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SEZIONE 8 DOLORE

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SEZIONE 8

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Sistema nervoso: VOLUME II

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organizzate somatotopicamente: i loro complessi campi recettoriali eccitatori e inibitori sono organizzati in base alla localizzazione dei muscoli (muscolotopicamente). La loro caratteristica principale consiste nella codificazione dell’intensità dello stimolo; esse dimostrano frequenze di risposta crescenti a stimolazione da innocua a nociva.

I neuroni intrinseci del corno posteriore favoriscono l’interazione di stimoli nocicettivi efferenti e afferenti e sono inoltre responsabili della loro trasmissione al-le strutture sopraspinali. Questi sono classificati come (1) neuroni di proiezione che trasmettono informazioni ai centri sopraspinali, (2) neuroni propriospinali intersegmen-tali che integrano diversi livelli spinali e (3) interneuroni che hanno caratteristiche inibitorie o eccitatorie. I neu-roni nocicettivi di proiezione trasmettono informazioni a varie regioni del tronco encefalico e del diencefalo, tra cui il talamo, la sostanza grigia periacqueduttale, la for-mazione reticolare bulbare e le strutture limbiche all’in-

ANATOMIA DELLE VIE DEL DOLORE: VIE ASCENDENTI E SISTEMA DELLE ENDORFINE

La propagazione del dolore viene innescata dall’attivazio-ne di nocicettori distribuiti all’interno di cute, muscoli, articolazioni e visceri. Questi recettori comprendono terminazioni nervose libere che corrispondono a fibre di piccolo diametro Ab e C, che provengono da neuroni afferenti primari distali. Le fibre (mieliniche) cutanee Ab mediano l’intensa sensazione di dolore di prima fase o acuto, responsabile delle risposte di fuga. Queste com-prendono due gruppi di fibre: le prime sono fibre mecca-nocettrici ad alta soglia che rispondono a stimoli meccanici di elevata intensità e, dopo la sensibilizzazione, al calore nocivo. Il secondo gruppo di fibre è composto da recet-tori meccanotermici per la sensazione di caldo e freddo estremi (nocivi). Una volta sensibilizzati, questi recettori vengono attivati mediante stimoli meccanici a intensità non nocive.

Le fibre di tipo C (amieliniche) conducono lentamente informazioni sulla sensazione di dolore (secondario) sor-do e urente. Alcune di queste fibre sono modalità-spec-ifiche e rispondono esclusivamente a stimoli nocivi termici, meccanici o chimici. La maggior parte di esse è invece polimodale, ossia risponde a stimoli nocivi sia termici sia meccanici, così come a sostanze chimiche al-gogene (ad es. ioni di potassio, prostaglandine, sostanza P e istamina). Un solo sottotipo di fibre C risponde a stimoli termici di elevata intensità e media anche reazioni di arrossamento dopo un danno tissutale. Alcuni noci-cettori di tipo C, definiti recettori silenti, vengono attivati principalmente da un’infiammazione.

Le fibre afferenti primarie decorrono attraverso le ra-dici nervose posteriori che entrano nel corno posteriore del midollo spinale (MS), dove si dividono a forma di “T” decorrendo nei due o tre segmenti spinali adiacen-ti all’interno del tratto di Lissauer in direzione rostrale e caudale, e inviano proiezioni collaterali alla sostanza grigia lungo l’intera lunghezza dei quattro-sei segmen-ti, trasmettendo così segnali di dolore in un’ampia area del MS.

Sia le fibre afferenti primarie mieliniche sia quelle amieliniche proiettano principalmente alle lamine su-perficiali del corno posteriore. Benché vi sia una con-siderevole sovrapposizione nella proiezione delle fibre che trasmettono stimoli innocui e nocivi, esiste un certo grado di segregazione funzionale a livello postsinaptico nelle lamine superficiali. I neuroni del corno posteriore sono classificati in tre gruppi. I neuroni nocicettivi spe-cifici che rispondono esclusivamente a stimoli nocivi si trovano nelle lamine Rexed I, II, V e VI. I loro campi recettoriali nella lamina I sono puntiformi e presentano un’organizzazione somatotopica.

I neuroni della lamina I sono suddivisi in diverse classi, ciascuna delle quali presenta una propria direzione e ri-ceve informazioni da particolari sottogruppi di fibre di piccolo diametro che rilevano la condizione fisiologica dei tessuti. I due tipi di cellule nocicettive, le nocicet-tive specifiche (NS) e le nocicettive polimodali (HPC, per heat, pinch e cold, ossia caldo, pizzicotto e freddo), hanno caratteristiche diverse. I neuroni NS ricevono soprattut-to input dalle fibre Ab associate alla prima sensazione di dolore e trasmettono informazioni sulla localizzazione e sulla qualità fisica degli stimoli nocivi. Le cellule HPC ricevono informazioni dai nocicettori C polimodali e sono associate alla seconda sensazione di dolore. Le cellule della lamina I rilevano le condizioni fisiologiche momento per momento di tutti i tessuti del corpo; inoltre, regolano

Tavola 8.1

Dolore,temperaturaDolore

Dolore,temperaturaDolore

Sistema spinotalamico/spinoreticolare(da tutti i livelli spinali)

Commessura bianca anteriore

Formazione reticolare laterale

Strati profondidel collicolo superioree della sostanza grigiaperiacqueduttale

Midollo spinale cervicale

Bulbo inferiore

Ponte

Mesencefalo

Encefalo

Midollo spinale lombare

Nuclei talamiciaspecifici(centromediani)

Corteccia cerebrale:circonvoluzionepostcentrale

Braccio posterioredella capsula interna

Nucleo posterolateraleventrale (VPL)del talamo

Commessura bianca anteriore

l’eccitabilità del midollo spinale e l’ingresso del dolore attraverso l’attivazione di vie eccitatorie e inibitorie di-scendenti provenienti dal tronco encefalico.

I neuroni della lamina V sono cellule di grandi dimen-sioni con dendriti che si estendono attraverso il corno posteriore e ricevono segnali afferenti primari mielinici dalle fibre A`, Ab e C. Secondo la teoria del cancello (gate control), questo gruppo di fibre è importante per la sop-pressione segmentale del dolore; tuttavia, il loro ruolo inibitorio non è stato ancora confermato. Quasi tutta la lamina V è composta da cellule di tipo WDR (Wide Dyna-mic Range), che hanno ampi campi recettoriali e scariche continue ad alta frequenza. I neuroni WDR dimostrano risposte graduate alla pressione e agli stimoli nocivi, che comprendono caldo, freddo e stimolazione profonda e vi-scerale. La loro attività rappresenta l’integrazione di tutti i segnali afferenti del corno posteriore. Contrariamen-te ai neuroni della lamina I, le cellule WDR non sono

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ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 203

con l’area posteroparietale e l’insula, responsabili della relazione degli input sensitivi con l’apprendimento e la memoria. Questa via è fondamentale per la valutazione delle caratteristiche degli stimoli e delle decisioni com-portamentali in relazione alle funzioni della corteccia prefrontale. Al contrario, il sistema nocicettivo mediale ha proiezioni più diffuse dal talamo mediale a SI e SII e alle strutture limbiche, quali l’insula e la corteccia cingolata anteriore. Di conseguenza, è responsabile soprattutto della componente motivazionale-affettiva del dolore.

L’insula trasmette informazioni dal sistema nocicettivo laterale al sistema limbico, soprattutto attraverso l’amig-dala e la corteccia prefrontale associate alla componente emozionale e affettiva e alla memoria indispensabile per l’esperienza dolorosa. La corteccia cingolata anteriore coordina gli input provenienti dalle aree parietali con regioni corticali frontali, mettendo in atto il comporta-mento di dolore appropriato alla percezione di minaccia.

terno di ipotalamo, amigdala e altre sedi. Vi è anche una via nocicettiva viscerale all’interno della via della colonna posteriore postsinaptica.

Il tratto spinotalamico (STT) media sensazioni di do-lore, freddo, caldo e tatto. Questa via origina da neuroni WDR, NS e non nocicettivi del corno posteriore nelle lamine I e II e nella lamina più profonda V. La maggior parte degli assoni dell’STT decussa trasversalmente at-traverso la commessura bianca anteriore del MS e ascen-de attraverso il funicolo anterolaterale controlaterale. Passando attraverso il tronco encefalico, l’STT invia proiezioni collaterali alla formazione reticolare bulbare, pontina e mesencefalica, tra cui i nuclei gigantocellulare e paragigantocellulare e la sostanza grigia periacquedut-tale. Probabilmente queste sono responsabili dell’attiva-zione del sistema soppressore discendente, così come di risposte comportamentali e neurovegetative al dolore. Si riconoscono tre forme afferenti dell’STT, tra cui la via neospinotalamica monosinaptica (STT anteriore) che pro-ietta direttamente ai nuclei talamici del complesso latera-le coinvolti nelle componenti sensitivo-discriminative del dolore. Un’altra è la via paleospinotalamica multisinaptica (STT dorsale), che proietta ai nuclei talamici dei com-plessi intralaminare e mediale posteriore coinvolti negli aspetti motivazionali-affettivi del dolore. Infine, vi è una via spinotalamica monosinaptica che proietta direttamente al nucleo centrale mediale del talamo, che è correlato alle componenti affettive della sensazione di dolore.

Il talamo è il principale trasmettitore delle informa-zioni sensitive destinate alla corteccia; è coinvolto nella ricezione, nell’integrazione e nel trasferimento dei po-tenziali nocicettivi. I neuroni WDR proiettano ai nuclei ventroposterolaterale (VPL) e ventroposteromediale (VPM). I neuroni NS proiettano al nucleo ventroposteroinferiore (VPI), considerato la principale stazione di trasmissione somatosensitiva. Esso riceve informazioni nocive e in-nocue di origine cutanea, muscolare e articolare. Questo nucleo ha numerose interconnessioni con la corteccia somatosensitiva (SI) primaria. Il VPI contribuisce all’e-laborazione del dolore viscerale che si propaga attraverso la via della colonna dorsale postsinaptica con proiezioni al nucleo gracile.

Anche il nucleo VPM è coinvolto in aspetti sensitivo-di-scriminativi di informazioni termiche, meccaniche e tat-tili. A causa delle sue proiezioni alla corteccia prefrontale, della convergenza delle fibre che originano dalla regione parabrachiale all’interno della porzione laterale del ponte a livello del locus coeruleus e delle interconnessioni con l’amigdala, l’ipotalamo e la sostanza grigia periacquedut-tale. È probabile che il nucleo VPM sia coinvolto nel do-lore emozionale, così come nelle reazioni psicomotorie e autonome agli stimoli dolorosi. La divisione posteriore del nucleo ventromediale (VmPO) e il nucleo posteriore (PO) sono parti essenziali del sistema nocicettivo mediale che stabilisce connessioni tra la corteccia insulare e quella cingolata coinvolte negli aspetti affettivo-cognitivi del dolore. Proiezioni specifiche dell’STT, che originano dalla lamina I, indicano che questi nuclei sono centri di integrazione di informazioni nocive, soprattutto in caso di sensazioni viscerali e di congelamento.

Il complesso mediale del talamo riceve segnali afferenti dalle lamine I e V dell’STT, che si interconnettono con lo striato e il cervelletto. Esso è responsabile del control-

Tavola 8.2

0

00

0000==

=0=00

Dolore(nocicezione)e temperatura

Tratto spinocerebellaredorsale

Tratti spinotalamicoe spinoreticolare

Al muscoloscheletrico

Neuronimotoriinferiori

Commessura biancaanteriore

Tattoe pressione

PropriocezioneConscia

InconsciaAfferenze Ia

Fascicolo gracile

Fascicolo cuneato

Fascicolo dorsolaterale(tratto di Lissauer)

Tratto spinocerebellareposteriore

Tratto spino-olivare

Fascicoli propri

Sistemadella colonna

dorsale

Fascicolo settomarginale (fascio ovale)Fascicolo (semilunare) interfascicolare

;YH[[V��WPYHTPKHSL�JVY[PJVZWPUHSL�SH[LYHSL

;YH[[V�Y\IYVZWPUHSL

;YH[[V�YL[PJVSVZWPUHSLSH[LYHSL

;YH[[V�YL[PJVSVZWPUHSLTLKPHSL

;YH[[V�]LZ[PIVSVZWPUHSL

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;YH[[V�[L[[VZWPUHSL

Fascicoli (solcomarginali) longitudinali mediali=PL�HZJLUKLU[P=PL�KPZJLUKLU[P-PIYL�JOL�KLJVYYVUV�PU�LU[YHTIL�SL�KPYLaPVUP

;YH[[V�ZWPUVJLYLILSSHYLHU[LYPVYL

(MMLYLUaL�ZVTH[VZLUZP[P]L�KPYL[[L�HS�TPKVSSV�ZWPUHSL

7YPUJPWHSP�[YH[[P�ULY]VZP�KLS�TPKVSSV�ZWPUHSL

Tratti spinotalamicoe spinoreticolare

lo dell’attenzione e delle risposte motorie; ciò suggerisce che quest’area possa essere coinvolta nel comportamento di fuga in presenza di stimoli dannosi.

Infine il segnale nocicettivo viene trasmesso dal talamo a diverse regioni corticali. Di solito si distinguono due sistemi di proiezione corticale nocicettiva: i sistemi laterale e mediale. Vi sono tre importanti regioni corticali: la corteccia somatosensitiva primaria (SI), la corteccia so-matosensitiva secondaria (SII) e la corteccia cingolata anteriore. Il sistema nocicettivo laterale partecipa diretta-mente alla componente sensitivo-discriminativa della nocicezione che coinvolge nuclei talamici specifici che proiettano ai neuroni NS e WDR delle cortecce SI e SII. I neuroni NS sono associati alla localizzazione topografica degli stimoli periferici, mentre i neuroni WDR codificano l’intensità di questi stimoli. I neuroni nocicettivi della corteccia SII codificano lo stimolo doloroso in termini temporali. Le cortecce SI e SII sono entrambe connesse

ANATOMIA DELLE VIE DEL DOLORE: VIE ASCENDENTI E SISTEMA DELLE ENDORFINE (Seguito)

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dalla formazione reticolare pontobulbare e da altri nuclei ca-tecolaminergici.

Le proiezioni discendenti più importanti dalla PAG anterolaterale sono dirette al bulbo RVM, tra cui il nucleo del rafe magno e la formazione reticolare adiacente. L’azione di modulazione del dolore della PAG viene esercitata quasi esclusivamente attraverso il bulbo RVM che, a sua volta, invia proiezioni discendenti bilaterali attraverso funicoli spinali posterolaterali che terminano all’interno del corno posteriore spinale. RVM è un termine funzio-nale che descrive l’area pontobulbare della linea mediana in cui l’iniezione di un oppioide o la stimolazione elettrica provoca analgesia. Essa comprende il nucleo del rafe magno e la formazione reticolare adiacente e proietta diffusamente alle lamine degli strati superficiali e della parte profonda del corno posteriore, che sono importanti per l’elabora-zione nocicettiva.

Grazie alle maggiori conoscenze sulla fisiologia neuro-nale della RVM, si riconosce il ruolo centrale di quest’a-rea per la mediazione del controllo bidirezionale della nocicezione. Essa riceve proiezioni da neuroni conte-nenti serotonina del rafe dorsale, da neuroni neurotensi-nergici della PAG e dalla corteccia limbica e prelimbica, compresa l’insula anteriore. La stimolazione non selettiva o l’inattivazione della RVM può sopprimere o facilitare la nocicezione, a seconda del background funzionale. Ciò indica che vi sono vie parallele di output inibitori e faci-litatori dalla RVM al midollo spinale. Neuroni adiacenti sono contemporaneamente sotto il controllo facilitatorio e inibitorio esercitato da strutture sopraspinali. L’equi-librio tra inibizione e facilitazione determina l’effetto netto di modulazione discendente sulla trasmissione nocicettiva.

La RVM comprende tre tipi distinti di neuroni: (1) neuroni che iniziano a scaricare appena prima della fuga per calore nocivo, entrando in un periodo di inattività

VIE NOCICETTIVE DISCENDENTI E BASI NEUROCHIMICHE DELLA MODULAZIONE DISCENDENTE DEL DOLORE

VIE NOCICETTIVE DISCENDENTI

Il controllo discendente della nocicezione spinale origina da varie aree cerebrali ed è fondamentale per determinare l’esperienza del dolore, sia acuto sia cronico. Diverse aree del SNC modulano l’elaborazione nocicettiva dall’alto verso il basso. Proiezioni dalle cortecce prefrontale, cingolata anteriore e insulare, dall’ipotalamo e dall’ami-gdala, al sistema modulatore del dolore nel tronco ence-falico sostengono la teoria della regolazione emozionale e affettiva della trasmissione del dolore. L’attenzione, le aspettative, il controllo del dolore e le convinzioni reli-giose influiscono sulla percezione del dolore; ciò rivela l’importanza della corteccia cingolata anteriore e dei lobi frontali nella modulazione dell’elaborazione nocicettiva.

Il modello attuale di modulazione discendente del do-lore comprende influenze inibitorie e facilitatorie sulla trasmissione nocicettiva spinale. L’equilibrio tra inibizio-ne e facilitazione dipende da diverse condizioni compor-tamentali, emozionali e patologiche. Un livello intenso di stress o di paura è associato a una riduzione della risposta al dolore, mentre un’infiammazione, una lesione nervo-sa o una malattia sono associate a iperalgesia, che può essere parzialmente riconducibile a meccanismi facilita-tori discendenti. Numerosi studi indicano che i sistemi facilitatori discendenti vengono attivati anche mediante segnali di sicurezza che seguono un evento avversivo. Inoltre, la facilitazione discendente della nocicezione spinale contribuisce alla sensibilizzazione centrale e allo

Tavola 8.3

Corteccia cerebrale

=0,�+,3�+6369,

Bulbo

Mesencefalo Mesencefalo

Tratto talamico spinale laterale

Gangliodella radice dorsale

Afferenza primaria

Talamo

Bulbo

Locus coeruleus

5-HTNA

Midollo spinale Midollo spinale

Nuclei del rafe

Sostanza grigiaperiacqueduttale (PAG)

Neurone contenente encefalina

Vie degli oppioidi da ipotalamo e PAG

sviluppo di iperalgesia secondaria. Infine, anche l’iperal-gesia riscontrata durante un’astinenza acuta da oppioidi comporta facilitazione nocicettiva discendente dal bulbo rostrale ventromediale (RVM).

Diverse sedi sopraspinali attivate da input nocicettivi contribuiscono alla modulazione centrale del dolore. Quelle più importanti comprendono la sostanza grigia periacqueduttale (PAG) e il bulbo RVM. Gli effetti della modulazione discendente sono esercitati nel corno poste-riore spinale sulla sinapsi tra i neuroni afferenti primari e i neuroni di proiezione o su interneuroni che formano sinapsi con neuroni di proiezione, inibendo il rilascio di neurotrasmettitori dalle fibre afferenti primarie o ini-bendo la funzione dei recettori dei neurotrasmettitori sul neurone postsinaptico.

In animali svegli in movimento, la stimolazione della sostanza grigia periacqueduttale (PAG) anterolaterale de-termina immobilità, simpatoinibizione e analgesia, così come inibizione di neuroni nocicettivi del corno poste-riore, tra cui le cellule del tratto spinotalamico. La PAG contiene un grande numero di neuroni. Negli animali, l’iniezione locale di oppioidi, encefalina aspecifica, sostan-za P ed eccitanti GABAergici o neuropeptidi nella PAG produce un effetto analgesico. Le vie eccitatorie che proiettano dalla PAG al tronco encefalico sono soggette al controllo inibitorio da parte di neuroni inibitori GA-BAergici all’interno della PAG. Gli oppioidi analgesici e i cannabinoidi riducono il controllo GABAergico e, pertanto, provocano analgesia. La PAG è interconnes-sa in modo considerevole con l’ipotalamo e le strutture limbiche del prosencefalo, tra cui l’amigdala. Ciò indica che aspetti cognitivi ed emozionali influenzano l’input nocicettivo ascendente, modulando ulteriormente la con-seguente esperienza del dolore.

Gli input più importanti dal tronco encefalico alla PAG originano dal nucleo cuneiforme, dal locus coeruleus,

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gruppo di neuroni. Gli effetti analgesici mediati attraver-so recettori _-2 presinaptici comprendono l’inibizione presinaptica di afferenze primarie, l’inibizione postsinap-tica di neuroni di proiezione, così come una complessa interazione con i sistemi antinocicettivi degli oppioidi e dell’adenosina.

Le vie dopaminergiche originano principalmente da neuroni A11 del talamo posteriore periventricolare. La loro attivazione determina una risposta ridotta agli stimoli noci-vi mediata da recettori D2, con concomitante inibizione del rilascio di neurotrasmettitori da afferenze primarie. Probabilmente, gli oppioidi endogeni producono effetti di potenziamento. Al contrario, l’attivazione di recettori D1 determina una trasmissione facilitata della nocicezione, sia direttamente sia mediante antagonismo degli oppio-idi. Il possibile meccanismo d’azione della dopamina può dipendere dalla concentrazione locale di dopamina; bassi livelli attivano recettori D2 antinocicettivi e alti livelli producono effetti pronocicettivi attraverso recettori D1.

(“cellule ON”), (2) neuroni che smettono di scaricare pri-ma del riflesso di fuga, entrando in un periodo di silenzio (“cellule OFF”) e (3) neuroni che non dimostrano altera-zioni coerenti dell’attività quando si verifica un riflesso di fuga (“cellule neutrali”). Le cellule ON e OFF inviano proiezioni alle lamine I, II e V del corno posteriore. L’attivazione delle cellule OFF determina antinocicezione comportamentale ed è necessaria per l’effetto analgesico degli oppioidi. Al contrario, l’attivazione selettiva diretta di cellule ON determina iperalgesia; la loro scarica è asso-ciata a un aumento della nocicezione. Pertanto, le cellule OFF esercitano un effetto inibitorio netto sulla nocice-zione, mentre le cellule ON svolgono un ruolo facilitatorio nella modulazione discendente del dolore.

Il ruolo delle cellule neutrali nella modulazione del do-lore non è chiaro. Vi è una teoria, secondo la quale le cel-lule neutrali vengono reclutate per diventare cellule ON o OFF durante lo sviluppo di condizioni di dolore croni-co, che è supportato da ampie variazioni dell’eccitabilità delle cellule ON e OFF in condizioni basali. Almeno alcune cellule neutrali sono serotoninergiche. L’importanza della serotonina nella modulazione nocicettiva indica che le cellule neutrali possono essere coinvolte nel controllo discendente della trasmissione del dolore.

Il locus coeruleus e i gruppi di cellule noradrenergiche A5 e A7 del ponte posterolaterale sono la fonte principale di input noradrenergici al corno posteriore. Queste regio-ni inviano proiezioni bilaterali che discendono princi-palmente alle lamine controlaterali I, II e V del corno posteriore, esercitando un effetto antinocicettivo. La PAG manda input al locus coeruleus e alla regione A7. Quest’ultima riceve input anche dai neuroni della RVM contenenti sostanza P o encefalina. Di conseguenza, il tegmento pontino posterolaterale fornisce una via corrispon-dente affinché la PAG e la RVM esercitino un controllo discendente della nocicezione nel corno posteriore. I sistemi pontini posterolaterali possono fornire anche un controllo corticale della trasmissione spinale del dolore. La corteccia insulare anteriore ha connessioni con il lo-cus coeruleus e la RVM; ciò indica che l’inibizione delle efferenze insulari disinibisce i neuroni noradrenergici del locus coeruleus.

BASI NEUROCHIMICHE DELLA MODULAZIONE DISCENDENTE DEL DOLORE

Gli oppioidi sono stati a lungo considerati gli analgesici tradizionali e si credeva che quelli endogeni (“encefali-ne”) svolgessero un ruolo fondamentale nella modula-zione della trasmissione del dolore. Recentemente si è scoperto invece che le vie monoaminergiche mediano la modulazione dell’elaborazione nocicettiva. I sistemi monoaminergici comprendono neuroni serotoninergici, noradrenergici e dopaminergici, che producono effetti an-tinocicettivi o pronocicettivi a seconda del tipo di recettore coinvolto e della sua posizione. La modulazione monoa-minergica implica una complessa interazione tra afferen-ze nocicettive primarie, neuroni di proiezione del corno dorsale, interneuroni locali e cellule gliali.

La RVM è la fonte principale di input serotoninergici al corno dorsale; è l’output comune finale per le influenze discendenti dalle aree cerebrali rostrali che proiettano

Tavola 8.4

III

IIIIVVVI

Interneurone dolorificodella lamina I

Interneurone della lamina V

:0:;,4(�+,33,�,5+69-05,

Sostanza grigia periacqueduttale

Acquedotto mesencefalico

Morfina

Morfina

Stimoli provenientida centri più elevati(psicologici,effetto placebo, ecc.)

Neurone contenenteencefalina

Mesencefalo

Vie indirette

Nucleo del rafe magno

Neuronereticolaremidollare

)\SIV

Fibre dolorifiche afferentidel nervo trigemino

Tratto e nucleo spinalidel trigemino

Neurone contenente encefalina

Via della serotonina

Funicolo posterolaterale

Neurone della sensibilitàdolorifica nel gangliodella radice dorsale

Via spinoreticolare

Funicoloanterolaterale

4PKVSSV�ZWPUHSL

Neurone della via spinoreticolare

Neurone contenenteencefalina nella sostanzagelatinosa (lamina II)

alle zone superficiale e profonda del corno dorsale. La via serotoninergica PAG-RVM è considerata il principale sistema di modulazione endogena del dolore e il princi-pale obiettivo dell’analgesia sopraspinale con oppioidi. I neuroni serotoninergici possono esercitare un’azione anti-nocicettiva (in risposta a stimoli chimici e infiammazione neurogena), così come un’azione pronocicettiva (in risposta a stimoli meccanici) a seconda dell’attivazione di diversi recettori serotoninergici.

Neuroni noradrenergici che originano dal locus coeru-leus e dai gruppi A5 e A7 del tegmento pontino fornisco-no inibizione di input nocicettivi attraverso recettori a-2 presinaptici. In questo caso, la modulazione noradrener-gica dipende dalla trasmissione di volume, contrariamen-te al sistema serotoninergico che media la trasmissione sinaptica puntiforme. L’effetto di questo sistema nora-drenergico consiste fondamentalmente nella diffusione extrasinaptica di sostanze neuroattive che possono essere coinvolte in alterazioni tardive e di lunga durata di un

VIE NOCICETTIVE DISCENDENTI E BASI NEUROCHIMICHE DELLA MODULAZIONE DISCENDENTE DEL DOLORE (Seguito)

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206 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA

il loro ruolo nella patogenesi del dolore neuropatico è dimostrato dall’annullamento degli effetti nocicettivi da parte di bloccanti non selettivi dei canali del sodio, quali gli anestetici locali. I neuroni del ganglio della radice dorsale esprimono numerosi tipi di canali del sodio, sen-sibili o resistenti alla tetrodotossina.

SENSITIZZAZIONE CENTRALE

Si tratta di una forma di plasticità sinaptica attività-dipen- dente che svolge un ruolo fondamentale nella fisiopato-logia del dolore neuropatico. È responsabile dell’iperal-gesia secondaria, definita come un aumento dell’intensità del dolore agli stimoli nocicettivi distribuita oltre l’area della lesione da cui essi originano, e dell’allodinia tatti-le, definita come una sensazione di dolore innescata da uno stimolo normalmente innocuo. La sensibilizzazione centrale rappresenta l’amplificazione dello stato funzio-nale di neuroni e circuiti nocicettivi causata da ridotta inibizione, aumento dell’eccitabilità della membrana e potenziamento dell’efficacia sinaptica. Poiché tali alte-razioni si manifestano nei neuroni del SNC, il dolore percepito non rispecchia la presenza, l’intensità o la du-

CORRELAZIONI TRA L’ELABORAZIONE NOCICETTIVA E IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE NEL DOLORE

DOLORE NEUROPATICO

L’International Association for the Study of Pain lo de-finisce come un dolore causato da una lesione primaria o da una disfunzione del sistema nervoso. Il termine “disfun-zione”, tuttavia, è piuttosto vago e sarebbe più preciso usare una definizione basata sulla lesione. Il dolore neu-ropatico periferico può derivare da una sofferenza del sistema nervoso periferico (SNP) causata da traumi mec-canici, patologie metaboliche (diabete mellito), infezione (herpes zoster), invasione tumorale o sostanze chimiche neurotossiche. Tra i fattori di rischio associati al dolore neuropatico vi sono il sesso, l’età, la sede anatomica della lesione e persino l’intensità del dolore postoperatorio acuto. Secondo studi epidemiologici, la prevalenza del dolore neuropatico è pari al 5%.

Una lesione neurale innesca una serie di processi che influenzano i recettori afferenti primari, i loro assoni e i corpi cellulari e scatenano una complessa risposta immu-nitaria nei neuroni centrali e nelle cellule gliali. Alcuni di questi processi facilitano la guarigione e il recupe-ro, come ad esempio la rimozione di detriti di cellule e mielina, la messa in atto di meccanismi antiapoptotici, l’induzione di crescita e rigenerazione di assoni, il rimo-dellamento sinaptico e la remielinizzazione. Al contrario, studi neurofisiologici sugli animali dimostrano che alcuni di tali processi secondari hanno un esito maladattativo. Altri fattori ben caratterizzati che portano al dolore cro-nico sono la sensibilizzazione centrale, la generazione di impulsi ectopici, la riduzione dell’inibizione centrale, la perdita neuronale e la cicatrizzazione gliale.

SENSIBILIZZAZIONE PERIFERICA

Diverse molecole, tra cui le citochine, le chemochine, i neurotrasmettitori, i fattori neurotrofici e i protoni in ec-cesso, rilasciati dopo una lesione tissutale e un’infiamma-zione, attivano o sensibilizzano direttamente i nocicettori. L’aumento dell’espressione dei canali ionici implicati nella trasmissione del dolore rappresenta un importante mec-canismo per lo sviluppo di una sensibilizzazione periferi-ca. Una lesione nervosa periferica determina un aumento dell’espressione di specifici canali del sodio voltaggio-di-pendenti (Nav) e canali cationici del recettore vanilloide di tipo 1 (TRPV1) nelle terminazioni afferenti primarie, in gemme assonali a livello della sede della lesione, in aree demielinizzate e in nocicettori adiacenti intatti nella sede della lesione. Le alterazioni dei canali sono significative per l’espressione del dolore neuropatico.

La sensibilizzazione periferica presenta numerose e importanti conseguenze. Riduce la soglia per l’attivazio-ne dei nocicettori, causa l’iperalgesia primaria (aumento di risposta a stimoli nocicettivi normali) e provoca la depolarizzazione spontanea in fibre afferenti primarie (attività ectopica). Una lesione periferica favorisce, inol-tre, la migrazione dei fattori neurotrofici in direzione re-trograda, influenzando così il ganglio della radice dorsale e le cellule del corno posteriore.

GENERAZIONE DI IMPULSI ECTOPICI

La persistenza di un’esperienza sensitiva ed emozionale spiacevole, in assenza di uno stimolo continuo identifica-bile, è una caratteristica peculiare del dolore neuropatico.

Tavola 8.5

Meccanismo di gating Meccanismi spinali dell’elaborazione nocicettiva

Reclutamentomediante convergenza

ELABORAZIONE NOCICETTIVA SPINOTALAMICA E SPINORETICOLARE NEL MIDOLLO SPINALE

Afferenza della colonna dorsale

III

IIIIVV

VIVII

C e A!C e A!C

Trattospinotalamico/spinoreticolare

Tale dolore spontaneo si verifica come conseguenza della generazione di un potenziale d’azione ectopico in neuroni afferenti primari. Può originare sia dall’attività ectopica in nocicettori sia dalla attività di afferenze mieliniche a bassa soglia a causa di una sensibilizzazione centrale e di un’alterazione della connettività nel midollo spinale. Scariche ectopiche che originano nel corpo cellulare di afferenze primarie lesionate possono causare stimolazio-ne antidromica, il rilascio di mediatori e infiammazione neurogena a livello periferico. Gli impulsi ectopici pos-sono essere generati anche lungo neuromi che si formano attorno alle cellule del ganglio della radice dorsale (DRG) e che determinano nuove efferenze simpatiche. Si ritiene che l’accoppiamento simpatico-sensitivo svolga un ruolo importante nella fisiopatologia del dolore infiammatorio, della sindrome da dolore regionale complesso (CRPS), della neuropatia diabetica, della nevralgia posterpetica, delle sensazioni di arto fantasma e altre condizioni. Anche la deafferentazione (perdita dei normali segnali afferenti) può dare origine a sensibilizzazione e a scariche ectopiche nel midollo spinale o nei neuroni talamici.

I canali del sodio voltaggio-dipendenti influenzano in modo significativo la generazione di attività ectopica;

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Dolore

ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 207

di comunicazione con neuroni, oligodendrociti, cellule di Schwann e microglia spinale. Una lesione nervosa perife-rica innesca l’attivazione microgliale nel corno dorsale; ciò si verifica in stretta vicinanza all’afferenza lesionata. La microglia spinale attivata esprime recettori delle chemochine e rilascia mediatori immunitari (interleuchina [IL]-1B, IL-6, fattore di necrosi tumorale-_ [TNF-_], BDNF), che inducono e mantengono condizioni di dolore maladat-tativo. I mediatori rilasciati da microglia e astrociti, così come le citochine/chemochine prodotte da cellule DRG, attivano direttamente i nocicettori, causano sensibilizza-zione periferica, aumentando l’eccitabilità delle afferenze primarie, e stimolano i neuroni adiacenti che esprimono chemochine. Alterazioni dell’espressione e della funzione dei recettori-canale, che determinano variazioni transi-torie di potenziale e aumenti delle correnti del sodio e del calcio, contribuiscono all’induzione di potenziali d’a-zione. È stato dimostrato che anche il TNF-_ stimola i neuroni DRG e potenzia l’espressione delle chemochine e che gli antagonisti del TNF-_ sopprimono il dolore neuropatico in modelli animali comportamentali.

rata di stimoli periferici. Al contrario, corrisponde a uno stato patologico di responsività o aumentata attività del sistema nocicettivo.

Lo sviluppo della sensibilizzazione centrale richiede spesso input nocicettivi continui, ripetitivi e a elevata intensità. L’induzione e il mantenimento della sensi-bilizzazione centrale dipendono dai recettori N-me-til-d-aspartato (NMDA) che sono ubiquitari all’interno delle sinapsi delle lamine superficiali del corno dorsale. Normalmente, il poro dei recettori NMDA voltaggio-di-pendenti è bloccato da uno ione di magnesio (Mg2+). Il rilascio continuo di glutammato, sostanza P e peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) determina una depolarizzazione della membrana sufficiente affinché il Mg2+ lasci i canali del recettore NMDA, consentendo al glutammato di legarsi al recettore e di generare una corrente verso l’interno. Ciò permette l’ingresso dello ione calcio (Ca2+) nel neurone, con attivazione di diverse vie intracellulari che contribuiscono al mantenimento della sensibilizzazione centrale. Questa fase acuta preco-ce della sensibilizzazione centrale determina l’attivazione di chinasi intracellulari che fosforilano subunità NMDA e altri recettori, potenziando la loro attività e densità e causando ipereccitabilità postsinaptica. Alterazioni della tra-scrizione a livello del corno dorsale contribuiscono alla fase ritardata o tardiva della sensibilizzazione centrale. L’aumento della sintesi di trasmettitori e neuromodu-latori, quali il glutammato, la sostanza P, il CGRP, il BDNF o l’ossido nitrico (NO), determina alterazioni funzionali presinaptiche nel corno dorsale. Tutti questi processi possono aumentare l’eccitabilità della membra-na, facilitare l’efficacia sinaptica e ridurre le influenze inibitorie sui neuroni del corno dorsale. È importante notare che queste alterazioni non sono necessariamente limitate alla sinapsi attivata (facilitazione omosinaptica), ma possono diffondersi facilmente a sinapsi adiacenti (fa-cilitazione eterosinaptica). Di conseguenza, tali processi di modulazione determinano un aumento della responsività dei neuroni nocicettivi di durata prolungata e che può deter-minare l’attivazione di reti nocicettive da parte di stimoli sottosoglia rispetto alle condizioni prima della lesione.

DISINIBIZIONE

Numerosi circuiti inibitori locali e vie inibitorie discen-denti modulano la percezione del dolore. Tuttavia, dopo una lesione nervosa periferica le afferenze primarie, i neuroni del corno dorsale e i neuroni inibitori che ri-lasciano acido a-aminobutirrico (GABA) subiscono nu-merose alterazioni maladattative. Le afferenze primarie esprimono un numero minore di recettori degli oppioidi e i neuroni del corno dorsale sono meno suscettibili all’i-nibizione da parte di agonisti dei recettori degli oppioidi mu. L’attivazione di recettori GABAergici può causare eccitazione paradossa e attività spontanea. La perdita di inibizione locale favorisce la trasmissione del dolore, so-prattutto del dolore mediato dalle fibre A`.

DOLORE MEDIATO DALLE FIBRE Aa A BASSA SOGLIA

Tali fibre non solo mediano le sensazioni di tatto, pres-sione, vibrazione e movimento articolare, ma anche, aspetto molto importante, la soppressione del dolore

Tavola 8.6

5,<96;9(:4,;;0;690��9,*,;;690�,�),9:(.30�-(94(*636.0*0�5,3�:0:;,4(�5,9=6:6�*,5;9(3,

Ligando

Ligando5 subunità(1 rimossaper mostrare il poro)

4 subunità

9LJL[[VYL�JVSPULYNPJV�T\ZJHYPUPJV

9LJL[[VYLKLS�.()(

*HUHSL�KLS�2��]VS[HNNPV�KPWLUKLU[L��]LK\[H�L_[YHJLSS\SHYL�

Ione

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9LJL[[VYP�HJJVWWPH[P�H�WYV[LPUL�.9LJL[[VYP�[PYVZPUJOPUHZPJP

(S[YP

*HUHSP�PVUPJP�SPNHUKV�KPWLUKLU[P

7YV[LPUL�.��LUaPTP��HK�LZ��[PYVZPUH�JOPUHZP�

=PL�KLP�ZLJVUKP�TLZZHNNLYP

9,*,;;690�¸4,;()6;9670*0¹

9,*,;;690�¸0656;9670¹

*HUHSP�PVUPJP]VS[HNNPV�KPWLUKLU[P

9,*,;;690�¸0656;9670¹

Ione

:LSLaPVUL�KP�UL\YV[YHZTL[[P[VYP�L�UL\YVTVK\SH[VYP�KLS�:5*

AcetilcolinaAdenosinaAMP, ADP, ATPAnandamideAspartatoBombesinaBradichininaPeptide correlato al gene della calcitonina (CGRP)Colecistochinina

CitochineDopaminaEicosanoidiEndotelineEpinefrinaPeptidi correlati all’amide FMFRGABAGalaninaGastrinaGlutammato

GlutamminaGlicinaIstaminaNeuropeptide YNeurosteroidiNeurotensinaNO (ossido nitrico)NoradrenalinaPeptidi oppioidi (endorfine, encefaline, dinorfine)

OssitocinaSomatostatinaSostanza P (tachichinine)TaurinaPolipeptide vasoattivo intestinale (VIP)Vasopressina

nocicettivo causato dalla frizione dell’area interessata. Tuttavia, dopo lesioni neurali le fibre A` attivano neuroni nocicettivi di proiezione del corno dorsale. Una lesione periferica induce risposte rigenerative atte a favorire i neuroni danneggiati. Gli stimoli di crescita attivati da geni possono causare la generazione di fibre A` negli strati superficiali del corno dorsale. I processi rigenerativi possono dimostrare attività ectopica o essere attivati da stimoli altrimenti sottosoglia. Insieme alla sensibilizza-zione centrale, tali alterazioni si manifestano clinicamente come la capacità di generare dolore in aree esterne ai territori nervosi interessati dalla lesione e, di solito, sono associate a perdita delle terminazioni delle fibre C.

INTERAZIONI NEUROIMMUNI

I macrofagi hanno un ruolo centrale nella sorveglianza immunitaria del sistema nervoso periferico. Essi elimina-no i detriti cellulari e fungono da cellule di presentazione antigenica per l’attivazione dei linfociti T. Sia i macrofagi sia le cellule T usano citochine e chemochine come mezzi

CORRELAZIONI TRA L’ELABORAZIONE NOCICETTIVA E IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE NEL DOLORE (Seguito)

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Sistema nervoso: VOLUME II

208 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA

FISIOPATOLOGIA

Il talamo svolge un ruolo centrale nella modulazione di informazioni sensitive tra la periferia e la corteccia cerebrale. Sono stati ipotizzati diversi meccanismi alla base della fisiopatologia del CPSP, tra cui un alterato equilibrio centrale, la disinibizione e la sensibilizzazio-ne centrale. Lo squilibrio centrale si associa a una perdita

SINDROME DEL DOLORE TALAMICO

La sindrome del dolore talamico (TPS), descritta per la pri-ma volta da Déjerine e Roussy nel 1906, è caratterizzata da dolore neuropatico centrale che deriva principalmente da una lesione ischemica o emorragica del talamo, de-finito dolore centrale postictus (CPSP). Altre lesioni non talamiche del SNC presentano talvolta sintomi simili, ampliando lo spettro della sindrome del dolore centrale. Le caratteristiche cliniche distintive sono rappresenta-te da una sensazione iniziale controlaterale alla lesione di intorpidimento o formicolio e con percezione tattile compromessa, talvolta con emiparesi in caso di coinvol-gimento della capsula interna adiacente.

Successivamente tali sintomi gradualmente scompa-iono e si manifesta un’allodinia persistente ed estrema-mente fastidiosa, ossia un’ipersensibilità a stimoli che normalmente non causano dolore, in particolare a stimoli meccanici o termici di grado minimo. Il CPSP di solito si sviluppa entro alcuni mesi o, raramente, dopo anni da un ictus e si manifesta solo in una ridotta percentuale di pazienti, in particolare nelle persone più anziane. Il dolore varia da un torpore fastidioso a una condizione debilitante che incide fortemente sulla qualità della vita. Spesso il paziente non riesce a stare seduto, neanche per un breve periodo di tempo, è costretto a indossare un guanto per evitare di toccare gli oggetti, a volte può svi-luppare sintomi depressivi di grave entità, tale da rischia-re il suicidio. Il trattamento del dolore è spesso inefficace e il dolore può persistere.

CARATTERISTICHE DEL DOLORE

Il paziente riferisce, generalmente, un dolore urente, pungente, trafittivo o lancinante; si osserva spesso iperal-gesia alla temperatura e al tatto. Il dolore può diffondersi

Tavola 8.7

;(3(46

Freccia bianca nel forameinterventricolaresinistro (di Monro)

EpendimaPia madre

:LaPVUL�JVYVUHSL�KLS�JLY]LSSV!�]LK\[H�WVZ[LYPVYL

Nucleo lenticolare

Corpo callosoSetto pellucidoVentricolo lateraleCorpo del nucleo caudatoPlesso corioideo del ventricolo lateraleStria terminaleVena talamostriata superioreCorpo del forniceVena cerebrale interna

Plesso corioideo del terzo ventricoloTalamoPutamenGlobus pallidusCapsula internaTerzo ventricolo e adesione intertalamicaIpotalamoCoda del nucleo caudatoTratto otticoPlesso corioideo del ventricolo lateraleCorno temporale (inferiore) del ventricolo lateraleFimbria dell’ippocampoIppocampoCirconvoluzione dentataCorpo mammillareCirconvoluzione paraippocampica

Tela corioidea del terzo ventricolo

Pulvinar

Nucleo reticolare

Nuclei mediani

Terzo ventricolo

PulvinarCorpo genicolato laterale

Corpo genicolato mediale

Terzoventricolo

Adesioneintertalamica

Nucleiintralaminari

Laminamidollareesterna

Laminamidollareinterna

:LaPVUL�ZJOLTH[PJHKLS�[HSHTV(a livello della lineatratteggiata presentenella figura di destra)

5\JSLP�[HSHTPJP

*4 Centromediano3+ Laterale dorsale73 Posteriore laterale4 Mediale+4 Dorsale mediale(= Anteriore ventrale0= Intermediale ventrale3= Laterale ventrale7= Posteriore ventrale73= Posterolaterale ventrale74= Posteromediale ventrale

5\JSLP�SH[LYHSP5\JSLP�TLKPHSP5\JSLP�HU[LYPVYP

9HWWYLZLU[HaPVUL�ZJOLTH[PJH�KLS�[HSHTV(lamina midollare esternae nuclei reticolari rimossi)

+4

4

*4

73=

74=

7373

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4LKPH

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4LKPH

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PU[LYUH

TPKVSSHYL

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(U[LYPV

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3HTPUH

unilateralmente partendo dalle estremità e, talvolta, può essere accompagnato da parestesie facciali; nelle regioni colpite dall’ictus può verificarsi anche anestesia. Il CPSP è più comune nell’ictus emisferico destro. Il dolore quo-tidiano intermittente dura da alcuni secondi a qualche minuto. Il sollievo, occasionale, è limitato ad alcune ore, tuttavia l’ipersensibilità, l’iperpatia o l’allodinia persisto-no in risposta ai vari stimoli.

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Dolore

ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 209

considerare i rischi che tali terapie possono avere sul paziente e, fra questi, la farmaco-dipendenza.

Le procedure invasive comprendono la stimolazione profonda del cervello, del midollo spinale e della cor-teccia motoria; diversi approcci ablativi sono riportati in alcuni studi, ma con un modesto e spesso momentaneo beneficio terapeutico. I pazienti con CPSP talvolta trag-gono beneficio anche dal trattamento psicologico e dalla riabilitazione postictus.

sensitiva dissociata, caratterizzata da ipersensibilità a sti-moli termici e nocivi, ma conservazione della percezione sensitiva al tatto e alla vibrazione. Si ipotizza che avven-ga uno squilibrio degli input tra i tratti spinotalamici e la ridotta attività delle colonne dorsali e del lemnisco mediale. La disinibizione centrale può spiegare la sensa-zione termica anomala con dolore urente e allodinia al freddo, funzione correlata al talamo mediale e alla cor-teccia cingolata anteriore. Per sensibilizzazione centrale si intende il fenomeno in cui le alterazioni delle proprietà elettrofisiologiche di neuroni nocicettivi danno origine a ipereccitabilità attraverso molteplici meccanismi. Non è stata ancora stabilita una correlazione tra l’aspetto clinico e uno specifico meccanismo fisiopatologico sottostante.

TRATTAMENTO

Il trattamento del CPSP rimane un’importante sfida te-rapeutica a causa dell’intensità e della qualità del dolore, della spasticità unilaterale associata e delle alterazioni psi-cologiche associate. Sono disponibili pochi studi clinici controllati randomizzati (RCT) di classe I. Ultimamente stanno emergendo nuovi trattamenti farmacologici. Uno studio controllato randomizzato su pregabalin ha dimo-strato una riduzione significativa dell’intensità del dolore, così come un miglioramento del sonno e della condi-zione globale del paziente. Vi sono evidenze a favore del beneficio analgesico dose-dipendente degli oppioidi. Un recente studio sulla duloxetina ha dimostrato che, nonostante alcuni effetti biologici vantaggiosi, questo principio attivo non presenta un’efficacia maggiore del placebo nel controllo del dolore neuropatico.

Tavola 8.8

4(50-,:;(A0650�*3050*/,�*699,3(;,�(33(�:,+,�;(3(40*(�+,33»,4699(.0(�05;9(*,9,)9(3,

:JHUZPVUL�;* 7\WPSSL (S[YV

Talamo

Ristrette,entrambescarsamentereattivealla luce

Entrambele palpebreretratte; occhiposizionativersoil basso emedialmente;impossibilitàa guardareverso l’alto

Lieveemiparesicontrolaterale,ma prevalenteperditaemisensitiva

Afasia(se lalesioneè sul latosinistro)

7H[VSVNPH 4V]PTLU[PKLNSP�VJJOP

+LMPJP[TV[VYP

LZLUZP[P]P

Difetti omonimi (parziali) del campo visivo

Difetto (parziale o completo) del linguaggiosolo in caso di coinvolgimentodell’emisfero dominante

Emiparesi o emiplegia (possono essereinteressati solo gli arti superiorie inferiori); può essere passeggera,ricorrente o permanente e puòmanifestarsi con o senza deficit sensitivi

Arteria interessatanel lato opposto

Cefalea occasionale(di solito sopraorbitaleo temporale)

Attualmente, alcuni esperti specializzati nel trattamen-to del CPSP sono a favore di un approccio polifarmaco-logico, anche se non sono ancora stati pubblicati studi a sostegno di tale approccio. Altre possibilità terapeuti-che sono rappresentate dagli antidepressivi triciclici e dal gabapentin come trattamento di prima linea. Se non si ottiene un miglioramento nell’intensità del dolore, è possibile aggiungere farmaci anticonvulsivanti quali la carbamazepina. Per il trattamento con oppioidi bisogna

SINDROME DEL DOLORE TALAMICO (Seguito)

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Sistema nervoso: VOLUME II

210 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA

La farmacoterapia può iniziare con antidepressivi tri-ciclici e antiepilettici; sebbene questi siano efficaci nel trattamento del dolore neuropatico, la loro utilità nei pazienti affetti da CRPS non è ancora ben definita. I far-maci antinfiammatori, tra cui i FANS e i corticosteroidi, sono talvolta efficaci. L’analgesia topica mediante cerotti transdermici a base di capsaicina e lidocaina si dimostra talvolta efficace. A volte gli oppioidi, se tollerati, sono utili, per il dolore neuropatico, ma gli effetti collaterali, quali tolleranza, abuso e uso improprio, possono essere un problema.

Esistono numerose modalità di intervento. Quelle più diffuse comprendono blocchi anestetici regionali (blocco simpatico), simpatectomia e blocco somatico, quando il dolore da moderato a grave non risponde alla fisioterapia o alla farmacoterapia.

Anche la neuromodulazione, come la stimolazione nervosa elettrica transcutanea (TENS), in corrisponden-za della sede del dolore, e la stimolazione del midollo spinale (SCS), danno buoni risultati. Tali approcci tera-peutici sono difficili da eseguire e richiedono l’intervento di uno specialista in medicina del dolore.

DOLORE REGIONALE COMPLESSO

La sindrome del dolore regionale complesso (CRPS), pre-cedentemente nota come distrofia simpatica riflessa, è un’importante sindrome da dolore neuropatico cronico caratterizzata da una fenomenologia clinica peculiare. L’epidemiologia della CRPS è difficile da valutare per la diversa gravità dei sintomi e per la presenza di casi con sintomatologia lieve. Gli studi con massima sensibilità diagnostica indicano un’incidenza postchirurgica pari al 30% e al 20-25% nelle fratture degli arti; la CRPS “grave” cronica si verifica in meno del 2% di questi pa-zienti. Il rapporto donne-uomini è di 2 : 1 o 3 : 1; questa sindrome interessa maggiormente l’arto superiore negli adulti e quello inferiore nei bambini.

FISIOPATOLOGIA

La fisiopatologia della CRPS è ancora incerta; si ipotizza che dopo un trauma si instauri un’alterazione dell’inner-vazione cutanea. Studi patologici sull’uomo dimostrano una riduzione della densità locale delle fibre nocicettive con innervazione aberrante dei follicoli piliferi e delle ghiandole sudoripare. Non è chiaro, tuttavia, se questi siano cambiamenti primari o secondari.

Altri studi suggeriscono che la CRPS sia causata da una sensibilizzazione centrale e periferica. L’iperalgesia e l’allodinia, riscontrate dopo un trauma tissutale iniziale, vengono attribuite a un rilascio locale di neuropeptidi pronocicettivi che determina un aumento della risposta dei nocicettori con abbassamento delle soglie per stimo-li meccanici e termici innocui. Una maggiore intensità del dolore preoperatorio può predire una CRPS posto-peratoria avvalorando la teoria della sensibilizzazione centrale. I neuropeptidi e le citochine proinfiammatorie rilasciate da fibre nocicettive lesionate sono implicati nell’infiammazione neurogena sperimentale. I neuropep-tidi, quali il CGRP, la sostanza P e la bradichinina, causa-no vasodilatazione, aumento della permeabilità vascolare, iperidrosi e aumento della peluria nell’area interessata, determinando le caratteristiche peculiari della CRPS.

La disfunzione del sistema nervoso simpatico (SNSD) può spiegare le frequenti alterazioni autonomiche presen-ti nella CRPS. La riduzione della vasocostrizione indotta dal SNSD è prodromica alla CRPS e spiega il calore e il rossore dell’arto nella CRPS acuta. Nello stesso tem-po, il SNSD può contribuire all’eccitazione nocicettiva post-traumatica attraverso recettori adrenergici espressi su fibre nocicettive. Inoltre, il SNC può svolgere un ruolo fisiopatologico nella CRPS. La regione della corteccia somatosensitiva, relativa all’arto interessato, è conside-revolmente ridotta. Tale modificazioni della plasticità cerebrale è associata a una maggiore intensità del dolo-re, a iperalgesia e compromissione della discriminazione tattile. La disfunzione motoria che accompagna la CRPS può essere associata a una riorganizzazione significativa dei circuiti motori centrali.

CARATTERISTICHE CLINICHE E DIAGNOSI

La CRPS si verifica principalmente in seguito a frattu-re e a diversi interventi chirurgici, tra cui sostituzione totale del ginocchio, artroplastica dell’anca, intervento per tunnel carpale e numerose procedure artroscopiche. Le principali caratteristiche cliniche della CRPS com-prendono dolore spontaneo, allodinia, iperalgesia, ede-ma, instabilità vasomotoria, disfunzione autonomica e alterazioni trofiche progressive. Nella CRPS il dolore si manifesta in un territorio di distribuzione oltre il nervo (o nervi) inizialmente interessato; infine, può colpire l’in-tero arto interessato e, raramente, quello controlaterale.

Tavola 8.9

Distrofia simpatica riflessa acuta.Mano tumefatta, arrossata e dolente

Grave osteoporosiassociata da disuso

Distrofia simpatica riflessa cronica.Mano atrofica, fredda e dolente,con dita leggermente ad artiglio

Nella distrofia simpatica riflessa cronica, l’arto superiore destro è atroficoe irrigidito. Braccio tenuto a riposo con una protezione per evitare il dolore

Possono verificarsi ipotonia e tremore, che determinano una completa perdita funzionale. Vi sono due sottotipi di CRPS: quella di tipo I non presenta alcuna lesione nervosa focale identificabile e spesso si sviluppa dopo una frattura o un trauma, mentre quella di tipo II è ca-ratterizzata da un danno nervoso specifico.

La diagnosi di CRPS si basa su criteri clinici e non vi sono test diagnostici specifici. Talvolta vengono utilizzati blocchi nervosi a livello del sistema simpatico a vari livelli del nevrasse e ciò conferma la presenza di una compo-nente autonomica. Se tali approcci risultano positivi si possono utilizzare blocchi più duraturi con fenolo o una procedura di ablazione con radiofrequenza.

TRATTAMENTO

Si usa un approccio multidisciplinare. La diagnosi pre-coce e il trattamento tempestivo influenzano favorevol-mente la prognosi. Il trattamento dei sintomi si basa sull’intensità del dolore. La fisioterapia, che comprende esercizi di mobilizzazione, desensibilizzazione e poten-ziamento isometrico, è il trattamento di prima linea.

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Dolore

ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 211

frizione/toccamento della cute; possono essere presenti anche prurito intenso e formicolio.

TRATTAMENTO

Un vaccino attenuato vivo è quello approvato dalla U.S. Food and Drug Administration (FDA) per la prevenzione dell’HZ in pazienti di età superiore ai 50 anni. La pro-tezione contro l’HZ inizia circa 4-6 settimane dopo la vaccinazione. Non viene, però, usato come trattamento dell’herpes zoster o della PHN. Agenti antivirali, quali aci-clovir, valaciclovir e famciclovir, riducono il periodo acuto e sintomatico se somministrati entro 3 giorni dalla comparsa del rash. Gli ultimi due farmaci riducono anche l’incidenza e la gravità della PHN, benché non ne evitino l’insorgenza.

Per il trattamento della PHN, l’ossicodone ha dimostra-to un beneficio analgesico nella fase acuta e subacuta dopo la riattivazione dell’herpes zoster. Gli antidepressivi tricicli-ci, adiuvanti quali il gabapentin e il pregabalin, la lidocaina topica (5%), la capsaicina topica a dosi elevate (8%) e i farmaci oppioidi sono efficaci nel trattamento del dolore.

HERPES ZOSTER

Noto comunemente come “fuoco di Sant’Antonio”, l’herpes zoster (HZ) provoca una nevralgia acuta tipica-mente limitata alla distribuzione di una specifica radice nervosa spinale o di un nervo cranico. È la più comu-ne infezione del sistema nervoso periferico. Negli Stati Uniti, l’incidenza annua è pari allo 0,5%. Dopo aver causato un’infezione primaria, nota come “varicella”, il virus varicella-zoster (VZV) diviene latente nei gangli del trigemino, del sistema nervoso autonomo e della radice dorsale a causa di una immunità cellulo-media-ta acquisita. Il virus può riattivarsi nel corso della vita, provocando un rash cutaneo vescicolare estremamente doloroso. L’età e l’immunosoppressione sono importanti fattori di riattivazione del VZV; oltre a questi, vi sono stress, traumi, interventi chirurgici e un’anamnesi fami-liare positiva per HZ.

L’herpes zoster complica il 10% dei linfomi, in par-ticolare la malattia di Hodgkin. Un paziente su 25 con il “fuoco di Sant’Antonio” attivo presenta carcinomi, linfomi o altre condizioni, in particolare immunosop-pressione con un corticosteroide o con un farmaco per trapianti o per infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV).

La nevralgia posterpetica (PHN), caratterizzata da dolore intenso e altamente refrattario al trattamento, è un’importante complicanza dell’HZ. I fattori di rischio per PHN comprendono età superiore a 50 anni, sesso femminile, grave rash disseminato, dolore inizialmente intenso. Il VZV è associato ad altre complicanze neu-rologiche, tra cui arteriopatie cerebrali, in particolare zoster oftalmico del trigemino. Altri sintomi potenziali comprendono paralisi dei nervi cranici, mielite, parali-si motoria segmentale e nevralgia erpetica senza il rash dello zoster (zoster sine herpete); si tratta di una diagnosi difficile da effettuare.

PATOLOGIA

Il ganglio della radice dorsale (DRG) è la sede primaria di infezione. Il VZV, un virus a DNA simile all’herpes simplex virus, causa varicella in età pediatrica. Successiva-mente, c’è la possibilità che il VZV migri lungo il nervo periferico/sensitivo fino al DRG, rimanendo latente per anni fino a quando l’immunocompromissione favorisce la riattivazione. In questa sede una reazione infiammatoria acuta determina la distruzione del DRG. In concomitan-za il VZV si diffonde perifericamente alla cute, dando origine al rash. La componente di dolore neuropatico dello zoster, indipendente dal dolore associato alle le-sioni, si verifica con replicazione virale intraneuronale, che determina danno litico neuronale, infiammazione ed emorragia con eruzione virale dai neuroni.

MANIFESTAZIONE CLINICA

Il rash, che ricorda la varicella, è limitato alla distribu-zione radicolare o dei nervi cranici. La sua insorgenza è spesso annunciata dalla presenza di dolore localizzato e intenso o da un fastidio aspecifico nell’area interessata, che può durare alcuni giorni. Le vescicole, che compaio-no 72-96 ore più tardi, presentano una base eritematosa con una bolla tesa e trasparente che nel tempo diviene opaca, si secca e si copre di croste dopo 5-10 giorni; possono verificarsi cicatrizzazione e ipopigmentazione. In genere, il dolore svanisce nell’arco di 1-4 settimane.

Più della metà dei pazienti viene colpita nella regione toracica, come nel caso della varicella. L’herpes zoster oftalmico del trigemino è piuttosto comune e comporta il rischio di anestesia corneale e conseguente cicatrizza-

Tavola 8.10

Vesciche dermatomeriche da herpes zoster

Varicella-zostercon possibile

cheratite sottostante

zione, insieme a congiuntivite, cheratite e iridociclite. Vi è anche la rara possibilità di infarto dell’arteria cerebrale media a causa dell’invasione virale della parete arteriosa. I deficit motori derivano da infezioni del nervo faciale, quando è interessato il ganglio genicolato. Questa infe-zione, definita anche sindrome di Ramsay-Hunt, di solito è associata a vescicole nell’orecchio esterno e talvolta causa tinnito, vertigini e sordità.Una grave complicanza primaria dell’herpes zoster acuto (AHZ) è la nevralgia posterpetica (PHN), o dolore neu-ropatico cronico nel territorio del nervo interessato, che persiste dopo la scomparsa delle eruzioni cutanee e della risposta infiammatoria acuta. Sebbene la PHN possa mi-gliorare nel corso del tempo, l’incidenza e la gravità dei sintomi sono direttamente correlate all’età avanzata al momento dell’insorgenza del rash e al suo grado di gravi-tà. Una volta guarite le lesioni iniziali dell’HZ, le regioni cicatrizzate presentano sensibilità ridotta e intorpidimen-to, sebbene la cute circostante sia soggetta ad allodinia, iperalgesia e iperestesia. Il dolore può manifestarsi come dolore urente persistente o lancinante innescato dalla

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Sistema nervoso: VOLUME II

212 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA

dolore in questa regione. La maggior parte dei tratta-menti, tuttavia, mira alla riduzione dei sintomi e al sol-lievo da un’eventuale tensione muscolare associata. È comune l’utilizzo empirico di farmaci in base ai dati re-lativi all’efficacia ricavati da altre sindromi neuropatiche. In tale categoria di farmaci ritroviamo gli antidepressivi triciclici e anticonvulsivanti, quali la carbamazepina o il gabapentin. Si usano anche iniezioni di tossina botulinica di tipo A. Le iniezioni locali di anestetici e corticosteroidi nel nervo grande occipitale hanno un’efficacia variabile. In studi preliminari si sta valutando l’effetto della radio-frequenza pulsata del ganglio della radice dorsale C2 o C3. Un numero sempre maggiore di evidenze sostiene l’uso della stimolazione nervosa periferica sottocutanea nei casi gravi e intrattabili di nevralgia occipitale.

NEVRALGIA OCCIPITALE

La nevralgia occipitale (ON), come definita dalla Inter-national Headache Society, consiste in un dolore lanci-nante parossistico che si manifesta lungo la distribuzione dei nervi grande, piccolo e III occipitale. Il dolore inte-ressa le aree occipitale e periauricolare e può irradiarsi al cuoio capelluto laterale e all’area retrorbitale. Episodi di ON possono essere provocati dalla palpazione dei nervi occipitali, soprattutto in corrispondenza del punto di repere anatomico dell’incisura occipitale. Lo stress e la tensione possono modulare l’intensità del dolore. Benché non vi sia un test definitivo di localizzazione, molteplici studi indicano che il nervo grande occipitale sia respon-sabile della maggior parte dei casi (90%). Uno studio ha riscontrato che solo nell’8,7% dei casi sono coinvolti sia il grande sia il piccolo occipitale.

PATOLOGIA

Questa rara nevralgia presenta diverse eziologie, classifi-cate principalmente come neurogene, vascolari, muscola-ri od osteogeniche. È importante notare che la radice C1, nervo suboccipitale, presenta una funzione interamente motoria, in quanto, contrariamente a tutte le altre radi-ci nervose, non ha componenti sensitive. I traumi della radice C2, dovuti a lesioni da trazione o secondari ad alterazioni artrosiche a livello dell’articolazione atlan-toassiale, sono le cause principali di nevralgia occipitale. Un’altra causa meccanica ipotizzata, ma non dimostrata, è l’intrappolamento del nervo per contrazione o spasmo prolungato dei muscoli posteriori del collo. Tra le cause osteogeniche vi sono l’osteoartrosi e la degenerazione ar-trosica della colonna vertebrale che determinano intrap-polamento del nervo da parte dei legamenti atlantoassiali ipertrofici. Esempi di eziologia vascolare comprendono irritazione delle radici nervose C1/C2 causata da rami dell’arteria cerebellare posteroinferiore e fistole artero-venose durali nelle regioni cervicali, estremamente ra-re. Le cause neurogene più rare sono dovute a tumori della seconda e terza radice dorsale cervicale e a sclerosi multipla. Spesso, tuttavia, il fattore eziologico non viene identificato mediante valutazione clinica e le alterazio-ni neuropatiche nel nervo occipitale grande o piccolo sono considerate idiopatiche. Forse questi meccanismi fisiopatologici saranno individuati più facilmente grazie all’aumento della disponibilità della risonanza magnetica (RM) 3 tesla, che fornisce dettagli più accurati.

MANIFESTAZIONE CLINICA

La nevralgia occipitale viene generalmente descritta co-me dolore trafittivo con periodi di dolore sordo tra epi-sodi parossistici. Il dolore retrorbitale può essere spiegato dalla convergenza di vie nocicettive nella radice dorsale di C2 e nella divisione pars caudalis del nucleo spinale del trigemino. Inoltre, deficit visivi, acufeni, vertigini e congestione nasale possono accompagnare periodi di dolore e sono dovuti al coinvolgimento dei nervi cranici (NC) VIII, IX e X e del tronco simpatico cervicale. Si

Tavola 8.11

Aponeurosi epicranica(galea aponeurotica)

Ventre occipitale del muscolooccipitofrontale

Nervo grande occipitale(ramo dorsale del nervo spinale C2)

Arteria occipitale

Arteriaauricolareposteriore

Nervo grande auricolare(plesso cervicale C2, C3)

Nervo piccolo occipitale(plesso cervicale C2)

Muscolosternocleidomastoideo

Muscolo trapezioMuscolo splenio della testa (ZLaPVUL)

Muscolo semispinale della testa (ZLaPVUL)

Muscolo semispinale del collo

Muscolo splenio del collo

Muscolo lunghissimo della testa

Muscolo spleniodella testa (ZLaPVUH[VL�YPIHS[H[V)

Nervo grandeoccipitale (ramodorsale del nervospinale C2)

Muscolo obliquoinferiore della testaArteria occipitale

Arco posterioredell’atlante (vertebra C1)

Nervo suboccipitale(ramo dorsale del nervospinale C1)

Muscolo obliquosuperiore della testa

Arteria vertebrale (parte atlantica)

Muscolo semispinale della testa(ZLaPVUH[V�L�YPIHS[H[V)

Muscolo grande retto posteriore della testaMuscolo piccolo retto posteriore della testa

III nervo occipitale (ramo dorsale del nervo spinale C3)

Muscoli semispinale e splenio della testa nel triangolo posteriore del collo

Rami cutanei posteriori dei rami dorsali dei nervi spinali C4, C5, C6

III nervo occipitale (ramo dorsale del nervo spinale C3)

possono verificare anche cefalee per tensione muscolare indotta da stress. All’esame obiettivo, si osservano di-sestesia lungo il nervo grande e piccolo occipitale, così come dolorabilità alla palpazione. La diagnosi viene confermata attraverso un blocco nervoso diagnostico del nervo occipitale, insieme a scansioni diagnostiche per individuare eventuali lesioni sospette.

TRATTAMENTO

L’efficacia del trattamento dipende dall’identificazione del meccanismo di intrappolamento. In questo caso, si può prendere in considerazione l’intervento chirurgico o la decompressione. I blocchi del nervo occipitale si dimostrano spesso efficaci nell’attenuare l’intensità del

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Dolore

ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 213

descritta come una sensibilizzazione centrale, associata ad alterazione delle vie discendenti inibitorie sopraspinali di controllo del dolore.

MANIFESTAZIONI CLINICHE

I sintomi caratteristici della MPS si manifestano in segui-to a un trauma evidente o in modo insidioso. I pazienti manifestano comunemente sensazioni di dolore locale profondo di grado variabile. I disturbi funzionali com-

FATTORI MIOFASCIALI DEL DOLORE LOMBARE

Le strutture miofasciali sono coinvolte praticamente in tutte le sindromi da dolore lombare acuto e cronico. La sindrome del dolore miofasciale (MPS) è rigorosamen-te definita dalla presenza di dolore locale e riferito che origina da un trigger point miofasciale (MTrP). Questo quadro clinico è simile al dolore riferito proveniente da diverse strutture somatiche, quali legamenti, periostio, tessuto cicatriziale, cute e tendini. I trigger point, definiti come zone di dolore intenso associato a indurimento del fascio muscolare, possono essere identificati all’esame obiettivo; tuttavia, non è raro che le sindromi con una componente miofasciale siano prive di un TrP distinto, quando il dolore somatico è un dolore riferito nella re-gione inguinale proveniente da muscoli più profondi, quali gli psoas. La prevalenza varia dal 30% di pazienti che si rivolgono alla medicina generale, con dolore re-gionale, all’85-93% dei pazienti che si presentano nei centri specializzati nel trattamento del dolore. Le donne hanno molte più probabilità di soffrire di MTrP rispetto agli uomini.

FISIOPATOLOGIA

Lo sviluppo di MPS è spesso associato a disturbi postura-li, quali sovraccarico muscolare, distonia e affaticamento. Un’anomalia posturale (ad es. scoliosi) può essere secon-daria a un’asimmetria del tono estensorio o flessorio in un gruppo di muscoli paraspinali. Cause secondarie di dolore miofasciale sono estremamente comuni e com-prendono spasmi dolorosi con spondilolistesi o aumento del tono per stress emotivo. La causa più comune della formazione di trigger point miofasciale (MTrP) è uno stress ripetuto su singoli muscoli o gruppi muscolari. Nella regione lombare, un’emipelvi di dimensioni ridotte o un arto inferiore più corto può causare MPS.

Un MTrP è un punto molto irritabile all’interno di un muscolo scheletrico, associato a un nodulo palpa-bile ipersensibile in un fascio rigido. Qui le principali anomalie fisiopatologiche si trovano soprattutto in cor-rispondenza della parte centrale del muscolo, vicino all’a-

Tavola 8.12

Muscoloileocostale

Muscololunghissimo

Muscolospinale

Muscolo dentatoposteriore superiore

Muscoli spleniodella testa

e splenio del collo

Muscololunghissimo

della testa

Muscolo semispinaledella testa

Muscolodentato

posterioreinferiore

Muscoloobliquointerno

Muscoloileocostaledei lombi

Muscololunghissimodel torace

Muscolospinaledel torace

Muscoloileocostaledel torace

Muscoloileocostaledel collo

Muscololunghissimo del collo

Muscolo spinale del collo

Muscolo lunghissimodella testa

Muscolo obliquo inferiore della testaMuscolo grande retto posteriore della testaMuscolo obliquo superiore della testaMuscolo piccolo retto posteriore della testa

Decondizionamento della muscolatura estensoria

Inibizione della forza e dellafunzione muscolare direttamentecorrelata alla gravità degli stimoli nocivi

Elaborazionecorticale

degli inputdi dolore

Modulazionecorticale (gating)

degli inputdi dolore

StressEmozione

Viesimpatiche

Centri soprasegmentaliIperattivitàsimpatica

Efferenza a

Contrazionedelle fibreextrafusali

Lacontrazionedelle fibreintrafusalicontrollala sensibilitàdel fuso

Fibremuscolari extrafusali

Fuso

Afferenza Ia

Stimolinocivi (fattori meccanici,fattori chimici)

Il decondizionamentodella muscolaturadovuto a funzionalitàridotta e disusodetermina ritardodella riparazionee dolorepersistente

I fusi muscolari forniscono un meccanismo di feedbackper la tensione muscolare. La sensibilità dei fusiè modulata dal sistema di afferenze γ e dall’innervazionesimpatica dei fusi. L’iperattività simpatica può causarespasmo doloroso dei fusi

rea delle placche motrici terminali. I fattori scatenanti possono facilitare il rilascio di acetilcolina a livello delle placche motrici terminali, causando prolungate contra-zioni delle fibre muscolari, il rilascio di sostanze vascolari e neuroattive e dolore che prolunga lo spasmo muscolare. La grande quantità di nocicettori localizzati nel muscolo, nelle articolazioni, nella cute e nei vasi sanguigni spiega l’intensità del dolore e l’intensa dolorabilità muscolare alla palpazione. Probabilmente la cronicità delle MPS è attribuibile a un’alterazione della elaborazione sensitiva,

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Sistema nervoso: VOLUME II

214 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA

point rispetto all’inserimento di aghi senza iniezione di sostanze. Gli autori di questa metanalisi hanno concluso che qualunque effetto conseguente a queste terapie derivi dall’inserimento diretto dell’ago nell’MTrP. Il tropise-tron, un antagonista del recettore della serotonina di tipo 3 (5-HT3), potenzialmente utilizzabile per l’iniezione negli MTrP associati a MPS, non è stato valutato con un RCT.

prendono ridotta tolleranza agli sforzi, compromissione della coordinazione muscolare, rigidità articolare, affati-camento e ipotonia, sintomi che possono causare disturbi del sonno, alterazioni dell’umore e stress. I segni fisici più attendibili dei trigger point sono riconoscimento del dolore, rigidità dei fasci muscolari, punto di insorgenza del dolore, dolore riferito e contrazione locale. Gli MTrP sono di solito presenti in strutture muscolari necessarie per il mantenimento della postura, tra cui i muscoli qua-drato dei lombi, grande gluteo, medio gluteo, ileocostale, ileopsoas, elevatore dell’ano, lunghissimo del torace, ret-to inferiore dell’addome, piriforme e rotatori dell’anca. In caso di dolore lombare, il quadrato dei lombi, usato per la stabilizzazione del tronco e la postura, è l’origine più comune di MTrP. La palpazione dell’MTrP riprodu-ce o aumenta il dolore regionale, probabilmente dando origine a pattern di dolore irradiato e riferito. Talvolta l’attivazione di un MTrP può provocare una serie di feno-meni autonomici, quali flushing cutaneo, lacrimazione, sudorazione e alterazione della temperatura. I pazienti con MTrP cronico richiedono una valutazione per ano-malie posturali, fattori ergonomici e ipotiroidismo.

TRATTAMENTO

È necessario un approccio riabilitativo, farmacologico e chirurgico. L’obiettivo è eliminare gli MTrP e i punti in cui il paziente sente dolore. Si deve normalizzare la flessibilità complessiva del muscolo e rimuovere i fatto-ri associati scatenanti. Tra i farmaci utilizzabili ci sono l’acetaminofene o i FANS che vengono somministrati all’inizio, in caso di infiammazione locale. In presenza di componenti neuropatiche vengono aggiunti analgesici adiuvanti come antidepressivi o anticonvulsivanti.

Per la MPS possono essere utili anche approcci riabi-litativi, tra cui tecniche di rilassamento neuromuscolare, calore o elettroterapia. Si può, inoltre, ricorrere a terapie fisiche. La tecnica “stretch and spray” consiste nell’ap-plicazione di uno spray refrigerante sul muscolo inte-ressato prima che questo venga allungato. Altre terapie fisiche sono il massaggio terapeutico e la laser-terapia. I trattamenti usati più raramente sono i bagni di fango e i campi magnetici.

Tavola 8.13

7(9,;,�(++6405(3,�76:;,9069,!�=,+<;(�05;,95( Foro della venacava inferioreDiaframmaTendine centraledel diaframmaEsofagoe tronchi vagaliPilastro destrodel diaframmaPilastro sinistrodel diaframmaLegamentoarcuatomedianoAorta e dottotoracico

Nervisplancnicigrande, piccoloe minimo,e vena lombareascendente

Legamentolongitudinaleanteriore

LegamentoarcuatomedialeLegamentoarcuatolaterale

Troncosimpatico

Muscoloquadratodei lombi

Muscolopiccolo psoas

Muscologrande psoas

Muscolotrasversodell’addomeMuscoloobliquointerno

Muscoloobliquoesterno

MuscoloiliacoLegamento

sacrococcigeoanteriore

Spina iliacaanteriore superiore

Muscolo piriformeMuscolo (ischio-)coccigeo

Spina ischiaticaMuscolo otturatoreinterno

Muscolo rettococcigeoArco tendineo del muscoloelevatore dell’ano

Apertura per i vasi femorali

Muscoloelevatore dell’ano

Piccolo trocantere del femoreSinfisi pubica

Membrana perinealeUretra e muscolorettoperineale

Retto

Membrana otturatoria

Cresta pettinea

Tubercolo pubico

Spinailiacainferioreanteriore

3�

3�

3�

3�

3�

Legamentoinguinale (di Poupart)

Legamento pettineo (di Cooper)Legamento lacunare (di Gimbernat)

Un tipo di trattamento comune della MPS è l’inseri-mento di aghi nei trigger point miofasciali. Non è stato però ancora stabilito alcun rapporto causale tra questa procedura e il miglioramento dei sintomi. Una revisio-ne sistematica del 2001 su studi clinici controllati ran-domizzati (RCT) non è riuscita a dimostrare, in modo definitivo, un eventuale beneficio terapeutico dell’inie-zione di botulino o di un anestetico locale nei trigger

FATTORI MIOFASCIALI DEL DOLORE LOMBARE (Seguito)

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Dolore

ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 215

ticolari attraverso il cosiddetto blocco del ramo mediale. Viene eseguita anche un’iniezione anestetica intra-artico-lare dopo un’artrografia appropriata. La validità di queste tecniche, tuttavia, non è mai stata dimostrata.

TRATTAMENTO

Gli studi prospettici controllati che confrontano diversi trattamenti del dolore dell’articolazione LZ sono limitati. I trattamenti conservativi, tra cui i farmaci, la fisioterapia o la terapia manuale, sono privi dell’efficacia analgesica specifica per il dolore all’articolazione. Nonostante ciò, queste modalità forniscono un trattamento di prima linea standard per l’LBP a insorgenza acuta.

L’iniezione intra-articolare di steroidi per il trattamento del dolore all’articolazione LZ è una pratica piuttosto controversa. Tuttavia, si ritiene che le iniezioni intra-ar-ticolari di steroidi possano fornire un sollievo a medio termine per i pazienti con dolore all’articolazione LZ che sembrano avere un’infiammazione attiva.

La neurotomia del ramo mediale lombare (LMBN) è il trattamento maggiormente accettato. La sonda di coagu-lazione termica usata per la LMBN denatura le proteine dei nervi determinando un effetto clinico superiore a quello del blocco anestetico del ramo mediale. Numerosi studi clinici hanno dimostrato l’efficacia dell’LMBN nel trattamento del dolore all’articolazione LZ.

DOLORE LOMBARE ALL’ARTICOLAZIONE ZIGOAPOFISARIA

La degenerazione dell’articolazione (faccetta) zigoapofisaria (ZfJD) lombare è una causa importante di dolore lombare (LBP) cronico prevalentemente assiale. Il dolore mediato dalle faccette è un processo multifattoriale strettamente correlato alla degenerazione del disco intervertebrale. Queste sindromi originano dalle strutture che consen-tono il funzionamento delle articolazioni zigoapofisarie lombari (LZ), tra cui la capsula fibrosa, la membrana sinoviale, le superfici di cartilagine ialina e le articolazioni ossee. Il ruolo svolto da queste strutture nel dolore lom-bare è tuttavia controverso. Evidenze recenti, basate sulla teoria dei tre stadi del movimento del segmento spinale di Kirkaldy-Willis, identificano le articolazioni LZ come punti di origine primario del dolore. Studi epidemiolo-gici identificano la ZfJD come la diagnosi primaria nel 6% dei pazienti con LBP cronico.

FISIOPATOLOGIA

Il dolore alle articolazioni LZ deriva principalmente dal carico accumulato nel corso della vita; in rari casi, l’ar-tropatia delle articolazioni LZ è riconducibile a un solo evento scatenante. Nell’età adulta le alterazioni cartila-ginee si accentuano e si osservano comunemente sclerosi subcondrale e crescita di osteofiti. La malattia del disco intervertebrale è l’inizio della degenerazione spinale; in seguito si sviluppa deterioramento della faccetta artico-lare secondaria agli effetti biomeccanici. Le conseguenze meccaniche della degenerazione del disco comprendo-no riduzione dello spessore del disco e microinstabilità segmentaria che portano a un aumento del carico sulla faccetta. Ciò provoca sublussazione articolare e altera-zione della cartilagine con conseguente degenerazione della faccetta articolare.

Anche l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, la lesione sinoviale, la condromalacia della faccetta, la pseudogotta, l’intrappolamento del meniscoide e l’in-fiammazione capsulare/sinoviale predispongono a sof-ferenza cronica della faccetta articolare.

Le faccette articolari lombari sono riccamente inner-vate da terminazioni nervose incapsulate, non incapsulate e libere e contengono la sostanza P, il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) e il neuropeptide Y. Fibre nervose sono presenti all’interno dell’osso subcondrale e nelle inclusioni intra-articolari delle articolazioni zigoa-pofisarie lombari; ciò significa che il dolore mediato da una faccetta può originare al di là della capsula articolare. In modelli di alterazioni degenerative spinali lombari, all’interno della cartilagine della faccetta articolare e del tessuto sinoviale si possono riscontrare mediatori infiam-matori quali le prostaglandine e le citochine infiamma-torie (interleuchina [IL]-1`, IL-6 e TNF-_).

PATTERN DI RIFERIMENTO DEL DOLORE

Il dolore causato da una patologia delle faccette articolari lombari viene riferito all’inguine. Il dolore che origina dalle faccette articolari superiori tende a propagarsi sul fianco, all’anca e alla zona laterale superiore della co-scia, mentre il dolore derivante dalle faccette articolari inferiori penetra più profondamente nella parte poste-rolaterale della coscia.

Tavola 8.14

Superficiearticolare

CapsulaarticolareInnervazio-ne bilateraledella mem-brana sinovialee dellacapsuladella superficiearticolare Superficie articolare

e capsula innervateda rami dorsaliprovenienti da duelivelli spinali

SpazioarticolareCartilaginearticolare

ProcessoarticolaresuperioreProcessoarticolareinferiore

Membranasinoviale

Capsulaarticolare

Innervazionedella membranasinovialee della capsula

Processoarticolareinferiore

Processoarticolaresuperiore

Super-ficie

artico-lare

La superficie articolare,composta da processiarticolari di vertebreadiacenti, limitala torsionee la traslazione

La degenerazionedella cartilaginearticolare coninfiammazionesinoviale o tumefazionedella capsulapuò causaredolore riferito

Tumefazionedella capsula

InfiammazionesinovialeDegenerazione

della cartilagine Osteofiti

La crescita osteo- fitica eccessiva dei processiarticolari della superficiearticolare può creareattrito sulla radice nervosa

Regionespinalelombare

Regionelateraledella coscia

Regioneglutea

Regionetrocanterica

Regioneposteriore

della coscia

QUADRO CLINICO

Clinicamente, il dolore lombare mediato dall’articola-zione LZ si sovrappone a numerose altre condizioni in grado di provocare LBP. Sebbene il dolore all’articola-zione LZ non sia associato a deficit neurologici speci-fici, i pazienti affetti da questo dolore somatico riferito possono presentare una ipostenia secondaria al dolore con distribuzione non miotomica. Analogamente, questi soggetti riferiscono anche di una perdita sensitiva non dermatomerica relativa agli arti che può arrivare fino al piede.

Non vi sono specifiche anomalie radiografiche delle faccette articolari, individuate con la TC, utili per for-mulare una diagnosi sicura di dolore mediato da una pa-tologia delle faccette articolari della LZ. La scintigrafia ossea con tomografia computerizzata a emissione di fo-tone singolo (SPECT) talvolta può aiutare a identificare la presenza di un’infiammazione attiva delle faccette in pazienti colpiti da dolore lombare.

Il dolore mediato dall’articolazione LZ è una diagnosi formulata principalmente per esclusione di altre possibi-li eziologie (Tavola 8.13), ma è difficile da confermare; risultati positivi con iniezioni controllate di analgesici possono supportare questa diagnosi. Questi blocchi ner-vosi possono essere eseguiti in due modi. Il metodo più affidabile mira alle sottili fibre nervose che si ramificano dalla radice spinale dorsale e che innervano le faccette ar-

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Sistema nervoso: VOLUME II

216 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA

na vertebrale, diminuendo così la lordosi lombare. Gli esercizi di potenziamento comprendono iperestensioni della schiena e stiramento dei flessori dell’anca, dei glutei e dei muscoli della loggia posteriore, insieme a esercizi addominali. Può essere utile, inoltre, evitare uno stile di vita sedentario o indossare un tutore lombare. Con l’utilizzo di FANS, si può ottenere il sollievo dal dolore per un breve periodo. Uno studio pubblicato nel 2005 ha dimostrato il beneficio dello yoga Iyengar (significa-tiva riduzione della disabilità e del dolore autoriferito e uso ridotto di analgesici) rispetto ai programmi educativi nel trattamento di pazienti con CLBP. Per il CLBP, le posizioni che implicano torsioni e inversioni possono alleviare il dolore da iperlordosi. I movimenti di torsione coinvolgono lo strato più profondo dei muscoli del dorso e riducono i sintomi dolorosi riallineando la vertebra, au-mentando lo spazio del disco intervertebrale e riducendo la possibile compressione delle radici nervose, mentre le inversioni annullano gli effetti compressivi della gravità sullo spazio del disco intervertebrale.

DOLORE LOMBARE ED EFFETTI DELL’IPERLORDOSI E DELLA FLESSIONE LOMBARE SUI NERVI SPINALI

L’iperlordosi è l’eccessiva curvatura della colonna verte-brale. La regione lombosacrale svolge un ruolo fonda-mentale in termini di mobilità e possibilità di carico; tutte le aberrazioni posturali che interessano l’angolo lom-bosacrale possono determinare dolore lombare (LBP). La postura iperlordotica è un fattore che contribuisce comunemente alle sindromi da LBP cronico aspecifico. Tra le cause più frequenti figurano gravidanza, rigidità dei muscoli lombari, obesità o disturbi congeniti.

L’iperlordosi lombare è del 50% più accentuata in posizione eretta rispetto alla posizione seduta. Ciò può causare LBP aspecifico localizzato in tessuti somatici (ad es. muscoli paraspinali, faccette articolari) mediato da meccanismi infiammatori. Nell’iperlordosi estrema, l’in-trappolamento delle radici nervose emergenti secondario al restringimento del forame intervertebrale che si ha con questa postura può causare irritazione radicolare o un’e-vidente radicolopatia con deficit sensitivo-motori. I pa-zienti con stenosi spinale lombare (LSS) presentano una riduzione delle dimensioni del canale centrale antero-po-steriore e del recesso laterale con iperlordosi. L’associata compromissione della perfusione microvascolare della cauda equina può spiegare il dolore causato dalla postu-ra quando si sta in posizione eretta o si cammina, noto come “claudicatio neurogena” (NC). Una lesione della radice nervosa nella LSS può causare dolore radicolare, caratterizzato da dolore lateralizzato acuto compatibile con distribuzioni dermatomeriche, radicolopatia o NC. Il sollevamento della gamba tesa determina l’allungamen-to del nervo sciatico, simulando una trazione radicolare che provoca dolore in una radice nervosa infiammata o sensibilizzata in altro modo.

Nella colonna lombare, il movimento principale è la flessione/estensione mentre la rotazione segmentale è di modesta entità. La flessione lombare apre maggiormente il forame, riducendo la compressione sulla radice nervo-sa. Il grado di compressione e tensione esercitata sulla radice nervosa diminuisce con la flessione della colonna e aumenta con la sua estensione.

La massima lordosi si verifica in genere a livello di L4-S1. Una semplice immagine radiografica per deter-minare lo stato posturale può mostrare il grado di lor-dosi. Il range normale della lordosi lombare è di 20-50°, mentre l’iperlordosi è definita come maggiore di 60°. I reperti obiettivi dei pazienti con LSS indicano perdita di lordosi lombare. Un altro esame per la NC è lo stoop- test, in cui viene chiesto al paziente di camminare con una lordosi lombare enfatizzata finché i sintomi di NC compaiono o peggiorano. Il paziente, in seguito, viene fatto piegare in avanti a 90°; la riduzione dell’intensità dei sintomi è considerata suggestiva di NC.

Uno studio radiografico relativo alle misurazioni del-la colonna lombare sagittale effettuate su 552 soggetti asintomatici con lordosi ha rilevato che, nei soggetti senza dolore, il 65% delle lordosi si verifica tra L4 e L5 e il 35% al di sopra di L4. Questo studio ha dimostrato anche che i pazienti con iperlordosi tendevano ad avere dolore lombare acuto, mentre quelli con dolore lombare cronico erano affetti da ipolordosi; ciò sottolinea l’impor-tanza dell’iperlordosi negli individui con LBP cronico.

Una revisione sistematica di studi clinici randomiz-zati sul trattamento conservativo per il dolore lombare cronico (CLBP) e acuto supporta l’uso di miorilassanti, FANS, paracetamolo, manipolazione e terapia con eser-

Tavola 8.15

Il miglior modo per eseguire gli esercizi è su una superficie dura e imbottita, come un pavimento con lamoquette. Iniziare lentamente. Eseguire ciascun esercizio soltanto una o due volte al giorno, poi passareprogressivamente a 10 o più volte. Il dolore, ma non un lieve fastidio, indica che è necessario fermarsi

6. Sedersi su una sediae tenere le mani piegatein grembo. Piegarsiin avanti, portandoil mento tra le ginocchia.Ritornare lentamentealla posizione iniziale,tendendo i muscolidell’addome. Rilassarsie ripetere l’esercizio

5. Stare in piedi con le maniappoggiate sullo schienaledi una sedia. Accovacciar-si stirando la cavitàdella schiena. Ritornarealla posizione inizialee ripetere l’esercizio

4. Iniziare nella posizione di partenza del corridore (una gambastesa, l’altra piegata in avanti come mostrato nella figura, manisul pavimento). Spingere verso il basso e in avanti diverse volte,flettendo il ginocchio anteriore e portando l’addome verso la coscia.Ripetere l’esercizio invertendo la posizionedelle gambe

3. Distendersi sul dorso, piegare le ginocchia, tenere le braccia piegate sulpetto o lungo i fianchi. Portare la schiena in posizione eretta con i muscolidell’addome e allungarsi in avanti. Ritornare lentamente alla posizione iniziale

1. Distendersi sul dorso, appoggiare le mani sul petto e piegarele ginocchia. Mentre si espira, premere la parte inferioredella schiena sul pavimento, tendendo i muscoli dell’addomee dei glutei, e inclinando quindi il pube in avanti. Contare fino a 10, rilassarsi e ripetere l’esercizio

Calo ponderaleCorrezione della posturaMaterasso rigido, asse per lettoEsecuzione quotidiana di esercizi lombariAttività sportiva regolare compatibile con l’età e il fisico

Cronico e profilatticoRiposo assoluto a lettoBagni caldi, imbottitura caldaSedazioneMaterasso rigido, asse per lettoDiatermia, massaggioInfiltrazione locale di un anestetico nelle aree che innescano il doloreTalvolta corsetto, tutore o bendaggio

Acuto

Forame intervertebrale apertodalla flessione; nervo liberato

Aperto

Forame intervertebraleristretto da iperlordosi

Restringimento

2. Distendersi sul dorso, tenere le mani lungo i fianchi e piegarele ginocchia. Tirare le ginocchia verso l’alto e premerle energicamentecontro il petto più volte stringendole con le braccia. Rilassarsi e ripeterel’esercizio. Ripetere l’esercizio anche con una gamba per volta

Esercizi per lo stiramento lombare cronico (posizioni generali per iniziare)

Trattamento dello stiramento lombare

Effetti dell’iperlordosi lombare sulle radici nervose spinali

cizi attivi nel trattamento dell’LBP acuto. L’iperlordosi non è sempre associata a sintomi dolorosi e ciò, di per sé, non è un’indicazione per il trattamento. Studi sulle tera-pie per l’LBP cronico hanno fornito evidenze più con-sistenti a sostegno dell’efficacia della terapia con esercizi e manipolazione rispetto alla terapia comportamentale. I FANS possono accelerare il processo di ripresa delle attività abituali o del lavoro. È importante notare che altre opzioni terapeutiche diffuse, quali la stimolazione nervosa elettrica transcutanea (TENS), il biofeedback elettromiografico, l’agopuntura e l’ortosi, non si sono dimostrate utili.

Il trattamento conservativo, come la fisioterapia, è raccomandato per i pazienti con LSS o iperlordosi. Gli esercizi di estensione lombare devono essere evitati in questi pazienti, poiché è noto che l’estensione della colonna e l’aumento della lordosi lombare peggiorano l’LSS. Sono, invece, raccomandati gli esercizi di flessione per la colonna lombare, poiché aumentano la dimensione del canale spinale e riducono la sollecitazione sulla colon-

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Dolore

ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 217

ESAME DEL PAZIENTE CON DOLORE LOMBARE

Il dolore lombare (LBP) è definito come un dolore loca-lizzato tra la dodicesima costa e le pieghe glutee inferiori, con o senza dolore alle gambe. Sebbene rappresenti una delle cause più frequenti di ricorso del paziente alla visita medica, in alcuni studi fino all’85% dei pazienti ha dolore lombare aspecifico, senza specifiche anomalie o patolo-gie della colonna. Il dolore lombare è spesso considerato aspecifico, poiché non viene eseguita alcuna valutazione (radiografia o altro) per identificare una lesione strutturale sottostante. Questo reperto è correlato principalmente al fatto che la maggior parte degli episodi più acuti di LBP, senza sintomi radicolari, si risolve spontaneamen-te nell’arco di 6 settimane; l’imaging di routine non è sensibile o specifico per la valutazione iniziale in questo contesto. Spesso l’LBP può essere il risultato di nume-rosi processi patologici, tra cui patologie degenerative, condizioni infiammatorie, infezione sistemica o locale, neoplasie, patologie ossee metaboliche, dolore riferito, traumi e disturbi congeniti. A causa di quest’ampia serie di eziologie, la valutazione clinica della condizione del pa-ziente è fondamentale per formulare la diagnosi corretta.

VALUTAZIONE CLINICA

Un’anamnesi mirata e l’esame obiettivo sono elementi fondamentali nella valutazione del dolore lombare. Sono elementi particolarmente utili anche per la classificazione preliminare dell’LBP acuto in uno dei tre gruppi seguenti: (1) dolore lombare aspecifico, (2) LBP potenzialmente associa-to a radicolopatia o stenosi spinale, o (3) LBP potenzialmente associato a patologia sistemica. La terza categoria è la più importante ai fini della valutazione e va riconosciuta pre-cocemente; comprende una piccola percentuale di pazienti colpiti da LBP con deficit neurologici gravi o progressivi o condizioni mediche sottostanti che richiedono una valuta-zione tempestiva (tumore, infezione o sindrome della cauda equina), così come pazienti con altre patologie che possono rispondere a trattamenti specifici (spondilite anchilosante o frattura vertebrale da compressione). Gran parte di questi pazienti sperimenta dolore nocicettivo riferito che deriva da strutture somatiche. Il quadro clinico associato a questa sindrome è la predominanza assiale del dolore, mentre la compressione o l’irritazione radicolare, in genere, compor-ta sintomi localizzati agli arti inferiori in una distribuzione unilaterale o, meno frequentemente, bilaterale.

L’esame obiettivo di un paziente con dolore lombare comprende la valutazione delle funzioni motoria, sensi-tiva e riflessa, così come di forza, mobilità e danni neu-rologici. Occorre partire dalla valutazione dei segni vitali e da uno studio sistemico mirato a individuare evidenze di cause non meccaniche e viscerali del dolore lombare, tra cui: tumori maligni ossei (come il mieloma multiplo) o metastatici, in particolare ai polmoni, alla mammella e alla prostata; infezione nello spazio discale; nefrolitiasi; pielonefrite; pancreatite; aneurisma aortico o patologia ossea metabolica. Successivamente si prosegue con un’i-spezione completa e la palpazione dell’area interessata, con particolare attenzione alla presenza di deformità o irradiazione del dolore. Tutti i pazienti devono essere visitati facendo particolare attenzione a quei segni im-portanti che possono suggerire malattie gravi.

Reperti neurologici quali anestesia a sella, radicolopatia laterale, ipostenia bilaterale degli arti inferiori, ritenzione urinaria e incontinenza fecale sono compatibili con la diagnosi della sindrome della cauda equina e richiedono molta attenzione e un intervento immediato. Bisogna sospettare un tumore maligno in pazienti con dolore lombare intenso in seguito a piccoli traumi, dolore in-

Tavola 8.16

+VSVYL�SVTIHYL

:WVUKPSVSPZP�L�ZWVUKPSVSPZ[LZP

Postura caratteristicanell’erniazione del discolombare inferiorenel lato sinistro

Processo articolaresuperiore (orecchiodel cane Scotty)Peduncolo (occhio)

Processo trasverso(testa)

Istmo (collo)

Processo e laminaspinosi (corpo)

Processo articolareinferiore (zampaanteriore)

Processo articolareinferiore opposto(zampa posteriore)

Veduta obliqua posteriore che mostrauna radiografia del cane Scotty.Nella spondilolisi semplice,sembra che il cane indossi un collare

Nella spondilolistesi, il cane Scotty sembra decapitato

cessante notturno o a riposo, perdita di peso inspiegabile e deficit neurologico progressivo.

L’utilizzo cronico di steroidi, l’immunosoppressione, l’abuso di farmaci endovenosi, una recente infezione uri-naria o un’infezione cutanea in prossimità della colonna vertebrale devono indirizzare la diagnosi differenziale verso un’eziologia infettiva, in particolare ascessi epi-durali. La frattura è una diagnosi possibile in caso di trauma, osteoporosi o utilizzo cronico di steroidi.

Quando non è presente alcun deficit neurologico e l’LBP è localizzato a livello della colonna lombare e nella regione glutea, è probabile che sia presente uno stiramento lombare correlato ai tessuti molli o processi infiammatori a livello del disco, delle faccette articolari o delle placche terminali ossee.

MOBILITÀ

La mobilità della colonna lombare dipende dalla resi-stenza al movimento dei dischi intervertebrali e dalle di-mensioni delle superfici articolari. Il grado di movimento

più significativo si osserva a livello dei dischi di maggior spessore e nelle superfici articolari più ampie, soprattutto tra L5 e S1. I test per la mobilità comprendono flessione, estensione, flessione laterale e rotazione. Il clinico deve tener presente, tuttavia, che la limitazione della mobilità spinale è un reperto aspecifico non strettamente associato a una particolare diagnosi.

Flessione. In posizione eretta, far piegare il paziente in avanti con le ginocchia tese e fargli toccare le dita dei piedi. Misurare la distanza dall’estremità delle dita delle mani al pavimento. Il dolore lombare può ostacolare la mobilità completa.

Estensione. Mentre il paziente si trova in posizione eretta, collocare il palmo sulla spina iliaca posterosu-periore del paziente e farlo piegare all’indietro il più possibile. Valutare il grado di estensione. Questo movi-mento peggiora la sensazione di dolore nei pazienti con spondilolistesi, mentre la flessione determina un sollievo dal dolore.

Flessione laterale. Sostenere la cresta iliaca e far pie-gare il paziente il più possibile a sinistra e a destra. Per

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Sistema nervoso: VOLUME II

218 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA

seo. La RM è meno utile per l’individuazione di fratture spinali acute.

Le scansioni TC sono particolarmente importanti per l’identificazione delle alterazioni traumatiche e degene-rative dell’osso corticale e presentano una buona sen-sibilità per l’individuazione di dischi erniati. Possono, inoltre, dimostrare compressione delle radici nervo-se foraminali ed extraforaminali. La TC, rispetto alle radiografie dirette, permette anche l’individuazione di infezioni e neoplasie.

VALUTAZIONE DI LABORATORIO

È utile soprattutto se vi è un quadro clinico suggestivo di cause viscerali o di altre cause non meccaniche del dolore. Analisi iniziali importanti sono l’esame emocro-mocitometrico, la misurazione della velocità di eritrose-dimentazione e dei livelli di proteina C-reattiva, mentre l’esame delle urine, la misurazione dei livelli dell’antige-ne prostatico specifico e della fosfatasi alcalina e l’immu-noforesi delle proteine sono molto utili in presenza di indizi clinici che denotano infezione urinaria e patologia maligna o metabolica.

valutare la flessione passiva, eseguire questo movimento sul paziente piegandolo a sinistra e a destra mettendogli una mano sulla spalla.

Rotazione. Mettere una mano sulle pelvi e l’altra sulla spalla opposta. Ruotare la pelvi e la spalla posteriormente e ripetere il movimento dall’altro lato; notare eventuali asimmetrie del movimento.

TEST SPECIFICI

Due test specifici sono il test del sollevamento a gamba tesa e quello del sollevamento con gambe tese incrociate. Si tratta di importanti strumenti diagnostici per l’ernia-zione del disco e la radicolopatia lombosacrale.

Test del sollevamento a gamba tesa. Far distendere il paziente in posizione supina con le gambe rilassate. Sollevare la gamba del paziente verso l’alto sostenendo il tallone con una mano e mantenendo il ginocchio teso con l’altra; quando il paziente percepisce dolore, abbassare leggermente la gamba e flettere dorsalmente il piede per stirare il nervo sciatico. Si notino il grado di sollevamento, la descrizione del dolore e l’effetto della flessione dorsale. Il test è positivo se il dolore viene percepito nella regione lombare o lungo il nervo sciatico. La positività del test è indicativa di infiammazione radicolare lombosacrale.

Test del sollevamento con gambe tese incrociate. Far distendere il paziente in posizione supina e sollevare la gamba non interessata. La percezione di dolore alla schiena o al nervo sciatico nella gamba opposta sugge-risce la presenza di una lesione, come un disco erniato, nella regione lombare.

RIFLESSI OSTEOTENDINEI

Il riflesso patellare origina principalmente dalle radici ner-vose L4, benché l’innervazione sia data anche dai seg-menti L2 e L3 del midollo spinale. Il danno alla radice L4 determina la significativa riduzione del riflesso patellare.

Il riflesso achilleo in genere interessa la radice nervosa S1. Flettere dorsalmente il piede e colpire il tendine per provocare la flessione plantare del piede.

REPERTI IMPORTANTI

Il dolore lombare meccanico, caratterizzato da dolore sordo nella regione lombosacrale, si presenta con dolorabilità ai muscoli sopraspinali e alle faccette, ma senza evidenze di deficit motori, sensitivi o dei riflessi.

Il dolore lombare radicolare è caratterizzato da dolore che si propaga al di sotto della regione glutea, nella parte posteriore della coscia, e spesso al di sotto del ginocchio, nella parte laterale della gamba o nella parte posteriore del polpaccio. Reperti clinici nella sciatica dovuta a er-niazione del disco comprendono ridotta flessione dorsale del piede, ipotonia del tibiale anteriore e del tibiale po-steriore (L5) o del gastrocnemio (S1), assenza del riflesso achilleo (S1) e positività del test di sollevamento con gambe tese incrociate.

I reperti clinici in corso di stenosi spinale lombare sono variabili. In genere, i pazienti lamentano dolore in posi-zione eretta o mentre camminano, in particolare nel caso di iperestensione, come quando si cammina in discesa; si percepisce un sollievo a riposo o durante la flessio-ne. Sono comuni le parestesie alla parte anteriore della coscia. Spesso non vi sono reperti anomali significativi; tuttavia, vi può essere una lieve ipotonia prossimale, del

Tavola 8.17

Cifosi toracica progressivacon perdita di altezzae protrusione addominale

Veduta sagittale di frattura mostratanella radiografia a sinistra

Cancro all’interno del corpo vertebrale

OSTEOPOROSI

Nelle fasi precoci (solo sacroileite),il profilo del dorso può apparirenormale, ma la flessionepuò essere limitata La sacroileite bilaterale è un segno

radiografico precoce. Assottigliamentodella cartilagine e condensazione osseasu entrambi i lati delle articolazionisacroiliache.

Sezione trasversaleche mostra compressionedella radice nervosa

quadricipite e dell’ileopsoas (L3-L4), con una riduzione del riflesso patellare. Il test del sollevamento a gamba tesa è negativo.

IMAGING DIAGNOSTICO

Sebbene non sia necessario eseguire di routine l’imaging o altri test diagnostici nella fase precoce del decorso di LBP aspecifico acuto o subacuto, essi sono insostituibili nel trattamento di pazienti con deficit neurologici gravi o progressivi o con altre gravi condizioni sottostanti.

La radiografia diretta è un esame limitato, poiché non è in grado di definire un quadro dettagliato della patologia; tuttavia, è raccomandata per la valutazione iniziale di una possibile frattura vertebrale da compressione in pazienti con un’anamnesi positiva per osteoporosi o utilizzo di steroidi.

La risonanza magnetica (RM) fornisce migliori dettagli dei tessuti molli rispetto alla TC e alla radiografia diretta. È il metodo di elezione per la visualizzazione di radici nervose intratecali, l’individuazione di un tumore mali-gno intraspinale e un’infezione all’interno della colonna vertebrale, così come per la valutazione del midollo os-

ESAME DEL PAZIENTE CON DOLORE LOMBARE (Seguito)

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Dolore

ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 219

di sintomi è l’indicazione principale per un intervento chirurgico alla colonna vertebrale negli adulti.

La spondilolistesi è una condizione dolorosa comune che si presenta in caso di alterazione del normale alli-neamento segmentale di un corpo vertebrale rispetto al livello adiacente, di solito per deficit (ad es. frattura della parte interarticolare) degli elementi vertebrali posteriori. I pazienti possono presentare dolore sordo al dorso che si irradia posteriormente alle ginocchia o al di sotto di esse. Sono reperti comuni anche la dolorabilità lombo-

DIAGNOSI DI DOLORE LOMBARE,ALLA REGIONE GLUTEA E ALL’ANCA

La distinzione tra i pattern di dolore riferito e neuro-geno proveniente dalla regione lombare è un problema clinico comune. L’identificazione della causa del dolore è particolarmente difficile in una patologia concomitan-te dell’anca o della colonna vertebrale. Questi pazienti possono manifestare dolore irradiato al di sotto del gi-nocchio, dorsalgia o sintomi provocati dall’intrarotazione dell’anca. Alcune combinazioni di segni e sintomi favo-riscono una localizzazione rispetto a un’altra. Gli “odd ratio” riportati in uno studio indicano che è molto più probabile che segni e sintomi di claudicatio, dolore all’in-guine e intrarotazione limitata dell’anca siano presenti in un paziente con un disturbo dell’anca. Analogamente, in un confronto tra pazienti con diagnosi di disturbo dell’anca e soggetti con un disturbo della colonna verte-brale o di entrambi, è emerso che i pazienti che presenta-no il test “dell’allungamento del femore” positivo hanno una probabilità maggiore di presentare un disturbo della colonna vertebrale o un disturbo combinato dell’anca e della colonna vertebrale.

In generale, il vero dolore dell’anca si manifesta come dolore all’inguine che talvolta si irradia al ginocchio. Il dolore alla coscia, alla regione glutea e quello che si ir-radia al di sotto del ginocchio sono spesso attribuibili a disturbi della colonna lombare o della muscolatura della regione glutea e della parte prossimale della coscia.

DOLORE LOMBARE

Il dolore lombare aspecifico cronico può derivare da lesioni periferiche di varie strutture anatomiche neu-rali e non neurali della regione lombare. Le strutture da cui parte il dolore possono comprendere la colonna vertebrale, i muscoli, i tendini, i legamenti e la fascia circostanti o le strutture neurali come le radici lombo-sacrali. L’osteoartrosi dell’anca, la borsite trocanterica, la borsite ischiale, la disfunzione sacroiliaca, la sindrome del piriforme e l’osteite condensante dell’ileo sono esempi di condizioni somatiche che causano dolore riferito alla e dalla regione lombare. La patologia dell’articolazione dell’anca e la borsite del grande trocantere possono mi-mare l’LBP meccanico o radicolare per quanto riguarda insorgenza e sintomi.

È fondamentale distinguere il dolore radicolare da quello riferito somatico, in quanto il loro trattamento è molto diverso. Il dolore riferito somatico è il risultato della stimolazione nocicettiva di strutture della colonna lombare, quali i dischi intervertebrali, le faccette articola-ri o le articolazioni sacroiliache e mai delle radici nervose. Si tratta di un dolore sordo e insopportabile, difficile da localizzare. Al contrario, il dolore radicolare è provocato da scariche ectopiche originate dalla radice dorsale. La causa più comune di tale dolore è l’erniazione del disco complicata dall’infiammazione del nervo interessato. È descritto come lancinante o molto intenso e può com-portare allodinia in caso di danno nervoso e neuropatia. Infine, la radicolopatia è una condizione caratterizzata da deficit motorio e sensitivo, con distribuzione dermato-merica dovuta a un blocco di conduzione lungo il nervo, e spesso accompagna il dolore radicolare.

L’LBP associato a radicolite lombosacrale in genere è caratterizzato da dolore all’arto inferiore e parestesie unilaterali. L’insorgenza del dolore o delle parestesie di solito è improvvisa e spesso è più grave nell’arto inferiore

Tavola 8.18

+0(.56:0�+0�+6369,�(33»(5*(��(33(�9,.065,�.3<;,(�,�(3�+69:6

Giunzioneduodenodigiunale

Corpo dellavertebra L2Muscolo grandepsoase sua fasciaNervospinale lombareProcessotrasverso

Duramadre spinale

Caudaequina

Processo spinosodella vertebra L1

Legamento sopraspinosoMuscolo erettore della colonna vertebraleFascia toracolombare (strato posteriore)

Fascia toracolombare (strato medio)Fascia toracolombare (strato anteriore;fascia del quadrato dei lombi)

MuscoloobliquoesternoMuscoloobliquointernoMuscolotrasversodell’addome

Tendine di originedei muscoli trasversoe obliquo internodell’addomeMuscolo dentatoposteriore inferioreMuscolo grande dorsaleMuscolo quadrato dei lombi

Compressione radicolare lombare (o sacrale) (nucleo polposo erniato,esostosi spinale, artrosi)

Incisura sciatica, potenziale sede di invasione da partedi un tumore proveniente dalla pelvi, come il linfoma

Medio gluteo

Grande gluteo

Tratto ileotibialeCapo lungoCapo breve

Semitendinoso

Semimembranoso

Stiramento o lacerazionedei tendini o dei muscolidella loggia posteriore

Grande abduttoreGracile

Borsite ischiatica(sopra la tuberositàischiatica)

Bicipitefemorale

Borsite trocanterica (sotto il medio gluteoo il grande gluteo)

PiriformeGemelli e otturatore interno

Tensore della fascia lata

Tumore solido,profondamentepalpabile,della parteprossimaleanterioredella coscia

che nella regione lombare. Il paziente può presentare una ridotta mobilità del tronco.

La stenosi spinale lombare è una sindrome caratteri-stica in cui la cauda equina e le radici nervose emergenti sono compromesse a causa di alterazioni degenerative. L’esperienza caratteristica di dolore che si percepisce in posizione eretta e mentre si cammina è nota come “claudicatio neurogena”. Contrariamente alla radicolite, questo dolore in genere diminuisce in posizione seduta (e supina) o con la flessione in avanti a 90°. Questo pattern

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Sistema nervoso: VOLUME II

220 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA

sotto la parte posteriore della coscia alla fossa poplitea. L’esame obiettivo rivela dolorabilità sopra la tuberosi-tà ischiatica e dolore all’estensione della gamba contro resistenza.

La borsite è una causa comune di dolore all’anca cor-relato a infiammazione di una delle tre borse principali dell’anca. Può essere causata da uso eccessivo o altera-zioni degenerative delle borse. I pazienti con borsite trocanterica presentano dolore sul grande trocantere, esacerbato dall’adduzione dell’anca. La borsite ischioglu-tea è spesso associata allo stare seduti per lunghi periodi.

L’osteite condensante dell’ileo è una causa benigna di LBP solitamente riscontrato in donne nel post partum e si ritiene si sviluppi a causa di una sollecitazione mecca-nica sull’articolazione sacroiliaca durante la gravidanza. L’esame obiettivo non è indicativo, tranne che per la lo-calizzazione del dolore nella regione lombare.

sacrale, la riduzione della flessione laterale e la rigidità dei muscoli della loggia posteriore.

Anche le fratture vertebrali da compressione rappre-sentano una causa comune di LBP, soprattutto negli anziani. La dolorabilità della regione è comune nelle fratture precoci ed è spesso associata a spasmi muscolari.

DOLORE ALLA REGIONE GLUTEA

Nella regione lombare, i pattern di dolore riferito si ma-nifestano generalmente con sintomi localizzati all’anca o alla gamba. Un tipico esempio di dolore riferito a origine dalla colonna lombosacrale è il dolore lombare associato a dolore sordo alla regione glutea. Le regioni lombosa-crale e glutea sono entrambe innervate da L4-S1. Tut-tavia, la regione glutea è innervata dai rami ventrali di queste radici nervose (i nervi glutei superiore e inferiore), mentre quella lombosacrale dai rami dorsali.

Cause spinali dei sintomi alla regione glutea compren-dono le lesione delle faccette articolari e della fessura laterale nel disco lombare. Nei pazienti più anziani, la stenosi del recesso laterale e la spondilolistesi degenera-tiva possono causare dolore nella regione glutea.

Sindromi muscolari o miofasciali possono insorgere nei muscoli glutei grande e medio, quadrato dei lombi e soleo, con dolore riferito nella regione dell’articola-zione sacroiliaca. Tale diagnosi può essere confermata dall’iniezione di un anestetico locale in un trigger point in corrispondenza del quale la palpazione miofasciale riproduce il pattern di sintomi primari.

DOLORE ALL’ANCA

Un’intrarotazione limitata dell’anca, l’andatura antalgica e il dolore all’inguine sono stati identificati come i mi-gliori elementi predittivi per l’identificazione di disturbi all’anca. Il dolore all’inguine o all’anca stando in piedi su una gamba sola, il test di Patrick (anche noto come FA-BER test [flessione, abduzione ed extrarotazione dell’an-ca]), insieme alla presenza di una differenza di lunghezza degli arti inferiori, sono utili elementi per individuare un disturbo dell’anca, una disfunzione sacroiliaca o una borsite del grande trocantere sottostanti. L’intrarotazione dell’anca può causare un aumento dell’LBP in pazienti con sindrome del piriforme, in quanto contribuisce al mantenimento dell’allungamento di questo muscolo. Il dolore spesso migliora con l’extrarotazione dell’anca anche in caso di ipostenia degli abduttori. L’inguine de-ve essere esaminato per la presenza di ernie femorali o inguinali. L’osteite del pube, la pubalgia atletica e la ten-dinite dell’adduttore possono determinare dolore all’in-guine che mima il dolore associato a disturbi dell’anca. Un dolore persistente all’anca può originare da disturbi intrarticolari, quali necrosi avascolare, osteoartrosi, cor-pi liberi, lacerazioni del labbro acetabolare o piartrosi. Può essere anche secondario a un disturbo della colonna lombare. Le sindromi da intrappolamento dei nervi, in particolare dei nervi ileoinguinale, genitofemorale e cu-taneo femorale laterale della coscia possono manifestarsi sotto forma di dolore o parestesie all’anca.

L’osteoartrosi è una condizione comune che interessa l’anca nei pazienti adulti. Il movimento dell’anca diviene progressivamente limitato a causa di sinovite, contratture

Tavola 8.19

*605=63.04,5;6�+,33»(9;0*63(A065,�+,33»(5*(�5,33»6:;,6(9;96:0

Radiografia dell’ancache mostra una tipicadegenerazione della cartilaginee alterazioni ossee secondariecon speroni ai marginidell’acetabolo

Habituse andatura caratteristici

Alterazioni degenerative avanzatenell’acetabolo

Erosione della cartilaginee deformità del capo femorale

dei tessuti molli e perdita di congruenza articolare. I pa-zienti lamentano dolore all’inguine, alla regione glutea, alla parte anteriore della coscia o al ginocchio e spesso assumono un’andatura antalgica. L’esame dell’anca ri-vela una limitazione della mobilità e una contrattura in flessione.

La cosiddetta sindrome del piriforme è stata attribuita a compressione del nervo sciatico nella sua uscita dalla pelvi sotto il muscolo piriforme. I pazienti lamentano dolore sordo nelle regioni lombare e glutea mediana mentre salgono le scale, quando sono seduti per un periodo prolungato o camminano. Non sono evidenti correlazioni sensibili o specifiche con questo sito putativo di intrappolamento nelle immagini diagnostiche. Questa sindrome rimane una diagnosi clinica controversa.

La sindrome dei muscoli della loggia posteriore con-siste in un dolore che si irradia dalla tuberosità ischiatica

DIAGNOSI DI DOLORE LOMBARE,ALLA REGIONE GLUTEA E ALL’ANCA (Seguito)

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Dolore

ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 221

MANIFESTAZIONI CLINICHE

Le caratteristiche peculiari della neuropatia dolorosa cronica comprendono sensazioni urenti, trafittive o lan-cinanti (con o senza “spilli e aghi”) che sono particolar-mente marcate di sera e nella fase dell’addormentamento e che, talvolta, provocano il risveglio frequente del pa-ziente. Il dolore può essere intenso e compromettere la capacità deambulatoria del paziente: la cosiddetta andatura antalgica. Questi individui camminano cauta-mente, cercando di evitare il dolore ai piedi provocato dalla pressione. Un’anamnesi completa è fondamentale per definire altre potenziali eziologie e per il processo diagnostico. L’esame neurologico dimostra riduzione o assenza dei riflessi di stiramento muscolare con sensibilità ridotta o assente, in particolare per modalità trasmesse dalle fibre sottili nervose amieliniche come la tempera-tura, il dolore, la pressione al tatto e la vibrazione. Ciò si verifica in particolare con una distribuzione sensitiva superficiale distale, che dà origine a una distribuzione “a calza e guanto”. Una polineuropatia simmetrica distale, la forma più comune di PN diabetica, è caratterizzata da

POLINEUROPATIE DOLOROSE

Le cause più comuni di neuropatia periferica dolorosa (PPN) comprendono diabete, infezione da HIV, esposi-zione a tossine, abuso di alcol e assunzione di determinati farmaci; tuttavia, almeno in un terzo dei pazienti l’ezio-logia rimane dubbia. Le neuropatie dolorose in genere sono caratterizzate da dolore progressivo e parestesie che interessano principalmente le fibre nervose distali e di solito iniziano simmetricamente nei piedi. La prevalenza di PPN in persone di età superiore a 40 anni è quasi pari al 15%, con un’incidenza significativamente più elevata nei diabetici, nei quali l’insorgenza di questa neuropatia talvolta porta alla prima diagnosi di diabete mellito.

Il meccanismo fisiopatologico sottostante è la dege-nerazione dei nervi periferici. Gli assoni per mantenere un’attività e una funzione nervosa appropriata hanno necessità che i loro corpi cellulari neuronali rimangano sani; tuttavia, quando si verifica un danno neuronale, la parte dell’assone più distale alla lesione è la prima a subire degenerazione. Questo fenomeno è noto come degenerazione walleriana (è paragonabile a un albero che muore e la cima, ossia la parte più distale, perde le foglie per prima, poiché quest’area è la più lontana dalle radi-ci). Il corpo cellulare rimane intatto e inizia un processo per guidare la crescita dell’assone residuo in modo da ristabilire la connessione o formarne di nuove. Inoltre, una lesione simile può essere talvolta dovuta al deficit di vascolarizzazione durante malattie come la poliarterite nodosa che interessano i vasi dei nervi e causano ischemia dei nervi periferici.

FISIOPATOLOGIA DELLA NEUROPATIA DIABETICA PERIFERICA (DPN)

La patogenesi della DPN viene attribuita a un aumento dello stress ossidativo, all’accumulo di sorbitolo e a una riduzione di ossido nitrico, che provocano un danno mi-crovascolare. Lo stress ossidativo deriva da iperattività della via dei polioli, che causa l’accumulo intracellulare di poliolo. Le cellule nervose sono permeabili al glucosio indipendentemente dalla presenza di insulina. L’aldoso reduttasi converte il glucosio in sorbitolo e poliolo all’in-terno della cellula. Poiché il poliolo non può diffondersi al di fuori della cellula, si accumula all’interno del neu-rone, rendendo la cellula osmoticamente attiva; ciò pro-voca un flusso eccessivo di sali e acqua verso l’interno. Il sorbitolo viene a sua volta convertito in fruttosio e l’au-mento dei suoi livelli dà origine a precursori dei prodotti terminali di glicosilazione avanzata (AGE). Gli AGE, a loro volta, si accumulano sulle proteine neurovascolari e sui tessuti danneggiati. Queste due vie determinano una riduzione dell’attività della Na+/K+ adenosina trifosfatasi (ATPasi) della cellula, che compromette ulteriormente la funzione endoteliale. Inoltre, anche l’ossido nitrico è un modulatore chiave della Na+/K+ ATPasi e i radicali superossidi endoteliali provenienti dal glucosio in ec-cesso riducono la stimolazione della pompa ionica da parte dell’ossido nitrico attraverso una ridotta attività dell’ossido nitrico sintetasi.

Altre alterazioni cellulari comprendono l’attivazione della proteina chinasi C e alterazioni del metabolismo degli acidi grassi, che contribuiscono al danno vascolare.

Una ridotta perfusione del nervo periferico in sé è un’altra causa possibile di sviluppo di PPN. La ialiniz-zazione e l’iperplasia dei vasi dei nervi compromettono la funzionalità delle fibre nervose. Ciò è particolarmente vero nel caso delle fibre amieliniche che innervano arteriole necessarie alla vascolarizzazione arteriosa e venosa con shunt all’interno del nervo. Questo fenomeno determina un danno per ipossia e trauma ischemico. Queste alterazioni

Tavola 8.20

5,9=0�7,90-,90*0�+,0�70,+0��:,+,�70�*64<5,�+0�5,<967(;0,�7,90-,90*/,�+63696:,Retinacolo dei flessori (ZLaPVUL)�5LY]V�[PIPHSL

Ramocalcanealemediale

5LY]V�WSHU[HYLTLKPHSLMuscolo flessorebreve delle ditae suo nervoMuscolo abduttoredell’alluce e suonervo

Muscolo flessorebreve dell’allucee suo nervo

Primo muscololombricale e suonervo

Nervidigitaliplantaricomuni

Nervi digitaliplantari propri

Ramo calcanealelaterale del nervo surale5LY]V�WSHU[HYL�SH[LYHSL

Muscolo quadratoplantare e suo nervo

Nervo per il muscoloabduttore del mignolo

Muscolo abduttoredel mignolo9HTV�WYVMVUKVper i muscoliinterossei, Il secondo, terzoe quarto muscololombricale eIl muscolo adduttoredell’alluce9HTV�Z\WLYMPJPHSLper quarto muscolointerosseo

Muscolo flessorebreve del mignolo�

Nervi digitaliplantari comunie propri

Rami calcanealimediali(S1, S2)

Nervo plantaremediale(L4, L5)

Nervo plantarelaterale(S1, S2)

Dal nervotibiale

Nervo safeno (L3, L4)

Nervo surale (S1, S2)attraverso i rami calcanealelaterale e cutaneodorsale laterale

Nervi cutanei medialidella gamba (ramidel nervo safeno)

Nervo fibulare(peroneo) profondo

Nervo peroneosuperficiale (NPS)

Nervo suraleattraverso il ramocutaneo dorsale laterale

Nervo cutaneodorsale mediale,ramo del nervofibulare (peroneo)profondo

Nervo cutaneodorsale intermedio

Retinacolo inferioredegli estensori(WHYaPHSTLU[LZLaPVUH[V)

Nervo cutaneodorsale laterale(ramo del nervosurale)

Nervi digitalidorsali

Ramo lateraledel nervo fibulare(peroneo)profondo perEstensore brevedell’alluce edEstensore brevedelle ditaRamo medialedel nervo fibulare(peroneo) profondo

Dalnervosciatico

Nervo fibulare(peroneo) superficiale

Nervo surale

Cutaneo dorsaleintermedio(dal NPS)

Cutaneo dorsalemediale (dal NPS)

Calcaneale laterale(dal surale)

Cutaneo dorsale laterale(dal surale)

metaboliche, gli stress ossidativi e l’ipoperfusione sono responsabili del danno endoteliale e nervoso osservato nella DPN.

Benché il grado di iperglicemia influenzi la gravità complessiva di una polineuropatia, ciò potrebbe non es-sere specificamente la causa del suo sviluppo. Vi è una tendenza verso una degenerazione più attiva di fibre amieli-niche in pazienti con neuropatia diabetica periferica quando si compiono valutazioni comparative dei parametri mor-fometrici tra pazienti diabetici con e senza neuropatia pe-riferica. Non vi è, tuttavia, una differenza significativa per quanto riguarda il grado di perdita di fibre nervose mie-liniche. Gli studi sulla biopsia cutanea per la valutazione della densità delle fibre nervose intraepidermiche (IENF) dimostrano una perdita più grave di IENF in pazienti con dolore neuropatico; ciò indica che il danno alle IENF può in parte spiegare il dolore in questa condizione. La misurazione della densità delle IENF mediante biopsia cutanea può essere usata per valutare il coinvolgimento di piccole fibre ed è utile per l’individuazione di alterazioni precoci in pazienti diabetici.

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Sistema nervoso: VOLUME II

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Analogamente, il dolore articolare può non essere ap-prezzato e, di conseguenza, verificarsi un danno artico-lare persistente con possibile danno dell’articolazione, definita articolazione di Charcot (Tavola 8.21).

Il trattamento della neuropatia dolorosa correlata a HIV è più complesso. Finora non vi sono studi positivi in pazienti con neuropatia correlata a HIV. Il più recente studio clinico randomizzato in doppio cieco sull’efficacia dell’amitriptilina e della mexiletina, usate con successo in altri tipi di dolore neuropatico, non ha alcun beneficio significativo nel sollievo dal dolore in questi pazienti. Analogamente, un altro studio sul pregabalin ha rilevato che questa terapia non ha ridotto significativamente, ri-spetto al placebo, l’intensità del dolore in questi pazienti.

Per eziologie come l’alcolismo e gli effetti collaterali chemotossici, la parte principale del trattamento consiste nell’interruzione, nella riduzione della dose o nell’altera-zione dell’agente responsabile di PPN e nella reintegra-zione del complesso di vitamine B e di folato, che sono carenti nella PPN indotta da alcol.

ipoestesia e parestesie che iniziano nelle dita dei piedi e si diffondono verso l’alto, fino alle gambe. Nei casi più gravi, il coinvolgimento delle dita e delle mani si sviluppa con una distribuzione simile a un guanto. In genere, la DPN ha una predilezione per le fibre nervose più distali. Negli stadi tardivi della malattia possono essere presenti anche atassia, deficit motori e autonomici.

Una neuropatia dolorosa acuta all’inizio del trattamen-to insulinico nel diabete scarsamente controllato è carat-terizzata da dolore intenso, accompagnato da iperestesie; tuttavia, non sono presenti alterazioni delle modalità motorie o sensitive. Una neuropatia dolorosa correlata a un’infezione da HIV di solito si presenta con dolore sulla pianta e sul dorso del piede, riduzione delle modalità sensitive primarie nel piede, riduzione dei riflessi achillei e minima ipostenia dei muscoli intrinseci del piede.

TRATTAMENTO

La terapia per il dolore neuropatico dipende ampiamente dalla patologia primaria. Le nuove strategie terapeutiche mirano alle alterazioni neurofisiologiche sottostanti, poi-ché molti studi recenti hanno dimostrato che le differen-ze nell’efficacia dei farmaci dipendono dalla causa della neuropatia. La neuropatia diabetica dolorosa richiede un approccio terapeutico polimodale.

Diversi studi non controllati in aperto hanno suggerito che il raggiungimento di uno stato normoglicemico sta-bile è utile nel trattamento dei sintomi e, secondo racco-mandazioni generali, una terapia diabetica intensiva per controllare gli zuccheri e l’emoglobina A1C nel sangue sono passi iniziali importanti nel trattamento di tutte le forme di neuropatia diabetica.

I farmaci, come quelli triciclici, il gabapentin e il pre-gabalin, sono ampiamente usati per il trattamento dei sin-tomi neuropatici. Studi clinici confermano la loro utilità nel trattamento della DPN, in quanto non influenzano solo il dolore, ma anche il sonno, i disturbi dell’umore e la qualità complessiva della vita. Secondo le linee guida della Americal Academy, “il pregabalin è considerato efficace e deve essere somministrato per ridurre la PDN (livello A). La venlafaxina, la duloxetina, l’amitriptilina, il gabapen-tin, il valproato, gli oppioidi (morfina solfato, tramadolo e ossicodone a rilascio controllato) e la capsaicina potrebbe-ro essere efficaci e devono essere presi in considerazione per il trattamento della PDN (livello B). Altri trattamen-ti sono supportati da evidenze meno consistenti oppure le evidenze sono negative. Sono disponibili trattamenti efficaci per la PDN, ma molti di essi producono effetti collaterali che ne limitano l’utilità; pochi studi forniscono informazioni sufficienti in merito agli effetti terapeutici sulla funzionalità e la qualità della vita”.

In recenti studi controllati randomizzati, la capsaici-na topica è risultata efficace per il sollievo dal dolore. L’applicazione a lungo termine di capsaicina determina deplezione della sostanza P assonale, un neurotrasmetti-tore primario delle fibre C, riducendo la trasmissione di stimoli dolorosi. La lidocaina, che mira alle terminazioni nervose libere superficiali ipereccitabili, è utile per le forme autolimitanti di neuropatia.

Studi più recenti si focalizzano sulla noradrenalina e /o sugli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SSNRI) come trattamento di prima linea della DPN. La duloxetina, approvata dalla FDA per il trattamento delle neuropatie dolorose, è efficace per il trattamento della DPN. Anche la venlafaxina, un altro SSNRI studiato di recente, migliora il dolore, l’umore

Tavola 8.21

5,<967(;0,�7,90-,90*/,!�4(50-,:;(A0650�*3050*/,

Degenerazione dei dischi intervertebralilombari e alterazioni ipertrofiche a livellodei margini vertebrali, con formazionedi speroni. L’invasione osteofitica dei foriintervertebrali comprime i nervi spinali

Il paziente dormecon i piedi scoperti per la

sensazione di bruciore

Ispezione dei piedi

La lesionee l’ulcerazionesono secondariea neuropatia diabetica

(Y[PJVSHaPVUL�KP�*OHYJV[

:LKP�[PWPJOLKP�\SJLYL

Ulcera

Atrofia dei muscoliinterossei

Deformità ad artiglio

Tiloma

Callosità

e la qualità della vita se aggiunta al trattamento con ga-bapentin. I triciclici, come l’amitriptilina e l’imipramina, probabilmente alleviano il dolore attraverso l’inibizione della ricaptazione della noradrenalina e/o della seroto-nina e l’antagonismo dei recettori N-metil-d-aspartato (NMDA) (responsabili di iperalgesia e allodinia). Un trat-tamento alternativo usato comunemente in Europa è l’aci-do _-lipoico, poiché si ipotizza che stabilizzi i metaboliti dell’ossido nitrico per aumentare la perfusione neuronale.

Poiché la neuropatia diabetica interessa le fibre dolo-rifiche, il paziente può paradossalmente non avvertire il dolore associato a lesioni cutanee o danno articolare. In questi soggetti, uno degli obiettivi più importanti con-siste nell’evitare l’ulcerazione della cute che potrebbe complicarsi con infezione, ulcerazione e osteomielite che possono, a loro volta, diventare resistenti al trattamento e infine portare all’amputazione; è pertanto d’obbligo per il paziente diabetico ispezionarsi i piedi quotidianamen-te, ricercando il segno anche più piccolo di infezione e, se riscontrato, istituire immediatamente il trattamento.

POLINEUROPATIE DOLOROSE (Seguito)

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Dolore

ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 223

quindi essere evitate; è probabile che tali convinzioni siano predittive di cronicità del dolore e disabilità.

Il modello della neuromatrice del dolore suggerisce che l’esperienza del dolore derivi dall’integrazione di output provenienti da sistemi percettivi, comportamentali e omeostatici in risposta a una lesione e a stress cronico. È considerato l’output delle reti neurali cerebrali diffuse, piuttosto che una risposta diretta a informazioni sensiti-ve. Studi di neuroimaging stanno iniziando a delineare i processi neurali implicati nei disturbi somatoformi. Le correlazioni corticali delle vie del tatto e del dolore com-prendono la corteccia somatosensitiva primaria e secon-daria (S1, S2), l’insula e la corteccia cingolata anteriore (ACC). Tuttavia, anche altre regioni corticali associate all’attenzione, come la corteccia parietale posteriore (PPC), la corteccia prefrontale e la giunzione tempo-roparietale, possono avere un impatto sull’elaborazione somatosensitiva o essere influenzate da essa.

Inoltre, lo stato di attenzione può modulare risposte evocate sensitivamente. Vi sono anche input somato-

VALUTAZIONE NEUROLOGICA DEL PAZIENTE CON DISTURBO SOMATOFORME

I pazienti con dolore cronico manifestano spesso sintomi che mimano numerose patologie neurologiche; uno degli scenari clinici più difficili consiste nella distinzione tra disturbi neurologici organici autentici e disturbi soma-toformi primari, in particolare i disturbi di conversione in passato definiti isterici. Questi pazienti richiedono che il clinico sia il più accurato possibile nella valu-tazione. Molti neurologi esperti possono elencare molti pazienti per i quali era stata formulata una diagnosi di isteria prima di un’anamnesi e di un esame accurati e che dopo un periodo di osservazione hanno ricevuto una diagnosi di patologia organica.

Secondo i criteri del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders-IV (DSM-IV) (American Psychiatric As-sociation), le diagnosi di disturbi somatoformi compren-dono disturbi da somatizzazione, conversione, dolore, disturbi da dismorfismo corporeo e ipocondrie. Ciascuno di questi è caratterizzato da sintomi che interessano la funzione volontaria motoria o sensitiva, assomigliano a patologie neurologiche o mediche, con coinvolgimento concomitante di fattori psicologici e sintomi involontari non simulati. Contrariamente alle sindromi di dolore più acuto, gli stati di dolore cronico spesso mancano di una chiara correlazione anatomopatologica o fisiopatologica. A causa delle conoscenze limitate in merito ai mecca-nismi del dolore, il clinico tende a suggerire origini o cause psicogene quando non viene confermata una causa organica immediata. Un modello dualistico di dolore cronico, percepito come completamente organico o psicogeno, non è supportato da una comprensione generale di base o clinica della fisiopatologia del dolore. Pertanto con-cetti diagnostici quali il disturbo di conversione vengono applicati meno spesso.

Il modello biopsicosociale del dolore è il mezzo euristico più utilizzato per caratterizzare l’esperienza del dolore cronico. Considerato come una complessa interazione di fattori biologici, psicologici e sociali, questo modello comprende concetti di malattia e malessere. La malattia è definita come un evento biologico oggettivo che com-porta la compromissione di specifici apparati, mentre malessere si riferisce all’esperienza soggettiva o all’autoat-tribuzione di una malattia. Di conseguenza, il modello biopsicosociale distingue tra nocicezione e dolore. La nocicezione è definita come la stimolazione di nervi che trasmettono informazioni sul potenziale danno tissutale al cervello. Al contrario, il dolore è la percezione soggettiva che deriva da transduzione, trasmissione e modulazione di informazioni sensitive. Questo modello comprende concetti di sofferenza, tra cui paura e apprensione per il futuro, innescata dalla nocicezione, e comportamenti legati al dolore che forniscono un mezzo per comunicare dolore e angoscia.

CONSIDERAZIONI PSICOLOGICHE SUL COMPORTAMENTO LEGATO AL DOLORE E SUI DISTURBI DI “CONVERSIONE”

I comportamenti secondari al dolore non servono solo ad attirare l’attenzione o evitare conseguenze sgradite, ma possono essere considerati anche come strategie per ridurre il dolore o strategie protettive per diminuire l’esacerbazione del dolore. Il cosiddetto comportamento anomalo di malattia descrive pazienti che lamentano sin-tomi in assenza di patologia fisica o che presentano un comportamento esagerato rispetto alla malattia. È con-

Tavola 8.22

+0:;90)<A065,�*<;(5,(�+,0�5,9=0�7,90-,90*0��:,*65+6�+,165,�

7HY[L�HU[LYPVYL 7HY[L�WVZ[LYPVYL

La perdita di modalità sensitive si basa sulla sede anatomica della lesione responsabile. Il patterndella perdita può seguire quello dei dermatomeri spinali o un pattern basato sul danno nervoso periferico.Poiché l’esatta distribuzione dei nervi periferici varia tra gli individui, i pattern possono differire

Si noti che possono esistere aree isolate di anestesia (ad es. ascellare e peronea profonda) su una baseanatomica

Ramo oftalmico del n. trigemino (V)

Ramo mascellare del n. trigemino (V)

Ramo mandibolare del n. trigemino (V)

Grande auricolare (C2, C3)

Cervicale cutaneo (C2, C3)

Sopraclavicolare (C3, C4)

Ascellare (C5, C6)

Cutaneo dorsaledell’avambraccio (C5-T1)

Cutaneo medialedel braccio (C8, T1)

Intercostobrachiale (T2)Cutaneo lateraledell’avambraccio(C5-C7)Cutaneo medialedell’avambraccio(C8, T1)Radiale (C5-T1)

Ulnare (C8, T1)

Mediano (C5-T1)

Ileoipogastrico (L1)

Genitofemorale (L1, L2)

Ileoinguinale (L1)

Cutaneo lateraledel femore (L2, L3)

Femorale (L2-L4)

Otturatore (L2-L4)

Peroneo comune (L4-S2)

Safeno (L3, L4)

Peroneo superficiale (L4-S1)

Surale (S1, S2)

Peroneo profondo (L4, L5)

Plantare laterale (S1, S2)

Nervitoracici

Nervitoracici

Div.lat.

Div.lat.

Div.ant.

Div.post.

Grande occipitale (C2)

Piccolo occipitale (C2, C3)

Grande auricolare (C2, C3)

Div. posteriore dei nn. cervicali

Sopraclavicolare (C3, C4)

Ascellare (C5, C6)

Cutaneo dorsaledell’avambraccio (C5-T1)

Cutaneo medialedel braccio (C8, T1)

Cutaneo lateraledell’avambraccio(C5-C7)

Cutaneo medialedell’avambraccio(C8, T1)

Radiale (C5-T1)

Intercostobrachiale (T2)

Mediano (C5-T1)

Ulnare (C8, T1)

Ileoipogastrico (L1)

Cutaneo lateraledel femore (L2, L3)

Cutaneo posterioredel femore (S1-S3)

Otturatore (L2-L4)

Femorale (L2-L4)

Peroneo comune (L4-S2)

Safeno (L3, L4)

Peroneo superficiale (L4-S1)

Surale (S1, S2)

Calcaneale (S1, S2)

Plantare mediale (L4, L5)

Plantare laterale (S1, S2)

Ramo oftalmico del n. trigemino (V)

siderato un meccanismo sociale che esula il paziente da alcune responsabilità, stabilendo nel frattempo l’obbligo di cercare un trattamento e di collaborare al processo di guarigione. In altre parole, il dolore offre un modo socialmente più lecito per esprimere angoscia o ansia. Al contrario, dal punto di vista psicoanalitico la conversione è spiegata dalla presenza di pulsioni inconsce, tra cui sessualità, aggressione o dipendenza e dal divieto inte-riorizzato di esprimerle. Altre spiegazioni psicoanalitiche mettono in evidenza la necessità di soffrire o l’identifica-zione con un oggetto perso.

Altre teorie evidenziano il ruolo delle convinzioni di evitare la paura e del catastrofismo (tendenza a pensare negativamente e a preoccuparsi del dolore) come cataliz-zatori di dolore persistente e disabilità. Il catastrofismo è un importante fattore di rischio per aumento del dolore, esacerbazione del comportamento di malattia e sviluppo di disabilità fisica e psicologica. Le convinzioni di evitare la paura derivano dall’idea che il dolore sia sinonimo di male e che tutte le attività che provocano dolore debbano

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Sistema nervoso: VOLUME II

224 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA

risposte comportamentali al dolore, modificando così l’esperienza di dolore. Anche la terapia familiare o la psicoterapia psicodinamica possono dimostrarsi effica-ci, poiché si occupano dell’aspetto sociale delle risposte comportamenti al dolore. Non vi sono però revisioni sistematiche che valutano l’efficacia di questi metodi.

I sintomi di conversione, soprattutto quando acuti, possono andare incontro a risoluzione spontanea in seguito a spiegazione e suggestione. Alcuni pazienti possono beneficiare dell’informazione in merito ai pat-tern di disturbi sensitivo-motori associati ad alterazione della neurotrasmissione, come nel caso di depressione maggiore, fornendo quindi un quadro cognitivo per il trattamento. Anche l’ipnosi è un possibile intervento nel trattamento di questo disturbo; i suoi obiettivi sono la riduzione dei sintomi e l’aumento dell’esplorazione. Tal-volta può anche essere usata per rievocare ricordi di un evento traumatico che hanno una connessione positiva con i sintomi. Sebbene vi siano molti resoconti aneddo-tici sull’efficacia dell’ipnosi nel disturbo di conversione, un recente studio controllato randomizzato ha scoperto che l’ipnosi non ha alcun effetto aggiuntivo sull’esito del trattamento.

sensitivi diretti a circuiti coinvolti nell’elaborazione di aspetti emozionali o di altri aspetti del comportamento psicosociale che possono poi ritrasmettere a circuiti so-matosensitivi o motori. La risonanza magnetica funzio-nale (RMF) durante la stimolazione dell’arto sintomatico rivela evidenti anomalie in aree somatosensitive, ossia mancanza di attivazioni, nuove attivazioni e disattiva-zioni stimolo-correlate nelle cortecce S1, S2 e PPC. Un importante studio di attivazioni compiuto durante stimo-lazione nocicettiva non percepita ha dimostrato attività nell’ACC rostrale e pregenuale; ciò indica che queste aree sono coinvolte a livello più generale nei processi cognitivi e nelle emozioni.

DIAGNOSI

La diagnosi differenziale del dolore comportamentale nell’ambito del dolore cronico è molto complessa, per cui è necessario che i clinici prendano in considerazione reperti anamnestici e obiettivi per una valutazione globale obiettiva centrata sul paziente. Tuttavia, reperti sensitivi, tra cui compromissione delle sensazioni di dolore/tatto in corrispondenza della linea mediana, compromissione della sensazione di vibrazione e incongruenze nei sintomi riportati e nelle risposte all’esame clinico, offrono al cli-nico contesti utili per valutare attentamente il ruolo di fattori psicosociali che potrebbero contribuire all’intensità riportata del dolore. Talvolta i pazienti con disturbi so-matoformi riferiscono un’inequivocabile perdita sensitiva esattamente in corrispondenza della linea mediana per tut-te le modalità sensitive. Il test di percezione della vibrazio-ne è, talvolta, un buon mezzo per distinguere il paziente con disturbi organici da quello con disturbi somatoformi. Se il clinico posiziona il diapason su un punto della linea mediana, come il cranio o lo sterno, e poi inclina la dop-pia estremità dello strumento verso il “lato interessato”, il paziente con disturbo somatoforme riferirà di non apprez-zare la vibrazione. Al contrario, con il diapason inclinato normalmente, questo paziente riferirà con appropriatezza una percezione normale. Tuttavia, il clinico che valuta tali sintomi deve riconoscere che alcuni sintomi dolorosi cor-relati a ictus talamico o a nevralgia posterpetica possono riguardare precisamente la linea mediana.

Anche il concetto di la belle indifference, come era stato inizialmente descritto, si riferiva a pazienti che non erano consapevoli della perdita sensitiva riscontrata all’esame obiettivo. Il termine è stato usato anche per descrivere una certa indifferenza dei pazienti ai sintomi che mani-festano; questo reperto non è un buon discriminatore di una patologia organica.

TRATTAMENTO

Il modello biopsicosociale del dolore evidenzia i nume-rosi fattori che influenzano la percezione del dolore da parte di una persona e la risposta a esso. In conformi-tà con questa concezione, si ipotizza che un approccio multidimensionale alle sindromi da dolore cronico e ai comportamenti anomali del dolore sia il più efficace nel ridurre i sintomi e la perdita di funzionalità associata. Trattamenti farmacologici e chirurgici possono essere indirizzati alle basi biologiche dell’esperienza di dolore, sebbene la loro utilità nel trattamento dei comportamenti

Tavola 8.23

REAZIONI DI CONVERSIONE SOMATOFORME

Quadro clinico Test per l’anestesia somatoforme

Caratteristiche dell’emianestesiasomatoforme:

Assenza di emianopiao difetti dei nervi cranici

Debolezzavariabilenegli artiNormali riflessi distiramento muscolareEmianestesia checoinvolge tuttele modalitàEmianestesia chesi estende alla lineamediana

Emianestesiache interessa i genitali

Normali riflessidi stiramento muscolare

Babinski assente

Test di vibrazione: la perditaunilaterale della sensazionedi vibrazione indica isteria, poichéla sensazione è bilaterale in presenzadi scheletro osseo integro

Test dito-naso: se eseguitoefficacemente, dimostrapropriocezione intattae pertanto emianestesiasomatoforme dell’estremità

Demarcazione

Dissociazione

A. Organica: diverso livello di perdita per ciascunamodalità sensitiva

B. Somatoforme: unico livello di perdita per tuttele modalità sensitive

A. Organica (ad es. polineuropatia): perditasensitiva maggiore distalmente; transizionegraduale all’area di sensibilità normale

B. Somatoforme: perdita sensitiva uniforme; nettademarcazione dall’area di sensibilità normale,di solito a livello del punto di repere anatomicoesterno (ad es. articolazione, piega cutanea piuttostoche lungo una distribuzione nervosa)

Tatto

Temperatura

TemperaturaTattoDolore

Dolore

Tutte le modalità

Emianestesia isterica

Anestesia ”a calza e guanto”

anomali di dolore sia controversa. Finora non vi sono evidenze certe secondo cui gli antidepressivi o qualun-que altro agente farmaceutico possa essere considerato il miglior approccio per il trattamento di disturbi so-matoformi. Non vi sono neanche informazioni relative alla dose ottimale, alla durata del trattamento o all’esito a lungo termine in pazienti trattati con tali farmaci per questa indicazione.

Bisogna prendere in esame gli eventuali fattori psico-logici e sociali che svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo di comportamenti anomali di dolore attraverso diversi interventi. Condizioni di comorbilità, quali de-pressione, ansia e disturbi del sonno, non solo rafforzano gli effetti indesiderati del dolore, ma possono interferire con l’efficacia della riabilitazione. Vi sono sempre più evi-denze secondo le quali la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) migliora il successo della riabilitazione a lungo termine per i pazienti con sintomi di dolore cronico. L’obiettivo principale di tali interventi consiste nel mi-glioramento della funzionalità quotidiana, dell’autoeffi-cienza e della qualità della vita. In caso di comportamenti anomali di dolore, la CBT aiuta anche a diminuire le convinzioni di evitare la paura, il catastrofismo e altre

VALUTAZIONE NEUROLOGICA DEL PAZIENTE CON DISTURBO SOMATOFORME (Seguito)

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