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91 Capitolo | 4 | Patologia cerebrovascolare acuta e cronica Sossio Cirillo, Ferdinando Caranci INTRODUZIONE Le vasculopatie cerebrali acute sono le lesioni del sistema nervoso centrale a esordio improvviso. Schematicamente includono l’ictus ischemico (circa 80% dei casi) – causato dall’interruzione dell’apporto emati- co al cervello – e l’ictus emorragico, secondario a rottura di un vaso cerebrale. Il radiologo svolge un ruolo centrale, dovendo formulare la prima diagnosi compatibilmente con i mezzi tecnici e culturali a propria disposizione, una diagnosi che condiziona inevitabilmente l’impostazione terapeutica e influenza la prognosi del paziente, peraltro con importanti implicazioni medico-legali. La tomografia computerizzata (TC) rimane la metodica di prima istanza grazie alla sua diffusione, alla rapidità di esecuzione e all’elevata sensibilità nel riconoscere immediatamente le emorragie endocraniche. Essa consente una diagnosi essenziale (ischemica o emorragica), esclu- dendo altre patologie che possono avere esordio similictale, e orienta inoltre verso gli ulteriori approfondimenti diagnostici (uso del mezzo di contrasto per studi angio-TC e di perfusione, integrazione con la risonanza magnetica, RM). Il completamento diagnostico dipende non solo dalla diagnosi eziologica, ma soprattutto dall’ambiente clinico in cui si opera (disponibilità dell’angiografia, esistenza di una stroke unit con possibilità di trattamento precoce dell’ischemia acuta, presenza di un reparto di neurochirugia). Nell’ictus ischemico, la possibilità di eseguire una trombolisi può giustificare la necessità di uno studio RM completo (con diffusione, perfusione, angio-RM) o, in alternativa, di uno studio TC di perfusio- ne e angio-TC; in particolare, l’introduzione nella pratica clinica delle apparecchiature multistrato ha consentito un ulteriore aumento delle capacità diagnostiche, grazie alla maggiore velocità, al maggior campo esplorabile, al minore spessore di strato, alla possibilità dello studio multiplanare (bi- e tridimensionale). Nell’ictus emorragico, riconosciuto in fase acuta con massima sen- sibilità e specificità mediante TC, la successiva indicazione alla RM e alle metodiche angiografiche (angio-TC, angio-RM, angiografia) – per definire l’eziologia – è condizionata principalmente dalla sede anato- mica del sanguinamento. Il 70% dei casi di emorragia intraparenchimale ipertensiva si localizza nel putamen, nel cervelletto o nel tronco encefalico; tutte le altre sedi devono fare sospettare condizioni patologiche diverse (malformazioni vasali, coagulopatie, tumori ecc.) e costituiscono un’indicazione al prosieguo diagnostico. In caso di diagnosi di emorragia subaracnoi- dea, l’eziologia è frequentemente legata alla rottura di malformazioni vascolari, in genere aneurismi, per cui l’indicazione alle metodiche angiografiche è obbligatoria; in questo campo, l’angiografia digitale rimane ancora il gold standard diagnostico. Le vasculopatie cerebrali croniche comprendono una serie eterogenea di condizioni patologiche che possono coinvolgere le strutture vascolari e il tessuto cerebrale, configurando quadri neuroradiologici di presenta- zione sovrapponibili. La loro importanza deriva dalla grande frequenza e dalla possibilità di determinare deterioramento cognitivo (demenza vascolare) di per sé o in associazione a malattie degenerative. Lo scopo principale dello studio neuroradiologico, in cui prevale il ruolo della RM, è quello di fornire un’adeguata rappresentazione e localizzazione delle alterazioni tissutali. ISCHEMIA CEREBRALE Approccio diagnostico L’ischemia cerebrale si verifica in una determinata regione dell’encefalo in conseguenza di una patologia occlusiva, determinante interruzione dell’afflusso arterioso, o più diffusamente di patologia non occlusiva, ovvero di ipoperfusione generalizzata. La patologia occlusiva comprende cause trombotiche oppure em- boliche. Le occlusioni trombotiche dei vasi arteriosi che afferiscono al cervello sono usualmente di origine aterosclerotica e interessano più comunemente la carotide interna al collo; la trombosi delle arterie intracraniche è più rara e colpisce più frequentemente l’arteria basilare. Nell’ambito delle occlusioni trombotiche rientrano anche gli infarti lacunari, piccole lesioni cavitarie del tessuto cerebrale secondarie a lipoialinosi delle piccole arterie penetranti. Le occlusioni emboliche delle arterie intracerebrali (più frequentemente della cerebrale me- dia o dei suoi rami distali) derivano nella maggior parte dei casi da emboli di origine cardiaca (da vegetazioni valvolari, trombosi murali postinfartuali, neoplasie intracavitarie, emboli settici); più raramente gli emboli cerebrali originano da placche aterosclerotiche dell’aorta o dell’arteria carotide comune o interna. Altre cause più rare comprendono

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Capitolo | 4 |

Patologia cerebrovascolare acuta e cronica Sossio Cirillo , Ferdinando Caranci

INTRODUZIONE

Le vasculopatie cerebrali acute sono le lesioni del sistema nervoso centrale a esordio improvviso. Schematicamente includono l’ictus ischemico (circa 80% dei casi) – causato dall’interruzione dell’apporto emati-co al cervello – e l’ictus emorragico, secondario a rottura di un vaso cerebrale. Il radiologo svolge un ruolo centrale, dovendo formulare la prima diagnosi compatibilmente con i mezzi tecnici e culturali a propria disposizione, una diagnosi che condiziona inevitabilmente l’impostazione terapeutica e infl uenza la prognosi del paziente, peraltro con importanti implicazioni medico-legali.

La tomografi a computerizzata (TC) rimane la metodica di prima istanza grazie alla sua diffusione, alla rapidità di esecuzione e all’elevata sensibilità nel riconoscere immediatamente le emorragie endocraniche. Essa consente una diagnosi essenziale (ischemica o emorragica), esclu-dendo altre patologie che possono avere esordio similictale, e orienta inoltre verso gli ulteriori approfondimenti diagnostici (uso del mezzo di contrasto per studi angio-TC e di perfusione, integrazione con la risonanza magnetica, RM). Il completamento diagnostico dipende non solo dalla diagnosi eziologica, ma soprattutto dall’ambiente clinico in cui si opera (disponibilità dell’angiografi a, esistenza di una stroke unit con possibilità di trattamento precoce dell’ischemia acuta, presenza di un reparto di neurochirugia).

Nell’ictus ischemico, la possibilità di eseguire una trombolisi può giustifi care la necessità di uno studio RM completo (con diffusione, perfusione, angio-RM) o, in alternativa, di uno studio TC di perfusio-ne e angio-TC; in particolare, l’introduzione nella pratica clinica delle apparecchiature multistrato ha consentito un ulteriore aumento delle capacità diagnostiche, grazie alla maggiore velocità, al maggior campo esplorabile, al minore spessore di strato, alla possibilità dello studio multiplanare (bi- e tridimensionale).

Nell’ictus emorragico, riconosciuto in fase acuta con massima sen-sibilità e specifi cità mediante TC, la successiva indicazione alla RM e alle metodiche angiografi che (angio-TC, angio-RM, angiografi a) – per defi nire l’eziologia – è condizionata principalmente dalla sede anato-mica del sanguinamento.

Il 70% dei casi di emorragia intraparenchimale ipertensiva si localizza nel putamen, nel cervelletto o nel tronco encefalico; tutte le altre sedi devono fare sospettare condizioni patologiche diverse (malformazioni

vasali, coagulopatie, tumori ecc.) e costituiscono un’indicazione al prosieguo diagnostico. In caso di diagnosi di emorragia subaracnoi-dea, l’eziologia è frequentemente legata alla rottura di malformazioni vascolari, in genere aneurismi, per cui l’indicazione alle metodiche angiografi che è obbligatoria; in questo campo, l’angiografi a digitale rimane ancora il gold standard diagnostico.

Le vasculopatie cerebrali croniche comprendono una serie eterogenea di condizioni patologiche che possono coinvolgere le strutture vascolari e il tessuto cerebrale, confi gurando quadri neuroradiologici di presenta-zione sovrapponibili. La loro importanza deriva dalla grande frequenza e dalla possibilità di determinare deterioramento cognitivo (demenza vascolare) di per sé o in associazione a malattie degenerative.

Lo scopo principale dello studio neuroradiologico, in cui prevale il ruolo della RM, è quello di fornire un’adeguata rappresentazione e localizzazione delle alterazioni tissutali.

ISCHEMIA CEREBRALE

Approccio diagnostico L’ischemia cerebrale si verifi ca in una determinata regione dell’encefalo in conseguenza di una patologia occlusiva , determinante interruzione dell’affl usso arterioso, o più diffusamente di patologia non occlusiva , ovvero di ipoperfusione generalizzata.

La patologia occlusiva comprende cause trombotiche oppure em-boliche. Le occlusioni trombotiche dei vasi arteriosi che afferiscono al cervello sono usualmente di origine aterosclerotica e interessano più comunemente la carotide interna al collo; la trombosi delle arterie intracraniche è più rara e colpisce più frequentemente l’arteria basilare. Nell’ambito delle occlusioni trombotiche rientrano anche gli infarti lacunari, piccole lesioni cavitarie del tessuto cerebrale secondarie a lipoialinosi delle piccole arterie penetranti. Le occlusioni emboliche delle arterie intracerebrali (più frequentemente della cerebrale me-dia o dei suoi rami distali) derivano nella maggior parte dei casi da emboli di origine cardiaca (da vegetazioni valvolari, trombosi murali postinfartuali, neoplasie intracavitarie, emboli settici); più raramente gli emboli cerebrali originano da placche aterosclerotiche dell’aorta o dell’arteria carotide comune o interna. Altre cause più rare comprendono

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la dissezione arteriosa e le vasculiti. Le dissezioni spontanee o post-traumatiche sono più frequentemente causa di lesioni ischemiche nella popolazione giovane e si verifi cano con formazione di ematoma subintimale o subavventiziale; le vasculiti sono entità differenti che colpiscono in genere vasi arteriosi di calibro minore rispetto a quelli interessati dall’aterosclerosi.

Indipendentemente dalla causa, il tessuto cerebrale è estremamente sensibile all’ischemia, a causa della mancanza di riserve di energia neuronale: in completa assenza di fl usso ematico, l’energia in grado di mantenere la vitalità neuronale è disponibile per circa 2-3 minuti.

In caso di ridotta perfusione (fi no a una soglia di fl usso ematico cerebrale di circa 20 mL/100 g di tessuto/min), il tessuto cerebrale è in grado di compensare mediante un aumento dell’estrazione di ossi-geno. Se il fl usso ematico cerebrale scende al di sotto di questa soglia, fi no a un fl usso minimo di circa 12 mL/100 g tessuto/min, la cellula neuronale resta vitale, ma con funzionalità compromessa, eventual-mente recuperabile in caso di normalizzazione del fl usso ematico. Se il fl usso scende al di sotto di 12 mL/100 g di tessuto/min, l’alterazione della pompa di membrana della cellula ischemica determina uno spo-stamento incontrollato di acqua dallo spazio extracellulare a quello intracellulare (edema citotossico), con danno irreversibile della cellula. L’edema citotossico non interessa solo i neuroni, ma anche astrociti, cellule endoteliali, periciti, oligodendrociti.

In fase acuta, l’ischemia è più spesso incompleta, con una zona cen-trale di tessuto infartuato in maniera irreversibile, circondata da una regione di alterazione periferica defi nita penombra , ricevente fl usso dal circolo collaterale a opera di territori arteriosi e leptomeningei illesi; la penombra contiene cellule che hanno cessato di funzionare, ma poten-zialmente recuperabili con una ricanalizzazione precoce. La transizione dall’area infartuale all’ischemia potenzialmente reversibile dipende sia dalla entità sia dalla durata della diminuzione del fl usso ematico; studi PET hanno dimostrato che una penombra signifi cativa è presente fi no al 90% dei pazienti entro 6 ore dall’esordio, mentre si riduce al 50% entro 9 ore e al 30% a 18 ore. La presenza della penombra ha pertanto importanti implicazioni per la selezione della terapia appropriata e la prognosi, anche se non esistono ancora dati defi nitivi circa i risultati clinici derivanti da trattamenti basati su questa informazione. Da un punto di vista anatomopatologico, l’evoluzione dell’area ischemica può essere così schematizzata:

• dopo 2 ore dall’occlusione, l’edema citotossico diviene apprezzabile microscopicamente;

• dopo 12 ore l’edema citotossico diviene individuabile su macrosezioni colorate ( pallor ) ed è più precoce e più evidente nel complesso caudato/putamen rispetto alla corteccia;

• dopo 6 ore inizia l’edema vasogenico secondario a danno della barriera emato-encefalica;

• dopo 72-96 ore l’edema vasogenico diviene tale da causare effetto massa ;

• dal quarto giorno l’edema vasogenico inizia a decrescere.

Il concetto assodato di tessuto cerebrale salvabile e lo sviluppo di nuo-ve opzioni di trattamento per l’ischemia hanno favorito lo sviluppo di nuove tecniche diagnostiche, utili per la selezione dei pazienti da avviare alla terapia.

L’unica terapia attualmente approvata dalla Food and Drug Ad-ministration (FDA) per l’ictus ischemico acuto è rappresentata dalla trombolisi per via endovenosa (mediante attivatore ricombinante del plasminogeno tissutale, rTPA). Il benefi cio della trombolisi diminuisce progressivamente nel tempo, per cui la fi nestra temporale utile per l’in-tervento terapeutico è ristretta a 3-6 ore dall’esordio sintomatologico; oltre tale termine l’effi cacia si riduce e aumenta il rischio di emorragia. Pertanto, i pazienti devono essere selezionati accuratamente e in modo tempestivo, sulla base dei risultati della diagnostica per immagini. Un approccio diagnostico completo, naturalmente in ambiente clinico adatto, comprende la rilevazione/esclusione di emorragia intracranica,

la differenziazione del tessuto infartuato dal tessuto salvabile, l’identi-fi cazione della sede di occlusione vascolare, la selezione della terapia appropriata e, infi ne, la predizione degli esiti.

Semeiotica TC La TC svolge un ruolo chiave nello studio dell’ictus ischemico, grazie alla velocità di esecuzione che agevola l’esame in pazienti in gravi condizioni e corredati di dispositivi di supporto e monitoraggio, e alla possibilità di escludere facilmente l’emorragia cerebrale. La quantità di informazioni derivabili dalla TC è inoltre aumentata negli ultimi anni, grazie all’impiego di ulteriori tecniche come l’angio-TC e la TC di per-fusione (valutazione TC multimodale). Tali tecniche sono impiegate in ambiente clinico adatto e solo se è stato escluso un evento emorragico all’esame TC di base; il protocollo TC completo può essere eseguito in unica sessione, con boli separati di mezzo di contrasto (mdc). Questo approccio multimodale, incorporato nella pratica clinica delle stroke unit , richiede con le apparecchiature multidetettore solo 10-15 minuti in più rispetto alla TC di base, con risultati spesso più facili da interpretare rispetto agli sfumati segni dell’esame TC di base.

Fase iperacuta ( < 12 ore) Esame TC di base . Può essere negativo in circa il 50% dei casi, soprat-tutto se il territorio ischemico non è esteso; nei restanti casi possono essere rilevati gli eventuali segni precoci di ischemia acuta, inizialmente sfumati ma sempre più evidenti con il passare delle ore.

Questi comprendono l’iperdensità spontanea intravascolare, a ridu-zione di densità (“oscuramento”) della sostanza grigia a livello dei gan-gli basali e delle regioni corticali (con perdita della differenziazione con la sostanza bianca), la scomparsa del nastro insulare ( insular ribbon ), la sfumata ipodensità cortico-sottocorticale all’interno di un territorio vascolare. Tali segni sono associati a una prognosi peggiore e a un più scarso risultato funzionale, ma non costituiscono controindicazione al trattamento trombolitico. La sensibilità della metodica nel ricono-scimento dei segni precoci di ischemia è intorno al 61%; essi possono essere tuttavia fonte di confusione, soprattutto per il radiologo non esperto, con errate interpretazioni in più del 20% dei casi.

Iperdensità spontanea intravascolare ( Fig. 4.1 ) . È legata alla presen-za di un trombo all’interno dell’arteria, più comunemente a livello del segmento M1 o M2 dell’arteria cerebrale media (ACM). I coeffi cienti di attenuazione del trombo raggiungono valori fi no a 80 unità Hounsfi eld (UH), a causa del riassorbimento del siero (al confronto, i coeffi cienti del sangue circolante si aggirano intorno a 40 UH). Anche se altamente specifi co, tale reperto ha scarsa sensibilità: è osservabile solo in circa il 30% dei casi, e può essere fonte di erronea interpretazione in pazien-ti con aumento dell’ematocrito, policitemia, calcifi cazioni parietali vascolari. È un segno prognostico sfavorevole ed è transitorio, come dimostrato da studi TC seriati (per lisi del coagulo).

“Oscuramento” del nucleo lenticolare ( Fig. 4.2 ) . È osservabile già a due ore dall’esordio sintomatologico ed è legato a edema citotossico nel territorio delle arterie lenticolostriate, che rende la sostanza grigia isodensa rispetto alla bianca delle capsule interna ed esterna; a tal fi ne è fondamentale il paragone con le strutture lenticolocapsulari controla-terali; analogamente, la scomparsa del nastro insulare ( Fig. 4.3 ) è causata da edema citotossico della corteccia dell’insula.

Ipodensità iniziale . La defi nizione dell’ipodensità iniziale ( Fig. 4.4 ) in un territorio vascolare è di fondamentale importanza soprattutto ai fi ni prognostici, in quanto l’area ipodensa corrisponde in genere a un danno tissutale irreversibile: l’estensione a oltre un terzo del terri-torio dell’ACM è una controindicazione alla trombolisi. Nel territorio coinvolto, i solchi cerebrali possono ridursi di ampiezza/evidenza a causa dell’iniziale rigonfi amento. La sensibilità della TC senza mdc è relativamente bassa nel riconoscimento di tale reperto nelle prime

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24 ore, soprattutto entro la limitata fi nestra temporale per il trattamento trombolitico. La sensibilità può essere migliorata mediante l’adeguato impiego di livelli di media/fi nestra: un’impostazione più ristretta (di 20/30 UH) consente di ottenere maggior contrasto tra il tessuto sano e le iniziali alterazioni da edema ischemico.

Come già accennato, il coinvolgimento di più di un terzo del ter-ritorio dell’ACM costituisce un criterio di esclusione dei pazienti dal trattamento trombolitico, a causa dell’aumento del rischio di emorragia; l’utilizzo della regola “un terzo” ha tuttavia dimostrato scarsa correla-zione tra gli osservatori.

Il punteggio ASPECTS (Alberta Stroke Program Early CT Score) è un pratico metodo di valutazione quantitativa dell’ischemia acuta che uti-lizza un sistema di dieci punti topografi ci sulle immagini TC. Secondo questo sistema, il territorio dell’ACM viene suddiviso in dieci regioni, a ognuna delle quali è assegnato un punto; per ogni area coinvolta dall’ipodensità ischemica sulle immagini TC viene detratto un punto. Oltre a consentire maggiore correlazione tra gli osservatori, ridotti valori del punteggio ASPECTS si correlano a un aumento della probabilità di invalidità, emorragia sintomatica e morte.

TC di perfusione . Consente una valutazione qualitativa e quantitativa della perfusione cerebrale. La metodica si basa sul monitoraggio del primo passaggio di un bolo di mdc iodato attraverso il circolo cerebrale. In genere si utilizza un piccolo bolo di mdc (50 mL), iniettato per via endovenosa ad alto fl usso (velocità di iniezione 4-5 mL/sec), seguito in maniera dinamica attraverso il tessuto cerebrale (1-32 sezioni); ai fi ni protezionistici è opportuno, inoltre, ridurre quanto possibile la dose. Il transitorio aumento della densità, causato dal passaggio di mdc nel tessuto cerebrale, è usato per generare curve densità/tempo in regioni di interesse (ROI); dal grafi co generato sono ottenibili i parametri di perfusione, che comprendono il tempo di transito medio (MTT, Mean

A B

Figura 4.1 TC di un’ischemia iperacuta (3 ore dall’esordio clinico). Iperdensità spontanea in corrispondenza del segmento M1 dell’arteria cerebrale media di destra, in assenza di alterazioni dimostrabili densitometriche del tessuto cerebrale nel territorio di distribuzione corrispondente.

A B

Figura 4.2 TC di un’ischemia iperacuta (4 ore dall’esordio clinico). A. Ridotta defi nizione del nucleo lenticolare e della testa del nucleo caudato (oscuramento) a sinistra. B. Al controllo a 24 ore, chiara demarcazione dell’area ischemica in sede nucleocapsulare sinistra.

A B

Figura 4.3 TC di un’ischemia iperacuta. A. Quattro ore dall’esordio clinico: sfumata ipodensità cortico-sottocorticale in regione temporo-insulare posteriore sinistra. B. Ventiquattro ore dall’esordio clinico: l’area ischemica ipodensa in regione temporo-insulare sinistra è meglio defi nita.

A B

C D

Figura 4.4 TC di un’ischemia iperacuta. A,B. Due ore dall’esordio clinico: ridotta differenziazione sostanza grigia/sostanza bianca nella regione frontoinsulo-temporoparietale sinistra, con scarsa evidenza dei solchi liquorali periemisferici. C,D. Al controllo a 48 ore, compare una vasta area ischemica in sede frontoinsulo-temporoparietale sinistra, con coinvolgimento della regione capsulonucleare, eterogenea per la coesistenza di componenti di infarcimento emorragico.

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Transit Time), il volume ematico cerebrale (CBV, Cerebral Blood Vo-lume) e il fl usso ematico cerebrale (CBF, Cerebral Blood Flow). Tali parametri possono quindi essere visualizzati mediante mappe a colori ( color coded ); in condizioni di emergenza, una rapida valutazione visiva delle mappe di perfusione è preferibile a più precisi e sofi sticati metodi di misurazione. La mappa di MTT viene analizzata per prima, poiché mostra le anomalie regionali più prominenti e facilita la rappresen-tazione della zona ischemica (aumento del MTT); successivamente vengono analizzate le mappe di CBF e CBV, parametri più specifi ci per distinguere la zona di penombra dal tessuto infartuato ( Fig. 4.5 ). Il tessuto ischemico (penombra) mostra un MTT aumentato, con CBF ridotto e CBV normale o leggermente aumentato (per i meccanismi di autoregolazione nella fase iniziale di ischemia), mentre il tessuto infartuato mostra un MTT aumentato, CBF e CBV marcatamente ridotti. Sulla base di alcuni valori soglia per il tessuto infartuale (CBV < 2 L/min; MTT > 145% per il tessuto ischemico), è possibile delineare sulle mappe le zone di infarto e di penombra, generabili automaticamente con alcuni software. Anche se tali dati concorrono alla selezione dei pazienti per il trattamento trombolitico, allo stato attuale i dati di TC di perfusione non sono ancora inclusi nei criteri standardizzati.

Il problema principale in molti pazienti con ischemia in fase acuta è rappresentato dagli artefatti da movimento, che possono inficia-re lo studio; l’immobilizzazione della testa del paziente è in genere in grado di limitarne il movimento. Da un punto di vista tecnico, il limite della TC di perfusione può essere il ridotto campo di esame (2-4 cm per scansione); in genere è utilizzata una singola fetta di 4 cm a livello della regione dei gangli della base, in quanto contiene territori rappresentativi dell’arteria cerebrale anteriore, media e posteriore. Possono anche essere impostate regioni di interesse in altri territori, per esempio in sede sottotentoriale (anche se più soggetta ad artefatti). Apparecchiature più recenti a 256 strati sono in grado di fornire una copertura dell’intero cervello.

Angio-TC . Può valutare il circolo intra- ed extracranico; gli obiettivi nell’ischemia acuta sono la defi nizione della sede dell’occlusione e degli altri segni della malattia aterosclerotica, la valutazione del circolo colla-terale e la dimostrazione/esclusione di dissezione arteriosa. La metodica si basa su un’acquisizione volumetrica a strato sottile eseguita con un bolo di mdc non ionico (300-400 mg di iodio/mL), ottimizzata per la valutazione dei vasi cerebro-afferenti (arterie carotidi e vertebrali) e del poligono di Willis; il campo di acquisizione, pertanto, comprende la regione compresa dall’arco aortico al vertice. L’analisi delle immagini assiali è essenziale, ma per i vasi del collo (arterie carotidi e vertebrali) le ricostruzioni multiplanari facilitano molto la valutazione delle placche aterosclerotiche (calcifi cazioni, componente fi brolipidica, superfi cie, ulcerazioni) e la quantifi cazione del grado di stenosi. Per il circolo intracranico, le ricostruzioni tridimensionali (MIP, Maximum Intensity Projection) consentono la rapida identifi cazione di occlusione o stenosi vascolari. L’angio-TC permette di individuare il trombo intravascolare nei vasi maggiori (carotide, ACM, tronco basilare) come difetto di riempimento (reperto corrispondente all’iperdensità spontanea intra-

vascolare dell’esame TC di base); essa permette anche la valutazione di trombosi di vasi minori, spesso sottostimate nella pratica clinica quotidiana, e del grado del circolo collaterale leptomeningeo (l’entità della rete collaterale piale si correla a una migliore prognosi).

L’entità del circolo collaterale può essere stimata sulla base di una versione semplifi cata della classica scala angiografi ca:

• 0: nessun vaso collaterale visibile nella sede ischemica; • 1: vasi collaterali visibili alla periferia dell’area ischemica; • 2: completa copertura dell’area ischemica mediante il circolo

collaterale; • 3: fl usso anterogrado normale.

L’insieme di tali informazioni aiuta a predire l’entità dell’infarto fi nale e la selezione dei pazienti per un’eventuale trombolisi intrarteriosa. In particolare, oltre a differenziare stenosi prossimali (tratto M1), adatte a una trombolisi intrarteriosa, da stenosi più distali (M2-M3), l’angio-TC è particolarmente utile per la rilevazione di trombosi del sistema vertebro-basilare, di diffi cile identifi cazione all’esame TC di base e spesso non incluso nel campo di studio della TC di perfusione.

Un passo successivo prevede la valutazione delle immagini di base per un’analisi dell’intero cervello (angio-TC Source Imaging). Questa tecnica fornisce una mappa del volume di perfusione cerebrale, in quanto il mdc opacizza il microcircolo cerebrale nel tessuto normal-mente perfuso, ma non il microcircolo nelle regioni infartuate, che appaiono come aree tissutali relativamente ipodense; per la rilevazione di queste ultime è importante un’adeguata impostazione dei livelli di media/fi nestra.

L’angio-TC Source Imaging è più sensibile rispetto all’esame TC di base nella rilevazione precoce dell’area di ischemia irreversibile e più precisa nella predizione del volume fi nale dell’infarto, fornendo infor-mazioni complementari allo studio della TC di perfusione, con buona correlazione con le alterazioni dimostrate allo studio di diffusione e di perfusione in RM.

Fase acuta (12-24 ore) Nella fase acuta, l’area ischemica appare più nettamente ipodensa se-condariamente all’edema, a margini più netti, con forma triangolare o trapezoidale e base verso la corteccia ed effetto massa dipendente anche dall’estensione del territorio coinvolto.

L’alterazione ischemica confi gura nei casi tipici precisi territori va-scolari, con variabilità determinata da fattori quali sede prossimale o distale dell’arteria occlusa, validità del circolo collaterale, insorgenza lenta o acuta dell’occlusione.

Territorio della cerebrale media . Sono gli infarti più frequenti; si distinguono:

• infarto silviano totale ( grande rammollimento silviano ): da occlusione prossimale della cerebrale media o della carotide interna, con comunicante anteriore funzionante. Coinvolge la regione fronto-parietale e nucleo-capsulare, risparmiando il talamo;

A B C Figura 4.5 TC di perfusione: mappe colorimetriche per la differenziazione core vs penombra (A-C, quattro ore dall’esordio). Un software dedicato differenzia l’area infartuata (A, area rossa ) dalla più estesa penombra (A, area verde ) attraverso la valutazione di diversi parametri perfusionali. Anche a una valutazione visiva si coglie che nel contesto dell’estesa area di aumentato MTT (B) è presente una più marginale area di più ridotto CBV (C). (Per gentile concessione del dottor A. Cianfoni e del professor C. Colosimo, Policlinico A. Gemelli, Roma).

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• infarto silviano superfi ciale : da occlusione della cerebrale media a valle delle perforanti; è simile al precedente, con risparmio della regione nucleo-capsulare; può essere totale o parziale (anteriore o posteriore);

• infarto silviano profondo : da occlusione dei rami perforanti della cerebrale media; coinvolge, con morfologia ovalare, capsula interna, caudato e lenticolare.

Territorio della cerebrale anteriore . Tale infarto è raramente isolato e si associa più frequentemente all’infarto silviano per occlusione della carotide interna con comunicante anteriore non funzionante. L’infarto totale comprende una parte superfi ciale (parte orbitaria del frontale, regioni fronto-parietali mesiali, circonvoluzione calloso-marginale) e una profonda (testa del caudato, parte anteriore del putamen, braccio anteriore della capsula interna).

Territorio della coroidea anteriore . L’infarto, raramente isolato, è importante per le strutture coinvolte: braccio posteriore della capsula interna, nucleo pallido, terzo posteriore del caudato, nuclei posteriori del talamo, uncus, amigdala, tratti ottici, corpi genicolati.

Territorio della cerebrale posteriore . L’infarto coinvolge territori superfi ciali (lobi occipitali, in misura minore III e IV circonvoluzione temporale) o profondi (più frequentemente talamo e corpi genicolati, inoltre porzione postero-inferiore dell’ipotalamo, nuclei rossi, radia-zioni ottiche e porzione posteriore del corpo calloso).

Territorio delle cerebellari superiori . L’infarto coinvolge la superfi cie superiore degli emisferi cerebellari e del verme.

Territorio delle cerebellari postero-inferiori . L’infarto coinvolge la superfi cie inferiore degli emisferi cerebellari e del verme e spesso la fossetta retro-olivare del bulbo.

Territorio del tronco basilare . L’infarto comporta il coinvolgimento del territorio delle cerebrali posteriori bilateralmente e delle cerebellari superiori.

Territori di confi ne o giunzionali . Gli infarti conseguono in genere a condizioni di ipotensione prolungata o occlusione carotidea con discreto funzionamento dei circoli collaterali; si distinguono:

• grande infarto giunzionale : costituito da multipli infarti lacunari nel contesto della sostanza bianca dal frontale all’occipitale, con distribuzione parasagittale;

• infarto giunzionale tra cerebrale anteriore e media , a livello della sostanza bianca fronto-parietale;

• infarto giunzionale tra cerebrale media e posteriore , a sede temporo-occipitale;

• infarto giunzionale tra i territori superfi ciale e profondo della cerebrale media , a livello della sostanza bianca periventricolare o tra putamen e insula.

Fase subacuta (24 ore-2-4 settimane) La fase subacuta è caratterizzata dalla coesistenza di edema e necrosi tis-sutale, con accentuazione dell'ipodensità a livello del focolaio ischemico, a margini ben defi niti. A partire dalla 2 a -3 a settimana, con la progressiva riduzione della componente di edema, si riduce progressivamente l’effetto massa e la densità tende ad aumentare; in alcuni casi, il focolaio infartuale diventa isodenso al tessuto cerebrale e quindi mal riconoscibile (effetto nebbia o fogging effect ; Fig. 4.6 ). In questi casi la somministrazione di mdc endovenosa, per alterazione della barriera emato-encefalica, determina impregnazione disomogenea, giriforme, soprattutto della corteccia.

In caso di riperfusione dell’area ischemica, si può verifi care uno stra-vaso emorragico nel contesto della lesione ischemica. In genere, la trasformazione emorragica dell’infarto si riscontra in caso di occlusione embolica di un vaso prossimale; secondo le statistiche autoptiche, si verifi cano aree di trasformazione emorragica nel 50-70% dei casi degli infarti, mentre l’incidenza dimostrabile mediante TC e RM è considere-volmente minore (20%). Le localizzazioni principali sono costituite dai

gangli della base e dalle aree corticali; l’infarcimento emorragico presenta una particolare predilezione per le regioni temporo-occipitali, forse per un diverso rapporto vene/arterie rispetto alle altre sedi. L’infarcimento emorragico è possibile – molto raramente – anche nella fase acuta.

Fase cronica ( > 4 settimane) L’area infartuale evolve verso la poroencefalia o la gliosi cicatriziale, ma nella gran parte dei casi tali aspetti coesistono. Essa pertanto si riduce di dimensioni, con densità ridotta e contorni netti; si associa dilatazione ex vacuo del sistema ventricolo-cisternale adiacente.

Nella tabella 4.1 è riassunta la semeiotica TC dell’ischemia cerebrale.

Semeiotica RM La RM ha da un lato enormi potenzialità diagnostiche, dall’altro un ruo-lo ancora limitato nelle prime fasi dell’evento ischemico, per la minore diffusione delle apparecchiature e la più diffi cile gestione di pazienti non collaboranti. Nella pratica clinica quotidiana, la RM è utilizzata nei casi in cui la TC risulta ancora normale anche a un controllo a 24 ore dall’epi-sodio ictale, o nel sospetto di lesione del circolo vertebro-basilare anche dopo 3 ore dall’esordio dei sintomi; essa è inoltre superiore alla TC nella defi nizione delle fasi croniche dell’ischemia. La RM consente la defi ni-zione dell’ictus ischemico attraverso l’identifi cazione di differenti reperti, spesso coesistenti, corrispondenti a eventi emodinamici (alterazioni del fl usso arterioso) e fi siopatologici (alterazioni di segnale e morfologiche conseguenti a effetto massa, impregnazione dopo mdc).

Fase iperacuta

RM di base . Lo studio, in fase iperacuta, mira a documentare l’oc-clusione vascolare, l’alterazione di segnale del tessuto ischemico e le alterazioni morfologiche locali.

L’ alterazione di segnale del vaso arterioso occluso dal processo trom-botico o embolico rappresenta uno dei reperti più precoci di ischemia cerebrale. In condizioni normali, le arterie presentano assenza di segnale intraluminale ( flow void ) a causa del flusso rapido e/o turbolento,

A B

C D

Figura 4.6 TC di un’ischemia subacuta. Prima (A,B) e dopo (C,D) iniezione endovenosa di mezzo di contrasto. Impregnazione giriforme della corteccia occipitolaterale sinistra ( fogging effect ).

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meglio apprezzabile in T2, per la maggiore suscettibilità al movimento e il migliore contrasto con il liquor. Nei vasi intracranici maggiori, a causa del rallentamento o della stazionarietà del fl usso, la scomparsa del fl ow void può essere rilevata già entro pochi minuti dall’evento. Le sequenze FLAIR risultano particolarmente sensibili alla rilevazione dell’alterazione del segnale vascolare, dimostrando una caratteristi-ca iperintensità nel vaso occluso, con risultati paragonabili a quelli dell’angio-RM; le sequenze Gradient Echo sono meno utili: in esse il fl usso ematico è caratterizzato in condizioni normali da un segnale spontaneamente iperintenso ( Fig. 4.7 A). Informazioni diagnostiche circa la sede specifi ca e l'entità dell’occlusione vasale sono ottenibili mediante angio-RM ( Fig. 4.7 B).

Le alterazioni di segnale del tessuto ischemico sono più diffi cilmente osservabili con sequenze convenzionali durante le prime 4-6 ore dall’oc-

clusione vascolare, in quanto probabilmente l’edema citotossico è cor-relato a un modesto incremento della concentrazione intracellulare di acqua. Le sequenze FLAIR consentono maggiore sensibilità, con valori di accuratezza diagnostica fi no all’86% entro le prime 3 ore dell’esordio sintomatologico ( Fig. 4.8 ).

Possono associarsi alterazioni morfologiche locali a seconda dell’en-tità dell’edema citotossico, più agevolmente riconoscibili nelle lesioni ischemiche corticali, come il rigonfi amento dei giri corticali, la cancel-lazione dei solchi, la ridotta defi nizione dell’interfaccia tra sostanza bianca e sostanza grigia.

A

C

B

Figura 4.7 RM di un’ischemia iperacuta. A,B. Immagini FLAIR assiali. Il fi siologico fl ow void a livello della carotide interna di sinistra è sostituito da iperintensità lungo tutto il decorso del vaso, in assenza di alterazioni dimostrabili del segnale del tessuto cerebrale. C. Angio-RM (tempo di volo 3D): scomparsa del segnale di fl usso nella carotide interna di sinistra; riduzione di calibro e del segnale di fl usso della cerebrale anteriore e media omolateralmente, per compenso parziale attraverso il poligono di Willis.

A B

C D

Figura 4.8 RM di un’ischemia iperacuta. A,B. Immagini FLAIR assiali (1 ora dall’esordio clinico). Esame disturbato da artefatti da movimento; si intravede – con diffi coltà – una sfumata iperintensità di segnale nella circonvoluzione frontale superiore di sinistra. C,D. Sequenza FLAIR sul piano assiale. Al controllo a 12 ore è ben defi nibile un’alterazione di segnale cortico-sottocorticale nella convessità fronto-parietale di sinistra.

Tabella 4.1 Ischemia cerebrale: semeiotica TC

Fase iperacuta Fase acuta Fase subacuta Fase cronica

• Iperdensità spontanea intravascolare (ACM, basilare)

• Oscuramento del nucleo lenticolare (da edema citotossico)

• Ipodensità in territorio vascolare • TC di perfusione: aumento MTT,

riduzione CBF, riduzione CBV • Angio-TC: occlusione vasi

maggiori (carotide, ACM, basilare); entità del circolo collaterale; lesioni aterosclerotiche al collo

• Accentuazione dell’ipodensità ischemica in territori vascolari

• Accentuazione dell’effetto massa

• Riduzione dell’ipodensità ischemica

• Riduzione dell’effetto massa • Fogging effect • Trasformazione emorragica (20%) • Mdc ev: impregnazione

in sostanza grigia da danno BEE

• Evoluzione verso poroencefalia e gliosi (+ ipodensità)

• Dilatazione ventricolo-cisternale

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CapitoloPatologia cerebrovascolare acuta e cronica | 4 |

Mezzo di contrasto . Il mdc per via endovenosa determina, entro 6 ore dall’insulto ischemico, un’anomala impregnazione intravascolare, non soltanto nei vasi arteriosi maggiori, ma anche nelle diramazioni corti-cali, che indicano o “segnano” l’area colpita. Tale reperto può precedere le modifi cazioni del segnale del tessuto cerebrale ischemico, ed è legato al rallentamento del fl usso arterioso (fl usso lento anterogrado nelle occlusioni incomplete, fl usso collaterale retrogrado nelle occlusioni prossimali complete). Esso è correlabile entro certi limiti alla gravità clinica: è stato dimostrato infatti che, in caso di occlusione della cere-brale media, l’impregnazione intravascolare si associa a minore esten-sione del danno ischemico a distanza di tempo. Diverso è il signifi cato del reperto in caso di pervietà della cerebrale media, riconducibile a rallentamento “ortodromico” del fl usso.

Studio di diffusione . Consente di rilevare in fase precoce le aree ische-miche poiché l’edema citotossico determina restrizione della diffusione fi siologica dell’acqua (segnale fortemente iperintenso nelle sequenze in diffusione/DWI e ipointenso nelle mappe di ADC); la sede e l’estensio-ne dell’area rilevata in fase precoce hanno generalmente una completa corrispondenza con il focolaio infartuale che si stabilizza successiva-mente ( Fig. 4.9 ). La sensibilità nell’evidenziare l’edema citotossico è prossima al 100%, 2-3 volte superiore a quella della FLAIR; inoltre, solo nel 50% dei casi è riscontrabile corrispondente ipodensità precoce alla TC, in media molto meno estesa. L’alterazione in diffusione esprime, quasi costantemente, un danno irreversibile, che tende ad aumentare nel tempo, almeno nei pazienti non trattati con terapia fi brinolitica. Oltre all’identifi cazione della lesione, lo studio di diffusione agevola il riconoscimento del pattern di distribuzione (analogamente a quan-to precedentemente defi nito nella semeiotica TC). Una patogenesi trombo-embolica determina lesioni con tipica distribuzione vascolare territoriale, mentre una patogenesi emodinamica o una dissecazione determinano una più tipica sofferenza dei territori di confi ne superfi ciali (tra circolo anteriore, medio e posteriore) o profondi (tra rami perfo-ranti e rami sottocorticali della cerebrale media). Infi ne, l’occlusione delle piccole arterie perforanti è alla base delle lesioni lacunari, di solito di dimensioni circoscritte e localizzate nei nuclei della base o nella sostanza bianca profonda. Il riconoscimento di un determinato pattern orienta quindi verso una specifi ca patogenesi dell’evento, infl uenzan-do la scelta terapeutica. Esistono, infi ne, casi in cui la diffusione non riesce a dimostrare alterazioni in fase iperacuta: questi comprendono le piccole lesioni in fossa posteriore e le lesioni studiate a brevissimo intervallo ( < 1 ora) dall’episodio clinico.

Studio di perfusione . Si basa sugli effetti T2 e T2* (DSC, Dynamic Su-sceptibility Contrast) del passaggio del mdc paramagnetico endovena in concentrazione elevata; il mdc distorce il campo magnetico locale, causan-do uno sfasamento degli spin nel tessuto cerebrale adiacente ai vasi con conseguente perdita di segnale dovuta agli effetti di suscettibilità, con ridu-zione del tempo di rilassamento T2*. La riduzione del T2* è misurabile e correlabile al volume ematico; l’acquisizione di immagini in serie consente quindi di rapportare il volume ematico al tempo di transito medio, che rappresenta il fl usso ematico cerebrale. Più recentemente, è stata introdotta

la tecnica di perfusione basata sugli effetti T1 del mdc paramagnetico, ma il suo impiego è oggi prevalentemente riservato allo studio delle neoplasie. L’acquisizione ultraveloce con eco planare (EPI, Echo Planar Imaging) consente, grazie a una risoluzione temporale superiore (maggior numero di immagini acquisibili nell’unità di tempo), una più precisa distinzione dei ritardi nel passaggio del mdc e una maggiore sensibilità alla suscettività magnetica. La DSC è in grado di dimostrare l’ipoperfusione regionale come (allungamento del MTT, riduzione di CBF e di CBV) anche dopo solo pochi minuti dall’instaurarsi dell’occlusione. L’utilizzo combinato delle tecniche di perfusione e di diffusione consente inoltre di distinguere nel territorio ischemico le aree destinate alla necrosi da quelle di “penombra”, caratte-rizzate da basso fl usso ematico (oligoemia) e quindi a rischio di infarto ( mismatch o disaccoppiamento); la penombra ha possibilità di recupero funzionale in caso di ripristino del fl usso ( Fig. 4.10 ). Un disaccoppiamento

A B C Figura 4.9 RM di un’ischemia iperacuta. A. Immagine FLAIR (4 ore dall’esordio clinico). Dubbia e sfumata areola iperintensa in corrispondenza della porzione postero-laterale destra del bulbo. B. Studio di diffusione. Chiara defi nizione di un’area di restrizione da edema citotossico in corrispondenza della porzione postero-laterale destra del bulbo. C. Immagine FLAIR (controllo a 24 ore). Defi nizione dell’area ischemica, con buona corrispondenza con il precedente studio di diffusione.

A B

C D

Figura 4.10 Mismatch RM di diffusione/perfusione di un’ischemia iperacuta a 5 (A,B) e 6 (C,D) ore dall’esordio. La mappe perfusionali rilevano aree di basso fl usso ematico (A,C, aree rosse ) molto più estese delle aree di edema citotossico rilevate dalla diffusione (B,D, iperintensità). (Per gentile concessione del dottor A. Cianfoni e del professor C. Colosimo, Policlinico A. Gemelli, Roma).

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tra diffusione e perfusione in RM è presente in circa il 70% dei pazienti con ischemia del circolo anteriore esaminati entro 6 ore dall’esordio. Tuttavia, non sono stati ancora identifi cati criteri di selezione terapeutica basati sui risultati RM, soprattutto a causa della variabilità di questi ultimi (possibilità teorica di regressione delle lesioni in diffusione, eterogeneità e valori non quantitativi dei risultati della perfusione). Ulteriori progressi per la stan-dardizzazione potranno derivare dalla diffusione dell’uso della tecnica di perfusione senza mdc denominata ASL (Arterial Spin Labeling).

Spettroscopia . Non trova applicazione pratica nello studio dell’ischemia cerebrale acuta, soprattutto a causa dei lunghi tempi di acquisizione. Essa consente teoricamente di riconoscere la comparsa nell’area ischemica di un evidente picco di lattato; nell’ischemia cerebrale infatti si verifi ca, entro 10 minuti dall’occlusione, una deviazione metabolica verso la glicolisi anaerobia, con aumento della concentrazione dell’acido lattico e ridu-zione del pH intracellulare. Tale concentrazione contribuisce alla necrosi per l’aumento del rigonfi amento cellulare e per l’alterazione della barriera emato-encefalica. Successivamente si assiste alla riduzione dell’N-acetila-spartato, indice della riduzione della popolazione neuronale vitale.

Angio-RM . Completa i dati delle alterazioni tissutali, fornendo in-formazioni circa la sede e le caratteristiche dell’occlusione vasale. La tecnica è inoltre in grado di defi nire lo sviluppo di circoli collaterali ed eventuali alterazioni vascolari in altre sedi. Lo studio completo prevede la tecnica contrast enhanced per i tronchi epiaortici e la tecnica “tempo di volo” per il circolo intracranico.

La valutazione delle arterie cerebrali può modifi care l’atteggiamento terapeutico: un reperto vascolare normale esclude la necessità di trom-bolisi, mentre un’occlusione prossimale (carotide interna, cerebrale media, tronco basilare) può indicare un più appropriato trattamento per via arteriosa ( Fig. 4.11 ).

Lo studio angio-RM nel paziente ischemico è tuttavia limitato da alcuni fattori:

• lunghezza delle sequenze, che mal si concilia con pazienti in fase iperacuta, spesso agitati o non collaboranti;

• ridotta risoluzione anatomica delle diramazioni distali, un limite importante soprattutto nelle occlusioni emboliche;

• povertà dell’arborizzazione vascolare da riduzione globale del fl usso nei pazienti anziani;

• errata interpretazione in caso di perdita di segnale del distretto vascolare in presenza di turbolenze del fl usso.

Fase acuta La fase acuta è legata allo sviluppo progressivo dell’edema citotossico, con accumulo intracellulare di acqua e conseguente accentuazione delle alterazioni di segnale e dell’effetto massa. L’ischemia si manifesta come area di elevato segnale nelle sequenze a TR lungo, in genere indicativa di morte cellulare, con grande variabilità dei tempi di comparsa, oscillanti da 4 a 12 ore dall’insulto. Nell’ischemia cortico-sottocorticale, l’alterazione di segnale coinvolge precocemente la sostanza grigia, mentre la sostanza bianca può permanere normale fi no anche a 24 ore di distanza dall’evento ictale. In alcuni casi si riscontra, in sequenze T2-dipendenti, una tenue ipointensità della sostanza bianca sottocorticale, correlabile forse alla presenza di ferro o di radicali liberi. Come accennato precedentemente, le sequenze FLAIR presentano maggiore sensibilità, soprattutto nel defi nire l’interessamento della sostanza grigia corticale e della sostanza bianca peri-ventricolare, evitando eventuali artefatti di volume parziale con il liquor; la diffusione persiste ristretta nell’area ischemica ( Figg. 4.12 e 4.13 ). L’uso del mdc determina, in circa un terzo degli infarti corticali tra il primo e il terzo giorno dell’occlusione vasale, impregnazione meningea , che si sovrappone all’impregnazione vascolare ed è legata alla congestione piale.

Fase subacuta La fase subacuta, legata allo sviluppo dell’edema extracellulare (vaso-genico), è caratterizzata da un'ulteriore accentuazione delle alterazioni di segnale e dell’effetto massa, con giri corticali rigonfi , scomparsa dei solchi e distorsione del sistema ventricolare ( Fig. 4.13 ). Tali altera-zioni tendono ad attenuarsi sensibilmente dopo la seconda settimana, fi no a scomparire in alcuni casi ( fogging effect ).

Il segnale in DWI persiste elevato per molti giorni dopo l’evento acuto (prevalendo l’effetto T2), mentre quello in ADC decresce progressiva-mente. Nel 20% dei casi possono comparire componenti emorragiche nel contesto dell’area ischemica, di segnale variabile in relazione alla fase temporale della lesione, analogamente all’ematoma intraparenchimale (vedi oltre). L’infarto emorragico in fase precoce è caratterizzato dalla presenza di foci intralesionali tenuemente ipointensi in T2 (meglio visibili nelle sequenze T2*-GRE), circondati da edema; la natura ischemica può essere riconosciuta in base alla corrispondenza con un territorio vasco-lare. Le sequenze di suscettività (SWI, Susceptibility Weighted Imaging), superiori rispetto alle GRE, si sono dimostrate particolarmente sensibili all’identifi cazione dei foci di trasformazione emorragica. Nelle fasi succes-sive, il segnale della componente emorragica diviene iperintenso in T1 e T2, con distribuzione irregolare, sotto forma di strie o noduli, talora con aspetto giriforme se la componente emorragica è corticale. In fase cronica, l’emosiderina determina un segnale ipointenso in T2, unico segno della pregressa componente emorragica nella fase degli esiti, associato all’atro-fi a. L’iniezione di mdc paramagnetico endovena determina impregnazione parenchimale nell’area infartuale, di solito massiva a 4 giorni dall’insulto ischemico e riscontrabile in quasi tutti i pazienti da 7 a 30 giorni, quindi progressivamente attenuantesi, persistendo per 6-8 settimane. L’impre-gnazione parenchimale è dovuta alla ricanalizzazione del vaso occluso o all’instaurarsi del circolo collaterale e alla presenza di un’alterazione della barriera emato-encefalica, che facilita il passaggio del mdc nel tessuto ischemico. Questo tipo di impregnazione (caratteristicamente giriforme

A B

C D

Figura 4.11 RM di un’ischemia iperacuta. A-C. Immagini di diffusione (DWI) assiali (6 ore dall’esordio clinico). Segnale iperintenso da edema citotossico coinvolgente diffusamente l’emisfero cerebellare di sinistra e, in misura minore, il destro, il peduncolo cerebellare medio di sinistra, il ponte, il mesencefalo e le regioni talamomesiali da entrambi i lati. D. Angio-RM (tempo di volo 3D): progressiva riduzione di calibro del tronco basilare a livello del terzo distale, con interruzione del segnale di fl usso a livello dell’apice; ipoplasia dell’arteria vertebrale di sinistra.

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CapitoloPatologia cerebrovascolare acuta e cronica | 4 |

a sede corticale) può essere utile nella diagnosi differenziale con altre patologie. L’impregnazione intravascolare e quella meningea iniziano a diminuire progressivamente entro 2-4 giorni dopo l’occlusione vasale.

Fase cronica La fase cronica si instaura dopo un periodo di tempo variabile, in re-lazione alle dimensioni dell’area ischemica, in genere verso la quarta settimana. Essa è caratterizzata dalla risoluzione dell’edema, dal rias-

sorbimento del tessuto necrotico e dal ripristino della barriera emato-encefalica. Il risultato fi nale del processo distruttivo comprende la mala-cia (fenomeni di cavitazione cistica), di segnale sostanzialmente isointen-so al liquor, e la gliosi riparativa, di segnale elevato nelle sequenze a TR lungo; l’area infartuale appare meno estesa rispetto alle fasi precedenti e meglio defi nita. L’effetto massa evolve verso l’atrofi a focale per perdita di tessuto, con dilatazione consensuale del sistema ventricolo-cisternale ( Fig. 4.14 ). Il mdc endovena non determina alcuna impregnazione, per il ripristino della barriera emato-encefalica. Il segnale in diffusione tende

A B C

Figura 4.12 RM di un’ischemia acuta. Immagini FLAIR assiali. A. 10 ore dall’esordio clinico: tenue iperintensità corticale in regione occipitale sinistra. B. Al controllo a 6 giorni (fase subacuta), si apprezza un’accentuazione dell’alterazione di segnale in regione occipitale sinistra e dell’effetto massa, con rigonfi amento dei giri corticali e scomparsa dei solchi liquorali, secondariamente allo sviluppo dell’edema vasogenico. C. Al controllo a 45 giorni (fase cronica), l’alterazione di segnale appare ridotta secondariamente all’evoluzione gliotica dell’area ischemica.

A B C D

E F G H

Figura 4.13 Ischemia acuta. A,B. TC (2 ore dall’esordio clinico): non sono defi nibili sicure alterazioni densitometriche, né dei territori corticali né delle strutture grigie profonde. C,D. Sequenza FLAIR sul piano assiale (24 ore dall’esordio clinico): segnale iperintenso interessante le regioni corticali e sottocorticali in sede temporo-insulare e a livello del giro frontale medio di sinistra, nonché il nucleo lenticolare e il corpo del caudato omolateralmente. E,F. Studio di diffusione. Le alterazioni di segnale descritte in FLAIR risaltano in maniera più evidente a causa della restrizione della diffusione. G,H. TC (controllo a 72 ore): evoluzione ipodensa dell’area ischemica nelle sedi evidenziate inizialmente con lo studio di diffusione.

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a normalizzarsi in 2 mesi e quindi la DWI può essere utile per ricono-scere lesioni recenti nel contesto di esiti ischemici in fase cronica.

In questa fase divengono evidenti gli effetti a distanza dell’infarto cerebrale, in particolare la degenerazione walleriana , processo interessante gli assoni che originano nell’area infartuale e la loro guaina mielinica secondo una progressione anterograda (per esempio, la via cortico-spinale), conseguente a lesioni della porzione prossimale del neurone. Tale processo ha una tipica evoluzione per stadi:

• stadio I (prime 4 settimane) : è caratterizzato da degenerazione assonale senza alterazione della mielina e non si apprezza alcuna alterazione di segnale;

• stadio II (4-14 settimane) : per degradazione della componente proteica della mielina con preservazione di quella lipidica si determina un aumento relativo del contenuto idrofobico che causa un segnale ipointenso in T2;

• stadio III ( > 14 settimane) : la degradazione della componente lipidica della mielina si associa a gliosi e ad aumento del contenuto locale di acqua, responsabile di un segnale iperintenso nelle sequenze a TR lungo;

• stadio IV (6-12 mesi) : nella sede degli assoni degenerati si instaura gliosi, con segnale iperintenso nelle sequenze a TR

lungo, associata a involuzione atrofi ca del peduncolo cerebrale e della porzione più rostrale del ponte omolateralmente alla lesione emisferica, di entità variabile a seconda dell’estensione dell’area infartuale sopratentoriale, con emiatrofi a controlaterale del bulbo, distalmente alla decussazione delle piramidi ( Fig. 4.15 ).

Nella tabella 4.2 è riassunta la semeiotica RM dell’ischemia cerebrale.

PATOLOGIA OCCLUSIVA VENOSA

La patologia occlusiva venosa è una condizione relativamente infre-quente (rispetto a quella arteriosa), ma probabilmente sottovalutata in passato; il suo riconoscimento precoce, tuttavia, è cruciale ai fi ni di un'adeguata terapia per prevenire, quando possibile, un danno cerebrale irreversibile. L’occlusione delle vene di drenaggio dell’encefalo può verifi carsi secondariamente a un’infezione (otite media, mastoidite), a un trauma, a un intervento neurochirurgico, a un’invasione neoplastica oppure a stati di ipercoagulabilità (coagulazione intravascolare dissemi-nata, policitemia). La condizione è predominante nelle donne, per le quali uno dei principali fattori di rischio è rappresentato dall’assunzione

A B

Figura 4.14 RM di un’ischemia in fase cronica. Immagini FLAIR assiali. Estesa area di alterato segnale, di natura malacica, interessante la regione frontotemporo-insuloparietale di destra, estesa in profondità a sede putamino-capsulare interna e delimitata medialmente da alone iperintenso di natura gliotica. L’emisfero coinvolto appare ridotto di dimensioni, con modico ampliamento consensuale del ventricolo omolaterale.

A B

Figura 4.15 RM di una degenerazione walleriana. Immagini T2-TSE coronali. Vasta area malacica in sede fronto-temporale destra, da esiti di lesione ischemica. Si associa un segnale iperintenso esteso dalla corona radiata al ponte, attraverso la capsula interna e il peduncolo cerebrale; quest’ultimo mostra un’evidente riduzione dello spessore.

Tabella 4.2 Ischemia cerebrale: semeiotica RM

Fase iperacuta Fase acuta Fase subacuta Fase cronica

• Scomparsa del fl ow void • T1 < T2 < FLAIR: iniziale alterazione

del segnale (sostanza grigia + iniziali segni di effetto massa corticale (rigonfi amento giri, scomparsa solchi, perdita interfaccia grigia/bianca)

• mdc: impregnazione intravascolare (75% dei casi)

• Angio-RM: occlusione vasale • Diffusione: riduzione del coeffi ciente

di diffusione da edema citotossico • Perfusione: decremento della curva

segnale/tempo (riduzione CBV, CBF) • Mismatch diffusione/perfusione:

penombra

• Accentuazione delle alterazioni di segnale (+ grigia, − bianca)

• Accentuazione dell’ effetto massa

• mdc: impregnazione meningea

• Accentuazione delle alterazioni di segnale e dell’effetto massa (fi no alla seconda settimana)

• Trasformazione emorragica (20% dei casi)

• mdc: impregnazione parenchimale (7-30 giorni) scomparsa dell’impregnazione intravascolare e meningea

• Malacia: segnale simil-liquorale • Gliosi: tenue ipointensità in T1;

iperintensità in T2/FLAIR • Dilatazione ventricolo-cisternale;

segni di atrofi a focale • mdc: assenza di impregnazione

patologica • Degenerazione walleriana

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di farmaci estroprogestinici (rischio 13 volte superiore di sviluppare una trombosi venosa). La trombosi venosa è un processo graduale che inizia di solito con l’occlusione di un seno durale, seguita dall’ostruzione delle vene corticali tributarie del seno. La persistenza dell’occlusione causa aumento della pressione venulare e capillare e riduzione della pressione arteriosa, con conseguente edema citotossico e morte cellula-re; l’aumentata pressione venulare e capillare, inoltre, può determinare infarcimento ematico e talora sanguinamento subaracnoideo e/o sub-durale. I seni venosi più frequentemente interessati sono in ordine di frequenza il sagittale superiore, il trasverso, il sigmoide e il cavernoso. I territori venosi interessati dall’infarto da stasi venosa sono anatomica-mente differenti da quelli arteriosi, hanno spesso sede sottocorticale e possono essere bilaterali. La trombosi della vena cerebrale interna è più rara ma più grave, causando infarti bilaterali a livello del mesencefalo, dei nuclei grigi profondi e della sostanza bianca adiacente.

La presentazione clinica della patologia occlusiva venosa è subdola e polimorfa, al contrario di quanto avviene per l’infarto arterioso, di più agevole diagnosi clinica. L’esordio può essere subacuto (da due giorni a un mese) in circa il 50% dei casi, a causa della lenta progres-sione del trombo e dell’instaurarsi di circoli collaterali di defl usso; è più raro l’esordio acuto ( < 2 giorni, 30%) e cronico ( > 1 mese, 20%). Il sintomo d’esordio più frequente è la cefalea, in genere rapidamente progressiva, severa, persistente, unilaterale; possono manifestarsi anche segni neurologici focali (afasia, emiplegia, amnesia, emianopsia ecc.) e crisi comiziali.

Lo studio neuroradiologico è fondamentale per formulare la diagno-si. TC e RM sono in grado di dimostrare sia i segni diretti della trombosi (evidenza del trombo all’interno delle strutture venose coinvolte) sia quelli indiretti (alterazioni tissutali); angio-TC e angio-RM permettono la dimostrazione dell’occlusione dei seni venosi.

Semeiotica TC La TC, eseguita in genere in emergenza, risulta negativa in una percen-tuale di casi variabile dal 10 al 30%. La percentuale di dimostrazione diretta del trombo varia a seconda delle casistiche dal 20 al 55%. Esso si manifesta (soprattutto nelle prime due settimane) con strie lineari di iperdensità in corrispondenza delle vene corticali occluse (segno “della corda”) o, se all’interno del seno longitudinale superiore, come imma-gine triangolare iperdensa. Dopo le prime settimane, il trombo può essere riconosciuto solo dopo somministrazione di mdc come difetto di riempimento del seno, circondato da un orletto iperdenso dovuto all’impregnazione dei vasa vasorum e della dura (segno “delta”, Δ ).

I segni indiretti sono invece aspecifi ci e sono rappresentati da infarti cerebrali che non rispettano un territorio vascolare arterioso ( Fig. 4.16 A); nelle trombosi del seno longitudinale superiore le lesioni possono essere bilaterali, mentre nelle trombosi del sistema venoso profondo è frequente il coinvolgimento bilaterale del talamo.

L’infarcimento emorragico, riportato con una frequenza del 30-50%, è disomogeneo e a margini irregolari; possono associarsi emorragie suba-racnoidee e subdurali. L’angio-TC, soprattutto con l’introduzione delle TC multidetettore e di software di ricostruzione che permettono l’esclusione dell’osso, conferma la diagnosi e consente un bilancio di estensione della trombosi, con sensibilità analoga a quella dell’angio-RM.

Semeiotica RM La RM, in associazione all’angio-RM venosa, è la modalità di scelta per la diagnosi e il follow-up della patologia occlusiva venosa. La RM consente la visualizzazione diretta del trombo in un’elevata per-centuale di casi; il segnale è variabile in dipendenza dallo stato di ossigenazione dei globuli rossi intrappolati nel trombo e dalle fasi di degradazione dell’emoglobina. Il trombo in fase iperacuta è isointenso alla corteccia in T1, in fase acuta iperintenso in T1 e ipointenso in T2, in fase subacuta (dopo la prima settimana) tipicamente iperintenso

in tutte le sequenze; in fase cronica il seno trombizzato va incontro a fi brosi e si possono sviluppare circoli collaterali venosi. L’impiego delle sequenze GRE può facilitare il riconoscimento della trombosi delle vene corticali in fase acuta, evidenziandole come strie lineari ipointense. Le sequenze SWI si sono dimostrate particolarmente adatte alla dimostrazione del trombo nelle prime fasi; esse dimostrano un segnale ipointenso del trombo, legato alla deossiemoglobina, almeno nei seni di calibro maggiore.

L’angio-RM conferma la diagnosi di trombosi, differenziando l’alte-razione di segnale del seno venoso interessato da segnali intraluminali fisiologici legati al flusso lento. La 2D-TOF ( Fig. 4.16 C) e la phase contrast (PC) sono più comunemente proposte, ma è certamente più affi dabile la tecnica angio-RM con mdc.

La RM dimostra con maggiore sensibilità rispetto alla TC tre princi-pali fasi nell’evoluzione della patologia occlusiva venosa.

Prima fase . È caratterizzata dalla congestione venosa con edema, con segni di effetto massa; le sequenze DWI distinguono l’edema vasoge-nico da quello citotossico, con possibilità di predire la reversibilità delle lesioni.

A B

C D

E F

Figura 4.16 Patologia occlusiva venosa. A,B. TC (due giorni dall’esordio clinico). Area disomogeneamente ipodensa in sede temporale destra, con segni di infarcimento ematico; si associano strie di iperdensità spontanea in corrispondenza del decorso del seno trasverso omolaterale. C,D. RM (tre giorni dall’esordio clinico): immagini T2-TSE assiali. Sostanzialmente sovrapponibile l’area di alterato segnale in sede temporale sinistra. E,F. Angio-RM (2D-TOF). Mancata visualizzazione del segnale di fl usso dell’asse trasverso-sigmoideo di sinistra; il segnale è disomogeneo anche a livello del trasverso controlaterale.

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Seconda fase . È legata alla trasudazione interstiziale di fl uido da au-mento della pressione venosa, con segnale iperintenso in T2; può asso-ciarsi dilatazione ventricolare da riassorbimento transependimale.

Terza fase . Si verifi ca l’emorragia intraparenchimale da ipertensione venosa, frequente in corrispondenza della giunzione sostanza bianca/sostanza grigia ( Fig. 4.16 B). Mentre le prime due fasi sono reversibili e suscettibili di completa risoluzione con trattamento trombolitico, la terza fase è caratterizzata da un danno cellulare irreversibile ed è l’unica in cui è giustifi cato il termine di infarto venoso.

Nella valutazione angio-TC e in quella angio-RM si deve porre atten-zione ai reperti “falsi positivi”, in particolare evitando di diagnosticare come trombosi venosa la ipoplasia o agenesia di un seno venoso tra-verso/sigmoideo; in questi casi, a parte la mancanza del segnale del trombo, è importante valutare il calibro dei golfi giugulari (minimo dal lato dell’ipoplasia). La RM, infi ne, rappresenta la metodica ideale per il follow-up (esiti tissutali e ricanalizzazione dei seni trombizzati).

Semeiotica angiografi a a sottrazione digitale (DSA) L’angiografi a a sottrazione digitale (DSA, Digital Subtraction Angiogra-phy) ha un ruolo più marginale ed è utilizzata, oltre che nei casi dubbi, per un’indicazione al trattamento endovascolare. La metodica dimostra il segno diretto di mancata opacizzazione delle vene e dei seni interes-sati; all’interno delle vene corticali trombizzate vi è una persistenza di opacizzazione nella fase venosa tardiva. Si associano segni indiretti che a volte sono cruciali per la diagnosi (dilatazione delle vene collaterali, ritardo di riempimento delle vene, circoli collaterali).

VASCULOPATIE CEREBRALI CRONICHE

Le vasculopatie cerebrali croniche comprendono una serie di differenti condizioni patologiche (aterosclerosi, arteriolosclerosi, ipertensione, diabete ecc.) che possono coinvolgere in maniera differente le strutture vascolari e il tessuto cerebrale, confi gurando quadri neuroradiologici spesso sovrapponibili. Le stesse alterazioni, inoltre, possono essere riscontrabili anche in alcune patologie neurodegenerative, oltre che nel quadro fi siologico di invecchiamento cerebrale. L’aspecifi cità dei reperti e la loro possibile sovrapposizione in differenti patologie rende spesso diffi coltosa l’attribuzione del pattern neuroradiologico ai corrispettivi quadri clinici, ponendo problemi di diagnosi differenziale che assu-mono particolare rilievo quando tali alterazioni sono responsabili di un quadro di deterioramento cognitivo (demenza). Sono stati defi niti vari sottotipi di declino cognitivo da patogenesi vascolare: in partico-lare, oltre al classico quadro di demenza multinfartuale secondario a multiple lesioni vascolari di differente tipologia (con interessamento sia corticale sia sottocorticale), di più comune riscontro sono i sottotipi di demenza legati alle alterazioni croniche dei vasi cerebrali di piccolo calibro (microangiopatie), i cui corrispondenti quadri neuroradiologici comprendono gli infarti lacunari e il coinvolgimento multifocale o diffuso della sostanza bianca periventricolare e profonda.

Infarti lacunari Gli infarti lacunari sono piccole lesioni ischemiche a localizzazione profonda, singole o multiple, generalmente di dimensioni inferiori a 2 cm e clinicamente silenti; meno frequentemente la localizza-zione strategica (per esempio, a livello della capsula interna) o la secondaria perdita di tessuto cerebrale possono rendere conto di un declino cognitivo fi no a un quadro conclamato di demenza su base vascolare. Il coinvolgimento talamico è di particolare valore clinico:

esiti lacunari anche unilaterali e di piccole dimensioni possono com-promettere funzioni cognitive mnesiche ed esecutivo-attenzionali. La patogenesi è secondaria a un’occlusione di piccoli vasi, per fenomeni di lipoialinosi parietale su base aterosclerotica, tipica dei soggetti ipertesi. Particolarmente suscettibili sono i territori riforniti da bran-che perforanti come le arterie lenticolo-striate, talamo-perforanti e midollari lunghe. Le localizzazioni preferenziali degli infarti lacu-nari comprendono pertanto i nuclei della base (terzo superiore del putamen), la capsula interna, il talamo, le regioni paramediane e laterali del ponte, la corona radiata e il centro semiovale. Le lacu-ne, diffi cilmente apprezzabili nelle prime 24 ore (se non mediante studio di diffusione), si visualizzano come areole ipodense alla TC, ipointense in T1 e iperintense nelle sequenze a TR lungo alla RM; le lesioni talamiche e infratentoriali risultano meglio apprezzabili in T2 rispetto alle immagini FLAIR.

Quando molto estese e numerose, le lacune possono confi gurare un quadro noto come stato lacunare ( état lacunaire ), da non confondere con lo stato cribroso ( état criblé ) secondario a una diffusa dilatazio-ne degli spazi perivascolari, legato quest’ultimo al danno meccanico reiterato indotto dalla parete sclerotica del vaso sul tessuto cerebrale circostante. La distinzione tra infarti lacunari e ampliamento degli spazi perivascolari si basa su aspetti morfologici, topografi ci e di segnale: gli spazi perivascolari, sempre isointensi al liquor, sono localizzati nelle porzioni basali dei nuclei lenticolari (due terzi inferiori del putamen), nei centri semiovali, nei peduncoli cerebrali e anche nelle insule e nelle circonvoluzioni temporali superiori; sono di dimensioni esigue ( < 5 mm), di morfologia regolare e distribuzione tendenzialmente simmetrica e non mostrano di norma alterazioni di segnale perifocali. Gli infarti lacunari sono lesioni tondeggianti o cavitarie, con segnale tipico da fenomeni gliotici, di maggiori dimensioni (5-20 mm) e con margini meno defi niti.

Piccoli focolai emorragici di vecchia data possono mostrare lo stesso aspetto degli infarti lacunari alla TC, ma il centro ipointenso rilevabile in T2*, da deposito emosiderinico, ne rende possibile la differenziazione.

Leucoaraiosi La leucoaraiosi indica un quadro neuropatologico caratterizzato dal coinvolgimento diffuso della sostanza bianca periventricolare e profon-da, prevalentemente simmetrico, con fenomeni di rarefazione ed estese alterazioni ischemiche, incomplete e non cavitarie. La patogenesi è da ricondurre all’arteriolosclerosi, con particolare coinvolgimento delle arterie perforanti lunghe, l’eziologia è riconducibile a differenti fattori (ipertensione, diabete ecc.), con alterazioni riscontrabili anche in alcune patologie degenerative e nell’invecchiamento fi siologico. Il termine leucoaraiosi non rappresenta né una patologia né un indice specifi co di sofferenza ischemica della sostanza bianca. Le alterazioni della sostanza bianca periventricolare sono infatti potenzialmente presenti anche in soggetti sani, con scarsa correlazione con il declino cognitivo. Esse possono avere morfologia a cappuccio, localizzate perifericamente ai corni frontali e ai trigoni, o ad alone circondando le pareti laterali dei ventricoli. Dal punto di vista neuropatologico si riscontra incremento degli spazi interstiziali e perivascolari con fenomeni di trasudazione di liquor, rarefazione mielinica e gliosi subependimali; le alterazioni con morfologia ad alone o nastriforme sono legate all’elevata concen-trazione di acqua interstiziale in ambito periventricolare. Le alterazioni della sostanza bianca profonda sono in gran parte ascrivibili ad aree di degenerazione mielinica su base ischemica con gliosi riparativa; assumono pertanto signifi cato clinico nella patogenesi della demenza vascolare solo quando molto estese.

La TC dimostra aree di ipodensità a chiazze o confl uenti, diffuse e simmetriche, con prevalente distribuzione periventricolare; la RM presenta maggiore accuratezza, con alterazioni della sostanza bianca periventricolare e profonda, iperintense nelle sequenze a TR lungo e relativo risparmio delle fi bre a “U” sottocorticali.

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Encefalopatia ipertensiva cronica L’encefalopatia cronica su base ipertensiva si caratterizza per la presenza diffusa di alterazioni cerebrali di diverso tipo, con patogenesi comune legata alle modifi che sclerotiche dei piccoli vasi perforanti. Si riscontra-no, pertanto, multiple lesioni lacunari con predilezione per le localizza-zioni profonde ai nuclei lenticolari, ai talami e al ponte ( Fig. 4.17 ), nel cui contesto possono evidenziarsi minuti foci emorragici parenchimali; quest’ultimi, visibili incostantemente come areole iperdense alla TC, sono invece facilmente rilevabili alla RM come ipointensità in T2 e sono più evidenti e marcati con le sequenze T2* GRE ed SWI ( Fig. 4.18 ). È comune l’associazione con la leucoaraiosi.

La malattia di Binswanger, anche defi nita encefalopatia arterioscle-rotica sottocorticale, è una più severa forma di leucoencefalopatia da ipoperfusione cronica su base ipertensiva, con alterazioni ischemiche prevalenti nella sostanza bianca periventricolare e nei centri semiovali e fenomeni di demielinizzazione per coinvolgimento delle arterie penetranti lunghe dirette ai centri semiovali.

La TC e la RM dimostrano alterazione di densità/segnale della sostanza bianca periventricolare, bilaterale e simmetrica, diffusa o a chiazze con-fl uenti, che può estendersi alla sostanza bianca profonda; i lobi frontale e parietale sono più coinvolti, con parziale risparmio dei lobi temporali.

Il risparmio elettivo delle fi bre arcuate sottocorticali e della corteccia è caratteristico; anche il corpo calloso è di solito risparmiato grazie a una ricca rete anastomotica rifornita da entrambe le arterie pericallose. Possono associarsi lesioni lacunari ai nuclei della base e ai talami, oltre a un quadro di diffusa atrofi a cerebrale con dilatazione ventricolare.

CADASIL La CADASIL (Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy with Sub-cortical Infarcts and Leukoencephalopathy) è considerata una forma familiare della malattia di Binswanger, a trasmissione autosomica do-minante, che coinvolge pazienti giovani senza fattori di rischio cardio-vascolare e non è associata a fenomeni di arteriolosclerosi cerebrale. Il locus genetico assegnato alla patologia è localizzato sul cromosoma 19 (19q12). Il quadro clinico è caratterizzato da una storia di ictus ricorrenti ed emicrania, con progressione “a gradini” dei defi cit neurologici fi no a quadri di demenza e grave disabilità. Il quadro neuroradiologico si basa su due principali reperti: il primo è rappresentato da piccoli infarti sotto-corticali della sostanza bianca, visibili come lesioni focali ben delineate e a morfologia puntiforme o lineare (0,5-2 cm) o francamente lacunari, spesso estese in ambito periventricolare, alle capsule esterne, al tronco encefalico, ai talami e ai nuclei della base. Vi è poi la sovrapposizione

di diffusa leucoencefalopatia, simile alla leucoaraiosi, con evidenza di vaste aree di segnale alterato della sostanza bianca, spesso simmetriche e a carattere confl uente; è caratteristico il preferenziale coinvolgimento delle regioni insulari e dei poli temporali, spesso anche di quelli frontali, e delle capsule esterne. Sebbene tipico, l’interessamento di queste sedi è spesso visibile in stadio già avanzato, mentre inizialmente possono evidenziarsi le sole alterazioni sottocorticali. Il coinvolgimento delle regioni temporo-polari e delle capsule esterne rappresenta il maggior elemento discriminante della CADASIL rispetto alle altre forme di microangiopatia cerebrale, come la malattia di Binswanger. Un altro elemento differenziale è l’interessamento delle fi bre arcuate. Possono associarsi aree di basso segnale in T2 e FLAIR nel contesto dei nuclei grigi profondi, interpretabili come depositi di ferro.

Angiopatia amiloide L’angiopatia amiloide è una forma ereditaria di microangiopatia cere-brale caratterizzata da singole o, più frequentemente, multiple emor-ragie lobari a genesi non traumatica; rappresenta una delle più comuni cause di emorragie lobari spontanee nei soggetti anziani. Coinvolge in ordine di frequenza i lobi frontale, parietale, temporale e occipitale; meno comuni sono le localizzazioni cerebellari e nucleobasali, estre-mamente rare quelle al tronco encefalico.

Le forme sporadiche possono presentarsi, oltre che con emorra-gie lobari, anche con piccoli foci emorragici a distribuzione cortico-sottocorticale, responsabili di un rapido e progressivo declino cognitivo. La distribuzione sottocorticale rappresenta un elemento differenziale rispetto alle microemorragie da sindrome ipertensiva che prediligono localizzazioni profonde (nuclei della base, talami, cervelletto). Spesso si associa una diffusa o multifocale alterazione della sostanza bianca sovra-tentoriale. La RM consente una più accurata individuazione degli infarti rispetto alla TC e rende evidente il severo coinvolgimento della sostanza bianca con lesioni isolate o confl uenti. Le sequenze GRE e SWI T2* sono più sensibili nel riconoscimento dei nuclei microemorragici.

EMORRAGIA INTRACRANICA

L’emorragia intracranica è una condizione neurologica grave e poten-zialmente letale, con presentazione clinica variabile, in cui la prognosi è fortemente infl uenzata dalla precocità e dall’accuratezza della diagnosi. L’emorragia intracranica può essere suddivisa, in base alla sede, in emorragia intracerebrale ed extracerebrale .

A B

Figura 4.17 RM di un’encefalopatia ipertensiva cronica. Immagini T2-TSE assiali. Presenza di multiple lesioni lacunari con localizzazione profonda ai nuclei lenticolari e ai talami, associate a un quadro di diffusa alterazione della sostanza bianca periventricolare e profonda (leucoaraiosi).

A B

Figura 4.18 RM di un’encefalopatia ipertensiva cronica. Immagini T2* GRE coronali. Presenza di multipli nuclei ipointensi, da esiti microemorragici, in sede emisferica cerebellare, a livello del ponte, delle regioni lenticolocapsulare e talamiche, e a sede sottocorticale; si associano areole di tipo lacunare e diffusa alterazione di segnale della sostanza bianca profonda.

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Emorragia intracerebrale È responsabile di circa il 15% degli ictus cerebrali, con un’incidenza di circa 12-14/100.000 casi all’anno; è secondaria all’ipertensione arteriosa in gran parte dei casi (circa 50%). Altre possibili cause, in ordine di frequenza, sono traumi, malforma-zioni vascolari, turbe della coagulazione, tumori cerebrali (soprattutto metastasi e oligodendrogliomi) e lesioni iatrogene. La localizzazione degli ematomi cerebrali può essere, in ordine decre-scente di frequenza, nucleocapsulare, lobare, sottotentoriale.

Localizzazione nucleocapsulare . Può essere lenticolocapsulare, caudatocapsulare, talamocapsulare e rappresenta circa il 50% di tutte le emorragie cerebrali. Nella maggior parte dei casi è riscontra-bile negli ematomi spontanei, legati cioè all’ipertensione arteriosa; fanno eccezione i piccoli ematomi capsulocaudati, che possono essere causati da rottura di piccole malformazioni arterovenose iuxtaventricolari.

Localizzazione lobare . Rappresenta circa il 35% dei casi ed è solo raramente a eziologia ipertensiva. Gli ematomi in sede temporale e occipitale sono in genere secondari a rottura di malformazioni arte-rovenose; gli ematomi frontali sono per lo più secondari a rottura di aneurismi dell’arteria comunicante anteriore o della cerebrale anteriore. Tuttavia, gli ematomi a sede lobare possono sottendere un’eziologia neoplastica.

Localizzazione sottotentoriale . Rappresenta circa il 10% dei casi; la maggior parte delle emorragie interessanti il tronco encefalico si verifi ca nel ponte ed è per lo più determinata dall’ipertensione o, oc-casionalmente, da malformazioni vascolari o altre cause. Le emorragie del mesencefalo e del bulbo, più rare, sono più comunemente causate da malformazioni vascolari.

Le emorragie cerebellari sono nella gran parte dei casi correlate a malat-tia ipertensiva o alle complicanze del trattamento con anticoagulanti, più raramente a malformazioni vascolari, tumori o coagulopatie. In tutte le localizzazioni sopradescritte si può avere la penetrazione del sangue nel sistema ventricolare, in quantità variabile, fi no a casi di inondazione ventricolare; l’inondazione implica una prognosi più severa, ma non invariabilmente infausta.

La TC rappresenta l’indagine di prima istanza nel sospetto di un’emor-ragia intracranica, per la rapidità di esecuzione, la facile disponibilità e soprattutto per la possibilità di informazioni immediate sull’ematoma e sui possibili quadri patologici associati; essa in genere esaurisce il percorso diagnostico negli ematomi “spontanei” da ipertensione. In fase iperacuta o acuta lo studio RM dell’emorragia cerebrale è eseguito raramente; nelle fasi successive la metodica svolge un ruolo importante nella defi nizione dello stadio evolutivo del focolaio emorragico e so-prattutto per la formulazione di un’ipotesi eziologica dei sanguinamenti “non spontanei”.

Emorragie extracerebrali Le emorragie extracerebrali comprendono l’ematoma epidurale, l’ema-toma subdurale, l’emorragia subaracnoidea e l’emorragia intraventrico-lare (vedi oltre). L’ematoma epidurale e l’ematoma subdurale, comu-nemente associati a traumi cranioencefalici, sono trattati nel Capitolo 3; l’emorragia subaracnoidea, così come l’emorragia intraventricolare, saranno solo accennate nella loro semeiotica e trattate nell’apposito Capitolo 5.

La TC del cranio rappresenta l’indagine di prima istanza nel sospetto di emorragia subaracnoidea; il ruolo RM è invece quello di contribuire a ricercare la malformazione vasale o le altre cause responsabili del sanguinamento.

EMORRAGIA INTRACEREBRALE

Semeiotica TC La semeiotica TC dell’emorragia intracerebrale è strettamente correlata, oltre che alle modifi che macro- e microscopiche che hanno luogo nel tes-suto cerebrale, soprattutto alle caratteristiche fi siche dell’ematoma stesso, che ne regolano i valori di attenuazione/densità. I valori di densità rile-vabili alla TC e quantifi cabili in unità Hounsfi eld (UH) dipendono dalle proprietà chimico-fi siche delle diverse componenti dell’ematoma, varia-bili con l’evoluzione della raccolta nel tempo. La caratteristica iperdensità del sangue alla TC è legata in prevalenza alla presenza di emoglobina e, in misura minore, del ferro; esiste una correlazione lineare tra attenuazione, contenuto proteico della raccolta ematica e valore di ematocrito.

Fase iperacuta (1-6 ore) . Immediatamente dopo l’insorgenza dell’epi-sodio emorragico, la raccolta ematica è costituita da un agglomerato disomogeneo di eritrociti, leucociti e aggregati piastrinici frammisti a proteine sieriche. Lo stravaso emorragico si presenta in questa fase come un’area disomogenea, con valori variabili da 40 a 60 UH.

Fase acuta (1-3 giorni) . Si assiste a un rapido incremento dei valo-ri densitometrici (fi no a circa 60-80 UH), per la formazione di una miscela di molecole di globina e di fi brina, principali determinanti dell’iperdensità alla TC ( Fig. 4.19 A-B).

Fase subacuta precoce (3-7 giorni) . La progressiva retrazione del co-agulo ematico, con incremento dell’ematocrito, determina un ulteriore aumento della densità e una maggiore defi nizione dei contorni dell'ema-toma. Quest’ultimo appare pertanto come un’area ben definita con densità più elevata (80-100 UH) e circondata da un alone ipodenso, cor-rispettivo della trasudazione sierica e dell’edema vasogenico perilesionale. In tale fase, per ematomi di grosse dimensioni, ci può essere un reperto noto come effetto ematocrito: la separazione delle componenti ematiche nella TC determina un livello orizzontale fl uido-fl uido, che separa il sedi-mento cellulare iperdenso dal sopranatante, costituito presumibilmente da proteine sieriche e caratterizzato da valori densitometrici più bassi.

Fase subacuta tardiva (2 a -4 a settimana) . Segue rapidamente la progres-siva lisi del coagulo, per degradazione e riassorbimento delle componenti proteiche dell’ematoma: si assiste pertanto al progressivo decremento dei valori densitometrici (circa 0,7-1,5 UH al giorno; Fig. 4.19 C-F). Tale proces-so, che origina alla periferia della raccolta e si estende in senso centripeto, non è parallelo alla riduzione dell’effetto massa: pertanto nelle fasi tardive, potrà persistere l’effetto massa, senza più l’evidenza dell’iperdensità.

Fase cronica (oltre 1 mese) . I macrofagi digeriscono i prodotti di degradazione ematica, ottenendo così la completa risoluzione del coagulo. Il tipico residuo emosiderinico, ben defi nibile alla RM (vedi oltre), non ha un corrispettivo altrettanto riconoscibile alla TC: gli esiti di un ematoma alla TC includono reperti aspecifi ci di ipodensità ( Fig. 4.19 G-H), talvolta con calcifi cazioni contestuali, con associati segni di atrofi a focale (ampliamento delle limitrofe cavità ventricolari e degli spazi subaracnoidei). L’uso del mdc non trova indicazioni nella fase acuta, dove peraltro l’ematoma non mostra alcuna impregnazione. Nelle fasi successive si può apprezzare un cercine di impregnazione alla periferia dell’ematoma ( ring-like enhancement ), per il danno della barriera emato-encefalica all’interfaccia con il tessuto cerebrale sano; tale pattern contrastografi co non deve condurre all’erronea ipotesi dia-gnostica di neoplasia o ascesso all’origine dell’emorragia.

Semeiotica RM La semeiotica RM dell’emorragia è più complicata rispetto a quella TC, es-sendo fortemente legata alle modifi che biochimiche che si susseguono nelle varie fasi evolutive dell’ematoma, oltre che agli aspetti fi sici e macroscopici della raccolta ematica nel tessuto cerebrale. A ciò si aggiunge la possibilità

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CapitoloPatologia cerebrovascolare acuta e cronica | 4 |

di usufruire di differenti sequenze di acquisizione, ognuna con una propria suscettibilità alle variazioni chimico-fi siche del microambiente e con un’al-trettanto specifi ca potenzialità diagnostica. Di qui la necessità di compren-dere quali siano le variabili che regolano la semeiotica RM dell’ematoma e la sua evoluzione nel tempo. Come nella TC, anche nella RM il principale fattore è rappresentato dalle componenti biochimiche dell’ematoma e, in particolare, dall’emoglobina e dai suoi prodotti di degradazione: gli stadi evolutivi di una raccolta emorragica, riconoscibili nelle sequenze RM, sono infatti correlati allo stato di ossidazione e alle proprietà ferromagnetiche dell’emoglobina, che variano nel tempo passando dall’ossiemoglobina dello stadio iperacuto all’emosiderina della fase cronica.

L’emoglobina è una proteina globulare di struttura quaternaria pre-sente nei globuli rossi del sangue e responsabile del trasporto dell’ossi-geno molecolare. I quattro polipeptidi che la compongono costitui scono la porzione globinica, con una tasca interna che contiene una molecola di protoporfi rina legata a uno ione ferro, nell’insieme defi nito come gruppo eme. Nel sangue circolante, l’emoglobina passa alternativamente dalla forma ossiemoglobina alla forma deossiemoglobina, entrambe con ferro allo stato ferroso (Fe ++ ), ma che differiscono per la presenza di un elettrone spaiato nella deossiemoglobina. Tale confi gurazione è alla base delle proprietà magnetiche delle differenti forme di emoglobina, da cui derivano tre tipi di comportamento in un campo magnetico:

• diamagnetico : molecole senza elettroni spaiati (ossiemoglobina) che non alterano il campo magnetico;

• paramagnetico : molecole con elettroni spaiati (deossiemoglobina, metaemoglobina) capaci di alterare il campo magnetico, infl uenzando in maniera più signifi cativa il tempo di rilassamento T1 delle molecole di acqua con cui interagiscono;

• superparamagnetico : molecole con un elevato numero di elettroni spaiati (emosiderina) capaci di distorcere signifi cativamente sia il T1 sia il T2.

Quando una sostanza con proprietà magnetiche è introdotta in un campo magnetico esterno, vi determina una locale disomogeneità e quindi perdita della coerenza di fase. Tale effetto riduce selettivamente il segnale nelle immagini T2, senza infl uenzare il T1, e scompare con la lisi dei globuli rossi e la conseguente perdita di compartimentalizza-zione molecolare. Particolarmente sensibili al fenomeno di suscettività magnetica sono le sequenze T2* GRE e di suscettività (SWI).

Oltre allo stadio dell’emoglobina e dei suoi prodotti di degradazione, le modifi cazioni temporali sono legate anche a fattori tecnici (tipo di sequenza utilizzata, relativi parametri, intensità del campo magnetico applicato), e a fattori biologici; tra questi: la concentrazione di ossigeno (pO

2 ) del microambiente (in presenza di basse concentrazioni di ossi-geno, la produzione di deossiemoglobina risulta accelerata), l’origine arteriosa o venosa dell’emorragia (nel secondo caso maggiori concen-trazioni ematiche di deossiemoglobina), la concentrazione proteica, osservabile nel sedimento degli ematomi di grosse dimensioni con livello fl uido-fl uido (maggiore la concentrazione, maggiore la riduzione dei tempi di rilassamento), l’alterazione della barriera emato-encefalica, condizione necessaria per il deposito emosiderinico nella fase cronica. In relazione ai differenti pattern di segnale rilevabili alla RM durante la fi siologica evoluzione temporale dell’ematoma si possono distinguere vari stadi di differente durata e in parte coesistenti.

Fase iperacuta (1-6 ore) Nella fase iperacuta, lo stravaso ematico è costituito da eritrociti in-tegri, contenenti ossiemoglobina, leucociti, piastrine e siero. L’ossie-moglobina contiene ferro bivalente, manca di elettroni spaiati e ha caratteristiche diamagnetiche, per cui non è in grado di modifi care il campo magnetico; pertanto il segnale dell’ematoma è in gran parte de-terminato dall’elevato contenuto locale di acqua, che si traduce in una iso-ipointensità in T1 e in un’iperintensità di segnale in T2 ( Fig. 4.20 ). In queste prime ore, la raccolta ematica può non essere distinguibile

A B

C D

E F

G H

Figura 4.19 TC di un’emorragia intracerebrale. A,B. Fase acuta (giorno 1): raccolta ematica nettamente iperdensa in sede talamocapsulare destra, circondata da modesto alone ipodenso di edema; la componente ematica è inoltre presente nel contesto del terzo ventricolo e del ventricolo laterale destro. C,D. Fase subacuta tardiva (giorno 8): riduzione dei valori densitometrici della raccolta ematica, con persistenza dell’effetto compressivo sul sistema ventricolare. E,F. Fase subacuta tardiva (giorno 18): ulteriore riduzione densitometrica, in senso centripeto, con minore effetto compressivo sul sistema ventricolare. G,H. Fase cronica (5 settimane): l’area lesionale appare maggiormente demarcata, con tendenza alla scomparsa dell’effetto compressivo.

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da qualsiasi altra lesione che determini edema locoregionale; la TC pertanto presenta una maggiore confi denza diagnostica nella fase ipe-racuta dell’emorragia intracerebrale. In alcuni casi, alla periferia della lesione può essere osservato un cercine di netta ipointensità in T2, legato verosimilmente alla deossigenazione dell’emoglobina, a livello dell’interfaccia tra ematoma e tessuto cerebrale; questo reperto è evi-dente soprattutto con l’impiego di RM di alto campo (≥1,5T).

Fase acuta (1-3 giorni) Durante la fase acuta, si assiste a una rapida deossigenazione degli eritrociti ancora integri, in relazione anche alle modifi che biologiche del microam-biente locale (tra cui l’aumento del pH e della CO 2 locali e l’alterazione della perfusione locale per la compressione dei vasi da parte dell’edema). La deossiemoglobina che ne risulta è una molecola con caratteristiche paramagnetiche, contenendo ferro bivalente con quattro elettroni spaiati. L’effetto paramagnetico della deossiemoglobina induce la formazione di

un gradiente magnetico ai due lati della membrana eritrocitaria, che si traduce in una perdita di coerenza di fase, con netta ipointensità di segnale dell’ematoma in T2 (ancora più evidente in T2*), cui contribuiscono la progressiva retrazione del coagulo e l’incremento del valore di ematocrito ( Fig. 4.21 ). Tale molecola, tuttavia, non è in grado di determinare variazio-ne del rilassamento T1, essendo ancora confi nata all’interno degli eritrociti; l’ematoma mantiene quindi un segnale iso-ipointenso in T1. L’edema perilesionale e la componente sierica derivante dalla retrazione del coagulo determinano invece un segnale periferico iperintenso in T2.

Fase subacuta precoce Nella fase subacuta precoce (3-7 giorni) si esauriscono progressivamente i meccanismi intracellulari che mantengono lo ione ferro in uno stato ferroso (Fe ++ ), per cui la deossiemoglobina si trasforma nella forma os-sidata. La metaemoglobina (meta-Hb) che ne risulta, ancora contenuta all’interno degli eritrociti, presenta ferro allo stato ferrico (Fe +++ ) e cinque elettroni spaiati che le conferiscono la capacità di interagire con le mole-cole d’acqua e di esplicare la sua proprietà paramagnetica, in grado però di esercitare effetti sui tempi di rilassamento sia T1 sia T2. L’ematoma in fase subacuta precoce mostra pertanto elevato segnale in T1, mantenendo basso segnale in T2, da suscettività magnetica ( Fig. 4.22 ). Questi reperti tipicamente iniziano dalla periferia dell’ematoma e progrediscono verso il centro; il segnale in T2* è analogo a quello della fase acuta.

Fase subacuta tardiva Nella fase subacuta tardiva (4°-7° giorno-1 mese), gli eritrociti vanno progressivamente incontro a una lisi osmotica di membrana (emolisi), con conseguente decompartimentalizzazione della metaemoglobina. La metaemoglobina extracellulare riduce ulteriormente il tempo di rilassamento T1, con conseguente maggiore iperintensità di segnale in T1; essa si distribuisce nell’ambiente extracellulare (a elevato con-tenuto idrico) in maniera relativamente uniforme e in concentrazione ridotta; in tali condizioni, a differenza della metaemoglobina intracel-lulare, non provoca signifi cativa disomogeneità di campo magnetico locale, con iperintensità del segnale in T2 ( Fig. 4.23 ).

Fase cronica Lo stadio cronico (oltre 1 mese) dell’ematoma intracerebrale è carat-terizzato dagli esiti di processi riparativi e atrofi ci locali. L’evoluzione fi nale della lesione emorragica, simile a quella del focolaio ischemico,

A B

Figura 4.21 RM di un’emorragia intracerebrale in fase acuta. Immagini T1 (A) e T2 TSE (B) assiali. Area ovalare in regione talamica destra di segnale prevalentemente isointenso al tessuto cerebrale in T1, ipointenso in T2, con alone periferico di edema. Si noti l’effetto compressivo sul sistema ventricolare, con componente ematica che si livella nel trigono di sinistra.

A B

C D

E F

Figura 4.20 RM di un’emorragia intracerebrale in fase iperacuta. Immagini T1 TSE (A,B), T2 TSE (C,D) e T2* GRE (E,F) assiali. La raccolta mostra segnale isointenso in T1, aspecifi camente iperintenso in T2, con cercine periferico di basso segnale apprezzabile in T2*; c’è anche un modesto alone periferico di edema.

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CapitoloPatologia cerebrovascolare acuta e cronica | 4 |

è legata all’attività dell’infi ltrato cellulare, che provvede alla fagocitosi degli eritrociti, alla digestione enzimatica dei componenti molecolari e all’accumulo dei prodotti di degradazione dell’emoglobina. In tale maniera il focolaio emorragico evolve verso la formazione di una cavità (di segnale simil-liquorale) o verso una gliosi cicatriziale (iperintensa nelle sequenze a TR lungo), anche se i due aspetti nella maggior parte dei casi coesistono; l’evoluzione del focolaio conduce inoltre a una di-latazione ex vacuo degli spazi liquorali adiacenti. La metaemoglobina va incontro a progressiva denaturazione che produce complessi molecolari con ione ferrico (Fe +++ ): la ferritina e l’emosiderina. La ferritina mostra proprietà magnetiche sul T1 e sul T2, ma è idrosolubile; il suo prodotto di degradazione, l’emosiderina, è un complesso macromolecolare di grosse dimensioni e insolubile, con un’alterazione della struttura ter-ziaria che l’arricchisce di molti elettroni spaiati e, quindi, con proprietà superparamagnetiche. Essa non ha effetti in T1, in relazione all’insolu-

bilità in acqua e alla conformazione, ma mostra invece un’accentuata suscettività magnetica, che si traduce in una netta riduzione del segnale in T2, più accentuato nelle sequenze T2* (GRE e SWI) particolarmente sensibili alla disomogeneità di campo magnetico. L’emosiderina, fa-gocitata dai macrofagi e della cellule gliali che circondano il coagulo, determina un cercine di netta ipointensità in T2 che può persistere per un periodo indefi nito ma molto lungo, come “impronta” o “tatuaggio” di un pregresso episodio emorragico. L’ematoma in fase cronica può pertanto assumere uno dei seguenti aspetti:

• segnale simil-liquorale al centro (da riassorbimento tissutale) e ipointenso alla periferia (da ferritina ed emosiderina);

• iperintenso al centro (da metaemoglobina) e ipointenso alla periferia (da ferritina ed emosiderina);

• cercine residuo ipointenso (da ferritina ed emosiderina; Fig. 4.24 ).

A

C

B

D

Figura 4.22 RM di un’emorragia cerebellare in fase subacuta precoce (6 giorni dall’esordio clinico). A,B. Immagini T1-TSE assiali. C,D. Immagini T2-TSE assiali. Raccolta emorragica in sede cerebellare destra, estesa al verme, di segnale disomogeneamente iperintenso in T1 (soprattutto alla periferia), ipointenso in T2. Più piccole raccolte, con analoghe caratteristiche di segnale, sono presenti in sede emisferica cerebellare sinistra; si associa sottile falda ematica subdurale retrocerebellare destra.

A B

C D

Figura 4.23 Emorragia intracerebrale in fase subacuta tardiva (21 giorni dall’esordio clinico) RM. A,B. Immagini T1-TSE coronali. C,D. Immagini T2-TSE assiali. Raccolta emorragica in sede temporo-insulare sinistra, iperintensa in T1, soprattutto alla periferia, e in T2 (metaemoglobina extracellulare), dove si associa incompleto cercine ipointenso da deposizione emosiderinica.

A B C

Figura 4.24 RM di un’emorragia intracerebrale in fase cronica. A,B. Immagini T2-TSE assiali. C. Immagine T2*-GRE. Sottile stria di basso segnale, da deposito emosiderinico, in sede lenticolocapsulare sinistra, con estensione paratrigonale.

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Un’evoluzione temporale diversa da quella descritta è sospetta per nuovi sanguinamenti e/o per una patologia sottostante (malformazioni vascolari occulte, diatesi emorragica ecc.).

Nella tabella 4.3 è riassunta la semeiotica RM dell’emorragia intra-parenchimale.

EMORRAGIA SUBARACNOIDEA

L’emorragia subaracnoidea (ESA) rappresenta il 5% circa degli accidenti vascolari cerebrali (contro il 15% delle emorragie intraparenchimali); il rischio di ESA è estremamente basso nei bambini e aumenta con l’età, con un picco nel 5°-6° decennio. Si tratta di una condizione acuta caratterizzata dallo stravaso di sangue negli spazi subaracnoi-dei. Essa è più frequentemente secondaria a rottura di un aneurisma intracranico, più raramente a rottura di malformazioni arterovenose cerebrali o midollari; tra le possibili cause di ESA non malformativa rientrano, in ordine di frequenza, i traumi cranioencefalici, i disturbi della crasi ematica, le lesioni neoplastiche intraventricolari con ricca rete vascolare, le metastasi cerebrali a localizzazione corticale (specie da melanoma) e, infi ne, la necrosi emorragica acuta della ghiandola ipofi saria (apoplessia ipofi saria).

In questo capitolo viene inserita, per completezza, la semeiotica TC e RM dell’ESA, ma si rimanda al Capitolo 5 per una trattazione più organica, completata dalle informazioni riguardanti il trattamento endovascolare/neuro-inteventistico.

La diagnosi di ESA è fondamentale ai fi ni della prognosi e, inoltre, l’identifi cazione precoce dell’aneurisma rotto con un tempestivo tratta-mento può prevenire il rischio di risanguinamento, una delle principali cause di mortalità.

Semeiotica TC La TC del cranio rappresenta l’indagine di prima istanza nel sospetto di emorragia subaracnoidea, mostrando tipicamente la presenza di sangue travasato (iperdenso) nel contesto degli spazi subaracnoidei ( Fig. 4.25 ). La sensibilità della metodica è massima (circa del 95%) se la TC è effettuata entro 1-2 giorni dall’insorgenza dei sintomi. Suc-cessivamente, questa sensibilità è fortemente dipendente intervallo dall’emorragia e scende, scendendo all’85% dopo cinque giorni, al 50% dopo una settimana, al 30% dopo due settimane e quasi a zero dopo tre settimane. L’esame TC deve essere valutato con attenzione, in quanto l’ESA può essere minima e sfuggire a lettori inesperti. In caso di ESA da rottura di aneurisma intracranico, sulla base della localizzazione o della prevalenza dell’iperdensità ematica, è possibile ipotizzare la sede dell’aneurisma: in caso di aneurisma dall’arteria comunicante anterio-re, l’iperdensità ematica è prevalentemente nelle cisterne soprasellari e nella scissura interemisferica (con possibile ematoma intracerebrale

fronto-basale in caso di sanguinamento abbondante); in caso di aneu-risma della arteria cerebrale media, l’iperdensità è prevalente nella scissura silviana omolaterale; in caso di aneurisma del tronco basilare, l’iperdensità occupa la cisterne inter- e circumpeduncolare, con even-tuale estensione prepontina e soprasellare.

Segni di lesioni extracraniche, come fratture del cranio o tumefazio-ne dei tessuti molli, possono orientare verso un’eziologia traumatica; inoltre, la distribuzione del sangue nei solchi superfi ciali adiacenti a un focolaio contusivo intracerebrale rende improbabile la genesi aneu-rismatica dell’ESA. Tali reperti devono, tuttavia, essere interpretati con cautela, poiché traumi e aneurismi non si escludono necessariamente a vicenda: pazienti con emorragia subaracnoidea aneurismatica possono subire secondariamente un trauma cranico e, inoltre, un trauma può occasionalmente scatenare la rottura di un aneurisma.

A B

C D

Figura 4.25 TC di un’emorragia subaracnoidea. Presenza di iperdensità ematica nel contesto delle cisterne basali e delle scissure silviane e interemisferica, con inondazione ventricolare; si associa ematoma intracerebrale satellite in sede fronto-basale destra.

Tabella 4.3 Emorragia intraparenchimale: semeiotica RM in base alla fase evolutiva

Fase Durata Marker T1 T2 T2*

Iperacuta 1-6 ore Ossiemoglobina Iso-ipointenso Iperintenso Ipointenso

Acuta 1-3 giorni Deossiemoglobina Iso-ipointenso Iso-ipointenso Ipointenso

Subacuta 1 3-7 giorni Metaemoglobina (intracellulare) Iperintenso Ipointenso Ipointenso

Subacuta 2 2 a -4 a settimana Metaemoglobina (extracellulare) Iperintenso Iperintenso Ipointenso

Cronica > 4 settimane Emosiderina Simil-liquor/ipointenso Simil-liquor/iperintenso Cercine ipointenso

Simil-liquor Cercine ipointenso +++

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CapitoloPatologia cerebrovascolare acuta e cronica | 4 |

Semeiotica RM La RM trova raramente impiego nell’ESA in fase acuta, data la maggiore rapidità di esecuzione e sensibilità della TC. L’ESA è più facilmente rilevabile alla RM nelle fasi subacuta e cronica, nelle quali risulta di utilità maggiore in relazione alla progressiva riduzione di efficacia diagnostica della TC man mano che ci si allontana dalla fase acuta; il ruolo principale della RM nello studio del’ESA è comunque quello di ricercare la malformazione vasale o altre cause responsabili del sangui-namento. Le variazioni dei parametri di rilassamento, nelle differenti fasi evolutive, sono legate come per l’emorragia intracerebrale, alle mo-difi cazioni eritrocitarie ed emoglobiniche; esse tuttavia seguono, nello spazio subaracnoideo, una diversa evoluzione in relazione al differente microambiente biochimico-metabolico, con diversi parametri biologici (pH, pO 2 , concentrazione di glucosio); l’evoluzione cronologica è meno facilmente defi nibile.

Fase iperacuta (12-48 ore) . Si verifi ca solo un lieve accorciamento del T1 legato all’aumento del contenuto proteico, spesso non rilevabile, soprattutto nei casi di ESA di minima entità.

Fase acuta . Permane nell’ambiente liquorale una tensione locale di os-sigeno troppo elevata per consentire la conversione da ossiemoglobina in deossiemoglobina (e quindi la comparsa del caratteristico segnale ipointenso in T2). Sequenze SE moderatamente T2-dipendenti (con TR lungo e TE intermedio) possono identifi care l’ESA come componenti di segnale elevato rispetto al liquor; le sequenze FLAIR consentono una diagnosi molto più accurata, con dimostrazione dell’ESA iperintensa rispetto al liquor ( Fig. 4.26 ).

Fase subacuta . Rappresenta il periodo in cui la RM offre la massima sensibilità al rilievo del sangue nel liquor; ciò risulta ancora più im-portante se si considera che in tale fase alla TC la densità del sangue subaracnoideo tende a decrescere e che, in alternativa, in questa fase si dovrebbe ricorrere alla rachicentesi. Come già descritto per le raccolte emorragiche intracerebrali, tale fase è caratterizzata dalla formazione di metaemoglobina e dalla successiva lisi degli eritrociti (emolisi), con segnale iperintenso in T1 negli spazi subaracnoidei. Oltre all’iperinten-sità in T1 negli spazi subaracnoidei, nella fase subacuta possono essere rilevati altri fenomeni che rappresentano complicanze dell’ESA, quali idrocefalo e ischemia.

Fase cronica . In questa fase l’esame RM risulta in genere negativo. In seguito a episodi ricorrenti o cronici di emorragia subaracnoidea, in ge-nere di origine capillare o venosa, si può verifi care un deposito intra- ed extracellulare di emosiderina sulle meningi, sugli strati più superfi ciali dell’encefalo, del midollo spinale e dei nervi cranici a contatto con il liquor, condizione nota come emosiderosi superfi ciale . L’eziologia delle ripetute microemorragie negli spazi liquorali, in alcuni casi sconosciuta, è comunque molto eterogenea (malformazioni vascolari, neoplasie, traumi, procedure chirurgiche). Il deposito di emosiderina avviene preferenzialmente nelle sedi di maggiore fl usso liquorale, soprattutto nelle cisterne sopravermiane e retropulvinariche e nelle scissure silviane e interemisferica. Particolarmente esposto è l’VIII paio di nervi cranici, a causa della lunghezza del suo tratto cisternale, ma possono essere colpiti anche il I e il II paio. L’emosiderosi richiede infatti per verifi carsi un meccanismo attivo di captazione dei prodotti di degradazione ematica e tale possibilità sussiste solo per la glia centrale, rappresentata a livello

Figura 4.26 RM di un’emorragia subaracnoidea. Immagini FLAIR assiali. Segnale iperintenso da ESA nel contesto del braccio posteriore della scissura silviana di sinistra e degli spazi subaracnoidei in sede temporo-occipitale omolaterale.

Figura 4.27 RM di un’emosiderosi superfi ciale. Immagini T2*-GRE sagittali. Segnale ipointenso a livello delle superfi ci leptomenigee cerebrali, cerebellari e del tronco, da deposito emosiderinico.

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dei nervi citati. Il deposito emosiderinico avviene anche a livello del midollo, mentre non è riscontrabile a livello delle radici della cauda (costituite da glia periferica). La sintomatologia è correlata alle sedi di deposito dell’emosiderina; è caratterizzata soprattutto da ipoacusia neurosensoriale (per l’interessamento dell’VIII paio di nervi cranici, e da atassia cerebellare) (per l’interessamento della cisterna sopravermiana, ove l’emosiderina esercita un effetto tossico diretto). Può inoltre mani-

festarsi con un defi cit del campo visivo (per alterazione delle fi bre più periferiche dei nervi ottici); e solo occasionalmente con demenza, in una fase molto avanzata. L’aspetto alla RM è tipico, con segnale ipoin-tenso in T2 e soprattutto in T2* a livello delle regioni precedentemente descritte ( Fig. 4.27 ), dovuto all’effetto paramagnetico dei pigmenti ematici. La diagnosi di emosiderosi, in epoca pre- RM, poteva essere solo sospettata sulla base dei dati clinici e liquorali.

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LETTURE CONSIGLIATE

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