della struttura.Nel primo caso la verifica potrà concernere solamente le porzioni interessate dalle variazioni

apportate (ad esempio la verifica relativa alla sostituzione, al rafforzamento o alla semplice varia-zione di carico su un singolo campo di solaio potrà concernere solo quel campo e gli elementiche lo sostengono). Nel secondo caso, invece, la verifica sarà necessariamente finalizzata adeterminare l’effettivo comportamento della struttura nella nuova configurazione (conseguentead un danneggiamento, ad un intervento, etc.).

Dall’obbligatorietà della verifica è normalmente esclusa la situazione determinata da una

variazione delle azioni che interviene a seguito di una revisione della normativa, per la parteche definisce l’entità delle azioni, o delle zonazioni che differenziano le azioni ambientali (sisma,neve, vento) nelle diverse parti del territorio italiano.

Gli esiti delle verifiche dovranno permettere di stabilire quali provvedimenti adottare affinchél’uso della struttura possa essere conforme ai criteri di sicurezza delle NTC. Le alternative sonosintetizzabili nella continuazione dell’uso attuale, nella modifica della destinazione d’uso o nel-l’adozione di opportune cautele e, infine, nella necessità di effettuare un intervento di aumentoo ripristino della capacità portante, che può ricadere nella fattispecie del miglioramento o del-l’adeguamento.

(11) Detti interventi sono classificati in tre gruppi: interventi di adeguamento; interventi di

miglioramento; interventi locali, che verranno discussi nel Capitolo 2.

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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Per le opere pubbliche strategiche con finalità di protezione civile o suscettibili di conseguenzerilevanti in caso di collasso, date le possibili implicazioni economiche e sociali degli esiti delleverifiche, è opportuno che le stesse siano anche esaminate da revisori non intervenuti nellavalutazione.

È evidente che i provvedimenti detti sono necessari e improcrastinabili nel caso in cui nonsiano soddisfatte le verifiche relative alle azioni controllate dall’uomo, ossia prevalentemente ai

carichi permanenti e alle altre azioni di servizio; più complessa è la situazione che si determinanel momento in cui si manifesti l’inadeguatezza di un’opera rispetto alle azioni ambientali, noncontrollabili dall’uomo e soggette ad ampia variabilità nel tempo ed incertezza nella loro deter-minazione. Per le problematiche connesse, non si può pensare di imporre l’obbligatorietà del-l’intervento o del cambiamento di destinazione d’uso o, addirittura, la messa fuori servizio del-l’opera, non appena se ne riscontri l’inadeguatezza. Le decisioni da adottare dovranno necessa-riamente essere calibrate sulle singole situazioni (in relazione alla gravità dell’inadeguatezza, alleconseguenze, alle disponibilità economiche e alle implicazioni in termini di pubblica incolumità).Saranno i proprietari o i gestori delle singole opere, siano essi enti pubblici o privati o singolicittadini, a definire il provvedimento più idoneo, eventualmente individuando uno o più livellidelle azioni, commisurati alla vita nominale restante e alla classe d’uso, rispetto ai quali si rendenecessario effettuare l’intervento di incremento della sicurezza entro un tempo prestabilito.

Per i beni tutelati gli interventi di miglioramento sono in linea di principio in grado diconciliare le esigenze di conservazione con quelle di sicurezza, ferma restando la necessità divalutare quest’ultima. Tuttavia, per la stessa ragione, su tali beni devono essere evitati interventiche insieme li alterino in modo evidente e richiedano l’esecuzione di opere invasive, come puòavvenire nel caso di ampliamenti o sopraelevazioni, o l’attribuzione di destinazioni d’uso parti-colarmente gravose.

È il caso solo di segnalare che le responsabilità relative alla valutazione dellasicurezza, non per quanto riguarda i contenuti che, sia chiaro, restano del tecnicoprogettista, ma per quanto riguarda l’attivazione o meno del procedimento, sonoascritte ai proprietari o gestori delle singole opere, siano essi enti pubblici o privati o singoli cittadini.

1.9 IL METODO SEMIPROBABILISTICO AGLI STATI LIMITE

Ogni problema di carattere strutturale deve confrontarsi con le seguenti que-stioni di fondo:

1) come schematizzare le azioni;2) come schematizzare il sistema strutturale resistente;3) come schematizzare la capacità del sistema strutturale resistente nel far

fronte alle azioni.

Se indichiamo con F gli effetti delle azioni esterne agenti sul modello M, cherappresenta una struttura, costituita da un materiale tale da garantire una capacitàR di far fronte a tali effetti, ci accorgiamo che tutte le schematizzazioni attuateper rappresentare la situazione reale sono sempre idealizzate e approssimate.

In sostanza si tratta di accettare che l’elaborazione delle misure che conduconoa determinare F ed R siano di tipo statistico, e dunque caratterizzate da una certa probabilità di accadimento. Per quanto concerne il modello strutturale M, oschema statico, occorre osservare che anch’esso sarà affetto da un certo grado diprobabilità di rappresentare significativamente la situazione reale.

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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Figura 1.1 - Il modello strutturale

Effettuare una determinazione dettagliata, ovvero una analisi probabilistica ditutte le variabili che interessano il problema, sarebbe un compito immane. Il cosid-detto Metodo Semiprobabilistico è definito tale, cioè «semiprobabilistico», in quantorinuncia a quella rigorosa analisi accontentandosi di semplificare la proceduramediante un criterio semplificato. Questo si fonda sull’adozione di alcuni coeffi-cienti γ che riassumono numericamente le condizioni probabilistiche nelle quali ven- gono modellati F, R ed M (vedi Figura 1.1) e che sono rispettivamente:

γF = coefficiente di amplificazione dei carichi che rappresenta l’approssimatacorrispondenza tra le azioni, misurate nelle indagini preventive atte a quantificarei carichi, rispetto a quelle che realisticamente potranno verificarsi durante la vitadella costruzione;

γM = coefficiente di riduzione delle caratteristiche dei materiali che interpretal’approssimata corrispondenza tra le misurazioni, effettuate preventivamente inlaboratorio sui provini dei materiali e il reale valore di quelli eseguiti in opera;

γ0 = coefficiente del modello statico che rappresenta la non perfetta affidabilità

dello schema statico.

Per la valutazione della sicurezza nelle costruzioni, le NTC, dispongono di adot-tare la metodologia probabilistica semplificata suesposta. L’unica variante consta nelfatto che il coefficiente γ0 viene praticamente «assorbito» dai valori assunti daglialtri due.(12) Simbolicamente deve essere verificata la seguente disuguaglianza:

Rd ≥ Ed (1.2)(NTC 2.2.1)

(12) NTC § 2.3 : «I coefficienti parziali di sicurezza, γMi e γFj , associati rispettivamente al materiale iesimo eall’azione jesima, tengono conto della variabilità delle rispettive grandezze e le incertezze relative alle tolleranze geo-

metriche e alla affidabilità del modello di calcolo.»

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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doveRd è la resistenza di progetto, valutata in base ai valori di progetto della resi-

stenza dei materiali e ai valori nominali delle grandezze geometriche interessate;Ed è il valore di progetto dell’effetto delle azioni.

La resistenza dei materiali e le azioni sono rappresentate dai valori caratte-

ristici, R ki e Fkj definiti, rispettivamente, come il frattile inferiore delle resistenzee il frattile (superiore o inferiore) delle azioni che minimizzano la sicurezza.In genere i frattili sono assunti pari al 5%. Per le grandezze con piccoli coef-

ficienti di variazione, ovvero per grandezze che non riguardino univocamente resi-stenze o azioni, si possono considerare frattili al 50% (valori mediani).

In sostanza una grandezza caratteristica definita da un valore vk , il cui frattileinferiore sia 5%, è relativa ad una condizione per cui quel valore ha una probabilitàdel 5% di essere superato in senso sfavorevole. Se f k = 25 N/mm2 è la resistenzacaratteristica di frattile 5 di un dato materiale, significa che, in una popolazionedi 100 campioni di quel materiale, il valore di resistenza ha la probabilità diessere inferiore a 25 N/mm2 solo su 5 dei campioni.

Anche la definizione probabilistica delle azioni elementari, cioè carichi di eser-cizio, neve, vento, variazioni di temperatura, sisma, ecc. viene effettuata mediantei cosiddetti valori caratteristici.

Si definisce valore caratteristico Qk di un’azione variabile il valore corrispon-dente ad un frattile pari al 95% della popolazione dei massimi, in relazione alperiodo di riferimento dell’azione variabile stessa. Il periodo di riferimento è unintervallo di tempo nel quale vengono effettuate le valutazioni statistiche. Il frattiledel 95% garantisce che i valori caratteristici attribuiti alle azioni abbiano una pro-babilità di accadimento del 95% nel periodo di riferimento, ovvero che solo nel5% dei casi si abbiano condizioni di superamento di tali valori in senso sfavorevole.Ad esempio se prendiamo la Tabella 1.1 che riporta i valori caratteristici dei carichidi esercizio dei fabbricati, troviamo che per «ambienti ad uso residenziale» il valoredel carico di esercizio da applicare sui solai è di 2,00 kN/m2. Dal punto di vistastatistico significa che, in un solaio di un edificio a destinazione residenziale, laprobabilità che tale valore di 200 daN/m2 sia superata è del solo 5%.

Nel caso in cui non siano disponibili valori caratteristici delle azioni elementari,si può assumere il valore nominale.

In generale sono indicati con pedice k i valori caratteristici; senza pedice ki valori nominali.

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

Tabella 1.1 - Valori dei carichi di esercizio per le diverse categorie di edifici

1.10 LE COMBINAZIONI DI CARICO

Più azioni elementari possono esercitare il loro effetto su di una costruzione.A questo scopo la norma prevede gli algoritmi con i quali queste possano esserecombinate, ovvero le condizioni di presenza contemporanea di più azioni elementari

(vento, neve, carichi di esercizio, ecc).

Cat. Ambientiqk

[kN/m²]Qk [kN]

Hk [kN/m]

A

Ambienti ad uso residenziale.Sono compresi in questa categoria i locali di abitazionee relativi servizi, gli alberghi. (ad esclusione delle aree

suscettibili di affollamento)

2,00 2,00 1,00

BUffici.Cat. B1 Uffici non aperti al pubblicoCat. B2 Uffici aperti al pubblico

2,003,00

2,002,00

1,001,00

C

Ambienti suscettibili di affollamentoCat. C1 Ospedali, ristoranti, caffè, banche, scuoleCat. C2 Balconi, ballatoi e scale comuni, sale con- vegni, cinema, teatri, chiese, tribune con posti fissiCat. C3 Ambienti privi di ostacoli per il libero movi-mento delle persone, quali musei, sale per esposi-zioni, stazioni ferroviarie, sale da ballo, palestre,

tribune libere, edifici per eventi pubblici, sale daconcerto, palazzetti per lo sport e relative tribune

3,004,00

5,00

2,004,00

5,00

1,002,00

3,00

D

Ambienti ad uso commerciale.Cat. D1 NegoziCat. D2 Centri commerciali, mercati, grandi magaz-zini, librerie…

4,005,00

4,005,00

2,002,00

E

Biblioteche, archivi, magazzini e ambienti aduso industriale.Cat. E1 Biblioteche, archivi, magazzini, depositi,laboratori manifatturieriCat. E2 Ambienti ad uso industriale, da valutarsicaso per caso

≥ 6,00

-

6,00

-

1,00*

-

F-G

Rimesse e parcheggi.Cat. F Rimesse e parcheggi per il transito di automezzidi peso a pieno carico fino a 30 kNCat. G Rimesse e parcheggi per transito di auto-mezzi di peso a pieno carico superiore a 30 kN:da valutarsi caso per caso

2,50 2 x 10,00 1,00**

H

Coperture e sottotettiCat. H1 Coperture e sottotetti accessibili per solamanutenzione

0,50 1,20 1,00

Cat. H2 Coperture praticabili secondo categoria diappartenenza

secondo categoria diappartenenza

Cat. H3 Coperture speciali (impianti, eliporti, altri) — — —

* non comprende le azioni orizzontali eventualmente esercitate dai materiali immagazzinati** per i soli parapetti o partizioni nelle zone pedonali. Le azioni sulle barriere esercitate dagliautomezzi dovranno essere valutate caso per caso

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Nella definizione delle combinazioni delle azioni che possono agire contem-poraneamente, i termini Qkj rappresentano le azioni variabili della combinazione,con Qk1 azione variabile dominante e Qk2, Qk3, … azioni variabili che possonoagire contemporaneamente a quella dominante.

Le azioni variabili Qkj vengono combinate con i coefficienti di combinazioneΨ0j, Ψ1j e Ψ2j, i cui valori sono forniti nella Tabella 1.2, per edifici civili e industriali

correnti.Con riferimento alla durata percentuale relativa ai livelli di intensità dell’azione variabile, il DM definisce:

• valore quasi permanente 2j x Qkj: la media della distribuzione temporaledell’intensità;

• valore frequente 1j x Qkj: il valore corrispondente al frattile 95% delladistribuzione temporale dell’intensità e cioè che è superato per una limitata frazionedel periodo di riferimento;

• valore raro (o di combinazione) 0j x Qkj: il valore di durata brevema ancora significativa nei riguardi della possibile concomitanza con altre azioni variabili.

Tabella 1.2 - Valori dei coefficienti di combinazione

In sostanza il DM introduce ulteriori 3 coefficienti Ψ0j, Ψ1j e Ψ2j, detti coef-

ficienti di partecipazione dei carichi, i quali modellano statisticamente le pro-babilità di presenza contemporanea dei carichi .Ai fini delle verifiche degli stati limite si definiscono le seguenti combinazioni

delle azioni.• Combinazione fondamentale, impiegata per gli stati limite ultimi (SLU):

γG1⋅G1 + γG2⋅G2 + γP⋅P + γQ1⋅Qk1 + γQ2⋅Ψ02⋅Qk2 + γQ3⋅Ψ03⋅Qk3 + … (1.3)(NTC 2.5.1)

• Combinazione caratteristica (rara), impiegata per gli stati limite di eser-cizio (SLE) irreversibili, utilizzata anche nelle verifiche alle tensioni ammissibili:

Categoria/Azione variabile 0j 1j 2j

Categoria A Ambienti ad uso residenziale 0,7 0,5 0,3

Categoria B Uffici 0,7 0,5 0,3

Categoria C Ambienti suscettibili di affollamento 0,7 0,7 0,6

Categoria D Ambienti ad uso commerciale 0,7 0,7 0,6

Categoria E Biblioteche, archivi, magazzini e ambienti ad uso industriale 1,0 0,9 0,8

Categoria F Rimesse e parcheggi (per autoveicoli di peso ≤ 30 kN) 0,7 0,7 0,6Categoria G Rimesse e parcheggi (per autoveicoli di peso > 30 kN) 0,7 0,5 0,3

Categoria H Coperture 0,0 0,0 0,0

Vento 0,6 0,2 0,0

Neve (a quota ≤ 1000 m s.l.m.) 0,5 0,2 0,0

Neve (a quota > 1000 m s.l.m.) 0,7 0,5 0,2

Variazioni termiche 0,6 0,5 0,0

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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G1 + G2 + P + Qk1 + Ψ02 ⋅ Qk2 + Ψ03 ⋅ Qk3 + … (1.4)(NTC 2.5.2)

• Combinazione frequente, impiegata per gli stati limite di esercizio (SLE)reversibili:

G1 + G2 + P + Ψ11 ⋅ Qk1 + Ψ22 ⋅ Qk2 + Ψ23 ⋅ Qk3 + … (1.5)(NTC 2.5.3)• Combinazione quasi permanente (SLE), impiegata per gli effetti a lungo

termine:

G1 + G2 + P + Ψ21 ⋅ Qk1 + Ψ22 ⋅ Qk2 + Ψ23 ⋅ Qk3 + … (1.6)(NTC 2.5.4)

• Combinazione sismica, impiegata per gli stati limite ultimi e di esercizioconnessi all’azione sismica E

E + G1

+ G2

+ P + Ψ21

⋅ Qk1

+ Ψ22

⋅ Qk2

+ … (1.7)(NTC 2.5.5)

• Combinazione eccezionale, impiegata per gli stati limite ultimi connessialle azioni eccezionali di progetto Ad:

G1 + G2 + P + Ad + Ψ21 Qk1 + Ψ22 Qk2 + ... (1.8)(NTC 2.5.6)

Nelle combinazioni per SLE, i carichi Qkj che dànno un contributo favorevoleai fini delle verifiche e, se del caso, i carichi G2, vengono di regola omessi.

Altre combinazioni sono da considerare in funzione di specifici aspetti (p. es.fatica, ecc.). Nelle formule sopra riportate il simbolo + vuol dire « combinato con».

P è il valore di presollecitazione nei cavi di elementi in c.a.p..I valori dei coefficienti parziali di sicurezza γGi e γQj sono dati Tabella 1.3.Le verifiche agli stati limite devono essere eseguite per tutte le più gravose

condizioni di carico che possono agire sulla struttura.

1.11 VALORI DEI COEFFICIENTI F

Nelle verifiche agli stati limite ultimi, a seconda dell’ ambito nel quale vengonoeffettuate le verifiche, si distinguono:

• lo stato limite di equilibrio come corpo rigido: EQU;• lo stato limite di resistenza della struttura compresi gli elementi di fon-

dazione: STR;• lo stato limite di resistenza del terreno: GEO.

La Circolare 627/09 al § C2.6.1 ha chiarito nel seguente modo le definizionidi questi stati:

• Lo stato limite di equilibrio, EQU, considera la struttura, il terreno o l’insieme terre-no-struttura come corpi rigidi. Questo stato limite è da prendersi a riferimento, ad esempio, perle verifiche del ribaltamento dei muri di sostegno.

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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• Lo stato limite di resistenza della struttura, STR, che riguarda anche gli elementi difondazione e di sostegno del terreno, è da prendersi a riferimento per tutti i dimensionamentistrutturali. Nei casi in cui le azioni sulle strutture siano esercitate dal terreno, si deve far riferimentoai valori caratteristici dei parametri geotecnici.

• Lo stato limite di resistenza del terreno, GEO, deve essere preso a riferimento per ildimensionamento geotecnico delle opere di fondazione e di sostegno e, più in generale, delle

strutture che interagiscono direttamente con il terreno, oltre che per le verifiche di stabilità globaledell’insieme terreno-struttura.Conseguentemente le NTC, fissano in relazione agli ambiti di cui sopra, i valori

dei coefficienti parziali da assumere per la determinazione degli effetti delle azioninelle verifiche agli stati limite ultimi. Detti valori sono riportati in Tabella 1.3.

Tabella 1.3 - Coefficienti parziali per le azioni o per l’effetto delle azioni nelle verifiche SLU

Il significato dei simboli è il seguente:γG1 coefficiente parziale del peso proprio della struttura, nonché del peso

proprio del terreno e dell’acqua, quando pertinenti;γG2 coefficiente parziale dei pesi propri degli elementi non strutturali;γQi coefficiente parziale delle azioni variabili.

Nel caso di opere in calcestruzzo armato precompresso, il coefficiente parzialedella precompressione si assume pari a γP =1,0.

La frase:Per le verifiche nei confronti dello stato limite ultimo di equilibrio come corpo rigido (EQU)

si utilizzano i coefficienti parziali γF relativi alle azioni riportati nella colonna EQU.

riportata al paragrafo 2.6.1 delle NTC, fa supporre che, nel caso di soluzionedi un sistema isostatico i coefficienti da adottare siano effettivamente quelli dellacolonna EQU. La giustificazione sta nel fatto che per i sistemi isostatici l’affidabilitàdel modello, dovuta alle sole equazioni di equilibrio (e non di congruenza comeaccade per i sistemi iperstatici), sia più affidabile rispetto ad altre, e dunque questo venga premiato considerando una riduzione del coefficiente sfavorevole (1,1 anzichè1,3 per la condizione STR). Ciò anche per quanto riportato in relazione alla nota11. Altri autori trascurano questo tipo di osservazione e, in stretta applicazionedella Circolare, considerano che la condizione STR sia «da prendersi a riferimentoper tutti i dimensionamenti strutturali», eccettuati quelli espressamente previsti (ribalta-mento muri di sostegno).

Coefficiente F

EQU A1 STR A2

GEO

Carichi permanentifavorevolisfavorevoli γG1

0,91,1

1,01,3

1,01,0

Carichi permanenti non strutturali (1)favorevolisfavorevoli

γG20,01,5

0,01,5

0,01,3

Carichi variabilifavorevolisfavorevoli

γQi0,01,5

0,01,5

0,01,3

(1) Nel caso in cui i carichi permanenti non strutturali (ad es. carichi permanenti portati)siano compiutamente definiti si potranno adottare per essi gli stessi coefficienti validi per leazioni permanenti.

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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Nel caso degli edifici esistenti le NTC prevedono la possibilità di adottarecoefficienti parziali γG modificati in senso più favorevole, purchè il progettista nemotivi adeguatamente la giustificazione e sia stato effettuato un idoneo rilievogeometrico-strutturale.(13)

1.12 LE RESISTENZE DI PROGETTONel precedente paragrafo 1.9 si è visto che i materiali sono caratterizzati dalle

loro resistenze caratteristiche, definite mediante grandezze statistiche di frattile5%. Il passaggio a valori di calcolo, o di progetto, avviene mediante applicazionedi un coefficiente di sicurezza γM (dove il pedice M sta per «materiale»).

Le «resistenze di calcolo» f d (o di «progetto», dove il pedice d, mutuato dal-l’Inglese «deisgn», sta appunto per «progetto») indicano le resistenze dei materiali,ottenute mediante una generica espressione del tipo:

f d = f k / γM (1.9)(NTC 4.1.3)

dove:f k sono le resistenze caratteristiche del materiale;γM sono i coefficienti parziali per le resistenze, comprensivi delle incertezze

del modello e della geometria, che possono variare in funzione del materiale, dellasituazione di progetto e della particolare verifica in esame.

L’applicazione del coefficiente γM abbassa la probabilità che il valore f k vengasuperato, dal 5% a valori dell’ordine di grandezza molto molto più piccoli.

Come si vedrà meglio nel Capitolo 3, per gli edifici esistenti la (1.9) viene

modifica nella (3.1).

1.13 CONFRONTO CONCETTUALE FRA IL METODO DELLE TENSIONIAMMISSIBILI E IL METODO AGLI STATI LIMITE

Il Metodo delle Tensioni Ammissibili procede secondo lo schema di Figura1.2a. Dalle azioni applicate sul modello statico, si determinato le caratteristichedi sollecitazione sulle sezioni delle membrature (sforzo normale N, sforzo di taglioT, momento flettente M). Si perviene dunque alla determinazione dello stato ten-sionale in ogni punto della sezione (σ, τ). A partire poi dalle caratteristiche delmateriale si determina lo stato tensionale ammissibile. La verifica avviene dunquenel punto, mediante il confronto fra tensioni. In simboli deve essere soddisfattala seguente disuguaglianza:

σagente ≤ σresistente (1.10)

(13) NTC § 8.5.5: «Per i carichi permanenti, un accurato rilievo geometrico-strutturale e dei materiali potràconsentire di adottare coefficienti parziali modificati, assegnando valori di γG adeguatamente motivati.»

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

La (1.10) rappresenta un confronto fra uno stato tensionale σagente che in generalepuò venire rappresentato da 6 componenti spaziali (σx, σy, σx, τxy, τxz, τyz), con unostato tensionale resistente σresistente determinato a partire da prove monoassiali. Per-tanto, per operare il confronto, occorre dedurre dal primo membro della (1.10) unacosiddetta tensione ideale, che riassuma le caratteristiche dello stato pluriassale inmodo da poter essere comparata con una tensione desunta da prove monoassiali.

Figura 1.2 - Metodi di valutazione della sicurezza strutturale

Nel Metodo agli Stati Limite, il confronto fra sollecitazioni agenti e sollecitazioniresistenti, il percorso logico si arresta alla determinazione dello stato di sollecitazionenella sezione SA, che in generale dipende da N, T, M (vedi Figura 1.2b). A partirepoi dalle caratteristiche del materiale il percorso logico procede nel verso da destraa sinistra. Dallo stato tensionale nei punti della sezione si risale alla sollecitazioniresistenti SR. In generale anche SR esprime una condizione composta dalle singoleNx, Ny, Nz, Tx, Ty, Tz, Mx, My, Mz. Nel caso di elementi in cui una dimensione èpredominante (elementi trave), con sistema di riferimento come fissato in Figura

1.3, queste componenti si riducono a: Nx, Ty, Tz, Mx, My, Mz.

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Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

Figura 1.3

La verifica viene dunque eseguita nella sezione soddisfando la seguente disu-guaglianza:

SA ≤ SR (1.11)

Posto che la grandezza SR dipende da più parametri, anche in questo caso ilconfronto di cui alla (1.11) va opportunamente istruito.

Nelle verifiche del calcestruzzo armato sono determinate le cosiddette frontieredi rottura, ovvero i luoghi di punti che rappresentano il limite teorico di rotturadella sezione in funzione delle componenti di sollecitazione. Nel caso di presso-flessione deviata, ad esempio, ovvero di uno stato di sollecitazione determinatodalle componenti Nx, My e Mz (sempre secondo il sistema di riferimento di Figura1.3) il luogo di punti è costituito da una superficie di frontiera come evidenziatoin Figura 1.4. La verifica risulta soddisfatta se il punto, che rappresenta in talediagramma lo stato SA, è interno alla frontiera così delimitata. La frontiera puòrappresentare anche lo stato limite raggiungibile dalla sezione prima del verificarsi

dell’evento che tale stato rappresenta. Per tali motivi il metodo viene anche dettodegli Stati Limite, in quanto questi possono essere definiti e rappresentare limitidi varia natura (SLE, SLU).

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Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

Figura 1.4 - Dominio di resistenza N x , M y , M z

Nel caso delle murature portanti in laterizio la verifica allo stato limite ultimo,secondo il DM 14.01.08, avviene assicurandosi che la resistenza dei pannelli muraririsulti maggiore della sollecitazione agente per ciascuna delle seguenti modalitàdi rottura:

• compressione o pressoflessione;• taglio nel piano della parete;• pressoflessione fuori del piano.

Il pannello murario sarà dunque soggetto a sollecitazioni genericamente orien-tate come in Figura 1.5.

Figura 1.5 - Schema azioni agenti su un pannello murario

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La verifica mediante confronto tra carichi agenti e carichi resistenti, avvienededucendo dalle caratteristiche dei materiali, il carico di resistenza del sistemastrutturale (altrimenti detto «portanza»). Il percorso logico, dunque, procede dadestra a sinistra nella Figura 1.2c, e confronta questo carico con il carico applicato.In simboli la verifica è soddisfatta se risulta l’uguaglianza:

FA ≤ FR (1.12)Un esempio di tale procedura è relativo alla determinazione del cosiddetto

carico critico Euleriano, ovvero di quel carico di punta che determina il collasso,per perdita di equilibrio, di aste soggette a compressione semplice.

È evidente tuttavia, che l’applicabilità di questo metodo di verifica, con l’au-mentare della complessità del modello, e data la grande variabilità delle configu-razioni di carico applicabili, presenta notevoli difficoltà applicative, a meno dinon pervenire, anche in questo caso, a schemi semplificativi.

Capitolo 1 - V ALUTAZIONE DELLA SICUREZZA

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Capitolo 2

CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI

2.1 GENERALITÀ

Le NTC classificano tre categorie di intervento strutturale sulle costruzioniesistenti(1):

a) interventi di adeguamento atti a conseguire livelli di sicurezza definiti;b) interventi di miglioramento atti ad aumentare la sicurezza strutturale

esistente;c) riparazioni o interventi locali che interessino elementi isolati, e che

comunque comportino un miglioramento delle condizioni di sicurezzapreesistenti.

L’elenco suindicato assume concettualmente anche un significato decrescentein relazione al traguardo che si vuole raggiungere in termini di sicurezza.

Gli interventi di adeguamento sono rivolti al conseguimento di livelli sicurezza specificamente previsti dalle NTC. Gli interventi di miglioramento, invece, sonosolo rivolti ad un aumento del livello di sicurezza strutturale della costruzione esi-stente, pur senza raggiungere quanto disposto per l’adeguamento. In entrambi icasi comunque è obbligatorio il collaudo statico dell’opera secondo le disposizionicontenute nel § 9 del DM 14.01.08 e dall’art. 67 del DPR 380/01.(2)

La scelta del tipo di intervento da adottare non è completamente arbitraria,ma vincolata ad alcune condizioni che vengono precisate ai paragrafi successivi.

(1) NTC § 8.4.(2) Art. 67 DPR 380/01 - Collaudo statico1. Tutte le costruzioni di cui all’articolo 53, comma 1, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica

incolumità devono essere sottoposte a collaudo statico.2. Il collaudo deve essere eseguito da un ingegnere o da un architetto, iscritto all’albo da almeno dieci anni,

che non sia intervenuto in alcun modo nella progettazione, direzione, esecuzione dell’opera.3. Contestualmente alla denuncia prevista dall’articolo 65, il direttore dei lavori è tenuto a presentare presso

lo sportello unico l’atto di nomina del collaudatore scelto dal committente e la contestuale dichiarazione di accettazionedell’incarico, corredati da certificazione attestante le condizioni di cui al comma 2.4. Quando non esiste il committente ed il costruttore esegue in proprio, è fatto obbligo al costruttore di

chiedere, anteriormente alla presentazione della denuncia di inizio dei lavori, all’ordine provinciale degli ingegnerio a quello degli architetti, la designazione di una terna di nominativi fra i quali sceglie il collaudatore.

5. Completata la struttura con la copertura dell’edificio, il direttore dei lavori ne dà comunicazione allo sportellounico e al collaudatore che ha 60 giorni di tempo per effettuare il collaudo.

6. In corso d’opera possono essere eseguiti collaudi parziali motivati da difficoltà tecniche e da complessitàesecutive dell’opera, fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni.

7. Il collaudatore redige, sotto la propria responsabilità, il certificato di collaudo in tre copie che invia alcompetente ufficio tecnico regionale e al committente, dandone contestuale comunicazione allo sportello unico.

8. Per il rilascio di licenza d’uso o di agibilità, se prescritte, occorre presentare all’amministrazione comunaleuna copia del certificato di collaudo.

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La Circ. 617/09 ha dato le seguenti precisazioni:

Indipendentemente dall’appartenenza ad una delle tre categorie individuate dalle NTC (3), èopportuno che gli interventi, anche non sismici, siano primariamente finalizzati alla eliminazioneo riduzione significativa di carenze gravi legate ad errori di progetto e di esecuzione, a degrado,a danni, a trasformazioni, etc. per poi prevedere l’eventuale rafforzamento della struttura esistente,

anche in relazione ad un mutato impegno strutturale.Per gli interventi finalizzati alla riduzione della vulnerabilità sismica sui beni del patrimonioculturale vincolato, un opportuno riferimento è costituito dalla «Direttiva del Presidente del Con-siglio dei Ministri per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale conriferimento alle norme tecniche per le costruzioni» del 12 ottobre 2007. Tale direttiva è adottabileper le costruzioni di valenza storico-artistica, anche se non vincolate.

Si precisa che, all’elenco degli interventi a), b) e c), si aggiunge una categoriadi opere che, come meglio vedremo al paragrafo 2.5, il DM definisce «interventinon dichiaratamente strutturali» e per i quali la norma prevede che in ognicaso vengano effettuati alcuni controlli.

Infine si segnala che per i beni di interesse culturale in zone dichiarate arischio sismico, ai sensi del comma 4 dell’art. 29 del D. Lgs. 22 gennaio 2004,n. 42 «Codice dei beni culturali e del paesaggio», il riferimento di norma specificoè la DPCM 09.02.2011: «Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonioculturale con riferimento alle Norme tecniche per le costruzioni di cui al DM14.01.08».

2.2 INTERVENTI DI ADEGUAMENTO

Le NTC(4) rendono obbligatoria l’adozione di una procedura di adeguamentoquando si verifichino alcune circostanze chiaramente indicate nel decreto:

È fatto obbligo di procedere alla valutazione della sicurezza e, qualora necessario, all’ade-guamento della costruzione, a chiunque intenda:

a) sopraelevare la costruzione;b) ampliare la costruzione mediante opere strutturalmente connesse alla costruzione;c) apportare variazioni di classe e/o di destinazione d’uso che comportino incrementi

dei carichi globali in fondazione superiori al 10%; resta comunque fermo l’obbligo di procederealla verifica locale delle singole parti e/o elementi della struttura, anche se interessano porzionilimitate della costruzione;

d) effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insiemesistematico di opere che portino ad un organismo edilizio diverso dal precedente.

Il progetto di adeguamento dovrà in ogni caso essere riferito all’intera costruzionee dovrà riportare le verifiche dell’intera struttura post-intervento.

Ad esempio, qualora si intenda eseguire una sopraelevazione di un piano suun fabbricato esistente di originari 4 piani, la valutazione della sicurezza del pro-getto di adeguamento dovrà comprendere, nei limiti disposti dalle condizioni di verifica delle NTC, l’intero fabbricato di 5 piani.

Nel caso delle sopraelevazioni le NTC offrono tuttavia la seguente precisazioneche riguarda una eccezione:

(3) Ovvero: adeguamento, miglioramento, intervento locale (NdA).(4)

NTC § 8.4.1.

Capitolo 2 - CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI

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Capitolo 2 - CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI

Una variazione dell’altezza dell’edificio, per la realizzazione di cordoli sommitali, sempre cheresti immutato il numero di piani, non è considerata sopraelevazione o ampliamento, ai sensidei punti a) e b). In tal caso non è necessario procedere all’adeguamento, salvo che non ricorranole condizioni di cui ai precedenti punti c) o d).

Ciò accade ad esempio, quando l’esigenza di una «cerchiatura» dell’ultimo livellodi un fabbricato in muratura portante comporti la realizzazione di un cordolo incalcestruzzo armato il quale aumenti la quota complessiva del fabbricato.

Ci si è chiesti quanto possa essere «alto» questo cordolo sommitale per poter nonessere considerato «sopraelevazione». Direi che la risposta va sempre ricercata dentrola sensibilità del progettista: è evidente, infatti, che se l’innalzamento del baricentrodelle masse comporta un aggravio degli effetti dovute alle azioni orizzontali ciò dovrebbeessere preso in considerazione. Nel senso che, probabilmente, un cordolo di dimensionicorrenti, dell’ordine dei 30 cm, entro i limiti dello spessore di un solaio esistente, rap-presenta un fatto diverso rispetto ad un cordolo in c.a. alto 1 metro, a cui seguaanche un innalzamento di 1 metro della quota dell’ultimo livello del fabbricato.

La Circolare 617/09 ha dato ulteriori indicazioni, per quanto concerne gli inter-

venti di adeguamento, che di seguito riportiamo:

Indipendentemente dalle problematiche strutturali specificamente trattate nelle NTC, le soprae-levazioni, nonché gli interventi che comportano un aumento del numero di piani, sono ammissibilisolamente ove siano compatibili con gli strumenti urbanistici.

La valutazione della sicurezza, nel caso di intervento di adeguamento, è finalizzata a stabilire sela struttura, a seguito dell’intervento, è in grado di resistere alle combinazioni delle azioni di progettocontenute nelle NTC, con il grado di sicurezza richiesto dalle stesse. Non è, in generale, necessarioil soddisfacimento delle prescrizioni sui dettagli costruttivi (per esempio armatura minima, passo dellestaffe, dimensioni minime di travi e pilastri, ecc.) valide per le costruzioni nuove, purché il Progettistadimostri che siano garantite comunque le prestazioni in termini di resistenza, duttilità e deformabilità

previste per i vari stati limite.Preme sottolineare che quest’ultimo capoverso è di notevole significato e impor-

tanza. Nella stragrande maggioranza dei casi le costruzioni esistenti sono state dimen-sionate secondo vecchie normative(5) trascurando criteri atti a garantire condizionidi duttilità minime. Ad esempio, in costruzioni ad ossatura portante in c.a., si riscon-treranno dimensioni geometriche nei nodi, percentuali di armature, staffature ecc.,molto diverse da quelle previste dal DM 14.01.08. È evidente dunque che, in talicircostanze, sarà molto arduo per il progettista dover «dimostrare» che «siano garantitecomunque prestazioni in termini di resistenza, duttilità e deformabilità previste peri vari stati limite» a livello locale. Tuttavia a livello del comportamento globale del-l’edificio, l’analisi non lineare statica, può essere un criterio di valutazione idoneo.

2.3 INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO

Come anticipato al § 2.1, gli interventi di miglioramento sono caratterizzati daparametri di verifica di progetto meno stringenti rispetto all’adeguamento. Essi sonoinfatti limitati ad una dimostrazione quantitativa di accrescimento della capacità resi-stente del sistema strutturale soggetto all’intervento. Nelle parole delle NTC:(6)

(5) Ad esempio il DM 09.01.96 Norme Tecniche per il calcolo, l’esecuzione e il collaudo delle strutture in cemento armato, normale e precompresso e per le strutture metalliche.

(6)

NTC § 8.4.2.

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Rientrano negli interventi di miglioramento tutti gli interventi che siano comunque finalizzatiad accrescere la capacità di resistenza delle strutture esistenti alle azioni considerate.

È possibile eseguire interventi di miglioramento nei casi in cui non ricorrano le condizionispecificate al paragrafo 8.4.1 (in questo testo § 2.2 - N.d.A).

Il progetto e la valutazione della sicurezza dovranno essere estese a tutte le parti dellastruttura potenzialmente interessate da modifiche di comportamento, nonché alla struttura nel

suo insieme.La Circolare 617/09 ha aggiunto quanto segue(7):

La valutazione della sicurezza per un intervento di miglioramento è obbligatoria, come spe-cificato nel § 8.3 delle NTC, ed è finalizzata a determinare l’entità massima delle azioni, consideratenelle combinazioni di progetto previste, cui la struttura può resistere con il grado di sicurezzarichiesto.

Nel caso di intervento di miglioramento sismico, la valutazione della sicurezza riguarderà,necessariamente, la struttura nel suo insieme, oltre che i possibili meccanismi locali.

In generale ricadono in questa categoria tutti gli interventi che, non rientrando nella categoriadell’adeguamento, fanno variare significativamente la rigidezza, la resistenza e/o la duttilità deisingoli elementi o parti strutturali e/o introducono nuovi elementi strutturali, così che il com-portamento strutturale locale o globale, particolarmente rispetto alle azioni sismiche, ne sia signi-ficativamente modificato. Ovviamente la variazione dovrà avvenire in senso migliorativo, ad esempioimpegnando maggiormente gli elementi più resistenti, riducendo le irregolarità in pianta e inelevazione, trasformando i meccanismi di collasso da fragili a duttili.

2.4 RIPARAZIONI O INTERVENTI LOCALI

Sono interventi rivolti a singole parti e/o elementi quali: travi, pilastri, porzionidi solaio, singoli maschi murari che in generale non modificano il comportamentoglobale della struttura. Possono riguardare, ad esempio: la sostituzione di una opiù travi lignee o metalliche di un solaio, la sostituzione di uno o più pilastri, laricostruzione di un pannello di muratura portante ecc.

La definizione di questa tipologia di interventi è riportata nel § 8.4.3 delleNTC:

In generale, gli interventi di questo tipo riguarderanno singole parti e/o elementi della strutturae interesseranno porzioni limitate della costruzione. Il progetto e la valutazione della sicurezzapotranno essere riferiti alle sole parti e/o elementi interessati e documentare che, rispetto allaconfigurazione precedente al danno, al degrado o alla variante, non siano prodotte sostanzialimodifiche al comportamento delle altre parti e della struttura nel suo insieme e che gli interventi

comportino un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti.La relazione di cui al par. 8.2 [delle NTC, ovvero valutazione della sicurezza, N.d.A.] che,

in questi casi, potrà essere limitata alle sole parti interessate dall’intervento ed a quelle conesse interagenti, dovrà documentare le carenze strutturali riscontrate, risolte e/o persistenti, edindicare le eventuali conseguenti limitazioni all’uso della costruzione.

(7) CNTC § C8.4.2.

Capitolo 2 - CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI

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Capitolo 2 - CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI

La Circolare 617/09 ha inoltre evidenziato quanto segue:

Rientrano in questa tipologia tutti gli interventi di riparazione, rafforzamento o sostituzione disingoli elementi strutturali (travi, architravi, porzioni di solaio, pilastri, pannelli murari) o parti diessi, non adeguati alla funzione strutturale che debbono svolgere, a condizione che l’interventonon cambi significativamente il comportamento globale della struttura, soprattutto ai fini della resi-

stenza alle azioni sismiche, a causa di una variazione non trascurabile di rigidezza o di peso.Può rientrare in questa categoria anche la sostituzione di coperture e solai, solo a condizioneche ciò non comporti una variazione significativa di rigidezza nel proprio piano, importante aifini della ridistribuzione di forze orizzontali, né un aumento dei carichi verticali statici.

Interventi di ripristino o rinforzo delle connessioni tra elementi strutturali diversi (ad esempiotra pareti murarie, tra pareti e travi o solai, anche attraverso l’introduzione di catene/tiranti)ricadono in questa categoria, in quanto comunque migliorano anche il comportamento globaledella struttura, particolarmente rispetto alle azioni sismiche.

Infine, interventi di variazione della configurazione di un elemento strutturale, attraverso lasua sostituzione o un rafforzamento localizzato (ad esempio l’apertura di un vano in una paretemuraria, accompagnata da opportuni rinforzi) possono rientrare in questa categoria solo a con-dizione che si dimostri che la rigidezza dell’elemento variato non cambi significativamente e chela resistenza e la capacità di deformazione, anche in campo plastico, non peggiorino ai fini delcomportamento rispetto alle azioni orizzontali.

2.5 INTERVENTI NON DICHIARATAMENTE STRUTTURALI

È interessante notare come le NTC si siano espresse più volte nel merito di verifichesu elementi non strutturali. Nel paragrafo 8.2 si giunge addirittura a scrivere che:

Nel caso di interventi non dichiaratamente strutturali (impiantistici, di ridistribuzione deglispazi, ecc.) dovrà essere valutata la loro possibile interazione con gli SLU e gli SLE della struttura

o parti di essa.Questa frase, apparentemente molto semplice, nasconde alcune insidie per il

progettista. Innanzitutto notiamo l’utilizzo della locuzione «dovrà essere valutata»e non ad esempio «potrà essere valutata». In tal senso sembra, dunque, che lanorma determini l’obbligatorietà di questa valutazione. Inoltre, poichè il tipo di inter- vento non è «dichiaratamente strutturale», è pacifico che non presuppone il depositodel progetto strutturale ai sensi dell’art. 65 del DPR 380/01. È possibile dunque chein questi casi non sia prevista la presenza di uno «strutturista» che assume unaresponsabilità formale dell’intervento, in generale documentata negli atti di deposito.Va da se che, in mancanza di una valutazione dell’interazione con gli SLU e gli SLEe/o di riscontro di effetti negativi dell’intervento non dichiaratamente strutturale,come previsto dalle NTC, la responsabilità cada sul tecnico che ha seguito i lavori.

In generale, comunque, le opere di tipo non strutturale non pongono problemiparticolari ma, ad esempio, è noto che elementi costruttivi quali i tamponamenti delleossature in c.a., possono significativamente variare la rigidezza di un telaio innescandoeffetti deleteri per il comportamento globale antisismico (piano debole). E dunque nonè sempre vero che la modifica dei tamponamenti, anche solo mediante spostamentodi forature di finestratura, sia un intervento che non interagisca sul comportamentocomplessivo del sistema strutturale (vedi Figure 2.1 e 2.2)(8). È auspicabile dunque che, verifiche in questo senso, vengano fatte da progettisti in grado di poterle valutare.

(8) Cfr. anche, Marco Boscolo Bielo, Confronto economico fra soluzioni costruttive ottemperando

alle NTC, in «Quaderni di Legislazione Tecnica n. 4/2011», Legislazione Tecnica, Dic. 2011.

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Capitolo 2 - CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI

Figura 2.1 - Schematizzazione di un muro di tamponamento mediante meccanismo di puntone diagonale (Circ. 65/97)

Figura 2.2 - Modifica del modello di comportamento del telaio con puntone diagonale a seguito dello spostamento di un foro

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A riprova di quanto detto si segnala inoltre che, al § 7.2.3 del DM, si leggequanto segue:

Con l’esclusione dei soli tamponamenti interni di spessore non superiore a 100 mm, glielementi costruttivi senza funzione strutturale il cui danneggiamento può provocare danni a per-sone, devono essere verificati, insieme alle loro connessioni alla struttura, per l’azione sismica

corrispondente a ciascuno degli stati limite considerati.Qualora la distribuzione di tali elementi sia fortemente irregolare in pianta, gli effetti di taleirregolarità debbono essere valutati e tenuti in conto. Questo requisito si intende soddisfattoqualora si incrementi di un fattore 2 l’eccentricità accidentale di cui al § 7.2.6.

Qualora la distribuzione di tali elementi sia fortemente irregolare in altezza deve essere con-siderata la possibilità di forti concentrazioni di danno ai livelli caratterizzati da significativa riduzionedel numero di tali elementi rispetto ai livelli adiacenti. Questo requisito si intende soddisfattoincrementando di un fattore 1,4 le azioni di calcolo per gli elementi verticali (pilastri e pareti)dei livelli con riduzione dei tamponamenti.

In ogni caso gli effetti degli elementi costruttivi senza funzione strutturale sulla rispostasismica dell’intera struttura vanno considerati nei modi e nei limiti ulteriormente descritti, per idiversi sistemi costruttivi, nei paragrafi successivi.

Altra segnalazione merita quanto contenuto nel § 7.2.4 delle NTC, in relazionealla progettazione di impianti:

Ciascun elemento di un impianto che ecceda il 30% del carico permanente totale del solaiosu cui è collocato o il 10% del carico permanente totale dell’intera struttura, non ricade nelleprescrizioni successive e richiede uno specifico studio.

Gli elementi strutturali che sostengono e collegano i diversi elementi funzionali costituentil’impianto tra loro e alla struttura principale devono essere progettati seguendo le stesse

regole adottate per gli elementi costruttivi senza funzione strutturale ed illustrate nel paragrafoprecedente.

L’effetto dell’azione sismica sull’impianto, in assenza di determinazioni più precise, può esserevalutato considerando una forza (Fa) applicata al baricentro di ciascuno degli elementi funzionalicomponenti l’impianto, calcolata utilizzando le equazioni (7.2.1) e (7.2.2).

Gli eventuali componenti fragili debbono essere progettati per avere resistenza doppia diquella degli eventuali elementi duttili ad essi contigui, ma non superiore a quella richiesta daun’analisi eseguita con fattore di struttura q pari ad 1.

Infine, sempre nelle NTC, al § 3.1.4.1 si prescrive che verifiche, a caratterelocale, debbano essere fatte anche su

elementi verticali bidimensionali quali tramezzi, pareti, tamponamenti esterni, comunque rea-

lizzati, con esclusione di divisori mobili (che comunque devono garantire sufficiente stabilità inesercizio).

mediante l’applicazione delle forze orizzontali Hk, indicate nella Tabella 1.1,e che:

il soddisfacimento della prescrizione può essere documentato anche per via sperimentale,e comunque mettendo in conto i vincoli che il manufatto possiede e tutte le risorse che il tipocostruttivo consente.

Capitolo 2 - CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI

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Capitolo 2 - CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI

2.6 «VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA» E «DENUNCIA DELLE OPERE» AISENSI DELL’ART. 65 DEL DPR 380/01, CASI LIMITE

Volendo riassumere quanto fin qui esposto, l’obbligatorietà della valutazione della sicurezza appare scontata per gli interventi di:

a) adeguamento;

b) miglioramento;c) riparazioni o interventi locali.Resta incerta la questione relativa all’obbligatorietà o meno della denuncia dei

lavori di cui all’art. 65 del DPR 380/01 (ex deposito al genio Civile, vedi nota 1Capitolo 1). Il punto è delicato poichè ne scaturiscono implicazioni di tipo san-zionatorio a carico del costruttore e del direttore dei lavori. (9)

Sembra indiscutibile che, nel caso in cui detti interventi siano effettuati medianteopere in calcestruzzo armato o acciaio, la denuncia sia obbligatoria. Diverso appare,invece, il discorso per quanto concerne interventi strutturali eseguiti mediante operein muratura naturale e artificiale e in legno, fermo restando che comunque, perfugare tutte le incertezze, si può sempre optare per un deposito volontario.

Si può anche discutere sul fatto che, essendo obbligatorio il certificato di col-laudo statico, per gli interventi di tipo a) e b), sia obbligatorio eseguire anche ladenuncia. Per gli interventi eseguiti mediante opere in calcestruzzo armato ordinarioe precompresso, e per le opere a struttura metallica lo è (poichè ricadenti nelsuindicato art. 65 del DPR 380/01), per le altre, allo scrivente, sembra opportunoche la procedura di deposito venga effettuata, individuando le figure professionalipreviste: progettista architettonico, progettista delle strutture, direttore dei lavori ecollaudatore. In tal caso si potrà ovviare ad inconvenienti di tipo sanzionatorio.

Sempre ai fini della valutazione della sicurezza, si è visto che ci sono poi anchei casi relativi ad eventi indipendenti dalla volontà dell’uomo, ad esempio i terremoti.Qui le responsabilità di decidere o meno se eseguire detta valutazione sono riversatesui proprietari di edifici privati o i gestori di opere pubbliche. Costoro, in pratica,sono chiamati a decidere sul da farsi in merito ad eventuali interventi e ai tempidi esecuzione, ma sembra evidente, invece, che non abbiamo alternativa in meritoall’attuazione della procedura di valutazione della sicurezza: debbono farla.

Per i casi dipendenti dalla volontà dell’uomo segnaliamo ad esempio il seguente.Un proprietario di un fabbricato decide di cambiare la destinazione d’uso senza operedi un immobile da «uffici non aperti al pubblico» ad «uffici aperti al pubblico». Poichèil «carico di esercizio» passa da 200 daN/m2 a 300 daN/m2, egli sarà tenuto alla valu-tazione della sicurezza dell’immobile. Questo non implica una denuncia dei lavori aisensi dell’art. 65 del DPR 380/01, in quanto non vengono eseguite opere, ma potrebberientrare nella tipologia degli interventi di adeguamento se vi sono incrementi deicarichi globali in fondazione superiori al 10%. Conseguentemente scatterebbe l’obbligo

della nomina di un collaudatore statico e del rilascio del certificato di collaudo.

(9) Sez. III, DPR 380/01 - Norme Penali.Art. 72 - Omessa denuncia dei lavori - 1. Il costruttore che omette o ritarda la denuncia prevista dall’articolo

65 è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 103 a 1032 euro.Art. 73 - Responsabilità del direttore dei lavori - 1. Il direttore dei lavori che non ottempera alle prescrizioni

indicate nell’articolo 66 è punito con l’ammenda da 41 a 206 euro. 2. Alla stessa pena soggiace il direttore deilavori che omette o ritarda la presentazione al competente ufficio tecnico regionale della relazione indicata nell’articolo65, comma 6.

Art. 74 (L) - Responsabilità del collaudatore - 1. Il collaudatore che non osserva gli obblighi di cui all’articolo67, comma 5, è punito con l’ammenda da 51 a 516 euro.

Art. 75 (L) - Mancanza del certificato di collaudo - 1. Chiunque consente l’utilizzazione delle costruzioni primadel rilascio del certificato di collaudo è punito con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da 103 a 1032 euro.

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2.7 REDAZIONE DEL PROGETTO DI INTERVENTO

Per la redazione del progetto di intervento si può far riferimento a quantocontenuto al paragrafo 8.7.5 delle NTC, il quale riporta queste linee generali daseguire:

Per tutte le tipologie costruttive, il progetto dell’intervento di adeguamento o miglioramentosismico deve comprendere:a) verifica della struttura prima dell’intervento con identificazione delle carenze e del livello

di azione sismica per la quale viene raggiunto lo SLU (e SLE se richiesto);b) scelta motivata del tipo di intervento;c) scelta delle tecniche e/o dei materiali;d) dimensionamento preliminare dei rinforzi e degli eventuali elementi strutturali aggiuntivi;e) analisi strutturale considerando le caratteristiche della struttura post-intervento;f) verifica della struttura post-intervento con determinazione del livello di azione sismica

per la quale viene raggiunto lo SLU (e SLE se richiesto).

Come è già stato anticipato al § 1.5, per le strutture esistenti è sufficienteche sia verificata la condizione di SLU. Potrà anche essere necessario, in talunicasi, effettuare una valutazione della vulnerabilità prima e dopo l’intervento.

Capitolo 2 - CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI

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Capitolo 3

MATERIALI DA COSTRUZIONE:PARAMETRI MECCANICI E RAFFRONTO

CON LA PRECEDENTE NORMATIVA

3.1 DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI MECCANICI NEI MATERIALI DACOSTRUZIONE DI EDIFICI ESISTENTI

In questo Capitolo viene illustrata la metodologia per la determinazione dellecaratteristiche meccaniche dei materiali da costruzione più utilizzati: acciaio, cal-cestruzzo armato normale, legno e murature di vario genere (blocchi in laterizio,in calcestruzzo, pietre naturali ecc.). Come si è visto nel Capitolo 1, il metodoagli stati limite si fonda sulla determinazione della resistenza di calcolo f d, mediantel’utilizzo dell’espressione:

f d = f k / γM (3.1)

dove f k è la resistenza caratteristica con frattile 5% del materiale e γM è ilcoefficiente parziale di sicurezza relativo al materiale strutturale.(1)

La determinazione della resistenza di un materiale strutturale in una costru-zione esistente consiste però in un procedimento molto diverso rispetto a quellodi una nuova costruzione. Infatti, in quest’ultimo caso, le NTC prescrivono l’utilizzoesclusivo di materiali ad uso strutturale «certificati» (in genere marcatura CE oattestato equipollente). Ciò significa che la loro produzione è soggetta a proceduree controlli che ne garantiscono le prestazioni meccaniche.(2)

Per le nuove costruzioni nel caso, ad esempio, della resistenza a compressionedi un acciaio, si desume dai certificati del prodotto il valore di f k, e si applicala (3.1).

Diversa è invece la situazione di un fabbricato esistente, si pensi ad esempioad un edificio storico per il quale, invece, non sia disponibile la certificazionedei materiali. In questo caso si può procedere mediante:

a) indagini sui materiali;b) utilizzo dei valori medi di resistenza f m ricavati dalle prove o da tabulati

messi a disposizione dalle norme;c) utilizzo dei coefficienti parziali di sicurezza γM;d) utilizzo di ulteriori coefficienti di sicurezza detti «fattori di confidenza»

FC.

(1) Una grandezza caratteristica con frattile 5% significa, dal punto di vista statistico, che su100 saggi, al massimo 5 possono avere valori inferiori a quelli indicati come valore caratteristico.Queste grandezze sono indicate con pedice «k», o anche con pedice indicante il frattile (ad esempiodefinita con f c 0,05 = 200 daN/cm2, la resistenza a compressione di un dato materiale, significache, su 100 provini di quel materiale, al massimo 5 possono avere una resistenza minore di 200daN/cm2).

(2) Sembra fare una eccezione qualche caso per le costruzioni in muratura. Secondo il § 8.6del DM 14.01.08 «Nel caso degli edifici in muratura è possibile effettuare riparazioni locali o integrazioni conmateriale analogo a quello impiegato originariamente nella costruzione, purchè durevole e di idonee caratteristichemeccaniche.»

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Il tutto riassumibile nella formulazione:

f d = f m / (FC x γM) (3.2)

dove però, a differenza della (3.1) si utilizza, anzichè la grandezza caratteristicaf k , il suo valore medio f m . La giustificazione di questa differenza è stata data

nel paragrafo C8.2 della Circolare 617/09:Le modalità di verifica delle costruzioni nuove sono basate sull’uso di coefficienti di sicurezza

parziali (γF e γM - N.d.A.) da applicare alle azioni e alle caratteristiche meccaniche dei materiali,concepiti e calibrati per tener conto dell’intero processo che va dalla progettazione, con imposizionedi dati progettuali su azioni e materiali, alla concreta realizzazione, con l’obiettivo di realizzare,attraverso processi di produzione controllati nelle diverse sedi (stabilimenti di produzione deimateriali base, stabilimenti di prefabbricazione o preconfezionamento, cantieri), una costruzionefedele, per quanto possibile, al progetto.

Nelle costruzioni esistenti è cruciale la conoscenza della struttura (geometria e dettaglicostruttivi) e dei materiali che la costituiscono (calcestruzzo, acciaio, mattoni, malta). È per questoche viene introdotta un’altra categoria di fattori, i «fattori di confidenza» (FC - N. d. A.), strettamentelegati al livello di conoscenza (L1, L2, L3 - N.d.A.) conseguito nelle indagini conoscitive, e chevanno preliminarmente a ridurre i valori medi di resistenza dei materiali della struttura esistente,per ricavare i valori da adottare, nel progetto o nella verifica, e da ulteriormente ridurre, quandoprevisto, mediante i coefficienti parziali di sicurezza.

In sostanza la Circolare fa discendere, da una distinzione concettuale, la diversaformulazione delle resistenze di progetto, richiamandone la giustificazione in baseal fatto che nel caso di nuove costruzioni la determinazione probabilistica attienead una condizione da realizzare e pertanto assume un carattere di incertezza diversoda quello di una costruzione esistente che invece è già determinata.

Ulteriori precisazioni, sempre in ordine ai valori da attribuire alle resistenzedi progetto f d per le costruzioni esistenti, viene data al punto C8.7.1.5 della Circ.617/09 per quanto riguarda quelle in muratura portante. In sostanza viene fattauna ulteriore distinzione a seconda del tipo di analisi condotta.(3)

Nel caso di analisi elastica con il fattore q (analisi lineare statica ed analisi dinamica modalecon coefficiente di struttura), i valori di calcolo delle resistenze sono ottenuti dividendo i valorimedi per i rispettivi fattori di confidenza e per il coefficiente parziale di sicurezza dei materiali.Nel caso di analisi non lineare, i valori di calcolo delle resistenze da utilizzare sono ottenutidividendo i valori medi per i rispettivi fattori di confidenza.

Le indicazioni suesposte sono riassunte nella seguente Tabella 3.1.

(3) Lineare statica, lineare dinamica (modale), non lineare statica (pushover).

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Tabella 3.1 - Determinazione delle resistenze di progetto

* Nota: Per la determinazione del valore di f m si tenga conto anche dei fattori correttividella Tabella 4.3.

I fattori di confidenza FC sono coefficienti numerici definiti al paragrafo 8.5.4delle NTC in funzione del «livello di conoscenza» LC dell’opera. La loro determi-nazione avviene in modo tabellare secondo il procedimento che verrà descrittonel Capitolo 4.

Per i motivi suindicati, nelle costruzioni esistenti, assume fondamentale impor-tanza la procedura relativa alla diagnosi strutturale, alla quale viene dedicato ilCapitolo 6.

Lo scopo dei paragrafi 3.2, 3.3, 3.4 e 3.5 è, dunque, quello di fornire dapprima

le definizioni dei parametri meccanici utilizzabili per i materiali da costruzioneattualmente in commercio che devono essere conformi alle disposizioni del DM14.01.08.(4)

Dette grandezze vanno applicate quando si interviene su costruzioni esistentimediante utilizzo di materiali strutturali di nuova produzione, ad esempio nelleporzioni di ampliamento, sopraelevazione, oppure qualora si sostituiscano singolielementi strutturali, obsoleti o fuori servizio, con elementi nuovi.

Ne consegue che, ad esempio, dovendo effettuare la sopraelevazione di unfabbricato, per le verifiche della parte nuova si utilizzerà la (3.1), desumendo iparametri meccanici dei materiali dalle certificazioni dei prodotti attualmente incommercio; mentre per la parte esistente si ricorrerà invece alla (3.2) o alla (3.3)

e alle modalità riportate nel Capitolo 4.

Per interventi locali, ad esempio di scuci e cuci, su fabbricati esistenti è possibileavvalersi del secondo comma del § 8.6 delle NTC:

NTC § 8.6 - MATERIALIGli interventi sulle strutture esistenti devono essere effettuati con i materiali previsti dalle

presenti norme; possono altresì essere utilizzati materiali non tradizionali, purché nel rispetto dinormative e documenti di comprovata validità, ovvero quelli elencati al cap. 12.

(4) Per una trattazione più approfondita si veda anche: Marco Boscolo Bielo, Prontuario delle Costru- zioni - Acciaio - Calcestruzzo Armato - Legno - Muratura, Legislazione Tecnica, Roma 2010.

Caso Resistenza di progetto Numerazione formula

Nuove costruzioni o nuove porzioni difabbricati

f d = f k / γM (3.1)

Costruzioni esistenti in muratura por-tante* - Analisi Lineare Statica

f d = f m / (FC x γM) (3.2)

Costruzioni esistenti in muratura por-tante* - Analisi Lineare Dinamica(Analisi Modale)

f d = f m / (FC x γM) (3.2)

Costruzioni esistenti in muratura por-tante* - Analisi non Lineare Statica(Pushover)

f d = f m / (FC) (3.3)

Altri tipi di costruzione non contem-plati sopra

f d = f m / (FC x γM) (3.2)

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

Nel caso di edifici [esistenti - NdA] in muratura è possibile effettuare riparazioni locali ointegrazioni con materiale analogo a quello impiegato originariamente nella costruzione, purchédurevole e di idonee caratteristiche meccaniche.

Il progettista, previa valutazione in ordine alle caratteristiche meccaniche edi durabilità, può effettuare interventi locali (ad esempio di scuci e cuci), mediante

l’utilizzo di materiali analoghi agli originali presenti nella costruzione.

3.2 ACCIAIO STRUTTURALE

3.2.1 TIPI DI ACCIAIO

Secondo il DM 14.01.08, gli acciai vengono classificati in conformità delleTabelle 3.2 e 3.3, ovvero denominati con le sigle da S235 ad S460. La lettera «S»significa acciaio strutturale, mentre il numero che segue individua la tensione disnervamento. Il riferimento numerico della sigla è correlato alla tensione di sner- vamento f

yk. Le lettere che, eventualmente, seguono la sigla S e il numero, indicano

riferimenti ad altre proprietà quali:N = acciaio a laminazione normalizzata;M = acciai ottenuti mediante laminazione termomeccanica;W = acciaio con resistenza migliorata alla corrosione atmosferica (weathering);H = acciaio per profilati cavi;L = acciai con proprietà prescritte di resilienza a temperatura di _50°C.

Tabella 3.2 - Laminati a caldo con profili a sezione cava

Nome e qualitàdegli acciai

Spessore nominale dell’elemento

t ≤ 40 mm 40 mm < t ≤ 80 mm

f yk [N/mm2] f tk [N/mm2] f yk [N/mm2] f tk [N/mm2]

UNI EN 10210-1S 235 HS 275 HS 355 H

S 275 NH/NLHS 355 NH/NLHS 420 NH/NLH

S 460 NH/NLH

235275355

275355420

460

360430510

390490540

560

215255335

255335390

430

340410490

370470520

550UNI EN 10219-1S 235 HS 275 HS 355 H

S 275 NH/NLHS 355 NH/NLH

S 275 MH/MLHS 355 MH/MLHS 420 MH/MLHS 460 MH/MLH

235275355

275355

275355420460

360430510

370470

360470500530

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Tabella 3.3 - Laminati a caldo con profili a sezione cava

Gli acciai laminati di uso generale per la realizzazione di strutture metallichee per le strutture composte comprendono:

Prodotti lunghi:

— laminati mercantili (angolari, L, T, piatti ed altri prodotti di formanormalizzata);— travi ad ali parallele del tipo RE e IPE, travi IPN;— laminati ad U.

Prodotti piani:— lamiere e piatti;— nastri.

Profilati cavi:— tubi prodotti a caldo.

Prodotti derivati:— travi saldate (ricavate da lamiere o da nastri a caldo);

— profilati a freddo (ricavati da nastri a caldo);— tubi saldati (cilindrici o di forma ricavati da nastri a caldo);— lamiere grecate (ricavate da nastri a caldo).

3.2.2 CARATTERISTICHE MECCANICHE

In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali delle proprietà del materiale:

modulo elastico E = 210.000 N/mm2 = 2.100.000 daN/cm2 (3.4)modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm2 (3.5)coefficiente di contrazione laterale (o di Poisson) ν = 0,3 (3.6)

Nome e qualitàdegli acciai

Spessore nominale dell’elemento

t ≤ 40 mm 40 mm < t ≤ 80 mm

f yk [N/mm2] f tk [N/mm2] f yk [N/mm2] f tk [N/mm2]

UNI EN 10210-1S 235 HS 275 HS 355 H

S 275 NH/NLHS 355 NH/NLHS 420 NH/NLHS 460 NH/NLH

235275355

275355420460

360430510

390490540560

215255335

255335390430

340410490

370470520550

UNI EN 10219-1S 235 HS 275 HS 355 H

S 275 NH/NLHS 355 NH/NLH

S 275 MH/MLHS 355 MH/MLHS 420 MH/MLHS 460 MH/MLH

235275355

275355

275355420460

360430510

370470

360470500530

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

coefficiente di espansione termica lineare(5) α = 12 x 10-6 °C-1 (3.7)densità ρ = 7.850 kg/m3 (3.8)

Sempre in sede di progettazione, si possono assumere nei calcoli i valori nomi-nali delle tensioni caratteristiche di snervamento f yk e di rottura f tk riportati nelleTabelle 3.2 e 3.3.

Per le applicazioni nelle zone dissipative delle costruzioni soggette ad azioni

sismiche sono richiesti ulteriori requisiti specificati nel § 11.3.4.9 del DM.DM 14.01.08, § 11.3.4.9 Specifiche per acciai da carpenteria in zona sismicaL’acciaio costituente le membrature, le saldature ed i bulloni deve essere conforme ai requisiti

riportati nelle norme sulle costruzioni in acciaio.Per le zone dissipative si applicano le seguenti regole addizionali:

• per gli acciai da carpenteria il rapporto fra i valori caratteristici della tensione di rotturaftk (nominale) e la tensione di snervamento fyk (nominale) deve essere maggiore di 1,20 e l’al-lungamento a rottura A5, misurato su provino standard, deve essere non inferiore al 20%;

• la tensione di snervamento massima fy,max deve risultare fy,max ≤ 1,2 fyk;• i collegamenti bullonati devono essere realizzati con bulloni ad alta resistenza di classe

8.8 o 10.9.

3.2.3 LEGAMI TENSIONI - DEFORMAZIONI

Il modello del comportamento di un acciaio è rappresentato da un diagrammaideale σ _ ε schematizzato in Figura 3.1 o, in modo ancora più semplice, comein Figura 3.2, dove:

f yk = tensione di snervamentof tk = tensione ultima o di rotturaεyk = deformazione di snervamentoε

tk

= deformazione ultima o di rottura

Figura 3.1 - Diagramma tensioni - deformazioni per acciai con ramo di incrudimento

(5) Valido per temperature fino a 100°C.

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Figura 3.2 - Diagramma tensioni-deformazioni per acciai senza ramo di incrudimento

3.2.4 R ESISTENZE DI CALCOLO

La resistenza di calcolo dell’acciaio, indicata con il simbolo f yd, viene definitanell’espressione data dalla (3.1). Utilizzando acciai dal grado S 235 al grado S460, si adottano i fattori parziali M0 e M2 indicati nella Tabella 3.4.

Il coefficiente di sicurezza M2, deve essere impiegato qualora si eseguano veri-fiche di elementi tesi nelle zone di unione delle membrature indebolite dai fori.

Per valutare la stabilità degli elementi strutturali compressi, inflessi e presso-inflessi, si utilizza il coefficiente parziale di sicurezza M1.

Tabella 3.4 - Coefficienti di sicurezza per la resistenza delle membrature e la stabilità

In pratica in condizioni di progetto si dovrà fare affidamento, ai fini di unamaggior garanzia di sicurezza, ad un valore di resistenza del materiale f yd ridottodel coefficiente γM rispetto alla resistenza caratteristica di rottura f tk (vedi Figura3.3).

Resistenza delle Sezioni di Classe 1-2-3-4 γM0 = 1,05

Resistenza all’instabilità delle membrature γM1 = 1,05

Resistenza all’instabilità delle membrature di ponti stradali e ferroviari γM1 = 1,10

Resistenza, nei riguardi della frattura, delle sezioni tese (indebolite dai fori) γM2 = 1,25

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

Figura 3.3 - Rappresentazione grafica della resistenza di calcolo nel diagramma σ−ε

3.2.5 R AFFRONTO CON LA VECCHIA NORMATIVA

La classificazione prevista dal DM 14.01.08 corrisponde alla vecchia normativa,che adottava il prefisso «Fe», nel seguente modo:

Fe 360 = S 235Fe 430 = S 275Fe 510 = S 355

Il riferimento numerico della sigla è ora correlato alla tensione di snervamentof yk anzichè a quella di rottura f tk.

Nelle tabelle 3.5 e 3.6 sono riportati i Prospetti 1.II e 2.II del DM 14.01.96, validi per le sezioni dei profilati come indicato in descrizione. Dette tabelle ripren-devano quanto indicato nella norma CNR UNI 10011(6) nei termini indicati nelletabelle 3.7 e 3.8, quest’ultima valida come riferimento per le tensioni ammissibili.

(6) CNR UNI 10011: Costruzioni in Acciaio - Istruzioni per il calcolo, l’esecuzione, il collaudo e la manutenzione ripresa anche dal DM 14.02.92: Norme tecniche per l’esecuzione delle opere in

cemento armato normale e precompresso e per le strutture metalliche.

Esempio 3.1

Determinare la resistenza di calcolo di un profilato metallico in acciaio laminatodi tipo S275 avente spessore inferiore a 40 mm.Dalla Tabella 3.2 si ha che la resistenza caratteristica è:

f yk= 275 N/mm2

mentre il coefficiente di sicurezza, secondo la Tabella 3.4, per un utilizzo corrente è:

γM

= 1,05

Conseguentemente si ottiene:

f yd= f yk / γM = 275 N/mm2 / 1,05 = 261,9 N/mm2

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Tabella 3.5 - Prospetto 1-II del DM 09.01.96: Valido per profilati, barre, larghi piatti e lamiere

Note:(1) Rientrano in questi tipi di acciai, oltre agli acciai Fe 360, Fe 430 ed Fe 510 nei gradi B,

C, D e DD della UNI EN 10025 (febbraio 1992), anche altri tipi di acciai purché rispondenti allecaratteristiche indicale in questo prospetto.

(2) Per spessori maggiori di 3 mm fino a 100 mm.(3) Per spessore maggiori di 3 mm fino a 100 mm.(4) Per spessori maggiori di 3 mm fino a 100 mm.(5) Per spessori fino a 16 mm;per spessori maggiori di 16 mm fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm 2;

per spessori maggiori di 40 mm fino a 100 è ammessa la riduzione di 20 N/mm 2.(6) Per spessori fino a 16 mm;per spessori maggiori di 16 mm fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm 2;per spessori maggiori di 40 mm fino a 63 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm 2;per spessori maggiori di 63 mm fino a 80 mm è ammessa la riduzione di 30 N/mm 2;per spessori maggiori di 80 mm fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 40fNmm 2.(7) Per spessori fino a 16 mm;per spessori maggiori di 16 mm fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm 2;per spessori maggiori di 40 mm fino a 63 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm 2;per spessori maggiori di 63 mm fino a 80 mm è ammessa la riduzione di 30 N/mm 2;per spessori maggiori di 80 mm fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 40/Nmm 2.(8) Per spessori maggiori di 10 mm fino a 100 mm(9) Da provette trasversali per lamiere, nastri e larghi piatti con larghezza > 600 mm;

per spessori maggiori di 3 mm fino a 40 mm.

Simboloadottato

SimboloUNI

Caratteristica o parametroFe 360

(1)Fe 430

(1)Fe 510

(1)

f t Rm tensione (carico unitario)di rottura a trazione [N/mm2]

(2)≥ 340≤ 470

(3)≥ 410≤ 560

(4)≥ 490≤ 630

f y Re tensione (carico unitario)di snervamento [N/mm2]

(5)≥ 235

(6)≥ 275

(7)≥ 355

KV KVB +20°C

Resilienza KV [J] C 0°C(8) D _20°C

DD _20°C

≥ 27≥ 27≥ 27

≥ 27≥ 27≥ 27

≥ 27≥ 27≥ 27≥ 40

εt Amin

—Allungamento % a rottura (L0 = 5,65 · √ A0)- per lamiere

per barre, laminati mercantili, profilati, larghipiatti

≥ 24(9)

≥ 26

(10)

≥ 20(9)

≥ 22

(10)

≥ 20(9)

≥ 22

(10)

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Tabella 3.6 - Prospetto 2-II del DM 09.01.96 - Valido per profilati cavi

Note:

(1) Rientrano in questi tipi di acciai, oltre agli acciai Fe 360, Fe 430 ed Fe 510 nei gradi B,C, e D della UNI 7806 (dicembre 1979) e UNI 7810 (dicembre 1979), anche altri tipi di acciaipurché rispondenti alle caratteristiche indicate in questo prospetto.

(2) Per spessori fino a 16 mm;per spessori maggiOri di 16 mm fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm 2.(3) Per spessori fino a 16 mm;per spessori onre 16 mm fino a 35 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm 2;per spessori maggiori di 35 mm e fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm 2.

Tabella 3.7 - Prospetto 4-1a della CNR UNI 10011 - Resistenze di progetto per gli stati limite

Tabella 3.8 - Prospetto 4-1b della CNR UNI 10011 - Tensioni ammissibili

Simboloadottato

SimboloUNI

Caratteristica o parametroFe 360

(1)Fe 430

(1)Fe 510

(1)

f t Rm tensione (carico unitario)di rottura a trazione [N/mm2]

(2)≥ 340≤ 470

(3)≥ 410≤ 560

(4)≥ 490≤ 630

f y Re tensione (carico unitario)di snervamento [N/mm2]

(5)≥ 235

(6)≥ 275

(7)≥ 355

KV KVB +20°C

Resilienza KV [J] C 0°CD _20°C

≥ 27≥ 27≥ 27

≥ 27≥ 27≥ 27

≥ 27≥ 27≥ 27

εt Amin

Allungamento % a rottura

—(L0 = 5,65 · √ A0)%

≥ 24 ≥ 21 ≥ 20

Stato limite

Materialef d N/mm2

t ≤ 40 t > 40

Fe 360Fe 430Fe 510

235275355

210250315

t = spessore in mm

Tensione ammissibile

Materiale σadm N/mm2

t ≤ 40 t > 40

Fe 360Fe 430Fe 510

160190240

140170210

t = spessore in mm

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3.2.6 BULLONERIE

I bulloni devono essere conformi, per le caratteristiche dimensionali, alle normeUNI EN ISO 4016:2002 e UNI 5592:1968. In particolare devono appartenere allesotto indicate classi della norma UNI EN ISO 898-1:2001, con vite e dado associatinel modo indicato nella Tabella 3.9.

Tabella 3.9 - Classi di viti e dadi (da associare come indicato)

Le tensioni di snervamento f yb e di rottura f tb delle viti appartenenti alle classiindicate nella precedente Tabella 3.9 sono riportate nella seguente Tabella 3.10:

Tabella 3.10 - Tensioni di snervamento e di rottura per classi di bulloni

Per il calcolo della resistenza a taglio delle viti e dei chiodi, per il rifollamentodelle piastre collegate e per il precarico dei bulloni, si adottano i fattori parzialiγ

M

indicati in Tabella 3.11.

Tabella 3.11 - Coefficienti di sicurezza per la verifica delle unioni

Normali Ad alta resistenza

ViteDado

4.64

5.65

6.86

8.88

10.910

Classe 4.6 5.6 6.8 8.8 10.9

f yb (N/mm2)

f tb (N/mm2)

240

400

300

500

480

600

640

800

900

1000

Resistenza dei bulloni

γM2 = 1,25

Resistenza dei chiodi

Resistenza delle connessioni a perno

Resistenza delle saldature a parziale penetrazione e a cordone d’angolo

Resistenza dei piatti a contattoResistenza a scorrimento

per SLUper SLE

γM3 = 1,25γM3 = 1,10

Resistenza delle connessioni a perno allo stato limite di esercizio γM6,ser = 1,0

Precarico di bulloni ad alta resistenza γM7 = 1,10

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3.2.7 SALDATURE

Le saldature si distinguono in tre tipi principali (vedi Figura 3.4):• a piena (o completa) penetrazione;• a cordone d’angolo;• a parziale penetrazione.

Figura 3.4 - Schemi di tipi di saldatura da EC3

La saldatura a piena penetrazione realizza una effettiva continuità fra leparti saldate, in quanto il flusso delle tensioni si sviluppa come se i pezzi collegatifossero monolitici (Figura 3.5).

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Figura 3.5 - Giunto a T a completa penetrazione

I collegamenti testa a testa, a T e a croce a piena penetrazione, sono gene-ralmente realizzati con materiali d’apporto aventi resistenza uguale o maggiore aquella degli elementi collegati. Pertanto la resistenza di calcolo dei collegamentia piena penetrazione si assume eguale alla resistenza di progetto del più deboletra gli elementi connessi. Una saldatura a piena penetrazione è caratterizzata dallapiena fusione del metallo di base attraverso tutto lo spessore dell’elemento daunire con il materiale di apporto.

In Figura 3.6 si riporta uno schema delle tensioni agenti in questo tipo disaldatura.

Figura 3.6 - Schema delle tensioni agenti nelle saldature a completa penetrazione

Nelle unioni saldate a cordone d’angolo, la continuità fra i pezzi saldati nonè pienamente realizzata, come evidenzia la Figura 3.7.

Figura 3.7 - Giunto a T a cordone d’angolo

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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La resistenza di progetto, per unità di lunghezza dei cordoni d’angolo, si deter-mina con riferimento all’altezza di gola «a», cioè all’altezza «a» del triangolo iscrittonella sezione trasversale del cordone stesso (Figura 3.8).

Figura 3.8 - Definizione dell’area di gola per le saldature a cordone d’angolo

La lunghezza di calcolo L è quella intera del cordone, purché questo nonabbia estremità palesemente mancanti o difettose.

Per il calcolo della resistenza delle saldature con cordoni d’angolo, qualora sifaccia riferimento ai modelli di calcolo presentati nel paragrafo seguente, si adot-tano i fattori parziali γM indicati in Tabella 3.8. È possibile utilizzare modelli con-tenuti in normative di comprovata validità, adottando fattori parziali γM che garan-tiscano i livelli di sicurezza stabiliti nelle presenti norme.

Ai fini della durabilità delle costruzioni, le saldature correnti a cordoni inter-mittenti, realizzati in modo non continuo lungo i lembi delle parti da unire, nonsono ammesse in strutture non sicuramente protette contro la corrosione.

I collegamenti testa a testa, a T e a croce a parziale penetrazione vengono verificati con gli stessi criteri dei cordoni d’angolo. L’altezza di gola dei cordonid’angolo da utilizzare nelle verifiche è quella teorica, corrispondente alla prepa-razione adottata e specificata nei disegni di progetto, senza tenere conto dellapenetrazione e del sovrametallo di saldatura, in conformità con la norma UNIEN ISO 9692-1:2005.

3.3 CALCESTRUZZO ARMATO

3.3.1 CLASSIFICAZIONE

Il calcestruzzo viene identificato mediante la classe di resistenza, in riferi-mento alla cosiddetta resistenza caratteristica. I valori caratteristici delle resistenzea compressione sono ottenuti mediante prove di compressione uniassiale su provini

cilindrici (o prismatici) e cubici, ed è espressa in MPa (che equivalgono a N/mm2).In funzione di detto valore vengono individuate le classi di resistenza di Tabella3.12.

In sostanza un calcestruzzo di classe C25/30 ha il 5% di probabilità che unaprova a compressione uniassiale dia risultati inferiori a 25 N/mm2 su provini cilin-drici (o prismatici), ovvero 30 N/mm2 su provini cubici.

I calcestruzzi delle diverse classi di resistenza trovano impiego secondo quantoriportato nella Tabella 3.13.(7)

(7) Per l’utilizzo di calcestruzzo avente classe di resistenza superiore a C70/85 occorre avere

specifica autorizzazione dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Tabella 3.12 - Classi di resistenza del calcestruzzo

Tabella 3.13 - Impiego per le diverse classi di resistenza del calcestruzzo

3.3.2 CARATTERISTICHE MECCANICHE

3.3.2.1 Resistenza di calcolo a compressione

La resistenza di calcolo o di progetto f cd a compressione nel c.a. si ottienedalla resistenza caratteristica a compressione su cilindro (o prisma) f ck, divisa peril coefficiente di sicurezza del materiale γM. A questa generica formulazione vieneassociato un ulteriore coefficiente αcc, che tiene conto dell’effetto di applicazionedei carichi di lunga durata.(8)

(8) Sperimentalmente infatti si osserva che l’applicazione di un carico «istantaneo» su un provinodà risultati di resistenza del medesimo superiori rispetto allo stesso carico applicato su un tempopiù lungo. I carichi agenti sulle costruzioni sono generalmente carichi di «lunga durata» per cuiil coefficiente α

cc, dà numericamente conto di questi dati sperimentali.

CLASSE DI RESISTENZA

C8/10

C12/15

C16/20

C20/25

C25/30

C28/35

C32/40

C35/45

C40/50

C45/55

C50/60C55/67

C60/75

C70/85

C80/95

C90/105

STRUTTURE DI DESTINAZIONE CLASSE DI RESISTENZA MINIMA

Per strutture non armate o a bassa percentuale diarmatura (§ 4.1.11)

C8/10

Per strutture semplicemente armate C16/20

Per strutture precompresse C28/35

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

In definitiva si ha:

f cd = αcc f ck / γc (3.9)

[NTC 4.1.4]

dove:

αcc è il coefficiente riduttivo per le resistenze di lunga durata = 0,85;γc è il coefficiente parziale di sicurezza relativo al calcestruzzo = 1,5;f ck è la resistenza caratteristica cilindrica a compressione del calcestruzzo

a 28 giorni.Il coefficiente γc è pari ad 1,5.Il coefficiente αcc è pari a 0,85.

Nel caso di elementi piani (solette, pareti), gettati in opera con calcestruzziordinari e con spessori minori di 50 mm, la resistenza di calcolo a compressione va ridotta a 0,80f cd .

Il coefficiente γC può essere ridotto da 1,5 a 1,4 per elementi o strutture pre-fabbricate, soggette a controllo continuativo del calcestruzzo dal quale risulti uncoefficiente di variazione (rapporto tra scarto quadratico medio e valor medio)della resistenza non superiore al 10%. Le suddette produzioni devono però essereinserite in un sistema di qualità come definito al § 11.8.3 del DM 14.01.08.

Nel caso di « situazioni eccezionali», la resistenza di calcolo del calcestruzzo,riferita ad una specifica situazione di verifica, si ottiene ponendo il coefficienteparziale di sicurezza γc = 1.

Il passaggio dalla resistenza su cubo a quella cilindrica può essere effettuatamediante la seguente espressione:

f ck = 0,83 ⋅ Rck (3.10)

[NTC 11.2.1]

3.3.2.2 Resistenza media a compressione

Sempre in sede di previsioni progettuali, è possibile passare dal valore carat-teristico al valor medio della resistenza cilindrica mediante l’espressione

f cm = f ck + 8 [N/mm2] (3.11)

[NTC 11.2.2]

Esempio 3.2

Calcestruzzo Classe C25/30f ck = 25 N/mm2

f cd = 0,85 x 25 N/mm2

/ 1,5 = 14,1 N/mm2

= 141 daN/cm2

Esempio 3.3

Resistenza media per un calcestruzzo C25/30f cm = f ck + 8 N/mm2 = 25 N/mm2 + 8 N/mm2 = 33 N/mm2

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3.3.2.3 Resistenza a trazione assiale e per flessione

La resistenza media a trazione semplice (assiale) del calcestruzzo si assume:

f ctm = 0,30 x f ck2/3 [N/mm2] per classi ≤ C50/60 (3.12)

[NTC 11.2.3a]

f ctm = 2,12 x ln (1 + f cm /10) [N/mm2] per classi > C50/60 (3.13)

[NTC 11.2.3b]

I valori caratteristici corrispondenti ai frattili 5% e 95% sono assunti, rispet-tivamente:

0,7 ⋅ f ctm (frattile 5%) (3.14)

1,3 ⋅ f ctm (frattile 95%) (3.15)

Il valore medio della resistenza a trazione per flessione, in mancanza di spe-rimentazione diretta, è assunto pari a:

f cfm = 1,2 f ctm (3.16)

[NTC 11.2.4]

La resistenza di calcolo a trazione, f ctd è definita nel seguente modo:f ctd = f ctk / γC (3.17)

[NTC 4.1.5]

dove:f ctk = resistenza caratteristica a trazione secondo i valori dell’Esempio 3.4γC = coefficiente parziale di sicurezza per il c.a. = 1,5

Nel caso di elementi piani (solette, pareti) gettati in opera con calcestruzziordinari e con spessori minori di 50 mm, la resistenza di calcolo a compressione

va ridotta a 0,80f ctd.

Esempio 3.4 - Determinazione della resistenza caratteristica a trazione assiale etrazione per flessione

Calcestruzzo Classe C25/30

Caso della trazione assiale:f ck = 25 N/mm2

f ctm = 0,3 x (25 N/mm2)2/3 = 2,56 N/mm2

f ctk = 0,7 x 2,56 N/mm2 = 1,79 N/mm2 (frattile 5%)

Caso di flessione:f cfm = 1,2 x 2,56 N/mm2 = 3,07 N/mm2

f ctk = 0,7 x 3,07 N/mm2 = 2,15 N/mm2 (frattile 5%)

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Il coefficiente γC può essere ridotto da 1,5 a 1,4 per elementi o strutture pre-fabbricate, soggette a controllo continuativo del calcestruzzo dal quale risulti uncoefficiente di variazione (rapporto tra scarto quadratico medio e valor medio)della resistenza non superiore al 10%. Le suddette produzioni devono però essereinserite in un sistema di qualità come definito al § 11.8.3 del DM 14.01.08.

Anche per quanto riguarda la resistenza a trazione, nel caso di verifiche per

« situazioni eccezionali», la resistenza di calcolo del calcestruzzo, riferita ad unaspecifica situazione si ottiene ponendo il coefficiente parziale di sicurezza γc = 1.

3.3.2.4 Modulo elastico

Per modulo elastico istantaneo del calcestruzzo in sede di progettazione sipuò assumere il valore:

Ecm = 22.000 x [f cm /10]0,3 [N/mm2] (3.18)

[NTC 11.2.5]

Tale formula non è applicabile ai calcestruzzi maturati a vapore. Essa, inoltre,non è da considerarsi vincolante nell’ interpretazione dei controlli sperimentalidelle strutture.

3.3.2.5 Coefficiente di Poisson

Per il coefficiente di Poisson (o di contrazione laterale) può adottarsi, a secondadello stato di sollecitazione, un valore compreso tra:

0 per calcestruzzo fessurato (3.19)0,2 calcestruzzo non fessurato (3.20)

Esempio 3.5

Calcestruzzo Classe C25/30.Resistenza di calcolo a trazione (assiale):f ctm = 0,30 f ck

2/3 = 0,3 x 25 2/3 = 2,56 N/mm2

f ctk = 0,7 f ctm = 1,795 N/mm2

e dunque:f ctd = 1,795 N/mm2 / 1,5 ≈ 1,196 N/mm2

Resistenza di calcolo a trazione per flessione:f cfm = 1,2 f ctm = 1,2 x 0,30 f ck

2/3 = 1,2 x 0,3 x 25 2/3 ≈ 3,07 N/mm2

f cfk = 0,7 f cfm = 0,7 x 3,07 N/mm2 ≈ 2,149 N/mm2

f ctd = 2,149 N/mm2 / 1,5 ≈ 1,43 N/mm2

Esempio 3.6

Calcestruzzo Classe C25/30Ecm = 22.000 × (f cm /10)0,3 = 22.000 x (33/10) 0,3 ≈ 31.475 N/mm2

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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3.3.2.6 Coefficiente di dilatazione termica

In sede di progettazione, o in mancanza di una determinazione sperimentalediretta, per il coefficiente di dilatazione termica del calcestruzzo può assumersiun valor medio pari a:

α = 10 x 10

-6

⋅ °C

-1

(3.21)fermo restando che tale quantità dipende significativamente dal tipo di cal-

cestruzzo considerato (rapporto inerti/legante, tipi di inerti, ecc.) e può assumere valori anche sensibilmente diversi da quello indicato.

3.3.3 ACCIAIO PER CALCESTRUZZO ARMATO

3.3.3.1 Acciaio in barre o rotoli: caratteristiche meccaniche

L’acciaio per cemento armato è generalmente prodotto in stabilimento sottoforma di barre o rotoli, reti o tralicci, per utilizzo diretto o come elementi dibase per successive trasformazioni.

Prima della fornitura in cantiere, gli elementi di cui sopra possono essere sal-dati, presagomati (staffe, ferri piegati, ecc.) o preassemblati (gabbie di armatura,ecc.) per formare elementi composti direttamente utilizzabili in opera.

Tutti gli acciai per cemento armato devono essere ad aderenza migliorata,aventi cioè una superficie dotata di nervature trasversali, uniformemente distribuitesull’intera lunghezza, atte ad aumentarne l’aderenza al conglomerato cementizio.

Le barre sono caratterizzate dal diametro ∅ della barra tonda liscia equipesante,calcolato nell’ipotesi che la densità dell’acciaio sia pari a 7,85 daN/dm3 (7.850daN/m3).

Esistono 2 tipi di acciaio per calcestruzzo armato:a) Tipo B450C;b) Tipo B450 A.

Gli acciai B450C possono essere impiegati in barre di diametro ∅ compresotra 6 e 40 mm.

Per gli acciai B450A il diametro ∅ delle barre deve essere compreso tra 5 e10 mm.

L’uso di acciai forniti in rotoli è ammesso, senza limitazioni, per diametrifino a ∅ ≤ 16 mm per B450C e fino a ∅ ≤ 10 mm per B450A.

L’acciaio B450C è caratterizzato da valori nominali delle tensioni caratteristichedi snervamento e rottura evidenziate in Tabella 3.14.

Tabella 3.14 - Tensioni di rottura e di snervamento per acciai B450C e B450A

Inoltre deve rispettare i requisiti indicati nella seguente Tabella 3.15:

f y,nom 450 N/mm2

f t,nom 540 N/mm2

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

Tabella 3.15 - Caratteristiche meccaniche degli acciai tipo B450C

L’acciaio per cemento armato B450A, caratterizzato dai medesimi valori nomi-nali delle tensioni di snervamento e rottura dell’acciaio B450C riportate in Tabella3.14, deve rispettare i requisiti indicati nella seguente Tabella 3.16.

Tabella 3.16 - Caratteristiche meccaniche degli acciai tipo B450A

Per le forniture di acciaio è prevista la marcatura CE o comunque esse devonoessere accompagnate dalla copia dell’attestato di qualificazione del Servizio TecnicoCentrale, il quale non ha scadenza temporale.

Il riferimento a tale attestato deve essere riportato sul documento di trasporto.Le forniture effettuate da un commerciante intermedio devono essere accom-

pagnate da copia dei documenti rilasciati dal Produttore e completati con il rife-rimento al documento di trasporto del commerciante stesso.

Il Direttore dei Lavori prima della messa in opera, è tenuto a verificare quantosopra indicato ed a rifiutare le eventuali forniture non conformi, ferme restando

le responsabilità del produttore.

CARATTERISTICHE REQUISITI FRATTILE (%)

Tensione caratteristica di snervamento f yk ≥ f y,nom 5.0

Tensione caratteristica di rottura f tk ≥ f t,nom 5.0

(f t / f y)k

≥ 1,15

< 1,3510.0

(f y / f y,nom)k ≤ 1,25 10.0

Allungamento (Agt)k: ≥ 7,5% 10.0

Diametro mandrino per prove di piegamentoa 90° e successivo raddrizzamento senza cric-che:

φ < 12 mm12 ≤ φ ≤ 16 mm

per 16 < φ ≤ 25 mmper 25 < φ ≤ 40 mm

4 φ5 φ

8 φ10 φ

CARATTERISTICHE REQUISITI FRATTILE (%)

Tensione caratteristica di snervamento f yk ≥ f y,nom 5.0

Tensione caratteristica di rottura f tk ≥ f t,nom 5.0

(f t / f y)k ≥ 1,05 10.0

(f y / f y,nom)k ≤ 1,25 10.0

Allungamento (Agt)k: ≥ 2,5% 10.0

Diametro mandrino per prove di piegamentoa 90° e successivo raddrizzamento senza cric-che:

per φ ≤ 10 mm 4 φ

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3.3.3.2 Reti e tralicci elettrosaldati: caratteristiche meccaniche

Gli acciai delle reti e tralicci elettrosaldati devono essere saldabili.L’interasse delle barre non deve superare 330 mm.I tralicci sono dei componenti reticolari composti da barre ed assemblati

mediante saldature.

Per le reti ed i tralicci costituiti con acciaio B450C gli elementi base devonoavere diametro ∅ che rispetta la limitazione: 6 mm ≤ ∅ ≤ 16 mm.Per le reti ed i tralicci costituiti con acciaio B450A gli elementi base devono

avere diametro ∅ che rispetta la limitazione: 5 mm ≤ ∅ ≤ 10 mm.Il rapporto tra i diametri delle barre componenti reti e tralicci deve essere:

∅min / ∅max ≥ 0,6 (3.22)

[NTC 11.3.11]

I nodi delle reti devono resistere ad una forza di distacco determinata in accordocon la norma UNI EN ISO 15630-2:2004 pari al 25% della forza di snervamento

della barra, da computarsi per quella di diametro maggiore sulla tensione di sner- vamento pari a 450 N/mm2. Tale resistenza al distacco della saldatura del nodo, va controllata e certificata dal produttore di reti e di tralicci secondo le proceduredi qualificazione di seguito riportate.

In ogni elemento di rete o traliccio le singole armature componenti devonoavere le stesse caratteristiche. Nel caso dei tralicci è ammesso l’uso di staffe aventisuperficie liscia perché realizzate con acciaio B450A oppure B450C saldabili.

La produzione di reti e tralicci elettrosaldati può essere effettuata a partireda materiale di base prodotto nello stesso stabilimento di produzione del prodottofinito o da materiale di base proveniente da altro stabilimento.

Nel caso di reti e tralicci formati con elementi base prodotti in altro stabili-

mento, questi ultimi possono essere costituiti:a) da acciai provvisti di specifica qualificazione;b) da elementi semilavorati quando il produttore, nel proprio processo di

lavorazione, conferisca al semilavorato le caratteristiche meccaniche finali richiestedalla norma.

Ogni pannello o traliccio deve essere inoltre dotato di apposita marchiaturache identifichi il produttore della rete o del traliccio stesso.

La marchiatura di identificazione può essere anche costituita da sigilli o eti-chettature metalliche indelebili con indicati tutti i dati necessari per la correttaidentificazione del prodotto, ovvero da marchiatura supplementare indelebile. Inogni caso la marchiatura deve essere identificabile in modo permanente anchedopo annegamento nel calcestruzzo.

Laddove non fosse possibile tecnicamente applicare su ogni pannello o tralicciola marchiatura secondo le modalità sopra indicate, dovrà essere comunque appostasu ogni pacco di reti o tralicci un’apposita etichettatura con indicati tutti i datinecessari per la corretta identificazione del prodotto e del produttore; in questocaso il Direttore dei Lavori, al momento dell’accettazione della fornitura in cantiere,deve verificare la presenza della predetta etichettatura.

Nel caso di reti e tralicci formati con elementi base prodotti nello stesso sta-bilimento, ovvero in stabilimenti del medesimo produttore, la marchiatura del pro-dotto finito può coincidere con la marchiatura dell’elemento base, alla quale puòessere aggiunto un segno di riconoscimento per ogni singolo stabilimento.

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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3.3.3.3 Tabelle di diametri e persi per barre e reti elettrosaldati

Tabella 3.17 - Diametro e peso di tondini per barre da c.a.

Tabella 3.18 - Sezioni a metro lineare di reti elettrosaldate in funzione di passo e diametro

in

mm

Pesoin daN

per m

Numero dei tondi e corrispondente sezione in cm2 ∅

in

mm1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

345678910

0,0560,0980,1530,2210,3000,3920,4960,613

0,070,130,200,280,380,500,640,79

0,140,250,390,570,771,011,271,57

0,210,380,590,851,161,511,912,36

0,280,500,791,131,542,012,543,14

0,350,630,981,411,922,513,183,93

0,420,751,181,702,313,023,824,71

0,490,881,371,982,693,524,455,50

0,561,001,572,263,084,025,096,28

0,631,131,772,543,464,525,737,07

0,701,261,962,833,855,036,367,85

345678910

1112131415

0,7410,8821,0351,2011,378

0,951,131,331,541,77

1,902,262,653,083,53

2,853,393,984,625,30

3,804,525,316,167,07

4,755,666,647,708,84

5,706,797,969,2410,60

6,657,919,2910,7812,37

7,609,0510,6212,3214,14

8,5510,1811,9513,8515,90

9,5011,3113,2715,3917,67

1112131415

1617181920

1,5681,7701,9852,2122,450

2,012,272,542,843,14

4,024,545,095,676,28

6,036,817,638,519,42

8,049,0810,1811,3412,57

10,0511,3512,7214,1815,71

12,0613,6215,2717,0118,85

14,0715,8917,8119,8521,99

16,0818,1620,3622,6825,13

18,1020,4322,9025,5228,27

20,1122,7025,4528,3531,42

1617181920

21222324

25

2,7022,9653,2413,529

3,829

3,463,804,154,52

4,91

6,937,608,319,05

9,82

10,3911,4012,4613,57

14,73

13,8515,2116,6218,10

19,63

17,3219,0120,7722,62

24,54

20,7822,8124,9327,14

29,45

24,2526,6129,0831,67

34,36

27,7130,4133,2436,19

39,27

31,1734,2137,3940,72

44,18

34,6438,0141,5545,24

49,09

21222324

25

Diametro∅

mm

Unabarretta

daN/m

kg/m2 (vale solo per una direzione)

per distanze di barrette in mm

50 75 100 125 150 200 250 300 350

456789101112

0,0990,1540,2220,3020,3940,4990,6170,7460,888

1,983,084,446,047,899,98

12,3014,9017,80

1,322,052,964,035,266,608,189,84

11,80

0,991,542,223,023,944,996,177,468,88

0,791,231,782,423,154,004,935,977,10

0,661,031,482,012,633,304,094,925,88

0,490,771,111,511,972,493,083,734,44

0,390,620,891,211,581,982,452,963,52

0,330,510,751,011,311,652,042,462,94

0,280,440,630,861,131,431,762,132,54

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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3.3.3.4 Resistenze di calcolo degli acciai da calcestruzzo armato

La resistenza di calcolo dell’acciaio f yd è data da:

f yd = f yk / γS (3.23)

[NTC 4.1.6]

doveγS = 1,15 = coefficiente parziale di sicurezza dell’acciaiof yk = 450 N/mm2 = tensione caratteristica di snervamento dell’acciaio

Analogamente al calcestruzzo, anche per l’acciaio, nel caso di verifiche per« situazioni eccezionali», la resistenza di calcolo, riferita ad una specifica situazione,si ottiene ponendo il coefficiente parziale di sicurezza γc = 1.

3.3.3.5 Aderenza acciaio-calcestruzzo

La resistenza tangenziale di aderenza di calcolo f bd vale:

f bd = f bk / γc (3.24)[NTC 4.1.7]

dove:γc = 1,5

f bk = 2,25 x η x f ctk (3.25)

[NTC 4.1.8]in cui

η = 1 per barre con diametro inferiore o uguale a 32 mm (3.26)η = (132 – ø)/100 per barre con diametro superiore a 32 mm (3.27)

Nel caso di armature molto addensate o ancoraggi in zona tesa si deve ulte-riormente dividere f bd per 1,5.

Stante quanto riportato al § 3.3.2.3, si hanno 2 tipi di resistenza a trazione:

a) Trazione assialeIn questo caso si ha, a seconda delle Classi di resistenza del calcestruzzo una

resistenza media indicata dalle seguenti formule.f ctm = 0,30 f ck

2/3 per classi inferiori o uguali a C 50/60f ctm = 2,12 f ck ln (1 + f cm /10) per classi superiori a C 50/60

ESEMPIO 3.7

Acciaio B450C o B450Af yk = 450 N/mm2

f yd = 450 N/mm2 / 1,15 = 391,3 N/mm2

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

Dai suindicati valori si può passare ai valori caratteristici mediante le seguenti:f ctk = 0,7 x f ctm frattile di ordine 5%f ctk = 1,3 x f ctm frattile di ordine 95%

a) Trazione per flessioneIl valore medio di resistenza a trazione per flessione (in mancanza di speri-

mentazione diretta) è:f cfm = 1,2 x f ctm

Per « situazioni eccezionali», la resistenza di calcolo, sia a trazione assiale cheper flessione, può ottenersi ponendo il coefficiente parziale di sicurezza γc = 1.

ESEMPIO 3.8

Trazione assiale

Barre inferiori o uguali a 32 mmf ctm = 0,30 f ck

2/3 = 0,30 x 252/3 = 2,565 N/mm2 per cls ≤ a C 50/60

f ctk = 0,7 x f ctm = 0,7 x 2,565 = 1,795 N/mm2

frattile di ordine 5%f bk = 2,25 x η x f ctk= 2,25 x 1 x 1,795 = 4,039 N/mm2 con barre ø inferiore a32 mm

γc = 1,5f bd = f bk / γc = 4,039 / 1,5 ≈ 2,693 N/mm2

Barre superiori a 32 mm, esempio φ = 40 mmf ctm = 0,30 f ck

2/3 = 0,30 x 252/3 = 2,565 N/mm2 per cls ≤ a C 50/60η = (132 – 40)/100 = 0,92f ctk = 0,7 x f ctm = f ctk = 0,7 × 2,565 = 1,795 N/mm2 frattile di ordine 5%f bk = 2,25 x η x f ctk = 2,25 x 0,92 x 1,795 N/mm2 = 3,715 N/mm2

f bd = f bk / c = 3,715 N/mm2 / 1,5 ≈ 2,477 N/mm2

Trazione per flessione

Barre inferiori o uguali a 32 mmf cfm = 1,2 x f ctm = 1,2 x 2,565 = 3,078 N/mm2 per cls ≤ a C 50/60f ctk = 0,7 x f ctm = 0,7 x 3,078 = 2,154 N/mm2 frattile di ordine 5%f bk = 2,25 x η x f ctk = 2,25 x 1 x 2,154 = 4,846 N/mm2

γc = 1,5f bd = f bk / γc = 4,846 / 1,5 = 3,231 N/mm2 (in caso di zona compressa e nonaddensata di barre).

In caso di zona tesa andrebbe ulteriormente ridotta di 1,5 per cui si avrebbe:

f bd = 2,154 N/mm

2

Barre superiori a 32 mm, esempio φ = 40 mmf cfm = 1,2 x f ctm = 1,2 x 2,565 = 3,078 N/mm2 per cls ≤ a C 50/60f ctk = 0,7 x f ctm = 0,7 x 3,078 = 2,154 N/mm2

η = (132 – 40)/100 = 0,92f bk = 2,25 x η x f ctk = 2,25 x 0,92 x 2,154 = 4,458 N/mm2

γc = 1,5f bd = f bk / γc = 4,458 / 1,5 = 2,972 N/mm2 (in caso di zona compressa e nonaddensata di barre).In caso di zona tesa andrebbe ulteriormente ridotta di 1,5 per cui si avrebbe:f bd = 1,981 N/mm2

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3.3.4 MODELLI DI COMPORTAMENTO DEL CALCESTRUZZO ARMATO

3.3.4.1 Definizione degli stadi

a) I° Stadio: calcestruzzo reagente a trazioneFintanto che le tensioni di trazione non superano il valore limite di rottura,

il calcestruzzo armato si può assumere con un comportamento equivalente ad unmateriale omogeneo, isotropo, perfettamente elastico-lineare sia in trazione chein compressione. Si dice anche che il calcestruzzo è interamente reagente.

Dal punto di vista progettuale questo campo, detto anche «I° Stadio», è moltolimitato, in quanto si è visto, nei paragrafi precedenti, che la resistenza di calcoloa trazione si aggirerebbe su valori che stanno entro i limiti di qualche unità diN/mm2. In ogni caso i dati sperimentali indicano la resistenza effettiva di rotturaa trazione del calcestruzzo limitata a circa il 10% di quella in compressione.

Nella pratica progettuale il «I° Stadio» non trova applicazione nelle verifichedi resistenza in quanto le Norme Tecniche per le Costruzioni dispongono che laresistenza a trazione sia considerata nulla.

Tuttavia il calcestruzzo è considerato interamente reagente nella modellazionedegli schemi statici, laddove si fa riferimento all’asse geometrico della sezioneintera per definire gli «schemi unifilari» dei telai. Inoltre è ammesso far ricorsoalla sezione interamente reagente in molti casi di determinazione della frecciamassima in condizioni di carico di esercizio (SLE).

b) II° Stadio: calcestruzzo non reagente a trazioneL’ipotesi di non resistenza a trazione del calcestruzzo implica la cosiddetta

parzializzazione della sezione, o anche sezione parzializzata. Dal punto di vista teoricociò avviene allorquando nelle fibre di calcestruzzo teso si raggiunge il limite dirottura. Dal punto di vista normativo, l’ipotesi di non resistenza a trazione delcalcestruzzo, implica la rottura convenzionale per valori di trazione maggiori dizero, e dunque nei casi di flessione, compressione eccentrica con risultante dicompressione fuori del nocciolo centrale di inerzia (o pressoflessione equivalente),tensoflessione, oltre che naturalmente di trazione.

Dal punto di vista della verifica si procede con il cosiddetto «metodo n», doven è il coefficiente di omogeneizzazione dell’acciaio a calcestruzzo. In AppendiceA si riporta una breve trattazione di questo tipo di calcolo, utilizzato in passatoper le verifiche con il «Metodo delle Tensioni Ammissibili».

Nel DM 14.01.08, invece, le verifiche nel II° Stadio, ovvero con sezione par-zializzata, sono previste negli Stati Limite di Esercizio (ad esempio per il calcolodelle fessurazioni).

c) III° Stadio: comportamento non lineare del calcestruzzoQuesto modello di comportamento prevede che il calcestruzzo non sia reagente

a trazione e un diagramma non lineare fra le tensioni e deformazioni. Nel DM14.01.08 è il modello utilizzato per le verifiche allo Stato Limite Ultimo.

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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3.3.4.2 Resistenze degli elementi monodimensionali

3.3.4.2.1 Ipotesi di base

La valutazione della resistenza ultima delle sezioni di elementi monodimen-sionali nei confronti di sforzo normale e flessione, si fonda sulle seguenti ipotesi:

a) conservazione delle sezioni piane;

b) perfetta aderenza tra acciaio e calcestruzzo;c) resistenza a trazione del calcestruzzo nulla;d) rottura convenzionale del calcestruzzo determinata dal raggiungimento

della sua capacità deformativa ultima a compressione;e) rottura convenzionale dell’armatura tesa determinata dal raggiungimento

della sua capacità deformativa ultima;f) deformazione iniziale dell’armatura di precompressione considerata nelle

relazioni di congruenza della sezione.Le tensioni nel calcestruzzo e nell’armatura si deducono, a partire dalle defor-

mazioni, utilizzando i rispettivi diagrammi tensione-deformazione che verrannoillustrati nel prosieguo.

3.3.4.2.2 Diagrammi di calcolo tensione-deformazione del calcestruzzo

Il classico diagramma σ _ ε del calcestruzzo è il cosiddetto diagramma «para-bola-rettangolo», che idealizza il comportamento non lineare del materiale medianteun tratto parabolico crescente e un successivo tratto orizzontale (a tensione costan-te). Detto diagramma è costruito mediante alcuni punti notevoli in seguito descritti(vedi Figura 3.9).

Figura 3.9 - Diagramma «parabola-rettangolo» per calcestruzzo

Per classi di resistenza fino a C50/60 i valori di εc2 e εcu sono i seguenti(Figura 3.9).

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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εc2 = 0,20 % (3.31)

εcu = 0,35 % (3.32)

Si ricorda che, per l’ipotesi di non resistenza a trazione del calcestruzzo, idiagrammi rappresentano compressioni.

Per classi di resistenza superiori a C50/60 si ha invece:

εc2 = 0,20% + 0,0085% (f ck – 50)0,53 (3.33)

εcu = 0,26% + 3,5% [(90 – f ck) /100]4 (3.34)

Nel caso particolare di compressione semplice, o in generale per sezioni soggettea compressione sensibilmente costante, il valore ultimo a rottura del calcestruzzoè assunto pari a εc2 anzichè εcu.

È evidente che nel passaggio dalla f ck alla f cd, mediante i coefficienti γC delcalcestruzzo, si attua una riduzione del diagramma σ _ ε secondo l’andamento diFigura 3.10.

Figura 3.10

Una menzione particolare merita il cosiddetto diagramma «rettangolo» il qualerappresenta un diagramma semplificato di cui le NTC norme ammettono l’utilizzoper sostituzione del diagramma «parabola rettangolo». Con riferimento alla Figura(3.11) si hanno i seguenti valori:

Per classi di resistenza fino a C50/60:

εc4 = 0,07 % (3.35)

εcu = 0,35 % (3.36)

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

Per classi di resistenza superiori a C50/60:

εc4 = 0,2 εcu (3.37)

εcu = 0,26% + 3,5% [(90 _ f ck) / 100]4 (3.38)

Figura 3.11 - Diagramma «rettangolo» (o anche «stress-block») per classi di calcestruzzo fino a C50/60

La Figura 3.12, riporta a sinistra una sezione di calcestruzzo ad andamentogenerico con armature superiori compresse A

c

, ed inferiori tese As

. L’altezza utiledella sezione è indicata con d. Nel diagramma centrale viene rappresentato l’an-damento delle deformazioni ε, secondo le ipotesi di linearità, di congruenza e diNavier. Nel diagramma di destra, si ha l’approssimazione delle tensioni agenti nellasezione secondo il diagramma stress-block.

Figura 3.12 - Distribuzione rettangolare delle tensioni

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3.3.4.2.3 - Diagrammi di calcolo tensione-deformazione dell’acciaio

Per quanto concerne il comportamento σ _ ε dell’acciaio d’armo, nella pro-gettazione viene generalmente usata una curva bilatera ideale del tipo di Figura3.13. Un tratto inclinato secondo il valore del modulo elastico dell’acciaio Es, chepuò essere assunto pari a:

Es = 210.000 N/mm2

(3.39)

con

f yd = f yk / γs = 450 N/mm2 / 1,15 = 391,3 N/mm2 = 3.913 daN/cm2 (3.40)

e dunque:

εyd = 391,3 N/mm2 / 210.000 N/mm2 ≈ 0,00186 = 0,186% (3.41)

Figura 3.13 - Diagramma bilineare (elasto-plastico) per acciaio d’armo

3.3.5 CONFRONTI CON LA PRECEDENTE NORMATIVA DELLE TENSIONI AMMISSIBILI

Nelle vecchie norme tecniche, si fa riferimento al metodo di calcolo alle tensioniammissibili. Di seguito riassumiamo alcuni richiami significativi della previgentenormativa.(9)

(9) Tratti dal Decreto Ministeriale 14 febbraio 1992 e dal DM 9 gennaio 1996: Norme tecniche

per l’esecuzione delle opere in cemento armato normale e precompresso e per le strutture metalliche.

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

Tensioni tangenziali ammissibili nel conglomerato (DM 14.01.92 § 3.1.4)Non è richiesta la verifica delle armature al taglio ed alla torsione quando le tensioni tangenziali

massime del conglomerato, prodotte da tali caratteristiche di sollecitazione, non superano i valoridi

_ τc0 ottenuti con l’espressione:

R ck _ 15 R ck

_ 150_

τc0 = 0,4 + ————— (N/mm2

) [_

τc0 = 4 + ————— (kgf/cm2

)] (3.46)75 75

Nella zona ove le tensioni tangenziali superano_

τc0 gli sforzi tangenziali devono essere inte-gralmente assorbiti da armature metalliche, affidando alle staffe non meno del 40% dello sforzoglobale di scorrimento.

La massima tensione tangenziale per solo taglio non deve superare il valore:

R ck _ 15 R ck

_ 150_ τc1 = 1,4 + ————— (N/mm2) [_

τc1 = 14 + ————— (kgf/cm2)] (3.47)35 35

Gli stessi valori sono ammessi nelle sezioni di attacco delle ali all’anima di travi a T o acassone.

Nel caso di sollecitazione combinata di taglio e torsione_

τc1 può essere aumentato del 10%.Le tensioni tangenziali di aderenza delle barre, nell’ipotesi di ripartizione uniforme, non devono

superare i valori sottoindicati.

Barre tonde lisce:

_ τb = 1,5

_ τc0 (3.48)

Barre ad aderenza migliorata:

_ τb = 3,0

_ τc0 (3.49)

Modulo elastico del calcestruzzo (DM 9.01.96 § 2.1.3)Per modulo elastico istantaneo, tangente all’origine, in mancanza di diretta sperimentazione

(...), si può assumere in sede di progetto il valore:

—EC = 5.700 √ Rck [N/mm2] (3.50)

Tale formula non è applicabile ai calcestruzzi maturati a vapore. Essa non è da considerarsivincolante nell’interpretazione dei controlli sperimentali delle strutture.

Valori massimi e minimi di Rck per strutture in cemento armato normale (DM 14.01.92§ 5.2.1)

Per strutture armate non è ammesso l’impiego di conglomerati con:

R ck < 15 N/mm2 [R ck

< 150 kgf/cm2] (3.51)

Nei calcoli statici non potrà essere presa in conto una resistenza caratteristica superiore a50 N/mm2 [500 kgf/cm2]. Per R ck ≥ 40 N/mm2 [R ck ≥ 400 kgf/cm2] si richiedono controllistatistici sia preliminari che in corso d’impiego, e calcolazioni accurate delle strutture.

Tensioni ammissibili negli acciai in barre tonde lisce (DM 14.01.92 § 3.1.5)

La tensione ammissibile non deve superare i valori indicati nel successivo prospetto 6.

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

Prospetto 6 - Tensioni ammissibili negli acciai in barre tonde lisce

Tensioni ammissibili negli acciai in barre ad aderenza migliorata (DM 14.01.92 § 3.1.6)Per le barre ad aderenza migliorata si devono adottare le tensioni ammissibili indicate nel

prospetto 7.

Prospetto 7 - Tensioni ammissibili negli acciai in barre ad aderenza migliorata

Per strutture in ambiente aggressivo, si dovrà effettuare la verifica di fessurazione. (omissis )

Le Tabelle 3.19 e 3.20 riassumono i contenuti di quanto indicato ai punti pre-cedenti.

Tabella 3.19 - Tensioni ammissibili σ c adm per il calcestruzzo in funzione di R ck

Tabella 3.20 - Tensioni ammissibili σ s adm per le barre d’armo

Tipo di acciaio Fe B 22 K Fe B 32 K_σs N/mm² 115 155

[kgf/cm²] [1.200] [1.600]

Tipo di acciaio Fe B 38 K Fe B 44 K_σs N/mm² 215 255

[kgf/cm²] [2.200] [2.600]

Rck 150 200 250 300 400 500

Compressione per flessione o pressoflessione su travi, solette con spessore maggiore di 5 cm e pilastri

σc adm(daN/cm2)

_ 60,00 _ 72,50 _ 85,00 _ 97,50 _ 110,00 _ 122,50

Compressione semplice su pilastri con spessore maggiore di 25 cm σcc = 0,7 σc

σcc adm(daN/cm2)

_ 42,00 _ 50,75 _ 59,50 _ 68,25 _ 77,00 _ 85,75

Compressione semplice su pilastri con spessore minore di 25 cm σcc = 0,7 [1 - 0,03 (25-s)] σc

σccadm(daN/cm2)

_ 42,00 _ 50,75 _ 59,50 _ 68,25 _ 77,00 _ 85,75

Nelle solette con spessore minore di 5 cm le tensioni ammissibili sono ridotte del 30%.Nelle travi a T con soletta collaborante la tensione ammissibile è ridotta:del 30% se lo spessore della soletta è minore di 5 cm;del 10% se lo spessore è maggiore di 5 cm. N.B. I segni negativi indicano valori di compressione.

Tipo di armatura Tipo di acciaio s adm (daN/cm2 ) Diametri ammessi (mm)

barre tonde lisce Fe B 22 K ± 1.200 5 ÷ 30

barre tonde lisce Fe B 32 K ± 1.600 5 ÷ 30

barre ad aderenza migliorata Fe B 38 K ± 2.200 5 ÷ 30

barre ad aderenza migliorata Fe B 44 K ± 2.600 5 ÷ 26

N.B. I segni positivi e negativi indicano rispettivamente valori di trazione e di compressione.

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

Come si evince dal confronto fra la (3.9) e la (3.43), fra la (3.18) e la (3.50),per un calcestruzzo di classe C25/30 (ex Rck 300), si ottengono i seguenti risultati(cfr. anche esempi 3.2 e 3.6).

f cd = 0,85 x 25 N/mm2 / 1,5 = 14,1 N/mm2 = 141 daN/cm2

R ck_ 150 300 _ 150 _

σ c

= 60 + ————— = 60 + ————— = 97,5 daN/cm2

4 4

Ecm = 22.000 x (f cm /10)0,3 = 22.000 x (33/10)0,3 ≈ 31.475 N/mm2

— —Ec = 5.700 √ Rck = 5.700 √ 30 ≈ 31.220 N/mm2

Per le barre d’armo si ha invece (cfr. Esempio 3.7 e Tabella 3.20):

Acciaio B450C o B450Af yd = 450 N/mm2 / 1,15 = 391,3 N/mm2 ≈ 3.913 daN/cm2

_σs = 2.600 daN/cm2

3.4 LEGNO STRUTTURALE

Con l’entrata in vigore delle NTC tutti i prodotti per uso strutturale, tra iquali anche il legno, debbono essere soggetti a procedura di:

• identificazione;• qualificazione;• accettazione.

L’identificazione e la qualificazione avviene mediante applicazione da partedel produttore della Marcatura CE o equipollente(10).

Il Direttore dei Lavori è tenuto dunque ad accertare la suindicata documen-

tazione ed è di sua esclusiva responsabilità l’«accettazione» in cantiere del materialee la sua applicazione per uso strutturale.

3.4.1 PARAMETRI MECCANICI

Valori caratteristici di resistenzaSi definiscono valori caratteristici di resistenza di un tipo di legno i valori

del frattile 5% della distribuzione delle resistenze, ottenuti sulla base dei risultatidi prove sperimentali effettuate con una durata di 300 secondi, su provini all’umiditàdi equilibrio del legno corrispondente alla temperatura di 20 ± 2°C ed umidità

relativa dell’aria del 65 ± 5%.Modulo elasticoPer il modulo elastico, si fa riferimento sia ai valori caratteristici corrispondenti

al frattile 5%, sia ai valori medi, ottenuti nelle stesse condizioni di prova sopraspecificate.

Massa volumicaSi definisce massa volumica caratteristica il valore del frattile 5% della relativa

distribuzione con massa e volume misurati in condizioni di umidità di equilibriodel legno alla temperatura di 20 ± 2°C ed umidità relativa dell’aria del 65 ± 5%.

(10) Ad esempio il Certificato di Idoneità Tecnica rilasciato dal Servizio Tecnico Centrale del

Ministero dei Lavori Pubblici.

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

Il progetto e la verifica di strutture realizzate con legno massiccio, lamellareo con prodotti per uso strutturale derivati dal legno, richiedono la conoscenzadei valori di resistenza, modulo elastico e massa volumica costituenti il profiloresistente. Il quadro complessivo di conoscenza di questi parametri deve com-prendere almeno quanto riportato nella Tabella 3.21.

Tabella 3.21 - Caratteristiche meccaniche del legno strutturale obbligatoriamente dichiarate dal Produttore

* La massa volumica media può non essere dichiarata.** Il pedice mean può essere abbreviato con m.

Nella suindicata tabella si osserva che, i parametri di resistenza, si riferisconoa condizioni di sollecitazione che variano in funzione della direzione delle solle-citazioni. Ciò è dovuto al fatto che, essendo il materiale legno caratterizzato dalladirezionalità delle sue fibre naturali costitutive (anisotropia), esso presenti carat-teristiche differenti, a seconda della direzione delle stesse (vedi Figura 3.14).

Figura 3.14 - Andamento delle fibre naturali in legno e parametri meccanici

Proprietà di resistenza Proprietà di modulo elastico Massa volumica

Flessione f m,kModulo elastico

parallelo medio **E0,mean

Massa volumicacaratteristica

ρk

Trazioneparallela

f t,0,kModulo elastico

parallelo caratteristicoE0,05

Massa volumicamedia *,**

ρmean

Trazioneperpendicolare

f t,90,kModulo elastico

perpendicolare medio **E90,mea

n

Compressioneparallela f c,0,k Modulo elasticotangenziale medio ** Gmean

Compressioneperpendicolare

f c,90,k

Taglio f v,k

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In generale, dunque, il pedice «0» indica che la caratteristica è afferente alladirezione parallela alle fibre, mentre il pedice «90», indica che si riferisce ad unadirezione ortogonale all’andamento delle medesime. Detta caratterizzazione valeper la resistenza a trazione, compressione, e per il modulo elastico.

Il pedice «mean» rappresenta un valore medio (frattile 50%).In particolare E0,05 rappresenta il valore caratteristico di frattile 5%, relativo

al modulo elastico in direzione parallela alle fibre, mentre E0,mean è il valore delmodulo elastico medio parallelo alle fibre.Se non altrimenti indicato, il pedice «k» si riferisce sempre a valori caratteristici

di frattile 5%.

3.4.2 LEGNO MASSICCIO

Il legno massiccio per uso strutturale è un prodotto naturale, selezionato eclassificato in dimensioni d’uso secondo la resistenza. I criteri di classificazioneprevisti dalle norme vigenti (DM 14.01.08, norme UNI(11)) garantiscono all’elementoprestazioni meccaniche minime statisticamente determinate e controllate.

Per tipi di legno non inclusi in normative vigenti (emanate da CEN o daUNI), e per i quali siano disponibili dati ricavati su campioni, è ammissibile ladeterminazione dei parametri di cui sopra, sulla base di confronti con specie legnoseincluse in normative di dimostrata validità.

Per il legno massiccio i valori caratteristici di resistenza, desunti da indaginisperimentali, sono riferiti a dimensioni standardizzate. In particolare, per la deter-minazione della resistenza a flessione l’altezza della sezione trasversale del campionedi prova è pari a 150 mm. Allo stesso modo, per il caso di determinazione dellaresistenza a trazione parallela alla fibratura, il lato maggiore della sezione tra-sversale del campione di prova è sempre pari a 150 mm.

Pertanto, per elementi di legno massiccio sottoposti a flessione o a trazioneparallela alla fibratura, che presentino rispettivamente una altezza o il lato maggioredella sezione trasversale inferiore a 150 mm, i valori caratteristici f m,k e f t,0,k, indicatinei profili resistenti, possono essere incrementati tramite il coefficiente moltipli-cativo kh, così definito:

150kh = min (———)

0,2; 1,3 (3.5.2)

h

[NT 11.17.1]essendo h, in millimetri, l’altezza della sezione trasversale dell’elemento inflesso

oppure il lato maggiore della sezione trasversale dell’elemento sottoposto a trazione.Le norme di riferimento attuali per la classificazione del legno massiccio sono

contenute nella UNI EN 338. Per i legnami di conifera e di pioppo i valori deiparametri meccanici sono desunti dalla Tabella 3.22; per le essenze di latifogliala tabella di riferimento è invece la 3.23. Nel primo caso, al valore numerico diclassificazione (relativo alla resistenza caratteristica a flessione) viene antepostala lettera «C», ad esempio un legname classificato C24 è di pioppo o di coniferacon resistenza caratteristica a flessione f m,k = 24 MPa, ovvero 24 N/mm2, ovvero240 daN/cm2. Analogamente la classificazione D30, si riferisce ad una tipologiadi latifoglie con resistenza caratteristica a flessione f m,k = 30 MPa, ovvero 30 N/mm2,ovvero 300 daN/cm2.

(11) In particolare UNI EN 338-2004; UNI EN 338-2005; UNI EN 1912-2005; UNI 11035-2003.

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Tabella 3.22 - Tabella caratteristiche meccaniche dei legnami di conifera e pioppo(UNI EN 338)

Valore di resistenzamodulo elastico

e massa volumicaC14 C16 C18 C20 C22 C24 C27 C30 C35 C40 C45 C50

Resistenza [MPa] = [N/mm2 ]

Flessione f m,k

Trazione parallelaalla fibratura f t,0,k

Trazione perpendicolarealla fibratura f t,90,k

Compressione parallelaalla fibratura f c,0,k

Compressione f c,90,kperpendicolare allafibratura

Taglio f v,k

14

8

0,4

16

2,0

1,7

16

10

0,5

17

2,2

1,8

18

11

0,5

18

2,2

2,0

20

12

0,5

19

2,3

2,2

22

13

0,5

20

2,4

2,4

24

14

0,5

21

2,5

2,5

27

16

0,6

22

2,6

2,8

30

18

0,6

23

2,7

3,0

35

21

0,6

25

2,8

3,4

40

24

0,6

26

2,9

3,8

45

27

0,6

27

3,1

3,8

50

30

0,6

29

3,2

3,8

Modulo elastico [GPa] = [KN/mm2 ]

Modulo elastico medioparallelo alle fibre

E0,mean

Modulo elastico carat-teristico parallelo alle

fibre E0,05

Modulo elastico medioperpendicolare allefibre E90,mean

Modulo di taglio medioGmean

7

4,7

0,23

0,44

8

5,4

0,27

0,50

9

6,0

0,30

0,56

9,5

6,4

0,32

0,59

10

6,7

0,33

0,63

11

7,4

0,37

0,69

11,5

7,7

0,38

0,72

12

8,0

0,40

0,75

13

8,7

0,43

0,81

14

9,4

0,47

0,88

15

10,0

0,50

0,94

16

10,7

0,53

1,00

Massa volumica [daN/m3 ]

Massa volumicacaratteristica ρk

Massa volumicamedia ρm

290

350

310

370

320

380

330

390

340

410

350

420

370

450

380

460

400

480

420

500

440

520

460

550

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Tabella 3.23 - Tabella caratteristiche meccaniche dei legnami di latifoglie (UNI EN 338)

Valore di resistenzamodulo elastico

e massa volumicaD30 D35 D40 D50 D60 D70

Resistenza [MPa] = [N/mm2 ]

Flessione f m,k

Trazione parallelaalla fibratura f t,0,k

Trazione perpendicolarealla fibratura f t,90,k

Compressione parallelaalla fibratura f c,0,k

Compressione f c,90,kperpendicolare allafibratura

Taglio f v,k

30

18

0,6

23

8,0

3,0

35

21

0,6

25

8,4

3,4

40

24

0,6

26

8,8

3,8

50

30

0,6

29

9,7

4,6

60

36

0,6

32

10,5

5,3

70

42

0,6

34

13,5

6,0

Modulo elastico [GPa] = [KN/mm2 ]

Modulo elastico medio paral-lelo alle fibre E0,mean

Modulo elastico caratteristicoparallelo alle fibre E0,05

Modulo elastico medio per-pendicolare alle fibre E90,mean

Modulo di taglio medio Gmean

10

8,0

0,64

0,60

10

8,7

0,69

0,65

11

9,4

0,75

0,70

14

11,8

0,93

0,88

17

14,3

1,13

1,06

20

16,8

1,33

1,25

Massa volumica [daN/m3 ]

Massa volumica caratteristicaρk

Massa volumica media ρm

530

640

560

670

590

700

650

780

700

840

900

1080

1 N/mm2 = 1 MPa1 kN/mm2 = 1 GPa

Le proprietà meccaniche del legno massiccio si basano sulla resistenza a flessione f mk, sul

modulo di rigidezza medio EO,mean e sulla massa volumica caratteristica ρk.

Trazione parallela alle fibre f t,0,k = 0,6 f mk

Perpendicolare alle fibre f t,90,k = min (0,6 e 0,0015 ρk)

Compressione parallela alle fibre f c,0,k = 0,6 (f mk)0,45

Compressione perpendicolare alle fibre f c,90,k = 0,007ρk conifere – f c,90,k = 0,015 ρk latifoglie

Taglio f vk = min [3,8 e 0,2(f mk)0,8]

Modulo di taglio medio Gm = E0m / 16

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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3.4.3 LEGNO LAMELLARE INCOLLATO

Il legno lamellare incollato ( glued laminated in inglese, da cui l’abbreviazioneGlue Lam), è un prodotto industriale ottenuto mediante procedure normalizzatedi incollaggio, pressatura ed essicamento, di singole lamelle. Le dimensioni diquest’ultime variano da 33 a 40 mm di spessore per una larghezza che dipende

dal profilo commerciale prescelto, mentre la lunghezza varia da 150 a 500 mm.Con queste modalità si ottengono profili di elementi strutturali di ottime capacitàmeccaniche, di notevoli dimensioni e curvature (Tabella 3.24).

Tabella 3.24 - Dimensioni di produzione di sezioni rettangolari in legno lamellare

La classificazione del legno lamellare incollato avviene in conformità della UNIEN 1194:2000 secondo quanto indicato in Tabella 3.25.

Larghezza b ... [cm]

8.0 10.0 12.0 14.0 16.0 18.0 20.0 22.0

Altezza h ... [cm]

12.0 48.3 84.9 121.3 157.8 194.2

16.0 52.4 88.9 125.4 161.8 198.2

20.0 56.4 93.0 129.4 165.9 202.3

24.0 60.5 97.0 133.5 169.9 206.4

28.0 64.6 101.1 137.5 174.0 210.4

32.0 68.7 105.1 141.6 178.0 214.5

36.0 72.7 109.2 145.6 182.1 218.5

40.0 76.8 113.2 149.7 186.1 222.6

44.3 80.8 117.3 153.7 190.2

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Tabella 3.25 - Classi di resistenza e profili caratteristici legno lamellare (UNI EN 1194)

Alla sigla numerica che definisce la resistenza caratteristica a flessione, vengonoanteposte le lettere GL (glued laminated) e post poste le lettere «h» o «c» a secondache le lamelle incollate siano dello stesso tipo o di tipo diverso.

Ad esempio un legname classificato GL24h è un lamellare incollato omogeneo

con resistenza caratteristica a flessione f m,k = 24 MPa, ovvero 24 N/mm2, ovvero240 daN/cm2.

Per il legno lamellare incollato i valori caratteristici di resistenza, desunti daindagini sperimentali, sono riferiti a dimensioni standardizzate del campione diprova secondo norme specifiche. In particolare, per la determinazione della resi-stenza a flessione, l’altezza della sezione trasversale del campione di prova è paria 600 mm, così come per la determinazione della resistenza a trazione parallelaalla fibratura, il lato maggiore della sezione trasversale del provino è pari a 600mm.

Di conseguenza, per elementi di legno lamellare sottoposti a flessione o a tra-zione parallela alla fibratura, che presentino rispettivamente una altezza o il lato

Classi di resistenza

Legno lamellareincollato omogeneo

Legno lamellarecombinato

GL24h GL28h GL32h GL36h GL24c GL28c GL32c GL36c

Resistenza [MPa] = [N/mm2 ]

Resistenza a flessione f m,k

Resistenza f t,0,ka trazione f t,00,k

Resistenza a f c,0,kcompressione f c,90,k

Resistenza a taglio f v,k

Modulo di elasticità E0,meanE0,05E90,mean

Modulo di taglio Gg,mean

24

16,50,4

242,7

2,7

11.6009.400390

720

28

19,50,45

26,53,0

3,2

12.60010.200

420

780

32

22,50,5

293,3

3,8

13.70011.100

460

850

36

360,6

313,6

4,3

14.10011.900

490

910

24

140,6

212,4

2,2

11.6009.400320

590

28

16,50,4

242,7

2,7

12.60010.200

390

720

32

19,50,45

26,53,0

3,2

13.70011.100

420

780

36

22,50,5

293,3

3,8

14.70011.900

460

850

Massa volumica [daN/m3 ]

Massa volumica ρk 380 410 430 450 350 580 410 430

Le proprietà meccaniche del legno lamellare omogeneo si basano sulla resistenza f t0,1k, a trazionedella singola lamella, sul modulo di rigidezza medio EO,mean e sulla massa volumica caratteristicaρk.Le relazioni indicate da EN 1194 sono le seguenti:

Flessione f mk = 07 + 1,5 f t0,1k

Trazione parallela alle fibre f t,0,k = 5 + 0,8 f t0,1k

Perpendicolare alle fibre f t,90,k = 0,2 + 0,015 f t0,1k

Compressione parallela alle fibre f c,0,k = 7,2 (f ft0)0,45

Compressione perpendicolare alle fibre f c,90,k = 0,7 (f t0,tk)0,5

Taglio f vk = 0,32 (f t0,1k)0,8

Modulo di taglio medio Gm = 0,065 E0m

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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maggiore della sezione trasversale inferiore a 600 mm, i valori caratteristici fm,ke ft,0,k , indicati nei profili resistenti, possono essere incrementati tramite il coef-ficiente moltiplicativo kh, così definito:

600kh = min (———)0,1

; 1,1 (3.5.3) h [NT 11.17.2]

essendo h, in millimetri, l’altezza della sezione trasversale dell’elemento inflessoo il lato maggiore della sezione trasversale dell’elemento sottoposto a trazione.

I legno lamellare si distingue infine anche per le modalità di incollaggio dellelamelle che possono essere incollate su piani orizzontali o verticali. Le schedetecniche dei produttori di solito indicano anche il piano di incollaggio.

Altra cosa invece è il cosiddetto «bilama» o «trilama» che si trova in commercio,il quale non è propriamente un legno lamellare ma un ibrido incollato su piani verticali. Per questo non viene classificato con le lettere GL, ma C o D a secondache sia di conifere o latifoglie.

3.4.4 PANNELLI A BASE DI LEGNO

Oltre che elementi strutturali «monodimensionali», la produzione del legnostrutturale investe anche il settore dei pannelli («bidimensionali»), per i quali siapplica la Marcatura CE, e che devono essere conformi alla norma europea armo-nizzata UNI EN 13986.

Esistono diverse tipologie di pannelli, ad esempio:— pannelli in compensato multistrato;— in fibra o particelle;— pannelli in scaglie orientate (OSB: oriented stand board);— pannelli truciolari.

La procedura di produzione è generalmente sempre riassumibile in incollaggio,pressatura ed essiccamento.

Per la valutazione dei valori caratteristici di resistenza e rigidezza, da utilizzarenella progettazione di strutture, può farsi utile riferimento alle norme UNI EN12369-1:2002 e UNI EN 12369-2:2005.

Anche per queste tipologie di legno sarà bene che il progettista si affidi aproduttori che offrano garanzie in termini di qualificazione e certificazione deiprodotti.

3.4.5 CLASSI DI DURATA E CARICO DI SERVIZIO

Le azioni di calcolo devono essere assegnate ad una delle classi di durata delcarico elencate nella Tabella 3.26.

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

Tabella 3.26 - Tipi di carico e classi di durata

Le classi di durata del carico si riferiscono a un carico costante attivo, per uncerto periodo di tempo, nella vita della struttura. Per un’azione variabile la classe

appropriata deve essere determinata in funzione dell’interazione fra la variazionetemporale tipica del carico nel tempo e le proprietà reologiche dei materiali.

Ai fini del calcolo in genere si può assumere quanto segue:• il peso proprio e i carichi non rimovibili durante il normale esercizio

della struttura, appartengono alla classe di durata permanente;• i carichi permanenti, suscettibili di cambiamenti durante il normale eser-

cizio della struttura, e i carichi variabili, relativi a magazzini e depositi, appar-tengono alla classe di lunga durata;

• i carichi variabili degli edifici, ad eccezione di quelli relativi a magazzinie depositi, appartengono alla classe di media durata;

• il sovraccarico da neve riferito al suolo q sk, calcolato in uno specifico sito

ad una certa altitudine, è da considerare in relazione alle caratteristiche del sito;• l’azione del vento e le azioni eccezionali (anche sisma) in genere, appar-

tengono alla classe di durata istantanea.

3.4.6 CLASSI DI SERVIZIO

Le strutture (o parti di esse) devono essere assegnate ad una delle 3 classidi servizio elencate nella Tabella 3.27.

Tabella 3.27 - Classi di servizio

Per l’applicazione della Tabella 3.27, a meno di indagini più approfondite, si

può tenere conto dello schema di Figura 3.15.

Classe di durata del carico Durata del carico Esempi tipi di carico

Permanente oltre 10 anni peso proprio, carichi non rimovibili

Lunga durata da 6 mesi a 10 annipermanenti suscettibili di cambiamento(mobili); carichi variabili di magazzini edepositi

Media duratada 1 settimana a 6

mesicarichi variabili di edifici ad eccezione diquelli relativi a magazzini e depositi

Breve durata meno di 1 settimanasovraccarico neve in relazione alle carat-teristiche del sito; sovraccarico di affolla-mento se non permanente

Istantaneo ---- vento, sisma, urti dinamici, azioni ecce-zionali

Classe di servizio 1È caratterizzata da un’umidità del materiale in equilibrio con l’ambiente auna temperatura di 20°C e un’umidità relativa dell’aria circostante che nonsuperi il 65%, se non per poche settimane all’anno

Classe di servizio 2È caratterizzata da un’umidità del materiale in equilibrio con l’ambiente auna temperatura di 20°C e un’umidità relativa dell’aria circostante che nonsuperi l’85%, solo per poche settimane all’anno

Classe di servizio 3 È caratterizzata da un’umidità più elevata di quella della classe di servizio 2

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Figura 3.15 - Attribuzione della classe di servizio

3.4.7 VALUTAZIONE DEI PARAMETRI MECCANICI DI CALCOLO

I valori di calcolo per le proprietà del materiale si assegnano, a partire dai valori caratteristici, con riferimento combinato alle classi di servizio e alle classidi durata del carico, in quanto durata del carico e umidità del legno influisconosulle proprietà resistenti del legno.

Il valore di calcolo Xd di una proprietà del materiale (o della resistenza diun collegamento) viene calcolato mediante la relazione:

kmodXkXd = ———— (3.54)γM

[NT 4.4.1]dove:

Xk = valore caratteristico della proprietà del materiale o della resistenzadel collegamento

γM = coefficiente parziale di sicurezza secondo Tabella 16.8kmod = coefficiente correttivo che tiene conto dell’effetto, sui parametri di

resistenza, sia della durata del carico sia dell’umidità della struttura. I valori di kmod sono forniti nella Tabella 16.9. Se una combinazione dicarico comprende azioni appartenenti a differenti classi di durata delcarico si dovrà scegliere un valore di kmod che corrisponde all’azionedi minor durata.

Tabella 3.28 - Coefficienti parziali γ M per le proprietà dei materiali

Stati limite ultimi

- Combinazioni fondamentali

legno massiccio 1,50

legno lamellare incollato 1,45

pannelli di particelle o di fibe 1,50

compensato, pannelli di scaglie orientate 1,40

unioni 1,50

- combinazioni eccezionali 1,00

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Tabella 3.29 - Valori di kmod per legno e prodotti strutturali a base di legno

ESEMPIO 3.9

Valutazione della tensione caratteristica di progetto a flessione di un legno lamel-lare classificato GL24h di sezione 200 mm x 524 mm, soggetto ad un carico dimedia durata ed essendo l’elemento in classe di servizio 1.Per la (16.2) si ha:kh = min (600/524)0,1; 1,1 = 1,013; 1,1 = 1,013Per la (16.3):f m,k = 24 N/mm2

γM = 1,45Classe di servizio = 1kmod = 0,8 (carico di media durata)f m,d = kh x f m,k x kmod / γM = 1,013 x 24 x 0,8 / 1,45 ≈ 13,41 N/mm2

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

Materiale RiferimentoClasse

diservizio

Classe di durata del carico

Permanente Lunga Media Breve Istantanea

Legno massiccio

Legno lamellareincollato

EN 14081-1EN 14080

1 0,60 0,70 0,80 0,90 1,00

2 0,60 0,70 0,80 0,90 1,00

3 0,50 0,55 0,65 0,70 0,90

CompensatoEN636

Parti 1, 2, 3 1 0,60 0,70 0,80 0,90 1,00

Parti 2, 3 2 0,60 0,70 0,80 0,90 1,00

Parte 3 3 0,50 0,55 0,65 0,70 0,90

Pannello discaglie orientate(OSB)

EN300

OSB/2 1 0,30 0,45 0,65 0,85 1,00

OSB/3 -OSB/4

1 0,40 0,50 0,70 0,90 1,00

2 0,30 0,40 0,55 0,70 0,90

Pannello diparticelle(truciolare)

EN312

Parti 4, 5 1 0,30 0,45 0,65 0,85 1,00

Parte 5 2 0,20 0,30 0,45 0,60 0,80

Parti 6, 7 1 0,40 0,50 0,70 0,90 1,00

Parte 7 2 0,30 0,40 0,55 0,70 0,90

Pannello difibre, altadensità

EN622-2

HB.LA,HB.HLA1 o 2

1 0,30 0,45 0,65 0,85 1,00

HB.HLA1 o 2

2 0,20 0,30 0,45 0,60 0,80

Pannello difibre, mediadensità (MDF)

EN622-3

MBH.LA1 o 2

1 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

MBH.HLS1 o 2

1 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

2 - - - 0,45 0,80

EN622-5

MDF.LA,MDF.HLS

1 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

MDF.HLS 2 - - - 0,45 0,80

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

3.4.8 CONFRONTI CON LA NORMATIVA RELATIVA AL METODO DELLE TENSIONI AMMISSIBILI

Nella Tabella 3.30 son riportati alcuni valori dei parametri di resistenza meccanicautilizzabili, in prima approssimazione, con il metodo delle tensioni ammissibili.(12)

Tabella 3.30 - Tensioni ammissibili per alcuni tipi di legname

(12) La Tabella è tratta da: Guglielmo Giordano - Costruzioni in Legno, Hoepli, Milano 1964

Specie legnosa

Cat. Compressione

Flessione Trazione Taglio1a

2a

3a

lungo lafibrat.

perpendic.alla fibrat.

Abete rosso1a

2a

3a

100 daN/cm2

80 daN/cm2

60 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

110 daN/cm2

90 daN/cm2

70 daN/cm2

110 daN/cm2

90 daN/cm2

60 daN/cm2

10 daN/cm2

9 daN/cm2

8 daN/cm2

Abete bianco1a

2a

3a

100 daN/cm2

90 daN/cm2

60 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

115 daN/cm2

100 daN/cm2

75 daN/cm2

110 daN/cm2

90 daN/cm2

60 daN/cm2

11 daN/cm2

10 daN/cm2

9 daN/cm2

Larice 1a

2a

3a

120 daN/cm2

100 daN/cm2

75 daN/cm2

25 daN/cm2

22 daN/cm2

20 daN/cm2

130 daN/cm2

110 daN/cm2

85 daN/cm2

120 daN/cm2

95 daN/cm2

70 daN/cm2

11 daN/cm2

10 daN/cm2

9 daN/cm2

Pino silvestre,Pino nero ePino montano

1a

2a

3a

110 daN/cm2

90 daN/cm2

70 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

120 daN/cm2

100 daN/cm2

80 daN/cm2

110 daN/cm2

90 daN/cm2

60 daN/cm2

10 daN/cm2

9 daN/cm2

8 daN/cm2

Pino silano1a

2a

3a

110 daN/cm2

90 daN/cm2

70 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

130 daN/cm2

110 daN/cm2

80 daN/cm2

110 daN/cm2

90 daN/cm2

60 daN/cm2

10 daN/cm2

9 daN/cm2

8 daN/cm2

Pino marittimo1a

2a

3a

110 daN/cm2

90 daN/cm2

70 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

120 daN/cm2

100 daN/cm2

80 daN/cm2

110 daN/cm2

90 daN/cm2

60 daN/cm2

10 daN/cm2

9 daN/cm2

8 daN/cm2

Pino domestico1a

2a

3a

100 daN/cm2

80 daN/cm2

60 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

110 daN/cm2

90 daN/cm2

70 daN/cm2

110 daN/cm2

90 daN/cm2

60 daN/cm2

10 daN/cm2

9 daN/cm2

8 daN/cm2

Pino d’Aleppo1a

2a

3a

120 daN/cm2

100 daN/cm2

75 daN/cm2

25 daN/cm2

22 daN/cm2

20 daN/cm2

130 daN/cm2

110 daN/cm2

85 daN/cm2

120 daN/cm2

95 daN/cm2

60 daN/cm2

11 daN/cm2

10 daN/cm2

9 daN/cm2

Castagno,Frassino e Olmo

1a

2a

3a

110 daN/cm2

90 daN/cm2

70 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

20 daN/cm2

120 daN/cm2

100 daN/cm2

80 daN/cm2

110 daN/cm2

90 daN/cm2

60 daN/cm2

8 daN/cm2

7 daN/cm2

6 daN/cm2

Ontano1a

2a

3a

100 daN/cm2

80 daN/cm2

60 daN/cm2

15 daN/cm2

15 daN/cm2

15 daN/cm2

110 daN/cm2

90 daN/cm2

70 daN/cm2

100 daN/cm2

80 daN/cm2

50 daN/cm2

6 daN/cm2

5 daN/cm2

4 daN/cm2

Pioppo1a

2a

3a

100 daN/cm2

80 daN/cm2

60 daN/cm2

15 daN/cm2

15 daN/cm2

15 daN/cm2

105 daN/cm2

85 daN/cm2

65 daN/cm2

90 daN/cm2

70 daN/cm2

45 daN/cm2

6 daN/cm2

5 daN/cm2

4 daN/cm2

Quercie e Faggio1a

2a

3a

120 daN/cm2

100 daN/cm2

75 daN/cm2

30 daN/cm2

25 daN/cm2

22 daN/cm2

130 daN/cm2

110 daN/cm2

85 daN/cm2

120 daN/cm2

100 daN/cm2

70 daN/cm2

12 daN/cm2

10 daN/cm2

9 daN/cm2

Robinia1a

2a

3a

120 daN/cm2

100 daN/cm2

75 daN/cm2

30 daN/cm2

25 daN/cm2

22 daN/cm2

135 daN/cm2

115 daN/cm2

90 daN/cm2

130 daN/cm2

110 daN/cm2

70 daN/cm2

12 daN/cm2

10 daN/cm2

9 daN/cm2

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Note relative alla Tabella 3.30

Categoria 1a:Legname assolutamente sano, immune da alterazioni cromatiche e da perforazioni o guasti

provocati da insetti o funghi. Esclusione di tasche di resina e di canastro, di cipollature e diqualsiasi altra lesione. Fibratura regolare avente deviazione massima delle fibre rispetto all’asselongitudinale del pezzo di 1/15; nodi aderenti con diametro non superiore a 1/5 della dimensioneminima di sezione ed in ogni caso non superiore a cm 5; frequenza dei nodi tale che in 15 cm

di lunghezza della zona più nodosa la somma dei diametri dei vari nodi non oltrepassi i 2/5 dellalarghezza di sezione.

Categoria 2a:Legname sano, immune da perforazioni e guasti provocati da insetti o funghi, con tolleranza

di lievi alterazioni cromatiche. Esclusione di canastro esteso, di cipollature e altre lesioni, con tol-leranza di tasche di resina di spessore non superante i 3 mm. Andamento delle fibre avente deviazionemassima di 1/8 rispetto all’asse longitudinale del pezzo: nodi aderenti aventi diametro non superioread 1/3 della dimensione minima di sezione ed in ogni caso non superiore a cm 7; frequenza deinodi tale che in 15 cm di lunghezza della zona più nodosa la somma dei diametri dei vari nodinon superi i 2/3 della larghezza di sezione. Tollaranza di lievi fessurazioni alle estremità e, nelcaso di segati a spigolo vivo, di smussi non superanti 1/20 della dimensione che ne è affetta.

Categoria 3a:Legname sano, immune da perforazioni o guasti causati da insetti o funghi, con tolleranza di

alterazioni cromatiche. Esclusione di cipollature e altre lesioni estese. Andamento delle fibre aventedeviazione massima di non oltre 1/5 rispetto all’asse longitudinale del pezzo: nodi aderenti per almeno2/3 del totale, con diametro non superiore ad 1/2 della dimensione minima di sezione: frequenzadei nodi tale che in 15 cm di lunghezza della zona più nodosa la somma dei diametri dei varinodi non oltrepassi i 3/4 della larghezza di sezione. Tolleranza di fessurazioni alle estremità e, nelcaso di segati a spigolo vivo, di smussi non superanti 1/10 della dimensione che ne è affetta.

Categoria 4a (da non potersi ammettere per costruzioni permanenti):Tolleranza di guasti, difetti, alterazioni e smussi superanti i limiti della 3a categoria.

3.5 MURATURE IN ELEMENTI ARTIFICIALI

3.5.1 GENERALITÀ

Nella modello teorico del comportamento strutturale si fa riferimento a pannellimurari, ovvero la schematizzazione avviene considerando un «macroelemento» dimuratura. Questo può essere costituito da una elemento prismatico di dimensioneL x t x H con (vedi Figura 3.16):

L = lunghezza del muro;t = spessore del muroH = altezza dell’elemento considerato (spesso l’interpiano).

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Figura 3.16 - Pannello murario e schema delle azioni secondo i tre assi di riferimento

Con tale tipo di modellazione risulta necessario riferirsi dunque a dei parametrimeccanici che rappresentino non tanto gli elementi costituenti il muro, bensì ilcomportamento complessivo di questo. È evidente che la determinazione di dettiparametri non può prescindere da quelli caratterizzanti gli elementi che lo com-pongono (mattoni e malta), pertanto occorrerà comunque riferirsi a questi. Oltrea risultati di tipo sperimentale, ottenuti su muretti con dimensioni normalizzate,per la determinazione dei parametri meccanici delle murature è possibile riferirsiad algoritmi fissati dal DM 14.01.08. In tal caso si parla di «stima di progetto»del valore del relativo parametro.

In definitiva le proprietà fondamentali in base alle quali si classifica una mura-tura sono:

a) la resistenza caratteristica a compressione f k;b) la resistenza caratteristica a taglio in assenza di azione assiale f vk0;c) il modulo di elasticità normale secante E,d) il modulo di elasticità tangenziale secante G.

I valori delle caratteristiche meccaniche utilizzate per le verifiche devono esseresempre indicati nei dati di progetto. In ogni caso, quando è richiesto un valoredi f k maggiore o uguale a 8 MPa (80 daN/cm2) si deve controllare il valore di f k,mediante prove sperimentali normalizzate.

3.5.2 LE MALTE

Ai fini della definizione delle caratteristiche meccaniche delle murature, comeè ovvio, le malte rappresentano un elemento fondamentale. Esiste in particolarela possibilità di avere una produzione certificata. Le NTC prevedono infatti laclassificazione di 2 tipi di malte:

a) malte a prestazione garantita;b) malte a composizione prescritta.

Le prime sono soggette ad una produzione con controllo di qualità e MarcaturaCE e quindi offrono una garanzia maggiore in termini statistico-prestazionali. Le

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Tabella 3.33 - Classificazione delle malte a composizione prescritta

È possibile utilizzare malte di diverse proporzioni ma dovranno essere pre- ventivamente sperimentate con le modalità riportate nella norma UNI EN 1015-11:2007, identificandole comunque secondo la Tabella 3.32.

Si noti che l’indicazione per la classe di malte a composizione prescritta hauna «taratura» diversa rispetto a quelle a composizione garantita, ovvero le classiM8 e M12 compaiono solo per le prime. Anche in questo caso il numero chesegue la lettera M indica il limite inferiore di resistenza media espresso in N/mm 2.

3.5.3 ELEMENTI ARTIFICIALI E NATURALI PER MURATURE

3.5.3.1 Elementi artificiali

Gli elementi artificiali sono caratterizzati da una produzione in serie sottopostaad un sistema di certificazione del prodotto normalizzato. Gli elementi artificialipossono essere di matrice argillosa, come i laterizi, ma anche di altro impasto,come ad esempio: calcestruzzo, calcestruzzo alleggerito con vari tipi di materiale(argilla espansa, fibre minerali ecc) e altri tipi ancora. Possono essere pieni odotati di fori in direzione normale al piano di posa (foratura verticale) oppurein direzione parallela (foratura orizzontale).

3.5.3.2 Elementi naturali

Per le costruzioni in muratura portante possono anche essere utilizzati elementinaturali. In ogni caso si tratta comunque di una produzione di serie basata suelementi ricavati da materiale lapideo non friabile o sfaldabile, e resistente al gelo.Essi non devono contenere, in misura sensibile, sostanze solubili o residui organicie devono essere integri, ovvero senza zone alterate o rimovibili.

Ad ogni modo anche questo tipo di elementi deve possedere i requisiti di resi-stenza meccanica ed adesività alle malte determinati secondo le modalità descrittein specifici paragrafi delle NTC, in particolare secondo quanto riportato al §3.5.4.1.2.

ClasseTipo dimalta

Composizione

Cemento Calce aereaCalce

idraulicaSabbia Pozzolana

M 2,5 Idraulica -- -- 1 3 --

M 2,5 Pozzolanica -- 1 -- -- 3

M 2,5 Bastarda 1 -- 2 9 --

M 5 Bastarda 1 -- 1 5 --

M 8 Cementizia 2 -- 1 8 --

M 12 Cementizia 1 -- -- 3 --

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3.5.3.3 Classificazione in base alla percentuale di foratura

La produzione di laterizi si attesta su una classificazione di base normata dalDM 14.01.08 che prevede, per gli elementi artificiali di impiego strutturale, unadistinzione in tre gruppi:

1) elementi artificiali pieni;

2) elementi artificiali semipieni;3) elementi artificiali forati,in base alla percentuale di foratura ϕ ed all’area media della sezione normale

di ogni singolo foro f .I fori sono di regola distribuiti pressoché uniformemente sulla faccia dell’ele-

mento.La percentuale di foratura è espressa dalla relazione:

ϕ = 100 F/A (3.55)

dove:F = area complessiva dei fori passanti e profondi non passanti;A = area lorda della faccia dell’elemento di muratura delimitata dal suo peri-

metro.Nel caso dei blocchi in laterizio estrusi la percentuale di foratura ϕ coincide

con la percentuale in volume dei vuoti come definita dalla norma UNI EN 772-9:2001.

Le Tabelle 3.34 e 3.35 riportano, rispettivamente, la classificazione per gli ele-menti in laterizio e calcestruzzo.

Tabella 3.34 - Classificazione di elementi in laterizio in base ai fori

Tabella 3.35 - Classificazione di elementi in calcestruzzo

Elementi Percentuale di foratura ϕ Area f della sezione normale del foro

Pieni ϕ ≤ 15% f ≤ 9 cm2

Semipieni 15% < ϕ ≤ 45% f ≤ 12 cm2

Forati 45% < ϕ ≤ 55% f ≤ 15 cm2

Elementi Percentuale di foratura ϕ Area f della sezione normale del foroA ≤ 900 cm2 A > 900 cm2

Pieni ϕ ≤ 15% f ≤ 0,10 A f ≤ 0,15 A

Semipieni 15% < ϕ ≤ 45% f ≤ 0,10 A f ≤ 0,15 A

Forati 45% < ϕ ≤ 55% f ≤ 0,10 A f ≤ 0,15 A

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

3.5.4 PARAMETRI MECCANICI DELLE MURATURE

3.5.4.1 Stima di progetto della resistenza caratteristica a compressione

3.5.4.1.1 Elementi artificiali pieni e semipieni

In sede progettuale le norme indicano una procedura per stimare la resistenza

a compressione dei pannelli murari a partire dalle indicazione contenute nelle cer-tificazioni. Per le murature formate da elementi artificiali pieni o semipieni il valoredella resistenza caratteristica a compressione f k può essere dedotto mediante:

a) resistenza a compressione f bk degli elementi (certificazione dei mattoni);b) dalla classe di appartenenza della malta (certificazione della malta).

Con i suindicati dati si determina f k utilizzando la Tabella 3.36.

Tabella 3.36 - Stima della resistenza caratteristica a compressione f k delle muraturein elementi artificiali pieni e semipieni

La validità di tale tabella è limitata a quelle murature aventi giunti orizzontalie verticali riempiti di malta e di spessore compreso tra 5 e 15 mm. Per valorinon contemplati in tabella è ammessa l’interpolazione lineare; in nessun caso sonoammesse estrapolazioni.

3.5.4.1.2 Elementi naturali

Nel caso di murature costituite da elementi naturali si assume convenzional-mente la resistenza caratteristica a compressione dell’elemento f bk pari a:

f bk = 0,75 f bm (3.56)

dovef bm rappresenta la resistenza media a compressione degli elementi in pietra

squadrata.

Resistenza caratteristica a compressione

f bk dell’elemento (N/mm2

)

Tipo di malta

M15 M10 M5 M2,52,0 1,2 1,2 1,2 1,2

3,0 2,2 2,2 2,2 2,0

5,0 3,5 3,4 3,3 3,0

7,5 5,0 4,5 4,1 3,5

10,0 6,2 5,3 4,7 4,1

15,0 8,2 6,7 6,0 5,1

20,0 9,7 8,0 7,0 6,1

30,0 12,0 10,0 8,6 7,2

40,0 14,3 12,0 10,4 --

ESEMPIO 3.10

Si stimi la resistenza caratteristica a compressione di una muratura composta daelementi in laterizio portante aventi resistenza a compressione certificata f bk = 75daN/cm2 e malta a prestazione garantita M10.

Dall’incrocio dei valori di tabella 3.36 si ottiene:f k = 45 daN/cm2 = 4,5 N/mm2

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3.5.4.4 Resistenza caratteristica a flessione della muratura non armata

Questo tipo di resistenza non viene esplicitamente definita nelle NTC, ma inalcune verifiche potrebbe essere necessario considerarla. In sostanza si tratta dellapossibilità che vi sia una rottura secondo le modalità di Figura 3.18, ovvero con-siderando 2 piani: parallelo ai letti di malta o perpendicolare ai letti di malta.

Figura 3.18 - Rottura per flessione fuori del piano

La resistenza sui 2 piani può essere determinata sperimentalmente medianteprove secondo la EN 1052-2, o può essere stabilita da una valutazione dei datiricavati da prove sulle resistenze a flessione della muratura ottenute da appropriatecombinazioni di elementi e malta. I campioni sperimentali devono essere tali chei risultati diano il piano di rottura parallelo ai letti di malta (per determinaref xMk) e, in altri casi, perpendicolare ai letti di malta (per la determinazione dif zMk).

La resistenza a flessione può essere espressa con la lettera F seguita dalleresistenze a flessione in N/mm2, ovvero: F f xMk /f zMk ad esempio F 0,35/1,00 (N/mm2)dove si intende f xMk = 0,35N/mm2 e f zMk = 1 N/mm2.

L’Eurocodice 6(13) prescrive che la resistenza a flessione della muratura f xMkdebba di regola essere utilizzata solo per il progetto di muri sottoposti ad azionidi carichi transitori (per esempio il vento) agenti in direzione normale alla lorosuperficie. Il valore di f xMk deve essere preso uguale a zero quando la rotturadella parete potrebbe condurre ad un maggiore collasso o alla perdita totale dellastabilità dell’intera struttura, e nel progettare la resistenza all’azione sismica.

Nella Tabella 3.39 si riportano alcuni valori da utilizzare a titolo orientativo:si indica con f xMk la resistenza a flessione che produce una rottura di tipo a) ef zMk quella che produce una rottura di tipo b). Essa è valida per elementi inlaterizio e malte in funzione del tipo di malta a composizione prescritta e congiunti orizzontali e verticali completamente riempiti.

(13) § 3.6.4 della UNI ENV 1996-1-1:1998.

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Tabella 3.39 - Stima orientativa della resistenza caratteristica a flessione fuori del piano per elementi in laterizio e malta a composizione prescritta

3.5.4.5 Moduli di elasticità (E, G)

Poichè il comportamento tensioni deformazioni della muratura si scosta, inmodo sensibile, dal comportamento lineare, per la determinazione dei moduli dielasticità normale e tangenziale, si fa riferimento al valore secante all’origine deidiagrammi σ _ ε e τ _ γ.

In sede di progetto, in mancanza di determinazione sperimentale, nei calcolipossono essere assunti i seguenti valori:

a) modulo di elasticità normale secante E:E = 1.000 f k (3.59)

b) modulo di elasticità tangenziale secante G:G = 0,4 E = 400 f k (3.60)

3.5.5 R ESISTENZE DI PROGETTO

Nel calcolo strutturale delle murature portanti, al fine delle verifiche, non ven-gono utilizzate le grandezze caratteristiche sperimentali o stimate, come definiteai paragrafi precedenti, bensì quelle di «progetto»: f d, f vd (a volte dette anche «resi-

stenze di calcolo»). In pratica il valore caratteristico (sperimentale o stimato) vienesuddiviso mediante l’utilizzo di un coefficiente γM (dove il pedice M sta per «mate-riale»). Il DM 14.01.08 al paragrafo 4.5.6.1 così le definisce

Le resistenze di progetto da impiegare, rispettivamente, per le verifiche a compressione,pressoflessione e a carichi concentrati (fd), e a taglio (fvd) valgono:

fd = fk / γM (3.61)[NTC 4.5.2]

fvd = fvk / γM (3.62)[NTC 4.5.3]

dove

Resistenza caratteristica a flessione fuori del piano

Resistenza Tipo di malta

(daN/cm2) M12 M5-M8 M2,5

f zMk 11 9 8

f xMk 4 3 2,5

ESEMPIO 3.11

Determinare il modulo di elasticità normale e tangenziale della muratura di cuiall’esempio precedente.

E = 1.000 f k = 1.000 x 4,5 N/mm2 = 4.500 N/mm2

G = 0,4 E = 0,4 x 4.500 N/mm2 = 1.800 N/mm2

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fk è la resistenza caratteristica a compressione della muratura;fvk è la resistenza caratteristica a taglio della muratura in presenza delle effettive tensioni

di compressione, valutata con

fvk = fvko + 0,4 σn (3.63)[NTC 4.5.4]

in cuifvk0 è definita al § 3.5.4.2 e σn è la tensione normale media dovuta ai carichi verticaliagenti sulla sezione di verifica;

γM è il coefficiente parziale di sicurezza sulla resistenza a compressione della muratura, comprensivodelle incertezze di modello e di geometria, fornito dalla Tabella 3.40, in funzione delle classi di ese-cuzione(14), e a seconda che gli elementi resistenti utilizzati siano di Categoria I o di Categoria II.

Tabella 3.40 - Valori del coefficiente γ M in funzione della classe di esecuzione e della categoria degli elementi resistenti

(14) Per la definizione della «classe di esecuzione» si veda § 3.5.6.

Materiale Classe di esecuzione1 2

Muratura con elementi resistenti di categoria I, malta a prestazione garan-tita

2,0 2,5

Muratura con elementi resistenti di categoria I, malta a composizioneprescritta

2,2 2,7

Muratura con elementi resistenti di categoria II, ogni tipo di malta 2,5 3,0

ESEMPIO 3.12

Determinare le resistenze di progetto f d e f vd di una muratura di laterizi semi-pieni di categoria I con f bk = 10 N/mm2, realizzata con malta M10, e di spessorepari a 30 cm.Dalla Tabella 3.35 si evince che f k = 5,3 N/mm2

Adottando una malta a prestazione garantita e una classe di esecuzione 1,dalla Tabella 3.38 si ha:γM = 2

Per cui dalla (3.61) si ottiene:f d = f k / γM = 5,3 N/mm2 / 2 = 2,65 N/mm2

Per la determinazione di f vd è necessario effettuare il calcolo della σn. Se ilmuro è caricato con 60 KN/m si ha:σn = 60 kN/ (1.000 mm x 300 mm) = 0,2 N/mm2

Per cui, dalla Tabella 3.38 si ha:f vk0 = 0,2 N/mm2

e per la (3.62):f vk = f vk0 + 0,4 σn = 0,2 N/mm2 + 0,4 x 0,2 N/mm2 = 0,28 N/mm2

e finalmente applicando la (3.62)f vd = f vk / γM = 0,28 N/mm2 / 2 = 0,14 N/mm2

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3.5.6 LA CLASSE DI ESECUZIONE

La classe di esecuzione è una novità introdotta nel § 4.5.6.1 del DM e miraa premiare la qualità di esecuzione delle murature in cantiere. Vengono individuate2 classi così definite:

Classe di Esecuzione 2

È la classe di minor qualità fra le due previste dal DM 14.01.08. È attribuibileai cantieri che dispongano delle seguenti peculiarità:a) disponibilità di specifico personale qualificato e con esperienza, dipen-

dente dall’impresa esecutrice, per la supervisione del lavoro (Capocantiere);b) disponibilità di specifico personale qualificato e con esperienza, indipendente

dall’impresa esecutrice, per il controllo ispettivo del lavoro (Direttore dei Lavori).In sostanza trattasi di cantieri ordinari, poichè la presenza del Direttore dei

Lavori, nominato dal Committente, ai sensi del DPR 380/01, è obbligatoria, e ilCapocantiere, dipendente dall’impresa esecutrice, è una figura comunque presente.

Classe di Esecuzione 1La Classe 1 è attribuita qualora sia previsto, oltre ai controlli di cui sopra,

quanto di seguito indicato:c) controllo e valutazione in loco delle proprietà della malta e del calce-

struzzo;d) dosaggio dei componenti della malta «a volume» con l’uso di opportuni

contenitori di misura e controllo delle operazioni di miscelazione o uso di maltapremiscelata certificata dal produttore.

Il tutto riassumibile nella Tabella 3.41.

Tabella 3.41 - Classe di esecuzione del cantiere

La classificazione del cantiere deve essere scelta in fase di progetto dell’opera enon può essere cambiata durante l’esecuzione dei lavori (a meno di non riverificarei calcoli strutturali). Infatti, come si è visto nell’Esempio 3.12, essa implica una sceltada parte del progettista strutturista del parametro relativo al coefficiente di sicurezzaγM. Detta scelta comporta una variazione di quest’ultimo dell’ordine del 20%: nellafattispecie le opere che si avvarranno di una Classe di Esecuzione 1 potranno bene-ficiare di un incremento delle resistenze di progetto, a parità di tutte le altre condizioni,di circa il 20%. Con ciò si può pervenire ad una riduzione delle sezioni murariecon conseguente diminuzione dei costi del materiale (mattoni di spessore minore,minori quantitativi di malta ecc). È ovvio che una volta operata detta scelta di con-duzione del cantiere (Classe di Esecuzione 1) non è più pensabile cambiarla (Classe

di Esecuzione 2), in quanto bisognerebbe verificare nuovamente tutta l’opera.

Classe di Esecuzione del

Cantiere Fattori presenti in Cantiere

1

a) Capocantiere dipendente da Impresa;b) Direttore dei Lavori nominato dal Committente;c) controllo e valutazione in loco delle proprietà della malta e

del calcestruzzo;d) dosaggio dei componenti della malta «a volume» con l’uso

di opportuni contenitori di misura e controllo delle operazionidi miscelazione o uso di malta premiscelata certificata dalproduttore.

2a) Capocantiere dipendente da Impresa;b) Direttore dei Lavori nominato dal Committente.

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3.5.7 SPESSORE MINIMO DELLE MURATURE

Secondo quanto disposto dal DM 14.01.08 lo spessore dei muri portanti nonpuò essere inferiore ai valori di Tabella 3.42.

Tabella 3.42 - Spessore minimo «t» delle murature portanti

Vedremo meglio in seguito che queste indicazioni vanno perlomeno seguitecon attenta cautela, in quanto devono essere compendiate con quelle di una ulterioretabella contenuta nel medesimo decreto ma collocata sotto le prescrizioni per lezone sismiche (§ 7.8.1.4 del DM 14.01.08). In quest’ultima, che di seguito riportiamo,lo spessore minimo è espresso in funzione della « snellezza convenzionale limite λ »e delle aperture contenute nella parete medesima.

Nelle parole del DM:

«La geometria delle pareti resistenti al sisma, deve rispettare i requisiti della Tabella 4.43, incui t indica lo spessore della parete al netto dell’intonaco, h0 l’altezza di libera inflessione dellaparete, h’ l’altezza massima delle aperture adiacenti la parete, l la lunghezza della parete».

Tabella 3.43 - Requisiti geometrici delle pareti resistenti al sisma

Tipologia t (mm)

Muratura in elementi artificiali pieni (ϕ ≤ 15%) 150

Muratura in elementi artificiali semipieni (15% < ϕ ≤ 45%) 200

Muratura in elementi artificiali forati (45% < ϕ ≤ 55%) 240

Muratura di pietra squadrata 240

Muratura di pietra listata 400

Muratura di pietra non squadrata 500

Tipologie costruttive tmin (λ = ho /t)max (l/h3)min

Muratura ordinaria, realizzata con elementi in pietrasquadrata

300 mm 10 0,5

Muratura ordinaria, realizzata con elementi artificiali 240 mm 12 0,4Muratura armata, realizzata con elementi artificiali 240 mm 15 qualsiasi

Muratura ordinaria, realizzata con elementi in pietrasquadrata, in siti ricadenti in zona 3 e 4

240 mm 12 0,3

Muratura realizzata con elementi artificiali semipieni, insiti ricadenti in zona 4

200 mm 20 0,3

Muratura realizzata con elementi artificiali pieni, in sitiricadenti in zona 4

150 mm 20 0,3

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

La snellezza convenzionale è dunque definita dal rapporto:

λ = ρh0 / t (3.64)[NTC 4.5.6]

dove ρ è un fattore che tiene conto dell’efficacia dei vincoli: pari a 1 per muriisolati. Nel caso in cui il muro non abbia aperture e sia irrigidito efficacementecon 2 muri di controventamento di spessore non inferiore a 20 cm, entrambi di

lunghezza L non minore di 0,3 h, e aventi interasse pari ad a, il valore di ρ vienedesunto dalla Tabella 3.44.

Tabella 3.44 - Fattore laterale di vincolo ρ

Se un muro di controventamento ha aperture, si ritiene convenzionalmenteche la sua funzione di irrigidimento possa essere espletata quando lo stipite delleaperture disti dalla superficie del muro irrigidito almeno 1/5 dell’altezza del murostesso; in caso contrario si assume ρ = 1.

Nella lunghezza L del muro di irrigidimento si intende compresa anche metàdello spessore del muro irrigidito.

3.5.8 CONFRONTO CON LA VECCHIA NORMATIVA (DM 20.11.1987)

Nel DM 20.11.1987 le verifiche potevano essere eseguite con il metodo delle

tensioni ammissibili. La resistenza caratteristica delle murature era dedotta dalleseguenti Tabelle.

Tabella 3.45 - Valore della f k per murature in elementi artificiali pieni e semipieni(laterizi e blocchi in calcestruzzo)

h/a ρ

h/a ≤ 0,5 1

0,5 < h/a ≤ 1,0 3/2 – h/a

1,0 < h/a 1/[1 + (h/a)2]

Resistenzacaratteristica acompressione

f bk dell’elemento

Tipo di malta

M1 M2 M3 M4

N/mm2 kgh/cm2 N/mm2 daN/cm2 N/mm2 daN/cm2 N/mm2 daN/cm2 N/mm2 daN/cm2

2.0 20 1.2 12 1.2 12 1.2 12 1.2 12

3.0 30 2.2 22 2.2 22 2.2 22 2.0 20

5.0 50 3.5 35 3.4 34 3.3 33 3.0 30

7.5 75 5.0 50 4.5 45 4.1 41 3.5 35

10.0 100 6.2 62 5.3 53 4.7 47 4.1 41

15.0 150 8.2 82 6.7 67 6.0 60 5.1 51

20.0 200 9.7 97 8.0 80 7.0 70 6.1 61

30.0 300 12.0 120 10.0 100 8.6 86 7.2 72

40.0 400 14.3 143 12.0 120 10.4 104 - -

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Tabella 3.46 - Valore della f k per murature in elementi naturali di pietra squadrata

Tabella 3.47 - Valore di f vko per murature in elementi artificiali in laterizio pieni e semipieni

Tabella 3.48 - Valore di f vko per murature in elementi artificiali in calcestruzzo pieni e semipieni

Resistenzacaratteristica acompressione

f bk dell’elemento

Tipo di malta

M1 M2 M3 M4

N/mm2

kgh/cm2

N/mm2

daN/cm2

N/mm2

daN/cm2

N/mm2

daN/cm2

N/mm2

daN/cm2

1.5 15 1.0 10 1.0 10 1.0 10 1.0 10

3.0 30 2.2 22 2.2 22 2.2 22 2.0 20

5.0 50 3.5 35 3.4 34 3.3 33 3.0 30

7.5 75 5.0 50 4.5 45 4.1 41 3.5 35

10.0 100 6.2 62 5.3 53 4.7 47 4.1 41

15.0 150 8.2 82 6.7 67 6.0 60 5.1 51

20.0 200 9.7 97 8.0 80 7.0 70 6.1 61

30.0 300 12.0 120 10.0 100 8.6 86 7.2 72

≥ 40.0 ≥ 400 14.3 143 12.0 120 10.4 104 - -

Resistenza caratteristica acompressione f bk dell’elemento Tipo di malta

f vko

N/mm2 daN/cm2 N/mm2 daN/cm2

f bk ≤ 15 f bk ≤ 150 M1-M2-M3-M4 0,20 2,0

f bk > 15 f bk > 150 M1-M2-M3-M4 0,30 3,0

Resistenza caratteristica acompressione f bk dell’elemento Tipo di malta

f vko

N/mm2 daN/cm2 N/mm2 daN/cm2

f bk ≤ 3 f bk ≤ 30M1-M2-M3 0,1 1

M4 0,1 1

f bk > 3 f bk > 30M1-M2-M3 0,2 2

M4 0,1 1

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Tabella 3.49 - Valore di f vko per murature in pietra naturale squadrata

Per quanto riguarda invece la classificazione delle malte valevano i parametriindicati in Tabella 3.50.

Tabella 3.50 - Tipi di malta

Malte di diverse proporzioni nella composizione confezionate anche con addi-tivi, preventivamente sperimentate, potevano essere ritenute equivalenti a quelleindicate qualora la loro resistenza media a compressione risultava non inferioreai valori seguenti:

12 N/mm2 [120 daN/cm2] per l’equivalenza alla malta M18 N/mm2 [ 80 daN/cm2] per l’equivalenza alla malta M25 N/mm2 [ 50 daN/cm2] per l’equivalenza alla malta M32,5 N/mm2 [ 25 daN/cm2] per l’equivalenza alla malta M4

Lo spessore minimo delle murature portanti era individuato dalla Tabella 3.51.

Tabella 3.51 - Spessore minimo «t» delle murature portanti

Resistenza caratteristica acompressione f bk dell’elemento Tipo di malta

f vko

N/mm2 daN/cm2 N/mm2 daN/cm2

f bk ≤ 3 f bk ≤ 30

M1-M2-M3 0,1 1

M4 0,1 1

f bk > 3 f bk > 30M1-M2-M3 0,2 2

M4 0,1 1

Classe Tipo dimalta

ComposizioneCemento Calce aerea Calce idraulica Sabbia Pozzolana

M4 Idraulica - - 1 3 -

M4 Pozzolanica - 1 - - 3

M4 Bastarda 1 - 2 9 -

M3 Bastarda 1 - 1 5 -

M2 Cementizia 1 - 0,5 4 -

M1 Cementizia 1 - - 3 -

Tipologia t (mm)

Muratura in elementi artificiali pieni (ϕ ≤ 15%) 120

Muratura in elementi artificiali semipieni (15% < ϕ ≤ 45%) 200

Muratura in elementi artificiali forati (45% < ϕ ≤ 55%) 250

Muratura di pietra squadrata 240

Muratura di pietra listata 400

Muratura di pietra non squadrata 500

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Per le zone sismiche, la Tabella 3.52, veniva modificata, per le murature inpietrame listato, dalla seguente (DM 16.02.96 - Norme tecniche per le costruzioniin zona sismica)

Tabella 3.52 - Spessore dei muri (mm) in pietrame listato in funzione della zona

sismica

Infine, per la determinazione della tensione ammissibile a compressione, ilDM 20.11.87 indicava la seguente espressione:

_σm= f k /5 (3.65)

3.5.9 TIPI DI VERIFICHE PER MURATURE ORDINARIE(15)

Le NTC indicano «non generalmente necessario» eseguire le verifiche deglistati di limite di esercizio (SLE) per le strutture in muratura, e pertanto si procedeconsiderando la sola combinazione allo stato limite ultimo, nei seguenti stati disollecitazione:

1) pressoflessione per carichi laterali (resistenza e stabilità fuori dal piano),2) pressoflessione nel piano del muro,

3) taglio per azioni nel piano del muro,4) carichi concentrati.5) flessione e taglio di travi di accoppiamento.

3.5.9.1 Pressoflessione nel piano del muro

La pressoflessione nel piano del muro avviene a seguito degli effetti delle sol-lecitazioni accompagnate dal momento My di Figura 3.16.

La verifica a pressoflessione di una sezione di un elemento strutturale si effettuaconfrontando il momento agente di calcolo Md con il momento ultimo resistente

Mu calcolato assumendo la muratura non reagente a trazione ed una opportunadistribuzione non lineare delle compressioni.

In simboli:

Mu ≥ Md (3.66)

(15) Una trattazione più approfondita del presente argomento si trova in: Marco Boscolo Bielo,

Costruzioni antisismiche in muratura ordinaria e armata, Legislazione Tecnica, 2011.

Zona sismica

I II III

piano secondo 500 400 400

piano primo 650 400 400

piano cantinato 800 550 550

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Nel caso di una sezione rettangolare tale momento ultimo può essere calcolatocome:

σotL2 σoMu = ——— [1 – ————] (3.67)2 0,85f d

[NTC 7.8.5]

dove:Mu = momento corrispondente al collasso per pressoflessioneL = la lunghezza complessiva della parete (inclusiva della zona tesa)t = spessore della zona compressa della pareteσ0 = tensione normale media, riferita all’area totale della sezione (= P/(Lxt), (3.68)

con P forza assiale agente positiva se di compressione).Se P è di trazione, Mu = 0

f d = f k / γM è la resistenza a compressione di calcolo della muratura

In caso di analisi statica non lineare, la resistenza a pressoflessione può esserecalcolata ponendo f d pari al valore medio della resistenza a compressione dellamuratura:

f d = f m / γM (3.69)

Per quanto concerne lo spostamento ultimo a pressoflessione δM,ult è ammessala determinazione forfettaria adottando un valore pari allo 0,8% dell’altezza dicalcolo h, in formula:

δM,ult = 0,008 h (3.70)

3.5.9.2 Pressoflessione fuori del piano del muro

Secondo le convenzioni di segno di cui alla Figura 3.16, questo tipo di rotturaavviene per effetto delle sollecitazioni accompagnate dai momenti Mx ed Mz. È ilcaso di muri soggetti ad azioni laterali, come per esempio le azioni del vento osismiche. La rottura può avvenire lungo una giacitura orizzontale e/o verticale(vedi Figura 3.18). Nel primo caso (Figura 3.18a) può interessare un intero lettodi malta orizzontale, mentre nel secondo caso (Figura 3.18b), la rottura avvienealternativamente sui mattoni e sulla malta.

Debbono essere comunque verificate tutte le pareti aventi funzione strutturale,

in particolare quelle portanti carichi verticali, anche quando non considerate resi-stenti al sisma in base alla Tabella 3.43.

La verifica a rottura fuori del piano può venire eseguita anche mediante la(3.67): occorrerà in questo caso considerare che lo spessore t equivale alla lunghezzaL e viceversa. Secondo le convenzioni di cui alla Figura 3.16 la verifica deve risultaredalla seguente disuguaglianza: Mux ≥ MEdx.

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3.5.9.3 Taglio per azioni nel piano del muro

Anche questo tipo di sollecitazione interessa il piano xz di giacitura del muro(Figura 3.16) e riguarda le murature atte a contrastare azioni orizzontali in questopiano. Il taglio nel piano produce due tipi di effetti rappresentati in Figura 3.19:

a) rottura per fessurazione diagonale;

b) rottura per scorrimento.

Figura 3.19 - a) Rottura a taglio per fessurazione diagonale; b) Rottura per scorrimento

La verifica andrà eseguita confrontando che l’azione tagliante di calcolo VEdsia inferiore al valore resistente a taglio per ciascuno dei due casi: Vtf,d (rotturaper fessurazione diagonale) o Vts,d (rottura per scorrimento).

3.5.9.3.1 Rottura per scorrimento

La resistenza a taglio per scorrimento Vts,d di un maschio murario, per azionicontenute nel piano del muro, viene valutata con la seguente espressione:

Vts,d = L’ x t x f vd (3.71)[NTC 7.8.3]

doveL’ = lunghezza della zona compressa della parete in muratura;t = spessore della parete;f vd = f vk / γM (resistenza di progetto a taglio)

La resistenza caratteristica a taglio in presenza di sforzo normale f vk è statatrattata nel § 3.5.4.3 (f vk = f vk0 + 0,4σn). In questo tipo di verifica la tensionenormale media σn, derivante dallo sforzo normale, deve essere calcolata sull’areacompressa della parete che misura L’ x t, ovvero

σn = N / (L’ x t) (3.72)

— —Il valore di f vk non può comunque superare 1,4 f bk, essendo f bk il valore della

resistenza caratteristica dei mattoni nella direzione orizzontale della forza di taglio,nè comunque può superare 1,5 N/mm2.

In caso di analisi statica non lineare (pushover), la resistenza a taglio puòessere calcolata ponendo:

f vd = f vm0 + 0,4σn (3.72)

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conf vm0 = resistenza media a taglio della muratura che in assenza di determinazione

diretta si può porre

f vm0 = f vk0 / 0,7 (3.73)

Il valore di f vd, sempre nel caso di analisi statica non lineare, non può comunqueessere maggiore di 2,0 f bk né maggiore di 2,2 MPa (22 daN/cm2).Per la determinazione di L’, ovvero dell’eventuale sezione parzializzata del muro

si tenga presente che:a) se la risultante dello sforzo normale sul paramento murario è interno

alnocciolo centrale di inerzia, la sezione è sempre compressa e pertanto L’ = L;b) se invece è esterna al nocciolo centrale d’inerzia allora la sezione si par-

zializza.

3.5.9.3.2 Rottura per fessurazione diagonale

La resistenza a taglio per rottura per fessurazione diagonale Vtf,d di un maschio

murario, per azioni contenute nel piano del muro, può essere valutata con laseguente espressione:

—————f td σ0Vtf,d = L x t x —— √ 1 + —— (3.74)b f td

[C8.7.1.1]doveL = lunghezza del muro;t = spessore del muro;f td = resistenza a trazione per fessurazione diagonale che può essere assunta

pari a 1,5 τ0d con τ0d valore di calcolo della resistenza a taglio della muratura(16)

;σ0 = tensione normale media riferita all’area totale della sezione del maschiomurario uguale a P/ (L x t) con P forza assiale agente nel pannello positiva sedi compressione;

b = coefficiente correttivo legato agli sforzi sulla sezione, dipendente dallasnellezza della parete. Si può assumere b = H / L, e comunque 1 < b < 1,5 conH = altezza del pannello murario;

Ai fini della verifica, nello spirito degli stati limite, dovrà risultare verificatala seguente disuguaglianza:

VEd

≤ Vtf,d

(3.75)

dove VEd è il valore del taglio massimo di progetto desunto dalla combinazionedi carico per lo SLU, mentre Vtf,d è il valore della sollecitazione resistenze ditaglio per scorrimento del paramento murario.

(16) Nel caso in cui tale parametro sia desunto da prove di compressione diagonale, la resistenzaa trazione per fessurazione diagonale f t si assume pari al carico diagonale di rottura diviso perdue volte la sezione media del pannello sperimentato valutata come t (L+H)/2, con t, L e H rispet-

tivamente spessore, base e altezza del pannello.

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3.5.9.3.3 Spostamento ultimo a taglio

Lo spostamento ultimo può essere assunto pari a:

δT,ult = 0,4% H = 0,004 H (3.76)

dove H è l’altezza del pannello (o l’interpiano).

3.5.9.4 Rottura per conseguenza di applicazione di carichi concentrati

Questo tipo di rottura può avvenire ad esempio nelle zone di appoggio di travifortemente caricate. In questo caso occorre effettuare una verifica locale. È opportunoche l’appoggio di carichi concentrati avvenga per interposizione di un idoneo elementoin grado di ripartire le tensioni, come ad esempio può essere un cordolo di calcestruzzoarmato sopra al quale appoggiare la trave. In tal caso l’elemento in calcestruzzoarmato non dovrà avere altezza inferiore a 20 cm e di larghezza pari ad almeno 3 volte quella di appoggio del carico. La verifica viene eseguita mediante la segunte

σn = 1,5 N / Arip ≤ f d (3.77)

doveN = carico concentrato (non amplificato con γF)Arip = area immediatamente sottostante alla trave di ripartizione in c.a.f d = resistenza di progetto

3.5.9.5 Flessione e taglio su travi di accoppiamento in muratura

Per quanto concerne le travi di accoppiamento in muratura, l’argomento verràapprofondito al § 5.8. Per il momento precisiamo che esse interessano le zonetratteggiate di collegamento tra i maschi murari di cui alla Figura 5.33b. La loro verifica va eseguita qualora si tenga conto del loro contributo in termini di rigidezzasul sistema strutturale globale.

In presenza di azione assiale orizzontale nota, la verifica viene effettuata inanalogia a quanto previsto per i pannelli murari verticali.

Qualora l’azione assiale non sia nota dal modello di calcolo (ad es. quandol’analisi è svolta su modelli a telaio con l’ipotesi di solai infinitamente rigidi nelpiano), ma siano presenti, in prossimità della trave in muratura, elementi orizzontalidotati di resistenza a trazione (catene, cordoli), i valori delle resistenze possonoessere assunti non superiori ai valori di seguito riportati ed associati ai meccanismidi rottura per taglio o per pressoflessione.

La resistenza a taglio Vtt,d di travi di accoppiamento in muratura ordinaria inpresenza di un cordolo di piano o di un architrave resistente a flessione efficacementeammorsato alle estremità, può essere calcolata in modo semplificato come:

Vtt,d = ht x t x f vd0 (3.78)

in cui:ht = altezza della muratura costituente la trave di accoppiamentot = spessore della trave di accoppiamentof vd0

= f vk0

/ γM

resistenza di calcolo a taglio in assenza di compressione

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Il massimo momento resistente, associato al meccanismo di pressoflessione,sempre in presenza di elementi orizzontali resistenti a trazione in grado di equi-librare una compressione orizzontale nelle travi in muratura, può essere valutatocome:

Mu = Hp x ht /2 [1 _ Hp / (0,85 f hd x ht x t)] (3.79)

con

Hp = valore minimo fra la resistenza a trazione dell’elemento teso dispostoorizzontalmente e il valore 0,4 f hd ht t

f hd = f hk / γM resistenza di calcolo a compressione della muratura in direzioneorizzontale (nel piano della parete). In caso di analisi statica lineare può porsieguale al valore medio f hd = f hm

La resistenza a taglio Vp, associata a tale meccanismo, può essere calcolatacome

Vp = 2 Mu / L (3.80)

dove L è la luce libera della trave in muratura.Il valore della resistenza a taglio per l’elemento trave in muratura ordinaria

è assunto pari al minimo tra Vtt,d e Vp.

Capitolo 3 - M ATERIALI DA COSTRUZIONE

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Capitolo 4

LIVELLI DI CONOSCENZA EFATTORI DI CONFIDENZA

4.1 GENERALITÀ

Abbiamo già evidenziato la differenza esistente per la determinazione dei para-metri meccanici dei materiali nei fabbricati esistenti rispetto a quelli nuovi, checonsiste nell’applicare nella (3.1) il coefficiente numerico FC desunto da una analisidello stato della costruzione, arrivando alla (3.2). L’analisi di un fabbricato esistentesi basa sostanzialmente su:

a) verifiche visive in situ;b) reperimento di documentazione disponibile;c) indagini sperimentali.

È indubbio che il primo punto è quello immediatamente constatabile dal pro-gettista, il quale, in ragione di opportuni sopralluoghi, si fa un’idea dello statodei materiali e del loro eventuale degrado. In secondo luogo, la ricerca di docu-mentazione afferente alla costruzione può indirizzarsi verso eventuali disegni, rela-zioni di calcolo, depositi di atti presso enti competenti ecc.. Infine, le indaginisperimentali sui materiali, eseguite in laboratorio su campioni estratti (qualorapossibile) o in situ, secondo le modalità che saranno ampiamente discusse al Capi-tolo 6, potranno dare le necessarie conoscenze in ordine ai parametri meccanicidegli stessi.

Le NTC così delineano, dal punto di vista generale, la situazione.

Per conseguire un’adeguata conoscenza delle caratteristiche dei materiali e del loro degrado,ci si baserà su documentazione già disponibile, su verifiche visive in situ e su indagini sperimentali.Le indagini dovranno essere motivate, per tipo e quantità, dal loro effettivo uso nelle verifiche;nel caso di beni culturali e nel recupero di centri storici, dovrà esserne considerato l’impattoin termini di conservazione del bene. I valori delle resistenze meccaniche dei materiali vengonovalutati sulla base delle prove effettuate sulla struttura e prescindono dalle classi discretizzatepreviste nelle norme per le nuove costruzioni.(1)

Le «discretizzazioni» sulle quali si basano le classificazioni dei nuovi materialisono quelle relatve alle Tabelle 3.1 e 3.2 per l’acciaio strutturale; 3.8 e 3.9 per lebullonerie; 3.11 per il calcestruzzo; 3.13 per le barre d’armo; 3.22, 3.23 e 3.25per il legno strutturale; 3.32 per le malte; 3.34, 3.35 per quanto riguarda i laterizi.

È evidente che per materiali utilizzati in passato e, magari, in epoche diverse,per una stessa costruzione, dette classificazioni potrebbero non avere una strettacorrispondenza e, qualche volta, nemmeno significato. Pertanto la norma rimandail tecnico all’utilizzo dei parametri meccanici desunti dalle prove o stimati in modotabellare.

(1) NTC § 8.5.3.

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4.2 ANALISI STORICO-CRITICA

Le NTC definiscono «analisi storico-critica» una delle fasi relative alla rico-gnizione degli elementi necessari alla definizione dei parametri meccanici dei mate-riali e del modello strutturale che definisce la costruzione.

Essa dovrebbe mirare ad una ricostruzione storica degli eventi che hanno carat-

terizzato la vita del fabbricato, ad esempio: se abbia o meno subito delle alterazionirispetto alla sua concezione-configurazione originaria, se vi siano stati fatti degliampliamenti o, al contrario, riduzioni della mole, ecc.. Questi sono infatti gli aspettiessenziali e determinanti che interessano il punto di vista strutturale. Variazionio modifiche di ordine formale, non influenti sul comportamento statico, sono senzadubbio meno significativi e fanno parte di altri tipi di discipline.

Nelle parole della norma, l’analisi storica-critica viene così delineata:

Ai fini di una corretta individuazione del sistema strutturale esistente e del suo stato disollecitazione è importante ricostruire il processo di realizzazione e le successive modificazionisubite nel tempo dal manufatto, nonché gli eventi che lo hanno interessato.(2)

La Circolare ha inoltre aggiunto quanto segue:

Generalmente, quando si trattano costruzioni esistenti, può essere difficile disporre dei disegnioriginali di progetto necessari a ricostruirne la storia progettuale e costruttiva. Per le costruzioni,e in particolare per gli edifici a valenza culturale, storico-architettonica, è talvolta possibile, attra-verso una ricerca archivistica, raccogliere una documentazione sufficientemente completa sullaloro storia edificatoria per ricostruire ed interpretare le diverse fasi edilizie.

In ogni caso, soprattutto nel caso di edifici in muratura, sia in assenza sia in presenza didocumentazione parziale, prima di procedere alle indispensabili operazioni di rilevo geometrico,è opportuno svolgere delle considerazioni sullo sviluppo storico del quartiere in cui l’edificio èsituato (a meno che si tratti di edifici isolati), basandosi su testi specialistici, cercando di acquisireinformazioni sugli aspetti urbanistici e storici che ne hanno condizionato e guidato lo sviluppo,con particolare riferimento agli aspetti di interesse per l’edificio in esame.

La ricostruzione della storia edificatoria dell’edificio, o della costruzione più in generale,consentirà anche di verificare quanti e quali terremoti esso abbia subìto in passato. Questo sortadi valutazione sperimentale della vulnerabilità sismica dell’edificio rispetto ai terremoti passati èdi notevole utilità, perché consente di valutarne il funzionamento, a patto che la sua configurazionestrutturale e le caratteristiche dei materiali costruttivi non siano stati, nel frattempo, modificatiin maniera significativa.

Sulla base dei dati raccolti nella fase di ricerca storica, si possono trarre conclusioni ditipo operativo per la modellazione meccanica globale dell’edificio.(3)

Per quanto riguarda la parte relativa alla «verifica di quanti e quali terremoti»possa avere subito un fabbricato esistente nel corso della sua esistenza, e ancheper quanto concerne la conseguente valutazione degli effetti che questi abbianopotuto produrre, si ritiene sarà difficile per il tecnico addivenire a significative eattendibili conclusioni. Ciò è dovuto al fatto che, se è già arduo, ottenere docu-mentazione attendibile per quanto concerne aspetti molto più semplici ed elemen-tari, figuriamoci se ciò può essere possibile per i terremoti.

(2) NTC § 8.5.1.(3)

Circ. § C.8.5.1.

Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

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4.3 RILIEVO STRUTTURALE

Anche per quanto concerne la fase del rilievo le NTC offrono una panoramicadelle attività che il tecnico è chiamato a svolgere.

Il rilievo geometrico-strutturale dovrà essere riferito sia alla geometria complessiva dell’or-

ganismo che a quella degli elementi costruttivi, comprendendo i rapporti con le eventuali strutturein aderenza. Nel rilievo dovranno essere rappresentate le modificazioni intervenute nel tempo,come desunte dall’analisi storico-critica.

Il rilievo deve individuare l’organismo resistente della costruzione, tenendo anche presentela qualità e lo stato di conservazione dei materiali e degli elementi costitutivi.

Dovranno altresì essere rilevati i dissesti, in atto o stabilizzati, ponendo particolare attenzioneall’individuazione dei quadri fessurativi e dei meccanismi di danno.(4)

È evidente, anche in questo caso, che le finalità del rilievo sono di tipo strut-turale. È indispensabile che il rilievo sia condotto da persona esperta e qualificata.Ho avuto modo di riscontrare che molti rilievi, probabilmente eseguiti per altrefinalità e/o senza la consapevolezza e la «forma mentis» dello strutturista, sonopoco significativi se non, addirittura, del tutto inutili. È bene avere chiaro qualisiano gli elementi portanti e quelli portati. È bene sapere se un dato spessore diun paramento murario sia o meno dovuto ad una doppia parete, di cui una siastata, ad esempio, costruita in epoca successiva e magari «inefficace» nel contributostatico di certe azioni. Per questi motivi, il rilievo strutturale, va quasi sempreaccompagnato da altre indagini, più o meno complesse, che debbono essere eseguitecontemporaneamente.

La Circolare ha infatti evidenziato che:

Un passo fondamentale nell’acquisizione dei dati necessari a mettere a punto un modellodi calcolo accurato di un edificio esistente è costituito dalle operazioni di rilievo della geometriastrutturale. Il rilievo si compone di un insieme di procedure relazionate e mirate alla conoscenzadella geometria esterna delle strutture e dei dettagli costruttivi. Questi ultimi possono essereoccultati alla vista (ad esempio disposizione delle armature nelle strutture in c.a.) e possonorichiedere rilievi a campione e valutazioni estensive per analogia. Si noti che, mentre per glialtri due aspetti che determinano il livello di conoscenza (dettagli costruttivi e proprietà deimateriali) si accettano crescenti livelli di approfondimento dell’indagine, per la geometria esterna,si richiede che il rilievo sia compiuto in maniera quanto più completa e dettagliata possibile, aifini della definizione del modello strutturale necessario alla valutazione della sicurezza per leazioni prese in esame.

La rappresentazione dei risultati del rilievo dovrà essere effettuata attraverso piante, prospetti

e sezioni, oltre che con particolari costruttivi di dettaglio.(5)

(4) NTC § 8.5.2.(5)

Circ. § C8.5.2.

Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

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Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

4.4 DETERMINAZIONE DEL «LIVELLI DI CONOSCENZA»

In relazione agli approfondimenti effettuate mediante le indagini conoscitive ,dicui si è detto nei precedenti paragrafi, vengono individuati specifici livelli di cono- scenza LC dei diversi parametri coinvolti nel modello strutturale in conseguenzadei quali sono attribuiti i fattori di confidenza FC. Questi ultimi vanno utilizzaticome ulteriori coefficienti parziali di sicurezza nella (3.2). Dal punto di vista concettualetengono conto delle eventuali carenze nella conoscenza dei parametri del modello.

La Circolare 617/09 ha differenziato l’illustrazione delle procedure a seconda chesi tratti di costruzioni in muratura e costruzioni in calcestruzzo armato e/o acciaio.

4.4.1 COSTRUZIONI IN MURATURA

4.4.1.1 Geometria (Circ. C8A.1.A.1)

La conoscenza della geometria strutturale di edifici esistenti in muratura deriva di regoladalle operazioni di rilievo. Tali operazioni comprendono il rilievo, piano per piano, di tutti gli

elementi in muratura, incluse eventuali nicchie, cavità, canne fumarie, il rilievo delle volte (spessoree profilo), dei solai e della copertura (tipologia e orditura), delle scale (tipologia strutturale), laindividuazione dei carichi gravanti su ogni elemento di parete e la tipologia delle fondazioni. Larappresentazione dei risultati del rilevo viene effettuata attraverso piante, alzati e sezioni.

Viene inoltre rilevato e rappresentato l’eventuale quadro fessurativo, classificando possibil-mente ciascuna lesione secondo la tipologia del meccanismo associato (distacco, rotazione, scor-rimento, spostamenti fuori del piano, etc.), e deformativo (evidenti fuori piombo, rigonfiamenti,depressioni nelle volte, etc.). La finalità è di consentire, nella successiva fase diagnostica, l’in-dividuazione dell’origine e delle possibili evoluzioni delle problematiche strutturali dell’edificio.

4.4.1.2 Dettagli Costruttivi (Circ. C8A.1.A.2)

I dettagli costruttivi da esaminare sono relativi ai seguenti elementi:a) qualità del collegamento tra pareti verticali;b) qualità del collegamento tra orizzontamenti e pareti ed eventuale presenza di cordoli

di piano o di altri dispositivi di collegamento;c) esistenza di architravi strutturalmente efficienti al di sopra delle aperture;d) presenza di elementi strutturalmente efficienti atti ad eliminare le spinte eventualmente

presenti;e) presenza di elementi, anche non strutturali, ad elevata vulnerabilità;f) tipologia della muratura (a un paramento, a due o più paramenti, con o senza riem-

pimento a sacco, con o senza collegamenti trasversali, etc.), e sue caratteristiche costruttive

(eseguita in mattoni o in pietra, regolare, irregolare, etc.).Si distinguono:• Verifiche in-situ limitate: sono basate su rilievi di tipo visivo effettuati ricorrendo,

generalmente, a rimozione dell’intonaco e saggi nella muratura che consentano di esaminarnele caratteristiche sia in superficie che nello spessore murario, e di ammorsamento tra muri orto-gonali e dei solai nelle pareti. I dettagli costruttivi di cui ai punti a) e b) possono essere valutatianche sulla base di una conoscenza appropriata delle tipologie dei solai e della muratura. Inassenza di un rilievo diretto, o di dati sufficientemente attendibili, è opportuno assumere, nellesuccessive fasi di modellazione, analisi e verifiche, le ipotesi più cautelative.

• Verifiche in-situ estese ed esaustive: sono basate su rilievi di tipo visivo, effettuati ricorrendo,generalmente, a saggi nella muratura che consentano di esaminarne le caratteristiche sia in superficieche nello spessore murario, e di ammorsamento tra muri ortogonali e dei solai nelle pareti. L’esame

degli elementi di cui ai punti da a) ad f) è opportuno sia esteso in modo sistematico all’intero edificio.

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4.4.1.3 Proprietà dei materiali (Circ. C8A.1.A.3)

Particolare attenzione è riservata alla valutazione della qualità muraria, con riferimento agliaspetti legati al rispetto o meno della «regola dell’arte».

L’esame della qualità muraria e l’eventuale valutazione sperimentale delle caratteristiche mec-caniche hanno come finalità principale quella di stabilire se la muratura in esame è capace di

un comportamento strutturale idoneo a sostenere le azioni statiche e dinamiche prevedibili perl’edificio in oggetto, tenuto conto delle categorie di suolo, opportunamente identificate, secondoquanto indicato al § 3.2.2 delle NTC.

Di particolare importanza risulta la presenza o meno di elementi di collegamento trasversali(es. diatoni), la forma, tipologia e dimensione degli elementi, la tessitura, l’orizzontalità dellegiaciture, il regolare sfalsamento dei giunti, la qualità e consistenza della malta.

Di rilievo risulta anche la caratterizzazione di malte (tipo di legante, tipo di aggregato, rapportolegante/aggregato, livello di carbonatazione), e di pietre e/o mattoni (caratteristiche fisiche e mec-caniche) mediante prove sperimentali. Malte e pietre sono prelevate in situ, avendo cura diprelevare le malte all’interno (ad almeno 5-6 cm di profondità nello spessore murario).

Si distinguono:• Indagini in-situ limitate: servono a completare le informazioni sulle proprietà dei mate-

riali ottenute dalla letteratura, o dalle regole in vigore all’epoca della costruzione, e per individuarela tipologia della muratura (in Tabella C8A.2.1 sono riportate alcune tipologie più ricorrenti).Sono basate su esami visivi della superficie muraria. Tali esami visivi sono condotti dopo larimozione di una zona di intonaco di almeno 1m x 1m, al fine di individuare forma e dimensionedei blocchi di cui è costituita, eseguita preferibilmente in corrispondenza degli angoli, al fine diverificare anche le ammorsature tra le pareti murarie. È da valutare, anche in maniera approssimata,la compattezza della malta. Importante è anche valutare la capacità degli elementi murari diassumere un comportamento monolitico in presenza delle azioni, tenendo conto della qualitàdella connessione interna e trasversale attraverso saggi localizzati, che interessino lo spessoremurario.

• Indagini in-situ estese: le indagini di cui al punto precedente sono effettuate in manieraestesa e sistematica, con saggi superficiali ed interni per ogni tipo di muratura presente. Provecon martinetto piatto doppio e prove di caratterizzazione della malta (tipo di legante, tipo diaggregato, rapporto legante/aggregato, etc.), e eventualmente di pietre e/o mattoni (caratteristichefisiche e meccaniche) consentono di individuare la tipologia della muratura (si veda la TabellaC8A.2.1 per le tipologie più ricorrenti). È opportuna una prova per ogni tipo di muratura presente.Metodi di prova non distruttivi (prove soniche, prove sclerometriche, penetrometriche per lamalta, etc.) possono essere impiegati a complemento delle prove richieste. Qualora esista unachiara, comprovata corrispondenza tipologica per materiali, pezzatura dei conci, dettagli costruttivi,in sostituzione delle prove sulla costruzione oggetto di studio possono essere utilizzate proveeseguite su altre costruzioni presenti nella stessa zona. Le Regioni potranno, tenendo contodelle specificità costruttive del proprio territorio, definire zone omogenee a cui riferirsi a tal fine.

• Indagini in-situ esaustive: servono per ottenere informazioni quantitative sulla resistenzadel materiale. In aggiunta alle verifiche visive,ai saggi interni ed alle prove di cui ai punti precedenti,si effettua una ulteriore serie di prove sperimentali che, per numero e qualità, siano tali da con-sentire di valutare le caratteristiche meccaniche della muratura. La misura delle caratteristichemeccaniche della muratura si ottiene mediante esecuzione di prove, in situ o in laboratorio (suelementi non disturbati prelevati dalle strutture dell’edificio). Le prove possono in generale com-prendere prove di compressione diagonale su pannelli o prove combinate di compressione verticalee taglio. Metodi di prova non distruttivi possono essere impiegati in combinazione, ma non incompleta sostituzione di quelli sopra descritti. Qualora esista una chiara, comprovata corrispon-denza tipologica per materiali, pezzatura dei conci, dettagli costruttivi, in sostituzione delle provesulla costruzione oggetto di studio possono essere utilizzate prove eseguite su altre costruzioni

presenti nella stessa zona. Le Regioni potranno, tenendo conto delle specificità costruttive del

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proprio territorio, definire zone omogenee a cui riferirsi a tal fine.I risultati delle prove sono esaminati e considerati nell’ambito di un quadro di riferimento

tipologico generale, che tenga conto dei risultati delle prove sperimentali disponibili in letteraturasino a quel momento per le tipologie murarie in oggetto e che consenta di valutare, anche intermini statistici, la effettiva rappresentatività dei valori trovati. I risultati delle prove sono utilizzatiin combinazione con quanto riportato nella Tabella C8A.2.1, secondo quanto riportato al §

C8A.1.A.4 (ovvero il paragrafo successivo N. d. A.).

4.4.1.4 Livelli di conoscenza (Circ. C8A.1.A.4)

Con riferimento al livello di conoscenza acquisito, si possono definire i valori medi deiparametri meccanici ed i fattori di confidenza secondo quanto segue:

• il livello di conoscenza LC3 si intende raggiunto quando siano stati effettuati il rilievogeometrico, verifiche in situ estese ed esaustive sui dettagli costruttivi, indagini in situ esaustivesulle proprietà dei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1;

• il livello di conoscenza LC2 si intende raggiunto quando siano stati effettuati il rilievogeometrico, verifiche in situ estese ed esaustive sui dettagli costruttivi ed indagini in situ estesesulle proprietà dei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1,2;

• il livello di conoscenza LC1 si intende raggiunto quando siano stati effettuati il rilievogeometrico, verifiche in situ limitate sui dettagli costruttivi ed indagini in situ limitate sulle proprietàdei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1,35.

Per i diversi livelli di conoscenza, per ogni tipologia muraria, i valori medi dei parametrimeccanici possono essere definiti come segue:

• LC1— Resistenze: i minimi degli intervalli riportati in Tabella C8A.2.1 per la tipologia muraria

in considerazione;Moduli elastici: i valori medi degli intervalli riportati nella tabella suddetta.

• LC2

— Resistenze: medie degli intervalli riportati in Tabella C8A.2.1 per la tipologia murariain considerazione;

— Moduli elastici: valori medi degli intervalli riportati nella tabella suddetta.• LC3

caso a), nel caso siano disponibili tre o più valori sperimentali di resistenza:— Resistenze: media dei risultati delle prove;— Moduli elastici: media delle prove o valori medi degli intervalli riportati nella Tabella

C8A.2.1 per la tipologia muraria in considerazione.caso b), nel caso siano disponibili due valori sperimentali di resistenza:— Resistenze: se il valore medio delle resistenze è compreso nell’intervallo riportato nella

Tabella C8A.2.1 per la tipologia muraria in considerazione si assumerà il valore medio dell’intervallo,

se è maggiore dell’estremo superiore dell’intervallo si assume quest’ultimo come resistenza, se èinferiore al minimo dell’intervallo, si utilizza come valore medio il valore medio sperimentale;

— Moduli elastici: vale quanto indicato per il caso LC3 – caso a).caso c), nel caso sia disponibile un valore sperimentale di resistenza:— Resistenze: se il valore di resistenza è compreso nell’intervallo riportato nella Tabella

C8A.2.1 per la tipologia muraria in considerazione, oppure superiore, si assume il valore mediodell’intervallo, se il valore di resistenza è inferiore al minimo dell’intervallo, si utilizza comevalore medio il valore sperimentale;

— Moduli elastici: vale quanto indicato per il caso LC3 – caso a).La relazione tra livelli di conoscenza e fattori di confidenza è sintetizzata nella Tabella 4.1.

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Tabella 4.1 - Livelli di conoscenza in funzione dell’informazione disponibile e conseguenti valoridei fattori di confidenza per edifici in muratura

Livello di

ConoscenzaGeometria

Dettagli

costruttiviProprietà dei materiali

Metodi di

analisiFC

LC1

Rilievo mura-tura, volte,solai, scale.Individuazionecarichi gravantisu ogni ele-mento di pa-rete.

Individuazionetipologia fonda-zioni.Rilievo even-tuale quadrofessurativo edeformativo.

verifiche insitu limitate

Indagini in situ limitate

Resistenza: valore minimo diTabella C8A.2.1Modulo elastico: valore mediointervallo di Tabella C8A.2.1

Tutti

1.35

LC2

verifiche insitu estese

ed esaustive

Indagini in situ estese

Resistenza: valore medio inter-vallo di Tabella C8A.2.1Modulo elastico: media delleprove o valore medio intervallodi Tabella C8A.2.1

1.20

LC3

Indagini in situ esaustive- caso a) (disponibili 3 o più va-lori sperimentali di resistenza)Resistenza: media dei risultatidelle proveModulo elastico: media delleprove o valore medio intervallodi Tabella C8A.2.1

- caso b) (disponibili 2 valorisperimentali di resistenza)Resistenza: se valore medio

sperimentale compreso in inter-vallo di Tabella C8A.2.1, valoremedio dell’intervallo di TabellaC8A.2.1; se valore medio speri-mentale maggiore di estremosuperiore intervallo, quest’ul-timo;se valore medio sperimentaleinferiore al minimo dell’inter-vallo, valore medio sperimen-tale.Modulo elastico: come LC3 -caso a).

- caso c) (disponibile 1 valoresperimentale di resistenza)Resistenza: se valore speri-mentale compreso in intervallodi Tabella C8A.2.1, oppure su-periore, valore medio dell’inter-vallo;se valore sperimentale inferioreal minimo dell’intervallo, valoresperimentale.Modulo elastico: come LC3 -caso a).

1.00

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4.4.1.5 Tipologie e relativi parametri meccanici (Circ. C.8.2.A)

Nella Tabella 4.2 (nel DM è la Tabella C8A.2.1, cfr. anche Appendice D - N.d.A.) sonoindicati i valori di riferimento che possono essere adottati nelle analisi, secondo quanto indicatoal § C8A.1.A.4 (in questo testo è il paragrafo precedente - N.d.A.) in funzione del livello diconoscenza acquisito.

Il riconoscimento della tipologia muraria è condotto attraverso un dettagliato rilievo degliaspetti costruttivi (§ 4.4.1.2 - N.d.A.). È noto che la muratura presenta, a scala nazionale, unanotevole varietà per tecniche costruttive e materiali impiegati ed un inquadramento in tipologieprecostituite può risultare problematico. I moduli di elasticità normale E e tangenziale G sonoda considerarsi relativi a condizioni non fessurate, per cui le rigidezze dovranno essere oppor-tunamente ridotte.

Tabella 4.2 - Valori di riferimento dei parametri meccanici (minimi e massimi) e peso specificomedio per diverse tipologie di muratura, riferiti alle seguenti condizioni: malta dicaratteristiche scarse, assenza di ricorsi (listature), paramenti semplicemente acco stati o mal collegati, muratura non consolidata, tessitura (nel caso di elementi

regolari) a regola d’arte; f m = resistenza media a compressione della muratura,τ 0 = resistenza media a taglio della muratura, E = valore medio del modulo dielasticità normale, G = valore medio del modulo di elasticità tangenziale, w = pesospecifico medio della muratura

Tipologia di muratura

F m(N/cm²)

t0(N/cm²)

E(N/mm²)

G(N/mm²) W

(kN/m³)min-max min-max min-max min-max

Muratura in pietrame disordinata(ciottoli, pietre erratiche e irregolari)

100180

2,03,2

6901050

230350

19

Muratura a conci sbozzati, con paramento di limitatospessore e nucleo interno 200300 3,55,1 10201440 340480 20

Muratura in pietre a spacco con buona tessitura260380

5,67,4

15001980

500660

21

Muratura a conci di pietra tenera (tufo, calcarenite,ecc.)

140240

2,84,2

9001260

300420

16

Muratura a blocchi lapidei squadrati600800

9,012,0

24003200

780940

22

Muratura in mattoni pieni e malta di calce240400

6,09,2

12001800

400600

18

Muratura in mattoni semipieni con malta cementizia(es.: doppio UNI foratura ≤ 40%)

500800

2432

35005600

8751400 15

Muratura in blocchi laterizi semipieni (perc. foratura< 45%)

400600

30,040,0

36005400

10801620

12

Muratura in blocchi laterizi semipieni, con giunti ver-ticali a secco (perc. foratura < 45%)

300400

10,013,0

27003600

8101080

11

Muratura in blocchi di calcestruzzo o argilla espansa(perc. foratura tra 45% e 65%)

150200

9,512,5

12001600

300400

12

Muratura in blocchi di calcestruzzo semipieni (foratura< 45%)

300440

18,024,0

24003520

600880

14

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Nel caso delle murature storiche, i valori indicati nella Tabella 4.2 (relativamente alle primesei tipologie) sono da riferirsi a condizioni di muratura con malta di scadenti caratteristiche,giunti non particolarmente sottili ed in assenza di ricorsi o listature che, con passo costante,regolarizzino la tessitura ed in particolare l’orizzontalità dei corsi. Inoltre si assume che, per lemurature storiche, queste siano a paramenti scollegati, ovvero manchino sistematici elementi diconnessione trasversale (o di ammorsamento per ingranamento tra i paramenti murari).

I valori indicati per le murature regolari sono relativi a casi in cui la tessitura rispetta laregola dell’arte. Nei casi di tessitura scorretta (giunti verticali non adeguatamente sfalsati, oriz-zontalità dei filari non rispettata), i valori della tabella devono essere adeguatamente ridotti.

Nel caso in cui la muratura presenti caratteristiche migliori rispetto ai suddetti elementidi valutazione, le caratteristiche meccaniche saranno ottenute, a partire dai valori di Tabella 4.2,applicando coefficienti migliorativi fino ai valori indicati nella Tabella 4.3 (nel DM essa è laTabella C8A.2.2 - N.d.A.), secondo le seguenti modalità:

• malta di buone caratteristiche: si applica il coefficiente indicato in Tabella 4.3,diversificato per le varie tipologie, sia ai parametri di resistenza (f m e τ0), sia ai modulielastici (E e G);

• giunti sottili (< 10 mm): si applica il coefficiente, diversificato per le varie tipologie,sia ai parametri di resistenza (f

me τ

0), sia ai moduli elastici (E e G); nel caso della

resistenza a taglio l’incremento percentuale da considerarsi è metà rispetto a quantoconsiderato per la resistenza a compressione; nel caso di murature in pietra naturaleè opportuno verificare che la lavorazione sia curata sull’intero spessore del paramento;

• presenza di ricorsi (o listature): si applica il coefficiente indicato in tabella ai soliparametri di resistenza (f m e τ0); tale coefficiente ha significato solo per alcune tipologiemurarie, in quanto nelle altre non si riscontra tale tecnica costruttiva;

• presenza di elementi di collegamento trasversale tra i paramenti: si applica ilcoefficiente indicato in tabella ai soli parametri di resistenza (f m e τ0); tale coefficienteha significato solo per le murature storiche, in quanto quelle più recenti sono realizzatecon una specifica e ben definita tecnica costruttiva ed i valori in Tabella 4.2 rappresentanogià la possibile varietà di comportamento.

Le diverse tipologie di Tabella 4.2 assumono che la muratura sia costituita da due paramentiaccostati, o con un nucleo interno di limitato spessore (inferiore allo spessore del paramento);fanno eccezione il caso della muratura a conci sbozzati, per la quale è implicita la presenza diun nucleo interno (anche significativo ma di discrete caratteristiche), e quello della muratura inmattoni pieni, che spesso presenta un nucleo interno con materiale di reimpiego reso coeso.Nel caso in cui il nucleo interno sia ampio rispetto ai paramenti e/o particolarmente scadente,è opportuno ridurre opportunamente i parametri di resistenza e deformabilità, attraverso unaomogeneizzazione delle caratteristiche meccaniche nello spessore. In assenza di valutazioni piùaccurate è possibile penalizzare i suddetti parametri meccanici attraverso il coefficiente indicatoin Tabella 4.3.

Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

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Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

Tabella 4.3 - Coefficienti correttivi dei parametri meccanici (indicati in Tabella C8A.2.1) daapplicarsi in presenza di: malta di caratteristiche buone o ottime; giunti sottili;ricorsi o listature; sistematiche connessioni trasversali; nucleo internoparticolarmente scadente e/o ampio; consolidamento con iniezioni di malta;consolidamento con intonaco armato

* Valori da ridurre convenientemente nel caso di pareti di notevole spessore (p.es. > 70 cm).

In presenza di murature consolidate, o nel caso in cui si debba valutare la sicurezza del-l’edificio rinforzato, è possibile valutare le caratteristiche meccaniche per alcune tecniche di inter-vento, attraverso i coefficienti indicati in Tabella 4.3, secondo le seguenti modalità:

• consolidamento con iniezioni di miscele leganti: si applica il coefficiente indicato intabella, diversificato per le varie tipologie, sia ai parametri di resistenza (f m e τ0), siaai moduli elastici (E e G); nel caso in cui la muratura originale fosse stata classificatacon malta di buone caratteristiche, il suddetto coefficiente va applicato al valore diriferimento per malta di scadenti caratteristiche, in quanto il risultato ottenibile attraversoquesta tecnica di consolidamento è, in prima approssimazione, indipendente dalla qualitàoriginaria della malta (in altre parole, nel caso di muratura con malta di buonecaratteristiche, l’incremento di resistenza e rigidezza ottenibile è percentualmenteinferiore);

• consolidamento con intonaco armato: per definire parametri meccanici equivalenti èpossibile applicare il coefficiente indicato in tabella, diversificato per le varie tipologie,

sia ai parametri di resistenza (f m e τ0), sia ai moduli elastici (E e G); per i parametridi partenza della muratura non consolidata non si applica il coefficiente relativo allaconnessione trasversale, in quanto l’intonaco armato, se correttamente eseguitocollegando con barre trasversali uncinate i nodi delle reti di armatura sulle due facce,realizza, tra le altre, anche questa funzione. Nei casi in cui le connessioni trasversalinon soddisfino tale condizione, il coefficiente moltiplicativo dell’intonaco armato deveessere diviso per il coefficiente relativo alla connessione trasversale riportato in tabella;

• consolidamento con diatoni artificiali: in questo caso si applica il coefficiente indicatoper le murature dotate di una buona connessione trasversale.

I valori sopra indicati per le murature consolidate possono essere considerati come riferimentonel caso in cui non sia comprovata, con opportune indagini sperimentali, la reale efficacia dell’intervento

e siano quindi misurati, con un adeguato numero di prove, i valori da adottarsi nel calcolo.

Tipologia di muraturaMaltabuona

Giunti sottili(<10 mm)

Ricorsi olistature

Connes-

sione tra-sversale

Nucleo

scadentee/o ampio

Iniezione

di misceleleganti

Intonacoarmato *

Muratura in pietrame disor-dinata (ciottoli, pietre erra-tiche e irregolari)

1,5 - 1,3 1,5 0,9 2 2,5

Muratura a conci sbozzati,con paramento di limitatospessore e nucleo interno

1,4 1,2 1,2 1,5 0,8 1,7 2

Muratura in pietre a spaccocon buona tessitura

1,3 - 1,1 1,3 0,8 1,5 1,5

Muratura a conci di pietra

tenera (tufo, calcarenite,ecc.) 1,5 1,5 - 1,5 0,9 1,7 2

Muratura a blocchi lapideisquadrati

1,2 1,2 - 1,2 0,7 1,2 1,2

Muratura in mattoni pieni emalta di calce

1,5 1,5 - 1,3 0,7 1,5 1,5

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Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

Tabella 4.4 - Livelli di conoscenza in funzione dell’informazione disponibile e conseguenti metodidi analisi ammessi e valori dei fattori di confidenza per edifici in calcestruzzo armato o in acciaio

LC1: Conoscenza limitata

Geometria : la geometria della struttura è nota o in base a un rilievo o dai disegni originali.In quest’ultimo caso viene effettuato un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corri-spondenza del costruito ai disegni. I dati raccolti sulle dimensioni degli elementi strutturali sarannotali da consentire la messa a punto di un modello strutturale idoneo ad un’analisi lineare.

Dettagli costruttivi : i dettagli non sono disponibili da disegni costruttivi e sono ricavatisulla base di un progetto simulato eseguito secondo la pratica dell’epoca della costruzione. Èrichiesta una limitata verifica in-situ delle armature e dei collegamenti presenti negli elementipiù importanti. I dati raccolti saranno tali da consentire verifiche locali di resistenza.

Proprietà dei materiali : non sono disponibili informazioni sulle caratteristiche meccanichedei materiali, né da disegni costruttivi né da certificati di prova. Si adottano valori usuali dellapratica costruttiva dell’epoca convalidati da limitate prove in-situ sugli elementi più importanti.

La valutazione della sicurezza nel caso di conoscenza limitata viene in genere eseguita median-te metodi di analisi lineare statici o dinamici.

LC2: Conoscenza adeguata

Geometria : la geometria della struttura è nota o in base a un rilievo o dai disegni originali.In quest’ultimo caso viene effettuato un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corri-spondenza del costruito ai disegni. I dati raccolti sulle dimensioni degli elementi strutturali, insieme

a quelli riguardanti i dettagli strutturali, saranno tali da consentire la messa a punto di un modellostrutturale idoneo ad un’analisi lineare o non lineare.Dettagli costruttivi : i dettagli sono noti da un’estesa verifica in-situ oppure parzialmente

noti dai disegni costruttivi originali incompleti. In quest’ultimo caso viene effettuata una limitataverifica insitu delle armature e dei collegamenti presenti negli elementi più importanti. I datiraccolti saranno tali da consentire, nel caso si esegua un’analisi lineare, verifiche locali di resistenza,oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare.

Proprietà dei materiali : informazioni sulle caratteristiche meccaniche dei materiali sonodisponibili in base ai disegni costruttivi o ai certificati originali di prova, o da estese verifichein-situ. Nel primo caso sono anche eseguite limitate prove in-situ; se i valori ottenuti dalle provein-situ sono minori di quelli disponibili dai disegni o dai certificati originali, sono eseguite esteseprove in-situ. I dati raccolti saranno tali da consentire, nel caso si esegua un’analisi lineare,

verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare.

Livello diConoscenza

Geometria(carpenterie)

Dettaglistrutturali

Proprietà deimateriali

Metodi dianalisi

FC

LC1

Da disegni di car-penteria originalicon rilievo visivoa campione oppu-re rilievo ex-novocompleto

Progetto simulato in

accordo alle normedell’epoca e limitate verifiche in situ

Valori usuali per la pra-

tica costruttiva dell’epo-ca e limitate prove insitu

Analisi linearestatica odinamica

1.35

LC2

Disegni costruttiviincompleti con limitateverifiche in situ oppureestese verifiche in situ

Dalle specifiche originalidi progetto o dai certi-ficati di prova originalicon limitate prove in situoppure estese prove insitu

Tutti 1.20

LC3

Disegni costruttivicompleti con limitateverifiche in situ oppureesaustive verifiche insitu

Dai certificati di provaoriginali o dalle specifi-che originali di progetto

con estese prove in situoppure esaustive provein situ

Tutti 1.00

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Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

La valutazione della sicurezza nel caso di conoscenza adeguata è eseguita mediante metodidi analisi lineare o non lineare, statici o dinamici.

LC3: Conoscenza accurata

Geometria : la geometria della struttura è nota o in base a un rilievo o dai disegni originali.In quest’ultimo caso è effettuato un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza

del costruito ai disegni. I dati raccolti sulle dimensioni degli elementi strutturali, insieme a quelliriguardanti i dettagli strutturali, saranno tali da consentire la messa a punto di un modello strut-turale idoneo ad un’analisi lineare o non lineare.

Dettagli costruttivi : i dettagli sono noti o da un’esaustiva verifica in-situ oppure dai disegnicostruttivi originali. In quest’ultimo caso è effettuata una limitata verifica in-situ delle armaturee dei collegamenti presenti negli elementi più importanti. I dati raccolti saranno tali da consentire,nel caso si esegua un’analisi lineare, verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto diun modello strutturale non lineare.

Proprietà dei materiali : informazioni sulle caratteristiche meccaniche dei materiali sonodisponibili in base ai disegni costruttivi o ai certificati originali, o da esaustive verifiche in-situ.Nel primo caso sono anche eseguite estese prove in-situ; se i valori ottenuti dalle prove in-situsono minori di quelli disponibili dai disegni o dai certificati originali, sono eseguite esaustive

prove in-situ. I dati raccolti saranno tali da consentire, nel caso si esegua un’analisi lineare,verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare.

La valutazione della sicurezza nel caso di conoscenza accurata verrà eseguita mediante metodidi analisi lineare o non lineare, statici o dinamici.

4.4.2.4 Indicazioni in relazione a disegni e rilievi (Circ. C8A.1.B.3)

Disegni originali di carpenteria: descrivono la geometria della struttura, gli elementi strut-turali e le loro dimensioni, e permettono di individuare l’organismo strutturale resistente alleazioni orizzontali e verticali.

Disegni costruttivi o esecutivi: descrivono la geometria della struttura, gli elementi strutturalie le loro dimensioni, e permettono di individuare l’organismo strutturale resistente alle azioniorizzontali e verticali. In aggiunta essi contengono la descrizione della quantità, disposizione edettagli costruttivi di tutte le armature, nonché le caratteristiche nominali dei materiali usati.

Rilievo visivo: serve a controllare la corrispondenza tra l’effettiva geometria della strutturae i disegni originali di carpenteria disponibili. Comprende il rilievo a campione della geometriadi alcuni elementi. Nel caso di modifiche non documentate intervenute durante o dopo la costru-zione, sarà eseguito un rilievo completo descritto al punto seguente.

Rilievo completo: serve a produrre disegni completi di carpenteria nel caso in cui quellioriginali siano mancanti o si sia riscontrata una non corrispondenza tra questi ultimi e l’effettivageometria della struttura. I disegni prodotti dovranno descrivere la geometria della struttura, glielementi strutturali e le loro dimensioni, e permettere di individuare l’organismo strutturale resistentealle azioni orizzontali e verticali con lo stesso grado di dettaglio proprio di disegni originali.

4.4.2.5 Definizioni relative ai dettagli costruttivi (Circ. C8A.1.B.3)

Progetto simulato: serve, in mancanza dei disegni costruttivi originali, a definire la quantitàe la disposizione dell’armatura in tutti gli elementi con funzione strutturale o le caratteristichedei collegamenti. È eseguito sulla base delle norme tecniche in vigore e della pratica costruttivacaratteristica all’epoca della costruzione.

Verifiche in-situ limitate: servono per verificare la corrispondenza tra le armature o le carat-teristiche dei collegamenti effettivamente presenti e quelle riportate nei disegni costruttivi, oppure

ottenute mediante il progetto simulato.

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Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

Verifiche in-situ estese: servono quando non sono disponibili i disegni costruttivi originalicome alternativa al progetto simulato seguito da verifiche limitate, oppure quando i disegni costrut-tivi originali sono incompleti.

Verifiche in-situ esaustive: servono quando non sono disponibili i disegni costruttivi originalie si desidera un livello di conoscenza accurata (LC3).

Le verifiche in-situ sono effettuate su un’opportuna percentuale degli elementi strutturaliprimari per ciascun tipologia di elemento (travi, pilastri, pareti…), come indicato nella Tabella4.5 (Tabella C8A.1.3 nella Circ. 617/09), privilegiando comunque gli elementi che svolgono unruolo più critico nella struttura, quali generalmente i pilastri.

Tabella 4.5a - Definizione orientativa dei livelli di rilievo e prove per edifici in c.a.

Tabella 4.5b - Definizione orientativa dei livelli di rilievo e prove per edifici in acciaio

NOTE ESPLICATIVE ALLE TABELLE 4.5a E 4.5bLe percentuali di elementi da verificare ed il numero di provini da estrarre e sottoporre a prove di resistenza riportati

nella suindicate tabelle hanno valore indicativo e vanno adattati ai singoli casi, tenendo conto dei seguenti aspetti:(a) Nel controllo del raggiungimento delle percentuali di elementi indagati ai fini del rilievo dei dettagli costruttivi

si tiene conto delle eventuali situazioni ripetitive, che consentano di estendere ad una più ampia percentuale icontrolli effettuati su alcuni elementi strutturali facenti parte di una serie con evidenti caratteristiche di ripetibilità,per uguale geometria e ruolo nello schema strutturale.

(b) Le prove sugli acciai sono finalizzate all’identificazione della classe dell’acciaio utilizzata con riferimentoalla normativa vigente all’epoca di costruzione. Ai fini del raggiungimento del numero di prove sull’acciaio necessarioper il livello di conoscenza è opportuno tener conto dei diametri (nelle strutture in c.a.) o dei profili (nelle strutturein acciaio) di più diffuso impiego negli elementi principali con esclusione delle staffe.

(c) Ai fini delle prove sui materiali è consentito sostituire alcune prove distruttive, non più del 50%, con unpiù ampio numero, almeno il triplo, di prove non distruttive, singole o combinate, tarate su quelle distruttive.

(d) Il numero di provini riportato nelle tabelle 4.5a e 4.5b può esser variato, in aumento o in diminuzione,in relazione alle caratteristiche di omogeneità del materiale. Nel caso del calcestruzzo in opera tali caratteristichesono spesso legate alle modalità costruttive tipiche dell’epoca di costruzione e del tipo di manufatto, di cui occorreràtener conto nel pianificare l’indagine. Sarà opportuno, in tal senso, prevedere l’effettuazione di una seconda campagna

di prove integrative, nel caso in cui i risultati della prima risultino fortemente disomogenei.

Rilievo (dei dettagli costruttivi)(a) Prove (sui materiali) (b)(c)

Per ogni tipo di elemento «primario» (trave, pilastro …)

Verifiche limitateLa quantità e disposizione dell’armatura è ve-rificata per almeno il 15% degli elementi

1 provino di cls. per 300 m² di piano del-l’edificio, 1 campione di armatura perpiano dell’edificio

Verifiche esteseLa quantità e disposizione dell’armatura è ve-rificata per almeno il 35% degli elementi

2 provini di cls. per 300 m² di piano del-

l’edificio, 2 campioni di armatura per pianodell’edificio

Verifiche esaustiveLa quantità e disposizione dell’armatura è ve-rificata per almeno il 50% degli elementi

3 provini di cls. per 300 m² di piano del-l’edificio, 3 campioni di armatura per pianodell’edificio

Rilievo (dei collegamenti)(a) Prove (sui materiali) (b)

Per ogni tipo di elemento «primario» (trave, pilastro…)

Verifiche limitateLe caratteristiche dei collegamenti sono veri-

ficate per almeno il 15% degli elementi

1 provino di acciaio per piano dell’edi-ficio, 1 campione di bullone o chiodo

per piano dell’edificio

Verifiche esteseLe caratteristiche dei collegamenti sono veri-ficate per almeno il 35% degli elementi

2 provini di acciaio per piano dell’edi-ficio, 2 campioni di bullone o chiodoper piano dell’edificio

Verifiche esaustiveLe caratteristiche dei collegamenti sono veri-ficate per almeno il 50% degli elementi

3 provini di acciaio per piano dell’edi-ficio, 3 campioni di bullone o chiodoper piano dell’edificio

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4.4.2.6 Proprietà dei materiali (Circ. C8A.1.B.3)

Calcestruzzo: la misura delle caratteristiche meccaniche si ottiene mediante estrazione dicampioni ed esecuzione di prove di compressione fino a rottura.

Acciaio: la misura delle caratteristiche meccaniche si ottiene mediante estrazione di campionied esecuzione di prove a trazione fino a rottura con determinazione della resistenza a snervamento

e della resistenza e deformazione ultima, salvo nel caso in cui siano disponibili certificati di provadi entità conforme a quanto richiesto per le nuove costruzioni, nella normativa dell’epoca.Unioni di elementi in acciaio: la misura delle caratteristiche meccaniche si ottiene mediante

estrazione di campioni ed esecuzione di prove a trazione fino a rottura con determinazione dellaresistenza a snervamento e della resistenza e deformazione ultima.

Metodi di prova non distruttivi: Sono ammessi metodi di indagine non distruttiva di docu-mentata affidabilità, che non possono essere impiegati in completa sostituzione di quelli sopradescritti, ma sono consigliati a loro integrazione, purché i risultati siano tarati su quelli ottenuticon prove distruttive. Nel caso del calcestruzzo, è importante adottare metodi di prova che limitinol’influenza della carbonatazione degli strati superficiali sui valori di resistenza.

Prove in-situ limitate: servono a completare le informazioni sulle proprietà dei materialiottenute o dalle normative in vigore all’epoca della costruzione, o dalle caratteristiche nominaliriportate sui disegni costruttivi, o da certificati originali di prova.

Prove in-situ estese: servono per ottenere informazioni in mancanza sia dei disegni costruttivi,che dei certificati originali di prova, oppure quando i valori ottenuti dalle prove limitate risultanoinferiori a quelli riportati nei disegni o certificati originali.

Prove in-situ esaustive: servono per ottenere informazioni in mancanza sia dei disegnicostruttivi, che dei certificati originali di prova, oppure quando i valori ottenuti dalle prove limitaterisultano inferiori a quelli riportati nei disegni o certificati originali, e si desidera un livello diconoscenza accurata (LC3).

Le prove opportune nei diversi casi sono indicate nella Tabelle 4.5.

4.4.2.7 Fattori di confidenza e stima delle resistenze (Circ. C8A.1.B.4)

I Fattori di Confidenza indicati nella Tabella 4.4 possono essere utilizzati, in assenza di valu-tazioni più approfondite, per definire le resistenze dei materiali da utilizzare nelle formule dicapacità degli elementi. Le resistenze medie, ottenute dalle prove in situ e dalle informazioniaggiuntive, sono divise per i Fattori di Confidenza.

In simboli

f d = f m / FC (4.1)

Nel caso di progettazione in presenza di azioni sismiche, i Fattori di Confidenza sono utilizzati

anche per gli scopi di cui al § C8.7.2.4 (della Circolare 617/09 N.d.A.).(6)

I Fattori di Confidenza possono anche essere valutati in modo differenziato per i diversimateriali, sulla base di considerazioni statistiche condotte su un insieme di dati significativo pergli elementi in esame e di metodi di valutazione di comprovata validità.

(6) Circ. 617/09 - § C8.7.2.4:I fattori di confidenza indicati nella Tabella C8A.1 servono a un duplice scopo:

a) per definire le resistenze dei materiali da utilizzare nelle formule di capacità degli elementi duttili efragili; le resistenze medie, ottenute dalle prove in situ e dalle informazioni aggiuntive, sono divise per i fattori diconfidenza;

b) per definire le sollecitazioni trasmesse dagli elementi duttili a quelli fragili; a tale scopo, le resistenzemedie degli elementi duttili, ottenute dalle prove in situ e dalle informazioni aggiuntive, sono moltiplicate per i

fattori di confidenza.

Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

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4.4.2.8 Indicazioni supplementari per edifici in calcestruzzo armato(Circ. C8A.1.B.5)

Per l’identificazione della geometria, i dati raccolti includono i seguenti:a) identificazione del sistema resistente alle forze orizzontali in entrambe le direzioni;b) tessitura dei solai;

c) imensioni geometriche di travi, pilastri e pareti;d) larghezza delle ali di travi a T;e) possibili eccentricità fra travi e pilastri ai nodi.

Per l’identificazione dei dettagli costruttivi, i dati raccolti devono includere i seguenti:f) quantità di armatura longitudinale in travi, pilastri e pareti;g) quantità e dettagli di armatura trasversale nelle zone critiche e nei nodi trave-pilastro;h) quantità di armatura longitudinale nei solai che contribuisce al momento negativo di

travi a T;i) lunghezze di appoggio e condizioni di vincolo degli elementi orizzontali;l) spessore del copriferro;m) lunghezza delle zone di sovrapposizione delle barre.

Per l’identificazione dei materiali, i dati raccolti includono i seguenti:n) resistenza del calcestruzzo;o) resistenza a snervamento, di rottura e deformazione ultima dell’acciaio.

4.4.2.9 Indicazioni supplementari per edifici in calcestruzzo armato(Circ. C8A.1.B.6)

Per l’identificazione della geometria, i dati raccolti includono i seguenti:a) identificazione del sistema resistente laterale in entrambe le direzioni;b) identificazione dei diaframmi orizzontali;c) forma originale dei profili e dimensioni fisiche;d) area sezionale esistente, moduli di sezione, momenti d’inerzia, e proprietà torsionali

nelle sezioni critiche.Per l’identificazione dei dettagli, i dati raccolti includono posizione e dimensione dei bulloni,

dimensioni e spessori delle saldature nelle zone critiche di collegamento.Per l’identificazione dei materiali, i dati raccolti includono la resistenza del calcestruzzo e

la resistenza a snervamento, di rottura e deformazione ultima dell’acciaio.

4.5 ESEMPIO DI ANALISI E ATTRIBUZIONE DEL FATTORE DI CONFIDENZA

Di un fabbricato residenziale unifamigliare costruito negli anni ‘60 del secolo

scorso, sono stati reperiti una serie di documenti originali relativi al progetto.Essi constano di disegni rappresentanti in scala 1:100 le piante, i prospetti e diuna sezione (di quest’ultima di riporta l’estratto in Figura 4.1). Inoltre si è ritrovatala relazione di calcolo costituita da elaborati e disegni esecutivi che si riportaquasi integralmente nelle figure da 4.2 a 4.6.(7)

La costruzione è realizzata in muratura portante di blocchi di laterizio semipienidi spessore pari a 30 cm e aventi percentuale di foratura inferiore a 45%, legaticon malta cementizia di buona qualità. L’andamento dei corsi è da ritenersi regolaree la planarità dei muri buona.

(7) Si è omessa solo una piccola parte relativa al calcolo del secondo tipo di solaio del quale

si riporta invece solo la parte grafica.

Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

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Figura 4.1 - Sezione di un fabbricato in muratura portante risalente al 1960

La pianta del fabbricato misura circa 10 m x 12 m ed è costituito da unpiano rialzato, un livello di sottotetto praticabile e una porzione seminterrata. Lepareti di quest’ultima e le fondazioni sono realizzate in calcestruzzo non armato.Le murature portanti presentano una cordolatura in calcestruzzo armato che cer-chia il fabbricato ai vari livelli.

I solai sono di 2 tipi: a livello terra (rialzato, in parte su seminterrato e inparte su vespaio aerato) è in laterocemento avente spessore 16+4 cm ed interassedei travetti pari a 58 cm. Al primo livello e in copertura, il solaio è, invece, realizzatomediante travetti prefabbricati di calcestruzzo di altezza pari a 16 cm e aventiinterasse pari a 60 cm. Tra questi viene interposto un tavellone di laterizio, fungenteda cassero a perdere, e successivo getto di 4 cm di calcestruzzo con armatura amaglia quadrangolare.

La copertura, come si vede dalla sezione di Figura 4.1, non è di tipo spingentein quanto i travetti sono appoggiati sui muri perimetrali e sui muri di spina inter-ni.

I riscontri effettuati in loco, a seguito di un accurato rilievo geometrico, accom-pagnato dall’asportazione dell’intonaco in vari punti del fabbricato, al fine di veri-ficare la concordanza con i dati documentali, hanno dato esiti positivi. Al di làdi differenze rientranti nelle tolleranze dimensionali esecutive, il fabbricato puòconsiderarsi coincidente con la sua struttura originaria e con le dimensioni indicate

negli elaborati.

Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

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Figura 4.2 - Documentazione relativa la calcolo della fondazione

Per quanto concerne la fondazione (Figura 4.2), vediamo che il progettista haposto l’attenzione alla pressione sul terreno nel muro di spina (più caricato), veri-

ficando la corrispondenza della larghezza di appoggio con i 50 cm ipotizzati e valutando che il risultato fosse compatibile con la natura del terreno. Nulla ci viene detto in merito al tipo di calcestruzzo adottato.

Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

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Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

Figura 4.3 - Solaio: calcolo ed disegno esecutivo

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Nell’illustrazione 4.3 è riportato il solaio del livello terra. La luce di calcolopari a 4,2 m. Lo schema statico sembra in semplice appoggio ma il tecnico ipotizzauna condizione di vincolo che definisce «semincastro» e adotta nel calcolo unmomento massimo pari a qL2 /12. Il che, come è noto, equivale anche al momentodi incastro perfetto negativo. Generalmente invece per il vincolo di semincastrosi usa il valore qL2 /10. Ad ogni modo, la verifica è condotta col Metodo delle

Tensioni Ammissibili, nell’ipotesi che il travetto sia di sezione rettangolare conasse neutro che taglia la soletta. Dalle note relazioni:

————h _ c = r √ (M / b) (4.1)

————Af = t √ M x b (4.2)

in cuih = 20 cmc = 2 cmM = 51.582 kg/cm2

b = 58 cm

ne ricava r = 0,604 dalla (4.1). Dalle tabelle costruite per n = 15, e σf = 1.400kg/cm2 (tensione ammissibile dell’acciaio), il tecnico ha dedotto t = 0,00126,

——————ricavando l’area dell’armatura tesa Af = 0,00126 √ 51.582 x 58 = 2,18 cm2. Aquest’ultima fa corrispondere 3 ∅ 10 in mezzeria (area delle tre barre = 2,36 cm2

> 2,18 cm2 e non 3,26 cm2 come indica la relazione, vedi anche Tabella 3.16).Il calcolo esatto della sezione a T, avendo anima di larghezza pari a 10 cm,

pone i seguenti risultati:

σc = _ 26 daN/cm2; σf = 1.315 daN/cm2,

ma nell’ipotesi di semincastro per

Mmax = qL2 /10 = 605 x 0,58 x 4,22 / 10 = 61.900 daN/cm2

si avrebbe

σc = _ 32 daN/cm2; σf = 1.578 daN/cm2

e dunque in questo secondo caso le barre d’armo non sarebbero verificate.

Se considerassimo invece il momento negativo di incastro perfetto la condizionesarebbe:

σc = _ 62 daN/cm2; σf = 1.390 daN/cm2

Non essendo nota, dai documenti, la tensione ammissibile del calcestruzzo,non possiamo dare un giudizio formalmente esatto. Ad ogni modo, grossomodo,dai calcoli possiamo farci l’idea che sostanzialmente il solaio sia verificato, masi vede quanti e quali incertezze possa riservare una lettura della documentazioneancorchè reperibile.

Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

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E ancora, nulla si evince per quanto concerne le murature. Non vengono indicatii parametri relativi agli elementi che costituiscono i paramenti murari, ma nem-meno di che materiale siano, nè la qualità delle malte. La relazione si soffermainvece su verifiche di dettagli che hanno poco significato per il comportamentoglobale delle strutture: dettaglio di un aggetto esterno in c.a. (Figura 4.4, dove si vede anche un secondo tipo di solaio); altri particolari di pensiline esterne (Figura

4.5) e infine sul calcolo e il particolare esecutivo della scala interna (Figura 4.6).Pur avendo a disposizione questo materiale, resta sempre l’incertezza relativaal fatto che l’esecuzione delle opere sia stata effettivamente condotta come dadisegno. Soprattutto per quanto riguarda, ad esempio, la disposizione delle arma-ture, ormai non più visibile.

Figura 4.4 - Dettagli di altro solaio e aggetto esterno

Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

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Figura 4.5 - Disegni e calcoli di altri dettagli

Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

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Figura 4.6 - Calcolo e disegno della scala

In base a quanto fin qui visto possiamo considerare il livello di conoscenzapari a LC1 (conoscenza limitata) e adottare un FC = 1,35 in relazione alla Tabella4.4.

Capitolo 4 - LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

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Capitolo 5

COMPORTAMENTO DI EDIFICIIN MURATURA PORTANTE

5.1 CLASSIFICAZIONE DEGLI EDIFICI

Quantunque le classificazioni pecchino sovente di rigidità nel loro intento diordinare e organizzare in gruppi gli elementi di un insieme, soprattutto quandoquesto sia caratterizzato da peculiarità molto eterogenee, qual’è il caso appuntodegli edifici esistenti in muratura portante di mattoni, sembra utile riproporrequella adottata da Michele Pagano(1). Essa consta delle seguenti tre classi:

I. Edifici interamente in muratura con orizzontamenti costituiti da volte;II. Edifici con ritti in muratura e orizzontamenti costituiti da solai la cui

orditura principale è composta da travi isostatiche in legno o ferro;III. Edifici con ritti in muratura ed orizzontamenti costituiti da solai

ammorsati in un cordolo perimetrale in calcestruzzo armato.

È evidente che, in molti casi, un dato edificio potrà anche contenere le tre varianti suindicate, e dunque presentarsi a tipologia ibrida.

5.2 EDIFICI DI PRIMA CLASSE: INTEGRALMENTE IN MURATURA CON ORIZZONTAMENTI A VOLTA

Si tratta di tipologie costruttive storiche nelle quali l’organizzazione strutturaleportante è interamente affidata a murature. In sostanza, sia l’apparato fondale,sia le strutture verticali e gli orizzontamenti (o impalcati), sono realizzati medianteelementi lapidei o in laterizio (Figura 5.1c), variamente legati. Discorso a parte vale per le coperture che, invece, riscontrano il favore prevalentemente di capriatein legno o comunque di dispositivi strutturali con elementi lignei.

Le fondazioni possono essere realizzate secondo lo schema di Figura 5.1a e5.1b: una serie di piloni in muratura posti in prossimità degli incroci dei murimaestri raggiungono lo strato fondale più resistente; un sistema di volte sostienele parti restanti delle strutture di elevazione.

Lo schema dell’arco di fondazione può essere anche «rovesciato», in tal casoil livello terra poggia direttamente sul suolo (Figura 5.2)

(1) Michele Pagano, Teoria degli Edifici. Edifici in Muratura, Liguori Editore, Napoli 1969.

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Figura 5.1 - Schema delle fondazioni di un fabbricato di prima classe. a) Pianta con evidenziate le zone dei piloni in muratura; b) Particolare dei piloni di fondazione e delle volte a botte del livello terra. c) Particolare degli orizzontamenti ai piani

Figura 5.2 - Schema delle fondazioni di un fabbricato di prima classe con archi rovesciati

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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Per quanto riguarda gli orizzontamenti (incluso, come si vede in Figura 5.1b,il livello terra) il sistema costruttivo adottato si fonda sul principio della volta.Numerosissime sono le tipologie di volta adottate; di seguito si riporta una breveillustrazione di alcuni tipi principali raggruppate secondo le seguenti categorie:

a) a botte;b) a padiglione;

c) a crociera;d) a doppia curvatura.Tutti questi sistemi si fondano principalmente sul comportamento statico del-

l’arco. Anche le aperture sui muri sono generalmente ottenute mediante l’inserimentodi un arco di scarico o di una piattabanda al di sopra delle stesse (Figura 5.3).

L’assenza di soluzione di continuità nel materiale utilizzato per fondazione estrutture di elevazione, ovvero la muratura in laterizio o in elementi lapidei, rendemolto sensibili i fabbricati ai cedimenti differenziali che possono manifestarsi conampie fessurazioni nei maschi murari.

Figura 5.3 - Piattabande e archi di scarico sopra i vani di aperture (da Donghi)

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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5.3 PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO DELLE VOLTE

Per quanto concerne i limiti di questa trattazione ci si sofferma a sottolineare soloalcuni degli aspetti relativi al comportamento delle volte. Questi verranno illustrati inmodo sintetico in un approccio di tipo intuitivo, rimandando il lettore che voglia appro-fondirne lo studio ai manuali classici di Scienza delle Costruzioni. Cionondimeno ritengo

utile, come sempre, che sia colto almeno l’aspetto generale della problematica.

5.3.1 VOLTE A BOTTE

Nel caso in cui la generatrice della volta sia un arco a tutto sesto la situazionesi presenta come in Figura 5.4. Si tratta di un cilindro sezionato a metà e appoggiatoorizzontalmente su due supporti continui nelle imposte dell’arco che lo genera(lati lunghi della Figura 5.4a indicati con L2), mentre i lati delle due testate L1possono offrire o meno appoggio continuo alle estremità della volta.

Il regime delle spinte è regolato dalla forma geometrica della volta stessa maanche da quella dei sostegni verticali. Alla direttrice di spinta principale in direzioneL1 (Figura 5.4a), si associa quella secondaria in direzione L2 (Figura 5.4b). Se ladimensione di L2 è molto più grande di L1, prevale la componente di spinta principale.Se le murature presentano delle aperture, il regime delle spinte si fa più significativopoichè dette aperture concentrano il flusso delle tensioni sui ritti. Nel caso limitein cui L1 = L2 = L, le spinte S1 e S2 sui 4 ritti d’angolo (cantonali) risultano sensibiliin entrambe le direzioni (Figure 5.4c e 5.4d), originando una risultante S orientatagenericamente che tende ad «aprire» verso l’esterno i cantonali.

In sostanza la volta innesca anche meccanismi di resistenza a compressione,lungo le diagonali di pianta, più o meno rilevanti.

Figura 5.4 - Comportamento di volta a botte

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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Le volte che generano gli orizzontamenti possono essere più o meno ribassate(vedi Figura 5.5). Ciò implica un aumento del valore di spinta che, come è noto,dipende dalla monta h in modo inversamente proporzionale. In generale, per avereuna idea dell’entità della spinta S, si può adottare lo schema di arco a 3 cernierecon ipotesi di carico verticale distribuito in modo costante. In tali circostanze ilcalcolo è molto semplice e veloce ed è dato dalla:

S = qL2 / (8h) (5.1)

L’azione della risultante R all’imposta può pensarsi assorbita dal piedritto secon-do le due componenti S (spinta orizzontale) e V (azione verticale).

Figura 5.5 - Risultante e componenti verticale e orizzontale all’imposta di una voltain muratura

Se la disposizione interessa muri interni o di spina, aventi luci contigue pres-sochè uguali (vedi Figura 5.6a), la componente orizzontale tende ad annullarsi,restando gravante sul piedritto la somma delle due aliquote di carico verticalederivanti dalle luci contigue. Invero, nel caso di luci contigue diverse, prevarrà lacomponente di spinta relativa all’azione della campata di luce maggiore (5.6b).

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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Figura 5.6 - a) Risultante verticali per eliminazione di spinta su campate contigue simmetriche; b) prevalenza di spinta su campate asimmetriche

Per quanto attiene al comportamento sotto azioni orizzontali, come è noto,l’arco è una forma strutturale non ottimale. Similmente le volte sono affette daanalogo difetto con una qualche attenuante. La loro estensione spaziale garantisceuna certa rigidezza. Anche in questo caso la valutazione è molto difficile da fareperchè dipende da molteplici fattori, non ultimo l’entità della sua compressione.Ad ogni modo se consideriamo una distorsione della pianta tale da creare unafigura deformata romboidale (Figura 5.7b), una diagonale risulterà tesa (B’O’C’) euna compressa (A’O’D’). La diagonale compressa, che schematizza un arco diagonaledella volta, tenderà ad alzarsi di una quantità δ (Figura 5.7c), mentre l’altro arcodiagonale teso, ad abbassarsi di δ (Figura 5.7d). Questo effetto eguale ed oppostodifferenzia il comportamento della volta (figura spaziale) da quello di un arco singolo(figura piana). In pratica il sistema costituito dai due archi diagonali si controventaa vicenda, consentendo la formazione del meccanismo tirante-puntone. Anche sup-

ponendo che il materiale in cui è costruito la volta abbia resistenza a trazionenulla, e quindi che in pratica questo tipo di comportamento sia vanificato dal fattoche non sarebbe teoricamente possibile nessuna azione della diagonale tesa con-trastante l’innalzamento di quella compressa, possiamo però osservare che se, comegeneralmente avviene, il sistema volta è compresso nella configurazione orizzon-talmente indeformata (Figura 5.7a), lo sono anche entrambi le diagonali.(2) Pertantola diagonale tesa nella configurazione deformata (Figura 5.7b) può contrastare effi-cacemente lo spostamento δ, nei limiti della sua decompressione. Oltre detto limitela riserva di efficacia è data dalla resistenza a trazione (quindi scarsa).

(2) È evidente che la compressione della volta dipende dai carichi gravanti sulla medesima. Il con-

cetto è analogo a quello dell’arco che, per garantire il suo funzionamento, deve risultare caricato.

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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Il funzionamento tirante-puntone può dunque essere interessante al fine dellamodellazione del comportamento degli edifici sotto carichi orizzontali, consentendodi rappresentare l’orizzontamento costituito dalla volta, mediante l’inserimento di unoschema piano tirante-puntone lungo le direttrici diagonali della maglia di pianta.(3)

Figura 5.7 - a) volta non deformata; b) configurazione deformata; c) innalzamento della diagonale compressa; d) abbassamento della diagonale tesa

5.3.2 VOLTE A PADIGLIONE

Dal punto di vista geometrico risultano composte dall’intersezione di due voltecilindriche impostate sui lati paralleli dei piedritti della pianta rettangolare (Figura5.8). La superficie è delimitata dai 4 spicchi la cui generatrice dei lati giace sullesuperfici curve diagonali. Anche in questo caso il comportamento dipende dalle variabili già viste per la volta a botte, ovvero: lunghezza relativa dei lati dellapianta; apertura dei muri di imposta, condizioni di carico, ecc. Cosicché nei rittiin cui la presenza delle aperture è sensibile, si accentua il comportamento ad

arco di tipo 1, in quelli continui il comportamento di tipo 2 (Figura 5.8b). Nelcaso in cui la pianta sia quadrata e il sistema sia sorretto da 4 pilastri ugualiagli angoli, la spinta su questi assume andamento diagonale a 45° ed è possibiledeterminarla in via semplificata mediante la 5.1, dove h è la monta degli archidiagonali ed L la loro luce. Essa tende ad aprire i montanti verso l’esterno.

Un tipo particolare di volta a padiglione è quella di Figura 5.9b. Essa vienedetta anche volta a schifo ed è molto diffusa nell’edilizia storica in quanto, al vantaggiodi una maggiore libertà della pianta (forma rettangolare anziché quadrata), uniscequello dell’estradosso piano che agevola la formazione del piano superiore.

(3) Il problema è quello relativo alla scelta di una «sezione ideale resistente» degli elementi tirante

e puntone «fittizi», e dell’eventuale attribuzione di un modulo elastico rappresentativo.

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Figura 5.8 - Volta a padiglione

Figura 5.9 - a) volta a botte con testata a padiglione; b) volta a schifo

5.3.3 VOLTE A CROCIERA

Anche le volte a crociera sono composte dall’intersezione di due volte cilindricheincrociate. Il tipo più semplice è quello impostato su pianta quadrata. I semicilindrisono tagliati a filo delle murature (Figura 5.10a). Il comportamento statico risultasostanzialmente combinato secondo gli schemi già visti nei precedenti paragrafi,che si riconducono a quelli relativi alle spinte degli archi impostati sui lati dipianta e a quelli sulle diagonali, con conseguente azione che induce i piedritti alribaltamento verso l’esterno. Le varianti tipologiche sono notevoli, ad esempio inFigura 5.10b si illustra una volta crociera impostata su archi a sesto acuto.

Nel caso essa sia impostata su muri di supporto continuo valgono le indicazioni

di Figura 5.4.

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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Figura 5.10 - Volta a crociera

5.3.4 VOLTE A DOPPIA CURVATURA

Gli esempi più semplici sono costituiti dalla Figura 5.11 dove la volta è generatasu una pianta quadrata da una duplice curva avente identico raggio. La formaassunta è quella di una calotta sferica tagliata a filo dei lati del tamburo di sostegno.Il regime delle spinte è analogo ai casi visti in precedenza in funzione delle stesse variabili quali: la presenza di muri continui di supporto, le forature negli stessi.Nella condizione di appoggio su 4 cantonali identici, impostati su pianta quadrata,la spinta assume andamento diagonale a 45° verso l’esterno.

Figura 5.11 - Volta a doppia curvatura

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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5.4 CONDIZIONI FISIOLOGICHE DEGLI EDIFICI ESISTENTI DI PRIMACLASSE

Dopo la breve digressione sul comportamento delle volte riprendiamo l’argo-mento relativo agli edifici riconducibili alla prima classe. Nella stragrande mag-gioranza dei casi (per non dire totalità), fanno parte dell’edilizia storica appartenente

ad epoche antecedenti l’avvento del calcestruzzo armato e quindi sono privi dicordolature interpiano in calcestruzzo armato (obbligatorie per norma negli ultimidecenni). Generalmente la loro situazione statica ha subito nel tempo mutamentidovuti a molteplici cause quali ad esempio: assestamenti dell’apparato fondale;sollecitazioni eccezionali a carattere dinamico (terremoti); esposizioni a condizioniclimatiche di vario genere (escursioni termiche, vento ecc); variazioni delle con-dizioni d’uso e dunque dei carichi gravanti sugli orizzontamenti; fenomeni dovutia maturazione dei leganti quali ritiro e viscosità; infine, anche, manomissioni del-l’apparato strutturale originario. Tutto ciò, unito magari alla scarsa qualità deimateriali, finisce col produrre il superamento dei limiti di resistenza a trazione,già di per se bassi, in molte sezioni, configurando la parzializzazione delle stesse(vedi Figura 5.12). Il quadro generale tende dunque ad assestarsi, al limite, aduno stato privo di zone tese, in cui il sistema può essere pensato come un insiemedi conci idealmente separati, il cui contatto avviene «localmente» in parti di sezionisoggette a compressione, e dove i letti di malta hanno assunto il compito di favorireil contatto fra le superfici scabre su una più ampia superficie.

Figura 5.12 - Fessurazioni conseguenti alla parzializzazione del sistema murario

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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L’effettiva capacità portante di detto sistema che, sostanzialmente, ha subitonel tempo una diminuzione di rigidezza, è sicuramente inferiore a quella originaria,in cui l’arco avrebbe potuto supporsi in condizioni perfettamente integre. Nondi-meno, l’adozione di una ipotesi limite, che consideri a priori la parzializzazionedi tutte le sezioni, può considerarsi a vantaggio della sicurezza.

5.5 EDIFICI DI SECONDA CLASSE: CON RITTI IN MURATURA EORIZZONTAMENTI A STRUTTURA PORTANTE IN LEGNO O IN FERRO

A questa categoria appartengono ancora edifici a carattere storico, sempre prividi cordolatura in calcestruzzo armato, in cui gli orizzontamenti sono realizzatida solai nei quali l’orditura portante principale è costituita da una travatura ligneao in ferro. Il sistema è dunque monodirezionale, di tipo a travi appoggiate suimuri maestri. Il criterio di distribuzione dei carichi monodirezionale investe gene-ralmente due murature ai lati opposti della «cellula» di pianta quadrangolare rela-tiva al vano in cui giace il solaio. Gli altri due muri risultano dunque «scarichi»per quanto concerne le azioni trasmesse dall’orizzontamento.

In Figura 5.13a è riportato il caso, non infrequentre, in cui la presenza di un«rompitratta» origina una distribuzione dei carichi sui 4 muri che circoscrivono la«cellula» del solaio. L’azione trasmessa dal rompitratta può assimilarsi ad un caricoconcentrato, mentre quella dei travetti può assimilarsi ad un carico distribuito.

Questo tipo di solai viene generalmente completato da un tavolato ligneo sul qualesi dispone un massetto e la finitura del pavimento (piastrelle o listellatura lignea).

Figura 5.13 - a) Solaio a struttura lignea con rompitratta centrale (da Levi);b) Solai a voltine di laterizio (pieno o forato) con travature in ferro e getto di conglomerato sovrastante

a)

b)

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Appartengono ai solai monodirezionali anche quelli composti da travaturemetalliche e voltine variamente composte (Figura 5.13b). La mutua spinta fra le voltine adiacenti, poste ad interassi uguali, si annulla, mentre la spinta residuadelle voltine di bordo, essendo gli interassi delle travature metalliche dell’ordinedi circa 1 metro e la monta molto ribassata, risulta estremamente limitata e inmolti casi trascurabile agli effetti della stabilità del muro.

Per quanto riguarda le forature di porte e finestre, possiamo trovare la mede-sima tipologia relativa ai casi di Figura 5.3: archi di scarico o piattabande, ovverol’architrave può essere costituito da una trave di ferro o in legno.

Ad ogni modo, di fondamentale interesse, risultano i seguenti aspetti:a) differenziazione netta fra il materiale costituente l’orizzontamento e quella

costituente la muratura di elevazione;b) valutazione della capacità di un effettivo ammorsamento delle travi nei

muri portanti in grado di fornire la trasmissione dello sforzo normaledal muro alla trave (e viceversa);

c) valutazione della rigidezza dell’orizzontamento, che dal passaggio dei casidi Figura 5.13 a quelli di Figura 5.14, presenta diversi gradi di valutazione (4);

d) presenza di eventuali riseghe nei muri portanti che diminuiscono lo

spessore di questi con l’aumentare dei piani.Per quanto indicato al punto a) il primo effetto di questa organizzazione strut-turale sta, dunque, nell’eliminazione della spinta nei piedritti da parte dei solai,in quanto orizzontali. Restano comunque eventuali condizioni di comportamentoad arco laddove, come suggerito nella letteratura storica, si debbano appoggiareeventuali travi maestre intermedie sopra aperture.(5)

Una seconda importante caratteristica sta nella valutazione del punto b). Spessol’innesto delle travature (lignee o in ferro), all’interno dei maschi murari, può con-siderarsi a scorrimento orizzontale libero, se si trascurano gli effetti dell’attrito frai materiali. In tali circostanze il paramento murario risulta privo di «aggancio oriz-zontale». Quantunque raccomandati dalla manualistica d’epoca (vedi esempio Figura5.14), la realizzazione di ancoraggi in grado di realizzare una funzione almeno ditirante dei travetti di solaio si riscontra rarissimamente nella pratica costruttiva.

Figura 5.14 - «Nella pratica le buone regole di costruzione vogliono che si considerinoi travicelli come semplicemente appoggiati. Ciò non ostante sarà uti-lissimo, ed in alcuni casi anche indispensabile, di bene assicurare gli estremi di questi ferri alle murature.» (da Boubèe 1880)

(4) Cfr. Anche Appendice E.(5) «L’appoggio di trave maestra non deve di regola risultare in corrispondenza di apertura di porta

o finestra; quando ciò non possa evitarsi, si deve costruire sulla relativa piattabanda un arco di scarico».

Carlo Levi, Corso di Costruzioni, Milano, Hoepli, 1950.

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c) il muro A (di spina) esercita una azione di spinta verso B dovuta agliarchi di scarico delle forature in prossimità dell’incrocio;

d) il muro A potrebbe manifestare fessurazione verticali in C (ovvero sullecosiddette croci dei muri) dovute a: degrado dei materiali; effetti relativi alla dif-ferenza di temperatura interna ed esterna(6); accorciamento differenziale a com-pressione per le diverse condizioni di carico rispetto a B, ecc..

In definitiva, tutto ciò comporta una tendenza al ribaltamento verso l’esternodi B e la necessità di una verifica nelle ipotesi che la muratura perimetrale sicomporti rigidamente su tutta l’altezza dell’edificio.

Nelle Figure 5.16 e 5.17 si riporta una verifica al ribaltamento di un muro esternodi un fabbricato ibrido di prima e seconda classe. I primi tre piani fuori terra sono,infatti, costituiti da orizzontamenti a volta; gli ulteriori 3, mediante solai con traviappoggiate. Il caso, tratto dal citato volume dell’Ing. Russo(7), riguarda un fabbricatosul Lungotevere di Roma. L’Autore conduce un’analisi semplificata e spedita, nel-l’ipotesi che non possa essere considerato il funzionamento a tirante dei solai.

Figura 5.16 - Schema del fabbricato oggetto di analisi del ribaltamento del muro

perimetrale (da Russo)

(6) Una differenza di temperatura di 15°C tra interno ed esterno può causare una tensione di scor-rimento all’incrocio dei maschi murari dell’ordine di 0,3÷0,5 daN/cm2.

(7)

Cristoforo Russo, Le Lesioni dei Fabbricati, UTET, Torino 1947.

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Figura 5.17 - Verifica al ribaltamento del muro di Figura 5.16 (da Russo)

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5.6 EDIFICI DI TERZA CLASSE: CON RITTI IN MURATURA EDORIZZONTAMENTI ANCORATI AD UN CORDOLO DI CEMENTOARMATO

L’avvento della tecnica del calcestruzzo armato ha notevolmente modificato, insenso favorevole ovviamente, il comportamento strutturale degli edifici in muratura

portante attraverso una serie di innovazioni tecniche. In principal luogo l’introduzionedella realizzazione di solai in laterocemento, il cui confezionamento viene completatocon getto in opera di calcestruzzo spesso accompagnato da una armatura diffusasulla soletta, ha comportato la realizzazione di una cordolatura in calcestruzzo armatoai livelli dei vari solai. Ciò, unitamente al miglioramento della qualità degli elementicostituenti la muratura, e la qualità dei leganti, ha contributo al conseguimento diun comportamento scatolare dell’intero sistema costruttivo.

Già da molti anni, tutte le normative tecniche hanno reso obbligatoria la rea-lizzazione di una cordolatura in c.a. di interpiano (ovvero al livello dei solai),imponendo addirittura regole per un dimensionamento minimo al di sotto dellequali non è consentito derogare (sezione e armatura).

Figura 5.18 - Effetto cerchiante di una cordolatura in calcestruzzo armato

Nella stragrande maggioranza dei casi, soprattutto quando le dimensioni delfabbricato sono geometricamente regolari, la presenza di solai siffatti(8) attribuisceun comportamento a diaframma orizzontale rigido.

(8) Anche, ovviamente quando l’orizzontamento sia costituito semplicemente da una soletta armata.

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L’ipotesi del traverso infinitamente rigido, consente di imporre la congruenzafra gli spostamenti orizzontali dei ritti del modello strutturale. Una prima conse-guenza di questa ipotesi è quella rappresentata in Figura 5.19: un telaio costituitoda più piedritti, e avente più gradi di libertà, può essere equiparato ad un sistemacomposto da una sola asta verticale in cui le masse ai vari livelli degli impalcatisono discretizzate alle relative quote della singola asta.

Figura 5.19 - La presenza del traverso infinitamente rigido impone la congruenza di tutti gli spostamenti orizzontali ai vari livelli, assimilando il com- portamento del telaio a quello di un unica asta in cui le masse siano concentrate ai relativi livelli del traverso

In sostanza la struttura, ai vari livelli, è vincolata agli stessi spostamenti oriz-zontali e la sua deformata può essere ricostruita a partire da quella della singolaasta che ne riassume il comportamento globale. In particolare l’asta verticale rias-

sume le caratteristiche di rigidezza delle singole aste orizzontali, in simboli:

ktot = Σ ki (5.1)

Qualora l’ipotesi di traverso infinitamente rigido non sia verificata, i piedrittidel sistema strutturale a più gradi di libertà di cui alla Figura 5.19, tendono ciascunoa comportarsi in modo autonomo (vedi Figura 5.20). In tal caso nella strutturaaumentano i modi di vibrare, perchè ciascun ritto ne avrà uno di suo in funzionedelle proprie caratteristiche. In secondo luogo, questi modi di vibrare mettono ineccitazione un’aliquota della massa totale relativamente bassa. Per raggiungere,dunque, le aliquote di percentuale della massa sismica partecipante, indicate nelleNTC, sarà necessario aumentare il numero dei modi da considerare nel calcolo.

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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Figura 5.20 - Struttura con traverso deformabile e comportamento autonomo dei singoli ritti, a destra uno dei possibili modi di vibrare.

Da un punto di vista puramente qualitativo anche la forma planimetrica diun impalcato può dare alcune significative informazioni in relazione alla sua rigi-dezza. Nel caso di piante in cui siano presenti sensibili restringimenti, e soluzionidi continuità, l’ipotesi di indeformabilità potrebbe essere poco attendibile anchequando siano soddisfatte le ipotesi relative alla tipologia costruttiva vista per ipunti 1), 2) e 3) (Figura 5.21a). In effetti nella zona più «debole» (tratteggiata),e specie per eccentricità notevole fra baricentro delle masse e delle rigidezze, pos-sono verificarsi spostamenti relativi significativamente diversi per una stessa dire-zione. Molto più idonee saranno invece forme compatte, anche in presenza disensibili eccentricità fra baricentro delle masse e delle rigidezze (Figura 5.21b).

Figura 5.21 - Esempi di solai più o meno deformabili

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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La Circolare 617/09 ha dato, comunque, le ulteriori seguenti indicazioni(11):

Gli orizzontamenti devono essere dotati di opportuna rigidezza e resistenza nel piano e collegatiin maniera efficace alle membrature verticali che li sostengono perché possano assolvere la funzionedi diaframma rigido ai fini della ripartizione delle forze orizzontali tra le membrature verticali stesse.

Particolare attenzione va posta quando abbiano forma molto allungata o comunque non com-

patta: in quest’ultimo caso, occorre valutare se le aperture presenti, soprattutto se localizzate inprossimità dei principali elementi resistenti verticali, non ne riducano significativamente la rigidezza.Essi possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano se, modellandone la deformabilitànel piano, i loro spostamenti orizzontali massimi in condizioni sismiche non superano per più del10% quelli calcolati con l’assunzione di piano rigido. Tale condizione può ritenersi generalmentesoddisfatta nei casi specificati nelle NTC(12), salvo porre particolare attenzione quando essi sianosostenuti da elementi strutturali verticali (per es. pareti) di notevole rigidezza e resistenza.

Quando gli orizzontamenti possono essere considerati infinitamente rigidi nelloro piano, le masse e le inerzie rotazionali di ogni piano, possono essere con-centrate nel loro centro di gravità. Ne consegue un concetto fondamentale nella valutazione delle azioni sismiche ovvero la coincidenza o meno del baricentro dellemasse con il baricentro delle rigidezze.

5.7.2 ECCENTRICITÀ ACCIDENTALI

L’eccentricità accidentale è una eccentricità aggiuntiva che va considerata in ognicaso (anche qualora non vi sia presente una eccentricità geometrica fra baricentrodelle masse e delle rigidezze). Essa tiene forfettariamente conto di diversi fattori:

• variabilità spaziale del moto sismico;• incertezze nella localizzazione delle masse;• incertezze del modello;• fattori di carattere esecutivo.

La variabilità spaziale del moto sismico incide significativamente in costruzioniche abbiano un ampio sviluppo planimetrico lungo una direzione prevalente (adesempio nei ponti), molto meno, invece, nei fabbricati storici che generalmentehanno piante compatte. Le incertezze nella localizzazione delle masse, invece, sonomolto più probabili nelle costruzioni, in quanto è plausibile che i sovraccarichiaccidentali non siano uniformemente distribuiti sui solai, come invece si ipotizzain genere. Si osserva solo che nei fabbricati a struttura portante in muratura,data l’elevata incidenza del peso proprio delle stesse, la percentuale dei sovraccarichiaccidentali risulta sensibilmente ridotta rispetto ad altre tipologie strutturali (adesempio ossature in c.a. o metalliche con muri di tamponamento alleggeriti). Ad

ogni modo, il DM 14.01.08, dispone che per i soli edifici, ed in assenza di piùaccurate determinazioni, l’eccentricità accidentale in ogni direzione non possa esse-re considerata inferiore a 0,05 volte la dimensione dell’edificio misurata perpen-dicolarmente alla direzione di applicazione dell’azione sismica (Lmax i). Detta eccen-tricità è assunta costante, per entità e direzione, su tutti gli orizzontamenti:

eacc = 0,05 x Lmax i (5.3)

(11) Circ. 617/09, § C.7.2.6.(12)

Queste condizioni sono quelle indicate ai punti 1), 2), 3) e 4) sopra riportati.

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Inoltre, qualora la distribuzione di elementi secondari non strutturali (ad esem-pio tramezzature interne) sia fortemente irregolare in pianta, gli effetti di taleirregolarità debbono essere valutati e tenuti in conto. Questo requisito si intendesoddisfatto incrementando di un fattore 2 l’eccentricità accidentale di cui alla (5.3):

eacc = 2 x 0,05 x Lmax i (5.4)

5.7.3 FUNZIONE DEL SOLAIO INFINITAMENTE RIGIDO NELLA DISTRIBUZIONE DELLE AZIONI

SISMICHE

Si abbia una parete muraria di un edificio che, per semplicità di esposizionedel concetto, assumiamo ad un solo piano fuori terra. In detta parete siano collocatialcuni fori di porte e finestre (Figura 5.22a). Si consideri di avere determinato laforza orizzontale F che rappresenta l’azione sismica e che agisce nel baricentrodel traverso orizzontale (infinitamente rigido).

Un modello di comportamento semplificato della situazione può essere effet-tuato considerando che lo schema statico sia composto da un telaio avente i 3ritti (Figura 5.22b) collegati in sommità dal traverso. Ciascun ritto assume le dimen-sioni desunte dall’aver trascurato le porzioni di muratura superiori e/o inferioriai fori.

Figura 5.22 - Ripartizione su ritti giacenti in direzione della forza con ipotesi di«traverso infinitamente rigido»

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Se k 1, k 2, k 3 sono le rigidezze dei tre ritti, imponendo l’uguaglianza degli spo-stamenti in sommità, come condizione di congruenza, ne consegue direttamente:

1) per l’equilibrio alla traslazione orizzontale:F = F1 + F2 + F3 (equilibrio alla traslazione orizzontale) (5.5)

2) per il comportamento elastico lineare dei materiali:

F1 = k1 x x1F2 = k2 x x2 (5.6)F3 = k3 x x3

per il comportamento di traverso infinitamente rigido, la seguente condizionedi congruenza, ovvero identità degli spostamenti:

x1 = x2 = x3 = x (5.7)

La rigidezza complessiva del telaio è data dalla somma delle singole rigidezzedei ritti per cui, considerando la (5.1) si ottiene:

F = ktot x x (5.8)

ktot = k1 + k2 + k3 (5.9)

Quest’ultima, sostituita alla (5.8) dà:

F = (k1 + k2 + k3) x x ⇒ x = F / (k1 + k2 + k3) (5.10)

E conseguentemente la soluzione:

F1 = k1 x x1 = k1 x x = F x k1 / (k1 + k2 + k3)F2 = k2 x x2 = k2 x x = F x k2 / (k1 + k2 + k3) (5.11)

F3 = k3 x x3 = k3 x x = F x k3 / (k1 + k2 + k3)

In virtù del traverso infinitamente rigido, l’azione orizzontale (sismica) F sidistribuisce dunque in funzione proporzionale alla rigidezza dei piedritti. Più sonorigidi, maggiore è la quota parte relativa.

Prendiamo ora in considerazione questo ulteriore aspetto. Stavolta si abbiain pianta la situazione di Figura 5.23. L’orizzontamento ABCD, costituito sempreda un solaio infinitamente rigido, trasmetta l’azione (sismica) orizzontale F = 5.000daN sui ritti S1 = S2 = S3 = S4 , tutti dello stesso materiale di muratura e dimen-

sioni:

S1 = S2 = S3 = S4 t = 30 cm; L = 500 cm; H = 300 cm

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Figura 5.23 - Ripartizione su ritti giacenti in direzione parallela e ortogonale alla forza F con ipotesi di «traverso infinitamente rigido»

Come è noto, la rigidezza dei singoli ritti è data dalla formula:

1k = —————— (5.12)

1 1

—— + ——kf kt

dove:kf = n E J / H3 (5.13)

è detta rigidezza flessionale e rappresenta il contributo della deformazioneflessionale, mentre, per pareti con sezione rettangolare:

kt = G A / (1,2 H) (5.14)

rappresenta il contributo del taglio. Nelle (5.13) e (5.14) si ha:E = modulo elastico della muratura;J = momento di inerzia lungo la direzione di spostamento;H = altezza della muratura (o interpiano);G = modulo di elasticità tangenziale della muratura;A = t x L = sezione orizzontale del pannello murario;1,2 = numero relativo al fattore di taglio χ per sezioni rettangolari;n = coefficiente dovuto allo schema statico del pannello murario (n = 3 per

muro con schema statico a mensola e sommità libera, n = 12 per schemastatico come indicato in Figura 5.22, dove la sezione superiore del muronon ruota dopo lo spostamento).

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Con le posizioni (5.13) e (5.14), dopo semplici passaggi algebrici, la (5.12)diventa:

1k = ______________________ (5.15)

H3 1,2 H_______ + _______

12 E J G A

Supponiamo di aver stimato, con le considerazioni fatte al capitolo 4, i para-metri E e G della muratura in:

E = 45.000 daN/cm2

G = 13.500 daN/cm2

Si ha, per i setti 1 e 2:J1 = J2 = 30 x 5003 / 12 = 312,500 x 106 cm4

A1

= A2

= 15.000 cm2

k1 = k2 = 516.055 daN/cm2

Per i setti 3 e 4:J3 = J4 = 500 x 303 / 12 = 1,125 x 106 cm4

A1 = A2 = 15.000 cm2

K 3 = k4 = 21.635 daN/cm2

Per la congruenza imposta dall’orizzontamento infinitamente rigido, possiamoapplicare identico ragionamento visto per il caso di Figura 5.22 e, con le (5.11),determinare le aliquote di azioni afferenti a ciascun setto:

ktot = Σki = k1 + k2 + k3 + k4 = 2 x 516.055 + 2 x 21.635 = 1.075.380 daN/cm2

F1 = F2 = F x k1 / (Σki) = 5.000 x 516.055 / 1.075.380 ≈ 2.400 daN

F3 = F4 = F x k3 / (Σki) = 5.000 x 21.635 / 1.075.380 ≈ 100 daN

L’esempio dimostra come la presenza del solaio infinitamente rigido imponela condizione che la resistenza all’azione (orizzontale) sismica resti quasi intera-mente affidata alle pareti il cui piano è parallelo alla direzione del sisma stesso(pareti di controventamento), mentre le pareti disposte ortogonalmente hanno unainfluenza del tutto trascurabile. Questo fatto è di notevole importanza in quanto,

tra i vari benefici per le costruzioni i cui orizzontamenti sono rigidi, vi è proprioquello di distribuire le sollecitazioni taglianti nel piano delle pareti di controven-tamento, dove le stesse offrono maggior cimento, liberando quelle ortogonali alladirezione del sisma, del dannosissimo effetto di una azione fuori del piano.

Con un ragionamento analogo, possiamo estendere le considerazioni anche nellosviluppo verticale dell’edificio. Si osservi questa volta lo schema di Figura 5.24, nelquale viene rappresentata una costruzione con 4 livelli fuori terra di cui ci interessasviluppare il ragionamento lungo una sola direzione. Il piano terra ha due setti Scentrali interni, mentre nelle parti esterne ha 2 pilastri P per ciascun lato. I livellisuperiori invece hanno le strutture verticali costituite da setti S nelle pareti esterne,mentre nelle zone interne ci sono dei pilastri P. Ad ogni livello il solaio è considerato

infinitamente rigido e la risultante F dell’azione orizzontale sismica è applicata nei

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relativi baricentri. Secondo le condizioni (5.11), le azioni sono assorbite dai setti ailivelli 1, 2 e 3 in quanto i pilastri P hanno rigidezza molto più piccola e poco con-tribuiscono a contrastare le azioni F. Al livello 1, se l’orizzontamento fosse deformabile,l’azione (F/2 + F/2 + F/2) sarebbe trasmessa dai setti dei tre livelli superiori ai duepilastri del livello terra. Viceversa, i pilastri centrali dei livelli superiori, non trasmet-terebbero praticamente alcuna azione orizzontale ai setti centrali del livello terra.

Con queste condizioni la struttura, a livello terra, si troverebbe a far fronte alleazioni orizzontali in modo irragionevole, ovvero con i pilastri anzichè con i setti.

Figura 5.24 - Ripartizione verticale

La rigidezza del solaio al livello 1, invece, rende di nuovo la congruenza deglispostamenti orizzontali, cosicchè si innesta nuovamente il comportamento di tipo

(5.11), con il risultato che l’azione orizzontale viene nuovamente trasmessa ai siste-mi più rigidi del livello terra (setti).

In effetti il modello di comportamento opposto a quello di orizzontamentoinfinitamente rigido è quello schematizzato in Figura 5.25, dove è rappresentatoin pianta lo schema di 3 ritti dello stesso materiale, ma con sezioni diverse, collegatiad un solaio deformabile. In sostanza la forza F si distribuisce su ciascun rittoin funzione della propria area di influenza indipendentemente dalla rigidezza deglistessi. Cosicchè, nella fattispecie dell’esempio, il ritto S2, le cui caratteristiche dirigidezza sono inferiori a S3, reagirà con R2, proporzionale all’area di influenza,con l’irragionevole conseguenza che il ritto meno idoneo è quello che assorbe ilcarico orizzontale maggiore. In Figura 5.25b sono qualitativamente indicati gli

spostamenti afferenti ai tre sottosistemi che si comportano in modo autonomo.

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Figura 5.25 - Modello limite di comportamento di «traverso infinitamente deformabile» lungo una sola direzione

Concludiamo le osservazioni di questo paragrafo, relative alla funzione del traversoinfinitamente rigido, con un ultimo esempio relativo al caso in cui un sistema di rittisia soggetto ad un momento agente nel piano dell’impalcato. Ciò accade, come vistoin precedenza, qualora, per il caso di azioni sismiche orizzontali, vengano prese inconsiderazione condizioni di eccentricità accidentali (minime imposte dalla norma) oper effettive eccentricità fra baricentro delle masse e baricentro delle rigidezze.

In Figura 5.26 si ha un sistema costituito da 3 ritti verticali e da un impalcatoconsiderato infinitamente rigido. Tra il baricentro delle masse e il baricentro y gdelle rigidezze esiste una eccentricità e. I ritti sono dunque soggetti ad una azioneorizzontale F lungo x, che rappresenta l’azione sismica, e la coppia nel piano del-

l’impalcato M = F x e.

Figura 5.26 - Modello limite di comportamento dei ritti nell’ipotesi di «traversoinfinitamente deformabile» soggetto ad azione di torsione nel piano orizzontale

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Le condizioni di congruenze saranno dunque espresse attraverso la composi-zione del moto del traverso in una rototraslazione dove:

a) lo spostamento orizzontale del sistema è x’1 = x’2 = x’3 (Figura 5.26c);b) la rotazione rigida intorno al baricentro y g impone la proporzionalità

degli spostamenti x”1 = x”2 = x”3 rispetto alle distanze d1, d2, d3 (Figura5.26d).

Anche in questo caso, assume importanza fondamentale la rigidezza dei setti,ciascuno dei quali verrà cimentato da una azione proporzionale a detta grandezza.

5.8 TRAVI DI ACCOPPIAMENTO (O FASCE DI PIANO) IN MURATURA

Nell’esempio di Figura 5.22 del § 5.7.3 si è scelto di trascurare la presenzadi materiale al di sopra dei vani delle aperture. Le NTC prevedono che si possainserire nel modello di calcolo anche il contributo di queste parti, definite con iltermine: travi di accoppiamento(13), a patto che le verifiche vengano poi estese atali elementi. Inoltre:

Possono essere considerate nel modello travi di accoppiamento in muratura solo se sorretteda un cordolo di piano o da un architrave resistente a flessione efficacemente ammorsato alleestremità.(14)

La Circ. 617/09 ha ulteriormente ampliato la descrizione nel modo seguente:

Nella modellazione di edifici esistenti possono essere considerate le travi di accoppiamentoin muratura, quando siano verificate tutte le seguenti condizioni:

• la trave sia sorretta da un architrave o da un arco o da una piattabanda strutturalmenteefficace, che garantisca il sostegno della muratura della fascia anche nel caso in cui quest’ultimavenga fessurata e danneggiata dal sisma;

• la trave sia efficacemente ammorsata alle pareti che la sostengono (ovvero sia possibileconfidare in una resistenza orizzontale a trazione, anche se limitata) o si possa instaurare nellatrave un meccanismo resistente a puntone diagonale (ovvero sia possibile la presenza di unacomponente orizzontale di compressione, ad esempio per l’azione di una catena o di un elementoresistente a trazione in prossimità della trave).(15)

In questo paragrafo illustriamo alcune considerazioni in merito alla funzionedi questi elementi strutturali. Si prenda, ad esempio, la parete muraria di Figura5.27: abbiamo già osservato che, nel caso di edifici di classe 1 o 2, l’ipotesi disolaio infinitamente rigido possa cadere in difetto. Ammettiamo ora di trascurareanche il contributo delle parti di muratura che collegano i ritti sopra e sotto i fori

delle aperture. In tali circostanze, l’azione sismica orizzontale, si distribuisce suiritti in funzione della zona di influenza delle masse sismiche gravanti sugli stessi.Ciascuno ritto funziona in modo «disaccopiato» come fosse una semplice mensolaincastrata alla base. La Figura 5.27a evidenzia questo comportamento mostrandoche i ritti subiscono spostamenti orizzontali diversi. Nella parte bassa della figuracentrale si sono indicate le sezioni di muratura reagente e le relative tensioni diflessione. Queste ultime presentano l’andamento nel caso in cui siano considerateinteramente reagenti, prescindendo dal peso proprio dei ritti (flessione semplice).

(13) O anche «travi in muratura», NTC § 7.8.2.2.4.(14) NTC § 7.8.1.5.2.(15)

CNTC § C8.7.1.4.

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In Figura 5.27b si riporta la modellazione che tiene conto del contributo delletravi di accoppiamento, prescindendo dal fatto che il solaio possa essere consideratoinfinitamente rigido. In tal caso è sufficiente che l’elemento orizzontale di colle-gamento fra i ritti possa essere considerato tensoresistente. Per la normativa ita-liana, come anticipato in precedenza, ciò equivale al fatto che la porzione di mura-tura di collegamento sia sorretta da un cordolo in calcestruzzo armato, o da una

piattabanda di acciaio. Ad ogni modo il concetto equivale a garantire una resistenzaa trazione dell’elemento trave di accoppiamento. È evidente che ciò non può essere vero, ad esempio, per i casi indicati in Figura 5.3, in quanto ci si dovrebbe affidarealla trascurabile resistenza a trazione della muratura. Per i casi di edifici in classe3, la presenza di un cordolo in c.a. è invece garantita dalla tipologia costruttiva.

Figura 5.27 - Comportamento di pareti in cui siano prese in considerazione le fasce di piano. a) Senza la collaborazione delle fasce di piano. b) Collabo- razione delle fasce di piano (meccanismo puntone-tirante)

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In Figura 5.28 osserviamo un esempio che spiega il modello di comportamentodella trave di accoppiamento in presenza di un solaio in laterocemento con cordolointerpiano di bordo in calcestruzzo armato e architravi dei vani finestra, composteanch’esse da una trave in calcestruzzo armato ben ammorsata alle estremità, inmodo da non poter «sfilarsi» nel suo comportamento flessionale. Il particolare a)mostra la sezione del sistema trave.

Figura 5.28 - Modello di comportamento delle travi di accoppiamento in muratura

Possiamo notare, in una sezione ingrandita (Figura 5.28b), che essa è costituita,a partire dall’intradosso del vano finestra, da:

• elemento tensoresistente (architrave armata);• muratura;• elemento tensoresistente (cordolo armato);

• muratura.È possibile interpretare il comportamento di questo sistema mediante l’assi-

milazione ad un traliccio dove il corrente superiore e quello inferiore risultanocomposti dagli elementi armati, mentre l’anima dalla muratura, come indicato inFigura 5.34c. Allo stesso modo, come mostra la Figura 5.28d, si ha un ulterioresistema composto da muratura e corrente inferiore tensoresistente.

Dunque, stante il seguente modello di comportamento, la trave di accoppia-mento, posta al di sopra del vano finestra, «funzionerebbe» come una trave com-posta (piattabanda - anima - piattabanda). In sostanza si comporta come un tralicciodi Mörsch nel quale la parte superiore funziona da corrente compresso e gli sforzisono assorbiti dal cordolo di piano in calcestruzzo armato; la parte inferiore fun-

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ziona da corrente teso, dove gli sforzi sono assorbiti dall’architrave armato (ele-mento tensoresistente), e, infine, l’anima è governata dal comportamento a com-pressione dei puntoni di muratura compressi.

Analogamente la trave di accoppiamento, compresa fra il solaio e l’intradossosuperiore del vano finestra, funzionerebbe come una trave soggetta ad armaturasemplice dove la zona tesa viene rappresentata dal cordolo di calcestruzzo armato

del solaio, mentre la parte in muratura è soggetta alla formazione degli archidelle isostatiche di compressione (vedi Figura 5.29).

Figura 5.29 - Schema di comportamento a flessione di una trave in calcestruzzo armato con armatura semplice

5.9 INTERAZIONI DEL COMPORTAMENTO STRUTTURALE: MURATURE,SOLAIO INFINITAMENTE RIGIDO, TRAVI DI ACCOPPIAMENTO

Per analizzare l’interazione nel modello strutturale fra: murature, solaio infi-nitamente rigido e travi di accoppiamento, si propone l’analisi di una costruzionesemplice quale quella indicata nelle Figure (5.30a, 5.30d, 5.30e).

La pianta è a forma quadrata di dimensioni pari a 5 m x 5 m. La strutturasi eleva su due livelli impostati rispettivamente a quota L1 = 300 cm e L2 = 600cm. Le murature sono state ipotizzate in elementi di laterizio semipieni aventi

spessore pari a 25 cm e densità pari a 1.200 daN/m3, con E = 50.000 daN/cm2

e G = 20.000 daN/cm2.Nelle sole due pareti in direzione x sono stati modellati 2 fori: una porta a

livello terra di larghezza 140 cm e altezza 250 cm; una finestra a livello primodi larghezza pari a 140 cm e altezza pari a 150 cm (altezza da terra pari a 100cm).

Si ipotizza una zona sismica 2. L’analisi condotta è di tipo lineare dinamico.La modellazione delle murature è stata effettuata mediante elementi finiti a gusciodi mesh 50 cm x 50 cm.

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Vengono presentati i seguenti 4 casi:1) caso in cui si ha l’ipotesi di traverso infinitamente rigido e il contributo

delle travi di accoppiamento;2) caso in cui si ha l’ipotesi di traverso infinitamente rigido e nessun con-

tributo delle travi di accoppiamento;3) caso in cui si ha l’ipotesi di traverso deformabile e il contributo delle

travi di accoppiamento;4) caso in cui si ha l’ipotesi di traverso deformabile e nessun contributodelle travi di accoppiamento.

I carichi di piano sono i seguenti:• permanenti di 600 daN/m2;• sovraccarico accidentale di 200 daN/m2.

Al fine di poter comparare in modo omogeneo i risultati, i carichi sono statimantenuti identici per i quattro casi elencati, prescindendo dunque dal fatto chele diverse tipologie costruttive di orizzontamento (rigido o deformabile) abbianonella realtà anche pesi diversi. Si pensi ad esempio al caso di solai a strutturalignea piuttosto che in laterocemento.

5.9.1 CASO IN CUI SI HA L’IPOTESI DI TRAVERSO INFINITAMENTE RIGIDO E IL CONTRIBUTO

DELLE TRAVI DI ACCOPPIAMENTO

In questa prima simulazione di calcolo si sono considerate le seguenti ipotesi:a) orizzontamenti infinitamente rigidi;b) contributo delle travi in muratura di accoppiamento.

La prima ipotesi viene soddisfatta dal fatto che i solai sono in laterocementodi spessore 20+4 cm. La seconda dal fatto che sono state adottate architravi reagentia flessione sopra i vani di porte e finestre. Per la finestratura tra il primo e ilsecondo livello si è anche tenuto conto del contributo della porzione di muraturaal di sotto della finestra in quanto anche quest’ultima è sorretta da un elementoresistente a flessione (rappresentato dal cordolo interpiano in c.a.). Infatti, a livelloperimetrale, ad ogni livello è stato inserito un cordolo in calcestruzzo armato disezione 25 cm x 24 cm.

L’orditura degli orizzontamenti ha andamento incrociato ai due livelli in mododa caricare la coppia di murature in direzione x (a livello 2) e y (a livello 1).

Il calcolo, per la condizione sismica SLV lungo x, ha dato i seguenti risultatiin termini di spostamento (vedi Figura 5.30b):

Livello 2: δ2 ≈ 0,028 cm;Livello 1: δ1 ≈ 0,019 cm.

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Figura 5.30 - Modello di comportamento di parete soggetta ad azione sismica orizzontaletenendo conto del contributo delle travi di accoppiamento e dell’ipotesi di orizzontamento infinitamente rigido. a) Pareti lungo la direzione x con le aperture ; b) Deformata per azioni sismiche allo SLV (mesh elementi finiti a guscio). c) Meccanismo di formazione dei puntoni diagonali nei paramenti murari. d) Pareti lungo la direzione y senza aperture. e) Pianta

con indicazione dell’orditura dei solai

Dalla rappresentazione deformata della mesh (sempre di Figura 5.30b) è pos-sibile rendersi conto del meccanismo di puntone - diagonale di reazione della

muratura (Figura 5.30c) agli spostamenti prodotti dal sisma. Ciò avviene sia neimaschi murari, sia nelle travi di muratura di accoppiamento. Il contributo di questeultime è, dunque, da prendere in considerazione solo se queste esercitano unaeffettiva resistenza al meccanismo di rottura conseguente a questo tipo di com-portamento. Nella fattispecie la rottura può aver luogo per:

1) schiacciamento alle estremità della diagonale compressa del pannellomurario;

2) scorrimento orizzontale;3) fessurazione diagonale;4) scorrimento verticale.

In genere i primi tre tipi di rottura sono i più frequenti.

Il modello di comportamento considerato può essere ipotizzato nel caso degliedifici di terza classe, in quanto, l’ipotesi a) suindicata è implicitamente garantitadall’esecuzione del solaio in laterocemento(16), mentre per quanto concerne l’ipotesib), molto spesso, anche questa può verificarsi data la presenza di cordolatureinterpiano in c.a. e architravi armate al di sopra dei vani dei fori finestra. Indefinitiva, qualora si tenga in considerazione il contributo della trave di accop-piamento, bisognerà dunque effettuare le verifiche per i tipi di rottura previstidalle vigenti norme per le costruzioni esistenti.(17)

(16) O altre tipologie come definite al § 5.7.1.(17) In sostanza, per azioni nel piano, le NTC considerano la trave di accoppiamento come un pan-

nello di muratura ruotato di 90° e dunque soggetto a verifica di rottura a taglio per fessurazione diago-

nale o per scorrimento, e a pressoflessione, come indicato in C8.7.1.5.

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5.9.2 CASO IN CUI SI HA L’IPOTESI DI TRAVERSO INFINITAMENTE RIGIDO E NESSUN

CONTRIBUTO DELLE TRAVI DI ACCOPPIAMENTO

In questa seconda simulazione si è soppressa la sola condizione relativa alcontributo delle travi di accoppiamento, eliminandole dal modello agli elementifiniti. Tutte le altre condizioni di calcolo sono rimaste inalterate rispetto all’esempio

svolto al precedente paragrafo (Figura 5.31).I risultati dell’analisi, per la condizione sismica SLV lungo x, ha dato i seguenti valori in termini di spostamento (vedi Figura 5.31b):

Livello 2: δ2 ≈ 0,066 cm;Livello 1: δ1 ≈ 0,027 cm.

Come si può notare, lo spostamento al livello 2 è aumentato di circa 2,36 volte, mentre quello a livello 1 di circa 1,42. Poichè le norme tecniche consentono,per gli edifici di classe 3, di non tener conto nei calcoli del contributo delle travidi accoppiamento in muratura, evitandone quindi la verifica, è chiaro che, in questomodo, l’influenza in termini di spostamento può risultare molto sensibile. Osser- vando la deformata delle pareti è evidente inoltre, che la sola ipotesi di impalcatorigido, tende a «disaccoppiare» il funzionamento dei due maschi, ciascuno deiquali attiva un meccanismo indipendente assimilabile ad una mensola incastrataalla base.

Figura 5.31 - Modello di comportamento di parete soggetta ad azione sismica orizzontale tenendo conto del solo contributo dell ’ipotesi di orizzontamento infinitamente rigido e trascurando quello delle travi di accoppiamento. a) Pareti lungo la direzione x con le aperture ;b) Deformata per azioni sismiche allo SLV (mesh elementi finiti a guscio). c) Meccanismo di formazione dei puntoni diagonali nei paramenti murari. d) Pareti lungo la direzione y senza aperture. e)Pianta con indicazione dell’orditura dei solai

5.9.3 CASO IN CUI SI HA L’IPOTESI DI TRAVERSO DEFORMABILE E IL CONTRIBUTO DELLE

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TRAVI DI ACCOPPIAMENTO

Il caso qui illustrato presente tutte le condizioni di calcolo di quello relativo alparagrafo 5.9.1 ad eccezione dell’ipotesi di traverso infinitamente rigido (Figura 5.32).In tal senso si può apprezzare il contributo delle sole travi di accoppiamento, le qualimanifestano un comportamento analogo, qualitativamente, al caso di Figura 5.30.

Figura 5.32 - Modello di comportamento di parete soggetta ad azione sismica orizzontale tenendo conto del solo contributo delle travi di accoppiamento e trascurando quello del traverso infinitamente rigido a) Pareti lungo la direzione x con le aperture ; b) Deformata per azioni sismiche allo SLV (mesh elementi finiti a guscio). c)Meccanismo di formazione dei puntoni diagonali nei paramentimurari. d) Pareti lungo la direzione y senza aperture. e) Pianta conindicazione dell’orditura dei solai

È una condizione che può essere applicata nei casi di edifici in classe 1 e 2,laddove gli impalcati non consentano di fare affidamento su una loro rigidezza,ma le condizioni dei paramenti murari, la configurazione geometrica degli stessie l’inserimento di opportuni incatenamenti (o le stesse architravi), possano effet-tivamente far supporre ad un comportamento tensoresistente dell’elemento trave di accoppiamento. Nel modello di calcolo è stato tolto il cordolo in calcestruzzoarmato ai livelli degli orizzontamenti.

In termini di spostamenti di piano i risultati dell’analisi, per la condizionesismica SLV lungo x, ha dato i seguenti valori (vedi Figura 5.32b):

Livello 2: δ2 ≈ 0,018 cm;Livello 1: δ1 ≈ 0,014 cm.

ovvero addirittura inferiori, a parità di tutte le altre condizioni, a quelli vistiper l’analogo caso in cui però anche l’ipotesi di solaio infinitamente rigido è sod-disfatta. Come è possibile? Il dato è spiegabile dal fatto che il modello di calcoloelastico-lineare agli elementi finiti considera:

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a) gli incroci fra le pareti resistenti a trazione;b) una distribuzione del carico sismico anche direttamente sulle pareti lungo

i lati y.In particolar modo questa seconda condizione fa cadere in difetto l’ipotesi

vista al § 5.7.3 in relazione alla congruenza degli spostamenti di tutte le pareti.

Figura 5.33 - Modello tridimensionale del comportamento di Figura 5.32

Figura 5.34 - Comportamento delle pareti lungo y nel caso di impalcato deformabile

La situazione è ben rappresentata nelle Figure 5.33 e 5.34b, dove è chiaro,dalla lettura della deformata di parete, che la stessa è soggetta a una condizionedi carico distribuito lungo i due livelli interpiano, mentre alle estremità essa è

agganciata alle due pareti ortogonali.

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È evidente che questa condizione cadrebbe subito in difetto qualora gli incrocimurari non fossero in grado di offrire sufficiente resistenza a trazione, con con-seguente ribaltamento dell’intero paramento.

È chiaro, dunque, anche da questo esempio, che i risultati di un calcolo diquesto tipo, ancorchè computerizzato, devono sempre essere considerati critica-mente, o anche, come spesso si dice: cum grano salis.

5.9.4 CASO IN CUI SI HA L’IPOTESI DI TRAVERSO DEFORMABILE E NESSUN CONTRIBUTO

DELLE TRAVI DI ACCOPPIAMENTO

Anche tale condizione può essere applicata a costruzioni di classe 1 o 2 quandonè gli orizzontamenti, nè le travi di accoppiamento, possano avere caratteristiche talida non poter fare affidamento sul loro contributo. In tali circostanze ciascun maschiomurario presenta un comportamento disaccoppiato e slegato dagli altri. Lo schemastatico diventa dunque molto semplicemente quello di una mensola incastrata allabase che funziona in modo autonomo assumendo come carichi verticali ed orizzontali(azioni sismiche), quelli derivanti dalla quota parte relativa alla zona di influenza.

La condizione di comportamento disaccoppiato è ulteriormente esaltata quandonon si ipotizzi nemmeno la tenuta delle «croci di muro». Nel caso contrario, invece,la situazione risulta evidenziata in Figura 5.35. L’analisi numerica offre i seguentirisultati

A) Livello 2, spostamento lungo x: δA ≈ 0,045 cm;B) Livello 1, spostamento lungo x: δB ≈ 0,027 cm;C) Livello 2, spostamento lungo x: δC ≈ 5,9 cmD) Livello 2, spostamento lungo y: δD ≈ 4,5 cm

Figura 5.35 - Schema di comportamento del modello tridimensionale nelle seguentiipotesi: a) impalcato deformabile; b) nessun contributo delle travi di accoppiamento; c) funzionamento elastico delle croci di muro (angoli)

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Lo spostamento significativo delle pareti lungo y è anche dovuto al fatto che,nel calcolo del modello di figura, il programma ha considerato anche il 30% diazione sismica lungo questa direzione.

Anche in questo caso valgono le osservazioni viste al § 5.9.3: gli spostamentidel sistema strutturale sono conseguenti all’ipotesi di comportamento elastico linea-re delle murature e, in particolare, della resistenza a trazione offerta dalla croci

di muro (angoli). Nell’ipotesi che questi non siano in grado di offrire sufficienteresistenza a trazione, bisogna considerare che i paramenti murari assumono uncomportamento a mensola per l’intera altezza, e dunque il comportamento globaledel sistema risulta governato dal comportamento fuori piano dei singolo maschimurari. Nel modello di calcolo questa condizione si ottiene svincolando le paretilungo i lati verticali (Figura 5.36).

Figura 5.36 - Schema di comportamento del modello tridimensionale nelle seguentiipotesi: a) impalcato deformabile; b) nessun contributo delle travi di accoppiamento; c) Croci di muro (angoli) non collaboranti

5.10 ANALISI CINEMATICHE

I precedenti paragrafi hanno messo in luce il comportamento degli edifici inmuratura, evidenziando quali sono i casi in cui una costruzione possa assumere uncomportamento indipendente per ciascun maschio murario (classi di edifici 1 e 2).In queste situazioni, ma anche qualora si voglia indagare su situazioni di caratterelocale, l’approccio di calcolo viene affrontato mediante un modello cinematico.

Ciò è anche confermato dall’esperienza derivante dalle osservazioni dei danniprovocati dal sisma, i quali manifestano collassi parziali dovuti a perdita di equi-librio di pareti o porzioni di pareti, proprio nei casi di costruzioni che manifestanole carenze strutturali tipiche delle classi 1 e 2.

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Questi tipi di collasso sono anche definiti come:• meccanismi di I° modo: quando derivano da un effetto (sismico)

ortogonale al piano medio della parete,• meccanismi di II° modo: quando sono conseguenti, invece, ad effetti

(sismici) lungo il piano della parete.In Figura 5.37, sono riportati alcuni schemi di collasso locale riferiti a mec-

canismi di I° modo. Alla stessa stregua sono considerati quelli relativi alle Figure5.15 e 5.16. Nella Figura 5.38 sono rappresentati alcuni casi rappresentativi deglischemi di Figura 5.37 a seguito del terremoto de L’Aquila del 2009. Altre esem-plificazioni sono riportate in Appendice C).

Figura 5.37 - Alcuni esempi di meccanismi di collasso di I° modo (immagine tratta dal programma CINE – vedi anche Appendice C.3)

Figura 5.38 - Meccanismi di I° modo: a) ribaltamento di facciata; b) martellamento del colmo su facciata (Foto Arch. Roberto Amabilia)

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I meccanismi di II° modo sono sostanzialmente:a) rottura per pressoflessione nel piano (cfr. § 3.5.9.1),b) rottura per scorrimento nel piano (cfr. § 3.5.9.3.1),c) rottura per fessurazione diagonale (cfr. § 3.5.9.3.2.)

Nella Figura 5.39 è illustrato un caso che presenta le condizioni b) e c).

Figura 5.39 - Meccanismi di II° modo: piano sopra rottura per scorrimento e fes- surazione diagonale; piano sotto rottura per fessurazione diagonale(Foto Arch. Roberto Amabilia)

Nella Figura 5.40 la fessurazione diagonale assume andamenti incrociati, mani-festando la rottura nei due sensi di oscillazione del fabbricato, a seguito dell’eventosismico.

Figura 5.40 - Meccanismi di II° modo: rottura per fessurazione diagonale nei due sensi (da Manuale AeDES)

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In sostanza l’analisi cinematica si basa sull’individuazione, a priori, dei possibilimeccanismi di collasso locale che potrebbero interessare la costruzione a seguitodi un evento sismico.

I concetti suesposti sono espressi nel § 8.71 del DM 14.01.08:

Nelle costruzioni esistenti in muratura soggette ad azioni sismiche, particolarmente negli

edifici, si possono manifestare meccanismi locali e meccanismi d’insieme. I meccanismi localiinteressano singoli pannelli murari o più ampie porzioni della costruzione, e sono favoriti dal-l’assenza o scarsa efficacia dei collegamenti tra pareti e orizzontamenti e negli incroci murari.I meccanismi globali sono quelli che interessano l’intera costruzione e impegnano i pannellimurari prevalentemente nel loro piano.

La sicurezza della costruzione deve essere valutata nei confronti di entrambi i tipi di mec-canismo.

Per l’analisi sismica dei meccanismi locali si può far ricorso ai metodi dell’analisi limitedell’equilibrio delle strutture murarie, tenendo conto, anche se in forma approssimata, della resi-stenza a compressione, della tessitura muraria, della qualità della connessione tra le pareti murarie,della presenza di catene e tiranti. Con tali metodi è possibile valutare la capacità sismica intermini di resistenza (applicando un opportuno fattore di struttura) o di spostamento (determinandol’andamento dell’azione orizzontale che la struttura è progressivamente in grado di sopportareall’evolversi del meccanismo).

Nella Circolare 617/09, quanto suindicato, viene ulteriormente esplicitato con leseguenti parole:

C8.7.1.6 Metodi di analisi dei meccanismi localiNegli antichi edifici in muratura sono spesso assenti sistematici elementi di collegamento

tra le pareti, a livello degli orizzontamenti; ciò comporta una possibile vulnerabilità nei riguardidi meccanismi locali, che possono interessare non solo il collasso fuori dal piano di singolipannelli murari, ma più ampie porzioni dell’edificio (ribaltamento di intere pareti mal collegate,ribaltamento di pareti sommitali in presenza di edifici di diversa altezza, collassi parziali negliedifici d’angolo degli aggregati edilizi, etc.). È indispensabile valutare la sicurezza dell’edificionei confronti di tali meccanismi.

Un possibile modello di riferimento per questo tipo di valutazioni è quello dell’analisi limitedell’equilibrio delle strutture murarie, considerate come corpi rigidi non resistenti a trazione; ladebole resistenza a trazione della muratura porta infatti, in questi casi, ad un collasso per perditadi equilibrio, la cui valutazione non dipende in modo significativo dalla deformabilità della struttura,ma dalla sua geometria e dai vincoli. In Appendice (C8.A.4 della Circ. 617/09 - NdA) è propostoun metodo basato su tale approccio, nella forma cinematica, particolarizzato all’esecuzione diun’analisi sismica. Applicando il principio dei lavori virtuali ad ogni meccanismo prescelto, èpossibile valutare la capacità sismica in termini di resistenza (analisi cinematica lineare) o di

spostamento, attraverso una valutazione in spostamenti finiti (analisi cinematica non lineare). (18)

APPENDICE C8A.4. ANALISI DEI MECCANISMI LOCALI DI COLLASSO IN EDIFICI ESISTENTIIN MURATURA

Negli edifici esistenti in muratura spesso avvengono collassi parziali per cause sismiche,in genere per perdita dell’equilibrio di porzioni murarie; la verifica nei riguardi di questi meccanismi,secondo le modalità descritte nel seguito, assume significato se è garantita una certa monoliticitàdella parete muraria, tale da impedire collassi puntuali per disgregazione della muratura. Mec-canismi locali si verificano nelle pareti murarie prevalentemente per azioni perpendicolari al loro

(18) Nel prosieguo della presente trattazione tratteremo il caso dell’analisi cinematica lineare.

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piano, mentre nel caso di sistemi ad arco anche per azioni nel piano. Le verifiche con riferimentoai meccanismi locali di danno e collasso (nel piano e fuori piano) possono essere svolti tramitel’analisi limite dell’equilibrio, secondo l’approccio cinematico, che si basa sulla scelta del mec-canismo di collasso e la valutazione dell’azione orizzontale che attiva tale cinematismo.

L’applicazione del metodo di verifica presuppone quindi l’analisi dei meccanismi locali ritenutisignificativi per la costruzione, che possono essere ipotizzati sulla base della conoscenza del

comportamento sismico di strutture analoghe, già danneggiate dal terremoto, o individuati con-siderando la presenza di eventuali stati fessurativi, anche di natura non sismica; inoltre andrannotenute presente la qualità della connessione tra le pareti murarie, la tessitura muraria, la presenzadi catene, le interazioni con altri elementi della costruzione o degli edifici adiacenti.

L’approccio cinematico permette inoltre di determinare l’andamento dell’azione orizzontaleche la struttura è progressivamente in grado di sopportare all’evolversi del meccanismo. Talecurva è espressa attraverso un moltiplicatore α, rapporto tra le forze orizzontali applicate ed icorrispondenti pesi delle masse presenti, rappresentato in funzione dello spostamento dk di unpunto di riferimento del sistema; la curva deve essere determinata fino all’annullamento di ognicapacità di sopportare azioni orizzontali (α = 0). Tale curva può essere trasformata nella curvadi capacità di un sistema equivalente ad un grado di libertà, nella quale può essere definita lacapacità di spostamento ultimo del meccanismo locale, da confrontare con la domanda di spo-stamento richiesta dall’azione sismica.

Per ogni possibile meccanismo locale ritenuto significativo per l’edificio, il metodo si articolanei seguenti passi:

• trasformazione di una parte della costruzione in un sistema labile (catena cinematica),attraverso l’individuazione di corpi rigidi, definiti da piani di frattura ipotizzabili per lascarsa resistenza a trazione della muratura, in grado di ruotare o scorrere tra loro(meccanismo di danno e collasso);

• valutazione del moltiplicatore orizzontale dei carichi α0 che comporta l’attivazione delmeccanismo (stato limite di danno);

• valutazione dell’evoluzione del moltiplicatore orizzontale dei carichi al crescere dellospostamento d

k

di un punto di controllo della catena cinematica, usualmente sceltoin prossimità del baricentro delle masse, fino all’annullamento della forza sismicaorizzontale;

• trasformazione della curva così ottenuta in curva di capacità, ovvero in accelerazionea* e spostamento d* spettrali, con valutazione dello spostamento ultimo per collassodel meccanismo (stato limite ultimo), definito in seguito;

• verifiche di sicurezza, attraverso il controllo della compatibilità degli spostamenti e/odelle resistenze richieste alla struttura.

Per l’applicazione del metodo di analisi si ipotizza, in genere:• resistenza nulla a trazione della muratura;• assenza di scorrimento tra i blocchi;• resistenza a compressione infinita della muratura.

Tuttavia, per una simulazione più realistica del comportamento, è opportuno considerare,in forma approssimata:

a) gli scorrimenti tra i blocchi, considerando la presenza dell’attrito;b) le connessioni, anche di resistenza limitata, tra le pareti murarie;c) la presenza di catene metalliche;d) la limitata resistenza a compressione della muratura, considerando le cerniere

adeguatamente arretrate rispetto allo spigolo della sezione;e) la presenza di pareti a paramenti scollegati.

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5.10.1 ANALISI CINEMATICA LINEARE (CIRC. 617/09 - § C8A.4.1)

Per ottenere il moltiplicatore orizzontale α0 dei carichi che porta all’attivazione del meccanismolocale di danno si applicano ai blocchi rigidi che compongono la catena cinematica le seguentiforze: i pesi propri dei blocchi, applicati nel loro baricentro; i carichi verticali portati dagli stessi(pesi propri e sovraccarichi dei solai e della copertura, altri elementi murari non considerati nel

modello strutturale); un sistema di forze orizzontali proporzionali ai carichi verticali portati, sequeste non sono efficacemente trasmesse ad altre parti dell’edificio; eventuali forze esterne (adesempio quelle trasmesse da catene metalliche); eventuali forze interne (ad esempio le azionilegate all’ingranamento tra i conci murari). Assegnata una rotazione virtuale θk al generico bloccok, è possibile determinare in funzione di questa e della geometria della struttura, gli spostamentidelle diverse forze applicate nella rispettiva direzione. Il moltiplicatore α0 si ottiene applicandoil Principio dei Lavori Virtuali, in termini di spostamenti, uguagliando il lavoro totale eseguitodalle forze esterne ed interne applicate al sistema in corrispondenza dell’atto di moto virtuale:

n n+m n o

α0 (ΣPiδx,i + ΣPjδx,j) _ ΣPiδy,i_ ΣFhδh = Lfi (5.16)

i=1 j=n+1 i=1 h=1

[C8A.4.1]

dove:— n è il numero di tutte le forze peso applicate ai diversi blocchi della catena cinematica;— m è il numero di forze peso non direttamente gravanti sui blocchi le cui masse, per

effetto dell’azione sismica, generano forze orizzontali sugli elementi della catenacinematica, in quanto non efficacemente trasmesse ad altre parti dell’edificio;

— o è il numero di forze esterne, non associate a masse, applicate ai diversi blocchi;— Pi è la generica forza peso applicata (peso proprio del blocco, applicato nel suo baricentro,

o un altro peso portato);— Pj è la generica forza peso, non direttamente applicata sui blocchi, la cui massa, per

effetto dell’azione sismica, genera una forza orizzontale sugli elementi della catenacinematica, in quanto non efficacemente trasmessa ad altre parti dell’edificio;

— δx,i è lo spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’i-esimo peso Pi,assumendo come verso positivo quello associato alla direzione secondo cui agisce l’azionesismica che attiva il meccanismo;

— δx,j è lo spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’j-esimo peso Pj,assumendo come verso positivo quello associato alla direzione secondo cui agisce l’azionesismica che attiva il meccanismo;

— δy,i è lo spostamento virtuale verticale del punto di applicazione dell’i-esimo peso Pi,assunto positivo se verso l’alto;

— Fh è la generica forza esterna (in valore assoluto), applicata ad un blocco;— δh è lo spostamento virtuale del punto dove è applicata la h-esima forza esterna, nella

direzione della stessa, di segno positivo se con verso discorde;

— Lfi è il lavoro di eventuali forze interne.

Circ. 617/09, § C8A.4.2.3 Verifiche di sicurezza(omissis) Nel caso in cui la verifica riguardi un elemento isolato o una porzione della costruzione

comunque sostanzialmente appoggiata a terra, la verifica di sicurezza nei confronti dello Statolimite di Salvaguardia della Vita è soddisfatta se l’accelerazione spettrale a0* che attiva il mec-canismo soddisfa la seguente disuguaglianza:

ag(PVR)Sa*0 ≥ ————— (5.17)

q[C8A.4.9]

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in cui ag è funzione della probabilità di superamento dello stato limite scelto e della vitadi riferimento come definiti al § 3.2 delle NTC, S è definito al § 3.2.3.2.1 delle NTC, e q è ilfattore di struttura, che può essere assunto uguale a 2,0.

Se invece il meccanismo locale interessa una porzione della costruzione posta ad una certaquota, si deve tener conto del fatto che l’accelerazione assoluta alla quota della porzione diedificio interessata dal cinematismo è in genere amplificata rispetto a quella al suolo. Una appros-

simazione accettabile consiste nel verificare, oltre alla C8A.4.9, anche la:Se(T1)·Ψ(Z)·γ

a*0 ≥ —————— (5.18)q

[C8A.4.10]

dove: Se(T1), Ψ(Z) e γ sono definite come al punto precedente, tenendo conto che lo spettrodi risposta è riferito alla probabilità di superamento del 10% nel periodo di riferimento VR.

Allo scopo di apprendere quali siano le implicazioni concettuali di una analisicinematica lineare, vediamo come può essere sviluppato questo approccio medianteun semplice esempio.

5.10.2 ESEMPIO APPLICATIVO DI ANALISI CINEMATICA LINEARE

ESEMPIO 5.1

In Figura 5.41 è rappresentato lo schema di una parete in cui è stato individuatoun possibile meccanismo di ribaltamento fuori del piano (potrebbe riferirsi alcaso della Figura 5.38a).

Figura 5.41 - Schema di calcolo al ribaltamento fuori piano di una parete

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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a) Dati della parete:altezza media H = 600 cm,lunghezza parete L = 5 mspessore t = 50 cm,peso proprio specifico della parete = 2.200 daN/m3,peso complessivo della parete P2 = 0,5 m x 2.200 daN/m3 x 6 m x 5 m = 33.000 daN

altezza baricentro da terra = 300 cm

b) Carichi derivanti dalla copertura e dal solaiocarichi permanenti dal colmo di coperturaP1g = 100 daN/m2 x 5 m x 5 m = 2.500 daNcarichi accidentali (neve) dal colmo di coperturaP1Q = 120 daN/m2 x 5 m x 5 m = 3.000 daNcarichi dal piano primo = trascurabili in quanto ordito nell’altro senso

c) Condizione di caricoLe masse associate ai carichi gravitazionali sono le seguenti (cfr. anche Tabella

1.1, categoria H):P2 = 33.000 daNP1 = P1g + Ψ21 P1Q = 2.500 daN + 0 x 3.000 daN = 2.500 daN

d) Applicazione del Principio dei Lavori Virtuali per la determinazione delmoltiplicatore delle forze inerziali α0Il Principio dei Lavori Virtuali esprime la generica condizione che in un sistemamateriale soggetto ad un insieme di forze equilibrate e di spostamenti congruenticon le deformazioni ammesse per quel sistema, il lavoro compiuto dalle forzeesterne Lfe sia uguale a quello compiuto dalle forze interne Lfi.Delle 3 condizioni suindicate:

1) insieme di forze equilibrate;2) insieme di spostamenti congruenti con le deformazioni ammesse dal sistema;3) identità Lfe = Lfiè necessario e sufficiente che almeno 2 di queste siano soddisfatte affinchè anchela terza risulti verificata.Nella (5.16) Lfe è espresso dai membri a sinistra dell’uguaglianza. In generale illavoro compiuto dalle forze esterne è dato dal prodotto di:• forze x spostamenti;• momenti x rotazioni.Applicando una rotazione virtuale unitaria θ = 1 intorno al punto C della pareteil lavoro virtuale esterno Lfe è dato da:Primo membro della (5.16):

n

α 0 ΣPiδ x,j = α0 P1 x δ1 + α0 P2 x δ2 (5.19)1

Ma, poichè per una rotazione piccola si ha:δx,1 ≈ 300 cm x θ (5.20)δx,2 ≈ 600 cm x θ (5.21)la (5.19) diventa:α0 P1 x δx,1 + α0 P2 x δx,2 = α0 x θ x (2.500 daN x 600 cm + 33.000 daN x 300 cm) == α0 x 1 x 11,4 x 106 daNcm (5.22)

Si noti che la (5.19) rappresenta il momento ribaltante.

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Secondo membro della (5.16):D’altro canto le forze gravitazionale P1 e P2 esercitano un momento che tende astabilizzare la parete per cui si ha il seguente lavoro:

P1 x t/2 x θ + P2 x t/2 x θ (5.23)

Si noti che essendo:

δy,1 = δy,2 ≈ t/2 x θ (5.24)

la (5.23) esprime anche il secondo membro della (5.16):n

ΣPiδ y,j = P1 x δy,1 + P2 x δy,2 = 2.500 daN x 25 cm + 33.000 daN x 25 cm1 = 887.500 daNcm (5.25)

Il terzo membro della (5.16) è nullo in quanto non agiscono forze esterne (adesempio un tirante).

Infine poichè il sistema è rigido, e lo spostamento assume il significato di unarotazione rigida, il lavoro interno Lfi risulta nullo, essendo nulle le deformazioni(ε, γ). Pertanto la (5.16) assume la seguente formulazione:

α0 x 11.400.000 daNcm _ 887.500 daNcm = 0 (5.26)

da cui:

887.500 daNcmα0 = ——————————— = 0,007785 (5.27)

114.000.000 daNcm

La (5.27) esprime dunque le forze orizzontali che rappresentano l’azione sismica

come una aliquota α0 delle masse gravitazionali, per questo motivo, α0, è anchedetto moltiplicatore delle azioni orizzontali inerziali.

e) Determinazione dell’accelerazione spettrale dell’oscillatore semplice equi- valenteCosa possiamo fare con il valore di α0? Possiamo risalire al valore dell’accelerazionespettrale limite che farebbe ribaltare il sistema e confrontarla con il valore ag previstaper il sito di progetto nello stato limite che si vuol considerare (in questo caso SLV).Il procedimento prevede dunque di adottare un criterio molto simile a quello dell’analisinon lineare statica (pushover)(19), ovvero definire un sistema equivalente ad un gradodi libertà (oscillatore semplice) che riassuma le caratteristiche dinamiche della parete.

A questo scopo si utilizza la «massa partecipante» M* (ricordando che, d’ora innanzi,con l’asterisco verranno indicate grandezze riferite all’oscillatore semplice):

n+m

(ΣPiδx,i)2

i=1M* = —————— (5.28)

n+m

g ΣPiδ2x,i

[C8A.4.3]

(19) Per una trattazione semplificata dei concetti relativi all’analisi non lineare statica si veda anche:Marco Boscolo Bielo, Progettazione strutturale (cit.) e Costruzioni antisismiche in muratura (cit.).

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dove:— n+m è il numero delle forze peso Pi applicate le cui masse, per effetto dell’azione

sismica, generano forze orizzontali sugli elementi della catena cinematica;— δx,i è lo spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’i-esimo

peso Pi.

Nella fattispecie la (5.28) si coniuga nella seguente espressione:

(2.500 x 600 + 33.000 x 300)2 daN 33.581 daNM* = ——————————————————— ≈ ——————— (5.29)

g (2.500 x 6002 + 33.000 x 3002) g

L’accelerazione spettrale dell’oscillatore semplice è data dalla:

n+m

α0 ΣPi

α0gi=1a*0 = —————— = ——— (5.30)M*FC e*FC [C8A.4.4]dove:— g è l’accelerazione di gravità;

n+m

— e* = gM* / ΣPi è la frazione di massa partecipante della struttura; (5.31)i=1

— FC è il fattore di confidenza. Nel caso in cui per la valutazione del moltiplicatoreα0,non si tenga conto della resistenza a compressione della muratura, il fattoredi confidenza da utilizzare sarà comunque quello relativo al livello di conoscenzaLC1.

Nel nostro esempio la (5.31) diventa:

33.581 daN 33.581 daNe* = g x ——————— = ——————— ≈ 0,946 (5.32)

g x (P1 + P2) 35.500 daN

mentre la (5.30):

α0 g 0,007785 ga*0 = ———— = ——————— ≈ 0,0061 g (5.33)

e* FC 0,946 x 1,35

g) VerificaOttenuto il valore di a*0 si opera con la (5.17) o con la (5.18) a seconda del casoin esame. Per il nostro esempio vale la (5.17):

ag (PVR)Sa*0 ≥ —————

q

Per la valutazione dei parametri ag (PVR) e S è necessario riferirsi alle condizioni

del sito di progetto.

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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Località di Progetto: Zona 2, Lat. 45,9104°; Long. 12,4207° (N 45° 54’ 37»; E 12°25’ 15»)Suolo tipo Cag /g SLV = 0,2145ag (PVR

) = g x 0,2145

F0 SLV = 2,426S = SS x ST

SS = 1,7 _ 0,6 x 2,426 x 0,2145 = 1,387 (il valore deve essere compreso tra 1 e 1,5)ST = 1S = SS x ST = 1,387q = 2

per cui si ottiene:

ag (PVR) x S g x 0,2145 x 1,387

———————— = —————————— = 0,1487 g > 0,0061g q 2

e pertanto la verifica non risulta soddisfatta.

Capitolo 5 - COMPORTAMENTO DI EDIFICI IN MURATURA PORTANTE

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Capitolo 6

DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

6.1 GENERALITÀ

Per Diagnosi delle strutture si intende un complesso di attività che ha comeobiettivo l’acquisizione di informazioni rilevanti della struttura e/o delle azioni(nel senso più ampio) a cui è sottoposta.

La Diagnosi delle strutture costituisce un momento fondamentale per il Pro-fessionista che si occupa di costruzioni esistenti. In quest’ambito, infatti, l’attivitàprogettuale (adeguamento, miglioramento, riparazione o semplicemente valutazionedi sicurezza) ha come oggetto una costruzione già realizzata, di cui però nonsono generalmente note le caratteristiche strutturali; il Professionista deve quindianteporre, alla consueta attività di progettazione, una preliminare fase conoscitiva,

per ricavare quei tratti essenziali e significativi della struttura che sono indispen-sabili per qualsiasi successivo sviluppo dell’attività richiesta.

La fase di Diagnosi è ugualmente necessaria anche quando sia disponibile ilProgetto dell’opera. Infatti, la qualità dei materiali può discostarsi da quella del pro-getto originario per una serie di cause: errori di manipolazione durante la posa inopera; riduzione nel corso del tempo a seguito di esposizione a carichi eccessivi e/oad azioni eccezionali; fenomeni di degrado sia esterni che endogeni, solo per citarele principali. È possibile, inoltre, che non vi sia completa corrispondenza tra dettaglicostruttivi/geometrie progettati e quelli effettivamente realizzati sia per modifichesopravvenute (e non riportate negli elaborati progettuali) sia per improprie esecuzioni.

Due considerazioni per rimarcare l’importanza della Diagnosi strutturale.

La prima: eventuali errori nell’attività di Diagnosi possono condizionare anchepesantemente la successiva fase di progettazione, con la predisposizione di inutiliinterventi di rinforzo (qualora fossero sottostimate le caratteristiche dei materiali,ad esempio) ovvero insufficienze statiche (nel caso contrario, e cioè di una soprav- valutazione delle resistenze). Analoghi gravi inconvenienti possono verificarsi aseguito di una errata valutazione dei dettagli costruttivi e/o dei carichi (permanenti)applicati e/o nel mancato riconoscimento di difetti di realizzazione della struttura.

La seconda: lo sforzo conoscitivo del Professionista nei riguardi della qualitàdei materiali (e della geometria e dei dettagli costruttivi) viene riconosciuto e pre-miato dalla Normativa che consente l’adozione di «fattori di confidenza» (coeffi-cienti di sicurezza con cui occorre dividere le resistenze ricavate per i materiali)

via via decrescenti all’aumentare dell’approfondimento dell’indagine (livello di cono-scenza) con la possibilità di economie nella soluzione progettuale e vantaggi com-plessivi per il Cliente dell’opera.

Nel prosieguo si descrive l’attività di Diagnosi strutturale adottando una sud-divisione tradizionalmente utilizzata tra Indagini - aventi prevalentemente l’obiettivodi ricavare informazioni relative alle proprietà della struttura (o strettamente con-nesse alla struttura) - e Monitoraggi, - generalmente orientati a verificarne il com-portamento e, comunque, ulteriormente contraddistinti (in generale) da una ripe-tizione delle determinazioni nel corso del tempo(1).

(1) La distinzione tra Indagini e Monitoraggi non è essenziale ed alcune attività si pongono, tral’altro, in zone di confine per cui l’attribuzione all’uno o all’altro gruppo risulta anche a carattere soggettivo;

tuttavia la si adotta per comodità di trattazione e per seguire un impostazione di tipo tradizionale.

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

6.2 LE INDAGINI E LA DEFINIZIONE DEL PIANO DI INDAGINE

L’attività di Indagine ha come scopo l’accertamento delle proprietà rilevantidella struttura unitamente a ciò che ne influenza la risposta sia in campo staticoche dinamico. In relazione al caso specifico e all’oggetto dell’intervento può esserenecessario accertare una o più dei seguenti parametri: geometria, dettagli costruttivi,

deformabilità e resistenza meccanica dei materiali, caratteristiche del terreno difondazione etc.Si intuisce, conseguentemente, l’esistenza di una gamma assai ampia delle tecniche

utilizzabili, tra le quali è opportuno segnalare una distinzione fondamentale tra Inda-gini di tipo diretto e quelle di tipo indiretto: le prime acquisiscono la grandezzadi interesse (ad esempio la resistenza a rottura del materiale), le seconde, invece,una proprietà che può essere collegata in qualche modo con quella che si ricerca (la velocità di trasmissione di un impulso meccanico che è correlabile al modulo elasticodinamico del materiale che, a sua volta, può essere rapportato alla sua resistenza arottura). Sebbene siano disponibili in letteratura relazioni che consentono di esprimerei risultati ricavati da una prova di tipo indiretto nella corrispondente grandezza rilevanteai fini progettuali, è da ricordare che le citate relazioni sono state ricavate con rife-rimento ad un certo materiale (e a certe condizioni di prova) e, pertanto, la correttaapplicazione ad un caso specifico deve essere opportunamente validata/calibrata attra- verso il seguente procedimento. Ad esempio, è noto che la velocità delle onde elastichenel calcestruzzo (ricavabile mediante ultrasuoni) può essere relazionata alla resistenzaa compressione secondo la seguente espressione analitica:

Rc = A x e(BV) (6.1)

essendo:Rc la resistenza a compressione,V la velocità di trasmissione delle onde.

I coefficienti A e B che rendono completamente definita la precedente relazionesono reperibili in letteratura tecnica(2), ma l’operazione di calibrazione consigliata,anzi richiesta dalla Norma (Circolare 2/2/2009 n. 617 C.S.LL.PP.; paragrafoC8A.1.B.3) consiste nel ricavarli sulla base del confronto con un numero adeguatodi risultati di prove dirette (tipicamente schiacciamento di campioni prelevati nellaimmediate vicinanze), utilizzando metodi statistici di minimizzazione dell’errore.Pur con queste accortezze è ovvio che le indagini di tipo diretto restino maggior-mente risolutive ma la loro sistematica adozione si scontra con un carattere gene-ralmente invasivo sulla struttura; conseguentemente si rende necessaria una loro(parziale) sostituzione con indagini di tipo indiretto che, pur con le limitazioni

rappresentate, hanno generalmente un minore impatto sull’integrità strutturale(nonché, talvolta, minor costo e maggiore velocità esecutiva).

È opportuno inoltre osservare che alcune indagini caratterizzano solo limitateporzioni del materiale sottoposto a prova mentre altre indagano volumi maggiorie, infine, che modificazioni locali del materiale possono alterare sensibilmente irisultati di alcune prove e non avere, invece, rilevante impatto su altre (si considerila carbonatazione che può alterare la durezza dello strato corticale del calcestruzzoinfluenzando la risposta di alcune tecniche).

(2) I valori forniti in letteratura si riferiscono ad un certo tipo di mix di calcestruzzo e aspecifiche condizioni ambientali e, come già detto, possono fornire risultati non sufficientemente

affidabili se utilizzati nell’ambito di casi diversi.

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Queste considerazioni generali dovrebbero essere sufficienti per trarre la seguenteconclusione: il Progettista può essere sollecitato a determinare proprietà alquanto diversedella struttura, dovendo ricorrere, conseguentemente, a tecniche di indagine altrettantodiversificate; inoltre, pur nell’ambito della ricerca di un ben determinata grandezza,il Progettista ha a disposizione una gamma di Indagini, differenziate per prestazioniin termini di risoluzione, invasività, suscettibilità a modifiche locali, costo, velocità di

esecuzione. Ne deriva che l’attività di Indagine è anch’essa un momento progettuale(di scelta tra alternative diverse) avente l’obiettivo di fornire la miglior stima delleproprietà ricercate minimizzando nel contempo l’impatto sulla struttura (e sui suoieventuali occupanti), i costi e i tempi. L’esito di questo particolare progetto è costituitodalla Piano di indagine che si articola nei punti qui di seguito riportati.

a) Definizione delle proprietà della struttura che occorre ricercare. Come già accen-nato ci si riferisce a proprietà direttamente connesse alla struttura (geometria,dettagli costruttivi, deformabilità, resistenza meccanica) nonché a quelle (del ter-reno, tipicamente) che ne possono condizionare la risposta. Questa fase è ovvia-mente definita dal progettista con riferimento all’obiettivo dell’intervento che si vuole realizzare, unitamente ad una prima ricognizione della struttura ed esamedella relativa documentazione disponibile (progetto, collaudi, precedenti prove, maanche, particolarmente se in difetto, valutazioni circa le tecniche costruttive inuso all’epoca della costruzione della struttura).

b) Individuazione delle tecniche di indagine utilizzabili allo scopo. Ciascuna tecnicadeve essere qualificata con le potenzialità/limitazioni del risultato ottenibile e con l’in- vasività che la contraddistingue. Sembra utile sottolineare che questa fase può portarea valutazioni di tipo diverso in relazione al caso specifico. Ad esempio, alcune proverestituiscono un risultato tipicamente correlabile allo strato più superficiale del mate-riale: è ovvio che questa limitazione è maggiormente rilevante per strutture massicceche non per quelle di modesto spessore. Ancora, la tipica invasività di una certatecnica di indagine, può essere «sopportata» da una certa struttura (porzione di strut-tura) ma non da un’altra che si contraddistingue da una minore robustezza e integrità(si pensi alla differenza di estrarre dei campioni di materiale da un platea di fondazioneovvero da un esile pilastro). Nel caratterizzare le varie tecniche di indagine non vatrascurato il costo e la velocità di esecuzioni né la pratica operatività (si consideri,sempre a titolo di esempio, di dover operare su un edificio di pregio mantenendonela piena fruibilità ovvero su un complesso non più abitato).

c) Scelta delle tecniche di indagine. Il Progettista, sulla scorta dei punti prece-denti, definisce il Piano di indagine stabilendone precisamente il tipo, il numero,l’ubicazione, nonché le fasi temporali in cui eseguirle. È conveniente, infatti, pro-cedere inizialmente con le prove di tipo indiretto allo scopo di individuare uncerto numero di insiemi di elementi strutturali (travi, pilastri) caratterizzati da valori omogenei dei parametri rilevati (ad esempio, velocità delle perturbazioni

meccaniche comprese in un certo intervallo); si stabilisce quindi l’ubicazione delleprove di tipo diretto, secondo il criterio di indagare ciascun ambito omogeneoindividuato in precedenza.

Una raccomandazione pratica: il Progettista, nella definizione del Piano di inda-gine, può utilmente avvalersi della collaborazione della Società incaricata di ese-guirle anche per una migliore identificazione dei risultati ottenibili dalle diversetecniche utilizzabili; la stessa collaborazione è assai proficua nella successiva fasedi interpretazione dei risultati, dove il coinvolgimento dell’esecutore delle indaginipuò essere d’aiuto a comunicare al Progettista quelle informazioni che non sonofacilmente trasferibili in un rapporto di prova ma che, debitamente considerate,possono sicuramente migliorare il risultato finale.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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6.2.1 TECNICHE DI INDAGINE

La tecnologia mette a disposizione una gamma assai ampia di tecniche diIndagine in grado di fornire risposte in merito al riconoscimento geometrico, mec-canico, chimico, fisico della struttura e dei suoi componenti. Nella scelta dellatecnica di Indagine occorre valutare attentamente il campo di applicazione nonché

le relative potenzialità e limitazioni, comprensive dell’invasività sulla struttura (nonsembra inutile ripetere che lo scopo dell’Indagine è quello di fornire la migliorstima delle proprietà ricercate minimizzando nel contempo l’impatto sulla struttura,i costi e i tempi).

Di seguito un elenco delle tecniche di Indagine di uso più ricorrente.— Ispezione visiva— Pacometro— Carotaggi— Endoscopio— Pull-out— Sclerometro— Ultrasuoni— Tecniche combinate - SONREB— Martinetto piatto doppio— Laser Scanner

6.2.1.1 Ispezione visiva

Scopo, potenzialità e limitazioniL’ispezione visiva costituisce una metodologia di indagine fondamentale e pro-

pedeutica a tutte le altre: infatti, oltre a costituire una tecnica di indagine a sestante, contribuisce in modo essenziale a valutare quali siano le ulteriori infor-mazioni necessarie alla fase di diagnosi e, quindi, a programmare tutte le altreindagini (e monitoraggi). L’ispezione visiva deve restituire una serie assai numerosadi informazioni diversificate che vanno dal riconoscimento geometrico a quellostrutturale (nel senso più generale), considerando, inoltre, il degrado (anche questonella sua accezione più ampia) dei materiali da costruzione(3); non solo, l’ispezione visiva deve anche riconoscere le azioni agenti sulla struttura e l’interazione del-l’ambiente circostante con la struttura. Infine, tutti questi aspetti vanno opportu-namente relazionati.

L’ispezione visiva costituisce una tecnica di indagine allo stesso tempo semplice(si pensi al rilievo di dati geometrici come la dimensione di un pilastro) e moltocomplessa poiché l’esperienza dell’esecutore è determinante per cogliere, senza l’au-

silio di rilevanti strumenti (almeno in una fase preliminare), una serie di indicazionie segnali che se trascurati, o interpretati non correttamente, possono pregiudicarela successiva impostazione del Piano di indagine (e monitoraggio) con le conse-guenze che ciò comporta anche nella fase progettuale successiva.

Obiettivi dell’indagineIl fine dell’indagine è di rilevare la tipologia strutturale e dei materiali costituenti

il manufatto.Si riportano qui di seguito alcune schede di rilevamento.

(3) Il degrado (nella sua accezione più generale) dei materiali e/o degli elementi strutturaliconsiste in una loro qualsiasi modifica che riduce la prestazione iniziali dell’opera sia in termini

di resistenza che di durabilità.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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CARATTERIZZAZIONE MURATURA

— Descrizione M1a: muratura in conci di pietra di media-grande pezzatura non squadrati eposti in opera in modo irregolare. Presenza di ricorsi di mattoni pieni (dim. 27 x 15 x 6

cm) disposti su n.2 filari e ad interasse di 120 cm; i primi ricorsi sono posti a 65 cm dapiano calpestio. Malta di allettamento a base cementizia di spessore variabile. Spessore mura-tura= 100 cm.

— Descrizione M1b: muratura in conci di pietra di media-grande pezzatura non squadrati eposti in opera in modo irregolare. Presenza di ricorsi di mattoni pieni (dim. 27 x 15 x 6cm) disposti su n.2 filari e ad interasse di 120 cm; i primi ricorsi sono posti a 65 cm dapiano calpestio. Malta di allettamento a base cementizia di spessore variabile. - Spessoremuratura = non rilevabile.

— Note: buon ammorsamento fra le pareti.

CARATTERIZZAZIONE MURATURA

— Descrizione M3a: muratura in mattoni pieni. Malta di allettamento a base cementizia (sp.:1-1,5 cm) Spessore muratura= 100 cm

— Descrizione M3b: muratura in conci di pietra di media-grande pezzatura non squadrati eposti in opera in modo irregolare. Presenza di ricorsi di mattoni pieni (dim. 27 x 15 x 6cm) disposti su n.2 filari e ad interasse di 120 cm; i primi ricorsi sono posti a 65 cm dapiano calpestio. Malta di allettamento a base cementizia di spessore variabile. Spessore mura-tura = 60 cm

— Descrizione M3c: come M3b – Spessore muratura= 100 cm.— Note: presenza di laterizio (l=20 cm) su M3a, in prossimità dell’ammorsamento.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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CARATTERIZZAZIONE MURATURA

— Descrizione: muratura in conci di pietra di media-grande pezzatura non squadrati e postiin opera in modo irregolare. Presenza di ricorsi di mattoni pieni (dim. 27 x 15 x 6 cm)

disposti su n.2 filari e ad interasse di 120 cm; i primi ricorsi sono posti a 65 cm da pianocalpestio. Malta di allettamento a base cementizia di spessore variabile.— Spessore muratura = 100 cm.

CARATTERIZZAZIONE MURATURA

— Descrizione M10a - M10b: muratura mista in conci di pietra e tufacei di media-grandepezzatura non squadrati e posti in opera in modo parzialmente regolare. Presenza di ricorsi

di mattoni pieni (dim. 27 x 15 x 6 cm) disposti su n.2 filari posti a 150 cm da pianocalpestio. Malta di allettamento a base cementizia di spessore variabile.— Spessori muratura = M10a= 80 cm - M10b= non rilevabile.— Note: buon ammorsamento fra le pareti.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

CARATTERIZZAZIONE MURATURA

— Descrizione M12a: muratura mista realizzata in prevalenza in mattoni pieni (dim. 27 x 15x 6 cm) più conci di pietra di media pezzatura non squadrati e posti in opera in modo

irregolare. Malta di allettamento a base cementizia di spessore variabile. Spessore muratura=50 cm— Descrizione M12b: muratura in mattoni pieni. Malta di allettamento a base cementizia (sp.:

1 cm). Spessore muratura = 45 cm— Note: buon ammorsamento fra le pareti.

CARATTERIZZAZIONE MURATURA

— Descrizione M23a: muratura mista in conci di pietra e di tufo di grande pezzatura non

squadrati e posti in opera in modo irregolare. Malta di allettamento a base cementizia dispessore variabile. Spessore = 40 cm + rivestimento a blocchi di pietra di spessore pari a20 cm.

— Descrizione M23b: muratura mista in conci di pietra e di tufo di piccola-media pezzaturanon squadrati e posti in opera in modo irregolare. Presenza di mattoni pieni (dim. 27 x 15x 6 cm) non disposti regolarmente. Malta di allettamento a base cementizia di spessore variabile. Spessore muratura = 40 cm + rivestimento a blocchi di pietra di spessore pari a20 cm.

— Note: buon ammorsamento fra le pareti.

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SAGGIO FONDAZIONE

Descrizione: a partire dal piano di posa della pavimentazione si distinguono i seguenti elementicostitutivi

— sino a 15 cm, presenza di mattoni pieni di laterizio aventi sezione quadrata di lato pari a15 cm;— da 15 a 18 cm, presenza di una lastra impermeabilizzante di colore scuro, compatta e resi-

stente;— da 18 a 138 cm, presenza di blocchi di pietrame di forma irregolare, legati da malta;— da 138 cm sino a fine scavo, presenza di terreno compatto.

SAGGIO FONDAZIONE

Descrizione: a partire dal piano di posa della pavimentazione si distinguono i seguenti elementicostitutivi:

— sino a 10 cm, presenza di massetto cementizio;— da 10 a 13 cm, presenza di una lastra impermeabilizzante di colore scuro, compatta e resi-

stente;— da 13 a 43 cm, presenza di blocchi di pietrame di forma irregolare, legati da malta;— da 43 cm sino a fine scavo, presenza di terreno compatto.Note: presenza di acqua nello scavo.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

6.2.1.2 Pacometro

Scopo, potenzialità e limitazioniIl pacometro è generalmente utilizzato nell’ambito del riconoscimento geome-

trico (e qualitativo) delle strutture. Più in particolare, permette l’individuazionedella presenza di eventuali armature nell’ambito di elementi di calcestruzzo (per-

mettendo quindi la discriminazione tra strutture armate e non) nonché di valutareil diametro e il «copriferro» delle barre rispetto alla superficie libera dalla qualeavviene l’ispezione. Il pacometro, pertanto, fornisce informazioni assai rilevantinell’ambito delle strutture in calcestruzzo con il principale vantaggio di essereuna tecnica assolutamente non invasiva (a patto di avere accesso alla superficiedell’elemento strutturale) molto rapida e di basso costo. Un limite della tecnicaè rappresentato dalla profondità dell’indagine (non superiore a circa 10 cm) chepuò risultare condizionante per strutture massicce nonché per quelle dotate dipiù strati di armature, o nel casi in cui non risultino accessibili tutte le superficiche delimitano l’elemento strutturale (ad esempio solo la superficie di intradossodi una trave).

Trattandosi di una tecnica di indagine di tipo indiretto, non va sottovalutal’importanza di ottenere conferme dei risultati forniti, confrontando le prime deter-minazioni ottenute con dei riscontri diretti (effettuando delle scalpellature per sco-prire le armature nella posizione in cui sono segnalate).

StrumentazioneIl funzionamento dello strumento si basa sul principio della induzione magne-

tica o sul principio delle correnti di Foucault (eddy current o correnti parassite),a seconda delle realizzazioni costruttive.

Il metodo pacometrico ad induzione magnetica si basa sulla perturbazione diun campo magnetico, generato da una sonda, operata da elementi con una piùelevata permeabilità magnetica rispetto a quella che caratterizza il materiale incui tali elementi sono inglobati.

Il pacometro a correnti parassite impiega, invece, la tecnica dell’impulso dicorrente tramite un sensore a solenoide ricevente/trasmittente a bobina cava, esistema di bilanciamento che protegge da interferenze ambientali. Al termine diciascun impulso vengono indotte delle correnti elettriche (di Foucault) attornoall’elemento metallico; le persistenza di tali correnti genera un’eco che viene captatadalla sonda negli intervalli tra i vari impulsi emessi.

Grazie a questo sistema vengono eliminate interferenze dovute alla temperatura,all’elettromagnetismo, alla conduttività del calcestruzzo umido, al magnetismo degliaggregati; fattori che in genere influenzano gli strumenti costruiti secondo la tecnicadelle bobine con nucleo e della induttanza.

PACOMETRO

SPECIFICHE TECNICHE

ComponentiUnità principale di emissione/rilevazione

+ sonda

Superficie diispezione sonda

120 x 60 mm

PortataBarre Φ 40 da 15 a 95 mm

Barre Φ 8 da 8 a 75 mm

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Procedura di utilizzo e risultatiIl rilievo viene effettuato secondo fasi distinte:

• fase di ricerca: per l’individuazione delle barre d’armatura è necessarioposizionare la sonda dello strumento sulla superficie dell’elementostrutturale. La sonda di ricerca è di tipo direzionale, ossia ha la sensibilitàmassima quando viene posizionata con il proprio asse maggiore lungo ladirezione della barra, e sensibilità minima quando viene posizionataperpendicolarmente rispetto a questa. Durante la fase di ricerca, bisognaporre la sonda parallelamente alle barre e quindi spostarla lateralmentee molto lentamente. Un indicatore sul display e un avvisatore acusticoavranno il segnale massimo quando la sonda è posizionata in prossimitàdi una barra. In tale posizione lo strumento permette di ottenere la stimadel diametro.

• misura del copriferro: la sonda viene appoggiata in prossimità dei ferri verticali ed orizzontali precedentemente segnati sulle pareti perdeterminare lo spessore del calcestruzzo che copre l’armatura in quelpunto; la misura viene effettuata in diversi punti delle quattro facce delpilastro in modo da ottenere un quadro medio dello spessore del copriferro

per ogni pilastro.Per ogni struttura analizzata viene compilata una scheda indicante le

caratteristiche dell’armatura rilevata quali:• tipo di ferri utilizzati;• diametro;• posizione e distanze reciproche dei ferri;• spessore minimo, medio e massimo del copriferro.

Il metodo è affidabile per ciò che concerne l’individuazione degli elementimetallici, della loro direzione e profondità. Per la stima dei diametri vi sono deglierrori di circa il 10%.

Riferimenti normativi

Per le prove con pacometro si può fare riferimento alle seguenti norme:• UNI EN ISO 15548-1,23. Prove non distruttive - Apparecchiatura per con-

trollo mediante correnti indotte - Parte 1,2,3.• BS1881-204. Testing concrete. Recommendations on the use of electromag-

netic covermeters.

6.2.1.3 Carotaggio (e prove di Laboratorio sui campioni prelevati)

Scopo, potenzialità e limitazioniIl carotaggio è generalmente utilizzato per il riconoscimento geometrico delle

strutture e/o dei terreni. La tecnica consiste essenzialmente nel recuperare(4) (contecniche anche fortemente differenziate in relazione al materiale oggetto dell’in-dagine) un campione cilindrico dalla cui osservazione si ricavano le informazionigeometriche ricercate: effettuando un carotaggio in asse ad un palo di fondazionese ne ricava la lunghezza; ovvero eseguendo carotaggi attraverso una muraturase ne ricava lo spessore dei paramenti esterni e dello strato di riempimento inter-medio; e ancora, attraverso la perforazione dei terreni se ne ricava lo spessore

(4) Si eseguono talvolta carotaggi (particolarmente nel caso dei terreni e delle rocce) in cuil’utensile di perforazione disgrega il materiale e pertanto non recupera alcun campione. Non cioccuperemo di questa tecnica , detta a distruzione, salvo ricordare che le informazioni sul materialeattraversato vengono desunte in questo caso dalla registrazione dei parametri di perforazione (cop-

pia, spinta, velocità di rotazione etc).

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Attrezzatura per prelievo di carote. Si può osservare il motore elettrico (in primo piano,

collegato al cavo arancione); il carotiere (a contatto con la struttura); la slitta (su cui è montatal’attrezzatura) già fissata sulla parete.

Procedura di utilizzo e risultatiÈ importante che il punto di prelievo venga ispezionato preliminarmente con

un pacometro per riconoscere la presenza di barre di armatura(6) così da evitarneil taglio accidentale che costituisce sia un inutile danneggiamento della struttura,sia una complicazione nell’interpretazione del valore della resistenza a compres-sione. Inoltre, si dovranno scegliere gli elementi strutturali meno sollecitati e all’in-terno degli stessi elementi, le zone soggette a modeste sollecitazioni. Ad esempio,per il pilastri si sceglierà una zona in una fascia intermedia di altezza dove ilmomento è pressoché nullo, mentre per le travi lo stesso principio porta a posi-zionarsi (dove possibile) ad 1/5 della luce.

I campioni estratti saranno spediti al laboratorio per l’esame e la prova dicompressione.

È necessario il prima possibile richiudere i fori provocati dal carotaggio median-

te malte a ritiro compensato.

Riferimenti normativiPer le prove di catotaggio si può fare riferimento alle seguenti norme:

— UNI EN 12504-1. Prove sul calcestruzzo nelle strutture - Carote - Prelievo, esame e prova di compressione.

— UNI EN 13791. Valutazione della resistenza a compressione in sito nelle strutture e nei componenti prefabbricati di calcestruzzo.

— BS 1881-120. Testing concrete. Method for determination of the compressive strength of concrete cores.

— ASTM C39/C39M-05E1. Standard Test Method for Compressive Strength

of Cylindrical Concrete Specimens.

(6) Anche le armature contenute nel calcestruzzo sono assoggettabili a prove dirette. Si trattadi prelevare alcune barre dalla struttura e di determinarne il carico di snervamento, quello massimoe l’allungamento a rottura.

MACCHINA CAROTATRICE

SPECIFICHE TECNICHE

MotoreElettrico monofase a

tre velocità

Diametro punta max 162 mm

Lunghezza punta max 600 mm

Massa (escluso motore) 8 kg

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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6.2.1.4 Endoscopio

Scopo, potenzialità e limitazioniL’endoscopio è generalmente utilizzato per il riconoscimento geometrico di quelle

porzioni di struttura non ispezionabili direttamente. L’indagine è sostanzialmente noninvasiva richiedendo solo l’esecuzione di una perforazione che può essere (a seconda

del tipo di strumento) anche di solo qualche millimetro. L’endoscopio si presta assai validamente per riconoscere la costituzione (nell’ambito dello spessore) di strutturenon monolitiche/omogenee, fornendo informazioni circa la dimensione dei vari stratiche la compongono; a fianco al riconoscimento geometrico si aggiunge la possibilitàdi trarre informazioni qualitative circa l’elemento strutturale attraversato, come nelcaso in cui viene sottoposto ad indagine una struttura muraria a doppio paramento.La tecnica si pone per molti aspetti come alternativa al carotaggio, contraddistinguendosiperò ma una minore invasività/ costo e da una maggiore velocità di esecuzione; percontro può risultare di minore risoluzione poiché il foro viene generalmente eseguitoa distruzione (per contenere il diametro) e quindi non si rende disponibile un campionedel materiale (assoggettabile a prove) che è prerogativa dei carotaggi.

StrumentazioneL’endoscopio è uno strumento che consente l’osservazione della natura e della

consistenza interna di manufatti attraverso un foro di opportuno diametro, appo-sitamente praticato.

Gli endoscopi usati sono di diverse dimensioni e costruiti con tecnologie dif-ferenti, che in genere rientrano nella tipologia ad obiettivi oppure a fibre ottiche.

Essi sono progettati per raggiungere cavità inaccessibili all’osservazione direttaed hanno diametri estremamente ridotti, variabili da qualche centimetro sino a pochimillimetri. Oltre al sistema ottico per l’ispezione, l’endoscopio è dotato di un impiantodi illuminazione dell’area ispezionabile e di sistemi di riferimento per la stima dimen-sionale dell’oggetto inquadrato (inoltre nella parte terminale può essere installata unamacchina fotografica o una telecamera per la registrazione del segnale visivo).

Tra le diverse tipologie, si ricordano i boroscopi rigidi con aste di lunghezzafissa o modulare, i fibroscopi flessibili e i videoendoscopi.

Nel seguito è riportata la scheda tecnica di un tipico endoscopio rigido. Essosi rifà ai sistemi ottici tradizionali, ed è costituito da un obiettivo abbinato aduno o più prismi e a più gruppi ottici che trasportano successivamente la primaimmagine fino al piano focale di un oculare esterno.

Questo tipo di costruzione è normalmente contenuta e montata in una strutturarigida ed è anche chiamato «boroscopio».

ENDOSCOPIO OTTICO

SPECIFICHE TECNICHE

Diametro tubo 15 mm

Direzione visione obiettivo 90°

Angolo di visione Circa 50°

Illuminazione Lampada alogena

Materiale della sonda Acciaio inox

Tipologia fotocamera Reflex digitale

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Procedura di utilizzo e risultatiDi norma è necessario eseguire dei piccoli fori sulla struttura muraria da esa-

minare, aventi un diametro pari a 20÷30 mm, e la profondità voluta. Tali fori vengono eseguiti con un trapano rotante o martello perforatore. Dopo la perfo-razione è necessario pulire accuratamente il foro mediante aspirapolvere o mediantegetto di acqua.

Nel caso in cui si vogliano sfruttare delle cavità preesistenti delle strutture,bisogna invece utilizzare endoscopi flessibili, in grado di seguire l’andamento deifori.

Una volta eseguito il foro, bisogna inserire la sonda ed ispezionarlo visivamentein diverse posizioni angolari e, in corrispondenza degli elementi significati indi- viduati, effettuare il rilievo fotografico.

Nella scheda di lavoro è necessario riportare:— numero e ubicazione del foro— quota del rilievo— lunghezza del foro— elementi individuati in ciascuna direzione esaminata alle diverse profondità— numero di fotografia relativo agli elementi più significativi individuati

Riferimenti normativiPer le prove con ultrasuoni si può fare riferimento unicamente alla seguente

norma:— Raccomandazioni della NorMaL 42/93

6.2.1.5 Pull-out

Scopo, potenzialità e limitazioniIl «pull-out» è generalmente utilizzato nell’ambito del riconoscimento mecca-

nico delle strutture e, più in dettaglio, nella determinazione della resistenza acompressione del calcestruzzo. La tecnica consiste nell’estrazione di un insertometallico (della lunghezza di qualche decina di millimetri e applicato a partireda una superficie accessibile dell’elemento strutturale) che viene strappato medianteun martinetto(7). Questa tecnica di indagine e quindi di tipo indiretto e la forzamassima necessaria per l’estrazione dell’inserto è correlabile con il valore di resi-stenza del calcestruzzo tramite la seguente relazione:

Rc = A + B x F, (6.2)

essendo:

Rc, la resistenza a compressione;F, la forza di estrazione massima;A e B, coefficienti da determinare attraverso il confronto con prove dirette(schiacciamenti).

(7) Gli inserti possono essere anche applicati preventivamente, in fase di getto del calcestruzzo;tuttavia la tecnica che ne prevede una post installazione è sicuramente più versatile e consente

di eseguire le prove laddove l’evidenza mostra una maggiore necessità.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

Il «pull out» è una tecnica di indagine leggermente invasiva (l’estrazione com-porta lo strappo di un piccolo cono di calcestruzzo circostante l’inserto), di veloceesecuzione e basso costo. A fronte di questi vantaggi è però facile riconoscereche la prova indaga un volume limitato del materiale e, in aggiunta, collocato inprossimità della superficie con tutte le conseguenze che ne derivano. Infatti, lostrato superficiale del calcestruzzo può avere caratteristiche meccaniche diverse

da quello costituente la massa, per la maggiore influenza che hanno su di essole condizioni di stagionatura a cui è stato assoggettato l’elemento.Per concludere occorre avvertire circa la necessità di eseguire la prova lontano

dai ferri di armatura (una preventiva esame con pacometro è quindi assolutamenteraccomandabile) poiché il cono di calcestruzzo che viene distaccato le può inte-ressare, modificando sensibilmente il risultato.

StrumentazioneL’attrezzatura necessaria ad eseguire la prova è composta dai seguenti ele-

menti:— martinetto oleodinamico dotato di manometro di precisione;— pompa oleodinamica;— stelo di estrazione tassello;— tassello ad espansione studiato appositamente per il tipo di prova;— trapano con campana svasatrice per eseguire fori tronco-conici e percussore

per alloggiare i tasselli.

Procedura di utilizzo e risultatiViene eseguito un foro all’interno del calcestruzzo mediante una speciale punta

e di conseguenza viene inserito un tassello di acciaio che è fatto espandere all’in-

terno del foro con uno speciale battitore. L’estrazione viene successivamente ese-guita con il martinetto che, agendo sull’anello di contrasto appoggiato sul calce-struzzo, esercita una forza di trazione sullo stelo dell’inserto. In ogni zona di misurasaranno eseguite almeno tre estrazioni valide.

Le correlazioni tra la forza di estrazione e la resistenza a compressione delcalcestruzzo viene effettuata tramite curve di correlazione disponibili in letteratu-ra.

PULL-OUT

SPECIFICHE TECNICHE

Sezione utile di tiro del cilindro

idraulico a semplice effetto

16,5 cm2

Pressione max pompa idraulica 700 bar

Pressione max manometro digitale 700 bar

Classe manometro digitale 1

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A sinistra: il martinetto pronto per l’estrazione dell’inserto. A destra: il «nega-tivo» del cono di calcestruzzo estratto. Il colore rosso-violaceo deriva dal trattamentocon fenolftaleina che conferisce questa colorazione al calcestruzzo non ancora attac-cato (sensibilmente) dalla carbonatazione.

Riferimenti normativiPer le prove di Pull-Out si può fare riferimento alle seguenti norme:— UNI EN 12504-3. Prove sul calcestruzzo nelle strutture - Parte 3: Deter-

minazione della forza di estrazione.— UNI 10157. Calcestruzzo indurito. Determinazione della forza di estrazione

mediante inserti post-inseriti ad espansione geometrica e forzata.— ASTM C900. Standard Test Method for Pullout Strenght of Hardened Con-

crete.— BS 1881-207. Testing concrete. Recommendations for the assessment of

concrete strength by near-to-surface tests.— pr EN 12399. Testing Concrete - Determination of Pull-Out Force.— Draft International Standard ISO/DIS 8046. Concrete, hardened -Deter-

mination of pull out strength.

6.2.1.6 Sclerometro

Scopo, potenzialità e limitazioniLo sclerometro è generalmente utilizzato per il riconoscimento meccanico delle

strutture. Una tipica applicazione consiste nella determinazione della resistenza acompressione del calcestruzzo che viene valutata per il tramite dell’energia restituitadal materiale ad una massa battente, facendo si che la prova si classifichi come ditipo indiretto. In particolare, la relazione che lega la resistenza a compressione conl’indice di rimbalzo (che è una misura della restituzione di energia) è la seguente:

Rc = A x NB (6.3)

essendo:Rc, la resistenza a compressione;N, l’indice di rimbalzo;A e B, coefficienti da determinare(8).La tecnica ha il vantaggio di essere non invasiva (a patto di avere accesso ad

una superficie dell’elemento strutturale) molto semplice, rapida e di basso costo.

(8) Al solito, i coefficienti A e B devono essere ottenuti dal confronto con un numero adeguato

di risultati di prove dirette e tramite metodi matematici di minimizzazione dell’errore.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Per contro, lo sclerometro dà informazioni circa la resistenza del materiale postonell’intorno della prova (cioè del punto di percussione) che può essere non com-pletamente rappresentativo della massa: lo strato superficiale ha, generalmente,caratteristiche di resistenza inferiori rispetto alle porzioni più interne, per via dieventuali difetti nelle procedure di stagionatura del calcestruzzo; la carbonatazione (9)

determina una maggiore rigidità della porzione corticale (incrementando l’indicedi rimbalzo) a cui però non corrisponde un effettivo aumento della resistenza acompressione; le condizioni di umidità influenzano la prova (una superficie umidacomporta un indice di rimbalzo più basso); la tessitura superficiale del calcestruzzo(calcestruzzi rugosi comportano un minor indice di rimbalzo). I risultati della prova,inoltre, possono essere influenzati dal contenuto di cemento e dalla minore/maggiorrigidezza degli inerti impiegati nel confezionamento del calcestruzzo.

Da quanto appena esposto si evince come le cause che possono influenzarel’affidabilità del metodo sono molteplici e questo deve assolutamente sconsigliarel’utilizzo di correlazioni standardizzate per l’interpretazione del risultato (del tipodi quella riportata nell’equazione (6.3) ma con coefficienti A e B predefiniti) ovveroil ricorso alle curve di taratura riportate spesso sull’involucro dello strumento. (10)

StrumentazioneLo sclerometro è uno strumento costituito da una massa mobile, con una

certa energia iniziale fornita da una molla, che rimbalza contro la superficie delcalcestruzzo.

Lo sclerometro e (a destra) la «spugnetta» per eliminare le asperità della superficie del materiale di prova.

(9) La carbonatazione è causata dall’anidride carbonica presente nell’aria che penetra via vianel calcestruzzo trasformando la calce di idrolisi (che si produce nell’idratazione del cemento) incarbonato di calcio.

(10) Si tratta di grafici che mettono in relazione diretta l’indice di rimbalzo con la resistenza delmateriale, opportunamente differenziati in relazione all’inclinazione posseduta dallo strumento durantela prova (rispetto all’orizzontale). La facilità di interpretare così il risultato può però portare ad errorigrossolani visto che i citati grafici sono ricavati per un certo tipo di materiale (calcestruzzo) e condizioni

di prova, assolutamente non estendibili, con sufficiente affidabilità, alla generalità dei casi.

SCLEROMETRO MECCANICO

SPECIFICHE TECNICHE

Campo di misura 10-70 N/mm2

Energia di impatto 2,21 Nm

Massa 1,5 kg

Applicazione Standard per calcestruzzo

SCLEROMETRO DIGITALE

SPECIFICHE TECNICHE

Campo di misura 10-70 N/mm2

Energia di impatto 2,207 Nm

Massa complessiva 3 kg

Applicazione Standard per calcestruzzo

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

Rc = A x e(BV) (6.1)essendo:Rc, resistenza a compressione;V, velocità di trasmissione delle onde.La tecnica, evidentemente di tipo indiretto, ha il pregio di non essere invasiva

(a patto di disporre di almeno una superficie libera dell’elemento strutturale, anche

se i migliori risultati si ottengono dall’applicazione delle sonde su due superficilibere contrapposte) di notevole velocità e basso costo. Inoltre ha il vantaggio (rispet-to alle prove pull-out e sclerometriche, di cui si è detto nei paragrafi precedenti)di indagare volumi più rilevanti dell’elemento strutturale e non il solo strato cor-ticale. Occorre ricordare che i risultati forniti da questa tecnica sono influenzatidall’umidità superficiale dell’elemento in prova (l’umidità incrementa la velocitàdi propagazione dell’impulso) nonché dalla presenza di armature (che è utile sianopreventivamente localizzate mediante pacometro).

La tecnica di indagine mediante ultrasuoni fornisce, in aggiunta al riconosci-mento meccanico delle strutture, svariate possibilità nell’ambito della ricerca deidifetti strutturali, come nel caso di applicazioni volte a determinare stati fessuratividel calcestruzzo. Infatti, nell’attraversamento di queste difettosità (discontinuità)la velocità di trasmissione dell’impulso meccanico è diversa (minore) di quella nelcalcestruzzo integro potendo fornire indicazioni, ad esempio, circa la profonditàdelle fessure; la prova può essere successivamente replicata, nelle stesse posizioniutilizzate in precedenza, a seguito di un trattamento delle fessure con iniezionidi resine, traendo dal confronto utili informazioni circa la corretta esecuzionedell’intervento di consolidamento. La tecnica è inoltre particolarmente efficace nelindividuare altri difetti come ad esempio l’interruzione di pali di fondazione, calan-do attraverso tubazioni inserite prima del getto(12) una coppia di sonde che cosìpossono esplorare l’integrità del palo secondo tutta la lunghezza. Sono, infine,rilevanti le possibilità fornite nell’ambito del controllo delle saldature per le costru-zioni in acciaio.

In definitiva questa tecnica, con opportune modifiche alla strumentazione, hauna notevole adattabilità e impiego nell’ambito della diagnosi strutturale.

StrumentazioneLe vibrazioni meccaniche con frequenza compresa tra i 16 Hz ed i 20.000

Hz sono percepite, come onde sonore, dall’orecchio umano. Frequenze superiorinon possono più essere udite e si entra così nel campo degli ultrasuoni, che siintende compreso dai 20.000 Hz fino ad oltre i 1.000 MHz.

Le oscillazioni ultrasoniche primarie consistono in onde longitudinali ed ondedi taglio.

Entrambe possono trasmettersi su lunghe distanze attraverso liquidi e solidi

quando il materiale è omogeneo, ma in presenza di discontinuità come un’interfacciatra materiali differenti o uno strato di aria, esse vengono riflesse e rifratte.

La velocità di propagazione e la frequenza di risonanza riflettono le caratte-ristiche di compattezza e le proprietà elastiche del materiale attraversato. Inoltre,la velocità di propagazione dell’ultrasuono permette di individuare zone alterateche non sono altrimenti visibili sulla superficie del materiale.

(12) La tecnica così descritta è denominata cross-hole e richiede il preventivo attrezzaggio deipali con una coppia (o una terna) di tubazioni del diametro di qualche centimetro. Qualora il

palo fosse privo di detta predisposizione, si può ovviare eseguendo un cosiddetto carotaggio sonico.

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La strumentazione per indagini ultrasoniche è costituita da una sonda (emet-titrice), che genera una serie di impulsi meccanici aventi una frequenza determinata,e da un’altra sonda (ricevente) che posta ad una certa distanza dalla prima, misurail tempo di propagazione nella massa del calcestruzzo.

La tipologia di sonde utilizzate sfrutta le proprietà dei materiali piezoelettrici.In tali sistemi il suono viene generato dalla vibrazione di cristalli di sostanze pre-

senti in natura o prodotte artificialmente, sottoposte in entrambi i casi da ecci-tazione di tipo elettrico.L’impianto per il test ultrasonico è composto oltre che dalle sonde piezoelet-

triche (emittente e ricevente) da un dispositivo di amplificazione e trattamentodel segnale, e da un’unità di visualizzazione.

Le frequenze di lavoro possono variare mediamente dai 50 ai 100 kHz. Lascelta tra queste frequenze e, di conseguenza, delle sonde è legata al singolo pro-blema: onde di bassa frequenza sono debolmente attenuate dal materiale e perciòpenetrano ad elevate profondità: con esse è possibile operare su materiali a granagrossa e su superfici ruvide ma non sono in grado di risolvere piccole discontinuità.Viceversa le frequenze più alte consentono una maggiore risoluzione, ma hannominore potenza di penetrazione.

A sinistra: attrezzatura per ultrasuoni. Si osserva la centralina e le sonde emettitrice e ricevente (corpi cilindri).

A destra: esecuzione di una prova per trasparenza. Si nota un modesto disallineamento delle sonde che va comunque evitato per non avere incertezze sulla distanza effettiva e quindi

sulla velocità di trasmissione delle onde.

ULTRASUONI

SPECIFICHE TECNICHE

Risoluzione 0,05 µs

Precisione +/- 0,1 µs

Frequenza operativa delle sonde 55 kHz

Ampiezza impulso ultrasuoni(programmabile)

200 – 1000 Vdi picco

(20% - 100%)

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Procedura di utilizzo e risultatiLa prima fase dei rilievi consiste nella taratura dell’apparecchiatura con la

barra campione. La taratura va effettuata con l’interposizione della pasta di contattose si utilizzano sonde piane, senza mezzo interposto nel caso l’indagine vengaeffettuata con sonde coniche. Una volta terminata la fase di autocalibrazione siprocede alla preparazione della superficie da indagare.

È necessario preparare uno schema d’intervento nel quale sono riportati enumerati i punti di misura. Sulla superficie da indagare i punti di misura vengonoindagati con dei marker e numerati.

Prima di effettuare il rilievo, qualunque sia la tecnica di indagine utilizzata equalunque sia l’obiettivo, è necessario esaminare preventivamente una zona dellastruttura ritenuta integra, una ritenuta ammalorata e una lesionata. La prova pre-liminare consente di effettuare una sorta di calibrazione dell’apparecchiatura, pren-dendo come riferimento, per indagini successive, dei valori di velocità di propagazionee una forma d’onda campione. La pressione esercita dall’operatore può influenzareleggermente la misura; in uno stesso punto bisogna effettuare delle prove esercitandopressioni di diversa entità e valutare la variazione percentuale della misura.

Preliminarmente viene effettuata un’indagine pacometrica al fine di localizzarele barre d’armatura, che potrebbero influenzare le velocità di trasmissione (anchese nella maggior parte dei casi in maniera trascurabile). La superficie di prova èinizialmente pulita e all’occorrenza smerigliata nei casi in cui risulta eccessivamenterugosa. L’accoppiamento delle sonde alla superficie di prova è effettuato tramitel’interposizione di vasellina, al fine di evitare la presenza di aria che determinaun cambiamento di impedenza acustica e quindi un’attenuazione del segnale.

Per descrivere nello specifico le modalità operative della prova ultrasonica èopportuno distinguere i modi di trasmissione degli ultrasuoni.

a) Trasmissione basata sull’attraversamento del corpo in esame.

Le sonde sono posizionate preferibilmente su facce opposte dell’elemento daindagare, eseguendo in questo modo la prova per trasmissione diretta (detta anche« per trasparenza»). Stimando i tempi di percorrenza delle onde ultrasoniche e misu-rando lo spessore di materiale attraversato è calcolata la velocità di propagazione.Tale metodo è da preferirsi nei casi in cui è applicabile.

Indagine con ultrasuoni: trasmissione diretta «per trasparenza»

Vi sono dei casi in cui non si può accedere a due facce opposte dell’elementostrutturale e quindi sarà necessario procedere per «trasmissione semidiretta» oper «trasmissione indiretta» detta anche «superficiale».

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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b) Trasmissione semidiretta.

Trasmissione in cui i due traduttori sono applicati in punti facenti parte didue facce adiacenti, in genere ortogonali. La distanza da utilizzare nel calcolodella velocità di trasmissione è quella tra i centri dei traduttori.

c) Trasmissione indiretta o superficiale.

Trasmissione in cui i due traduttori sono applicati sulla medesima faccia del-l’elemento strutturale. In questo caso la velocità di trasmissione verrà calcolatacome regressione lineare delle velocità di transito a distanza successive. Tale metodoè quello meno affidabile, in quanto le velocità di transito sono inferiori del 5÷20%rispetto al metodo diretto.

Dalla prova si ricava, come detto, il tempo di propagazione dell’impulso (ultra-sonoro) e, grazie alla precisa misura della distanza tra le sonde, la sua velocità dipropagazione nel materiale. In un mezzo elastico omogeneo e isotropo (caratteri-stiche solo approssimativamente proprie del calcestruzzo), la velocità di propaga-zione dell’impulso (onde longitudinali) si può correlare, tramite il coefficiente diPoisson e la densità del materiale, al modulo elastico dinamico; da questo al modulo

statico e, quindi, alla stima della resistenza a compressione del calcestruzzo.

Riferimenti normativiPer le prove con ultrasuoni si può fare riferimento alle seguenti norme:

— UNI EN 12504-4. Prove sul calcestruzzo nelle strutture - Parte 4: Deter-minazione della velocità di propagazione degli impulsi ultrasonici.

— ASTM C 597. Standard Test Method for Pulse Velocity Through Concrete.— BS 1881-203. Testing concrete. Recommendations for measurement of veloc-

ity of ultrasonic pulses in concrete.

6.2.1.8 Tecniche combinate - SONREB

Scopo, potenzialità e limitazioniLe tecniche combinate risultano dall’applicazione congiunta di metodologie

diverse con lo scopo di fornire risultati più affidabili (rispetto a quelli ottenibilidalle singole tecniche ) nella stima del parametro ricercato. Una tra le più noteè rappresentata dalla cosiddetta SONREB che si basa sull’applicazione di proveultrasonore (SONic) e dell’indice di rimbalzo (REBound) della prova sclerometrica.L’utilizzo congiunto delle due prove è suggerito dall’osservazione che così facendosi può mitigare l’influenza di alcuni fattori, come ad esempio l’umidità del cal-cestruzzo, che agiscono (in senso opposto) sulle singole metodologie.

La tecnica SONREB è generalmente utilizzato nell’ambito del riconoscimentomeccanico delle strutture e, più in dettaglio, nella determinazione della resistenza acompressione del calcestruzzo che è fornita tramite la seguente relazione analitica:

Rc = NA x VB x C (6.4)

essendo:Rc la resistenza a compressione,V la velocità di trasmissione delle onde.N l’indice di rimbalzo.A, B e C tre coefficienti da determinare attraverso il confronto con prove

dirette (schiacciamenti).

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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A titolo di esempio si vuole presentare, con riferimento ad un caso reale, unconfronto tra i risultati ottenuti nell’interpretazione di prove SONREB in cui icoefficienti sono ricavati con il metodo suddetto e attraverso procedure di mini-mizzazione dell’errore e quello che si ottiene dall’applicazione di note formulazionidi letteratura (vale a dire con coefficienti A, B e C predefiniti).

Nel grafico soprastante sono riportate a tale scopo le elaborazioni di 25 deter-minazioni mediante il metodo SONREB. L’istogramma con barre di colore blurappresenta l’elaborazione risultante attraverso l’utilizzo di una formula di lette-ratura che fornisce un valor medio di resistenza pari a circa 22 MPa. L’utilizzodi una relazione «calibrata» nel senso descritto in precedenza, fornisce, a partiredagli stessi dati sperimentali, l’istogramma in colore rosso che evidenzia un valormedio di resistenza di circa 30 MPa.

È evidente la notevole differenza dei risultati ottenuti che può portare ad un

giudizio sostanzialmente diverso sulla qualità dei calcestruzzi.

StrumentazionePer la strumentazione inerente tale tipo di prova si rimanda al paragrafi che

trattano lo sclerometro e l’apparecchiatura ad ultrasuoni.

Procedura di utilizzo e risultatiDi ogni zona omogenea, di cui si vuole conoscere il valore della resistenza a

schiacciamento, si ricava il valore locale della velocità di propagazione longitudinaledegli impulsi ultrasonici e l’indice di rimbalzo dello sclerometro Schmidt tipo «N».

I valori medi di questi due parametri, che individuano l’area elementare, vengonoricavati, per effetto di variazioni locali, mediante almeno tre misurazioni dirette di velocità di propagazione e almeno nove misurazioni dell’indice di rimbalzo.

La coppia di valori permette di entrare in un apposito grafico cui è allegataanche una tabella, in cui in ascissa si ha la velocità di propagazione e in ordinatal’indice di rimbalzo. Il suddetto grafico contiene una famiglia di curve isoresistentiricavate per interpolazione di dati sperimentali riferiti ad un calcestruzzo standard.

Riferimenti normativiPer le prove con ultrasuoni si può fare riferimento alle seguenti norme:

— UNI EN 13791. Valutazione della resistenza a compressione in sito nelle strutture e nei componenti prefabbricati di calcestruzzo.

— RILEM TC 43-CND. RILEM Paper - Draft recommendation for in situ

concrete strength determination by combined non-destructive methods.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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6.2.1.9 Martinetto piatto doppio

Scopo, potenzialità e limitazioniLa tecnica è generalmente utilizzata per il riconoscimento meccanico delle

strutture. Una tipica applicazione consiste nella determinazione del modulo elasticodi una muratura, applicando su un porzione della stessa, tramite appunto una

coppia di martinetti

(13)

che la delimita superiormente e inferiormente, uno statotensionale noto o, meglio, una successione determinata di stati tensionali (ciclidi carico e scarico) da cui ricavare, misurando nel contempo le relative deforma-zioni, le caratteristiche di deformabilità (modulo elastico). La prova è moderata-mente invasiva dovendo inserire i martinetti e quindi praticare dei tagli di qualchedecina di centimetri, sia di profondità che di larghezza, nell’elemento strutturalee, pertanto, si applica preferibilmente a strutture (massicce) in muratura o in cal-cestruzzo non armato. Talvolta, per limitare l’effetto di contrasto (alle deformazioniorizzontali) della struttura che delimita lateralmente quella sottoposta a prova, vengono eseguiti anche dei tagli verticali; a fronte di una maggiore invasività dellaprova si ottiene una maggiore semplicità (e affidabilità) nell’interpretazione delrisultato: lo stato tensionale indotto, infatti, si approssima maggiormente ad unosforzo monoassiale cosicché il modulo elastico del materiale si ricava da un semplicerapporto tra le variazioni delle tensioni provocate e le corrispondenti deformazioni verticali che si registrano.

Talvolta la prova viene spinta incrementando le pressioni fino al raggiungimentodelle prime fessure verticali nella porzione di struttura compresa tra i due mar-tinetti, consentendo così di determinare, in aggiunta, la resistenza a rottura delmateriale (l’invasività della prova si accresce ulteriormente e ciò che deve essereattentamente valutato in relazione ai casi specifici).

La tecnica in questione risulta spesso assai utilizzata nella diagnosi delle strutturesebbene risulti invasiva (secondo i casi da moderata a elevata, come si è già detto)nonché con tempi di esecuzione non brevissimi e costi di un certo impegno.

StrumentazioneLa tipica strumentazione per l’esecuzione delle prove con martinetti piatti è

così costituita:— martinetti piatti;— coppie di basi di misura (di solito dischetti forati da incollare nella

muratura);— deformometro di tipo meccanico o digitale (o sensori elettronici similari)

avente sensibilità di 1 millesimo di millimetro;— pompa idraulica;— sega per muratura di caratteristiche adeguate.

Di seguito vengono descritte le singole apparecchiature.

(13) Esiste anche una prova che impiega un solo martinetto e che è volta a determinare lostato tensionale agente nell’elemento strutturale; trattandosi del riconoscimento non di una proprietàdel materiale ma di un comportamento strutturale (lo stato tensionale, appunto) verrà trattatanell’ambito delle tecniche di monitoraggio.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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a) Martinetto piattoÈ una cella di carico in acciaio speciale di forma semicircolare con le seguenti

caratteristiche.

b) Apparecchiatura di taglio

I tagli sulle murature sono effettuati per mezzo di una troncatrice idraulicamanuale con lama anulare diamantata. Il taglio che ne deriva disturba in manieralieve la muratura grazie alla particolare caratteristica di una trasmissione eccentrica;esso è di dimensioni pressoché uguali a quello del martinetto che viene inseritosuccessivamente.

c) Pompa oleodinamicaIl martinetto piatto è alimentato idraulicamente da una pompa, che permette

di gestire accuratamente gli incrementi di carico.

MARTINETTO PIATTO

SPECIFICHE TECNICHE

Superficie 762 cm2

Spessore 3,5 mm

Diametro semicircolo 347 mm

Profondità 257 mm

Pressione massima di esercizio 120 bar

TRONCATRICE OLEODINAMICA

SPECIFICHE TECNICHE

Diametro lama diamantata 350 mm

Profondità taglio 260 mm

Massima velocità motore 17000 g/min

Massima pressione idraulica 150 bar

POMPA OLEODINAMICA

SPECIFICHE TECNICHE

Campo di misura manometro 1 0 - 100 bar

Campo di misura manometro 2 0 - 16 bar

Tipologia manometri Analogici

Risoluzione 0,1 bar

Tipologia Pompa manuale

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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d) DeformometroLe deformazioni vengono misurate mediante deformometri millesimali (di lun-

ghezza nota), che individuano le variazioni di distanza tra i riferimenti metallici(«basi») incollati o comunque ancorati alla muratura.

Lo strumento rimovibile, permette di rilevare l’evolversi delle deformazioni sottol’effetto delle sollecitazioni applicate durante l’impiego di martinetti piatti.

Procedura di utilizzo e risultati a) Misura dello stato di sollecitazione verticalePer la misura dello stato di sollecitazione verticale si rimanda al paragrafo

inerente i monitoraggi.b) Le misure delle caratteristiche di deformabilitàPer la misura delle caratteristiche di deformabilità si esegue un secondo taglio,

parallelamente al primo eseguito per lo studio della sollecitazione.Il secondo taglio deve essere eseguito ad una distanza pari ad 1÷2 volte la

dimensione massima del martinetto. In questo taglio viene poi inserito un secondomartinetto.

Collegati i due martinetti in parallelo alla medesima pompa, vengono eseguitialcuni cicli di carico sul campione indisturbato di muratura tra i due martinetti.

Il campione risulta sottoposto ad uno stato di tensione molto prossimo a quellodi una prova di compressione monodimensionale.

Mediante comparatori fissi o rimovibili applicati nella zona compresa tra idue martinetti, vengono eseguiti vari cicli di carico con la misura delle deformazionimedie sia in direzione verticale che orizzontale.

È possibile ricavare in prima approssimazione il modulo elastico verticalemediante classica formula:

E = σ / ε v

dove ε v è la deformazione verticale misurata in prossimità dell’asse di mezzeriadell’elemento murario.

Stante l’anisotropia e la presenza del confinamento laterale, per una determina-zione del modulo elastico orizzontale e del coefficiente di Poisson, è necessario effet-tuare una analisi dei risultati che tenga conto della impedita deformabilità trasversale.Questo è possibile sia mediante prove sperimentali condotte in laboratorio, sia median-te il confronto con un modello agli elementi finiti che simuli la situazione esaminata.In questo modello vengono fatti variare i parametri di deformabilità del materiale

fino a trovare quelli che al meglio giustificano i risultati sperimentali.

DEFORMOMETRO MILLESIMALE

SPECIFICHE TECNICHE

Materiale Acciaio AISI 304

Sistema di misura Comparatore elettronico

Lunghezza 250 mm

Campo di misura 10 mm

Risoluzione 0,001 mm

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Rispetto a quanto descritto una variante sviluppata recentemente consiste nelpraticare dei tagli orizzontali e successivamente anche altri due tagli verticali, inmodo da delimitare un prisma quasi totalmente isolato dal contorno murario.

c) Valutazione della resistenza a compressionePer determinare la resistenza a compressione della muratura, è possibile incre-

mentare le pressioni applicate nella fase precedente fino all’apparire delle primefessure verticali nei mattoni.

Una estrapolazione della curva tensioni-deformazioni consente una buonaapprossimazione del valore di di resistenza a compressione.

d) Valutazione della resistenza a taglioÈ possibile ottenere ulteriori informazioni sottoponendo contemporaneamente

la muratura ad una tensione tangenziale e ad una compressione verticale.La prova prevede l’utilizzo di un terzo martinetto in grado di esercitare spinte

orizzontali su una parte del prisma soggetto a compressione.Mantenendo costante, a diversi livelli, la tensione verticale (σ) di compressione,

viene incrementata la forza laterale in modo da ottenere una tensione tangenziale( τ) nella malta e quindi uno scorrimento del mattone.

La prova viene influenzata da numerosi fattori che, se non tenuti nel debito

conto, rischiano di rendere inutilizzabili i risultati.1. Il coefficiente K m del martinetto non è una costante, ma varia al variare

della pressione presente nel martinetto e a seconda della estensione da questoraggiunto durante la prova;

2. La fase di taglio è particolarmente delicata soprattutto se l’utensile inseritomanualmente vibra troppo, oppure se viene forzato a casa di inclinazioni accidentalidella sega;

È fondamentale la scelta della posizioni in cui ubicare le basi per le successivemisure scegliendo punti non suscettibili di movimenti localizzati.

Prove condotte fino a rottura evidenziano sovrastime pari al 10-15% nella deter-minazione della resistenza limite a compressione.

La qualità ed affidabilità della prova è certamente aumentata con l’adozionedi lame per il taglio molto sottile e di martinetti altrettanto sottili e poco rigidi.L’uso di strumentazione per l’acquisizione automatica dei dati in tempo reale

ha fornito non solo la possibilità di ottenere un numero di dati rilevante, ma anchela possibilità di ripetere cicli di carico in tempi brevi, limitando gli effetti legati aifenomeni di viscosità del materiale che si manifestano in prove di durata più lunga.

La localizzazione va definita scegliendo porzioni rappresentative di muratura,sia per quanto riguarda la loro natura materiale, sia per quanto riguarda lo statodi tensione, e da ultimo, per l’assenza di singolarità geometriche difficili da tenerein conto (aperture, vani, cambiamenti di geometria in zone vicine).

A parte queste ovvie cautele, la prova costituisce un supporto estremamente preziosoper la valutazione della risposta strutturale di un edificio, sia per conoscerne lo statoattuale sia per prevederne le potenzialità in caso di nove condizioni di utilizzo.

Riferimenti normativiPer le prove con ultrasuoni si può fare riferimento alle seguenti norme:

— ASTM C1196. Standard Test Method for In Situ Compressive Stress WithinSolid Unit Masonry Estimated Using Flatjack Measurements.

— ASTM C1197. Standard Test Method for In Situ Measurement of Masonry Deformability Properties Using the Flatjack Method.

— ASTM D4729. Standard Test Method for In Situ Stress and Modulus of Deformation Using the Flatjack Method.

— RILEM TC 76 LUM. RILEM Paper - General recommendations for methods

of testing load-bearing masonry.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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6.2.1.10 Laser Scanner

Scopo, potenzialità e limitazioni

Costruzione di un modello spaziale mediante scansioni laserNegli ultimi anni l’evoluzione tecnologica nel settore dell’elettronica, nel campo

della miniaturizzazione, ha permesso di mettere a disposizione nel mondo della

misura, del rilievo e del monitoraggio uno strumento denominato «laser a scan-sione», inizialmente studiato e sviluppato per le applicazioni industriali di proto-tipazione, di oggetti tridimensionali, e di controllo e certificazione di qualità delprodotto finale.

Il passaggio dalle applicazioni del mondo industriale a quelle del mondo civi-le-edile, nel settore dell’edificato, non è stato immediato, ma ha richiesto una seriedi campagne di studi, in piena attività, sulle problematiche introdotte dalle svariatetipologie architettoniche durante la fase di rilievo. Questo è comprensibile perchéogni opera d’arte è irripetibile, essendo il frutto dell’ingegno umano.

Date le enormi possibilità messe a disposizione da questa tecnologia, tra cuil’acquisizione delle coordinate spaziali di notevoli quantità di punti in tempi molto

contenuti, può essere utilizzata per effettuare rilievi 3D del costruito con la suc-cessiva estrapolazione degli elaborati 2D. Come accade per tutte le tecnologie, ai vantaggi si contrappongono gli svantaggi che, nel caso del rilievo monumentale,date le notevoli dimensioni dei manufatto, consistono nella presenza di zone noncompletamente accessibili, nel dover progettare una rete di stazioni di presa chepresentino una adeguata sovrapposizione tra i coni di ripresa e, soprattutto, chela direzione principale di presa sia preferibilmente ortogonale alla parete da rile- vare.

Per completare le zone di ombra (zone senza informazioni) delle prese si dovràprendere in considerazione la possibilità di una integrazione locale con metodologieclassiche del rilevamento.

StrumentazioneStrumentazione topografica atta al rilevamento ad alta precisione di modelli

geometrici tridimensionali.

LASER SCANNER

SPECIFICHE TECNICHE

Campo di vista V310°/O360°

Portata 79m

Sistema laser Differenza di fase

Velocità di acquisizione 500 000 pixel/sec

Distanza di risoluzione 0,1mm

Errore di linearità fino a 50m <1mm

Risoluzione tra 2 punti a 25m 1,7 mm

Risoluzione angolare (V/O) 0.0018°

Accuratezza angolare (V/O) 0,007° rms

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

TargetPunti di controllo materializzati in campagna e inter visibili da più stazioni

di scansione.

L’HardwareWork Station dedicata all’elaborazione dei dati acquisiti da laser scanner.

Il SoftwareApplicativo software trattamento dati 3D.

TARGET

SPECIFICHE TECNICHE

Diametro 250mm

Mobilità 360° a centrofisso

DELL PRECISION T

SPECIFICHE TECNICHE

Sistema operativo Win7-Pr 64 bit

Processore Intel Xeon

Frequenza 2.4GHz

Memoria RAM DDR3 12GB

Frequenza 1333Mhz

Scheda grafica NVIDIA Q 2000

Memoria dedicata 1GB

JRS RECONSTRUCTOR 2

SPECIFICHE TECNICHE

Licenza Full/Photo

Versione 2.7.0.157

Tecnologia 64 bit

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Procedura di utilizzo e risultatiLa determinazione della distanza tra la fonte del raggio laser emesso e la

superficie riflettente sulla quale giace il punto da rilevare viene oggi effettuatatramite due metodi diversificati, che differiscono nelle tecnologie e nelle metodo-logie che utilizzano.

Nel processo di scansione laser il software di post-processamento riveste unruolo fondamentale per la corretta e completa costruzione del modello 3D. Lemaggiori difficoltà operative del procedimento a scansione si riscontrano nellafase di analisi ed elaborazione (registration) dei punti acquisiti, in cui è previstoil passaggio dalle singole immagini range (nuvole di punti) al modello totale dipunti, quindi, mediante meshing (generazione di maglie triangolari), al modellodi superfici e, via photo-rendering, alla rappresentazione spaziale texturizzata.

La sovrapposizione dell’immagine al modello può essere eseguita anche ope-rando semplicemente sul modello di punti, dopo la registrazione delle nuvole ela calibrazione della camera fotografica, come informazione RGB del singolo punto.

In fase di progettazione della campagna di rilievo si dorranno prevedere diversestazioni di presa da cui eseguire le scansioni garantendo un adeguato ricoprimento;

inoltre, ogni presa dovrà essere composta da più sottoscansioni progettate in mododa garantire una risoluzione lineare pressoché omogenea sull’oggetto.

Accessorio di notevole importanza per il controllo ed il riattacco semiauto-matico delle diverse nuvole è rappresentato dai target, che si presentano in formapiana o tridimensionale; sono necessari sia per il controllo della qualità geometricadel modello assemblato che per la referenziazione ad un sistema comune a tuttele nuvole di punti.

Successivamente all’acquisizione delle nuvole di punti, si dovrà procedere altrattamento dell’innumerevole quantità di dati con software dedicati alla elabora-zione di modelli di punti ed alla successiva creazione di modelli di superfici.

Nella tabella si riportano le incidenza medie per le singole fasi operative, si

nota che il 75% del carico di lavoro è imputabile alle attività di elaborazione.

METODOLOGIA PRO CONTRO

DIFFERENZA DI FASE Punto di forza: grazie all’usodelle frequenze multiple siottengono misure di alta preci-sione.1mm a 25m

Punto debole: raggio d’azionelimitato a causa dell’elevatapotenza richiesta dal laser(emissione di tre lunghezzed’onda e non una). Fino a 180m

TEMPO DI VOLO Punto di forza: lungo raggiod’azione e velocità della misuradella distanza.Fino a 2km

Punto debole: difficoltà nel rea-lizzare misure di precisione.Precisioni sub-centimetriche

Lavorazione Incidenza 100%

Acquisizione 15%

Pre-Processamento 5%

Editing 12%

Pre-Registrazione 10%

Registrazione 6%

Imaging 40%

Estrazione prodotti 12%

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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L’affidabilità di ciascuna operazione è da associare allo scarto quadratico medioassociabile: se il suo valore non è superiore al centimetro, l’operazione è ritenutaaccettabile. La referenziazione (o registrazione) delle singole scansioni in un sistemadi riferimento comune può essere seguita con tre diverse procedure:

• con soli target: questi vincoli, comuni alle nuvole, sono riconosciuti inautomatico dai software che calcolano i parametri per realizzarne

l’allineamento. RMS di 1.6 cm;• nuvola con nuvola: l’operatore, selezionando con il mouse tre o più puntiomologhi, non appartenenti al medesimo piano e ben collimabili sullescansioni adiacenti, genera i vincoli necessari per eseguire l’allineamento.La procedura è più lenta della precedente e richiede una maggioreesperienza da parte dell’operatore. RMS 0.8 cm;

• target e nuvole: procedura mista. RMS 1.2 cm.Il modello di punti costituisce solo la fase iniziale dell’operazione di ricostru-

zione dell’edificio ed è preliminare alla generazione delle mesh (modello di superfici)e al texture mapping fotorealistico.

I software possono supportare la registrazione automatica delle scansioni nelmodello di punti, la georeferenziazione, la costruzione delle mesh, la mappaturasul modello dei valori di riflettanza, di quelli RGB o di altre immagini; altri sonofinalizzati all’esecuzione di misure sul modello, alla sua visualizzazione, all’estrazionedei contorni vettoriali delle entità; permettono, inoltre, di creare sezioni (sul modellotriangolato o direttamente sulle nuvole), di generare ortofoto, di determinare le varia-zioni intervenute fra modelli successivi di uno stesso oggetto (monitoraggio).

6.3 I MONITORAGGI E LA DEFINIZIONE DEL PIANO DI MONITORAGGIO

L’attività di monitoraggio ha lo scopo di acquisire informazioni circa il com-portamento strutturale e/o relativamente all’ambiente che interagisce con la struttura.Non è infrequente che il progettista che opera sulle strutture esistenti debba affian-care all’attività di Indagine vera e propria (nel senso descritto in precedenza) ulteriori verifiche che rientrano nella categoria dei monitoraggi. È possibile, infatti, riscon-trare, fin dalle preliminari ricognizioni della struttura, stati di fessurazione la cuisemplice osservazione, tuttavia, non consente di qualificarli come stabilizzati o inatto (con le rilevanti conseguenze che ne derivano). In questi casi il progettista sitrova nella necessità di definire attività di monitoraggio finalizzate per osservarnela variazione di ampiezza nel corso di un prestabilito periodo di tempo, ovveroricercarne le cause accertando, ad esempio, la presenza di vibrazioni indotte, degradodel materiale (espansioni), cedimenti del terreno di imposta delle fondazioni etc.

L’esigenza di predisporre un monitoraggio può intervenire, inoltre, in un periodo

intermedio della progettazione, come nel caso in cui il progettista voglia ricavaresperimentalmente lo stato tensionale di una porzione di una struttura per confrontarlacon quella che ha determinato con un sofisticato modello di calcolo, ovvero allafine del processo progettuale, quando si ricerchi una conferma sperimentale dellabontà degli interventi progettati (tornando all’esempio precedente dell’esistenza diun processo deformativo in atto si voglia accertare sperimentalmente che gli interventidi presidio progettati ne abbiano determinato la stabilizzazione).

Da queste brevi considerazioni si trae che la definizione di un piano di moni-toraggio è sicuramente non meno complesso e articolato di quello relativo al casodell’indagine, anche perché, nel corso del tempo, possono modificarsi gli obiettividella ricerca come sembra evidente nell’esempio appena trattato.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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In conclusione, la definizione di un piano di monitoraggio si articola nelleseguenti fasi(14):

a) Definizione dei parametri di comportamento strutturale che occorrericercare. Questa fase può essere definita in un’unica occasione o ripetutapiù volte nel corso del procedere della attività di progetto.

b) Individuazione delle tecniche di monitoraggio utilizzabili allo scopo.

Ciascuna tecnica deve essere qualificata con le potenzialità / limitazioni / invasività del risultato ottenibile. Anche in questo caso si può arrivarea valutazioni di tipo diverso in relazione al caso specifico: ad esempio,alcune prove di misura dello stato tensionale richiedono l’esecuzioni ditagli di dimensioni relativamente grandi che possono essere effettuatisenza rilevanti problemi in strutture massicce di muratura ma da adottarecon grande cautela in quelle sottili o in calcestruzzo fortemente armato(in questo casoper non tagliare una rilevante quantità di ferri). Nelcaratterizzare le varie tecniche non va trascurato il costo e la velocitàdi esecuzioni né la pratica operatività.

c) Scelta delle tecniche di indagine. Il Progettista, sulla scorta dei puntiprecedenti, definisce il piano di Monitoraggio stabilendone precisamenteil tipo, il numero, l’ubicazione e le fasi temporali in cui eseguire le misure.In aggiunta il progettista definisce anche la frequenza con cui eseguirele letture.

È evidente l’analogia con quanto descritto a proposito della definizione del-l’attività di Indagine. Il Monitoraggio però si qualifica in modo particolare perchéil relativo piano può essere sviluppato in momenti diversi dell’attività progettuale(nel caso dell’Indagine questa si sviluppa, di solito, preliminarmente al Progetto)e in quanto le relative determinazioni devono essere ripetute più volte nel corsodi un certo periodo (anche protratto) di osservazione.

Quest’ultima esigenza, unitamente, talvolta, alla necessità di disporre delle rela-tive informazioni in «tempo reale» ha portato a sviluppare sistemi di acquisizioneautomatizzati che tuttavia sono applicabili solo (o più facilmente) ad alcune tec-niche. Da qui un ulteriore elemento di valutazione che deve essere tenuto in debitoconto del progettista nella definizione del Piano di Monitoraggio.

Appare quasi superfluo ribadire in questo caso l’utilità di una collaborazionetra progettista ed esecutore del monitoraggio che può fornire quelle indicazionitipicamente tecnologiche (informatiche, di trasmissione del dato) utili ad orientarela scelta verso le metodologie più idonee agli scopi.

6.3.1 TECNICHE DI MONITORAGGIO SEMPLICI

Le tecniche di monitoraggio sono alquanto diversificate in quanto i parametristrutturali di cui può essere necessaria la conoscenza sono svariati. Tra questi i piùricorrenti sono gli spostamenti, le deformazioni, lo stato tensionale. Inoltre, con unacerta frequenza risulta anche necessario determinare le azioni (in senso ampio) acui la struttura è assoggettata e per tale motivo risultano rilevanti molteplici parametriambientali come il vento, la temperatura, l’umidità, gli spostamenti, le condizioniidrauliche del terreno, etc. Nel seguito si riporta un elenco di alcuni strumenti idoneialla misura delle principali grandezze fisiche suscettibili ad essere monitorate.

(14) Si osserva la buona corrispondenza con quella di Indagine. La suddivisione tra Indaginie Monitoraggi si conferma utile ai fini dell’esposizione, ma le due attività potrebbero essere riguar-

date, da un punto di vista concettuale, in modo unitario.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

6.3.1.1 Sonda di temperatura

Scopo, potenzialità e limitazioniLe sonde di temperatura sono utilizzate nel riconoscimento dell’azione ambien-

tale dovuta alla temperatura e la relativa interazione con le strutture. A secondadei casi può risultare utile o conveniente misurare la temperatura ambiente (dispo-

nendo lo strumento in aria) o in aderenza alla struttura ovvero al suo interno,installando lo strumento tramite una piccola perforazione. Il riconoscimento del-l’azione della temperatura non è, in generale, di particolare rilievo, di per se, nel-l’ambito degli edifici civili esistenti(15), ma piuttosto in relazione agli effetti chepuò avere su altri parametri monitorati. L’escursioni termiche possono avere, infatti,un’apprezzabile influenza sulle deformazioni/spostamenti/tensioni delle strutture,particolarmente se esposte all’esterno e all’irraggiamento solare e spesso vi è l’esi-genza di quantificare (o almeno riconoscere) il relativo contributo al fine di evi-denziare quello dovuto ad altre cause che risultano di maggior interesse. Un casotipico è rappresentato dal monitoraggio dello stato fessurativo di una struttura:in assenza di un contemporaneo monitoraggio delle variazioni termiche, si potreb-bero trarre conclusioni errate circa la stabilizzazione/evoluzione del quadro fes-surativo. Il controllo delle variazioni termiche è, inoltre, praticamente insostituibilenel caso di prove di carico statico (v. oltre) nel qual caso non è infrequente ilcontrollo della struttura in un preliminare ciclo a vuoto (cioè in assenza di carichidi prova) per accertare il contributo esclusivamente termico sull’andamento delledeformazioni; in seguito, l’esecuzione della prova (ad esempio il giorno successivo),permette la valutazione delle deformazioni totali da cui possono essere ricavatequelle dovute ai carichi sottraendo il contributo (dal ciclo a vuoto) dovuto allatemperatura(16). Le sonde di temperatura costituiscono in definitiva uno strumentodi diffusa applicazione nel monitoraggio delle strutture con favorevoli caratteristichedi semplicità e velocità di installazione, modestissima o nulla invasività e bassocosto; circa il carattere dell’informazione acquisita è del tipo puntuale nel casodi sonde inserite o poste in adiacenza alla struttura ovvero e di tipo globale nelcaso di strumenti posti in aria.

(15) Nell’ambito del monitoraggio degli edifici civili esistenti non si riscontrano generalmentesituazioni in cui si ha un esposizione a temperature estreme che possono interessare di per se ilprogettista. Diverso il caso di ambiti industriali come, ad esempio, il monitoraggio di una ciminiera,in cui si può avere interesse a valutare se l’effettiva temperatura dei gas smaltiti al suo internoè compatibile con le caratteristiche di isolamento della canna.

(16) Il monitoraggio delle temperature permette di valutare l’omogeneità delle variazioni termichenelle due giornate (quella del ciclo a vuoto e quella in cui svolge effettivamente la prova) e quindila correttezza dell’operazione illustrata circa la determinazione del contributo delle sole deformazioni

dovute ai carichi.

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StrumentazioneI termometri sono di vario tipo e in prima istanza si possono suddividere in

quelli di tipo classico e in quelli elettrici. Nei primi possiamo annoverare i termometria liquido e quelli a lamina bimetallica. Molto più usati in ambito tecnico/industrialesono invece quelli elettrici, del tipo a resistenza (platino), i termistori e le termocoppie.La termometria basata sulla variazione di resistenza è quella che permette maggiori

precisioni, maggiori sensibilità ed un vasto campo di misura. In particolare i ter-mometri a resistenza di platino sono assai diffusi per le caratteristiche di questometallo. I termometri a semiconduttore si stanno diffondendo sempre più per laloro peculiare caratteristica di eccezionale sensibilità e di grande sensibilità allebasse temperature. Infine vi sono le termocoppie che sono sensori che trasduconola temperatura in differenza di potenziale. Esse hanno una sensibilità elevata e uncampo di misura molto vasto (anche da – 200 °C sino a + 1700 °C).

Procedura di utilizzo e risultati

Nelle misure di temperatura occorre prestare diverse attenzioni e uno dei principida seguire è quello di assicurare che la temperatura assunta dal sensore rappresentiquella del corpo da misurare. In questo senso bisogna prestare attenzione agli erroriderivanti da conduzione e irraggiamento, al fine di limitarne gli effetti.

Riferimenti normativi— DIN 43732. Measurement and control; electrical temperature sensors; ther-

mocouples for thermocouple thermometers.

6.3.1.2 Livello

Scopo, potenzialità e limitazioniIl livello è generalmente utilizzato nel riconoscimento delle variazioni della

geometria delle strutture e, più specificatamente, dello spostamento di punti secon-do la verticale.

Una tipica applicazione del livello consiste nella verifica dei cedimenti di unedificio attraverso osservazioni ripetute su un arco temporale sufficientemente este-so (difficilmente precisabile a priori in quanto condizionato dalle caratteristichegeotecniche del terreno di fondazione) al fine di riconoscere il trend deformativoin atto piuttosto che un cedimento finale, generalmente non rilevabile, che puòessere solo estrapolato dal progettista. Condizioni operative molto diverse carat-

TRASDUTTORE DI TEMPERATURA

SPECIFICHE TECNICHE

Campo di misura (continuo) da _ 55 a + 150 °C

Campo di misura (intermittente) da +150 a + 200

Risoluzione 1 °C

Non linearità 0,3 °C

Costante tempo (aria ferma) 80 s

Principio di funzionamento 2-terminal Zener

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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terizzano questa tecnica nell’impiego durante le prove di carico su strutture/fon-dazioni: in questo caso l’osservazione è limitato ad una o due giornate di misurae il monitoraggio deve restituire oltre all’andamento delle deformazioni (nelle sostea carico costante), l’entità del cedimenti (in corrispondenza delle diverse fasi dellaprova) nonché il valore che si registra annullando i carichi. Diverse, come si intuisce,sono le problematiche e le criticità nei due casi. Nel primo occorre effettuare

misure ripetute anche nell’arco di mesi, e quindi in condizioni ambientali chepossono essere anche sensibilmente diverse, assicurando la costanza del correttofunzionamento dello strumento (e dell’operatore!) durante tutto il periodo di osser- vazione; grande importanza assume in quest’ambito, inoltre, l’effettiva stabilità diun punto fisso, utilizzato dall’operatore come riferimento per valutare gli abbas-samenti relativi del punto oggetto di monitoraggio(17). Nel secondo caso le criticitàconnesse con il prolungamento delle operazioni di misura sono molto attenuate(come detto la prova si conclude in qualche decina di ore) e le maggiori proble-matiche si riferiscono alla determinazione dei piccoli abbassamenti che occorremisurare (in una prova di carico non si sollecita la struttura al di là del proprio«limite elastico» e di conseguenza le deformazioni sono generalmente molto con-tenute e non di rado di qualche decimo di millimetro).

Le misure tramite livello, assolutamente non invasive, sono assai diffuse siain ambito geotecnico che strutturale, sebbene forniscano valutazioni a caratteredel tutto puntuale e di costo non trascurabile. Un non trascurabile limite del livelloconsiste nella possibilità di collimazione dei soli punti posti all’incirca alla stessaquota dello strumento.

StrumentazioneI livelli si possono classificare in livelli di bassa e media precisione e in livelli

di alta e altissima precisione. Per le finalità precedentemente elencate occorronolivelli di altissima precisione, in genere con scarto quadratico medio kilometricocompreso tra 0,3 e 0,5 mm. La strumentazione oggi utilizzata è costituita da livellidigitali, dotati di compensatori automatici (per garantire l’orizzontalità dell’assedi collimazione) e stadie INVAR con lettura a codice a barre.

(17) Ad esempio, in una area soggetta a cedimenti generalizzati del terreno (subsidenza), la valutazione dei cedimenti di un edificio prendendo a riferimento un punto di un’altra costruzione

posta nello stesso sito, potrebbe portare ad un risultato completamente errato.

LIVELLO DIGITALE

SPECIFICHE TECNICHE

Precisione (dev.stand. per km dilivellazione)

0,3 mm

Campo di misurazione da 1,8 a 110 m

Risoluzione 0,01 mm

Ingrandimento obiettivo 24x

Campo di compensazione +/- 10’

Precisione del compensatore(deviazione standard)

0,3’’

Tipologia stadia INVAR da 2m

Protezione ambientale IP53

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Procedura di utilizzo e risultatiL’operazione di livellazione geometrica va eseguita con il metodo delle battute

da mezzo. Buona norma è quella di porsi sempre in posizione equidistante daidue capisaldi di lettura, al fine di compensare l’eventuale errore di collimazione.

Le letture vanno eseguite in condizioni di ottima visibilità, che verrà garantitaall’occorrenza da mezzi quali lampade ecc. Bisogna garantire la perfetta orizzon-

talità dello strumento al fine di limitare il più possibile la correzione del com-pensatore automatico.

Riferimenti normativi— DIN 18723: Levelling staffs

6.3.1.3 Anemometro

Scopo, potenzialità e limitazioniL’anemometro è utilizzato nel riconoscimento dell’azioni ambientale dovuta al vento.Come è noto, l’azione del vento sulle costruzioni può determinare effetti a

carattere dinamico e pertanto la strumentazione deve essere in grado di fornirele variazioni nel tempo della velocità e della direzione del vento. L’installazionedello strumentazione non presenta difficoltà di rilievo ma occorre verificare l’ade-guatezza del posizionamento in quanto l’ubicazione dello strumento in stretta pros-simità o in adiacenza alla struttura potrebbe fornire risultati falsati per l’interferenzadella costruzione sulla velocità/direzione del vento.

La tecnica è assolutamente non invasiva mentre il costo è alquanto variabilein relazione alla scelta dello strumento (alcune tipologie di maggiore semplicitàe costo non sono in grado di apprezzare con prontezza le variazioni di velocitàdel vento). L’utilizzo degli anemometri non è frequentissimo nell’ambito del moni-toraggio delle costruzioni civili esistenti a causa della generalmente scarsa sensi-bilità delle tipologie costruttive più comuni nei riguardi dell’azione del vento. Percontro può risultare indispensabile nel monitoraggio di edifici industriali (ad esem-pio nel caso di snelle ciminiere in muratura) dove l’azione del vento non è tra-scurabile e può indurre fenomeni dinamici di rilievo.

StrumentazioneDiversi sono i tipi di anemometri attualmente in commercio. Si possono sud-

dividere in quattro principali categorie.Anemometro a VentolinaQuesto particolare tipo utilizza per il proprio funzionamento il moto di rota-

zione di una ventolina di dimensioni variabili in funzione del campo di applicazione.

In genere esso trova applicazione nella misurazione in tubi o condotti ed è pret-tamente direzionale, non prestandosi alla misura in campo libero.

Anemometro a CoppetteQuesta versione è molto simile alla precedente ed utilizza il moto di rotazione

di un sensore a coppe (in genere tre) per la determinazione della velocità del vento. Il vantaggio principale rispetto al precedente è quello di essere omnidire-zionale in quanto reagisce ad ogni direzione del vento.

Il controllo della velocità e direzione del vento avviene attraverso un unicostrumento costituito da rotore a coppe e banderuola. L’apparecchiatura è dotatadi un microprocessore di elevata accuratezza che corregge la risposta del sensorein ogni punto del campo di misura. Inoltre, il traduttore di direzione è un sensore

di posizione ad effetto Hall.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Anemometro a Filo CaldoLa tecnologia di questo tipo di anemometro si basa sulla variazione della tem-

peratura di una micro resistenza esposta al flusso d’aria. È chiamato in tale manierain quanto il sensore è posto ad una temperatura leggermente superiore di quelladel fluido in cui si trova e, in tale maniera, la velocità di questo risulta essereproporzionale alla quantità di calore estratta, che influisce sulle sue caratteristiche

elettriche. Esso è particolarmente adatto in caso di applicazioni in cui sono richiestepiccole dimensioni come ad es. condotte, sistemi di ventilazione, ecc.

Anemometro ad UltrasuoniCon gli anemometri ad ultrasuoni è possibile determinare la velocità e dire-

zione del vento superficiale. In questi strumenti, viene misurato il tempo di transitodell’impulso ultrasonico fra una coppia di trasduttori sonici affacciati, in entrambele direzioni. Con tre coppie di trasduttori si realizza una misura vettoriale del vento a tre assi. Caratteristica peculiare è quella di ottenere una misura indipen-dente da temperatura, umidità e pressione.

Procedura di utilizzo e risultatiNell’utilizzo degli anemometri bisogna prestare attenzione ad evitare zone in

cui si potrebbero generare turbolenze che disturbano i valori registrati. La con-dizioni ideali sono in campo libero, ad una sicura distanza da elementi fissi.

Riferimenti normativi— EN 60529; EN 60947-1; EN 60947-5-1; EN61010-1; EN 61326:1997 +

A1:1998 + A2:2001; EN 61810:2004

6.3.1.4 Fessurimetro

Scopo, potenzialità e limitazioniI fessurimetri sono utilizzati nel riconoscimento della variazione della geometria

della struttura e, più specificatamente, della distanza relativa tra due punti (coin-cidenti con quelli di fissaggio dello strumento). Conseguentemente i fessurimetripossono fornire indicazioni circa la deformazione media tra i due punti ovvero,più frequentemente, dell’apertura/chiusura di una lesione nel caso in cui siano postia cavallo della stessa. È ovvia l’importanza progettuale di disporre di questo datoe, in particolare, di poter stabilire se, per effetto di azioni di intensità costante, lastruttura conserva inalterata la sua geometria ovvero evidenzia un incremento defor-mativo nel tempo (quest’ultima eventualità è generalmente da ritenersi critica nel-l’ambito del comportamento strutturale). I fessurimetri sono assai utilizzati nell’am-

bito del monitoraggio delle costruzioni esistenti (che non di rado presentano fessure)

SENSORE COMBINATO VELOCITÀ DIREZIONE VENTO

SPECIFICHE TECNICHE

Velocità Direzione

Campo di misura 0 ÷ 60 m/s 0 ÷ 360°

Risoluzione 0,05 m/s 0,4°

Tempo di risposta (a 5 m/s) 0,8 s 0,26 s

Temperatura operativa _ 30° + 70 °C

Protezione ambientale IP65

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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e costituiscono una tecnica di costo non elevato, veloce e sostanzialmente non invasiva(a patto di disporre di una superficie a vista della struttura). Per contro fornisconoinformazioni a carattere locale (tra i due punti ai capi dello strumento) per cui ènecessaria una scelta precisa dell’ubicazione nonché un certo numero di strumentiper avere indicazioni significative per il complesso della struttura. I fessurimetrisono inoltre frequentemente utilizzati nell’ambito delle prove di carico statiche(18).

StrumentazioneDiverse sono le tipologie di fessurimetri utilizzati. Un tempo erano molto diffusi

quelli costituiti da piastre mobili sovrapposte con reticolo graduato e calibrato inmillimetri. Oggi, con gli sviluppi della tecnologia, si tende ad utilizzare trasduttoridi spostamento di tipo elettronico con risoluzione nell’ordine del centesimo di mil-limetro. Un sistema di tal fatta permette, oltre alla lettura manuale, anche la possibilitàdi collegare i sensori ad un sistema di acquisizione che trasmette i dati in rete.

Le stazioni lineari per il controllo delle lesioni sono realizzate da sensori elet-tronici lineari posizionati a cavallo delle lesioni di cui si vuole misurare lo spo-stamento, o più precisamente la sua variazione, nel corso del monitoraggio. Esseconsentono di misurare lo spostamento dei due lembi della lesione.

Il loro posizionamento può essere previsto in quelle zone di fabbricato ovesi riscontrino o si vengano a determinare quadri fessurativi.

Stazione di rilevamento Ly Stazione di rilevamento Lx

(18) In effetti i fessurimetri rientrano nella categoria dei trasduttori di spostamento; ponendoun capo dello strumento su di un punto fisso e l’altro sulla struttura di prova si determina ilparametro di spostamento che interessa durante la prova.

TRASDUTTORE LINEARE DI SPOSTAMENTO

SPECIFICHE TECNICHE

Campo di misura 25 mm

Risoluzione 0,01 mm

Linearità fino a ± 0,10 %

Velocità max di funzionamento 10 m/s

Principio di funzionamento trasduttore resistivo

Grado di protezione IP60

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

Procedura di utilizzo e risultatiAspetto fondamentale nell’utilizzo è quello di fissare i riferimenti di misura

in maniera perfettamente solidale alla struttura e inalterabile nel tempo.Nelle misurazioni di questo tipo è necessario studiare la struttura per un arco

di tempo molto elevato (almeno maggiore di un anno) al fine di «depurare» lemisure dai cambiante dovuti alle variazioni termiche stagionali.

Riferimenti normativi— NORMATIVA UNI-CEE

6.3.1.5 Inclinometro

Scopo, potenzialità e limitazioniGli inclinometri sono utilizzati nel riconoscimento della variazione della geo-

metria della struttura e, più specificatamente, della rotazione di una sua sezione.Per questi strumenti valgono le stesse considerazioni già sviluppate nel caso deifessurimetri circa l’interpretazione del dato restituito, il costo, la velocità e l’in- vasività della tecnica. Gli inclinometri, inoltre, consentono una interessantissima,e altrettanto diffusa applicazione che consiste nella verifica della stabilità dei pendii(al di là dell’aspetto tipicamente geotecnico questa verifica può ovviamente inte-ressare anche edifici esistenti posti nell’ambito, o in prossimità, di pendii che mani-festano fenomeni deformativi di vario tipo). In quest’applicazione lo strumento(di solito biassiale, cioè in grado di restituire le inclinazioni secondo due piani verticali ortogonali tra loro) risulta posto all’interno di un corpo cilindrico allungato(sonda inclinometrica) che viene calato in una particolare tubazione solidarizzataal terreno; facendo risalire lo strumento dal fondo della tubazione fino alla testasi ricavano le inclinazioni locali e da queste lo spostamento del terreno

Gli inclinometri, in definitiva, consentono vastissime possibilità applicative (dicui quelle accennate sono solo un esempio) nell’ambito del monitoraggio dellestrutture e dei terreni, oltre a trovare larghissima diffusione nell’ambito delle provedi carico statiche.

StrumentazioneI sensori utilizzati utilizzano le variazioni di livello di un liquido che costituisce

il dielettrico di un condensatore. L’inclinazione del sensore, rispetto alla gravitàterrestre, provoca una variazione proporzionale della capacità che viene rilevatadall’elettronica e convertita in un segnale analogico o digitale. Altro tipo di sensoripossono essere gli accelerometri di tipo capacitivo (o servo accelerometri) chemisurando l’accelerazione di gravità, inclinandosi misurano una componente della

stessa da cui si ricava direttamente l’angolo d’inclinazione.Consentono di misurare le rotazioni delle zone su cui sono installate con una

risoluzione del centesimo di grado centesimale.

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Il loro posizionamento può essere previsto a varie quote su alcune sezionidelle facciate da monitorare in corrispondenza di elementi strutturali.

Stazione di rilevamento Ix Stazione di rilevamento Ix

Procedura di utilizzo e risultati

Nell’utilizzo di tali strumenti occorre prestare attenzione al fissaggio degli stessie nel caso di misure manuali alla ripetibilità dell’operazione. Inoltre, occorre tenerein debita considerazione i cambiamenti dei fattori ambientali, come temperatura,umidità, ecc.

6.3.1.6 Accelerometro

Scopo, potenzialità e limitazioniGli accelerometri sono utilizzati nel riconoscimento delle variazioni dei para-

metri vibratori della struttura e, in particolare, dell’accelerazione di un suo punto.

L’ambito di applicazione degli accelerometri è pertanto quello del monitoraggiodi strutture sottoposte ad azioni dinamiche, che, nel caso degli edifici esistenti,sono spesso rappresentate dalle vibrazioni indotte da carichi agenti con spiccata variabilità nell’intorno della costruzione stessa (linee metropolitane, ferroviarie, traf-fico in generale, etc.) o poste al suo interno (macchinari e apparecchiature indu-striali). Dagli esiti del monitoraggio accelerometrico e in particolare da una suatrasformazione matematica (picchi di velocità in funzione delle frequenze) si rica- vano informazioni sulla possibilità che le vibrazioni indotte possano causare undanneggiamento strutturale(19).

(19) Le vibrazioni indotte possono anche provocare una significativa riduzione del confort abitativo

che può essere valutato con tecniche simili a quello descritto per il danneggiamento strutturale.

TRASDUTTORE DI ROTAZIONE

SPECIFICHE TECNICHE

Campo di misura ±10° (FS=20°)

Risoluzione 0,05% FS MAX

Linearità ±1,1% FSTemperatura di esercizio da _ 20 a + 80 °C

Materiale di smorzamento Silicon oil 200 cSt

Protezione ambientale IP65

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

Altro tipico campo di applicazione degli accelerometri è rappresentato dal-l’impiego nell’ambito delle prove dinamiche (al quale si rimanda per i dettagli)attraverso le quali si caratterizza la struttura in termini di frequenze dei modipropri di vibrare, deformate modali e capacità di smorzamento; dalla ripetizionedi queste prove dopo un certo intervallo di tempo si può inoltre ricavare unaeventuale variazione dei periodi propri della struttura che possono evidenziare

importanti segnali di degrado.Gli accelerometri (che hanno altre numerose possibilità applicative, anche incampo geotecnico) sono pertanto assai utilizzati nel monitoraggio degli edifici esi-stenti e presentano favorevoli caratteristiche in termini di costo, velocità di instal-lazione e invasività.

StrumentazioneGli accelerometri oggi più utilizzati sono quelli di tipo piezoelettrico che sfrut-

tano le proprietà fisiche dei materiali come il quarzo, in grado di generare differenzedi potenziale se sottoposti ad azioni meccaniche. Questa tipologia di sensori sonomolto versatili, hanno range di frequenze molto estesi e campi di misura adeguatia coprire applicazioni di vario tipo. Altra tipologia è quella dei servo-accelerometri,detti anche «force balance» aventi sensoristica interna di tipo capacitivo. Carat-teristica peculiare di quest’ultimi è quella di lavorare a partire da frequenze moltobasse (da 0 a 500 Hz in genere) e di essere sensibili a bassissimi valori di acce-lerazione.

Nei monitoraggi delle vibrazioni indotte vengono utilizzati servo accelerometricontrollando che i valori vibrazionali indotti, in termini di accelerazioni e frequenze,non superino i valori di soglia.

I sensori utilizzati sono accelerometri monoassiali, con elettronica interna dicondizionamento, in grado di fornire in uscita un segnale elettrico a bassa impe-denza. Sono caratterizzati da valori di sensibilità molto elevati e sono particolar-mente adatti a misurare basse frequenze e piccolissimi valori di accelerazione.Tali caratteristiche li rendono particolarmente adatti per il monitoraggio e le analisistrutturali, le prove di collaudo e la caratterizzazione dinamica delle strutture.

Segue tabella riassuntiva delle principali caratteristiche tecniche.

SERVO ACCELEROMETRO MONOASSIALE

SPECIFICHE TECNICHE

Sensibilità 2500 mV/g

Range di misura ± 2g pk

Range di frequenza DC - 40 Hz

Ampiezza rumore 50 µg/Hz

Temperatura di esercizio _ 20° + 75° C

Grado di protezione ambientale IP68

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Procedura di utilizzo e risultatiLa tipologia di accelerometro da utilizzare deve essere scelta in funzione del

tipo di applicazione. Un aspetto molto importante è la metodologia di fissaggioalle strutture che, scelta caso per caso, deve assicurare un perfetto contatto e l’as-senza di risonanza proprie dell’eventuale sistema di supporto. Altro aspetto moltoimportante è quello relativo alla trasmissione del segnale, che a seconda del campo

di frequenze interessate, deve essere limitato entro lunghezze tali da non arrecaredisturbo al segnale.I dati accelerometrici, ossia le Time History delle accelerazioni, andranno ela-

borate con appositi software al fine di effettuare lo studio delle frequenze o deiparametri vibratori correlati (velocità e spostamenti).

Riferimenti normativi— UNI ISO 5348: Vibrazioni meccaniche e urti: Montaggio meccanico degli

accelerometri.

6.3.1.7 Martinetto piatto singolo

Scopo, potenzialità e limitazioniLa tecnica è generalmente utilizzata per il riconoscimento dello stato tensionale

delle strutture. Si tratta di effettuare un taglio nell’ambito dell’elemento strutturale,registrare la relativa deformazione e quindi applicare una pressione, gradualmentecrescente, tramite il martinetto inserito nel taglio praticato in precedenza; la pres-sione (misurata) che annulla la deformazione coincide con la tensione agente nel-l’elemento strutturale in direzione ortogonale al piano medio del martinetto(20).La prova risulta relativamente semplice ma presenta alcune significative limitazioni:non restituisce il risultato nel caso di sollecitazioni di trazione (la deformazionedi allungamento che si registra effettuando il taglio permette di qualificare sem-plicemente il tipo di sollecitazione agente, appunto di trazione, ma non è possibileovviamente annullarla e quindi arrivare ad una sua determinazione quantitativa);fornisce un risultato approssimato nel caso in cui lo stato tensionale, ancorchédi compressione, abbia una componente flessionale (in questo caso si riesce tramiteil martinetto ad annullare la deformazione prodotta dal taglio ma lo si fa conuna distribuzione di sforzi diversa da quella effettivamente presente). La prova èmoderatamente invasiva dovendo inserire il martinetto e quindi praticare un tagliodi qualche decina di centimetri, sia di profondità che di larghezza, nell’elementostrutturale(21) e, pertanto, si applica preferibilmente a strutture (massicce) in mura-tura o in calcestruzzo non armato (tali elementi, peraltro, sono raramente in tra-zione e quindi non si sconta la limitazione anzidetta della prova). La tecnica in

questione (che con opportuni adattamenti può fornire non solo il dato della tensioneesistente all’atto della prova ma anche la sua successiva evoluzione nel tempo)risulta spesso assai utilizzata nel monitoraggio sebbene risulti, come accennato,di una certa invasività nonché con tempi e costi non trascurabili.

(20) In effetti occorre applicare alcuni coefficienti correttivi sia per tener conto che la superficiedel martinetto non coincide esattamente con quella del taglio (sarà minore o uguale) sia perchéuna certa aliquota della pressione è richiesta per azionare il martinetto stesso.

(21) Si può estrarre il martinetto dopo la prova e quindi risarcire il taglio praticato; in alternativasi può cementare il martinetto sia internamente che esternamente (tra il taglio e il corpo del mar-tinetto stesso).

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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StrumentazioneÈ una cella di carico in acciaio speciale di forma semicircolare e di spessore

molto modesto saldata sul contorno. Essi hanno forme e dimensioni varie, peradattarsi ad ogni tipologia di muratura ed a ogni sezione strutturale. (vedasi imma-gini riportate nel paragrafo «martinetto piatto doppio»)

Procedura di utilizzo e risultati

Lo stato tensionale della muratura viene alterato mediante un taglio pianonormale alla superficie della parete muraria in esame con conseguente rilasciodelle tensioni esistenti e parziale chiusura del taglio.

Le tensioni vengono successivamente ripristinate da un martinetto semicircolareinserito nell’incisione aumentando le pressioni fino al raggiungimento delle con-dizioni antecedenti al taglio.

Le letture sulle coppie di riferimento vengono eseguite con deformometro mil-lesimale di tipo amovibile.

Riferimenti normativi— ASTM C1196-09: Standard Test Method for In Situ Compressive Stress Within

Solid Unit Masonry Estimated Using Flatjack Measurements.;— ASTM C1197-09: Standard Test Method for In Situ Measurement of Masonry Deformability Properties Using the Flatjack Method.

— ASTM D4729-08: Standard Test Method for In Situ Stress and Modulus of Deformation Using the Flatjack Method.

— RILEM TC 76 LUM : RILEM Paper - General recommendations for methods of testing load-bearing masonry.

6.3.2 TECNICHE DI MONITORAGGIO COMPLESSE

Fra le tecniche di monitoraggio complesse rientrano quelle indagini che già

di per se costituiscono un sistema di controllo indipendente ma che, ripetute intempi diversi e mantenendo alcuni parametri di confrontabilità, consentono di valutare se essi siano variati nel tempo.

La loro distinzione avviene a seconda della modalità di sollecitazione applicatache consentono di distinguerle in:

— Prove di carico statiche— Prove dinamiche

6.3.2.1 Prove di carico statiche

Scopo, potenzialità e limitazioniLe prove di carico hanno lo scopo di verificare il comportamento e le prestazioniin opera delle strutture esaminate.

La tecnica consiste nell’applicare gradualmente il carico sino a raggiungere i valori massimi di sollecitazione calcolati in fase di progetto.

L’esito della prova andrà valutato secondo i seguenti criteri:— le deformazioni dovranno crescere proporzionalmente ai carichi applicati;— la deformazione residua non deve superare una quota parte di quella

totale;— la deformazione elastica rilevata deve risultare inferiore di quella calcolata

teoricamente;— in conseguenza della prova non si devono manifestare danni e/o dissesti

di alcun tipo.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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La loro classificazione avviene principalmente in funzione del modo in cui vengono applicate le sollecitazioni necessarie alla simulazione del carico cui le varie strutture debbono essere assoggettate a seconda delle normative, delle desti-nazioni d’uso, delle condizioni d’esercizio.

Si distinguono pertanto in prove di carico con carichi distribuiti e prove di caricocon carichi concentrati; i carichi distribuiti possono essere simulati utilizzando serbatoi

ad acqua o zavorre di altro genere, mentre per i carichi concentrati, comunemente,gli attuatori utilizzati sono costituiti da serbatoi pensili o cilindri oleodinamici.

StrumentazioneL’unità di condizionamento del segnale è costituita da un apparato modulare

formato da una centralina di conversione A/D e da un modulo di interfaccia peril collegamento con i sensori.

L’unità primaria è dotata di convertitore analogico/digitale, con frequenza di cam-pionamento programmabile via software, e connessione PC tramite porta Ethernet.

Il modulo d’interfaccia è rappresentato da un’unità ad 8 canali, ognuno deiquali dotato di « switch», che forniscono contemporaneamente lettura del segnalee corrente di eccitazione del sensore. Di seguito le caratteristiche tecniche.

Per la misurazione degli spostamenti sono utilizzati sensori elettronici ditipo potenziometrico, montati su aste telescopiche. Di seguito le caratteristichetecniche.

ACQUISITORE

SPECIFICHE TECNICHE

Convertitore A/D 16 bit

Frequenza di campionamento fino a 50 kS/s

Sistema di scansione simultaneo

CALIBRAZIONE

Data di esecuzione 23 luglio 2010

Certificato IS 2010002 APMC06

TRASDUTTORE LINEARE DI SPOSTAMENTO

SPECIFICHE TECNICHE

Campo di misura 50 mm

Risoluzione 0,001 mm

Linearità fino a ± 0,10 %

Velocità max di funzionamento 10 m/s

Principio di funzionamento trasduttore resistivo

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

Rilevazione delle misure nel corso di prova di carico

Acquisitore Postazione di acquisizione dati

Cilindri oleodinamiciIl loro utilizzo è subordinato alla disponibilità di una struttura di contrasto,

di peso compatibile con quello del sovraccarico che dovrà essere simulato; è un

tipo di test che comporta un minimo d’interpretazione (trasformazione dei carichidistribuiti in concentrati) e molti vantaggi (possibilità di eseguire vari cicli di carico,tempi ridotti, autonomia nell’applicazione dei carichi, possibilità di eliminarli istan-taneamente, risparmio d’acqua e di mano d’opera, etc.). A seconda del sistema diapplicazione del carico si possono distinguere: prove di carico «a contrasto», uti-lizzando ad esempio la struttura sovrastante come massa resistente, oppure provedi carico «a trazione» ancorandosi con funi o catene a masse quali, ad esempio,le strutture inferiori o automezzi pesanti.

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Il circuito idraulico è asservito da una pompa oleodinamica a doppio effetto.La pressione di mandata della pompa è misurata da un manometro digitale, lecui caratteristiche sono qui di seguito riportate.

Il valore della forza esercitata dal martinetto viene misurato per mezzo diuna cella di carico. Essa è costituita da un elemento di acciaio su cui sonoinstallati una serie di estensimetri elettrici a resistenza collegati secondo lo schemadel «Ponte di Wheatstone». Dalla della tensione, si rileva la forza applicata.

CILINDRO OLEODINAMICO

SPECIFICHE TECNICHE

Diametro 10 cm

Tipologia martinetto A doppio effetto

Sezione utile(compressione - trazione) 33,18 – 17,28 cm2

Corsa 60 cm

Pressione massima 700 bar

MANOMETRO DIGITALE

SPECIFICHE TECNICHE

Campo di misura 0 - 700 bar

Risoluzione 0,05 bar

Classe di precisione 1

VERIFICA TARATURA

Data di esecuzione 24 aprile 2010

Certificato INTEC 33549

CELLA DI CARICO

SPECIFICHE TECNICHE

Campo di misura 0 - 22680 kgf

Sensibilità nominale 2mV/V f.s.

Linearità 0,2 % f.s.

VERIFICA TARATURA

Data di esecuzione 24 aprile 2010

Certificato INTEC 33547

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

Serbatoi pianiÈ importante che sia disponibile l’acqua necessaria, con portata adeguata, affin-

chè il riempimento di ogni serbatoio, che contiene circa 12 mc, non sia superiorea ½ ora (la disponibilità di un impianto antincendio o di un’autocisterna garantiscequesta esigenza); diversamente occorrerà utilizzare serbatoi d’accumulo dell’acquache verrà trasferita in quelli di prova con adeguata pompa che garantisca i tempi

richiesti.

Serbatoi pensiliÈ necessaria la disponibilità dell’acqua con modalità simili a quanto esposto

nel caso dei serbatoi piani; in questo caso i carichi sono appesi alle strutture diprova in punti predefiniti.

ZavorreTutte quelle volte che è necessaria l’applicazione di carichi distribuiti e non

è disponibile il sistema ad acqua si ricorre ad altri tipi di zavorra più facilmentereperibili e movimentabili (sacchi di sabbia, pallets, blocchi in cls, etc).

Procedura di utilizzo e risultatiIl sistema oleodinamico, per la simulazione del carico tramite l’applicazione

dei carichi concentrati, prevede l’utilizzo dell’attrezzatura qui di seguito descritta.— Unità di acquisizione e rilevazione dati.— Cilindri oleodinamici per l’applicazione del carico.— Sensori elettronici per la rilevazione delle frecce.

SERBATOIO PIANO FLESSIBILE

SPECIFICHE TECNICHE

Dimensioni 3,5 x 5,0 m

Altezza max raggiungibile 1000 mm

TessutoPoliestere extraforte con

plastomeri

Temperatura di esercizio Max 50 °C

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Il carico viene applicato gradualmente, ed in maniera continua, tramite incre-menti uguali fino al raggiungimento del carico massimo con il controllo di: fuorilinearità - freccia massima – freccia residua - isteresi.

Il valore della forza applicata è tale da generare, su ogni struttura da verificare,il momento massimo generato dal sovraccarico uniformemente distribuito richiesto.

La misura della forza applicata è rilevata da una cella di carico collegata ad

unità digitale.Le misure delle frecce verranno eseguite tramite sensori elettronici posizionatial piano inferiore rispetto a quello di carico, all’intradosso della struttura in esame.

Ogni sensore è collegato ad un’unità d’acquisizione dati interfacciata a personalcomputer.

Per ogni prova vengono eseguiti diversi cicli di carico con step del 20% delcarico massimo.

Il tempo di permanenza al carico sarà quello necessario alla stabilizzazionedelle frecce.

Trasformazione del carico distribuito in concentratoPer tener conto della collaborazione trasversale e trasformare il sovraccarico

distribuito in concentrato, si utilizza la formula:

Feq= q x L x Cc x Cv (solaio)

Feq= q x L x i x Cv (trave)

doveFeq è il sovraccarico concentrato applicatoq è il sovraccarico distribuitoL è la luce della strutturaCc è la lunghezza della sezione collaborante (solai)i è l’interasse delle travi (trave)Cv è un coefficiente che tiene conto della trasformazione del carico

distribuito in concentrato.Cc e Cv verranno determinati sperimentalmente, per ogni prova, dopo aver

applicato sulla struttura un carico ridotto (circa il 20% del carico di progetto).

Applicazione del caricoIl carico viene applicato oleodinamicamente interessando, tramite idonee basi

di ripartizione, una striscia trasversale di 1.00 m.Esso è realizzato, con una o più forze concentrate, per mezzo di cilindri idrau-

lici, disposti opportunamente lungo la luce della struttura.

Rilevazione delle misureLa disposizione dei punti di misura per la rilevazione degli abbassamenti è

normalmente:

Solai1) Appoggio sensore n° 1;2) 1/4 luce sensore n° 2;3) Mezzeria sensore n° 3;4) 1.00 m da sensore n°3 in collaborazione trasversale sensore n° 4;5) 2.00 m da sensore n°3 in collaborazione trasversale sensore n° 5;

6) Appoggio sensore n° 6.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

Trave1) Appoggio sensore n° 1;2) 1/4 luce sensore n° 2;3) Mezzeria sensore n° 3;4) 1/4 luce sensore n° 4;5) Appoggio sensore n° 5.

ESEMPIO 1 - Prova di carico su solaio

Solaio di luce L = 6.40 mSi assumono: Cc = 3.4Cv = 0.40 che verranno ricalcolati al 1° ciclo di carico.Sovraccarico da applicare q = 840 daN/m2

(240 daN/m2 permanente mancante + 500 daN/m2 sovraccarico accidentale + 100daN/m2 incremento del 20% del sovr. acc.)Per sollecitare il solaio a tale sovraccarico bisognerà applicare in mezzeria unaforza equivalente pari a:

Feq = 840 x 6.40 x 3.4 x 0.40 = 7311 daN

Il carico verrà applicato secondo 3 steps che indicativamente potranno essere:1) 0-1500-3000-0 daN2) 0-1500-3000-4500-6000-7500-6000-4500-3000-1500-0 daN3) 0-7500-0 daNAl ciclo 1 verranno verificati Cc e Cv.Al ciclo 2 si raggiungerà il carico massimo.Al ciclo 3 si eseguirà la ripetibilità del carico massimo.

ESEMPIO 2 - Prova di carico su trave

Trave di luce L = 6.30 mSi assumono: i = 5.60Cv= 0.50 che verranno ricalcolati al 1° ciclo di carico.Sovraccarico da applicare q = 840 daN/m2

(240 daN/m2 permanente mancante + 500 daN/m2 sovraccarico accidentale + 100daN/m2 incremento del 20% del sovr. acc.)Per sollecitare il solaio a tale sovraccarico bisognerà applicare in mezzeria una

forza equivalente pari a:

Feq = 840 x 6.30 x 5.60 x 0.50 = 14817 daN

Il carico verrà applicato secondo 3 steps che indicativamente potranno essere:1) 0-1500-3000-4500-0 daN2) 0-3000-6000-9000-12000-15000-12000-9000-6000-3000-0 daN3) 0-15000-0 daNAl ciclo 1 verranno verificati Cc e Cv.Al ciclo 2 si raggiungerà il carico massimo.Al ciclo 3 si eseguirà la ripetibilità del carico massimo.

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PROVA DI CARICO CON SERBATOI PIANI

Applicazione del carico

PROVA DI CARICO CON SERBATOI PENSILI

Sollecitazioni generate tramite apposi-zione di tre serbatoi piani disposti sul

solaio per una superficie di circa 50 m2

.I serbatoi sono riempiti gradatamentesecondo fasi di carico da 125 daN/m2

corrispondenti ad un volume d’acqua di7,5 m3, fino a raggiungere un sovrac-carico uniformemente distribuito com-plessivo pari a 375 daN/m2 (volumecomplessivo pari a 22,5 m3).

Sollecitazioni generate

tramite apposizione diquattro serbatoi pianidisposti su superficie dicirca 60 m2.I serbatoi sono riempitigradatamente fino araggiungere un sovrac-carico uniformementedistribuito complessivopari a 950 daN/m2

(volume complessivo

pari a 57,0 m3).

Applicazione del carico tramite n°5

serbatoi pensili

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

ESEMPIO DI PROVA DI CARICO CON CILINDRI OLEODINAMICI «A CONTRASTO»

prova di carico su solaio e sbalzo in laterocemento del piano primo, ubicatiin corrispondenza dei pilastri «7-8-15-16», di luce rispettivamente pari a L= 2,80m e L= 2,00 m

Sono stati eseguiti n° 3 cicli di carico.

Ubicazione del carico

Particolare dei carichi sui nodi

Particolare del collegamento del serbatoio struttura pensile al nodo

Le sollecitazioni sono state generate

tramite l’apposizione di due cilindriidraulici disposti, per mezzo di unabase di ripartizione, rispettivamentealla mezzeria del solaio e all’estremitàdello sbalzo.

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Ubicazione dei sensori

ESEMPIO DI PROVA DI CARICO «A TRAZIONE»

Solaio in laterocemento del piano posto a quota +21,0 di luce pari a L = 6,00 m.

Applicazione del carico

Ubicazione dei sensori

Sensore n°1 Appoggio trave

Sensore n°2 Mezzeria trave

Sensore n°3 Mezzeria solaioSensore n°4 Appoggio trave

Sensore n°5 Mezzeria trave

Sensore n°6 Estremità sbalzo

Sensore n°7 In continuità a 1,0 m dalsensore n. 6

Sensore n°8 In continuità a 2,0 m dalsensore n. 6

Le sollecitazioni vengono generate tra-mite l’apposizione di due cilindriidraulici inclinati di circa 37° rispettoalla verticale, per mezzo di una basedi ripartizione, posizionata nella mez-zeria del solaio.

Sensore n°1 Appoggio

Sensore n°2 Appoggio

Sensore n°3 Mezzeria

Sensore n°4 ¼ luce

Sensore n°5 In collaborazione a 1,0 mdal sensore n.3

Sensore n°6In collaborazione a 2,0 mdal sensore n.3

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Cicli di carico applicati

Sintesi dei risultati

CICLO 1

Carico applicato F = 3950 daN Carico distribuito equivalente Q = 490 daN/m2

Freccia massima fm = 1,94 mm Freccia residua fr = 0,36 mm Permanenza R = 19 %

CICLO 2

Carico applicato F = 4740 daN Carico distribuito equivalente Q = 588 daN/m2

Freccia massima fm = 2,17 mm Freccia residua fr = 0,14 mm Permanenza R = 6 %

CICLO 3

Carico applicato F = 4740 daN Carico distribuito equivalente Q = 588 daN/m2

Freccia massima fm = 2,13 mm Freccia residua fr = 0,02 mm Permanenza R = 1 %

Step di carico e scarico[daN]

Carico max applicato[daN]

CICLO 1 790 3950

CICLO 2 790 4740

CICLO 3 790 4740

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

6.3.2.2 Prove dinamiche

Scopo, potenzialità e limitazioniLa finalità della prova è quella di definire il comportamento dinamico della

struttura espresso in termini di frequenze proprie e deformate modali. La provaconsiste nell’eccitare la struttura tramite una forzante impulsiva e di registrare la

risposta del sistema per mezzo di traduttori di accelerazione. Il moto della strutturaè quello di un sistema libero smorzato.Inoltre, la prova dinamica è anche utile per determinare le velocità di pro-

pagazione di un’onda flessionale, che è strettamente connessa allo stato generaledel materiale di cui è costituita.

StrumentazioneLa catena di misura del sistema preposto ad analisi di carattere dinamico è

così costituita:— Sensori: o come è più corretto chiamarli «trasduttori», aventi il compito

di trasformare la grandezza fisica di riferimento (spostamento, velocità,accelerazione) in grandezza elettrica ad essa proporzionale;

— Sistema di trasmissione dati: costituito da cavi coassiali dotati dischermatura;

— Unità di acquisizione: parte centrale del sistema in grado di «catturare»il segnale analogico dei trasduttori, convertirlo in formato digitale erenderlo disponibile per le future elaborazioni;

— Software: per pilotare i sistemi in fase di acquisizione e di utilizzaresvariati algoritmi di calcolo ai fini dell’elaborazione.

I trasduttori di accelerazione di tipo « piezoelettico», con elettronica interna dicondizionamento, sono in grado di fornire in uscita un segnale elettrico a bassaimpedenza. Sono caratterizzati da valori di sensibilità molto elevati e sono par-ticolarmente adatti a misurare basse frequenze e piccoli valori di accelerazione.

Tali caratteristiche li rendono particolarmente adatti per misure in campo civile,dove le sollecitazioni in gioco sono estremamente basse e i range di frequenzalimitati.

Segue tabella riassuntiva delle principali caratteristiche tecniche.

I geofoni monoassiali, con elettronica interna di condizionamento, sono ingrado di fornire in uscita un segnale elettrico in tensione. Sono caratterizzati da valori di sensibilità molto elevati e sono particolarmente adatti a misurare basse

ACCELEROMETRO PIEZOELETTRICO

SPECIFICHE TECNICHE

Sensibilità ( ± 5% ) 1000 mV/g

Range di misura ± 5g pk Range di frequenza ( ± 3dB ) 0,2 a 6000 Hz

Risoluzione (1 a 10.000 Hz) 0,00001g rms

Non linearità ≤ 1% Sensibilità

trasversale ≤ 7 %

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frequenze e piccolissimi valori di velocità. Tali caratteristiche li rendono partico-larmente adatti per il monitoraggio e le analisi vibrazionali delle strutture civiliin generale. Segue tabella riassuntiva delle principali caratteristiche tecniche.

L’unità di condizionamento del segnale è costituita da un apparato modulareformato da una centralina di conversione A/D e da un modulo di interfaccia peril collegamento con i sensori di tipo piezoelettrico. L’unità primaria è dotata diconvertitore analogico/digitale ottimizzato per le misurazioni in campo dinamico,in grado di ospitare diversi moduli per l’acquisizione di molteplici canali. Seguetabella riassuntiva delle principali caratteristiche tecniche.

Il software per l’acquisizione ed elaborazione dati consente di costruire inmaniera rapida ed intuitiva fogli di calcolo che permettono di eseguire analisi in

tempo reale e di elaborare dati memorizzati in tempi differiti dall’acquisizione.La post elaborazione permette analisi di tipo matematico, statistico, e svolge

le più diffuse operazioni nel dominio delle frequenze (FFT, FRF, funzioni di Cor-relazione, analisi in banda di ottava, ecc.).

Inoltre, è in grado di gestire diversi parametri dell’unità di acquisizione, comela frequenza di campionamento e il filtraggio sui dati in ingresso.

GEOFONO MONOASSIALE

SPECIFICHE TECNICHE

Sensibilità 29,6 V/m/s

Frequenza naturale 4,32 Hz

Massa sismica ± 5 % 23,6 g

Resistenza avvolgimento a25°C

380 Ω

Massa complessiva 111 g

ACQUISITORE CONDIZIONATORE DI SEGNALE

SPECIFICHE TECNICHE

Risoluzione 16 bit

Frequenza di campionamento 1 MHz

Numero di canali16 (espandibili

sino a 72)

Rapporto segnale/rumore + 74 dB typ

Filtri Passa Basso8 poli Butterworth

programmabili

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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A titolo d’esempio applicativo si riportano due recenti esperienze.

Esempio 1: Classificazione di n.13 solai di un edificio per il confrontodelle caratteristiche dinamiche con quelle di 2 solai sottopostianche a prova di carico statica

Disposizione dei sensoriLe prove sono state effettuate disponendo i sensori sull’estradosso del solaio,in corrispondenza della direzione di orditura ed in punti opportunamente sceltiallo scopo di determinare con accuratezza la deformata dinamica. Nel caso specificosono stati posizionati in mezzeria e nei quarti luce dell’elemento (un solo sensoreinvece per i solai di luce ridotta), in modo da registrare la vibrazione nei puntidi massima ampiezza (detti « ventri»), avendo preso in considerazione i primi modiflessionali.

I sensori sono stati fissati alla struttura per mezzo di un sottile strato di cerad’api.

Sorgente di eccitazioneLa forzante utilizzata per l’eccitazione del solaio è un martello strumentato.

Questo tipo di eccitatore permette di applicare un carico impulsivo e di conoscerel’entità della forzante, in quanto dotato di un traduttore di forza di tipo piezoe-lettrico.

Come noto, l’impulso «teorico» è caratterizzato da un contenuto in frequenza variabile da zero ad infinito; nella realtà il contenuto in frequenza dell’eccitazioneè limitato ed è selezionabile in base al particolare tipo di punta utilizzata (puntedi volta in volta più rigide corrispondono a frequenze di taglio crescenti). La rispostadel sistema è quella delle oscillazioni libere smorzate. La conoscenza della forzantepermette di «normalizzare» la risposta del sistema e di conoscere in tale modola Funzione di Trasferimento.

I solai sono stati sollecitati con diversi impulsi consecutivi di ampiezza variabile,in modo da poter studiare una vasta gamma di risposte vibrazionali.

Criteri e modalità di acquisizione datiSi è adottato un intervallo di acquisizione variabile tra 5 e 15 secondi, con una

frequenza di campionamento di 2000 Hz ed una frequenza di taglio di 300 Hz.

Criteri e modalità di elaborazione datiI segnali sono stati acquisiti nel dominio del tempo (Time History).Il valore di tensione proveniente dagli accelerometri è stato convertito in «g»

(1g = 9,81 m/s2), moltiplicando il segnale nel dominio del tempo per un fattore

di conversione pari alla sensibilità dell’accelerometro. Il segnale proveniente dalmartello strumentato è stato convertito in «daN».

I valori ottenuti dall’analisi dinamica dei singoli solai sono riportati in tabellacon i rispettivi grafici delle grandezze acquisite.

È anche riportata una tabella riassuntiva con la sintesi dei risultati ottenuti.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

Prova solaio N.1

Time History (Accelerometri e Martello strumentato)

PICCO FORZA MARTELLO [daN] 356

Ampiezza maxaccelerazione

[g]

1a frequenzafondamentale

[Hz]

2a frequenzafondamentale

[Hz]

Accelerometro 1 1,51 60 93

Accelerometro 2 0,94 60 94

Accelerometro 3 0,30 60 93

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Lo studio dei risultati ottenuti ha permesso di suddividere i solai esaminati intre categorie differenti. Dalla dinamica delle strutture, applicata al caso di strutturesottoposte a vibrazioni flessionali, si perviene alla conoscenza del legame esistentetra lo sviluppo in lunghezza dell’elemento e le frequenze proprie fondamentali. Aparità di condizioni geometriche (dimensioni della sezione resistente) e fisiche (carat-teristiche meccaniche dei materiali come elasticità e densità), le frequenze propriesono inversamente proporzionali al quadrato della lunghezza dell’elemento.

In altri termini, al crescere della luce (e a parità delle altre condizioni esposte)le frequenze proprie tendono verso valori inferiori e quindi la struttura si presentameno «rigida».

Ragionando in maniera inversa si può affermare che, a parità di luce, variazionidelle frequenze proprie sono indice di condizioni geometriche e/o di resistenzadifferenti, sottolineando aumenti di rigidezza in caso di un aumento della frequenzee viceversa.

I valori ottenuti dall’analisi sperimentale hanno permesso di distinguere trefamiglie di solai in funzione dei tre ordini di lunghezze presenti.

Le frequenze proprie più basse sono relative ai solai aventi luce di circa 5metri, dimostrandosi in tale maniera quelli con rigidezza relativamente «inferiore».I solai aventi le frequenze maggiori sono quelli del corridoio aventi una luce di2,2 metri, mentre quelli aventi luce di 4 metri hanno frequenze intermedie.

La variazione delle frequenze proprie ha dimostrato di essere funzione uni-camente della lunghezza dell’elemento e, quindi, ciò fa supporre caratteristichegeometriche e fisiche paragonabili.

Premesso che i solai sottoposti a prova di carico hanno restituito rispostesoddisfacenti ai carichi statici applicati, mai inferiore a 400 daN/m2, per i solaiche non sono stati sottoposti a prova di carico, si può desumere una portanzaconfrontabile con i precedenti, avendo fornito frequenze equivalenti.

Ad esempio, prendendo in considerazione i solai aventi luce di 4 metri (quellipiù frequenti), si evince che hanno frequenze proprie uguali o maggiori a quellitestati con le prove di carico.

SOLAIO N.LUCE

NETTA[m]

PRIMAFREQUENZA

FONDAMENTALE[Hz]

SECONDAFREQUENZA

FONDAMENTALE[Hz]

Solaio N1 4,0 60 93

Solaio N2 5,2 17 48

Solaio N3 4,0 33 89Solaio N4 4,0 49 92

Solaio N5 4,0 31 66

Solaio N6 4,0 29 52

Solaio N7 2,2 64 101

Solaio N8 4,0 54 89

Solaio N9 2,2 60 110

Solaio N10 4,0 33 66

Solaio N11 4,0 80 126

Solaio N12 5,2 19 35Solaio N13 2,2 94 127

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

In particolare poi, i solai contraddistinti con la dicitura «N1» e «N11» hannoevidenziato delle frequenze maggiori della media e quindi rigidezze anche maggiori.In questa zona anche il solaio del corridoio «N13», è caratterizzato da una frequenzasuperiore alla sua «classe», avvalorando l’ipotesi della presenza in tale zona dielementi che aumentano la rigidezza delle strutture.

Esempio 2: Vibrazioni su un fabbricato indotte dal traffico o da altri fattoriesterni

Viene installato un sistema di monitoraggio costituito da n.9 sensori (tre ternesi sensori tra loro ortogonali), posti su elementi strutturali a diversi piani del fab-bricato.

Lo scopo delle misurazioni è quello di determinare se i livelli vibrazionalisiano tali da costituire un rischio per la sicurezza dell’edificio. Questo può esserestabilito confrontando i valori registrati con i limiti consigliati dalle Normative vigenti.

La finalità della prova è quella di quantificare il moto dell’edificio in terminidi parametri vibratori (accelerazioni e velocità) e di valutare se l’entità delle vibra-zioni possa costituire un rischio per l’integrità della struttura. Le vibrazioni oggettodelle prove potrebbero essere causate da sorgenti esterne (traffico stradale, azioneeolica, ecc.) ed essere trasmesse attraverso il terreno circostante o la superficieesterna; ovvero da sorgenti interne (attività antropica, macchinari, ecc.) e propagarsiattraverso la struttura.

Il sistema di acquisizione è stato impostato su frequenze di campionamentodi 1000 Hz ed una frequenza di taglio (tramite filtri passa basso hardware) di200 Hz, in considerazione del campo di vibrazioni che può destare interesse perl’edificio in oggetto.

I valori massimi acquisiti andranno confrontati con i valori di riferimentoriportati dalle norme. Se i valori misurati risultano essere al di sotto dei valoridi soglia, si può affermare che nessun danno sarà arrecato per causa delle vibra-zioni.

Nel caso in cui i valori misurati risultano superiori ai limiti di soglia, nonnecessariamente ne conseguono danni. In questi casi è necessario effettuare ulterioristudi.

Il diagramma delle accelerazioni mostra un evento registrato su tutti canalicon ampiezze superiori a 0,1 g e una durata di circa 0,5 s.

Si riporta la tabella con i valori (assoluti) delle accelerazioni e delle velocitàmassime registrate per ognuno dei cinque canali.

CH1 CH2 CH3 CH4 CH5

Accelerazione [g] 0,1086 0,1143 0,1043 0,1437 0,1089

Velocità [mm/s] 45,5 50,0 47,8 44,5 40,2

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Calcolo velocità di vibrazione

6.3.3 TECNICHE DI RESTITUZIONE DEL MONITORAGGIO

L’attività di monitoraggio, spesso, risulta caratterizzata dall’esigenza di verifi-care la variabilità di un determinato parametro nel corso del tempo; da qui lanecessità di eseguire misure ripetute e , talvolta, di fornire il dato «in temporeale» anche per adottare azioni conseguenti.

Questa esigenza ha portato a sviluppare strumenti che consentano di effettuaremisure in automatico, con l’aggiunta di sistemi di registrazione e trasmissione deidati. La numerosità dei dati così acquisiti, unitamente alla complessità di alcunimonitoraggi (in cui vengono rilevate svariate informazioni del comportamento strut-turale), ha indotto ad una organizzazione dei risultati che ne faciliti la consultazioneconsentendo, anche, un’interpretazione più spedita e più agevole.

A seconda delle modalità di rilevazione dei dati, e del loro modo di acquisirli,i monitoraggi si distinguono in:

— Periodici— In continua— In continua con trasmissione dati su web

6.3.3.1 Monitoraggi periodici

Sono particolarmente indicati ogni qualvolta sia necessario tenere sotto osser- vazione grandezze fisiche la cui evoluzione sia suscettibile di controlli con perio-dicità medio lunghe (settimane, mesi).

A tal riguardo vengono impiegate stazioni che garantiscano una sufficienteprecisione, proporzionata al necessario livello informativo richiesto, e l’acquisizionedei dati avviene ad intervalli di tempo programmati con intervento diretto di per-sonale tecnico che misura e registra l’evoluzione dei parametri nel tempo.

Un monitoraggio di questo tipo è finalizzato a controllare nell’immediato even-tuali evoluzioni dei parametri sotto osservazione, con particolare attenzione, oltreche all’entità dei valori rilevati, alla velocità di propagazione dei fenomeni in atto;la sua durata è da prevedersi in almeno 12-18 mesi consecutivi.

La periodicità delle acquisizioni è modulabile in base alle esigenze specificheed ai valori rilevati; verosimilmente si possono prevedere, nell’arco di un annoconsiderato, n.5-7-13 rilevazioni a seconda che i controlli avvengano con periodicità

quadrimestrale, bimestrale oppure mensile.

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Le stazioni di rilevamento rimarranno installate sino al completo esaurimentodel fenomeno o, comunque, fino a quando si riterrà opportuno; in qualsiasi momen-to sia necessario, sarà possibile effettuare letture di controllo.

Il sistema di controllo potrà prevedere:1. L’installazione di «stazioni di rilevamento di spostamenti» poste su zone

lesionate, su cui posizionare sensori elettronici lineari con precisione di misura

pari a 0,01 mm (un centesimo di millimetro) per la lettura, con apposito acqui-sitore-condizionatore di segnale, di eventuali movimenti delle lesioni

2. L’installazione di «stazioni di rilevamento di rotazioni» poste su elementi verticali, su cui posizionare sensori elettronici inclinometrici con precisione di misu-ra pari a 0,01°(un centesimo di grado centesimale) per la lettura, con appositoacquisitore–condizionatore di segnale, di eventuali rotazioni;

3. L’installazione di «stazioni di rilevamento di cedimenti verticali» per rile- vare, con apposito livello e stadia ad altissima precisione, eventuali spostamenti verticali.

TRASDUTTORE LINEARE DI SPOSTAMENTO

SPECIFICHE TECNICHE

Campo di misura 10 mm

Risoluzione 0,01 mm

Linearità fino a ± 0,10 %

Velocità max di funzionamento 10 m/s

Principio di funzionamento trasduttore resistivo

Grado di protezione IP60

TRASDUTTORE DI ROTAZIONE

SPECIFICHE TECNICHE

Campo di misura ±10° (FS=20°)

Risoluzione 0,05% FS MAX

Linearità ±1,1% FS

Temperatura di esercizio da _ 20 a + 80 °C

Materiale di smorzamento Silicon oil 200 cSt

Grado di protezione IP65

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

4. Le stazioni di rilevamento di cedimenti verticali sono costituite da capisalditopografici che tramite apposita stadia invar con codice a barre vengono perio-dicamente traguardati con livello elettronico ad altissima precisione.

6.3.3.2 Monitoraggi «in continua»

Si utilizza questo sistema d’acquisizione dati ogni qualvolta ci si trovi di frontea manufatti suscettibili di essere controllati ad intervalli di tempo molto brevi(minuti, ore) ed è quindi necessario utilizzare un modo d’acquisire «in continua»e non è necessario il trasferimento immediato dei dati (oppure, anche se utile,

non è fattibile poiché ci si trova in assenza di collegamenti telefonici o di colle-gamenti tramite Web).In questi casi ogni stazione d’acquisizione viene collegata ad una centralina

automatica d’acquisizione e memorizzazione dati con impostato un periodo con- veniente di rilevazione; periodicamente un operatore interviene direttamente nelsito e scarica i dati acquisiti su pc o altro supporto magnetico e successivamentetali dati verranno travasati in un file generale per il successivo trattamento edelaborazione.

I parametri che possono essere acquisiti dalle varie stazioni di rilevamentoriferiscono a tutte le grandezze fisiche che possono influenzare il fenomeno che vuole essere tenuto in osservazione; a titolo d’esempio si citano le stazioni che

più frequentemente vengono utilizzate.1. Stazioni lineari per il controllo del quadro fessurativo2. Stazioni inclinometriche per il controllo delle rotazioni3. Stazioni accelerometriche per il controllo dei modi di vibrare4. Stazioni deformometriche per il controllo delle deformazioni (e quindi

delle tensioni)5. Stazioni anemometriche per il controllo delle velocità e della direzione

del vento6. Stazioni termiche per il controllo delle temperature7. Stazioni di pressione per il controllo delle tensioni

LIVELLO DIGITALE

SPECIFICHE TECNICHE

Precisione (dev.stand. per km dilivellazione)

0,3 mm

Campo di misurazione da 1,8 a 110 m

Risoluzione 0,01 mm Ingrandimento obiettivo 24x

Campo di compensazione +/- 10’

Precisione del compensatore(deviazione standard)

0,3’’

Tipologia stadia INVAR da 2m

Protezione ambientale IP53

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Stazioni di rilevamento – dati acquisiti

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Stazioni di rilevamento – grafici

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

6.3.3.3 Monitoraggi «in continua» con trasmissione dati su web

GeneralitàIl monitoraggio automatico consente di controllare l’andamento dei parametri

strutturali e di seguire l’evoluzione nel tempo delle condizioni della struttura.Si riportano qui di seguito le principali peculiarità di un sistema informatizzato

di acquisizione automatica dei dati che potrà essere personalizzato per il moni-toraggio cui si riferisce.È un sistema di automazione basato su componenti di alta qualità e software

appositamente sviluppati per garantire la massima flessibilità ed affidabilità.Il sistema è composto da una centrale di acquisizione a cui, a seconda delle

esigenze, possono essere collegati più acquisitori interfacciati con sensori idoneia rilevare misure di varie entità fisiche: spostamenti, deformazioni, rotazioni, sol-lecitazioni, vibrazioni, temperature, umidità, direzione e velocità del vento, ecc.

I dati rilevati vengono trasmessi in tempo reale, tramite connessione protetta,ai nostri server i quali, mediante web service da noi sviluppati, raccolgono lerichieste di trasmissione dei vari siti e le memorizzano in database relazionali. Iweb service oltre a ricevere e memorizzare i dati delle acquisizioni, svolgono anche,in maniera completamente automatica e continua, il controllo del superamentodi eventuali limiti massimi e minimi preimpostati per ogni sensore collegato. Alsuperamento di tali soglie possono essere inviati messaggi di posta elettronica e/oSMS di allarme ad uno o più destinatari. Vengono inviati messaggi di avvertimentoanche in caso di mancata trasmissione di dati da parte di una stazione remota.

Grazie a questi «alert» si è in grado di garantire il controllo continuo di struttureaffette da problemi statici di non trascurabile entità.

Le stazioni di monitoraggio sono in grado di acquisire dati anche in mancanzadi collegamento con i server centrali, in caso di prolungata assenza di segnaleradio o di collegamento cablato: i dati saranno ritrasmessi non appena venga ripri-stinato il collegamento.

La trasmissione dati può essere effettuata sia con modem analogico e lineatelefonica tradizionale che con modem gms/gprs/umts/hsdpa, utilizzando la retedi telefonia mobile. Qualora fosse disponibile è preferibile utilizzare la rete lancablata o wireless WiFi o WiMax.

Il punto di forza di questo sistema è senz’altro rappresentato dalla possibilitàche ha il cliente di poter accedere, tramite interfaccia protetta su web, ai datiacquisiti di ogni sito di sua competenza e visualizzare in tempo reale i dati aggior-nati. Sono inoltre disponibili funzioni di selezione dei dati per singolo sensore,intervallo di date, di ore, funzioni di aggregazione nonché la possibilità di esportarei dati sul proprio sistema in formato leggibile dai normali programmi di officeautomation per eventuali elaborazioni in proprio.

Descrizione del MonitoraggioAl fine di tenere sotto osservazione un manufatto, e misurare i movimenti che

si sviluppano nel corso del tempo viene eseguito un monitoraggio che consenta dirilevare l’andamento dei parametri più significativi. Il sistema di controllo prevede:

— «stazioni di rilevamento», costituite da sensori elettronici lineari edinclinometrici con precisione di misura centesimale;

— unità di rilevazione dati cui saranno collegate tutte le stazioni di controllo;le rilevazioni avvengono «in continua» e l’intervallo d’acquisizione saràscelto nel modo più appropriato.

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— sistema d’acquisizione dati ad «ingresso universale» gestito da microprocessoreed alimentato a batteria che accetta in ingresso vari tipi di segnalianalogici e digitali. I dati sono memorizzati su hard disk e inviati intempo reale a ns. server. Il trattamento dati comprende calcoli, funzionistatistiche e taratura sensori.

— modulo telemetrico e di cavi di collegamento per il sistema di telecontrollo

e telemetria completo di modulo GSM dual band, antenna ed interfacciaI/O per la trasmissione telematica a unità remota. Scatola di protezionestagna completa di batterie tampone e circuito di alimentazione/caricabatterie da rete.

Aquisizione e trasmissione datiTutte le stazioni installate sono collegate, via cavo, ad una centrale d’acqui-

sizione dati che memorizza e trasmette, ad intervalli di tempo programmati i,segnali acquisiti.

Essa è costituita da:— unità d’acquisizione dati ad «ingresso universale» gestito da microprocessore

ed alimentato a batteria che accetta in ingresso vari tipi di segnalianalogici e digitali. I dati sono memorizzati su RAM supportata dabatteria tampone e/o su schede magnetiche. Il trattamento dati comprendecalcoli, funzioni statistiche e taratura sensori.

— modulo telemetrico completo di cavi di collegamento per il sistema ditelecontrollo e telemetria completo di modulo per la trasmissionetelematica a unità remota, antenna ed interfaccia I/O. Scatola diprotezione stagna completa di batterie tampone e circuito dialimentazione/carica batterie da rete.

Centralina d’acquisizione Locale della centralina Vista d’insieme

Capitolo 6 - DIAGNOSI DELLE STRUTTURE

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Capitolo 7

LOGICA DEGLI INTERVENTI

7.1 GENERALITÀ

In questo Capitolo tratteremo argomenti che trovano giustificazioni dalla letturadi quanto fin qui esposto. Ad esempio, la logica generale da perseguire negli inter- venti sugli edifici esistenti in muratura, dovrebbe essere volta ad adottare misuretecniche che portino le costruzioni ad assumere un comportamento scatolare. Volen-do adottare i parametri classificatori proposti nel Capitolo 5, gli interventi andreb-bero indirizzati verso una trasformazione di organismi edilizi da classe I e II, aclasse III. Se si tiene presente questo tipo di obiettivo, la lettura delle indicazioniproposte dal DM 14.01.08 e della correlata Circolare esplicativa 617/09, risultaperfettamente congruente. L’ordine concettuale delle problematiche e l’organizza-zione degli interventi, coniugata nelle specificità dei casi, vale anche per altre

tipologie costruttive.Prima di procedere con l’illustrazione dei criteri di intervento previsti per il

consolidamento dei fabbricati, così come identificati nelle NTC e relativa Circolare,e che sono anche i casi più interessanti e significativi per quanto riguarda l’ediliziastorica, dobbiamo aggiungere che non sempre gli interventi sull’edilizia esistentenecessitano di opere di consolidamento. È evidente che, nelle recenti costruzioni,concepite secondo i criteri di calcolo delle normative antecedenti al DM 14.01.08- ancorchè fondate sul Metodo delle Tensioni Ammissibili - non dovrebbero riscon-trarsi carenze fisiologiche tali da necessitare di operazioni di consolidamento quan-do l’esecuzione delle stesse sia stata correttamente effettuata.

7.2 AMPLIAMENTI E SOPRAELEVAZIONI

Distinguiamo gli ampliamenti dalle sopraelevazioni. I primi interessano aumentidi superficie edificata che incrementano la pianta del fabbricato mentre le soprae-levazioni riguardano ampliamenti del numero dei piani (restando sostanzialmenteinalterata l’originaria superficie coperta).

Nell’esecuzione di un ampliamento si può optare per la creazione di un giuntoche garantisca la soluzione di continuità strutturale fra il fabbricato esistente ela nuova costruzione. In tali circostanze la porzione di ampliamento assume icaratteri di una nuova costruzione e per essa valgono in toto le NTC relative. Se

si escludono eventuali interazioni fra le opere fondali, che vanno in ogni casocontrollate, in generale l’ampliamento non influenza le condizioni statiche dellaparte esistente per la quale, dunque non sono necessarie verifiche di calcolo.(1)

Qualora l’ampliamento non dovesse essere dotato di giunto, il calcolo strutturale va condotto verificando anche la parte preesistente, tenendo conto la reciprocainterferenza tra le parti. Per la parte nuova si applicheranno le NTC relative allenuove costruzioni (materiali, resistenze caratteristiche, verifiche agli SLE e SLU,ecc.); per la porzione esistente si applicheranno invece le NTC afferenti alle costru-zioni esistenti (materiali, fattori di confidenza FC, verifiche agli SLU, ecc.).

(1) A meno che la presenza della nuova porzione non alteri in modo sfavorevole altre condizioni dicarico, ad esempio: vento, neve ecc.

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Per quanto concerne le sopraelevazioni, assumendo queste una diretta influenzasulla parte sottostante, si dovrà procedere come per gli ampliamenti senza soluzionedi continuità (cfr. anche § 3.1).

7.3 CRITERI E TIPI DI INTERVENTO PER IL CONSOLIDAMENTO

Nel DM 14.01.08 sono riportate indicazioni di carattere generale da seguire:

Per tutte le tipologie di costruzioni esistenti gli interventi di consolidamento vanno applicati,per quanto possibile, in modo regolare ed uniforme. L’esecuzione di interventi su porzioni limitatedell’edificio va opportunamente valutata e giustificata, considerando la variazione nella distribuzionedelle rigidezze e delle resistenze e la conseguente eventuale interazione con le parti restanti dellastruttura. Particolare attenzione deve essere posta alla fase esecutiva degli interventi, in quantouna cattiva esecuzione può peggiorare il comportamento globale delle costruzioni.

La scelta del tipo, della tecnica, dell’entità e dell’urgenza dell’intervento dipende dai risultatidella precedente fase di valutazione, dovendo mirare prioritariamente a contrastare lo sviluppodi meccanismi locali e/o di meccanismi fragili e, quindi, a migliorare il comportamento globaledella costruzione.

In generale dovranno essere valutati e curati gli aspetti seguenti:• riparazione di eventuali danni presenti• riduzione delle carenze dovute ad errori grossolani;• miglioramento della capacità deformativa («duttilità») di singoli elementi,• riduzione delle condizioni che determinano situazioni di forte irregolarità degli edifici,

in termini di massa, resistenza e/o rigidezza, anche legate alla presenza di elementinon strutturali;

• riduzione delle masse, anche mediante demolizione parziale o variazione di destinazioned’uso,

• riduzione dell’impegno degli elementi strutturali originari mediante l’introduzione disistemi d’isolamento o di dissipazione di energia,

• riduzione dell’eccessiva deformabilità degli orizzontamenti,• miglioramento dei collegamenti degli elementi non strutturali,• incremento della resistenza degli elementi verticali resistenti, tenendo eventualmente

conto di una possibile riduzione della duttilità globale per effetto di rinforzi locali• realizzazione, ampliamento, eliminazione di giunti sismici o interposizione di materiali

atti ad attenuare gli urti,• miglioramento del sistema di fondazione, ove necessario.

Interventi su parti non strutturali ed impianti sono necessari quando, in aggiunta a motividi funzionalità, la loro risposta sismica può mettere a rischio la vita degli occupanti o produrredanni ai beni contenuti nella costruzione. Per il progetto di interventi atti ad assicurare l’integrità

di tali parti valgono le prescrizioni fornite nei §§ 7.2.3 e 7.2.4.(2)

Per le strutture in muratura, inoltre, dovranno essere valutati e curati gli aspetti seguenti:• miglioramento dei collegamenti tra solai e pareti o tra copertura e pareti e fra pareti

confluenti in martelli murari ed angolate,• riduzione ed eliminazione delle spinte non contrastate di coperture, archi e volte;• rafforzamento delle pareti intorno alle aperture.

(2) Questi paragrafi delle NTC riguardano i criteri di progettazione di elementi strutturali secondari,

di elementi non strutturali e di impianti a servizio delle costruzioni.

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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Per le strutture in c.a. ed in acciaio si prenderanno in considerazione, valutandone l’eventualenecessità e l’efficacia, anche le tipologie di intervento di seguito esposte o loro combinazioni:

• rinforzo di tutti o parte degli elementi;• aggiunta di nuovi elementi resistenti, quali pareti in c.a., controventi in acciaio, etc.;• eliminazione di eventuali comportamenti a piano «debole»;• introduzione di un sistema strutturale aggiuntivo in grado di resistere per intero all’azione

sismica di progetto;• eventuale trasformazione di elementi non strutturali in elementi strutturali, come nelcaso di incamiciatura in c.a. di pareti in laterizio.

Infine, per le strutture in acciaio, potranno essere valutati e curati gli aspetti seguenti:• miglioramento della stabilità locale e flesso-torsionale degli elementi e globale della

struttura;• incremento della resistenza dei collegamenti;• miglioramento dei dettagli costruttivi nelle zone dissipative e nei collegamenti trave-

colonna;• introduzione di indebolimenti locali controllati, finalizzati ad un miglioramento del

meccanismo globale di collasso.(3)

7.4 IRRIGIDIMENTO DEI SOLAI

Gli interventi di irrigidimento dei solai o, per dirla con le parole della Circolare617/09, «gli interventi volti a ridurre l’eccessiva deformabilità dei solai», sono ovvia-mente orientati verso obiettivi differenti a seconda del tipo di solaio esistente edel criterio di intervento prescelto.

Ad esempio, nei solai lignei (Figura 5.13a), cioè composti da una ordituradi travi e da un tavolato chiodato sovrastante, è ammessa la possibilità di «fissareun secondo tavolato su quello esistente, disposto con andamento ortogonale (dettoanche doppio tavolato incrociato - NdA) o inclinato, ponendo particolare attenzioneai collegamenti con i muri laterali». Dire però, che con questo sistema si sia rea-lizzato un solaio infinitamente rigido è tutt’altra cosa. È evidente che in questocaso si aumenta la rigidezza (o diminuisce la deformabilità, dipende dal punto di vista che si assume) in relazione alla condizione preesistente. Resta però da stabilirese, un intervento di questo tipo, possa essere efficace ai fini di una effettiva con-gruenza degli spostamenti come indicato al § 5.7.3.

Analogo discorso vale per soluzioni alternative e/o complementari a quella appe-na indicata, sempre da applicare a solai lignei, e cioè consistenti in «rinforzi conbandelle metalliche, o di altri materiali compositi, fissate al tavolato con andamentoincrociato».

Diverso è il discorso relativo all’applicazione di tirantature metalliche incrociate

disposte sulle diagonali dei vani (cellule). In questo caso l’ancoraggio dei tiranti viene effettuato direttamente sui maschi murari e tende a far funzionare il solaiocon un meccanismo tiranti-puntoni.

(3) NTC § 8.7.4.

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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Figura 7.2 - Irrigidimento di solaio in legno mediante getto integrativo di calcestruzzo, armatura e connettori

Nel «passaggio» tra una sezione resistente, rappresentata solo dal travettoligneo, a una reagente a T, che tiene in considerazione dell’effetto integrativo fralegno e calcestruzzo garantito dal connettore, va sempre considerata l’ efficienza diquest’ultimo, la quale dipende anche dallo spessore del tavolato. Molteplici sonole tecniche e i prodotti, anche commerciali, finalizzati al conseguimento di un’intima

integrazione fra i due materiali: in Figura 7.3 viene presentata la soluzione mediantetraliccetto metallico (Figura 7.3b) da avvitare longitudinalmente al travetto ligneo.

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

Figura 7.3 - Irrigidimento di solaio in legno mediante getto integrativo di calcestruzzo, armatura e traliccetti metallici

a)

b)

Nel caso di solai composti da elementi portanti metallici e tavolato ligneo, i principida adottare sono analoghi a quelli suesposti. L’integrazione con solette in c.a. vieneeffettuata mediante profili metallici saldati direttamente sulle travi portanti.

Altre indicazioni suggerite dalla Circolare 617/09 sono le seguenti:

Nel caso di solai a travi in legno e pianelle di cotto, che presentano limitata resistenza nelpiano, possono essere adottati interventi di irrigidimento all’estradosso con caldane armate incalcestruzzo alleggerito, opportunamente collegate alle murature perimetrali ed alle travi in legno.

Nel caso di solai a putrelle e voltine o tavelloni è opportuno provvedere all’irrigidimentomediante solettina armata resa solidale ai profilati e collegata alle murature perimetrali (vediFigura 7.4 - NdA).

Nel caso di solai a struttura metallica, con interposti elementi in laterizio, è necessario collegaretra loro i profili saldando bandelle metalliche trasversali, poste all’intradosso o all’estradosso (vediFigura 7.5. Inoltre, in presenza di luci significative, gli elementi di bordo devono essere collegati inmezzeria alla muratura (lo stesso problema si pone anche per i solai lignei a semplice orditura). (4)

(4) Circ. 617/09, § C8A.5.3.

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Figura 7.4 - Consolidamento di solaio con voltine su elementi metallici (da Criteri di Calcolo per la Progettazione degli Interventi - Pubblicato dalle RegioniUmbria e Marche nel 1998)

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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Figura 7.5 - Consolidamento di solai metallici con interposti elementi in laterizio(da Criteri di Calcolo per la Progettazione degli Interventi - Pubblicato dalle Regioni Umbria e Marche nel 1998)

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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7.5 ELIMINAZIONE DELLE SPINTE

Uno degli effetti più dannosi per le strutture murarie portanti è quello relativoalla spinta esercitata da coperture inclinate, da archi e da volte (vedi Figura 7.6).È evidente che queste determinano e/o contribuisco all’innesco di meccanismi dicollasso del II modo.

Figura 7.6 - Eliminazione degli effetti della spinta con l’inserimento di una catena: a) nell’arco; b) nella capriata

Anche in questo caso la Circolare 617/09 offre soluzioni di tipo classico:

Gli interventi sulle strutture ad arco o a volta possono essere realizzati con il ricorso alla

tradizionale tecnica delle catene, che compensino le spinte indotte sulle murature di appoggioe ne impediscano l’allontanamento reciproco. Le catene andranno poste di norma alle reni diarchi e volte (sic! Sarebbe preferibile, invece porle all’imposta - NdA). Qualora non sia possibilequesta disposizione, si potranno collocare le catene a livelli diversi purché ne sia dimostratal’efficacia nel contenimento della spinta (vedi Figura 7.7 - NdA). Tali elementi devono esseredotati di adeguata rigidezza (sono da preferirsi barre di grosso diametro e lunghezza, per quantopossibile, limitata); le catene devono essere poste in opera con un’adeguata presollecitazione,in modo da assorbire parte dell’azione spingente valutata tramite il calcolo (valori eccessivi deltiro potrebbero indurre danneggiamenti localizzati). In caso di presenza di lesioni e/o deformazioni,la riparazione deve ricostituire i contatti tra le parti separate, onde garantire che il trasferimentodelle sollecitazioni interessi una adeguata superficie e consentire una idonea configurazione resi-

stente.

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

Per assorbire le spinte di volte ed archi non deve essere esclusa a priori la possibilità di realizzarecontrafforti o ringrossi murari. Questi presentano un certo impatto visivo sulla costruzione ma risultano,peraltro, reversibili e coerenti con i criteri di conservazione. La loro efficacia è subordinata alla creazionedi un buon ammorsamento con la parete esistente, da eseguirsi tramite connessioni discrete conelementi lapidei o in laterizio, ed alla possibilità di realizzare una fondazione adeguata.

È possibile il ricorso a tecniche di placcaggio all’estradosso con fasce di materiale composito.

La realizzazione di contro-volte in calcestruzzo o simili, armate o no, è da evitarsi per quantopossibile e, se ne viene dimostrata la necessità, va eseguita con conglomerato alleggerito e dilimitato spessore. Il placcaggio all’intradosso con materiali compositi è efficace se associato allarealizzazione di un sottarco, in grado di evitare le spinte a vuoto, o attraverso ancoraggi puntuali,diffusi lungo l’intradosso.(5)

Figura 7.7 - Esempio di inserimento di una catena in una volta a botte (dal’Allegato3B-1 del «Protocollo di Progettazione per gli Interventi su ImmobiliPrivati per la Ricostruzione Post-Sisma redatti in attuazione della Diret-tiva Tecnica del C.T.S.» Regione Molise 2005)

(5) Circ. 617/09, § C8A.5.2.

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Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

Per quanto concerne le spinte, non è detto che le coperture inclinate presentinosempre la caratteristica di essere spingenti. Una valutazione può essere condottaseguendo lo schema di Figura 7.8.

Figura 7.8 - Schemi di valutazione della spinta delle coperture (dal «Manuale per la compilazione della scheda di 1° livello» di rilevamento danno, prontointervento e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica(AeDES).» Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento di Pro-tezione Civile - 2009)

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Figura 7.10 - Esempi di intervento sui collegamenti di travature di copertura lignee(da Criteri di Calcolo per la Progettazione degli Interventi - Pubblicato dalle Regioni Umbria e Marche nel 1998)

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

Figura 7.12 - Particolari e prospetto di un fabbricato con tiranti e piastre metalliche a vista, singole e doppie (da Criteri di Calcolo per la Progettazione degli Interventi - Pubblicato dalle Regioni Umbria e Marche nel 1998)

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Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

Figura 7.13 - Esempio di inserimento di tiranti in fibre di carbonio (FRP) - (dal’Al-legato 3B-1 del «Protocollo di Progettazione per gli Interventi su Immo-bili Privati per la Ricostruzione Post-Sisma redatti in attuazione della Direttiva Tecnica del C.T.S.» Regione Molise 2005)

7.7.2 CERCHIATURE

Le cerchiature esterne tendono ad assicurare alla costruzione un comporta-mento secondo uno schema del tipo di Figura 5.18, che viene garantito nel casoin cui siano presenti le cordolature in calcestruzzo armato.

Tale intervento può risultare efficace nel caso di edifici di dimensioni ridotte, dove i trattirettilinei della cerchiatura non sono troppo estesi, o quando vengono realizzati ancoraggi in cor-rispondenza dei martelli murari. È necessario evitare l’insorgere di concentrazioni di tensioni incorrispondenza degli spigoli delle murature, ad esempio con opportune piastre di ripartizione o inalternativa, nel caso si usino fasce in materiale composito, procedendo allo smusso degli spigoli.(8)

7.7.3 INTERVENTI DI «SCUCI E CUCI»

Sono interventi a carattere locale volti al ripristino della continuità delle mura-ture. L’operazione, apparentemente facile, nasconde invece insidie, in quanto, uncorretto intervento deve anche funzionare. In Figura 7.14 è rappresentato il casodi una lesione diagonale di fessurazione nella quale viene asportata la porzioneadiacente alla lesione e successivamente ripristinata mediante inserimento di ele-menti nuovi. Nell’illustrazione il formato dei nuovi elementi è diverso da quelliesistenti, tuttavia è raccomandabile che il ripristino avvenga mediante utilizzo dimateriale simile, per dimensioni e caratteristiche meccaniche, a quello esistente.

(8) Circolare 617/09, § C8.A.5.1.

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Figura 7.14 - Intervento di «scuci e cuci» (da Criteri di Calcolo per la Progettazione degli Interventi - Pubblicato dalle Regioni Umbria e Marche nel 1998)

Per una corretta esecuzione, la compenetrazione fra la parte esistente e laparte nuova deve essere realizzata in modo che il contatto ripristini lo stato ten-sionale, allorchè la parete verrà cimentata a contrastare le azioni di carico (nelpiano della parete ed orizzontali). Questo tipo di intervento è richiamato nellaCircolare 617/09 nei seguenti casi:

Un’idonea ammorsatura, tra parti adiacenti o tra murature che si intersecano, si può realizzare,qualora i collegamenti tra elementi murari siano deteriorati (per la presenza di lesioni per dannisismici o di altra natura) o particolarmente scadenti; si precisa infatti che questi interventi dicollegamento locale sono efficaci per il comportamento d’assieme della costruzione in presenzadi murature di buone caratteristiche, mentre per le murature scadenti è preferibile l’inserimentodi tiranti, che garantiscono un miglior collegamento complessivo. L’intervento si realizza o attra-verso elementi puntuali di cucitura (tecnica «scuci e cuci» con elementi lapidei o in laterizio)o collegamenti locali con elementi metallici o in altro materiale. (9)

7.7.4 PERFORAZIONI ARMATE

Le perforazioni armate vengono realizzate mediante foratura del paramentomurario, successivo innesto di barre d’acciaio e sigillatura con resine o boiacche.

In Figura 7.15 sono riportati alcuni casi di utilizzo di questa tecnica al fine diripristinare la continuità fra murature intersecantesi ad angolo (a), incrocio a T(b) o incrocio a X (c).

I fori possono avere diametro variabile da 28 a 40 mm, mentre le barre, adaderenza migliorata, hanno generalmente diametri variabili da 10 a 20 mm. Leoperazioni vanno eseguite da personale specializzato.

Come indica la Circolare 617/09:

(9) Circolare 617/09, § C8.A.5.1, cfr. anche successivo § 7.7.9.

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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7.7.5 CORDOLI IN SOMMITÀ DI PARETI

Cordoli in sommità alla muratura possono costituire una soluzione efficace per collegare lepareti in una zona dove la muratura è meno coesa a causa del limitato livello di compressione,e per migliorare l’interazione con la copertura; va invece evitata l’esecuzione di cordolature ailivelli intermedi, eseguite nello spessore della parete (specie se di muratura in pietrame), dati

gli effetti negativi che le aperture in breccia producono nella distribuzione delle sollecitazioni suiparamenti.Questi possono essere realizzati nei seguenti modi:

• in muratura armata (Figura 7.16 - NdA), consentendo di realizzare il collegamentoattraverso una tecnica volta alla massima conservazione delle caratteristiche murarie esistenti.Essi, infatti, devono essere realizzati con una muratura a tutto spessore e di buone caratteristiche;in genere la soluzione più naturale è l’uso di una muratura in mattoni pieni. All’interno deveessere alloggiata un’armatura metallica o in altro materiale resistente a trazione, resa aderentealla muratura del cordolo tramite conglomerato, ad esempio malta cementizia. La realizzazionedi collegamenti tra cordolo e muratura, eseguita tramite perfori armati disposti con andamentoinclinato, se necessaria risulta efficace solo in presenza di muratura di buona qualità. Negli altricasi è opportuno eseguire un consolidamento della muratura nella parte sommitale della pareteed affidarsi all’aderenza ed al contributo dell’attrito, da incrementare mediante sagomature (ades. indentature diagonali) della superficie di appoggio del cordolo.

• in acciaio, rappresentando una valida alternativa per la loro leggerezza e la limitatainvasività. Essi possono essere eseguiti attraverso una leggera struttura reticolare, in elementiangolari e piatti metallici, o tramite piatti o profili sui due paramenti, collegati tra loro tramitebarre passanti; in entrambi i casi è possibile realizzare un accettabile collegamento alla muraturasenza la necessità di ricorrere a perfori armati. In presenza di muratura di scarsa qualità, l’interventodeve essere accompagnato da un’opera di bonifica della fascia di muratura interessata. I cordolimetallici si prestano particolarmente bene al collegamento degli elementi lignei della coperturae contribuiscono all’eliminazione delle eventuali spinte.

• in calcestruzzo armato, solo se di altezza limitata, per evitare eccessivi appesantimentied irrigidimenti, che si sono dimostrati dannosi in quanto producono elevate sollecitazioni tan-genziali tra cordolo e muratura, con conseguenti scorrimenti e disgregazione di quest’ultima. Inparticolare, tali effetti si sono manifestati nei casi in cui anche la struttura di copertura era statairrigidita ed appesantita. Nel caso di cordolo in c.a. è in genere opportuno un consolidamentodella muratura in prossimità dello 419stesso, in quanto comunque è diversa la rigidezza deidue elementi. Il collegamento tra cordolo e muratura può essere migliorato tramite perfori armati,alle condizioni già illustrate in precedenza.

L’efficace connessione dei solai di piano e delle coperture alle murature è necessaria perevitare lo sfilamento delle travi, con conseguente crollo del solaio, e può permettere ai solai disvolgere un’azione di distribuzione delle forze orizzontali e di contenimento delle pareti. I col-legamenti possono essere effettuati in posizioni puntuali, eseguiti ad esempio in carotaggi all’in-

terno delle pareti, e allo stesso tempo non devono produrre un disturbo eccessivo ed il dan-neggiamento della muratura. Nel caso di solai intermedi, le teste di travi lignee possono essereancorate alla muratura tramite elementi, metallici o in altro materiale resistente a trazione, ancoratisul paramento opposto.

Devono essere evitati cordoli inseriti nello spessore della muratura ai livelli intermedi, mentrepossono risultare utili cordoli in acciaio, realizzati con piatti o profili sui due paramenti, collegatitra loro tramite barre passanti. Essi forniscono una certa rigidezza flessionale fuori dal pianodella parete e ostacolano lo sviluppo di meccanismi di rottura delle fasce sopra porta e sottofinestra (meccanismo tirante-puntone).(11)

(11) Circolare 617/09, § C8.A.5.1.

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

Figura 7.16 - Esempio di inserimento di cordoli in muratura armata (dal’Allegato3B-1 del «Protocollo di Progettazione per gli Interventi su ImmobiliPrivati per la Ricostruzione Post-Sisma redatti in attuazione della Direttiva Tecnica del C.T.S.» Regione Molise 2005)

7.8 RIPRISTINO DELLA «REGOLARITÀ GEOMETRICA»

La regolarità geometrica di un sistema strutturale è un elemento fondamentaleper la risposta dello stesso alle azioni sismiche (cfr. anche Appendice B). In par-ticolare, se una costruzione può essere considerata regolare essa beneficia di unariduzione delle azioni sismiche in termini di calcolo. Questa riduzione avvieneattraverso il parametro che le NTC definiscono come fattore di struttura q. A titolodi esempio, se consideriamo gli edifici regolari in altezza detta riduzione è del20%.(12) A questa debbonsi aggiungere ulteriori eventuali riduzioni per la regolaritàin pianta date dal rapporto α

u

/α1

. Negli edifici esistenti in muratura, in cui siconduca una analisi non lineare, il valore di q è dato dalla:

αuq = 2 —— per edifici regolari in altezza (7.1)

α1

e

αuq = 1,5 —— per altri edifici. (7.2)α1

Per cui, in questo caso, la regolarità in altezza favorisce in termini numerici,

una riduzione del 25% delle azioni sismiche.Analogamente, ulteriori benefici derivanti dalla regolarità di pianta, sono con-

seguenti alla diminuzione dell’eccentricità fra baricentro delle masse e baricentrodelle rigidezze e, dunque, diminuzione delle azioni torcenti di piano.

Nel caso di edifici non regolari (in pianta ed in altezza), si può dunque operaremediante inserimento di nuove strutture portanti verticali cercando di far avvicinareil baricentro delle rigidezze a quello delle masse. Ovvero si può operare nel modocontrario, facendo avvicinare il baricentro delle masse a quello delle rigidezze.

(12) Infatti per costruzioni regolari in altezza nella determinazione di q si utilizza K R = 0,8, mentreper costruzioni non regolari in altezza K R = 1. Per ulteriori chiarimenti si veda anche: Marco Boscolo

Bielo, Progettazione strutturale (cit.); Costruzioni antisismiche in muratura (cit.).

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Quest’ultimo obiettivo, ad esempio, è stato raggiunto nel caso dell’interventoillustrato in Figura 7.17, dove un fabbricato esistente di due piani in muratura portantepresentava, al primo livello, un solaio in laterocemento che «copriva» all’incirca metàpianta (Figura 7.17a). In Figura 7.17b sono evidenziate le eccentricità fra baricentrodelle masse e baricentro delle rigidezze nella condizione «ante» intervento, nella Figura7.17c, l’eccentricità nel valore «post». Quantunque l’intervento abbia apportato un

incremento delle masse gravitazionali partecipanti all’azione sismica, l’estensione delsolaio in laterocemento su tutta la pianta del primo livello, senza soluzione dicontinuità, ha comportato i seguenti principali benefici relativi a molteplici aspetti:

• riduzione delle eccentricità;• inserimento di un solaio rigido su tutto il piano;• riduzione dell’altezza libera di inflessione delle murature portanti.

Figura 7.17 - Intervento di regolarizzazione geometrica di un edificio esistente. a)Pianta del primo livello dove si evince che il solaio in laterocemento era esteso su circa metà pianta; b) determinazione dell’eccentricità fra baricentro delle masse e baricentro delle rigidezze nella situazione prima dell’intervento, c) determinazione dell’eccentricità di cui al pre- cedente punto dopo l’intervento (intervento dell’Autore)

a)

b) c)

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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La Circolare 617/09 riporta altri suggerimenti al fine dell’ottenimento di unaregolarità geometrica nel caso di edifici in muratura portante:

L’inserimento di nuove pareti può consentire di limitare i problemi derivanti da irregolaritàplanimetriche o altimetriche ed aumentare la resistenza all’azione sismica; tali effetti devono ovvia-mente essere adeguatamente verificati.

La realizzazione di nuove aperture, se non strettamente necessaria, va possibilmente evitata;nel caso in cui la conseguente riduzione di rigidezza risulti problematica per la risposta globale,sarà disposto un telaio chiuso, di rigidezza e resistenza tali da ripristinare per quanto possibilela condizione preesistente.

Un incremento della rigidezza delle pareti murarie, con conseguente modifica del compor-tamento sismico, si ottiene attraverso la chiusura di nicchie, canne fumarie o altri vuoti, purchévenga realizzato un efficace collegamento dei nuovi elementi di muratura con quelli esistentiattraverso la tecnica dello scuci e cuci. La chiusura di queste soluzioni di continuità nella compaginemuraria rappresenta anche un intervento positivo nei riguardi dei collegamenti.

7.9 INCREMENTO DELLA RESISTENZA NEI MASCHI MURARI

L’obiettivo di incrementare la resistenza dei maschi murari è prevalentementeorientato a far conseguire agli stessi una più efficace resistenza per azioni nelloro piano (verticali, taglianti, flessionali), poichè, come si è visto nei precedentiCapitoli, per azioni fuori del piano, questo tentativo appare illogico o per dirlacon altre parole: «contro natura». Il significato strutturale di un maschio murarioè infatti quello di opporsi ad azioni nel senso della sua maggiore inerzia, non inquelle agenti nell’altra direzione.

Ad ogni modo, sui criteri di intervento per ottenere un incremento della resi-stenza delle murature, riportiamo direttamente le parole della la Circolare 617/09relative al paragrafo C8A.5.6:

Gli interventi di rinforzo delle murature sono mirati al risanamento e riparazione di muraturedeteriorate e danneggiate ed al miglioramento delle proprietà meccaniche della muratura. Seeseguiti da soli non sono sufficienti, in generale, a ripristinare o a migliorare l’integrità strutturalecomplessiva della costruzione. Il tipo di intervento da applicare andrà valutato anche in basealla tipologia e alla qualità della muratura. Gli interventi dovranno utilizzare materiali con carat-teristiche fisico-chimiche e meccaniche analoghe e, comunque, il più possibile compatibili conquelle dei materiali in opera. L’intervento deve mirare a far recuperare alla parete una resistenzasostanzialmente uniforme e una continuità nella rigidezza, anche realizzando gli opportuni ammor-samenti, qualora mancanti. L’inserimento di materiali diversi dalla muratura, ed in particolare dielementi in conglomerato cementizio, va operato con cautela e solo ove il rapporto tra efficacia

ottenuta e impatto provocato sia minore di altri interventi, come nel caso di architravi danneggiatie particolarmente sollecitati.

A seconda dei casi si procederà:• a riparazioni localizzate di parti lesionate o degradate;• a ricostituire la compagine muraria in corrispondenza di manomissioni quali cavità,

vani di varia natura (scarichi e canne fumarie, ecc.);• a migliorare le caratteristiche di murature particolarmente scadenti per tipo di

apparecchiatura e/o di composto legante.

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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Scuci e cuciL’intervento di scuci e cuci (cfr. anche § 7.7.3 - NdA) è finalizzato al ripristino della continuità

muraria lungo le linee di fessurazione ed al risanamento di porzioni di muratura gravemente dete-riorate. Si consiglia di utilizzare materiali simili a quelli originari per forma, dimensioni, rigidezzae resistenza, collegando i nuovi elementi alla muratura esistente con adeguate ammorsature nelpiano del paramento murario e se possibile anche trasversalmente al paramento stesso, in modo

da conseguire la massima omogeneità e monoliticità della parete riparata. Tale intervento può essereutilizzato anche per la chiusura di nicchie, canne fumarie e per la riduzione dei vuoti, in particolarenel caso in cui la nicchia/apertura/cavità sia posizionata a ridosso di angolate o martelli murari.

Iniezioni di miscele legantiL’adozione di iniezioni di miscele leganti mira al miglioramento delle caratteristiche meccaniche

della muratura da consolidare. A tale tecnica, pertanto, non può essere affidato il compito direalizzare efficaci ammorsature tra i muri e quindi di migliorare, se applicata da sola, il com-portamento d’assieme della costruzione. Tale intervento risulta inefficace se impiegato su tipologiemurarie che per loro natura siano scarsamente iniettabili (scarsa presenza di vuoti e/o vuotinon collegati tra loro). Particolare attenzione va posta nella scelta della pressione di immissionedella miscela, per evitare l’insorgere di dilatazioni trasversali prodotte dalla miscela in pressione.

Nel caso si reputi opportuno intervenire con iniezioni su murature incoerenti e caotiche, ènecessario prendere provvedimenti atti a ridurre il rischio di sconnessione della compagine murariae di dispersione della miscela. Particolare cura dovrà essere rivolta alla scelta della miscela dainiettare, curandone la compatibilità chimico-fisico-meccanica con la tipologia muraria oggettodell’intervento.

Ristilatura dei GiuntiL’intervento di ristilatura dei giunti, se effettuato in profondità su entrambi i lati, può migliorare

le caratteristiche meccaniche della muratura, in particolare nel caso di murature di spessorenon elevato. Se eseguito su murature di medio o grosso spessore, con paramenti non idoneamentecollegati tra loro o incoerenti, tale intervento può non essere sufficiente a garantire un incrementoconsistente di resistenza, ed è consigliabile effettuarlo in combinazione con altri. Particolare curadovrà essere rivolta alla scelta della malta da utilizzare. L’eventuale inserimento nei giunti ristilatidi piccole barre o piattine, metalliche o in altri materiali resistenti a trazione, può ulteriormentemigliorare l’efficacia dell’intervento.

DiatoniL’inserimento di diatoni artificiali, realizzati in conglomerato armato (in materiale metallico o

in altri materiali resistenti a trazione) dentro fori di carotaggio, può realizzare un efficace colle-gamento tra i paramenti murari, evitando il distacco di uno di essi o l’innesco di fenomeni diinstabilità per compressione; inoltre, tale intervento conferisce alla parete un comportamento mono-litico per azioni ortogonali al proprio piano. È particolarmente opportuno in presenza di murature

con paramenti non collegati fra loro; nel caso di paramenti degradati è opportuno bonificarequesti tramite le tecniche descritte al riguardo (iniezioni di malta, ristilatura dei giunti).

TirantiniNel caso in cui la porzione muraria che necessita di intervento sia limitata, una valida alternativa

è rappresentata dai tirantini antiespulsivi, costituiti da sottili barre trasversali imbullonate con rondellesui paramenti; la leggera presollecitazione che può essere attribuita rende quest’intervento idoneonei casi in cui siano già evidenti rigonfiamenti per distacco dei paramenti. Tale tecnica può essereapplicata nel caso di murature a tessitura regolare o in pietra squadrata, in mattoni o blocchi.

L’adozione di sistemi di tirantature diffuse nelle tre direzioni ortogonali, in particolare anchenella direzione trasversale, migliorano la monoliticità ed il comportamento meccanico del corpo

murario, incrementandone la resistenza a taglio e a flessione nel piano e fuori del piano.

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Figura 7.18 - Tirantini antiespulsivi (dal’Allegato 3B-1 del «Protocollo di Progettazione per gli Interventi su Immobili Privati per la Ricostruzione Post-Sisma redatti in attuazione della Direttiva Tecnica del C.T.S.» Regione Molise 2005)

PlaccaggiIl placcaggio delle murature con intonaco armato può essere utile nel caso di murature gra-

vemente danneggiate e incoerenti, sulle quali non sia possibile intervenire efficacemente con altretecniche, o in porzioni limitate di muratura, pesantemente gravate da carichi verticali, curando inquest’ultimo caso che la discontinuità di rigidezza e resistenza tra parti adiacenti, con e senzarinforzo, non sia dannosa ai fini del comportamento della parete stessa. L’uso sistematico suintere pareti dell’edificio è sconsigliato, per il forte incremento di rigidezza e delle masse, oltreche per ragioni di natura conservativa e funzionale. Tale tecnica è efficace solo nel caso in cuil’intonaco armato venga realizzato su entrambi i paramenti e siano posti in opera i necessari col-legamenti trasversali (barre iniettate) bene ancorati alle reti di armatura. È inoltre fondamentalecurare l’adeguata sovrapposizione dei pannelli di rete elettrosaldata, in modo da garantire la continuitàdell’armatura in verticale ed in orizzontale, ed adottare tutti i necessari provvedimenti atti a garantirela durabilità delle armature, se possibile utilizzando reti e collegamenti in acciaio inossidabile.

Il placcaggio con tessuti o lamine in altro materiale resistente a trazione può essere dinorma utilizzato nel caso di murature regolari, in mattoni o blocchi. Tale intervento, più efficacese realizzato su entrambi i paramenti, da solo non garantisce un collegamento trasversale equindi la sua efficacia deve essere accuratamente valutata per il singolo caso in oggetto.

Figura 7.19 - Placcaggio eseguito mediante rete elettrosaldata e successivo pompaggio di intonaco

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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Figura 7.20 - Tirantarture presoleccitate e successivo pompaggio di intonaco (Metodo SAM)

Tiranti verticaliL’inserimento di tiranti verticali post-tesi è un intervento applicabile solo in casi particolari

e se la muratura si dimostra in grado di sopportare l’incremento di sollecitazione verticale, siaa livello globale sia localmente, in corrispondenza degli ancoraggi; in ogni caso deve esseretenuta in considerazione la perdita di tensione iniziale a causa delle deformazioni differite dellamuratura.

Figura 7.21 - Tirantarture verticali presollecitate

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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7.10 INTERVENTI SU PILASTRI E COLONNE

Tenendo presente che pilastri e colonne sono essenzialmente destinati a sopportare carichiverticali con modeste eccentricità, gli interventi vanno configurati in modo da:

• ricostituire la resistenza iniziale a sforzo normale, ove perduta, mediante provvedimentiquali cerchiature e tassellature;

• eliminare o comunque contenere le spinte orizzontali mediante provvedimenti, qualiopposizione di catene ad archi, volte e coperture e, ove opportuno, realizzazione orafforzamento di contrafforti;

• ricostituire i collegamenti atti a trasferire le azioni orizzontali a elementi murari dimaggiore rigidezza.

Sono da evitare, se non in mancanza di alternative da dimostrare con dettagliata specificatecnica, gli inserimenti generalizzati di anime metalliche, perforazioni armate, precompressionilongitudinali ed in generale, salvo i casi di accertata necessità, gli interventi non reversibili voltia conferire a colonne e pilastri resistenza a flessione e taglio, che modificano il comportamentodi insieme della struttura.

7.11 CERCHIATURE DI FORI

Qualora per motivi non derogabili fosse necessario l’apertura o lo spostamentodi fori (quali porte e/o finestre) su pareti in muratura, non va dimenticato chequesti alterano la rigidezza trasversale delle stesse, potendone compromettere ilfunzionamento in condizioni sismiche.

Un criterio adottabile per il «ripristino» dell’originaria rigidezza, o quantomenoper un significativo contenimento della sua diminuzione, nel caso di realizzazionedi un foro, consisten nella cerchiatura dello stesso. In pratica si tratta di realizzareuna cornice a riquadro del foro a perfetto contatto con la muratura. Essa puòessere realizzata mediante una cordolatura in calcestruzzo armato (vedi Figura7.22) o di altro materiale, ad esempio, profili metallici.

Figura 7.22 - Cerchiatura di foro mediante cordolo in calcestruzzo armato ancoratoin più punti con fissaggio chimico e barre metalliche

Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

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Capitolo 7 - LOGICA DEGLI INTERVENTI

7.12 INCREMENTO DELLA RESISTENZA DELLE FASCE DI PIANO

Dell’importanza delle fasce di piano negli edifici in muratura e della necessitàche, per la formazione del meccanismo resistente, si debba ricorrere all’inserimentodi un elemento tensoresistente al di sopra delle aperture, si è detto al § 5.8. InFigura 7.23 si illustra uno dei tanti metodi per l’ottenimento di questo scopo. Si

tratta dell’inserimento di due profili metallici in sostituzione di un eventuale archi-trave che non offra garanzie di resistenza a trazione.Altri criteri di intervento possono essere rappresentati dall’applicazione di into-

naco armato su entrambe le facce del muro (Figura 7.19) o dall’applicazione ditessuti fibrorinforzati.

Figura 7.23 - Sostituzione di architrave con elementi resistenti a trazione (da Criteri di Calcolo per la Progettazione degli Interventi - Pubblicato dalle RegioniUmbria e Marche nel 1998)

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Capitolo 8

AGGREGATI ED EDIFICI MISTI

8.1 DEFINIZIONE DI AGGREGATO E PROBLEMATICHE GENERALI

Un settore che mette a dura prova le capacità tecnico-professionali di un pro-gettista, ma anche quelle giuridiche, è quello relativo agli interventi da effettuareall’interno dei centri storici della stragrande maggioranza delle città italiane. Com’ènoto, in questi luoghi, il tessuto urbano si manifesta attraverso insediamenti incui le costruzioni sono interconnesse le une alle altre (Figura 8.1).

Figura 8.1 - Interconnessione del tessuto architettonico dei centri storici italiani(Sottomarina)

In tali contesti il sistema costruttivo si sviluppa generalmente in una direzioneprevalente (longitudinale), parallela alla strada (carrabile o meno), ma anche inprofondità (direzione trasversale), originando blocchi di isolati o blocchi di edifici.La Circolare 617/09, al § C8A.3, ha introdotto la definizione di aggregato edilizioal fine di individuare un criterio convenzionale per identificare:

un insieme di parti che sono il risultato di una genesi articolata e non unitaria, dovuta amolteplici fattori (sequenza costruttiva, cambio di materiali, mutate esigenze, avvicendarsi deiproprietari, etc.).

Le problematiche che generalmente si riscontrano nei centri storici sono, infatti,

le seguenti:a) la tipologia costruttiva si presenta nelle classi I e II;b) non sempre le unità immobiliari (UI) coincidono con le unità strutturali (US);c) difficoltà di isolare una unità strutturale.

Le carenze derivanti dal comportamento degli edifici di classe I e II sonostati ampiamente discusse al Capitolo 5 mentre, per quanto riguarda i criteri voltia migliorare le caratteristiche resistenti di questo tipo di costruzione, vale quantoillustrato al Capitolo 7.

Per ciò che attiene al punto b) è d’uopo fare questo tipo di riflessione: spessoun progetto strutturale è legato ad una committenza definita, per cui, ad esempio,si ha un incarico di adeguamento o miglioramento su una unità immobiliare che

appartiene a quella committenza. Il tecnico procede, dunque, ad effettuare una

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Capitolo 8 - AGGREGATI ED EDIFICI MISTI

serie di interventi sull’unità oggetto del suo incarico e una analisi « ante e postintervento», che darà dimostrazione di un aumento della sicurezza derivante dalsuo operato. Ora, nel caso di un aggregato, quando la continuità strutturale coin- volge altre proprietà, c’è da chiedersi se ciò che per l’unità immobiliare oggettodi incarico rappresenta un incremento di sicurezza, lo sia anche per altre unitàimmobiliari che fanno parte del medesimo organismo strutturale (magari apparte-

nenti ad altre proprietà). In sostanza - e qui si intendono giustificare le motivazioniper le quali all’inizio di questo paragrafo si siano richiamate le capacità giuridichedel progettista come bagaglio di conoscenze – si tratta di non sottovalutare il pro-blema delle responsabilità nei confronti di terzi.

È ben vero che la Circolare 617/09 ha delineato una definizione di unità strut-turale (US), circoscrivendo in qualche modo l’ambito d’intervento, ma questa assu-me, come vedremo, soltanto un carattere convenzionale che non esonera il pro-gettista da negligenza e/o imperizia nel non aver considerato l’interazione con ilresto dell’aggregato.

Figura 8.2 - a) Fronte di un aggregato; b) Unità strutturale convenzionale di inter- vento; c) Sezione delle unità contigue; d) Azioni esercitate dalle unità contigue sull’unità di intervento; e) Azioni esercitate dall’unità di inter- vento sulle unità contigue

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Capitolo 8 - AGGREGATI ED EDIFICI MISTI

8.2 L’UNITÀ STRUTTURALE (US)

Per far fronte alle difficoltà tecniche che si riscontrano quando si tenta diisolare una unità strutturale (US) all’interno di un aggregato edilizio, sono statedate alcune indicazioni sia nel DM che nella Circolare esplicativa.

DM 14.01.08, § 8.7.1L’US dovrà avere continuità da cielo a terra per quanto riguarda il flusso dei carichi verticali(Figura 8.2b) e, di norma, sarà delimitata o da spazi aperti, o da giunti strutturali, o da edifici contiguistrutturalmente ma, almeno tipologicamente, diversi. Oltre a quanto normalmente previsto per gli edificinon disposti in aggregato, dovranno essere valutati gli effetti di: spinte non contrastate causate daorizzontamenti sfalsati di quota sulle pareti in comune con le US adiacenti (Figura 8.2c), meccanismilocali derivanti da prospetti non allineati (Figura 8.3), US adiacenti di differente altezza.

Circ 617/09, § C.8.A3Nell’analisi di un edificio facente parte di un aggregato edilizio occorre tenere conto delle

possibili interazioni derivanti dalla contiguità strutturale con gli edifici adiacenti, connessi o inaderenza ad esso. A tal fine dovrà essere individuata, in via preliminare, l’unità strutturale (US)oggetto di studio, evidenziando le azioni che su di essa possono derivare dalle unità strutturalicontigue. La porzione di aggregato che costituisce l’US dovrà comprendere cellule tra loro legatein elevazione ed in pianta da un comune processo costruttivo, oltre che considerare tutti glielementi interessati dalla trasmissione a terra dei carichi verticali dell’edificio in esame. (…)

Per la individuazione dell’US da considerare si terrà conto principalmente della unitarietàdel comportamento strutturale di tale porzione di aggregato nei confronti dei carichi, sia staticiche dinamici. A tal fine è importante rilevare la tipologia costruttiva ed il permanere degli elementicaratterizzanti, in modo da indirizzare il progetto degli interventi verso soluzioni congruenti conl’originaria configurazione strutturale.

L’individuazione dell’US va comunque eseguita caso per caso, in ragione della forma delsistema edilizio di riferimento a cui appartiene l’US (composta da una o più unità immobiliari),della qualità e consistenza degli interventi previsti e con il criterio di minimizzare la frammentazionein interventi singoli. Il progettista potrà quindi definire la dimensione operativa minima, chetalora potrà riguardare l’insieme delle unità immobiliari costituenti il sistema, ed in alcuni casiporzioni più o meno estese del contesto urbano.

L’US dovrà comunque avere continuità da cielo a terra per quanto riguarda il flusso deicarichi verticali e, di norma, sarà delimitata o da spazi aperti, o da giunti strutturali, o da edificicontigui costruiti, ad esempio, con tipologie costruttive e strutturali diverse, o con materialidiversi, oppure in epoche diverse.

Figura 8.3 - Effetti di strutture contigue su fronti non allineati

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Capitolo 8 - AGGREGATI ED EDIFICI MISTI

8.3 L’INTERAZIONE STRUTTURALE DELL’AGGREGATO

Come è stato anticipato al paragrafo 8.1 accade spesso che negli interventiin unità immobiliari esistenti, in cui ci sia una continuità strutturale con altreunità, l’indagine del comportamento statico debba essere estesa anche a questeultime. Infatti, sempre la Circolare 617/09 così si esprime:

Ove necessario, l’ analisi preliminare dovrà considerare l’intero aggregato, al fine di individuarele relative connessioni spaziali fondamentali, con particolare attenzione al contesto ed ai mec-canismi di giustapposizione e di sovrapposizione. In particolare, il processo di indagine sugliaggregati edilizi si dovrebbe sviluppare attraverso l’individuazione di diversi strati d’informazione:

• i rapporti tra i processi di aggregazione ed organizzazione dei tessuti edilizi e l’evoluzionedel sistema viario;

• i principali eventi che hanno influito sugli aspetti morfologici del costruito storico (fontistoriche);

• la morfologia delle strade (andamento, larghezza, flessi planimetrici e disassamenti deifronti edilizi); la disposizione e la gerarchia dei cortili (con accesso diretto o da androne) ed ilposizionamento delle scale esterne; tale studio favorisce la comprensione del processo formativo

e di trasformazione degli isolati, dei lotti, delle parti costruite e delle porzioni libere in rapportoalle fasi del loro uso;

• l’allineamento delle pareti; verifiche di ortogonalità rispetto ai percorsi viari; individuazionedei prolungamenti, delle rotazioni, delle intersezioni e degli slittamenti degli assi delle pareti (ciòaiuta ad identificare le pareti in relazione alla loro contemporaneità di costruzione e quindi adefinire il loro grado di connessione);

• i rapporti spaziali elementari delle singole cellule murarie, nonché i rapporti di regolarità,ripetizione, modularità, ai diversi piani (ciò consente di distinguere le cellule originare da quelledovute a processi di saturazione degli spazi aperti);

• la forma e la posizione delle bucature nei muri di prospetto: assialità, simmetria, ripe-tizione (ciò consente di determinare le zone di debolezza nel percorso di trasmissione degli

sforzi, nonché di rivelare le modificazioni avvenute nel tempo);• i disassamenti e le rastremazioni delle pareti, i muri poggianti «in falso» sui solai sot-tostanti, lo sfalsamento di quota tra solai contigui (ciò fornisce indicazioni sia per ricercarepossibili fonti di danno in rapporto ai carichi verticali e sismici, sia per affinare l’interpretazionedei meccanismi di aggregazione).

(…) Tra le interazioni strutturali con gli edifici adiacenti si dovranno considerare:• carichi (sia verticali che orizzontali, in presenza di sisma) provenienti da solai o da

pareti di US adiacenti;• spinte di archi e volte appartenenti ad US contigue;• spinte provenienti da archi di contrasto o da tiranti ancorati su altri edifici.

La rappresentazione dell’US attraverso piante, alzati e sezioni permetterà di valutare la dif-fusione delle sollecitazioni e l’interazione fra le US contigue.

Oltrea quanto normalmente previsto per gli edifici non disposti in aggregato, dovranno esserevalutati gli effetti di:

• spinte non contrastate causate da orizzontamenti sfalsati di quota sulle pareti in comunecon le US adiacenti;

• effetti locali causati da prospetti non allineati, o da differenze di altezza o di rigidezzatra US adiacenti, azioni di ribaltamento e di traslazione che interessano le pareti nelle US ditestata delle tipologie seriali (schiere).

• possibile martellamento nei giunti tra US adiacenti.L’analisi di una US secondo i metodi utilizzati per edifici isolati, senza una adeguata modellazione

oppure con una modellazione approssimata dell’interazione con i corpi di fabbrica adiacenti assumeun significato convenzionale. Di conseguenza, si ammette che l’analisi della capacità sismica globale

dell’US possa essere verificata attraverso metodologie semplificate, come descritto di seguito.

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8.4 VERIFICA SEMPLIFICATA

Individuata convenzionalmente l’US con i criteri esposti ai paragrafi precedenti,le norme tecniche consentono l’utilizzo di metodologie di verifica semplificate.

8.4.1 UNITÀ STRUTTURALI ALL’INTERNO DI UNA SCHIERA AVENTI SOLAI «SUFFICIENTEMENTERIGIDI»

Quando l’ US sia stata individuata all’interno di una schiera continua, l’influenzache le forze orizzontali agenti nel piano della cortina di pareti costituenti la schiera(facciata della schiera), hanno sui maschi murari appartenenti alla US, può esseretrascurata. Detta influenza è relativa all’incremento e/o decremento di sforzo nor-male verticale sui maschi murari. Ciò è tanto più vero, quanto più lunga sia laschiera. In tal caso la verifiche possono essere condotte per singoli piani. Allostesso modo possono essere trascurate le azioni torcenti di piano. Vi è da segnalareche sia il DM che la Circolare, ammettono questa semplificazione qualora gli impal-cati della US possano essere considerati «sufficientemente rigidi», lasciando al pro-gettista la valutazione di questo aspetto.

DM 14.01.08, § 8.7.1L’analisi globale di una singola unità strutturale assume spesso un significato convenzionale e

perciò può utilizzare metodologie semplificate. La verifica di una US dotata di solai sufficientementerigidi può essere svolta, anche per edifici con più di due piani, mediante l’analisi statica non lineare,analizzando e verificando separatamente ciascun interpiano dell’edificio, e trascurando la variazionedella forza assiale nei maschi murari dovuta all’effetto dell’azione sismica. Con l’esclusione di unitàstrutturali d’angolo o di testata, così come di parti di edificio non vincolate o non aderenti su alcunlato ad altre unità strutturali, l’analisi potrà anche essere svolta trascurando gli effetti torsionali, nel-l’ipotesi che i solai possano unicamente traslare nella direzione considerata dell’azione sismica.

Circolare 617/09, § C8A.3.1Nel caso di solai sufficientemente rigidi, la verifica convenzionale allo Stato limite di sal-

vaguardia della vita e allo Stato limite di esercizio di un edificio (unità strutturale) in aggregatopuò essere svolta, anche per edifici con più di due piani, mediante l’analisi statica non lineareanalizzando e verificando separatamente ciascun interpiano dell’edificio, e trascurando la variazionedella forza assiale nei maschi murari dovuta all’effetto dell’azione sismica. Con l’esclusione diunità strutturali d’angolo o di testata, così come di parti di edificio non vincolate o non aderentisu alcun lato ad altre unità strutturali (es. piani superiori di un edificio di maggiore altezzarispetto a tutte le US adiacenti), l’analisi potrà anche essere svolta trascurando gli effetti torsionali,ipotizzando che i solai possano unicamente traslare nella direzione considerata dell’azione sismica.

8.4.2 UNITÀ STRUTTURALI DI TESTATA AVENTI SOLAI «SUFFICIENTEMENTE RIGIDI»

Per le unità di testata di una schiera (Figura 8.4) occorrerà tenere in consi-derazione, ancorché con metodi semplificati, oltre che degli effetti torsionali, anchedell’incremento e/o decremento dello sforzo normale sui singoli maschi murari.Allo scopo così si esprimono le NTC:

Nel caso invece di US d’angolo o di testata è comunque ammesso il ricorso ad analisisemplificate, purchè si tenga conto di possibili effetti torsionali e dell’azione aggiuntiva trasferita

dalle US adiacenti applicando opportuni coefficienti maggiorativi delle azioni orizzontali.

Capitolo 8 - AGGREGATI ED EDIFICI MISTI

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Figura 8.4 - Unità interne e di testata

8.4.3 UNITÀ STRUTTURALI AVENTI SOLAI «FLESSIBILI»

Nel caso in cui i solai denuncino un comportamento flessibile la situazionedi comportamento in aggregato diventa meno significativa. Come è stato evidenziatoal Capitolo 5, il sistema strutturale risulta caratterizzato da un comportamentoindipendente dei singoli maschi murari. Inoltre non esistono azioni torcenti dipiano, poiché l’impalcato deformabile non consente una propria rotazione rigidanel piano. In effetti, sotto queste considerazioni, debbono leggersi le disposizionipreviste nelle NTC e relativa Circolare.

DM 14.01.08, § 8.7.1

Qualora i solai dell’edificio siano flessibili si potrà procedere all’analisi delle singole paretio dei sistemi di pareti complanari, ciascuna parete essendo soggetta ai carichi verticali di com-petenza ed alle corrispondenti azioni del sisma nella direzione parallela alla parete.

Circolare 617/09, § C8A.3.1Qualora i solai dell’edificio siano flessibili si procederà all’analisi delle singole pareti o dei sistemi

di pareti complanari che costituiscono l’edificio, ciascuna analizzata come struttura indipendente, sog-getta ai carichi verticali di competenza ed all’azione del sisma nella direzione parallela alla parete.

8.5 EDIFICI MISTI

Anche per quanto concerne i sistemi resistenti, negli edifici storici, si trovanosituazioni ibride in cui le funzioni strutturali sono affidate a materiali di naturadiversa. Tipica è la situazione di strutture miste in muratura portante e calcestruzzoarmato. Sia le NTC che la relativa Circolare esplicativa 617/09 hanno evidenziatodette situazioni con le seguenti parole:

DM 14.01.08, § 8.7.3Alcune tipologie di edifici esistenti possono essere classificate come miste. Situazioni ricorrenti

sono:• edifici i cui muri perimetrali siano in muratura portante e la struttura verticale interna

sia rappresentata da pilastri (per esempio, in c.a. o acciaio);

Capitolo 8 - AGGREGATI ED EDIFICI MISTI

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• edifici in muratura che abbiano subito sopraelevazioni, il cui sistema strutturale sia,per esempio, in c.a. o acciaio, o edifici in c.a. o acciaio sopraelevati in muratura;

• edifici che abbiano subito ampliamenti in pianta, il cui il sistema strutturale (per esempio,in c.a. o acciaio) sia interconnesso con quello esistente in muratura.

Per queste situazioni è necessario prevedere modellazioni che tengano in considerazione leparticolarità strutturali identificate e l’interazione tra elementi strutturali di diverso materiale e

rigidezza, ricorrendo, ove necessario, a metodi di analisi non lineare di comprovata validità.Circolare 617/09, § C8.7.3Gli edifici a struttura mista sono molto presenti nel panorama degli edifici esistenti. L’in-

terpretazione del loro comportamento e la relativa modellazione è in generale più complicata diquella degli edifici con struttura di caratteristiche omogenee, a causa delle interazioni tra i diversicomportamenti dei materiali costitutivi degli elementi strutturali. La chiamata in causa dei com-portamenti in campo non lineare implica interazioni non gestibili attraverso modelli e metodisemplificati, a meno di non trascurare completamente il contributo alla capacità resistente sismicadi un intera categoria di elementi dello stesso materiale, assunti come elementi secondari. Taleoperazione, peraltro, è ammissibile solo a condizione che le interazioni degli elementi trascuratisiano favorevoli al comportamento sismico della struttura mista.

C’è da osservare che, in contesti strutturali con funzionamento misto, risultaimpossibile attribuire un coefficiente di struttura appropriato e pertanto apparepercorribile l’applicazione dell’analisi non lineare statica (per la quale, ricordiamo,non è necessario l’utilizzo del fattore q).

Capitolo 8 - AGGREGATI ED EDIFICI MISTI

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Appendice A

CIRCOLARE 11 DICEMBRE 2009

D. Min. Infrastrutture e Trasporti 11 dicembre 2009

Entrata in vigore delle norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale14 gennaio 2008. Circolare 5 agosto 2009 - Ulteriori considerazioni esplicative.

(G.U. 22.12.2009, n. 297)

Il Ministro delle Infrastrutturee dei Trasporti

Come noto, con l’entrata in vigore del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39,convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, il 30 giugno 2009è cessato il regime transitorio per l’operatività della revisione delle norme tecnicheper le costruzioni.

La conseguente obbligatorietà di applicazione, a far data dal 1° luglio 2009, dellenuove norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale 14 gennaio2008, ha suscitato da più parti un legittimo interesse teso all’ottenimento di chiarimentiin ordine al regime degli interventi per i quali, anche successivamente al termine del30 giugno 2009, possa applicarsi la normativa tecnica precedentemente in vigore.

Con l’intento di orientare in maniera univoca gli operatori del settore, questaAmministrazione ha emanato la circolare 5 agosto 2009 recante «Nuove normetecniche per le costruzioni approvate con decreto del Ministro delle infrastrutture

14 gennaio 2008 - Cessazione del regime transitorio di cui all’art. 20, comma 1,del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248», pubblicata nella Gazzetta Ufficialen. 187 del 13 agosto 2009, di seguito denominata «circolare».

Riguardo al merito della suddetta «circolare», continuano a pervenire numerosesegnalazioni aventi quale comune denominatore l’evidenza di una persistente dif-ficoltà di assimilazione della autentica portata della regolamentazione normativadel periodo successivo al 30 giugno 2009 laddove viene affrontata la questionedel discrimine della obbligatorietà di applicazione della nuova normativa per lecostruzioni di natura privatistica.

Quale ulteriore contributo esplicativo e chiarificatore delle suddette problema-tiche, tenuto conto della particolare rilevanza della materia in argomento che tra-

scende l’ambito della disciplina del territorio per attingere a valori di tutela del-l’incolumità pubblica, si ritiene opportuno evidenziare quanto segue.Resta fermo il punto, stigmatizzato dal legislatore, che nei confronti delle ini-

ziative private, le maggiori criticità progettuali ed esecutive poste dalla «circolare»a fondamento della diversità di disciplina tra dette iniziative private e quelle pub-bliche, sorreggono il maggior rigore con il quale è stato individuato il momentodi applicazione della nuova disciplina.

A tal fine il momento di discrimine tra l’utilizzo della vecchia e della nuovadisciplina viene individuato, per quanto riguarda i lavori pubblici, nell’affidamentodei lavori ovvero nell’avvio della progettazione definitiva o esecutiva; mentre perquanto riguarda le costruzioni di natura privatistica, tale momento discriminante

viene individuato nell’inizio della costruzione dell’opera o della infrastruttura.

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Appare opportuno chiarire che dovendosi individuare, anche con riguardo alleiniziative private, un momento certo ed incontestabile per potersi parlare di iniziodelle costruzioni e delle opere infrastrutturali, detto momento non possa esserealtro che quello dell’avvenuto deposito, ai sensi e per gli effetti degli articoli 65e 93 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, entro ladata del 30 giugno 2009, presso i competenti uffici comunali comunque denomi-

nati.Sempre con riguardo ai lavori di natura privatistica, rispetto a quanto giàtrattato nella «circolare», appare opportuno fornire ulteriori precisazioni nel casosi ricorra ad una variante in corso d’opera.

Al riguardo preliminarmente si ribadisce che l’elemento discriminante è la pre-senza di modifiche sostanziali dell’organismo architettonico, in quanto implicantiun sostanziale mutamento del comportamento statico globale dell’opera.

In ogni caso, alla luce della superiore esigenza di tutela della pubblica inco-lumità e della sicurezza, non si ritiene ammissibile che le varianti introdotte, qualorasi configurino come una nuova e diversa progettazione strutturale, possano com-portare una riduzione delle caratteristiche prestazionali dell’opera, con particolare

riguardo al profilo della stabilità.Pertanto, nei casi sopraindicati e solo per essi, dovranno essere integralmenteapplicate le nuove norme tecniche di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008,nel senso che dovrà essere effettuata una esplicita verifica di congruenza tecnicadel progetto variato, con le nuove norme tecniche, ovvero una nuova progettazionestrutturale dell’intero organismo costruttivo.

La figura professionalmente competente a valutare la sussistenza delle condi-zioni tecniche che possano determinare una «variante sostanziale», non può cheindividuarsi nel progettista strutturale dell’opera.

Con riferimento a tali varianti, per esigenze di ragionevolezza e coerenza conquanto in precedenza chiarito in ordine al profilo dell’inizio delle costruzioni e

delle opere infrastrutturali, la previgente normativa tecnica potrà essere utilizzatanel caso dell’avvenuto deposito del progetto di variante, ai sensi e per gli effettidegli articoli 65 e 93 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,n. 380, entro la data del 30 giugno 2009, presso i competenti uffici comunalicomunque denominati.

Infine, quale ulteriore elemento chiarificatore, senz’altro conforme alla ratiolegis, con riferimento alle costruzioni ed opere infrastrutturali pubbliche o di inte-resse pubblico da realizzarsi da parte delle amministrazioni aggiudicatrici e altrisoggetti aggiudicatori, degli enti aggiudicatori, nonché di ogni altro soggetto tenuto,secondo il diritto comunitario o nazionale, al rispetto di procedure o principi dievidenza pubblica nell’affidamento dei contratti relativi a lavori, servizi o forniture,con specifico riferimento ai soggetti di cui all’art. 3, commi 25, 26, 28, 29, 31,32, 33, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni,si precisa che in tali casi, qualora siano stati affidati lavori o avviati progetti defi-nitivi o esecutivi prima del 1° luglio 2009, continua ad applicarsi la normativatecnica utilizzata per la redazione dei progetti, fino all’ultimazione dei lavori eall’eventuale collaudo.

La presente circolare è pubblicata sul sito internet del Ministero delle infra-strutture e dei trasporti: www.mit.gov.it.

Appendice A - CIRCOLARE 11 DICEMBRE 2009

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Appendice B

LA REGOLARITÀ NELLE COSTRUZIONI

B.1 LA «REGOLARITÀ» GEOMETRICA

In ambito sismico le strutture irregolari sono generalmente penalizzate median-te applicazione di azioni sismiche più alte di quelle attribuite alle strutture regolari.In generale ciò può essere dovuto a molteplici fattori quali ad esempio:

a) effetti conseguenti all’eccentricità fra baricentro delle masse e baricentrodelle rigidezze;

b) possibilità di maggiori concentrazioni di danno;c) maggiori affidabilità di taluni modelli di calcolo in favore delle strutture

regolari in quanto a queste fa seguito una regolarità dei modi di vibrare.

B.2 REGOLARITÀ IN PIANTA

Secondo le disposizioni contenute nel DM 14.01.08 al § 7.2.2, una costruzioneè regolare in pianta se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:

a) la configurazione in pianta è compatta e approssimativamente sim-metrica rispetto a due direzioni ortogonali, in relazione alla distribuzionedi masse e rigidezze;

b) il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui la costruzione risultainscritta è inferiore a 4;

c) nessuna dimensione di eventuali rientri o sporgenze supera il 25

% della dimensione totale della costruzione nella corrispondente direzione;d) gli orizzontamenti sono infinitamente rigidi nel loro piano rispettoagli elementi verticali e sufficientemente resistenti.

Il punto d) è da intendersi alla stregua di quanto specificato al punto C8.7.1.2della Circ. 617/09 e di seguito riportato:

La definizione di regolarità per un edificio esistente in muratura è quella indicata al § 7.2.2delle NTC, in cui il requisito d) è sostituito da: i solai sono ben collegati alle pareti e dotati diuna sufficiente rigidezza e resistenza nel loro piano.

B.3 REGOLARITÀ IN ALTEZZA

Sempre secondo il § 7.2.2 del DM 14.01.08, una costruzione è regolare inaltezza se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:

a) tutti i sistemi resistenti verticali (quali telai e pareti) si estendonoper tutta l’altezza della costruzione;

b) massa e rigidezza rimangono costanti o variano gradualmente, senzabruschi cambiamenti, dalla base alla sommità della costruzione; (le variazionidi massa da un orizzontamento all’altro non superano il 25 %; la rigidezzanon si riduce da un orizzontamento a quello sovrastante più del 30% e nonaumenta più del 10%). Ai fini della rigidezza si possono considerare regolari

in altezza strutture dotate di pareti o nuclei in c.a. o pareti e nuclei in

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muratura di sezione costante sull’altezza o di telai controventati in acciaio,ai quali sia affidato almeno il 50% dell’azione sismica alla base;

c) nelle strutture intelaiate progettate in CD «B» il rapporto tra resi-stenza effettiva e resistenza richiesta dal calcolo non è significativamentediverso per orizzontamenti diversi (il rapporto fra la resistenza effettiva equella richiesta, calcolata ad un generico orizzontamento, non deve differire

più del 20% dall’analogo rapporto determinato per un altro orizzontamento(1)

);può fare eccezione l’ultimo orizzontamento di strutture intelaiate di almenotre orizzontamenti;

d) eventuali restringimenti della sezione orizzontale della costruzioneavvengono in modo graduale da un orizzontamento al successivo, rispettandoi seguenti limiti: ad ogni orizzontamento il rientro non supera il 30% delladimensione corrispondente al primo orizzontamento, né il 20% della dimen-sione corrispondente all’orizzontamento immediatamente sottostante. Fa ecce-zione l’ultimo orizzontamento di costruzioni di almeno quattro piani per ilquale non sono previste limitazioni di restringimento.

B.4 PRECISAZIONI DELLA CIRCOLARE 617/09 SULLA «REGOLARITÀ»

La Circolare 617/09 ha fornito le seguenti precisazioni in ordine al concettodi regolarità. Una costruzione è regolare in pianta ed in altezza quando il suocomportamento è governato principalmente da modi di vibrare sostanzialmentetraslazionali lungo due direzioni ortogonali e quando tali modi siano caratterizzatida spostamenti crescenti in maniera approssimativamente lineare con l’altezza.

I criteri di regolarità forniti dalle NTC sono quindi da intendersi come con-dizioni necessarie ma non sufficienti ai fini di controllare la regolarità; è compitodel progettista verificare che la regolarità della costruzione non sia condizionata

da altre caratteristiche non incluse nei criteri presentati.

(1) La Circolare 617/09 ha precisato quanto segue: «Con il termine «un altro orizzontamento»deve intendersi «l’orizzontamento adiacente».

Appendice B - COSTRUZIONI SEMPLICI

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Appendice C

ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

C.1 ESTRATTO DA «SISMA MOLISE 2002» - DALL’EMERGENZA ALLA

RICOSTRUZIONE» PUBBLICATO DALLA REGIONE MOLISE

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Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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C.2 ESTRATTO DAL «REPERTORIO DEI MECCANISMI DI DANNO, DELLETECNICHE DI INTERVENTO E DEI RELATIVI COSTI NEGLI EDIFICIIN MURATURA» - PUBBLICATO DALLA REGIONE MARCHE (1997)

Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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C.3 SCHEDE DI MECCANISMO DI COLLASSO E DETERMINAZIONE DELMOLTIPLICATORE DI COLLASSO

Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

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Appendice C - ESEMPI DI MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE

Le schede contenute in C.3 sono state elaborate da A. Martinelli, A. Mannella, L. Milano,C. Morisi, nell’ambito di una attività svolta da una Unità di Ricerca dell’Istituto per le Tec-nologie della Costruzione, sede l’Aquila, del CNR (responsabile scientifico A. Martinelli), nelcorso dello svolgimento del Programma Triennale di Ricerca nazionale sull’ingegneria sismica

coordinato dal Consorzio di ReLUIS e finanziato dal Dipartimento di Protezione Civile.

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Appendice D

RILEVAMENTO DELLE CARENZE STRUTTURALI

ESTRATTO DA «EDIFICI IN ZONA SISMICA - RILEVAMENTO DELLE

CARENZE STRUTTURALI» PUBBLICATO DALLA REGIONE TOSCANA (2004)

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Appendice D - RILEVAMENTO DELLE CARENZE STRUTTURALI

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Appendice D - RILEVAMENTO DELLE CARENZE STRUTTURALI

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Appendice D - RILEVAMENTO DELLE CARENZE STRUTTURALI

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Appendice D - RILEVAMENTO DELLE CARENZE STRUTTURALI

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Appendice D - RILEVAMENTO DELLE CARENZE STRUTTURALI

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Appendice E

INDICAZIONI RELATIVEALLA DEFORMABILITÀ DEI SOLAI

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Tratto da «Manuale per la compilazione della scheda di 1° livello di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica (AeDES)», editoda Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento di Protezione Civile, Giugno 2009.

Appendice E - INDICAZIONI RELATIVE ALLA DEFORMABILITÀ DEI SOLAI

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