Ecocardiogra˜ a in area critica - Doctor33 · L’ECMO non rappresenta una tecnica nuova, infatti...

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Ecocardiografia in area critica Fabio Guarracino

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L’impiego dell’ecocardiogra� a ha rappresentato, negli ultimi anni, una delle innovazioni più interessanti nella medicina critica, sia per le ricadute nella gestione clinica dei pazienti, sia per aver portato a un ragionamento sempre più � siopatologico nell’affrontare la problematica emodinamica. La diffusione di questo strumento tra ampie schiere di medici non tradizionalmente coinvolti nella diagnostica ultrasonora, quali intensivisti, anestesisti rianimatori, medici d’urgenza, chirurghi, genera una forte richiesta di formazione e di cultura speci� ca. Accanto a vantaggi innegabili, e talora straordinari, nella gestione clinica, devono essere infatti tenuti ben chiari i potenziali rischi derivanti da una diagnosi errata e dalle conseguenti terapie inappropriate.

Questo volume è un progresso rispetto al precedente dedicato all’ecocardiogra� a transesofagea, che molti hanno apprezzato.

• Offre una prospettiva completa dal punto di vista della metodicaecocardiogra� ca nei diversi scenari di medicina critica, permettendoal medico di comprendere quale metodica sia più appropriatanello scenario in cui si trova a operare.

• Apporta il prezioso punto di vista di esperti internazionali di indiscussovalore su temi dif� cili e talora controversi.

• Fornisce spunti di rifl essione sulle moderne metodiche,quali l’ecocardiogra� a tridimensionale negli scenari critici.

• Presenta un’inedita trattazione del ruolo dell’ecocardiografi a nei piùmoderni scenari interventistici, proponendosi come uno strumentoutile nella pratica clinica multidisciplinare, dimostrando la trasversalitàdell’ecocardiogra� a e la necessità che i vari utilizzatori sianoaggiornati su di essa.

Ecocardiogra� a in area critica Ecocardiogra� a in area critica

Ecocardiogra� a in area critica

Fabio Guarracino

F. Guarracino

Euro 93,00

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Fabio Sangalli

Valutazione ecocardiograf ca nell’ECMO circolatoria e respiratoria

CAPITOLO 18CAPITOLO 18

INTRODUZIONE L’ECMO non rappresenta una tecnica nuova, infatti i presupposti tecnologici per la sua realizzazione discendono dallo sviluppo delle macchine cuore-polmone, avvenuto più di sessant’anni fa, e i primi report di assistenza respiratoria con ECMO risalgono ai primi anni Settanta del secolo scorso. La complessità e i problemi nella gestione hanno tuttavia limitato a pochi centri il ricorso a questa tecnologia, fi no ad anni recenti. Nell’ultimo decennio, la realizzazione di circuiti trattati con materiali che ne aumentano la biocompatibilità e lo sviluppo di pompe centrifughe di nuova generazione ne hanno drasticamente ridotto le complicanze e facilitato l’impiego, con un conseguente cospicuo aumento dei trattamenti sia per il supporto cardio-circolatorio sia per quello respiratorio. Recentemente, sul versante dell’assistenza respiratoria, la pandemia di infl uenza A H1N1 ha portato, anche in Italia, alla crea-zione di un network di centri che si sono affi ancati a quelli “storici” nel trattamento delle insuffi cienze respiratorie gravi con supporto extracorporeo. Anche le assistenze circolatorie sono aumentate, soprattutto per una crescente indicazione nell’arresto cardiaco refrattario, che si è affi ancata alle indicazioni classiche, in primis lo shock cardiogeno ( Tabella 18.1 ). Parallelamente allo sviluppo di programmi ECMO diffusi, la più elevata competenza ecografi ca di un numero sempre maggiore di anestesisti-rianimatori, anche al di fuori dell’ambito tradizionale cardiochirurgico, ha reso possibile il monitoraggio ultrasonografi co dei vari momenti dell’assistenza extracorporea, dall’indicazione alla postdeconnessione.

L’ECMO rappresenta la semplifi cazione di un circuito per la circolazione extra-corporea. È tipicamente composto di una cannula per il drenaggio venoso, una pompa, un ossigenatore, uno scambiatore di calore e una cannula di reimmis-sione arteriosa o venosa a seconda della confi gurazione ( Figura 18.1 ).

Convenzionalmente, si è soliti suddividere il tipo di assistenza ECMO in base al tipo di cannulazione e, di conseguenza, al supporto realizzato, come di seguito elencato.

� Nell’ ECMO venoarteriosa si drena il sangue dall’atrio destro del paziente per reimmetterlo in una grossa arteria (aorta ascendente nella cannulazione cen-

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trale, arteria femorale o succlavia nella cannulazione periferica) dopo il suo passaggio attraverso il circuito, creando in questo modo uno shunt che passa oltre ( bypassa ) il circolo polmonare. La cannulazione venoarteriosa, sebbene sia stata utilizzata anche per il supporto respiratorio e venga tuttora impiegata in alcuni centri per tale scopo, presenta alcuni limiti teorici e pra-tici in questo ambito, mentre trova il suo principale impiego nell’assistenza circolatoria.

� Nell’ECMO venovenosa sia il drenaggio sia la reimmissione avvengono nella vena cava (con accesso dalle vene femorali o giugulari interne); in questo modo si realizza un supporto unicamente respiratorio, mentre la stabilità emodinamica è totalmente dipendente dal circolo nativo del paziente.

Normalmente, per i pazienti adulti, le cannule venose hanno un calibro variabile compreso tra 17 e 29 Fr per la cannulazione periferica e tra 32 e 36 Fr per quella centrale, mentre quelle arteriose vanno generalmente dai 15 ai 23 Fr.

Da questa grossolana suddivisione si intuisce co-me gli obiettivi del monitoraggio ecografi co pos-sano essere diversi nelle due situazioni. Se infatti nell’assistenza circolatoria sarà fondamentale, do-po l’indicazione iniziale e la cannulazione, moni-torare nel tempo la funzione cardiaca e l’adeguato funzionamento del supporto meccanico fi no a determinare il momento più appropriato per la

FIGURA 18.1 Componenti del circuito ECMO.

Tabella 18.1 Indicazioni comuni e obiettivi dell’ECMO venoarteriosa

Indicazioni comuni � Shock cardiogeno � Arresto cardiaco refrattario alle manovre rianimatorie

convenzionali � Impossibile svezzamento da bypass cardiopolmonare

durante cardiochirurgia � Miocardite � Intossicazioni o sepsi con grave depressione

miocardica � Primary graft failure dopo trapianto di cuore

o cuore-polmoni

Obiettivi � Bridge to recovery : assistenza fi no al recupero funzionale e allo svezzamento

� Bridge to bridge : fi no all’impianto di un supporto meccanico a medio-lungo termine (a sua volta come bridge to trasplant o come destination therapy )

� Bridge to transplant : fi no al trapianto cardiaco � Bridge to decision : per consentire di valutare

il recupero cardiaco e conseguentemente il programma terapeutico più appropriato

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deconnessione, nel supporto respiratorio sarà indispensabile verifi care lo stato di compenso cardiocircolatorio del paziente prima e durante l’assistenza. La metodica ecocardiografi ca – transtoracica o transesofagea – più indicata sarà determinata di volta in volta, nel singolo paziente, dalle sue caratteristiche di ecogenicità e dal quesito a cui si dovrà rispondere.

Nel monitoraggio dei pazienti sottoposti a ECMO, oltre alla valutazione cardiaca, l’ecografi a riveste un ruolo fondamentale anche nel reperimento degli accessi vascolari (soprattutto in caso di cannulazione percutanea) e nel monitoraggio della perfusione degli arti cannulati.

In questo capitolo descriveremo gli obiettivi e le modalità della valutazione eco-grafi ca del paziente in ECMO, mentre per le tecniche si rimanda agli altri capitoli di questo testo, in cui queste sono già estesamente trattate.

ECMO VENOARTERIOSA Come già ricordato, lo scopo principale dell’ECMO nella sua confi gurazione venoarteriosa è quello di fornire un supporto circolatorio a pazienti con insuffi -cienza cardiaca acuta (o cronica acutamente scompensata) di varia natura; accanto a questa indicazione tradizionale, nell’ultimo decennio è cresciuto sempre più l’impiego nell’arresto cardiaco refrattario alle manovre rianimatorie convenzio-nali, con l’obiettivo di consentire la diagnostica e la terapia a pazienti selezionati che avrebbero, diversamente, una mortalità prossima al 100%.

Il supporto con ECMO presenta, rispetto ad altri sistemi di assistenza cardiaca meccanica, alcuni vantaggi (principalmente rapidità di posizionamento, costi ridotti e possibilità di essere posizionato fuori dalla sala operatoria, anche in centri periferici e durante l’RCP) e limiti (consistenti soprattutto nel suo essere un supporto a breve termine, con importanti rischi infettivi e trombotico-emorragici associati, e nell’aumento del postcarico del ventricolo sinistro).

Di seguito analizziamo nel dettaglio la valutazione ecografi ca nelle varie fasi del sup-porto ECMO; per quanto riguarda le fasi di indicazione e cannulazione ci riferiremo in particolare alla cannulazione periferica, che viene utilizzata nella maggioranza dei pazienti. La cannulazione centrale (atrio destro-aorta ascendente) rappresenta una condizione molto specifi ca, limitata quasi esclusivamente al periodo intraoperatorio cardiochirurgico (impossibilità di svezzamento dalla circolazione extracorporea), e la valutazione iniziale in questi casi è rappresentata dall’abituale esame transesofageo intraoperatorio per l’analisi della separazione dal by-pass cardiopolmonare.

Indicazione al suppor to ECMO SHOCK CARDIOGENO

Nei pazienti in shock cardiogeno, oltre a un’accurata anamnesi e a una valuta-zione clinica volte a evitare assistenze futili o controindicate, prima dell’inizio del trattamento è fondamentale eseguire un’analisi ecocardiografi ca completa per determinare lo stato funzionale e la presenza di condizioni che controindichino la cannulazione ( Tabella 18.2 ).

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L’esame deve anzitutto escludere la presenza di cause reversibili che giustifi chino l’instabilità emodinamica (come un tamponamento pericardico) e quindi compren-dere uno studio accurato delle funzioni sistolica e diastolica del ventricolo sinistro e la presenza di rilevanti problemi valvolari, con particolare attenzione al rigurgito aortico che, se di grado avanzato, costituisce un limite notevole alla possibilità di istituire un’assistenza cardiaca. È inoltre importante valutare la funzione del ven-tricolo destro, la presenza di versamento pericardico signifi cativo ed escludere la dissezione aortica, che rappresenta una controindicazione alla cannulazione.

ARRESTO CARDIACO REFRATTARIO ( Figura 18.2 ) I primi e principali criteri per stabilire l’indica-zione nei pazienti in arresto cardiaco sono anam-nestici e di tempo (vedi Tabella 18.2 ). In questa classe di pazienti, ovviamente, la valutazione ecocardiografi ca è limitata agli aspetti anatomici delle camere cardiache e degli apparati valvolari, non essendo possibile indagare la funzionalità cardiaca. Si deve anzitutto differenziare, nei pa-zienti con PEA, se si sia in presenza di PEA vera (cuore fermo, la cosiddetta dissociazione elet-tromeccanica) o di pseudo-PEA (cuore in movi-mento, ma incapace di generare un polso apprez-zabile, per disfunzione di grado avanzato o per cause estrinseche). Soprattutto in questi pazienti vanno ricercate anomalie grossolane che possano indicare la causa dell’arresto cardiaco (le note

Tabella 18.2 Controindicazioni all’ECMO

Generali � Malattia progressiva irreversibile non candidabile a trapianto o VAD ( destination therapy )

� Danno neurologico grave irreversibile � Patologia neoplastica terminale � Sanguinamento intracranico � Età avanzata *

ECMO venoarteriosa � Dissezione aortica � Rigurgito aortico severo � Arresto cardiaco non testimoniato � RCP prolungata #

ECMO venovenosa � Arresto cardiaco � Shock cardiogeno � Ipertensione polmonare severa

* Il limite di età non è uniforme nei vari centri; si ritiene generalmente “eccessiva” un’età superiore agli 80 anni, sebbene i risultati in letteratura non siano signifi cativamente peggiori negli ottuagenari. # Anche la durata limite dell’RCP nei pazienti connessi per arresto cardiaco refrattario non è uniforme nei vari protocolli. Nel nostro centro, il tempo limite è di 45 sec, ma sono riportati in letteratura limiti fi no a 90 sec.

FIGURA 18.2 Posizionamento delle cannule per l’ECMO durante l’RCP.

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quattro “I” e quattro “T” dell’algoritmo ALS), esaminando le dimensioni delle camere cardiache – in particolare del ventricolo destro – e ricercando la presenza di un versamento pericardico cospicuo. È anche possibile valutare l’effi cacia delle compressioni toraciche stimando il fl usso ematico transaortico o transpolmona-re. Anche in questi pazienti è naturalmente necessario escludere condizioni che controindichino la cannulazione, prima fra tutte la dissezione aortica.

Cannulazione L’esame dei vasi arteriosi e venosi, benché non rappresenti una valutazione “eco-cardiografi ca” in senso stretto, è di grande importanza per essere certi di scegliere la sede più idonea per la cannulazione.

Si determinano la posizione dei vasi, eventuali varianti anatomiche e la presenza di possibili patologie a carico del sistema venoso (trombosi) o arterioso (occlusione, stenosi signifi cative, ateromasia marcata delle pareti) e, qualora si riscontrasse una patologia signifi cativa a livello dei vasi esaminati, si procederà a valutare le sedi al-ternative per individuare quella migliore. Questo aspetto, naturalmente, dovrà essere indagato nel più breve tempo possibile, soprattutto nei pazienti in arresto cardiaco.

Anche la valutazione del calibro dei vasi, particolarmente di quelli arteriosi, è impor-tante per la scelta della misura delle cannule; il calibro della cannula arteriosa deter-mina in gran parte la portata massima che si potrà raggiungere con il supporto ECMO, quindi cannule di calibro maggiore permettono portate più elevate. Nella nostra esperienza, in pazienti adulti è possibile ottenere un’assistenza circolatoria completa con cannule tra i 15 e i 19 Fr a seconda della taglia del paziente. Questo, unito alla regola grossolana secondo cui la misura della cannula in French divisa per tre dà il diametro in millimetri, indica che possiamo incannulare vasi di diametro superiore ai 5-5,5 mm. La valutazione dell’arteria che intendiamo incannulare ci può indicare se il suo diametro è suffi ciente per la cannula più piccola in grado di garantire al paziente un fl usso adeguato. La presenza di un vaso di calibro molto prossimo a quello della cannula ci può inoltre far prevedere la possibile necessità di posizionare una cannula per la riperfusione periferica dell’arto incannulato al fi ne di prevenirne l’ischemia.

In caso di accesso percutaneo è utile, dopo la puntura dei vasi arteriosi e venosi, verifi care l’effettiva presenza delle guide, e successivamente delle cannule, nel lume dei vasi. Durante la cannulazione è possibile valutare la progressione della cannula venosa e verifi carne la posizione, con l’estremità nell’atrio destro: la proiezione TEE medioesofagea a 90° bicavale consente di accertare che la cannula venosa sia perfettamente collocata al centro dell’atrio destro con i fori di aspirazione liberi, senza contatti con il setto interatriale e con la valvola tricuspide. La posizione ot-timale della cannula venosa favorisce una netta riduzione del precarico, in quanto la maggior parte del ritorno venoso viene trasferita al circuito extracorporeo e solo una minima quota di sangue passa nell’arteria polmonare.

Fase di suppor to ECMO Durante la fase di supporto ECMO la valutazione ecografi ca, che dovrebbe essere almeno quotidiana, riveste un’importanza fondamentale sia per lo studio della funzione cardiaca, sia per il monitoraggio dell’assistenza e la gestione delle com-

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plicanze. Tutti questi aspetti vengono indagati per tutta la durata dell’assistenza, che possiamo suddividere in tre fasi: quella iniziale postcon-nessione, quella intermedia di mantenimento del supporto e quella fi nale dello svezzamento e della deconnessione.

FASE INIZIALE (POSTCONNESSIONE)

Subito dopo la connessione dell’ECMO e l’inizio dell’assistenza, è necessario verifi care se il drenag-gio sia suffi ciente a mantenere un indice cardiaco adeguato; qualora non lo fosse, l’ecocardiografi a ci può aiutare a individuare le cause e a riscontrare l’efficacia delle manovre correttive: correzione

dell’ipovolemia, controllo del posizionamento delle cannule, evidenza di mas-se (coaguli o altro) che impediscano il drenaggio ( Figura 18.3 ). In presenza di bassi fl ussi alla pompa, è necessario anche escludere che ci sia qualche problema sul versante arterioso del circuito, quale potrebbe essere una dissezione aortica (misconosciuta alla valutazione preassistenza o iatrogena da cannulazione) o un’insuffi cienza aortica di grado avanzato.

La prima grossolana valutazione cardiaca nei pazienti posti in ECMO per arresto cardiaco refrattario può essere compiuta già poco dopo l’inizio dell’assistenza, studiando la ripresa o meno di un’attività meccanica, che si può verifi care spon-taneamente o a seguito di manovre terapeutiche (rivascolarizzazione, detampo-namento pericardico, risoluzione chirurgica o farmacologica di tromboembolia polmonare).

In questa fase è anche possibile indagare eventuali defi cit segmentari della con-trattilità e problemi valvolari.

FASE INTERMEDIA (MANTENIMENTO DELL’ASSISTENZA)

Il decorso dell’assistenza è molto variabile a seconda delle cause che hanno portato a instaurarla. Si possono avere ECMO della durata di poche ore o giorni (per esempio, nei pazienti con arresto cardiaco aritmico) o supporti di durata molto maggiore, fi no ad alcune settimane (come in alcune forme di miocarditi e nei pazienti in attesa di VAD a lungo termine o trapianto).

La valutazione ecocardiografi ca è essenziale nelle ore e nei giorni successivi, non solo per analizzare il recupero della funzione cardiaca, ma anche per evitare o trattare tempestivamente l’insorgenza di problemi legati all’assistenza.

Oltre al monitoraggio costante della contrattilità globale e di quella segmentaria, è importante verifi care regolarmente l’adeguato drenaggio cardiaco ed evitare la distensione delle camere cardiache, in particolare del ventricolo sinistro. Si devo-no inoltre prevenire fl ussi intracavitari troppo bassi, che potrebbero portare alla formazione di coaguli con successivi problemi di mantenimento dell’assistenza e di svezzamento, oltre ai rischi embolici ( Figure 18.4 e 18.5 ).

FIGURA 18.3 La cannula di drenaggio viene completamente ostruita da un trombo atriale destro.

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La strategia del “riposo cardiaco” consiste nell’impiego di basse dosi di inotropi, volte a garantire l’apertura e la chiusura costanti della valvola aortica, associato alla contropulsazione aortica in tutti i pazienti in cui essa non sia controindicata. Il controllo ecocardiografi co riveste un ruolo fondamentale nel monitoraggio del riposo cardiaco; per quanto riguarda la contropulsazione aortica, il suo impiego nell’ECMO con cannulazione periferica è dibattuto e non vi sono evidenze forti che lo sostengano o lo scoraggino. Nell’esperienza del nostro centro abbiamo osservato che il posizionamento di un IAB, oltre a favorire l’unloading del ventricolo sinistro e a garantire una certa pulsatilità al fl usso ECMO, porta un effetto positivo anche sui fl ussi distrettuali coronarici ( Figura 18.6 ), renali e splancnici.

Nei casi in cui, malgrado queste misure, il ventricolo sinistro non sia adeguatamente scaricato e vi siano segni di sovraccarico polmonare, si rende necessario ricorrere al drenaggio attivo. In letteratura sono state descritte varie tecniche, ma nei pazienti adulti la più comune è rappresentata dal venting apicale del ventricolo sinistro ; in questo caso l’ecocardiografi a è utile per verifi ca-re il corretto posizionamento e il funzionamento del vent. Abbiamo inoltre recentemente descritto una tecnica alternativa di drenaggio transpolmo-nare, nella quale il monitoraggio ecocardiografi co riveste un ruolo nel posizionamento della cannula di drenaggio oltre che, anche in questo caso, nel determinarne gli effetti.

L’ecocardiografi a rappresenta anche uno strumen-to prezioso per stimare la portata cardiaca durante l’ECMO, attraverso la valutazione del fl usso trans-aortico, dal momento che le metodiche basate sulla termodiluizione risentono in misura vari a-

FIGURA 18.4 Proiezione medioesofagea asse lungo: trombosi completa della cavità ventricolare sinistra.

FIGURA 18.5 Trombo nell’aorta ascendente, adeso alla cuspide aortica coronarica sinistra.

FIGURA 18.6 Variazioni di fl usso a livello del tronco comune della coronaria sinistra alla sospensione del supporto con IAB.

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bile del “furto” ematico prodotto dalla cannula venosa di drenaggio, e quelle basate sul pulse contour possono risentire negativamente di una scarsa pulsatilità a livello delle arterie periferiche, quando il fl usso ECMO è elevato.

Durante il periodo di assistenza è anche fondamentale verifi care costantemente la per-fusione degli arti cannulati, in modo da determinare precocemente la necessità di una riperfusione o di un drenaggio periferici e di controllarne gli effetti ( Figura 18.7 ).

FASE FINALE (SVEZZAMENTO E DECONNESSIONE)

Stabilire quale sia il momento migliore per fare a meno dell’ecocardiografi a durante un’assistenza ECMO non è facile, ma certamente il momento dello svez-zamento rappresenta un periodo in cui non si può prescindere da un accurato monitoraggio ecocardiografi co.

Il momento dell’inizio dello svezzamento, come si diceva, varia a seconda del-le cause che hanno portato il paziente in ECMO; come regola generale si può iniziare a valutare la “svezzabilità” del paziente nel momento in cui i problemi che hanno condotto all’assistenza (ischemici, aritmici, settici ecc.) siano stati controllati e i dati clinici ed emodinamici siano stabili.

L’intero processo dello svezzamento è ecoguidato, fi no dal momento in cui si determina una ripresa funzionale adeguata a iniziare la riduzione del supporto (o la mancata ripresa e le conseguenti decisioni alternative verso assistenze a lungo termine, trapianto o deconnessione).

Generalmente si procede a una lenta riduzione (0,5-1 L al giorno) del suppor-to extracorporeo, monitorando la risposta cardiaca in termini di contrattilità

a b

FIGURA 18.7 Variazione dei fl ussi nell’arteria tibiale anteriore prima ( a ) e dopo ( b ) il posizionamento di una cannula per la riperfusione distale nell’arteria femorale comune.

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e rilevando eventuali segni di sovraccarico destro o sinistro e gli effetti dello svezzamento su possibili problemi valvolari (in particolare l’insuffi cienza mi-tralica, che paradossalmente durante lo svezzamento può ridursi per effetto dell’aumento della contrattilità e della riduzione del postcarico). La valutazione morfofunzionale ecografi ca, integrata dai dati clinici ed emodinamici, consente di ottimizzare il supporto inotropo. Una volta verifi cata la stabilità emodinamica durante la progressiva riduzione del fl usso (fi no a circa 1 L/min), si riporta l’assi-stenza a fl usso pieno in modo da poter sospendere l’anticoagulazione e garantire un’emostasi facilitata al momento della decannulazione. Lo svezzamento lento e progressivo del supporto ci consente generalmente di prevedere correttamente l’autonomia del circolo del paziente; tuttavia, dal momento che non è possibile fermare completamente la pompa durante l’assistenza, per ovvie ragioni trombo-emboliche, la deconnessione rappresenta sempre un momento molto delicato, che richiede un’attenta valutazione emodinamica ed ecografi ca per individuare e trattare tempestivamente eventuali problemi.

Dopo la decannulazione e l’emostasi dei siti di accesso vascolare, è utile anche eseguire un’indagine ecografi ca vascolare per riscontrare precocemente i probabili danni a livello dei tramiti (lacerazioni, pseudoaneurismi, ematomi rilevanti).

ECMO VENO VENOSA Nel paziente con insuffi cienza respiratoria grave che richieda un supporto extra-corporeo, si pone il problema di quale sia il supporto più adeguato.

L’ECMO venovenosa rappresenta generalmente la scelta migliore: conduce a minori complicanze vascolari, mantiene la perfusione polmonare consentendo tra l’altro agli antibiotici di raggiungere più facilmente queste zone, garantisce una migliore ossigenazione dei distretti superiori (capo e cuore in particolare) che in caso di cannulazione venoarteriosa ricevono spesso sangue che proviene in gran parte dal circolo polmonare ed è conseguentemente ipossico.

È tuttavia indispensabile che il cuore del paziente sia in grado di sostenere com-pletamente il circolo, affi nché sia possibile istituire un’assistenza venovenosa; risulta quindi chiara la necessità di un’accurata valutazione ecocardiografi ca precannulazione, anche in questo caso integrata dai dati emodinamici. Come nell’ECMO venoarteriosa, l’esame deve essere il più possibile completo, ponendo una particolare attenzione allo studio delle pressioni polmonari e del ventricolo destro, che rappresentano frequentemente, insieme alla sepsi, la causa dell’insuf-fi cienza cardiaca nei pazienti con ARDS.

L’assistenza venovenosa non ha di per sé un impatto sulla performance cardiaca, dal momento che drenando e reimmettendo lo stesso volume non viene alterato il precarico del cuore destro; potrebbe anzi derivarne un effetto positivo sulla riduzione delle pressioni polmonari e sulla perfusione miocardica per effetto della reimmissione nel circolo polmonare di sangue ossigenato.

Anche in questo tipo di assistenza, l’ecocardiografi a può guidare il corretto po-sizionamento delle cannule.

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Nel caso vengano utilizzate cannule a doppio lume, queste richiedono un posizio-namento particolarmente preciso. Vengono inserite dalla vena giugulare interna, con l’estremità distale nella vena cava inferiore, appena al di sotto della giunzione cavoatriale. Esse sono provviste di fori nel lume di drenaggio per la vena cava superiore e per la vena cava inferiore e di una porta nel lume di reimmissione, che deve essere collocata in prossimità della valvola tricuspide; è quindi necessario un controllo accurato del posizionamento per evitare problemi di insuffi ciente drenaggio o di ricircolazione eccessiva del sangue ossigenato.

Nel caso in cui siano impiegate due cannule separate per il drenaggio e la reim-missione, i siti di accesso comuni sono le vene femorali e la vena giugulare interna destra; generalmente l’estremità della cannula di reimmissione è posizionata nell’atrio destro o nella vena cava in prossimità della giunzione cavoatriale, mentre la punta della cannula di drenaggio è posta nella vena cava, più distal-mente rispetto a quella di reimmissione, per minimizzare il ricircolo del sangue ossigenato in uscita dal circuito.

Come già detto, malgrado l’ECMO venovenosa rappresenti generalmente l’as-sistenza di scelta per i pazienti con insuffi cienza respiratoria, esistono casi in cui il compenso cardiocircolatorio è inadeguato a sostenere l’emodinamica del paziente. Inoltre, nei pazienti settici o con ipertensione polmonare severa, si può sviluppare un quadro di insuffi cienza cardiaca acuta durante il periodo dell’assi-stenza. Per questo anche nei pazienti con indicazione respiratoria è fondamentale un approccio “ecodinamico” (in cui l’ecocardiografi a integri il monitoraggio emodinamico convenzionale), per poter individuare e trattare precocemente un eventuale deterioramento della funzione cardiaca e, se necessario, attuare una con-versione dell’assistenza extracorporea venovenosa verso una confi gurazione che garantisca anche un supporto circolatorio (venoarteriosa o venoarterovenosa).

CONCLUSIONI L’ecocardiografi a rappresenta un esame fondamentale in tutti i momenti del supporto extracorporeo, dall’indicazione e dalla connessione al momento dello svezzamento. Sia nell’assistenza circolatoria sia in quella respiratoria, la valutazio-ne ecografi ca deve comprendere lo studio completo della funzionalità cardiaca, la scelta degli accessi vascolari, il monitoraggio del supporto e delle sue eventuali complicanze.

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