«ECCOLO, ADESSO ESCE IL SOLE!» FRANCESCO MARIA CASTELLI€¦ · do, aveva sposato la prin-cipessa...

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SPIRITUALITÀ BARNABITICA Eco dei Barnabiti 1/2019 48 Intervistatore: Dalla finestra del mio studio guardo il sole che sta lentamente tramontando e mi sem- bra che con i suoi ultimi raggi voglia con forza colpirmi per farmi dono dei suoi ultimi istanti di luce e di ca- lore. So che fra poco sarà buio e freddo. Siamo in inver- no e non può essere altrimen- ti. Tuttavia, mi piacerebbe an- cora godere un po’ della sua presenza rassicurante… Ve- dendolo tramontare, penso alla vita stessa, che sembra essere come il giorno che sta passando… Francesco Maria Castelli: Posso? Mi spiace distoglierti dai tuoi pensieri… I: No, no. Non ti preoccu- pare. Vieni pure. Non mi distur- bi affatto. Stavo solo pensando alla vita che passa… con un po’ di malinconia. Chi sei? FMC: Sono Francesco Ma- ria Castelli, un giovane barna- bita. So che mi stavi cercando. I: Hai ragione. Scusami tan- to. Solo ora mi sono reso con- to di chi sei e… Sì, ti stavo cer- cando per conoscerti meglio e farti conoscere. FMC: Non penso di essere così importante. Ci son tanti soggetti più interessanti di me e anche più vicini nel tempo a te. È vero, sono giovane, ma sono di due secoli fa. Perché non ti rivolgi ai tuoi contemporanei? I: Potrei, ma mi ha incuriosito la considerazione che avevano di te i conterranei tuoi contemporanei. FMC: Davvero? I: Sì. Dicevano, nel vederti: “Ecco- lo, adesso esce il sole!” Che cosa vo- lessero dire con questa espressione, l’ho capito leggendo le testimonianze di quanti ti hanno conosciuto e che hanno reso davanti ai giudici del tri- bunale ecclesiastico. FMC: Madre mia bella, che cosa ho combinato? Cosa ho fatto di così grave da interpellare persino i giu- dici? I: Niente di grave. Stai tranquillo. Non si tratta di un tribunale né civile, né tanto meno penale. La tua vita ha talmente lasciato il segno, che hanno voluto segnalarti per il riconoscimen- to dell’eroicità delle virtù. FMC: Insomma, mi tocca passare l’esame dei teologi, se ho ben capito. E io che pen- savo di starmene finalmente tranquillo davanti al Signore a godere infinitamente della sua presenza… Meno male che ho già superato l’esame di Dio. I: Posso allora chiedere qual- cosa riguardo alla tua vita? FMC: Se può esserti di aiu- to, va bene. Facciamo sto’ esa- me… Da dove iniziamo? I: Dall’inizio. Iniziamo dalla tua vita. in famiglia FMC: Sono nato il 19 mar- zo 1752 a Sant’Anastasia, un paesino ai piedi del Monte Somma, ossia nella zona del Vesuvio a nord-est di Napoli e in diocesi di Nola, non lonta- no dalle sorgenti Chiatanelle e dell’Olivella. Mio padre era il barone Giuseppe Castelli e mia madre la contessa Bene- detta Allard de Léon. Due giorni dopo sono stato battezzato da un mio zio sacerdote, Carlo Castelli, della Congregazione dei Pii Operai (fondati da Carlo Carafa nel 1600), nella chiesa di S. Maria la Nova con il consenso del parroco, D. Crescen- «ECCOLO, ADESSO ESCE IL SOLE!...» FRANCESCO MARIA CASTELLI Un’espressione popolare che gli abitanti di S. Anastasia in diocesi di Nola erano soliti usare quando vedevano uscire di casa un giovane del loro paese, riconoscendogli così la capacità di illuminare con il suo modo di essere e di agire i luoghi dove passava e le persone che accostava. Non era il brillare di luce propria, ma il rivelare quella luce che era in lui in forza della grazia ricevuta e custodita con tutte le proprie forze, non per essere nascosta, ma donata. Questo giovane è Francesco Maria Castelli: un barnabita morto appena diciannovenne e in concetto di santità, che ora vogliamo incontrare per godere un poco anche noi di questa luce. tradizionale effige di Francesco Maria Castelli (1752-1771)

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SPIRITUALITÀ BARNABITICA

Eco dei Barnabiti 1/201948

Intervistatore: Dalla finestra delmio studio guardo il sole che stalentamente tramontando e mi sem-bra che con i suoi ultimi raggi vogliacon forza colpirmi per farmi donodei suoi ultimi istanti di luce e di ca-lore. So che fra poco saràbuio e freddo. Siamo in inver-no e non può essere altrimen-ti. Tuttavia, mi piacerebbe an-cora godere un po’ della suapresenza rassicurante… Ve-dendolo tramontare, pensoalla vita stessa, che sembraessere come il giorno che stapassando…Francesco Maria Castelli:

Posso? Mi spiace distogliertidai tuoi pensieri…I: No, no. Non ti preoccu-

pare. Vieni pure. Non mi distur-bi affatto. Stavo solo pensandoalla vita che passa… con unpo’ di malinconia. Chi sei?FMC: Sono Francesco Ma-

ria Castelli, un giovane barna-bita. So che mi stavi cercando.I: Hai ragione. Scusami tan-

to. Solo ora mi sono reso con-to di chi sei e… Sì, ti stavo cer-cando per conoscerti meglio efarti conoscere.FMC: Non penso di essere

così importante. Ci son tantisoggetti più interessanti di mee anche più vicini nel tempo ate. È vero, sono giovane, masono di due secoli fa. Perché non tirivolgi ai tuoi contemporanei?I: Potrei, ma mi ha incuriosito la

considerazione che avevano di te iconterranei tuoi contemporanei.FMC: Davvero?

I: Sì. Dicevano, nel vederti: “Ecco-lo, adesso esce il sole!” Che cosa vo-lessero dire con questa espressione,l’ho capito leggendo le testimonianzedi quanti ti hanno conosciuto e che

hanno reso davanti ai giudici del tri-bunale ecclesiastico.FMC: Madre mia bella, che cosa

ho combinato? Cosa ho fatto di cosìgrave da interpellare persino i giu-dici?

I: Niente di grave. Stai tranquillo.Non si tratta di un tribunale né civile,né tanto meno penale. La tua vita hatalmente lasciato il segno, che hannovoluto segnalarti per il riconoscimen-to dell’eroicità delle virtù.

FMC: Insomma, mi toccapassare l’esame dei teologi, seho ben capito. E io che pen-savo di starmene finalmentetranquillo davanti al Signorea godere infinitamente dellasua presenza… Meno maleche ho già superato l’esamedi Dio.I: Posso allora chiedere qual-

cosa riguardo alla tua vita?FMC: Se può esserti di aiu-

to, va bene. Facciamo sto’ esa-me… Da dove iniziamo?I: Dall’inizio. Iniziamo dalla

tua vita.

in famiglia

FMC: Sono nato il 19 mar-zo 1752 a Sant’Anastasia, unpaesino ai piedi del MonteSomma, ossia nella zona delVesuvio a nord-est di Napoli ein diocesi di Nola, non lonta-no dalle sorgenti Chiatanelle edell’Olivella. Mio padre era ilbarone Giuseppe Castelli emia madre la contessa Bene-detta Allard de Léon. Due

giorni dopo sono stato battezzato daun mio zio sacerdote, Carlo Castelli,della Congregazione dei Pii Operai(fondati da Carlo Carafa nel 1600),nella chiesa di S. Maria la Nova conil consenso del parroco, D. Crescen-

«ECCOLO, ADESSO ESCE IL SOLE!...»FRANCESCO MARIA CASTELLI

Un’espressione popolare che gli abitanti di S. Anastasia in diocesi di Nola erano soliti usarequando vedevano uscire di casa un giovane del loro paese, riconoscendogli così la capacità diilluminare con il suo modo di essere e di agire i luoghi dove passava e le persone che accostava.Non era il brillare di luce propria, ma il rivelare quella luce che era in lui in forza della graziaricevuta e custodita con tutte le proprie forze, non per essere nascosta, ma donata. Questogiovane è Francesco Maria Castelli: un barnabita morto appena diciannovenne e in concetto disantità, che ora vogliamo incontrare per godere un poco anche noi di questa luce.

tradizionale effige di Francesco Maria Castelli(1752-1771)

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te Gifuni. Come padrino ho avuto unaltro sacerdote: D. Ermenegildo Ros-setti. Mi hanno dato il nome di Fran-cesco Maria Giuseppe ErmenegildoSimone Giovanni.I: Mamma mia, che nome lungo.FMC: Sai la nobiltà… comporta ob-

blighi. “Noblesse oblige” come diconoalla francese. E quindi anche… nelnome. Tuttavia, in famiglia mi chia-mavano “Ciccillo”.I: Dunque appartenevi a una fami-

glia nobile… Tra i tuoi antenati si con-tano diversi abati, vescovi e cardinali;ma anche militari, senatori, governa-tori e viceré. Vi sono an-che letterati, filosofi escienziati, architetti…FMC: Sì, le radici del-

la famiglia di mio padreerano spagnole, della Vec-chia Castiglia, ma risali-rebbero addirittura a Re-migio, principe di Ternie figlio dell’ultimo contedi Franconia, Etanno. Poiil mio bisnonno, Leonar-do, aveva sposato la prin-cipessa Caterina Cito Fi-lomarino di Napoli e daallora si era definitiva-mente trasferito nel Re-gno di Napoli, acquistan-do i feudi di S. Anastasia,Somma, Citra e Terra diLavoro e liquidando i be-ni in Spagna. Mio pa-dre era il primogenitodei cinque figli di Mi-chelangelo Castelli e Te-resa Campanile, mentrenoi eravamo nove figli.Avevo tre fratelli: Pasqua-le, Michele e Vincenzo;e cinque sorelle: Irene,Luisa, Elisabetta, MariaTeresa e Maria Antoniet-ta. Mia madre, invece, era francese.I: Come la mamma di s. Francesco

di Assisi. Quale coincidenza…FMC: Già. Ma quale differenza.

Non posso certamente competere conlui.I: San Paolo non ci ricorda forse

quale sia il grande disegno di Dio,quando afferma: “In lui – Cristo –(Dio) ci ha scelti prima della creazio-ne del mondo per essere santi e im-macolati di fronte a lui nella carità”(Ef 1,4)? E parla di noi tutti. Papa Be-nedetto XVI, a sua volta, ci ricorda che“la misura della santità è data dalla

statura che Cristo raggiunge in noi;da quanto, con la forza dello SpiritoSanto, modelliamo tutta la nostra vitasulla sua”.FMC: Verissimo. Non per niente

sant’Agostino esclama: “Viva sarà lamia vita tutta piena di Te”.I: Se ci chiedessimo se possiamo

farlo con le nostre forze, la rispostanon potrebbe essere che quella checi ricorda sempre papa BenedettoXVI: “una vita santa non è frutto prin-cipalmente del nostro sforzo, dellenostre azioni, perché è Dio, il trevolte Santo (cfr Is 6,3), che ci rende

santi, è l’azione dello Spirito Santoche ci anima dal di dentro, è la vitastessa di Cristo Risorto che ci è co-municata e che ci trasforma. La santi-tà ha dunque la sua radice ultimanella grazia battesimale, nell’essereinnestati nel Mistero pasquale di Cri-sto, con cui ci viene comunicato ilsuo Spirito, la sua vita di Risorto”.FMC: In questo sono stato molto

fortunato, perché la mia famiglia erauna famiglia che possiamo dire… pri-vilegiata. Tuttavia non nel senso cheverrebbe subito da pensare. Sì, è ve-ro, era considerata distinta per la sua

posizione sociale, ma lo era in parti-colare per il suo comportamento, perl’esercizio delle virtù cristiane: unmodello per tutto il paese, soprattut-to nell’esercizio della carità.I: È vero. Più testimoni hanno sot-

tolineato che il poverello, l’orfano, lavedova derelitta e ogni sven turato, tro-vavano sollievo e rimedio alle disgra-zie in casa Castelli, che poteva chia-marsi la fonte della misericordia.FMC: Tieni presente, poi, che es-

sendo nove figli, eravamo nove boc-che da sfamare, vestire, educare enon eravamo degli agnellini. Aveva-

mo la vivacità tipica dei bambini diquel tempo. Tuttavia, i nostri genitorinon ci hanno mai considerato un pe-so o un ingombro alla loro vita, madei doni di Dio. Certamente da cura-re e custodire, ma sicuramente daeducare. Essi non erano di quei geni-tori che, per un malinteso significatodell’amore o per ansia della nostrafelicità, concedevano tutto ai figli.Tutt’altro: sapevano essere anche esi-genti nei nostri confronti. Così abbia-mo imparato sia attraverso la dolcez-za materna, sia attraverso l’esperienzapaterna ad affrontare i vari momenti

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veduta di Sant’Anastasia, ai piedi del Monte Somma

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della nostra crescita. Posso dire chegrazie a loro ho imparato il santo ti-mor di Dio.I: Non posso che rendere onore ai

tuoi genitori e unire la mia ricono-scenza a quella di tanti testimoni chehanno riconosciuto nei tuoi genitoridue persone molto religiose, moltoattente e diligenti nel vegliare su di tee nel prendersi cura della tua forma-zione. E questo sin dalla tua più tene-ra età, persino nella culla, se è veroquello che dicono i testimoni.FMC: Che hanno detto?I: Che era bello vedere il bambino

(ossia te) nella culla con le bracciaincrociate sul petto, come un angeloin adorazione. Lo facevi di tua spon-tanea volontà. E questo fatto lo han-no constatato quanti frequentavanola tua casa. Pensa che da questo inS. Anastasia è nato il costume di inse-gnare ai bambini di stare nella cullacon le braccia in forma di croce e acoloro che chiedevano il perché, lemamme rispondevano: “Così facevail signorino Francesco Castelli”.FMC: Dopo la nascita e i primi pas-

si nella fede con il battesimo, ho in-trapreso il cammino sacramentale eliturgico che mi ha permesso di vive-re concretamente il mio battesimo equindi mi sono accostato prima alsacramento della comunione e poiho ricevuto quello della conferma-zione, come si usa dire oggi. Tutta-via, non posso non sottolineare checiò che mi attraeva di più era senzadubbio l’eucaristia, che desideravoricevere spessissimo; e in questo eroassecondato dai miei genitori, di cuitenevo conto delle loro esortazioni,ma soprattutto ne seguivo l’esempio.Essi erano convinti che una educa-zione che prescindeva dall’eucaristiaera destinata a fallire.I: Guarda un po’! Tua nipote, Fran-

cesca, figlia di tuo fratello Pasquale,ricorda di aver sentito da sua madreche era grande il fervore con cui turicevesti per la prima volta il Corpodi Cristo e poi il raccoglimento chehai tenuto dopo averlo ricevuto: ta-le era il fervore da sembrare di vo-ler volartene al cielo e tale era ilraccoglimento da sembrare un an-gioletto. Inoltre, precisa che ciò ac-cadeva ogni qualvolta ti accostavi aricevere Gesù nel sacramento. I te-stimoni dicono pure che ogni gior-no ascoltavi e servivi due ss. Messe;e che nei giorni in cui ricevevi l’Eu-

caristia intensificavi, anzi moltipli-cavi i tuoi gesti di carità e di apo-stolato.Testimoni: Fin da fanciullo si di-

stinse per pietà e virtù, e specialmen-te per la carità verso il prossimo, es-sendo solito fin da allora distribuireelemosine.I: Di fatto, i testimoni sottolineano

come dal giorno della tua Prima Co-munione avevi intuito il valore dellaMessa nella vita del perfetto cristia-no. Ogni giorno ti cibavi del corpo diCristo, ed ogni giorno, trasformatodalla grazia, ti sentivi sollecitato a sa-lire i gradini della santità. E a quantopare nessun motivo era sufficienteper farti omettere la Comunione quo-tidiana.FMC: Come è possibile trascurare

di mangiare il pane degli angeli cheDio ci dona! Se ciò accade, nondobbiamo poi stupirci che la nostravita interiore, come il fiore privodell’acqua, appassisca. Senza il nu-trimento prezioso dato dal pane eu-caristico, il cuore inaridisce.I: Ti hanno definito persino un an-

gelo in carne, un serafino eucaristi-co. Eri veramente un ragazzo cosìserio, tutto “pietà, studio, discipli-na”…, magari tutto assorto, quasisempre assente, astratto, mesto e ta-citurno?FMC: Ti sbagli. Serio sì, triste mai.

Non dimenticare che ho avuto permaestro un santo del calibro di Fran-cesco Saverio Maria Bianchi, che eranoto per il suo intercalare, largo,espanso, napoletanamente contagio-so, che era: “Allegramente nel Signo-re”, perché “chi vive con Dio, stasempre contento”. Alla sua scuolaho imparato a compiere il mio dove-re con slancio di amore, nella gioia;ho compreso che il mio cuore nonpoteva essere un ripostiglio per lamalinconia, perché servire Dio è ser-vire Colui che dona la letizia. Anzi,che è la stessa infinita letizia, essen-do Lui la vera ed eterna gioia e che,creando le cose, le chiama tutte allagioia.I: Ne deduco allora che è con la

stessa gioia che ricevesti anche il sa-cramento della cresima. Tuttavia, hosaputo che hai dovuto attendere di-versi anni. Infatti la ricevesti da mons.Nicola Sanchez de Luna, vescovo diNola nell’ottobre del 1766, quandoavevi già quattordici anni, se nonsbaglio.

FMC: Non sbagli affatto. D’altraparte nei paesi più distanti dalla sedevescovile, che era quella di Nola, ilvescovo li raggiungeva di rado e qua-si sempre, quando si recava in uno diquesti, conferiva il sacramento ancheai cresimandi dei paesi vicini. Io pos-so dire di essere stato privilegiato,perché ho ricevuto il sacramento nel-la cappella privata di casa mia. Possodire che il sacramento della confer-mazione ha acuito in me il senso diDio e mi ha dato il gusto delle cosespirituali. Mi sono sentito spinto arinnovare con più vigore e determi-nazione il dono di me stesso a Dio ein cambio mi sono sentito inondaredi luce e di amore, a tal punto che imiei sensi esterni rimanevano comeassorti, inerti: non c’era più nulla inme che non fosse di Dio.I: I tuoi familiari, però, non com-

prendevano questo tuo stato e ti trat-tavano come uno smemorato e perquesto i tuoi genitori, il tuo maestro epersino il tuo confessore ti rimprove-ravano. E questo è durato fino aquando tua sorella Elisabetta non hasbirciato… dal buco della serraturadella tua camera e ti ha visto in attodi preghiera, sollevato da terra, assor-to in profonda estasi.FMC: Benedetta ragazza. È proprio

vero che la curiosità…I: Devi ammettere, però, che l’at-

teggiamento di tutti è cambiato neituoi confronti.FMC: Vero. Ma dai rimproveri, so-

no passati alle esortazioni a modera-re il fervore... Temevano per la miasalute.I: Devi ammettere anche che la lo-

ro preoccupazione era a ragion ve-duta: ogni volta che guardavi il croci-fisso, ti commuovevi profondamente;e al ricordo di tanti dolori e strazi pa-titi da Gesù, il tuo cuore si infiamma-va e dava sussulti. Chi non si sarebbepreoccupato davanti a questo?FMC: Forse chi faceva fatica a

comprendere gli sforzi che dovevofare per non pensare a Gesù.I: Se con tutto questo eri conside-

rato un modello in casa, come eri ascuola?FMC: A dodici anni andavo a scuo-

la di italiano, latino e greco dai Fran-cescani Conventuali in S. Anastasia ecercavo di fare anche lì il mio doverecon serietà.I: Questo è certo, visto che le mam-

me ti indicavano ai loro figli come

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modello anche in questo. Gli stessituoi maestri si sono spinti ad andareda tuo padre per dirgli non solo dellatua pietà e del tuo ottimo comporta-mento e profitto, ma lo hanno pureconsigliato di affidarti ai Barnabiti diNapoli.FMC: Un consiglio che mio padre

ha tenuto in conto, ma che non haforse avuto bisogno dimettere in pratica, vistoche avevo conosciuto iBarnabiti nel luogo del-la loro villeggiatura allaZazzera, che non eralontano da casa mia.I: S. Francesco Saverio

Maria Bianchi ha dettoche “vederli e innamo-rarsene fu tutt’uno”. Nonil sentimentalismo estro-so, fatuo e balzano, mu-tevole a tutte le ore, chea volte colpisce la fanta-sia di chi si entusiasmaper aver sentito un coromonastico, o aver parte-cipato a una liturgia siapure ben preparata, mala fiamma di un grandeideale, ossia il segnale diuna vera vocazione.

tra i Barnabiti

FMC: Proprio così.Chiesi allora a mio padredi poter entrare tra i Bar-nabiti e mio padre ac-consentì e mi accompa-gnò a Napoli in S. Car loalle Mortelle, dove vi erala scuola degli Apostoli-ni. Lì ho ricevuto la “ve-stina”, ossia l’abito cleri-cale e ho iniziato il per-corso che mi avrebbeportato a consacrarmi aDio con la professionereligiosa e l’ordinazionesacerdotale, imparandonello studio non solo lebelle lettere e le altre di-scipline utili alla formazione di unacultura, ma anche quanto era necessa-rio a formare un buon operaio nellavigna del Signore. Pensa che vi sonoentrato agli inizi di novembre del1766: avevo quattordici anni.I: E in quel luogo avesti modo non

solo di attendere con grandissima di-ligenza all’opera della tua santifica-

zione e di progredire in quegli studiche ti erano proposti, ma di accre-scere il tuo fervore e devozione. Co-sa che mise a rischio la tua salute,che, a detta di molti, non era poi cosìdi ferro, visto che ti giudicavano gra-cile e delicato. In effetti, dopo qual-che tempo cominciasti a manifestaresegni evidenti di malferma salute, de-

stando viva preoccupazione nei tuoigenitori.FMC: È vero. Non posso negarlo.

Mi fu imposto di moderare quelloche era ritenuto da loro un eccessivofervore e io ho obbedito. Ma quantomeno pregavo con le labbra, tantopiù sentivo in me crescere dentro ilfuoco della meditazione.

I: Lo ha constatato anche il tuopadre Maestro, che ha fatto la stes-sa esperienza di tua sorella: ti ha vi-sto estatico davanti al quadrettodella Madonna della Purità, cheavevi portato con te in convento.Che altro potevano fare i superiori,se non toglierti ogni divieto e lascia-re che tu vivessi pienamente questo

tuo saper contempera-re l’altissima contem-plazione con l’adempi-mento perfetto dei do-veri del tuo stato?FMC: Credo nulla e

di questo sono grato alSignore e a loro che lohanno compreso.I: Quando entrasti tra

i Barnabiti i tempi stava-no cambiando radical-mente e rapidamente…FMC: Erano tempi di

grande fermento e movi-mento sotto diversi pun-ti di vista: non solo sottoquello sociale e cultura-le, ma anche morale; dauna parte vi è stata lafioritura della cultura(matematica, lettere efilosofia, architettura,idraulica…) e dall’altrala decadenza degli Or-dini Religiosi, soprattut-to di quelli claustrali, afavore però di quelli im-pegnati nell’apostolatoattivo e in particolaremissionario. I Barnabitinon hanno forse coltol’opportunità di aprirsi edi andare in Birmania,Cina e in altre parti delmondo?I: Sì, è così. È stato

anche il tempo in cuiben venticinque barna-biti sono stati elevatiall’ordine dell’episcopa-to e due sono stati creaticardinali, diventando an-che Prefetti della Con-

gregazione de Propaganda Fide. È sta-to anche il tempo, paradossalmente,della fioritura delle vocazioni, fra lequali si possono ricordare quelle di seifratelli bergamaschi appartenenti allafamiglia Cortenovis, due dei quali poifurono vescovi missionari.FMC: Come vedi non tutto era te-

nebra, ma vi erano anche diversi e

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Napoli - l’elegante facciata della chiesa di S. Carlo alleMortelle, recentemente restaurata. La chiesa fu eretta, a partire dal 1616, su progetti del barnabita GiovanniAmbrogio Mazenta

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ampi spiragli di luce. Il Signore operaanche fra le spine. Comunque, pro-prio in questi tempi così difficili hopreso la mia decisione di entrare tra iBarnabiti. È stato ai primi di marzodel 1770, alle soglie del mio diciot-tesimo compleanno, quando sonoentrato in noviziato a S. Carlo alleMortelle.I: In questo momento così impor-

tante per la tua vita hai avuto mododi incontrarti con s. Francesco Save-rio Maria Bianchi…FMC: Sì. Non solo di incontrarlo,

ma di averlo come professore di fi-losofia e matematica, nonché guidaspirituale. Pensa che era un giova-nissimo padre di appena 26 anni:con un animo di asceta, ma anchecon uno spirito concreto e attivo,che sapeva passare agevolmentedalla contemplazione all’azione;mortificato come un anacoreta, maseminatore di gioia; con un cuore euna fantasia di artista, capace peròdi rinunciare ai facili allori chegliene sarebbero potuti derivare,per percorrere le dure vie dell’apo-stolato. Mi è stato maestro, profes-sore e guida nell’alunnato e poisplendido esemplare di vita religio-sa nel noviziato.I: Come hai considerato il tuo an-

no di noviziato?FMC: Come una massa d’oro da

cambiare sapientemente, avaramen-te, giorno per giorno, ora per ora, inpiccola moneta spicciola. E ti assicu-ro che così è stato.I: I testimoni dicono che il tuo no-

viziato sia stato veramente un met-terti alla prova: dure prove e ancheumiliazioni amare non ti sono staterisparmiate per forgiarti per un avve-nire, che si preannunciava tempesto-so. Ma gli stessi testimoni hanno pu-re sottolineato come tu le hai affron-tate con animo forte e addiritturagioioso.FMC: Ho imparato da s. Francesco

Saverio Maria Bianchi che gli ordinidei superiori non sono pillole amareda trangugiare senza masticarle, mainvolucri, sia pure rudi e rugosi, cheracchiudono la volontà di Dio. Sitratta di superare la zona, talora mol-to rude e molto rugosa, delle appa-renze, per andare all’essenziale dellavirtù-voto dell’obbedienza: è un pro-lungamento dell’obbedienza di Cri-sto. Ciò vale nelle grandi cose comenelle piccole: il cielo, la stella, il rag-

gio di sole non si riflettono forse tan-to nell’oceano come nella goccia dirugiada?I: È per questo che avevi così tanta

cura di tutti gli oggetti e utensili dellacasa, quasi fossero cose sacre?FMC: Certamente. Sai, mi aveva

colpito un quadro del Murillo, cherappresentava la cucina di un con-vento, dove al lavoro non erano deimortali in rozzi vestiti, ma Angelialati, belli e bianchi: uno serena-mente pone sul fuoco la pentola abollire; un altro solleva con graziacelestiale un paiolo, pieno di fagio-li; un terzo è intento a disporre ipiatti in tavola; e più in basso duepiccoli cherubini cerca in tutti i mo-di di rendersi utile. Tutti sono occu-pati a lavorare con tanto impegno ecosì incantevole è il loro lavoro,che chi guarda potrebbe dimenti-carsi che le padelle sono padelle ele pentole sono pentole, per pensa-re solamente agli Angeli e a comesarebbe naturale, spirituale e belloil duro lavoro della cucina, se fosse-ro davvero gli spiriti celesti a ese-guirlo.I: I testimoni dicono che agivi sen-

za guardare al tipo di azione a cui lacampana ti chiamava, per dire che iltuo impegno era costantemente lostesso sia nelle grandi come nelle pic-cole cose di ogni giorno.FMC: Colui che serviamo non è

forse un Dio di infinita perfezione?Per questo cercavo di mettere nel la-voro più perfezione che potevo.I: E questo lo ha riconosciuto aper-

tamente alla fine del noviziato il tuopadre maestro. Dopo averti messo al-la prova in molti e diversi modi, hadovuto riconoscere il tuo adattamen-to agli ordinamenti della congrega-zione e in modo particolare con il sa-perti distinguere nell’obbedienza.Quando hai fatto la tua professionedei voti religiosi?FMC: È stato il 1 maggio 1771, al

termine di un ritiro di quindici gior-ni. Sono stati quindici giorni intensiin cui ho potuto fare una forte espe-rienza dell’amore di Dio per me. Èseguita poi la funzione. Allora si usa-va essere coperti dalla nera coltre delvelo funebre con il quale si copriva-no i cofani funebri. Può sembraremacabro, ma il significato dovrebbeessere chiaro: morire all’uomo vec-chio e rinascere uomo nuovo, perpromettere di essere per sempre po-

vero, casto e obbediente, progreden-do di luce in luce, di chiarezza inchiarezza, di dono in dono, di bene-dizione in benedizione.

la fine e poi… la vita

I: Poi è sopravvenuta la malattia,che ti ha portato in breve alla fine deituoi giorni.FMC: Perché dici la fine? Sulla ter-

ra forse; ma la morte non è la fine,bensì l’inizio. Per chi crede è l’iniziodella vera vita.I: E pensare che in famiglia già ti

vedevano sacerdote, salire i gradinidell’altare, elevare l’ostia e il calice,dare la tua prima benedizione…FMC: Mi ricordo che al momento

di lasciare la famiglia per entrare tra ibarnabiti ognuno dei miei famigliariaveva cercato di temperare l’ama-rezza del distacco, proprio con que-sta previsione… ma ci ha pensatoil Signore a far cadere queste pieillusioni…I: In che senso? Hai avuto un’al-

tra delle tue esperienze mistiche equesta volta con carattere profetico,scommetto.FMC: Mettiamola pure così. Il Si-

gnore mi ha permesso di vedere ol-tre il velo del futuro e questo ha si-gnificato rompere l’incanto di queisogni dorati. Le parole che ho pro-nunciato hanno trafitto il cuore dimia madre come una spada: “Ungiorno sarò barnabita, ma non arri-verò al sacerdozio, perché ne sonoindegno”.I: Capisco. Tuttavia, se me lo per-

metti, userò le parole di un tuo bio-grafo: “Indegno? Non già perché eglifosse indegno di servire Dio all’alta-re, ma perché era già degno di pos-sedere il cielo”.FMC: Ti ringrazio. Tuttavia nel ri-

flettere profondamente sul misterodel sacerdozio, ho potuto intraveder-ne la grandezza sublime, i potericoncessi e le tremende responsabili-tà; ho come fissato gli occhi nel solee li ho ritratti come folgorati: mi sonosentito un poco spaurito. Essere ser-vitore dell’Amore, il profeta dell’invi-sibile, uno con Dio e uno con i mieifratelli: era davvero troppo grande;non era per me. Il Signore, di fatto,ha esaudito però il mio più grandedesiderio: quello di essere con Lui persempre.

SPIRITUALITÀ BARNABITICA

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Page 6: «ECCOLO, ADESSO ESCE IL SOLE!» FRANCESCO MARIA CASTELLI€¦ · do, aveva sposato la prin-cipessa Caterina Cito Fi-lomarino di Napoli e da allora si era definitiva-mente trasferito

I: Alla fine, sapevi di dover morire.Eppure hai agito, pregato, studiato,giocato, sotto lo sguardo di Dio, co-me se tu dovessi stare sulla terra permolto tempo. Hai continuato tran-quillo nella tua vita equilibrata, armo-niosa, dominata dal grande desideriodella santità. E intanto ti consumavi,nascondendo il sacrificio di te stessosotto il sorriso spontaneo e sereno,che ti era abituale.FMC: Non avevo fatto dono totale

di me al Signore? Lui poteva disporredi me come gli piaceva e lo stava fa-cendo anche attraverso la malattia. Èin quel momento che ho veramentecompreso cosa significasse non es-servi nulla di glorioso nel volere tuttoper me, ma solo nel dono di me stes-so: possedere è nulla, donarsi è tutto.Solo in quel momento il mio cuoreha potuto cantare con piena consa-pevolezza: “io vivo sulla soglia dellamorte e vi è in me una gioia inspie-gabile!”I: Già, c’è chi dona e si dona gri-

dando; mentre tu hai sofferto e ti seiofferto ridendo. Tu hai compreso ilvalore profondo della vita, della gio-ia, del dolore, dell’amore e hai potu-to ripetere che è bello morir d’amoretra le braccia del Signore.FMC: La sera della mia vita terre-

na si è avvicinata rapidamente. Perriprendere un poco di salute i supe-riori mi hanno proposto di ritornarein famiglia a respirare le arie balsa-miche di S. Anastasia. Ho obbedito,perché questa era la volontà di Dio,anche se mi dispiaceva lasciare imiei confratelli. Ho portato con mel’immagine della Madonna della Pu-rità. A casa giungevo, però, aggiun-gendo dolore a dolore. Mia madre,infatti, stava aspettando il mio ulti-mo fratello, Pasquale, e non stavamolto bene. La sera del 18 settem-bre erano presso di me il padre Set-timio Narducci, giunto apposta daNapoli, e il parroco di S. Anastasia.Mi hanno accompagnato negli ulti-mi istanti della vita terrena con lapreghiera.I: Il Signore ti ha chiamato proprio

come avevi detto: allo scoccare dellamezzanotte del 18 settembre e sullasoglia del 19 settembre 1771 all’etàdi 19 anni e sei mesi.FMC: Ora che ti ho parlato della

mia vita, posso concludere che l’esa-me è terminato. Spero di essere sta-to sufficientemente chiaro e di

aver soddisfatto la tua curiosità. Pos-so andare?I: Per ora... Infatti, ho altre doman-

de da porti. Se non ti dispiace, puoifarmi il favore di tornare a trovarmi?Ti aspetto.FMC: D’accordo. A presto.I: Intanto, prega per noi là dove tu

sei. Già dove tu sei… Mi ritornano inmente le parole dello scrittore, teolo-go, mistico e missionario spagnolo

del secolo XIV Ramon Llull (Raimon-do Lullo):

Dove sei? Nell’amore.Donde vieni? Dall’amore.Chi ti ha condotto qui? L’amore.In che vivi? Nell’amore.Dove abiti? Nell’amore.

Mauro Regazzoni

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immagine di s. Francesco Saverio Maria Bianchi, guida culturale e spiritualedel giovane Francesco Maria Castelli